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azionisti avevano pagato più della quota azionaria, avendo sempre preferito<br />
lasciare tale onore al pubblico.<br />
Come accennato, il corso forzoso dei biglietti dalla Banca <strong>di</strong> Genova portò a un incremento della<br />
circolazione monetaria <strong>di</strong> circa il 10 per cento. Ma ciò assume un senso solo in relazione ai<br />
movimenti della retrostante speculazione.<br />
<strong>La</strong> Banca d'emissione <strong>di</strong> Torino nacque per merito <strong>di</strong> Cavour non ancora ministro, il quale seppe<br />
volerla politicamente e realizzarla rischiando <strong>di</strong> tasca propria. Infatti investì nell'operazione 160<br />
o 180 mila franchi, suoi e <strong>di</strong> alcuni suoi amici, lucrando, nel breve volgere <strong>di</strong> un anno, circa 40<br />
mila franchi (tra il 25 e il 20 per cento dell'investimento). Prima che le trattative fra i fondatori si<br />
avviassero concretamente, pare che Cavour fosse chiamato a vincere le resistenze dei vecchi<br />
banchieri torinesi, che non volevano novità in casa loro, meno che mai un potere capace <strong>di</strong><br />
sovrastarle.<br />
L'idea <strong>di</strong> creare a Torino una banca d'emissione portò alla luce del sole anche il conflitto latente<br />
tra i produttori e i finanzieri. In passato, i produttori e gli esportatori <strong>di</strong> seta avevano ottenuto<br />
dallo Stato prestiti a buone con<strong>di</strong>zioni. L'erario sabaudo aveva delle eccedenze <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong>tà e,<br />
come è ancora costume in tutti gli Stati, aiutava un settore portante delle esportazioni<br />
nazionali. Venuto meno, dopo la sconfitta <strong>di</strong> Novara, l'aiuto del pubblico erario, i setaioli<br />
aspiravano ad avere una partecipazione nella costituenda banca. Oltre tutto erano gli operatori<br />
più interessati al cre<strong>di</strong>to, in quanto tra l'avvio della produzione e la realizzazione del valore<br />
passavano lunghi mesi, dovendo essi, secondo la pratica commerciale del tempo, prima<br />
acquistare la materia prima (le uova della farfalla, la foglia dei gelsi, il combustibile etc.), quin<strong>di</strong><br />
anticipare i salari, poi collocare la merce e alla fine attendere che il cliente pagasse.<br />
I grossi finanzieri e i banchieri, però, non volevano che la pecora che essi tosavano<br />
si mischiasse con i pastori. Pare che Cavour prendesse le <strong>di</strong>fese dei setaioli, ma se<br />
lo fece, dovette tuttavia darsi per vinto. Alla società per azioni, che si costituì per<br />
dar vita alla Banca <strong>di</strong> Torino, parteciparono solo <strong>di</strong>eci persone e case bancarie,<br />
auto-selezionatesi tra gli operatori più ricchi. Fra i <strong>di</strong>eci anche Cavour . <strong>La</strong><br />
presidenza toccò al banchiere Giovanni Nigra, fratello del ministro delle finanze.<br />
Già prima che si andasse dal notaio, il governo chiese anche alla nuova banca un prestito <strong>di</strong> 20<br />
milioni, offrendo in cambio la facoltà <strong>di</strong> emettere biglietti per un importo pari. I soci non si<br />
mostrarono alieni dal lucrare sulle <strong>di</strong>fficoltà che la guerra perduta creava allo Stato. A questo<br />
punto, però, i milioni in circolazione sarebbero <strong>di</strong>ventati 20+20+12+12 = 64. Ciò apparve<br />
preoccupante a Cavour, il quale temette che un eccesso <strong>di</strong> carta in circolazione avrebbe<br />
incrinato la pubblica fiducia, con la prospettiva d'una caduta del corso dei titoli e forse anche <strong>di</strong><br />
un'inflazione (Marchetti, Di Nar<strong>di</strong>); una preoccupazione conforme al rango patrimoniale del<br />
conte, che egli esternò sul suo giornale. Ma i suoi articoli non spaventarono chi allora era al<br />
governo , cosicché, tra il 1849 e il 1850, la circolazione cartacea toccò i 51 milioni.