Coriacea_INT

CORIACEA
STORIE DI COLORE SULLA PELLE
A CURA DI FILIPPO LOTTI

CORIACEA
STORIE DI COLORE SULLA PELLE

CORIACEA
STORIE DI COLORE SULLA PELLE
Loggiati di San Domenico - San Miniato, Pisa
10 - 25 Novembre 2018
mostra e catalogo a cura di/exhibition and catalog by
Filippo Lotti
ente promotore/promoter institution
testo critico/critical text
Francesca Bogliolo
progetto e allestimento/project and show preparation
FuoriLuogo - Servizi per l’Arte
coordinamento/coordination
Daniela De Lauro
organizzazione/organization
progetto grafico/layout
Filippo Lotti
foto opere/photo works
Paolo Garzella
foto concerie/photo tanneries
Paolo Garzella
con il patrocinio/under the patronage
foto copertina/cover photo
Alex Paladini
foto pittori/photo painters
Daniel Alka (Claudio Cionini)
Domenico Aquilino (Luca Bellandi)
Roberto Bastianoni (Fabio Calvetti, Giovanni Maranghi)
Paolo Garzella (Franco Mauro Franchi)
Marco Giacomelli (Fabio De Poli)
Giorgia Madiai (Mario Madiai)
Gianni Mattonai (Marcello Scarselli)
Pier Luigi Meacci (Paolo Nuti)
Guglielmo Meucci (Riccardo Luchini)
Marco Quinti (Elio De Luca)
PROVINCIA DI PISA
traduzioni/translations
Filippo Gliozzi
editing
Francesca Di Biase
stampa/print
Bandecchi & Vivaldi, Pontedera
in collaborazione/in collaboration
ufficio stampa/press office
FuoriLuogo - Servizi per l’Arte
ringraziamenti/special thanks
Fabrizio Borghini
Michele Matteoli
Piero Rosati
info
UNIC - Concerie Italiane
Tel. +39 02 880771.1
Fax +39 02 860032
unic@unic.it
www.unic.it

CORIACEA
STORIE DI COLORE SULLA PELLE
Luca Bellandi
Fabio Calvetti
Claudio Cionini
Elio De Luca
Fabio De Poli
Franco Mauro Franchi
Giuliano Giuggioli
Riccardo Luchini
Mario Madiai
Giovanni Maranghi
Paolo Nuti
Marcello Scarselli
A CURA DI FILIPPO LOTTI

testi/texts

Coriacea:
arte e tradizione
Coriacea:
art and tradition
L’industria conciaria italiana è un modello
documentato di eccellenza, in grado di
esprimere il più alto livello di ricerca estetica
e stilistica al mondo.
La pelle e il cuoio italiani caratterizzano e
valorizzano le scelte creative della moda,
dell’industria dell’accessorio, del lusso, del
design e degli interni auto.
La conceria italiana non sarebbe quella che
è oggi senza i suoi distretti, che sono molto
di più di un’espressione organizzativa industriale.
Con spontaneità e creatività, è sorto
un modello esemplare di collaborazione
collettiva e corale. Un volano che moltiplica
quotidianamente ogni valore della vita imprenditoriale,
sociale e culturale.
“Coriacea”, la mostra a cui UNIC – Concerie
Italiane ha dato il suo pieno appoggio, ne è
un esempio, uno dei tanti che ci riempiono
d’orgoglio.
Nasce a San Miniato, uno splendido borgo,
un concentrato di Toscana, dove troviamo
arte, storia e tartufo, ma soprattutto, cuoio
e pelle.
“Coriacea” è un progetto artistico che ha visto
dodici artisti contemporanei realizzare
i loro dipinti su gropponi di cuoio, che rappresentano
la parte più pregiata della pelle
grezza bovina molto compatta e omogenea.
L’incontro tra le immagini e la materia ha un
effetto coinvolgente ed è gratificante questo
connubio tra arte e industria, il pensare
che l’artista abbia “creato” traendo spunto
da ciò che il nostro settore produce quotidianamente.
Un settore capace di ispirare attraverso i
suoi materiali.
Ancora una volta l’arte della concia diventa
realtà.
Cav. Lav. Gianni Russo
Presidente UNIC
The Italian tanning industry is a documented
model of excellence, able to express the
highest level of aesthetic and stylistic research
in the world.
Italian leather characterizes and enhances the
creative choices of fashion, the leather goods,
luxury, design and car interiors industries.
The Italian tanning industry would not be
what it is today without its districts, which
are much more than an industrial organizational
expression. With spontaneity and
creativity, an exemplary model of collective
and choral collaboration has been built. A
flywheel that multiplies the value of entrepreneurial,
social and cultural life daily.
«Coriacea [Leathery]», the exhibition to
which UNIC 1 has given its full support, is a
example of this, one of the many that fill us
with pride.
It was born in San Miniato, a beautiful village,
a concentrate of Tuscany, where one can find
art, history and truffles, but above all leather.
«Coriacea» is an artistic project in the course
of which twelve contemporary artists have
produced their paintings on leather rumps,
which are the most precious part of the very
compact and homogeneous bovine raw hide.
When images and materials meet, they
cause engagement and the bond between
art and industry is gratifying, as well as
the thought that the artists have “created”
drawing inspiration from what our industry
produces every day.
An industry that can inspire through its materials.
Once again, the art of tanning becomes reality.
Cav. Lav. 2 Gianni Russo
UNIC President
1. Italian Tanners Association [Translator’s note].
2. The Cavalieri del Lavoro are business men and women decorated
with the Ordine al Merito del Lavoro [Order of Merit for Labor] by
the President of the Italian Republic, as a recognition for the results
they have obtained in the world of business.
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Cuoio, arte e tartufo a San Miniato:
il matrimonio è compiuto
Leather, art and truffles in San Miniato:
the marriage is accomplished
Dodici artisti. Dodici gropponi in cuoio. Dodici
stili diversi per un’unica terra: San Miniato.
L’essenza di Coriacea è quella di un’esposizione
a cielo aperto nata dal cuore di un
territorio che, oltre al tartufo, ha nelle concerie
un’altra eccellenza conosciuta in tutto
il mondo.
I prodotti del territorio si legano profondamente
l’uno all’altro, grazie alla matrice comune
che è l’arte.
San Miniato è una terra dove il buon cibo e
la cultura si sposano con straordinaria naturalezza
insieme alle pelli e al cuoio, grazie
alla bellezza che ciascuna di queste specificità
racchiude in sé.
Esporre nel cento storico, sotto i Loggiati di
San Domenico, il Palazzo della cultura, vuol
dire che il cuore pulsante di questa terra
è racchiuso in un’immagine da cartolina: i
gropponi di cuoio sono le tele e la pittura
diventa la cornice di bellezza che accoglie
la migliore enogastronomia locale.
Da dieci anni sto promuovendo e sposando
le nostre eccellenze, pelle, cuoio, arte e tartufo,
perché questo “matrimonio” è la migliore
vetrina per San Miniato.
Oggi ci si avvia alla conclusione di un percorso
che ha visto la Città divenire un salotto
artistico, culturale e gastronomico a cielo
aperto, nel quale ogni eccellenza risuonava
con un’altra, in una perfetta e armonica
combinazione di gusti. E anche stavolta gli
elementi ci sono tutti: cuoio, arte, tartufo e
buon cibo. E il matrimonio è compiuto.
Vittorio Gabbanini
Sindaco di San Miniato
Twelve artists. Twelve leather rumps. Twelve
different styles for a single land: San Miniato.
The essence of «Coriacea [Leathery]» is
that of an open-air exhibition born from the
heart of a territory that, in addition to truffles,
has in the tanneries another excellence
known all over the world.
The products of this territory are deeply
linked to each other, thanks to the common
matrix that is art.
San Miniato is a land where good food and
culture combine each other with extraordinary
naturalness together with leather,
thanks to the beauty that each of these
specific features embodies.
Exhibiting in the historic center, under the
Loggia di San Domenico, the Palace of Culture
means that the beating heart of this
land is enclosed in a postcard picture: the
leather rumps are the canvases, and the
painting becomes the frame of beauty,
which welcomes the best local food and
wine.
For ten years I have been promoting and
marrying our excellences leather, art and
truffles, because this “marriage” is the best
showcase for San Miniato.
Today we are heading towards the conclusion
of a journey that has seen this town
becoming an open-air artistic, cultural and
gastronomic salon, where every excellence
resound to each other, in a perfect and
harmonious combination of tastes. Once
again, the elements are all there: leather,
art, truffles and good food. The marriage is
accomplished.
Vittorio Gabbanini
Mayor of San Miniato
11

Coriacea:
storie di colore sulla pelle
Coriacea:
stories of color on the leather
Dodici artisti toscani accomunati solo da un
supporto pittorico; non una tela, non una
tavola, ma un “groppone”, che altro non è
che pelle bovina.
Utilizzare questo supporto, che non è nato
assolutamente per dipingere, è sicuramente
un’idea particolare, più unica che rara,
scaturita dalla voglia di legare l’attività per
eccellenza del mio territorio e la mia tradizione
familiare all’attività che svolgo da
quasi venticinque anni.
A partire da mio nonno, mio padre, fino ad
arrivare a mio fratello, la mia famiglia ha
passato la vita lavorativa a svolgere un mestiere
faticoso ma allo stesso tempo affascinante
che caratterizza il territorio dove
sono nato, cresciuto e in cui vivo.
Ciò che ho cercato di realizzare è anche un
omaggio a loro, un ritorno al passato che si
lega indissolubilmente con il presente, con
quello che oggi sono e con quello che oggi
rappresento con il mio lavoro.
Mantenere un senso di identità e di comunità
è, nella nostra epoca, molto complesso
e lo è ancora di più trattenerlo nelle nuove
generazioni. L’importanza delle proprie radici,
la consapevolezza del proprio territorio,
della propria comunità e delle proprie
origini è il “filo rosso” che mi ha portato a
ideare questa mostra, in cui l’arte, quale
strumento per tramandare sapere e tradizione,
ha il potere magico di caratterizzare
ed unire contemporaneamente diverse generazioni
di artisti, diverse iconografie in un
unico progetto.
Ogni artista ha espresso il proprio stile ed il
proprio linguaggio liberamente, sperimentando
ed osando, senza un tema principale,
ma solamente con un “groppone” sul quale
tradurre i pensieri, le emozioni, il cui processo
creativo si è tradotto in 12 opere diverse
tra loro, che ne è proprio il valore aggiunto.
Vedere materializzata un’idea che nasce in
una notte e piano piano con impegno prende
forma è una soddisfazione immensa.
Twelve Tuscan artists sharing only a pictorial
support; not a canvas, not a table, but a
“rump”, which is nothing but rawhide.
Using this support, which was definitely not
born to bear a painting, is certainly a particular
idea, a big deal, originating from the
desire to link the activity par excellence of
my territory and my family tradition to the
work I have carried out for almost twentyfive
years.
It all started with my grandfather, to my father,
up to my brother, who have spent their
working life to carry out a job which is difficult,
and yet fascinating, characterizing the
territory where I was born, I grew up, and I
live.
What I have tried to achieve is also a tribute
to them, a return to the past that is inextricably
linked to the present, to what I am
today, as well as to what I stand for with my
work today.
Maintaining a sense of identity and community
is, in our time, very complex, and it
is even more difficult to keep it in the new
generations. The importance of their roots,
the awareness of their territory, their community
and their origins is the “red string”
that led me to design this exhibition, in
which art, as a tool to pass on knowledge
and tradition, has the magical power of
characterizing and combining different
generations of artists, different iconographies
in a single project.
Each artist has expressed his own style and
language freely, experimenting and daring,
without a main theme, but only with
a “rump” on which they have given life to
their thoughts and emotions, whose creative
process has created 12 works which are
all different what is their added value.
It is an immense satisfaction seeing materialized
an idea which was born in a night
and then has slowly taken shape.
Art is beauty, intelligence, perfection, wisdom,
and when, in curating an exhibition, I
12

L’arte è bellezza, intelligenza, perfezione,
saggezza, e quando, nel curare una mostra
le vedo coniugate armonicamente, provo
una gioia incontenibile e contagiosa.
Un progetto semplice e particolare allo
stesso tempo, capace di regalare attimi di
bellezza che danno vibrazioni positive che
si espandono come i cerchi generati da una
goccia che cade nell’acqua.
Grazie di cuore a tutti gli amici artisti che
hanno immediatamente accolto con entusiasmo
questa proposta “singolare” rendendosi
disponibili a mettersi in gioco.
Un grazie a UNIC che ha fatto propria questa
iniziativa, considerandolo un progetto
interessante e innovativo.
Filippo Lotti
Curatore
see them harmoniously matched, I feel an
uncontrollable and contagious joy.
A project, which is simple and particular
at the same time, able to give moments of
beauty that generate positive vibrations
expanding like the circles generated by a
drop in the water.
Many thanks to all the artist and friends
who immediately welcomed this “singular”
proposal, making themselves available to
get involved.
Thanks to UNIC, which has taken up this
initiative, considering it an innovative and
interesting project.
Filippo Lotti
Curator
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Coriacea:
un racconto da pelle a pelle
Coriacea:
a tale from skin to leather
Coriacea è, prima ancora di essere un’esposizione,
il racconto della cultura di un luogo,
una tradizione tramandata da padre in figlio,
una storia che narra le vicende di un’antica
arte capace di assumere nuova forma.
Coriacea è, in sintesi, resilienza. Capacità di
adattarsi al cambiamento pur mantenendo
intatte le proprie caratteristiche e restando,
al pari del corium da cui il suo nome deriva,
nel contempo malleabile e robusta,
resistente e versatile, antica e moderna. Intimamente
legata alla storia personale del
suo curatore, che del materiale scelto come
fil rouge mantiene la caparbietà e l’umanità
che gli permettono di portare avanti un
progetto atto a salvaguardare una memoria
importante del territorio, Coriacea porta
all’attenzione del pubblico una selezione di
artisti di alto livello, accomunati per questa
occasione dalla possibilità di intervenire su
un supporto non convenzionale, i quali tuttavia
mostrano affinità intellettuali che oltrepassano
i limiti imposti dalla materia, per
incontrarsi su un piano spirituale più profondo.
La loro azione, sul cuoio così come
sui supporti abitualmente scelti, manifesta
un’intrinseca volontà, capace di collocarli
all’interno dell’Arte in una posizione privilegiata
perché consapevole, frutto di un costante
lavoro interiore ed esteriore.
Se, come sosteneva Riegl, l’opera d’arte è
‘il risultato di un Kunstwollwen determinato
e cosciente del suo scopo che si afferma
lottando con lo scopo utilitario, la materia
prima e la tecnica’, tutti questi artisti
si situano di diritto nell’ambito dell’arte più
colta, avendo essi interiorizzato con profondità
e fermezza il significato del proprio
percorso. Sia che il Kunstwollen sia inteso
come impulso artistico capace di orientare
la produzione artistica di un determinato
lasso spazio temporale, sia che lo si consideri,
come Panofsky, un senso immanente
all’opera d’arte, esso senza dubbio caratterizza
e lega le personalità artistiche selezio-
«Coriacea [Leathery]» is, even before being
an exhibition, the story of the culture of
a place, a tradition handed down from father
to son, a tale that tells the story of an
ancient art capable of taking on new form.
«Coriacea» is, in short, resilience. Ability
to adapt to change while maintaining its
characteristics intact, remaining, like the
corium from which its name derives, malleable
and steady at the same time, durable
and versatile, ancient and modern. Intimately
linked to the personal history of its
curator, who of the material chosen as fil
rouge maintains the stubbornness and humanity
that allow him to carry on a project
to safeguard an important memory of his
territory, «Coriacea» brings to the public’s
attention a selection of high-level artists.
Artists united for this occasion by the possibility
of intervening on an unconventional
support, and however showing intellectual
affinities that go beyond the limits imposed
by the material, to meet on a deeper
spiritual level.
Their action, on the leather as well as on the
usually chosen supports, shows an intrinsic
will, able to place them within the art in a
privileged position because it is conscious;
it is the result of constant internal and external
work.
If, as Riegl claimed, «The work of art is the
result of a Kunstwollwen determined and
conscious of its purpose, which proves its
worth struggling with the utilitarian purpose,
the raw material and the technique»,
all these artists rightfully place themselves
in the field of the most cultured art, having
deeply and firmly internalized the meaning
of their own journey. Whether the Kunstwollen
is intended to be an artistic impulse
capable of orienting the artistic production
of a certain period, whether it is considered,
as by Panofsky, an immanent sense of
the work of art, it undoubtedly characterizes
and matches the artistic personalities
14

nate da Filippo Lotti per questa interessante
esperienza.
Il cuoio con cui esse si rapportano è un materiale
animale che, dopo essere divenuto
inorganico, viene riportato a nuova vita attraverso
un atto poetico e maieutico, che
restituisce a esso presenza, conferendogli
in aggiunta nuovi significati.
L’intensità delle emozioni nel lavorare su
una ‘seconda pelle’ trapela dall’opera di
Luca Bellandi, in cui la natura emerge prepotentemente
dalla natura, da una materia
lasciata visibile, libera di esprimere il suo
canto, di manifestare una vita sopita, nascosta,
rubata. Lo spazio diviene un luogo
di possibilità e narrazione, sospeso in bilico
sulla soglia del possibile.
Diventa un luogo di ricordo e attese il quarto
di pelle assegnato a Fabio Calvetti, nel
quale una presenza femminile, ignara degli
sguardi degli osservatori, si lascia quasi
cadere in una posa intrisa di sensualità
spontanea, ammantata di solitudine e di
modernità da una luce trasfigurante, che la
pone in una dimensione in cui chiedersi se
tutto sia appena mutato o se sia necessario
aspettare ancora.
In sintonia con una realtà di cui non è possibile
conoscere il finale, l’ambientazione
urbana di Claudio Cionini si carica delle
percezioni di meraviglia e stupore che pervadono
gli occhi e i sensi immobili davanti
a una finestra in una giornata di pioggia, lasciando
che il supporto si trasformi nell’immagine
sfocata di un altrove.
D’altra parte solamente a chi sa attendere,
ascoltare con lo spirito, verrà destinato
un messaggio carico di speranza: le donne
di Elio De Luca, pervase da un impassibile
lirismo, sembrano sbarrare la strada a chi,
abbacinato dalla fretta, tenti di oltrepassarle.
Custodi silenziose, sembrano proteggere
una verità che attende di essere rivelata,
sottratta alla vista superficiale da delicati
simboli iconografici.
selected by Filippo Lotti for this interesting
experience.
The leather, which they are related to, is an
animal material that, after becoming inorganic,
is brought back to life through a poetic
and maieutic act, which gives it back
its presence by adding new meanings.
The intensity of the emotions in working
on a second skin transpires from the work
of Luca Bellandi, in which nature emerges
powerfully from nature, from a material left
visible, free to express its song, to bring out
a dormant, hidden, stolen life. Space becomes
a place of possibility and narration,
suspended in balance on the threshold of
the possible.
The strip of leather assigned to Fabio Calvetti
becomes a place of memory and wait,
in which a female presence, unaware of
the observers, almost lets herself fall into
a pose full of spontaneous sensuality. A
pose cloaked in solitude and modernity
by a transfiguring light, which places it in
a dimension in which one has to wonder if
everything has just changed, or if it is necessary
to wait again.
In tune with a reality whose end is unfathomable,
the urban setting of Claudio Cionini
is charged with the perception of wonder
and amazement that pervades the eyes
and senses motionless in front of a window
on a rainy day, letting the support turning
into the blurred image of an elsewhere.
On the other hand, only those who can wait
and listen with their spirit will have the opportunity
to get a message full of hope: the
women of Elio De Luca, pervaded by impassive
lyricism, seem to block the road to
those who, dazzled by hurry, try to overcome
them. Like silent keepers, they seem
to protect a truth waiting to be revealed,
subtracted from superficial sight by delicate
iconographic symbols.
A harsh reality is revealed by the work
of Fabio De Poli, which focuses without
15

Una cruda realtà si palesa dall’opera di
Fabio De Poli, che mette a fuoco senza
edulcorarla una memoria culturale in parte
sottaciuta o accolta con rassegnazione:
l’indiano non ha bisogno di un volto con cui
parlare, poiché il suo messaggio trapela da
un eloquente e inevitabile silenzio. Le cose
del mondo accadono, con ineluttabilità.
Tuttavia, alcuni Dei non se ne curano, poiché
i fatti degli uomini non possono e non
devono distrarli dal preservare ciò che altrimenti
gli uomini lascerebbero rotolare
via senza accorgersi di nulla: le tre dee di
Franco Mauro Franchi, intente a dialogare
su una mela che mostra le parvenze di un
pomo prima della discordia, conservano intatto
il dialogo sulla bellezza e ne portano
alla nostra attenzione la forma e il colore,
suscitando per esteso un dibattito sull’arte
sempre necessario e foriero di stimolo.
Confrontarsi non è solo utile, ma fondamentale:
il mondo sta cambiando, forse troppo
velocemente, poco consapevolmente.
Il quarto di pelle di Giuliano Giuggioli mostra
come sia pericoloso mettersi in viaggio
senza aver maturato la coscienza necessaria,
capace di originare uno spirito critico
e un animo curioso. I rischi sono evidenti;
nel buio i confini tra cielo e mare si confondono,
si può perdere il senso dell’orientamento,
andando incontro a una designata
catastrofe, ignara degli insegnamenti della
storia. Varcare i confini resta compito
dell’eroe visionario, che va incontro all’enigma
spinto da quel bisogno insito nella natura
dell’uomo, che è sete di conoscenza
ma anche capacità di dissolvenza, abilità di
dimenticare la forma per padroneggiare la
sostanza.
L’esplosione di luce di Riccardo Luchini
guida in una dimensione altra, ove la luce
trasfigura il conosciuto, la città perde i suoi
contorni, l’uomo si avventura alla ricerca di
sé stesso. Chi viaggia affronta dei pericoli,
a volte celati da una bellezza accecante;
sweetening it, a cultural memory partly unsatisfied
or accepted with resignation: the
Indian does not need a face to talk to, as his
message transpires from an eloquent and
inevitable silence. The things of the world
happen, inevitably.
However, some gods do not care, because
the facts of men cannot and must not distract
them from preserving what otherwise
men would let roll away, without noticing
anything. The three goddesses of Franco
Mauro Franchi, intent on talking on an apple
that looks like a bone before the contention,
keep the dialogue on beauty intact
and bring its shape and color to our attention,
provoking a debate on the art that is
always necessary, and a source of stimulus.
Having a discussion is not only useful,
but also fundamental: the world is changing,
perhaps too quickly, not entirely consciously.
Giuliano Giuggioli’s strip of leather shows
how dangerous it is to start traveling without
having acquired the necessary conscience,
capable of giving birth to a critical
spirit and a curious soul. The risks are obvious;
in the dark, the boundaries between
sky and sea are confused, one can lose the
sense of orientation, going towards a designated
catastrophe, unaware of the teachings
of history. Crossing the boundaries remains
the task of the visionary hero, who
meets the enigma pushed by that need
embodied in the nature of man, which is
thirst for knowledge but also ability to dissolve,
ability to forget the form to master
the substance.
The explosion of light by Riccardo Luchini
leads into another dimension, where light
transfigures the known, the city loses its
contours, and man ventures in search of
himself. The traveler faces dangers, sometimes
hidden by a blinding beauty. However,
life is to be accepted in its entirety, as
Abraham Lincoln teaches: one can com-
16

tuttavia, la vita va accolta nella sua interezza,
come insegna Abramo Lincoln: ci si può
lamentare perché i cespugli di rose hanno
le spine, o gioire perché i cespugli spinosi
hanno le rose.
Infinite declinazioni dell’anima trapelano
dall’opera di Mario Madiai, che lascia fluire
le sue rose in un incedere lento e antico,
come una lingua in disuso da cui si debba
imparare ancora molto, in un seguirsi di
rosa, rosae, rosae.
Sensuale, fiera e inaccessibile come una
rosa, la donna di Giovanni Maranghi si stende
a occupare tutto il quarto, sovrapponendo
pelle a pelle, come una novella Calipso
che offra a chi guarda una vita senza affanni,
immortale. Maranghi lascia all’uomo
la possibilità di essere padrone del proprio
destino, di affermare la propria volontà, di
rinunciare a un eterno presente in nome di
un futuro intriso di memoria, inducendo nel
contempo un ragionamento sull’estetica
femminile e sul suo valore nel mondo contemporaneo.
L’attimo fuggente, il passato e il futuro convivono
nell’opera di Paolo Nuti, che sfrutta
la memoria del cuoio per indurre una riflessione
sul concetto di tempo e su come esso
possa essere messo in discussione da dettagli
che possono apparire insignificanti. Il
potere evocativo della materia permette
all’artista di dare forma a un muro e a una
tovaglia, sulla quale trovino posto ricordi
ed emozioni, in una dimensione temporale
che si rivela, ancora una volta, estensione
dell’anima in senso agostiniano.
Infine la materia parla, e tace, nella poetica
di Marcello Scarselli, che affida al suo
quarto un pensiero incisivo e fugace, invitando
a osservare la natura fuori, la natura
dentro, e il continuo incedere della mente
dalla materia allo spirito, dalla terra al cielo,
dal pieno al vuoto. In un procedere elegante,
l’equilibrio formale si fa strada in punta
di compasso per lasciare un segno che sia
plain because the rose bushes have thorns,
or rejoice because the thorn bushes have
roses.
Infinite declensions of the soul transpire
from the work of Mario Madiai, who lets
his roses flow in a slow and ancient pace,
like a disused language from which we
must learn a lot, in a stream of Rosa, rosae,
rosae.
Sensual, proud and inaccessible like a rose,
the woman of Giovanni Maranghi stretches
to occupy the entire strip, superimposing
skin to leather, like a new Calypso offering
the viewer a life without worries, immortal.
Maranghi leaves man the possibility of
being master of his own destiny, of asserting
his own will, of giving up on an eternal
present in the name of a future full of
memory, eliciting at the same time a reasoning
on female aesthetics and its value in
the contemporary world.
The fleeting moment, the past and the future
coexist in the work of Paolo Nuti, who
exploits the memory of leather to elicit a
reflection on the concept of time, and on
how one can question it by details that may
seem insignificant. The evocative power of
the material allows the artist to give shape
to a wall and a tablecloth, on which one can
place memories and emotions, in a temporal
dimension that, once again, proves to be
the extension of the soul in the Augustinian
sense.
Finally, the material speaks, and is silent,
in the poetics of Marcello Scarselli, who
entrusts to his strip of leather a vivid and
fleeting thought, inviting to observe nature
outside, the nature inside, and the continuous
progress of the mind from matter to
spirit, from the earth to the sky, from full
to empty. In an elegant process, the formal
balance slightly makes its way to leave a
sign that is a living presence, a silent and
eloquent witness of the human tension of
the spirit.
17

presenza viva, testimone muto ed eloquente
della tensione umana dello spirito.
L’epidermide è il modo con cui gli esseri viventi
si rapportano con il mondo esterno.
Da pelle a pelle, Coriacea ci ricorda che
possiamo e dobbiamo ritrovare il senso della
nostra umanità.
Francesca Bogliolo
Critico d’Arte
The epidermis is the way in which living beings
relate to the outside world. From skin
to leather, «Coriacea» reminds us that we
can and must rediscover the meaning of
our humanity.
Francesca Bogliolo
Art Critic
18

19

opere/works

Luca BELLANDI

Luca Bellandi nasce a Livorno nel 1962.
Frequenta l’Istituto d’Arte a Pisa e consegue
la laurea all’Accademia d’Arte di Firenze
nel 1985.
Nel 1994 è nominato direttore artistico
dell’associazione culturale “Arti Evasive” di
Livorno, dove insegna pittura e disegno.
Già dalle opere del ‘98 si può notare una
ricerca di forma espressiva libera, il tentativo
di mettere la tecnica al servizio dell’idea,
senza limiti ed inibizioni.
Le sue prime opere sono un tributo agli
artisti “classici” per entrare in simbiosi con
loro e per farlo interviene sulle stesse opere
riproducendole e dando una propria interpretazione
personale. Un intervento casuale
di negazione verso l’opera, per superarla,
ed anche per liberarsi dal peso della storia.
Successivamente ha sentito molto forte
l’esigenza di una pittura ancora più gestuale,
più fisica, sicuramente perché influenzato
dall’arte americana che lo ha “investito”,
come lui stesso ama precisare, sia a livello
artistico, sia letterario che musicale.
La sua ricerca artistica s’interseca con la
ricerca di un’America ancora da esplorare,
ancora patria del sentimento dell’uomo
post-moderno.
Come nei pittori di paesaggio inglese del
1800, che cercavano il dolore e la luce per
rendere intense sensazioni sceniche, così
Bellandi trova nel quotidiano e nella natura
stessa un tipo di pittura che fa del gesto e
del colore, l’espressione più intensa di un intimo
modo di sentire. Lascia così riaffiorare
i ricordi, e a livello grafico anche un modo
più “infantile” di affrontare l’arte.
Nell’ultimo periodo artistico c’è l’essenza
del suo lavoro. Esclude volutamente le figure,
raccontandone però le loro storie attraverso
ciò che indossano, ciò che usano.
L’abito è un simbolo, fa la storia della persona,
distingue le razze, le nazionalità.
Espone i suoi lavori fra Europa e Stati Uniti,
raccogliendo successi che lo proiettano
come uno tra gli artisti più interessanti nel
panorama contemporaneo.
Nel 2007 la personale al MUMI Museo Michetti
di Francavilla al Mare (Ch).
Nel 2008 con “Sometimes Somewhere” lo
troviamo a San Benedetto Del Tronto e Torino,
poi espone a Roma, Siena e Bologna.
Nel 2010 “Passaggio acustico” alla Galleria
Antichi Forni a Macerata.
Nel 2011, a Livorno, con “La Liberté guidant
le peuple” e “No name blues” a Cesena, poi
è alla Galleria “KB Art” di Cosenza.
Nel 2012 a Livorno con “Coupe de talon.
Slow motion and romantic tales”. Mostra
portata poi anche a Pietrasanta (Lu). Dello
stesso anno “Il Minotauro. Le confessioni di
Dedalo”, a Palazzo Huigens di Livorno.
Nel 2013 è a Roma alla Galleria Il Sole con
“Thisegni messaggi & derive/mare bianco”,
poi a Milano, e successivamente al Palazzo
Ducale di Urbino con “Muse”, nella mostra
curata da Roberto Bencivenga.
Nel 2017 presenta “The illusionist” alla Bottega
Gollini di Imola (Bo), poi “Gentle storm”
alla Galleria d’Arte La Mongolfiera di Sanremo
(Im) e alla Galleria Ghiggini di Varese.
Del 2018 “This Incanto” a Livorno ed “Emotional
rescue”, nella Sala San Pietro Martire
della Chiesa di San Domenico in San Miniato
(Pi).
Bellandi vive e lavora a Livorno.
23

Nippon day
tecnica mista su cuoio, 138x77 cm, 2018
25

Fabio CALVETTI

Fabio Calvetti nasce a Certaldo (Fi) nel
1956.
Si diploma al Liceo Artistico (1978) e successivamente
all’Accademia di Belle Arti di
Firenze nella sezione Scuola di Pittura.
La formazione di Calvetti è avvenuta sotto
il segno della sperimentazione degli anni
Settanta. Tra una figurazione che non voleva
essere convenzionale, le spinte pop
e della poesia visiva, la pagina di Calvetti
viene corroborata definitivamente dagli insegnamenti
di un artista di carattere e di
razza quale Fernando Farulli. Una graduale
maturazione del segno ha condotto l’autore
a rendere più essenziale ed efficiente
la composizione: ambienti in cui sembrano
accessibili alcune tracce del suo percorso
formativo, certi amori, certe allampanate
solitudini alla Hopper. Alla fine, le figure di
Calvetti, elaborate sempre di più nel senso
di un “levare” a vantaggio di un dinamico
straniamento del soggetto, sono divenute
veicolo di una narrazione contemporanea
che ha varcato i confini nazionali. Infatti i
primi e maggiori riconoscimenti ottenuti
dall’artista, sono arrivati dall’estero.
La sua prima personale nella Galleria Comunale
della sua città natale nel 1972.
Nel 1987 viene inserito da Tommaso Paloscia
nella sezione dedicata ai giovani artisti
italiani “Onda verde”, in occasione del Salone
Internazionale dell’Arte Contemporanea
a Firenze.
Nel 1995 ha tenuto uno stage di pittura
presso l’Ecole des Beaux Arts di Le Port
all’Isola della Réunion.
Il suo percorso espositivo si è articolato
tra Italia, Germania, Belgio, Spagna, Corea,
Lussemburgo, Lituania, Olanda, Svezia,
Bulgaria, Svizzera, Oceania e gli Stati Uniti,
concentrandosi soprattutto in Francia e in
Giappone.
Nel 2008 il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea
di Arezzo gli dedica un’antologica;
espone poi alla Galleria Artesanterasmo
di Milano, a Palazzo Venezia a Roma,
alla Biblioteca Marciana di Venezia e nel
Chiostro di Sant’Agostino a Pietrasanta (Lu).
Negli anni successivi espone “The world in
one room/Il mondo in una stanza” a Palazzo
Pretorio di Certaldo e nella Sala delle
Colonne di Pontassieve (Fi), a Catania con
“Una notte di primavera”, alla Galleria Impressionart
di Cetona (Si) con “Possibile
verità”, poi invitato d’onore al 46° Salon des
Arts di Cholet (Francia) e la performance
“Lyrique pour mon fauteuil” alla Rocca di
Staggia a Staggia Senese (Si).
Poi le personali: “La via dell’Arte”, Villa Schiff,
Montignoso (Ms); “Scraps of life / Pezzi di
vita”, Palazzo dei Priori, Volterra (Pi); “Litle
tales/Piccole storie”, ex chiesa di Santa
Maria della Misericordia, Perugia; “Enigmi e
Segreti”, Palazzo Consiliare, Tavarnelle Val
di Pesa (Fi), “Il senso di un viaggio” a Castel
San Zeno di Montagnana (Pd), in Francia,
“Tranches de vie” al Musee Utrillo-Valadon
di Sannois, alla Galerie Vieceli Art Contemporain
di Cannes e “Consolazione” all’Arts
Center di Seoul (Corea).
Nel 2018 al Toncelli Showroom di Milano,
“Fabio Calvetti’s Works”, “Now and here”
a Palazzo Bastogi di Firenze e la collettiva
“Tracce di viaggio” all’ex Fornace Pasquinucci
di Capraia Fiorentina (Fi).
Vive e lavora a Certaldo.
27

Penso a niente
tecnica mista su cuoio, 132x77,5 cm, 2018
29

Claudio CIONINI

Claudio Cionini nasce a Grosseto nel 1978.
Frequenta il Liceo Artistico di Grosseto e
l’Accademia di Belle Arti di Firenze; città
dove inizia, nel 2000, l’attività espositiva.
Significativi per la sua formazione gli insegnamenti
dei Prof.ri Daniele Govi e Adriano
Bimbi.
Dopo gli studi la sua attenzione si rivolge
subito al paesaggio industriale, realtà che lo
circonda nella città di Piombino (Li).
Lo attraggono gli impianti delle acciaierie: i
forti chiaroscuri e le atmosfere fumose che
avvolgono altoforni e tubazioni. Si avvicina
lentamente ad una pittura prevalentemente
monocroma.
Nel 2007 partecipa alle collettive: “58° Premio
Michetti” a Francavilla al Mare (Ch); “La
Camicia dei Mille. Opere d’arte per Garibaldi
nel bicentenario della nascita” a Firenze
presso la sede della Regione Toscana; “Nuovi
Pittori della Realtà” al P.A.C. di Milano.
Nello stesso anno, dopo aver visitato Parigi,
nascono i primi studi di paesaggio urbano.
Affascinato dai suoi grandi boulevard e dalle
sconfinate vedute della città, intuisce la
caratteristica fondamentale della sua opera:
lo spazio, la profondità della prospettiva,
il punto di fuga.
Del 2008 la personale “Luoghi dell’assenza”,
al Museo Archeologico di Fiesole (Fi).
Nel 2009, in occasione del ventennale dalla
caduta del Muro di Berlino, la personale
“L’ombra del Muro”, nelle sale di Palazzo
Panciatichi a Firenze. Espone inoltre alle
collettive “Il Muro – Vent’anni dopo. Quasi
come Dumas” al Castello di Lari (Pi) curata
da Filippo Lotti e “I Muri dopo Berlino” allo
Spazio Tadini di Milano.
La pittura di Cionini si fa più materica, inserisce
nuove tonalità e nuove inquadrature.
Nasce così, nel 2010, la mostra personale
“Scorci di verità” alla Galleria d’Arte Contemporanea
di Arezzo.
Nel 2011 al Museo Piaggio di Pontedera (Pi)
espone una serie di opere dedicate alle acciaierie
di Piombino, tema a lui caro che non
ha mai abbandonato nel corso degli anni, e
una serie di quadri che ritraggono le grandi
metropoli mondiali. Il pittore è attratto
dall’idea di avvicinare queste grandi città
quasi come fosse un’unica sconfinata metropoli
globale. La mostra si intitola “Rust!
Fabbrica-Città-Memoria”.
È del 2013 la mostra alla Galleria Angelica di
Roma “Istanti – Under the Skin of Images”.
Nel 2014 espone alla Galleria Lupo ‘Art di
Palermo e alla Fornace Pasquinucci di Capraia
Fiorentina (Fi) con “Blues della grande
città”.
Nel 2015 espone a Pietrasanta (Lu), nelle
sale di Palazzo Panichi con “Oltre i deserti:
le città visibili”. Sempre nel 2015 è tra gli artisti
protagonisti del libro “Cibo, Arte, Vino,
Mare”, con ricette dello chef Luciano Zazzeri,
i ritratti fotografici di Oliviero Toscani e
il testo di Vittorio Sgarbi.
La Galleria Lupo ‘Art gli dedica due personali
nel 2016, prima a Pietrasanta, poi a Palermo.
Nel 2017 ha realizzato il calendario di Toscana
Energia.
Del 2018 le mostre “Visioni urbane” al Teatro
del Ciliegio di Monterotondo Marittimo
(Gr) e “Utopie razionali” a Casa Azul di Follonica
(Gr).
Cionini vive e lavora a Piombino.
31

New York
acrilico e pastello su cuoio, 132x77 cm, 2018
33

Elio DE LUCA

Elio De Luca nasce nel 1950 a Pietrapaola
(Cs).
Si trasferisce giovanissimo a Prato dove si
diploma nel 1969 presso la Scuola d’Arte
“Leonardo da Vinci”. In questa città, dove
ha tenuto la sua prima mostra alla Galleria
Muzzi nel 1972; nel 1998, il Comune gli dedica
un’antologica a Palazzo Datini.
Successivamente espone alla Galleria “Il
Tetto” di Roma, a Prato alla Galleria Armanda
Gori, alla Galleria Arte Capital di
Brescia, alla Galleria Comunale del Castello
Aragonese di Taranto che ospita la mostra
itinerante “Fermate il Tempo”. Espone poi
a Firenze, nel Palagio di Parte Guelfa e a Palazzo
Panciatichi, sede del Consiglio Regionale
della Toscana e nel Ridotto del Teatro
del Popolo di Castelfiorentino (Fi).
Nel 2005 la personale “Mater Terrae” nella
città di Matera, poi è invitato ad esporre al
M’ARS Contemporary Art Museum di Mosca
(Russia); l’anno successivo è al Foreign
Art Museum di Riga, in Lettonia, poi la personale
“Di luce e d’ombra” presso i Musei
Civici della Città di Lecco e a Miami (Florida,
Stati Uniti) e partecipa a “Rifiuti preziosi
- Il Nouveau Réalisme e la cultura contemporanea”,
a Palazzo Strozzi di Firenze.
Nel 2007 è stato uno degli artisti selezionati
per rappresentare l’Istituto di Cultura
Italiana all’Artist Istanbul Art Fair di Istanbul,
poi partecipa alla mostra “Artisti italiani
contemporanei” presso il Boca Raton Gallery
Centre, in Florida (Stati Uniti) e a Santa
Fé (New Mexico, Stati Uniti).
Espone alla Galleria Comunale d’Arte Moderna
di Poppi (Ar), al Museo Nazionale di
Palazzo Venezia a Roma, alla Dogana Veneta
del Comune di Lazise (Vr), alla Galleria
SpaziArti di Milano e “Nuvole spettinate”
alla Sala Ugo Capocchini di Barberino Val
d’Elsa (Fi).
Del 2014 le due mostre “Donne e miti” curate
da Filippo Lotti, in contemporanea alla
Sala del Basolato del Comune di Fiesole
(Fi) e nella Sala delle Colonne del Comune
di Pontassieve (Fi).
Del 2015 l’esposizione dei bozzetti per
la decorazione dell’Aula Magna all’Istituto
Agronomico per l’Oltremare di Firenze;
opere poi esposte a Expo di Milano 2015 nel
Cluster Caffè dell’El Salvador. Dello stesso
anno l’esposizione a Pechino, dal titolo
“Capriccio Italiano”, in collaborazione con
l’Ambasciata Italiana in Cina e con l’Istituto
Italiano di Cultura a Pechino.
Nel 2016 allestisce le personali “Miti Divini”
alla Fattoria di Sant’Appiano di Barberino
Val d’Elsa (Fi), “Città Celeste” a Palazzo
della Corgna di Città della Pieve (Pg), al
Castello della Poderina (Si), “Alma Mater”
alla Casa Museo Ivan Bruschi di Arezzo ed
è tra i protagonisti della mostra “Quasi Pinocchio”,
al Parco Monumentale di Collodi
(Pt) e, successivamente, a Palazzo Grifoni
di San Miniato (Pi).
Del 2017 la personale “Donna - Elogio delle
virtù”, a Palazzo Pretorio di Certaldo (Fi).
Nel 2018 è uno dei 36 protagonisti della
collettiva “Pinocchio al Pinocchio” alla Casa
Culturale di San Miniato Basso (Pi), poi
espone nella personale a Villa Schiff di Montignoso
(Ms) e “Amore. Cantico dei Cantici”,
a cura di Maurizio Vanni, al Lu.C.C.A. - Lucca
Center of Contemporary Art.
Elio De Luca vive e lavora a Prato.
35

La nuvola su di noi
pastello a olio su cuoio, 142x84 cm, 2018
37

Fabio DE POLI

Fabio De Poli nasce a Genova nel 1947.
Nel 1964 frequenta l’Istituto d’Arte di Firenze
specializzandosi in grafica pubblicitaria
sotto la guida di Lucio Venna.
Dal 1968 inizia la sua carriera artistica.
Nel 1972 vince la borsa di studio per giovani
artisti assegnata dal Comune di Firenze.
L’anno seguente è segnalato Bolaffi per la
pittura da Tommaso Paloscia e per la Biennale
dei Giovani di Parigi da Enrico Crispolti.
Partecipa a numerose e importanti rassegne
d’arte, si interessa al design industriale,
progettando mobili-oggetto e collabora,
insieme a Eugenio Miccini e Antonio Bueno,
alla rivista “Visual”.
Nei primi anni Ottanta la mostra “Gulliver
continua” alla Galleria De Foscherati di Bologna.
Nel 1984 si trasferisce a Roma, ospite
di Mario Ceroli, dove inizia un nuovo ciclo di
lavori intitolato “Roma”. Nello stesso anno
partecipa alla XXIX Biennale Nazionale
d’Arte Città di Milano.
Nel 1990 collabora con Augusto Caminito
e Scena Film di Roma all’uso sperimentale
della pittura nel cinema contemporaneo.
Nel 1992 partecipa alla mostra “Libro d’artista
italiano” al MoMA di New York in occasione
delle celebrazioni Colombiane, progetta
una serie di lavori dedicati a Leonardo
per la Fondazione Hammer di Los Angeles
ed espone all’International Art Exposition
di Miami Beach.
Nel 1994, espone a Sarasota (Stati Uniti)
alla Galleria Anita Pickren.
Nel 1997 espone a Satura di Genova.
Il 1998 è l’anno di “Due atti Unici”, mostra allestita
con Mario Ceroli presso la Sala d’Arme
di Palazzo Vecchio di Firenze.
Le mostre personali e collettive si susseguono
numerose in tutta Italia: a Firenze,
Pescia, Montecatini Terme (Pt), Pistoia, Vasto
(Ch), Crema (Cr), Finale Ligure (Sv), Milano,
Salerno, Pescia (Pt).
Dal 2004 espone alla Galleria Mirabili di
Firenze. A Montecatini Terme colloca una
scultura in ferro colorato RossoAirone dedicata
alla Città.
Progetta nel 2005 una vetrata di 60 metri
per il nuovo Ospedale Meyer di Firenze.
Nel 2007 è presente alla mostra Mirabili
Arte d’Abitare Letti d’Autore, in occasione
di Artefiera Bologna.
Del 2011 la mostra “Convivio” alla Galleria
Vannucci di Pistoia e “Robespierre, Robespierre
- Ancora più vicino alle stelle” al Museo
delle Genti d’Abruzzo di Pescara.
Nel 2012 a Vasto inaugura, a Palazzo Mattioli,
l’antologica “20 anni con Vasto”; nello
stesso anno apre a Palazzo Farnese la mostra
“Le stanze della meraviglia”.
Nel 2013 tiene la monografica “Easy” presso
la Galleria d’Arte Farsetti a Firenze.
Nel 2014 espone a Palazzo Malaspina (San
Donato in Poggio, Firenze) con “Farepitturacontinuamente”.
Alla Fattoria di Sant’Appiano
(Barberino Val d’Elsa, Firenze) espone
all’interno della cantina con “Vicino alle
stelle”.
Del 2016 la mostra personale “Dreams, cars
and flowers” presso Villa Giorgia, Pistoia.
Nel 2017 la personale “Equilibrio“ al MOCA
Contemporary Art di Montecatini Terme.
È presente nel volume “Storia dell’arte italiana
del ‘900” (Edizioni Bora), a cura di
Giorgio Di Genova.
Vive e lavora a Montecatini Terme.
39

Crazy Horse
vinilici su cuoio, 132x73,5 cm, 2018
41

Franco Mauro FRANCHI

Franco Mauro Franchi nasce a Castiglioncello
(Li) nel 1951.
Scultore, pittore, disegnatore formatosi
all’Istituto Statale d’Arte di Lucca e poi
all’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Costante il suo interesse allo sviluppo plastico
dell’immagine, affiancato, all’inizio,
dall’esperienza di maestri come Vitaliano
De Angelis e Oscar Gallo, scultori fondamentali
nella sua formazione tecnica e linguistica.
Franchi ha costruito le sue forme su un segno
corposo e ben strutturato, dipanato
con morbidezza nella pittura e sinuosamente
avviluppato intorno alla materia nella
scultura.
Inizia il suo intenso percorso espositivo alla
fine degli anni Sessanta, non ancora ventenne,
esponendo nella galleria dell’artista
e amico Sirio Bandini a Cecina (Li).
Nel 1976 prende corso la sua carriera d’insegnamento
presso l’Accademia di Belle Arti
di Firenze, che lo porterà, nel 1989, a vincere
la cattedra di Scultura e a svolgere il suo
magistero presso l’Accademia di Belle Arti
di Foggia, poi a Bologna e infine a Carrara
(2000), dove ha insegnato fino al 2018.
Dal 1978 comincia a eseguire opere monumentali,
prima a Cecina (la Fontana in piazza
della Libertà), poi in numerosi altri spazi
pubblici e privati in Italia e all’estero (Svizzera,
Giappone e Stati Uniti).
Partecipa ad importanti rassegne, come
la Quadriennale di Roma, e allestisce personali
in luoghi istituzionali come il Museo
Fondation Gianadda di Martigny (Svizzera),
Fort Barraux Grenoble (Francia), Belle Usine
di Fully (Svizzera).
Nel 2006 il Museo Archeologico di Firenze
gli dedica una personale, poi espone
(2007) alla Villa Medicea di Cerreto Guidi
(Fi), nel 2008 alla Galleria Comunale Casa
Frabboni di San Pietro in Casale (Bo), “Le
forme liberate” (2010), Castello dei Vicari,
Lari (Pi) e “La miniera, la materia, le forme”
(2011) a Montecatini Val di Cecina (Pi).
Nel 2011 viene invitato alla 54^ Biennale di
Venezia nella Sala Nervi del Padiglione Italia
al Palazzo delle Esposizioni di Torino.
Nel 2013 “Sogni mediterranei”, mostra antologica
di scultura nell’area archeologica del
Teatro Romano e nel Museo Archeologico
di Fiesole (Fi), poi le “giunoniche sculture”
del maestro Franchi approdano a Pontassieve
(Fi) nella mostra “Isole”.
Nello stesso anno, Franchi, riceve il titolo di
Accademico della prestigiosa Accademia
delle Arti del Disegno di Firenze.
Nel 2014 “Approdi alla Grande Madre” alla
Fondazione Trossi-Uberti di Livorno.
Nel 2016 due sculture vengono esposte nel
centro storico di San Miniato (Pi). Sempre
nel 2016 espone alla Ciemmeci Faschion di
Empoli (Fi) e nella la grande mostra personale
di sculture, dipinti e disegni “Il canto
delle Sirene” a Villa Caruso Bellosguardo di
Lastra a Signa (Fi).
Nel 2018 la personale “Sognando Itaca” a
Palazzo Pretorio di Certaldo (Fi).
Lavora con eguale partecipazione la pietra e
il bronzo, esprimendo un senso della forma
ampia e solare, che aspira a rappresentare,
nell’immagine predominante della donna, la
forza vitale che pervade l’universo.
Franco Mauro Franchi vive e lavora a Rosignano
Solvay (Li).
43

Il gioco delle tre Grazie
acrilico su cuoio, 136x77,5 cm, 2018
45

Giuliano GIUGGIOLI

Giuliano Giuggioli nasce nel 1951 a Vetulonia,
in provincia di Grosseto.
Autodidatta; la sua prima mostra personale
risale al 1973.
Si perfeziona nelle tecniche pittoriche e di
stampa con la frequenza assidua di botteghe,
stamperie, cantieri artistici, gallerie e
musei di tutto il mondo.
La sua produzione spazia dalle grandi tele
ad olio, alle tecniche su carta e legno, agli
affreschi, alla scultura, alle ceramiche, alle
acqueforti, serigrafie e litografie.
Nel 2004 si è dedicato anche all’attività di
scenografo, realizzando le scene per il musical
“Cleopatra” di Lamberto Stefanelli.
Molte sue opere sono state pubblicate dalla
rivista “Anima Mundi”, edizioni Eri/Rai, diretta
da Gabriele La Porta.
Numerose le partecipazioni di Giuggioli
all’Art Expo di New York dove, inoltre, è stato
ospite dell’esclusivo Circolo degli Artisti
della città.
Tra le mostre più importanti sono da ricordare:
1994 Galerie Zabbeni a Vevey (Svizzera);
2005 Dennis Rae Fine Art a San Francisco
(USA); 2007 l’antologica al Cassero
Senese di Grosseto; 2012 all’Accademia delle
Arti del Disegno di Firenze; 2013 “Cronache
senza tempo”, Civica Pinacoteca di
Follonica; 2015 Galleria L’Amour a Taizhou,
Cina; 2016 Galleria Sicily a Hangzhou, Cina;
2016 Casa da Cultura a Càmara de Lobos,
Madeira (Portogallo); 2016 collettiva “Quasi
Pinocchio”, Museo del Parco di Pinocchio,
Collodi (Pt) e Palazzo Grifoni, San Miniato
(Pi); 2016 collettiva “Frammenti di realtà”,
Castello Inferiore di Marostica (Vi); 2017
“Sonho e realidade”, Lisbona (Portogallo);
2017 collettiva “Frammenti di realtà”, Palazzo
Pfanner, Lucca; 2017 Art is Light Gallery,
Asti; 2017 “Archeologie”. Museo Isidoro Falchi,
Vetulonia (Gr); collettiva “Gioielli d’Artista
a Firenze, Galleria Antichità Via dei Fossi,
Firenze; 2017 collettiva Gruppo Estrosi
“The BESTie”, Museo Civico Magazzini del
Sale, Siena; 2017 “Arlecchino”, Teatro Comunale
Fonderia Leopolda di Follonica;
2018 collettiva “Pinocchio al Pinocchio”,
Casa Culturale di San Miniato Basso (Pi);
2018 “Il Viaggio”, Palazzo Pretorio, Certaldo
(Fi); 2018 collettiva “Onirica”, Villa Bottini,
Lucca; 2018 collettiva “Guardare in alto,
dalla terra al cielo”, Palazzo Pretorio, Certaldo
(Fi); 2018 “Disegni di sogni”, Galleria
Spaziografico, Massa Marittima (Gr); 2018
“Emergenti”, Casa Azul, Follonica (Gr); 2018
“Il surrealismo simbolico di Giuliano Giuggioli”,
Castello Ginori, Querceto (Pi); 2018
collettiva “Tracce di viaggio”, ex Fornace
Pasquinucci, Capraia Fiorentina (Fi).
I suoi lavori sono presenti in molte collezioni
pubbliche e private sia in Italia che
all’estero.
Hanno scritto di lui, tra gli altri: Attilio Battistini,
Francesca Bogliolo, Gian Paolo Bonesini,
Giovanna M. Carli, Daniela De Lauro,
Giovanni Faccenda, Ugo Fasolo, Giovanna
Galli, Stefano Jacoviello, Grazia Lago, Filippo
Lotti, Gilberto Madioni, Patrick Maffei,
Luca Nannipieri, Dino Pasquali, Giuseppina
Scotti, Vittorio Sgarbi, William Tode, Maurizio
Vanni, Domenico Viggiano.
Vive e lavora tra Scarlino e Follonica, in provincia
di Grosseto.
47

Fuoco amico
tecnica mista su cuoio, 135x77 cm, 2018
49

Riccardo LUCHINI

Riccardo Luchini è nato a Milano nel 1949.
All’età di 8 anni torna a Massarosa (Lu), città
di provenienza dei genitori. Si diploma al Liceo
Scientifico di Viareggio (Lu) e inizia a studiare
Medicina a Pisa e contemporaneamente dipinge,
ma la passione per la pittura prende il sopravvento.
Si iscrive, così, al Liceo Artistico di
Lucca e poi all’Accademia di Belle Arti di Carrara,
sezione pittura, dove si diploma nel 1983,
con il massimo dei voti.
Dal 1969 partecipa a rassegne nazionali, conseguendo
premi e riconoscimenti.
È stato docente all’Accademia di Brera a Milano,
all’Accademia di Belle Arti di Roma, di Carrara
e a quella di Urbino.
Esponente di quel paesaggismo urbano che
ben incarna lo spirito dei nostri tempi. Le sue
città, colte sempre con tagli cinematografici in
movimento, costituiscono anche un’interessante
metafora dell’animo umano, dove il grigio e i
toni freddi sono dominanti, dove la solitudine è
protagonista, dove si esperisce l’instabilità delle
cose e dell’esistenza stessa.
Come scrive Giuseppe Cordoni: “Anche le cose,
per esistere, esigono attenzione ed amore; altrimenti
finiscono per dissolversi, come le città
che ci spariscono dallo sguardo: quali non fossero
mai esistite, se cessiamo di contemplarle.
Guardare le vedute di Luchini non è affacciarsi
all’esterno su una città, ma all’interno, sulla propria
interiorità”.
Nicola Micieli rileva come la materia appaia “un
impasto denso e sedimentario, il colore tende
alla monovalenza, su una gamma di tonalità
basse, dominando i bruni e le terre bruciate, i
passaggi dall’ombra alla luce non sono in qualche
modo rilevabili come stacchi di aree pittoriche,
ma consistono in variazioni intrinseche
alla materia, e dunque il clima pittorico appare
particolarmente idoneo a rappresentare momenti
di intensa esplicazione esistenziale”.
“Si tratta di una pittura autonoma – commenta
Tommaso Paloscia – in un linguaggio figurativo
che rifugge dalle follie mimetiche nelle quali è
coinvolta per buona parte l’arte figurale di oggi.
Misurati rapporti tonali vi regolano, con legge
ferrea, la rappresentazione di un universo tutto
racchiuso nell’area dello studio: interni nel grigio
come colore dominante, e dove i tavoli da
lavoro e gli strumenti con i quali l’artista pone
in una evidenza discreta e cauta le “sue” realtà,
sono i soli modelli attraverso i quali egli traduce
le invenzioni suggeritegli dall’immaginario”.
Ha tenuto mostre in tutta Italia e all’estero e ha
partecipato alle più importanti fiere d’arte.
Sue opere sono presenti in collezioni pubbliche
e private in Italia e all’estero.
Nel 2018 si è cimentato nella mostra “Tanneries”,
esposta a Casaconcia, sede del Consorzio
Vera Pelle Italiana Conciata al Vegetale, a Ponte
a Egola (Pi). Una mostra interamente realizzata
in modo site specific: l’artista ha voluto addentrarsi
e “indagare” il mondo delle concerie, dipingendolo.
Un mondo “lontano”, per così dire,
dalla sua iconografia abituale ma che ha saputo
rappresentare con la sua consueta tecnica pittorica
in una sorta di connubio tra figurazione e
astrazione. Mostra poi esposta a Lineapelle alla
Fiera di Milano.
Hanno scritto di lui, tra i tanti: Alberto Badolato,
Massimo Bertozzi, Alberta Rossana Bianchi,
Dino Carlesi, Giuseppe Cordoni, Giovanni Faccenda,
Lodovico Gierut, Claudio Giumelli, Anna
Vittoria Laghi, Paolo Levi, Filippo Lotti, Marcella
Malfatti, Nicola Micieli, Riccardo Nencini, Paolo
Nerbi, Bruna Nizzola, Clizia Orlando, Tommaso
Paloscia, Maria Gabriella Savoia, Melina Scalise,
Stefano Silvestri, Giovanni Stella, Roberto Valcamonici,
Serena Vanzaghi.
L’artista vive e lavora a Massarosa.
51

Interno con figura
olio su cuoio, 136,5x73 cm, 2018
53

Mario MADIAI

Mario Madiai nasce a Siena nel 1944.
Ancora giovane, si trasferisce nella città costiera
di Livorno. Frequenta l’Istituto d’Arte
“Augusto Passaglia” di Lucca e, sin da
giovanissimo, si dedica alla pittura e, con
il suo talento precoce, si distingue subito
nelle manifestazioni artistiche nazionali più
qualificate degli anni ‘60 e ’70. Madiai è uno
degli artisti più attenti e sensibili alle tematiche
del reale: la critica più avveduta lo segnala,
per le sue straordinarie doti creative,
tra i pittori più preparati e accreditati.
Protagonista della pittura italiana contemporanea,
con una serie di lavori che hanno
come tema principale la natura, i fiori, il
paesaggio, con una tecnica che si concentra
nella ricerca dell’equilibrio della composizione,
raggiunto attraverso l’accordo
di linee e colori, quasi come in una pittura
astratta. Come molti degli artisti informati
alla pittura di area labronica Mario Madiai
utilizza i temi tradizionali del paesaggio
o della natura morta per approfondire un
linguaggio individuale. Attraverso elementi
noti, l’artista ha cercato la raffigurazione
del meno noto. La pagina di Madiai, a volte
nitida e squillante di luce, oppure ammantata
di lievi umbratilità, rappresenta, in ogni
caso, lo stesso soggetto: l’emozione dello
sguardo di fronte alle immagini, o alla memoria
delle immagini.
Un’attività espositiva estremamente intensa
fatta di successi che si sono delineati fin
dalle prime mostre alla fine degli anni Sessanta
e la prima personale alla Casa della
Cultura di Livorno nel 1971. Mentre il carattere
della pittura di Madiai andava maturando
nel tempo, le esposizioni si infittivano.
Madiai è uno dei nomi dell’arte contemporanea
italiana più apprezzato e riconosciuto
dalla critica.
Ha partecipato a numerose mostre in Italia
e all’estero, spostandosi frequentemente
tra Europa, Asia e nelle Americhe.
Nel ‘76 è alla Galleria Bergamini di Milano, e
l’anno dopo partecipa, a Firenze, al Premio
del Fiorino, poi una nutrita serie di mostre
e partecipazioni: alla Galleria Menghelli (Firenze),
al Centro studi “Ragghianti” (Firenze),
alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea
di Arezzo, The Solomon Gallery
(Londra), Galleria Davico (Torino), Galleria
Narciso (Roma), Hanson Art Galleries (La
Jolla, California, USA), La Foret (Tokyo),
Columbus (Ohio, USA) alla Muse Gallery,
alla Galleria Forni di Bologna e molte altre.
Il suo “iter” è proseguito con molte altre
personali tenute a Los Angeles, Milano, Monaco
di Baviera, Napoli, Valencia, Cina, al
Museo Piaggio di Pontedera (Pi) e allestisce
un’antologica ai Granai di Villa Mimbelli
del Museo Civico “G. Fattori” di Livorno, a
Palazzo Bastogi di Firenze e in Portogallo.
Suoi quadri sono stati recentemente inseriti
nella collezione permanente del Museo
d’Arte Moderna “Mario Grimoldi” di Cortina
d’Ampezzo (Bl), nel “Museo d’Arte dello
Splendore” in provincia di Teramo e Il Ciocco
a Barga (Lu) ha un’intera sala del suo
residence dedicata all’artista.
Della sua opera si è occupata ampiamente
la critica. Martina Corgnati ha curato una
importante monografia.
Vive in un suggestivo casolare immerso nella
campagna pisana ma alcuni mesi all’anno
vive e lavora negli Stati Uniti.
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Rose
olio su cuoio, 146,5x81,5 cm, 2018
57

Giovanni MARANGHI

Giovanni Maranghi nasce nel 1955 a Lastra
a Signa (Fi).
Svolge i suoi studi a Firenze dove si diploma
al Liceo Artistico “Leon Battista Alberti” per
poi iscriversi alla Facoltà di Architettura.
Alterna gli studi universitari con la frequentazione
dei corsi di nudo libero presso l’Accademia
delle Belle Arti. Frequenta in quegli
anni artisti del calibro di Primo Conti,
Lucio Venna e Paulo Ghiglia.
A vent’anni, presenta una personale alla
Galleria San Ferdinando di Bari.
Fra gli appuntamenti di maggior rilievo di
questi primi anni, si ricorda: Galleria d’Arte
Spinetti di Firenze (1982), Galleria Dalders
ad Amsterdam (1985), Galleria Diva di Bruxelles
(1987).
Gli anni ‘90 si aprono con la personale “La
poltrona dei sogni” alla Galleria Nuovo Sagittario
di Milano.
Sempre in questi anni sarà protagonista negli
Stati Uniti, a Carmel in California con una
personale alla Medici Gallery e ancora allo
Studio 205 di Chicago e nel 1997 con una
personale a New Orleans.
Il nuovo secolo si apre con “Gnacchi e Timparlini”
all’Hotel Excelsior di Firenze; una
mostra ispirata alle poesie di Fosco Maraini.
Nel 2001, Mondadori Editore, gli dedica un
redazionale sul periodico “Arte”.
Espone a Parigi nel 2003, con “Illusiones
coscientes” alla Galleria Nichido.
Fra il 2005 e il 2007 è presente a Siena,
Pietrasanta (Lu), Matera, Firenze (all’interno
delle Palazzine Lorenesi in occasione di
“Pitti Immagine”) e Forte dei Marmi (Lu).
Contemporaneamente espone in Olanda,
Francia, Russia e Stati Uniti.
Del 2008 “Extra – Large Barocco”, alla Basilica
della SS. Vergine del Carmelo a Piacenza.
Poi “Colazione da Maranghi” all’Antico Spedale
degli Innocenti a Firenze.
Il 2009 lo vedrà a Palm Beach alla Galleria
Faustini, alla Chetkin Gallery di New York,
alla De Freo Gallery di Göteborg (Svezia) e
a Parigi alla Galleria di Tatiana Tournemine.
Nel 2010 è in Svezia, a Simrishamn, alla De
Freo Gallery e da Faustini a Forte dei Marmi.
Nel 2011 è a Monte Carlo (Principato di Monaco)
durante il 69° GP di Formula 1, con
esposizione sullo yacht “Planet 125” e la performance
all’interno dei grandi magazzini
NK di Göteborg. Sempre nel 2011 “Art Food
– cibo per la mente”: in occasione del “Teatro
del Silenzio 2011” espone a Lajatico (Pi).
Di seguito, espone a Berlino, a Parigi e a
Montreux (Svizzera), poi “Casta Diva”, presentata
da Antonio Natali, nella Sala delle
Colonne di Pontassieve (Fi) e, l’anno
seguente, nella Sala degli Specchi dello
“Schoss Solitude” a Stoccarda (Germania).
Con la mostra “Sono quella che sono” è a
Göteborg al “Sankt Jörgen Park Resort”,
poi espone a Palazzo Medici Riccardi di Firenze
“Una storia in bianco”.
Nel 2015 è a Pechino con la mostra “Capriccio
Italiano”, in seguito è a Berlino poi
a Stoccarda.
Del 2016 la personale alla Fornace Pasquinucci
di Capraia Fiorentina (Fi).
Nel 2017 “Rumore di fondo” a Ca’ dei Carraresi
di Treviso. Inaugura in seguito due personali
a Firenze e a Matera, poi è ancora in
Germania, a Stoccarda e a Reutlingen.
Nel 2018 è al Lu.C.C.A. - Lucca Center of
Contemporary Art con “Immersione”.
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Toscana amata
tecnica mista su cuoio, 134x74 cm, 2018
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Paolo NUTI

Paolo Nuti è nato a Viareggio (Lu) nel 1949.
Dopo aver seguito gli studi artistici si è dedicato
con continuità alla pittura ed alla
grafica.
Agli esordi la ricerca pittorica di Nuti era
orientata verso l’astrazione per poi approdare,
negli anni Ottanta, alla figurazione.
Con una tecnica raffinata e con tematiche
sempre originali Nuti è riuscito a cogliere
sia il consenso del pubblico che quello
dei critici d’arte che lo considerano uno dei
rappresentanti più interessanti della nuova
figurazione toscana.
Ha tenuto la sua prima mostra personale
nel 1973 alla Galleria Bramante di Vigevano
(Pv) presentato in catalogo da Krimer
(al secolo Cristoforo Mercati, scrittore, pittore
e poeta), uno dei primi critici che si
sono interessati al suo lavoro. Seguono una
lunga serie di esposizioni personali e collettive
in Italia ed all’estero; tra le più importanti
ricordiamo: la mostra nel 1975 alla
Galleria Radice di Lissone (Mb) poi nel 1980
alla Galleria Il Ghibellino di Empoli (Fi), nel
1982 dipinge, su commissione del Comune
di Cerreto Guidi (Fi), lo stendardo del Palio
del Cerro e poi tiene una mostra personale
nella Villa Isabella de’ Medici nella stesa cittadina;
nel 1985 il Comune di Este (Pd) gli
organizza una personale presso la Chiesa
di San Rocco; nelllo stesso anno inizia anche
la collaborazione con la Galleria Renzo
Spagnoli. Nel 1987 la mostra alla Galleria
Im Stall di Basilea (Svizzera), nel 1991 alla
Galleria Spagnoli di Lugano (Svizzera), nel
1995 la personale presso la Galleria Centro
di Promozione Artistica di Verona, nel 1997
nella sala espositiva dell’Istituto “Calasanzio”
di Empoli, nel 2005 espone alla Galleria
Capricorno di Vigevano.
Nel 2016 la personale al Museo Casa Giorgione
di Castelfranco Veneto (Tv) e la collettiva
di “gruppo” al Castello Inferiore di
Marostica (Vi) dal titolo “Frammenti di realtà”;
mostra poi presentata, nel 2017, a Palazzo
Pfanner di Lucca. Nello stesso anno la
collettiva “Gioielli d’Artista a Firenze” presso
la Galleria Antichità Via dei Fossi di Firenze.
Del 2018 la collettiva “Pinocchio al Pinocchio”
alla Casa Culturale di San Miniato Basso
(Pi) e la personale “L’immagine e il suo
doppio” all’ex Chiesa di Santa Maria della
Misericordia di Perugia, entrambe curate da
Filippo Lotti. Successivamente la personale
“Gli occhi dei pesci” alla Galleria Artender di
Alassio (Sv) curata da Francesca Bogliolo
e la collettiva “Tracce di viaggio” all’ex Fornace
Pasquinucci di Capraia Fiorentina (Fi),
curata da Filippo Lotti.
Dal 1985 al 2013 Paolo Nuti ha partecipato a
tutti gli eventi espositivi, in Italia e all’estero,
organizzati dalla Galleria Spagnoli di Firenze.
Si sono interessati al percorso artistico di
Paolo Nuti i seguenti critici ed esperti d’arte:
Romano Battaglia, Francesca Bogliolo,
Paolo Brambilla, Dino Carlesi, Giovanna Maria
Carli, Daniela De Lauro, Giovanni Faccenda,
Graziano Frediani, Pier Francesco
Listri, Giovanni Lombardi, Filippo Lotti, Cristoforo
Mercanti (Krimer), Armando Nocentini,
Tommaso Paloscia, Franco Passoni,
Andrea Petralia, Daniela Pronestì, Emilio
Segre, Franco Solmi.
Paolo Nuti vive e lavora nella sua città natale.
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Questo dipinto non è venuto fuori come me lo aspettavo ma di ciò non sono mai sorpreso
olio su cuoio, 136x78 cm, 2018
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Marcello SCARSELLI

Marcello Scarselli nasce a Santa Maria a
Monte, in provincia di Pisa, nel 1953.
Dopo essersi diplomato all’Istituto Tecnico
di Pontedera (Pi), frequenta corsi di disegno,
di intaglio e successivamente il corso
di incisione alla Scuola Internazionale di
Grafica Il Bisonte a Firenze.
Scarselli inizia la carriera artistica negli anni
Settanta partecipando a numerose mostre
collettive e intervenendo nell’animato dibattito
estetico di quel periodo.
La sua professione di pittore si consolida
negli anni attraverso una costante attività
espositiva in Italia e all’estero (Austria, Belgio,
Germania, Francia, Svizzera, Portogallo,
Giappone), come ad esempio quella di
Parigi presso la “Maison d’Italie” (Cité Universitarie),
alla Foire de Nice, invitato dalla
Camera di Commercio Italiana in Francia.
Tra il 2010 e il 2011 ha partecipato, con
un’opera dedicata al gruppo rock Baustelle,
alla mostra collettiva itinerante “50 pittori
toscani per 50 cantanti toscani” che lo
ha visto esporre in dodici prestigiosi luoghi
della Toscana. Nel 2011 è stato selezionato
per un’esposizione internazionale alla Galleria
Royal Opera Arcade Pall Mall a Londra.
Dal 2012 una sua opera fa parte della Pinacoteca
di arte contemporanea de Il Ciocco
a Barga (Lu).
È presente nel catalogo dell’Enciclopedia
d’Arte Italiana edizione 2011 e 2012.
Nel 2013 la grande mostra itinerante curata
da Giuseppe Cordoni e Filippo Lotti “Humanitas
Machinæ (il lavoro dipinto)” con
tappe a Palazzo Medici Riccardi di Firenze,
Palazzo Mediceo di Seravezza (Lu) e al Museo
Piaggio di Pontedera.
Del 2014 la personale “Il lavoro dipinto” a
Ponte de Sor (Portogallo). In seguito alla
collettiva “Il Muro – 25 anni dopo” all’Ambasciata
della Repubblica Federale di Germania
di Roma dona un’opera in ricordo della
caduta del Muro di Berlino.
Del 2015 le personali “Il profumo del vento”
nella Chiesa Monumentale di San Francesco
a Gualdo Tadino (Pg), a cura di Catia
Monacelli e Filippo Lotti, “Suggestioni” alla
sede Carismi di Lucca e la grande mostra
a Palazzo Pretorio di Certaldo (Fi) dal titolo
“Ignis – Il mio gesto”, curata da Filippo
Lotti e Roberto Milani. Nello stesso anno la
collettiva “Expo Arte Italiana” a Villa Bagatti
Valsecchi a Varedo (Mb), curata da Vittorio
Sgarbi.
Nel 2016 inaugura la scultura monumentale
(h. 3,90 mt) “Pinocchio e il gioco del cerchio”
in acciaio cor-ten, collocata su di una
rotatoria a San Miniato Basso (Pi).
Nel 2017 le personali “Oltre la forma” contemporaneamente
alla Torre Civica e alla
Galleria Fiordamaro di Bientina (Pi). Nello
stesso anno è invitato dalla Galleria Makek
alla Settimana dell’Arte all’Isola di Rab
(Croazia). Poi la personale “Oltre la forma”
a Palazzo del Pegaso, sede della Regione
Toscana, a Firenze.
Nel 2018 espone a Roma, alla Galleria Simmi,
con la mostra “Symbola”, poi la mostra
di scultura “Forme” al Museo di Storia antica
del territorio di Bientina (Pi) e “Il rumore
della materia” al Palazzo dei Priori di Volterra
(Pi). Sempre nel 2018 viene invitato
a Tokio dove espone al Tokiù Plaza con “Il
rumore della mia terra”.
Vive e lavora a Bientina.
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Rumori di fondo
tecnica mista su cuoio, 139x81,5 cm, 2018
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FuoriLuogo
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Finito di stampare nel mese di Novembre 2018
da Bandecchi & Vivaldi, tipografi in Pontedera
Finished to print in November 2018
by Bandecchi & Vivaldi, typists in Pontedera