Pulp Libri 002
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002
in ·questo numero:
nuova
narrativa
inglese: K UREISHI
SETH
ISHIGtJRO
Teste parlanti:
·
. Spalding Gray
· Pedro Pietri
Lenny Bruce Eric Bogosian
n µn raccontQlermata
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di
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aniele Brolli
INGL
IL FUTURO ABITA QUI?
DLDO aver cercato di tracciare
ne l'o. scorso numera, una pr1m.a ..?
1n a,E!lne su quella parte di narratrva bntan:r;nt'a
eh a tutti gii effetti si può definire
enghsh, spostiamoci questa volta nei territori meticci ed un
po' impervii di una letteratura eterogenea, che fa della complessità il proprio
punto di forza (e di svolta), il proprio asse portante.
E' una prospettiva diversa - l'altra prospettiva, dicono alcuni di questi autori-,
un modo sicuramente meno fisso e accomodante di raccontare quel che
gira in questi anni, in questi giorni. Non ci sono portabandiera, e ognuno fa
per sé, come succede spesso nelle scene artistiche che ci è dato incontrare ultimamente;
eppure in questo groviglio multiculturale dove si viene e si va con
estrema disinvoltura, ma anche con grande fatica e dolore, ci sono lingue
importanti e forti. che è difficile ritrovare da altre parti. Per rubare una bella
metafora a SALMAN RUSHDIE si potrebbe dire che parecchie di queste voci
appartengono ai figli della mezzanotte, ai<< bambini nati dopo la mezzanotte
di quell'estate del 1947 e a cui è stato insegnato
· che esiste qualcosa che si chiama libertà ».
Molti di loro arrivano da continenti diversi, da altre storie, altre libertà o
schiavitù. Ma tutti insieme (e questa che presentiamo è naturalmente una
minima scelta, per giunta arbitraria per gusti e interessi) contribuiscono a
sfaccettare quel mosaico di visi e di corpi, a tirare i fili e le corde di una scrittura
britannica forse in crisi di prospettive e di modelli, ma anche per questo
(anzi, probabilmente per questo) così viva e scoppiettante.
Il multiculturalismo in questo caso fa da collante e si rivela un'autentica ricchezza;
semantica, linguistica, comportamentale, esistenziale. Un'apertura
mentale che non si accontenta di adagiarsi sull'esistente, ma si permette sentieri
inesplorati e sogni veri. Che arrivano a graffiare la vita.
Si prenda ad esempio l'ultimo romanzo di Vikram Seth, quel Ragazzo giusto
che ha fatto delirare la critica di mezzo mondo. E' vero, molte di quelle
critiche sono in realtà complimenti esagerati (si sa, ci sono recensori che dicono
«questo è il miglior romanzo dell'anno11 semplicemente perché è l'unico che
hanno avuto la costanza di finire), ma questo non toglie che il libro di Seth
sia una bella storia sul serio, scritta da uno che ha talento da vendere.
Il mondo che vi si respira ha la profondità e il pacato rollìo di un fiume c_he
cammina, del Gange maestoso e sempre uguale che scorre a segnare gli
eventi. Ma un bel giorno, così, come ogni tanto capita, arriva una Lata qualsiasi
a dire di no e allora le cose si complicano ed anche l'acgu,a non sembra
più scorrere allo stesso modo. La Brahmpur di Seth
assomiglia ce rte volte alla
Ma e on do d l. Mar q u e z , un nessunluogo immaginario
che in quanto tale è sì magico ma anche più reale della realtà.
due
Perché ci si può condensare di tutto, anche quello
che un posto solo non potrebbe avere.
Seth intreccia una storia in cui è impossibile non
ritrovarsi, anche con lo stupore degli occidentali,
anche con i frammenti di un respiro diverso, anche
volendo restarne a distanza e insensibili. E' una storia
che prende alla gola perché tocca le corde intense
e appassionate di un sentimento vecchio come il
mondo, forse l'unico che conti: l'amore, per gli altri
e per sé stessi (del resto questo vuole affermare Lata
nella sua rincorsa pazzesca per scegliersi un uomo
da sposare).
E' l'atmosfera a fare la cifra stilistica di questo
romanzo-fiume, un'atmosfera calda e sfumata ma
sempre attaccata alla realtà, che dà vigore ad una
storia altrimenti eccessivamente epica (anche se
Seth nell'intervista su questa parola non era molto
--- d'accordo). In questo modo il racconto
-· viene magicamente portato nell'oggi, e
l'India postcolonile degli anni '5O in
-
crisi ed impaurita per il proprio destino
assomiglia anche fin troppo alla
contemporaneità che conosciamo.
La parola a t m o s f e r a fa
anche da magia per le pagine leggere, lucenti e levigate
di Kazuo lshiguro, nato a Nagasaki ma
ormai a tutti gli effetti scrittore inglese.
Gu INCONSOLABILI, quarto romanzo che segue al successo
ottenuto con QUEL CHE RESTA DEL GIORNO,
è un dedalo infinito di figure che si attraversano,
talvolta riconoscendosi e altre invece perdendosi.
Aleggia una malinconia vaporosa e forse un po'
troppo aleatoria in questa vicenda che si svolge in
una città (a prima vista e falsamente) fantasma,
scritta in una lingua marcatamente pulita e controllata.
Anche qui è chiaro che la città degli inconsolabili
esiste, eccome. E' un posto che ha i muri delle
nostre case e l'asfalto delle nostre piazze ·e strade.
Che ci ha già visto vivere, come Ryder il pianista
che lì incontrerà tante conoscenze insospettabili, e
che pure ad ogni passo può cancellarci il passato
sotto le suole. Riducendoci a inconsolabili uomini
tra gli inconsolabili.
· Attenti all'universo labirintico, sembra avvertire
lshiguro alla fine .. Ma intanto per tutto il racconto·
ci lascia lì impalati, come il facchino sull'ascensore.
Con le pesanti valigie in mano.
Ma c'è· anche chi non ha paura di ambientare le
proprie convinzioni in metropoli reali e periferie
solide. E' il caso di Hanit
Kureishi, pakistano che più londinese
non si può. Una scrittura godibile
e bassa, che strizza l'occhio
continuamente alla cultura pop
della musica e dell'arte in genere. le
sue sono storie che in realtà uno si
vive senza difficoltà tutti i giorni, e
forse proprio lì sta il bello.
IL BUDDA DELLE PERIFERIE, suo esordio parecchio '
autobiogra f ico, ne é un esempio lampante. Un
racconto di formazione che va ad investire un
decennio, gli anni Settanta, fatto di stereotipi ma
anche di grosse rivoluzioni sociali e culturali. E' la
cultura hippy che tira le cuoia e il punk che avanza,
o almeno quell'attitudine tutta ccNo Future»
che segnerà gli anni successivi, pesantemente. E in
questo marasma Karim Amir, « vero inglese dalla
testa ai piedi. o quasi », vive le sue irrequietezze e
insofferenze come più o meno tutti i giovani di
allora che abitano la Londra che fa tendenza.
Solo che all'anglo-pakistano Karim, a differenza
dei suoi coetanei inglesi, occorre scappare non
solo dallo snobismo dei bianchi, ma anche dalle
tradizioni musulmane che lo soffocano. Dai due
tipi di razzismi: quello doc del colonialista e quel
lo all'incontrario dei suoi fratelli.
Su questi temi bisogna dire che Kureishi è stato
finora una voce unica e rara. Essendo disposto a
denunciare i giochi sporchi sia dall'una che dall'altra
parte. Con ironia ed irriverenza (simpatica)
certo, affondando però il coltello di un bel po' di
centimetri. Ne è un'ulteriore prova BLACK ALBUM:
stesse dinamiche ed in fondo stessi scopi da raggiungere.
· Shahid, giovane e rispettabile inglese (pero pakistano), si
dibatte tra due poli contrapposti e due culture, -due visioni
del mondo. Quella dei fratelli fondamentalisti islamici
e quella del liberalismo occidentale incarnato così bene
dalla prof. Deedee Osgood.
Per tutto il libro Kureishi fa sbattere Shahid da un
angolo all'altro, un ago impazzito e fuori fase di una bussola
che non sa più indicare nessuna direzione. E alla fine ,.·'' 1 '
una vocina sembra suggerire che forse tra due posizioni ff:,
così nette e dure, grette e a loro modo intolleranti, forse
non vale la pena scegliere.
Una posizione condivisibile, tanto più che sullo sfondo di questo album
nero c'è un anno cruciale: il 1989. E appena J> iù sott il Muro di Berlino
crollato e la condanna a morte di Salman Kushd1e per i suoi VERSI
SATANICI.
Sono questioni e argomenti, questi di Kureishi, di vitale importanza per chi
voglia .ri/pensare la scrittura (e l'arte tutta) all'ombra della società occidentale.
Tanto più per quelli che si ritrovano un cuore blac-k a battere nel petto.
È un p_o' iJ.Uello che fa passare in modo lieve e scanzonato il giamaicano·
PatncR Augustus, anche se 1a sua caratura non è così avvincente,
appoggiandosi forse troppo al giornalismo e poco alla ricerca di una lingua
HELENlAHAVI letteraria che sappia dire in modo nuovo.
Ma RAGAZZO PADRE mostra tutto sommato una Londra
brulicante di uomini veri e sfigati in pelle ed ossa (non solo
moda e trendismo, quindi}, un posto dove non è così semplice
stare per uno che ha la pelle un po' più scura, ma anche
un luogo dove la circolazione delle culture ha ormai prodotto
una libertà frizzante che si respira a fior di labbra.
Augustus filtra tutto ciò nei rapporti interpersonali tra
uomini e donne, nel sesso e nell'abbandono di un ragazzo
padre (lui stesso è stato abbandonato dalla madre all'età di otto anni), nel
cercare di fare la cosa giusta. Ma fare la cosa giusta « è più facile a dirsi che
a farsi».
Vengono in mente per reazione, in alcune pagine che girolonzano per
Brixton e ne descrivono il clima, le posizioni più dure e politiche di un LINTON
KWESI JoHNSON. Orgoglio, fierezza, per la propria storia e per la Giamaica, cose
che agli uomini di Augustus non sembra importare un granché. Ma anche
questo è un modo onesto per descrivere e registrare una trasformazione avvenuta.
O un modo forse per sentirsi meno « immigrati».
Immigrato. Parola forte, di cui non ha assolutamente paura, anzi la accentua
ed ingigantisce fino allo sconfinamento nel crudele, la polacca Helen
Zahavi che inietta una forza nel suo stile veramente agghiacciante.
Il recente VERO AMORE, dopo l'esordio fulminante di SPORCO WEEK-END di
qualche anno fa, è un libro tutto di carne che prende sul serio allo stomaco e
nelle parti più intime. Un triangolo vizioso e malato di ossessioni crudeli che
definire una storia d '. amore può essere un buon modo d'esorcizzare.
Eppure, si provi a scorrere la lista delle ripicche, delle nefandezze condotte
fino all'epilogo di questo « gioco mortale >1. Si scoprirà che non siamo poi così
lontani dalla vita vera, dai rapporti amorosi che si giocano ed instaurano
ogni giorno, tra le vittime ed i carnefici. Tra di noi comuni mortali.
Se poi si vuole anche portare in superficie che «lei>, è un'immigrata senza
nome da un paese dell'Est (quindi una dall'identità inesistente o comunque
senza importanza) e « loro due 1> invece incarnano rispettivamente la ricchezza
viziosa, possessiva e l'impetuosità povera, rozza. Allora possiamo dire che
tutte queste brutte facce ci assomigliano un poco.
E se il liberalismo di fine millennio ci ha ridotti a questa stregua, allora
forse un po' di sano multiculturalismo non potrà fare che bene al nostro
futuro prossimo venturo.
CLAUDm GALUZZI
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Devo dire che mi ha fatto impazzire. Per dirla più
chiaramente: se avessi saputo, dall'inizio, che questo
libro mi avrebbe preso otto anni, io penso che avrei
dato letteralmente fuori di matto: Ma fortunatamente
è stato un processo lento e graduale. Perciò davo fuori
di testa ogni volta che vedevo il libro diventare sempre
più lungo e non mi districavo, nel frattempo però
con degli sprazzi di salute mentale. Ho veramente
avuto dei momenti di grossa disperazione. Perché mi
rendevo conto di non potere tornare indietro, di non
volere tagliare i miei personaggi che diventavano sempre
più corposi e à cui mi attaccavo sempre di più; ma
allo stesso tempo ero terrorizzato dalla situazione
oggettiva, cioè dalla fine che non riuscivo ad intravedere.
Ern sicuro,. man mano che il lavoro procedeva,
che un libro cosi lungo nessuno l'avrebbe mai letto,
nessuno l'avrebbe mai comprato. Senza contare il
fatto che probabilmente nessuno 'l'avrebbe mai pubblicato.
Insomma io ero li, per otto anni; a spese dei
miei genitori, senza nessuna via d'uscita davanti. Detto
questo però mi ero talmente compenetrato nella storia
e nelle vicende dei miei personaggi che, devo dire, non
mi sono mai sentito solo. I personaggi che scrivevo mi
facevano compagnia, dandomi quel minimo di fiducia
e di forza per continuare. Avevo solo paura che una
volta arrivato alla fine nessuno avrebbe mai avuto la
possibilità o l'interesse per una storia cosi. Con la vita di oggi, con
le pressioni di oggi, mi domandavo - e ancora mi domando - chi
potesse avere il tempo per una cosa simile .
Infatti una domanda che mi sorge spontanea è se
non ti disturba il fatto, o lo hai messo in conto, che
comunque ci saranno lettori che una volta comprato
il libro arriveranno alle prime due-trecento pagine
per poi lasciarlo. Non necessariamente per disinteresse ma
semplicemente per mancanza di tempo o di concentrazione giusta.
Non è sproporzionato il rapporto tra la tua fatica per scriverlo
e il consumo che ne potrà derivare?
Mah, ... penso che se il lettore di questo libro arriverà veramente alle prime centocinquanta
pagine, se ce la farà ad arrivare fin li, allora forse non riuscirà più a
smettere e continuerà la storia fino alla fine. O almeno come scrittore lo spero
proprio. Del resto è quello che iò stesso ho sentito dopo che ho• cominciato a
scrivere 11 ragazzo giusto. Dopo essermi sentito coinvolto nella scrittura, non
sono più riuscito a smettere ed ho dovuto continuare nella narrazione. Gli scrittori
sono dei pettegoli, C?me i lettori, e di solito i pettegoli vogliono sempre
sapere come va a finire. E una curiosita che deve essere appagata. Per questo
penso, e spero, che anche questa volta sia cosi. Se poi la maggior parte delle
persone dovesse veramente solo comprarlo e non leggerlo, beh, allora che questo
serva per finanziare il mio prossimo folle libro.
In effetti devo confermare, da lettore, le tue parole. Le pagine
della storia scorrono via veloci e leggere, è quel che si dice un
libro che prende, avvincente ma allo stesso tempo carico di
significati. Un libro in cui si awerte costantemente uno spessore,
una epicità che rimanda subito ai grandi romanzi ottocenteschi.
Ma per un poeta quale tu sei cosa ha voluto dire scrivere
ua storia a tutto tondo, intrecciata come una grande tela ottocentesca,
una storia epica?
A me piace darmi a cose diverse. All'inizio scrissi un libro di viaggio ed il mio
editore era molto contento (Autostop per l'Himalaya), cosi voleva che continuassi
a scrivere libri di viaggio perché il primo aveva avuto un buon successo.
Invece scrissi un libro che era un romanzo in versi (The Golden Gate) e che il
primo editore si rifiutò di pubblicare perché si aspettava un libro di altro genere.
Qualcun'altra me lo pubblicò, aspettandosi che avrei continuato a scrivere libri
di versi ed io invece volevo già cambiare, stavo già pensando alla Brahmpur
del mio ultiry,o libro. In altre parole: gli editori sono dei posapiano.
"'
Vogliono che la gente faccia quello ch·e si prevede che faccia, non
vogliono avere sorprese. Invece preferiscono programmare che da un
certo scrittore venga fuori un tot numero di libri di un certo genere. Ma
io non sono cosi, la mia musa non ha nessuna· voglia di essere sempre
uguale e ripetitiva. Perdipiù io mi annoio moltissimo se devo scrivere
più o meno nello stesso genere. E, io credo, se mi annoio si vede tantissimo.
Si capisce che lo scritto non ha passione, non ha spontaneità, ma che
scrivo giusto per guadagnarmi da vivere. Perciò a me piace ·spostarmi da un
genere letterario. all'altro. La poesia è molto diversa, è vero, dalla narrativa. La
poesia ha un ritmo, una struttura, una forma mentale di un certo tipo. La forma
oltretutto è una forma compatta, dove si lavora per stringere, mentre nella narrativa
ci si estende, si tende ad ampliare. lo però non discuto con l'ispirazione,
dopotutto l'ispirazione la prendo come viene, se poi si fallisce ... beh, si è fallito, e
al massimo si ricomincia. Il libro è lungo, su questo sono d'accordo, che poi sia
anche epico ho i miei dubbi. A me non sembra che risponda alle tipiche caratteristiche
del romanzo epico, anche se francamente non mi interessa troppo. Se lo
si vuole inserire nella categoria dei romanzi epici, vada per quello, ma a me
importa fondamentalmente che la gente lo legga e che si diverta.
Che effetto fa, da questo punto di vista, essere paragonato a
Tolstoj e al suo Guerra e Pace? Il Times ha definito il tuo libro
uno dei più belli del novecento, e leggendolo si capisce che non è
quattro
solo una trovata editoriale, c'è un enorme talento
dietro ...
... è abbastanza assurdo. Prima di tutto io non volevo scrivere
una storia cosi lunga, avevo in mente qualcosa che arrivasse
alle due-trecento pagine, non di più. Mentre invece gli scrittori
del diciannovesimo secolo, e questa è una grossa differenza,
avevano fin dall'inizio in mente il programma, il piano dell'opera.
Era già tutto previsto. Nel mio caso non è stato cosi, lo
ripeto e ci tengo a sottolinearlo. lo in un certo senso mi sono
lasciato trasportare dalla scrittura e dalla mia musa, come ho
cercato di spiegare prima. Perdipiù ho letto sul Corriere della
Sera che a me non dispiacerebbe di essere paragonato ai grandi
scrittori dell'B00 ...
... penso che a pochi scrittori contemporanei
dispiacerebbe ...
... forse, ma intanto quel giornale non mi ha mai intervistato e
poi sinceramente lo trovo assurdo. Sarebbe come paragonare
mele e pere. lo mi considero un giovane scrittore che si sta
facendo le ossa, gli scrittori del secolo scorso invece hanno un
calibro che è inutile stare qui a descrivere. Se in questo
momento dovessi pensare di paragonarmi a queste grandi
figure, probabilmente non scriverei più neanche una riga.
A proposito di storie. È vero che, come mi hanno
confermato alcuni scrittori, ci sono storie che ti
prendono la mano così tanto che non sei più tu a
scriverle, ma è come se ad un· certo momento tu .
fossi scritto da loro?
È vero. Una storia ha una sua forma organica e una sua intrinseca
dimensione. È completamente inutile che uno scrittore
cominci a battagliare, a litigare, con i suoi personaggi.
Naturalmente bisogna fare un controllo artistico; la forma
dello stile, la chiarezza dell'espressione, della struttura, queste
sono cose che ovviamente devono essere fatte. Però il pulsare
di. una storia è qualcosa che sembra .venire da fuori di no'i. E a
corollario di questo desidero dire che per esempio ci sono, per
vedere il lato opposto della medaglia, dei casi in cui uno scrive
per duecento pagine e va. Poi, ad un certo punto, non si fa più
un passo avanti. La storia muore e finisce li. Allora non vale la
pena di darle una botta, di farle la respirazione artificiJJle, di
dare gas come se fosse una motocicletta per farla partire: Non
serve a nulla tutto questo, perché se non c'è più ìl soffio della
vita non ci sono santi, questa storia è morta e lì è meglio
lasciarla. Certo, si può fare un esercizio di stile, ma non avrà
mai vita.
Riguardo a Il ragazzo giusto mi sembra che il libro
sia più complicato da vedere. che non da leggere.
Voglio dire che le sue mille e più pagine, l'albero
genealogico della famiglia in apertura, le due bellissime
ma a loro modo terrificanti citazioni da
Voltaire, forse non incoraggiano una lettura
confortante. E invece il libro risulta awincente e
leggero di grande impatto. In particolare il personaggio
di Lata, che rifiuta di sottostare ai meccanismi
della società indiana degli anni cinquanta.
Puoi raccontare perché hai deciso di scrivere dalla
parte di un personaggio femminile? E perché di
quel periodo, di quell'India postcoloniale?
Comincerò a rispondere alla seconda parte della domanda.
Inizialmente non provavo nessun interesse per gli anni '50, poi
l'interesse è sopravvenuto scoprendo pian piano che erano anni molto ·più
turbolenti di quanto non avessi supposto. Proprio in quegli anni gli inglesi
erano andati via, quindi secondo la logica la tranquillità l'avrebbe fatta da
padrone. E invece no. C'erano dei grossi cambiamenti. Per esempio l'India è
un paese prettamente rurale e proprio in quegli anni è stata varata la
legge sul latifondo, la riforma della proprietà terriera e la redistribuzione
delle terre. Questo ha comportato cambiamenti per i lavoratori e per le
donne che adesso sarebbe troppo lungo spiegare, ma che ho messo nel
romanzo. Dal punto di vista politico poi c'era stata la spartizione, la creazione
del Pakistan, e lì c'erano dei sommovimenti tra le varie fazioni.
Insomma, ad una ricerca.più attenta, gli anni.cinquanta risultarono essere
un periodo molto più complesso di quanto avevo creduto, cosi ho deciso di
metterli come sfondo per il mio raGconto. Per quanto riguarda invece Lata
non so dire esattamente perché abbia scelto un punto di vista femminile.
Probabilmente deriva da quella conversazione che mi sono sentito nelle
orecchie e che aveva come protagonisti una madre e la propria figlia. La
conversazione che ha luogo nelle prime pagine del libro. Se avessi sentito
bisbigliare qualcosa di diverso, ad esempio un padre e un figlio, magari la
storia avrebbe preso un altro indirizzo. Per questo per me è diffièile da
spiegare. Forse posso ipotizzare che le donne in India, per via dei vincoli e
delle limitazioni che subiscono, diventano delle persone con una personalità
più interessante. Devono lottare e scendere a compromessi con la
realtà molto più degli uomini e di conseguenza diventano degli esseri più
interessanti.
cinque
W Adesso tu vivi fuori dall'India ..., a
Vl Londra?
w
... ma, attualmente, la mia residenza è sempre.l'India.
Direi che dove sono i miei libri, lì
,.J
(.9z
c'è la mia vita, che è una maniera abbastanza
buona per definire la propria residenza.
Però passo molto tempo a Londra,
- soprattutto per le traduzioni in varie lingue
dei libri e per la promozione. Il ragazzo giusto
è stato tradotto in francese, spagnolo,
a: tedesco, norvegese, svedese, e naturalmente
in qualche modo mi devo occupare
a:
anche di tutto questo. Con tutta la promozione
che questo poi comporta. Perciò é
z
molto più comodo stare a Londra, perché
sei al centro, senza contare il fatto che
comunque io mi esprimo in inglese e quella
è la cultura a cui faccio riferimento.
o
J
z
PAROLE SENZA
. P S APORTO
I f c.k
'lus TòfOa, .wlft
tne u1cKsoee-u 11 ma k e
YOUr nOSeblee "(Tricky)
Oltre le giacche da neo-Qu drophenia e la
Union Jack come tatuata sul a lingua, oltre i
Blur, gli 0asis, i Menswear e i Pulp, esiste
un'altra lnghilterra. Un'ln hilterra molto
meno "inglese", ma anche per questo più
interessante, che produce al ne delle musiche
più awincenti dei nost i giomi.11 triphop,
la jungle, il blues mb no di Massive
Attack e Trìcky, la bio-techn di Aphex Twin
e Wagon Christ: tutte usiche che in
lnghilterra hanno la reside za fiscale, non
Diciamo che il posto in cui prossimamente certo le proprie radici cul rali. Musiche,
mi stabilirò dipenderà dalla storia che deci-
come scrivevano Carlo Anto elli e Fabio De
derò di scrivere. Siccome non so ancora in
___ ...;.____ Luca su "Rumore" di Dicem re (p.62), "slequale
avventura mi imbarcherò, si vedrà. Non ho famiglia, nel senso gate dalla geografia delle cartìt1e; musiche dall origini meticce
che non ho moglie e figli, e di conseguenza posso permettermi la
ma irrintracciabili, irricostituìbìlì ...", e per que to orizzontali e
libertà di scegliere un posto all;ultimo momento.
autenticamente contemporanee. Più "ava ti" delle altre
Le tue influenze letterarie quali sono state? Ed esiste in
potremmo dire, se avesse ancora un qualche s nso dislocare in
India una scena di scrittori che non dipenda da quella
una diritta linea evolutiva le vicende della no tra cultura - e
anglo-indiana che tutti in occidente conosciamo?
non ha dawero più alcun senso. 11 più delle vol e in tale contelo
leggo in maniera piuttosto erratica. Posso leggere un giorno
sto, nel cuore vivo dì queste canzoni, la voce arrante (il can
LEOPARDI e poi buttarmi subito dopo su AGATHA CHRISTIE, p_oi leggere T1N
tante, la parola) perde la sua centralità, ricol ocandosi in un
T1N per passare ai giornali. Insomma se mi piace qualcosa continuo
punto imprecisato della mappa sonora. No più soggetto
fino in fondo, magari senza mangiare e senza dormire come stai
dominante della scena, ma parte rilevante non ìù delle altre. A
facendo tu in questi giorni per finire il mio libro (ride). In generale
dire il vero ciò non accade proprio in ogni sì gola occasione .
• devo dire che Puskin è stato per r:ne un'enorme influenza. prima di
Ad esempio le parole sono il vero e proprio c ntro focale_ nei
tutto perché ha scritto un romanzo in versi (l'Eugenio Onegin) da cui
quasi-readings di Little Annie e ·Leslie Winer; così come può
ho preso molta ispirazione quando mi sono trovato ·a dover scrivere
capitare di trovare Will Self recitare la sua rosa sulle basi
THE GoLDEN GATE, poi perché come personaggio mi piace molto. Era
un tipo che non sopportava di farsi dirigere nemmeno dai suoi
architettate da Bomb The Bass. 11 più delle v lte tuttavia, le
fans, dai suoi lettori abituali, dai suoi editori. Non gli piaceva parole diventano un ulteriore elemento utiliz ato per sottoliripetere
i libri precedenti, perciò cambiava scrivendo· quello che neare la naturale cìnematìcìtà delle musiche presentandosi
gli pareva, ogni volta. Naturalmente mi piacciono molti altri come plot astratto dal 'quale muovere una ca ena ininterrotta
scrittori e, per farla breve, ammiro di più quelli che hanno come di sguardi (interiori e urbani, se volete).
costante il fatto di scrivere chiaramente. Di non frapporsi tra la 11 soul astratto dei Massive Attack, ad esempi , pur nella sua
storia e i propri lettori, così da dare a questi ultimi l'opportunità di sostanziale "classicità" (caratteristica indispen abile della loro
avere un ruolo creativo ed interessato a quello che stanno leggendo. "esemplarità"), sposta continuamente l'accen o dalla musica
Personalmente mi ·preoccupo sempre di questo, è un mio chiodo fisso alle parole, e viceversa. Più aderenti ad un modernariato spiee
credo sia importante.
catamente (e consapevolmente) cool, i Portish ad offrono una
Per quanto riguarda l'India e gli scrittori indiani ho qualche problema rivisitazione tutta anni Novanta della canzon d'autore, con
ad indicare una scena. visto che in India ci sto abbastanza poco. E una capillare operazione di citazione che taglia trasversalmente
quando ci sono, sinceramente preferisco lavorare e guardarmi intorno tutta la canzone, dai testi alla musica (a parte 1 nocciolo duro,
piuttosto che frequentare chi spettegola sul tale editore o il tal altro. la polpa della rappresentazione fa dunque Tifi ·mento all'idea
Perché poi gli argomenti degli scrittori sono sempre questi, alla fine. di "chansonnier maudit", così come accade a esempio per i
Parlavamo prima, tra le altre cose, del fatto che ti piac- Tindersticks). Ma dal punto di vista strettam nte linguistico,
chi più degli altri sembra riuscire meglio ad i camare lo spo
stamento continuo di significati e linguaggio erso un centro
oramai svuotato, fantasmatico, è probabilmen e Tricky. Come
una sorta di coscienza nera del grillo parlant , Tricky ribalta
l'autoreferenzialità tipica della tradizione hip
· trasformandola nella voce paradigmatica di un
tario e ossessivo. Dawero convincente, e non
inglese.
ciono Bach, Mozart e Schubert. Questa è la tua musica
preferita, ma è la sola che ascolti?
Sì, se vogliamo lasciare da parte la musica classica indiana che mi
piace tantissimo. Così come amo alla follia i BEATLES e i BEACH Bovs.
Nel caso però tu pensassi che mi piacciono solo i gruppi che cominciano
per B ti posso assicurare che non sopporto i Bee Gees.
CIJ\UDIO GALUZZI
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Sr.lding
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Sesso
e morte
fino
a 14anni
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LENNY BRUCE
COME PARLARE
SPORCO
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LA GENTE
Il kaccontano
Parlano,
varlano, parlano.
modi di vivere
..,,..,_u,.u ........ ,M,. e di pentiare, U6ando uno
-· 6trumento ormai dimenticato
(da tempo) eppure ancora
iunzionale, quello della
S.-ura fa g i
voce umana: Arrivano ad
. . . . •
l""''ic eMere letti (e, qumdt, Vt6tl,
......-.-
vi6ibili) attraver6o la letteratura,
ma il punto di partenza
è il monologo, l'inizio di un
paMaparola cominciato agli
albori del tempo, quando la
comunicazione era più una
neceMità vitale che un abbare,
un bu6ine66, un commercio e
una politica. Una tradizione
che diventa oggi novità 6olo perchè è 4tata
dimenticata (o accuratamente tradcurata) per
alimentare altri 6trumenti di comunicazione e
1111·1ropol11n111 r uhr<'
.. .
i · quindi ,ucrodi) e, ad ogni modo, meno dibb6i
di inborniazione, probabilmente più co6to4i (e
o (nonodtante quel che 6i dica). Ba6tano un po' i
libri di Spatdtng Gray, Pedro Ptetrt, erte
Bogoatan e Lenny Bmce per riportare l'oralità,
l'u6o della voce e delle parole, all'attenzione,
come 6e que6te te6te parlanti ave66ero trovato
L C un modo di 4intetizzare un tipo di cultura
fc-u ol di r n ::::·u: ::.: o ;::,7;:,!t:!'::·;::.;
qua/coda che dembra quadi un romanzo, cioè il
racconto per eccellenza) è Spatdtng Gray:
e Morte a ,, Anni (Garzanti) è una variante
e44enziale dell'evocazione via orale che a66ume,
lentamente, la 6truttura comple66a e. articolata
di una narrazione a più gradi e a più
6bumature. I monologhi, il 6U66eguir6i di
tournte da co4ta a co4ta, il con6umar4i di
incontri e di tra6porti vengono narrati in
prima per4ona ed è bor6e per que6tO che
ruce f e
g,i.+·e e '&V-f e - (6U carta 6Critta) prima ancora che Un oratore.
f t
O, uor6e no, vi4to che al cinema 6i è trovato a
6uo agio 6ia in Urla Del Silenzio che in
e o m p L a e L
u _ Storie6: e66ere un po' attori (e molto interpreti)
to.
H . u a e h e Spald inq Gray punta ad eMere un narratore
otto
di Marco Denti
è una parte bondamentale di tutti. gli oratori, nuovi o vecchi
che 4iano. Ne 4a qualco4a Cric Boqoaian. già 6ceneggiatore,
regi6ta e con4umato peruormer. Non 6i e4pon·e In
prima per6ona, ma la6cia ad altrettanti per4onaggi le abilità
e le po66ibilità di dettagliare contraddizioni di un
mondo che è principalmente l'America, ma che è gioco
tacile e6tendere bino a comprendere una larga parte del
co6iddetto occidente civilizzato. I 6uoi monologhi aono 4arca6tici,
duri e a6pri: 4embrano paMare nel brullatore i Luoghi
comuni del linguaggio quotidiano per riportarli ad una
realtà diuterente, ad altro livello, ad altra dimen6ione.
Bogoatan ha l'alterigia da rock6tar dalla aua parte, quel
modo di guardare il ·mondo Leggermente di traver6o come
4e gliene importaMe un po' poco, e tutto quello che 4erve a
cono4cerlo è contenuto in Seaao. Droga e Rock'n 'Roll
(Bompiani) e in Note Dal Sottoauolo t: Sce.ne Dal Nuovo
Mongo (Baldini & Ca6toldi): bruciante, e6plicito, tagliente.·
Mai abba4tanza: più 6camo e radicale di tutti, Pedro Pietri
è un brillante poeta di 6trada, creaciuto nella 4teMa New
York di Tom Wait6 con Portorico nell'anima e nel cuore.
Fo66e per lui, non ci 4arebbe nemmeno bi6ogno dei Libri o
dei computer: le 6torie ba4terebbe raccontarle 4Ui marciapiedi,
di bocca in bocca: comunicazione Libera da qual4ia-
4i preMione (politica, commercia/e) e il cui 4en40 ultimo è
proprio quello della 6opravvivenza di un Linguaggio che,
più urequentemente, vuol dire il lottare per un'idea di
libertà. Aaaolutamente da 6Coprire attraverao Scarataqqi
Metrop;olitani e Altre Poeaie (Baldini & Ca6toldi, 1993),
validi6<1ima antologia, più unica che rara, tradotta e curata
da Mario Maiii. E:' anche grazie a Lui 4e l'oralità o
un'art oratoria che attraver6o I monologhi, il cabaret o
una ce.'rta torma di rappre4entazione trova co4l un nuovo
vigore proprio quando i computer 4embrano avere .soppiantato
anche la uormula e4pre44iva Immediatamente
6Ucce<16iva, cioè la 6crittura au carta. Tutto queato induce
a prendere la culra con le pinze, perchè non è un oggetto
comm,erciale e ape66o circola ben oltre i canali conaueti ed
utuiciali (che diventano ogni giorno 6empre di meno e 6empre
più lottizzati). Ba6terebbe pen6are alle ricorrenti,
co6tanti ri6coperte di 6crittori e autori come lack Kerouac
(o ancora più come Bukowaki) per capire come 6i creano
vere e proprie catene di me66aggi attraver6o le generazioni
e le diver6e ba6ce 4ociali, in grado di eludere cenaure, controlli,
morali. Per queato, attraverao Spaldinq Gray. /;Ik
Boqo4ian e Pedro Pietri 4i arriva d'obbligo a Lenny Brnce,
uor6e l'animale più incontrollabile che l'America abbia
mai avuto 6ulla 4chiena. Protagoni4ta di un Linguaggio
apertamente provocato
.rio è di66acrante, di
un'oralità ti6ica, prorompente,
vitali66ima,
Lenny Bruce è riemer6o
dall'oblìo (nella traduzione
italiana, Come·
Parlare Sporco ed·
lnbluenzare La Gente.
Bompiani) con un'alluvione
di parole, idee,
idiomi e battute. Tutto.
ciò ha concor6o a renderlo
una 6pina nel
tianco dei 6ilenzi della
maggioranza e un orrore
per chi dialoga e6clu6ivamente
a colpi di proverbi
e tra6i tatte: una
Bruce
ambiguo e intollerante.
Sperimentato in prima per6ona, tanto è vero che più di un 606piro di 6ollievo 6i levò quando
Lenny Bruce tol6e il di6turbo (agodto 1966, overdode di èroina), la6ciando una biogratia che
parla da 6ola. Non è dittici/e trovarlo implicato in qualche antologia 'riguardante la beat
generation, ma come Burrough6, Lenny Bruce la viMe come parte di un'e6perienza globale,
come punto di partenza per un'evoluzione deJla 6Ua carriera, cioè della 6ua e6i6tenza. e
non è qualco6a da poco perchè l'oralità; il monologo, comunque l'arte di raccontare dal
vivo (con o den:za /'audi/io di immagini, mudiche o altri ettetti collaterali) eleva al maMimo
e6ponente la nece66ità di avere qualco6a di cui narrare, 6enza poter6i termare. Non ci 6ono
inganni: la 6toria ci deve eMere per torza, il linguaggio (o dtile, de è più chiara l'idea) pure,
l'energia anche, le idee ·(dulia letteratura e dulia vita in generale) nece66ariamente tante.
Non 6ono amme66i trucchi o tal6e partenze, chi deve mo6t7:.ar6i lo ta attraver6o una 6ua corporeità,
una 6Ua ti6icità: a volte intro6pettiva come 6pe660 6UCCede nel ca60 di Spalding
oppure repentina e continua e6ternazione per la linguaccia di f;r_i,ç_
Bogo4ian o, ancora, lirici66ima e poetica nelle cabine teletoniche di Pedro
Eifiln. Ricondotta allo 6chema ri6tretto del monologo, l'oralità mette in mo6tra
tutta la 6pettacolarità, tutta l'immedi_ata con6apevolezza. Lo 6te660 rapporto
che que6ti tra6eggi, e i loro protagoni6ti, hanno con la comicità, o più ·in generale
con l'ironia (de non il darcadmo) 6egna un protonda divi6ione all'interno
delle vi6ioni dell'America e dei 6uoi tuturi po66ibili. Di più, colpi6ce la teatralità
di que6tO modo di e6primer6i e non è attatto ditticile trovare ampie reterenze
nel mondo della drammaturgia: Manuel Piflero per Pedro Pietri. David Mamet
per tric Bogo4ian e Sam Shepard per Spalding Gray poMono beniMimo eMere i
te6timoni ideali e complementari ai loro monologhi, 6pe66o vicini66imi anche dal punto di
vi6ta puramente 6tili6tico e lingui6tico. Non è una ri6ata capace di 6eppellire qualco6a ·e,
intine, non c'è traccia di 6pen6ieratezza: da Spalding Gray a Cric Bogo4ian tino a Pedro
Einri. (codi com 'era per Lenny Bruce) anche nelle battute più 6alaci 6embra e66erci un tondo
di malinconia, perchè nono6tante tutto, le loro intrazioni 60no intinite6imi 6egnali ri6petto
alla 6tandardizzazione del linguaggio e delle comunicazioni. Per que6to taticano a rientrare
in quei mezzi d'intormazione predominanti e per ricono6cer6i, per tar 6entire le proprie
voci, devono inventani tour chilometrici, eMttamente come tutte le rock'n'roll band.
NeMuna tinzione: 6oltanto parole, parole, parole. Parole vere, non per riempire gli 6pazi tra
un niente e l'altro, ma piutto6to per vivere 6opra le righe.
PER
:INCISO
Il collegamento tra il
6uono primordiale
della voce e delle parole
con quello delle chi
. tarre, dei 6a66otoni è più naturale di quan- -
·to po66a 6embrare ed è abba6tanza logico
che, prima o poi, anche i monologhi tini6-
!6ero regi6trati, prima 6ul vecchio vinile e
ade66o anche 6U compact di6c: il più prolitico
ad incidere è 6tato (manco a dirlo) 1enm
1!.rnc.e. Tra gli altri 6i può rintracciare (con un
po' di buona volontà) The Sick Humor Ot
:Lenny Bruce (Fanta6y) da cui è 6tato
e6tratto il delirio di P6ychopathia
'Sexuali6 che concludi:! alla grande il
box The Beat Generation (Rhino).
vera e propria torza 'Utili66imo per cogliere, in un colpo 6olo, monodella
natura con pochi
·loghi e reading, jazz e poe6ia. Charlie Parker,
eguali che ha e6trapola- :Tom Wait6, William Burrough4, lack Kerouac e
to la torza dell'oralità in
:iang6ton Hughe6. La voce del poeta atroamonologhi
(tour de torce mericano è altre6ì di6ponibile in The Voice
fidici ancora prima che .Ot Lang6ton Hughe6 (Folkway6), antologia
intellettuali) mettendo :di un'arte oratoria che attraver6a la
alla gogna quell'ameri- .6torla del blue6 e lo (ri)tra6torma in
can way ot lite C06L ·uno 6trumento di lotta. Con lui,
nove
per /a mede6ima etichetta, ci
6ono Sonia Sanchez (A Sun Lady
:for Alt Sea6on Read6 Her Poetry),
Nikki Giovanni (Cotton Candy On A Rainy
:Day e Legacie6) nonchè il buon P.filir.
fifilri, con Loo6e Joint6, un titolo che non ha
'bi6ogno di 6piegazioni.
Reading, talking, 6peaking e altro ancora: il
campo d'azione orate 6i allarga a di6mi6ura
da Woody Guthrie (Long Way6 To Travet,
ancora Fotkway6) tino all'ultimo Bruce ·
Spring4teen (The Gho6t Ot Tom Joad,
Sony), da tutto Allen Gin4berg (Holly
Soul jetly Roll, Rhino, e ci 6ono anche i
Cla6h) ai Con6olidat'èd (Here And
Now, London) tino a comprendere
tutto l'hip-hop
e dintorni. Ci vorrebbe
ben altro 6pazio, ma 6e pro-
. prio ci vuole un bel rap, ba6ta
prendere quello di Timothy Leary
in Jou Can Be Anyone Thi6 Time
Around (Rykodi6c): mezz'ora di 6protoqui
elettorali (per diventare governatore della
Calitornia, quando ele66ero Reagan)
606tenuti dalle acidità di un gruppo un
po' 6peciate.
ALie chitarre, Stephen Stilt6 e ]Qhn
Seba4tian, Buddy Mile6 alla batteria,
limi Hendrix al ba66o: La
rock'n'roll band che avrebbe voluto
Lenny Bruce.
Marco Denti
,1 .__ !
"La fantascienza è una
forma d'arte ribelle, e ha
bisogno di scrittori e
di lettori con cattive
inclinazioni,
come per
esempio
quella di
chiedere sempre
Perché?, o Come
mai?, o Chi l'ha
detto? Questo
atteggiamento
è sublimato in
alcuni temi.tipici
delle mie storie, come:
L'universo è qualcosa di
reale?, oppure: Siamo davvero
uomini, o solo macch
ne?C'è molta rabbia dentro
di me. C'è sempre stata"
un.
VISI
ona
10
ra
•
di Fabio Zucchell
dieci
E l .
proprio difficile ( anche per chi abbia
una conoscenza soltanto superficiale degli scritti
di Philip Kindred Dick) non credere che il
mondo tardo-moderno di questa fine millenni
o non sia già stato immaginato e
descritto in uno qualsiasi dei suoi libri.
Sotto la verniciatura fantascientifica e pulp
si intravedono con chiarezza riflessioni
premonitrici sulla natura della condizione
umana in un universo di simulazioni
mediatiche e di tecnologie invasive, in cui
la realtà è un continuo e angoscioso gioco
di specchi, dove gli eventi non sono altro
che rifrazioni elettroniche e illusorie. Nel mondo di DlCK esiste
soltanto una penultima verità: l'apoteosi dello straniamento e
dell'incubo esistenziale, della ricerca compulsiva di quella che lo
scrittore stesso chiama" la_struttura unificata astratta", l'ordine
nella caosfera. Gran conoscitore della storia della filosofia e delle
religioni, Dick fu sempre affascipajo dalle parole di S. Paolo
nella priffif Lettera ai Corinzi:" VlOeffiUS IlUilC per
speCUlUffi ", noi vediamo come attraverso uno specchio _.
E
in tutta la sua narrativa i vari personaggi sono condannati ad un
continuo oscuro scrutare attraverso . guello specchio, sempre terrorizzati
dall'incubo del Controllo Totale, dallo spossessamento
emotivo, dalla perdità dell'identità e del proprio ruolo
in un mondo inconoscibile ed indecidibile.
La malattia dello scrivere è stata per DICK qualcosa di doloroso,
un'immane fatica di Sisifo compiuta tra mille ristrettezze economiche,
tossicodipendenze e precarie condizioni di salute, una
vita affettiva totalmente sfasciata, lo scarso riconoscimento del
merito e del valore letterario dei suoi libri. Lui è sempre stato un
outsider: mai troppo amato dall'appassionato medio di fantascienza
(trame troppo contorte, _situazioni troppo angosciose),
mai sufficientemente apprezzato _dall'amante della letteratura
cosiddetta seria (stile spesso sciatto e anonimo; una "sintassi da
androide", l'ha giustamente definita qualcuno), oltretutto ha subito
un processo di simil-beatificazione da parte dei suoi ammiratori
più fanatici. Non c'è dubbio che la componente autobiografica
abbia segnato profondamente il processo creativo dell'autore
californiano, specialmente nel periodo successivo a 1974, in relazione
a quelle apparizioni divine (il famoso "raggw rosa'') che
virarono inevitabilmente la prosa dickiana verso intensità metafisiche
e mistico-esoteriche. Più di un episodio mostra la presenza
dei tipici sintomi di una sindrome paranoico-schizofrenica.
Arrivò ad accusare lo scrittore di origine polacca Stanislaw Lem
(l'autore di Solaris) di aver ordito un complotto per privare DICK
dei diritti d'autore derivanti dalla traduzione dei propri libri in
Polonia. Oppure si rivolse all'FBI chiedendo di fare qualcosa
contro quelli del KGB che lo stavano sorvegliando. Proprio lui,
che durante il maccartismo aveva ricevuto frequenti " v i s i t e "
da parte della CIA a causa di mai nascoste simpatie .comuniste
(peraltro di breve durata, visto che venne già espulso alla sua prima !_iunione
di partito) .
Eppure a cavallo tra gli anni 60;70 era già considerato una
delle eminenze grigie della controcultura internazionale. Cercate
di immaginare la scena: un giorno suona il telefono a casa di
DICK, e all'altro capo. del filo si sente:« Salve, sono TIMOTHY
LEARY. Qui con me c'èJOHN.LENNON, e insieme avevamo pensato
di ricavare un film psichedelico da LE TRE STIMMATE DI
PALMER ELDRITCI-1 » ... Chissà, forse era soltanto uno scherzo
di quell'inedita coppia di impasticcati. Fortunatamente
Hollywood si è accorta davvero delle possibilità cinematografiche
della scrittura dickiana, e in particolare del romanzo citato, visto
che Francis Ford Coppola è interessato alla realizzazione del film.
Senza dimenticare, ovviamente, pellicole come Bladerunner e
Atto di forza ( di cui è previsto un seguito).
"A me pi3:ce c:ostruire universi ch_e cadono
a pez1.. M1 piace vedere çhe s1 sfalda :
no 1
. e m1 piace vedere come 1 personaggi
de romanzo affrontano il problema.
Nutro un amore segreto per il caos".
Appunto: caos ed entropia, la morte calorica dell'universo, il
disordine assoluto nella realtà dei fenomeni, quando il mondo
non è che una delle possibili costruzioni mentali di un diodemiurgo
capriccioso e malvagio. Questi sono i concetti-cardine
in uno dei romanzi più neri e problematici dell'intera produzione
diçkiana, anche se forse non tra i migliori, e cioé quell'
Ub1k pubblicato nel 1969 e recentemente ristampato in
Italia ( ed. Fanucci, con introduzione di Goffredo Fofi ) . Eppure all'inizio
sembra soltanto un libro di fantascienza, a ben guardare
magari neppure tanto originale. Si tratta della lotta tra un'organizzazione
i cui agenti posseggono poteri psichici paranormali
(quella guidata da Hollis) e un'altra organizzazione "prudenziale"
( capeggiata da Glen Runciter e dal suo braccio destro, Joe Chip)
incaricata di contrastarli. Ma quest'ultima viene praticamente
annientata con un attentato su una base lunare. Chip, però, riesce
a trasportare il corpo di Runciter in Svizzera, nel Moratorium
Diletti Fratelli, dove viene sottoposto a una sorta di ibernazione
in "semi-vita". A partire da questo momento la realtà esplode in
mille enigmatici frammenti: Joe crede di essere sopravvissuto, ma
il suo mondo personale regredisce fino a trasformarsi in quello
del 1939, men tre ovunque appaiono messaggi &a parte di
Runè:iter: sulle monete, sulle contravvenzioni. Perfino una scritta
sulla parete di un cesso, ed è qui che prende corpo il terribile
sospetto, scatenando il panico e l'incubo totale: "io sono vivo
e voi siete morti". Quindi in realtà ·è Runciter ad essere
sopravvissuto, mentre Chip e gli altri agenti sono in semi-vita nel
moratorium svizzero, _e la loro realtà si sta a poco a poco disgregando.
Soltanto Ub1k, la misteriosa entità che di volta in volta
viene presentata come elettrodomestico, deodorante, sonnifero,
birra o caffè istantaneo in criptici jingle pubblicitari, e the ora è
un miracoloso spray anti-entropia, può apparentemente salvare
la vita diJoe. Ma, proprio quando Runciter prende in mano una
moneta e si accorge che porta l'effige diJoe Chip, egli si accorge
che in realtà (?) è quest'ultimo che è sopravvissuto, e che è davvero
(?) lui quello che si trova in semi-vita. Il cerchio si è apparentemente
chiuso: ora non resta che "il suono del nulla assoluto".
BIBLIOGRAFIA
Tra la quarantina di romanzi di fantascienza scritti da Dick,
potete pescare tranquillamente a caso tra questi titoli:
La svastica sul sole (Nord)
I simulacri (Nord)
Cronache del dopobomba (Mondadori, Classici Urania)
Le tre stimmate di Palmer Eldritch (Nord)
Bladerunner - cacciatore di androidi (Nord)
Ubik (Fanucci)
Labirinto di morte (Fanucci)
Episodio temporale (Nord)
Un oscuro scrutare (Cronopio)
La trilogia di Valis (Interno Giallo/Mondadori)
Per ciò che riguarda i racconti, Mondadori ha pubblicato i primi due
volumi (su un totale previsto di quattro) dell'edizione integrale
delle opere brevi di Dick (Le presenze invisibili, voli. I - II ) .
Significativi sono anche:
Memoria totale (Mondadori)
Il meglio di Philip K. Dick (Fanucci)
Ricordi di domani (Mondadori, Urania 1068)
Della parallela produzione dickiana di romanzi mainstream, che
assomma a nove titoli ( quasi tutti pubblicati postumi ), nulla è
stato tradotto finora in italiano. Prossimamente apparirà però
Confessioni di Ùn artista di merda (Fanucci).
Assolutamente degna di nota è infine la biografia dickiana di
Emmanuel Carrére (dal titolo tipicamente ubikuo) Io sono vivo
e voi siete morti (Theoria).
Ubik, mio signore.
Philip K Dick(l928-1982)
L I B R I o o
®(g®uù§O®uùO
Thomas M. Disch
. I aumaturgo
( Sperling & Kupfer )e
on romanzi come
334 e Campo Archimede lo statunitense
Disch è stato tra i protagonisti
della new wave della fantascienza a
cavallo degli anni Sessa.nta/Settanta.
Tuttavia la sua vena poliedrica lo ha
fatto distinguere anche al di fuori di
quello specifico ambito: thriller (The
_t,,Black Alice), romanzi di ambientaziou.Jn
e vittoriana (Clara Reeves,
Neighboring Lives), o poesia (ben
sette volumi). Oppure opere come
questo Il TAUMATURGO (tit. or.: The M. D.,
1991), notevole esempio di narrativa dell'orrore a
basso contenuto di splatter, con inte"ressanti
aperture verso il fantastico e il sovrannaturale.
E' la storia del patto infernale tra un ragazzino
(Billy Michael) e il dio Mercurio. Quest'ultimo
dona a Billy un caduceo magico che permette ·
di cambiare il corso delle vite altrui, provocando
malattie e guarigiÒni. Ma l'equilibrio
deve essere sempre risp_ettato:
ad ogni azione positiva ne deve corrispondere
una di segno opposta. E,
oltretutto, molto spesso gli "incante-
,si mi" non funzionano. Una volta
·adulto Billy diventerà medico, e si
servirà dei poteri del caduceo per trovare
la cura per l'AIDS. Di converso lo
userà anche per provocare, al solo
scopo di acquisire potere e denaro, una
nuova terribile malattia, l'ARVIDS. Nel
romanzo troviamo una magistrale descrizione di quello
che Ballarci chiamerebbe "1 'orrore biomorfico
dei nostri corpi": l'orrore della fisicità, della dissoluzione
morbosa della carne che conduce alla morte.
Senza compiacimenti grandguignoleschi, piuttosto con
una sorta di levità sottilmente perturbante.
FABIO ZUCCHELLA
William Trevor
Il viaggio di Felicia
(Guanda)
Con una straordinaria lievità
che produce una sottile
inquietudine fin dalle prime
righe, William Trevor narra in Il
viaggio di Felicia (traduzione
di Laura Pignatti) la storia di
!"s===,.,.·-===
\'i/lLLIAM TREVOR
IL VIAGGIO DI FELICIP
"-•M'.:ò
una ragazza irlandese che fugge sull'isola britannica
alla ricerca del ragazzo che l'ha messa incinta.
Il rispettabile, ma ambiguo, signor Hilditch nota
il suo arrivo ... e non è il caso di raccontare oltre.
Lo scrittore mette in scena le contraddizioni materiali,
sociali e religiose del nostro vivere attraverso
le maglie c;1llentate di una quotidianità che seppellisce
a stento miserie e decadenza; Il risultato è una
sorfa di contemporanea «psyco-favola» raccontata
con una sensibilità e un acume degni della migliore
Patricia Highsmith.
L'eroina, Felicia, affronta il mondo armata d'innocenza.
Ciò non la salva dal dolore, bensì le offre
come unica via di scampo una netta separazione
dalla società cosiddetta civile. Solo
nella solitudine più feroce ed estrema
riesce a produrre nuovi pensi
eri, che non sono «facili da
dire», e ad affermare il suo desiderio
d'esistere, a dispetto della
«cattiveria che distorceva ogni
parola e ogni gesto di un uomo,;.
Nella scena finale, lei «solleva appena
il mento per farsi baciare dal sole sull'altra
guancia». È sopravvissuta a tutto,
ma l'orrore è ancora lì, intatto. Il lettore
non può restarne indifferente.
ERMANNO PEA
dodici
--·-·-·-··--- ·--- ---- - -·-------
Mark Laidlaw
Una amig ·a nuc eare
Knut Hamsun Victoria
(Corbaccio)
Ospitato nell'antologia Mirrorshades
(Bompiani), il trentacinquenne californiano
Laidlaw è stato definito "il Monty Python del
cyberpunk". Verso la fine degli anni Ottanta
ha dato vita al Freestyle, uno dei tanti effimeri
movimenti letterari (con annessa fanzine) in
cui assieme a personaggi come Rudy Rucker, Richard Kadrey,
Michael Blumlein e Pat Murphy tentava di dar vita ad una
commistione esplosiva di letteratura, teorie del caos, rock
'n' roll e surf. Tracce di questa tendenza le possiamo rinvenire
proprio in "CHAOS SURFARI", un'irresistibile racconto
scritto insieme a Rucker e pubblicato sulla raccolta
Cavalieri elettrici (Theoria). Se per caso qualche tempo fa
vi fosse sfuggito Kalifornia (Urania 1249) vi consiglio di
non ripetere lo stesso errore con Una famiglia nucleare
(tit. or.: Dad's Nuke, 1985). Questo libro è la raffigurazione
velenosa e talvolta grottesca dell'Incubo Americano, di una
classe media suburbana rinchiusa in esclusive enclave residenziali,
dotate di impianti nucleari, missili e sistemi di sorveglianza
elettronica armata. Le vite dei protagonisti sono
rigidamente scandite da una pianificazione eugenetica che
nulla lascia al caso, dai cicli di vita accelerati alla determinazione
del sesso, compresa l'omosessualità. Tutti i personaggi,
spesso paranoici attori di soap operas elettronicovirtuali,
si trovano in balia di forze contrapposte: da una
parte la milizia cristiana guidata dal dio-computer INRI,
dall'altra il potere seduttivo di un Cartello economico tentacolare
e invasivo.
Fabio Zucchella
Boris Vian Le canzoni
(Marcos y Marcos)
Mancava una raccolta di testi per canzoni di questo prolifico e
geniale autore francese. Vian sta passando ormai sempre più in fretta
(e speriamo la sua cerchia di lettori si allarghi ancora perché lo merita)
Se c'è chi è abituato a saltare le introduzioni,
a girare velocemente ed infastidito le pagine
che si frappongono tra la copertina ed il
testo del romanzo e dei racconti, questa
volta per favore non lo faccia. .
Capita infatti che il saggio di
L T H ' ·
Claudio Magris che apre
Victoria, romanzo del norvegese
Hamsun insignito del
Nobel nel 1920, sai molto
più interessante del romanzo
stesso.
In quel saggetto di trenta
pagine, peraltro già stampato
assieme ad altri studi
di Magris sotto il titolo di'
L'anello di Clarisse, sono infatti evidenziati
e discussi tutti quei punti che l'opera
di Hamsun ha toccato nell'arco di
quasi un secolo (nato nel 1859 e morto
nel 1952), punti che Magris da grande
studioso ed esperto quale è non manca
di contraddire, denudare, spolpandòli
fino all'osso.
sono le questioni che si agitano sotto il
cappello infervorato di Nietzsche e che
attraversano la disintegrazione dell'io
psicologico borghese: frammentazione e
disgregazione sono le parole chiave.
La storia di Hamsun invece 'è una novella
all'acqua di rose senza mordente e piatta
piatta. Un romanzetto che ricalca gli stilemi
del giovane povero che si innamora della
bella figlia del castellano.
Chi vuole frequentare hamsun,
che pure è un grande scrittore
(«grande anarchico reazionario»
lo definisce Magris).
forse è meglio che cominci
da un'altra parte.
CLAUDIO GALUZZI
dalla dimensione di culto a quella di ispiratore ed animatore della Parigi
degli anni Cinquanta che gli spetta. Un 'intelligenza vivace e uno spirito, che
passa dal surreale alla follia, dall'impegno all'umorismo, intaccano questi testi scritti da Vian
per la forma canzone. Una forma d'arte bassa e di puro intrattenimento per alcuni, un contenitore
dove immettere e far passare cose anche importanti per altri (e Vian era tra questi).
Giulia Colace e Giangilberto Monti curano questo ottimo libretto, uno sguardo interessato ed
attualizzante che i due curatori stanno portando in giro sui palchi di tutta ltalia dalla scorsa estate: Non potete insultarci così
il titolo. Aperto da una sezione testi nutrita e inspessita dai temi - la poesia, la società, l'ironia, l'amore, la Banda Bonnot - e
chiuso da un apparato informativo e critico che va dalla cronologia artistica alla discografia completa, fino alle interviste dei
due fidi Jacques Canetti e Alain Vian, questo libro non riunisce per ovvi motivi tutti i testi. per canzoni scritti da Vian (sembra
che siano quasi o più di cinquecento), ma dà un profilo più che esauriente di questo eclettico personaggio che ha attraversato
come poeta, trombettista jazz, attore, traduttore, esperto di fantascienza, scrittore, giornalista, critico musicale, direttore artistico
di case discografiche, il mondo dell'arte. Non fosse morto così giovane, nel 1959 a soli trentanove anni, chissà cosa
avrebbe combinato ancora.
ClAUDlO GALUZZl
tredici
Samuel R. Delany
Triton
(trad. di Franco Giambal110) Ed. Nord, Milano 1995
Samuel Delany mancava da molti anni sugli scaffali delle librerie italiane. Nel 1992,
quando Interno Giallo pubblicò l'antologia di racconti Stelle Lontane, erano più di
dieci anni che non si pubblicava qualcosa di questo autore di Harlem, uno dei
pochissimi di colore (insieme con Octavia Butler) della fantascienza americana.
Eppure Delany è stato indicato come un importante precursore da molti dei protagonisti
delle tendenze più recenti della fantascienza e dell'immaginario tecnologico:
da Sterling a Donna Haraway, da Gibson a George Slussler. E' da salutare
con piacere dunque, questa ricomparsa di Triton, dopo che Armenia, nel lontano
1978, lo aveva presentato al pubblico italiano a soli due anni dall'edizione americana.
Triton è uno dei testi più ambiziosi di Delany. ln questo romanzo l'enfant
prodige della new wave americana fa i conti radicalmente con i suoi studi
di logica e con la dimensione linguistica dell'esperienza umana, un problema
che lo ha sempre affascinato, fin dal suo Ba bel 17 (e bisogna quindi dolersi
almeno un po' che l'editrice Nord abbia ripubblicato pari pari la vecchia traduzione
di Giambalvo, coraggiosa ma spesso imprecisa, e totalmente inaffidabile
quando ci sono termini tecnici di logica e di linguistica). Ma soprattutto affronta
il problema della riscrittura dell'utopia delle nuove condizioni di tardo capitalismo,
in polemica implicita con le posizioni classiche, anarco-sentimentali della Le
Guin (il sottotiolo foucaultiano, Un'ambigua eterotopia, rimanda al più famoso
sottotitolo dei Reietti dell'altro pianeta, Un'ambigua utopia). 11 protagonista di
Triton, Bron Hellstrom, compie una sorta di viaggio di formazione nella società
postmoderna, ipertecnologica, frammentata e permissiva dei Satelliti Esterni: ma è
un viaggio che non lo· porta apparentemente da nessuna parte. A differenza dei
protagonisti dei Bildungsromanen, dei classici romanzi di formazione ottocenteschi,
infatti, Bron non riesce in alcun modo a mettersi in sintonia con i fondamenti
di quella società. ln un mondo che ha fatto dell'instabilità individuale (in
primo luogo di quella sessuale) uno dei cardini della liberazione, il classico e solido
profilo di maschio di Bron non può che portarlo all'infelicità e alla nevrosi. E il
suo incontro con la Spiga, straordinaria figura di attrice bisessuale, serena e forte
nella sua inquietudine, glielo rivela con schiettezza, conducendolo fino all'imprevedibile
e scioccante finale. Affascinantissimo nella ricostruzione della vita quoti-
:liana di un'eterotopia postmoderna e nella scrittura raffinata e allusiva, Triton è
uno dei testi fondamentali per comprendere la rinascita di una 'cultura del corpo'
nell'occidente alla fine millennio.
ANTONIO CARONlA
N REIIGER
ì'fA 01 N07J.E
·-
John Berger Festa
(Saggiatore)
di nozze
Dico subito senza avere la preoccupazione di esagerare che questo è uno dei più bei
romanzi che mi è capitato di leggere. Un racconto narrato da una mano felicissima, discreta
e quieta, che va a pescare dentro una trasognante poesia. Ma in questo vento di emozioni si
agita in realtà una vicenda struggente e commovente nel senso giusto e vero del termine.
Niente pagine strappalacrime per lo spettro che accompagna la Festa di nozze ( L'AIDS, e
la devastante convivenza che ne deriva ). piuttosto una gioia calibrata e stemperata dentro
l'amore, dentro la comunicazione incantata e magica che l'intensità del sentimento trasmette.
Questo in un certo senso è il vero contagio che John Berger suggerisce tra le righe
di questo notevole libro. Notevole perché parla del problema con una freschezza disarmante,
in alcuni punti sconvolgente. Notevole perché lo fa usando una lingua sciolta e liberata,
una· parola quotidiana così sentita da risultare autentica poesia. Berger, londinese classe
1926 ma ormai da vent'anni residente in un piccolo villaggio delle Alpi francesi, non è
nuovo a questo tipo di ricerca. Di lui ci aveva già entusiasmato Le tre vite di Lucie, ma soprattutto la sceneggiatura
di Giona che avrà vent'anni nel duemila, lavoro apparentato con questo ultimo.
La storia è stupenda e richiama alla mente gli incanti del migliore Tonino Guerra, la profondità di un certo Peter
Handke, le sospensioni filmiche del Fellini più etereo. Raccontata attraverso gli occhi di un cieco, l'unico che può
permettersi di ascoltare le voci da lontano perché non disturbato dalle immagini, Festa di nozze è il cammino
verso una riunione, una confluenza di persone diverse e di voci che si ritrovano. Lo faranno nell'ultimo capitolo al
delta del Po dove Ninon e Gino si libereranno del tempo per unirsi al cielo e alla terra, in punta di piedi su quello
specchio d'acqua. In coda due dovuti apprezzamenti: il primo alla traduzione di Riccardo Duranti; il secondo ancora
una volta all'autore che ha devoluto i diritti del libro all'Associazione A77 di Milano, un'organizzazione che da
tempo aiuta ed assiste i sieropositivi e le persone che vivono con l'AIDS.
Cl.AUDIO GALUZZI
quattordici
Lewis Shiner
Desolate città del cuore
( Sellerio )
E' probabile, ahimè, che qualche lettore
un po' distratto non abbia fatto molto
caso all'inserto di fantascienza pubblicato
sul numero _di Rumore dello scorso
maggio. Un vero peccato, perché
si è privato del piacere di
leggere "Jeff Beck", quel bel
racconto che è una delle
pochissime cose pubblicate in
Italia di Shiner. La sua carriera
letteraria è assai simile a quella
di molti scrittori riuniti ( a torto
o a ragione ) sotto l'etichetta
"cyberpunk". Inserito nella pc;!ttugl
ia di Mirrorshades (proprio çome
Laidlaw, di cui si parla altrove) questo
autore texano si è progressivamente
staccato dalla matrice fantascientifica
originaria (di cui comunque rimane un
notevole romanzo del 1984, Frontera)
per approdare a tematiche meno "di
genere", ma non per questo prive di
interesse. E così sono usciti Slam ('91) e
il bellissimo Glimpses ('93), oltre a questo
Desolate città del cuore (tit. or.:
Deserted Cities of the Heart, '88) che
fino ad ora è il primo romanzo di Shiner
tradotto in Italia. Archeologia e cosmologia
Maya, ecologia "new age", teorie
del caos, funghi alluci'nogeni, musicisti
rock flippati, la lotta dei rivoluzionari
messicani contro i mercenari USA inviati
dalla CIA, viaggi nel tempo, giornalisti di
"Rolling Stone": tutti i protagonisti e le
storie convergono a Na Chan, luogo
sacro sede di rovine Maya nello stato
del Chiapas. Lo sciamano Chan Ma' ax
rappresenta il legame tra passato, presente
e futuro: per lui la storia è una
ruota che gira in incarnazioni successive,
al cui interno ci sono ruote più piccole
ma più veloci che sono gli esseri
umani. I cuori desolati e deserti sono
quelli dei personaggi, ciascuno con la
propria storia, ciascuno con il proprio
carico di esperienze contraddittorie e
spesso autodistruttive.
FABIO ZUCCHELLA
<< Ti preoccupi troppo. Non ci ha visto nessuno ... Avanti Fabio, sorridi.
Voltati. E guardami. >>
Fabio teneva gli occhi bassi cercando di vedersi la punta delle scarpe
sotto il cruscotto. Il buio nella BMW era troppo denso e il fango sulla
sterrata le aveva incrostate. Sentiva la patina indurita e opaca e l'idea gli
fece venire prurito al dorso del piede. Poi anche ai tendini, proprio sopra
al tallone, dove i buchi rimarginati gridavano le loro mute invocazioni
prima di cicatrizzare definitivamente. Sudava e il calzino gli si appicicò
alla pianta. li fastidio cresceva ma non riusciva ad abbassarsi per slacciare
le scarpe. Del resto non sarebbe servito a niente. Disse: << Non
ce la faccio. Scusami. >>
La mano di Leonardo aveva la pelle sottile e traspa_rente sollevata in un reticolo di
grinze. Era vecchia e malata, come gli occhi che sembravano porcellane dipinte.
C'erano della macchioline rosse, simili a brufoli in via di maturazione, che crescevano
tra le vene e scomparivano sotto i polsini. << Fabio, tu pensi che io sia cattivo?
Ti ho dato una casa, da mangiare, un lavoro. E anche una dignità, se sai cosa significa.
Non farò mai niente che ti faccia soffrire. Sono qui per aiutarti. Lasciati aiutare
prima che sia troppo tardi. >> Le sue dita scivolarono sulla guancia di Fabio, si
bagnarono con le lacrime che le solcavano silenziose. << Mi stai mentendo? Hai ·
paura di me? >>
La voglia di grattarsi cresceva. Forse non era proprio prurito. Perthé Fabio sentiva
anche un peso opprimente ai polmoni. Non riusciva a respirare. << Non mi sento
bene. >>
<< Sei molto carino, lo sai? » Leonardo si passò la mano tra i capelli bianchi.·
Sussurrò all'orecchio << L'uccello ... >>
Fabio rimase in silenzio. Gli facevano male le gambe. Ed erano vicini a-maturazione
altri dolori: le gambe, le braccia, le costole, la schiena.
<< Ti ho detto di prendermi in mano l'uccello. Avanti. >> Leonardo alzò il tono di
voce. Afferrò il braccio di Fabio e lo tirò verso di sé.
<< Non l'ho mai fatto ... Hai un'aspirina? Ho dolori dappertutto. >>
<< Non mentire, >> disse Leonardo. << E' sempre la solita·storia. Non dire bugie,
figli'o di puttana. Vuoi farti. >> Gli strinse la gamba sopra il ginocchio. << Mi
hanno detto che ti fai di nascosto. Durante il turno di pulizia al pollaio. Non hai
problemi a tirarti giù i calzoni per bucarti nelle gambe, eh? Non ti vergogni per
niente. Ma se ti chiedo un gesto di riconoscenza, allora ti vengono i complessi.>> li
tono della voce era autoritario.
<< Mi fai male, >> implorò Fabio. Cercò di divincolare la gamba ma Leonardo
strinse la morsa. Piangeva. Non a causa del dolore o della situazione o del risvegliarsi
del bisogno. Era invece una fragilità d'animo che al buio si propagata !traverso
di lui fino alle estreme propaggini del corpo. Spalancò la portiera, si liberò
con uno strattone e tentò di fuggire. Gli cedettero le gambe: cadde subito nel
fango del viottolo. Gli mancò la voglia di rialzarsi. Singhiozzò e rimase ad aspettare
che Leonardo lo raggiungesse. Udì la portiera richiudersi e i passi avvicinarsi. Stava
arrivando anche qualcun altro. Fabio sperò che la cosa finisse lì. Un brutto sogno.
Ma avrebbe dovuto fare una doccia per ripulirsi. E mettere i vestiti in lavatrice.
Forse l'avrebbero punito perché si era sporcato a quel modo. Era curioso ma era in
comunità per la stessa ragione per cui non lo avevano preso nei militari e il risultato
era molto simile. Magari peggio.
<< Chi è là? >> disse la voce al buio. Era uno della ronda notturna.
<< Niente >> rispose Leonardo, << sono io. >>
<< Ah, 1
hai bisogno d'aiuto? >> anche se aveva un tono confidenziale traspariva .il
suo rispetto per l'autorità di Leonardo.
<< Tornatene ai cancelli: Grazie. >>
<< Sì, certo >> disse sommessamente la guardia >>.
Mentre lo sentiva allontanarsi, Fabio gridò con quanto fiato aveva. L'urlo gli usci
sibilante e poteva essere scambiato per quello di un animale. Una finestra del dormitorio
si illuminò, poi la luce si rispense come se fosse stata accesa per altre ragioni.
Fabio sputò debolmente la terra appiccicata sulle labbra che gli scivolò sul
mento mista a saliva.
Leonardo si piegò su di lui e gli diede un calcio in mezzo al sedere con cui colpì
anche i testicoli. Poi lo sollevò torcendogli un braccio dietro la schiena. << Mi fai
male >> si lamentò Fabio rassegnato.
<< Allora fai quello che dico io. Questa. è la legge. Impara. » gli schiaffeggiò la
nuca. << Appoggiati alla macchina e tirati giù calzoni e mutande. Vai. >>
<< Ma ci vedono. >>
<< Perché, ti vergogni? Hai le emorroidi? Ti sei cagato addosso?»
<< Ho freddo. »
racconto inedito di Daniele Brolli
<< Non è vero. Stai sudando. >> disse Leonardo schiacciandogli la faccia contro un
finestrino dell'auto che si appannò subito. << Tu hai paura. >>
<< Sei malato, vero?>> Fabio abbassò calzoni e boxer.
<< Non lo so. Ma che importa? Tu saresti morto comunque se non fossi stato
accolto nella comunità. >> Gli accarezzò i glutei nudi. << La paura ti fa venire la
pelle liscia. »
<< Per favore. >> implorò Fabio.
Leonardo lo girò guardandolo in faccia. Poi scatenò una raffica di colpi con la mano
nodosa aperta. li ragazzo emise dei gemiti involontari ma lo lasciò fare senza reagire. <<
Impara a obbedire. Qui non puoi fare quello che vuoi tu. Credi che ci provi gusto a mettertelo
dentro? Mi costa fatica. Lo faccio solo perché devi capire che non puoi comportarti
come ti pare. Ci sono delle regole. E se comando io e le cose vanno per il verso giusto
significa che ho ragione, che fai bene a starmi a sentire. Ti raddrizzo. La mia legge è dura
ma giusta. Mi devi ringraziare che sei vivo. Altrimenti ... >> Per la violenza degli schiaffi,
Fabio gli era finito in ginocchio davanti.« Prendimelo in bocca adesso. Questa è la prova
che ti voglio bene, altrimenti ti toccherebbe succhiarmelo dopo che te l'ho ficcato dentro. E
probabilmente saprebbe di merda. La tua. »
La corona di capelli bianchi che circondava la calvizie di Leonardo brillò riflettendo la luce
di una macchina che transitava al di là della siepe, suori dall'inferriata, sulla strada. Fabio
abbassò i calzoni di Leonardo. Poi si rialzò inaspettatamente, tirando su i suoi, e e.orse via.
Salì di corsa il pendio verso le stalle. Mormorò una frase smozzicata: << Non obbedisco ...
>>
<< Razza di imbecille. Dove credi di andare? >> disse Leonardo tra sé. Scosse la testa. <<
Se non ci sono disciplina, ordine e abnegazione i valori diventano confusi. I; il male bussa
alla porta di chi non è in grado di riconoscerlo. >>
Gli mancò la forza di riportare in garage la BMW. Leonardo salì stancamente il pendio ed
entrò nel suo alloggio. Si cambiò i calzoni appoggiando quelli sporchi di fango sulla scrivania.
Girò attorno al ripiano di legno scuro, si sedette e accese la radio. Era mal sintonizzata
e attraverso le parole dello speaker crepitavano due stazioni differenti con una classifica
musicale e un notiziario. La voce del sacerdote dell'emittente cattolica cercava di farsi largo
tra le interferenze con ostinazione inconsapevole. Un ascoltatore in diretta telefonica gli
chiedeva se l'incoscienza poteva salvare il peccatore. Leonardo non prestò attenzione alla
risposta. E comunque non sarebbe neppure riuscito a sentirla, perché fu sovrastata da The
Hearts Filthy Lessons di David Bowie.
Con i gomiti puntati sulla scrivania e le mani appoggiate al volto, Leonardo si lisciava
oziosamente le sopracciglia. Anche se un osservatore esterno si sarebbe illuso che stesse
riflettendo, non stava pensando a niente. Sintonizzò meglio la radio sulla rete cattolica. Poi
sfilò il cellulare dalla tasca dietro dei calzoni appena tolti e controllò se si era sporcato di
fango· o bagnato. Lo accese. Nella stanza vibrava appena la luce di un abat-jour persa su un
secrétaire confinato in un angolo distante, i suoi lineamenti si tinsero nel verde fosforescente
del display dell'apparecchio. Compose un numero.
<< Pronto caro amico, da dove ci chiami? >>
<< Chiamo da un portatile. >> L'eco della voce di Leonardo rimbombò metallica nell'alto
·parlante della radio.
<< Caro amico, puoi spegnere la radio che c'è un ritorno di voce? >>
<< Sì, certo. >> disse Leonardo affrettandosi a girare la manopola del volume. << Adesso
mi sentite bene? >>
« Benissimo. Vuoi dirmi il tuo nome? >>
<< Padre, posso chiedervi una cosa? Ho un dubbio. >>
<< Se non potrò aiutarti io, lo farà nostro Signore. Ti ascolto.>>
<< Vorrei sapere se esiste un salmo per il figlio che tradisce il padre. >>
Ci fu una pausa imbarazzata del sacerdote. << li Figlio non ha tradito il Padre. li suo è un
sacrificio che ci ha riscattato tutti. E' venuto per salvarci, ricordalo. >>
Leonardo cercò di capire cosa stesse dicendo il prete. Fece una smorfia. Tentò di
spiegarsi. meglio: << Quando qualcuno ci delude, quando ci sfugge, quando sceglie una
strada che porta alla perdizione ... e quel qualcuno è un figlio per noi, o quasi. Ecco, mi' piacerebbe
sapere se c'è un salmo da pronunciare per la sua salvezza ... >>
<< Pronunciare per là sua salvezza?!... Vuoi dire una preghiera, forse. >>
<< Quel che è. >> Leonardo stava perdendo la pazienza. <<Una parabola, un passo della
Bibbia ... ci sarà pure qualcosa che spiega come possa succedere una cosa del genere? >>
Leonardo si frugò nervosamente una narice con l'indice della mano libera.
<< Non sento. >> tagliò corto Leonardo. << Pronto? ... Pronto? ... Non sento nulla. >>
Spense il telefono e lo appoggiò sulla scrivania. Riaccese la radio agendo in fretta sul tuner
per non ascoltare neanche una parola della risposta del prete. Trovò una frequenza che trasmetteva
Are You Lonesome Tonight? di Elvis.
ln fondo siamo stati tutti dei ragazzi, pensò con gli occhi lucidi. E capì che perdonare non
sarebbe servito a nulla.
quindici
per un
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i-mmag, na r, o
rock