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Rolling_Stone_Italia__Giugno_2017

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DEPECHE MODE GHALI LORDE M.I.A. SAMPHA GOLDIE THURSTON MOORE DAN AUERBACH<br />

N. 6 - GIUGNO <strong>2017</strong> (ANNO IV) - 3.90 EURO<br />

#LAMUSICARINGRAZIA<br />

TRE SAN SIRO PIENI.<br />

DUE OLIMPICO DI ROMA.<br />

SETTIMO GRANDE TOUR.<br />

PRIMA TAPPA:<br />

ROLLING STONE<br />

Tiziano Ferro, 37 anni,<br />

è nato a Latina.<br />

L’11 giugno, da<br />

Lignano Sabbiadoro<br />

parte il tour<br />

negli stadi italiani,<br />

che si concluderà<br />

il 15 luglio a Firenze.<br />

“<br />

TIZIANO<br />

FERRO<br />

L’UNICA COSA<br />

CHE VI DEVO<br />

È DIRVI SEMPRE LA VERITÀ. POI FATENE QUEL CHE VOLETE„<br />

ROLLING STONE N.5 - MENSILE - EDICOLA 9 GIUGNO <strong>2017</strong><br />

71706<br />

9 771824 216007


N° Verde 800.916.484<br />

Matilda Lutz & James Jagger<br />

LE SCENE RIPRODOTTE SONO EVOCATIVE E NON DEVONO INDURRE AD ATTI EMULATIVI


TOGETHER<br />

WE TOUCH<br />

THE SKY<br />

LE NUOVE FRAGRANZE PER NOI DUE<br />

Scopri la serie #TogetherStronger su armanibeauty.it<br />

*Insieme tocchiamo il cielo


Opening Act<br />

DI GIANLUCA BELTRAME<br />

CONOSCETE<br />

UN BRAVO PSICHIATRA?<br />

Mia Moglie ogni tanto Me lo dice: «tu dovresti farti<br />

vedere, Ma da uno bravo!». coMincio a sospettare<br />

abbia ragione. Però non è colpa mia, è quella specie di<br />

Millennium Falcon (l’astronave “pirata” di Star Wars) che<br />

è <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>. È quel continuo bombardamento di idee,<br />

quei sogni che arrivano e non te li aspetti, è tutta colpa delle<br />

sfide e delle sfighe. Come si fa a tenere una rotta tranquilla, a<br />

impostare un numero e poi finirlo così come lo avevi pensato<br />

UN MESE prima? In redazione sono dei santi, sopportano<br />

i miei cambiamenti di rotta, qualche volta mugugnano e mi<br />

guardano male, soprattutto quando non<br />

capiscono dove stiamo andando (a volte<br />

non lo so nemmeno io). Però non è colpa<br />

mia, è il Millennium Falcon che è così.<br />

Mi preoccupa di più qualche (lieve?) sintomo<br />

di schizofrenia. Questo numero ha due<br />

copertine: una di qui, l’altra di là. Se girate il<br />

giornale, leggerete questo stesso editoriale.<br />

Forse ha ragione mia moglie: dovrei farmi<br />

vedere da uno bravo. Però (ditemi voi),<br />

come facevo? Amo tantissimo la musica,<br />

altrimenti non sarei a <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>. Già su<br />

questa copertina ho cambiato idea. All’inizio<br />

(ma proprio all’inizio) dovevano essere<br />

i Depeche Mode: leggetevi l’intervista a<br />

Dave Gahan e ditemi se non valeva la cover.<br />

Poi, però, è arrivato Tiziano Ferro, e lì è entrato<br />

in gioco il cuore. La sua musica mi ha<br />

accompagnato per un pezzo importante di<br />

vita: gliela dovevo, questa cover. Un solo rammarico: nemmeno<br />

questa volta l’ho incontrato. Quando è stato qui a Milano,<br />

il Millennium Falcon stava viaggiando nell’iperspazio: dovevo<br />

restare ai comandi. E poi era giusto che l’intervista la facesse<br />

Violetta Bellocchio. Tra loro è nato un bellissimo rapporto a<br />

distanza: lei ama le sue canzoni, lui ama i suoi libri, tanto che<br />

ha scritto una dedica apposta per Mi chiamo Sara... Erano<br />

mesi che volevano incontrarsi, anche solo per un caffè. Non<br />

ci erano mai riusciti: io ho dato loro l’occasione.<br />

Stavo parlando di musica: qui trovate Ghali e M.I.A., Sampha<br />

e Goldie, Thurston Moore e Dan Auerbach... Tanta roba,<br />

insomma. Ma c’era una storia che non potevo bucare: il primo<br />

Il prossimo 1° luglio a Modena<br />

Vasco celebra 40 anni di carriera.<br />

luglio, a Modena, prima che esca il prossimo numero di <strong>Rolling</strong><br />

<strong>Stone</strong>, c’è il concerto di Vasco. Sarà pazzesco. In mezzo<br />

alla folla, con una birra in mano comprata dalla mia amica<br />

Tizzi (che ha un chiosco proprio lì) ci sarò anch’io. Perché<br />

Vasco è Vasco, l’unico vero rocker che l’<strong>Italia</strong> abbia mai avuto.<br />

E quest’anno c’è una data sola. E sono 40 anni di carriera...<br />

Volevo fargli un regalo grande. Ho provato (mettetevi nei<br />

panni della redazione che tutte queste cose le ha sopportate)<br />

con un grande portfolio fotografico che raccontasse questi<br />

40 anni. Ma era tutto troppo scontato, tutte foto già viste.<br />

Poi ho saputo che sarebbe uscito un libro<br />

con le sue canzoni, commentate dal Blasco<br />

medesimo. Ora che andiamo in stampa<br />

non è ancora terminato: l’anticipazione<br />

(ahimè) la prenderà qualcun altro. Poi,<br />

poi, poi... Poi ho scoperto che il regalo più<br />

grande glielo aveva già fatto qualcun altro:<br />

il 29 aprile suo figlio Lorenzo gli ha dato<br />

Lavinia, la prima nipote. Questa emozione<br />

non si può battere. E allora siamo andati a<br />

conoscere Lorenzo (e Lavinia) e ve li raccontiamo:<br />

una storia per voi, una carezza<br />

per Vasco.<br />

Come facevo, però, a mettere insieme tutto<br />

questo con la mia parte cazzara (c’è, e c’è<br />

pure in <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>: sarà colpa del pop?).<br />

È un anno almeno che la storia di quel ragazzo<br />

magrino come me, vestito come Dan<br />

Aykroyd nei Blues Brothers, che ho visto<br />

su YouTube e poi negli spot Tim mi ossessiona: chi è? Da dove<br />

viene? Come ha fatto? Passava per Milano, allora l’ho beccato<br />

e gli ho dato un’altra copertina. Di seguito, abbiamo costruito<br />

un altro numero di <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>. Chiamate uno bravo.<br />

P.S. A proposito della parte cazzara mia e del giornale. Da questo<br />

mese sul Millennium Falcon è salito pure Alessandro Cattelan.<br />

Ogni numero ci regalerà un’intervista impossibile. Così impossibile<br />

che nemmeno lui l’ha mai fatta: fedele al motto di Marzullo<br />

“fatti una domanda e datti una risposta”, scrive di suo pugno<br />

sia le domande sia le risposte. Comincia con Antonio Conte.<br />

Capitelo, è interista: sa bene come farsi male.<br />

FOTO S. PESSINA/OLYMPIA<br />

@Giangi<strong>Rolling</strong><br />

@rollingstoneita<br />

6 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


COVER STORY<br />

“LA MIA<br />

VOGLIA<br />

DI VITA”.<br />

(QUASI) ASSENTE,<br />

DAI SOCIAL, UN<br />

DISCO OGNI 2/3 ANNI,<br />

LA POSSIBILITÀ DI<br />

“NON ESSERCI SEMPRE”:<br />

TIZIANO FERRO SI RACCONTA<br />

A VIOLETTA BELLOCCHIO<br />

PRIMA DEL TOUR NEGLI STADI ITALIANI,<br />

LÌ DOVE (DICE) “RIESCO<br />

A TROVARE LA VERA INTIMITÀ”<br />

L’ETÀ DELLA CONSAPEVOLEZZA<br />

Tiziano Ferro, 37 anni. «Quando<br />

ci si avvicina ai 40 anni, hai più<br />

consapevolezza dei tuoi limiti, ma<br />

anche delle tue capacità».<br />

TESTO VIOLETTA BELLOCCHIO - FOTO GIOVANNI GASTEL - STYLE PINA GANDOLFI<br />

ABITI THANKS TO DOLCE&GABBANA<br />

8 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong><br />

IN CUFFIA: “VIVERE”, VASCO ROSSI


ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 9


10 ROLLING STONE_OTTOBRE 2015


IO RACCONTO<br />

LA MIA VITA<br />

IN MANIERA<br />

ABBASTANZA<br />

TRASPARENTE.<br />

L’UNICA COSA<br />

CHE VI DEVO<br />

È CONTINUARE<br />

A DIRVI LA VERITÀ.<br />

E POI, VOI,<br />

FATENE QUELLO<br />

CHE VOLETE<br />

Tiziano legge i miei libri,<br />

io ascolto i suoi<br />

dischi, come tutti.<br />

Ci siamo scritti<br />

mail e messaggi, ma<br />

ci siamo incontrati per la prima<br />

volta durante questa intervista.<br />

Di persona, alla vigilia di un nuovo<br />

tour negli stadi italiani, Tiziano<br />

Ferro sembra aver messo a<br />

punto una forma di riservatezza<br />

socievole che per lui funziona<br />

molto bene. Parla e ride tanto,<br />

però mi guarda poco negli occhi,<br />

e spesso cerca un contatto con<br />

l’ufficio stampa e il manager che<br />

assistono alla nostra chiacchierata. Detto ciò,<br />

sempre e comunque: avercene.<br />

Quanto segue è il riassunto delle due ore passate ad<br />

affrontare con lui grandi e piccoli temi.<br />

RS Sulla felicità e l’infelicità nello scrivere canzoni.<br />

FERRO La retorica dello scrittore vuole che l’infelicità<br />

sia il carburante numero uno. In realtà<br />

non sono d’accordo. Quando siamo felici non<br />

abbiamo il tempo di fermarci a contemplare quello<br />

che proviamo, quindi siamo più pigri e più dediti<br />

a goderci il momento, ma non è che la felicità sia<br />

meno d’ispirazione. Solo che, quando io sono<br />

triste o in difficoltà, reagisco con l’isolamento, che<br />

per me è legato alla scrittura. La felicità, essendo<br />

per me una cosa un po’ strana, anche rara, è un<br />

momento di connessione: non ti fermi a scrivere.<br />

Però ho scoperto che nella felicità e in quel tipo di<br />

follia c’è molta ispirazione. Raffaella è mia è stata<br />

una canzone di puro cazzeggio. Il problema più<br />

grande è che le persone sono molto più disposte<br />

ad ascoltare le canzoni tristi. Molto spesso le persone<br />

mi utilizzano come “mezzo di trasporto” per<br />

quello che non sanno o non vogliono dire, allora le<br />

canzoni che ricordano più facilmente sono quelle<br />

legate a un mondo di dolore. È quello di cui hanno<br />

bisogno loro. Io ti sfido: facciamo una gara tra le<br />

canzoni mie tristi e quelle ballabili, e ti giuro che<br />

almeno le pareggiamo. Per una triste che mi dai tu,<br />

io te ne do una altrettanto allegra.<br />

RS Sull’amore assoluto che provano i fan per te.<br />

FERRO Io racconto la mia vita in maniera abbastanza<br />

trasparente, e quando dico “abbastanza” intendo<br />

del tutto. Per cui c’è questa sorta di giuramento implicito:<br />

l’unica cosa che vi devo è continuare a dirvi<br />

la verità. E poi, voi, fatene quello che volete. La<br />

cosa più bella e più importante dell’andare in tour è<br />

creare questo momento di intimità con le persone,<br />

perché per me l’intimità non è lo stare da soli in una<br />

stanza, è l’avere la disponibilità all’ascolto. Quindi,<br />

anche in uno stadio si può essere intimi. Io in un<br />

disco, quando sento di aver detto tutto quello che<br />

volevo dire, proprio come lo volevo dire... ecco,<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 11


12 ROLLING STONE_OTTOBRE 2015<br />

A OGGI<br />

NON HO<br />

MAI VISTO LA<br />

SCHERMATA<br />

DI TWITTER.<br />

HO PROVATO<br />

FACEBOOK E NON<br />

MI HA DIVERTITO,<br />

NE HO PREVISTO<br />

LA PERICOLOSITÀ<br />

PER LA MIA<br />

SALUTE MENTALE


COVER STORY<br />

allora sì, il disco è finito. Però, quando ancora<br />

ho quella sorta di micro-senso di colpa, la notte,<br />

che non mi fa sentire a posto, è perché so che<br />

sono pigro e che quella strofa di quella canzone<br />

poteva essere un po’ più chiara. Questo atteggiamento,<br />

secondo me, i fan lo capiscono.<br />

RS Sulle interviste degli altri.<br />

FERRO Il peggio è quando dicono: “Il mio difetto<br />

più grande? Sono troppo buono, mi do troppo<br />

alle persone”... Ma vaffanculo, va’.<br />

RS Sull’essere “autentici” nell’epoca dei social.<br />

FERRO La sincerità non è il dirsi<br />

tutto in faccia sempre. La<br />

sincerità è trovare il modo e<br />

i tempi di dire le cose, e anche<br />

tenersi le cose che non<br />

sono necessarie. Ad esempio,<br />

io sono pochissimo sui social<br />

network. Ci sono perché non<br />

sono pazzo, ma ho delle piattaforme<br />

che non gestisco io ufficialmente,<br />

le persone lo sanno,<br />

quando scrivo io un messaggio<br />

è perché ho qualcosa da dare<br />

o da mostrare, quindi lo firmo<br />

io, ma succede sei volte l’anno.<br />

Non vivo della smania di<br />

pensare che per essere sincero<br />

mi devi veder girare il sugo<br />

questa sera e domani farmi il<br />

bagno con la schiuma fino al<br />

mento. La sincerità è guardare<br />

il mio pubblico e dire, anche<br />

nel <strong>2017</strong>, io non uso i social<br />

network, mi dispiace, però<br />

quello che ascoltate nei dischi<br />

e nelle canzoni mi prosciuga e<br />

per me è abbastanza. Se non<br />

facessi così, non sarei a mio<br />

agio. Probabilmente do modo<br />

alle persone di scegliere di rispettarmi,<br />

invece di seguire la<br />

tendenza perché voglio compiacere,<br />

ma farlo in modo un po’ rabbiosetto. Se<br />

io fossi nato l’anno scorso come artista, questo<br />

discorso non avrebbe neanche senso, avrei<br />

capito benissimo di doverlo fare... Quando<br />

iniziò il nonno dei social che fu MySpace io fui<br />

il primo ad aprirlo. Ero gasatissimo, accettavo le<br />

amicizie, mi occupavo di tutto... Ne sono uscito<br />

dopo quattro-cinque mesi distrutto psicologicamente,<br />

vittima dell’unico messaggio bruttissimo<br />

in mezzo a mille messaggi bellissimi, depresso<br />

dalla mania di alcune persone di localizzarti<br />

nel tempo e nello spazio. Quando poi i social<br />

sono diventati quello che sono diventati, io ho<br />

detto no, mi rifiuto. A oggi non ho mai visto la<br />

schermata di Twitter. Mentre Facebook c’ho<br />

provato, da privato, e non mi ha divertito, ne ho<br />

PRONTO PER IL PALCO<br />

Il tour italiano di Tiziano parte<br />

da Lignano Sabbiadoro, l’11 giugno,<br />

e prosegue fino a fine agosto.<br />

previsto la pericolosità per la mia salute mentale.<br />

Sono felice di aver mantenuto questa linea.<br />

Però vi giuro e vi spergiuro che in ogni disco ci<br />

sarà fino all’ultimo milligrammo di esperienza<br />

degli ultimi due anni, di sangue, di lacrime, di<br />

risate.... c’è tutto, ve lo giuro.<br />

RS Sul paradosso dell’essere una superstar gay<br />

in un Paese abbastanza omofobo.<br />

FERRO O noi non capiamo nulla, io e te, oppure<br />

quando mi trovo due sere di seguito San Siro<br />

pieno io mi chiedo, ma tutti ’sti omofobi dove<br />

stanno? Novantamila persone a<br />

Milano vuol dire una percentuale<br />

molto grande, quindi dov’è l’inghippo,<br />

cos’è che non capisco? Mi<br />

è successo anche che dei politici<br />

molto a sfavore delle unioni civili<br />

mi chiedessero i biglietti per i miei<br />

concerti... C’è un’atmosfera di<br />

grande ipocrisia. Nessuno nasce<br />

omofobo, nessuno nasce razzista,<br />

nessuno nasce intollerante verso<br />

le diversità, però ci sentiamo obbligati<br />

ad appartenere a una casta,<br />

a catalogarci. Anch’io sono sorpreso<br />

dalla realtà, ma la mia vita<br />

mi dimostra il contrario. Perché<br />

io non ho mai avuto esperienze<br />

negative. Sono passati sette anni<br />

buoni dal coming out, e non ho<br />

neanche una casistica del tipo:<br />

beh, guarda, allora, su 10 persone<br />

3 mi hanno insultato però 7 no...<br />

No, zero a dieci. Prendo aerei,<br />

prendo treni, sono pure di Latina,<br />

che è una città discretamente di<br />

destra, anche se in questo momento<br />

c’è una lista civica e nella<br />

giornata contro l’omofobia è stata<br />

esposta la bandiera arcobaleno<br />

fuori dal Comune. Forse vivo in<br />

una bolla, però San Siro non è<br />

tanto una bolla, non è che fai<br />

il teatro d’élite dove viene solo un pubblico<br />

molto selezionato... Due stadi a Bari, non è che<br />

parliamo di Ginevra...<br />

RS Sui social (di nuovo, tema caldo).<br />

FERRO Lo spazio bianco in cui devi scrivere<br />

come ti senti adesso ti obbliga moralmente ad<br />

avere un’opinione su qualcosa anche se non<br />

ce l’hai. Per cui: fai refresh, ti viene fuori una<br />

nuova foto, e tu sei talmente annoiato, e libero,<br />

che devi scrivere qualcosa. Invece, nella vita di<br />

tutti i giorni se una persona ti interroga su un<br />

argomento e tu non ne sai, non ne sai. Io sono<br />

molto spaventato dai social. Li trovo l’antitesi<br />

di quello che ho scelto di fare nella vita. I miei<br />

idoli da ragazzino, le band anni ’80 che hanno<br />

portato a Morrissey – e ho abitato 10 anni a<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 13


14 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


COVER STORY<br />

C’È<br />

UN’ATMOSFERA<br />

DI GRANDE IPOCRISIA.<br />

NESSUNO NASCE<br />

OMOFOBO, NESSUNO<br />

NASCE RAZZISTA,<br />

NESSUNO NASCE<br />

INTOLLERANTE VERSO<br />

LE DIVERSITÀ,<br />

PERÒ CI SENTIAMO<br />

OBBLIGATI AD APPARTENERE<br />

A UNA CASTA, A CATALOGARCI<br />

Manchester per colpa di Morrissey e degli Oasis!<br />

– sono tutte persone che sono vissute per fare<br />

qualcosa che rimanesse. A me piace l’idea che il<br />

mio disco, quella cosa con la custodia di plastica e<br />

la copertina ristampata, anche 60 anni dopo la mia<br />

morte sarà sempre quella cosa lì. E che lo ascolti<br />

una persona o cento non mi interessa.<br />

RS Sulla tecnica per imparare dai propri errori.<br />

FERRO Se tu ti dai la possibilità di vivere il momento<br />

dell’errore come un momento di rivelazione e di<br />

fare una svolta verso l’alto, allora hai vinto. La<br />

tentazione all’autolesione, invece.... In inglese<br />

è bellissimo, si dice pity party, noi diciamo “crogiolarsi<br />

nell’autocommiserazione”, loro dicono<br />

“ti organizzi una festa in cui si celebra quanto sei<br />

povero te”. Quella tentazione è dietro l’angolo,<br />

però bisogna avere la forza di uscire dal momento<br />

di compiacimento di quando il dolore prende piede<br />

dopo un errore, uscire da lì e chiedersi subito: cosa<br />

sto imparando da questo errore? Subito, subito,<br />

subito. Trasformare subito la visione delle cose<br />

da “che palle, proprio a me” a “sta succedendo a<br />

me perché qua c’è un messaggio nascosto, devo<br />

decifrare il messaggio, c’è già, ora devo capire”.<br />

Il 90% delle volte lo trovi subito, se ti ci metti.<br />

Quando ho capito anch’io che non c’era bisogno di<br />

piacere a tutti, ho cominciato a divertirmi. È stato<br />

il momento in cui sono passato dal fare un pezzo<br />

insieme a Mina al fare un pezzo con i Linea 77, al<br />

produrre Baby K, al fare un pezzo con Marracash,<br />

perché mi piace... Perché se ascolto la voce di Alessandra<br />

Amoroso e mi ispira dieci canzoni io voglio<br />

produrre il suo disco, e me ne frego che mi dicano<br />

che viene da un talent show, non mi interessa. Se<br />

ascolto il demo di un artista nuovo che mi manda<br />

canzoni talmente belle da non poter rinunciare<br />

a quelle canzoni, io lo chiamo, lo faccio venire a<br />

Milano, finiamo di scrivere la canzone che diventa<br />

Il conforto e chiamo Carmen Consoli invece di<br />

provare a contattare, che ne so, Kylie Minogue,<br />

perché a me piace Carmen Consoli, fine. Devi mantenere<br />

un po’ vergine l’istinto del farlo solo per te,<br />

questo lavoro. Devi tornare ogni tanto lì da dove<br />

sei partito e dire: io questa cosa la voglio fare così.<br />

RS Sulla parte della tua vita in cui eri molto infelice.<br />

FERRO C’è stato un inizio-inizio-inizio, col primo<br />

singolo, Xdono, che è stato bellissimo, perché mi<br />

alzavo la mattina, aprivo gli occhi e dicevo: “Cazzo,<br />

faccio il cantante”. Giuro, lo dicevo proprio.<br />

Dal secondo singolo in poi è iniziato il successo<br />

all’estero, quindi mi mandavano sempre all’estero<br />

e io non volevo andare via, perché volevo vedere<br />

che succedeva qua, volevo andare a Radio Deejay...<br />

avrei venduto un decimo dei dischi, però... E invece<br />

ero sempre lontano, ero da solo, mi chiedevano<br />

di fare cose nelle quali non mi riconoscevo... Mi<br />

mandavano a fare promozione nei Paesi Bassi dove<br />

dicevano: “Ah, sei italiano, facciamo la pizza”, e<br />

io dicevo: “Scusate, ma il mio è un disco R’n’B”...<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 15


COVER STORY<br />

Adesso ci rido, ma è stato un periodo da incubo<br />

per me, mi sentivo veramente alienato, e non<br />

capivo perché lo stavo facendo. Lì ho avuto<br />

la lucidità di capire che, siccome non capivo,<br />

dovevo tener duro. Mi ricordo che prendevo<br />

’sti aerei da solo e andavo... Non mi piaceva<br />

niente, cento interviste al giorno su temi che<br />

non riguardavano mai nulla, mai la musica, tutto<br />

girava intorno a questo mondo italiota all’estero<br />

al quale non mi sentivo legato per niente. Case<br />

discografiche locali mi chiedevano di fare l’italiano<br />

e io non sapevo manco che volesse dire.<br />

Riuscire a guardare attraverso tutto quel casino<br />

e prendere la mira... un po’ ho avuto culo, un po’<br />

sono stato diligente, e un po’ non lo so. Sono<br />

certo che, se non avessi avuto 20 anni in quel<br />

momento, se ne avessi avuti anche solo 27, non<br />

ce l’avrei fatta.<br />

RS Su quello che ti ha salvato.<br />

FERRO A 23 anni sono andato in Messico a frequentare<br />

l’università di Lingue. Quando ti trovi<br />

a dare gli esami, comunque hai un binario che ti<br />

riporta sempre a degli appuntamenti, delle scadenze:<br />

c’è una linea dritta, e tu la segui. Poi sono<br />

diventato famoso pure in Messico e sono andato<br />

in Inghilterra. Quello è stato un parcheggio provvisorio<br />

abbastanza complesso, e controverso: da<br />

una parte ci ho trovato la libertà, la civiltà, l’ispirazione,<br />

dall’altra ho trovato un muro, perché<br />

gli inglesi sono dei separatisti tremendi, io ero a<br />

Manchester, quindi la Britannia degli hooligan,<br />

della classe medio-bassa lavoratrice, gli eredi della<br />

rivoluzione industriale più ferroviaria, e ancora<br />

adesso io lì non ho un amico. È stata tosta tosta<br />

tosta. Ti scontri con una realtà che non ti culla,<br />

non puoi adagiarti. Non sei facilitato in niente.<br />

Avevo bisogno di una grande separazione dagli<br />

stalker e dagli hater. Anche lì, non so se ho avuto<br />

fortuna, o se il mio inconscio ci aveva visto lungo,<br />

però mi sono salvato da certi meccanismi che mi<br />

avrebbero chiuso in una bolla per cui non esci di<br />

casa e hai l’assistente che ti fa tutto, e arrivi a 30<br />

anni e passa che manco sai come si fa la spesa, e<br />

ne conosco.<br />

RS Sull’isolamento.<br />

FERRO Non so come fanno le persone a esserci<br />

sempre. Per me devi riprenderti un po’ di vita,<br />

un disco esce ogni 2/3 anni e deve diventare il<br />

canale attraverso cui racconti quello che hai<br />

raccolto. Devi fare, rifare, buttare via, limare,<br />

tenere... ma è un processo che per me non può<br />

avvenire sotto gli occhi di tutti. Quando mi<br />

chiedono di parlare dei talent show, io invidio<br />

chi li fa. Questi ragazzi vengono seguiti dall’inizio<br />

alla fine, nel momento del processo creativo,<br />

nello studio di una canzone, nella registrazione,<br />

nella performance. Quando si esibiscono in prima<br />

serata, tu li hai già visti provare la canzone<br />

mille volte. Io li invidio quei ragazzi lì, e mi terrorizza<br />

l’idea che, se avessi avuto 18 anni adesso,<br />

sicuramente ci avrei provato, perché altrimenti<br />

dove vai? Ma io non sarei mai riuscito a fare<br />

un talent, perché non avevo la faccia da culo di<br />

sostenere la telecamera in tutti i momenti della<br />

giornata. Chi lo fa è un vero artista con quel carattere<br />

là, e basta. Io ho bisogno di riprendermi<br />

il mio tempo. Quest’anno è arrivata Los Angeles<br />

per motivi che non ho ancora capito. Sono andato<br />

lì per i provini dell’ultimo disco ed è quasi<br />

da un anno che ci sto. Non so com’è successo.<br />

RS Su Los Angeles, appunto.<br />

FERRO Se vivi la città in maniera completamente<br />

diversa da quella dei percorsi turistici, scopri<br />

che la California è una bolla di persone che<br />

vivono bene, perché il clima è bello, perché la<br />

testa è più aperta, perché non incontrerai mai<br />

nessuno che ha votato Trump. Il giorno dopo<br />

le elezioni per strada io ho visto gente scoppiare<br />

in lacrime. Quella settimana è stata molto dura.<br />

MI STANCA<br />

ESSERE<br />

IMPAURITO<br />

DALLE COSE.<br />

IO SONO UN<br />

PIANIFICATORE<br />

NATO, INVECE<br />

ORA MI CAPITA<br />

DI STARE<br />

NEI POSTI E DIRE:<br />

“COSA CAZZO<br />

CI FACCIO QUI?”<br />

SEI ALBUM IN 15 ANNI<br />

L’ultimo album di Tiziano, Il mestiere<br />

della vita, è uscito a dicembre 2016.<br />

Come è stato poi meraviglioso vedere la marcia<br />

delle donne, 300mila persone radunate in un<br />

quartiere. Ti fa capire quanto il californiano in<br />

realtà sia una persona proiettata verso l’altro.<br />

Quando ci andavo all’inizio li trovavo di una<br />

falsità impressionante. La prima cosa che ti<br />

dicono è: “How are you today?”. Sì, in effetti<br />

non credo che siano davvero interessati a sapere<br />

come stai in questo momento... Però ho<br />

trovato tante persone pronte a fare qualcosa.<br />

Poi, certo, la città è bella, ma anche alienante,<br />

ogni tanto ti ritrovi in questi parcheggi enormi e<br />

ci sei soltanto tu, e pensi: “Se io qua mi perdo?”.<br />

Ci sono dei posti in cui percepisci la distanza<br />

dall’<strong>Italia</strong>, percepisci che tu non appartieni a<br />

quel luogo, che non sarà la lingua a farti comunicare<br />

con quelle persone, perché siete su piani<br />

diversi. Quando riesco a essere spiritoso sulla<br />

vita a Los Angeles, me la godo tanto, quando<br />

sono serio, piombo in un canyon di alienazione<br />

grandissima.<br />

RS Sui musicisti americani.<br />

FERRO Anche quelli molto famosi hanno sempre<br />

voglia di fare musica. Magari li incontro negli<br />

studi, perché abbiamo amicizie comuni, e mi<br />

dicono: “Ah, canti? Voglio sentire quello che<br />

fai, adesso”. Come, adesso? “Sì, adesso, ce li hai<br />

dei video su YouTube?”. Recentemente mi è<br />

capitato con Ryan Tedder e lì mi sono giocato<br />

un Sere Nere a San Siro subito, lascia, ti faccio<br />

vedere la peggio subito e me ne frego, perché<br />

non posso rischiare di sbagliare... Gli artisti<br />

americani muovono dei numeri allucinanti, non<br />

hanno bisogno di una guerra a chi ha più click.<br />

Quando uno ti ascolta e ha davvero voglia di<br />

ascoltarti, è come un ragazzino che ha appena<br />

scoperto la musica. Forse perché vivono in<br />

una società ossessionata dall’integrazione, e al<br />

tempo stesso nessuno capisce come funziona.<br />

Trump... Ecco, secondo me si sono accorti<br />

anche loro che l’hanno sbagliata, l’americano<br />

difficilmente fa autocritica, ma io comincio a<br />

vedere che un po’ ce n’è, non possono negare<br />

l’evidenza. Non vedo l’ora di incontrare un<br />

trumpista convinto e poterci parlare. Io un<br />

giorno vorrei una conversazione a tavola, quando<br />

tutti lo distruggono, con uno che dice, io l’ho<br />

votato, che cazzo vuoi?, adesso ti spiego perché.<br />

Oddio, c’è il padre di un mio amico, ma ha 70<br />

anni, non posso mettermi a parlare con lui...<br />

RS Sul futuro.<br />

FERRO Mi stanca essere impaurito dalle cose.<br />

Mi piacerebbe molto restare in America scegliendola<br />

un po’ di più. Io sono un pianificatore<br />

nato, invece ora mi capita di stare nei posti, mi<br />

guardo intorno e dico: “Ma dove cazzo sto? Ma<br />

io sto davvero qua?”. E lo sai dove mi succede?<br />

Quando sto sdraiato sul divano di casa. Guardo<br />

fuori dalla finestra, vedo una palma, di quelle<br />

alte alte, e penso: “Ma io sto facendo una siesta<br />

sul divano di casa mia a Los Angeles, che sei<br />

mesi fa non esisteva nella mia testa, tanto meno<br />

nella realtà? Com’è possibile che ho comprato<br />

questo divano da Living Space e adesso guardo<br />

fuori dalla finestra?”. Da una parte, non aver<br />

scelto una cosa così importante ti fa sentire<br />

matto, dall’altra ti fa sentire finalmente adulto.<br />

Non hai bisogno di camminare sempre sui tuoi<br />

passi, ne sai un po’ di più. Non è più questa<br />

cosa che se inciampi, oh mio Dio che facciamo...<br />

probabilmente quando ci si avvicina ai 40 anni,<br />

hai più consapevolezza dei tuoi limiti, ma anche<br />

delle tue capacità.<br />

RS<br />

16 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong><br />

GROOMING PAOLO DE MARIA - HA COLLABORATO GIOVANNI BELLETTI


ROLLING STONE_OTTOBRE 2015 17


ITALIA<br />

www.rollingstone.it<br />

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Gianluca Beltrame<br />

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Hanno collaborato:<br />

Francesca Amé, Violetta Bellocchio,<br />

Stefano Benzoni, Andrea Coclite, Emiliano<br />

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Giamberardino, Luca de Gennaro, Guido<br />

Giazzi, Jeff Goodell, Elisa Miglionico, Pietro<br />

Minto, Alex Morris, Alberto Piccinini,<br />

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20 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


ollingstone.it<br />

IL MEGLIO DAL NOSTRO WEBSITE<br />

CINEMA<br />

Contributors<br />

VIOLETTA BELLOCCHIO<br />

Scrittrice, collabora, tra gli<br />

altri, con Link e Internazionale.<br />

Il suo ultimo libro Mi chiamo<br />

Sara, vuol dire principessa è<br />

uscito per Marsilio a maggio,<br />

con una fascetta/dedica<br />

firmata da Tiziano Ferro.<br />

Fan reciproci, dopo essersi<br />

inseguiti e scritti a lungo,<br />

finalmente si sono incontrati<br />

apposta per <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>.<br />

➘<br />

➘<br />

Tempo di grandi blockbuster<br />

da vedere in sala, come l’estate<br />

vuole. Il ritorno de La Mummia<br />

e l’ennesima trasformazione<br />

dei Transformer.<br />

NBA<br />

È ancora una volta Golden<br />

State-Cleveland la finale<br />

del campionato più bello<br />

del mondo. Seguiremo tutte<br />

le emozioni dal parquet.<br />

GRANDI ELEZIONI RITORNI<br />

MARCO RUBA RUBIOLA<br />

Autore e filmmaker, si occupa di<br />

scrittura, immagine e linguaggi<br />

della comunicazione. Dal 2000<br />

lavora all’ideazione di campagne<br />

pubblicitarie internazionali, video e<br />

spot tv. Ha lavorato con Jovanotti<br />

e Toscani, tra gli altri. In questo<br />

numero ha scritto di Erik Kessels<br />

e della sua mostra torinese.<br />

ALBERTO PICCININI<br />

Vive a Roma, è giornalista e autore televisivo.<br />

Ha fatto parte del gruppo di Blob, scritto<br />

programmi per MTV e per Rai 2 e ha pubblicato<br />

libri. Per <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong> è volato a Berlino<br />

per incontrare Dave Gahan all’inizio del tour<br />

mondiale dei Depeche Mode.<br />

➘<br />

Ritornano i Guns, ritornano<br />

i Radiohead. Sarà un giugno di<br />

nomi ben noti, di maxi concerti<br />

e di emozioni fortissime.<br />

E noi siamo pronti a viverle.<br />

FESTIVAL<br />

SPORT<br />

MARGHERITA CHIARVA<br />

È una fotografa milanese, ha studiato<br />

all’Università di Milano e alla<br />

Central Saint Martins di Londra.<br />

Ama sperimentare con le pellicole<br />

e le tecniche di stampa.<br />

In questo numero ha fotografato<br />

Dan Auerbach, in un’assolata<br />

giornata milanese.<br />

➘<br />

Arriva l’estate e si moltiplicano<br />

gli appuntamenti per gli<br />

appassionati di musica: e noi<br />

ovviamente siamo in prima fila.<br />

PLAYLIST Moltiplica il piacere<br />

della lettura ascoltando sul sito<br />

la compila nel numero.<br />

ALEX MORRIS<br />

Nata a Birmingham, Alabama, si interessa di<br />

sottoculture e cronache sociali. Ha intervistato,<br />

tra gli altri, Justin Bieber, Samantha Bee, Alain<br />

Ducasse e molti punk. Per questo numero firma<br />

due storie: il ritorno di Lorde e la condizione<br />

psichica (preoccupante) di Donald Trump.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 21


<strong>Giugno</strong> <strong>2017</strong><br />

RS06 “<br />

(anno IV)<br />

INVIDIO I RAGAZZI CHE<br />

FANNO I TALENT, IO NON CI<br />

SAREI MAI RIUSCITO<br />

(Tiziano Ferro si confessa<br />

con Violetta Bellocchio nella cover story<br />

di questo numero. A pag. 8)<br />

“<br />

24<br />

26<br />

28<br />

30<br />

32<br />

INTRO<br />

<strong>Rolling</strong> List<br />

Cinque motivi per cui vale la pena rotolare.<br />

Lettere<br />

I vostri post, mail, instagrammate, tweet.<br />

Pop Culture<br />

di Carlo Freccero.<br />

<strong>Rolling</strong> Girl<br />

La rapper M¥SS KETA lecca una Mercedes.<br />

Art Core<br />

Un’opera creata per noi da Matteo Rubbi.<br />

35<br />

37<br />

38<br />

40<br />

41<br />

42<br />

44<br />

45<br />

ROCK&ROLL<br />

Chris Cornell: Say Hello 2 Heaven<br />

alt-J, tre amici al pub<br />

Fleet Foxes e il pop litigarello<br />

Soko, l’outsider che danzerà<br />

Guido Harari e l’anima del rock<br />

Erik Kessels, che bello sbagliare<br />

Il nuovo pastone dei Royal Blood<br />

Breaking: Santamanu<br />

46<br />

48<br />

Random Notes<br />

IL CARTELLONE<br />

Concerti & Eventi<br />

STORIE<br />

52 Nonno Vasco<br />

Una nipotina coi suoi stessi occhi. Ce lo<br />

racconta Lorenzo, figlio del Blasco e Gabri.<br />

56 Lorde<br />

Ha fatto il disco perfetto a 16 anni. Adesso<br />

ci riprova (ma intanto ha capito alcune cose).<br />

66 Depeche Mode<br />

La band arriva in <strong>Italia</strong> per il tour mondiale,<br />

e Dave Gahan ci parla dei suoi amici e nemici.<br />

72 Ghali<br />

Il rapper di Baggio vuole solo essere se stesso.<br />

76 Thurston Moore<br />

L’ex Sonic Youth racconta un disco<br />

da suonare nei boschi e l’amore per il R&R.<br />

78 Brit power<br />

Goldie, M.I.A. e Sampha ci spiegano perché<br />

la Brexit non è stata una grande idea.<br />

84 Dan Auerbach<br />

Il frontman dei Black Keys ha registrato<br />

un disco solista come se fosse sempre Natale.<br />

LORDE<br />

La sacerdotessa del<br />

pop è tornata con<br />

Melodrama. La sua<br />

intervista è pag. 56.<br />

IN COPERTINA, Tiziano Ferro scattato da Giovanni Gastel<br />

FOTO BRENDAN WALTER<br />

22 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


ROLLING LIST<br />

CINQUE MOTIVI PER CUI VALE LA PENA ROTOLARE<br />

THE<br />

GUEST<br />

LIST<br />

1<br />

W i Grateful Dead!<br />

Punk<br />

Is Art<br />

3<br />

Nuova location<br />

per la 6ª edizione<br />

di Filler, convention<br />

dell’illustrazione punk<br />

e skate: 40 artisti italiani<br />

e stranieri, workshop,<br />

mostre e street food.<br />

Ai Magazzini Generali<br />

di Milano dal 9 all’11 giugno.<br />

Diretto da Amir Bar-Lev e Martin Scorsese, Long<br />

Strange Trip è un documentario (su Amazon Prime<br />

Video) che esplora lo strettissimo rapporto tra<br />

i Grateful Dead di Jerry Garcia (nella foto) e i loro fan.<br />

4<br />

2<br />

Lo è stato, e tale<br />

resterà. A un anno dalla<br />

sua scomparsa, Rizzoli<br />

pubblica Muhammad<br />

Ali. L’immortale: il<br />

testamento spirituale<br />

di Cassius Clay, con<br />

oltre 200 immagini<br />

rare e inedite.<br />

300 donne per me<br />

Il più<br />

grande<br />

Vuoto è il nome della nuova opera di Giuseppe<br />

Palmisano (a.k.a. iosonopipo): un’installazione<br />

collettiva che diventerà fotografia, il 25 giugno<br />

a Pesaro. Tutti possono partecipare! Anzi, tutte.<br />

Paul Weller<br />

5 canzoni prodotte<br />

da Curtis Mayfield<br />

L’ex frontman di Jam e Style<br />

Council ha pubblicato un nuovo<br />

album solista, A Kind Revolution.<br />

Questo mese sceglie per noi le<br />

sue canzoni preferite tra quelle<br />

prodotte da Curtis Mayfield, oppure<br />

pubblicate dall’etichetta<br />

di quest’ultimo, la Curtom.<br />

1. CURTIS MAYFIELD<br />

“The Makings of You”<br />

Curtis era un profeta e un poeta.<br />

Con questa canzone è riuscito<br />

a mettere insieme il movimento<br />

black-pride con i messaggi<br />

umanitari. Era un ambasciatore<br />

della pace.<br />

2. PATTI JO<br />

“Make Me Believe in You”<br />

Questa canzone ha un beat<br />

coinvolgente. È un gran pezzo<br />

dance, con archi emozionanti<br />

e cori minimalisti.<br />

3. LEROY HUTSON<br />

“Cool Out”<br />

Ho sentito per la prima volta<br />

questa traccia strumentale<br />

all’inizio deli anni ’90, in un club.<br />

Ha un suono futuristico, ma è<br />

comunque molto calda<br />

4. BABY HUEY<br />

“Hard Times”<br />

Baby Huey ha pubblicato un solo<br />

album per la Curtom, prima di<br />

morire molto giovane. La parte<br />

vocale di questo pezzo è una fusione<br />

di Chicago blues e soul.<br />

5<br />

Il manifesto<br />

è psichedelico<br />

<strong>Stone</strong> Free, una grande mostra presso la Wall of Sound Gallery di Alba (Cn),<br />

celebra la gloriosa Summer of Love attraverso i manifesti rock degli anni ’60.<br />

La figata è che la maggior parte delle opere sarà in vendita. Dal 18/6 al 10/9.<br />

5. THE FIVE STAIRSTEPS<br />

“We Must Be in Love”<br />

Un altro divertente pezzo sull’amore<br />

scritto da Curtis. Oltre alle<br />

sue visioni politiche, Mayfield<br />

era un vero maestro nello scrivere<br />

canzoni romantiche.<br />

Ascoltala su rollingstone.it<br />

24 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


T H E A R T O F F U S I O N<br />

Big Bang Unico Depeche Mode<br />

Ceramic. Chronograph in a black ceramic<br />

knurled case with skeleton dial. In-house<br />

UNICO movement. Black smooth leather<br />

strap. Additional black-plated studded cuff.<br />

Limited edition of 250 pieces.<br />

hublot.com


Face to Face<br />

lettere@rollingstone.it facebook.com/rollingstoneitalia instagram.com/rollingstoneitalia twitter.com/rollingstoneita<br />

Vittorio Sgarbi è venuto a trovarci in redazione (ma era di ottimo umore).<br />

Giuditta @GiudittaPuliti<br />

Belli i tempi di Notting Hill<br />

ed Harry Potter.<br />

Gian Vito @GianvitoScienzo<br />

Pezzi come Complicated e Don't Tell<br />

Me di Avril Lavigne godono<br />

di immortalità artistica.<br />

Boito interrotto @Kratos965<br />

Un nuovo tour dei Foo Fighters<br />

ce lo meritiamo, dai.<br />

Twitta manent<br />

Marcello Menna @MennaFini<br />

Il volto di Fibra, sempre profondo,<br />

mai scontato.<br />

stefano dossi @dox76<br />

meno #XFactor più @blackmirror.<br />

Mario Ventura @itsmarioventura<br />

Eravamo io, il nuovo numero di<br />

@<strong>Rolling</strong><strong>Stone</strong>ita,<br />

Laura Palmer, Fabri Fibra e Tommy<br />

Paradise.<br />

Scusa, scusate.<br />

Eh sì, tocca chiedervi scusa. E anche<br />

tanto. Oggi mi sono trovato<br />

ad accompagnare mia sorella in<br />

edicola, devo ammettere con un<br />

pizzico di vergogna che era un po'<br />

che non ci entravo.<br />

Mentre aspettavo che lei finisse<br />

le sue cose, mi balza l'occhio su<br />

<strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>, mi ricordo subito di<br />

aver visto su Instagram che questo<br />

numero conteneva l'intervista al<br />

duo Fibra+Paradiso (Thegiornalisti).<br />

Da bravo finto hipster quale<br />

sono, allora lo compro subito. È da<br />

circa 4 ore che lo sfoglio, lo leggo e<br />

lo rileggo, molto probabilmente<br />

andrò avanti così fino a stanotte<br />

tarda/domani mattina. E tutto ciò<br />

ci riconduce all'inizio di questa<br />

mia “lettera", ovvero: scusatemi.<br />

Davvero.<br />

Avevo dimenticato come fosse sfogliare<br />

una rivista, di come fosse piacevole<br />

e curata ogni singola pagina.<br />

Ogni singola rubrica, di come la<br />

cura al dettaglio, di come quella curiosità,<br />

quel “pizzico in più" facessero<br />

la differenza. Avevo deciso da<br />

tempo oramai che la carta stampata<br />

era “obsoleta"; perché comprare un<br />

quotidiano quando con due click<br />

posso avere tutte le notizie? Questo<br />

è stato il mantra che si ripeteva<br />

in loop nel mio cervello ultimamente.<br />

Se ci aggiungiamo anche<br />

che mi trovo a gestire da un po' di<br />

tempo pagine sui social; centinaia<br />

di migliaia di like, centinaia di commenti,<br />

messaggi, notizie ecc. ogni<br />

giorno. Volente o non volente ti<br />

trovi sempre aggiornato sulle “tendenze<br />

del momento", quello che<br />

va, quello che non va. Chi ha detto<br />

“A", chi ha detto “B". Per esempio,<br />

l'esplosione social che ha avuto la<br />

proposta di Fedez alla Ferragni,<br />

abbiamo ancora la casella intasata<br />

di messaggi con meme, commenti<br />

e considerazioni su quello. Che<br />

per carità sono divertenti, i primi 5<br />

minuti, poi basta. Tutto questo eccesso<br />

di interazioni si rifletteva anche<br />

su di me, questa enorme mole<br />

di informazioni non richiesta mi<br />

portava a guardare un po' dall'alto<br />

in basso le forme di informazioni<br />

“più collaudate"<br />

Che senso ha andare a mangiare<br />

in un ristorante se il cibo mi arriva<br />

gratis nella posta? Ma adesso<br />

capisco, buono il panino che ti<br />

arriva a domicilio per carità, ma<br />

vuoi mettere con un ristorante<br />

stellato? Quindi prendo <strong>Rolling</strong><br />

<strong>Stone</strong> e chiudo la porta. Il telefono<br />

vibra come sempre, messaggi,<br />

notifiche, whatsapp e altre menate<br />

varie, fanculo modalità aereo, apro<br />

e leggo. Diavolo, che buon sapore.<br />

Luca<br />

Quando ho visto Fabri Fibra<br />

in copertina mi sono chiesta cosa<br />

ci facesse la sua faccia sulla rivista<br />

<strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>, cosa mai volesse dirci.<br />

Ho girato pagina incuriosita, un<br />

po' sorpresa, indotta a proseguire<br />

dal fatto che a intervistarlo era<br />

proprio il cantante dei Thegiornalisti,<br />

Tommaso Paradiso. Evidentemente<br />

non ci avevo capito nulla,<br />

Fabri aveva da dirci, e anche tanto.<br />

Non pensavo ci potesse essere<br />

corrispondenza tra i due, tra un<br />

Paradiso che rende l'amore più<br />

umano di un bacio fuori dalla discoteca<br />

e un Fabri che sembra<br />

@meg_berardo<br />

@slvbrgl<br />

@vane_mariposa<br />

@fabri_fibra<br />

@nanaamara7<br />

26 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


sempre incazzato, un po' come tutti<br />

i rapper forse.<br />

Sono rimasta letteralmente incollata<br />

alle pagine, trovando tra le righe<br />

forse anche qualcosa di mio. E una<br />

volta finito di leggere, sentivo la<br />

necessità di venire di corsa a scrivere.<br />

Mi ha fatto lo stesso effetto<br />

di quando al liceo hai solo dieci<br />

minuti di ricreazione e devi fumarti<br />

la sigaretta, un rito che ti scarica,<br />

ti dà l'impressione di fuggire per<br />

qualche minuto. Mentre leggevo,<br />

sono entrata nei loro pensieri.<br />

Ognuno ha la sua droga, affermano<br />

entrambi, e io mi sono drogata<br />

delle loro parole, spontanee e vere.<br />

“E la nostra musica parte da un<br />

vuoto che abbiamo dentro, se tu<br />

stai a posto, non te ne frega un<br />

cazzo di scrivere. Quando ti manca<br />

qualcosa, una zona grigia dentro<br />

di te, allora l'arte ti consola". Non<br />

scrivi quando stai bene, è vero.<br />

Perché dovresti? Che cazzo gliene<br />

frega alla gente se sei felice? Alla<br />

gente piace il dolore, sapere di non<br />

essere soli nella sofferenza. Quando<br />

sei felice, scatta dentro di noi<br />

l'egoismo, non importa se gli altri<br />

soffrono. Ma quando si sta male,<br />

sapere che qualcuno soffre con noi<br />

ci consola tremendamente. Siamo<br />

una generazione di insoddisfatti,<br />

morti viventi che vagano cercando<br />

non si sa cosa. L'arte è l'espressione<br />

di quello che non abbiamo,<br />

una sorta di pacca sulla spalla. Le<br />

pacche sulle spalle però, a volte,<br />

possono far male. Così la musica,<br />

così la poesia. Tutti ti ascoltano,<br />

ti osannano, e un momento dopo<br />

non ci sei più, nel baratro. Le canzoni,<br />

quelle vere, ti devono far<br />

riflettere. Devono trapassarti. Le<br />

canzoni più belle sono quelle che<br />

non vuoi condividere. Quelle che<br />

ti ascolti con le cuffie, da solo,<br />

quelle che si adattano a ogni luogo.<br />

È come se avessi paura, facendole<br />

sentire a qualcun altro, che capisca<br />

qualcosa di troppo di te. Questa<br />

intervista era un po' come una<br />

canzone così. Mi ha presa, mi ha<br />

trascinata sul divano con loro. La<br />

rileggerei ovunque, anche la mattina<br />

appena sveglia, quando non<br />

si ha voglia di ascoltare nessuno.<br />

Invece, quella chiacchierata merita<br />

di essere ascoltata.<br />

Gaia Luciani,<br />

Tarquinia, 16 anni<br />

ADOTTARE SOLUZIONI PUNK<br />

PER SOPRAVVIVERE<br />

Una delle pagine Facebook che apprezziamo di più offre<br />

una visione decisamente rivoluzionaria alla vita quotidiana.<br />

Faccia da libro<br />

Daniele de Palumbis Tommaso<br />

Paradiso is the new prezzemolo.<br />

Giovanni Franchini Oh mi<br />

raccomando il mese prossimo<br />

l’intervista a Giovanardi.<br />

Tony GT Tramonte La scena hip hop<br />

napoletana è sempre stata molto<br />

interessante, peccato che ce ne<br />

si accorge una volta ogni dieci anni<br />

e per pochi mesi.<br />

Andrea Ventura Saviano e tatuaggi<br />

mi sembrano incompatibili…<br />

Fabrizio D’Alonzo Torna Twin Peaks<br />

e ho un’improvvisa fame chimica<br />

di cherry pie e tazza di caffè...<br />

Anna Anairead Prevedo<br />

innumerevoli “non rompere<br />

i coglioni” rilasciati nel palinsesto<br />

Sky. Grande Mara Maionchi.<br />

Lorenzo Jesus Laurini Chris<br />

Cornell: l’idea di non potermi mai<br />

più emozionare ascoltando la sua<br />

voce ed entrare nei suoi testi<br />

è come chiudere un libro col più<br />

triste dei finali…<br />

Il regista e la sua star: Francesco Bruni (a destra) e Andrea Carpenzano<br />

sono passati di qui per parlarci di Tutto quello che vuoi, il loro ultimo film.<br />

@jeghe90<br />

@_love4music_<br />

@sickmario_rioma<br />

@wanissboucetta<br />

@brunycacio<br />

www.rollingstone.it<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 27


Pop Culture<br />

DI CARLO FRECCERO<br />

APPELLO PER LA LIBERAZIONE DELLE BUFALE<br />

AssistiAmo in questo momento A un pArAdosso.<br />

L'opinione pubbLicA è sempre più orientAtA dAi mediA<br />

mAinstreAm A ritenere che L'eutAnAsiA siA un diritto<br />

e ciò in bAse ALLA Libertà di sceLtA che vA comunque<br />

riconosciutA dALLo stAto ALL'individuo. neLLo<br />

stesso tempo, questi stessi mediA mAinstreAm stigmAtizzAno<br />

LA Libertà di sceLtA in cAmpo sAnitArio. in<br />

sintesi, iL cittAdino non può Avere gLi strumenti per<br />

fAre deLLe sceLte e deve essere guidAto dALLo stAto.<br />

c'è insommA un probLemA preLiminAre: se riteniAmo<br />

che L'AutodeterminAzione siA un diritto fondAmentALe<br />

oppure no. in prAticA se riteniAmo iL cittAdino<br />

cApAce di sceLte responsAbiLi. se non siAmo cApAci<br />

di AutodeterminAzione suLLA nostrA sALute, non<br />

dovremmo poter decidere nemmeno<br />

se vivere o morire. e non dovremmo<br />

neppure votAre.<br />

Accusare la Rete di “bufale” e chiedere<br />

di censurarla rientra in questa logica. È<br />

vero, in Rete ci sono bufale, ma ci sono<br />

anche nella stampa mainstream e nella<br />

vita quotidiana. Quanti di noi, almeno<br />

una volta non hanno sentito parlare di<br />

santoni e guaritori capaci di intervenire<br />

in casi disperati? Rivolgersi o meno a loro<br />

fa parte di un atteggiamento che non è tanto influenzato<br />

dalle bufale, quanto dall'ignoranza.<br />

Il net ha la stessa stratificazione della stampa. Anche nella<br />

stampa ci sono alti e bassi. Esistono tabloid a basso prezzo<br />

che mettono insieme delitti, scoperte strabilianti, gossip.<br />

Esistono poi riviste divulgative che traducono la scienza<br />

per il grande pubblico e, infine, riviste scientifiche rivolte<br />

a un pubblico specializzato.<br />

Lo stesso vale per la Rete. Su Google la prima schermata<br />

mette insieme di tutto e al livello più basso. Ma Google è<br />

costruito come un videogioco in cui, passando a un livello<br />

superiore, si potranno avere notizie di grado superiore,<br />

e così via. La discriminante è la proprietà di linguaggio<br />

e, in particolare, il linguaggio tecnico-specialistico che<br />

funziona come una specie di “parola d'ordine”, di chiave<br />

per accedere al livello successivo. La verità più attendibile<br />

NON MI CONVINCERÒ MAI<br />

CHE LA CENSURA<br />

SIA UNA SOLUZIONE.<br />

ANCHE NEL CAMPO<br />

DELLA SCIENZA.<br />

LA SCIENZA SI EVOLVE<br />

E QUELLO CHE È VERO<br />

VIENE FALSIFICATO<br />

DA UNA NUOVA VERITÀ<br />

ci proviene dalla letteratura accademica e dalla riviste<br />

specializzate.<br />

Ho seguito in diretta l'esperienza di mia moglie. Quando<br />

ha deciso di curare il suo tumore con la radiologia<br />

interventistica, ha cominciato a monitorare i congressi<br />

internazionali di questa specializzazione. Tra i relatori,<br />

tutti stranieri e accademicamente qualificati, ha trovato<br />

un nominativo italiano e, sempre tramite Internet, è risalita<br />

all'ospedale pubblico dove opera. Oggi lei si ritiene<br />

miracolata, perché Internet le ha dato la possibilità di<br />

curarsi come voleva. È vero che forse, nelle ricerche, le<br />

avrebbe indicato anche il mago Do Nascimento, ma vale<br />

su Internet il buonsenso che vale nella vita reale.<br />

Pensare che Internet vada censurato, corrisponde, di<br />

fatto, a negare libertà di scelta e opportunità<br />

agli utenti. E questo diritto va<br />

garantito costruendo cittadini consapevoli<br />

con la scuola e l'istruzione. Come<br />

direttore di Rete, ho sempre rifiutato la<br />

censura e ciò mi ha portato non pochi<br />

problemi, ma non mi convincerò mai<br />

che la censura sia una soluzione. Anche<br />

nel campo della scienza. La scienza si<br />

evolve e quello che è vero viene falsificato<br />

da una nuova verità. Basta un solo<br />

corvo bianco a falsificare la tesi che tutti i corvi sono neri.<br />

Censurare una voce dissenziente ci riporta a un clima da<br />

inquisizione per cui la verità è nei libri sacri e non nell'esperienza.<br />

Bisogna credere che la Terra sta ferma, mentre<br />

per il dissidente Galileo “eppur si muove”.<br />

C'è poi il discorso della globalizzazione. La scienza sceglie<br />

percorsi diversi in diverse parti del mondo. Il fatto che una<br />

pratica da noi sia consueta o inconsueta non significa che<br />

sia automaticamente scientifica o no. Il protocollo non è<br />

uguale in tutti i Paesi. È il caso del vaccino per il papilloma<br />

virus che è stato sospeso in Giappone. I giapponesi sono<br />

influenzati da Internet? Internet è una banca dati sconfinata<br />

che, se usata correttamente, ci fornisce risposte e<br />

informazioni difficili da raggiungere altrimenti. Invocare<br />

la censura significa occultare non solo la bufala, ma anche<br />

le nuove scoperte.<br />

28 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


<strong>Rolling</strong> Girl<br />

FOTO VITTORIO SCHIAVO DI PARCO FORLANINI<br />

M¥SS KETA<br />

Spettacolo<br />

di donna<br />

Foto Vittorio Schiavo<br />

È la regina di cuori delle ragazze<br />

di Porta Venezia, l’angelo<br />

dall’occhiale da sera e una rapper<br />

sopra le righe (“Milano sushi e coca /<br />

la noche esta loca”, d’altra parte).<br />

M¥SS KETA, tutto in caps lock, è uno<br />

dei personaggi della nuova scena<br />

notturna milanese. Un’icona di culto<br />

rivestita di latex, scorretta a tutti<br />

i costi e tremendamente ironica. Ha<br />

in cantiere un nuovo EP, Carpaccio<br />

ghiacciato, che presto vedrà la luce,<br />

anticipato dal singolo Xananas,<br />

prodotto da Populous. Volete<br />

gustarvela in tutto il suo splendore?<br />

La trovate al Red Bull Culture Clash<br />

di Milano il 10 giugno.<br />

30 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 31


Art Core<br />

DI MATTEO RUBBI<br />

“Space Hangovers”<br />

UN ARTISTA CREA PER “ROLLING STONE” UN’OPERA INEDITA<br />

UNA SBRONZA CHIAMATA UNIVERSO<br />

C’è una leggenda sulla nascita di Milano, tramandata dallo storico Tito Livio, che dice che sia stato il<br />

principe gallo Belloveso a fondare la città intorno al 600 a.C. E allora Matteo Rubbi, nato a Seriate in<br />

provincia di Bergamo nel 1980, ha provato a immaginare e a riprodurre idealmente il cielo che ricopriva<br />

quel territorio prima della nascita della metropoli. Ed esattamente sta ricreando questo cielo stellato in<br />

Piazza Burri, per fissare nell’immaginario collettivo un archetipo che prima di tutto ci invita a formulare<br />

un pensiero: ormai le stelle a Milano non si vedono più. Quella che vedete qui sopra non è altro<br />

che l’opera nata dall’opera, è ciò che resta, sono gli scarti di un cielo intagliato, i negativi delle<br />

stelle. Rubbi, nella sua ricerca artistica, usa spesso la scienza e qui, oltre a parlarci dell’inesorabile<br />

cambiamento della vita, persino dello Spazio che negli ultimi 2600 anni non è più lo stesso,<br />

ha creato una sorta di antimateria in pietra, che corrisponde per massa alle stelle ed è dunque<br />

una specie di antagonista. È la simmetria dell’opposto, sovrabbondante e ammucchiata in catasta.<br />

È l’hangover dello Spazio, ciò che resta di una gigantesca sbronza chiamata universo.<br />

A cura di Nicolas Ballario<br />

32 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


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RITORNI/1 ALT-J | RITORNI/2 FLEET FOXES | CINEMA SOKO | BREAKING SANTAMANU<br />

Say Hello 2<br />

Heaven, Chris<br />

Dal grunge ai dischi solisti, l’irrequieta<br />

carriera di Cornell, voce di una generazione<br />

e vero eroe del rock. Il nostro omaggio<br />

di Mario Bonaldi<br />

YOU KNOW MY NAME<br />

Chris Cornell<br />

(1964-<strong>2017</strong>). È stato<br />

il frontman<br />

dei Soundgarden<br />

e degli Audioslave.<br />

FOTO PAUL BERGEN/AFP/GETTY IMAGES<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 35


Chris Cornell è morto il 18 maggio scorso.<br />

Il rapporto del medico legale parla di<br />

suicidio, ma quello che è successo di<br />

preciso nelle sue ultime ore di vita è ancora da<br />

chiarire. L’unica cosa certa è che se n’è andato<br />

un artista che durante la sua carriera ha spinto<br />

il rock verso territori sempre nuovi.<br />

La sua ricerca era iniziata con i Soundgarden<br />

– la più sofisticata tra le band “grunge” uscite<br />

dalla scena di Seattle tra ’80 e ’90. Difficili da<br />

definire: hard rock? Metal? Pop psichedelico?<br />

Tutto questo e oltre, anche grazie alla voce di<br />

Cornell: un’estensione vocale sbalorditiva,<br />

che poteva essere di volta in volta calda, abrasiva,<br />

avvolgente, metallica. Ogni loro album<br />

è diverso: Ultramega OK (1988) è un mix tra<br />

punk e Black Sabbath; Louder Than Love<br />

(1989) è hard rock edonistico alla Zeppelin;<br />

Badmotorfinger (1991) sborda nel prog e inizia<br />

a corteggiare il mainstream, senza risparmiare<br />

assalti come Jesus Christ Pose; Superunknown<br />

(1994) abbraccia rock psichedelico e pop anni<br />

’60 (contiene Black Hole Sun e la perfetta Fell<br />

on Black Days); e il sottovalutato Down on the<br />

1984 Nascono a Seattle i Soundgarden.<br />

il potenziale di questo autore. Che, forse, non<br />

è mai stato raggiunto in pieno – di sicuro non<br />

nei successivi Carry On (2007) e Scream (2009),<br />

prodotto da Timbaland. Qualcosa forse inizia a<br />

cambiare con Songbook (2011), live acustico del<br />

meglio della carriera di Cornell (riascoltatevi<br />

Call Me a Dog e quel crescendo da pelle d’oca<br />

dopo il bridge), e con l’album finale, Higher<br />

Truth (2015): entrambi sembrano il compromesso<br />

felice di chi ha finalmente trovato, forse, un<br />

po’ di pace. Lo stesso succede nell’ultimissima<br />

1991 Consacrazione con l’album Badmotorfinger. 1991 Il side project Temple of the Dog.<br />

1992 Cornell appare (e canta) nel film Singles. 1994 Superunknown, capolavoro dei Soundgarden. 2001 Gli Audioslave con gli ex RATM.<br />

Upside (1996), che continua a sperimentare<br />

verso un rock stratificato e scaleno (Pretty<br />

Noose, Burden in My Hand). In mezzo c’è<br />

stato l’intimo Temple of the Dog (1991), con<br />

la superband omonima (metà Soundgarden,<br />

metà Pearl Jam), scritto da Cornell in omaggio<br />

all’amico Andrew Wood, morto per overdose.<br />

Dopo la reunion dei Soundgarden arriverà poi<br />

King Animal (2012), che pur non riuscendo a<br />

ricreare la magia originaria sembra comunque<br />

degno degli album precedenti.<br />

Quando nel 2001 Cornell si unisce agli ex<br />

1. SOUNDGARDEN “Flower” (1989)<br />

2. TEMPLE OF THE DOG “Hunger Strike” (1991)<br />

3. TEMPLE OF THE DOG “Say Hello 2 Heaven” (1991)<br />

4. SOUNDGARDEN “Outshined” (1991)<br />

5. SOUNDGARDEN “Rusty Cage” (1991)<br />

Rage Against the Machine (orfani di Zack de<br />

la Rocha) per formare gli Audioslave, in molti<br />

rimangono perplessi. Invece, il mix di potenza<br />

e melodia creato da Cornell insieme a Morello<br />

& soci, da collage posticcio di due band<br />

(Soundgarden + RATM) riesce a evolversi nel<br />

giro di tre album in un rock eclettico, pieno di<br />

ispirazioni anni ’60 e ’70.<br />

La carriera solista di Cornell è tanto sfuggente<br />

quanto interessante. Inizia nel 1999 con<br />

Euphoria Morning, un album folk-rock psichedelico<br />

che spiazza i fan, ma ricorda a tutti<br />

15 CANZONI FONDAMENTALI DA RIASCOLTARE<br />

6. CHRIS CORNELL “Seasons” (1992)<br />

7. SOUNDGARDEN “Spoonman” (1994)<br />

8. SOUNDGARDEN “The Day I Tried to Live” (1994)<br />

9. SOUNDGARDEN “Black Hole Sun” (1994)<br />

10. SOUNDGARDEN “Fell on Black Days” (1994)<br />

canzone di Cornell, The Promise (<strong>2017</strong>), ricercato<br />

ma rassicurante soft-rock, scritta per il<br />

film omonimo – da Seasons (per Singles, 1992)<br />

passando per You Know My Name (per Casino<br />

Royale, 2006), il suo rapporto con Hollywood<br />

è sempre stato positivo.<br />

Ora Cornell se n’è andato, ma si è lasciato dietro<br />

un percorso coerente e molte grandi canzoni.<br />

Quelli che si aspettavano da lui niente meno<br />

che il disco perfetto, si renderanno conto che<br />

esiste già. È sparso dentro l’irrequieta, gloriosa<br />

carriera di uno degli ultimi veri eroi del rock.<br />

11. SOUNDGARDEN “Pretty Noose” (1996)<br />

12. AUDIOSLAVE “Cochise” (2002)<br />

13. AUDIOSLAVE “Like a <strong>Stone</strong>” (2003)<br />

14. CHRIS CORNELL “You Know My Name” (2006)<br />

15. CHRIS CORNELL “Nothing Compares 2 U” (2016)<br />

FOTO STUART MOSTYN/REDFERNS (1991); PAUL BERGEN/REDFERNS (1994); SUZI PRATT/FILMMAGIC (2001)<br />

36 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


Eravamo<br />

tre amici<br />

al pub<br />

Gli alt-J tornano senza Gwil al<br />

basso e chitarra, ma con un disco,<br />

“Relaxer”, più concentrato<br />

del solito: solo otto pezzi «perché<br />

avevamo delle scadenze». E intanto<br />

fanno progetti per la pensione<br />

di Claudio Biazzetti<br />

C’è questo video bellissimo su YouTube<br />

che si chiama “How to Write an alt-J<br />

Song”. Consiste in due ragazzini strafatti<br />

di erba che, microfono e loop station alla<br />

mano, ricreano da zero le armonizzazioni e i<br />

canti in canone che potreste trovare in una<br />

tipica canzone della band inglese. Fa davvero<br />

ridere, soprattutto perché i due, dilaniati dalla<br />

fame chimica che solitamente viene dopo un<br />

pomeriggio passato a macinare canne, sgranocchiano<br />

gallette di riso per tutto il video.<br />

All’epoca del 2015 diventò tanto virale che<br />

la stessa band, stilizzata con il simbolo delta,<br />

impostò una galletta di riso come immagine<br />

profilo su Twitter. «Ci ha fatto molto ridere»,<br />

confida il tastierista Gus, stravaccato insieme<br />

ai suoi due soci in un pub di Shoreditch, Londra.<br />

«Quei ragazzini stavano solo scherzando,<br />

ma più di una volta i nostri nemici hanno usato<br />

quel video per dire che siamo scontati».<br />

Da allora, gli alt-J hanno attraversato alti e bassi.<br />

Incluso essere mollati da Gwil Sainsbury al<br />

basso. «Che poi lui non era nemmeno un bassista»,<br />

aggiunge Gus, «suonava anche la chitarra.<br />

Ma siccome non siamo mai stati una band con<br />

ruoli definiti, abbiamo deciso di non sostituirlo<br />

quando se n’è andato». Semplicemente, stare<br />

in una delle band alt-rock più acclamate dagli<br />

universitari di tutto il pianeta non faceva per<br />

lui. Gli mancava la sua fidanzata e credeva<br />

sempre più di «vivere una vita che non era la<br />

sua», spiega Joe, il cantante, con un filo di malinconia<br />

nella voce. Loro invece continueranno<br />

imperterriti a tirare avanti la baracca. Almeno<br />

finché si sopporteranno, ci saranno gli alt-J.<br />

«Anche se penso che fra 50 anni sembreremo<br />

i Mumford and Sons», dice Joe, scatenando<br />

le risate nel pub. Lui ci scherza su, ma ha già<br />

fatto piani sulla pensione. Comprerà una casa<br />

Da sinistra, Thom, Gus e Joe, ovvero gli alt-J, suonano in <strong>Italia</strong> il 28 giugno a “Ferrara sotto le stelle”.<br />

in campagna e una Jaguar, che molto probabilmente<br />

è il sogno di ogni inglese.<br />

Ma non è ancora il momento di appendere i dischi<br />

al muro. Quello di ritorno, Relaxer, arriva<br />

con una formula più concentrata: 8 brani anziché<br />

i soliti 15. «Avevamo delle scadenze, non<br />

potevamo sforare di un altro anno», tenta di<br />

smarcarsi Thom, il batterista. «E poi a me non<br />

piacciono gli album eterni», aggiunge Joe, «soprattutto<br />

oggi che la gente è più interessata alle<br />

canzoni che agli album». In realtà quello che è<br />

piaciuto ai tre nerdazzi è la totale simmetria di<br />

Relaxer. Si divide in due parti da quattro tracce<br />

ognuna e per intero dura 40 minuti precisi.<br />

Un posto importante nella tracklist lo occupa<br />

l’irriconoscibile House of the Rising Sun: non la<br />

prima cover che i ragazzi mettono in un loro<br />

disco, ma di certo la prima che fa aprire un<br />

dibattito su chi sia davvero l’autore del pezzo.<br />

«Potrebbe venire dall’Inghilterra così come<br />

potrebbe essere un vecchio pezzo francese<br />

tradotto poi in inglese dai primi coloni di New<br />

Orleans», dice Joe.<br />

C’è anche un altro pezzo dal titolo inquietantemente<br />

intrigante. Come tutto il disco, fa<br />

molto Radiohead – «Ci hanno anche definito<br />

“i nuovi Radiohead”», dice Gus, «ma chi ha<br />

bisogno di nuovi Radiohead quando hai già<br />

i Radiohead?» – e si chiama 3WW, ma tranquilli<br />

non sta per 3 World War, per quanto,<br />

con Trump al potere, una guerra mondiale<br />

non sembri più una possibilità così remota.<br />

«In realtà sta per “3 Worn Words”, dove<br />

quel “Worn” sta per “consumate”, come un<br />

vecchio paio di scarpe», spiega il tastierista,<br />

specificando che il pezzo in sé non affronta alcun<br />

tipo di guerra se non quella in amore, ma<br />

che sarebbe da stronzi non avere nemmeno<br />

un briciolo di inquietudine con tutte quelle<br />

brutte facce che girano alla Casa Bianca.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 37


Il pop non è bello se non è...<br />

Dopo sei anni i Fleet Foxes tornano alla grande con un disco che nasce da idee opposte. Il frontman Robin<br />

Pecknold ci parla di come ha ritrovato la voglia di lavorare, e di un certo ex batterista che oggi è una star<br />

Da quando si è tagliato barba e capelli<br />

(la moda hipster sembra passata, per<br />

fortuna), Robin Pecknold, leader dei<br />

Fleet Foxes (sopra, al centro), ha preso ad assomigliare<br />

un po’ a Paul Rudd, l’attore di Ant-<br />

Man e Questi sono i 40 – il classico americano<br />

con faccia da bravo ragazzo, occhi verdi e un<br />

sorriso timido che, nel suo caso, nasconde un<br />

grande talento. Quando lo incontro, si trova<br />

a Milano per promuovere il terzo disco della<br />

band, Crack-Up, proprio nei giorni del Salone<br />

del Mobile, quando la città dà il suo meglio<br />

– o il peggio, se uno soffre di agorafobia.<br />

Pecknold comunque sembra contento, anche<br />

se non è uno che lasci trapelare molto di sé.<br />

Il nuovo album arriva sei anni dopo il precedente<br />

Helplessness Blues. Nel frattempo,<br />

per i Fleet Foxes e per Pecknold sono cambiate<br />

molte cose. Nel 2012 il batterista Josh<br />

Tillman, dopo anni di rapporti difficili con<br />

il resto della band, ha salutato tutti e se n’è<br />

andato per la sua strada, diventando il Father<br />

John Misty oggi celebrato come una sorta di<br />

coscienza satirica dello stardom americano.<br />

(Il suo ultimo disco, Pure Comedy, è stato<br />

suonano semplicemente<br />

classiche, originali, ma ben<br />

inscritte nella tradizione pop<br />

americana, dai Beach Boys<br />

a Crosby, Stills & Nash, da<br />

Neil Young a Simon & Gardi<br />

Mario Bonaldi<br />

pubblicato lo scorso aprile e ha ricevuto lodi<br />

universali). È anche per questa separazione,<br />

forse, che nel 2013 i Fleet Foxes hanno deciso<br />

di prendersi una pausa. Pecknold si è trasferito<br />

a New York per iscriversi alla Columbia<br />

University, e solo lo scorso<br />

anno la band è tornata in studio<br />

per registrare Crack-Up.<br />

Il risultato vale la lunga attesa:<br />

il nuovo disco sembra una<br />

sintesi perfetta tra la solarità<br />

del primo album omonimo<br />

e le atmosfere più dark del<br />

secondo. Se nel 2008 il neofolk<br />

dei Fleet Foxes poteva<br />

anche andare di moda, nel<br />

<strong>2017</strong> canzoni di Crack-Up<br />

come Kept Woman e On Another<br />

Ocean (January / June)<br />

CRACK-UP<br />

Il terzo atteso album<br />

dei Fleet Foxes<br />

(Nonesuch Records,<br />

in uscita il 16 giugno)<br />

arriva dopo Fleet Foxes<br />

(2008) e Helplessness<br />

Blues (2011). La band<br />

suonerà a Ferrara per<br />

“Ferrara sotto le stelle”<br />

il prossimo 3 luglio.<br />

funkel, per risalire fino ad Arcade Fire, Animal<br />

Collective e Grizzly Bear.<br />

La cosa più interessante delle canzoni dei<br />

Fleet Foxes è che non sai mai dove ti porteranno:<br />

partono in un modo, ma prendono<br />

spesso svolte improvvise.<br />

Anche i titoli sono spesso<br />

divisi in più parti: «Riflettono<br />

i diversi aspetti del mio modo<br />

di scrivere, le caratteristiche<br />

di ogni componente della<br />

band», dice Pecknold. Com’è<br />

cambiato il suono rispetto ai<br />

due album precedenti? «Di<br />

recente siamo tornati a suonare<br />

le vecchie canzoni, dopo<br />

anni. Ci siamo resi conto che<br />

le nuove hanno qualcosa di<br />

diverso. C’è una sorta di grazia<br />

aggiuntiva... Hanno più<br />

luce», dice. «Fleet Foxes era<br />

idealistico. Il secondo arrabbiato<br />

ed emotivo», continua,<br />

«Questo mi sembra realistico<br />

per certi aspetti, fantastico<br />

38 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


per altri. E più teatrale: ho molte associazioni<br />

visive legate a questo album».<br />

Pecknold e soci hanno cercato di registrare<br />

l’album nel 2013, salvo poi rinunciare e lasciare<br />

in stand-by il tutto. Cosa ha dato la<br />

convinzione per terminarlo, questa volta?<br />

«L’università: i mesi passati a studiare e a<br />

scrivere mi hanno dato finalmente un’etica<br />

del lavoro. Prima ero sempre stato pigro:<br />

dopo qualche giorno di fatica dicevo: “Dio,<br />

come sono stanco”, e mi mettevo sul divano<br />

a guardare la tv. Invece adesso ho scoperto<br />

un’energia nuova: registrare canzoni per tutto<br />

il giorno mi sembra una cosa divertente. Devi<br />

metterti giù e sgobbare, se vuoi fare bene. In<br />

qualsiasi campo. Non si scappa».<br />

Sbaglia il sottoscritto a vedere un’interessante<br />

corrispondenza tra il ritorno dei Fleet Foxes e<br />

la consacrazione di Father John Misty? Due<br />

personaggi, Pecknold e Tillmann, che non<br />

potrebbero essere più diversi: il primo è serio,<br />

introverso e non vede<br />

l’ora di uscire dai riflettori<br />

per nascondersi<br />

dentro le proprie canzoni.<br />

Il secondo è ironico,<br />

melodrammatico e non<br />

ha paura di sfruttare il<br />

proprio personaggio<br />

IL PRIMO DISCO<br />

ERA IDEALISTICO.<br />

IL SECONDO<br />

ARRABBIATO.<br />

‘CRACK-UP’ È SIA<br />

REALISTICO CHE<br />

FANTASTICO<br />

pubblico. Di recente, in un’intervista su questo<br />

giornale, Tillman ha definito una conversazione<br />

tra Pecknold e David Longstreth,<br />

frontman dei Dirty Projectors – tema: lo stato<br />

dell’indie rock – “inutile, pretenziosa e ipercerebrale,<br />

tra due persone che hanno perso<br />

il contatto con la realtà”. Chiedo: è in buoni<br />

rapporti con Tillman? «Non siamo in cattivi<br />

rapporti. Semplicemente non ci parliamo.<br />

Non abbiamo un rapporto», spiega. A me<br />

Father John Misty sembra una versione cinica<br />

e un po’ figlia di puttana (in senso buono) dei<br />

Fleet Foxes – Pecknold non commenta, però<br />

scoppia a ridere. Insisto: ha mai rimpianto anche<br />

solo per un momento di non avere più un<br />

talento come Tillman dentro la band? «No»,<br />

risponde laconico. «Per niente», aggiunge, già<br />

più sulla difensiva.<br />

Ma gli opposti, è noto, non possono fare a<br />

meno di attrarsi a vicenda. E forse in futuro<br />

Pecknold e Tillman, queste due stelle lontane<br />

del pop contemporaneo, decideranno di tornare<br />

a parlarsi e fare musica insieme. Noi non<br />

ci stupiremmo troppo.<br />

LA PLAYLIST DI ROBIN PECKNOLD<br />

Dirty Projectors: I See You; Nina Simone: Do What<br />

You Gotta Do; Alexander “Skip” Spence: Little Hands;<br />

Amen Dunes: Love.<br />

Il baronetto del reggae<br />

ECCO COME UN 67ENNE BIANCO È DIVENTATO IL PADRINO<br />

DELLA CULTURA GIAMAICANA E IL MAESTRO DEI CLASH EUROPEI<br />

David Rodigan era un ragazzino come<br />

tanti altri, nato nel ’51, cresciuto<br />

nella campagne dell’Oxfordshire.<br />

Poi, grazie a una canzone, si è innamorato<br />

della cultura giamaicana e ne è diventato<br />

l’inaspettato padrino inglese e il re incontrastato<br />

dei clash, nati in Giamaica e diventati<br />

fenomeno mondiale grazie a Red Bull e<br />

ai suoi Culture Clash. Alla vigilia dell’arrivo<br />

dell’evento a Milano (il 10 giugno) l’abbiamo<br />

raggiunto per farci raccontare com’è nata<br />

la sua passione e come si affronta la sfida.<br />

RS Ti sei innamorato del reggae grazie a<br />

My Boy Lollipop nel ’64. È stato un colpo<br />

di fulmine?<br />

RODIGAN Non avevo idea di niente, di<br />

questa musica e sicuramente non avevo in<br />

programma di innamorarmene. Ero solo<br />

un ragazzo delle campagne inglesi, avevo<br />

14 anni, giocavo a calcio... Qualche anno<br />

dopo, il mondo dello ska mi ha sommerso:<br />

My Boy Lollipop era già parte di quella<br />

cultura, l’aveva anticipata. Tanti amici non<br />

capivano l’importanza di questo pezzo, per<br />

me era semplicemente bello.<br />

RS E 50 anni dopo la dancehall è ovunque,<br />

da Ed Sheeran a Drake...<br />

RODIGAN Artisti come Drake e Rihanna<br />

amano questa musica, è parte della cultura<br />

di Matteo Zampollo<br />

KING DEL CLASH<br />

David Rodigan<br />

è nato nel 1951. Ha<br />

vinto il Red Bull<br />

Culture Clash<br />

del 2014 a Londra.<br />

black che ha influenzato tanti altri generi.<br />

La conoscono da sempre e hanno deciso di<br />

incorporarla nei loro pezzi, portando un<br />

contributo incredibile. Guarda quello che<br />

ha dato Sean Paul a questa cultura... L’ha<br />

fatta crescere tantissimo.<br />

RS Un altro aspetto di questa cultura sono<br />

i clash. Come li hai conosciuti e come sono<br />

cambiati?<br />

RODIGAN Negli anni ’60 c’erano queste<br />

rivalità tra i soundsystem giamaicani. Era<br />

semplice: il mio suono è più bello del tuo,<br />

le feste che faccio sono più belle delle<br />

tue... Dopo, sono diventate vere battaglie.<br />

Adesso si è trasformato, quello che Red<br />

Bull ha fatto è stato prendere il clash ed esportarlo.<br />

E, come prima, ha aiutato molto<br />

questa cultura. Quello che fanno loro è<br />

un vero Culture Clash, uno scontro tra<br />

diverse culture, oltre i generi musicali. E<br />

sta a te scegliere quale abbracciare.<br />

RS Sei il re dei clash, soprattutto per la<br />

quantità e il gusto che hai nello scegliere i<br />

dubplate. Qual è il tuo segreto?<br />

RODIGAN Non portarne troppi! Non li<br />

suonerai mai tutti: anzi, scegli solo quelli<br />

che il pubblico apprezzerà. Saranno quelli<br />

che ti faranno guadagnare il rispetto dagli<br />

avversari e ti porteranno alla vittoria.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 39


SOKO<br />

NEL FILM “IO DANZERÒ”, LA CANTANTE E ATTRICE FRANCESE<br />

INTERPRETA UNA PIONIERA DEL TEATRO NEI PRIMI DEL ’900:<br />

UNA DONNA CREATIVA E TORMENTATA. PROPRIO COME LEI<br />

di Roberto Croci a.k.a. La Bestia<br />

Cannot make it, have to go to<br />

N.Y. Come to Echo Park».<br />

Detto fatto. Freeway 405<br />

North, uscita Glendale, @Echo<br />

Park, area storica di gangs latine<br />

femminili, adesso zona hipster di<br />

L.A. Seduta in un bar c’è Soko,<br />

star di Io danzerò, uno dei film più<br />

belli, artistici, emotivi che abbia<br />

mai visto. Due sguardi, due parole,<br />

e il feeling è immediato e reciproco.<br />

RS Come sei riuscita a ottenere il<br />

ruolo di Loïe Fuller in Io danzerò?<br />

Q<br />

SOKO Conosco Stéphanie Di Giusto<br />

da una vita, sin da quando era<br />

fotografa e dirigeva videoclip e<br />

pubblicità. Mi è sempre piaciuta,<br />

perché ha un fuoco speciale negli<br />

occhi, è forte, indomita, non ha<br />

paura di niente. Un giorno mi<br />

ha detto che avrebbe scritto un<br />

film, e mi avrebbe dato la parte<br />

da protagonista. “Sarà una parte<br />

bellissima e fuori di testa, perfetta<br />

per te!”. Dopo anni di ricerca e varie<br />

sceneggiature, Stéphanie mi ha<br />

chiamata e ha iniziato a mostrarmi<br />

A<br />

il materiale che aveva raccolto su<br />

Loïe. Purtoppo tutti i film che si<br />

trovano sulla sua danza raccontano<br />

di altre ballerine, tra cui la<br />

famosa Papinta girata dai fratelli<br />

Lumière, visto che Loïe rifiutava<br />

di farsi filmare. Mi sono commossa<br />

dopo le prime immagini: non era<br />

danza, ma poesia. Per rassicurarmi,<br />

Stéphanie mi disse che, per le parti<br />

dove ballava, avrebbero preso una<br />

ballerina professionista, non dovevo<br />

preoccuparmi. Le risposi semplicemente:<br />

“Fuck you, Stéphanie.<br />

I’ll dance! Non sono una ballerina,<br />

ma se non posso essere io al 100%<br />

in questo film, puoi dare la parte a<br />

qualcun altro!”.<br />

RS Next step?<br />

SOKO Mi ha presentato<br />

alla coreo grafa del<br />

film, Jody Sperling,<br />

che mette in scena il<br />

lavoro di Loïe da più<br />

di 15 anni. È stato<br />

massacrante, ho studiato<br />

danza per mesi,<br />

sette ore al giorno,<br />

every fucking day. Pesi, ginnastica<br />

aerobica e nuoto. Alla fine della<br />

giornata piangevo dal dolore, proprio<br />

come faccio nel film.<br />

RS Sei così naturale nella parte che<br />

viene da chiedersi se le assomigli...<br />

SOKO Loïe era un’artista, non solo<br />

una ballerina. Era una pioniera<br />

della rappresentazione teatrale,<br />

responsabile di 50 persone del suo<br />

staff tecnico, aveva una scuola di<br />

danza dove insegnava la sua tecnica<br />

a chi faceva parte del suo show,<br />

curava scenografie, luci, costumi...<br />

Era un’imprenditrice, ha registrato<br />

persino diversi brevetti. 100%<br />

creativa insomma, ma aveva una<br />

parte autodistruttiva che la faceva<br />

dormire pochissimo, mettendo a<br />

rischio la sua vita e la sua salute.<br />

Tutto perché era votata al suo sogno.<br />

Sì, forse le assomiglio, anch’io<br />

sono sempre stata estrema, sin da<br />

bambina.<br />

RS E com’era Soko da bambina?<br />

SOKO Introversa. Dopo aver perso<br />

mio padre quando avevo 5 anni,<br />

mia madre ha cercato di farmi fare<br />

duemila attività fisiche diverse<br />

per non lasciarmi sola. Lezioni di<br />

OUTSIDER<br />

Soko è nata a Bordeaux<br />

nel 1985. Io danzerò è<br />

al cinema dal 15/6 dopo<br />

l’anteprima (con dj-set)<br />

al Biografilm Festival<br />

di Bologna il 10/6.<br />

piano, danza, equitazione, teatro,<br />

tennis, cose che volevo evitare<br />

perché a quel tempo pensavo non<br />

servissero a niente. Eppure, anni<br />

dopo, mi sono tornate utili sul<br />

set. Oggi sono migliorata, sono<br />

più brava a entrare in relazione<br />

con singole persone, mentre in<br />

un gruppo faccio un po’ cagare,<br />

sono un’outsider che preferisce<br />

stare per conto suo, guardare film<br />

o suonare musica. Mi piacerebbe<br />

leggere, ma faccio fatica, sono<br />

dislessica.<br />

RS Musica: quanto è importante<br />

per te?<br />

SOKO Se non avessi la musica nella<br />

mia testa, sarei già morta. Ho bisogno<br />

di ascoltare musica e anche<br />

di scriverla. Quando<br />

ascolto i Radiohead,<br />

la mia band preferita,<br />

o Elliott Smith,<br />

so che hanno scritto<br />

quelle canzoni, quelle<br />

parole per gente<br />

come me. La musica<br />

è felicità, e mi tocca<br />

nel profondo del cuore. Piango<br />

spesso ascoltando musica e anche<br />

quando la scrivo, perché sono<br />

sempre sincera nei suoi confronti<br />

e tra 10 anni, quando ascolterò<br />

una mia canzone, voglio pensare:<br />

“Fuck, so esattamente come mi<br />

sentivo in quel momento e bastano<br />

poche note per riportarmi<br />

indietro nel tempo, ma allo stesso<br />

tempo proiettarmi nel futuro”.<br />

RS Sei al lavoro su un nuovo disco?<br />

SOKO Sì, ho un titolo che mi piace<br />

ed è significativo, ma per il<br />

momento lo tengo segreto. Non<br />

so quando uscirà, ma adesso ho<br />

tempo da dedicarci. La musica per<br />

me è terapia, ho inciso il mio primo<br />

album perché avevo finito di girare<br />

Augustine, un film difficile nel quale<br />

avevo represso molte emozioni<br />

che sono finite nel mio album di<br />

esordio, I Thought I Was an Alien.<br />

La musica per me si esprime in<br />

questa mia frase : “From every drip<br />

of what I live and my soul and my<br />

pain, an endless pond of sadness”.<br />

La traduzione è libera, a seconda<br />

di quello che state provando in<br />

questo momento.<br />

FOTO VICTOR BOYKO/GETTY IMAGES FOR DIOR<br />

40 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


Dietro il muro del suono<br />

Pensate a una leggenda della musica e state certi che Guido Harari l’ha fotografata. Da Patti Smith<br />

a Lou Reed, da Bob Dylan a Kate Bush, fino a Vasco Rossi, una mostra che è una playlist per immagini<br />

di Francesca Amé<br />

Stavamo chiacchierando, poi Patti si è<br />

seduta, si è tolta le scarpe ed è venuto<br />

fuori questo scatto, che è decisamente<br />

anomalo per una come lei, non molto estroversa».<br />

Era il luglio del ’96 e il fotografo Guido<br />

Harari incontrava Patti Smith a Villa Arconati<br />

di Bollate, vicino a Milano, a margine di un<br />

suo concerto: l’artista era in <strong>Italia</strong> con la famiglia,<br />

«una tribù viaggiante», ricorda Harari,<br />

che includeva anche l’amico Michael Stipe<br />

dei R.E.M.. Patti si era da poco lasciata alle<br />

spalle un periodo cupo in seguito alla morte<br />

del marito e del fratello: «Stava<br />

rinascendo», spiega Harari, commentando<br />

questo suo scatto che<br />

pubblichiamo in esclusiva. È uno<br />

dei tanti ritratti realizzati nei 40<br />

anni di attività dal fotografo musicale,<br />

tra i mattoni più preziosi e rari esposti ora<br />

in Wall of Sound 10 (dal 17 giugno al 2 settembre<br />

alla Fondazione Bottari Lattes di Monforte<br />

d’Alba, in provincia di Cuneo). Più che una<br />

mostra ci sembra una playlist musicale da urlo.<br />

Ci sono tutti: Kate Bush, Peter Gabriel, Bob<br />

PIEDI PATTI<br />

La Smith nel 1996.<br />

Uno scatto da Wall<br />

of Sound 10<br />

di Guido Harari,<br />

a Monforte d’Alba<br />

dal 17/6 al 2/9.<br />

Dylan, Lou Reed. E i nostri Gaber,<br />

Capossela, Vasco Rossi. L’occhio<br />

dietro la macchina fotografica è<br />

sempre quello di Harari, che in<br />

queste 50 foto, realizzate tra il<br />

1976 e il 2013, riesce a cogliere<br />

l’inaspettato di chi ritrae. «Per fare questo<br />

mestiere serve pazienza, rispetto del lavoro e<br />

dello stato d’animo di chi ti trovi davanti: non<br />

sono mai stato un predatore», ci dice. Vero. Le<br />

sue sono «immagini musicali, piene di poesia e<br />

di sentimento»: lo ha detto Lou Reed.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 41


L’importante è sbagliare<br />

In mostra a Torino 20 anni di idee di Erik Kessels, olandese icona dell’advertising (ma anche fotografo,<br />

artista...). Un teorico dell’errore felice, che ci invita a consumare le immagini in modi nuovi<br />

di Marco Ruba Rubiola<br />

Pubblicitario. Artista. Fotografo. Designer.<br />

Editore. Gallerista. Eccetera.<br />

Andate a vedere The Many Lives of<br />

Erik Kessels, in mostra a Torino, e provate ad<br />

acchiapparlo, quest’olandese volante classe<br />

’66. Kessels è un pubblicitario onesto e coraggioso,<br />

e dunque creativo per davvero. Dal<br />

1975 dallo studio KesselsKramer, faro per<br />

generazioni di agenzie pubblicitarie di tutta<br />

Europa e provincia, produce senza complessi<br />

un lavoro tra astratto e business, tra concetto<br />

e mercato, tra continue sorprese e il profitto<br />

che queste producono. Celebre la campagna<br />

pubblicitaria per un hotel di pessimo livello,<br />

in cui prometteva un letto in ogni camera, una<br />

colazione scarsa la mattina, e le stesse cacche<br />

di cane del resto di Amsterdam. Onori ed errori.<br />

Perché Kessels è un convinto sostenitore<br />

dello sbaglio felice come possibilità creativa<br />

e anticorpo a una società ossessionata dalla<br />

performance della perfezione. “Se nessuno<br />

sbaglia tutti finiscono nello stesso posto e non<br />

si scopre niente di nuovo”, spiega Kessels nel<br />

volume Failed It!, antologia di errori d’autore.<br />

Una ricerca che, come ci racconta il curatore<br />

della mostra, Francesco Zanot, si fonda su<br />

una sorta di ecologia delle immagini: «Anziché<br />

aumentare il volume di una produzione foto-<br />

grafica che si espande esponenzialmente ogni<br />

giorno, Kessels fonda i suoi progetti sulla ricontestualizzazione<br />

di materiali pre-esistenti.<br />

Ci invita a guardare sotto una diversa prospettiva<br />

immagini nate con un altro scopo,<br />

per attivare nuove letture e nuovi significati.<br />

Archivi di qualsiasi tipo sono il suo serbatoio<br />

privilegiato: scientifici, industriali, album di<br />

famiglia, Internet. Questa mostra è la prima<br />

retrospettiva sul lavoro che ormai da 20 anni<br />

Kessels porta avanti con la logica del riciclo.<br />

Lo spazio espositivo sarà invaso da centinaia<br />

di migliaia di immagini che ci faranno riflettere<br />

sul nostro rapporto con la fotografia».<br />

The Many Lives of Erik<br />

Kessels è in mostra dall’1/6<br />

al 30/7 a Torino presso<br />

CAMERA Centro <strong>Italia</strong>no<br />

per la Fotografia. In alto: 24<br />

hrs in Photos, installazione,<br />

Foam Amsterdam, 2011.<br />

Qui a fianco: un ritratto di<br />

Erik Kessels; due immagini<br />

dai volumi In Almost Every<br />

Picture #8 (KesselsKramer,<br />

2008) e In Almost Every<br />

Picture #1 (KesselsKramer<br />

e Artimo, 2002).<br />

42 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


MADE BY YOU<br />

“IL REGALO PIÙ BELLO?<br />

DUE BIGLIETTI PER UN CONCERTO!”<br />

MAURO<br />

GRAPHIC DESIGNER<br />

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MARTE & VENERE<br />

“Nessuna donna resiste<br />

ad un riff di chitarra!”<br />

ROCK’N’ROLL<br />

“La chitarra<br />

è la mia migliore amica.”<br />

L’ONDA SONORA<br />

“Perchè la musica<br />

è la mia passione più grande.”


Ben Thatcher<br />

e Mike Kerr hanno<br />

formato i Royal Blood<br />

nel 2013. Hanno<br />

debuttato con<br />

un disco omonimo<br />

nel 2014.<br />

Belle canzoni (e birre buone)<br />

I Royal Blood sono maturati: hanno affillato le armi e inciso “How Did We Get So Dark?”,<br />

il loro secondo disco. Un “pastone” che suona molto rock e che si preparano a portare live a Milano<br />

di Matteo Zampollo<br />

Quando in redazione è arrivata la notizia<br />

dell’uscita di un nuovo disco dei<br />

Royal Blood, abbiamo quasi festeggiato.<br />

C’è una cosa più <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong> di loro?<br />

Fighi, tosti, ruvidi, ma anche estremamente<br />

cool, probabilmente senza nemmeno volerlo.<br />

Dopo il primo disco omonimo, uscito nel<br />

2014, il 16 giugno è in arrivo How Did We Get<br />

So Dark?, sophomore album, dalle tinte più<br />

scure, come si può intuire dal titolo, registrato<br />

in uno studio speciale a Bruxelles, pieno<br />

zeppo di strumenti vintage e un bar sempre<br />

aperto. «Era uno studio incredibile», dicono.<br />

«Ci siamo imposti di fare una decina di tracce<br />

ed è venuto fuori un “pastone” molto rock,<br />

molto duro. Un mix tra madness e darkness.<br />

Tutte le tracce sono dirette e sincere».<br />

Mike Kerr e Ben Thatcher si sono rintanati a<br />

Brighton e da lì ci rispondono, mentre stanno<br />

mettendo a punto gli ultimi dettagli del loro<br />

live. Assicurandoci che restano sempre i soliti<br />

cazzoni beer-fueled. «Il nostro approccio è<br />

sempre lo stesso: vogliamo fare bella musica,<br />

that’s all! Il nostro spirito resta uguale. In breve,<br />

divertirci, bere birre e fare belle canzoni».<br />

Una filosofia essenziale, che già caratterizzava<br />

il breve, ma intenso primo lavoro (32 minuti<br />

È UN ALBUM<br />

DRAMMATICO. DEL<br />

RESTO, GUARDA<br />

IL MONDO IN CUI<br />

VIVIAMO... MA CON<br />

UN PAIO DI PEZZI<br />

POSITIVI<br />

e 33 secondi, divisi in 10 tracce).<br />

«Adesso abbiamo affilato le armi,<br />

siamo più attenti alla struttura dei<br />

pezzi. Ecco, una cosa è cambiata:<br />

azzardiamo di più, osiamo di più,<br />

vogliamo fare più cose diverse.<br />

Abbiamo la consapevolezza che<br />

possiamo fare delle scelte più coraggiose.<br />

In più, siamo anche migliorati in studio,<br />

il lavoro che abbiamo fatto sulla batteria<br />

questa volta secondo noi è davvero efficace».<br />

Spostandosi anche verso un universo che<br />

è molto più cupo rispetto a prima. Non è<br />

difficile intuire il motivo. «Beh, guarda com’è<br />

messo il mondo in cui viviamo, è difficile vedere<br />

il lato positivo della situazione attuale.<br />

Abbiamo puntato su un clima drammatico,<br />

è vero, ma stai tranquillo che ci sono anche<br />

un paio di pezzi positivi, abbiamo usato dei<br />

groove molto sexy, anche».<br />

Confesso al duo che ero tra i più sudati al<br />

loro live di Milano, ormai oltre<br />

due anni fa. E, visto che hanno<br />

appena annunciato un’unica data<br />

italiana (il 2 novembre si esibiranno<br />

al Fabrique di Milano),<br />

siamo sicuri che sarà l’occasione<br />

buona per procurarsi un altro<br />

po’ di lividi.<br />

«Sarà molto divertente, questo di sicuro», dicono<br />

ridendo. «Abbiamo un bel po’ di pezzi in<br />

scaletta ora, diciamo che questa volta durerà<br />

più di mezz’ora. Sarà davvero il nostro meglio.<br />

The cream of the crops, diciamo dalle nostre<br />

parti. Lo potremmo chiamare così, no? Cream<br />

of the crops. Suona bene!»<br />

44 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


Breaking<br />

Santità e bollicine<br />

Ricorda Lana Del Rey, ma quando rappa – nel primo singolo Coca-Cola – è una Baby K che sguazza nella<br />

piscina di Drake. Chi è Santamanu, ennesima dimostrazione che c’è vita (da indipendente) dopo X Factor<br />

di Giovanni Robertini<br />

Abbiamo ascoltato in redazione<br />

tre suoi pezzi – il singolo<br />

Coca Cola e i demo di<br />

California e Cocktail – e, anche<br />

dopo aver visto le foto che ci aveva<br />

mandato la Universal, a più d’uno<br />

ha ricordato un po’ Lana Del Rey.<br />

Glielo abbiamo detto, quando Manuela<br />

Rinaldi è venuta a trovarci:<br />

«Sì, mi sono rivista molto in lei, me<br />

l’ha fatta scoprire mia cugina che<br />

vive a Manchester. C’è una sensibilità<br />

comune, nonostante enormi<br />

differenze, tipo che lei è ricca, io<br />

no». Già, le differenze sono tante<br />

partendo dal fatto che Santamanu<br />

in Coca Cola rappa quasi (una Baby<br />

K nella piscina di Drake): «Mi sono<br />

ispirata a Kanye e Post Malone<br />

e ho messo dentro tutte le mie<br />

esperienze, da quando suonavo<br />

punk a 15 anni nelle cantine fino<br />

ai 5 anni di Conservatorio». Poi ha<br />

mollato e si è messa ad ascoltare la<br />

musica italiana fica che fu, Endrigo,<br />

Tenco. «Compongo in finto inglese<br />

per dargli una metrica hip hop. Mi<br />

piacciono le contaminazioni, credo<br />

si noti anche dall’abbigliamento».<br />

Manu ha una canotta dei Chicago<br />

Bulls (che a Jordan andrebbe stretta,<br />

ma a lei arriva alle caviglie), una<br />

specie di anfibi, degli shorts e stop,<br />

ma l’hip hop certamente si nota soprattutto<br />

dai nomi dei produttori:<br />

The Ceasars, 2nd Roof e Vernetti,<br />

ovvero uno dei coach di X Factor,<br />

a cui Manuela aveva partecipato<br />

come metà dei Frères Chaos nella<br />

sesta edizione: «Lì ho imparato<br />

come gira il mondo. E che va preso<br />

per quello che è, un talent e basta».<br />

Dopo quell’esperienza ci sono stati<br />

anni di lavoro e, grazie a Gabriele<br />

Minelli, l’arrivo in Universal con<br />

il progetto Santamanu. Le chiedo<br />

come è nato il nome. «Quando è<br />

venuta a mancare mia nonna, una<br />

persona importante – religiosa,<br />

rock&roll, indipendente e cool –<br />

mi sono ricordata di ciò che mi<br />

aveva detto: se fossi riuscita a fare<br />

artisticamente quello che volevo<br />

avrei dovuto usare il mio nome. Ci<br />

ho messo “Santa” davanti, significa<br />

“inviolabile”, ovvero che Manu<br />

non accetta di mettere in discussione<br />

il suo modo di essere e di fare». E<br />

pare sia vero, visto che decide tutto<br />

lei: musiche, testi, pure i videoclip.<br />

SOGNANDO KANYE WEST<br />

PARLA (QUASI) SEMPRE DI SESSO, MA DICE DI NON ESSERE UN’ESPERTA.<br />

TOMMY GENESIS È LA BAD GIRL DELL’HIP HOP, PASSATA DALL’ARTE<br />

IN ALTO, FOTO MATTIA ZOPPELLARO<br />

La prima cosa che noti ascoltando Tommy<br />

Genesis è la quantità di allusioni sessuali più<br />

o meno esplicite nei testi. «La gente pensa<br />

che se parlo di figa sono un’esperta, ma è<br />

tutto l’opposto», spiega un po’ concitata la<br />

giovane rapper canadese, adagiata graziosamente<br />

sul divano di un hotel a cinque stelle.<br />

«Si contano davvero sulle dita di una mano le<br />

persone con cui sono stata a letto».<br />

Quello che la gente non capisce è che le sue<br />

rime esplicite non sono altro che un modo<br />

per esplorare una sessualità che ancora non<br />

l’ha convinta del tutto — già il nome che si è<br />

scelta sulle prime potrebbe sembrare quello<br />

di un uomo, ma sta proprio lì la provocazione.<br />

«Non sto facendo finta, né lo faccio per<br />

farmi pubblicità. È proprio una roba mia».<br />

Una volta dipingeva e faceva sculture, ma<br />

ora non ha più tempo. Nessuna lamentela,<br />

però. Il tempo che non ha più da dedicare<br />

alle proprie passioni ora Tommy se lo passa<br />

in giro per il mondo fra palchi, hotel e aerei.<br />

Si sente ancora lontana dalla vetta, però.<br />

«Segnatelo da qualche parte», dice.<br />

«Un giorno vedrai il mio nome su un pezzo<br />

di Kanye West». Claudio Biazzetti<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 45


«Noel? È il nuovo Robbie Williams» – Liam è sempre gentile nei confronti del fratello: la pace in casa Gallagher sembra essere ancora parecchio lontana<br />

Random Notes<br />

ADOOORO!<br />

BRAVO E BELLO,<br />

______<br />

FIDATEVI<br />

______<br />

Ok, quando strabuzza<br />

gli occhi così forse<br />

non è il massimo<br />

della vita, ma Robert<br />

Pattinson è sempre<br />

un bel vedere per<br />

il pubblico femminile.<br />

E, ultimamente, sta<br />

diventando anche<br />

garanzia di qualità:<br />

il suo Good Time,<br />

presentato a Cannes,<br />

è una bellissima<br />

crime story.<br />

DUE COLOSSI IN DIFESA Complici un paio di date<br />

in <strong>Italia</strong>, i colossi del wrestling WWE si sono presi<br />

qualche ora di libertà per visitare la sede della<br />

Roma. Qui Cesaro e Sheamus con mister Spalletti,<br />

che sembra approvare i nuovi acquisti.<br />

NO SMOKING SIGN<br />

Chissà se la passerella<br />

di Cannes è una zona<br />

in cui è vietato fumare...<br />

Nel caso, però, pare<br />

che nessuno osi dirlo<br />

al Maestro David Lynch,<br />

presente al festival<br />

per presentare la sua<br />

ultimissima fatica<br />

(televisiva), Twin Peaks.<br />

IN QUESTA PAGINA, DALL'ALTO IN SENSO ORA-<br />

RIO, FOTO TRISTAN FEWINGS/FRENCH SELECT;<br />

MATTHIAS NAREYEK/GETTY IMAGES; JANICE<br />

MERSIOVSKY; STEPHANE CARDINALE - CORBIS/<br />

CORBIS VIA GETTY IMAGES<br />

46 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


Il debutto<br />

di Regina<br />

Riri<br />

È arrivata (quasi) a sorpresa<br />

Rihanna sul tappeto rosso<br />

di Cannes. E ovviamente tutti<br />

gli obiettivi dei fotografi<br />

si sono spostati su di lei.<br />

Anche perché si è impegnata<br />

non poco a farsi notare:<br />

abitone bianco da principessa<br />

e gioielli abbondanti.<br />

DALL'ALTO, IN SENSO ORARIO, FOTO KRISANNE JOHNSON/ RED BULL CONTENT POOL; INSTAGRAM @SNOOPDOGG; MAX CISOTTI/AMFAR<strong>2017</strong>; ANTONY JONES/GETTY IMAGES<br />

UN BACIO SULLA CROISETTE Michel<br />

Hazanavicius e Bérénice Bejo sono<br />

gli unici che riescono a conquistare<br />

la critica d’élite e i giornali di gossip.<br />

Una notte al museo<br />

Solange Knowles conferma di aver preso tutti i migliori geni<br />

della famiglia, visto il super spettacolo che ha messo in piedi<br />

negli spazi del Guggenheim di New York. Si chiama An Ode<br />

To ed è una via di mezzo tra un'installazione artistica e un<br />

concerto, che ricostruisce il suo ultimo (bellissimo) disco,<br />

regalandogli una nuova vita. Il dress code per gli invitati – tra<br />

cui parecchi VIP – era il total white, come si può intuire.<br />

since2015<br />

SNOOP DOGG<br />

MONTHLY MAGAZINE<br />

since2015<br />

UNA CENA PER BENEFICENZA Cosa ci fanno allo<br />

stesso tavolo un imprenditore italiano (Remo<br />

Ruffini), un pilota inglese (Hamilton), un attore e<br />

un’attrice americani (Will Smith e Jessica Chastain)<br />

e una top model ceca (Petra Němcová)? Non è una<br />

barzelletta, ma l’after party dell’Amfar a Cannes.<br />

I BEI VECCHI TEMPI<br />

Non sappiamo di cosa abbiamo più nostalgia: delle<br />

giovanissime gemelle Olsen o di quei boccoloni sulla testa<br />

del nostro Snoop. E non fare quella faccia da furbetto,<br />

abbiamo visto benissimo cosa c'è applicato sul calice.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 47


Cartellone<br />

ARRIVA L’ESTATE E I GRANDI FESTIVAL, ZEPPI DI NOMI INTERNAZIONALI, DAGLI I-DAYS DI MONZA AL NUOVO POLO<br />

FIORENTINO. IN PIÙ, IL MAXI-LIVE DEI GUNS N’ROSES, IL RITORNO DI BATTIATO, OLTRE A TANTE MOSTRE ED ESIBIZIONI<br />

CONCERTI<br />

Mario Venuti<br />

INFO puntoeacapo.uno<br />

5/6 Colle Sannita (Bn) - Piazza Flora<br />

16/6 Catania – Corte Platamone<br />

Five Finger<br />

Death Punch<br />

INFO vertigo.co.it<br />

6/6 Milano - Alcatraz<br />

Japandroids<br />

INFO comcerto.it<br />

6/6 Padova - Parco della Musica<br />

7/6 Milano - Santeria Social Club<br />

Hanson<br />

INFO barleyarts.com<br />

7/6 Milano - Fabrique<br />

The Black Angels<br />

INFO radarconcerti.com<br />

7/6 Brescia - Latteria Molloy<br />

8/6 Bologna - Locomotiv Club<br />

Sherwood Festival<br />

Lo Stato Sociale, Dente,<br />

Brunori SAS…<br />

INFO sherwood.it<br />

Dal 7/6 Padova - Park Nord<br />

Stadio Euganeo<br />

Daddy Yankee<br />

INFO livenation.it<br />

9/6 Marina di Varcaturo (Na) - Ammot<br />

11/6 Milano – Milano Summer Festival<br />

15/6 Roma - Fiesta<br />

Salmo<br />

INFO vivoconcerti.com<br />

9/6 Bari – Medimex<br />

23/6 Fontaneto d’Agogna (No)<br />

Phenomenon<br />

30/6 Bellagio (Co) – Lido di Bellagio<br />

Milano Summer<br />

Festival<br />

Major Lazer, Daddy Yankee, Halsey…<br />

INFO milanosummerfestival.it<br />

Dall’11/6 Milano - Ippodromo San Siro<br />

Diamanda Galás<br />

INFO flowersfestival.it<br />

9/6 Collegno (To) – Lavanderia<br />

a Vapore<br />

L’anteprima del Flowers Festival<br />

è con l’unica data nazionale della<br />

performer americana. Si inserisce<br />

all’interno della sezione del Festival<br />

dedicata al lato oscuro della mente.<br />

Tiziano Ferro<br />

INFO livenation.it<br />

11/6 Lignano Sabbiadoro (Ud)<br />

Stadio G. Teghil<br />

16, 17 e 19/6 Milano - Stadio San Siro<br />

21/6 Torino - Stadio Olimpico<br />

24/6 Bologna - Stadio Dall’Ara<br />

28 e 30/6 Roma - Stadio Olimpico<br />

Bruno Mars<br />

INFO livenation.it<br />

12/6 Casalecchio di Reno (Bo)<br />

Unipol Arena<br />

15/6 Assago (Mi) - Mediolanum Forum<br />

Green Day<br />

INFO dalessandroegalli.com<br />

14/6 Lucca - Lucca Summer Festival<br />

Simple Plan<br />

INFO indipendente.com<br />

14/6 Padova - Gran Teatro Geox<br />

16/6 Milano - Fabrique<br />

I-Days<br />

Justin Bieber, Linkin Park, Radiohead<br />

INFO idays.it<br />

15, 16, 17, 18/6 Monza - Autodromo<br />

Nazionale<br />

Radiohead<br />

INFO livenation.it<br />

14/6 Firenze - Visarno Arena<br />

16/6 Monza - I-Days<br />

Thom Yorke e soci finalmente<br />

in <strong>Italia</strong> con una doppia data per<br />

presentare il loro ultimo disco<br />

A Moon Shaped Pool.<br />

Sfera Ebbasta<br />

INFO thaurus.it<br />

7/6 Piacenza – Villa Visconti<br />

8/6 Bergamo – Setai<br />

10/6 Ghedi (Bs) - Florida<br />

10/6 Senigallia (An) - Mamamia<br />

11/6 Roma – Ginnika Festival<br />

13/6 Como – Made Club<br />

Slayer<br />

INFO vertigo.co.it<br />

8/6 Milano – Alcatraz<br />

Jasmine Thompson<br />

INFO vivoconcerti.com<br />

8/6 Milano - Santeria Social Club<br />

Aspettando Metarock<br />

Levante, The Zen Circus,<br />

Bobo Rondelli…<br />

INFO metarock.it<br />

Dall’8 al 10/6 Pisa<br />

Piazza dei Cavalieri<br />

Guns N’Roses INFO livenation.it | 10/6 Imola (Bo) – Autodromo<br />

Sarà un evento imperdibile per gli amanti del rock: nell’arena XL<br />

dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola sbarca la band di Axl Rose.<br />

L’ultima volta erano arrivati (con una formazione “rimaneggiata”) nel 2012.<br />

American<br />

Football<br />

INFO radarconcerti.com<br />

15/6 Segrate (Mi) - Circolo Magnolia<br />

Rumors Festival<br />

Tony Bennett, Francesco Gabbani…<br />

INFO eventiverona.it<br />

Dal 16 al 19/6 Verona – Teatro Romano<br />

Luglio Suona Bene<br />

Bastille, Michael Kiwanuka,<br />

The Beach Boys…<br />

INFO auditorium.com<br />

Dal 17/6 Roma – Auditorium<br />

Parco della Musica<br />

Spilla Festival<br />

Rag’n’Bone Man, Wrongonyou…<br />

INFO spillafestival.it<br />

Dal 19/6 Ancona – Mole Vanvitelliana<br />

48 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


GruVillage<br />

J-Ax & Fedez, Francesco Gabbani,<br />

Jess Glynne…<br />

INFO gruvillage.com<br />

Dal 19/6 Grugliasco (To) - Arena<br />

Esterna Le Gru<br />

Eddie Vedder<br />

INFO livenation.it<br />

24/6 Firenze – Firenze Rocks<br />

26 e 27/6 Taormina (Me)<br />

Teatro Antico<br />

Just Music Festival<br />

Nicolas Jaar, Rag’n’Bone Man…<br />

INFO justmusicfestival.it<br />

Dal 20/6 Roma – varie location<br />

Machine Gun<br />

Kelly<br />

INFO livenation.it<br />

20/6 Sesto San Giovanni (Mi)<br />

Carroponte<br />

Il frontman dei Pearl Jam arriva in<br />

<strong>Italia</strong> con tre live imperdibili, per la<br />

prima volta come solista. A Firenze<br />

saliranno sul palco con lui anche<br />

The Cranberries e il cantautore<br />

irlandese Glen Hansard. Le date<br />

italiane chiudono un breve tour<br />

europeo che lo vede impegnato<br />

già da fine maggio, con due<br />

appuntamenti ad Amsterdam.<br />

IN QUESTA PAGINA, DALL’ALTO IN SENSO ORARIO FOTO KEVIN MAZUR/WIREIMAGE, IKKA MIRABELLI, ARIANNA CAROTTA<br />

Ferrara sotto le stelle<br />

Agnes Obel, Alt-J…<br />

INFO ferrarasottolestelle.it<br />

Dal 20/6 Ferrara – varie Location<br />

Placebo<br />

INFO livenation.it<br />

21/6 Taormina (Me) – Teatro Antico<br />

23/6 Firenze – Firenze Rocks<br />

Damian Marley<br />

INFO vertigo.co.it<br />

22/6 Sesto San Giovanni (Mi)<br />

Carroponte<br />

23/6 Roma - Postepay Sound Rock<br />

in Roma<br />

24/6 Gallipoli (Le) - Parco Gondar<br />

26/6 Bologna - Estragon<br />

Postepay Sound<br />

Rock in Roma<br />

Samuel, Daniele Silvestri…<br />

INFO postepaysound.it<br />

Dal 23/6 Roma – via delle Capannelle<br />

Franco Battiato<br />

INFO internationalmusic.it<br />

23/6 Palermo - Teatro Politeama<br />

25/6 Carpi (Mo) – Piazza Martiri<br />

26/6 Roma – Terme di Caracalla<br />

28/6 Pistoia – Piazza Duomo<br />

Elio e le Storie Tese<br />

INFO fepgroup.it<br />

23/6 Loano (Sv) – Piazza <strong>Italia</strong><br />

30/6 Legnano (Mi)<br />

Rugby Sound Festival<br />

IL MEGLIO DI MAGGIO<br />

THEGIORNALISTI<br />

In una data completamente sold-out, al di là delle polemiche, la band di<br />

Tommaso Paradiso si conferma una delle realtà più trascinanti d’<strong>Italia</strong>.<br />

Con ritornelli da cantare a squarciagola per tornare tutti adolescenti.<br />

The Cranberries<br />

INFO livenation.it<br />

23/6 Piazzola sul Brenta (Pd)<br />

Postepay Sound Piazzola sul Brenta<br />

24/6 Firenze – Firenze Rocks<br />

26/6 Roma – Luglio suona bene<br />

27/6 Cattolica (Rn) – Arena<br />

della Regina<br />

Antifestival<br />

Canova, Nobraino...<br />

INFO antifestival.it<br />

Dal 23/6 Cannaiola (PG) - via dei Prati<br />

Postepay Sound<br />

Piazzola sul Brenta<br />

2cellos, The Cranberries…<br />

INFO postepaysound.it<br />

Dal 23/6 Piazzola sul Brenta (Pd)<br />

Anfiteatro Camerini<br />

Firenze Rocks<br />

Aerosmith, Eddie Vedder,<br />

System of a Down…<br />

INFO firenzerocks.it<br />

Dal 23 al 25/6 Firenze<br />

Visarno Arena<br />

Devendra Banhart<br />

INFO vivoconcerti.com<br />

24/6 Milano - Auditorium<br />

Le Luci della Centrale<br />

Elettrica<br />

INFO godzillamarket.it<br />

24/6 Padova – Parco della Musica<br />

29/6 Pavia – Castello Visconteo<br />

Depeche Mode<br />

INFO livenation.it<br />

25/6 Roma – Stadio Olimpico<br />

27/6 Milano – Stadio San Siro<br />

29/6 Bologna - Stadio Dall’Ara<br />

Sean Paul<br />

INFO indipendente.com<br />

27/6 Padova – Gran Teatro Geox<br />

Niccolò Fabi<br />

INFO barleyarts.com<br />

28/6 Carpi (Mo) – Piazza dei Martiri<br />

30/6 Napoli – Castel Sant’Elmo<br />

Badbadnotgood<br />

INFO radarconcerti.com<br />

28/6 Padova – Parco della Musica<br />

29/6 Segrate (Mi) – Circolo Magnolia<br />

The 1975<br />

INFO indipendente.com<br />

29/6 Milano - Fabrique<br />

Hans Zimmer<br />

INFO vivoconcerti.com<br />

29/6 Assago (Mi)<br />

Mediolanum Forum<br />

Brunori Sas<br />

INFO picicca.it<br />

30/6 Milano - Carroponte<br />

Dario Brunori prosegue nel suo<br />

straordinario momento d’oro<br />

con una data nel calendario<br />

dell’edizione <strong>2017</strong> di Carroponte,<br />

a Sesto San Giovanni (Mi).<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 49


a cura di Francesca Amé<br />

Cartellone<br />

EROS<br />

Tinto Brass<br />

negli scatti di<br />

Gianfranco Salis<br />

dall’1/6 al 29/7<br />

Bologna – Ono Arte Contemporanea<br />

INFO onoarte.com<br />

Che cosa succedeva sui set del<br />

trasgressivo Tinto Brass? Ce lo<br />

racconta Salis, fotografo di scena<br />

del mitico regista dell’eros, con<br />

scatti che, da Monella a Hotel<br />

Courbet, raccontano una storia<br />

unica: in fondo, “eros è civiltà”<br />

(cit. Tinto Brass, ovvio).<br />

ARTISTAR<br />

Odyssey<br />

Un progetto di Ai Weiwei<br />

per Palermo<br />

fino al 20/6 Palermo – Zac Zisa Arti<br />

Contemporanee<br />

INFO amnesty.it<br />

Torna in <strong>Italia</strong> Ai Weiwei e lo fa<br />

per Amnesty International. In<br />

collaborazione con l’associazione<br />

umanitaria, porta una nuova<br />

installazione negli spazi della Zisa:<br />

1.000 metri quadrati dedicati ai<br />

profughi del mondo, che l’artistar<br />

cinese continua a mettere al centro<br />

della sua produzione creativa.<br />

FOTOGRAFIA<br />

Pier Paolo Pitacco<br />

Urban Nightmares<br />

dal 1/6 al 22/9<br />

Milano - Whitelight Art Gallery<br />

INFO whitelightart.it<br />

Tra le tante cose, Pier Paolo Pitacco è il<br />

direttore artistico di <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>. Qui è<br />

nei panni di fotografo, presentando una<br />

storia ipnotizzante, dove gli spazi urbani<br />

sono protagonisti di metaforici incubi.<br />

MIGRAZIONI<br />

La terra inquieta<br />

fino al 20/8 Milano – Triennale<br />

INFO triennale.org<br />

Siete di quelli che pensano<br />

che l’arte contemporanea sia<br />

inutile? Entrate alla Triennale,<br />

per ammirare la mostra che<br />

Massimiliano Gioni ha curato<br />

per la Fondazione Trussardi.<br />

L’arte è, oggi più che mai, politica:<br />

è la sola in grado di riflettere<br />

le contraddizioni del presente.<br />

NOVECENTO<br />

Amore e rivoluzione<br />

Coppie dell’avanguardia russa<br />

dall’1/6 all’1/10 Nuoro – Man<br />

INFO museoman.it<br />

La rivoluzione bolscevica scaldò i cuori degli artisti.<br />

Una mostra originale che ripercorre, nel centenario<br />

della celebre rivoluzione d’ottobre, le coppie di artisti<br />

che ne furono interpreti. La più celebre? Varvara<br />

Stepanova e Alexander Rodchenko.<br />

ICONE<br />

Lucienne Bloch<br />

Dietro la vita di Frida Kahlo<br />

fino all’1/7<br />

Roma – Thesign Gallery<br />

INFO thesignsrl.com<br />

76 immagini di quelle che non<br />

possono lasciare indifferenti:<br />

la mitica Frida Kahlo è ripresa<br />

dal fotografo e amico Bloch<br />

nel suo mondo messicano.<br />

Bianco e nero di gran classe.<br />

FOCUS<br />

Stefano Cerio<br />

Night Games<br />

dall’11/6 al 30/7<br />

Torino – Camera<br />

INFO camera.to<br />

Che succede nei parchidivertimento<br />

quando sono<br />

chiusi? Eccole, le spettacolari<br />

immagini, di cui molte in maxi<br />

formato, scattate da Cerio nei<br />

luoghi di divertimento di massa.<br />

50 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


ASTRATTO<br />

Judy Pfaff<br />

Abstract poetry<br />

fino al 2/7 Capri – AICA<br />

INFO ai-ca.com<br />

Prima personale italiana dell’artista inglese<br />

che porta a Capri una trentina di lavori<br />

su carta, tra collage, tempere e fogli: un<br />

assemblaggio super colorato, un disordine<br />

solo apparente. Bella scoperta.<br />

COMICS<br />

BGeek Fest<br />

dal 9 all’11/6 Bari - Palaflorio<br />

INFO bgeek.it<br />

Tre giorni all’insegna di fumetti,<br />

cinema e serie tv, a Bari, con lo street<br />

artist Solo, autore del manifesto<br />

che vedete, e Kaho Akyama, autrice<br />

del manga Lupin III.<br />

SCULTURA<br />

Gehard Demetz<br />

Introjection<br />

dal 23/6 al 10/9 Roma – Macro<br />

INFO museomacro.org<br />

Il bolzanino Demetz, 45 anni, e le<br />

sue sculture coraggiose: l’arte<br />

contemporanea vira sul digitale?<br />

E lui usa solo legno di scarto.<br />

ANIMAZIONE<br />

Bergamo Toons<br />

dal 22 al 24/6<br />

Bergamo – vari spazi della città<br />

INFO facebook.com/BergamoToons<br />

La città del grande Bruno Bozzetto<br />

organizza un festival dell’animazione<br />

e invita, tra gli altri, David Silverman,<br />

animatore de I Simpson.<br />

VINTAGE<br />

Ottanta nostalgia<br />

I mitici Ottanta tra tormentoni,<br />

successi, moda, cartoni e fumetti<br />

fino al 1/10<br />

Milano – Wow Spazio Fumetto<br />

INFO museowow.it<br />

Attiviamo la macchina del tempo e<br />

perdiamoci tra i fumetti di Andrea<br />

Pazienza, i poster degli Wham, giochi<br />

in scatola, videogames (Pac Man e<br />

non solo). Operazione nostalgia?<br />

Semmai gentile omaggio a chi quegli<br />

anni non li ha vissuti…<br />

PERFORMANCE<br />

Gérard Rancinan<br />

Revolution<br />

fino al 31/10 Venezia – Bel Air Fine Art<br />

Guggenheim<br />

INFO temporaryart.it<br />

Rancinan rilegge opere classiche<br />

come La zattera della Medusa di<br />

Géricault e le rende contemporanee.<br />

NEL MONDO<br />

ITALIAN MOVIE A NYC<br />

La Grande Mela si chiede<br />

dove stia andando il cinema<br />

italiano: un festival con una<br />

selezione delle pellicole di<br />

maggior successo della stagione,<br />

intervallate da lavori<br />

di nicchia e piccole produzioni<br />

indipendenti. Open roads:<br />

new <strong>Italia</strong>n Cinema <strong>2017</strong>.<br />

Dall’1 al 7/6.<br />

INFO filmlinc.org<br />

PINK FLOYD A LONDRA<br />

Non è una mostra, è un’esperienza.<br />

Al Victoria and<br />

Albert Museum di Londra<br />

Pink Floyd Exhibition: Their<br />

Mortal Remains è un viaggio,<br />

in 50 anni di musica e 200 milioni<br />

di dischi venduti, nella<br />

storia della band più iconica<br />

del ’900. Imperdibile? Di più.<br />

Fino all’1/10.<br />

INFO pinkfloydexhibition.<br />

com/<br />

TILLMANS A BASILEA<br />

Alla Fondation Beyeler di<br />

Basilea arriva la grande personale<br />

di Wolfgang Tillmans<br />

e subito la fotografia prende<br />

a braccetto la musica elettronica.<br />

Si entra nella magia del<br />

suo studio per non uscirne<br />

più. Fino all’1/10.<br />

INFO fondationbeyeler.ch<br />

RITRATTO<br />

David Hockney<br />

82 portraits and 1 still-life<br />

dal 24/6 al 22/10<br />

Venezia – Ca’ Pesaro<br />

INFO capesaro.visitmuve.it<br />

Hockney, inglese trapiantato a L.A,<br />

ritrae “il grande circo dell’arte”:<br />

mercanti, collezionisti, artisti.<br />

COLLETTIVA<br />

Il passo sospeso. Esplorazioni del limite<br />

dal 24/6 al 3/9 Lucca – Fondazione Ragghianti INFO fondazioneragghianti.it<br />

Dentro le mura di Lucca, una collettiva con nomi top dell’arte contemporanea<br />

(Marina Abramovic, Santiago Sierra, Michelangelo Pistoletto...) per esplorare il<br />

concetto di limite e di confine. Alla Ragghianti, un altro evento di qualità.<br />

ARTE AFRICANA A PARIGI<br />

Che l’Africa e l’arte africana<br />

fossero di tendenza ce lo dicono<br />

le vetrine delle gallerie<br />

di Parigi e soprattutto la Fondation<br />

Louis Vuitton con<br />

la sua mostra-evento Art/<br />

Afrique, Le nouvel atelier (la<br />

sede del museo, con vista su<br />

tutta Parigi, vale da sola la<br />

visita). Fino al 28/8.<br />

INFO fondationlouisvuitton.fr<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 51


SIAMO SOLO NOI<br />

FOTO SIMONE CECCHETTI/CORBIS VIA GETTY IMAGES<br />

Caro Vasco, posso<br />

chiamarti nonno?<br />

Lorenzo Rossi è il figlio che il Blasco ha<br />

avuto da Gabri (sì, quella della canzone):<br />

il 29 aprile gli ha regalato una nipote.<br />

E a “RS” assicura che il 1° luglio<br />

sarà sotto il palco a Modena a fare il tifo<br />

TESTO TIZIANA SABBADINI – FOTO JACOPO EMILIANI<br />

52 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


VA BENE COSÌ<br />

Lorenzo Rossi Sturani,<br />

31 anni, figlio di Vasco,<br />

con la moglie Carlotta,<br />

anche lei 31 anni,<br />

e la loro figlia Lavinia,<br />

nata il 29 aprile.<br />

BBologna, terzo piano senza ascensore: sul ciglio della porta ci apre Vasco rossi<br />

di trent’anni fa. stesso taglio degli occhi, la fronte rotonda, la Bocca Ben disegnata,<br />

ma un sorriso troppo cordiale rispetto all’originale.<br />

Anche i capelli rasati, la voce spedita e per niente ruvida, raccontano che si tratta di un<br />

Rossi, ma non di quello là, che nel 1987 cantava C’è chi dice no. È Lorenzo Rossi Sturani,<br />

31 anni dal 5 giugno, figlio di Vasco e Gabriella Sturani: il Kom l’ha riconosciuto 14 anni fa<br />

e Lorenzo gli ha appena regalato una nipotina, Lavinia, avuta dalla sua compagna Carlotta.<br />

Anche Lavinia ha il marchio di fabbrica Rossi, gli occhi del nonno. Che l’hanno già vista:<br />

«Gliel’ho portata nel suo studio di Bologna. Vedendo le manine dalle dita lunghe, papà ha<br />

detto: “Diventerà molto alta”».<br />

Già, nonno Vasco, a 65 anni sta preparando il concerto del primo luglio al Parco Ferrari di<br />

Modena, quello dei 40 anni di carriera: «L’ho visto bello attivo, divertito. È più in forma<br />

di me, si allena ogni giorno con il personal trainer, camminate sui colli e chilometri in bici<br />

per questo concerto one shot one kill: deve cantare a colpo sicuro. Non ha tempo di dire:<br />

“La prossima volta la faccio diversa, questa nota qua”. Sarà sul palco tre, quattro ore, una<br />

specie di Woodstock». Poi per il <strong>2017</strong>, stop. Ma non è un addio alle scene: «Ci saranno<br />

altri concerti, normali però. Un’altra Woodstock? Quando avrà 80 anni».<br />

Dopo Modena, il Blasco avrà tempo per la famiglia allargata: la moglie Laura Schmidt e loro<br />

figlio Luca, Lorenzo e Carlotta con Lavinia, il primogenito Davide, nato nel 1986 come<br />

Lorenzo, ma da un’altra mamma.<br />

IN CUFFIA: “SALLY”, VASCO ROSSI<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 53


SIAMO SOLO NOI<br />

RS Anche tuo fratello Davide ha avuto un<br />

bambino, Romeo, nel 2014. Grazie a te, il Kom<br />

è nonno per la seconda volta.<br />

LORENZO Lavinia, però, è la prima femmina di<br />

casa Rossi. Papà ha avuto tre maschi e poi è<br />

arrivato Romeo. Questa nipotina lo ha reso<br />

felice, me l’ha detto lui: “Ci voleva una donna<br />

in famiglia, eh”.<br />

RS Tu e Davide siete nati nello stesso anno:<br />

perché Vasco ha riconosciuto lui subito e te,<br />

invece, dopo così tanti anni?<br />

LORENZO Mia mamma era piccolina, aveva 16<br />

anni quando s’era messa con Vasco, che era<br />

già famoso per Bollicine o Siamo solo noi, e<br />

un anno e mezzo dopo sono nato io. Forse<br />

Gabri non si rendeva bene conto di quello che<br />

stava succedendo, aveva paura che un uomo<br />

così potente le potesse togliere il bambino. E<br />

non gli ha chiesto di riconoscermi. Mi voleva<br />

proteggere, tenermi con sé. Che ci può anche<br />

stare, visto dalla parte di una mamma. Vasco<br />

non s’era opposto.<br />

RS Tua madre, nel 2013, ha detto che Rossi l’aveva<br />

lasciata quando aveva saputo che ti stava<br />

aspettando. Ti ha fatto male leggerlo?<br />

LORENZO No, perché non so neanche se fosse<br />

vero. Negli anni mi è stato detto che, prima di<br />

me, mamma aveva perso un bambino o forse<br />

avevano paura di farlo nascere. Credo fossero<br />

dispiaciuti, addolorati per quello che era successo<br />

e subito dopo hanno fatto me.<br />

RS Forse eri nei loro desideri.<br />

LORENZO Ormai “va bene così", come canta<br />

mio padre.<br />

RS L’anno dopo la tua nascita lui s’è messo con<br />

Laura in modo stabile.<br />

LORENZO Anche questo è stato abbastanza<br />

tosto, visto da casa nostra.<br />

RS Come sono stati i tuoi primi anni?<br />

LORENZO Eravamo una bella famiglia, abitavamo<br />

in un appartamento gigante sotto le<br />

Due Torri: mamma, mia zia, i nonni, i cugini.<br />

Non sentivo la mancanza di un papà. C’era<br />

nonno Lucio che mi portava sempre in giro,<br />

mentre mia madre lavorava in un negozio di<br />

abbigliamento.<br />

RS Nel 1990, quando Vasco cantava Liberi<br />

liberi, il settimanale di gossip Novella 2000<br />

aveva fatto lo scoop: Blasco aveva un bambino<br />

segreto di 4 anni che viveva con la mamma Gabriella.<br />

Quel servizio aveva dato un dispiacere<br />

alla vostra famiglia?<br />

LORENZO Ho visto quella rivista girare in casa<br />

per anni. Ci sono io per strada in braccio alla<br />

zia, avevo un bomberino nero. Di quell’attimo<br />

non ricordo niente. Però la mia famiglia non<br />

era stata segnata, io sono cresciuto sapendo<br />

che mio padre era Vasco e in città la storia si<br />

“<br />

IO SONO<br />

CRESCIUTO<br />

SAPENDO CHE<br />

MIO PADRE<br />

ERA VASCO<br />

”<br />

UN SENSO A QUESTA VITA<br />

Lorenzo Rossi è figlio di Maria Gabriella Sturani<br />

ed è stato riconosciuto da Vasco nel 2003.<br />

Oggi lavora come social media executor alla<br />

Best Union, colosso della biglietteria elettronica.<br />

54 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


conosceva. Era tutto vero. Solo a scuola i miei<br />

compagni non ci volevano credere.<br />

RS Com’è andata l’adolescenza?<br />

LORENZO A Bologna avevo i miei amici, andavo<br />

bene a scuola. Tutto a posto anche con<br />

il nuovo compagno di mamma. Poi ci siamo<br />

trasferiti in un paesino in provincia di Ferrara,<br />

è nata la mia amata sorella Carlotta e mamma<br />

s’è lasciata con il suo uomo. È cominciato un<br />

periodo devastante.<br />

RS Allora avevi 12 anni: sapevi che la canzone<br />

Gabri parlava di tua madre? Il testo racconta<br />

la passione ed è esplicito nelle scene di sesso:<br />

ti imbarazzava?<br />

LORENZO Sapevo tutto, ma allora ero piccolo,<br />

non capivo le parole. Ma anche da grande non<br />

mi turbano. Forse mi sono abituato. Però, nei<br />

periodi in cui ho fatto il dj non l’ho mai trasmessa:<br />

neanche l’anno scorso quando, grazie<br />

a Biagio Antonacci, ho lavorato a Punto Radio,<br />

quella fondata da mio padre nel ’75.<br />

RS Come vivevi in provincia a 12 anni, quando<br />

c’era il Blasco di Io no?<br />

LORENZO Nella mia cameretta: stanza-bagnostanza-bagno.<br />

Ascoltavo la radio per passare<br />

i minuti. Per fortuna dovevo occuparmi della<br />

mia sorellina, che era indifesa: la portavo a<br />

scuola, cucinavo per lei, una pasta e due uova<br />

le sapevo fare. Mamma, con i problemi che aveva,<br />

non poteva badarle. Poi, per pagarmi delle<br />

cavolate, tipo merendine o videogiochi, facevo<br />

dei lavoretti, dall’aiuto-piastrellista al barista.<br />

Ma stavo male, non andavo più a scuola.<br />

RS Eri isolato.<br />

LORENZO Andavo in giro con i capelli lunghi<br />

e sporchi, le scarpe distrutte. I ragazzi mi<br />

prendevano in giro, loro avevano tutti le stesse<br />

scarpe, le stesse magliette, facevano gruppo.<br />

Non mi volevano o ero io che non volevo loro.<br />

Mi sentivo solo. Mi capitava di ascoltare mio<br />

padre alla radio, ma era un passatempo. Non<br />

pensavo a lui, non pensavo a niente. Volevo<br />

chiuderla lì, farla finita con la vita.<br />

RS Droga, alcol?<br />

LORENZO No, niente. Ho bevuto alcol solo<br />

dai 20 anni in poi. Prima non potevo, avevo<br />

una figura in casa che lo faceva e non volevo<br />

diventare come lei.<br />

RS Come sei riuscito a “dare un senso a questa<br />

vita”?<br />

LORENZO Ho trovato una maestra di Ferrara<br />

che, con sensibilità e coccole, mi ha tenuto lì<br />

con la testa. Sapeva di mio padre, perché gliel’aveva<br />

detto mamma. Mi ha aiutato a riprendere<br />

un po’ di fiducia. Poi la svolta. Avevo 14 anni,<br />

in tv passavano un video di Vasco, Siamo soli.<br />

RS Dove dice: “Tutto può succedere”.<br />

LORENZO Mi giro verso mamma: “È possibile<br />

conoscerlo?". Non ricordo di avere mai desiderato<br />

incontrarlo, prima. Gabri era rimasta in<br />

contatto, so che gli spediva le mie pagelle. La<br />

settimana dopo ho appuntamento con Vasco<br />

nei suoi uffici di Bologna. Ero curioso di vedere<br />

mio padre: del cantante in quel momento<br />

non me ne fregava niente. Ci siamo guardati.<br />

Vedevo un omone grande che camminava un<br />

po’ così. Un incontro freddo. Da capire. Mi<br />

spiegò che serviva l’esame del Dna, per legge.<br />

Il prelievo me l’avrebbe fatto un suo amico, il<br />

dottor Giovanni Gatti.<br />

RS Poi vi siete rivisti.<br />

LORENZO Dieci giorni dopo, stesso studio.<br />

Sempre io, mamma, lui. Sul tavolo c’era una<br />

busta aperta. Mio padre è uno come me, non<br />

riesce ad aspettare le cose. Sembrava contento<br />

che nella busta ci fosse scritto che era mio<br />

padre. Tutti e tre avevamo gli occhi rossi, le<br />

lacrime. Uscita la notizia, le tv mi cercavano<br />

anche a scuola. Ma nel paesino di Ferrara<br />

mi additavano, insultavano, qualcuno mi ha<br />

sputato.<br />

RS Invidia? O perché avevi osato turbare<br />

l’idolo?<br />

LORENZO Non so, ma erano sputi<br />

veri. Per fortuna mio padre mi ha<br />

fatto un discorso. “La prima cosa<br />

che dobbiamo fare, per avere<br />

fiducia tra noi, è che tu riprendi<br />

gli studi, perché serve a te”. Mi<br />

sono messo a testa bassa, ho<br />

recuperato due anni in uno. Ho<br />

anche unito alcuni anni delle<br />

superiori e mi sono diplomato<br />

ragioniere, come papà. Ho fatto<br />

felice lui. E me.<br />

RS Anche tua madre.<br />

LORENZO A mia madre voglio bene, ma non<br />

reggevo più niente in casa, a parte Carlotta.<br />

Avevo 18 anni, ho spiegato bene a papà perché<br />

stavo male e volessi andarmene. Fortuna che<br />

ha capito e mi ha preso un appartamento a<br />

Ferrara: “Queste sono le chiavi". Gli pagavo<br />

l’affitto con i miei lavoretti. Intanto però volevo<br />

studiare. Lui mi voleva notaio. Va beh,<br />

notaio... Ho scelto di iscrivermi a Scienze della<br />

Comunicazione, a Bologna.<br />

RS Come tuo padre: aveva già la stessa laurea,<br />

ma honoris causa.<br />

LORENZO Lavoravo per mantenermi: barista<br />

e segretario nello studio del mitico Gatti, che<br />

non mi faceva mai mancare un sorriso, un<br />

abbraccio. Sono stato anche a casa sua per<br />

Natale, con la sua famiglia. Dopo tre anni, mi<br />

sono laureato, con tesi su papà: Vasco 2.0, l’era<br />

del clippino.<br />

RS Si è inventato i clippini quando stava male.<br />

CHI È GABRI<br />

Maria Gabriella<br />

Sturani è la madre di<br />

Lorenzo, fidanzata di<br />

Vasco negli anni '80.<br />

Vasco le ha dedicato<br />

un pezzo (Gabri) in<br />

Gli spari sopra.<br />

LORENZO Ero preoccupato. I giornali scrivevano<br />

che moriva. Per fortuna Laura mi mandava<br />

dei messaggi per dirmi che non era vero. Mi<br />

fidavo solo di lei.<br />

RS Sentivi o senti anche tuo fratello Luca?<br />

LORENZO Quasi per niente. Ma ognuno è fatto<br />

a modo suo.<br />

RS Davide?<br />

LORENZO Ci vediamo ogni tanto. Ci guardiamo<br />

negli occhi, una pacca sulla spalla, un abbraccio<br />

e ci capiamo al volo su quello che abbiamo<br />

passato. Adesso siamo anche due papà.<br />

RS Con la nascita di Lavinia hai chiuso un<br />

cerchio.<br />

LORENZO Ho la famiglia che desideravo. Io<br />

non mi sono mai seduto a cena con mamma e<br />

papà. Adesso succede ogni sera, con Carlotta<br />

e Lavinia. Ho anche un lavoro fisso come social<br />

media executor alla Best Union, società scelta<br />

da Vasco per i biglietti di Modena.<br />

RS Ci sarai al Parco Ferrari?<br />

LORENZO In prima fila, come succede da 15 anni<br />

ai suoi concerti. Mi piace quando dal palco il<br />

suo sguardo scappa su di me.<br />

RS Del tuo passato, che cosa ti trascini dentro?<br />

LORENZO L’autostima è sotto zero.<br />

Vivo alla giornata, con obiettivi<br />

vicini, perché so che almeno lì ci<br />

arrivo. Soprattutto, ho paura di<br />

perdere tutto. Uno psicoterapeuta<br />

mi ha detto che ho la sindrome<br />

dell’abbandono. Ho il terrore che<br />

Carlotta mi lasci.<br />

RS Invece?<br />

LORENZO Carlotta c’è, è ingegnere<br />

edile, per ridere dico che mi ha<br />

costruito la vita, ed è vero. Eravamo amici da<br />

piccoli, a Riccione, poi ci siamo persi di vista<br />

e l’ho rintracciata due anni fa su Facebook.<br />

Sono sempre stato innamorato di lei. Una sera<br />

ci siamo visti per caso nel pub dove lavoravo<br />

e qualcosa è scattato anche dentro di lei. Mi<br />

ha visto diverso, non il solito ragazzone. L’ho<br />

corteggiata con i fiori, ci siamo messi insieme,<br />

ed è nata la nostra bambina.<br />

RS Che padre vuoi essere per Lavinia?<br />

LORENZO Non è un padre che voglio essere.<br />

Voglio essere quello che non è stata mia mamma<br />

per me (si commuove, tace, nda). Voglio<br />

esserci sempre.<br />

RS Gabri ha visto Lavinia?<br />

LORENZO Non ancora, ma voglio chiudere<br />

nel bene anche questo cerchio con lei. Sto<br />

accettando tutto il mio passato, perché mi ha<br />

portato qui da Carlotta e Lavinia. Non posso<br />

desiderare di più: una vita normale, sposarci,<br />

“crescere bambini, avere dei vicini". Lo canta<br />

anche papà. Come nelle favole.<br />

RS<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 55


Basta fare<br />

la secchiona!<br />

56 ROLLING STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong>


Ha stravolto il pop quando aveva 16 anni.<br />

Adesso che ne ha 20, Lorde è tornata<br />

perché ha capito che esistono i miracoli<br />

TESTO ALEX MORRIS - FOTO PEGGY SIROTA<br />

IL SECONDO AVVENTO<br />

Lorde (20 anni, neozelandese<br />

di Auckland) fotografata<br />

a Los Angeles lo scorso aprile.<br />

Il suo nuovo album,<br />

Melodrama, esce il 16 giugno.<br />

ROLLING STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong> 57


LORDE<br />

Non è proprio<br />

come mi<br />

aspettavo<br />

che sarebbe<br />

andata<br />

la giornata,<br />

nella cui fantasia ci vede «un gelato gusto tropicale<br />

sciolto. Penso che Stevie Nicks a bordo<br />

piscina si vestirebbe così», spiega. «Non l’ho<br />

mai incontrata, ma fa sentire il mio cuore come<br />

avvolto in un tessuto morbido. È bellissima,<br />

vero?». Radunate alcune chicche, ci avviamo<br />

verso uno specchio per provarle. Lorde si<br />

sfila la maglietta. Poi mi rivolge uno sguardo<br />

beffardo e fa un ampio sorriso. «Questa», dice<br />

«è la mia prima intervista per <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong> in<br />

cui mi ritrovo nuda davanti all'intervistatrice».<br />

Il che non è esattamente il tipo di carriera che<br />

Lorde ha coltivato fin qui. Scoperta a 12 anni,<br />

quando la registrazione di un talent show<br />

è finita tra le mani di un manager della Universal,<br />

l’artista che all’anagrafe fa Ella Yelich-<br />

O’Connor viene scritturata con una sorta di<br />

contratto di formazione, che prevedeva diventasse<br />

abbastanza grande per cantare in modo<br />

convincente canzoni scritte per lei da adulti.<br />

Cosa mai successa. Già a 15 anni – e in coppia<br />

con il produttore Joel Little, che un tempo era<br />

stato il leader della semi-sconosciuta band pop<br />

punk Goodnight Nurse – Lorde insiste per<br />

scrivere la sua musica, e prendere il comando.<br />

Durante una settimana di vacanza, scrive<br />

Royals, il pezzo che sarebbe diventato la<br />

grande hit dell’EP poi caricato gratuitamente<br />

su Soundcloud (rifiutandosi però di distribuire<br />

qualunque immagine di sé). Nel frattempo,<br />

intuisce così bene cosa sta per accadere, che<br />

si sceglie un nome d’arte al tempo stesso arima<br />

a metà pomeriggio, in un magazzino da<br />

qualche parte sulla Route 101, Lorde si sta<br />

levando i vestiti. E a dirla tutta, anch’io. Siamo<br />

da Shareen Downtown, un paradiso di 2.000<br />

metri quadrati di meraviglie sartoriali di seconda<br />

mano a Los Angeles, dove non esistono<br />

camerini e, non a caso, gli uomini non sono<br />

ammessi, come attesta un cartello all’entrata.<br />

«Non è fantastico?», mi ha domandato poco<br />

fa. «L’ho scoperto grazie alla moglie del mio<br />

vecchio tour manager, che faceva la costumista<br />

per Mad Men. Ripeteva in continuazione:<br />

“Vado sempre da Shareen”. E così adesso lo<br />

faccio anch’io».<br />

Oggi, in mezzo alla polvere e al glamour,<br />

la missione di Lorde è scovare qualcosa di<br />

simpatico da indossare al Coachella, dove<br />

tra due settimane la 20enne neozelandese si<br />

esibirà in concerto, per la prima volta dopo tre<br />

anni, come anteprima del suo secondo album,<br />

Melodrama (in uscita il 16 giugno). «Oddio, è il<br />

mio sogno», dice, dirigendosi verso un abito da<br />

sposa delicato e vaporoso riemerso da qualche<br />

epoca passata. «Ci pensi, al Coachella con<br />

una corona floreale ricavata da questi decori<br />

pazzeschi?», ipotizza, facendo scorrere la<br />

mano sopra ai minuscoli fiori di tessuto del<br />

vestito. «È fichissimo. Ma non ci mettono mai i<br />

cartellini dei prezzi, e sono sempre super cari».<br />

Alla fine, opta per un abito blu scuro di tessuto<br />

stampato, che ha una vaga aria anni ’90 dolcemente<br />

grunge, e un ondeggiante vestito lungo,<br />

stocraticamente imponente e femminile (con<br />

l’aggiunta di quella «e» a Lord) – una mossa<br />

un filo pretenziosa, ma al 100% azzeccata.<br />

«Ella Yelich-O’Connor... Riesci a immaginare<br />

che vengano urlati in un festival?». Si stringe<br />

nelle spalle. «Mi sembrava sensato cambiare».<br />

P<br />

ure Heroine esce nell’autunno del<br />

2013, e vende più di un milione<br />

di copie in cinque mesi. David<br />

Bowie la incontra, le prende la<br />

mano e le dice che ascoltare la<br />

sua musica «è come sentire il futuro». Lady<br />

Gaga lo definisce «uno degli album del 2013».<br />

Non si tratta solo della precoce armonia del<br />

disco (in cui i sobri ritmi elettronici sovrastati<br />

dalla voce fumosa e sincopata di Lorde creano<br />

un suono in parte pop, in parte hip hop, un po’<br />

jazz e totalmente ipnotico); è anche l’adolescenziale<br />

autorevolezza con cui i testi di Lorde<br />

sfidano e poi si sbarazzano di decenni di figure<br />

retoriche e stereotipi della musica pop (“Sono<br />

tutti in fissa / Cristal / Maybach / diamanti<br />

sull’orologio... Ma a noi non interessano”).<br />

Il disco è così controllato, così misurato e<br />

consapevole che, più o meno a ragione, Lorde<br />

viene accolta ovunque come l’antidoto del pop<br />

al proprio stesso artificio. Non è costruita. Si<br />

veste da Goodwill come una strega impazzita.<br />

Esercita un ascendente che va ben oltre la sua<br />

età. In altre parole, “fa sul serio" – è la confutazione<br />

del modello prefabbricato e chiavi<br />

FOTO PEGGY SIROTA<br />

58 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong><br />

IN CUFFIA: “KIND OF WOMAN”, STEVIE NICKS


EROINA DEL POP<br />

Royals, il primo singolo tratto<br />

dal disco d’esordio di Lorde,<br />

Pure Heroine, nel 2014 ha<br />

vinto due Grammy come<br />

“Canzone dell’anno” e “Migliore<br />

perfomance pop solista”.<br />

ROLLING STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong> 59


LORDE<br />

LORDE E I<br />

SUOI DISCEPOLI<br />

In senso orario: con<br />

Taylor Swift; live<br />

alla Rock & Roll Hall<br />

of Fame; con Tilda<br />

Swinton e David<br />

Bowie.<br />

“ Era una<br />

follia, un<br />

manicomio”,<br />

dice Lorde<br />

riferendosi<br />

alla prima<br />

ondata<br />

della fama.<br />

“Ma tutti<br />

sono matti,<br />

a 16 anni ”<br />

FOTO CON T. SWIFT, KEVIN MAZUR/WIREIMAGE; CON D. BOWIE, FARRELL/BFA/REX/SHUTTERSTOCK<br />

in mano che molti consideravano inevitabile<br />

per le giovani cantanti che entravano in quel<br />

mondo. A un certo punto della nostra conversazione,<br />

parlando dei Grammy del 2014,<br />

durante i quali con Royals si è portata a casa<br />

sia il premio di “Migliore canzone dell’anno”<br />

che quello di “Migliore performance pop<br />

solista”, li definisce «i miei Grammy», prima<br />

di correggere il tiro: «Intendevo dire che era la<br />

mia settimana dei Grammy, non che mi sono<br />

appropriata dei Grammy». Ma per certi versi<br />

era andata proprio così.<br />

D<br />

a allora, la vita di Lorde ha preso<br />

una piega prevedibilmente<br />

surreale. Ha fatto le veci di<br />

Kurt Cobain quando i Nirvana<br />

sono stati introdotti nella Hall<br />

of Fame, curato la colonna sonora di un film<br />

della serie Hunger Games, ispirato una parodia<br />

in South Park e ha portato Diplo a pesca<br />

(«Adoro pescare! È la cosa da fare quando ti<br />

trovi in Nuova Zelanda»). Nel frattempo, ha<br />

trasmesso un'impressione di tale autenticità<br />

che la gente ha cominciato a chiedersi se in<br />

realtà non fosse finta, se non fosse stata scelta<br />

dall’industria discografica per recitare il ruolo<br />

della propria antieroina. «La sua immagine,<br />

l'essere neozelandese e outsider non solo<br />

rispetto al pop americano, ma anche a quanto<br />

onnipresente sia la fama, tutto ciò la rendeva<br />

un personaggio con cui era facile identificarsi»<br />

dice Tavi Gevinson, direttrice della rivista<br />

Rookie e una delle tante celebrità – compresa<br />

Taylor Swift – con cui Lorde ha stretto amicizia<br />

da quando si è unita ai loro ranghi.<br />

Poi, dopo aver ammaliato un’intera industria,<br />

Lorde scompare. O meglio, si ritira, per<br />

cercare di capire se sarebbe stato possibile<br />

ritrovare una qualche versione della ragazza di<br />

periferia che aveva involontariamente creato<br />

un capolavoro, e tentare di farne un altro. O<br />

almeno è quanto mi ha raccontato oggi, durante<br />

il pranzo al Beachwood Cafe, un posto<br />

soleggiato poco sotto la scritta Hollywood,<br />

frequentato da gente in pantaloni da yoga e<br />

dall’aspetto ossessivamente sano. «Ora posso<br />

guardare indietro e pensare: “Era una follia.<br />

Tutto. Un manicomio”», dice riferendosi alla<br />

prima ondata della fama. «Ma tutti sono matti<br />

a 16 anni. Penso che se dicessi a un 16enne<br />

che andrà su Marte – “Saliremo su un razzo<br />

e partiremo, e la tua vita sarà così” – la sua<br />

reazione sarebbe: “Ok, tutto bello, ma adesso<br />

come adesso sto facendo le mie cose, ed è ciò<br />

che importa”. Per certi versi, tutto si è andato<br />

stabilizzando settimana dopo settimana».<br />

Non che tutto fosse normale. Quando Lorde<br />

comincia a dedicarsi a un nuovo album, in un<br />

certo senso è bloccata su Marte. Si ritrova<br />

nel classico dilemma degli innovatori: aveva<br />

inventato un suono che aveva cambiato il<br />

panorama pop. Ormai, le sfumature “di Lorde"<br />

sono ovunque – il respiro della sua voce, il<br />

suo mix di pop e candore cantautorale – con<br />

la conseguenza che oggi avere sonorità “alla<br />

Lorde" significa assomigliare a tanti altri. La<br />

sua singolarità era stata cooptata, ma nel frattempo<br />

il suo orizzonte era cambiato. «Il suo<br />

primo album girava tutto intorno al fatto di<br />

essere quella ragazza», spiega Jack Antonoff,<br />

il produttore di Melodrama. «Quando è tutta<br />

la tua vita a cambiare, e hai costruito la tua<br />

carriera sull’essere leale alla tua idea, come<br />

tiri fuori una nuova narrazione? È quasi impossibile».<br />

In breve, Lorde deve capire come ricreare la<br />

magia terrestre nell’atmosfera rarefatta di un<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 61


LORDE<br />

REGINA<br />

DEL DESERTO<br />

Lorde al<br />

Coachella, lo<br />

scorso aprile. Non<br />

saliva sul palco<br />

da tre anni (ed è<br />

stato un trionfo).<br />

altro pianeta, e al tempo stesso decidere come<br />

vuole che sia la sua vita da adulta. L’unica cosa<br />

che le viene in mente è riprendere la strada<br />

di casa.<br />

Alla fine del 2014, concluso<br />

un tour in Nord<br />

America, Lorde rientra a<br />

Auckland, Nuova Zelanda.<br />

Riallaccia i contatti<br />

con i vecchi amici – compresi<br />

i ragazzi del video<br />

di Royals, che non sono<br />

particolarmente impressionati<br />

dalla sua fama<br />

– e cerca di gettare le<br />

fondamenta di un nuovo<br />

percorso musicale. «Ho<br />

imparato che ci vuole un<br />

po'», dice, «per lasciare<br />

andare il disco che hai<br />

appena terminato». L’idea<br />

alla base del nuovo<br />

album è quella di spiegare<br />

la Terra a un gruppo di<br />

alieni. «Ricordo di aver scritto qualcosa sul<br />

primo passo fuori dall’astronave. Questi alieni<br />

hanno vissuto solo in un ambiente sigillato<br />

ermeticamente, quindi la domanda è: cosa si<br />

prova quando si mette piede all’esterno?».<br />

“<br />

imparato<br />

Ho<br />

che ci vuole<br />

un po’<br />

di tempo,<br />

per lasciare<br />

andare il disco<br />

che terminato hai appena<br />

”<br />

Come sempre, Lorde ha tentato di lasciarsi<br />

guidare dai propri istinti, dalle appassionate<br />

percezioni che così bene avevano funzionato<br />

in precedenza. Grazie alla sua sinestesia,<br />

vede le canzoni non solo<br />

come colori, ma addirittura<br />

come tessuti, ed è<br />

cresciuta in un ambiente<br />

benestante che ha favorito<br />

questa tendenza,<br />

con un padre ingegnere<br />

e una madre poetessa a<br />

trasmetterle una «travolgente<br />

esperienza<br />

sensoriale del mondo»,<br />

racconta. «Tutto è così<br />

vivido (per mia mamma,<br />

nda). E tutto è governato<br />

dai sensi in maniera<br />

piuttosto letterale. Per<br />

esempio, il sapore dei<br />

diversi frutti può essere<br />

arte». Una bambina<br />

«abbastanza solitaria,<br />

sognatrice, fuori posto», nutriva però una<br />

particolare venerazione per il pop, che a volte<br />

studiava più delle materie scolastiche. «Sono<br />

sempre stata super allergica a qualunque idea<br />

di esclusività nell’arte».<br />

Nell’autunno 2015, Lorde, che<br />

sta lavorando di nuovo con<br />

Little, decide di allargare i suoi<br />

orizzonti. Conosce Lena Dunham<br />

(«Abbiamo cominciato a<br />

chattare online, come si fa normalmente»),<br />

che le presenta il suo ragazzo, Antonoff, chitarra<br />

solista dei Fun e frontman dei Bleachers,<br />

produttore di alcuni brani di 1989, l’album<br />

di Taylor Swift. «Eravamo a un concerto di<br />

Grimes, e lui mi fa: “Vado a prenderti qualcosa<br />

da bere”», racconta Lorde. «È tornato con<br />

succo d’ananas in lattina – una cosa piuttosto<br />

strana da offrire a qualcuno – me l’ha passata,<br />

poi se l’è ripresa e ha strofinato la parte superiore,<br />

spiegando: “Nelle fabbriche i topi ci<br />

camminano sopra”». In quel momento, Lorde<br />

capisce «di essere arrivata a casa nella maniera<br />

più bella possibile, incontrando un tipo così».<br />

All’epoca in cui iniziano a collaborare, l’album<br />

è ancora una raccolta confusa di impressioni<br />

e idee. «Ho detto: “Mettiamoci intorno a un<br />

pianoforte e vediamo cosa provi”», spiega<br />

Antonoff, «e vediamo che cosa ti è successo<br />

dall’ultimo album che valga la pena di condividere».<br />

Una delle prime canzoni scritte a<br />

quattro mani è Liability, che racconta quanto<br />

possa essere dannosa la sua fama per quelli che<br />

le sono vicino. «È stato molto importante»,<br />

FOTO CHRISTOPHER POLK/GETTY IMAGES<br />

62 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


FOTO AKM – GSI<br />

CASA E STUDIO<br />

Lorde con il produttore Jack Antonoff<br />

(fidanzato di Lena Dunham). Hanno registrato<br />

il nuovo album a casa di lui.<br />

“ Non so<br />

se sono una<br />

popstar per una<br />

ragione precisa,<br />

ma penso che<br />

dovrei fare<br />

esattamente<br />

quello che sto<br />

facendo ora ”<br />

dice Antonoff. «Ha dato spazio a una grande<br />

possibilità, una cosa tipo: “Ok, esiste un<br />

modo per parlare di tutti questi cambiamenti,<br />

senza isolarti”. Tutti sentono una sorta<br />

di responsabilità nei confronti degli amici e<br />

della famiglia».<br />

Da allora, Lorde si è affidata alle sue esperienze<br />

così com’erano. «Tutto ciò che è stato scritto<br />

nell’album, riga più riga meno, è ambientato in<br />

Nuova Zelanda, siamo io e miei amici», spiega<br />

lei. Un paio di mesi dopo l’inizio della collaborazione<br />

con Antonoff, Lorde lascia la casa dei<br />

suoi, per comprarne una non troppo distante<br />

che, dalle foto sul cellulare che mi mostra con<br />

orgoglio, ricorda una sorta di spazio retrò<br />

anni ’50 che sembra la possibile location di un<br />

suo video. Ha attaccato un quadro «grande,<br />

strano, bellissimo e alquanto sfacciato», di<br />

Celia Hempton nella stanza da letto («Si<br />

tratta chiaramente di una vagina») e in sala<br />

una carta da parati di De Gournay dipinta a<br />

mano raffigurante una giungla («Sembra un<br />

sogno bizzarro»). La sua giornata perfetta<br />

l’ha descritta così: «È estate, nessuno lavora,<br />

andiamo in spiaggia e poi torniamo nel mio<br />

giardino, siamo seduti in cerchio sul prato<br />

ad ascoltare la musica, qualcuno prepara dei<br />

whiskey sour e intanto il giorno diventa sera,<br />

è una sorta di evoluzione. All’improvviso sono<br />

le due del mattino e tutti stanno ballando.<br />

Ecco una bella giornata per me».<br />

U<br />

na volta fatta la scorta di quei<br />

giorni, Lorde torna nello studio<br />

di Antonoff per cercare di<br />

decifrarli. «Andavo in Nuova<br />

Zelanda, facevo le mie cose, poi<br />

volavo per altri 16mila chilometri a N.Y. per<br />

metterlo nero su bianco. Mi sembrava che<br />

mantenere una certa distanza fosse importante.<br />

Volevo sentirmi libera di dire: “Ecco ciò<br />

che racconterò di questa persona”».<br />

Lentamente, il processo funziona. «È stato un<br />

album difficile», ammette Antonoff. «Se cambi<br />

una tonalità nella voce, lei se ne accorge: o ne<br />

va matta, o lo odia. Con lei è un processo meticoloso,<br />

e questo disco in particolare è stato<br />

un viaggio intenso. Penso che fosse proprio<br />

così che doveva andare».<br />

Ci sono momenti bui, in cui Lorde teme che<br />

Pure Heroine possa essere il suo unico album.<br />

«Molte volte mi sono ritrovata a pensare:<br />

“Non ne ho un altro”», racconta. «Non era<br />

mai abbastanza buono». A un certo punto ha<br />

una crisi così forte che Antonoff la manda a<br />

casa. «Erano tutti lì che mi guardavano, tipo<br />

“levati di torno”», ricorda. «Mi hanno sbattuto<br />

fuori dallo studio e spedito dall’altra parte<br />

del globo». Si prende un mese di vacanza per<br />

rimettere insieme le idee.<br />

Poi, nel 2015, si lascia con il suo ragazzo<br />

storico, il fotografo James Lowe. Sebbene sia<br />

riservata sui particolari, ammette di essere<br />

rimasta sorpresa dalla profondità delle emozioni<br />

provate in seguito. «Cinque anni fa,<br />

pensavo di non poter sentire qualcosa di più<br />

intenso», dice dal sedile posteriore della Escalade<br />

nera noleggiata per portarci da Shareen.<br />

«Ma poi, vivere questa cosa... lo è stato cento<br />

volte di più. Penso di aver avuto una rinascita<br />

emotiva negli ultimi diciotto mesi. È bastato<br />

dire: “Wow, come fa male”, e permettermi<br />

di provare tutte queste sensazioni. È stato<br />

alquanto trascendente».<br />

Nella primavera del 2016, il disco inizia a<br />

formarsi nella sua testa, non come un album<br />

su una rottura, per l’appunto, ma in relazione<br />

ai momenti successivi, alle feste dove sei<br />

libera di urlare da sola nel bagno ed esplorare<br />

i contorni di una nuova persona. Un giorno<br />

Lorde si sveglia, e improvvisamente l’album<br />

si è rivelato. «Era solo “melodramma”, ecco<br />

cos’era. È come se l'universo avesse scelto<br />

quel giorno per comunicarlo. Dopo è impossibile<br />

immaginare qualcosa di diverso».<br />

Laddove Pure Heroine era freddamente distaccato<br />

e introverso, Melodrama è più indagatore,<br />

e per certi versi più festoso. Da un<br />

punto di vista musicale, ha un respiro più<br />

ampio. «(In “Pure Heroine”) Ella aveva una<br />

sensibilità elettronica», dice Antonoff. «Qui<br />

ci sono chitarre e altri strumenti musicali<br />

analogici. Non è più minimalismo; è qualcosa<br />

di più grande, più vasto. È anche diverso per<br />

varietà dei suoni. Penso che tutto parta dal<br />

fatto che abbiamo scritto l’album davanti a<br />

un pianoforte. Per lei è una novità». E Lorde<br />

adesso ormai è dolorosamente aperta alle novità.<br />

Spiega che il primo singolo, Green Light,<br />

«sono io che grido all’universo, desiderosa di<br />

sfogarmi, di andare avanti, di avere il semaforo<br />

verde dalla vita». Non pensa di averlo avuto?<br />

«Oh mio Dio... Sì», risponde.<br />

Risolti questi misteri, Lorde passa il resto<br />

del 2016 a New York, lavorando nello studio<br />

della casa di Brooklyn che Antonoff divide<br />

con Lena Dunham, che da parte sua offre sostentamento<br />

emotivo, anche se non materiale.<br />

«Lena non è certo uno chef stellato», racconta<br />

Lorde ridendo. «C’era un viavai di pasti a<br />

domicilio. Ma lei entrava e ci diceva: “Siete<br />

incredibili, i migliori, vi voglio bene, ciao”».<br />

Fuori dallo studio, Lorde se ne sta spesso<br />

per i fatti suoi. Dorme in un «bizzarro hotel<br />

frequentato da uomini d’affari – c’eravamo<br />

solo io e i congressi», dice. «Per molti versi<br />

mi sentivo come un piccolo monaco, a vagare<br />

per la metropolitana, spesso da sola, con la<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 63


LORDE<br />

mente sempre rivolta alla musica e senza socializzare<br />

più di tanto. Capitava che qualche<br />

studentello della NYU mi avvicinasse e mi<br />

dicesse qualcosa di carino, ma avevo davvero<br />

l’impressione di poter smettere di essere una<br />

persona importante, il che è un bene prezioso.<br />

Alla fine, questa parte della mia vita, quella<br />

che stiamo facendo anche in questo momento,<br />

tutto questo era diventato davvero astratto».<br />

Oggi, comunque, è una giornata rilassata in<br />

confronto a ciò che è accaduto in passato, e<br />

a quanto si prospetta a breve. In pieno jet lag<br />

dopo una settimana promozionale in Europa,<br />

si è svegliata presto ed è andata a farsi una<br />

nuotata. Ora si sta dedicando allo shopping<br />

non per gli abiti di scena, ma per quello che<br />

indosserà al Coachella come semplice fan tra<br />

il pubblico («Non vedo l’ora di vedere gli xx, i<br />

Radiohead. Oh, e Kendrick sarà fantastico!»).<br />

Tenta, con una certa difficoltà, di scivolare<br />

dentro un abito con il busto di pizzo – Lorde<br />

dimostra l'età che ha solo<br />

perché non si è ancora<br />

abituata alla propria grazia.<br />

«Ok, direi che questo<br />

“<br />

ma Cazzo,<br />

non posso<br />

essere sexy<br />

almeno per<br />

un secondo?<br />

Devo fare<br />

sempre la<br />

figura secchiona? della<br />

”<br />

ha qualche problemino»,<br />

afferma, roteando davanti<br />

allo specchio per<br />

rivelare dei buchi, curiosamente<br />

situati proprio<br />

in zona tette.<br />

Cerca di districarsi e si<br />

ritrova con il braccio incastrato<br />

sopra la testa,<br />

ridendo da sotto l’abito.<br />

«Aiuto», esclama, «mi sa<br />

che ho sbagliato qualcosa».<br />

Accorro in suo<br />

aiuto, per quanto non<br />

ci sia alcun dubbio sul<br />

fatto che, come sempre,<br />

Lorde se la sarebbe cavata<br />

anche da sola.<br />

Un paio di giorni più tardi, la incontro nel<br />

ristorante all’aperto dell’iconico hotel di L.A.<br />

in cui soggiorna, malgrado la reputazione da<br />

tipico hotel per gente come lei. Mi assicura<br />

di averlo scelto solo per la piscina molto<br />

profonda. Voleva fare «qualche tuffo, cose<br />

così», e immergersi a fondo in quel blu setoso<br />

e avvolgente. «È un fatto uterino», spiega. «È<br />

così accogliente».<br />

Al momento, è una sensazione particolarmente<br />

invitante. «Cazzo, se sono nervosa»,<br />

dice, con indosso il vestito grunge blu scuro<br />

comprato da Shareen. «Non salgo su un palco<br />

da tre anni, ed è come per un introverso<br />

essere costretto a fare l'estroverso». La prova<br />

generale per il Coachella, organizzata qualche<br />

sera prima, ha evidenziato che buona parte<br />

dello show deve ancora essere messa a punto.<br />

(«Siamo sicuri che non resto fulminata?», ha<br />

chiesto riferendosi a una delle scenografie.<br />

Domanda alla quale un producer ha ribattuto:<br />

«E dove va a finire l’acqua, senza fulminare<br />

tutti gli altri?»).<br />

Sembra nutrire meno aspettative rispetto<br />

all’accoglienza che riceverà l’album in sé,<br />

anche se non è ancora chiaro se si tratti di<br />

una sorta di maestria zen, o semplicemente<br />

della quiete al centro della tempesta. Si rende<br />

conto che potrebbe essere impossibile<br />

ricreare la magia di Pure Heroine. «Con quel<br />

disco abbiamo reinventato la ruota, senza<br />

volerlo», mi dice. «È una specie di miracolo,<br />

davvero». Ha avuto quattro anni di tempo<br />

per accettare l’idea che il suo primo album<br />

potesse essere stato un colpo di fortuna; che<br />

non tutti i concorsi di popolarità si vincono<br />

tanto facilmente. «Non è per questo che sono<br />

stata messa sulla Terra<br />

– per alzare ogni volta<br />

l’asticella», dice. «Ovviamente,<br />

sarei contenta se<br />

alla gente piacesse la mia<br />

musica. Ma rispetto a<br />

Drake, per esempio, al<br />

modo in cui lui spinge<br />

sempre più in là la cultura<br />

musicale... Io conosco<br />

i miei limiti, e penso che<br />

imitarlo mi farebbe venire<br />

un’ernia o una cosa del<br />

genere».<br />

Il che non significa che<br />

Melodrama ripercorra<br />

vecchi territori. Propone<br />

invece una nuova versione<br />

della sua creatrice.<br />

La Lorde 16enne poteva<br />

essere considerata l’antieroina<br />

del pop – la regina degli adolescenti<br />

disadattati – ma in realtà non è mai stata quella<br />

ragazza dark, e di sicuro non lo è adesso:<br />

«Cazzo, ma non potrei essere sexy, almeno<br />

per un secondo? Devo fare sempre la figura<br />

della secchiona?». Non ascolta più Pure Heroine.<br />

«Quella era una ragazzina», dice, mentre<br />

torniamo indietro da Shareen, ondeggiando<br />

le dita nel vento fuori dal finestrino dell’auto.<br />

«Questa invece è una giovane donna. Sento<br />

la differenza».<br />

Mentre lavorava a Melodrama, si è ritrovata<br />

a darci dentro con Don Henley, Phil Collins<br />

e Graceland di Paul Simon – un tipo di musica<br />

che potrebbe essere considerata tutt’altro<br />

che cool, ma che, ai suoi occhi, possiede una<br />

qualità senza tempo. E anche una consumata<br />

saggezza. Ritiene che parte del fascino della<br />

musica risieda nella costante ricerca di un ideale<br />

irraggiungibile; e che, nonostante questo<br />

racchiuda una dose di angoscia, ci sia anche<br />

abbondante indulgenza. «Non penso che<br />

uno possa cantare di amore o di separazioni<br />

in maniera pienamente consapevole a 20<br />

anni», dice.<br />

Mettendola sotto forma di domanda – adesso<br />

sta citando Henley – “Quali sono queste voci<br />

fuori dalla porta aperta dell’amore / che ci fanno<br />

buttare via il nostro appagamento / e implorare<br />

per qualcosa di più?”. È davvero la domanda<br />

più incredibile dell’universo. Non penso di<br />

esserne capace. Anche quando ce la metto<br />

tutta per non vedere le cose nella maniera<br />

più semplice, quei limiti rimangono, perché<br />

sono ancora troppo giovane. Sono eccitata<br />

all’idea di invecchiare, migliorare e riuscire a<br />

farlo come loro».<br />

L<br />

orde ha da poco assistito alla nascita<br />

del figlio della sua migliore<br />

amica, cosa che «mi ha lasciato<br />

senza fiato. Ti cambia letteralmente<br />

la vita». Sa di volere dei<br />

bambini. Desidera finalmente prendere la<br />

patente. Un giorno le piacerebbe tornare a<br />

scuola («So che arriverà il momento in cui mi<br />

dirò: “Ok, adesso è l’ora di sentire qualcun<br />

altro che parla di cosa significhi essere una<br />

persona”»). Per adesso, però, si è imbarcata<br />

per affrontare tutto questo e vedere che cosa<br />

ne viene fuori. «Non so se sono una popstar<br />

per una ragione precisa, ma penso che dovrei<br />

essere qui, penso che dovrei essere proprio<br />

qui a fare tutto quello che sto facendo adesso»,<br />

mi dice con lo sguardo deciso, poco prima<br />

di salutarci.<br />

Di lì a due settimane, a dispetto del nervosismo,<br />

la sua esibizione al Coachella sarà un<br />

successo. Nessuno rimarrà fulminato, se non<br />

di piacere, e alcuni la saluteranno come la<br />

stella più luminosa del festival.<br />

Poi, poco prima dell’uscita del disco, Lorde<br />

avrà a disposizione qualche settimana per essere<br />

soltanto Ella. Tornerà in Nuova Zelanda,<br />

e si circonderà della famiglia e degli amici che<br />

la conoscono fin dai tempi del talent show.<br />

Forse camminerà da sola lungo la spiaggia.<br />

Forse galleggerà dentro qualche piscina, scivolerà<br />

nell’acqua come all'interno di un utero,<br />

lasciandosi trasportare con gli occhi chiusi,<br />

e delicati suoni le sbocceranno dietro alle<br />

palpebre. Il tempo scorrerà rapido e lento al<br />

tempo stesso, come fa sempre.<br />

Poi si imbarcherà su un razzo spaziale diretto<br />

su Marte. E, a quel punto, la Lorde che conosciamo<br />

tornerà tra noi.<br />

RS<br />

64 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


ELECTRO DA STADIO<br />

DAVE<br />

GAHAN:<br />

SPIRITO DARK<br />

I Depeche Mode, da<br />

sinistra Martin Gore, Dave<br />

Gahan e Andy Fletcher,<br />

si sono formati nel 1980.<br />

Il loro ultimo album,<br />

Spirit, è uscito il 17 marzo,<br />

anticipato dal singolo<br />

Where’s the Revolution,<br />

pubblicato a febbraio.<br />

“I MIEI<br />

EROI<br />

E I MIEI<br />

NEMICI”<br />

DI ALBERTO PICCININI<br />

A BERLINO CON<br />

IL FRONTMAN DEI<br />

DEPECHE ,<br />

PRIMA DELL’INIZIO<br />

DEL TOUR MONDIALE.<br />

TRA LA NOSTALGIA<br />

PER DAVID BOWIE<br />

E LA DISPERAZIONE<br />

PER DONALD TRUMP<br />

FOTO ANTON CORBIJN<br />

66 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong><br />

IN CUFFIA: “HEROES ”, DAVID BOWIE


ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 67


ELECTRO DA STADIO<br />

Incontro Dave Gahan a Berlino, metà<br />

marzo. Inizia da qui – con la fila di<br />

interviste in hotel accanto alla stazione<br />

Zoo e un miniconcerto per la tv alla<br />

Funkhaus – la promozione di Spirit e<br />

del tour mondiale “Global Spirit”. Più<br />

di un milione di biglietti già venduti,<br />

allestimento visivo firmato dal vecchio compagno<br />

di viaggio Anton Corbijn, 22 pezzi<br />

in scaletta (5 dal disco nuovo) e un doppio<br />

climax: Never Let Me Down Again alla fine<br />

della prima parte, Personal Jesus a chiudere<br />

i bis. Uno scherzetto che li terrà impegnati<br />

per qualcosa come un anno e mezzo. «Ci abbiamo<br />

messo parecchio tempo a fare il disco<br />

e sono curioso di sapere come sarà tornare<br />

a fare concerti, stare su un palco», mi dice<br />

Gahan. Sembra sincero. Aggiunge: «Di solito,<br />

verso la fine dei tour, hai voglia soltanto<br />

di tornare a casa. Io tornerò a casa alla fine<br />

della prossima estate. Poi ci sarà qualcosa di<br />

nuovo da fare e questa è la cosa bella della<br />

vita, no? Non sai mai cosa ti aspetta dopo».<br />

È piccolo di statura, gentile nei gesti. Ride<br />

spesso. La voce appena arrochita dal concerto<br />

della sera prima è più morbida e alta<br />

del registro di baritono dark che usa nei dischi.<br />

Fu una sera d’aprile del 1980 che ebbe<br />

il posto nei Depeche Mode. Cantava Heroes<br />

di David Bowie in una sala prove di Basildon<br />

e reggeva bene il salto di ottava che<br />

ti lancia nell’ultima melodrammatica strofa:<br />

“Standing by the Wall”, in piedi davanti al<br />

Muro. «Bowie ha avuto un’influenza enorme<br />

su di me, da ragazzo», ricorda ora. «Ho<br />

imparato a cantare, a essere un’artista, a<br />

scrivere canzoni nello stesso modo in cui lo<br />

faceva lui». Trentasette anni dopo, Heroes<br />

tornerà a sorpresa ogni sera verso la fine<br />

della scaletta dei concerti del “Global Spirit<br />

Tour”. In una versione rispettosissima<br />

dell’originale, intimidita quasi. La chitarra<br />

di Martin Gore si arrampica sull’intreccio<br />

inventato (una notte, proprio qui a Berlino)<br />

da Robert Fripp, mentre un’enorme bandiera<br />

sventola sul grande vidiwall, in bianco<br />

e nero. Nell’ultima strofa, quella difficile,<br />

la voce di Gahan è appena sostenuta dal<br />

pulsare di un sequencer.<br />

«Dopo aver finito il disco abbiamo fatto un<br />

piccolo concerto all’High Line Park di New<br />

York, una performance ripresa dalle telecamere<br />

senza pubblico, di fronte ai tecnici e a<br />

qualche amico. Lì ho fatto Heroes la prima<br />

volta. È venuta bene, molto bene. Ho sentito<br />

la registrazione, ma non ho ancora visto le<br />

immagini, prima o poi le faremo uscire»,<br />

racconta. Vivendo a New York, le strade di<br />

Gahan e quelle di Bowie si erano incrociate<br />

più di una volta. All’High Line Park, Bowie<br />

faceva il direttore artistico di un festival al<br />

quale i Depeche Mode avevano partecipato.<br />

Le figlie piccole di entrambi i musicisti<br />

frequentavano la stessa scuola. «Non sono<br />

mai riuscito a dirgli quanto aveva contato<br />

per me, e quanto contava ancora la sua<br />

musica», aggiunge ora Dave Gahan. E tace<br />

per pudore l’enorme emozione provata nel<br />

cantare di nuovo quella canzone. Accetta<br />

di spiegarcela così: «È una canzone piena di<br />

immagini. E di immaginario: il Muro, Berlino...<br />

Per me è una delle canzoni<br />

che dentro hanno più speranza.<br />

La metto nella stessa categoria<br />

di Imagine di John Lennon. È<br />

quasi la stessa canzone, quando<br />

descrive quest’idea: c’è alienazione,<br />

ci sono differenze, ma c’è<br />

la possibilità di essere eroi per<br />

un giorno solo. Cioè, forse possiamo<br />

farcela a stare assieme. Io<br />

la interpreto così, sempre allo<br />

stesso modo: è attuale e ha ancora la stessa<br />

forza di quando è uscita».<br />

Tra il 1983 e il 1986, all’inizio della loro<br />

lunghissima storia, i Depeche Mode mixarono<br />

tre album agli Hansa Studios. Proprio<br />

quelli dove Bowie cantò Heroes, nella grande<br />

Meistersaal dalla quale si vedeva il Muro che<br />

allora era ancora in piedi. «Tante canzoni<br />

di David Bowie hanno a che fare con l’alienazione,<br />

con il crearsi un altro personaggio<br />

per vivere attraverso di lui. Da quel che ho<br />

capito, Bowie è sempre stato un personaggio<br />

molto più che una rockstar. E anche il mio<br />

compito con i Depeche Mode è sempre stato<br />

quello di mettere un personaggio umano di<br />

fronte alla freddezza dello sfondo», spiega.<br />

Allora si trasferirono tutti per brevi periodi<br />

a Berlino Ovest. Appena 20enni, immersi<br />

nel tempo sospeso della città, tra la macerie<br />

della storia e una vita notturna scatenata,<br />

stavano alloggiati all’Intercontinental Hotel<br />

di fronte allo Zoo, a pochi passi da dove si<br />

svolge quest’intervista. Incrociavano Nick<br />

Cave e gli Einstürzende Neubauten. Avevano<br />

facce da bambini, dicevano di fare<br />

“pop sperimentale” (curioso ossimoro per i<br />

tempi), scrivevano testi di sinistra, usavano<br />

gli strumenti elettronici come apprendisti<br />

futuristi. Girarono il video di Stripped prendendo<br />

a martellate carcasse di macchine a<br />

due passi dal Muro e dagli Hansa Studios.<br />

Delle canzoni che furono mixate a Berlino e<br />

ritornano nella scaletta del “Global Spirit” c’è<br />

Everything Counts: “La mano che arraffa / arraffa<br />

quel può / tutto per lorsignori, dopotutto”.<br />

E c’è Stripped, con quella polarità naïf tra il<br />

fumo della metropoli e il verde dei prati. Un<br />

buffo slogan: “Prendi una decisione / senza televisione<br />

/ Voglio sentirti parlare / soltanto per<br />

me”. Qui traduco letteralmente<br />

IN GIRO<br />

i testi, ma erano tutte canzoni<br />

scritte usando le sole tinte primarie<br />

per usare una metafora da<br />

pittori. «L’elettronica può essere<br />

molto fredda», continua Dave<br />

Gahan. «Noi abbiamo dovuto<br />

affrontare parecchie critiche,<br />

perché non usavamo strumenti<br />

tradizionali. A dire il vero, per<br />

me gli strumenti non sono mai<br />

stati così importanti, forse lo sono stati per<br />

Martin, ma per me l’importante era l’energia<br />

che sapevamo mettere nelle registrazioni<br />

e nei concerti. Poi 20 anni fa, a partire da<br />

Violator, abbiamo cominciato a usare molti<br />

strumenti tradizionali come la chitarra elettrica.<br />

Da allora l’elettronica viene usata in<br />

ogni genere di registrazione, non c’è niente<br />

di strano. Ma prima era strano».<br />

Passando attraverso la techno di Detroit<br />

– Derrick May e Kevin Saunderson li adoravano<br />

–, i Depeche Mode (almeno quanto i<br />

Kraftwerk) sono stati i primi sperimentatori<br />

del suono nel quale la musica pop è immersa<br />

da almeno 30 anni. Chiedo a Gahan per<br />

curiosità cosa pensa di tutto l’autotune<br />

che si sente in giro oggi, se lui – o il suo<br />

“personaggio” lo userebbero: «Ah, se ce ne<br />

PER IL MONDO<br />

I Depeche Mode<br />

sono impegnati<br />

in un tour mondiale.<br />

In <strong>Italia</strong> arrivano<br />

il 25 giugno a Roma,<br />

il 27 a Milano<br />

e il 29 a Bologna.<br />

FOTO MICHAEL CAMPANELLA/REDFERNS<br />

68 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 69


ELECTRO DA STADIO<br />

w<br />

fosse bisogno, non avrei problemi davvero»,<br />

sorride. «C’è una canzone del disco che si<br />

chiama Scum, piena di effetti sulla voce, di<br />

saturazione e distorsione», aggiunge. «In realtà,<br />

quel che cerco sempre di portare dentro<br />

una canzone è l’elemento soul, la vulnerabilità<br />

umana, e questa non può che essere nella<br />

voce», continua. «Voglio dire, ci sono voci<br />

che raccontano una storia, che parlano con<br />

te soltanto con il suono. Io voglio parlare<br />

con te, voglio che tu venga a sentire quel che<br />

dico. Se ascolto l’ultimo disco di Leonard<br />

Cohen, You Want It Darker, sto ascoltando<br />

la sua voce. È commovente in un certo senso,<br />

e lo è ancor di più perché sappiamo che<br />

è malato, fa molta fatica, eppure è ancora<br />

molto divertente. E sento esattamente lo<br />

stesso in quel che fanno Nick Cave, James<br />

Brown, Billie Holiday o Johnny Cash».<br />

Gran parte delle canzoni dei Depeche Mode<br />

portano la firma di Martin Gore. Quelle più<br />

vecchie, di Alan Wilder e dello storico produttore<br />

Daniel Miller. Gore è stato responsabile<br />

a suo tempo dei curiosi echi sadomaso<br />

di pezzi come Master and Servant e Never<br />

Let Me Down Again. Le canzoni “politiche”<br />

di Spirit, come Where’s the Revolution e<br />

Going Backwards sono di Gore. Dave Gahan,<br />

anche nei suoi dischi solisti, si è ritagliato<br />

sempre uno sguardo più personale e intimo.<br />

Di solito, protagonisti delle sue canzoni<br />

sono un “tu” e un “io”. Leggiamo assieme il<br />

testo di Cover Me: “Al di là di me e te / laggiù<br />

verso le luci del Nord / ho sognato di noi / in<br />

un’altra vita”. «Cover Me parla di un ragazzo<br />

che non ne può più di stare dove sta, forse<br />

in questo pianeta. Cerca un altro posto e lo<br />

trova ma... è la stessa cosa», spiega, e ride. «È<br />

una canzone che racconta una relazione tra<br />

due persone, ma, quando dico che ho sognato<br />

noi in un’altra vita, sto immaginando tutti<br />

noi esseri umani in un’altra vita, sto parlando<br />

di quanto siamo vicini a distruggere il nostro<br />

pianeta prima di imparare a vivere insieme».<br />

Accertato quanto Bowie ci sia nell’idea di<br />

raccontare storie usando la scala dei pianeti<br />

e dello spazio infinito, della fantascienza persino<br />

(come Life on Mars o Starman), chiedo<br />

a Gahan se ha voglia di parlarmi di un’altra<br />

canzone, Poison in My Heart: “C’è veleno nel<br />

tuo cuore / sapevo fin dall’inizio che avremmo<br />

dovuto separarci”. «In apparenza è sulla fine<br />

di una relazione: se tiri troppo la corda me<br />

ne vado», risponde. «È interessante questa<br />

cosa: le immagini che ho in mente quando<br />

scrivo partono dal mio rapporto con una<br />

partner che non è necessariamente quella<br />

vera, per fortuna. Ma, a essere onesti, qui<br />

stavo riflettendo sulla mia posizione dentro<br />

la band. In questo disco ci occupiamo molto<br />

della vita degli altri. Ma qualche volta per<br />

farlo è sufficiente guardarsi dentro. Anche<br />

se camminiamo su lati diversi della strada,<br />

la musica è capace di metterci assieme.<br />

Almeno, questo è quel che vogliamo fare».<br />

I Depeche Mode da almeno 30 anni e specialmente<br />

in America, parlano a quelli “strani”,<br />

ai solitari, ai disconnessi dal pianeta<br />

Terra. Per tutto questo, l’idea che siano il<br />

gruppo di riferimento dell’alt right, la nuova<br />

(vecchia) destra, tema di una breve ma<br />

fastidiosa polemica girata nei primi mesi<br />

trumpiani, è davvero una cazzata. Quando<br />

Dave Gahan vuole riassumere lo spirito<br />

messianico e “politico” del rock, cita sempre<br />

John Lennon. Il Lennon americano,<br />

anzi newyorkese (anche Gahan ha casa a<br />

Manhattan da 25 anni), il Lennon di Instant<br />

Karma! e Power to the People, il povero<br />

Cristo rivoluzionario perseguitato dall’Fbi.<br />

«La mattina dopo le elezioni, avevo guardato<br />

la tv fino a tardi. Mia figlia doveva<br />

andare a scuola, sono andato in camera sua<br />

a chiamarla e mi ha chiesto subito: “Allora<br />

ha vinto Hillary?”. “No”, le ho risposto. Lei<br />

ha 17 anni. Ha gridato “Nooo” e si è messa<br />

a piangere. Non ci poteva credere», ricorda<br />

ancora. «È successo in parecchie case del<br />

mondo», aggiungo io. «Sì, certo. Soprattutto<br />

le donne, le bambine, sono state le prime a<br />

dire: “Com’è possibile che quest’uomo sia<br />

stato eletto?”. Trump è come un cartone<br />

animato. È il personaggio del cattivo, e<br />

nemmeno ci ha lavorato particolarmente<br />

per apparire in questo modo. È roba che non<br />

puoi scrivere».<br />

L’incontro è praticamente finito, ma Gahan<br />

ha voglia di parlare ancora un po’. Così gli<br />

faccio ancora due domande.<br />

La paternità ha cambiato qualcosa nel tuo<br />

personaggio di rockstar?<br />

«Sul palco, dici? Nah è un’altra cosa: quello<br />

sono io che faccio spettacolo. E mi piace, mi<br />

piace giocare con la gente. Poi c’è mia figlia».<br />

E l’America quanto ti ha cambiato in 25 anni?<br />

«Non ci ho mai pensato. Forse gli anni sono<br />

26, ma mi sento ancora molto inglese. Guardo<br />

la tv inglese, mangio fish and chips...».<br />

RS<br />

FOTO MICHAEL CAMPANELLA/REDFERNS<br />

UN BIG BANG BENEFICO<br />

Dal 2010 i Depeche Mode collaborano con il brand<br />

orologiero Hublot per disegnare delle limited edition<br />

davvero limited. Quest’anno, hanno deciso di creare<br />

un nuovo pezzo, il Big Bang, in 250 esemplari,<br />

disponibili da maggio. La vendita dell’orologio<br />

servirà a raccogliere fondi per charity: water,<br />

un’organizzazione senza scopo di lucro che ha la<br />

finalità di portare acqua potabile sicura ai Paesi<br />

in via di sviluppo. Dal 2013 a oggi, charity: water<br />

ha dato vita a 229 progetti in Africa.<br />

70 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


DAVID BOWIE HA AVUTO<br />

UN’INFLUENZA ENORME<br />

SU DI ME. MA NON SONO MAI<br />

RIUSCITO A DIRGLI<br />

QUANTO CONTAVA ANCORA<br />

LA SUA MUSICA PER ME<br />

DAVE GAHAN<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 71


Ghali viene a trovarci in redazione a<br />

pochi giorni dall’uscita del suo primo<br />

album. Karma e Coolness sono<br />

sempre le due bodyguard del nuovo<br />

ragazzo d’oro del pop rap. Seduti a<br />

un tavolo, il nostro sfoglia l’ultimo<br />

numero di <strong>Rolling</strong>, quello con in<br />

cover Fabri Fibra. Legge ad alta voce lo strillo<br />

– “Sono il rapper più odiato dai rapper” – e mi<br />

chiede che vuol dire. Gli leggo come continua il<br />

discorso nell’intervista a Fabri: “Il rapper italiano<br />

è una bruttissima persona, vive nell’ombra<br />

di quelli americani, è come il ragazzino che nel<br />

campo da calcio vuole imitare Messi. Poi esce<br />

dal campo e dice: ‘Sembravo Messi, eh?’. Ma tu<br />

non devi essere Messi, devi essere te stesso!”.<br />

IL SUO ALBUM È<br />

PIENO DI POLITICA,<br />

MALGRADO LUI.<br />

INCONTRO<br />

CON UN VERO<br />

ARTISTA (O È UN<br />

IMPRENDITORE?)<br />

GHALI<br />

cantanti rap raccontano la realtà in<br />

RS Che ne pensi? Ha ragione Fabri Fibra?<br />

GHALI Sì. Però ora questa cosa si è spezzata, i<br />

rapper vogliono essere se stessi.<br />

RS Da cosa lo noti?<br />

GHALI Dall’originalità di stile della<br />

scena. È una consapevolezza<br />

nuova delle proprie capacità,<br />

ognuno di noi sa che ha da raccontare<br />

qualcosa e che può essere<br />

di esempio per gli altri.<br />

RS Roberto Saviano ha appena<br />

fatto su Facebook un post in cui<br />

dice: “Ghali è uno dei maggiori<br />

poeti di lingua italiana, un poeta<br />

rap... Mentre le polemiche<br />

sulle Ong, permeate di razzismo<br />

ottuso, occupano le news, l’<strong>Italia</strong><br />

si sta trasformando e i suoi<br />

maniera assai più approfondita e complessa<br />

dei suoi politici, giornalisti,<br />

commentatori”.<br />

GHALI Non lo conosco personalmente<br />

– conosco quello che fa – ma è stato<br />

un grande, bellissime parole.<br />

RS Cosa conosci del suo lavoro ?<br />

GHALI Evitiamo di parlarne.<br />

RS Perché?<br />

GHALI Non parlo di politica...<br />

RS Già, c’è un brano del tuo disco, Ricchi<br />

Dentro, in cui dici “Voto Boh”...<br />

GHALI Non mi interessa la politica,<br />

non ne parlo neanche con i miei amici, a parte<br />

qualche volta.<br />

RS Però hai parlato di consapevolezza... Dovresti<br />

sapere quanto quello che fai è politico, no?<br />

GHALI L’unica nostra politica è la musica. (Segue<br />

un lungo silenzio, un filo di imbarazzo sotto un<br />

sottile nuovo strato di diffidenza, a questo punto<br />

reciproca, nda).<br />

RS Parliamo del tuo disco. C’è un pezzo, Lacrime,<br />

che inizia con un pianto. È il tuo?<br />

ANTI-RAPPER<br />

BULLI,<br />

FOTTETEVI!<br />

TESTO GIOVANNI ROBERTINI<br />

FOTO ALVISE GUADAGNINO<br />

GHALI Sì, è un pezzo teatrale, quasi burlesque.<br />

La prima strofa la dedico a un mio figlio immaginario,<br />

dico: “Questo pezzo è per te che<br />

arriverai da un giorno all’altro, l’avrò già messo<br />

nell’album, l’avrò già suonato sul palco”. Cerco<br />

di consolarlo in una giornata triste. La seconda<br />

strofa è dedicata a me che, nonostante abbia<br />

realizzato il mio sogno, ho dovuto rinunciare<br />

a molte libertà. Comunque, anche in questo<br />

caso, niente “lacrimucce”. La terza e ultima<br />

strofa è per una donna che ho dovuto lasciare,<br />

dico che tutto andrà bene, non piangiamo, ché<br />

la speranza è un passepartout per la felicità.<br />

RS In tutto il disco sei molto “figlio”. All’improvviso<br />

in Lacrime c’è un cambio di prospettiva.<br />

È stato difficile immaginarsi padre?<br />

GHALI Tutti ci pensiamo a diventare padre.<br />

RS Dici? Dei ragazzi della tua età non so in<br />

quanti abbiamo questo pensiero, già raro tra i<br />

miei coetanei quarantenni...<br />

GHALI È una cosa che può capitare<br />

quando meno te lo aspetti.<br />

RS Siamo nel <strong>2017</strong>, se non vuoi<br />

non capita.<br />

GHALI Non è che se non vuoi<br />

una cosa, allora non capiterà.<br />

Quando succede, succede.<br />

RS C’è una canzone d’amore,<br />

Habibi, la cui cifra è la dolcezza,<br />

in contrapposizione alla ruvidezza<br />

spesso dominante sul tema<br />

nell’hip hop...<br />

GHALI È sincero, ho ammesso<br />

a cuore aperto molte cose in<br />

questo album. È autobiografico,<br />

racconta quello che mi sta attorno.<br />

RS Tipo?<br />

GHALI Ora d’aria è un brano di denuncia.<br />

RS E poi mi dici che non parli di<br />

politica! Lì canti “o siamo terroristi<br />

o siamo parassiti”...<br />

GHALI Appunto, ascolta la canzone.<br />

Non c’è bisogno di parlarne.<br />

RS Nel video di Happy Days, girato in<br />

Sudafrica, c’è la sensazione del salto,<br />

del voler abbandonare il vecchio<br />

Ghali from Baggio, Milano.<br />

GHALI È un’evoluzione, un video<br />

girato con regista e attori locali, i ballerini sono<br />

quelli di One Dance di Drake. Non capisco perché<br />

ti faccia strano che io faccia un video così.<br />

RS Boh, forse perché di solito, quando i musicisti<br />

italiani girano video all’estero, sembrano<br />

dei turisti. Andiamo avanti. Hai fatto uscire<br />

un video di ringraziamenti. Ci sono un sacco<br />

di nomi, pochi musicisti (Sfera, Izi, Rkomi e<br />

Tedua) e molte dediche: una è per tua madre:<br />

“Questo disco è la mia laurea”...<br />

72 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


IL RAGAZZO DI BAGGIO<br />

Ghali Amdouni è nato a Milano nel 1993 da genitori tunisini. Album è il suo disco d’esordio.<br />

Ha conquistato un doppio disco di platino con Ninna Nanna e uno con Pizza Kebab.<br />

IN CUFFIA: “MR. SIMPATIA”, FABRI FIBRA<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 73


ANTI-RAPPER<br />

HO SCOPERTO IL MIO TALENTO TORNANDO A CASA DA SCUOLA, DOPO<br />

ESSERE STATO BULLIZZATO. HO PRESO UN FOGLIO E HO INIZIATO A SCRIVERE<br />

74 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


TEAM GHALI<br />

Ghali assieme alla sua crew<br />

nelle strade di Milano.<br />

Nelle foto di queste pagine:<br />

scarpe adidas Originals NMD.<br />

GHALI Quale madre non desidera che suo figlio<br />

si laurei? Io ho avuto la fortuna di scoprire e<br />

coltivare una passione, molti miei coetanei non<br />

sanno cosa vogliono e rimangono immobili.<br />

RS Hai anche talento, cosa che non tutti hanno,<br />

pur sapendo cosa desiderare.<br />

GHALI Il mio è un talento che nasce da una<br />

frustrazione, l’ho scoperto tornando a casa da<br />

scuola arrabbiato perché ero stato bullizzato.<br />

Ho preso un foglio e ho iniziato a scrivere.<br />

RS Sempre nei ringraziamenti dici: “Perdono<br />

mio padre, il cancro e il diabete”.<br />

GHALI Di mio padre ne abbiamo parlato l’altra<br />

volta (<strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>, novembre 2016, ndr). Mia<br />

madre si era ammalata di cancro, è stato un momento<br />

terribile, per fortuna con un lieto fine.<br />

RS Torna spesso nel disco il tema dell’essere<br />

lasciato fuori dai locali, perché non ti facevano<br />

entrare. È quasi un tormentone.<br />

GHALI Mi rode un sacco. Chi era quella gente<br />

per dirmi di non entrare?<br />

RS Dei cretini?<br />

GHALI Ho conosciuto anche buttafuori gentili.<br />

Solo che avevamo questa energia da ragazzi<br />

di periferia per cui erano sicuri che avremmo<br />

fatto casino. E io dovevo ingoiare, sognando il<br />

giorno in cui mi avrebbero pagato per stare nei<br />

club e avrei potuto decidere io chi fare entrare<br />

e chi no, vestito come gli pare.<br />

RS Quel giorno sembrerebbe arrivato, la festa<br />

la fai tu con la tua musica. Questo album mi<br />

sembra ok per un party...<br />

GHALI Sì, un party riflessivo.<br />

RS Riflessivo perché affronti temi autobiografici.<br />

Hai un grosso seguito tra i ragazzini, senti<br />

la responsabilità di quello che canti quando lo<br />

scrivi? (Gli mostro un video di mia figlia, 3 anni,<br />

che mangiando un gelato canticchia “Buono sa di<br />

mango, mango”, ovvero quello che dice Ghali in<br />

“Ninna Nanna” anche se lui non si riferiva a un<br />

gusto da gelateria, ma alla ganjia, nda).<br />

GHALI Sì, ma non mi censuro mai, trovo solo il<br />

modo migliore per dirlo.<br />

RS A che argomenti presti più attenzione?<br />

GHALI Alla guerra, al razzismo. Cerco sempre<br />

un modo divertente per raccontarle, sdrammatizzando.<br />

Ma il messaggio alla fine arriva.<br />

RS La copertina è un’opera di Ozmo rivisitata<br />

con elementi scelti da te. A quali sei più legato?<br />

GHALI Al Duomo di Milano. Tutti rappresentano<br />

qualcosa per me, ci sono le contraddizioni<br />

da cui nasco, c’è l’abete e c’è la palma.<br />

RS Ti piacciono le palme in Duomo?<br />

GHALI Un sacco. L’avevo predetto in un mio<br />

pezzo, Cazzo Mene (una vera hit, nda): “Pianterò<br />

palme nel mio vicolo”.<br />

RS L’album è pieno di influenze musicali diverse,<br />

c’è il reggae, c’è il pop, c’è addirittura un<br />

pezzo latineggiante come Vida.<br />

GHALI Io e Charlie Charles, che ha prodotto<br />

tutti e 12 i pezzi, ci siamo chiusi in studio per<br />

un sacco di tempo. C’erano giorni in cui non<br />

registravamo neanche, passavamo il tempo su<br />

YouTube, lasciandoci ispirare da pezzi arabi<br />

anni ’70, dal baile funk, da Cesária Évora... È<br />

un disco “suonato”, con i mezzi che ci potevamo<br />

permettere (una tastiera e sequencer),<br />

senza una vera band.<br />

RS Un solo produttore e neanche un featuring.<br />

Molto ambizioso per un disco hip hop.<br />

GHALI Questo è il disco di Ghali. Deve essere<br />

pulito. È il mio biglietto da visita per il futuro.<br />

RS Con chi ti piacerebbe collaborare?<br />

GHALI Sogno una figata, un pezzo Jovanotti,<br />

Stromae, Manu Chao e io.<br />

RS Manu Chao credo che i tuoi coetanei non<br />

sappiano neanche chi sia.<br />

GHALI Forse lo conoscono per qualche pubblicità.<br />

Lui mi ha ispirato tantissimo, tutto il<br />

mondo per Manu Chao parla una lingua sola.<br />

RS Senti, siamo quasi alla fine. Voglio essere<br />

sincero. Si percepisce una sorta di diffidenza<br />

verso il tuo interlocutore, io nel caso specifico.<br />

GHALI Diciamo che non mi divertono le interviste.<br />

Mi spiego meglio con la musica.<br />

RS Potresti farne a meno. Anzi già lo fai, usi i<br />

tuoi canali, i social e YouTube, sbattendotene<br />

abbastanza dei media tradizionali.<br />

GHALI Possiamo fare tutto da soli! Se uso i miei<br />

canali, ho la percezione reale del mio feedback,<br />

dei miei fan.<br />

RS Farai una festa per l’uscita del disco?<br />

GHALI Festeggiare? Non c’è tempo.<br />

RS Eh? Non te lo vuoi godere questo successo?<br />

GHALI È questione di ambizione. In realtà non<br />

c’è niente da festeggiare, voglio solo migliorare<br />

sempre di più. Bisogna rimanere schisci e avere<br />

quella fame che ti porta a cercare di migliorare.<br />

RS Mah, non è più divertente esagerare un po’,<br />

almeno ogni tanto?<br />

GHALI Sì, ma non è da imprenditori.<br />

RS Adesso tu saresti un imprenditore? Pensavo<br />

fossi un artista...<br />

GHALI Sono un artista del <strong>2017</strong>, quindi anche<br />

imprenditore. E non vengo dall’hip hop, non<br />

sono un anarchico figlio di ricchi.<br />

RS Gira voce nell’ambiente musicale che ci sia<br />

qualcuno che ti scrive i testi.<br />

GHALI Magari, ma non è così. Non sarebbe<br />

un disco autobiografico se mi avesse scritto le<br />

canzoni qualcun altro.<br />

RS Siamo alla fine. Sei sempre così riflessivo e<br />

tranquillo? Non sbrocchi mai?<br />

GHALI Sono uno tranquillo, soprattutto sono<br />

molto timido.<br />

RS Hai messo tranquillo pure me.<br />

GHALI Grazie, lo prendo come un complimento.<br />

RS Lo è.<br />

RS<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 75


(IN)COSCIENZA<br />

SOGNO<br />

UN<br />

GARAGE<br />

TUTTO<br />

PER ME<br />

THURSTON MOORE,<br />

EX SONIC YOUTH,<br />

CI SPIEGA IL SENSO<br />

DEL SUO NUOVO<br />

ALBUM SOLISTA,<br />

FATTO «PER<br />

ESSERE SUONATO<br />

NEI BOSCHI»<br />

DI STEFANO BENZONI<br />

Thurston si accomoda al sole che<br />

filtra tra le piante della borghesissima<br />

corte del milanese hotel<br />

diana. ha l’aria assonnata e<br />

gentile. beve acqua, ché i caffè<br />

– dice – lo agitano parecchio. è<br />

uscito il suo nuovo disco solista,<br />

“rock n roll consciousness”,<br />

un lavoro compatto e diritto,<br />

che suona come uno dei migliori dischi dei<br />

sonic Youth, ma senza i sonic Youth.<br />

È stato registrato a Londra, dove Thurston<br />

vive con la nuova compagna Eva Prinz da<br />

sei anni, ed è scritto con il Thurston Moore<br />

Group, Steve Shelley (batteria, già nei Sonic<br />

Youth), James Sedwards (chitarra) e Deb Googe,<br />

la bassista dei My Bloody Valentine’s (tutti<br />

insieme nella foto nella pagina a fianco, ndr).<br />

Tre teste che sembrano parlarsi e comunicare<br />

molto bene. «Nell’ultimo album, The Best Day,<br />

non avevamo potuto suonare molto insieme<br />

prima della registrazione. Ma per questo lavoro<br />

volevo davvero che James e Deb potessero<br />

sbocciare, avessero pieno spazio nei pezzi. In<br />

particolare, non mi ero reso conto all’inizio<br />

di quanto ti può dare una lead guitar e volevo<br />

che il suono di James facesse un vero passo in<br />

avanti. Nei Sonic Youth, io e Lee Ranaldo non<br />

suonavamo in quel modo. Lee era un chitarrista<br />

molto capace e affermato fin dall’inizio, aveva<br />

molta esperienza, ma non faceva cose classiche<br />

alla Jane’s Addiction. E io a quel tempo a mala<br />

pena me la cavavo con i feedback!». Se la ride<br />

sul feedback, e vai a sapere perché questa passione<br />

per il rumore non lo abbia spinto dritto<br />

all’elettronica, come è accaduto a molti della<br />

sua generazione. «Non mi interessa il noise per<br />

sé», dice, «mi interessa molto di più l’improvvisazione<br />

e il rapporto che si crea tra chitarra e<br />

amplificatore. La tecnologia è ancora lontana<br />

da me, ma non è in assoluto una questione di<br />

principio, c’entrano anche cose molto pratiche.<br />

Per esempio, vivo con la mia compagna in un<br />

appartamento piccolo con un divano, un letto<br />

e una piccola cucina. Non ho uno studio mio,<br />

e mi piacerebbe molto averne uno, un garage,<br />

un posto dove avere il tempo e lo spazio di<br />

sperimentare anche cose nuove». Molti hanno<br />

descritto questo nuovo album come più<br />

profondo e oscuro degli altri da solista. «Forse<br />

è così», dice Thurston Moore, «forse volevo<br />

davvero scrivere musica che non aspirasse in<br />

76 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong><br />

IN CUFFIA: “BLACK POWER”, THE PEACE


alcun modo agli standard che il mercato considera<br />

necessari per il successo. Ho cercato<br />

di pensare al suono, non alla label, alla radio o<br />

alla televisione. Penso sia arrivata l’ora di fare<br />

della musica qualcosa che puoi suonare nei<br />

boschi». Non che con i Sonic Youth avesse mai<br />

rincorso molto il mainstream, ma certo anche<br />

il fichettissimo sottobosco newyorkese degli<br />

amici di Glenn Branca, Lydia Lunch eccetera,<br />

l’occhiolino a un certo mercato lo strizzava<br />

eccome: «C’era sempre il senso di stare a<br />

scrivere musica sperimentale per ammiccare<br />

a un’audience più ampia. Forse i Sonic Youth<br />

sono riusciti a fare proprio questo: un’efficace<br />

sintesi tra rock tradizionale e i vari filoni sperimentali<br />

che circolavano».<br />

Le cose sono cambiate e Moore non sembra un<br />

grande fan dell’indie contemporaneo. «Non c’è<br />

niente che non vada nelle band di oggi, forse<br />

sono solo io a essere semplicemente stanco di<br />

quel linguaggio e non mi diverto più così tanto<br />

ai concerti. Mi pare roba da ragazzi, io mi sento<br />

il vecchio che sta lì a corrucciare le sopracciglia<br />

e dice: “Ok, avete avuto i Pixies, i Dinosaurs Jr.,<br />

i Sonic Youth e i Nirvana, ma andiamo avanti!”.<br />

Preferisco cercare nella musica d’avanguardia,<br />

ci trovo più ricchezza, più ispirazione». Sarebbe<br />

sensato chiedersi cosa resti di ascoltabile su<br />

questa Terra, per uno come lui. Qualcosa di<br />

buono e di nuovo. «Se dovessi dire un titolo<br />

direi Black Power, dei Peace, una band dello<br />

Zambia degli anni ’70 a cui hanno ripubblicato<br />

il disco. È stata una scoperta magica e<br />

credo davvero che la migliore<br />

nuova musica sia la musica che<br />

è andata perduta. Ci sono dischi<br />

degli anni ’60 e ’70 che nessuno<br />

ha mai sentito e che sono senza<br />

tempo, visionari... Non si tratta<br />

di passione per il vintage, ma di<br />

cambiare il nostro rapporto con<br />

la cultura musicale e iniziare ad<br />

avere cura di tutte le esperienze<br />

che rischiano di andare perdute. Non è nostalgia,<br />

è una cultura elastica del tempo».<br />

Suonare nei boschi è molto decelerazionista e<br />

pure la coscienza del rock&roll non scherza.<br />

«Mi piaceva l’idea della coscienza, perché<br />

è l’idea di essere consapevole degli aspetti<br />

spirituali della tua vita, la relazione che c’è<br />

tra il mondo fisico e quello metafisico e che si<br />

coglie attraverso la meditazione. Sono cinque<br />

UN DISCO, UN TOUR<br />

Sopra, Thurston<br />

Moore, 58 anni, con<br />

il suo gruppo attuale,<br />

con il quale porta<br />

in tour Rock n Roll<br />

Consciousness. In <strong>Italia</strong><br />

il 23 e il 24 agosto.<br />

anni che tengo il workshop estivo sulla scrittura<br />

alla Naropa University ed è una scuola<br />

a forte impostazione buddista, che dà molta<br />

importanza alla nozione di “crazy wisdom” di<br />

Chögyam Trungpa (il Rinpoche tibetano che<br />

nel 1974 ha fondato la Naropa, ndr). Ho una<br />

grande ammirazione per le tradizioni religiose,<br />

anche se ho sempre pensato che<br />

il mio posto era fuori da lì. Rifiuto<br />

quel senso di autorità e non<br />

mi trovo con l’idea sociale dei<br />

“maestri”. Nei miei workshop<br />

cerco di diffondere questa idea,<br />

non voglio incarnare alcuna autorità,<br />

voglio solo portare le mie<br />

esperienze come strumento per<br />

la saggezza altrui». Non è un fan<br />

della coscienza collettiva alla Lynch, niente respiro<br />

dell’universo, niente trascendenza. «Ho<br />

meditato in passato e ancora lo faccio, ma in<br />

modo informale, camminando per i fatti miei,<br />

tra i libri in un bookstore, tra pile di dischi.<br />

Il disco si chiama Rock n Roll Consciousness<br />

perché forse, se c’è qualche cosa a cui dare una<br />

risposta, è il senso di questo infinito amore per<br />

il rock&roll».<br />

RS<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 77


GLI ANNI ’90<br />

DI GOLDIE<br />

Clifford Joseph Price,<br />

51 anni, è una leggenda<br />

della drum and bass. Il<br />

suo nuovo The Journey<br />

Man esce il 16 giugno.


FOTO ALESSANDRO TREVES<br />

vantaggio». Ha iniziato a scrivere canzoni a<br />

11 anni, ma in tutta l’adolescenza ne avrà finite<br />

una manciata. Il problema erano soprattutto i<br />

testi. Non riusciva a trovare le parole giuste,<br />

perciò si concentrava sempre più sulla musica.<br />

«È perché non sono un grande lettore,<br />

ho sempre preferito suonare il piano». Il suo<br />

primo software per produrre l’ha trovato<br />

dentro una scatola dei cereali. Era la sorpresa<br />

in regalo con la confezione, roba davvero<br />

da principianti che, però, ha avvicinato per<br />

la prima volta Sampha ai computer, anche<br />

grazie al primo abbozzo di studio che gli ha<br />

costruito uno dei fratelli. Quando parla della<br />

famiglia, sul suo viso è stampato un sorrisone<br />

che racconta più cose di quante ne dicano<br />

le parole. Ma non dura a lungo. Per parlare<br />

di Process, il suo album di esordio da solista<br />

uscito lo scorso febbraio dopo un paio di EP<br />

di riscaldamento, bisogna necessariamente<br />

passare per il momento più tragico della sua<br />

vita. «Ho cominciato a scrivere i primi pezzi<br />

del disco in un momento di transizione. Inevitabilmente,<br />

Process affronta la malattia e poi la<br />

perdita di mia madre», dice. La musica in quel<br />

momento è stata per lui non solo la via di fuga<br />

da una realtà inaccettabile, ma anche un modo<br />

per riposare quella capocciona piena di dread<br />

sparati in aria. Process è un luogo malinconico,<br />

per quanto non parli esclusivamente di perdita.<br />

Un giornalista inglese in una recensione ha<br />

definito “ferita” la voce di Sampha. Lui non è<br />

molto d’accordo, ma in ogni caso riconosce che<br />

ogni cantante soul che si rispetti ha alle spalle<br />

qualcosa da dimenticare. E per dimenticare,<br />

saggiamente, Sampha canta. «Ho realizzato<br />

che per processare, per metabolizzare i traumi,<br />

a volte bisogna solo parlarne», spiega. Ora non<br />

lo spaventa più nulla, a parte forse «l’eventualità<br />

di fallire». Ci è voluto tempo per capirlo e<br />

soprattutto coraggio per farlo, specie per una<br />

persona così timida come lui. Siamo seduti<br />

uno di fronte all’altro e qualche volta fatica a<br />

guardarmi negli occhi. Ma risponde sempre<br />

con grande limpidezza anche quando gli chiedi<br />

se ha cattive abitudini. «Oh, eccome se ne ho!»,<br />

mi risponde. Dalla foga con cui lo dice uno<br />

pensa subito alla droga o peggio, ma poi vien<br />

fuori che le sue cattive abitudini consistono<br />

nell’andare a letto tardi, non richiamare le<br />

persone e nell’essere troppo goloso (e un po’<br />

si vede), anche di cibi italiani. Probabilmente,<br />

metà dei “vizi” è colpa della vita frenetica che<br />

ormai si è sostituita a quella di una volta. Sampha<br />

è appena tornato dalla Sierra Leone, dove<br />

ha girato un cortometraggio con Apple Music.<br />

Si intitola come l’album, ma non vuole esserne<br />

lo spot, né tanto meno la versione video come<br />

Interstella 5555 lo è di Discovery dei Daft Punk.<br />

Non è nemmeno un documentario, perché i<br />

dialoghi sono ridotti al minimo. «Si basa sulla<br />

mia vita, ma vuole tenere al centro dell’attenzione<br />

la diaspora dei migranti e, in parte, il<br />

disco. Una delle poche voci che si sentono è<br />

quella di mia nonna che parla in sierraleonese»,<br />

ci ride su. «Ovviamente coi sottotitoli». RS<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 83


FOREVER OLD<br />

Voi guidate,<br />

io suono<br />

84 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong><br />

IN CUFFIA: “US AND THEM”, PINK FLOYD


IL FRONTMAN<br />

DEI BLACK<br />

KEYS HA FATTO<br />

IL SECONDO<br />

DISCO SOLISTA<br />

CON VERE<br />

LEGGENDE<br />

DEL ROCK.<br />

PERCHÉ A DAN<br />

AUERBACH NON<br />

SERVE NULLA<br />

DI MODERNO<br />

testo GIOVANNI ROBERTINI<br />

foto MARGHERITA CHIARVA<br />

Siamo nella sede della Warner,<br />

Dan è un po’ provato<br />

dalla giornata di interviste<br />

per il nuovo disco.<br />

Resiste bevendo qualcosa<br />

con ghiaccio. Nella<br />

nostra stanza ci sono<br />

gigantografie degli artisti<br />

di punta dell’etichetta, lui<br />

si siede davanti a quella di Bruno Mars.<br />

RS Lo conosci?<br />

AUERBACH Non di persona. Lui fa le canzoni<br />

giuste. Che gli vuoi dire di cattivo, a parte che<br />

è basso? È alto così (fa un gesto con la mano e un<br />

sorriso sornione, nda). E io non sono un gigante.<br />

RS Ascoltando Waiting on a Song la prima cosa<br />

che ho pensato è a quanto ti devi esser divertito.<br />

AUERBACH È stato bellissimo, come se fosse<br />

sempre Natale. Ho lavorato con delle leggende,<br />

gente che ha suonato i migliori pezzi di tutti i<br />

tempi. Tutto questo nel mio studio, con le mie<br />

cose. Abbiamo registrato dall’estate scorsa fino<br />

a poco fa, senza mai fermarci.<br />

RS Hai fatto una versione Stereo 8 dell’album.<br />

Per uno come te che ci tiene tanto al suono, è<br />

duro pensare che molta gente ascolterà il tuo disco<br />

con la qualità audio di YouTube e Spotify...<br />

AUERBACH La versione Stereo 8 è solo un<br />

gadget, è un modo come un altro di tentare di<br />

vendere una copia in più. Ci sono le cassette e<br />

i vinili di differenti colori, e ora ecco la versione<br />

Stereo 8. Ormai hanno fatto vinili di così tanti<br />

colori diversi che non c’è più neanche la possibilità<br />

di pensare di fare un vinile colorato un<br />

po’ esclusivo. Pensavamo fosse solo una cosa<br />

divertente, ma i miei fan l’hanno presa molto<br />

seriamente: il pre-ordine online è andato subito<br />

esaurito. Per l’altro discorso che facevi, è vero:<br />

la qualità dell’audio di YouTube è terribile.<br />

RS E quindi?<br />

AUERBACH E quindi che ci posso fare? Le cose<br />

stanno così, boy. C’è gente che fa musica e gente<br />

che fa i soldi con la musica, e non sono mai le<br />

stesse persone.<br />

RS L’ultimo tuo disco solista è di quasi otto anni<br />

fa. Come mai solo ora un nuovo album?<br />

AUERBACH In questi otto anni non sono stato<br />

fermo un secondo tra The Black Keys, The Arcs<br />

e altre produzioni. L’estate scorsa ho capito che<br />

ero arrivato al limite, avevo bisogno di una pausa,<br />

ero in tour da quasi 5 anni consecutivi. Ero<br />

pronto a fermarmi, ma appena mi sono seduto<br />

ho iniziato a scrivere e ho messo in piedi delle<br />

session con i migliori musicisti di Nashville e<br />

del mondo, da Bobby Wood a Gene Chrisman.<br />

RS E non dimentichiamo John Prine e Duane<br />

Eddy... Com’è stato avere a che fare con musicisti<br />

che per età potrebbero essere i tuoi padri,<br />

anzi meglio, i tuoi nonni? Com’era una giornata<br />

tipo di registrazione?<br />

AUERBACH Iniziavamo alle 9, come in ufficio.<br />

Però poi andavamo avanti fino alle 2 o alle 3 del<br />

mattino senza fermarci. Eravamo addicted alle<br />

registrazioni, non uscivamo neanche a mangiare,<br />

ordinavamo il cibo e ce lo facevamo portare.<br />

C’era tanto da imparare da quei “ragazzi”, la loro<br />

capacità di creare musica perfetta, canzoni pop<br />

catchy, ma impossibili da catalogare in un genere<br />

preciso. Penso a Sweet Caroline<br />

CANTO DA SOLO<br />

Dan Auerbach è nato<br />

nel 1979 ad Akron, Ohio.<br />

Nel 2001 ha fondato i<br />

Black Keys e nel 2005<br />

gli Arcs. Waiting on a<br />

Song è il suo secondo<br />

album solista.<br />

di Neil Diamond o Suspicious<br />

Minds di Elvis Presley, pezzi<br />

incatalogabili, con un’energia<br />

unica: era questo che volevo imparare,<br />

a scrivere e suonare così.<br />

RS Ti sei divertito come allievo<br />

di questi maestri. Stai lavorando<br />

per essere un buon insegnante?<br />

AUERBACH Lavorare con gente<br />

più giovane è un’esperienza totalmente diversa.<br />

I musicisti alle prime armi tendono a essere<br />

molto insicuri e, soprattutto, a pensare troppo.<br />

E poi vogliono parlare, discutere...<br />

RS Con i tuoi amici di Nashville non parlavate?<br />

AUERBACH Parlavamo solo per scherzare e dire<br />

cazzate. Altrimenti si suonava. Certo non si<br />

parlava mai di musica, di quella che si stava<br />

suonando. Al massimo loro raccontavano<br />

aneddoti divertenti su altri musicisti. C’erano il<br />

più grande batterista del mondo e il più grande<br />

tastierista della storia del rock: a che cazzo<br />

serviva parlare di quello che stavamo suonando?<br />

Mettevo le cuffie, registravamo e loro mi<br />

facevano andare via di testa, tutto qui. Ogni<br />

persona in quello studio per me era un regalo.<br />

RS Puoi dirci il tuo segreto? Come fa la tua musica<br />

a suonare contemporanea e non vintage? È<br />

soul, è blues, è folk, ma contemporaneo.<br />

AUERBACH Per molti fare il mio tipo di musica<br />

significa mettersi un abito, magari retrò, che<br />

non indosserebbe abitualmente. A me piace<br />

usare vecchie tecniche e strumenti di registrazione,<br />

mettendoli al servizio di quello che c’è nel<br />

mondo reale. Mi servo di quel sound non per<br />

suonare vintage, ma perché è ancora quello più<br />

potente, che spacca di più: il mio riferimento,<br />

quando penso a fare musica, è The Dark Side of<br />

the Moon dei Pink Floyd, non Drake.<br />

RS Parliamo dei testi delle tue nuove canzoni.<br />

È sempre presente il Mito dell’America, che si<br />

colloca sopra il tempo e la Storia pur facendone<br />

parte. Ascoltandole mi vengono in mente gli<br />

Stati Uniti raccontati da Cormac McCarthy...<br />

AUERBACH Non sono né di Brooklyn né di L.A.,<br />

sono nato ad Akron, in Ohio, sono uno dei<br />

personaggi dei libri di Cormac McCarthy. Solo<br />

che, a differenza di quei personaggi, non ho mai<br />

ucciso nessuno. Ora vivo a Nashville, ma se<br />

guidi dieci minuti da lì o da Akron ti troverai in<br />

un posto che è molto simile, è lì da dove vengo<br />

e dove vivo. Non uso i social media, non vado<br />

sui siti che parlano di musica, ho capito che<br />

non mi serve nulla di tutto questo. Ho capito<br />

che, se voglio fare arte, devo essere libero da<br />

queste cazzate. Voglio essere egoista, in un<br />

modo sano e che sia utile alla mia musica. Il mio<br />

mondo a Nashville è molto piccolo, esco poco<br />

e frequento sempre le stesse persone: facendo<br />

così sono più creativo, proteggo<br />

me stesso.<br />

RS Questo tuo disco sembra perfetto<br />

per... (Vengo interrotto).<br />

AUERBACH ...Per guidare, per fare<br />

un giro in macchina.<br />

RS Sì, come fai a saperlo?<br />

AUERBACH Perché è così pure per<br />

me. L’ho ascoltato mentre guidavo<br />

da Memphis – dove ho fatto<br />

il master dell’album – fino a Nashville ed era<br />

perfetto, mi portava via su quelle strade, cambiavano<br />

a ogni ascolto.<br />

RS Che altro ascolti in macchina? Rap? Rock?<br />

AUERBACH Mi piacciono alcune nuove band, ma<br />

non ascolto tanta musica nuova.<br />

RS Perché stai invecchiando?<br />

AUERBACH No, sono più interessato alle mie<br />

cose, al sound che porto avanti. Non mi interessa<br />

più l’hip hop, si è normalizzato: è solo<br />

business, non è più ribelle. La ribellione va<br />

cercata nella musica che non è di moda, che non<br />

è al centro dell’attenzione del mercato. RS<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 85


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NELLO SPOT<br />

DEL SECOLO ”<br />

“DA BAMBINO,<br />

SPIDERMAN<br />

ERA IL MIO<br />

SUPEREROE PREFERITO:<br />

UN PO’ SFIGATO,<br />

MA INTELLIGENTE,<br />

IRONICO”<br />

Sven Otten, 29 anni,<br />

tedesco di Heinsberg,<br />

è diventato famoso<br />

in Rete con il nickname<br />

JustSomeMotion.<br />

LA FAVOLA<br />

MILLENNIAL<br />

DEL BALLERINO TIM<br />

CHE FA BALLARE<br />

L'ITALIA E CHE QUI<br />

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Opening Act<br />

DI GIANLUCA BELTRAME<br />

CONOSCETE<br />

UN BRAVO PSICHIATRA?<br />

Mia Moglie ogni tanto Me lo dice: «tu dovresti farti<br />

vedere, Ma da uno bravo!». coMincio a sospettare<br />

abbia ragione. Però non è colpa mia, è quella specie di<br />

Millennium Falcon (l’astronave “pirata” di Star Wars) che<br />

è <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>. È quel continuo bombardamento di idee,<br />

quei sogni che arrivano e non te li aspetti, è tutta colpa delle<br />

sfide e delle sfighe. Come si fa a tenere una rotta tranquilla, a<br />

impostare un numero e poi finirlo così come lo avevi pensato<br />

UN MESE prima? In redazione sono dei santi, sopportano<br />

i miei cambiamenti di rotta, qualche volta mugugnano e mi<br />

guardano male, soprattutto quando non<br />

capiscono dove stiamo andando (a volte<br />

non lo so nemmeno io). Però non è colpa<br />

mia, è il Millennium Falcon che è così.<br />

Mi preoccupa di più qualche (lieve?) sintomo<br />

di schizofrenia. Questo numero ha due<br />

copertine: una di qui, l’altra di là. Se girate il<br />

giornale, leggerete questo stesso editoriale.<br />

Forse ha ragione mia moglie: dovrei farmi<br />

vedere da uno bravo. Però (ditemi voi),<br />

come facevo? Amo tantissimo la musica,<br />

altrimenti non sarei a <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>. Già su<br />

questa copertina ho cambiato idea. All’inizio<br />

(ma proprio all’inizio) dovevano essere<br />

i Depeche Mode: leggetevi l’intervista a<br />

Dave Gahan e ditemi se non valeva la cover.<br />

Poi, però, è arrivato Tiziano Ferro, e lì è entrato<br />

in gioco il cuore. La sua musica mi ha<br />

accompagnato per un pezzo importante di<br />

vita: gliela dovevo, questa cover. Un solo rammarico: nemmeno<br />

questa volta l’ho incontrato. Quando è stato qui a Milano,<br />

il Millennium Falcon stava viaggiando nell’iperspazio: dovevo<br />

restare ai comandi. E poi era giusto che l’intervista la facesse<br />

Violetta Bellocchio. Tra loro è nato un bellissimo rapporto a<br />

distanza: lei ama le sue canzoni, lui ama i suoi libri, tanto che<br />

ha scritto una dedica apposta per Mi chiamo Sara... Erano<br />

mesi che volevano incontrarsi, anche solo per un caffè. Non<br />

ci erano mai riusciti: io ho dato loro l’occasione.<br />

Stavo parlando di musica: qui trovate Ghali e M.I.A., Sampha<br />

e Goldie, Thurston Moore e Dan Auerbach... Tanta roba,<br />

insomma. Ma c’era una storia che non potevo bucare: il primo<br />

Il prossimo 1° luglio a Modena<br />

Vasco celebra 40 anni di carriera.<br />

luglio, a Modena, prima che esca il prossimo numero di <strong>Rolling</strong><br />

<strong>Stone</strong>, c’è il concerto di Vasco. Sarà pazzesco. In mezzo<br />

alla folla, con una birra in mano comprata dalla mia amica<br />

Tizzi (che ha un chiosco proprio lì) ci sarò anch’io. Perché<br />

Vasco è Vasco, l’unico vero rocker che l’<strong>Italia</strong> abbia mai avuto.<br />

E quest’anno c’è una data sola. E sono 40 anni di carriera...<br />

Volevo fargli un regalo grande. Ho provato (mettetevi nei<br />

panni della redazione che tutte queste cose le ha sopportate)<br />

con un grande portfolio fotografico che raccontasse questi<br />

40 anni. Ma era tutto troppo scontato, tutte foto già viste.<br />

Poi ho saputo che sarebbe uscito un libro<br />

con le sue canzoni, commentate dal Blasco<br />

medesimo. Ora che andiamo in stampa<br />

non è ancora terminato: l’anticipazione<br />

(ahimè) la prenderà qualcun altro. Poi,<br />

poi, poi... Poi ho scoperto che il regalo più<br />

grande glielo aveva già fatto qualcun altro:<br />

il 29 aprile suo figlio Lorenzo gli ha dato<br />

Lavinia, la prima nipote. Questa emozione<br />

non si può battere. E allora siamo andati a<br />

conoscere Lorenzo (e Lavinia) e ve li raccontiamo:<br />

una storia per voi, una carezza<br />

per Vasco.<br />

Come facevo, però, a mettere insieme tutto<br />

questo con la mia parte cazzara (c’è, e c’è<br />

pure in <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>: sarà colpa del pop?).<br />

È un anno almeno che la storia di quel ragazzo<br />

magrino come me, vestito come Dan<br />

Aykroyd nei Blues Brothers, che ho visto<br />

su YouTube e poi negli spot Tim mi ossessiona: chi è? Da dove<br />

viene? Come ha fatto? Passava per Milano, allora l’ho beccato<br />

e gli ho dato un’altra copertina. Di seguito, abbiamo costruito<br />

un altro numero di <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong>. Chiamate uno bravo.<br />

P.S. A proposito della parte cazzara mia e del giornale. Da questo<br />

mese sul Millennium Falcon è salito pure Alessandro Cattelan.<br />

Ogni numero ci regalerà un’intervista impossibile. Così impossibile<br />

che nemmeno lui l’ha mai fatta: fedele al motto di Marzullo<br />

“fatti una domanda e datti una risposta”, scrive di suo pugno<br />

sia le domande sia le risposte. Comincia con Antonio Conte.<br />

Capitelo, è interista: sa bene come farsi male.<br />

FOTO S. PESSINA/OLYMPIA<br />

@Giangi<strong>Rolling</strong><br />

@rollingstoneita<br />

6 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


COVER STORY<br />

E POI<br />

MI È<br />

ARRIVATA<br />

UNA MAIL<br />

SVEN OTTEN<br />

È UN TRANQUILLO<br />

RAGAZZO DI PAESE:<br />

LA SCUOLA, GLI AMICI,<br />

IL MOTORINO, IL COMPUTER.<br />

FINCHÉ FA UN VIDEO CHE<br />

GLI CAMBIA LA VITA. NON SOLO PERCHÉ<br />

ARRIVA A 40 MILIONI DI VISUALIZZAZIONI.<br />

MA PERCHÉ, GRAZIE A QUEL VIDEO,<br />

SVEN DIVENTA “IL BALLERINO TIM”<br />

TEDESCO DI WESTFALIA<br />

Sven Otten, 29 anni, è nato e vive a Heinsberg,<br />

vicino a Colonia. Nella foto, camicia stampata WRANGLER;<br />

t-shirt SISLEY; cappello BORSALINO.<br />

TESTO GIANLUCA BELTRAME - FOTO GIOVANNI GASTEL - STYLE PINA GANDOLFI<br />

8 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong><br />

IN CUFFIA: “ONE TIME”, JUSTIN BIEBER


ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 9


odo cambia: c’è un attimo speciale (credo ci sia nella vita di ognuno)<br />

che ti cambia radicalmente la vita. Una telefonata, un incontro, un’email:<br />

dopo, niente è più lo stesso, niente può essere più lo stesso. È<br />

come il film Sliding Doors. Una ragazza con una vita normalissima<br />

prende la metropolitana al volo: la sua vita va da una parte. La stessa<br />

ragazza perde il metrò e prende un taxi per tornare a casa: la sua vita<br />

finisce in tutt’altra direzione.<br />

Sven Otten ha 29 anni ed è un giovane normalissimo. «Sono un tranquillo<br />

ragazzo di paese», continua a ripetere (quasi a scusarsi) durante<br />

tutta l’intervista. Nasce, cresce e continua a vivere a Heinsberg,<br />

41mila abitanti, vicino a Colonia, in Germania. Padre (Peter), madre<br />

(Anneliese), una sorella più grande (Yvonne) e una più piccola (Virginia). La scuola,<br />

il motorino, le ragazze. Il computer e i videogames, lo scambio di file: i suoi amici, a<br />

cominciare da Yves che gli è più caro di tutti, sono un po’ nerd, come lui. E infatti<br />

Sven studia computer science all’università di Aachen (vicino a casa): è sicuro che il<br />

suo futuro sia lì. Poi, un giorno, sua sorella piccola condivide un video su YouTube e<br />

tutto cambia. Nel suo personalissimo Sliding Doors, Sven Otten non sale sul vagone<br />

della metropolitana. Per lui comincia una nuova vita: oggi è il ballerino dello spot Tim.<br />

Lo conoscono tutti. E il video, realizzato nella sua stanza e pubblicato in rete con il<br />

nick JustSomeMotion, ha superato i 40 milioni di visualizzazioni: «È come se metà<br />

Germania lo avesse visto», dice. E ancora non ci crede.<br />

È assertivo: «Ho imparato molto di più con il computer che in tutti gli anni di scuola».<br />

Del resto, senza il computer e senza i social network questa storia non sarebbe<br />

mai esistita, nessuno di noi conoscerebbe Sven, che avrebbe fatto la sua carriera nel<br />

mondo della IT. La sua storia è la favola Millennial. Non ha mai messo piede in una<br />

scuola di ballo. «Ho imparato tutto dai video tutorial, vedevo un passo che mi piaceva<br />

e mi incaponivo, la prendevo come una sfida: dovevo riuscire a farlo».<br />

RS Di’ la verità: studiavi le coreografie per fare colpo sulle ragazze in discoteca...<br />

OTTEN Non ho mai studiato un’intera coreografia. Vedevo un passo che mi piaceva e<br />

lo imparavo. Poi lo mettevo via: era come se riempissi di passi un enorme cassetto,<br />

che poi aprivo tirando fuori quello che volevo fare in quel momento.<br />

STAR DEI SOCIAL<br />

Il video All Night ha più di<br />

40 milioni di visualizzazioni.<br />

Da Natale gli spot Tim con<br />

Sven Otten hanno superato<br />

i 18 milioni di contatti: 12<br />

milioni di visualizzazioni<br />

su Facebook, 1 milione di<br />

persone raggiunte su Twitter,<br />

5,5 milioni di visualizzazioni<br />

su YouTube. Nella foto, Sven<br />

Otten indossa giacca SISLEY;<br />

t-shirt INTIMISSIMI; cintura<br />

EMPORIO ARMANI; pantaloni<br />

L.B.M. 1911; scarpe GEOX;<br />

cappello BORSALINO.<br />

10 ROLLING STONE_GIUGNO STONE_OTTOBRE <strong>2017</strong> 2015


ROLLING STONE_OTTOBRE 2015 11


RS Che cosa ballavi?<br />

OTTEN Ho cominciato con il Melbourne Shuffle,<br />

una street dance nata in Australia negli anni ’80.<br />

Poi ho aggiunto un po’ di Tecktonik (electro<br />

dance) e Rebolation, che si balla nei rave brasiliani.<br />

Alla fine sono arrivato al Charleston: mi<br />

piaceva quel suo essere rétro e la sua ironia. Mi<br />

sono accorto che proprio le parti ironiche erano<br />

quelle che mi mettevano più voglia di ballare. Se<br />

balli, è perché vuoi mostrare gioia e allegria. O,<br />

almeno, per me è così.<br />

RS La prima volta che hai ballato un pezzo<br />

intero?<br />

OTTEN Mi c’è voluto un anno per metterlo insieme,<br />

ed era un pezzo di cinque minuti. Quando<br />

era pronto, alla fine era Natale. Ho pensato di<br />

farlo vedere a mio padre: una specie di regalo.<br />

RS E gli è piaciuto?<br />

OTTEN Molto. Quella sera avevamo la cena di<br />

Natale dalla nonna, e lui mi ha detto: «Perché<br />

non lo fai vedere anche a lei?». Così l’ho caricato<br />

su YouTube, per farlo vedere alla nonna.<br />

Anzi, l’ha caricato mia sorella Virginia, che<br />

poi l’ha condiviso. Lo stesso hanno fatto i miei<br />

amici. Beh, tempo una settimana era arrivato<br />

a 100mila visualizzazioni. Pazzesco. Così ho<br />

pensato di farne un altro: la musica era All Night<br />

di Parov Stelar, e ha fatto 40 milioni di views.<br />

RS E hai pensato di darti alla pubblicità.<br />

OTTEN Ma figurati! (ride). Lì però ho cominciato<br />

a vedere una cosa. Arrivavo a 100mila visualizzazioni<br />

e mi dicevo: più in alto di così non potrò<br />

mai arrivare! Le visualizzazioni arrivavano a<br />

un milione e mi ripetevo la stessa cosa. Poi a 10<br />

milioni... Da quel momento non ho più smesso<br />

di sorprendermi. E infatti un giorno mi è arrivata<br />

una mail.<br />

RS Dall’<strong>Italia</strong>?<br />

OTTEN No, da Los Angeles. Un produttore di<br />

Hollywood aveva visto il mio primo video e voleva<br />

farci uno spot. Mi chiede di raggiungerlo.<br />

RS E l’hai fatto?<br />

OTTEN Certo. Sull’aereo per gli Stati Uniti,<br />

però, continuavo a chiedermi se non fosse uno<br />

scherzo idiota messo su dai miei amici. E invece<br />

all’aeroporto c’era davvero un autista in livrea<br />

con in mano un cartello con il mio nome. Sono<br />

salito su una limousine e mi ha portato in un<br />

hotel pazzesco a Rodeo Drive. La sera ho cenato<br />

con un muffin, era l’unica cosa che potevo<br />

permettermi sul menu: costava 15 dollari e io ero<br />

uno studente universitario... Mi sono chiesto<br />

come avrei fatto a sopravvivere una settimana<br />

a Los Angeles.<br />

RS Ma non era tutto pagato?<br />

OTTEN L’ho scoperto solo la mattina dopo. E a<br />

quel punto ho ordinato una gigantesca insalata<br />

di pollo. Buonissima.<br />

RS E così sei entrato nel grande giro degli spot.<br />

OTTEN Ma no, stavo ancora studiando e quella<br />

per me era la cosa più importante, la computer<br />

science, il mio futuro. Ammetto di aver pensato:<br />

“Magari posso fare qualcosa di più con la musica<br />

e con YouTube”. Così ho pensato di fare un<br />

altro video: sono uno preciso, ho cominciato<br />

a chiedere i diritti per le musiche. E lì mi sono<br />

scontrato con le regole dello showbusiness.<br />

Jamie Barry è stato carinissimo, mi ha detto<br />

subito: “No problem”, anzi era felice che la<br />

sua musica finisse in un video. Altri sono stati<br />

meno carini. Così ho lasciato perdere. Anche<br />

perché, nel frattempo, avevo trovato lavoro<br />

come project manager in un’azienda di IT. Poi<br />

è arrivata una mail.<br />

RS Da Tim...<br />

OTTEN No, da una banca tedesca. E mi avevano<br />

scritto in inglese...<br />

RS La banca tedesca ti ha scritto in inglese?<br />

OTTEN Sì, perché nel frattempo su Internet era<br />

successo di tutto. Un mucchio di gente giurava<br />

di conoscere chi fosse veramente JustSome-<br />

Motion: una delle voci più accreditate era che<br />

fossi francese. C’era perfino chi aveva scritto<br />

che avevo avuto problemi, ma che sarei tornato<br />

presto... Tanti si erano preoccupati (ride).<br />

RS E come l’hai gestita con la banca?<br />

OTTEN Ho pensato che avevo bisogno di una<br />

manager: ha fatto tutto lei. L’accordo prevedeva<br />

che avrei mantenuto il mio lavoro, che la campagna<br />

pubblicitaria mi avrebbe impegnato solo nel<br />

tempo libero. Poi, invece, è successo di tutto:<br />

mi hanno invitato perfino nel più importante<br />

talk show televisivo tedesco, in prima serata.<br />

Non ce l’ho più fatta a gestire tutto. Anche<br />

perché un giorno è arrivata una mail.<br />

NON HA<br />

MAI MESSO<br />

PIEDE IN<br />

UNA SCUOLA<br />

DI BALLO<br />

«HO IMPARATO<br />

GUARDANDO SOLO<br />

I VIDEO TUTORIAL»<br />

ADESSO ARRIVA L’UOMO RAGNO<br />

Dall’11 giugno Sven Otten balla con<br />

L’Uomo Ragno nei nuovi spot Tim.<br />

A sinistra, total look EMPORIO<br />

ARMANI. A destra, camicia SISLEY;<br />

pantaloni WRANGLER.<br />

12 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


ROLLING STONE_OTTOBRE 2015 13


RS Da Tim.<br />

OTTEN Stavolta sì. Le prime mail sono tutte<br />

uguali: “Ti abbiamo visto in rete, vorremmo<br />

incontrarti...”. Per fortuna ora ho una manager<br />

che si occupa di me: io non ci starei dentro. Anche<br />

perché, hai presente quella cosa che dicevo<br />

prima, quando pensi: “No, più di questo non è<br />

possibile”, ecco Tim riesce sempre a stupirmi<br />

con le sue proposte e la capacità di realizzare<br />

cose incredibili. Parti con lo spot (il video con<br />

la musica di Parov Stelar), poi un giorno ti chiamano:<br />

“Devi venire a Roma a ballare in piazza<br />

di Spagna con 300 ballerini sulla scalinata”.<br />

Trecento ballerini, ti rendi conto? Poi un altro<br />

giorno ti dicono: “Guarda che devi andare al<br />

Festival di Sanremo”.<br />

RS Sempre un passo oltre quello che immagini?<br />

OTTEN Ma sì. Sono appena tornato dal Brasile,<br />

dove ho girato uno spot per Tim Brasil. E io<br />

non ero mai stato in Sudamerica. Poi gli spot<br />

con Spiderman, li vedrete presto.<br />

RS Ce ne parli?<br />

OTTEN Da bambino guardavo i cartoni animati di<br />

Spiderman. Era il mio supereroe preferito: non<br />

un grande corpo, mica una bestia fisicata come<br />

Hulk o Thor. Uno un po’ sfigato, ma intelligente,<br />

ironico, che faceva tricks geniali. Mi hanno<br />

detto che avrei fatto degli spot con lui e ho<br />

lavorato con Chris Silcox, lo stuntman: riesce<br />

a fare salti e robe incredibili, come lo Spiderman<br />

che vedevo da bambino. Ha 21 anni, siamo diventati<br />

un po’ amici. Lui sta in America, ci siamo<br />

scambiati i numeri di telefono, ci rivedremo.<br />

RS Tutta questa storia ti ha cambiato la vita?<br />

OTTEN Sono sempre un tranquillo ragazzo di<br />

paese, i miei amici sono sempre gli stessi. Mi<br />

colpisce, però, tutta quella gente che mi scrive<br />

sui social e mi confessa storie anche molto<br />

personali. C’è il papà che racconta della sua<br />

bambina di 3 anni che guarda la televisione e<br />

aspetta lo spot Tim perché vuole ballare con<br />

me. C’è la signora di 67 anni che mi contatta<br />

14 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


in privato e mi parla come se fosse mia nonna:<br />

“Guarda che in quell’intervista avevi i capelli<br />

messi male, fatteli sistemare!”. C’è la ballerina<br />

americana che ha dovuto abbandonare la danza<br />

per un problema al ginocchio e dopo avermi<br />

visto ha ripreso a ballare, non per professione,<br />

ma per puro divertimento...<br />

RSPerò sarai diventato ricco, ti sarai comprato<br />

una mega casa e...<br />

OTTEN No, guarda, mi sono comprato un appartamento,<br />

due piani sopra i mei: soggiorno,<br />

camera da letto, bagno e cucina. Che però non<br />

uso: cucino e mangio dai miei. Poi torno su, e<br />

la cucina la sistemano loro.<br />

RS<br />

1. CARAVAN PALACE - “SUZY”<br />

2. JAMIE BERRY FEAT. OCTAVIA ROSE<br />

- “LOST IN THE RHYTHM”<br />

Inizio con due brani elettro swing,<br />

perché è una musica che continua<br />

a piacermi un sacco.<br />

3. ED SHEERAN - “SHAPE OF YOU”<br />

Per me è la canzone dell’anno.<br />

4. FINLEY QUAYE - “DICE”<br />

Mi ricorda un vecchio amore, anzi il mio<br />

LA PLAYLIST DI SVEN<br />

primo amore. Imprescindibile. Anche<br />

perché oggi non sono innamorato.<br />

5. ARCTIC MONKEYS -<br />

“R U MINE”<br />

Tanto ritmo e tanta ironia.<br />

6. RED HOT CHILI PEPPERS -<br />

“THE ZEPHYR SONG”<br />

I Red Hot Chili Peppers sono la prima<br />

band che ho davvero ascoltato.<br />

Prima di loro, lo ammetto, sentivo<br />

musica a caso.<br />

Grooming: Grazia Riverditi@Glowartists. Ha collaborato Giovanni Belletti<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 15


COME NASCE UNO SPOT<br />

E adesso<br />

arriva<br />

l’Uomo<br />

Ragno<br />

(con Mina)<br />

Luca Josi, 51 anni,<br />

Brand Strategy e Media<br />

(traduzione:<br />

responsabile della<br />

comunicazione) di Tim.<br />

Per una campagna di successo servono una fabbrica creativa<br />

particolare, un team forte, idee chiare. E una gran botta di fortuna.<br />

Parola di chi ha creato lo spot Tim<br />

Èl’uomo che ha creato lo spot Tim: «Tutto è cominciato<br />

in quella fabbrica creativa che è la mia famiglia allargata:<br />

a casa mia si naviga, si guarda, si inventano cose»,<br />

racconta Luca Josi, 51 anni, direttore Brand Strategy e<br />

Media di Tim. «E quel video era lì: perfetto, quasi fosse<br />

sul comodino di Agatha Christie. Sven è il testimonial che tutte le<br />

nonne vorrebbero in casa. La sua storia è quella di un ragazzo che,<br />

grazie a un’ottima connessione alla Rete, scopre un talento che non<br />

sapeva di avere, una passione che fa esplodere nella sua cameretta.<br />

L’inquadratura era perfetta, con la luce che arriva dalla finestra, lui al<br />

centro, le mani che indicano gli spazi ai quattro angoli dello schermo<br />

e che ci hanno permesso di “far entrare” le parole delle nostre offerte<br />

commerciali». Infatti avete tenuto tutto, pure la musica. «L’elettro<br />

swing è una musica contemporanea che rilegge lo swing, un genere<br />

allegro che nasce come reazione alla Grande Depressione del ’29.<br />

Non voglio fare sociologia a buon mercato: dico semplicemente che<br />

è perfetto per i tempi in cui viviamo. Anzi, diciamola tutta: trovare<br />

quel video è stata una grande fortuna. E non è stata l’unica». In effetti,<br />

quando una cosa funziona davvero, spesso si crea una specie<br />

di magia che porta, per l’appunto, a un’incredibile sequenza di gran<br />

botte di fortuna. «Prendi Sanremo: avevamo firmato il contratto,<br />

eravamo sponsor unici prima di scoprire Sven. Non pensavamo a<br />

un simile successo: siamo arrivati al Festival proprio nel momento<br />

di boom dello spot. Avevamo a disposizione delle telepromozioni.<br />

Normalmente vengono trattate come le parenti povere degli spot:<br />

vanno in onda una sola volta, a volte non ci si mette tutto l’impegno.<br />

E invece, grazie al via libera di Presidente e AD, abbiamo creato<br />

cinque momenti teatrali strepitosi». E poi c’era Mina... «Mina è una<br />

grande amica. Le era piaciuto lo spot e ha detto subito di sì. E qui mi<br />

fermo: amo la sua riservatezza e quindi non c’è altro da raccontare.<br />

Anzi, no, una cosa la aggiungo: dall’11 giugno la voce di Mina torna<br />

protagonista dei nostri spot, insieme a Sven e all’Uomo Ragno. Un<br />

supereroe anomalo, non è sovrumano come Superman: lui e Sven<br />

sono due ragazzi della cameretta. Sono spot molto gioiosi». E poi<br />

Spiderman usa la rete... «Non solo, il suo costume rosso e blu ha i<br />

nostri stessi colori». Continuate con Sven. Ma non pensate sia ormai<br />

sovraesposto? In Rete circolano moltissime parodie del suo balletto.<br />

«Le pariodie sono il premio più bello per chi fa comunicazione: vuol<br />

dire che hai colpito nel segno, che hai creato quell’attenzione che è il<br />

nostro obiettivo. Abbiamo aperto il canale #BallaConTIM: i nostri<br />

utenti ci hanno sommerso di video. I migliori li abbiamo mandati in<br />

onda la sera della finale di Champions». G.B.<br />

RS<br />

16 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


IMMAGINI ESCLUSIVE<br />

Non se ne è accorto (quasi)<br />

nessuno, ma il nuovo spot Tim,<br />

dove Sven Otten balla con<br />

l’Uomo Ragno, è stato girato<br />

anche a Milano: è in onda<br />

a partire dall’11 giugno.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 17


BELLI E VIRALI<br />

Dal Tuca Tuca<br />

alla “scimmia”<br />

(via Grease)<br />

«“You’re the One That I Want”<br />

ha cambiato Hollywood,<br />

ma c’eravamo arrivati prima noi».<br />

Luca Tommassini racconta<br />

la storia dei tormentoni da ballare<br />

DI MATTEO ZAMPOLLO<br />

UNA<br />

CARRIERA<br />

CON I<br />

GRANDI<br />

Luca<br />

Tommassini è<br />

nato a Roma<br />

nel 1970. Nella<br />

sua carriera<br />

ha lavorato<br />

con Madonna,<br />

Michael<br />

Jackson,<br />

Prince, Diana<br />

Ross, Whitney<br />

Houston, Kylie<br />

Minogue, Geri<br />

Halliwell, Lorella<br />

Cuccarini<br />

e Pavarotti.<br />

Sta preparando la nuova edizione di X Factor come direttore<br />

artistico, la sua decima. E, come al solito, vuole fare<br />

le cose in grande. «Per fortuna ho l’entusiasmo di un<br />

ragazzino», dice Luca Tommassini. E non lo nasconde.<br />

Di recente ha firmato la coreografia della “scimmia” di<br />

Gabbani. Da lì partiamo per ripercorrere la storia delle coreografie<br />

virali. Seguendo un filo lunghissimo che parte dall’<strong>Italia</strong> – davvero<br />

– e arriva fino ai giorni nostri.<br />

RS Da dove nasce la febbre dei balletti, tutte queste mossette<br />

virali?<br />

TOMMASSINI Secondo me, l’abbiamo inventata proprio noi. In<br />

America si è sempre sparato verso l’alto, noi abbiamo sempre<br />

avuto l’esigenza di fare tanto con poco.<br />

RS Qual è il segreto? Il fatto di essere replicabile?<br />

TOMMASSINI Posso avere immediatamente tutto, è subito replicabile.<br />

Se viene messo in piedi un progetto costoso e complesso,<br />

difficilmente ti conquista. Prendi la scimmia di Gabbani: quell’essere<br />

peloso che balla siamo tutti noi! (Ride). È una questione<br />

interessante a livello umano.<br />

RS Quindi anche tu sei affascinato?<br />

TOMMASSINI Mi ritrovo di notte nel letto, al buio, a guardare questi<br />

video virali. Stiamo scoprendo un mondo che esisteva già: la gente<br />

a casa ha sempre ballato, ma non potevamo entrare per curiosare.<br />

Il grande teatro, il grande cinema, sono mondi che abbiamo sempre<br />

avuto e ammirato. Questo no, perciò è più interessante.<br />

RS Quali sono le nuove vie di diffusione? I calciatori?<br />

TOMMASSINI Loro hanno un grandissimo pubblico, e non essendo<br />

artisti hanno più presa ancora, sono come noi, non fanno quello<br />

di lavoro. Anche perché i cantanti italiani non ballano.<br />

RS E a Hollywood, quando se ne sono accorti?<br />

TOMMASSINI Con Grease. Quella è stata la prima coreografia che ha<br />

avuto grande successo tra il pubblico. È adorabile, tutti la sanno<br />

fare. Per Hollywood è stato uno spartiacque. E ha fatto nascere<br />

tantissimi altri movimenti che sono arrivati fino ai giorni nostri.<br />

Alla fine ci ispiriamo sempre al passato.<br />

RS<br />

18 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


ITALIA<br />

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20 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


➘<br />

rollingstone.it<br />

IL MEGLIO DAL NOSTRO WEBSITE<br />

CINEMA<br />

Tempo di grandi blockbuster<br />

da vedere in sala, come l’estate<br />

vuole. Il ritorno de La Mummia<br />

e l’ennesima trasformazione<br />

dei Transformer.<br />

NBA<br />

Contributors<br />

PETER TRAVERS<br />

È il critico cinematografico<br />

di <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong> USA, con cui<br />

collabora dal 1989, e uno dei<br />

più noti personaggi del mondo<br />

hollywoodiano. Per ABC News<br />

conduce un programma di talk<br />

e interviste, Popcorn. Per noi ha<br />

visto e recensito i film del mese.<br />

ALESSANDRO CATTELAN<br />

È nato a Tortona, in provincia<br />

di Alessandria, 37 anni fa.<br />

Ha iniziato la sua carriera<br />

come veejay sul canale VIVA,<br />

poi All Music. Attualmente<br />

è conduttore tv (E poi c’è<br />

Cattelan, X Factor, i David...) e<br />

radiofonico per Radio Deejay.<br />

Da questo numero firma per<br />

noi le Interviste impossibili,<br />

ovvero interviste mai avvenute<br />

con personaggi plausibili.<br />

Si parte con Antonio Conte.<br />

➘<br />

È ancora una volta Golden<br />

State-Cleveland la finale<br />

del campionato più bello<br />

del mondo. Seguiremo tutte<br />

le emozioni dal parquet.<br />

GRANDI ELEZIONI RITORNI<br />

GIAMPAOLO VIMERCATI<br />

È nato a Milano nel 1958, ma da anni vive<br />

e lavora come fotografo a Parigi, da dove<br />

lavora con i principali magazine europei.<br />

È un grande appassionato di sport<br />

e di velocità. Proprio per questo, ha scattato<br />

il surfista Leonardo Fioravanti.<br />

➘<br />

Ritornano i Guns, ritornano<br />

i Radiohead. Sarà un giugno di<br />

nomi ben noti, di maxi concerti<br />

e di emozioni fortissime.<br />

E noi siamo pronti a viverle.<br />

FESTIVAL<br />

SPORT<br />

JEFF GODELL<br />

È un autore americano, oltre che<br />

collaboratore di <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong> USA e del<br />

New York Times Magazine. Ha concentrato<br />

le sue energie sulle questioni ambientali,<br />

pubblicando anche diversi libri sul tema.<br />

In questo numero ci parla di un’apocalisse<br />

di ghiaccio, purtroppo per noi, alle porte.<br />

➘<br />

Arriva l’estate e si moltiplicano<br />

gli appuntamenti per gli<br />

appassionati di musica: e noi<br />

ovviamente siamo in prima fila.<br />

PLAYLIST Moltiplica il piacere<br />

della lettura ascoltando sul sito<br />

la compila nel numero.<br />

VERONICA RAIMO<br />

Scrittrice, il suo ultimo romanzo è Tutte le feste<br />

di domani, Rizzoli 2013. Al momento sta lavorando<br />

a un nuovo libro e allo spettacolo teatrale<br />

Domani i giornali non usciranno. Per noi ha<br />

recensito i libri del mese, tra cui il nuovo romanzo<br />

di Giordano Tedoldi.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 21


<strong>Giugno</strong> <strong>2017</strong><br />

RS06<br />

(anno IV)<br />

“<br />

HO IMPARATO DI PIÙ<br />

CON IL COMPUTER<br />

CHE IN TUTTI GLI ANNI<br />

DI SCUOLA<br />

“<br />

(Sven Otten, ballerino dello spot Tim<br />

e star della Rete, si racconta a pag. 8)<br />

24<br />

INTRO<br />

L’intervista impossibile<br />

Alessandro Cattelan incontra<br />

(ma per finta) Antonio Conte.<br />

27<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

45<br />

46<br />

REVIEWS<br />

Musica<br />

Gaming<br />

Libri<br />

Strisce<br />

Serie Tv<br />

Cinema<br />

Le cose<br />

Eat & Drink<br />

No stress<br />

STORIE<br />

48 Un narciso alla Casa Bianca<br />

Trump non è il primo Presidente Usa<br />

egocentrico. Ma di certo è il più pericoloso.<br />

58 Tipo da spiaggia<br />

Abbiamo incontrato (e scattato) Leonardo<br />

Fioravanti, il miglior surfista italiano.<br />

68 Donne del Wrestling/1<br />

La rivoluzione femminile della WWE.<br />

72 Donne del Wrestling/2<br />

Alison Brie è salita sul ring per GLOW, serie<br />

che racconta lo show più folle della tv Usa.<br />

74 Apocalisse di ghiaccio<br />

Una calotta antartica sta crollando nell’Oceano,<br />

e potrebbe cambiare di colpo il pianeta.<br />

LEONARDO<br />

FIORAVANTI<br />

L’intervista al surfista<br />

è a pag. 58.<br />

Giacca EMPORIO<br />

ARMANI;<br />

muta QUIKSILVER;<br />

anelli e orologio<br />

in acciaio GUCCI.<br />

Foto Giampaolo<br />

Vimercati.<br />

22 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong><br />

QUESTO NUMERO È STATO CHIUSO IN REDAZIONE IL 29 MAGGIO ALLE 19


T H E A R T O F F U S I O N<br />

Big Bang Unico Depeche Mode<br />

Ceramic. Chronograph in a black ceramic<br />

knurled case with skeleton dial. In-house<br />

UNICO movement. Black smooth leather<br />

strap. Additional black-plated studded cuff.<br />

Limited edition of 250 pieces.<br />

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L’ intervista impossibile<br />

DI ALESSANDRO CATTELAN<br />

ANTONIO CONTE<br />

(OVVIAMENTE ALESSANDRO CATTELAN NON HA MAI INTERVISTATO ANTONIO CONTE)<br />

NoNostaNte i taNti ragguagli ricevuti<br />

circa la sua maNiacale fissazioNe per la<br />

puNtualità, mi preseNto all’appuNtameNto<br />

coN il miglior alleNatore del moNdo<br />

iN uNa fiNta trattoria italiaNa di chelsea<br />

iN ritardo di tre miNuti. Lo sguardo<br />

che mi riserva, appena mi vede, batte quello<br />

di Marlon Brando in Apocalypse Now per<br />

carisma, quello di Jack Nicholson in Shining<br />

per follia e quello di mia madre durante tutta<br />

la mia adolescenza per incazzatura. Provo a<br />

rimediare con lo sguardo innamorato di Jack<br />

mentre ritrae Rose nuda sul Titanic, ma sembra<br />

che con lui non attacchi.<br />

CONTE Sei in ritardo di tre minuti.<br />

RS Sì lo so, ho perso un po' di tempo per capire<br />

da che parte mi conveniva guardare prima di<br />

attraversare la strada. Ogni volta che vengo a<br />

Londra la stessa storia... Mi scusi.<br />

CONTE Non si tratta di scusarsi. Si tratta di<br />

rispettare le regole. Fai cinque giri dell’isolato<br />

di corsa per punizione.<br />

RS Ma veramente...<br />

CONTE Sono appena diventati dieci. Subito!<br />

Mi alzo dal tavolo nell’imbarazzo generale. Gli<br />

altri clienti mi fissano, lasciandomi intendere<br />

che me lo sono meritato. Inizio a correre fino<br />

a quando, 26 minuti dopo, esausto e madido<br />

di sudore, termino il mio castigo e crollo sulla<br />

sedia davanti a lui.<br />

CONTE Questi sono i miei metodi, ragazzo<br />

caro. Punire, reprimere, scoraggiare ogni insubordinazione.<br />

Solo così si possono ottenere<br />

grandi obiettivi.<br />

RS Sembra un atteggiamento eccessivamente<br />

militaresco. Ma evidentemente ha portato i<br />

suoi risultati. Come riesce a imporlo ai suoi<br />

giocatori? Ventenni, ricchi e viziati...<br />

CONTE Principalmente attraverso il terrore.<br />

Devono aver paura di me. Tutti. Sempre.<br />

RS Qual è stato il momento più difficile della<br />

sua esperienza al Chelsea?<br />

CONTE Senza dubbio quando ho fatto levare le<br />

spillatrici per le birre dallo spogliatoio. Vorrei<br />

essere ricordato come il visionario che ha<br />

introdotto l’acqua nella loro alimentazione.<br />

RS Qualcuno l’ha mai ringraziata per questo?<br />

CONTE Principalmente le loro mogli. Se intende<br />

qualcuno della squadra invece... No,<br />

nessuno in particolare.<br />

RS Dev’essere stato un<br />

duro colpo. È per questo<br />

che dicono stia pensando<br />

di tornare in <strong>Italia</strong> ad allenare.<br />

Magari a Milano?<br />

CONTE Sono falsità. La ragione<br />

principale è climatica<br />

e ambientale. Quando<br />

a un salentino come<br />

me vengono a mancare<br />

lu sule, lu mare, lu ientu,<br />

rischia di impazzire. Per<br />

questo stiamo pensando<br />

di spostarci a Milano.<br />

RS Ma nemmeno a Milano<br />

c’è il mare. E anche di LA CHIOMA. COSÌ SONO<br />

LA SVOLTA È STATA<br />

sole se ne vede poco a dir DIVENTATO LEADER. SONO<br />

la verità...<br />

UN MODERNO SANSONE<br />

CONTE ...Touché...<br />

RS...<br />

CONTE I Sud Sound System almeno ci sono?<br />

RS Ogni tanto passano in concerto, d’estate<br />

principalmente.<br />

CONTE Ce li faremo bastare allora.<br />

RS Al primo anno di Premier League ha vinto<br />

il titolo e non certo da favorito. Eppure qualcuno<br />

sostiene che lei sia solo una copia di<br />

Mourinho, ma che ha letto meno libri...<br />

CONTE La pazienza è amara, ma il suo frutto<br />

è dolce. Oh, come dicono da queste parti, go<br />

fuck yourself.<br />

RS Certo... Quale pensa che sia la sua caratteristica<br />

migliore come allenatore?<br />

CONTE Senza dubbio la vendetta.<br />

RS Può essere più chiaro?<br />

CONTE Quando ero un giocatore nessuno mi<br />

faceva mai sentire apprezzato. Io correvo per<br />

tutti, coprivo, ripiegavo, mi inserivo, urlavo,<br />

picchiavo, facevo anche qualche gol, ma poi<br />

c’era sempre qualcuno a prendersi la scena al<br />

posto mio... Baggio, Del Piero... E sa perché?<br />

RS Perché la loro classe cristallina li rendeva<br />

artisti del pallone?<br />

CONTE La sua ingenuità mi<br />

commuove. Non avevano<br />

nulla più di me, tranne un<br />

miglior consulente d’immagine.<br />

Baggio col suo codino,<br />

Del Piero e le sue basette da<br />

moschettiere del Re... Erano<br />

sex symbol, prima che<br />

calciatori, avevano carisma.<br />

E io, con quattro peli in testa<br />

che mi ostinavo a tenere<br />

troppo lunghi, a spaccarmi<br />

la schiena al posto loro, non<br />

potevo competere. Ho sofferto<br />

molto per questo, finché<br />

un giorno ho deciso di<br />

cambiare. Prima ho provato<br />

con le basette, poi i baffetti...<br />

Ma sembravo un pornodivo<br />

anni '80. La svolta è stata la chioma. Così sono<br />

diventato leader. Sono un moderno Sansone.<br />

Ora spremo i miei calciatori finché non sono<br />

stremati e loro non osano battere ciglio. Antonio<br />

Conte non dovrà più correre per nessuno.<br />

Sono gli altri a correre per me.<br />

RS Una storia davvero commovente. Abbiamo<br />

ancora poche battute. Progetti futuri?<br />

CONTE Sto preparando una mostra fotografica<br />

che curerò personalmente. Tanti scatti che mi<br />

ritraggono mentre fingo di litigare con qualcuno<br />

al telefono da diverse cabine telefoniche in<br />

diverse città. Si intitolerà Momenti di tensione<br />

in giro per il mondo. Sarà qualcosa, vedrà.<br />

@alecattelan<br />

FOTO JOHN PATRICK FLETCHER<br />

24 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


MADE BY YOU<br />

“IN MOTO<br />

MI SENTO LIBERO DI ANDARE<br />

OVUNQUE.”<br />

MARCO<br />

ARCHITETTO<br />

www.xjewellery.com | X Jewellery | #xjewellery<br />

L’INFINITO<br />

“La vita è una corsa,<br />

nel dubbio dai gas!.”<br />

ON THE ROAD<br />

“Il primo link che ho scelto.<br />

Non poteva mancare!”<br />

PUNTINI DI SOSPENSIONE<br />

“Il bello del viaggio non è la meta,<br />

ma il viaggio in sé.”


Torna Waters,<br />

l’impegnato<br />

Il fantasma dei Pink Floyd rivive in questo<br />

disco di ballate rock serie (a tratti, lugubri)<br />

ROGER WATERS<br />

IS THIS THE LIFE<br />

WE REALLY WANT?<br />

Columbia Records<br />

HHHHH<br />

ILLUSTRAZIONE SARA PAGLIA<br />

AllA fine dello scorso Anno un cofAnetto<br />

di 27 dischi hA restituito pArecchio di quel<br />

che c’erA AncorA in Archivio dei pink floyd<br />

fino Al ’72: pompei, Antonioni, lA muccA e<br />

il prAto verde, l’orchestrA dellA BBc, l’ufo<br />

cluB, syd BArrett, l’invenzione dellA psichedeliA.<br />

Quel cofanetto è del tutto sufficiente<br />

come contributo della band alla storia del ’900.<br />

I critici degli anni ’70, quelli tosti, già odiavano<br />

The Dark Side of the Moon e Wish You Were Here.<br />

Sembravano a loro dischi che chiudevano un’epoca<br />

(che avevano vissuto): un po’ furbi, certamente<br />

hi-fi, ma vagamente paranoici, wagneriani della<br />

mutua, tutti pieni del gran senso di colpa nei<br />

confronti del povero Barrett mollato chissà dove<br />

col cervello bruciato dagli acidi.<br />

Avevano torto? Boh. I critici meno tosti di allora,<br />

e gran parte del giovane pubblico dei Pink Floyd,<br />

si sconvolgevano ascoltando indifferentemente<br />

Wish You Were Here e Ummagumma. Perché di<br />

questo si trattava. Non che si scappi facilmente<br />

dai dark side e dai wall, questo no. Ancora nel<br />

2016 David Gilmour – reduce da un terrificante<br />

album solista – aveva fatto stampare delle session<br />

di qualche anno prima con Richard Wright<br />

ancora vivo e senza Waters: The Endless River,<br />

ultimissimo album dei Pink Floyd. Assoli di<br />

chitarra con eco e sustain, pedali wagneriani di<br />

tastiera ai saldi. Abbastanza funerario, ma a suo<br />

modo emozionante.<br />

Il fantasma completo del gruppo si ricompone<br />

adesso nelle ballate di Roger Waters in questo<br />

disco. La voce, il grido, persino un leitmotiv<br />

che ricuce buona parte delle canzoni, la chitarra<br />

acustica e il pianoforte suonati direttamente<br />

dentro le orecchie di chi ascolta. A 25 anni dal<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 27


REVIEWS MUSICA<br />

precedente Amused to Death, di nuovo i testi<br />

impegnati (e un tantino lugubri) di quello che<br />

viene considerato uno dei migliori parolieri<br />

del rock. Uhm. “Io se fossi dio / avrei aggiustato<br />

le vene del viso per farle più resistenti all’alcool e<br />

meno inclini all’invecchiamento (...) io se fossi un<br />

drone (...) avrei paura di trovare qualcuno a casa”.<br />

Con la voce normalmente arrochita dai 71 anni<br />

compiuti, meno stronza e tagliente del solito.<br />

Il solo fatto che esistano pezzi come questo<br />

Déjà Vu, o The Last Refugee (l’ultimo rifugiato),<br />

tanta l’aria di razzismo “normale” che tira, è<br />

pur sempre una benedizione del rock&roll e<br />

della sua capacità di parlare di cose molto serie<br />

a un pubblico largamente intergenerazionale.<br />

Waters sa bene che i Pink Floyd c’est moi.<br />

Fin troppo bene, e se li porta in giro nei megaspettacoli<br />

delle sue tournée (la lettura della<br />

scaletta dell’Us + Them Tour, tutta Pink Floyd e<br />

quasi niente il resto, è indicativa). Ugualmente<br />

funerario perciò è l’effetto, forse meno emozionante.<br />

Un mezzo ricatto<br />

IL FANTASMA<br />

COMPLETO DEI<br />

PINK FLOYD SI<br />

RICOMPONE<br />

ADESSO NELLE<br />

BALLATE DI<br />

ROGER WATERS<br />

IN QUESTO<br />

DISCO<br />

si può dire? Scrive versi<br />

come “finchè i giornalisti<br />

saranno messi in galera /<br />

finchè la vita di giovani<br />

ragazze sarà spezzata”. Si<br />

tiene stretto anche un<br />

certo ruolo da guida<br />

politica della pop music<br />

internazionale. La<br />

sua agenda assomiglia a<br />

quella di una Ong. Da un po’ sta tartassando<br />

i Radiohead perché non vadano a suonare in<br />

Israele. Ed è curioso, perché la scelta di lavorare<br />

con Nigel Godrich come produttore ci ricorda<br />

innanzitutto quanto la scrittura e i cromatismi<br />

dei Radiohead (quelli classici di OK Computer,<br />

disco che compie nel frattempo 20 anni) debbano<br />

ai Pink Floyd di Roger Waters. Cose del<br />

tutto impolitiche, ma non meno importanti.<br />

Ancora più curioso il fatto che l’eredità dei Pink<br />

Floyd (il suono prima delle parole, la forma<br />

contro il contenuto) si venga dissolvendo in<br />

queste ballatone dal testo ben scandito, che<br />

potrebbero essere cantate da Massimo Ranieri<br />

come da Thom Yorke. È questa la vita che volevamo?<br />

Io non so che vita faccia Roger Waters.<br />

Utilizzare nelle canzoni il vecchio trucco di<br />

inzeppare le intro con voci di radio e televisione<br />

per far risaltare contro la chiacchiera dozzinale<br />

dei media la voce umana è un po’ facile e forse<br />

anche patetico. Politicamente parlando è una<br />

sottovalutazione del silenzio gelido e crudele,<br />

davvero, della Rete. “Non possiamo mandare<br />

il tempo all’indietro / possiamo dire vaffanculo,<br />

non ascoltare piu stronzate e bugie”. Almeno su<br />

questo siamo d’accordo. Alberto Piccinini<br />

RADIOHEAD<br />

OK Computer<br />

OKNOTOK 1997 <strong>2017</strong><br />

XL Recordings HHHHH<br />

Non c’è un significato dietro a OK Computer. L’unico<br />

messaggio è il caos». Thom Yorke aveva spiegato così<br />

nel ’97 l’album, primo passo del processo di dissoluzione<br />

della band inglese in un’entità immateriale ed enigmatica, in grado<br />

di scatenare reazioni fortissime. Perché OK Computer ha costretto<br />

una generazione a interrogarsi sul futuro. Pre-millenium tension:<br />

è uno dei modi in cui si è provato a descrivere quel misto di<br />

paura e sogno, melodia e distorsione, campionamenti e chitarre,<br />

politica e poesia, malinconia e rabbia, con cui i Radiohead hanno<br />

scritto la colonna sonora del millennio che stava per finire, anticipando<br />

molto di quello che sarebbe successo dopo. Un album<br />

realizzato seguendo una visione difficilissima, cambiando<br />

l’idea di canzone pop e dissolvendola in pura atmosfera, un<br />

impossibile sonoro costruito nell’isolamento di una casa di<br />

Bath in cui la band si è rinchiusa con Nigel Godrich, registrando<br />

tutto dal vivo e sintetizzando un impeto che Yorke ha<br />

descritto in modo criptico: «Mirare il bersaglio e poi sbagliare».<br />

Questa riedizione restituisce la visione della band in tutta<br />

la sua inconsapevole chiarezza e dimostra quanto fosse avanti<br />

questo album, e regala otto B-sides e tre inediti, I Promise, Lift<br />

e la strepitosa Man of War, recuperati dagli archivi e risuonati.<br />

Con OK Computer gli album sono tornati per un momento a<br />

essere una cosa seria, come quelli dei Pink Floyd e dei Beatles. Un<br />

disco che ci ha costretto ad ascoltare e, forse per l’ultima volta,<br />

ci ha invitato non a consumare musica, ma a viverla, anche come<br />

espressione del proprio tempo. Michele Primi<br />

POPULOUS<br />

AZULEJOS<br />

La Tempesta Dischi<br />

HHHHH<br />

Come nell’omonimo<br />

videogioco, Populous gioca<br />

a esplorare le possibili<br />

evoluzioni di suoni primitivi<br />

nelle atmosfere selvagge<br />

ed esotiche dell’ultimo<br />

album Azulejos. Dopo<br />

l’esordio con l’hip hop<br />

astratto di Quipo, l’indietronica<br />

di Queue For Love, il<br />

synth dream pop di Drawn<br />

In Basic, è Night Safari a<br />

marcare un’inclinazione<br />

espressiva del produttore<br />

salentino verso paesaggi<br />

psichedelici tropicali<br />

e trip all’insegna<br />

dell’africanismo.<br />

Un’interpretazione sempre<br />

più world dell’elettronica<br />

come in Azulejos, dove le<br />

contaminazioni ci portano<br />

in Sudamerica: dall’intro à<br />

la Boards of Canada con<br />

le magnifiche aperture<br />

di synth in Alfama, tutto<br />

si trasforma in un ritmo<br />

scandito da percussioni<br />

e vocalizzi in loop come<br />

in Alala, avvolta dai bassi<br />

rotondi di un tunnel<br />

tribale che proseguono in<br />

Voz Serena. Accanto alla<br />

fascinazione più orientale<br />

della title-track, troviamo<br />

il reggaeton con tanto<br />

di trombe da stadio di<br />

Caparica, nonchè l’afro<br />

trap di Racatin e Mi Sueño.<br />

Per non farci mancare<br />

proprio niente, Populous<br />

abbraccia ancora una<br />

volta le sue derive più pop,<br />

ospitando cantanti quali<br />

la colombiana Ela Minus<br />

tra le maracas di Azul Oro,<br />

e l’anglo brasiliana Nina<br />

Miranda e la sua sensualità<br />

da pelle d’oca in (gran)<br />

Cru. Di tutt’altre<br />

atmosfere, il finale tribalhop<br />

con Batismo con il<br />

milanese RIVA. Azulejos è<br />

un viaggio etno-pop dove<br />

tutto è un po’ di tutto.<br />

Elisa Miglionico<br />

FOTO DANNY CLINCH<br />

28 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


VIDEO di VH1<br />

SAMUEL<br />

LA STATUA DELLA MIA LIBERTÀ<br />

Regia: Antonio Usbergo & Niccolò Celaia<br />

PHOENIX<br />

Ti Amo<br />

Glassnote<br />

HHHHH<br />

FOTO EMMA LE DOYEN<br />

Quando Samuel mi ha<br />

fatto vedere in anteprima,<br />

sul suo telefono, il video<br />

del suo nuovo singolo,<br />

eravamo seduti in una<br />

piazzetta del centro di<br />

Genova, luogo cosmopolita,<br />

città di mare e<br />

crocevia di culture. Come<br />

Palermo, dove il video è<br />

stato girato da Antonio<br />

Usbergo e Niccolò Celaia<br />

di YouNuts. I registi rivelano<br />

grande sensibilità<br />

nel fotografare la bellezza<br />

del popolo migrante che<br />

abita il quartiere Ballarò,<br />

e rendono le viuzze e gli<br />

angusti cortili della città<br />

angoli universali. «Potrebbe<br />

essere stato girato<br />

a Cuba, Kingston o Città<br />

del Messico», ho detto a<br />

Samuel quella sera. Una<br />

scelta stilistica precisa il<br />

contrasto visivo tra una<br />

tematica attuale e dolorosa<br />

come quella dell’immigrazione,<br />

le sonorità della<br />

canzone scritta insieme a<br />

Jovanotti, dall’andamento<br />

reggae e dal sapore<br />

tropicale e i colori vivaci<br />

del video. In fondo a un<br />

vicolo è stato ricreato un<br />

block party in cui Samuel<br />

canta con la sua band<br />

circondato da musicisti di<br />

strada e ragazzi che ballano,<br />

cucinano e sollevano<br />

pesi. L’allegria della canzone<br />

convive con la realtà<br />

della vita di strada, a<br />

simboleggiare il fatto che<br />

l’integrazione e l’unione<br />

tra popoli sono possibili,<br />

e solo così chi arriva sulle<br />

nostre spiagge fuggendo<br />

da guerre e povertà può<br />

ritrovare speranza e gioia<br />

di vivere. “La sorte ha<br />

voluto giocare in quest’angolo<br />

dell’universo, io devo<br />

scappare lontano, seguire<br />

il richiamo di un mondo diverso”.<br />

Luca de Gennaro<br />

VH1 è sul canale 67 del Digitale terrestre<br />

Quando nelle scorse settimane<br />

hanno iniziato a prendere forma<br />

tutti questi bizzarri titoli in<br />

italiano che animano il disco dei Phoenix<br />

(dalla stessa Ti Amo a Fior Di Latte,<br />

o ancora Via Veneto o Telefono) non ero<br />

troppo fiducioso. Diciamo che ero... incuriosito.<br />

Perché l’infinite coolness della<br />

band di Mars era davanti a una prova<br />

difficile: come si fa a fare una canzone<br />

intitolata Ti Amo e farla suonare come<br />

un pezzo dei Phoenix e non come una<br />

melensa ballata anni ’60 italiana oppure<br />

come una di quelle operazioni furbette<br />

di bieco marketing destinate ai mercati<br />

più sensibili (di cui noi siamo maestri<br />

con i dischi in spagnolo)?<br />

Quelle parole buttate lì nella lingua di<br />

Dante suonano più come un divertissement<br />

di Mars (che dell’<strong>Italia</strong> ha fatto<br />

la sua patria adottiva, sposandosi con<br />

Sofia Coppola a Bernalda, provincia di<br />

Matera, e chiamando la secondogenita<br />

Cosima) che come un’operazione artistica<br />

pensata e portata a termine. E il<br />

bello è che è proprio così. Perché il pop<br />

è anche questo. Visto che di puro pop<br />

si tratta. Lasciate perdere ogni altra<br />

etichetta, questo album è una distesa di<br />

chitarrine e tastierine incredibilmente<br />

catchy, di ritmi tra la disco e la dance,<br />

con poche ballad (l’essenziale Via Veneto,<br />

tutta arpeggiatori e riverberi, una<br />

dedica alle Vacanze Romane). A definire<br />

ancora meglio il concetto di easy-listening<br />

è anche l’assenza di quella traccia<br />

strumentale che ha caratterizzato finora<br />

i dischi dei Phoenix e che invece qui,<br />

magicamente, non c’è. Stilisticamente il<br />

disco si avvicina molto alle produzioni<br />

di Wolfgang Amadeus Phoenix o addirittura<br />

del folgorante esordio United<br />

(2000). La voce di Mars non è proprio<br />

fresca come in passato – e, a dirla tutta,<br />

adotta alcune soluzioni vocali già<br />

sentite, provate a mettere a confronto<br />

alcuni pasaggi di Fior di Latte con Love<br />

for Granted del 2004 – ma suona come<br />

una nuvola che porta un po’ di refrigerio<br />

in un disco torrido, impacchettato per<br />

l’estate. Da tenere nelle cuffiette per<br />

tutti i mesi caldi, da accompagnare con<br />

abbondante gelato. Fior di latte, ovviamente.<br />

Matteo Zampollo<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 29


HARRY STYLES<br />

Harry Styles<br />

Columbia<br />

HHHHH<br />

REVIEWS MUSICA<br />

Harry Styles non vuole essere una<br />

semplice rockstar – vuole diventare<br />

la rockstar. E nel suo debutto solista<br />

il ragazzo degli One Direction si prende il ruolo<br />

di vero e proprio principe del rock&roll, un<br />

ballerino cosmico profondamente in contatto<br />

tanto con la sua anima introspettiva quanto<br />

con quella più glamour. Styles ha evitato di<br />

trasformare il suo esordio in un trionfo di<br />

collaborazioni celebri, scegliendo piuttosto<br />

di percorrere una strada più vicina al softrock<br />

degli anni ’70.<br />

Non ci sono pezzi per scatenarsi, questo è<br />

un disco di ballate scritte da una star 23enne<br />

che continua a domandarsi il senso di tutto il<br />

tempo passato da solo a guardare il telefono in<br />

qualche stanza d’albergo. Harry affonda a piene<br />

mani nella tradizione romantica della California:<br />

i suoi tatuaggi, “Jackson” e “Arlo”, sono<br />

probabilmente omaggi a Browne e Guthrie.<br />

“You can’t bribe the door on your way to the sky”,<br />

canta in Sign of the Times, ed è proprio al cielo<br />

che punta questo disco, che trasmette una<br />

consapevolezza impressionante – non sembra<br />

mai che il ragazzo cerchi di risultare credibile<br />

con troppa insistenza. I singoli che hanno anticipato<br />

l’uscita dell’album presentano al meglio<br />

questa sua scrittura old school: il ritornello<br />

di Ever Since New York, la chitarra di Sweet<br />

Creature, i riferimenti ai Queen e a Bowie di<br />

Sign of the Times, tutti questi brani mostrano le<br />

influenze di Styles, ma suonano sempre unici,<br />

giocosi e teneri allo stesso tempo.<br />

Carolina ha un ritmo estivo e tropicale, mentre<br />

Two Ghosts sembra presa di peso dal repertorio<br />

dei Bread. Con Kiwi e Only Angel, Styles<br />

si avvicina a sonorità più hard rock, ma è nei<br />

brani più vulnerabili che risulta davvero a<br />

suo agio. L’ultimo pezzo del disco, From the<br />

Dining Table, è uno sfogo acustico ambientato<br />

in una solitaria camera d’albergo. Styles riesce<br />

a schivare tutte le trappole che di solito sabotano<br />

gli esordi degli artisti che vengono dalle<br />

boy-band. Questo disco dimostra che non<br />

c’è davvero niente di ordinario nella testa di<br />

questo ragazzo. Rob Sheffield<br />

DUE RAGAZZE PER ME.<br />

POSSONO BASTARE?<br />

Il mondo si divide in due<br />

categorie di band: quelle che se<br />

la prendono con calma e quelle<br />

che, invece, sfornano dischi a<br />

raffica. Quelle che prendiamo<br />

in esame sono due formazioni<br />

attorno alle quali gravita molto<br />

hype — una più dell’altra. Ma non<br />

è questo il punto. Il fatto è che,<br />

nonostante la breve età, i King<br />

Gizzard & The Lizard Wizard e i<br />

Pumarosa sono separati da un<br />

abisso discografico, per quanto<br />

stilisticamente ci sia un terreno<br />

comune. I primi sono attivi dal<br />

2010 e fa quasi spavento che il<br />

Murder of the Universe in uscita<br />

sarà il 12esimo album in studio in<br />

appena cinque anni dal primo 12<br />

Bar Bruise (ci sono anche due EP,<br />

tra l’altro). Non solo — e scusatemi<br />

il pippone sui numeri — perché<br />

l’album in uscita di cui sopra,<br />

diviso in tre parti da mediamente<br />

sei brani l’una, è il secondo di<br />

cinque previsti quest’anno. Se<br />

non fossi sicuro che gli australiani<br />

si divertono a fare il loro lavoro,<br />

avendoli visti dal vivo, verrebbe<br />

da pensare a una dipendenza<br />

da studio. Una specie di horror<br />

vacui della propria discografia<br />

da riempire con dischi uno ogni<br />

due mesi. Eppure Murder Of The<br />

Universe non sacrifica la qualità<br />

e anzi riconferma i matti di<br />

Melbourne (perché comunque<br />

un po’ lo sono, eh) fra i più<br />

capaci e a questo punto fertili<br />

artisti della scena psych rock<br />

contemporanea. Certo, molti dei<br />

DON’T BELIEVE THE HYPE<br />

brani durano meno di un minuto<br />

e molto probabilmente sono delle<br />

jam session vestite bene, ma sfido<br />

io a essere così prolifici e attivi nei<br />

tour mantenendo sempre la voglia<br />

di fare casino, fra kraut, psych e a<br />

volte pure un pochino di surf rock.<br />

Più o meno, anche i Pumarosa si<br />

conoscono da cinque/sei anni, ma<br />

non aspettatevi 12 album. Volendo<br />

sono l’opposto dei Gizzard.<br />

In questo tempo, sono riusciti<br />

ad assemblare un solo album The<br />

Witch, che oltretutto si compone<br />

perlopiù di materiale già uscito.<br />

Qui c’è meno casino e molta più<br />

cura dei dettagli. Forse tutto ciò è<br />

dovuto all’anima più danzereccia,<br />

londinese e quindi un po’ fighetta<br />

dei Pumarosa, anche se con i<br />

Gizzard condividono un antenato<br />

psych in comune. Sta tutto nello<br />

scegliere quale ragazza ti piace<br />

di più: quella che vedi quasi ogni<br />

sera, che si veste un po’ più casual<br />

e alla mano, o quella che vedi in<br />

discoteca una volta al mese,<br />

tirata e truccata tipo red carpet<br />

di Cannes? C.B.<br />

KING<br />

GIZZARD &<br />

THE LIZARD<br />

WIZARD<br />

MURDER<br />

OF THE<br />

UNIVERSE<br />

Heavenly<br />

PUMAROSA<br />

THE WITCH<br />

Fiction Records/<br />

Caroline<br />

30 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


KEVIN MORBY<br />

CITY MUSIC<br />

Dead Oceans<br />

HHHHH<br />

Singing Saw di Kevin Morby<br />

è stato uno dei miei dischi<br />

del 2016, quindi aspettavo<br />

con trepidazione il nuovo<br />

album. Non ho dovuto<br />

aspettare a lungo, visto che<br />

Morby torna già ora con<br />

City Music ed è di nuovo un<br />

bel disco. Dal folk di Singing<br />

Saw si passa al rock&roll, a<br />

volte persino troppo (1234),<br />

spostando l’influenza da Bob<br />

Dylan verso Lou Reed, con<br />

un pezzo come Tin Can, dove<br />

l’idea di un omaggio viene<br />

presa alla lettera. Morby<br />

dice di essersi ispirato a un<br />

articolo del New York Times<br />

su un uomo trovato morto<br />

nel suo appartamento dopo<br />

svariato tempo e al testo di<br />

Turn Me On di Nina Simone<br />

per comporre la sua odissea<br />

tra grandi città degli Stati<br />

Uniti. Il risultato è un disco<br />

perfetto da sentire in cuffia<br />

mentre siete in metro,<br />

reclusi nel vostro senso<br />

di alienazione. V.R.<br />

CIGARETTES AFTER SEX<br />

CIGARETTES AFTER SEX<br />

Partisan Records<br />

HHHHH<br />

Rispettare le attese non è<br />

facile, soprattutto quando<br />

hai uno dei nomi di band più<br />

fichi in circolazione e l’hype<br />

è già salito da 0 a 100<br />

con un singolo. Il progetto<br />

di Greg Gonzalez è chiaro:<br />

un ambient pop rallentato e<br />

fumoso, total black (e quindi<br />

che “sta bene con tutto”)<br />

con tanto di songwriting<br />

citazionista – un po’ dai ’60<br />

un po’ dagli ’80 - e voce<br />

sexy al limite della parodia.<br />

All’inizio ci sono cascato<br />

anch’io: sono canzoni<br />

perfette nel fare da cassa<br />

di risonanza al languore e alla<br />

malinconia. Ma di fronte al<br />

ripetuto ascolto domestico<br />

dell’album, quando questa<br />

muzak da crociera emotiva<br />

aveva già circumnavigato<br />

varie volte il mio letto, ho<br />

capito che mi trovavo dentro<br />

a una versione aggiornata<br />

e fichetta del Buddha Bar.<br />

Tutto suonato con stile:<br />

siamo dalle parti dei Beach<br />

House, dei primi The xx, però<br />

l’esperienza dei Cigarettes<br />

After Sex non è quasi mai<br />

originale, e annoia presto.<br />

Giovanni Robertini<br />

HEROIN IN TAHITI<br />

REMORIA<br />

Soave Records<br />

HHHHH<br />

Se Remo avesse ucciso<br />

Romolo e non viceversa,<br />

la città si sarebbe chiamata<br />

Remoria invece che Roma.<br />

Remoria è il rimosso, il<br />

mondo di sotto, i canali<br />

sotterranei, le linee di forza<br />

che uniscono in segreto<br />

le vie e i luoghi della città.<br />

La musica del duo Heroin in<br />

Tahiti esplora da parecchio<br />

tempo questa dimensione<br />

parallela, ricca di suggestioni<br />

narrative, profondamente<br />

incastonata nella storia<br />

delle “derive” situazioniste.<br />

Remoria, il nuovo album<br />

diviso in sette lunghe<br />

improvvisazioni, cerca da<br />

solo questo passaggio agli<br />

inferi – l’entrata nella città<br />

che avrebbe potuto essere<br />

e non è stata. È un rituale di<br />

possessione nelle periferie<br />

brutaliste bruciate dal sole,<br />

un sabba elettrico/ipnotico<br />

che mescola Goblin e<br />

etnomusicologia, Morricone<br />

e Hank Marvin. La ricerca<br />

di una sintesi alchemica<br />

oltre il banale decadentismo<br />

neopasoliniano. Musica<br />

del quinto mondo. A.P.<br />

SUFJAN STEVENS<br />

& FRIENDS Planetarium<br />

4AD<br />

HHHHH<br />

Quando avevo chiesto a Mac<br />

DeMarco quali fossero le sue<br />

recenti influenze musicali, ha<br />

citato anche l’album Plantasia di Mort<br />

Garson. Si tratta di musica da suonare<br />

alle vostre piante per farle crescere bene.<br />

Non so che ne pensino le piante, ma è un<br />

disco molto bello, però se non l’avesse<br />

tirato fuori lui non mi sarebbe mai venuta<br />

voglia di ascoltarlo. Allo stesso modo,<br />

l’afflato cosmico, un po’ new age, di Planetarium,<br />

il nuovo lavoro di Sufjan Stevens<br />

– ispirato al sistema solare – in collaborazione<br />

con Bryce Dessner (chitarrista<br />

di The National), Nico Muhly e James<br />

McAlister, mi avrebbe creato una certa<br />

diffidenza, se non fosse stato composto<br />

da un supergruppo del genere: l’impianto<br />

sinfonico di Nico, l’armonia di Bryce, la<br />

ritmica di James, i testi (un’esplorazione<br />

spaziale che si risolve in un’indagine<br />

interiore alla Space Oddity) e la voce<br />

(sfruttata in ogni possibile direzione) di<br />

Sufjan, più un quartetto d’archi e sette<br />

tromboni a completare l’ensemble. Ci<br />

sono dischi che ami perché ti sembra<br />

di non aver sentito mai niente di simile<br />

prima, altri perché riescono a intercettare<br />

una tua emotività particolarmente<br />

esposta, poi ci sono dischi come Planetarium<br />

che attivano un altro livello di<br />

piacere, in qualche modo più indiretto,<br />

ma paradossalmente più profondo.<br />

Per come la vedo, è la capacità di creare<br />

qualcosa conoscendo bene i codici del<br />

contemporaneo e senza dissimulare la<br />

propria consapevolezza. Planetarium è<br />

così. Non ti verrebbe mai da dire che è un<br />

disco immediato, né tantomeno fresh, per<br />

usare un aggettivo inflazionatissimo, anzi<br />

è proprio il contrario: ti chiede un atto<br />

di fiducia nello stile e nell’ambizione del<br />

talento a evolversi. Ti seduce attraverso<br />

un virtuosismo controllato (che può<br />

pure nascere da un’irrequietezza fuori<br />

controllo) in grado di tenere insieme classica<br />

contemporanea, rock ed elettronica<br />

in una sorta di messa laica dove anche<br />

la spiritualità arriva alla trascendenza<br />

passando per la scienza. Veronica Raimo<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 31


REVIEWS MUSICA<br />

LONDON GRAMMAR<br />

Truth Is a Beautiful Thing<br />

Universal<br />

HHHHH<br />

Leggi il nome del gruppo e pensi<br />

a Dickens: a mocciosi maltrattati<br />

dalle periferie di metropoli<br />

raffazzonate, a severi prof ricoperti di<br />

tweed, dalla testa ai piedi. E non sbagli<br />

di molto: c’è del plumbeo tra queste<br />

tracce, quelle posture rigide di chi vuole<br />

mostrarsi senza macchia di fronte a un<br />

giudizio. Hannah Reid ha quel vocione<br />

gutturale e divisivo che – da Alison<br />

Moyet a Florence Welch – fa, indifferentemente,<br />

innamorare all’istante o<br />

venir voglia di spegnere tutto a metà del<br />

secondo pezzo. Una voce spesso glassata<br />

di riverbero che te la fa visualizzare al<br />

centro di una chiesa abbandonata mentre<br />

si strugge tra piani, archi, chitarre<br />

molto garbate e rintocchi di batteria<br />

elettronica o meno.<br />

Scelta dell’ingegnere del suono che calza<br />

meravigliosamente la trasognata Rooting<br />

for You, Hell to the Liars, la title track e<br />

fa baluginare sottili riflessi gospel tra le<br />

note di Oh Woman Oh Man. Il punto<br />

forte della band è l’equilibrio che sa<br />

raggiungere tra la leggiadria degli arrangiamenti<br />

e una specie di compulsione<br />

alla monotonia (la ripetizione di “frasi<br />

chiave”, spunti melodici o anche il mood,<br />

scuro e compatto del disco). Meno bene<br />

va, quando, occasionalmente, interpretano<br />

una forma di tardo trip-hop in<br />

chiave naturista: aggiornamento conservatore<br />

ed “elegante” del soul elettronico<br />

e non più quell’ibrido di noir, desolazione<br />

e campionatori della prima ondata<br />

di Bristol. Chi ha ascoltato e amato<br />

l’esordio della band non si aspetti<br />

grandissime sorprese. Il disco funziona<br />

di più, paradossalmente, quando è<br />

più paludato e statico. Meno, quando<br />

smania per essere incluso nella colonna<br />

sonora di una serie tv (ci sono andati<br />

vicini per un trailer di Game of Thrones<br />

e hanno centrato il bersaglio in una puntata<br />

di The Originals). E, se proprio deve<br />

succedere di nuovo, che sia per qualcosa<br />

tipo Fortitude. Franceso Tenaglia<br />

ALGIERS<br />

THE UNDERSIDE OF POWER<br />

Matador Records<br />

HHHHH<br />

Ritrovarsi di fronte a<br />

un secondo disco che è<br />

migliore del primo sembra<br />

incredibile, ma pare che<br />

ogni tanto succeda. Nel<br />

caso degli Algiers è proprio<br />

così: The Underside of<br />

Power è il secondo nato,<br />

a due anni di distanza<br />

dall’omonimo esordio. La<br />

band di Atlanta ha messo<br />

insieme un pacchetto<br />

esplosivo. Nel disco ci<br />

sono cambi di ritmo<br />

continui e affascinanti,<br />

con un inizio fulminante,<br />

una sezione più placata<br />

e un finale esplosivo: The<br />

Underside of Power è una<br />

bomba coinvolgente. La<br />

voce di Frank Fisher regge<br />

ogni cambio di stile e<br />

registro, accompagnata dal<br />

maestoso basso di Mahan.<br />

Quando trovate un disco<br />

che ha al suo interno pezzi<br />

come Cleveland e Animals,<br />

fatecelo sapere. M.Z.<br />

ROYAL TRUX<br />

PLATINUM TIPS<br />

+ ICE CREAM<br />

Domino<br />

HHHHH<br />

Rugiada ed eroina. <strong>Rolling</strong><br />

<strong>Stone</strong>s e Ornette Coleman.<br />

Fotogenici e geniali,<br />

hanno attraversato i ’90<br />

col ghigno postmoderno<br />

che pensa al rock come<br />

materia morta, malleabile<br />

come pongo, ma anche<br />

con la devozione di chi<br />

si taglierebbe una mano<br />

per fedeltà alla tribù degli<br />

Elvis. Tra la melma di Twin<br />

Infinitives (Velvet al cubo,<br />

capolavoro del 1990) e la<br />

normalizzazione di Pound<br />

for Pound (2000), solo<br />

mine, un contratto con una<br />

major che li scarica dopo il<br />

barocco Sweet Sixteen<br />

e la tazza del cesso colma<br />

di vomito in copertina.<br />

Le campagne pubblicitarie<br />

per Calvin Klein, il<br />

trasferimento in un ranch<br />

in Virginia, il passaggio dalla<br />

droga alla Borsa, la fine<br />

della coppia. E dopo 17 anni<br />

arriva questo live di “hits”<br />

che suona come una festa<br />

d’istituto. Primitivo. A tratti<br />

pub rock. Poi arriva quel<br />

riff, quello sbracamento,<br />

quell’urletto arrogante.<br />

E ti si riapre la pelle. F.T.<br />

BINKER & MOSES<br />

JOURNEY TO THE<br />

MOUNTAIN OF FOREVER<br />

Gearbox Records<br />

HHHHH<br />

Nel giro di un anno i giovani<br />

Binker Golding, sassofonista,<br />

e Moses Boyd, batterista,<br />

sono diventati la nuova<br />

avanguardia del jazz inglese,<br />

vincendo praticamente<br />

tutti i premi a disposizione<br />

in patria. Journey to the<br />

Mountain of Forever è il loro<br />

secondo lavoro: il doppio<br />

album, registrato in due<br />

giorni, seguendo la filosofia<br />

del buona-la-prima, mescola<br />

la tradizione del free jazz<br />

con le ritmiche dell’urban<br />

e le progressioni dilatate<br />

dell’elettronica di oggi.<br />

Un concept album pensato<br />

come “un viaggio dal noto<br />

all’ignoto”: non a caso,<br />

melodie e strutture si fanno<br />

più complesse man mano<br />

che la tracklist prosegue.<br />

Il risultato è un percorso<br />

visionario tra generi<br />

musicali, che lascia spazio<br />

all’improvvisazione e alla<br />

sperimentazione (At the Feet<br />

of the Mountain of Forever),<br />

ma si fa apprezzare anche da<br />

chi ha un orecchio più pop.<br />

Marta Blumi Tripodi<br />

32 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


LAUREL HALO<br />

DUST<br />

Hyperdub<br />

HHHHH<br />

È molto brava Laurel Halo.<br />

È brava a manipolare i<br />

suoni, a inventarsi situazioni<br />

capovolgenti nei suoi pezzi,<br />

a tenere molto alta la<br />

concentrazione di chi ascolta.<br />

Ecco, questa volta lo è stata<br />

un po’ meno. Con Dust,<br />

l’americana di casa Hyperdub<br />

sente l’urgenza di tornare<br />

a metterci la voce dopo<br />

un paio di album strumentali<br />

incredibili. Non che non<br />

canti bene, eh, ma pare un<br />

peccato sacrificare l’affilata<br />

IDM con una voce trattata<br />

come un elemento qualsiasi,<br />

spezzettato e incollato con<br />

criteri randomici solo in<br />

apparenza, ma abbastanza<br />

per dare all’opera un’aria<br />

quasi retrofuturista. Si finisce<br />

per assomigliare alla musica<br />

concreta che facevano<br />

Schaeffer e Stockhausen<br />

quasi 70 anni fa. In Moontalk<br />

poi spuntano fuori a caso gli<br />

anni ‘80, mentre in Who Won?<br />

regna il jazz. Le cose belle alla<br />

Laurel Halo ci sono e portano<br />

nomi come Syzygy e Like an<br />

L, ma nel complesso la nostra<br />

sembra non aver capito quale<br />

dei suoi background vuole<br />

far prevalere e come farli<br />

coesistere in armonia. C.B.<br />

RIDE<br />

Weather<br />

Diaries<br />

Wichita<br />

HHHHH<br />

La parabola di un gruppo<br />

in procinto di riunirsi comincia<br />

sempre nello stesso<br />

modo: un’offerta faraonica da parte<br />

di un grande festival (di solito se<br />

non è direttamente il Coachella, è<br />

il Primavera). Quello che succede<br />

dopo quelle apparizioni e l’obbligatorio<br />

tour mondiale è invece tutto<br />

da scrivere. Perché, se da un lato è<br />

facile ritrovarsi in saletta a provare<br />

i vecchi pezzi, le cose si fanno<br />

più complicate quando si tratta di<br />

scrivere nuovo materiale. Prendete<br />

i Pixies, per esempio, dopo un<br />

decennio di best of dal vivo, gli è<br />

bastato solo discutere di un possibile<br />

nuovo approdo in studio per<br />

vedere riemergere le stesse tensioni<br />

che avevano mandato a puttane la<br />

band nel ’91. Quando ho visto i Ride<br />

dal vivo, tre anni fa, non ho pensato<br />

neanche un secondo che quella<br />

reunion potesse avere un seguito<br />

discografico. Il gruppo appariva<br />

già distaccato sul palco e non ho<br />

un grande ricordo di quello show.<br />

Quindi provate a pensare con quale<br />

stato d’animo mi sono messo ad<br />

ascoltare questo Weather Diaries, e<br />

come ci sono rimasto quando, dopo<br />

un inizio che mi ha lasciato perplesso<br />

(ormai se non inserisci un synth<br />

alla Carpenter/Stranger Things non<br />

sei nessuno), mi sono lasciato trasportare<br />

da questa doppia manciata<br />

di belle canzoni. Essì, perché sono<br />

proprio belle canzoni e lo sono in<br />

un modo per nulla passatista, anzi.<br />

Forse a restare delusi saranno<br />

proprio i fan dei Ride più shoegaze,<br />

ma quello che il <strong>2017</strong> ci ha<br />

restituito è un gruppo capace di<br />

suonare fresco e non nostalgico<br />

senza rinunciare alle sue particolarità.<br />

Comunque non dovete<br />

preoccuparvi: i riverberi e gli echi<br />

abbondano e, nonostante le canzoni<br />

abbiano un impianto pop, anche i<br />

palati più raffinati avranno pane per<br />

i loro denti. Il fatto che esca a poca<br />

distanza dal ritorno degli Slowdive,<br />

ci fa pensare a una tarda primavera<br />

bagnata dai delay come non accadeva<br />

ormai da tempo. E questa sì che è<br />

nostalgia. Emiliano Colasanti<br />

VINILI<br />

FOTO ANDREW OGILVY<br />

FABRIZIO DE ANDRÉ<br />

ANIME SALVE<br />

BMG Ricordi, 1996<br />

Valutazione : 350 – 450 euro<br />

Fabrizio De André è stato senza<br />

dubbio uno dei più importanti<br />

artisti italiani degli ultimi decenni<br />

e il suo modo di comporre e la<br />

particolare ricercatezza delle sue<br />

liriche lo rendono ancora oggi un<br />

artista molto amato. Qui mi rivolgo<br />

ai lettori più giovani: quando negli<br />

anni ’70 si ascoltavano i suoi<br />

dischi, pochissimi di noi<br />

sapevano com’era fatto: niente<br />

esibizioni live, pochissime<br />

fotografie, poche notizie sulla sua<br />

vita. A noi giovani appassionati di<br />

musica arrivavano unicamente le<br />

sue canzoni, le sue liriche davvero<br />

pregevoli e la sua inconfondibile<br />

e profonda vocalità. Nessuno<br />

poteva prevedere che decenni<br />

dopo alcuni suoi testi – La Guerra<br />

di Piero, per esempio – entrassero<br />

nelle antologie scolastiche e che<br />

a lui fossero dedicate strade,<br />

biblioteche, edifici scolastici.<br />

Lo abbiamo poi seguito su ardui<br />

percorsi, dalle riserve americane<br />

a Edgar Lee Masters, per arrivare<br />

al misterioso dialetto genovese di<br />

Creuza de mä. Molte sono le rarità<br />

discografiche di questo artista:<br />

non dimentichiamo che la prima<br />

incisione di De André è datata<br />

1961 (Nuvole barocche / E fu la<br />

notte, Karim, 45 giri). Stranamente<br />

tra le rarità discografiche di<br />

FDA va citato il suo ultimo<br />

album Anime Salve (BMG Ricordi<br />

STVL 392351,1996) registrato in<br />

collaborazione con Ivano Fossati.<br />

La rarità di quest’opera è dovuta<br />

al fatto che a metà degli anni ’90<br />

il cd sembrava dovesse dominare<br />

il mercato e quindi la casa<br />

discografica pubblicò la versione<br />

in vinile in tiratura molto limitata<br />

(2.500 copie). Oggi l’edizione<br />

originale numerata viene venduta,<br />

a seconda delle condizioni del<br />

vinile e della copertina, a un prezzo<br />

variabile tra i 350 e 450 euro.<br />

Guido Giazzi<br />

Info: redazione@rollingstone.it<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 33


Gaming<br />

Braccia rubate alla boxe<br />

Nintendo esordisce nel competitivo genere picchiaduro e lo fa alla sua maniera, con un gioco<br />

originale, coloratissimo e un po’ folle. Un altro buon motivo per possedere una Switch<br />

ARMS<br />

Nintendo Switch<br />

Sviluppo: Nintendo EPD, Nintendo<br />

HHHHH<br />

Il giocatore, da solo o in multiplayer, combatte<br />

dentro un’arena utilizzando pugni (estensibili) e<br />

armi. Vince chi sferra l’attacco più devastante.<br />

Dalle parti di Nintendo c'è gente pacifica:<br />

il genere picchiaduro (Street<br />

Fighter, Tekken ecc.) non è mai stata<br />

la loro specialità. Però sanno come tirare un<br />

pugno, questo è sicuro. Almeno fin dai tempi<br />

di Punch-Out!! per NES (1987), videogame<br />

di boxe celebre anche per gli stereotipi dei<br />

personaggi – c’era il francese codardo, lo<br />

spagnolo vanesio, il tedesco guerrafondaio<br />

ecc. – e per avere come boss finale la versione<br />

in pixel di Mike Tyson (imbattibile, almeno<br />

per me). Anche il gioco di boxe contenuto in<br />

Wii Sports (2006), che grazie al telecomando<br />

Wiimote sfruttava in modo rivoluzionario<br />

i movimenti dei giocatori, era semplice ma<br />

appassionante – talmente fisico da causare<br />

veri infortuni ai giocatori, oltre che danni<br />

all’arredamento di casa.<br />

Questo mese Nintendo torna alle scazzottate<br />

con Arms per Switch, che sfrutta la tecnologia<br />

dei nuovi Joy-Con per rivisitare la boxe in<br />

chiave futuristica. Se ancora può chiamarsi<br />

così un combattimento in un’arena 3D, dove<br />

il giocatore (da solo o in compagnia, locale o<br />

online fino a un massimo di 2v2) controlla un<br />

personaggio dotato di braccia estensibili (oltre<br />

a una vasta serie di armi) che possono mandare<br />

k.o. l’avversario da una parte all’altra del campo<br />

di battaglia. Arms, insomma, appartiene a<br />

un genere indefinibile, nella migliore tradizione<br />

di Nintendo. Così come Mario Kart non è<br />

mai stato un vero gioco di corse, e Splatoon<br />

non è un vero sparatutto. E qui sta il bello.<br />

Il giocatore, impugnando i Joy-Con, può schi-<br />

vare, parare, avanzare e sferrare i colpi con il<br />

movimento delle proprie braccia. Si può giocare<br />

anche con i pulsanti tradizionali (mettersi<br />

a tirare pugni in metrò non è consigliabile), ma<br />

è in piedi, con un Joy-Con per ciascuna mano,<br />

che Arms trova la sua dimensione ideale. Il<br />

gioco ha controlli piuttosto semplificati, e<br />

questo lo rende adatto a ogni giocatore. Ma<br />

il combattimento ha abbastanza profondità<br />

per attirare anche i lottatori più competitivi.<br />

Se volessimo scommettere, potremmo dire che<br />

Arms è destinato a diventare una popolarissima<br />

disciplina di eSports, quasi un’arte marziale<br />

dei videogames.<br />

Insomma, Arms è un altro bel colpo per Nintendo<br />

Switch, che a una manciata di mesi dal<br />

lancio, anche grazie a Mario Kart 8 Deluxe e<br />

all'atteso Splatoon 2 (in arrivo a luglio), sta<br />

dimostrando di avere già una line-up di tutto<br />

rispetto. Non soltanto una console per giocare<br />

al nuovo Zelda, quindi. Mario Bonaldi<br />

34 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


Mazzate<br />

di famiglia<br />

Riecco il gioco di lotta più<br />

tecnico e bizzarro di tutti.<br />

Con tanto di esorcista italiano<br />

TEKKEN 7<br />

Arcade, PC, PS4, Xbox One<br />

Sviluppo: Bandai Namco Studios, Bandai Namco<br />

HHHHH<br />

L’ultimo capitolo della gloriosa saga giapponese<br />

è più potente e spettacolare che mai, con una<br />

ricca story mode e tanti nuovi personaggi.<br />

Il mondo dei picchiaduro si divide tra quelli<br />

che pestano sui bottoni (equivalente del rullare<br />

nel biliardino) e quelli che vogliono portare<br />

i colpi nella maniera più netta ed efficace<br />

possibile. Tekken 7, ultima edizione della saga<br />

nipponica nata nel 1995, fa di tutto per coccolare<br />

la seconda categoria. Una delle qualità di<br />

questa serie, infatti, è quella di avere sempre<br />

premiato un tipo di combattimento più tattico,<br />

meno ignorante insomma. Ma questo non<br />

significa che Tekken 7 non continui a essere un<br />

trionfo di fantasia: un mix tra gameplay perfet-<br />

to, controlli intuitivi, narrazione stravagante<br />

e grafica potente.<br />

Dal punto di vista della (tortuosa) storia,<br />

questa edizione racconta la fine del clan Mishima,<br />

in quella che si profila come la battaglia<br />

definitiva tra padre, figlio e nipote. Un finale<br />

per questa famiglia, ma non per l'intera serie,<br />

forse. Tekken 7 introduce anche un tale Claudio<br />

Serafino, dal discutibile gusto nel vestire, che<br />

di mestiere fa l’esorcista. Del resto è italiano.<br />

Due nuovi meccanisimi di gioco potrebbero<br />

indispettire i puristi, ma a parte questo Tekken<br />

7 dà subito una sensazione familiare, una versione<br />

ancora più spettacolare e fluida del titolo<br />

che ci fa divertire da oltre 20 anni. E come nel<br />

recente e splendido Injustice 2, una solida e<br />

bizzarra story mode rende Tekken 7 appetibile<br />

anche per gli amanti del gioco in solitaria.<br />

Insomma, nel giro di due mesi il genere picchiaduro<br />

– con questo gioco, il citato Injustice 2 e<br />

Arms – sembra avere ritrovato la forma di un<br />

tempo. Bene così: di una palestra dove sfogarsi<br />

tirando incredibili mazzate (virtuali) c'è ancora<br />

bisogno, in questo mondo. M.B.<br />

CRASH BANDICOOT N. SANE TRILOGY<br />

PS4<br />

Sviluppo: Vicarious Visions, Activision<br />

HHHHH<br />

Ci era già venuto un friccicorino quando quelli<br />

di Naughty Dog ci avevano fatto una sorpresa,<br />

inserendo un livello di Crash Bandicoot in uno<br />

dei momenti più intimi e geniali di Uncharted 4.<br />

Come Nathan Drake, non tutti hanno giocato a<br />

questa pietra miliare apparsa per la prima volta<br />

nel 1996 per PSOne. Ora, Activision ha riunito i<br />

primi tre capitoli del mitico platformer che negli<br />

anni ha contribuito al successo della console<br />

Sony, rimasterizzando grafica (anche in 4K) e<br />

audio. Operazione nostalgia? Forse, ma anche i<br />

neofiti ne godranno, com’è successo di recente<br />

con Ratchet & Clank. Il roditore australiano con<br />

le sopracciglia alla Bergomi ci era mancato.<br />

IMPACT WINTER<br />

PC<br />

Sviluppo: Mojo Bones, Bandai Namco<br />

HHHHH<br />

Se (e quando) arriverà la fine del mondo, emergerà<br />

anche il nostro vero io? Saremo eroi o codardi, leader<br />

o seguaci? E soprattutto, saremo quello che<br />

abbiamo sempre creduto di essere? Impact Winter,<br />

sviluppato da uno studio indie inglese, lascia<br />

che sia il giocatore a trovare queste risposte. In<br />

un futuro imprecisato, il mondo è piombato in un<br />

inverno perenne dopo la caduta di un meteorite in<br />

stile “estinzione dei dinosauri”. Nei panni di Jacob,<br />

a capo di un gruppo di sopravvissuti (da gestire<br />

nel modo più saggio), dobbiamo resistere 30<br />

giorni prima che arrivino i soccorsi. Ma il freddo,<br />

la mancanza di cibo e i nemici in agguato rendono<br />

l’atmosfera ancora più carica di tensione.<br />

TOKYO 42<br />

PC, Xbox One; PS4 (metà luglio)<br />

Sviluppo: SMAC Games, Mode 7<br />

HHHHH<br />

“Il figlio di Syndicate e GTA1”. Sono gli sviluppatori<br />

stessi, spavaldi, ad annunciarlo. Da una bellissima<br />

estetica isometrica (un mix tra Monument Valley e<br />

una città immaginata dagli e-Boy) un gioco openworld<br />

ambientato in una Tokyo futuristica e coloratissima.<br />

Nei panni di un assassino determinato<br />

a rovesciare un’estesa cospirazione, bisognerà<br />

farsi strada in questo labirinto pop, muovendosi di<br />

nascosto tre le masse di persone e utilizzando una<br />

grande varietà di armi. Fondamentale è ruotare la<br />

visuale di 90° per scoprire e sfruttare ogni angolo<br />

del campo da gioco. È prevista anche un’interessante<br />

modalità multiplayer che ricorda “guardie e<br />

ladri”. E poi gatti. Un sacco di gatti.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 35


Libri<br />

Il triangolo sì<br />

Non desiderare la donna d’altri. Perché poi, in genere, succede un gran casino. Lo scopre<br />

il protagonista di “Tabù”, una discesa nei sogni (o negli incubi) di qualcun altro<br />

Isola di Wight, agosto 1970. Gli spettatori del Pop Festival si rilassano in spiaggia tra un concerto e l’altro.<br />

Capita anche a me di volere – o di fare, senza<br />

volerlo – proselitismo letterario. Leggi questo,<br />

leggi quest’altro. Mentre lo faccio, la<br />

sensazione è quella di provare una copia impallidita,<br />

mortalmente scialba, dell’originaria esperienza che<br />

era stata la lettura solitaria. Quando poi nel mio proselitismo<br />

incrocio qualcuno che ha effettivamente<br />

letto il libro che sto propagandando, è finita, e uno<br />

degli atroci momenti dell’esistenza – la condivisione<br />

tra due persone della bellezza – ha luogo”.<br />

Lo scrive Giordano Tedoldi in un articolo di Rivista<br />

Studio, e devo dire che cercare di far proselitismo<br />

rispetto al suo romanzo Tabù mi pone di fronte allo<br />

stesso disagio, anzi di fronte a una forma ancora più<br />

complessa di disagio, perché la mia esperienza solitaria<br />

di lettura è inintelligibile persino a me stessa, e<br />

se dovessi incrociarmi per strada credo avverrebbe<br />

qualcosa di più ambiguo della condivisione della<br />

bellezza tra due persone. Probabilmente allungheremmo<br />

entrambe il passo, nella speranza che nes-<br />

GIORDANO TEDOLDI<br />

TABÙ<br />

Tunué, pp. 220<br />

HHHHH<br />

Pietro seduce Emilia, moglie<br />

del suo migliore amico. Inizia<br />

così un viaggio nel mondo del<br />

proibito, tra anarchia sessuale<br />

e ricerca dei limiti sociali.<br />

suna riconosca l’altra, e con il timore di confessarci<br />

ciò che abbiamo vissuto. Leggere Tabù è stato come<br />

osservare la materia onirica di qualcun altro. Non<br />

con il distacco compiaciuto e autoprotettivo del<br />

voyerismo, ma proprio con un senso di deportazione<br />

in quei luoghi, senza accesso alla parola di sicurezza<br />

per chiedere di stoppare il sogno (confesso che ci<br />

sono stati momenti in cui l’ho desiderata quella<br />

parola, ma la vera potenza della scrittura di Tedoldi<br />

è saper attivare la voglia perversa di andare avanti,<br />

evitando però stratagemmi furbi da suspense o da<br />

inquietudine Lynchiana).<br />

Il “sogno”, se vogliamo chiamarlo così, è quello di<br />

Piero Origo, professore di Storia e Filosofia al liceo,<br />

che decide di sedurre la moglie del suo miglior amico,<br />

Emilia – “la divinità del superfluo e del transitorio, e<br />

perciò molto più compiuta e affascinante di ogni necessità”.<br />

Il nono comandamento – non desiderare la<br />

donna degli altri – a maggior ragione se gli altri sono<br />

tuoi amici (“A volte penso che mi sono inventato<br />

FOTO EVENING STANDARD/GETTY IMAGES<br />

36 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


un migliore amico solo per soffiargli la moglie”)<br />

resiste dalla notte dei tempi come principio di<br />

solidità sociale, in una società che tenta di espandere<br />

indiscriminatamente l’orizzonte di piacere.<br />

Infrangere il comandamento, cioè sfidare il tabù,<br />

può spalancare le porte dell’inferno, e la cosa<br />

peggiore è a che a voler adottare un codice etico<br />

della depravazione potremmo sentirci ancora<br />

più ingabbiati che in una vita di apparente sanità<br />

morale. Sono i rischi del libertinaggio, la densità<br />

vischiosa della sua meccanica, quelli che faranno<br />

ritrovare Piero all’interno di una comune votata<br />

al libero amore.<br />

Per Tedoldi il libero amore è un ossimoro e, quando<br />

Piero dovrà illustrare la comune a un’aspirante<br />

adepta, non sfodererà grandi doti da piazzista:<br />

“Siamo una specie di serraglio ottomano da opera<br />

buffa, siamo tutti devoti a una finzione estetica<br />

ed etica. A noi interessa solo un certo piacere dei<br />

sensi, una certa rilassatezza della vita, che non<br />

faccia troppo freddo, che non tiri troppo vento,<br />

che il mare si mangi pure tutta la costa ma non la<br />

fettina nostra, e, quel che è peggio, nessuno di<br />

noi (...) qui ha uno scopo<br />

nella vita, nemmeno<br />

provvisorio”. Se Girard<br />

parlava della menzogna<br />

romanzesca descrivendo<br />

la struttura triangolare<br />

del desiderio –<br />

ovvero desiderare ciò<br />

che gli altri desiderano<br />

– Tedoldi complica la<br />

ROMPERE IL<br />

COMANDAMENTO,<br />

SFIDARE<br />

IL TABÙ PUÒ<br />

SPALANCARE<br />

LE PORTE<br />

DELL’INFERNO<br />

geometria intensificando e sovrapponendo triangolazioni,<br />

con rivalità che oscillano comicamente<br />

dall’eroismo passionale all’autocommiserazione:<br />

“Il proprio migliore amico sarà pure una faccenda<br />

infantile, ma io sono infantile, il mio istinto è puro<br />

infantilismo”. L’ossessione di Piero nei confronti<br />

di Emilia perdura anche nella comune, dove ha<br />

fatto costruire una statua per poterla adorare “un<br />

sostituto così forte, che solo la pura e prolungata<br />

assenza del modello vivente lo supera in termini<br />

di piacere”.<br />

L’infrazione del nono comandamento si riverbera<br />

nel proliferare di legami incistati in una sorta di<br />

eterno presente, già contaminato dal peccato<br />

originale. “Io non penso che il tempo passi”, dice<br />

Marco, altro amico/rivale di Piero. “Noi cambiamo,<br />

ma solo apparentemente. Perdiamo i capelli, i<br />

nostri occhi si sprofondano in orbite sempre più<br />

rosse, subiamo deformazioni per niente piacevoli.<br />

Ma se abbiamo il dono della memoria, vuol<br />

dire che è nella nostra natura guardare a tutta la<br />

nostra esistenza come una simultaneità”. E sarà<br />

anche il futuro a sconfinare nella simultaneità in<br />

una delle scene più belle – niente spoiler – alla<br />

fine del libro. Veronica Raimo<br />

DANA SPIOTTA<br />

INNOCENTI<br />

E GLI ALTRI<br />

La nave di Teseo, pp. 288<br />

HHHHH<br />

Quando i documentaristi<br />

parlano del loro rapporto<br />

con la verità resta sempre<br />

una latenza, la prossimità<br />

con l’oggetto che crea<br />

distanze man mano che<br />

ci si avvicina. Il romanzo<br />

di Spiotta si interroga<br />

sull’aspetto confessionale<br />

della verità proprio<br />

con un approccio da<br />

documentarista (non a caso<br />

ciò che diventerà Meadow,<br />

la protagonista) rivelando<br />

i gradi di manipolazione<br />

dell’esistenza – anche la<br />

propria – che adottiamo<br />

per costruire un’identità.<br />

(“Una bugia su di te non<br />

andrebbe chiamata bugia.<br />

Ha bisogno di un termine<br />

diverso. Magari è una<br />

fabula (…) una nebbia del<br />

possibile dove non c’è<br />

ancora niente”). Non è<br />

semplice raccontare Gli<br />

innocenti e gli altri, perché<br />

il dispositivo ideato da<br />

Spiotta ci immerge nel<br />

processo creativo di chi<br />

cerca di scoprire cosa<br />

vuole raccontare mentre<br />

lo sta raccontando. Ci<br />

sono Meadow e Carrie,<br />

amiche cresciute nella<br />

Los Angeles anni ’80 che<br />

inseguono la loro passione<br />

per il cinema, e c’è poi<br />

un terzo personaggio –<br />

bellissimo – Jelly, una<br />

donna obesa che seduce<br />

uomini potenti al telefono<br />

grazie alla sua voce. La<br />

macchina da presa segue<br />

le loro vite nella continua<br />

ambivalenza tra percezione<br />

e mispercezione: ovvero<br />

l’unico modo in cui la<br />

verità può essere<br />

raccontata. V.R.<br />

MARK HADDON<br />

I RAGAZZI CHE SE NE<br />

ANDARONO DI CASA<br />

IN CERCA DELLA PAURA<br />

Einaudi, pp. 300<br />

HHHHH<br />

È bello essere smentiti<br />

nei pregiudizi. Ammetto<br />

che nutrivo un discreto<br />

scetticismo per i racconti<br />

di Haddon (autore del<br />

bestseller Lo strano<br />

caso del cane ucciso a<br />

mezzanotte), ma mi hanno<br />

sorpreso più di quanto<br />

immaginassi. Per una<br />

raccolta di racconti si<br />

dice spesso: “il racconto<br />

X vale da solo il prezzo di<br />

copertina”. Ora, a parte<br />

che non è simpatico dover<br />

giustificare il prezzo di un<br />

libro, qui non c’è nessun<br />

racconto che “da solo”<br />

valga il vostro investimento<br />

economico. Perché I<br />

ragazzi che se ne andarono<br />

di casa in cerca della paura<br />

(l’edizione italiana cerca<br />

un titolo più accattivante<br />

dell’originale The Pier<br />

Falls, “Crolla il pontile”)<br />

è interessante proprio<br />

nella sua capacità di<br />

mettere insieme racconti<br />

diversissimi tra loro,<br />

che vanno dal realismo<br />

più crudo al fantastico<br />

inquietante, tanto che<br />

sarebbe molto complicato<br />

dire un “racconto alla<br />

Haddon” con la stessa<br />

disinvoltura con cui si<br />

direbbe “un racconto<br />

alla Carver” o “alla Poe”.<br />

Ancora più sorprendente<br />

è l’accuratezza linguistica<br />

(che ricorda in molti tratti<br />

McEwan): l’abilità di far<br />

emergere i personaggi<br />

grazie allo stile, a cambi<br />

di prospettiva e punti di<br />

vista, all’elaborazione della<br />

cronaca senza menate<br />

psicoanalitiche. V.R.<br />

JACQUELINE WOODSON<br />

FIGLIE<br />

DI BROOKLYN<br />

Edizioni Clichy, pp. 166<br />

HHHHH<br />

Se avessi vent’anni in<br />

meno, avrei amato molto<br />

questo romanzo<br />

e non perché Jacqueline<br />

Woodson ha scritto svariati<br />

libri per ragazzi (non è<br />

questo il caso, qualunque<br />

cosa voglia dire letteratura<br />

young adult), ma per lo<br />

stesso motivo per cui oggi<br />

non riuscirei a leggere<br />

con la stessa intensità<br />

di un tempo La campana<br />

di vetro di Sylvia Plath, per<br />

dirne una. È stato strano<br />

scoprire di aver perso<br />

un po’ di stupore, o di aver<br />

elaborato una distanza<br />

emotiva da un tipo<br />

di disagio chiamiamolo<br />

“da ragazza”, come se da un<br />

certo momento in poi fosse<br />

più sincero riconoscersi<br />

nell’elaborazione di quella<br />

distanza che nel disagio.<br />

Anche il dolore cambia.<br />

Woodson sa descrivere con<br />

grande affetto<br />

il passaggio dall’infanzia<br />

all’adolescenza, la perdita<br />

della fanciullezza, le cose<br />

in cui abbiamo creduto<br />

quando per la prima volta<br />

eravamo nella posizione<br />

di desiderare e di scegliere,<br />

o di conoscere i codici<br />

che regolano il mondo<br />

(l’amicizia, l’amore,<br />

lo scarto sociale, la<br />

questione razziale). E sa<br />

raccontare anche la perdita<br />

di un luogo (la Brooklyn del<br />

’73, così diversa da quella<br />

che è diventata). Eppure<br />

non sono riuscita fino in<br />

fondo a sentirmi dentro<br />

il suo romanzo. Se la me<br />

di oggi dà 3 stellette, la me<br />

di 20 anni fa ne avrebbe<br />

date 4. V.R.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 37


Strisce<br />

Senza privacy (per davvero)<br />

Tra 60 anni Internet non esisterà più, il mondo sarà offline e tutti sapranno tutto di tutti,<br />

perché qualsiasi segreto sarà stato divulgato. Fantascienza? Per ora, sì<br />

La nuvola di dati, il Cloud, quella leggiadra<br />

magia invisibile a cui abbiamo<br />

appaltato la gestione dei nostri dati<br />

personali: mentre ci chiediamo che fine facciano<br />

quei terabyte di ricordi e fattacci personali,<br />

c’è chi si immagina un futuro in cui da quel<br />

nuvolone pioverà – e chiunque saprà tutto di<br />

tutti in una forma di onniscienza che cambierà<br />

per sempre la società. The Private Eye è una<br />

lunga storia scritta da Brian K. Vaughan (il cui<br />

cv include Lost e Paper Girls, tra le altre cose)<br />

e disegnata da Marcos Martin. Nato come<br />

webcomic – vincitore dell’Eisner e Harvey<br />

Awards di categoria nel 2015 – e ora arrivato<br />

in <strong>Italia</strong> per i tipi di Bao, The Private Eye è ambientata<br />

in un futuro post “alluvione”, ovvero<br />

dopo lo scoppio della Cloud e la conseguente<br />

fine di Internet.<br />

Tutto è diverso nella Los Angeles del 2076: Internet<br />

si è estinto e il mondo è andato offline,<br />

c’è una lotta di potere tra la categoria dei giornalisti,<br />

che ormai fungono da autorità costituita,<br />

e i “paparazzi”, ovvero i giornalisti senza<br />

licenza, sono i nuovi pirati in un mondo in cui i<br />

pettegolezzi hanno un valore unico. Tutti, per<br />

esempio, indossano maschere assurde – tra i<br />

momenti migliori della serie, la ricercatezza di<br />

alcuni copricapi animaleschi – perché tutte le<br />

BRIAN K. VAUGHAN<br />

THE PRIVATE EYE<br />

Bao Publishing, 304 pp. HHHHH<br />

Un’epopea fantascientifica ambientata in un<br />

mondo senza Internet in cui la Cloud è scoppiata,<br />

facendo piovere tutti i dati personali dei suoi<br />

utenti. La privacy non esiste più per nessuno.<br />

cronologie web di tutti gli abitanti del pianeta<br />

sono ormai state pubblicate, mandando all’aria<br />

carriere, vite e matrimoni. La privacy, da queste<br />

parti, è un’anomalia.<br />

La storia segue le vicende di uno di questi<br />

paparazzi, P.I., assoldato da una ragazza che<br />

gli chiede di indagare su di lei stessa: trovare<br />

tutto il marcio che gli altri – chi? – potrebbero<br />

trovare. Poche ore dopo, la ragazza viene<br />

trovata morta e P.I. si ritrova invischiato in<br />

un complotto che coinvolge: a) dei terroristi<br />

francesi; b) un razzo.<br />

The Private Eye è una notevole storia fantascientifica<br />

su un mondo letteralmente post<br />

Internet, in cui la grande Rete è scomparsa, ma<br />

rimane nei ricordi dei nonni e nell’inconscio<br />

collettivo come uno spettro, una presenza<br />

inquietante e misteriosa. Inevitabilmente, in<br />

tutto questo, c’è chi tenterà di ricreare il web<br />

per tornare alla normalità del passato, per sognare<br />

un mondo connesso e per fare un sacco<br />

di soldi ai danni di tutti gli altri. Che è anche<br />

come è nato veramente il web. Pietro Minto<br />

38 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


SVOLTE<br />

IN ALTO A DESTRA © 2013, JOHN LEWIS AND ANDREW AYDIN ALL RIGHTS RESERVED. TITOLO ORIGINALE DELL’OPERA: “MARCH: BOOK ONE” © <strong>2017</strong> MONDADORI LIBRI S.P.A., MILANO<br />

NICOLAS DE CRÉCY<br />

DIARIO<br />

DI UN FANTASMA<br />

È difficile scorgere Nicolas<br />

de Crécy nei suoi racconti.<br />

Il genio del Celestiale<br />

Bibendum o de La repubblica<br />

del Catch si posiziona di<br />

solito dietro a uno spesso<br />

strato di assurdo dettagliato.<br />

Non qui, ne Il diario di un<br />

fantasma (Eris Edizioni, 224<br />

pp.), un racconto “autobiografico”.<br />

Il protagonista è<br />

un bozzetto di un disegno<br />

pubblicitario – cosa non particolarmente<br />

autobiografica,<br />

lo so, ma aspettate – appena<br />

arrivato in Giappone per<br />

un viaggio di lavoro. È qui<br />

per diventare un simbolo,<br />

un pezzo di cultura pop, e<br />

viene raggiunto subito dopo<br />

dal suo manager, un uomo<br />

piuttosto spiacevole che<br />

cercherà di vendere il bozzetto<br />

(e se stesso) a diversi<br />

giapponesi. Dopo il primo<br />

capitolo, onirico e in linea<br />

con la produzione dell’autore,<br />

il bozzetto incontrerà<br />

Nicolas stesso, l’Artista, qui<br />

sotto forma di un terribile<br />

vicino di posto in aereo.<br />

Ha inizio la seconda parte,<br />

realistica e diaristica, che<br />

ci porterà nel cuore delle<br />

mille frustrazioni artistiche<br />

di un talento imprevedibile<br />

e unico. Un artista di norma<br />

ben nascosto dietro a<br />

tavole ricchissime e trame<br />

incredibili, che invece qui si<br />

presenta quasi nudo, lieto di<br />

condividere con il pubblico<br />

insicurezze e fallimenti.<br />

Un volume molto particolare,<br />

consigliato a chi ha già<br />

letto le sue opere principali,<br />

come il citato Bibendum.<br />

In marcia per la libertà<br />

Con la storia, in tre parti, di John Lewis, politico americano attivo<br />

nella lotta per i diritti civili dei neri, i memoir-fumetto fanno boom<br />

John Lewis ha avuto una vita... importante.<br />

Giovanissimo, ha cominciato a lottare pacificamente<br />

per i diritti civili delle persone<br />

di colore negli Stati Uniti, conoscendo Martin<br />

Luther King e finendo per ispirare generazioni<br />

di attivisti e politici (non ultimo Barack Obama).<br />

Oggi è deputato della Georgia e ricorda,<br />

anzi racconta, la sua vita a un piccolo<br />

gruppo di studenti in visita al suo ufficio,<br />

quasi increduli che lui sia davanti<br />

ai loro occhi. March è costruito attorno<br />

a un semplice meccanismo di déjà-vu,<br />

un rimpallo continuo tra il suo passato<br />

nel Sud degli States e un presente a<br />

Washington sicuramente migliore, per<br />

quanto ancora imperfetto, per usare<br />

l’eufemismo dell’anno. Diviso in tre<br />

episodi, il primo volume di March sbarca<br />

in <strong>Italia</strong> come debutto di Mondadori<br />

INK, nuovo marchio di Segrate dedicato<br />

ai fumetti. Un’uscita prestigiosa e in<br />

linea con il recente trend della biografia<br />

a fumetto, di particolare successo in<br />

J. LEWIS/A. AYDIN<br />

MARCH<br />

Mondadori INK, 144 pp.<br />

HHHHH<br />

L’incredibile vita<br />

di John Lewis in<br />

una trilogia in b/n.<br />

<strong>Italia</strong> e all’estero. Come ha detto Peter Bagge al<br />

Guardian in un articolo sull’argomento: “I memoir<br />

a fumetto hanno avuto più successo delle biografie<br />

negli ultimi anni”. March e il suo bianco e nero<br />

sono l’epicentro di questo trend. Scritta da Lewis<br />

e Andrew Aydin e disegnata da Nate Powell, la trilogia<br />

racconta con estrema precisione<br />

l’incredibile vita di un personaggio che<br />

ha saputo portare a casa grandi vittorie<br />

di passo in passo, accettando sconfitte<br />

e pugni in faccia per niente metaforici.<br />

Come scrive Francesco Costa nella prefazione<br />

al primo libro: “March mostra<br />

che, in qualsiasi momento della Storia,<br />

il progresso non avviene dalla sera alla<br />

mattina”. Un libro che è una sessione<br />

di terapia per una nazione in cui, fino a<br />

pochi decenni fa, un nero doveva stare<br />

attento a non fermarsi a fare benzina in<br />

alcuni Stati. Come successe allo zio di<br />

John Lewis, quando decise di portarlo<br />

con sé al Nord, per mostrargli un’altra<br />

idea di nazione. P.M.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 39


Serie Tv<br />

Figli di nessuna madre<br />

Tratto da un romanzo di Margaret Atwood del 1985, “The Handmaid’s Tale” è il potente racconto<br />

distopico di una realtà non lontana dalla nostra. Che ti scava dentro come una lama affilata<br />

THE HANDMAID’S TALE<br />

di Bruce Miller<br />

con Elisabeth Moss, Joseph Fiennes, Yvonne Strahovski<br />

Hulu (<strong>2017</strong>)<br />

HHHHH<br />

In un futuro prossimo il genere umano non può<br />

più procreare. Una dittatura teocratica sfrutta<br />

come schiave le pochissime donne ancora fertili.<br />

Nulla cambia da un momento all’altro. Se<br />

dentro una vasca l’acqua cominciasse a<br />

surriscaldarsi poco alla volta, finiremmo<br />

bolliti vivi senza nemmeno accorgercene.<br />

L’elemento più inquietante della distopia di<br />

The Handmaid’s Tale, ultima novità della<br />

piattaforma digitale Hulu, è la sua prossimità<br />

al nostro quotidiano. Un universo che, sul<br />

modello orwelliano, non ha bisogno di navicelle<br />

spaziali, alieni antropomorfi o automi che<br />

sognano pecore elettriche per farci ragionare<br />

sulla realtà che ci circonda.<br />

In un futuro non troppo lontano, di bambini<br />

non c’è quasi più traccia. Il mondo è al collasso,<br />

le guerre per le poche risorse devastano le<br />

risorse naturali e gli eserciti stanno per esaurire<br />

i loro soldati. La natalità è ai minimi storici e le<br />

poche gravidanze portate a termine risultano<br />

nella morte del neonato. Colpa dell’inquinamento,<br />

della sovrappopolazione, tutte quelle<br />

faccende noiose che paiono non riguardarci mai<br />

direttamente. Il bene più prezioso, perciò, non<br />

è più il denaro, ma un utero fecondo. E quando<br />

una setta pseudo-cristiana prende il potere negli<br />

Stati Uniti, le donne ancora fertili finiscono<br />

per diventare bestiame da allevamento.<br />

Tratto dall’omonimo romanzo di Margaret<br />

Atwood (in italiano Il racconto dell’ancella),<br />

The Handmaid’s Tale è un thriller psicologico<br />

e fantapolitico che ti scava dentro come una<br />

lama affilata. Segue le traversie di una ragazza<br />

il cui unico scopo è generare figli per uno dei<br />

comandanti del nuovo ordine costituito. È una<br />

donna privata di ogni libertà, prima fra tutte<br />

quella sul suo corpo.<br />

C’è una tensione che percorre l’intera visione<br />

della serie, non solo interna al racconto: è la<br />

paura di un tessuto sociale che, seppur progressista<br />

come quello occidentale, è ancora<br />

lontano dal raggiungimento della parità di genere,<br />

dentro un sistema dalle radici patriarcali<br />

in cui la donna si trova ancora oggi a reclamare<br />

un potere decisionale sulla propria vita. Così<br />

la descrizione cruda e asciutta dell’ordinaria<br />

oppressione di una donna vestita di un rosso<br />

acceso e colpevole non può lasciare indifferenti.<br />

Merito anche di Elisabeth Moss, già eroina<br />

femminista in Mad Men, che regala un’interpretazione<br />

viscerale e potentissima.<br />

The Handmaid’s Tale si presenta come l’ultimo<br />

tassello di una televisione che, oggi più che<br />

mai, è il tornasole di una società in costante<br />

cambiamento. E allora speriamo di non ritrovarci<br />

tutti bolliti. Giovanni Di Giamberardino<br />

40 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


Ri-famolo strano<br />

Dopo 27 anni torna “Twin Peaks”. Riusciremo a perderci<br />

ancora nel labirinto di sogni e incubi creato da David Lynch?<br />

I LOVE DICK<br />

di Sarah Gubbins, Jill Soloway<br />

con Kevin Bacon, Kathryn Hahn, Griffin Dunne<br />

Amazon Prime Video (2016-)<br />

HHHHH<br />

Il brusco passaggio da New York a una<br />

sperduta e polverosa cittadina del Texas può<br />

essere traumatico, soprattutto se sei una<br />

regista sperimentale obbligata a seguire il<br />

compagno professore nel suo nuovo incarico.<br />

Ma può essere ancora peggio se entrambi<br />

prendete una sbandata per il capo di lui (Kevin<br />

Bacon), una sorta di cowboy intellettuale<br />

capace di mettere in discussione tutte le tue<br />

certezze. Adattamento del romanzo omonimo,<br />

I Love Dick è l’ultima opera dell’autrice<br />

dell’acclamata Transparent, che firma<br />

un altro viaggio intimista intorno al concetto<br />

di identità e passione, con un’attitudine<br />

indie un po’ troppo compiaciuta che a volte<br />

decolla, ma spesso gira a vuoto. G.D.G.<br />

THE LEFTOVERS<br />

di Damon Lindelof, Tom Perrotta<br />

con Justin Theroux, Carrie Coon, Amy Brenneman<br />

Sky Atlantic (2014–)<br />

HHHHH<br />

Sono passati sette anni dalla “Sudden<br />

Departure”, il giorno in cui il 2% della<br />

popolazione mondiale è svanito nel nulla.<br />

Per alcuni è stato un segno divino, per altri il<br />

caso, per tutti un momento che ha stravolto la<br />

percezione stessa dell’esistenza. E la famiglia<br />

Garvey, sentendo di nuovo il peso del mondo<br />

sulle spalle, cerca un senso in un universo<br />

che sembra non possederne alcuno. The<br />

Leftovers torna per la terza e ultima stagione<br />

con la stessa travolgente potenza creativa<br />

che ha caratterizzato le annate precedenti,<br />

dimostrando un’incisività quasi sovversiva<br />

rispetto ai canoni di oggi. Proprio quel 2%<br />

di serialità di cui abbiamo bisogno. G.D.G.<br />

David Lynch ritorna sul piccolo schermo<br />

con l’opera che ha segnato il<br />

primo vero giro di boa della serialità<br />

tv, antesignana per eccellenza della famosa<br />

golden age televisiva.<br />

Già dai minuti iniziali della première, però, è<br />

chiaro che, sebbene siamo di nuovo insieme<br />

all’agente Cooper e a gran parte del cast (oltre<br />

alle musiche di Badalamenti e alla fotografia<br />

anni ’90), Twin Peaks non è tornata alla magia<br />

di un tempo. Almeno non del tutto. La creatura<br />

della premiata ditta Lynch-Frost, infatti,<br />

non era soltanto un mistery-horror onirico<br />

e disturbante, ma un’opera complessa, dalle<br />

mille anime diverse almeno quanto la cosmogonia<br />

di personaggi che sviluppava. Ognuna<br />

delle storyline, infatti, aderiva a un genere<br />

differente in una tv che ancora non amava le<br />

contaminazioni, proponendo una riflessione<br />

sul mezzo televisivo di allora: si passava dalla<br />

soap al giallo, dalla fantascienza alla comedy e<br />

al dramma familiare come si facesse zapping.<br />

L’atteso sequel si concentra invece sugli<br />

elementi più simbolici della serie (la Loggia<br />

Nera, Bob), che però non ne costituivano<br />

il cuore. Il focus così preponderante sulla<br />

stanza dalle tende rosse e sulla dimensione<br />

del sogno/incubo va a discapito dei personaggi<br />

che abbiamo amato, ridotti a comparse<br />

almeno quanto la stessa cittadina di Twin<br />

Peaks, persa in una geografia narrativa che<br />

si è allargata a dismisura. Anche il tono, che<br />

calca la mano su cupezza e violenza, sembra<br />

mancare di varietà ed eleganza. Il Twin Peaks<br />

del <strong>2017</strong> assomiglia più all’adattamento di<br />

Fuoco cammina con me, pellicola in cui Lynch,<br />

senza più i freni dei network generalisti americani,<br />

aveva dato sfogo al suo estro. Che il<br />

prezzo della libertà sia la minore complessità<br />

di visione? Nel corso di questi nuovi 18 episodi<br />

capiremo se è possibile smarrirsi ancora<br />

una volta nel labirinto di David Lynch. G.D.G.<br />

TWIN PEAKS<br />

di David Lynch, Mark Frost<br />

con Kyle MacLachlan, Sherilyn Fenn, Sheryl Lee,<br />

Laura Dern, Naomi Watts, David Duchovny<br />

Showtime (<strong>2017</strong>) HHHHH<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 41


Cinema<br />

Com’è dura l’avventura<br />

È difficile dire di no a un film ambientato nella giungla. E “Civiltà perduta”, con un tris di divi<br />

che funzionano alla grande, riesce a essere potente e visionario. Come certi capolavori del passato<br />

CIVILTÀ PERDUTA<br />

di James Gray<br />

HHHHH<br />

con Charlie Hunnam, Robert Pattinson, Sienna Miller<br />

La vera storia di Percy Fawcett, esploratore<br />

e ufficiale britannico dell’inizio del XX secolo,<br />

ossessionato dall’idea del favoloso Eldorado.<br />

Al punto da sacrificare tutto pur di trovarlo.<br />

Gray fa film come un esploratore, cerca<br />

dettagli che definiscano la sua poetica<br />

e i personaggi. Ma Civiltà perduta non<br />

assomiglia alle sue altre opere: Little Odessa, I<br />

padroni della notte, C’era una volta a New York<br />

indagavano la sua città natale, N.Y.. Questo<br />

film, ambientato in Irlanda, Inghilterra e nella<br />

giungla amazzonica all’inizio del XX secolo,<br />

porta il regista ebreo-russo fuori dalla sua<br />

zona di sicurezza. Racconta la storia di Percy<br />

Fawcett, ufficiale britannico con un’ossessione:<br />

esplorare una regione selvaggia della Bolivia<br />

in cerca, appunto, di una civiltà perduta.<br />

A interpretare Fawcett è Charlie Hunnam,<br />

già motociclista nella serie tv Sons of Anarchy.<br />

Hunnam parte in sordina, ma la forza implosiva<br />

della sua prova trova presto il passo giusto.<br />

Fawcett è un soldato che non ha mai visto<br />

l’azione. La Royal Geographical Society gli dà<br />

l’opportunità di affrontare un diverso genere<br />

di nemico: l’ignoto. La moglie, incinta (un’appassionata<br />

Sienna Miller), vede i pericoli<br />

nascosti dietro a questo pellegrinaggio lungo<br />

due anni. Ma Fawcett non ha intenzione di<br />

perdere un’occasione del genere.<br />

Nel 1906 parte per il suo primo viaggio (saranno<br />

tre in tutto) in compagnia di Henry Costin<br />

(un bravissimo Robert Pattinson), il quale<br />

adotta un piglio stravagante che contrasta<br />

bene con la rigidità esteriore di Hunnam.<br />

Quando Fawcett e Costin discendono un<br />

fiume in barca e attirano la curiosità delle popolazioni<br />

indigene, tra cui dei cannibali – oltre<br />

a piranha e predatori vari – Civiltà perduta si<br />

trasforma in un’autentica avventura esotica.<br />

Fawcett torna in Inghilterra. La sua ambizione<br />

gli ha fatto rischiare la vita, ma gli ha portato<br />

le medaglie. Il celebre esploratore antartico<br />

James Murray (Angus Macfadyen) si unisce a<br />

lui per il secondo viaggio. Ma è la persona che<br />

resta a casa a lasciare il segno più profondo.<br />

Miller è superba nei panni della pre-femminista,<br />

indignata per una specie di camicia di forza<br />

culturale che impone alle donne di restare<br />

fuori dal mondo degli uomini.<br />

Sarà il figlio maggiore Jack (Tom Holland) a<br />

seguire Fawcett nel suo ultimo viaggio, che<br />

si concluderà nel 1925 con la sua scomparsa.<br />

Gray non cerca di eguagliare la visceralità<br />

messa in scena da Coppola in Apocalypse Now<br />

e Herzog in Aguirre furore di Dio. Il suo passo è<br />

classico nella forma, ma l’impatto è ugualmente<br />

potente. Tutti danno il meglio per questo film<br />

visionario: una provocazione che ti conquista<br />

a poco a poco, come l’Eldorado che Fawcett<br />

ha desiderato per tutta la vita. Provate a farlo<br />

uscire dai vostri sogni, adesso. Peter Travers<br />

42 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


SOGNARE È VIVERE<br />

di Natalie Portman<br />

con Natalie Portman, Shira Haas<br />

HHHHH<br />

È un’opera rara nella Hollywood<br />

ossessionata dalle formule<br />

collaudate: sulle prime potreste<br />

non coglierne il respiro. Al suo<br />

debutto alla regia, Portman adatta<br />

il memoir del 2002 Una storia di<br />

amore e tenebra, in cui lo scrittore<br />

Amos Oz intreccia la propria<br />

infanzia con quella di Israele.<br />

Sognare è vivere è tutto tranne che<br />

un biopic tradizionale. Portman<br />

sceglie il punto di vista del giovane<br />

Amos (Amir Tessler), bambino nella<br />

Gerusalemme pre-fondazione<br />

dello Stato. I suoi genitori ebrei<br />

sono scappati dall’Olocausto<br />

emigrando in Palestina, allora<br />

governata dai britannici. Il padre<br />

Arieh (Gilad Kahana), un grigio<br />

accademico, non è il protagonista<br />

delle fantasie della moglie. Lei è<br />

Fania (Portman), madre di Amos,<br />

gli occhi attraverso cui il bambino<br />

vede il conflitto nella sua famiglia<br />

e quello più grande all’esterno.<br />

Fania ha un ruolo centrale: è lei a<br />

insegnare ad Amos il potere delle<br />

parole, raccontandogli storie che<br />

lo fanno sognare. Il suo mondo<br />

ruota intorno a questa forza<br />

generatrice. Fino al giorno in cui<br />

tutto finisce. Portman non ci<br />

fornisce un bigino del libro di Oz:<br />

ci fa vedere ciò che Amos vede, e<br />

solo in parte comprende. Quando<br />

per Fania naufragano i sogni di una<br />

nuova vita e di una nuova patria,<br />

la donna cade in depressione.<br />

Le storie che racconta – ora<br />

parlano di suicidio – lasciano il<br />

figlio allarmato. Amos non può<br />

comprendere la brutalità del<br />

mondo, né i danni che la propria<br />

bellissima madre infligge a se<br />

stessa. Portman ha creato i ritratti<br />

di un bambino e di uno Statobambino.<br />

Niente sermoni né bagni<br />

salvifici per curare ferite emotive:<br />

davanti a questo film siamo soli,<br />

come lo è stato Amos. P.T.<br />

NERVE<br />

di Henry Joost, Ariel Schulman<br />

con Emma Roberts, Dave Franco<br />

HHHHH<br />

Sei un giocatore o un<br />

osservatore? Nerve vuole una<br />

risposta, occhio a cosa scegli.<br />

C’è un’ottima idea dietro a questo<br />

thriller, ed è già più di quanto<br />

si possa dire di tanti film estivi.<br />

Peccato che Nerve non abbia il<br />

coraggio di seguirla fino in fondo.<br />

In questi giorni di Pokemon Go<br />

e ragazzini trasformati in zombie<br />

digitali, la storia di un gioco<br />

online che spinge gli utenti a<br />

rischiare la vita per un Like non<br />

potrebbe essere più tristemente<br />

attuale. Nel film, gli osservatori<br />

pagano per guardare i giocatori:<br />

su Snapchat l’umiliazione è<br />

merce che vale oro. Emma<br />

Roberts è Vee, una liceale troppo<br />

impaurita per essere altro che<br />

un’osservatrice. Ma la sua amica<br />

Sydney (Emily Meade), che non<br />

ha problemi a mostrare il culo<br />

a uno stadio gremito solo per<br />

accumulare punti nel gioco,<br />

la convince ad alzare la posta.<br />

Nella sua prima prova, Vee è<br />

sfidata a baciare in pubblico uno<br />

sconosciuto di nome Ian (Dave<br />

Franco) e inizia così a tirar fuori<br />

il proprio lato selvaggio.<br />

Presto ci scappa il morto, ma<br />

a quel punto pure sceneggiatura<br />

e ritmo del film non se la passano<br />

troppo bene. Roberts e Franco,<br />

troppo vecchi per passare per<br />

adolescenti, fanno di tutto per<br />

dare fascino ai loro personaggi. Il<br />

problema è che Nerve non crede<br />

che il target di millennial a cui è<br />

rivolto sia capace di pensare con<br />

la propria testa. Il film si sballa<br />

con questa metafora dei social<br />

media come malattia venerea, ma<br />

gli cala tutto quando si trasforma<br />

in una predica sulla perdita della<br />

privacy e della nostra identità. E<br />

finisce così per farsi unfolloware<br />

dallo spettatore. P.T.<br />

ASPETTANDO IL RE<br />

di Tom Tykwer<br />

con Tom Hanks, Sarita Choudhury,<br />

Ben Whishaw<br />

HHHHH<br />

Il film si apre con Tom Hanks<br />

che recita l’attacco di Once in a<br />

Lifetime dei Talking Heads: “And<br />

you may find yourself in another<br />

part of the world…”. Quel mix<br />

di stranezza e sentirsi fuori<br />

equilibrio è il meglio che si possa<br />

dire di questo adattamento<br />

del romanzo di Dave Eggers.<br />

Hanks – nessuno interpreta il<br />

decoro meglio di lui – prende il<br />

ruolo di Alan Clay, businessman<br />

sul viale del tramonto. Dopo il<br />

divorzio, Alan ha perso, oltre<br />

alla bella moglie, la casa, e non<br />

è nemmeno in grado di pagare<br />

la retta dell’università della<br />

Dall’alto: Kahana, Portman e Tessler in Sognare è vivere; Emma Roberts<br />

e Dave Franco (sotto il casco) in Nerve; Tom Hanks in Aspettando il Re.<br />

figlia. Ma ha un’altra possibilità:<br />

un viaggio in Arabia Saudita, dove<br />

potrà salvare le chiappe se riuscirà<br />

a vendere al sovrano una nuova<br />

tecnologia per videoconferenze in<br />

3D. Peccato che il Re del titolo sia<br />

a dir poco sfuggente. A complicare<br />

le cose, una strana escrescenza è<br />

apparsa sulla schiena di Clay. Lui<br />

cerca di inciderla con un coltello,<br />

ma le metafore di questo film sono<br />

dure a morire. In un flashback,<br />

vediamo il padre di Alan accusare il<br />

figlio di avere portato all’estero per<br />

l’ennesima volta dei posti di lavoro<br />

americani. Nel suo libro Eggers<br />

aveva un bizzarro approccio comico<br />

che sapeva lasciar spazio a un<br />

doloroso sottotesto. Ma nel film<br />

di Tykwer (Lola corre), i diversi toni<br />

non si mescolano, si scontrano<br />

l’uno con l’altro. Non si può certo<br />

negare la sua ambizione, ma gli<br />

sforzi non rendono questo film<br />

migliore. Non riesce a essere<br />

nemmeno una copia sbiadita della<br />

bellezza e del terrore che Eggers<br />

sapeva evocare sulla pagina. P.T.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 43


Le Cose<br />

SUPER TREND<br />

SALA PROVE<br />

1.<br />

2.<br />

3.<br />

4.<br />

5.<br />

6.<br />

Ikea-mania<br />

Tutto è iniziato grazie a Balenciaga. Per una curiosa combinazione (più o meno<br />

voluta) il brand ha creato una borsa in pelle dal valore spropositato che ricorda<br />

da vicino la mitica “borsa blu” dell’Ikea. Da allora, il colosso svedese ha avuto una<br />

fantastica opportunità che, per il momento, non ha sfruttato: lanciarsi nel mondo<br />

dell’abbigliamento. Ma per loro ci hanno pensato altri, tra cui Norwood Chapters.<br />

SWIMMING IN THE RAIN<br />

Dopo un maggio un po’ piovoso, per usare<br />

un eufemismo, sembra davvero scoppiata<br />

finalmente l’estate. Ecco, quindi, 6 cose utili e<br />

sfiziose a tema marittimo da mettere in borsa<br />

per i primi weekend al largo con la barchetta.<br />

1. Voyager Music, custodia per cellulare con<br />

jack per cuffie, Cellularline. 2. Costume da<br />

surf Surfaris, Reef. 3. Orologio GA-100ST<br />

realizzato in collaborazione con lo street artist<br />

Stash, G-Shock. 4. Costume da bagno intero,<br />

Calvin Klein. 5. Bikini a righe della collezione<br />

TommyXGigi, Tommy Hilfiger. 6. Charms in<br />

argento a forma di polipo, Giovanni Raspini.<br />

CONTEST<br />

Una coppia da film.<br />

Proprio come la vostra<br />

Cosa ci rende più forti se non l’amore? Sono<br />

innamoratissimi Matilda Lutz e James Jagger<br />

nella campagna delle nuove fragranze Emporio<br />

Armani. Se lo siete altrettanto, dimostratecelo!<br />

Seguiteci su rollingstone.it e su Instagram<br />

per scoprire nelle prossime settimane quattro<br />

coppie in cui l’amore rende più che forti che<br />

mai. Ispiratevi a loro e postate la vostra foto<br />

con #TogetherStronger e @<strong>Rolling</strong><strong>Stone</strong><strong>Italia</strong>:<br />

potreste finire sulle nostre pagine.<br />

44 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


COCKTAIL<br />

“MILAN L’È UN<br />

GRAN MILAN!”<br />

GIASS<br />

Giass (“ghiaccio”, in dialetto<br />

lombardo, ndr) è il primo dry<br />

gin nato all’ombra della Madonnina,<br />

partorito da cinque<br />

amici, Andrea e Simone Romiti,<br />

Francesco Niutta, Francesco<br />

Braggiotti e il barman Richard<br />

D’Annunzio. Omaggio alla<br />

città in cui “bere bene” è un<br />

imperativo categorico. Tempo<br />

zero dal lancio sul mercato (lo<br />

scorso aprile), si è già aggiudicato<br />

due premi internazionali:<br />

un argento alla San Francisco<br />

World Spirits Competition e<br />

la SFWSC Packaging Competition.<br />

Diciotto erbe botaniche<br />

selezionate che creano una<br />

complessità da assaporare<br />

anche on the rocks. Bacche di<br />

ginepro, coriandolo, radice di<br />

angelica, mela golden, scorza di<br />

arancia, rosa, camomilla, violetta,<br />

fiori di arancio, karkadè,<br />

mandorla, menta, semi di finocchio,<br />

verbena, citrus, cardamomo,<br />

melissa, cassia e timo.<br />

ECCO LA RICETTA<br />

DEL COCKTAIL:<br />

Aria: cocktail fresco,<br />

vitaminico ed energico<br />

• 5 cl di Giass<br />

• Tonica Scortese<br />

• Profumo alimentare al karkadè,<br />

cardamomo e fiori d’arancio<br />

• Guarnizione con lime disidratato<br />

e foglia di karkadè<br />

TOP<br />

FIVE<br />

1. DA ZURRO<br />

STROMBOLI<br />

Zurro è un pescatore,<br />

un cuoco e un gran<br />

personaggio per l’isola<br />

di Stromboli. Noto per<br />

il suo look pantalonibandana<br />

multi color e per<br />

la sua barba bianca da Il<br />

vecchio e il mare. Il suo<br />

ristorante è tra le ultime<br />

strutture dell’isola prima<br />

delle spiagge raggiungibili<br />

solo dal mare. Sempre<br />

pieno, caponata deliziosa,<br />

famoso per il suo pane e<br />

i suoi ravioli neri, come<br />

l’isola vulcanica.<br />

2. DA ALFREDO – SALINA<br />

Dopo aver girato sotto<br />

un sole cocente per<br />

l’isola siciliana di Salina,<br />

arrivare a Lingua e vedere<br />

2.<br />

una spiaggia sembra<br />

un miraggio. Sedersi da<br />

Alfredo e assaggiare una<br />

delle sue abbondanti<br />

granite è un’esperienza<br />

indimenticabile. Fragola,<br />

gelso, pistacchio,<br />

mandorla, anguria, caffè:<br />

le ha tutte, sempre<br />

freschissime (dato il<br />

flusso di clienti) e 100%<br />

genuine. Un dovere<br />

mangiarle con panna<br />

e brioche.<br />

3. PASTICCERIA PANSA<br />

AMALFI<br />

Un tesoro nato nel 1830<br />

da Andrea, il bisnonno<br />

del nonno degli attuali<br />

gestori. Una delle piazze<br />

più belle d’<strong>Italia</strong>, ad<br />

Amalfi, una pasticceria<br />

antica e tenuta a dovere.<br />

Le ricette sono segreti<br />

Eat & Drink<br />

La bella vita: cinque posti<br />

(al mare) in giro per l’<strong>Italia</strong><br />

di Sofia Villa<br />

1.<br />

3.<br />

dei conventi, ma provare<br />

una delizia al limone su<br />

un tavolino al sole regala<br />

orgoglio per il nostro<br />

Paese. Un’esperienza<br />

metafisica!<br />

4. LA PINETA – MARINA<br />

DI BIBBONA<br />

Una stella Michelin,<br />

Luciano Zazzeri (il<br />

maestro), figli e tutta la<br />

squadra/famiglia sono<br />

un’istituzione, lavorano<br />

a mille appena inizia la<br />

stagione. Attraversata<br />

una pineta, si arriva alla<br />

spiaggia che sembra<br />

il set di un film. In un<br />

locale elegante, sono<br />

pronti a stordire gli<br />

ospiti di piacere con una<br />

schiacciata di sfoglia<br />

croccante, spaghetti<br />

cremosi ai ricci, fritture<br />

4.<br />

5.<br />

leggere e pesce bollito<br />

(sempre freschissimo)<br />

con maionese e bottarga.<br />

5. BAR TURISMO<br />

POLIGNANO A MARE<br />

Polignano a Mare è la<br />

meta del romantico in<br />

vacanza. Il Bar Turismo<br />

è, invece, un posto<br />

autentico, fermo nel<br />

grande Sud degli anni ’70.<br />

Luogo di pellegrinaggio<br />

per gli amanti del<br />

gelato, con una gestione<br />

familiare che lavora duro<br />

perché la preparazione<br />

del gelato vero richiede<br />

molto tempo e molta<br />

alchimia. Nocciola<br />

e doppia panna al caffè<br />

su un semplice cono<br />

di wafer fanno ricordare<br />

il sapore della bontà.<br />

IO NON FACCIO<br />

IL CASCAMORTO,<br />

SE CASCO,<br />

CASCO MORTO<br />

PER LA FAME<br />

TOTÒ<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 45


TATTOO ADDICTED<br />

No Stress<br />

EFFETTO PHOTOSHOP<br />

A CURA DI MARIA VITTORIA POZZI<br />

BENESSERE+MUSICA<br />

LUNGA VITA AI TATUAGGI<br />

Per il benessere della pelle dei 7 milioni di<br />

italiani tatuati in farmacia è in vendita il nuovo<br />

Cicaplast Kit Tattoo di La Roche Posay (€ 24),<br />

prodigioso cofanetto che contiene Cicaplast<br />

B5 Lavant per detergere in delicatezza la cute<br />

fragilizzata e Cicaplast Baume B5 spf 50 per<br />

ripararla e preservare colori e nitidezza<br />

del disegno. Entrambi sono antibatterici,<br />

lenitivi e riparatori. E poiché la pelle tatuata<br />

non deve mai essere secca, mantengono<br />

anche il giusto tasso di idratazione.<br />

VIVE LA FRANCE<br />

TRIBUTO A<br />

EMMANUEL MACRON<br />

Scelta di carattere, se<br />

si punta su Eau Fraîche<br />

Homme di Eisenberg (€<br />

129), una fragranza fresca<br />

ma pungente e di forte<br />

personalità, grazie alla<br />

partenza di Bergamotto<br />

e Cardamono, alle fredde<br />

note di anice, menta e zenzero e alla persistenza<br />

dei legni pregiati. Il risultato? Un sillage davvero<br />

indelebile e vincente. Proprio come Macron,<br />

ottavo presidente della Repubblica Francese.<br />

HARI NEF<br />

DAKOTA JOHNSON<br />

7 ANNI DI STUDI,<br />

20 RICERCATORI E<br />

150 MATERIE PRIME.<br />

Se è vero che non c’è<br />

vita senza acqua, grazie<br />

Waterlover Sun Milk spf<br />

15, 30, 50 di Biotherm<br />

(solo da Sephora, €<br />

35). Con una formula<br />

biodegradabile al 96%<br />

e un pack con il 14%<br />

di plastica in meno,<br />

ha un minor impatto<br />

sull’ambiente acquatico.<br />

Ovviamente protezione<br />

ottimale e sensoriali top.<br />

UN GRAN B(L)OOM<br />

IL 2 IN 1 PER CAMBIARE PELLE<br />

IN SOLI 28 GIORNI<br />

Cosa succede se stanchezza, stress<br />

e qualche anno in più si accumulano?<br />

Che il viso perde subito di luminosità,<br />

il colorito si offusca e i primi segni<br />

diventano rughe. Ecco allora Peeling<br />

de Nuit Progressif Visionnaire<br />

Crescendo di Lancôme (€ 96 circa),<br />

due sieri in un solo flacone per due<br />

diverse concentrazioni. Dopo 28 notti<br />

di utilizzo in due momenti separati,<br />

consentono di dare un nuovo inizio<br />

alla pelle. Al cuore della formula:<br />

acidi della frutta nel flacone 1 e acidi<br />

salicilico e glicemico al 10% nella 2.<br />

Unica precauzione: per il giorno<br />

va scelta una crema con spf 20.<br />

SOLARI SALVA-VITA<br />

AFTER PARTY NEL GIARDINO URBANO<br />

erano anche Lana del Rey, Angelica Hicks e Sean Lennon all’after<br />

C’ party, che si è tenuto lo scorso maggio nel cortile del MoMa PS1,<br />

in occasione del lancio della prima Eau de Parfum femminile Gucci, nata<br />

sotto la direzione di Alessandro Michele. Si dice sia una fragranza audace<br />

e floreale (e ci mancherebbe!), perché sprigiona una potente scia che<br />

racconta un giardino straboccante di fiori. Proprio come<br />

il sentire del suo direttore creativo, che ha partecipato<br />

all’evento al fianco dei tre volti che racconteranno Gucci<br />

Bloom, ovvero Dakota Johnson (in oro laminato), Petra<br />

Collins e Hari Nef (in vestaglia-kimono). Nel cortile<br />

del MoMa PS1 di Long Island City, trasformato per<br />

l’occasione in un giardino abitato da rose, peonie e<br />

gelsomini e una flora piumata alla Gucci, si è esibita<br />

live Goldfrapp, seguita dal dj-set di Juliana Huxtable.<br />

Festival in green<br />

Borotalco, brand iconico del<br />

benessere, sostiene dal 23 al<br />

25 giugno, presso Villa Arconate<br />

di Bollate, in provincia<br />

di Milano, il progetto artistico-ambientale<br />

di Terraforma,<br />

Festival Internazionale della<br />

Musica sperimentale più<br />

green. In che cosa consiste?<br />

Nel recupero di un’oasi di<br />

alberi che costellava, come<br />

rinvenuto da alcune incisioni<br />

del 1743, Villa Arconati.<br />

Si pianteranno così altri 300<br />

nuovi alberi di carpino, che<br />

completeranno la ricostruzione<br />

dell’antico labirinto<br />

forestale. Il Festival, prodotto<br />

da Threes con Augusto<br />

Rancilio, è un’esperienza<br />

musicale unica e caratterizzata<br />

da eventi live, happening,<br />

workshop, performance artistiche<br />

e incontri con musicisti<br />

provenienti da tutto<br />

il mondo. Un contributo<br />

concreto che sposa ecologia<br />

con architettura dei giardini.<br />

46 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


INCONTRI RAVVICINATI<br />

The year<br />

of the Kat<br />

STORIA DI UNA TATTOO-ARTIST<br />

OVER THE TOP CHE HA CONQUISTATO<br />

IL MONDO CON UNA LINEA MAKE-UP<br />

26 milioni di followers non sono<br />

bruscolini. E infatti avvicinarla<br />

non è stato semplice. Kat Von D, la<br />

tattoo-artist delle celeb oggi colora<br />

e ridisegna il viso di tutte le sue fan<br />

con la linea make-up nata in partnership<br />

con Sephora. Vegana convinta,<br />

crede nella bellezza come potere che<br />

può “muovere” e ottenere molto.<br />

Trucco e tatuaggi: non c’è molta<br />

differenza?<br />

Il passo è stato fisiologico. Sono<br />

due forme d’espressione diverse, ma<br />

vicine, perché comunicano.<br />

Ispirazioni?<br />

Il mondo che mi circonda: amici,<br />

cultura pop, i miei gatti, l’architettura,<br />

la musica. Diciamo, tutto ciò che<br />

mi riesce facile condividere con altri.<br />

È vero che suoni e componi?<br />

Amo tutti i generi musicali. Due<br />

anni fa ho composto un album e,<br />

perché no?, cantare potrebbe essere<br />

la mia prossima vita.<br />

La tua colonna sonora?<br />

I Depeche Mode, i Cure e<br />

Beethoven. Adoro anche Beyoncé<br />

e in generale tutte le canzoni malinconiche<br />

che parlano d’amore.<br />

Perché sono tutte pazze del tuo<br />

make-up?<br />

Perché libera l’istinto e la creatività,<br />

è tecnicamente perfetto, a lunga<br />

tenuta e facile da usare, grazie a<br />

polveri ultra-fini e kit che creano<br />

look personalizzati.<br />

Qui a fianco:<br />

Shade + Light Eye<br />

Contour Quad<br />

(€ 27,90)<br />

e Mono Metal<br />

Crush Eyeshadow<br />

(€ 21).<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 47


AMERICAN<br />

AFFAIRS<br />

Un narciso<br />

( pericoloso)<br />

alla Casa Bianca<br />

L’America ha avuto Presidenti depressi,<br />

alcolizzati (Nixon, da sbronzo, ordinò l’inizio<br />

di una guerra nucleare), esibizionisti. Riuscirà<br />

a sopravvivere anche a Donald Trump?<br />

di Alex Morris<br />

illustrazione di Matt Mahurin<br />

A<br />

lle 6.35 del mattino del 4 marzo, il Presidente<br />

Donald Trump ha fatto qualcosa<br />

che nessun altro Presidente aveva mai<br />

fatto prima: ha accusato il suo predecessore<br />

di averlo spiato. L'ha fatto su<br />

Twitter, senza presentare prove e – se<br />

qualcuno non avesse colto il punto –<br />

ripetendo l'accusa alle 6.40, alle 6.52<br />

e alle 7.02. Nell'ultimo tweet parla di<br />

Obama come di un “Bad (or sick ) guy!”.<br />

A sei settimane dall'inizio del suo mandato, questo tipo di tweet è solo<br />

uno dei modi con cui il Presidente ha affermato cose sostanzialmente<br />

false (come si è capito subito), ma questa volta ha gettato l'integrità<br />

americana giù dal dirupo. E non l'ha fatto in qualche riunione privata<br />

con il Dipartimento di Giustizia, l'ha fatto sui social media in un trionfo<br />

di ira ed errori grammaticali. Se qualcuno non se lo fosse chiesto prima,<br />

è il momento giusto: il Presidente è psicologicamente sano?<br />

Adesso è chiaro a tutti che il Trump della campagna elettorale non era<br />

solo un “personaggio” per acchiappare voti. Non è ancora diventato,<br />

come sosteneva lui stesso, “la persona più presidenziale di sempre,<br />

secondo solo ad Abramo Lincoln”. Sono bastate 24 ore per capire che<br />

il Trump che abbiamo eletto era proprio quello che, il giorno dopo le<br />

elezioni, ha passato tutto il suo tempo a dedicarsi ai suoi problemi<br />

personali, non a quelli del Paese.<br />

Da quando Trump ha annunciato la sua candidatura, la sua assurda<br />

visione della verità e la facilità con cui ha attaccato chi lo minacciava<br />

hanno fatto pensare a molti che fosse “unfit for office”, o addirittura<br />

che sia completamente matto. Nessun candidato si è mai comportato<br />

così: il suo modo di fare è così anormale che non possiamo fare a meno<br />

di pensare che sia frutto di qualche patologia. La parola “crazy” è abbastanza<br />

appropriata.<br />

Mentre la candidatura di Trump avanzava, molti della comunità scientifica<br />

hanno affermato di notare chiari segni patologici nel comportamento<br />

del Presidente, nonostante la Goldwater Rule impedisca un<br />

pronunciamento ufficiale (“Nessuno psichiatra può fare una diagnosi<br />

senza aver esaminato accuratamente il paziente”, una regola nata dopo<br />

48 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong><br />

IN CUFFIA: “MY PREROGATIVE”, BOBBY BROWN


ROLLING STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong> 49


gli scandali della campagna elettorale Goldwater<br />

vs. Johnson). «È una regola ridicola», dice<br />

Claire Pouncey, psichiatra e autrice di un<br />

saggio sul Journal of the American Academy of<br />

Psychiatry and Law, «impedisce di sfruttare<br />

l'opinione degli psichiatri sugli aspetti più<br />

pericolosi di alcune personalità pubbliche».<br />

Molti si sono rivolti alle organizzazioni psichiatriche<br />

americane per dare l'allarme. «Abbiamo<br />

provato più volte a coinvolgerle durante<br />

la campagna elettorale», dice Lance Dodes,<br />

uno psicanalista e professore ad Harvard.<br />

«Insomma, tutti sentivamo la necessità di dire<br />

qualcosa». Nessuna di queste organizzazioni,<br />

però, voleva infrangere la Goldwater Rule<br />

e, inoltre, «i sondaggi lo davano come sicuro<br />

sconfitto. Quindi, nonostante le nostre<br />

preoccupazioni, pensavamo tutti che non ci<br />

sarebbero state conseguenze».<br />

Conseguenze, invece, ce ne sono state parecchie:<br />

il 13 febbraio scorso, Dodes e altri 34<br />

psichiatri, psicologi e operatori<br />

sociali hanno pubblicato una lettera<br />

sul New York Times per spiegare<br />

perché “le azioni e i discorsi<br />

di Mr. Trump lo rendono incapace<br />

di essere Presidente”. «Questa<br />

non è una questione di programma<br />

politico, per niente», mi spiega<br />

Dodes. «Il suo comportamento<br />

mostra costantemente al Paese<br />

quali sono i limiti, o i problemi,<br />

della sua mente». Nella lettera,<br />

gli esperti non si sono spinti fino<br />

a fare una diagnosi, ma hanno<br />

spiegato che il reale problema del<br />

Presidente è una forma di narcisismo<br />

così estrema da impedirgli di<br />

funzionare razionalmente: disturbo<br />

narcisistico della personalità.<br />

La definizione più comune di<br />

questo disturbo è “un disordine<br />

mentale in cui le persone<br />

hanno una percezione alterata<br />

della propria importanza e un<br />

profondo bisogno di ammirazione, con una<br />

marcata mancanza di empatia per gli altri”. Per<br />

confermare la diagnosi sono necessari almeno<br />

cinque di questi sintomi:<br />

1. Un gigantesco senso di self-importance<br />

(“Nessuno costruisce muri meglio di me”,<br />

“Nessuno rispetta le donne più di me”).<br />

2. Fantasie di successo illimitato, potere, intelligenza<br />

e bellezza (“Solo io posso farcela”, “È<br />

davvero difficile attaccarmi sul mio aspetto,<br />

perché sono davvero bello”).<br />

3. La convinzione di essere così “speciale”<br />

e unico da poter essere affiancato solo da<br />

AMERICAN<br />

AFFAIRS<br />

persone o istituzioni di status particolare<br />

(“Sono così bello soprattutto perché sono<br />

molto ricco”).<br />

4. Il bisogno di ammirazione eccessiva (“Pare<br />

che sia stata la più grande standing ovation dai<br />

tempi di Peyton Manning e del Super Bowl”).<br />

5. La convinzione che tutto sia dovuto (“Quando<br />

sei una star te lo lasciano fare. Puoi fare<br />

quello che ti pare. Grab them by the pussy”).<br />

6. L'abitudine a sfruttare gli altri.<br />

7. Mancanza di empatia, incapacità di riconoscere<br />

i sentimenti e i bisogni degli altri (“Non è<br />

un eroe di guerra... è stato solo catturato. A me<br />

piacciono quelli che non si fanno prendere”).<br />

8. Invidia degli altri e convinzione che tutti<br />

siano invidiosi di lui (“Io sono il Presidente<br />

e tu no”).<br />

9. Costante esibizione di atteggiamenti arroganti<br />

(“Potrei sparare a qualcuno nel mezzo<br />

della 5th Avenue e non perdere neanche un<br />

voto”).<br />

L’aspetto più<br />

preoccupante della<br />

personalità di Donald<br />

Trump è la sua<br />

incapacità di distinguere<br />

tra realtà e finzione<br />

Il DNP è stato inserito tra i disordini della<br />

personalità nel 1980 e ne soffrono il 6% degli<br />

americani. È una serie di tratti, una programmazione<br />

cerebrale che si sviluppa durante l'infanzia,<br />

a quanto pare risultato di problemi con<br />

i genitori: può svilupparsi sia con quelli che<br />

mettono i figli sul piedistallo sia con quelli che<br />

non mostrano affetto, e costringono il figlio a<br />

costruirsi un ego enorme per sopravvivere. In<br />

ogni caso, questo disturbo impedisce di avere<br />

un senso del sé realistico: crea una narrativa<br />

epica dell'ego che richiede conferme e supporto<br />

costante – le “scorte di narcisismo” – per<br />

riempire un devastante senso di vuotezza.<br />

Tra tutti i disturbi della personalità è quello<br />

che reagisce meno alla terapia: i narcisisti non<br />

vogliono, o non possono, ammettere di essere<br />

imperfetti.<br />

Trump, durante la sua infanzia, è sempre stato<br />

sul piedistallo. «Tu sei un re», diceva Fred<br />

Trump a suo figlio mentre gli spiegava che il<br />

mondo è un posto spietato e che bisogna «essere<br />

dei killer». Trump ha colto perfettamente<br />

il messaggio: tirava sassi ai figli dei vicini e si<br />

vantava di aver preso a pugni un insegnante.<br />

Gli altri bambini della zona (la parte più ricca<br />

del Queens) non potevano giocare con lui e a<br />

scuola era sempre in punizione. Quando suo<br />

padre ha scoperto la sua collezione di coltelli a<br />

serramanico, l'ha mandato alla New York Military<br />

Academy, dove poteva essere controllato<br />

mentre sfogava la sua personalità da maschio<br />

alpha. «Penso che anche il padre fosse un<br />

narcisista», dice Michael D'Antonio, autore<br />

di The Truth About Trump. «Forse anche la<br />

madre, persino il nonno. La sua è una famiglia<br />

molto ambiziosa».<br />

Visto con gli occhi di un medico, il comportamento<br />

di Trump – dalle relazioni della<br />

scuola e dell'accademia, che lo descrivevano<br />

come troppo competitivo per avere amici,<br />

fino alle sue conferenze stampa,<br />

dove sfoga la sua paranoia e il<br />

suo bisogno di insultare tutti –<br />

sembra una costante ricerca di<br />

“scorte di narcisismo”. In pochi<br />

hanno inseguito la popolarità<br />

con la stessa determinazione di<br />

Trump, uno che ha sempre alzato<br />

la posta per diventare sempre più<br />

famoso. Non si è accontentato<br />

di essere l'erede della fortuna del<br />

padre, ha investito tutta la sua<br />

giovinezza per portare la Trump<br />

Organization a Manhattan, per<br />

fare i palazzi più grandi, più monumentali<br />

e più alti di tutta la città<br />

(esagerando anche sulla conta dei<br />

piani). Non si è accontentato di<br />

aver inflitto a New York una serie di grattacieli<br />

con il suo nome scritto a caratteri cubitali sulla<br />

facciata, ha comprato i casinò di Atlantic City<br />

e il terzo yacht più grande del mondo (nonostante<br />

dicesse di non amare le barche).<br />

Nel frattempo, per assicurarsi che nessuno si<br />

perdesse la notizia, ha bombardato la stampa<br />

di informazioni sulle sue conquiste professionali<br />

e sessuali. «L'esempio più lampante del<br />

suo narcisismo sta nello scandalo sessuale che<br />

ha distrutto il suo primo matrimonio», dice<br />

D'Antonio. «Ha fatto talmente tante cose per<br />

avere l'attenzione di tutti che è davvero difficile<br />

non pensare che ci sia qualcosa di strano».<br />

La Casa Bianca non ha voluto commentare il<br />

presente articolo.<br />

Gli psicologi hanno individuato cinque tratti<br />

fondamentali della personalità, i Big Five –<br />

estroversione-introversione, gradevolezzasgradevolezza,<br />

coscienziosità-negligenza,<br />

50 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


Un muro<br />

di<br />

copertine<br />

Da <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong> Usa<br />

all’Internazionale,<br />

passando per<br />

il tedesco Der Spiegel<br />

e lo spagnolo Tapas:<br />

il mondo<br />

della stampa<br />

internazionale ha<br />

messo Trump,<br />

narciso pericoloso<br />

e distruttivo,<br />

in copertina.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 51


nevroticismo-stabilità emotiva, apertura<br />

mentale-chiusura mentale. Un narcisista è<br />

molto estroverso e per nulla aperto mentalmente.<br />

Sia sul lavoro che nella vita privata, il<br />

modo di stare al mondo di Trump non prevede<br />

amicizie, ma solo dominio. È noto il terrore<br />

che serpeggia nel suo staff presidenziale, così<br />

come è nota la sua abitudine di affidare a due<br />

persone lo stesso lavoro per farle combattere<br />

tra di loro. La sua tendenza ad assumere<br />

donne era vista positivamente durante la<br />

campagna elettorale, ma chi ha lavorato con<br />

lui sostiene che lo faccia solo perché le ritiene<br />

meno minacciose degli uomini (forse anche per<br />

questo Ivanka è la sua figlia preferita). Trump<br />

è famoso per stressare i suoi dipendenti e per<br />

scappare dai suoi creditori. E non c'è niente di<br />

peggio del modo in cui ha trattato i suoi detrattori:<br />

centinaia di cause inutili, lettere assurde<br />

(come quella che ha mandato alla giornalista<br />

del New York Times Gail Collins: una foto della<br />

donna con scritto “The face of a dog!”) e tweet<br />

maligni, tutti strumenti per ottenere scorte di<br />

narcisismo immediate. Molti studi mostrano<br />

come Twitter e i social media abbiano trasformato<br />

Internet in una sorta di parco giochi per<br />

narcisisti: offrono gratificazione istantanea a<br />

chi ha bisogno di costruirsi un falso sé.<br />

«Se non ci fossero i Kardashians, non ci sarebbe<br />

nessun Presidente Trump», ha detto Keith<br />

Campbell, professore di psicologia all'Università<br />

della Georgia. «Trump fa il Presidente<br />

in stile-Kardashian, senza filtri. Quando ha<br />

ricevuto Kanye nella Trump Tower, ho pensato:<br />

“Dovrei licenziarmi. Il mio lavoro qui è<br />

finito”». Campbell, però, non pensa che Trump<br />

abbia un DNP. La personalità del Presidente<br />

non gli impedisce di agire: «Si tratta di un miliardario<br />

che fa il Presidente degli Stati Uniti.<br />

Mi sembra che sia una persona altamente<br />

funzionante», ha detto.<br />

Altri pensano che il problema sia nei requisiti<br />

per effettuare la diagnosi. «C'è solo la questione<br />

dell'impedimento a funzionare», ha detto<br />

Joshua Miller, collega di Campbell ed esperto<br />

in psicopatia e narcisismo. «Forse il DSM (lo<br />

strumento di diagnosi descrittiva dei disturbi<br />

mentali) non è utile per trattare questa cosa<br />

nel modo giusto, non considera quanti problemi<br />

possa causare questa persona a chi gli<br />

sta intorno». Miller, in particolare, pensa<br />

che la ricchezza di Trump sia stata una sorta<br />

di scudo verso impedimenti che sarebbero<br />

stati più pericolosi. «Riesce ancora a porsi<br />

come un geniale businessman nonostante sia<br />

andato spesso in bancarotta, nonostante siano<br />

molte le cose che non lo fanno sembrare così<br />

astuto come dice di essere», ha detto Miller.<br />

«Potremmo sapere qualcosa di più su come si<br />

AMERICAN<br />

AFFAIRS<br />

SAPER VINCERE Donald Trump saluta i militari e le loro famiglie a Harrisburg, in Pennsylvania, lo scorso<br />

29 aprile. Il 4 marzo Trump ha definito su Twitter l’ex presidente Barack Obama un “Bad (or sick) guy!”.<br />

comporta in una relazione, se le sue ex mogli<br />

non avessero ricevuto denaro in cambio del<br />

silenzio sul comportamento dell'ex marito.<br />

Può circondarsi di chi vuole grazie alla sua ricchezza.<br />

Se fosse un politico qualsiasi, avrebbe<br />

molti problemi in più di quanti ne ha adesso».<br />

Il dibattito sulla sanità mentale di<br />

Trump, comunque, ci permette di<br />

chiedere come sarebbe avere un Presidente<br />

con questo tipo di disturbo.<br />

«Odiavo Bush, ma nessuno di noi si<br />

è mai chiesto se avesse un qualche problema<br />

psichiatrico», dice John Gartner, psicologo<br />

e professore alla John Hopkins University<br />

Medical School per 28 anni (ha criticato fortemente<br />

l'utilizzo della Goldwater Rule in questo<br />

caso, ndr). Il professore sostiene che Trump<br />

soffra di “narcisismo maligno”, un termine<br />

– inventato per spiegare i problemi mentali<br />

di Hitler – che fa riferimento al triumvirato<br />

dei disordini della personalità: narcisismo,<br />

paranoia e comportamento antisociale. «Anche<br />

se non sono d'accordo con nulla di quello<br />

che pensa, sarei estremamente sollevato nel<br />

vedere un Presidente Pence», ha detto. «Lui<br />

almeno non è pazzo, è solo un conservatore».<br />

Avere un problema psichiatrico, comunque,<br />

non renderebbe Trump impossibilitato a fare<br />

il Presidente. Uno studio pubblicato nel 2006<br />

sul Journal of Nervous & Mental Disease sostiene<br />

che 18 dei primi 37 Presidenti americani<br />

avevano disordini psichiatrici: depressione (il<br />

24%), ansia (8%), alcolismo (8%) e disordini<br />

bipolari (8%). Dieci di loro hanno esibito i sintomi<br />

durante l'esercizio del mandato. Uno era<br />

Abraham Lincoln, che soffriva di depressione.<br />

Il problema è che, quando si tratta di leadership,<br />

non tutte le patologie sono uguali.<br />

Alcune, come la depressione, non mettono<br />

in grande difficoltà la capacità di prendere<br />

decisioni, al massimo creano problemi agli<br />

amici e ai familiari del malato. Altre, come<br />

l'alcolismo, possono fare molti più danni: nel<br />

1969 Nixon si ubriacò a tal punto da ordinare<br />

un attacco nucleare contro la Corea del Nord.<br />

Non successe nulla solo grazie all'intervento<br />

di Henry Kissinger.<br />

Quando si tratta di Presidenti, e in generale<br />

di politici, è normale incontrare un po' di<br />

narcisismo. Molti narcisisti diventano “leader<br />

emergenti”, hanno una grande capacità di farsi<br />

eleggere. Sanno essere affascinanti e carismatici.<br />

Dominano, intrattengono. Infondono<br />

forza e sicurezza. Sono bravi a convincere<br />

le persone che sono davvero così incredibili<br />

come pensano di essere (e no, non lo sono<br />

davvero). In particolare, questo tipo di leadership<br />

emerge più facilmente in momenti<br />

di malcontento: un narcisista ha interesse a<br />

FOTO AL DRAGO/THE NEW YORK TIMES<br />

52 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


AMERICAN<br />

AFFAIRS<br />

Bugiardo in capo<br />

«Cosa dovrebbe fare un senatore ameriCano di fronte a<br />

un Presidente bugiardo?», ha domandato pubblicamente Bernie<br />

Sanders lo scorso marzo. I media, i politici, persino i portavoce di<br />

Trump stanno vivendo con grande difficoltà le bugie croniche del<br />

loro comandante in capo. Alcuni hanno deciso di non definire mai<br />

“bugie” le sue affermazioni false. «Non potendo guardare dentro<br />

la testa di Trump», ha affermato un reporter di NPR, «non posso<br />

capire quali sono le sue intenzioni». Ma, come ha proseguito il<br />

senatore Sanders, «ignorare la realtà aiuta il popolo americano?».<br />

Non pensiamo proprio: Donald Trump è un bugiardo senza vergogna,<br />

una faccia di bronzo. Si prende il merito di conquiste non sue,<br />

descrive il mediocre come eccezionale, inventa la Storia e fomenta<br />

teorie cospirazioniste. Mente anche sul meteo. Ecco qui, divise per<br />

argomento, le sue bugie più incredibili. TESSA STEWARD<br />

Economia<br />

“<br />

Il rapporto sull’occupazione<br />

di gennaio<br />

mostra un aumento di<br />

237mila posti di lavoro.<br />

Molti dipendono dal<br />

nuovo spirito che ha<br />

pervaso la nazione”<br />

(3 febbraio)<br />

In precedenza Trump aveva<br />

definito i rapporti del<br />

Dipartimento del Lavoro<br />

americano “menzogne”<br />

e “invenzioni totali”. Poi,<br />

quando i numeri sono<br />

diventati positivi, si è preso<br />

tutto il merito. Trump si è<br />

attribuito anche il job program<br />

di Exxon (attivo dal<br />

2013) e la decisione di Fiat<br />

Chrysler di espandere la<br />

produzione in Michigan<br />

e Ohio (pianificata da più<br />

di un anno).<br />

Crimine<br />

“<br />

Quando il<br />

Presidente Obama era<br />

a Chicago, due settimane<br />

fa, ha fatto un bel<br />

discorso, davvero un bel<br />

discorso. Nel frattempo<br />

qualcuno ha sparato<br />

e ucciso due persone”<br />

(25 gennaio)<br />

Secondo la polizia di<br />

Chicago, nessuno è<br />

stato ucciso quel giorno.<br />

Zero persone. Invece a<br />

Philadelphia, secondo<br />

Trump, gli omicidi sarebbero<br />

«cresciuti enormemente».<br />

In realtà sono<br />

diminuiti, da 391 (nel 2007)<br />

a 277 (nel 2016). Trump ha<br />

anche detto che la droga è<br />

diventata «più economica<br />

delle caramelle». Sognare<br />

non costa nulla.<br />

La sua eredità<br />

“<br />

Tutta la mia storia<br />

è raccontata su Time...<br />

Sono finito sulla rivista<br />

almeno 15 volte, solo<br />

quest’anno” (25 gennaio)<br />

Due precisazioni: Trump<br />

è stato sulla copertina di<br />

Time 12 volte, Nixon 55.<br />

Trump, inoltre, sostiene di<br />

aver fatto il record di partecipanti<br />

al suo discorso<br />

di inaugurazione: secondo<br />

gli esperti erano 160mila;<br />

durante il discorso di<br />

Obama 1,8 milioni. Per<br />

quanto riguarda gli ascolti<br />

televisivi, invece: «11<br />

milioni in più rispetto<br />

a quattro anni fa!».<br />

Ha detto la verità,<br />

ma il problema sta<br />

nel paragone. Gli<br />

spettatori non guardano<br />

il discorso di un<br />

Presidente che è stato<br />

eletto per il suo secondo<br />

mandato.<br />

Il primo discorso di<br />

Obama, infatti, è stato<br />

guardato da 7 milioni di<br />

persone in più rispetto<br />

a quello di Trump. Per<br />

quanto riguarda il resto<br />

del mondo, invece: Trump<br />

sostiene di aver “predetto”<br />

la Brexit, in realtà ai tempi<br />

del referendum ha solo<br />

dichiarato: «La Brexit non<br />

mi interessa più di tanto».<br />

promuovere caos e a inventare un nemico<br />

comune. «Vogliono stare al centro dell'attenzione,<br />

e ci riescono proponendo grandi<br />

cambiamenti e presentandosi come leader<br />

coraggiosi», dice Campbell. «Se le cose vanno<br />

bene, non vuoi un leader narcisista. Se le cose<br />

vanno male, invece, pensi: “Beh, proviamoci.<br />

Vediamo che cambiamenti riesce a fare, cambiamo<br />

le carte in tavola”. Poi ti rivolgi a Dio e<br />

speri che funzioni».<br />

A volte funziona, spesso no. Ironia della sorte,<br />

i narcisisti vengono eletti più facilmente<br />

quando le cose vanno male, ma si comportano<br />

meglio quando le cose vanno bene e possono<br />

prendersi tutto il merito. Una delle domande<br />

del Narcissistic Personality Inventory, un<br />

questionario utilizzato per individuare la<br />

presenza di tratti narcisistici della persona-<br />

lità, chiede di scegliere tra due frasi: (1) “Il<br />

pensiero di governare il mondo mi spaventa<br />

da morire”, e (2) “Se governassi io, il mondo<br />

sarebbe un mondo migliore”. I narcisisti<br />

generalmente scelgono la seconda, ma questa<br />

sicurezza è sconveniente: se pensi di essere<br />

il migliore, che senso ha perdere tempo per<br />

migliorare? È più facile puntare il dito: «I<br />

narcisisti esteriorizzano la colpa», dice Miller.<br />

«Guarda Spicer: Trump lo sta per licenziare.<br />

Invece dovrebbe dire: “Avrei dovuto leggere<br />

questo trattato con più attenzione”. Ma un<br />

narcisista non lo farebbe mai, non si prende<br />

mai la responsabilità dei suoi passi falsi».<br />

Nonostante gli ovvi rischi, avere un Presidente<br />

narcisista non è sempre un disastro.<br />

«La democrazia è basata sulla risoluzione di<br />

problemi tramite il conflitto», ha detto Sean<br />

Wilentz, professore di Storia a Princeton e<br />

collaboratore storico di <strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong> USA.<br />

«Un leader dalla personalità dominante può<br />

essere molto efficace». Lyndon Johnson, il<br />

Presidente che ha ottenuto il punteggio più<br />

alto nello studio che ha analizzato le tendenze<br />

narcisiste dei leader americani, aveva l'aggressività<br />

necessaria per far approvare il Civil<br />

Rights Act, ma non ha avuto la forza di abbandonare<br />

il Vietnam. Quando un gruppo di<br />

giornalisti gli ha chiesto spiegazioni, pare che<br />

si sia abbassato la zip dei pantaloni e, tirando<br />

fuori il pene, abbia detto: «Ecco perché».<br />

Quindi, come si comporterà Trump? Nixon,<br />

probabilmente il Presidente meno etico della<br />

Storia americana, si è classificato secondo,<br />

ma lui si è dimostrato più furbo di Trump. La<br />

sua forma di narcisismo era più adattabile,<br />

FOTO DOUG MILLS/THE NEW YORK TIMES; ANDREW HARRER/BLOOMBERG VIA GETTY IMAGES<br />

54 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


Immigrazione<br />

“<br />

Abbiamo scoperto<br />

109 persone tra le<br />

migliaia che viaggiano<br />

tutti i giorni, e l’unica<br />

cosa che abbiamo fatto è<br />

stato qualche controllo”<br />

(5 febbraio)<br />

Nonostante Trump insista<br />

che il passaggio all’immigration<br />

ban sia stato assorbito<br />

benissimo, la realtà è<br />

che oltre 90mila viaggiatori<br />

sono stati colpiti dal suo<br />

ordine esecutivo, che ha<br />

anche fatto esplodere proteste<br />

spontanee in tutto<br />

il Paese. Dopo la sospensione<br />

del provvedimento,<br />

Trump ha dichiarato: «Ora<br />

chiunque, anche chi ha<br />

cattive intenzioni, può<br />

entrare negli Stati Uniti».<br />

Non è vero: controlli specifici<br />

sono previsti da anni.<br />

Russia<br />

“<br />

L’NSA e l’FBI hanno<br />

spiegato al Congresso<br />

che la Russia non ha<br />

interferito nel processo<br />

elettorale” (20 marzo)<br />

Il Congresso ha chiesto al<br />

direttore dell'FBI James<br />

Comey e a quello dell'NSA<br />

Mike Rogers se ritenessero<br />

che «l’obiettivo dei russi<br />

fosse minare la fede degli<br />

americani nel processo<br />

democratico». Entrambi<br />

hanno risposto: «Yes».<br />

Le elezioni<br />

“<br />

Un numero<br />

compreso tra i 3 e<br />

i 5 milioni di voti<br />

illegali mi ha impedito<br />

di vincere il voto<br />

popolare”(23 gennaio)<br />

Nessuna persona<br />

o organizzazione<br />

credibile ha offerto<br />

prove che<br />

possano confermare<br />

questa<br />

affermazione.<br />

Trump ha dichiarato,<br />

in maniera<br />

poco plausibile: «Molti<br />

hanno detto che ho ragione.<br />

E nessuno di questi<br />

voti era per me, erano tutti<br />

per Hillary». Persino i suoi<br />

consiglieri hanno ammesso<br />

che «il Presidente ci ha<br />

creduto davvero». Per<br />

compensare, Trump ha<br />

ingigantito la sua vittoria:<br />

«Credo di aver ottenuto il<br />

miglior risultato dai tempi<br />

di Reagan». No, è successo<br />

proprio il contrario.<br />

La difesa<br />

“<br />

Dopo il mio arrivo,<br />

abbiamo risparmiato<br />

oltre 700 milioni di dollari<br />

di spesa pubblica<br />

solo per gli F-35”<br />

(28 febbraio)<br />

Trump non ha niente<br />

a che vedere con<br />

l’abbassamento<br />

del prezzo degli aerei.<br />

L’annuncio del taglio sul<br />

costo degli F-35, infatti, è<br />

arrivato un mese prima del<br />

primo incontro tra Trump<br />

e il capo del Dipartimento<br />

di Difesa. Nel frattempo,<br />

Trump ha mentito anche<br />

sulle spese dell’Esercito:<br />

«Sto lavorando a uno dei<br />

maggiori aumenti di spese<br />

militari nella Storia». Per<br />

ora, la spesa militare<br />

è aumentata soltanto<br />

del 10%: un risultato<br />

mediocre, almeno<br />

secondo l'analista<br />

Laicie Heeley.<br />

Sanità<br />

“ L’Obamacare<br />

esploderà. Ma noi ci<br />

riuniremo e studieremo<br />

un grande programma<br />

sanitario per il popolo.<br />

Non preoccupatevi!”<br />

(23 gennaio)<br />

A Trump piaceva ripetere<br />

che l’Obamacare stava<br />

“esplodendo”; in realtà il<br />

Congresso ha sempre definito<br />

il programma come<br />

“stabile”. Il piano di Trump,<br />

approvato dopo grandi<br />

difficoltà, prometteva assistenza<br />

per tutti. Invece,<br />

24 milioni di cittadini resteranno<br />

senza un’assicurazione<br />

sanitaria.<br />

FOTO OLIVIER DOULIERY/POOL VIA BLOOMBERG; DOUG MILLS/THE NEW YORK TIMES<br />

machiavellica. Molti narcisisti, infatti, vedono<br />

il mondo come una grande scacchiera, devono<br />

pensare prima degli altri per mantenere il<br />

vantaggio che ritengono gli sia dovuto. Per<br />

questo l'impulsività non è un tratto classico<br />

dei narcisisti. Trump, quindi, presenta una<br />

sfortunata combinazione di caratteristiche:<br />

«L'impulsività e la mancanza di riflessione,<br />

insieme alla sua immensa autostima; sono<br />

queste le cose che mi spaventano di più, di<br />

Trump», avverte Miller.<br />

I narcisisti sono particolarmente vulnerabili<br />

ai leccapiedi, a quelli che dicono loro solo<br />

ciò che vogliono sentirsi dire. Non importa<br />

se Steve Bannon sia davvero l'eminenza grigia<br />

dietro ad alcune sparate del Presidente,<br />

persino i repubblicani hanno paura della sua<br />

influenza su Trump. Impedire ai non-eletti<br />

di sfruttare le debolezze psicologiche del<br />

Presidente dovrebbe essere automatico nel<br />

sistema politico americano: «L'importanza di<br />

Bannon è un segno della necessità di avere<br />

partiti funzionanti», dice Wilentz, «perché<br />

solo i partiti possono gestire questi personaggi.<br />

Non arrivi dove Trump è adesso con<br />

un sistema dei partiti funzionante. Questa<br />

particolare crisi politica, che è una crisi dei<br />

partiti, ha prodotto un Presidente di questo<br />

tipo. Normalmente gente così è esclusa dalla<br />

politica».<br />

Per molti esponenti della comunità scientifica,<br />

l'aspetto più preoccupante della personalità di<br />

Trump risiede nella sua incapacità di distinguere<br />

la realtà dalla finzione. Il narcisismo, se<br />

diventa DNP, può portare ad allucinazioni,<br />

a immaginare una realtà alternativa dove il<br />

narcisista rimane al top nonostante tutto dimostri<br />

il contrario. «Lui è davvero veloce, velocissimo,<br />

a minare la credibilità di chiunque<br />

minacci il suo dominio», dice Gwenda Blair,<br />

autrice di The Trumps: Three Generations of<br />

Builders and a President. «Se percepisce qualcosa<br />

– e ha sensi davvero acuti – che possa<br />

minare l'idea che lui sia al 200% un vincente,<br />

la distrugge immediatamente. Gli articoli che<br />

spiegavano come non avesse vinto il voto popolare,<br />

per esempio, non riusciva ad accettarli.<br />

Cercava continuamente altre spiegazioni:<br />

ci saranno stati voti illegali, avranno perso<br />

delle schede. È impossibile che abbia perso,<br />

non riesce a immaginare questa possibilità».<br />

Considerare “impensabili” verità documentate,<br />

però, è una «seria minaccia per qualcuno<br />

che per lavoro deve acquisire informazioni e<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 55


AMERICAN<br />

AFFAIRS<br />

FOTO AL DRAGO/THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO<br />

56 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


FOTO JABIN BOTSFORD/THE WASHINGTON POST VIA GETTY IMAGES<br />

forma più tossica di una malattia mentale che ti<br />

rende comunque funzionante. Insomma, nella<br />

sua prima settimana di governo ha minacciato<br />

di invadere il Messico, l'Iran e Chicago. Ti<br />

rendi conto?».<br />

Il 29 giugno 1999 Trump ha letto un elogio<br />

funebre durante il funerale del padre, a Manhattan.<br />

Altri avevano ricordato Fred Trump<br />

e la sua storia: un uomo che aveva costruito<br />

case solide per migliaia di newyorkesi.<br />

L'attuale Presidente, invece, ha usato il suo<br />

tempo per spiegare a tutti che la più grande<br />

conquista del padre era stata una e una sola:<br />

suo figlio, Donald.<br />

I Presidenti uniscono le nazioni attorno alle<br />

loro idee, buone o cattive che siano. Un Presidente<br />

con un DNP non pensa a niente che non<br />

sia il suo ego, non offre una narrativa che non<br />

sia il suo “falso sé”. Un Presidente narcisista<br />

si aspetta che gli americani lo seguano, ignoprendere<br />

decisioni. Diventa impossibile capire<br />

dove hai sbagliato, perché non accetti che<br />

questa possibilità esista», spiega Dodes. Questo<br />

è soprattuto vero quando l'informazione è<br />

negativa per l'ego del narcisista. Così si spiega<br />

il primo giorno della Presidenza Trump, la sua<br />

continua affermazione di superiorità, la velocità<br />

con cui ha abbandonato vecchi alleati e<br />

la formazione del suo governo, una collezione<br />

di persone tanto ricche quanto prive d'esperienza.<br />

Una bolla narcisista su misura per non<br />

mettere in discussione il suo dominio.<br />

«Messi di fronte a informazioni negative su<br />

loro stessi, i narcisisti svalutano, denigrano,<br />

non le accettano», dice Pincus.<br />

«Le scacciano via, le<br />

distorcono, incolpano qualcun<br />

altro, hanno bisogno di<br />

vedere un'immagine di loro<br />

stessi superiore, non tollerano<br />

l'idea di avere difetti,<br />

imperfezioni o che ci sia<br />

qualcuno migliore di loro».<br />

Questo significa che non<br />

solo Trump mente molto<br />

facilmente (solo il 2,5% delle<br />

affermazioni fatte durante<br />

la sua campagna elettorale<br />

erano vere, il 78% false,<br />

false in parte o totalmente<br />

assurde), ma che continuerà<br />

a farlo e a rinchiudersi<br />

nel suo cerchio magico che,<br />

spiega Pincus, «non farà altro<br />

che ascoltarlo e ripetergli<br />

che è il numero uno. Per<br />

questo è scioccato quando<br />

qualcuno ha un'opinione<br />

diversa, per questo denigra<br />

i tribunali e gli Stati che gli vanno contro. Non<br />

si metterà mai in discussione».<br />

Continuerà a ribaltare e a proporre visioni<br />

distorte di ogni evento negativo della sua<br />

Presidenza: «Le sue quattro bancarotte non<br />

erano viste come un segno negativo durante<br />

la campagna elettorale. Erano mostrate come<br />

un segno della sua furbizia», dice Blair. E continuerà<br />

a insistere sui suoi deliri, come quello<br />

sulle cimici installate da Obama, nonostante<br />

tutto indichi che non ci sia niente di vero.<br />

Questo preoccupa molto Wilentz. «Abbiamo<br />

avuto molti Presidenti problematici: alcolismo,<br />

paranoia, problemi psicologici classici»,<br />

mi spiega. «Questa cosa è diversa. Lui è dissociato<br />

dalla realtà. Non abbiamo mai visto una<br />

cosa del genere». Gartner è ancora più deciso:<br />

«Si comporta come un folle, e si arrabbia quando<br />

gli altri non vedono le stesse cose che sono<br />

nella sua testa».<br />

La dissociazione dalla realtà, insieme<br />

al bisogno infantile di Trump<br />

di affermare la sua superiorità,<br />

hanno portato molti professionisti<br />

del settore a pensare che i<br />

tratti esibiti siano sufficienti per renderlo unfit<br />

to office, non importa la diagnosi. In questo<br />

caso il dovere da strizzacervelli scavalca la<br />

Goldwater Rule: «Dal punto di vista psichiatrico<br />

siamo in una situazione molto pericolosa»,<br />

dice Gartner. «Se Trump fosse ancora<br />

più malato, nessuno lo ascolterebbe più. Se<br />

il suo problema fosse grottesco, non sarebbe<br />

una minaccia. Invece, purtroppo, soffre della<br />

TUTTA LA VERITÀ Donald Trump durante un comizio. Secondo uno studio, solo il 2,5%<br />

delle affermazioni che ha fatto durante la scorsa campagna elettorale erano vere.<br />

rando che dietro alle sue manie, dietro alla sua<br />

ossessione per il suo mito personale, non ha<br />

nient'altro da offrire se non la sua debolezza.<br />

«Faremo questo e quest'altro, sarà fantastico,<br />

incredibile», dice Pincus. «Non c'è nessuna<br />

sostanza in quello che promette. Come farai a<br />

fare queste cose? In che modo conquisteremo<br />

quegli obiettivi?».<br />

Non conosciamo la risposta. Le notizie che trapelano<br />

dalla Casa Bianca descrivono un uomo<br />

arrabbiato, che voleva diventare Presidente,<br />

ma che non vuole essere il Presidente. Trump<br />

è arrivato nello Studio Ovale pieno di idee e<br />

voglia di cambiamento, ma non ha l'esperienza<br />

politica o storica di Johnson<br />

o persino di Nixon. Il<br />

malcontento che serpeggia<br />

al Congresso ci fa capire<br />

che esiste davvero la paura<br />

che Trump possa vedere le<br />

riforme non razionalmente,<br />

senza metodo e, soprattutto,<br />

senza ragionamenti<br />

bipartisan. Per ora, come fa<br />

notare Barney Frank, «pur<br />

avendo le due Camere sotto<br />

il controllo del Partito<br />

repubblicano, Trump non<br />

ha fatto quasi niente».<br />

Il suo immigration ban è stato<br />

bloccato, e il suo budget<br />

ridicolizzato. «L'orizzonte<br />

temporale delle decisioni<br />

di Trump sembra essere di<br />

circa 13 minuti», dice Frank.<br />

«Non puoi lavorare con<br />

persone più preoccupate<br />

delle conseguenze personali<br />

di una riforma, piuttosto<br />

che di quelle pubbliche».<br />

Se Trump soffrisse davvero di DNP, e se le sue<br />

idee non dovessero mai realizzarsi, le sue convinzioni<br />

assurde continueranno a scontrarsi<br />

con la realtà. Secondo molti esperti, questo<br />

non farà altro che esasperare il problema.<br />

«Credo che siamo di fronte a una situazione<br />

in continuo deterioramento», ha detto<br />

Gartner. «Penso che sarà sempre più matto».<br />

Come spiega la lettera di Dodes al New York<br />

Times, gli attacchi di Trump contro “i fatti e<br />

chi li dimostra continueranno ad aumentare,<br />

almeno finché il suo mito di grandezza non<br />

diventerà realtà”.<br />

Comunque, non importa quanto fallimentari<br />

saranno i prossimi quattro anni. Secondo<br />

la biografa Gwenda Blair, «non c'è dubbio,<br />

lui sarà convinto di aver fatto un lavoro<br />

grandioso. Questo non è assolutamente in<br />

discussione».<br />

RS<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 57


Voglio andare<br />

a casa.<br />

La casa dov’è?<br />

Forse in Francia,<br />

forse alle Hawaii.<br />

Perché la vita di<br />

Leonardo Fioravanti è così,<br />

in giro per il mondo da quando aveva<br />

11 anni.<br />

La dura (ma bellissima) esistenza<br />

del miglior surfista italiano<br />

TESTO MATTEO ZAMPOLLO<br />

FOTO GIAMPAOLO VIMERCATI<br />

STYLE PINA GANDOLFI<br />

58 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


Leonardo Fioravanti<br />

è nato a Roma l'8<br />

dicembre 1997.<br />

Ha iniziato a surfare<br />

a 4 anni, a Cerveteri.<br />

Nella foto:<br />

cappotto GUCCI;<br />

muta QUIKSILVER.<br />

ROLLING STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong> 59


possiamo farla io e te, da<br />

soli? Preferirei... Vorrei<br />

fosse una chiacchierata<br />

tra noi, se non è un<br />

problema...». Non è una<br />

cosa che capita spesso,<br />

vedere un personaggio, al di là della sua importanza,<br />

che chiede all'ufficio stampa di allontanarsi<br />

prima dell'intervista. Ma Leonardo Fioravanti è<br />

così. Biondino angelico, con la faccia da bravo<br />

ragazzo, ma che nasconde un coraggio e una<br />

disinvoltura notevoli. È il nome più importante<br />

del surf made in Italy: lo scorso ottobre, per dire,<br />

in una tappa della World League ha sconfitto il<br />

mito Kelly Slater – ovvero il surfista americano<br />

che ha vinto più titoli e contest individuali in<br />

assoluto – e non era neanche la prima volta che<br />

succedeva, visto che già ad aprile in Australia gli<br />

aveva fatto mangiare la schiuma. A dicembre,<br />

poi, si è qualificato “per davvero" per la League,<br />

ovvero senza sfruttare la Wild Card con cui ha<br />

partecipato alla scorsa edizione, diventando così<br />

il primo italiano a entrare tra i 32 migliori surfisti<br />

di tutto il mondo.<br />

Leonardo ha 20 anni ancora da compiere (è nato<br />

l'8 dicembre 1997), una vita surreale, che l'ha<br />

portato via da Cerveteri, provincia romana, a 11<br />

anni per inseguire il sogno, ovvero trasformare<br />

la sua tavola da surf nella sua scrivania da ufficio.<br />

Con la – grande, anzi grandissima – complicità<br />

dei suoi genitori, è uno di quelli che ce l'ha fatta.<br />

E considerato che, tra qualche anno, il surf arriverà<br />

anche alle Olimpiadi, le speranze per lui e<br />

per tutti sono di vederlo anche in competizione<br />

durante i Giochi per antonomasia.<br />

Incontro Fioravanti a Milano in una delle rarissime<br />

volte in cui è di passaggio in <strong>Italia</strong>. Perché<br />

Leonardo è uno che snocciola viaggi in posti tipo<br />

isole Hawaii, Marocco e Indonesia con la stessa<br />

facilità con cui io parlo delle gite della domenica<br />

pomeriggio sul lago d'Orta. Un aspetto che lo<br />

fa diventare involontariamente snob, ma anche<br />

terribilmente figo.<br />

In accappatoio – un dettaglio a uso e consumo<br />

di tutte le giovani lettrici che stanno là fuori – ci<br />

sediamo in una saletta appartata, tra una foto e<br />

l'altra. Mentre ci rimpinzano di quintali di pizza<br />

(«Ti manca questa quando sei all'estero?», gli<br />

chiedo, mentre divora un pezzo dopo l'altro. Lui<br />

A destra: cerata MONCLER;<br />

anelli e orologio in acciaio GUCCI.<br />

60 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


ROLLING STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong> 61


non risponde, ma strabuzza gli occhi), iniziamo<br />

a chiacchierare. Senza interruzioni da parte<br />

dell'ufficio stampa.<br />

RS So come hai iniziato a surfare, c'è scritto da<br />

tutte le parti, ma cosa ti ha spinto a iniziare? Non<br />

è che uno si sveglia una mattina e decide di salire<br />

su una tavola...<br />

FIORAVANTI Da piccolo andavo al mare vicino<br />

a casa mia, in uno stabilimento che si chiama<br />

“Ocean Surf ”. Sono cresciuto lì praticamente.<br />

I proprietari, Ciccio e Pallino, sono amici di<br />

famiglia da tanto tempo: sono loro che mi hanno<br />

messo sulla tavola, e prima ancora ci hanno fatto<br />

salire mio fratello che ha qualche anno in più di<br />

me. Ho capito subito che quello era lo stile di vita<br />

che faceva per me. Quando c'erano le onde uscivamo,<br />

altrimenti stavamo comunque in acqua,<br />

che fosse estate oppure inverno, a mollo in riva<br />

oppure remando per andare al largo.<br />

RS Ma cos'è scattato dopo? Che cosa ti ha fatto<br />

dire: “Questa sarà la mia vita"?<br />

FIORAVANTI Non c’è stato un momento preciso<br />

in realtà, è stato più che altro un colpo di fulmine.<br />

La mia famiglia mi ha sempre aiutato, non ho mai<br />

sentito nessuna pressione, non c'era nessuna<br />

aspettativa su di me, quindi ho vissuto tutto con<br />

molta calma. Mi godevo l'adrenalina che sentivo,<br />

quella carica che mi arrivava dal mare. Stare su<br />

una tavola per me era la cosa più divertente<br />

del mondo. E i miei genitori mi hanno sempre<br />

supportato: mia mamma mi veniva a prendere a<br />

scuola, diceva alle maestre che dovevo uscire prima<br />

perché avevo un appuntamento dal dottore<br />

o qualche altro impegno e invece mi portava al<br />

mare a fare surf.<br />

RS Vabbè, è facile così! Avevi una complice<br />

fortissima...<br />

FIORAVANTI Sì, certo. Aveva capito quanta gioia<br />

mi dava il mare e aveva imparato che in <strong>Italia</strong> non<br />

c’erano molte onde. Quindi, quando era il giorno<br />

giusto e c'erano le onde per me, faceva di tutto<br />

per vedermi felice.<br />

RS Diciamo che sei stato fortunato.<br />

FIORAVANTI Sì, i miei mi hanno sempre aiutato.<br />

Quando avevo 11-12 anni e iniziavo a fare le prime<br />

gare, mia mamma ha deciso di seguirmi in giro<br />

per il mondo. Praticamente ha lasciato da solo<br />

mio fratello che aveva solo 18 anni. Ma è stato lui<br />

il primo a capire cosa stava succedendo e a dirle<br />

“Mia mamma<br />

mi veniva<br />

a prendere<br />

a scuola dicendo<br />

che dovevo andare<br />

dal dottore, ma invece<br />

mi portava a surfare”<br />

A destra: pantaloni SISLEY;<br />

anelli e orologio in acciaio GUCCI.<br />

62 ROLLING STONE_GIUGNO STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong>


ROLLING STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong> 63


64 ROLLING STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong>


di seguirmi. Avevano tutti capito che era giusto<br />

così, a costo di fare tanti sacrifici.<br />

RS Facendo questa vita, però, ti sei perso completamente<br />

un passaggio importante come l'adolescenza<br />

e una scuola normale (ha frequentato una<br />

scuola online, facendo esami da privatista e ha preso<br />

il diploma in una scuola americana, ndr). Come hai<br />

passato quella fase della tua vita?<br />

FIORAVANTI Non ci penso spesso. Sicuramente<br />

la mia vita ha seguito ritmi totalmente diversi<br />

da quelli “normali". Ho lasciato l’<strong>Italia</strong> e lo stile<br />

di vita italiano che ero ancora un bambino, e mi<br />

sono abituato ad avere amici ovunque in giro<br />

per il mondo. Anche adesso è così, c'è chi sta<br />

alle Hawaii, chi in Francia, chi in Australia. Sono<br />

cresciuto con loro, a seconda dei momenti. È uno<br />

stile di vita diverso da tutti gli altri.<br />

RS Che ti sta bene, quindi?<br />

FIORAVANTI Certo! È la vita migliore del mondo!<br />

Mi ha scelto lei, ho la consapevolezza di non<br />

averla scelta io.<br />

RS Mi sono documentato un po' e ho visto che<br />

nel surf ci sono praticamente due approcci opposti:<br />

c'è chi evita le gare preferendo l'esplorazione,<br />

la scoperta di nuovi spot in giro per il mondo e<br />

chi, invece, cerca la competizione a tutti i costi<br />

e vive in funzione delle gare e dei campionati. Tu<br />

in quale tipologia ti collochi?<br />

FIORAVANTI Per me la competizione è tutto!<br />

Sono cresciuto competitivo, ho sempre seguito<br />

mio fratello e i suoi amici più grandi, cercando<br />

di fare quello che facevano loro. Mi arrabbiavo,<br />

se mi battevano anche a biliardo o, che ne so,<br />

a ping pong. Sono nato così: o primo o niente.<br />

Crescendo, ho imparato anche a perdere, ma<br />

se non vinco non riesco a essere felice, per me<br />

la vittoria è tutto. Ogni giorno io mi alleno per<br />

vincere. Però, come dici tu, c'è anche un'altra<br />

parte di questo sport, diciamo che può essere<br />

vissuto anche attraverso altri aspetti. Amo<br />

girare per i circuiti, amo viaggiare alla ricerca di<br />

qualche spot. Magari ho un giorno libero e vado<br />

in Marocco oppure in Portogallo, controllo dove<br />

ci sono le onde buone e parto. Cerco sempre di<br />

incastrare dei piccoli viaggi, anche una toccata e<br />

fuga, nella mia agenda.<br />

RS Appunto, la tua agenda. Quanto c’è di programmato?<br />

Come sei messo?<br />

FIORAVANTI Bene! A parte il fatto che non so ne-<br />

A sinistra: blazer TAGLIATORE;<br />

giacca con cappuccio K-WAY;<br />

muta QUIKSILVER; anelli GUCCI.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 65


66 ROLLING STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong>


“Com’è<br />

messa la<br />

mia agenda?<br />

Bene!<br />

Anche<br />

se non ho<br />

idea di dove<br />

sarò domani”<br />

anche domani dove starò, va tutto bene! (Ride). Il<br />

mio programma sono le gare che devo affrontare<br />

e il calendario delle varie competizioni, in base<br />

a quello gestisco tutto. Quando rallento un po',<br />

perché non ci sono gare in programma, cerco di<br />

viaggiare o comunque di allenarmi il più possibile,<br />

anche perché ci sono dei nomi belli grossi con<br />

cui confrontarsi nella World League.<br />

RS Ma hai delle tappe fisse nella tua vita? Hai un<br />

posto che potresti definire casa tua?<br />

FIORAVANTI Diciamo che da maggio fino a ottobre<br />

circa sto con mia mamma in Francia, dove<br />

abita e, tra una gara e l’altra, torno sempre da<br />

lei. Quindi forse è quello il mio punto di riferimento.<br />

Il resto dell'anno lo passo tra le Hawaii e<br />

l'Australia, più tutti gli spostamenti che ti dicevo.<br />

RS Come mi spiegavi, sei pieno di amici sparsi<br />

in giro per il mondo. Siete una comunità molto<br />

legata in questo sport, o è solo apparenza e sotto<br />

sotto vi odiate?<br />

FIORAVANTI Ma no! (Ride). Oddio, magari c'è<br />

quello un po’ meno socievole degli altri, che sta<br />

un po' più sulle sue. Ma io sono molto aperto<br />

e amico di tutti, soprattutto dei brasiliani, dei<br />

portoghesi... Ho avuto la fortuna di imparare le<br />

lingue straniere quand’ero più giovane: le volevo<br />

parlare bene per potermi integrare al meglio con<br />

gli altri. È completamente diverso così. Anche<br />

se devi soltanto ordinare qualcosa da mangiare<br />

al ristorante, se lo fai nella lingua locale diventa<br />

tutto più facile, ti guardano con un occhio diverso,<br />

più rilassato. È una sorta di rispetto verso gli<br />

altri e di educazione.<br />

RS A proposito di rispetto, tu fai parte di una<br />

generazione che sta arrivando ai livelli più alti<br />

del surf e sta piano piano prendendo il posto<br />

al vertice di quelli che hanno 40/45 anni. Cosa<br />

pensi sia cambiato nell'approccio tra la loro<br />

generazione e la tua?<br />

FIORAVANTI Uhm, secondo me bisogna vedere<br />

come sono cambiate le stesse generazioni, più<br />

che altro. Per esempio, la generazione dei 40enni<br />

si è adattata molto negli ultimi anni, prima era<br />

tutto molto più easy in questo mondo, era tutto<br />

più libero, c'erano meno regole. Se non conosci<br />

il surf, se non lo vivi dall'interno, lo vedi ancora<br />

in questo modo.<br />

RS È un po' la stessa cosa che è successa con lo<br />

snowboard...<br />

FIORAVANTI Esatto. Ora anche il nostro è uno<br />

sport di atleti: se non ti alleni, se non fai sacrifici,<br />

se non hai un programma duro, non puoi seguire<br />

gli impegni del circuito, non puoi battere i migliori.<br />

Proprio non riesci a reggere! Io preferisco<br />

che sia così, siamo diventati davvero degli atleti<br />

completi, il livello si sta alzando talmente in fretta<br />

che è necessario allenarsi ogni giorno, uscire ogni<br />

giorno per arrivare a competere con i campioni.<br />

RS Tipo? Chi sono i riferimenti adesso? O meglio,<br />

i tuoi avversari?<br />

FIORAVANTI Ti direi due nomi su tutti: il brasiliano<br />

Gabriel Medina e John John Florence,<br />

americano. Sono quelli da battere.<br />

RS Al di là del surf, quando hai tempo fai qualche<br />

altro sport?<br />

FIORAVANTI Sì, gioco anche a golf.<br />

RS Ecco, questa è una risposta che non mi aspettavo.<br />

Non ti facevo tipo da golf. È una passione<br />

recente?<br />

FIORAVANTI No, ho iniziato quando avevo 11<br />

anni con il compagno di mamma, che tra l'altro<br />

è anche il manager di Kelly Slater. Anche Kelly<br />

gioca da tantissimo tempo.<br />

RS E come sei messo?<br />

FIORAVANTI Piano piano sto migliorando, adesso<br />

ho un handicap di 17 o 18. Il 31 dicembre scorso ho<br />

fatto il mio record, chiudendo a 80, 8 sopra il par.<br />

RS Solo per curiosità, in che parte del mondo eri<br />

quando l'hai fatto?<br />

FIORAVANTI Alle Hawaii!<br />

RS<br />

A sinistra: giacca STONE ISLAND; muta QUIKSILVER; anelli e orologio in acciaio GUCCI.<br />

Grooming RITA DELL’ORCO. Hanno collaborato GIOVANNI BELLETTI e LUDOVICA MISCIATTELLI.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 67


WOMAN<br />

WRESTLING /1<br />

VUOI CHE<br />

TI SALTI<br />

ADDOSSO?<br />

NEL PAZZO MONDO DEL<br />

WRESTLING WWE LE REGOLE<br />

DEL GIOCO SONO CAMBIATE.<br />

UNA RIVOLUZIONE VERA,<br />

CHE STA TRASFORMANDO<br />

DELLE BELLISSIME RAGAZZE<br />

IN SUPERSTAR DEL RING.<br />

PRONTE A TUTTO, IN NOME<br />

DELL’ENTERTAINMENT<br />

DI MATTEO ZAMPOLLO<br />

68 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


ATTENTE LÌ SOTTO<br />

Alexa Bliss plana sulle<br />

avversarie durante il<br />

Six-pack Challenge match<br />

nell’ultima edizione di<br />

Wrestlemania a Orlando.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 69


WOMAN<br />

WRESTLING /1<br />

Hey Bayley. I wanna know, if you be<br />

my girl!”. Quando c’è Bayley sul<br />

palco, il pubblico (qualsiasi pubblico,<br />

in qualsiasi angolo del mondo),<br />

canta questo ritornello lievemente<br />

modificato rispetto all’originale,<br />

accompagnato da urla scimmiesche<br />

– come da copione – e spesso anche da<br />

movimenti pelvici. E riescono a farlo perché<br />

sono tutti in piedi, nei momenti caldi degli<br />

incontri femminili della WWE. A raccontarlo<br />

un paio di anni fa nessuno ci avrebbe creduto.<br />

Come nessuno avrebbe mai creduto di vedere<br />

due-incontri-due per il titolo di campionessa<br />

all’interno del cartellone di Wrestlemania a<br />

Orlando, ovvero la finale della Champions<br />

League, il Super Bowl del wrestling, insomma,<br />

l’evento degli eventi dello sport entertainment<br />

più importante del mondo. Un cambiamento<br />

che nell’ambiente non esitano a definire una<br />

vera e propria rivoluzione.<br />

QUESTO MOMENTO È BELLISSIMO PER NOI,<br />

PER IL MOVIMENTO E PER LE DONNE IN<br />

GENERALE.. NON PENSO CHE IN PASSATO SIA<br />

MAI SUCCESSO NIENTE DEL GENERE<br />

Alexa Bliss<br />

DIVE E NON DIVE<br />

La storia del wrestling femminile corre parallela<br />

a quella maschile. Nella WWE (al tempo<br />

WWF) la data di inizio è il 1983, ovvero l’anno<br />

in cui arriva in federazione Fabulous Moolah,<br />

nata Lillian Ellison, campionessa della NWA,<br />

cioè la federazione delle federazioni, da cui la<br />

lega della famiglia McMahon si stacca proprio<br />

quell’anno. E campionessa non è un titolo<br />

a caso: la Ellison, scomparsa a 84 anni nel<br />

2007, detiene il record di regno più lungo con<br />

la cintura, dal 1956 al 1984, quando verrà poi<br />

sconfitta da Wendi Richter, giovane stella accompagnata<br />

sul ring da Cindy Lauper. Sì, quella<br />

Cindy. Girls just want to have fun, dopotutto.<br />

Da Lillian Ellison in poi, la storia delle donne<br />

sul ring è popolata di dive più che di wrestler<br />

– usando la definizione della WWE, adottata<br />

negli anni ’90 e poi andata in disuso in occasione<br />

di Wrestlemania 32 – ovvero bellissime<br />

ragazze dai fisici mozzafiato, biondine e<br />

brunette, in gran parte in abiti succinti, che<br />

usano la via della lotta come una scorciatoia<br />

per avere successo e soldi assicurati (non c’era<br />

ancora Instagram, altrimenti avrebbero potuto<br />

intraprendere la carriera delle influencer, e risparmiarsi<br />

così un paio di suplex). Con qualche<br />

eccezione ovviamente. A livello di “combat-<br />

70 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


QUELLE CATTIVE<br />

RAGAZZE<br />

Dall’alto, in senso<br />

orario: Alexa Bliss<br />

durante la tappa di<br />

Bologna del tour<br />

europeo della WWE;<br />

Sensational Sherri,<br />

wrestler degli anni<br />

’80 e ’90; la proposta<br />

di matrimonio di<br />

John Cena a Nikki<br />

Bella; un momento<br />

femminile di<br />

Wrestlemania 33.<br />

FOTO COURTESY WWE<br />

timenti”, sicuramente Chyna, la più<br />

possente ragazzona vista su un ring,<br />

unica a vincere un titolo destinato agli<br />

uomini, persa poi in una vita turbolenta<br />

e deceduta a 46 anni. E poi una<br />

manciata di nomi noti, da Sensational<br />

Sherri, che è tra le preferite di Alexa<br />

Bliss, a Miss Elizabeth, moglie anche<br />

nella vita reale di “Macho Man” Randy<br />

Savage, da Beth Phoenix, ultimo<br />

ingresso nella Hall of Fame a Orlando<br />

lo scorso aprile, a Trish Stratus o Lita.<br />

Ma quelle kicking ass si contavano<br />

sulle dita di una mano. E, invece, la<br />

nuova generazione mette sul piatto<br />

molto di più. La già citata Bayley, tra<br />

le più amate, ma anche<br />

Eva Marie, Sasha<br />

Banks, Natalya o Nia<br />

Jax. Che sono tutto,<br />

fuorché delle semplici<br />

bellocce per allietare il<br />

pubblico pagante.<br />

COME “BEAUTIFUL”,<br />

ANZI MEGLIO<br />

Ecco, il pubblico del<br />

wrestling è un pubblico<br />

che da puramente<br />

maschile – e maschile<br />

non esattamente della<br />

miglior specie – si<br />

sta trasformando in<br />

un ambiente molto<br />

più trasversale. Non<br />

siamo noi a dirlo, ma<br />

analisi e statistiche che<br />

stanno fotografando<br />

un cambiamento nella<br />

composizione degli<br />

spettatori. Da un profilo super nerd, di<br />

grandissimi appassionati, quelli che si sono<br />

appassionati alla WWE in televisione stanno<br />

diventando più “aperti”.<br />

I motivi? Due, essenzialmente. Il primo è<br />

generico, ipotizziamo: l’esplosione delle serie<br />

televisive. L’abitudine alla serialità che il pubblico<br />

mondiale sta facendo sua ha avuto effetti<br />

positivi anche sul wrestling. Il mondo della<br />

WWE è una sorta di Beautiful ante-litteram,<br />

con le sue avventure, i suoi amori e i suoi litigi.<br />

Solo che qui, al posto di insultarsi e scambiarsi<br />

qualche sberlona quando le cose si mettono<br />

davvero male, si azzuffano e si prendono a<br />

sediate. E quindi che differenza c’è tra questo e<br />

una nuova stagione in streaming? Soprattutto<br />

adesso che la federazione, che è anche una potenza<br />

economica da oltre 700 milioni di dollari<br />

di fatturato annuo, quotata in Borsa, ha anche<br />

sviluppato proprio un servizio streaming:<br />

WWE Network, lanciato nel 2014 ed entrato<br />

subito nella top 5 mondiale, serve sostanzialmente<br />

a seguire gli eventi topici della stagione,<br />

ma anche ad andare a gustarsi i combattimenti<br />

del passato, con speciali, approfondimenti e un<br />

sacco di altri contenuti.<br />

Il secondo motivo è la rivoluzione femminile<br />

di cui sopra. Se ci fosse da prendere una data<br />

particolarmente rappresentativa, quella data<br />

sarebbe il 30 ottobre 2016, ovvero il giorno<br />

del primo Hell in a Cell al femminile.<br />

DUE DONNE E UNA GABBIA<br />

L’Hell in a Cell è un tipo di combattimento in<br />

cui il ring viene chiuso dentro una gabbia calata<br />

dall’alto e dove all’interno (e fuori, e sopra) si<br />

può fare più o meno quello che si vuole – anche<br />

spingere le persone giù dal tetto, andate a<br />

vedere cosa fanno Undertaker e Mankind nel<br />

1998, se ne avete il coraggio. L’anno scorso a<br />

menarsi c’erano Charlotte Flair, figlia dell’Hall<br />

of Famer Ric Flair, e Sasha Banks. Due donne,<br />

accidenti. Che, per svariati minuti, se le sono<br />

suonate senza nessuna esclusione di colpi.<br />

«Ho visto accadere una rivoluzione vera e<br />

propria», commenta Alexa Bliss, lunghissima<br />

chioma colorata di rosa e attuale campionessa<br />

femminile di Raw, una delle divisioni interne<br />

nella federazione, incontrata appena prima<br />

di Wrestlemania. «Abbiamo partecipato ad<br />

alcuni incontri impensabili fino a pochi anni fa.<br />

L’Hell in a Cell, ma anche i match Steel Cage<br />

(molto simili ai primi, solo con una gabbia più<br />

piccola, ndr)... Questo momento è bellissimo<br />

per noi, per il movimento e per le donne in<br />

generale. Non penso che in passato sia mai<br />

successo niente del genere». E no, sicuramente<br />

no. Quello a cui si sta assistendo è un’impennata<br />

di competività. Nikki Bella, che peraltro<br />

ha ricevuto una proposta di matrimonio,<br />

inscenata ma vera, da John Cena durante<br />

l’ultimo Wrestlemania, la definisce una situazione<br />

non soltanto legata al wrestling, ma il<br />

riconoscimento «da parte della federazione di<br />

un empowerment femminile che tocca tutti gli<br />

aspetti del mondo dell’entertainment».<br />

Le donne del wrestling, in generale hanno dimostrato<br />

di non avere solo urletti, sberlette e<br />

tiratine di capelli nel loro repertorio, ma anche<br />

una buona dosa di prese, mosse spettacolari<br />

e fegato da vendere. E, soprattutto, hanno<br />

fatto vedere al mondo che possono competere<br />

esattamente sullo stesso piano dei più noti,<br />

muscolosi e celebrati campioni maschili. E<br />

chissà, forse un giorno, anche puntare al titolo<br />

più importante.<br />

RS<br />

IN CUFFIA: “HEY! BABY ”, BRUCE CHANNEL<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 71


WOMAN<br />

WRESTLING /2<br />

SONO UNA BAD GIRL<br />

ARRIVA “GLOW”, SERIE TV<br />

CHE RACCONTA IL LATO<br />

NASCOSTO DEL WRESTLING<br />

ANNI ’80: SELVAGGIO,<br />

KITSCH E PER SOLE DONNE<br />

DI MARIO BONALDI<br />

Forse non tutti sanno che la mamma di<br />

Sylvester Stallone, la signora Jackie (oggi<br />

ha 95 anni, e il suo viso re-immaginato<br />

dal bisturi è un impressionante combo<br />

tra il figlio e una maschera Kabuki) è stata,<br />

oltre che astrologa e ballerina, anche<br />

una promoter di wrestling femminile.<br />

Dobbiamo, infatti, ringraziare una sua idea – la<br />

catena di palestre per sole donne Barbarella’s<br />

–, se nel 1986 è arrivato sui teleschermi americani<br />

G.L.O.W. – Gorgeous Ladies of Wrestling.<br />

Immaginate un bizzarro mix tra La bustarella e<br />

Colpo grosso (solo per restare in <strong>Italia</strong>). Solo che<br />

nello show americano le donne non erano figure<br />

accessorie pronte a mostrare culi/tette a beneficio<br />

del pubblico maschile: si conquistavano a mani<br />

nude – letteralmente – il ruolo di protagoniste.<br />

Ma lo show era troppo matto per durare a lungo.<br />

La sua diversità (tra le lottatrici c’era la dark,<br />

l’angelo, la pazza con l’ascia, la donna-lupo, la<br />

samoana obesa, le sorelle heavy-metal, la danzatrice<br />

del ventre ecc.) è stata nel corso degli anni<br />

soppiantata nel wrestling da generiche Divas,<br />

ideale di bellezza del maschio medio americano<br />

a metà tra la cheerleader e la pornodiva (anche<br />

se negli ultimi tempi le cose stanno cambiando,<br />

come raccontiamo nelle pagine precedenti).<br />

Questo mese, quell’allegra follia eversiva rivive<br />

(in forma di fiction) in GLOW, una serie Netflix<br />

prodotta da Jenji Kohan, che con Orange Is the<br />

New Black ha cambiato il modo di ritrarre l’identità<br />

sessuale, i rapporti razziali e l’immagine del<br />

corpo femminile in tv. La protagonista è Alison<br />

Brie, dolce bellezza americana (ma capace di<br />

diventare tremendamente sexy in un istante) celebre<br />

per avere interpretato due figure femminili<br />

Alison Brie (34 anni) in una scena di GLOW, la serie che debutta su Netflix dal 23 giugno.<br />

piuttosto rassicuranti nelle serie tv Mad Men e<br />

Community. Ora, state sicuri, la vedrete sotto una<br />

luce completamente diversa: «Ho portato sul set<br />

una foto di Sigourney Weaver nel primo Alien, e<br />

ho detto ai producer: è a lei che voglio assomigliare»,<br />

mi racconta al telefono da Los Angeles. «Non<br />

sapevo nulla dello show originale», continua, «ma<br />

quando mi è arrivata la sceneggiatura ho capito che<br />

si trattava di una grande idea per una serie tv. Non<br />

era soltanto wrestling: era sketch-comedy, reality,<br />

un varietà bizzarro con dentro soltanto donne».<br />

Brie interpreta Ruth, attrice la cui carriera fatica<br />

a decollare: nella Hollywood anni ’80, i ruoli femminili<br />

erano spesso subordinati a quelli maschili.<br />

Ma lei non vuole accontentarsi, la sua ambizione<br />

è diventare una star. Finché non arriva la grande<br />

occasione: un nuovo programma sta cercando<br />

“ragazze non convenzionali”. Peccato che la<br />

produzione sia scalcagnata, e il regista Sam Sylvia<br />

(Marc Maron, comico e podcaster oltre che<br />

attore) usi metodi discutibili. Per non dire brutali.<br />

Il regista ribattezza Ruth “Strindberg” (come il<br />

drammaturgo svedese) per il suo atteggiamento<br />

altero. «Ruth prende sul serio la sua carriera», dice<br />

Brie, «è molto fiera della propria esperienza teatrale,<br />

e questo all’inizio le crea qualche problema<br />

con le altre ragazze». Brie in questa serie è molto<br />

diversa da come l’avevamo vista in precedenza:<br />

magra e muscolosa, prima di evolversi in una<br />

lottatrice è addrittura bruttina, per quanto sia<br />

possibile. «Volevo apparire diversa da come sono<br />

sempre stata», racconta. «Ho dovuto lottare per<br />

questo ruolo, ero vista come la tipica ragazza americana...<br />

Mi sono presentata all’audizione senza<br />

trucco, vestita da palestra, coi capelli raccolti. Poi,<br />

prima di iniziare le riprese, abbiamo fatto cinque<br />

settimane di addestramento con Chavo Guerrero<br />

Jr., l’ex star della WWE. Dopo questa esperienza<br />

ho per i wrestler una considerazione diversa.<br />

Quello che fanno richiede preparazione atletica,<br />

grazia, capacità di improvvisare. Ora il wrestling<br />

mi diverte un sacco, perché so come funziona e<br />

conosco anche qualche trucchetto».<br />

Uno degli aspetti più interessanti dello show<br />

originale è il suo non essere per niente politically<br />

correct. Mi chiedo quanto di questo sia rimasto in<br />

GLOW: «Quel genere di scorrettezza oggi non<br />

sarebbe possibile», spiega Brie, «ma è un aspetto<br />

che affrontiamo nella serie, quando le ragazze si<br />

trovano a scegliere il proprio personaggio. Il wrestling<br />

degli anni ’80 viveva di stereotipi. I buoni<br />

erano americani, i cattivi stranieri, con un accento<br />

marcato... Era un po’ razzista, insomma!».<br />

Finiamo con uno spoiler: Ruth è una good o una<br />

bad girl? «Mi piace stupire, tutti si aspettano che<br />

interpreti una brava ragazza», risponde Brie, «ma<br />

trovarsi sul ring con tutto il pubblico che ti fischia<br />

contro... non c’è niente di più esaltante!». RS<br />

72 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> IN CUFFIA: “PHYSICAL”, OLIVIA NEWTON-JOHN


Da sinistra, Alison Brie nei panni di Ruth e Betty Gilpin (Debbie), amiche/nemiche in GLOW.<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 73


Apocalisse<br />

di ghiaccio<br />

IN ANTARTIDE, SI STA PER STACCARE UN<br />

ICEBERG PIÙ GRANDE DELL’INGHILTERRA.<br />

METTENDO A RISCHIO L’INTERO PIANETA<br />

di Jeff Goodell<br />

74 ROLLING STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong>


UN MARE SEMPRE<br />

PIÙ CALDO<br />

Le gigantesche e instabili<br />

pareti del ghiacciaio Thwaites,<br />

nell’Antartide Occidentale.<br />

ROLLING STONE_FEBBRAIO <strong>2017</strong> 75


Knut Christianson, un glaciologo 33enne<br />

dell'Università di Washington, ci è stato due<br />

volte. Qualche anno fa, lui e un team di sette<br />

scienziati hanno percorso più di 1.000 chilometri<br />

dalla McMurdo Station, la principale<br />

struttura di ricerca dell'Antartide, per passare<br />

sei settimane sul posto. Hanno attraversato<br />

l'infinita distesa di neve e ghiaccio a bordo<br />

di sei motoslitte e due gatti delle nevi: «Ci si<br />

sente molto soli, qui», dice Christianson, che<br />

con i suoi colleghi ha scavato buchi profondi<br />

più di 90 metri nel ghiaccio. All'interno hanno<br />

gettato della dinamite da detonare una volta<br />

sul fondo: poi, misurate le vibrazioni grazie<br />

a dei sensori, è possibile vedere le creste e la<br />

trama di un continente interamente sepolto<br />

sotto il ghiaccio.<br />

Christianson e i suoi colleghi, però, non sono<br />

semplicemente dei nerd del ghiaccio in giro a<br />

mappare la topografia del pianeta. Quello che<br />

stanno studiando è un futuro disastro globale:<br />

mentre il mondo continua a scaldarsi, capire<br />

esattamente in quanto tempo si scioglieranno<br />

i ghiacciai e quanto salirà il livello del mare potrebbe<br />

essere una delle ricerche più importanti<br />

di sempre. Metà della popolazione mondiale<br />

vive a circa 80 chilometri dalla costa, miliardi<br />

di dollari di proprietà immobiliari sono accumulati<br />

in riva al mare in città come Miami o<br />

New York. Un aumento lento e costante del<br />

livello delle acque sarebbe gestibile, un evento<br />

improvviso no: «Sarebbe una catastrofe, e<br />

probabilmente inizierà proprio con Thwaites»,<br />

dice Ian Howat, glaciologo dell'Ohio.<br />

Il ghiacciaio Thwaites, uno dei più grandi del<br />

pianeta, è importante perché rappresenta<br />

quello che gli scienziati chiamano un threshold<br />

system, un sistema-soglia. Il termine sottolinea<br />

la natura della struttura, quasi un castello<br />

di carte: è stabile fino a un certo punto, poi<br />

collassa tutta insieme. E se a collassare è un<br />

pezzo di ghiaccio grande come la Pennsylvania<br />

è un grosso problema. Certo, non è una cosa<br />

76 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong><br />

APOCALISSE DI GHIACCIO<br />

Il ghiacciaio di Thwaites<br />

è così isolato<br />

che solo 28 esseri<br />

umani ci hanno mai<br />

messo piede.<br />

che capita nel corso di una nottata. Ma se il<br />

costante riscaldamento del pianeta non rallenterà,<br />

potrebbe succedere già nei prossimi<br />

decenni.<br />

L'evento destabilizzerebbe tutta la parte ovest<br />

dell'Antartide, e il livello del mare si alzerebbe<br />

di 3 metri in molte parti del mondo; a New<br />

York e Boston, a causa della gravità, potrebbe<br />

salire addirittura di 4 metri. «L'Antartide<br />

potrebbe fare alle coste del mondo quello che<br />

l'Uragano Sandy ha fatto a New York», spiega<br />

Richard Alley, geologo della Penn State University,<br />

uno dei maggiori esperti di ghiacciai<br />

del pianeta. «Il problema è che quell'acqua non<br />

va via dopo poche ore. Rimane per sempre».<br />

Un evento del genere trasformerebbe<br />

il Sud della Florida in un<br />

parco acquatico a tema: Miami,<br />

Fort Lauderdale, Tampa e<br />

anche West Palm Beach, dove<br />

Donald Trump ha la sua residenza invernale,<br />

verrebbero tutte allagate. Nella Bay Area<br />

sparirebbe tutto quello che è<br />

sotto la Highway 101, compreso<br />

il Googleplex; gli aeroporti<br />

di Oakland e San Francisco<br />

verrebbero sommersi. Anche<br />

luoghi che sembrano al sicuro,<br />

come Sacramento (al centro<br />

della California), verrebbero<br />

parzialmente inondati dalla<br />

piena del fiume che bagna la<br />

città ingrossato dall'Oceano<br />

Pacifico. New Orleans e Norfolk<br />

(in Virginia) sarebbero<br />

perdute per sempre. A Washington<br />

la spiaggia arriverebbe<br />

a poche centinaia di metri<br />

dalla Casa Bianca.<br />

E questo solo negli Stati Uniti.<br />

Il resto del mondo corre rischi<br />

simili, se non peggiori: grosse<br />

fette di Shanghai, Bangkok,<br />

Giacarta e Londra verrebbero<br />

sommerse, per non parlare del<br />

Delta del Nilo e di una grossa<br />

parte del Bangladesh.<br />

Christianson sa di cosa stiamo<br />

parlando meglio di chiunque<br />

altro, per questo lui e i suoi<br />

colleghi spendono tutto questo<br />

tempo nella zona di Thwaites.<br />

Vogliono capire la velocità di<br />

scioglimento del ghiacciaio e<br />

hanno bisogno di sapere, tra<br />

le altre cose, la tipologia di terreno<br />

sottostante: è un fondale<br />

scivoloso? Ci sono sedimenti<br />

morbidi? C'è qualcosa che potrebbe rallentare<br />

il ritiro del ghiacciaio?<br />

Ogni notte, il gruppo si riunisce dentro una<br />

tenda e mangia biscotti scaldati nel forno a<br />

energia solare. Parlano di cosa si prova a stare<br />

così lontano da casa, eppure sono proprio<br />

nel luogo dove si deciderà il futuro della nostra<br />

civiltà. «Ci piace pensare a cambiamenti<br />

graduali, soprattutto per posti come l'Antartide.<br />

Ma sappiamo che non è così», mi spiega<br />

Christianson.<br />

La scorsa estate l'ex Segretario di Stato John<br />

Kerry era nelle Svalbard, un arcipelago vicino<br />

alla costa della Norvegia. Ha visitato alcuni<br />

ghiacciai e ha parlato con gli scienziati dei rischi<br />

legati al climate change. Kerry si è reso subito<br />

conto di essere nel posto sbagliato. «Tutti<br />

gli scienziati mi hanno detto la stessa cosa:<br />

se vuoi capire davvero cosa sta succedendo,<br />

devi andare in Antartide». Così ha fatto. A novembre,<br />

proprio nella settimana delle elezioni<br />

presidenziali, Kerry ha passato tre giorni nella<br />

zona: ha visitato i ghiacciai in elicottero, ha<br />

pranzato con Sauerbraten<br />

e Spaetzle nella stazione di<br />

Marble Point e ha ascoltato<br />

cosa succederebbe in caso<br />

“ Un<br />

aumento<br />

graduale<br />

del livello<br />

delle acque<br />

sarebbe<br />

gestibile,<br />

ma un<br />

evento<br />

improvviso<br />

sarebbe una<br />

catastrofe<br />

”<br />

di rapido scioglimento dei<br />

colossi bianchi dell'Antartide,<br />

soprattutto il Thwaites.<br />

«Gli scienziati vedono<br />

l'instabilità crescere a velocità<br />

preoccupante», mi<br />

dice Kerry. «Sono davvero<br />

sconvolto da quello che sta<br />

succedendo laggiù».<br />

L'Antartide – popolazione<br />

permanente: zero – è grande<br />

quanto gli Stati Uniti e<br />

il Messico messi insieme.<br />

Non è territorio di nessuna<br />

nazione e non ha un<br />

governo nel senso classico


Break Point<br />

Qui sopra, una frattura<br />

lunga oltre 160<br />

chilometri nella calotta<br />

Larsen C. A destra,<br />

il collasso della calotta<br />

Larsen B, nel 2002.<br />

«L’Antartide è sempre<br />

stato un elefante<br />

addormentato»,<br />

dice Mark Serreze,<br />

scienziato del clima.<br />

«Ora l’elefante si sta<br />

svegliando».<br />

del termine. Sin dai tempi in cui l'esploratore<br />

britannico Robert Falcon Scott e il norvegese<br />

Roald Amundsen affascinarono il mondo con<br />

la loro corsa al Polo Sud, il territorio è stato<br />

il parco giochi di scienziati e avventurieri (e<br />

pinguini). Il 70% dell'acqua terrestre è qui,<br />

congelata in lenzuola bianche spesse fino a 5<br />

chilometri. Il continente è rozzamente separato<br />

dalle Montagne Transantartiche; la parte<br />

Est è più grande e più fredda di quella Ovest,<br />

molto più vulnerabile al pericolo-scioglimento<br />

a causa dell'altitudine sotto il livello del mare<br />

di molti dei ghiacciai dell'area.<br />

Fino a non molto tempo fa erano pochi gli<br />

scienziati che si preoccupavano di questa parte<br />

del mondo. Insomma, è la parte più fredda<br />

del pianeta e non si è mai scaldata più di tanto.<br />

Si pensava, poi, che fosse immune al riscaldamento<br />

delle acque grazie a una corrente che<br />

circondava il continente, isolandolo dal resto<br />

del pianeta. Il più recente studio del Pannello<br />

Intergovernativo delle Nazioni Unite (IPCC)<br />

dedicato al climate change (le sue pubblicazioni<br />

costituiscono la regola aurea per gli scienziati<br />

del clima) prevede una crescita del livello<br />

globale dei mari di un metro al massimo entro<br />

il 2100, ma non considera quasi per niente<br />

l'acqua che potrebbe arrivare dall'Antartide.<br />

Le proiezioni dell'IPCC sono molto dibattute,<br />

soprattutto perché lo scioglimento dei ghiacciai<br />

dell'Antartide e della Groenlandia sono<br />

davvero difficili da prevedere. James Hansen,<br />

il papà della scienza del global warming, mi ha<br />

detto che, secondo la sua opinione, le stime<br />

dell'IPCC sono troppo conservative e che<br />

il livello del mare potrebbe salire anche di 3<br />

metri. Per Hansen il passato insegna molto:<br />

tre milioni di anni fa, durante il Pliocene, il<br />

livello di CO2 era simile a quello attuale e le<br />

temperature solo leggermente più calde. Il<br />

livello del mare, però, era superiore di circa 6<br />

metri: rispetto al passato, quindi, c'è ancora<br />

parecchio da sciogliere. I ghiacciai potrebbero<br />

contribuire, ma per arrivare a 6 metri l'apporto<br />

di Groenlandia e Antartide dovrebbe essere<br />

molto più imponente.<br />

Per gli scienziati la Groenlandia è<br />

una preoccupazione ovvia. L'Oceano<br />

circostante si sta scaldando<br />

più velocemente di tutti gli<br />

altri del mondo. Lo scioglimento,<br />

inoltre, sarebbe visibile da chiunque gettasse<br />

anche solo un rapido sguardo sull'area: ogni<br />

estate, quando la superficie del ghiaccio si<br />

scalda, l'acqua si libera in grandi fiumi blu,<br />

alcuni scavano buchi nel ghiaccio che vengono<br />

chiamati mulini. E, rispetto all'Antartide, la<br />

Groenlandia è molto più raggiungibile: è sufficiente<br />

un breve volo dall'Europa verso uno<br />

dei tanti villaggi di pescatori della costa. Puoi<br />

visitare il ghiacciaio Jakobshavn e tornare in<br />

albergo in tempo per la cena.<br />

Negli ultimi anni, però, le cose si sono fatte<br />

strane in Antartide. Il primo evento allarmante<br />

è stato il crollo improvviso della calotta<br />

Larsen B, vicino alla Penisola Antartica. Una<br />

calotta è una sorta di estensione che cresce alla<br />

fine di un ghiacciaio, nel punto dove si incontra<br />

con l'acqua. I ghiacciai vicino a Larsen B,<br />

un po' come quasi tutti quelli della zona Antartica,<br />

sono conosciuti come marine-terminating<br />

glaciers: sono in gran parte sommersi.<br />

Il crollo delle calotte non contribuisce all'innalzamento<br />

del livello del mare, ma svolge un<br />

importante compito di sostentamento. Dopo<br />

la scomparsa della calotta Larsen B, i ghiacciai<br />

circostanti hanno iniziato a sciogliersi a<br />

una velocità otto volte superiore al passato.<br />

«Ci siamo ritrovati a dire: “Che diavolo sta<br />

succedendo qui?”. Ci siamo accorti che i<br />

ghiacciai sono molto più sensibili di quanto<br />

pensassimo», mi ha detto Ted Scambos, a<br />

capo del National Snow and Ice Data Center<br />

di Boulder, in Colorado.<br />

Per fortuna, i ghiacciai vicino alla calotta B<br />

non sono molto grandi e l'innalzamento del<br />

IN CUFFIA: “IN FONDO AL MAR”, LA SIRENETTA<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 77


APOCALISSE DI GHIACCIO<br />

livello del mare non ha determinato problemi<br />

urgenti. L'evento, però, ha spinto gli scienziati<br />

a guardare con più attenzione alla situazione<br />

di tutta la zona. Guardando le immagini satellitari,<br />

è stato facile notare il restringimento delle<br />

calotte di tutto il continente, soprattutto nella<br />

parte Ovest. Non è stato facile capire perché,<br />

ma le temperature non sembravano aumentate<br />

di molto. L'unica spiegazione possibile era<br />

l'Oceano: gli scienziati hanno scoperto che,<br />

a causa dei cambiamenti nei venti e nel movimento<br />

delle acque oceaniche, correnti più<br />

calde erano arrivate sotto le calotte, sciogliendole.<br />

«Un grado in più è un grosso pericolo per<br />

un ghiacciaio», dice Alley, uno scienziato della<br />

Penn State University.<br />

Più avanti è diventato chiaro che in Antartide<br />

stavano succedendo molte cose strane. Le calotte<br />

si assottigliavano sempre di più, mentre<br />

alcune correnti d'acqua calda scorrevano sotto<br />

i ghiacciai che si muovevano sempre più velocemente.<br />

Tutto il continente è su una strada<br />

drammatica: davvero la più grande minaccia<br />

per le città costiere è l'Antartide, e non la<br />

Groenlandia? Se tutta la Groenlandia dovesse<br />

sciogliersi, il livello del mare crescerebbe di<br />

7 metri. Se dovesse succedere in Antartide,<br />

sarebbero 60. «Questa zona è sempre stata<br />

l'elefante addormentato. Beh, ora si sta svegliando»,<br />

dice Mark Serreze, anche lui a capo<br />

del National Snow and Ice Data Center.<br />

La prima persona a comprendere<br />

i rischi della situazione è stato<br />

l'eccentrico glaciologo dell'Ohio<br />

John Mercer. Cresciuto in una<br />

piccola cittadina inglese, Mercer<br />

ha visitato l'Antartide a metà degli anni '60.<br />

All'epoca gli scienziati stavano ancora iniziando<br />

a capire la correlazione tra le emissioni<br />

di CO2 e il riscaldamento globale; sapevano<br />

che i ghiacciai si erano gonfiati o ristretti nel<br />

corso del passato, e sapevano che questo<br />

aveva innalzato il livello del mare, ma è stata<br />

la scoperta della correlazione di questi eventi<br />

con una minima oscillazione dell'asse terrestre<br />

a suggerire come i ghiacciai siano più sensibili<br />

del previsto all'aumentare delle temperature.<br />

I nuovi strumenti tecnologici, inoltre,<br />

hanno permesso agli scienziati di capire che<br />

i ghiacciai non sono blocchi monolitici, ma<br />

strutture complesse fatte di fiumi di ghiaccio,<br />

ognuno con una sua direzione. Alla fine degli<br />

anni '60, Mercer è stato probabilmente il<br />

primo scienziato a fare una domanda ancora<br />

fondamentale: quanto è stabile l'Antartide,<br />

in un clima riscaldato dall'uso continuo di<br />

combustibili fossili?<br />

Il suo interesse era rivolto principalmente alla<br />

78 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong><br />

zona Ovest. A quanto è dato sapere, nessuno<br />

ha messo piede da quelle parti fino al 1957,<br />

l'International Geophysical Year, una collaborazione<br />

tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica<br />

per espandere i confini della ricerca scientifica.<br />

Un team di studiosi si è avventurato tra<br />

i ghiacciai della zona Ovest dell'Antartide,<br />

tra cui il Thwaites; dopo una serie di scavi<br />

hanno scoperto che il terreno sottostante era<br />

sottoposto alla pressione del peso di ghiaccio<br />

accumulato in milioni di anni. «Immagina una<br />

zuppiera gigante riempita di ghiaccio», mi dice<br />

Sridhar Anandakrishnan, un esperto della<br />

Penn State University.<br />

Seguendo la metafora della zuppiera,<br />

i bordi dei ghiacciai – il punto<br />

in cui si separano dalla terra e iniziano<br />

a galleggiare – sono sospesi<br />

sul bordo della caraffa a 300 metri<br />

sotto il livello del mare. Gli scienziati la chiamano<br />

grounding line: sotto al bordo il terreno<br />

scivola su una linea discendente per centinaia<br />

e centinaia di metri. Nelle parti più profonde<br />

del bacino il ghiaccio è spesso 3 chilometri.<br />

Negli anni '50, ben prima di aver capito i<br />

rischi del riscaldamento globale, la scoperta<br />

fu considerata poco più che un particolare<br />

interessante sulla struttura dell'Antartide.<br />

Poi, nel 1974, Hans Weertman, uno scienziato<br />

della Northwestern University, ha scoperto<br />

che questi ghiacciai erano molto più vulnerabili<br />

del previsto. Ha anche coniato un<br />

termine specifico per il fenomeno: marine<br />

ice-sheet instability. Weertman scoprì che l'acqua<br />

più calda dell'Oceano poteva penetrare<br />

nella grounding line, sciogliendo il ghiaccio da<br />

sotto. Se lo scioglimento fosse avanzato più<br />

rapidamente del congelamento – ed è quello<br />

che sta succedendo adesso – il<br />

ghiacciaio si sarebbe staccato<br />

dal terreno per cominciare<br />

a ritirarsi, un po' come una<br />

valanga. Più il ghiacciaio è<br />

sott'acqua, maggiore è il rischio<br />

di esposizione all'acqua<br />

calda, e questo determina<br />

l'aumento di velocità di tutto<br />

il fenomeno. Altre parti del<br />

ghiacciaio, contemporaneamente,<br />

cercano di galleggiare,<br />

aumentando lo stress sulla<br />

struttura, fino a romperla.<br />

Una volta avvenuta la frattura,<br />

una grande quantità di<br />

ghiaccio si sarebbe riversata<br />

nell'Oceano. Senza neanche<br />

volerlo, Weertman aveva scoperto<br />

il meccanismo dietro a<br />

una possibile catastrofe naturale.<br />

Mercer ha visto per primo le implicazioni delle<br />

scoperte di Weertman. In un saggio del 1978<br />

intitolato Le lastre di ghiaccio dell'Antartide e<br />

l'effetto serra: un possibile disastro si è concentrato<br />

sulle lastre che sostengono i ghiacciai<br />

dell'Antartide occidentale. Sono le più sottili<br />

e sarebbero le prime a subire l'effetto delle<br />

acque calde fino a staccarsi. Quando succederà,<br />

non solo non riusciranno più a ridurre<br />

lo scivolamento dei ghiacciai nell'acqua, ma ne<br />

cambieranno anche l'equilibrio, causandone<br />

il galleggiamento lontano dalla grounding line.<br />

Mercer, inoltre, era convinto che la situazione<br />

fosse più instabile di quanto pensasse Weertman.<br />

«Ritengo che un disastro ambientale –<br />

causato da un rapido innalzamento del livello<br />

del mare dopo la deglaciazione dell'Antartide<br />

Ovest – sia imminente», ha scritto, prevedendo<br />

inoltre che «l'evento sommergerà gran<br />

parte della Florida e dell'Olanda». Mercer<br />

non poteva indicare un orizzonte temporale<br />

preciso, ma secondo i suoi calcoli la situazione<br />

poteva degenerare in circa 50 anni. Praticamente<br />

adesso.<br />

Un giorno – forse proprio quando<br />

leggerete questo articolo<br />

– un pezzo della calotta Larsen<br />

C si spezzerà e galleggerà<br />

nell'Oceano che circonda<br />

l'Antartide. La frattura della calotta C si sta<br />

allargando da diversi anni. Negli ultimi mesi,<br />

però, la situazione è peggiorata drasticamente.<br />

Mentre scrivo è arrivata a misurare più di<br />

160 chilometri. Il collasso di queste calotte è<br />

il primo segno del disastro, o almeno questo è<br />

quello che sosteneva Mercer. La notizia finirebbe<br />

sulle prime pagine di tutti i giornali, un<br />

segno dell'imminente caos<br />

in Antartide.<br />

Ma potrebbe anche non<br />

“ Nessuno<br />

ha mai visto<br />

una cosa<br />

simile. Un<br />

ghiacciaio<br />

si scioglie<br />

lentamente,<br />

ma può<br />

incrinarsi<br />

in modo<br />

molto<br />

rapido<br />

”<br />

andare così. «Le calotte si<br />

rompono continuamente,<br />

a volte non è un grosso<br />

problema», dice Alley, studente<br />

di Mercer ai tempi<br />

dell'Ohio State University.<br />

«Tutto dipende dalla reazione<br />

dei ghiacciai circostanti».<br />

Alley ha spiegato<br />

che i ghiacciai vicino alla<br />

calotta C sono piuttosto<br />

piccoli, e anche se si sciogliessero<br />

più rapidamente<br />

del previsto, provocherebbero<br />

un innalzamento<br />

del livello del mare di solo<br />

qualche centimetro. Per


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Catastrofe in cinque atti<br />

1<br />

3<br />

5<br />

ANTARTICA<br />

Nasce il ghiacciaio<br />

Poco più di 100mila anni fa, il ghiaccio ha iniziato a<br />

formarsi sui pendii della piattaforma continentale<br />

che oggi costituisce l’Antartide Occidentale.<br />

Il riscaldamento dell’Oceano<br />

Il riscaldamento del clima influisce sugli oceani.<br />

L’acqua scioglie il ghiaccio da sotto e causa<br />

la rottura della piattaforma di ghiaccio.<br />

Il crollo ha inizio<br />

Diversi studi sostengono che in Antartide<br />

l’Oceano surriscaldato stia facendo<br />

sciogliere i ghiacciai da sotto, evento<br />

che potrebbe scatenare crolli improvvisi<br />

e un innalzamento del livello del mare.<br />

Un glaciologo ha affermato: «Abbiamo<br />

passato il punto di non ritorno». Ecco<br />

come il processo potrebbe svolgersi<br />

2 Il ghiaccio diventa più spesso<br />

Con il successivo calo delle temperature,<br />

il ghiaccio è aumentato di spessore, facendo<br />

abbassare il livello del terreno sotto il ghiacciaio.<br />

4<br />

APOCALISSE DI GHIACCIO<br />

Il ghiacciaio si spezza<br />

Il ghiacciaio, senza più appoggio, è destabilizzato<br />

e il ghiaccio inizia a incrinarsi. L’acqua filtra<br />

dentro le fratture e accelera il processo.<br />

Senza più una piattaforma e con il ghiaccio incrinato, il ghiacciaio comincia a crollare. Così facendo,<br />

arretra verso il continente e le sue pareti diventano sempre più alte e fragili. Maggiore è la velocità<br />

con cui avvengono i crolli, più instabile è il sistema, in quella che viene definita “ritirata incontrollata”.<br />

farla breve: questa frattura non è quello che<br />

Alley chiama «un disastro da fine del mondo,<br />

urla e gente terrorizzata». D'altra parte, però,<br />

questo non significa nemmeno che un disastro<br />

del genere non sia scritto nel futuro del continente<br />

ghiacciato.<br />

Alley è un uomo strano: ha una grossa barba,<br />

conserva un hula-hoop nel suo ufficio ed è<br />

famoso per la sua imitazione di Johnny Cash.<br />

Quando era ancora uno studente a Ohio State,<br />

parlava spesso con Mercer. Ha letto il suo<br />

saggio sui rischi del collasso dell'Antartide, e<br />

ne è rimasto ossessionato. «Aveva ragione?»<br />

ha chiesto a un gruppo di scienziati durante<br />

una recente conferenza. «Ho sempre pensato<br />

che avremmo accumulato abbastanza informazioni<br />

prima che la situazione diventasse troppo<br />

grave. Abbiamo fallito nel non sfruttare le<br />

scoperte di John Mercer?».<br />

La tecnologia satellitare ha permesso<br />

agli scienziati di osservare<br />

nel dettaglio quello che sta<br />

succedendo nella parte Ovest<br />

dell'Antartide, e le informazioni<br />

raccolte confermano le ipotesi di Mercer. Dallo<br />

Spazio è possibile misurare i cambiamenti<br />

nello spessore del ghiaccio e anche la velocità<br />

del ritiro di ghiacciai come il Thwaites. Le<br />

notizie, purtroppo, non sono buone. Nel 2014<br />

due scienziati (Eric Rignot della NASA e Ian<br />

Joughin dell'Università di Washington) hanno<br />

pubblicato due studi diversi, ma dalle conclusioni<br />

analoghe. Come scrive Joughin: “Le<br />

nostre simulazioni confermano che il processo<br />

di scioglimento del ghiacciaio Thwaites sta già<br />

avvenendo da tempo". Rignot è stato ancora<br />

più chiaro: “Nella parte Ovest dell'Antartide<br />

abbiamo passato il punto di non ritorno".<br />

Alley ha speso gran parte della sua carriera<br />

scientifica studiando le dinamiche del ghiaccio:<br />

come si muove sotto pressione e come si<br />

comporta se scaldato. Il collasso della calotta<br />

Larsen B lo ha sorpreso e turbato: non si è<br />

solo spezzata, si è disintegrata in poche settimane.<br />

«Nessuno aveva mai visto una cosa del<br />

genere», dice. «Abbiamo capito che un grosso<br />

pezzo di ghiaccio si scioglie lentamente, ma<br />

può fratturarsi molto, molto rapidamente».<br />

Dopo il collasso della calotta Larsen B, Alley<br />

si è ritrovato a pensare sempre di più alla<br />

profezia di Mercer, soprattutto relativamente<br />

al ghiacciaio Thwaites. Sapeva che la parte<br />

anteriore del Thwaites misura 144 chilometri<br />

in lunghezza e 550 metri in altezza (90 sono<br />

sommersi sott'acqua). La pressione dell'Oceano<br />

sostiene la parte sommersa del ghiacciaio,<br />

ma il resto è sorretto solo da alcune lastre<br />

di ghiaccio. Alley sa perfettamente che se il<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 81


APOCALISSE DI GHIACCIO<br />

ghiacciaio dovesse ritirarsi, la parte anteriore<br />

diventerebbe sempre più alta. Quanto può<br />

andare avanti questo processo prima che crolli<br />

tutto? Secondo Alley, quando il Thwaites si<br />

ritirerà completamente potrebbe arrivare fino<br />

a 2 chilometri di altezza, il doppio di El Capitan,<br />

la famosa montagna di Yosemite. Pensate<br />

a gigantesche scogliere di ghiaccio che crollano<br />

nel mare. È un'immagine surreale, e anche il<br />

più scarso sceneggiatore di film catastrofici la<br />

considererebbe assurda. Ma Alley continua a<br />

chiedersi se tutto questo sia davvero possibile.<br />

E qualora lo fosse, tra quanto succederà?<br />

Come molti scienziati del clima,<br />

Alley è sempre stato affascinato<br />

dal crollo del ghiacciaio<br />

Jakobshavn in Groenlandia. Si<br />

tratta del ghiacciaio in movimento<br />

più veloce del mondo, scivola nel mare<br />

con una velocità di 24 chilometri annui. Se<br />

avete visto le drammatiche immagini di un<br />

ghiacciaio che si scioglie, probabilmente era<br />

proprio il Jakobshavn. Alcuni anni fa, mentre<br />

Alla fine del mondo<br />

Presso il ghiacciaio Thwaites, nell’Antartide<br />

Occidentale – dove solo qualche decina di umani<br />

ha mai messo piede – il glaciologo Knut Christianson<br />

mappa insieme al suo team la topografia<br />

del terreno sottostante allo strato di ghiaccio.<br />

«Ci si sente molto soli, qui», dice Christianson.<br />

lavoravo a un'altra storia, mi è capitato di girarci<br />

attorno in elicottero. Le profonde crepe<br />

sulla superficie blu zaffiro mi hanno sconvolto:<br />

ho potuto osservare un gigantesco pezzo di<br />

ghiaccio crollare nel mare. Adesso so di aver<br />

assistito a un classico esempio di collasso.<br />

Non è una semplice rottura, è un'implosione.<br />

Ci sono moltissimi fattori che influenzano la<br />

velocità di scioglimento, e Alley lo sa meglio<br />

di chiunque altro. Uno dei più importanti è<br />

la resistenza del ghiaccio stesso: sono molte<br />

le differenze tra Jakobshavn e Thwaites. Il<br />

secondo è infinitamente più grande e non subisce<br />

la stessa frizione del primo. Se dovesse<br />

crollare, quindi, lo farebbe molto più velocemente.<br />

E, soprattutto, Jakobshavn non è posizionato<br />

sul bordo di un bacino d'inversione<br />

come Thwaites. Può collassare velocemente,<br />

certo, ma non ha la stessa funzione limitante<br />

del cugino d'Antartide. L'unica cosa che hanno<br />

in comune è che la loro integrità strutturale è<br />

determinata dalla classica fisica del ghiaccio.<br />

Le pareti di ghiaccio dello Jakobshavn sono le<br />

più alte del pianeta, misurano oltre 90 metri.<br />

Alley e altri scienziati hanno scoperto che le<br />

pareti dei ghiacciai vicini al mare hanno un limite<br />

strutturale esattamente di quella misura,<br />

se fossero più alte collasserebbero sotto il loro<br />

stesso peso. Alley si è reso conto che la struttura<br />

interna di Thwaites non potrebbe mai<br />

reggere un'altezza del genere. In altre parole,<br />

un ghiacciaio alto meno di 90 metri è relativamente<br />

stabile; superata questa soglia, no.<br />

Come mi ha detto lo stesso Alley, «da lì in poi<br />

è tutto un collassare, collassare, collassare».<br />

Un giorno, lo scienziato si è ritrovato a pensare<br />

a un problema che Dave Pollard e Rob<br />

DeConto, due colleghi, avevano con il loro<br />

modello climatico. I due hanno collaborato diversi<br />

anni per sviluppare un modello in grado<br />

di capire l'impatto dei combustibili fossili sul<br />

ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong> 83


APOCALISSE DI GHIACCIO<br />

riscaldamento della Groenlandia e dell'Antartide.<br />

Si tratta di software che cercano di prevedere<br />

come si svilupperanno i processi fisici<br />

del mondo naturale. Rispondono a domande<br />

come questa: se la temperatura aumentasse di<br />

un grado, quanto salirebbe il livello del mare?<br />

Non è un problema semplice, richiede di calcolare<br />

il modo in cui il ghiaccio riflette la luce<br />

solare e anche l'impatto dell'aumento<br />

di temperatura sull'espansione<br />

dell'Oceano Atlantico. I software<br />

sono migliorati molto negli ultimi<br />

decenni, ma non possono ancora<br />

simulare tutti i processi fisici del<br />

mondo.<br />

Un modo per capire se un modello<br />

funziona sul futuro è vedere se riesce<br />

a ricreare il passato. Una volta<br />

fatta questa verifica, si può fare<br />

un relativo affidamento su quello<br />

che dirà dei prossimi avvenimenti.<br />

DeConto e Pollard hanno cercato<br />

per anni di riprodurre il Pliocene,<br />

l'epoca geologica in cui i livelli di<br />

CO2 nell'atmosfera erano molto simili<br />

a quelli attuali. Ma, nonostante<br />

numerosi tentativi, non sono riusciti<br />

a replicare la velocità con cui si sono<br />

sciolti i ghiacciai in quel periodo.<br />

«Nella dinamica del nostro modello<br />

mancava qualcosa. Ne eravamo sicuri»,<br />

dice DeConto.<br />

Alley ha suggerito di inserire<br />

nel modello l'integrità<br />

strutturale del<br />

ghiaccio stesso. I due<br />

hanno seguito il consiglio<br />

e l'idea ha funzionato. Era questo<br />

il meccanismo mancante, il loro<br />

modello aveva finalmente raggiunto<br />

il grado di precisione necessario.<br />

I due, quindi, hanno subito usato il<br />

software per capire cosa succederà<br />

nel prossimo futuro. Quello che hanno scoperto<br />

è che, in uno scenario ad alte emissioni<br />

di anidride carbonica (cioè lo scenario attuale),<br />

il livello del mare si alzerà di un metro da<br />

qui al 2100, principalmente a causa di quello<br />

che succederà nella zona Ovest dell'Antartide.<br />

Aggiungendo il contributo della Groenlandia<br />

e l'espansione degli oceani, l'aumento complessivo<br />

è di quasi 2 metri, il doppio rispetto<br />

a quanto previsto dall'IPCC.<br />

Per chi abita a Miami o in qualsiasi altra città<br />

costiera, la differenza tra 1 o 2 metri è la differenza<br />

tra una città vivibile e una totalmente<br />

sommersa – miliardi di dollari di proprietà<br />

immobiliari, per non parlare delle vite dei 145<br />

Il profeta dei ghiacciai<br />

Una foto di Knut Christianson scattata presso la McMurdo<br />

Station, la principale base di ricerca internazionale<br />

in Antartide, in grado di ospitare fino a 1200 scienziati.<br />

milioni di persone che abitano 1 metro sopra<br />

il livello del mare, soprattutto in zone povere<br />

come il Bangladesh o l'Indonesia. La differenza<br />

tra 1 metro o 2 è la differenza tra un'evacuazione<br />

costiera e un disastro umanitario. Per<br />

molte isole del Pacifico è la differenza tra la<br />

sopravvivenza e l'estinzione.<br />

Certo, DeConto e Pollard potrebbero sbagliarsi.<br />

Magari c'è qualcosa che sta rallentando<br />

il collasso e che non hanno considerato. Alley<br />

si chiede se il crollo del ghiacciaio possa creare<br />

una sorta di “traffico” di calotte – lo chiama<br />

mélange – in grado di sostenere le pareti e<br />

rallentare il processo. Christianson e altri<br />

stanno controllando la zona circostante per<br />

scovare irregolarità che potrebbero bloccare il<br />

disastro per un secolo o due. DeConto è molto<br />

interessato al firn, lo strato di neve compattata<br />

che ancora non è diventata vero e proprio<br />

ghiaccio. «Il modo in cui si combina con l'acqua<br />

degli scioglimenti potrebbe seriamente<br />

rallentare le fratture», dice. Ma, come avverte<br />

lo stesso DeConto, potrebbe anche accelerare<br />

tutto. L'incertezza attraversa tutte le ipotesi in<br />

campo, e una volta che il collasso della parte<br />

Ovest inizierà, potrebbe continuare fino a<br />

provocare un innalzamento di circa 4 metri.<br />

La minaccia, comunque, è chiarissima. In<br />

un mondo razionale la sola esistenza di questi<br />

rischi porterebbe a un immediato taglio<br />

dell'inquinamento da carbone e all'attivazione<br />

di investimenti nella ricerca. Gli americani,<br />

invece, hanno eletto un Presidente<br />

convinto che il climate change<br />

sia una truffa, che non vede l'ora di<br />

aumentare il consumo di combustibili<br />

fossili e che ha nominato come Segretario<br />

di Stato il CEO della compagnia<br />

petrolifera più grande del mondo. Un<br />

Presidente che vuole tagliare i fondi<br />

alla ricerca e spendere 70 miliardi<br />

di dollari per costruire un muro sul<br />

confine messicano.<br />

Dopo il ritorno di Kerry<br />

dall'Antartide, abbiamo<br />

parlato degli attacchi<br />

dell'amministrazione<br />

Trump agli scienziati<br />

del clima (e della cancellazione di<br />

ogni riferimento al tema sul sito della<br />

Casa Bianca). «Sono sconvolto, è un<br />

momento quasi luddista», dice Kerry.<br />

«Non fanno altro che sottolineare la<br />

scioccante assenza di informazioni<br />

che attraversa tutte le loro decisioni.<br />

Come se togliere tutto dal sito risolvesse<br />

il problema. È davvero ridicolo,<br />

faccio fatica a commentare una<br />

cosa del genere. Davvero. Mi sembra<br />

qualcosa di altamente simbolico, la<br />

dimostrazione di quanto l'ignoranza<br />

sia pericolosa per il nostro Paese e per<br />

il mondo».<br />

Nessuno può dire esattamente per<br />

quanto tempo ancora resteranno in<br />

piedi i ghiacciai della parte Ovest<br />

dell'Antartide. «Non sappiamo quanto velocemente<br />

possa succedere tutto», ha detto Alley<br />

con un'aria preoccupata. «Abbiamo a che fare<br />

con eventi che nessun essere umano ha mai<br />

visto prima. Non è mai successo niente del<br />

genere». Quello che è sicuro è che il collasso<br />

dell'Antartide dell'Ovest sta già avvenendo,<br />

accelerato dai 200 anni di consumo eccessivo<br />

di combustibili fossili.<br />

Tutti i proprietari di una casa a Miami e i<br />

contadini del Bangladesh vivono alla mercé<br />

della fisica del ghiaccio. Alley non userebbe<br />

mai queste parole: ma in questa parte dell'Antartide,<br />

gli scienziati hanno scoperto la miccia<br />

di una catastrofe.<br />

RS<br />

84 ROLLING STONE_GIUGNO <strong>2017</strong>


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