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PALEOBESTIARI FANTASTICI

Catalogo della mostra PALEOBESTIARI FANTASTICI, Collezione di Geologia Museo Giovanni Capellini a Bologna 11 maggio - 30 giugno 2019.

Catalogo della mostra PALEOBESTIARI FANTASTICI, Collezione di Geologia Museo Giovanni Capellini a Bologna 11 maggio - 30 giugno 2019.

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<strong>PALEOBESTIARI</strong><br />

<strong>FANTASTICI</strong>


In Studiis Artistarum<br />

Ass.Cult. DNB<br />

<strong>PALEOBESTIARI</strong> <strong>FANTASTICI</strong><br />

11 maggio – 30 giugno 2019<br />

MOSTRA REALIZZATA PRESSO:<br />

Collezione di Geologia “Museo Giovanni Capellini”<br />

via Zamboni 63, Bologna<br />

ORGANIZZAZIONE:<br />

SMA – Sistema Museale di Ateneo<br />

DNB – Dioniso nella Botte<br />

ARTISTI:<br />

Francesco Cornacchia<br />

Davide Saba<br />

CURATELA E PROGETTO ESPOSITIVO:<br />

Dott.ssa Chiara Mascardi<br />

REFERENTE SCIENTIFICO:<br />

Prof. Roberto Barbieri<br />

SUPPORTO ORGANIZZATIVO:<br />

Gigliola Bacci<br />

Martina Nunes<br />

Volontari del Servizio Civile - Progetto “Be SMArt. Volontari per il Sistema Museale di<br />

Ateneo”


PROGETTO GRAFICO:<br />

Ufficio Comunicazione Istituzionale - Settore Comunicazione | Area Rapporti<br />

Imprese, Terza Missione e Comunicazione - ARTEC<br />

FOTO:<br />

Luisa Denti (Francesco Cornacchia)<br />

Sfkimmagini (Davide Saba)


In una cornice ideale come quella del Museo Capellini è ospitato un nuovo<br />

paleobestiario. E il rigore e i protocolli del linguaggio scientifico non saranno di certo messi<br />

a rischio ove si voglia per un po’ concedere spazio al fantastico. D’altra parte,<br />

testimonianze di paleobestiari fantastici il nostro Museo le conserva già da parecchio<br />

tempo. Un esempio? Basterà andare a cercare tra le sale la bella ricostruzione d’epoca<br />

di Iguanodon, metà iguana e metà rinoceronte, tra i primissimi dinosauri a essere<br />

scientificamente descritti oltre un secolo e mezzo fa. Spazio alla fantasia, quindi, specie se<br />

non si nutre che di sé stessa.<br />

Prof. Roberto Barbieri


Presentazione<br />

Da sempre l’uomo studia la natura, interpretandola secondo le proprie idee e necessità. I<br />

bestiari hanno accompagnato il corso della Storia durante i secoli: artisti, scrittori, scienziati<br />

e filosofi hanno raccolto il loro sapere riguardo alle altre razze che popolano il mondo, per<br />

comprenderlo e trasmetterlo ai posteri. Già nelle grotte preistoriche (ad esempio quella di<br />

Lascaux) la rappresentazione di bestie è una rielaborazione, una raffigurazione<br />

dell’ambiente ancora misterioso che circonda i primi uomini all’inizio del loro viaggio.<br />

Nella visione medioevale invece, incentrata sul rapporto con dio e con i valori ultraterreni,<br />

i bestiari assumono una valenza morale. Ad ogni animale corrisponde un vizio o una virtù,<br />

allegorie di insegnamenti che indottrinano e aiutano il buon cristiano a mantenere<br />

un’etica e leggere il grande libro della natura scritto da dio. I bei codici miniati sono<br />

popolati da creature immaginarie che si alternano a quelle reali, ognuna preda di<br />

leggende e falsi miti. Unicorni, basilischi e serpenti bicefali convivono con pellicani che<br />

resuscitano i pulcini con il proprio sangue ed elefanti dalle improbabili proboscidi . L’ottica<br />

scientifica dei bestiari emerge principalmente in epoca moderna, con i contributi di<br />

naturalisti come Ulisse Aldrovandi.<br />

Nonostante il nostro mondo si stia sempre più allontanando dalla natura, la necessità di<br />

comprendere, e inglobare nel nostro universo cognitivo-simbolico, le altre specie viventi<br />

che ci circondano rimane molto forte. Ormai sistemate in una tassonomia rigida, pare che<br />

la conoscenza degli animali richieda una dimensione allegorica quasi intima, personale.<br />

Queste entità che diventano sempre più estranee alle nuove generazioni, entrano nel<br />

nostro immaginario attraverso i libri di Julio Cortàzar e Jorge Luis Borges, i racconti di Dino<br />

Buzzati, le opere di Andrea Pazienza e Antonio Ligabue. Sembra quasi che più<br />

allontaniamo la dimensione ferina dal nostro terreno, più ne siamo attratti, ne abbiamo<br />

bisogno come simbolo, come termine per rapportarci all’esterno, per riscoprire il nostro<br />

subconscio legato alla terra.<br />

Per migliaia di anni nei bestiari hanno convissuto gran parte delle discipline umane.<br />

Scienza, zoologia, morale, arte, letteratura, teratologia hanno contribuito a formare un<br />

insieme immaginifico di bestie reali, inventate o quantomeno possibili. Abbiamo deciso di<br />

unire a questo insieme di saperi umani un elemento sfuggito per lungo tempo ai bestiari,<br />

ossia la paleontologia.


I Paleobestiari esposti sono creati dagli artisti Francesco Cornacchia e Davide Saba, che<br />

compongono il loro catalogo di esseri fantastici, lasciandosi influenzare da uno spazio<br />

espositivo inusuale. Le nuove creature, disseminate tra le teche e i fossili della Collezione<br />

di Geologia, sono contaminate dalla diversità degli esemplari circostanti, dal grande<br />

dinosauro e dalle creature giganti sudamericane, ma anche dalle ammoniti, dalle<br />

cicadee, dai mammut, da Antonio (il Thetyshadros insularis italiano) e dalle tante specie<br />

presenti. Le forme sono rielaborate secondo i loro stili personali e quasi antitetici. Le due<br />

poetiche rappresentano le possibili evoluzioni che l’arte e il caso possono provocare, due<br />

raccolte che si sviluppano in parallelo a quella “ufficiale” della Storia Naturale. Risulta<br />

quindi un confronto tra mondi, quello preistorico e quello artistico, che accompagna lo<br />

spettatore in nuove riflessioni che uniscono il passato alla nostra attualità.<br />

La maggior parte dei fossili esposti è sfuggita al sovraccarico simbolico che ha visto<br />

interessati gli altri animali, diventati immagini “significanti” nelle rivisitazioni di più di venti<br />

secoli di storia umana. I reperti sono rivestiti solo del senso che la scienza ha dato loro,<br />

spesso incerto anche nella ricostruzione del loro aspetto originale. Le nuove rielaborazioni,<br />

quindi, possono caricarsi di un fascino interpretativo nuovo, un livello allegorico applicato<br />

a forme nate prima della cultura umana. Morali nuove possono emergere da<br />

paleobestiari che congiungono i tempi passati e la contemporaneità. I fossili testimoniano<br />

le specie predominanti sulla Terra prima di noi. Molte di loro improvvisamente, e per cause<br />

ancora in discussione, sono scomparse, come i dinosauri. Questo ci riporta a una naturale<br />

e spiazzante verità: l’intrinseca fragilità delle specie viventi. L’evoluzione ci ha permesso la<br />

permanenza su questo pianeta, ma potremmo, in un futuro prossimo, lasciarlo in eredità a<br />

qualcosa che neanche ci assomiglia. L’incertezza in cui l’umanità si trova, la stessa che<br />

ha distrutto il mondo dei grandi rettili, dovrebbe riportarci alla nostra realtà biologica e<br />

alla necessità di resistere e pensare come un insieme, unito dalla sua debolezza. Invece, i<br />

dinosauri hanno almeno avuto la dignità della catastrofe naturale per estinguersi, a noi<br />

basteranno armi e inquinamento creati da noi stessi. Ma le creazioni dei due artisti<br />

testimoniano una condizione di realtà positiva: anche se con sembianze diverse e<br />

inimmaginabili, la vita continuerà in nuovi cicli e nuove forme. Le opere sono tracce di<br />

possibilità, ispirate al passato ma anche credibili presagi di vita futura. Alla rigidità delle<br />

ossa, testimonianza di ciò che è stato, si alterna il movimento che l’arte può dare alle<br />

forme. L’arte ci ricorda che i fossili sono stati vivi un tempo, esattamente come lo siamo<br />

noi adesso, e che emergerà qualcosa di vivo, dinamico ed energico, anche dopo di noi.<br />

Chiara Mascardi


In studiis artistarum<br />

In studiis artistarum è un progetto interdisciplinare che ha come obbiettivo il dialogo tra i<br />

luoghi della scienza storici e l’arte contemporanea. Il titolo fa riferimento alla Facoltà degli<br />

Artisti, nella quale, dal Medioevo fino alle soglie dell’età moderna, si radunavano gli studi<br />

scientifici, in particolare quelli riguardanti l’Ars Medica, contrapposti a quelli dei legisti. I<br />

corsi e gli indirizzi comprendevano varie materie, tra cui anatomia, farmaceutica, scienze<br />

naturali, logica e filosofia. In Italia questa branca accademica nacque con l’avvento dei<br />

primi Studi e ha sviluppato un patrimonio culturale che oggi, purtroppo, è ancora<br />

sottovalutato.<br />

Il progetto, quindi, mette a confronto l’arte contemporanea con spazi dati dalla<br />

tradizione, da una parte per dare risalto ai luoghi e al lascito della storia della scienza;<br />

dall’altro per spingere gli artisti ad un confronto con il passato, continuando il lungo<br />

percorso che da sempre favorisce la collaborazione tra produzioni scientifiche e<br />

artistiche. Gli artisti affrontano temi di studio colti dai musei in oggetto, che più di altri si<br />

avvicinano al loro percorso personale, come ricercatori che affrontano diverse questioni<br />

di analisi. Le loro opere danno vita a delle esposizioni site-specific.<br />

In studiis artistarum ha così un doppio significato, nato in due differenti epoche e<br />

radunato in un unico spazio di creazione: si riferisce agli Studi degli Artisti che durante la<br />

Storia hanno portato alla nascita dei siti che ospitano le mostre e alle discipline che,<br />

progredendo, hanno lasciato cere anatomiche, fossili, strumentari, libri e raccolte; si<br />

riferisce, contemporaneamente, al lavoro in loco dei giovani pittori, che relazionandosi<br />

all’ars del passato, producono un percorso parallelo e intrecciato con le Artis, le belle arti<br />

odierne. Lo Studium, quindi, pone l’attenzione sul fare artistico come possibilità di<br />

riflessione e creazione, mirante alla generazione di materiale che è solo un tassello nel<br />

percorso della conoscenza, collettiva e individuale. I musei scientifici sono il risultato di<br />

lunghe indagini che tuttora continuano, anche se con nuovi mezzi. Gli artisti<br />

contemporanei si pongono quindi nello stesso spirito, le loro produzioni servono come<br />

confronto, come esposizione del risultato di nuove ricerche. Il fine ultimo, scientifico e<br />

artistico, è sempre lo stesso: la conoscenza e la cura dell’uomo e del mondo che lo<br />

circonda, a cui ambiscono da secoli medici, biologi, filosofi e pittori, ma a cui siamo<br />

destinati ad aggiungere solo un infinito pezzetto di riflessione, nel miraggio di una futura<br />

comprensione totale.


La prima tappa di In studiis artistarum si è svolta nel Teatro Anatomico dell'Archiginnasio di<br />

Bologna. Durante la performance Live Cracks, curata dalla coreografa Milka<br />

Panayotova, è stata allestita la mostra Art Cracks in cui gli artisti Francesco Cornacchia,<br />

Luisa Denti, Isabella Deligia e Davide Saba hanno prodotto opere a tema anatomico<br />

ispirandosi al De Humani Corporis Fabrica, in occasione dei Cinquecento anni dalla<br />

nascita di Andrea Vesalio. Il percorso è proseguito durante il Festival della Scienza Medica<br />

presso la Collezione delle Cere Anatomiche “Luigi Cattaneo” di Bologna, in<br />

collaborazione con SMA – Sistema Museale di Ateneo, con un’esposizione divisa in tre<br />

sezioni, ognuna inerente a una tematica della Collezione: Insolentia monstra di Francesco<br />

Cornacchia, Hegemonikon di Luisa Denti e Cinematique d’esprit di Davide Saba.


ARTISTI


Ph. Luisa Denti<br />

Francesco Cornacchia nasce a Ravenna nel 1978. È pittore, illustratore e fumettista. La<br />

sua ricerca si concentra sullo studio e la creazione di mostri e animali, che caratterizzano<br />

sia i suoi fumetti sia i suoi quadri. Dal 1998 al 2003 frequenta l’Accademia di Belle Arti di<br />

Bologna, dove si diploma con la tesi Simbolismo animale, dalle visioni sciamaniche al<br />

medioevo fantastico. È tra i creatori di Snuff Comix e collabora attivamente con diverse<br />

realtà del fumetto underground. Dal 2014 collabora a tempo pieno con l’associazione<br />

Dioniso Nella Botte, dove partecipa ai progetti Arti da fiaba contemporanea e In studiis<br />

artistarum. Grazie a questi progetti consoce Massimo Carisi, esperto di scrittura e<br />

interpretazioni di fiabe con il quale realizza un mazzo di dodici archetipi fiabeschi. Da<br />

febbraio 2016 ha sede fissa al Checkpoint Charly dove porta avanti la sua attività artistica<br />

fatta di ibridazione uomo-animale e tutto ciò che appartiene alla dimensione del<br />

mostruoso, ctonio, sanguigno e velatamente erotico, non senza ironia, raccogliendo<br />

spunti dalle culture più disparate.


P.h. Sfkimmagini<br />

Davide Saba (Moncalieri 1980) nasce nei pressi di Torino, ma torna presto alla sua terra<br />

d’origine che è la Sardegna. Si trasferisce a Bologna per frequentare l’Accademia di<br />

Belle Arti, tuttora vive e lavora in questa città. Dal 2009 abbandona i colori ad olio per<br />

concentrarsi su una tecnica pittorica di ricerca, sperimentando diversi materiali e pratiche<br />

tra cui la fiamma ossidrica su tavola, la cera e l’ecoline su plexiglass. È uno dei fondatori<br />

del collettivo di artisti Checkpoint Charly, di cui è attualmente presidente, e con il quale<br />

realizza opere di design e laboratori. Collabora inoltre con l’associazione Dioniso nella<br />

Botte per vari progetti ed esperienze, che l’hanno portato a specializzarsi anche nel<br />

campo dell’illustrazione. Influenzato profondamente dalla cultura e dall’ambiente sardi,<br />

l’artista realizza opere ispirate agli aspetti genetici ed evolutivi di tutto ciò che esiste in<br />

natura, ai quali aggiunge suggestioni derivanti da lunghe riflessioni sulle sue stesse<br />

caratteristiche psichiche e somatiche.


<strong>PALEOBESTIARI</strong> <strong>FANTASTICI</strong><br />

Francesco Cornacchia


VELOCIPES AQUOLAE<br />

(c.a. 400-340 milioni di anni fa)<br />

Pesce osseo dipnoide (ossia dotato di un rudimentale polmone, che gli permetteva di<br />

respirare aria) vissuto soprattutto durante il periodo Devoniano. Abitava le regioni<br />

settentrionali del Continente delle Antiche Arenarie Rosse. Appartiene alla famiglia<br />

Velocipidae, caratterizzata da fragili arti adatti alla mobilità terrestre, che si concludono<br />

con due pinne evolute in una specie di piede, formato da raggi ossei fusi assieme.<br />

Durante il nuoto i piedi, che avevano un angolo di flessibilità di oltre 180°, potevano essere<br />

tenuti vicini in modo da assumere la funzione di pinna caudale. La specie Velocipes<br />

aquolae (lett. “dello stagno”) viveva in mari caldi e poco profondi, che a seconda delle<br />

maree e della temperatura tendevano a prosciugarsi e formare piccole pozze non<br />

comunicanti tra loro. Si pensa che avesse adattato gli arti inferiori per scappare dagli<br />

stagni durante i periodi di siccità, anche se poteva percorrere ristrette distanze. Alcuni<br />

scienziati sostengono invece che fossero usati per prendere la spinta dal fondo marino e<br />

saltare banchi di sabbia quando questi ostruivano la comunicazione con il mare aperto,<br />

oppure per saltare fuori dall’acqua e catturare gli insetti in superficie. Resti fossili sono stati<br />

rinvenuti in Polonia, Scozia ed Estonia.<br />

Improvvisazioni preistoriche, inchiostro di china e acrilico su vetro, 13x18


SALIOSAURUS CORNIGER<br />

(c.a. 200-120 milioni di anni fa)<br />

A inizio Novecento alcune ossa di S. corniger furono classificate erroneamente come<br />

appartenenti ad una specie arcaica di ratite Paleognate, per la conformazione di zampe<br />

anteriori, degli artigli e dei ritrovamenti esclusivamente australi. Nuovi fossili rinvenuti in<br />

Germania e nel Montana accertarono che il Saliosauro in realtà fa parte dei dinosauri<br />

teropodi piumati, in particolare dalla famiglia Dromaeosauridae. La somiglianza ai<br />

Paleognati sarebbe solo una convergenza adattativa. Dalla conformazione ossea si<br />

suppone che il S. fosse incapace di volare. Si muoveva rapidamente a grandi balzi, gli<br />

artigli sia anteriori sia posteriori garantivano la possibilità di saltare da un albero all’altro<br />

all’interno delle foreste (da cui il nome latino Saliosaurus, “lucertola che fa salti”). Un<br />

esemplare eccezionalmente fossilizzato nel calcari di Sonlhofen ha permesso di osservare<br />

la caratteristica più insolita di questa specie: lo sviluppo di una siringe simile a quella degli<br />

uccelli nella trachea, che non correva dritta ma formava delle spirali come in un Corno<br />

francese (da cui “corniger”), il cui suono deve essere molto simile al verso del S. Varie<br />

membrane timpaniformi potevano regolare l’intensità dei vocalizzi. Il S. corniger poteva<br />

raggiungere i tre metri di altezza. È l’unico teropode privo di denti, caratteristica che<br />

probabilmente ha condotto la specie all’estinzione.<br />

CURIOSITA’: a Gotland, un cranio perfettamente conservato di S. corniger fu usato<br />

durante tutta l’epoca vichinga per riti di divinazione. Custodito nel museo locale, fu<br />

razziato dalle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale, su espressa richiesta<br />

di Adolf Hitler. Non si conosce la sua attuale collocazione.<br />

Malphas XXXIX, acrilico e foglia oro su tavola, 73x113


AMBLYRHYNCHUS ANGUINEUS<br />

(c.a. 500 ABB - oggi)<br />

Discendente dell’Amblyrhynchus cristatus, termine sostituito durante l’epoca Homo con<br />

“drago delle Galapagos” o “Iguana marina” (c.a.3000 BBB*). I resti rinvenuti nel luogo<br />

d’origine, a un migliaio chilometri da quella che nel linguaggio Sapiens era definita<br />

“America” (una delle grandi distese di terra colonizzate nel periodo Humano superiore),<br />

testimoniano che dopo test nucleari nell’arcipelago l’evoluzione in anguineus avvenne<br />

c.a. 500 anni ABB**, nel giro di pochi secoli. La specie è caratterizzata da un’ibridazione di<br />

caratteristiche marine e terrestri: le zampe posteriori sono scomparse a favore di un<br />

allungamento della coda, dalle cui vertebre si sono formate nuove costole; il nuoto è<br />

favorito dalla comparsa di una pinna caudale e una dorsale. La nuova corporatura<br />

permette al genere di nuotare in mare e strisciare sulla terraferma, similmente ai serpenti<br />

(da cui il nome). Vi è un aumento della mobilità negli arti superiori e della massa<br />

celebrale. Rimasti isolati durante la LWW***, iniziarono a colonizzare le coste degli altri<br />

continenti circa 2000 anni BBB, spingendosi poi verso l'entroterra. Recenti ritrovamenti<br />

nelle zone centrali di Eurasia hanno dimostrato una competizione interspecifica con gli<br />

ultimi esemplari della specie superstite Homo brutus, in favore dell’A. anguineus. La specie<br />

si è estinta di recente, dopo il raffreddamento e la successiva glaciazione dei mari<br />

terrestri.<br />

*Before Big Bomb<br />

** After Big Bomb<br />

***Last World War<br />

Il drago e San Michele, acrilico e foglia oro su tavola, 60x100


MAMMUTHUS UMBRARUM<br />

(c.a. 30 - 4,8 milioni di anni fa)<br />

lI M. umbrarum è un proboscidato primitivo che ebbe origine dall’isola Phantasmagorie. I<br />

geologi ritengono che questo lembo di terra di origine vulcanica si sia formato durante il<br />

Permiano a est del supercontinente Pangea, creando una monoinsula che diede origine<br />

a specie endemiche. Si ritiene che tutte le specie avessero sviluppato ciclopia,<br />

inglobandola nel loro circuito evoluzionistico in modo da non risultare dannosa. Il M.<br />

umbrarum comparve durante l’Oligocene (30 milioni di anni fa), raggiungeva in media i 2<br />

metri di altezza, le zanne tendevano a curvarsi e potevano raggiungere una lunghezza<br />

pari a quella del corpo. Secondo la teoria dell’illustre insulologo Benjamin Reed, data la<br />

mancanza di grandi rettili nella monoinsula si sarebbero sviluppate forme mesozoiche di<br />

ominidi, che allevavano branchi di M. per usarne la morbida pelliccia, il latte e le carni.<br />

Impossibile verificare scientificamente queste ipotesi: nel Pliocene Phantasmagorie<br />

sprofondò a seguito di un fenomeno di subsistenza e tutte le specie perirono (da cui il<br />

nome “mammut dei fantasmi”). Più certa l’ipotesi della paleontologa Sara Roveri-Camuni:<br />

in seguito ai movimenti tettonici Phantasmagorie era ormai molto vicina all’odierna Africa<br />

Settentrionale. Il M. umbrarum era l’unica specie dell’isola capace di nuotare, qualche<br />

esemplare riuscì a raggiungere le coste del continente e si sviluppò in M. africanavus, che<br />

col passare delle ere geologiche perse la ciclopia.<br />

Ciclope, acrilico e foglia oro su tavola, 90x120


TRINUSREX LASCAUXIS<br />

(c.a. 70 milioni di anni fa-12.500 anni fa)<br />

Dinosauro androsauroide, specie vegetariana comparsa nell’era Mesozoica,<br />

appartenente agli Iguanodontoidei. Caratterizzato da un cranio molto grande, che<br />

giustifica l’enorme sviluppo cerebrale, presenta un allungamento pronunciato<br />

dell’originale “becco d’anatra”degli altri androsauri, mantenendo comunque la stessa<br />

batteria di denti nella parte posteriore della bocca. Raggiunse la postura eretta e<br />

sviluppò mani prensili atti all’utilizzo di oggetti. Il Trinusrex ebbe origine nell’arcipelago<br />

della Tetide e fu l’unico dinosauro al mondo a sopravvivere alla grande estinzione di<br />

massa, probabilmente per l’intelligenza avanzata. Recenti ritrovamenti nei pressi di Aix-en-<br />

Provence, dove numerose ossa sono state rinvenute congiuntamente a residui di cenere,<br />

hanno fatto supporre che il T. lascauxis avesse appreso l’utilizzo del fuoco, motivo per cui<br />

sopravvisse all’era glaciale. Tra gli esemplari era diffuso però un disordine cefalico<br />

congenito, che portava al nascere di molti individui bicefali e talvolta tricefali. Quest’ultimi<br />

erano venerati come divinità e prendevano il controllo del branco fino alla loro morte (da<br />

cui il nome Trinusrex, re trino). Questo difetto genetico indebolì la specie, i cui ultimi<br />

esemplari vennero in contatto con le prime forme di uomini. Di sicuro furono conosciuti<br />

dai Cro-Magnon, che li raffigurarono nelle grotte di Lascaux (da cui “Lascauxis”). Ne “la<br />

piccola sala dei sauridi” sono rappresentate forme che il Paleontologo André Genette ha<br />

definito “Alcuni degli ultimi T. lascauxis intenti a venerare un esemplare tricefalo”. La<br />

differenza dei colori sarebbe dovuta a dimorfismo sessuale.<br />

Re del Mondo, acrilico e foglia oro su tavola, pannello centrale 100x140


<strong>PALEOBESTIARI</strong> <strong>FANTASTICI</strong><br />

Davide Saba


STRIX PERSEIDE<br />

(c.a. 175-150 milioni di anni fa)<br />

Insetto nematocero, scoperto per la prima volta dalla paleoentomologa Ndrina Dramis<br />

nel 1930, in un giacimento di ambra fossile della Formazione Morrison. Il nome deriva<br />

dall’alimentazione ematofaga (dalla figura mitologica albanese Shtriga) e per il probabile<br />

rumore stridente emesso dalle ali. L’insieme perseide, riferito al noto sciame meteoritico,<br />

raggruppa sottospecie (S. viridis, S. caeruleus, S. rubidus ecc.) che convivevano formando<br />

un nugolo unico multicolore. Comparso durante il Giurassico Medio, tutti i resti rinvenuti<br />

sono fossilizzati in zone di ritrovamento dei grandi dinosauri, in particolare appartenenti al<br />

genere Diplodocus. Recenti teorie hanno ipotizzato che gli sciami di S. perseide vivessero<br />

in simbiosi mutualistica con questo dinosauro, la cui pelle, più sottile confronto a quella<br />

delle altre specie, permetteva agli insetti, sprovvisti di uno stiletto evoluto come le<br />

moderne zanzare, di nutrirsi facilmente del suo sangue. La presenza di enormi sciami di S.<br />

perseide intorno al saurischio allontanava i predatori, spaventati dal rumore e dalla<br />

miriade di colori in movimento. Si pensa che proprio grazie a questa simbiosi il Diplodocus<br />

sia riuscito a diventare il dinosauro più grande della terra finora conosciuto. Le sue<br />

dimensioni, d’altro canto, garantivano il nutrimento ad enormi sciami di S. perseide.<br />

Senza titolo, china ed ecoline su tavola, 15x15


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MAGGIO 2019


“Riferendosi all’antica tradizione dei bestiari, gli artisti contemporanei Francesco Cornacchia e<br />

Davide Saba hanno creato un catalogo di esseri immaginari, lasciandosi ispirare dai fossili della<br />

Collezione di Geologia “Museo Giovanni Capellini” – SMA Sistema museale di Ateneo. I loro stili,<br />

differenti e contrastanti, creano due percorsi paralleli che esemplificano i mille mondi possibili in<br />

cui la natura può evolvere. Cornacchia utilizza una tecnica grafica e d’impatto, che emerge con<br />

forza e colore sulla foglia d’oro, ispirandosi all’iconografia medioevale, alla teratologia e all’arte<br />

postmoderna. Saba adopera invece un approccio evocativo, sperimentando tecniche e<br />

materiali che evolvono in battiti d’ali, ossa e strutture anatomiche. Simboli e segni sconosciuti<br />

s’intrecciano così a forme nuove, lontane da una comune interpretazione. Forse queste creature<br />

sono prove di ere arcaiche e oscure, o forse sono presagi di specie future, che sostituiranno la<br />

nostra una volta che l’autodistruzione, intrinseca nella razza umana e nei suoi atti violenti contro<br />

sé stessa e contro l’ambiente, avrà concluso il suo corso. Ma questi Paleobestiari non sono un<br />

memento mori, anzi, il messaggio che contengono è vitale e positivo. Grazie all’arte, gli antichi<br />

reperti acquistano il movimento e l’energia di cui sono stati privati per secoli, ricordandoci che i<br />

fossili sono stati vivi un tempo, esattamente come lo siamo noi in questo momento, e che ci sarà<br />

qualcosa di diverso, ma ugualmente organico, potente e fantastico, anche dopo di noi.”<br />

Chiara Mascardi

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