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FuoriAsse - Officina della cultura

I luoghi della memoria

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Resta comunque da capire come mai ci sia questa esigenza di ritornare ai luoghi<br />

e con essi all’uomo, di ristabilire insomma un contatto autentico di conoscenza<br />

e radicamento tra uomo e territorio. Non credo sia tanto per il profitto che possono<br />

trarne le case editrici. O forse sì? Forse l’urgenza di studiare il territorio e analizzarlo<br />

da un punto di vista più scientifico spinge la stessa letteratura a occuparsi<br />

di certi argomenti? Se così è, allora è proprio vero che la letteratura è sempre<br />

in grado di occuparsi dei grandi temi <strong>della</strong> vita, di trasmettere una profonda<br />

conoscenza attraverso la lingua e la narrazione.<br />

In questo preciso momento storico si cerca forse di rimediare, di ricucire qualcosa<br />

che si è rotto, e questo qualcosa potrebbe essere il rapporto dell’uomo con<br />

la terra, che per anni è stata vista essenzialmente come terreno da sfruttare,<br />

strappandole così la sua stessa anima.<br />

Una deriva non auspicabile per una nazione come l’Italia che, come già spiegava<br />

Piero Gobetti, in un articolo pubblicato nel 1918 in «Energie Nove» e intitolato<br />

Regionalismo, arte e <strong>cultura</strong>, è ricca di <strong>cultura</strong> proprio per la varietà dei suoi territori<br />

e perché variegate e molteplici sono le tradizioni delle regioni che la costituiscono.<br />

Inoltre, Gobetti, sin dal primo numero di «Energie Nove», insiste su particolari<br />

temi, tra tutti quello <strong>della</strong> scuola, proprio perché auspica la realizzazione di<br />

una scuola non di informazione ma, semmai, di formazione, in cui a essere privilegiato<br />

è il potenziamento spirituale dell’alunno. Ed è questo che lo spinge a concepire<br />

un’ottica diversa di insegnamento: «c’è solo l’imparare, non fatto passivo,<br />

ma attivo, calore interiore, fiamma che non si spegne: imparare è ricreare da sé il<br />

proprio intimo» 2 . Si tratta di «riportare la scuola all’autocoscienza» e in questo<br />

senso l’insegnante può solo aiutare lo sviluppo e risvegliare ciò che è già intrinseco<br />

nell’alunno, stabilendo così un rapporto di continuo e reciproco apprendimento.<br />

Ma tale “risveglio” spirituale può esserci solo se lo stesso studente è «desideroso<br />

di studiare» e conoscere. Concetto, quest’ultimo, ripreso da Giovanni Gentile,<br />

che, nello stesso periodo, usciva con un libretto pubblicato dalla Ricciardi e intitolato<br />

Il problema scolastico del dopo-guerra. Riguardo alla riforma scolastica, Gobetti<br />

auspicava una revisione dei programmi capace di tener conto anche del «carattere<br />

spirituale» che le materie stesse (Fisica, Storia naturale e forse anche Matematica)<br />

posseggono. A tale proposito scriveva: «si offrono sempre i fatti, non si<br />

fa sentire l’importanza dei fatti [...]. L’educazione è unità cioè filosofia; bisogna<br />

ridurre anche ad unità l’istruzione; bisogna far sentire che nelle letterature, come<br />

nel pensiero filosofico e scientifico c’è sempre e solo sviluppo storico e sviluppo<br />

critico; cioè spirito; bisogna rinsaldare, nel rivedere i programmi e i regolamenti,<br />

questa intima organizzazione umana fonte unica e insieme condizione necessaria<br />

<strong>della</strong> vera vita».<br />

Si sente ancora discutere di concetti fondamentali riguardanti la scuola senza<br />

considerare la perdita di legame con la realtà stessa. Una rottura che avviene per<br />

diverse ragioni. Manca forse prima di tutto la dignità del lavoro, che si ricava<br />

anche dalla passione. Inoltre, i nuovi mezzi di comunicazione sono, sì, d’aiuto ma<br />

tendono, allo stesso tempo, a spostare l’attenzione dalle reali esigenze pratiche,<br />

costruendo quasi delle realtà parallele da curare e da gestire, anche se virtuali.<br />

1 Il problema <strong>della</strong> scuola media. Il liceo, «Energie Nove», serie I, n.9, 1-15 marzo 1919, pp. 121-127.<br />

FUOR ASSE<br />

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