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S-GUARDO OLTRE di Mara Ruzza

Catalogo dell'esposizione personale alle Ex Scuderie di Palazzo Moroni Padova, 2016

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La caratteristica fondamentale da cui mi pare muovere l’attività artistica <strong>di</strong> <strong>Mara</strong> <strong>Ruzza</strong> si<br />

in<strong>di</strong>vidua nel suo vivere una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> profonda sinergia rispetto alla <strong>di</strong>mensione primaria<br />

della Natura e del Tempo.<br />

L’idea <strong>di</strong> un ritorno alla Natura da parte dell’in<strong>di</strong>viduo, da intendersi come una sorta <strong>di</strong><br />

ricongiungimento progressivo verso la Terra “Mater”, generatrice <strong>di</strong> immagini e <strong>di</strong> vita, vede<br />

l’artista impegnata in una pratica estetica che elabora processi <strong>di</strong> crescita, <strong>di</strong> metamorfosi<br />

e <strong>di</strong> rinnovamento <strong>di</strong> forme e materiali dal richiamo quasi sempre organico.<br />

L’origine <strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> questi ‘acca<strong>di</strong>menti’, la cui reiterazione perpetua potrebbe avvicinarsi<br />

alla teoria dell’eterno ritorno <strong>di</strong> Nietzsche, lascia intendere la presenza <strong>di</strong> un flusso energetico<br />

costante, che nella visione dell’artista costituisce la con<strong>di</strong>zione più autentica e profonda della<br />

natura umana.<br />

Il fatto stesso che linguaggi molto <strong>di</strong>versi tra loro – come pittura, installazioni, video e<br />

fotografia – ripercorrano percorsi immaginativi affini, pone all’origine dell’indagine <strong>di</strong> <strong>Ruzza</strong><br />

un’idea <strong>di</strong> ciclicità e un principio <strong>di</strong> trasformazione delle cose nelle quali la presenza fisica,<br />

anche quando <strong>di</strong>venta minima come nelle piccole Mater <strong>di</strong> ceramica e porcellana, <strong>di</strong>viene<br />

simbolo <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mensione aprioristica legata ai concetti sopracitati.<br />

Nelle immagini pur mutevoli <strong>di</strong> opere come Ra<strong>di</strong>ci, Bozzoli o Isole, per fare solo qualche<br />

esempio, risiede dunque una sorta <strong>di</strong> ‘memoria immobile’, che guida e ricongiunge il pensiero<br />

dell’uomo e la definizione del suo essere in maniera quasi speculare, potremmo <strong>di</strong>re,<br />

rispetto ai principi <strong>di</strong> or<strong>di</strong>namento della Terra e della Natura più in generale.<br />

Credo sia interessante ricordare come alcuni esiti poveristi italiani si avvicinarono, dalla fine<br />

degli anni Sessanta del Novecento, a formule <strong>di</strong> pensiero analoghe – penso, ad esempio,<br />

ad alcune opere <strong>di</strong> Giuseppe Penone nelle quali vi era una relazione fondamentale, quasi<br />

una “verità ancestrale”, che legava l’in<strong>di</strong>viduo alla Natura – dove tuttavia dominava<br />

una <strong>di</strong>mensione antropocentrica, tipicamente occidentale, del prendere parte dell’uomo<br />

all’ambiente circostante.<br />

Ciò che emerge nelle opere <strong>di</strong> <strong>Mara</strong> <strong>Ruzza</strong> è invece una sorta <strong>di</strong> rinuncia, per così <strong>di</strong>re,<br />

all’archetipo vitruviano dell’uomo ‘a misura <strong>di</strong> tutte le cose’, che intende piuttosto recuperare<br />

un or<strong>di</strong>ne cosmologico <strong>di</strong> più ampia scala, nel quale l’in<strong>di</strong>viduo, appartenendo ad esso, si<br />

estranea dal controllo della realtà fenomenica.<br />

Tale concetto fonda peraltro su nozioni <strong>di</strong> base taoista che l’artista concretizza in <strong>di</strong>versi<br />

momenti della propria ricerca, nella misura in cui l’opera si fa occasione <strong>di</strong> ricongiungimento<br />

epifanico tra materia e spirito, cielo e terra, movimento e stasi.<br />

In virtù <strong>di</strong> quanto accennato, credo dunque che il valore delle opere <strong>di</strong> <strong>Ruzza</strong> sia identificabile<br />

in una consuetu<strong>di</strong>ne, tutt’altro che scontata, nella quale il momento estetico si me<strong>di</strong>a<br />

con un’esperienza che tende al raccoglimento tale da mettere in atto, secondo quanto<br />

suggerisce l’artista stessa, “un processo <strong>di</strong> rigenerazione spirituale ed estetica” nello scorrere<br />

dell’esistenza umana.<br />

Elisabetta Vanzelli

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