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Pulp Libri 002

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<< Ti preoccupi troppo. Non ci ha visto nessuno ... Avanti Fabio, sorridi.

Voltati. E guardami. >>

Fabio teneva gli occhi bassi cercando di vedersi la punta delle scarpe

sotto il cruscotto. Il buio nella BMW era troppo denso e il fango sulla

sterrata le aveva incrostate. Sentiva la patina indurita e opaca e l'idea gli

fece venire prurito al dorso del piede. Poi anche ai tendini, proprio sopra

al tallone, dove i buchi rimarginati gridavano le loro mute invocazioni

prima di cicatrizzare definitivamente. Sudava e il calzino gli si appicicò

alla pianta. li fastidio cresceva ma non riusciva ad abbassarsi per slacciare

le scarpe. Del resto non sarebbe servito a niente. Disse: << Non

ce la faccio. Scusami. >>

La mano di Leonardo aveva la pelle sottile e traspa_rente sollevata in un reticolo di

grinze. Era vecchia e malata, come gli occhi che sembravano porcellane dipinte.

C'erano della macchioline rosse, simili a brufoli in via di maturazione, che crescevano

tra le vene e scomparivano sotto i polsini. << Fabio, tu pensi che io sia cattivo?

Ti ho dato una casa, da mangiare, un lavoro. E anche una dignità, se sai cosa significa.

Non farò mai niente che ti faccia soffrire. Sono qui per aiutarti. Lasciati aiutare

prima che sia troppo tardi. >> Le sue dita scivolarono sulla guancia di Fabio, si

bagnarono con le lacrime che le solcavano silenziose. << Mi stai mentendo? Hai ·

paura di me? >>

La voglia di grattarsi cresceva. Forse non era proprio prurito. Perthé Fabio sentiva

anche un peso opprimente ai polmoni. Non riusciva a respirare. << Non mi sento

bene. >>

<< Sei molto carino, lo sai? » Leonardo si passò la mano tra i capelli bianchi.·

Sussurrò all'orecchio << L'uccello ... >>

Fabio rimase in silenzio. Gli facevano male le gambe. Ed erano vicini a-maturazione

altri dolori: le gambe, le braccia, le costole, la schiena.

<< Ti ho detto di prendermi in mano l'uccello. Avanti. >> Leonardo alzò il tono di

voce. Afferrò il braccio di Fabio e lo tirò verso di sé.

<< Non l'ho mai fatto ... Hai un'aspirina? Ho dolori dappertutto. >>

<< Non mentire, >> disse Leonardo. << E' sempre la solita·storia. Non dire bugie,

figli'o di puttana. Vuoi farti. >> Gli strinse la gamba sopra il ginocchio. << Mi

hanno detto che ti fai di nascosto. Durante il turno di pulizia al pollaio. Non hai

problemi a tirarti giù i calzoni per bucarti nelle gambe, eh? Non ti vergogni per

niente. Ma se ti chiedo un gesto di riconoscenza, allora ti vengono i complessi.>> li

tono della voce era autoritario.

<< Mi fai male, >> implorò Fabio. Cercò di divincolare la gamba ma Leonardo

strinse la morsa. Piangeva. Non a causa del dolore o della situazione o del risvegliarsi

del bisogno. Era invece una fragilità d'animo che al buio si propagata !traverso

di lui fino alle estreme propaggini del corpo. Spalancò la portiera, si liberò

con uno strattone e tentò di fuggire. Gli cedettero le gambe: cadde subito nel

fango del viottolo. Gli mancò la voglia di rialzarsi. Singhiozzò e rimase ad aspettare

che Leonardo lo raggiungesse. Udì la portiera richiudersi e i passi avvicinarsi. Stava

arrivando anche qualcun altro. Fabio sperò che la cosa finisse lì. Un brutto sogno.

Ma avrebbe dovuto fare una doccia per ripulirsi. E mettere i vestiti in lavatrice.

Forse l'avrebbero punito perché si era sporcato a quel modo. Era curioso ma era in

comunità per la stessa ragione per cui non lo avevano preso nei militari e il risultato

era molto simile. Magari peggio.

<< Chi è là? >> disse la voce al buio. Era uno della ronda notturna.

<< Niente >> rispose Leonardo, << sono io. >>

<< Ah, 1

hai bisogno d'aiuto? >> anche se aveva un tono confidenziale traspariva .il

suo rispetto per l'autorità di Leonardo.

<< Tornatene ai cancelli: Grazie. >>

<< Sì, certo >> disse sommessamente la guardia >>.

Mentre lo sentiva allontanarsi, Fabio gridò con quanto fiato aveva. L'urlo gli usci

sibilante e poteva essere scambiato per quello di un animale. Una finestra del dormitorio

si illuminò, poi la luce si rispense come se fosse stata accesa per altre ragioni.

Fabio sputò debolmente la terra appiccicata sulle labbra che gli scivolò sul

mento mista a saliva.

Leonardo si piegò su di lui e gli diede un calcio in mezzo al sedere con cui colpì

anche i testicoli. Poi lo sollevò torcendogli un braccio dietro la schiena. << Mi fai

male >> si lamentò Fabio rassegnato.

<< Allora fai quello che dico io. Questa. è la legge. Impara. » gli schiaffeggiò la

nuca. << Appoggiati alla macchina e tirati giù calzoni e mutande. Vai. >>

<< Ma ci vedono. >>

<< Perché, ti vergogni? Hai le emorroidi? Ti sei cagato addosso?»

<< Ho freddo. »

racconto inedito di Daniele Brolli

<< Non è vero. Stai sudando. >> disse Leonardo schiacciandogli la faccia contro un

finestrino dell'auto che si appannò subito. << Tu hai paura. >>

<< Sei malato, vero?>> Fabio abbassò calzoni e boxer.

<< Non lo so. Ma che importa? Tu saresti morto comunque se non fossi stato

accolto nella comunità. >> Gli accarezzò i glutei nudi. << La paura ti fa venire la

pelle liscia. »

<< Per favore. >> implorò Fabio.

Leonardo lo girò guardandolo in faccia. Poi scatenò una raffica di colpi con la mano

nodosa aperta. li ragazzo emise dei gemiti involontari ma lo lasciò fare senza reagire. <<

Impara a obbedire. Qui non puoi fare quello che vuoi tu. Credi che ci provi gusto a mettertelo

dentro? Mi costa fatica. Lo faccio solo perché devi capire che non puoi comportarti

come ti pare. Ci sono delle regole. E se comando io e le cose vanno per il verso giusto

significa che ho ragione, che fai bene a starmi a sentire. Ti raddrizzo. La mia legge è dura

ma giusta. Mi devi ringraziare che sei vivo. Altrimenti ... >> Per la violenza degli schiaffi,

Fabio gli era finito in ginocchio davanti.« Prendimelo in bocca adesso. Questa è la prova

che ti voglio bene, altrimenti ti toccherebbe succhiarmelo dopo che te l'ho ficcato dentro. E

probabilmente saprebbe di merda. La tua. »

La corona di capelli bianchi che circondava la calvizie di Leonardo brillò riflettendo la luce

di una macchina che transitava al di là della siepe, suori dall'inferriata, sulla strada. Fabio

abbassò i calzoni di Leonardo. Poi si rialzò inaspettatamente, tirando su i suoi, e e.orse via.

Salì di corsa il pendio verso le stalle. Mormorò una frase smozzicata: << Non obbedisco ...

>>

<< Razza di imbecille. Dove credi di andare? >> disse Leonardo tra sé. Scosse la testa. <<

Se non ci sono disciplina, ordine e abnegazione i valori diventano confusi. I; il male bussa

alla porta di chi non è in grado di riconoscerlo. >>

Gli mancò la forza di riportare in garage la BMW. Leonardo salì stancamente il pendio ed

entrò nel suo alloggio. Si cambiò i calzoni appoggiando quelli sporchi di fango sulla scrivania.

Girò attorno al ripiano di legno scuro, si sedette e accese la radio. Era mal sintonizzata

e attraverso le parole dello speaker crepitavano due stazioni differenti con una classifica

musicale e un notiziario. La voce del sacerdote dell'emittente cattolica cercava di farsi largo

tra le interferenze con ostinazione inconsapevole. Un ascoltatore in diretta telefonica gli

chiedeva se l'incoscienza poteva salvare il peccatore. Leonardo non prestò attenzione alla

risposta. E comunque non sarebbe neppure riuscito a sentirla, perché fu sovrastata da The

Hearts Filthy Lessons di David Bowie.

Con i gomiti puntati sulla scrivania e le mani appoggiate al volto, Leonardo si lisciava

oziosamente le sopracciglia. Anche se un osservatore esterno si sarebbe illuso che stesse

riflettendo, non stava pensando a niente. Sintonizzò meglio la radio sulla rete cattolica. Poi

sfilò il cellulare dalla tasca dietro dei calzoni appena tolti e controllò se si era sporcato di

fango· o bagnato. Lo accese. Nella stanza vibrava appena la luce di un abat-jour persa su un

secrétaire confinato in un angolo distante, i suoi lineamenti si tinsero nel verde fosforescente

del display dell'apparecchio. Compose un numero.

<< Pronto caro amico, da dove ci chiami? >>

<< Chiamo da un portatile. >> L'eco della voce di Leonardo rimbombò metallica nell'alto­

·parlante della radio.

<< Caro amico, puoi spegnere la radio che c'è un ritorno di voce? >>

<< Sì, certo. >> disse Leonardo affrettandosi a girare la manopola del volume. << Adesso

mi sentite bene? >>

« Benissimo. Vuoi dirmi il tuo nome? >>

<< Padre, posso chiedervi una cosa? Ho un dubbio. >>

<< Se non potrò aiutarti io, lo farà nostro Signore. Ti ascolto.>>

<< Vorrei sapere se esiste un salmo per il figlio che tradisce il padre. >>

Ci fu una pausa imbarazzata del sacerdote. << li Figlio non ha tradito il Padre. li suo è un

sacrificio che ci ha riscattato tutti. E' venuto per salvarci, ricordalo. >>

Leonardo cercò di capire cosa stesse dicendo il prete. Fece una smorfia. Tentò di

spiegarsi. meglio: << Quando qualcuno ci delude, quando ci sfugge, quando sceglie una

strada che porta alla perdizione ... e quel qualcuno è un figlio per noi, o quasi. Ecco, mi' piacerebbe

sapere se c'è un salmo da pronunciare per la sua salvezza ... >>

<< Pronunciare per là sua salvezza?!... Vuoi dire una preghiera, forse. >>

<< Quel che è. >> Leonardo stava perdendo la pazienza. <<Una parabola, un passo della

Bibbia ... ci sarà pure qualcosa che spiega come possa succedere una cosa del genere? >>

Leonardo si frugò nervosamente una narice con l'indice della mano libera.

<< Non sento. >> tagliò corto Leonardo. << Pronto? ... Pronto? ... Non sento nulla. >>

Spense il telefono e lo appoggiò sulla scrivania. Riaccese la radio agendo in fretta sul tuner

per non ascoltare neanche una parola della risposta del prete. Trovò una frequenza che trasmetteva

Are You Lonesome Tonight? di Elvis.

ln fondo siamo stati tutti dei ragazzi, pensò con gli occhi lucidi. E capì che perdonare non

sarebbe servito a nulla.

quindici

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