Storia di una casa. Pier Paolo Pasolini a Casarsa
La storia di una casa e di un clan familiare. L’edificio che comunemente è indicato cone la casa di Pier Paolo pasolini è in realtà la casa del ramo materno del poeta. All’inizio del Novecento, su un lotto che risultava già edificato nella prima metà del secolo precedente, ma con conformazione assai diversa dall’attuale, Domenico Colussi, padre di Susanna e nonno di Pier Paolo, realizzò infatti la Casa Còlus o Colussi, da cui deriva l’edificio esistente. La pubblicazione contiene numerose foto d’epoca di Casarsa, della casa e di Pasolini giovane, oltre a ricordi e testimonianze di Susanna Colussi, Nico Naldini a altri, brani tratti dall’epistolario e dai diari di Pasolini, una sua biografia e bibliografia del periodo ‘casarsese’ e alcune schede per un possibile 'itinerario pasoliniano'
La storia di una casa e di un clan familiare. L’edificio che comunemente è indicato cone la casa di Pier Paolo pasolini è in realtà la casa del ramo materno del poeta. All’inizio del Novecento, su un lotto che risultava già edificato nella prima metà del secolo precedente, ma con conformazione assai diversa dall’attuale, Domenico Colussi, padre di Susanna e nonno di Pier Paolo, realizzò infatti la Casa Còlus o Colussi, da cui deriva l’edificio esistente.
La pubblicazione contiene numerose foto d’epoca di Casarsa, della casa e di Pasolini giovane, oltre a ricordi e testimonianze di Susanna Colussi, Nico Naldini a altri, brani tratti dall’epistolario e dai diari di Pasolini, una sua biografia e bibliografia del periodo ‘casarsese’ e alcune schede per un possibile 'itinerario pasoliniano'
Trasformi i suoi PDF in rivista online e aumenti il suo fatturato!
Ottimizzi le sue riviste online per SEO, utilizza backlink potenti e contenuti multimediali per aumentare la sua visibilità e il suo fatturato.
Storia di una casa
Pier Paolo Pasolini a Casarsa
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Casa Colussi
Storia di una casa e di un clan familiare
L’edificio che comunemente è indicato come la Casa di Pier Paolo
Pasolini è in realtà la casa del ramo materno del poeta. All’inizio del
Novecento, su un lotto che risulta già edificato nella prima metà del
secolo precedente, ma con conformazione assai diversa dell’attuale,
Domenico Colussi, padre di Susanna e nonno di Pier Paolo, realizzò
infatti la Casa Colùs o Colussi, da cui deriva l’edificio esistente. Egli
aveva voluto accogliere la sposa piemontese, Giulia Zacco, in un’abitazione
che fosse più confortevole dell’antica dimora dei suoi avi e che
fu appunto strutturata tra un piano terra, con ingresso dalla piazza
del paese, e due piani superiori, collegati da una scala interna e organizzati
ognuno con quattro stanze separate da un corridoio centrale.
La coppia ebbe poi cinque figli: quattro femmine (Susanna, Chiarina,
Giannina ed Enrichetta) e un maschio, Gino, che in seguito stabilì
la sua residenza a Roma.
Per accogliere un così ampio clan familiare, il piano terra comprendeva
un soggiorno-pranzo, la vecchia cucina con focolare e alari, un
salottino con divano e tavolo da pranzo per le occasioni importanti
e infine una stanza per lo spaccio della grappa prodotta dal vecchio
Domenico Colussi fino agli inizi del Novecento. Alla casa, stando alla
preziosa testimonianza di Nico Naldini, figlio di Enrichetta sposata
13
poi con Antonio Naldini, era attaccata una vecchia “dipendenza”
che al piano terra era occupata da grandi fosse per la conservazione
della vinaccia. Nel cortile interno, sotto una tettoia, era riparata
anche la macchina usata per la produzione della grappa: una favolosa
«piccola locomotiva», come ricorda ancora Nico, ripescando
immagini della sua infanzia casarsese.
Il primo piano della casa comprendeva la “zona notte” con quattro
camere da letto, occupate rispettivamente, dopo la morte del
vecchio Domenico, da sua moglie Giulia, dai coniugi Enrichetta e
Antonio Naldini e dalle due figlie nubili del vecchio Colussi, Chiarina
e Giannina. Il secondo piano, infine, a parte uno spazio da adibire a
soffitta, accoglieva le camere per le due figlie dei coniugi Naldini, la
primogenita Anna Maria, poi sposa di Umberto Chiarcossi e madre
di Giulietta e Graziella, e Franca, poi sposata Mazzon.
La casa subì varie traversie a seguito dei due conflitti mondiali del
Novecento: fu infatti abbandonata dalla famiglia dopo la rotta di
Caporetto nell’ottobre 1917 e occupata dalle truppe austriache che
erano dilagate in Friuli, ma soprattutto fu seriamente danneggiata
nel bombardamento aereo del 5 marzo 1945 che colpì e quasi distrusse
l’abitato di Casarsa.
14
La casa fu poi ristrutturata nell’immediato dopoguerra, con una
piccola ma significativa variante rispetto all’impianto edilizio precedente.
Infatti, durante i lavori di ripristino, Carlo Alberto Pasolini,
rientrato in famiglia dalla prigionia militare in Kenya, mise a
disposizione del danaro per realizzare un’idea del figlio Pier Paolo,
che aveva chiesto l’aggiunta di un nuovo spazio da adibire a sede
dell’”Academiuta di lenga furlana”, il cenacolo poetico e letterario
fondato il 18 febbraio 1945 a Versuta. In quel piccolo borgo, poco
distante da Casarsa, Pier Paolo e la madre Susanna erano sfollati
nell’ottobre 1944 per sfuggire ai pericoli di guerra che incombevano
sul paese capoluogo, mentre intanto il fratello Guido Alberto si era
unito alle brigate partigiane già dal maggio di quell’anno, il padre
era appunto impegnato in guerra e anche il resto della famiglia si
era rifugiato in altri villaggi più riparati dei dintorni.
Sul lato sinistro della casa fu così organizzata, nel dopoguerra, una
stanza abbastanza ampia che, come sede ufficiale dell’”Academiuta”,
fu inaugurata il 16 giugno 1947, con la presenza dei rappresentanti
della Società Filologica Friulana. L’arredo fu reperito con parte
dei mobili della famiglia Pasolini, cui si aggiunse anche l’antico
“ciavedal” miracolosamente ritrovato sotto le macerie causate dal
bombardamento del 1945.
15
Pasolini con gli allievi della Scuola media di Valvasone
La casa dei nonni materni fu un luogo estremamente significativo
nella vita del giovane Pasolini, in anni fertili e decisivi per la sua
formazione affettiva, sociale, culturale e politica, a contatto con la
realtà contadina di Casarsa, la sua lingua e le sue tradizioni.
Pasolini trascorse per la prima volta un anno intero a Casarsa durante
l’anno scolastico 1928-1929 a seguito di alcune difficoltà economiche
del padre Carlo Alberto. A partire, poi, dagli anni Trenta il
giovane Pasolini era solito trascorrervi le vacanze estive con la madre
e il fratello Guido Alberto.
Alla fine del 1942, mentre il padre era prigioniero di guerra degli inglesi
in Kenya, Susanna Colussi e i due figli decisero di trasferirsi definitivamente
a Casarsa, per il timore dei bombardamenti cui era
sottoposta Bologna, la città ove risiedevano dal 1937.
Il trasferimento a Casarsa della famiglia Pasolini comportò la riorganizzazione
d’uso degli spazi della casa, dove allora abitavano la
nonna Giulia Zacco Colussi (morta poi nel 1944) e le tre sorelle di
Susanna: Chiarina e Giannina, nubili, ed Enrichetta, già sposata con
Antonio Naldini e madre di tre figli.
Al piano terra rimase così inalterato il vecchio salottino dei Colussi,
mentre due stanze furono organizzate per il soggiorno-pranzo dei
due nuclei familiari Naldini e Pasolini. Lo spazio infine, già adibito
16
Maria Callas in visita a Casarsa nel 1969 (Foto Elio Ciol)
dal nonno Domenico a spaccio della grappa, fu arredato con i mobili
neri trasferiti lì dai Pasolini e si convertì in “salotto” adattato ad
accogliere gli allievi cui Pasolini dava lezioni private, in quello che fu
un primo esperimento didattico, poi proseguito a San Giovanni di
Casarsa e soprattutto a Versuta.
Al primo piano fu riorganizzata anche l’assegnazione delle quattro
camere da letto, che ora passarono rispettivamente alle due sorelle
Naldini, figlie di Enrichetta, ai due fratelli Pasolini, a Giannina
Colussi e infine a Susanna Colussi. Al secondo piano, infine, due camere
furono risistemate per accogliere, una, i coniugi Naldini e, una
seconda, il loro figlio Nico.
L’esperienza casarsese di Pasolini si chiuse nel gennaio 1950, quando
Pier Paolo fuggì a Roma con la madre, perseguitato dall’accusa
di atti osceni in luogo pubblico. Negli anni successivi, fino alla
morte nel 1975, Pasolini fece sporadiche apparizioni a Casarsa, in
compagnia talvolta di noti personaggi, come avvenne nel 1969 in
occasione di una visita con Maria Callas rimasta leggendaria nella
cronaca del paese.
17
Casarsa negli anni Trenta. Piazza Centrale, oggi Piazza Italia
Casarsa negli anni Trenta. Piazza Centrale, oggi Piazza Italia
18
Casarsa negli anni Trenta. Piazza Centrale, oggi Piazza Italia
San Giovanni negli anni Trenta. Piazza Centrale, oggi Piazza Vittoria
19
Pasolini con i compagni delle Scuole elementari. Casarsa 1929
Pasolini accanto alla madre Susanna al centro della foto. Casarsa 1930
20
Pasolini con i ragazzi dell’Academiuta. Versuta 1944 (Foto di Elio Ciol)
Pasolini con i colleghi della Scuola media. Valvasone 1948
21
Casa Colussi
I ricordi di Susanna Colussi e di Nico Naldini
«La casa di Casarsa sulla piazza del paese - ha raccontato nel 2012
Nico Naldini 1 - dove c’era ancora un pozzo e intorno abitazioni
di un gusto già piccolo borghese era stata fatta costruire da Meni
Colùs (Domenico Colussi) nel millenovecentodieci. Meni detto
Minuti era un piccolo impresario della produzione di grappa e
durante la raccolta del frumento spostava le sue trebbiatrici da
un podere all’altro. Ma la sua passione era l’enologia e per un
certo periodo si era trasferito in Piemonte, a Casale Monferrato,
per studiare i metodi colà praticati. Amava anche l’opera lirica e
una sera nell’ingresso del teatro principale aveva conosciuto una
leggiadra fanciulla di nome Giulia. Si erano fidanzati e più tardi lei
lo aveva seguito fino a Casarsa dove erano state celebrate le nozze.
Entrambi belli. Lui con i baffi e i capelli biondi divisi a metà da una
discriminatura, lei con l’aria modesta e sognante e un nastro che
raccoglieva la chioma scura. Passarono gli anni ed ebbero cinque
figli, quattro femmine e un maschio, tutti nati sul finire del secolo.
La primogenita si chiamava Susanna e fu mandata a scuola per
diventare maestra elementare».
Susanna, poi sposata nel dicembre 1921 a Carlo Alberto Pasolini,
giovane conte decaduto di Ravenna e ufficiale di fanteria stanziato
nelle caserme di Casarsa, è la madre di Pier Paolo, il primogenito
nato a Bologna il 5 marzo 1922. E anche lei, nel racconto della saga
familiare dei Colussi, edito nel 2010 con il titolo Il film dei miei ricordi,
dedica un capitolo speciale alla mitica figura del padre Domenico
e, tra tanti altri frammenti memoriali, alla casa che egli aveva fatto
erigere per la moglie Giulia. Rispetto alla «grande casa rustica dei
genitori», con le sue «stanze ampie come camerate», la «calce delle
pareti caduta e scrostata» e la fioca illuminazione, doveva essere
«una casa nuova più comoda, più graziosa, più moderna».
E così fu. «La nuova casa sorse sul cortile che dava sulla strada,
dove una volta si fermava la diligenza per il cambio dei cavalli,
davanti alla vecchia casa di cui fece abbattere il grande portico a
22
quattro archi e lasciò alcune stanze antiche: il retrocucina dov’era
il grande focolare diviso dall’antica cucina da un grande arco come
fosse un’alcova, la spazzacucina, la cantina, la rimessa, le stalle, il
fienile e il granaio. Il nuovo fabbricato comprendeva il pianterreno
e due piani e quattro stanze per ogni piano: sulla facciata, sopra il
portoncino d’entrata fece costruire il pergolo (un terrazzino) chiuso
intorno da una ringhiera lavorata in ferro battuto, al fianco destro
della facciata, sempre sulla strada, lasciò due stanze per la mescita
dell’acquavite e un altro stanzone che serviva per la vendita di
attrezzi agricoli e conteneva anche un antico banco con la morsa e
tutti gli arnesi necessari alla riparazione di quelli. Sul lato sinistro e
dietro la casa si estendeva l’orto-frutteto-giardino con una quantità
di piante di gigli bianchi e di rose: quelle rose contadine fornite di
innumerevoli piccoli petali d’un rosa vivo e dal profumo acuto che
si mescolava con quello del basilico, della menta e del rosmarino» 2 .
«Dopo la rotta di Caporetto - ricorda ancora Naldini - tutta la
famiglia profuga si rifugiò a Ferrara mentre la casa di Casarsa fu
adibita dagli austriaci a latrina pubblica e tra un mare di defecazioni
e relativi fetori fuggirono i sacri Penati del vecchio Meni Colussi» 3 .
1. Nico Naldini, Saletta Ciceri a casa Pasolini? Quell’intitolazione è sbagliata,
in “Il Piccolo”, 13 maggio 2012
2. Susanna Colussi, Il film dei miei ricordi, Archinto, Milano 2010, pp. 290-294
3. Naldini, cit.
23
Casa Colussi
e il Centro Studi Pier Paolo Pasolini
Casa Colussi prima della ristrutturazione
24
Subito dopo la morte di Pasolini, il 17 gennaio 1976, su invito dell’Amministrazione
comunale, fu indetta una riunione a cui furono invitati,
tra gli altri, il pittore Giuseppe Zigaina, il poeta Andrea Zanzotto,
padre David Maria Turoldo, l’architetto Gino Valle, il poeta Luciano
Erba, l’editore Giulio Einaudi, il critico letterario Angelo Romanò e
Graziella Chiarcossi. Si creò così un “Comitato Pier Paolo Pasolini”,
inteso a progettare e promuovere iniziative volte a ricordare la figura
e l’opera dello scrittore e cineasta da poco scomparso.
Tuttavia, salvo qualche sporadica iniziativa culturale realizzata dal
Comune insieme alla Provincia di Pordenone, fu solo verso la fine
degli anni Ottanta che si iniziò un’attività più consistente. Con atto
di Giunta comunale n. 457, agli inizi del 1990, fu deciso così di dare
avvio all’organizzazione di un “Archivio Pasolini”, con l’intento di farne
un centro di documentazione, raccolta e divulgazione delle opere
pasoliniane.
Anche con la collaborazione dei vecchi amici di Pasolini, suoi sodali
al tempo dell’”Academiuta di lenga furlana” o negli anni dell’immediato
dopoguerra (Cesare Bortotto, Ovidio Colussi, Tonuti Spagnol,
Bruno Bruni, Nico Naldini, Girardo Fedele, Guglielmo Susanna, Dino
Peresson, Dante Spagnol), si arrivò alle prime acquisizioni di documenti,
tra i quali i manifesti murali testimonianza dell’impegno
comunista di Pasolini.
Il 21 novembre 1992 fu inaugurato ufficialmente il primo nucleo
dell’“Archivio Pasolini”, concentrato allora in una stanza a piano
terra dell’ex canonica di via XI Febbraio, oggi sede della Biblioteca
comunale. Fu un’inaugurazione importante alla quale intervennero
anche Laura Betti e Enzo Siciliano, il quale presentò in anteprima
Petrolio, il romanzo postumo di Pasolini.
Nel frattempo l’Amministrazione provinciale di Pordenone aveva
acquistato nel 1993 dagli eredi Nico Naldini, Graziella e Giulietta
Chiarcossi la casa materna di Pasolini, sita in via Guido Alberto Pasolini
n.4-6, per farne la nuova sede dell’Archivio. La stessa Provincia,
con propri fondi, aveva acquisito dal cugino Nico Naldini parte
dell’epistolario di Pier Paolo (un’ottantina dì lettere autografe), i testi
originali dei Quaderni Rossi, alcuni suoi dipinti risalenti agli anni
Quaranta, sei disegni e le edizioni originali degli “Stroligùt” e di altre
pubblicazioni pasoliniane uscite tra il 1942 e i primi anni Cinquanta,
oltre a materiale bibliografico, fotografico e audiovisivo di vario genere
e infine all’arredamento originario di Casa Colussi.
Va rimarcato che a questo primo importante nucleo si aggiunse poi
25
nel 2000 il materiale autografo pasoliniano proveniente dall’archivio
della famiglia Luigi e Andreina Ciceri, che per lascito testamentario
fu donato al Comune di Casarsa e in particolare arricchì il Fondo con
i preziosi manoscritti delle varie redazioni delle liriche friulane, del
dramma I Turcs tal Friúl e di vari scritti in prosa, a documentazione
della fertile attività letteraria del giovane Pasolini durante il periodo
friulano della sua formazione.
Il 30 agosto 1994, infine, l’Ente Provincia di Pordenone e il Comune di
Casarsa stipularono un protocollo d’intesa per l’avvio della gestione
del neonato Archivio e per la costituzione del Centro Studi Pier Paolo
Pasolini (all’epoca denominato Archivio-Centro Studi), la cui nuova
sede, anche se ancora da ristrutturare (è oggi Casa Colussi), venne
inaugurata ufficialmente il 13 aprile 1995.
Nel 1996 venne istituito anche il “Premio Tesi di laurea Pasolini”, particolarmente
rivolto a lavori dedicati all’attività del periodo friulano
del poeta e inteso a incentivare i laureandi a recarsi per i loro studi
in Friuli e in particolare a Casarsa. Una volta ampliato alla valorizzazione
di studi di tutta l’opera di Pasolini, il “Premio Tesi di laurea
Pasolini” fu poi trasferito a Bologna.
Si cominciò anche a mettere mano alla riqualificazione dei luoghi
della memoria, con un primo intervento attuato nella piazzetta di
Versuta (chiesa di S. Antonio Abate e fontana «di rustic amòur») ad
opera dell’architetto Paolo De Rocco, figlio di Federico, il pittore e
grande amico di Pasolini durante gli anni casarsesi.
Quanto a Casa Colussi, grazie al contributo della Regione Autonoma
Friuli Venezia Giulia, fu realizzata una prima serie di lavori di
manutenzione straordinaria che si concluse nel 1999 con il recupero
dell’edificio principale del complesso edilizio. Il completamento del
recupero ha poi comportato la ricomposizione del piccolo giardino
interno, il ripristino del locale cosiddetto dell’”Academiuta di lenga
furlana” e la creazione di una moderna struttura addossata al corpo
principale.
Nel 2008, infine, un ultimo intervento ha completato i lavori di riorganizzazione
edilizia, con la strutturazione e l’arredo degli spazi interni
finalizzati all’Archivio, alla Biblioteca, all’ufficio di accoglienza
e alle aree espositive.
26
27
Casa Colussi
Tracce pasoliniane
Nico Naldini e Pier Paolo Pasolini a Gleris (San Vito al Tagliamento) nel 1947
28
1. Casarsa e Casa Colussi. Rievocazioni
Ricordo il mio primo treno: sono in uno scompartimento di legno
con mia madre: mio fratello, no, non c’era. Avevo quindi meno di
tre anni. Ma doveva essere la seconda volta che andavo a Casarsa,
perché avevo già dei ricordi. Il treno era perfettamente verticale,
rispetto alla mèta: ed era la linea più breve che congiungesse il punto
di partenza (Bologna? Belluno?) al punto d’arrivo. Ma di Casarsa,
non avevo altro ricordo che la casa di mia madre, e soprattutto
la botteguccia di merceria di mia zia, a pianterreno. Sicché il treno
puntava direttamente verso questa: le rotaie vi arrivavano fin contro
la porta aperta e un po’ sgangherata, dipinta di un color verdolino
ormai ridotto a un pulviscolo, i vetri pieni di file di cartoline con
cuori, rose, ragazze soldati. Andava dritto lì dentro, in quella bottega
di mia zia, perduta in fondo alla terra, alle mie spalle: davanti
a me, vicina, c’era mia mamma, che sapeva, che era una di color che
sanno, anzi lo era per definizione. […] Le rotaie puntavano drittissime
su Casarsa, come su un luogo assoluto del’universo.
_____
Il treno di Casarsa (1957)
in Un paese di temporali e di primule
a cura di Nico Naldini, Guanda, Parma 1993, p. 162
------------------------------
Rivedo una fotografia del ’29, in cui io con un vestito a righe marrone
e bianche, compaio sul balcone della Canonica, insieme a una
trentina di fanciulli, miei compagni di classe. […] so assai bene
cos’era quel ragazzino: era, mitologicamente, qualcosa come un incrocio
fra Catone e un piccolo Belzebù.
_____
I dispetti, in Poesie e pagine ritrovate
a cura di Andrea Zanzotto e Nico Naldini
Lato Side 25, Verona 1980, pp.130-131
29
In una mattinata dell’estate del 1941 io stavo sul poggiolo esterno
di legno della casa di mia madre. Il sole dolce e forte del Friuli batteva
su tutto quel caro materiale rustico. Sulla mia testa di beatnik
degli anni Quaranta, diciottenne; sul legno tarlato della scala e del
poggiolo appoggiati al muro granuloso che portava dal cortile al
granaio: al camerone. Il cortile, pur nella profonda intimità del suo
sole, era una specie di strada privata, perché vi aveva diritto di
passaggio, fin dagli anni precedenti la mia nascita, la famiglia dei
Petron: il cui casolare era là, illuminato dal suo sole, un poco più
misterioso, dietro un cancello dal legno più tarlato e venerando
ancora di quello del poggiolo: e si intravedevano, sempre in cuore
a quel sole altrui, i mucchi di letame, la vasca, la bella erbaccia
che circonda gli orti: e lontano, in fondo, se si tirava il collo, come
in un quadro del Bellini, ancora intatte e azzurre le Prealpi. Di
che cosa si parlava, prima della guerra, prima cioè che succedesse
tutto, e la vita si presentasse per quello che è? Non lo so. Erano discorsi
sul più e sul meno, certo, di pura e innocente affabulazione.
La gente, prima di essere quello che realmente è, era ugualmente,
a dispetto di tutto, come nei sogni. Comunque è certo che io, su
quel poggiolo, o stavo disegnando (con dell’inchiostro verde, o
col tubetto dell’ocra dei colori a olio su del cellophane), oppure
scrivendo dei versi. Quando risuonò la parola ROSADA.
Era Livio, un ragazzo dei vicini oltre la strada, i Socolari, a parlare.
Un ragazzo alto e d’ossa grosse … Proprio un contadino di
quelle parti … Ma gentile e timido come lo sono certi figli di famiglie
ricche, pieno di delicatezza. Poiché i contadini, si sa, lo dice
Lenin, sono dei piccolo-borghesi. Tuttavia Livio parlava certo di
cose semplici e innocenti. La parola «rosada» pronunciata in quella
mattinata di sole, non era che una punta espressiva della sua
vivacità orale.
Certamente quella parola, in tutti i secoli del suo uso nel Friuli che
si stende al di qua del Tagliamento, non era mai stata scritta. Era
stata sempre e solamente un suono.
Qualunque cosa quella mattina io stessi facendo, dipingendo o
scrivendo, certo mi interruppi subito: questo fa parte del ricordo
allucinatorio. E scrissi subito dei versi, in quella parlata friulana
della destra del Tagliamento, che fino a quel momento era stato
solo un insieme di suoni: cominciai per prima cosa col rendere graficamente
la parola ROSADA.
30
Quella prima poesia sperimentale è scomparsa: è rimasta la seconda,
che ho scritto il giorno dopo:
Sera imbarlumida, tal fossàl
a cres l’aga …
_____
Dal laboratorio. Appunti en poète per una linguistica marxista
in “Nuovi Argomenti”, n. 1, gennaio 1966
poi in Empirismo eretico (1972),ora in Saggi sulla letteratura e sull’arte
vol. 1, “Meridiani” Mondadori, Milano 1999, pp. 1316-1318
Quando nel 1943 la mia famiglia venne a stabilirsi definitivamente in
Friuli, nella vecchia casa materna di Casarsa, io del Friuli non sapevo
praticamente nulla e non conoscevo nessuno se non i miei compagni
d’infanzia. Avevo però con me un libretto di versi, stampato da
pochi mesi dalla «Libreria Antiquaria» a Bologna, e quel libretto era
scritto in friulano: un curioso friulano che una appassionata lettura
del Pirona, previe s’intende le mie predilezioni un po’ estetizzanti
per la lingua letterariamente assoluta dei provenzali e le delizie
di una poesia popolare quale poteva essere quella dei Canti del
popolo greco del Tommaseo […], aveva trasformato da casarsese
in una specie di koinè un po’ troppo raffinata da una parte un po’
troppo candida dall’altra.
_____
Poesia d’oggi
in “La Panarie”, XVII, 97
maggio-dicembre 1949
La mattina del 10 Settembre 1944 Paolo, come il solito, fu svegliato
dall’urlo della sirena. Ma quel giorno Castiglione* fu bombardato.
La casa di Paolo non distava in linea d’aria più di duecento metri
dalla stazione. Egli si vestì nella camera che traballava e si scrostava,
e ancora seminudo giunse nel ripostiglio dove, terrorizzati, si
erano raccolti i suoi famigliari.
Sul pavimento grigio, dalla finestrella che dava sull’orto, si vedevano
passare le piccole ombre dei caccia, che correvano come topi.
Il bombardamento non durò più di cinque o dieci minuti: ma nella
31
stazione era stato colpito un treno di munizioni che continuava
a esplodere con scoppi infernali. Paolo e i suoi corsero allora nel
campanile, il loro solito rifugio, temendo una più violenta esplosione
del treno; il paese era deserto, un nuvolone di fumo massiccio
dalla stazione invadeva il cielo addormentato nel suo azzurro;
e contro il fumo i nuovi scoppi riverberavano i loro fiati di fuoco,
spaventosi sbadigli, ventagli di canicola che saettavano tra le case
allibite del paese.
[…] Fin dall’Ottobre del quarantatre, egli, pensando più al pericolo
dei Tedeschi che a quello dei bombardamenti, aveva preso in affitto
a Viluta**, dopo interminabili discussione con la Ilde, una specie di
granaio, nel quale aveva già trasportato i suoi libri. Fu lì che Paolo
e sua madre, per la seconda volta, sfollarono. Il trasloco fu lento e
noioso, e Paolo dovette fare più volte la strada campestre tra Castiglione
e Viluta spingendo una pesante carriola …
Così il 16 Ottobre Paolo e sua madre fecero il loro ingresso a Viluta
[…].
Non eravamo coricati da più di un quarto d’ora che sentimmo suonare
da Castiglione le sirene. […] Il bombardamento, di quattro
ondate successive, durò circa un quarto d’ora. Poi gli apparecchi
si allontanarono, si vide poco a poco spegnersi l’accecante lume
dell’esterno, e ci decidemmo finalmente a uscire dalla stalla, tra gli
ultimi razzi che rosseggiavano per i campi. Il mondo intorno pareva
sconvolto. Ma nulla, prima e ora, era paragonabile allo spettacolo
che ci comparve davanti agli occhi, quando, saliti sul fienile,
aprimmo la finestra che dava a settentrione, verso Castiglione.
Un muro di fiamme occupava l’orizzonte per quanto era lungo il
paese. Tutto il cielo e la pianura erano riverberati da quell’incendio
rosso cupo, tempestoso come un mare […].
La casa di mia madre a Castiglione, era stata semidistrutta dal bombardamento.
I nostri mobili che avevamo lasciato in una cantina,
erano salvi per miracolo. Decidemmo così di trasportarli a Viluta,
due o tre giorni dopo l’incursione.
_____
Atti impuri (postumo, 1982)
in Romanzi e racconti 1946-1961
vol. I, “Meridiani” Mondadori, Milano 1998
pp. 12-13; pp.77- 82
* Casarsa
** Versuta
32
[...] Poi corsi nel piano di sopra, nella stanza che in quegli anni era la
camera da letto di una mia zia: c’era il vecchio letto e davanti, tra le
due finestre, il tavolino polveroso della toilette: le finestre erano semichiuse,
ma vi filtrava la luce potente e dolce di quel sole. Io entrai,
disperato, per distendermi sul letto; ma, appena entrato non seppi se
chiudere la porta con la morsetta attaccata allo stipite, oppure no. […]
_____
Da Il caos sul “Tempo”, 3 gennaio 1970
ora in Saggi sulla politica e sulla società
“Meridiani” Mondadori, Milano, 1999
pp. 1276-1277
[…] D’altra parte - a causa delle esperienze infantili rimaste
inalterate nella memoria - esistono due Casarse nettamente distinte:
quella della realtà e quella dei sogni. Per esempio nella Casarsa dei
sogni, il paese non finisce dietro la chiesa; al contrario, proprio lì
dietro sorge una cattedrale un po’ in rovina, di un seicento rustico
dal fasto orientale, le cui pareti, in parte crollate, lasciano vedere gli
affreschi dell’interno, con azzurri un po’ freddi e forme vagamente
gotiche; e dietro questa cattedrale (che è la vera chiesa di Casarsa)
c’è una profonda e verde vallata, in fondo a cui scorre un ruscello, e
qui l’aria è stranamente più toscana o laziale che friulana.
E ancora, per via Roma, a destra prima della casa dei Lucchesi, c’era
un muretto, con dietro dei tigli: da bambino non riuscivo a capire
cosa ci fosse dietro quel muretto (ricordo perfettamente invece
l’odore “storico” dei tigli), e così adesso qualche volta me lo sogno,
sempre uguale: si tratta di una ripida china, con degli arbusti,
stranamente grandiosa, come l’argine di un grande fiume; e anche
lì, in fondo, scorre un ruscello.
Ciò che è andato veramente perduto, sia nella Casarsa della realtà,
che nella Casarsa dei sogni, sono le rogge. E queste le rimpiangerò
tutta la vita. Con la Latteria, e la Cooperativa, le rogge sono cose “di
un tempo”, anteriori alla trasformazione capitalistica, e cioè perdute
nei secoli dell’epoca contadina, senza soluzione di continuità con le
selve romanze, con le invasioni dei barbari, con la chiesa di Cristo.
Ora tutto ciò è finito, in una rapida evoluzione, di cui ci vantiamo. E
tuttavia non vogliamo, ancora, arrenderci a dimenticare.
_____
Presentazione al Cinquantenario
della Società Cooperativa di Consumo
di Casarsa della Delizia (1919-1969)
33
2. Confidenze epistolari di Pasolini
Mi sento distaccato ed estraneo, a tutto ciò che prima m’era occasione di
confidenza e allegrezza; anzi dimenticato. Ieri sera, tristissima sera, fredda,
non buia ancora, ho sentito suonare in piazza la banda dei militari, e il
brusio della gente intorno, e le sospensioni delle risa, e mi è parso di toccare
fisicamente la morte.
_____
a Luciano Serra, Casarsa, ultimi giorni. Timbro postale: Casarsa, 16 settembre 1941
È Pasqua, le colombe continuano a defecare sui tetti e le galline a fare uova
preziosissime.
_____
a Luciano Serra, Casarsa, 24 aprile 1943
Io mi guardo sempre dal tuo punto di vista, e mi vedo correre in un treno
da Casarsa a Bologna, su e giù, come un pazzo dentro un corpo.
_____
a Franco Farolfi, Versuta, 22 agosto 1945
[…] sono a Casarsa, in camera mia, al mio carissimo tavolino e tutto qui è
apprestato per la mia esistenza di studioso … […] Qui a Casarsa mi trovo
in un perfetto giusto mezzo, in cui tristezza e gioia si equilibrano in se
stesse, e vicendevolmente. Medio affetto (in confronto a quello materno)
per i parenti; media vita solitaria; media vita comune; i libri, strappati alla
libreria di Bologna, qui vivono in un’altra aria, oscura nei loro confronti,
ed essi vi brillano come austere costellazioni. […] Passo da un’ora all’altra
da un pensiero all’altro candidamente, quasi rifatto fanciullo. Ma è una
ben saggia e pensosa fanciullezza questa! Novero il tempo che passa e la
vita che lo accompagna, non mia, ma di tutta la gente che conosco e che
non conosco, che vive intorno a me. Il mio balcone aperto nel cielo, i tetti,
il cortile, è come il polso in cui sento battere l’esistenza dell’intero paese.
_____
a Luciano Serra, Casarsa, 12 agosto 1942
34
Adesso io sono al tavolo e scrivo: sono questi i gesti di me ventunenne, che
rimarranno nella storia della mia vita, così orrendamente breve, inclinata
verso la MORTE, i gesti della stagione verde e lieta?
_____
a Franco Farolfi, Casarsa, 4 giugno 1943
[…] eccomi a te fresco come una rosa. Ho dieci minuti di libertà; aspetto il
giornale radio, ché poi vado al Tagliamento. Lì nero e quasi nudo lancerò al
sole i miei giovanili gesti di ragazzo che fa il bagno.
_____
a Luciano Serra, Casarsa, 24 giugno 1943
Lei troverebbe, qui, un paese brutto per sua natura, e ora semi-distrutto.
Fra le case crollate c’è anche la nostra, e noi viviamo ancora accampati
in un casolare di contadini, in mezzo ai campi. Se lei decidesse di fare
una corsa fin qui, in mezzo a tanta miseria, forse troverebbe due cose
gradevoli: la saletta della nostra Academiuta e le tagliatelle di mio padre,
ospitalissimo romagnolo. Non le faccio gli elogi della vita rustica, perché
la bellezza di questa pianura è così riposta che bisogna viverci molti anni
per afferrarla; ma poi finisce col divenire una cosa sola con l’abitudine ai
pensieri poetici.
_____
a Gianfranco Contini, Versuta, 8 giugno 1946
Sono appena tornato da Pordenone, anzi, dal sole. Mio padre con un tegamino
in mano sta preparando la cena (ma il sole continua a entrare nella
camera con una tranquillità incredibile; colora tutto di un giallo etereo,
come se non dovesse mai più tramontare). Se tu immaginassi che calma!
Sai, si odono dal cortile assolate le voci di alcuni uomini (felici perché fra
poco ceneranno e perché hanno il corpo tiepido) miste ai canti ingenui degli
uccelli. È un momento non mio, per questo te ne parlo così rozzamente.
Ma era necessario che ti descrivessi ciò che è, hic et nunc, intorno al mio
corpo? L’ho fatto perché tu non mi creda un’immagine. Sono vivo, capisci
Sergio? Te ne do l’ultima prova: ho mal di stomaco, sento il tic-tac della
sveglia. […]
L’inaugurazione dell’Academiuta si farà Domenica, 16 giugno. Tu sai che
partirà da Udine un torpedone della Filologica. Cerca di avvertire quegli
altri tre o quattro gatti che s’interessano di poesia. Ad ogni modo verrò
prima io a Udine.
_____
a Sergio Maldini, Casarsa, 6 giugno 1947
35
Squadra di Calcio Casarsa, Torneo estivo Destra Tagliamento. Casarsa 1941 (Foto Elio Ciol)
Squadra della Sangiovannese. 1946
36
[…] questo biglietto mi è stato proprio strappato dal Suo Tommaseo, che
mi ha fatto passare un’ora di alta distrazione. Si immagini che lo leggevo a
letto, l’altra sera, ma ho dovuto alzarmi e, per frenare il batticuore, passeggiare
su e giù per la camera.
_____
a Gianfranco Contini, Casarsa, 10 ottobre 1947
[…] Ho avuto una delle solite missive di mio padre, in cui mi annuncia la
sua incrollabile decisione di vendere i mobili e di andarsene.
Sarà bene che tu provveda, ad ogni buon conto, a salvare i miei libri.
Potresti metterli un po’ nella cucina della zia Giannina e un po’ in camera
tua: tieni conto che le due scansie sono state comprate coi soldi di mia madre,
e quindi appartengono a noi.
[…] Salva anche, subito i miei dattiloscritti: parte nel cassetto destro della
scrivania, parte nella scrivania, e i quadernetti degli “Atti impuri”, nel
secondo scomparto della libreria.
_____
a Nico Naldini, Roma, febbraio 1950
[…] per quanto disperi profondamente, ecco un nuovo incarico: spediscimi
seduta stante gli “Scartafacci”, quelli che hai trovato nel cassetto destro
della mia scrivania, per metterli in salvo. Nell’ultimo o nel penultimo di
quei fascicoletti ci devono essere delle traduzioni da Verlaine. Prima di
spedirmi il tutto, assicuratene.
L’acquaforte di Bartolini dev’essere o nel comò della camera dove dormiva
mia mamma; o nella vetreria dell’Academiuta, o, infine, tra le mie carte
nella cassapanca o sopra le scansie.
_____
a Nico Naldini, Roma, primavera 1950
37
Appunti per una biografia essenziale
del giovane Pier Paolo Pasolini
due donne dall’annegamento.
Negli anni immediatamente
successivi alla grande guerra
Carlo Alberto Paolini aveva conosciuto
Susanna a Casarsa,
dove la sposò nel dicembre 1921.
Dopo il matrimonio gli sposi si
trasferiscono a Bologna.
1922
Il 5 marzo il giovane Pier Paolo
nasce a Bologna nella foresteria
militare di via Borgonuovo 4, primogenito
di Carlo Alberto Pasolini,
tenente di fanteria, discendente
da una nobile casata di
Ravenna, e di Susanna Colussi,
maestra elementare di Casarsa,
all’epoca in provincia di Udine.
Il padre, che aveva dissipato il
patrimonio di famiglia, si era
già segnalato per alcuni atti di
audacia, come quando il 31 ottobre
1926, in qualità di responsabile
del servizio d’ordine, aveva
catturato il quindicenne Anteo
Zamboni, attentatore alla vita di
Benito Mussolini. Ricevette una
medaglia al bronzo al valore militare
e una medaglia d’argento
al valore civile per aver salvato
1922-1923
La famiglia Pasolini cambia residenza
quasi annualmente a
causa del lavoro di Carlo Alberto.
Tra il 1922 e il 1923 è a Parma
e a Conegliano, in provincia di
Treviso.
1925
A Belluno, dove la famiglia si
è trasferita, Il 4 ottobre nasce
Guido Alberto Pasolini, fratello
minore di Pier Paolo.
1927
I Pasolini ritornano a Conegliano,
dove Pier Paolo viene iscritto
alla prima elementare, con
un anno in anticipo rispetto al
compimento del canonico sesto
anno di età.
1928
A causa dell’arresto per debiti
di gioco del padre Carlo Alberto,
l’ennesimo trasloco porta
38
la famiglia questa volta a Casarsa
nella casa materna. Data
la situazione economica compromessa,
Susanna riprende a
insegnare, mentre Pier Paolo
frequenta a Casarsa la seconda
elementare. Dopo la scarcerazione
del padre, la famiglia riprende
i suoi spostamenti, alternati
a costanti soggiorni estivi a
Casarsa.
1929-1931
I Pasolini si stabiliscono a Sacile,
all’epoca in provincia di Udine,
dove Pier Paolo frequenta la
terza elementare. Dopo un breve
soggiorno a Idria (oggi Idrija in
Slovenia) la famiglia ritorna a
Sacile, dove Pier Paolo frequenta
la quinta elementare e affronta
l’esame di ammissione al ginnasio.
Bocciato in italiano, supera
la prova in ottobre.
1932
Pier Paolo frequenta la prima
classe del ginnasio a Conegliano,
ma a metà anno scolastico
il padre viene trasferito a Cremona,
dove si stabilisce l’intera
famiglia.
1935-1937
Scandiano, in provincia di Reggio
Emilia, è la nuova meta. Pier
Paolo è costretto a cambiare
ginnasio e a iscriversi a quello
del capoluogo Reggio Emilia.
Completerà gli studi superiori al
Liceo classico “Galvani” di Bologna,
dove la famiglia si trasferì
definitivamente nel 1937.
1939
Forte di un eccellente profitto
scolastico, Pier Paolo sceglie
di saltare la terza liceo e di affrontare
gli esami di maturità
nell’autunno. Avendoli superati,
si iscrive alla Facoltà di Lettere
presso l’Università di Bologna.
1941
Carlo Alberto Pasolini, impegnato
sul fronte bellico in Africa
orientale, viene fatto prigioniero
degli inglesi e internato in
un campo di concentramento in
Kenya. Durante l’estate Pier Paolo
trascorre le vacanze estive a
Casarsa, dove sperimenta i suoi
primi versi in lingua friulana.
1942
A luglio Pier Paolo trascorre tre
settimane di addestramento per
allievi ufficiali a Porretta Terme,
in provincia di Bologna.
39
Il 14 luglio fa stampare a proprie
spese, per i tipi della Libreria Antiquaria
Mario Landi di Bologna,
il suo primo libro, la raccolta in
versi friulani Poesie a Casarsa.
In autunno partecipa all’incontro
della gioventù universitaria
dei Paesi fascisti a Weimar, nella
Germania nazista.
Alla fine dell’anno con la madre
e il fratello Guido si rifugia a Casarsa
per fuggire ai pericoli di
guerra che minacciano Bologna.
1943
Il 1 settembre è chiamato alle
armi e arruolato a Pisa. L’8 settembre
rifiuta di consegnare le
armi ai tedeschi e da Livorno fa
ritorno in maniera rocambolesca
a Casarsa, perdendo nella fuga i
primi capitoli della tesi di laurea,
progettata in un argomento di
storia dell’arte.
1944
In Friuli, presso la stamperia
Primòn di San Vito al Tagliamento,
escono in aprile e agosto i
primi due numeri della rivista
“Stroligut di cà da l’aga”, ideata
e fondata da Pasolini. Attorno a
lui si raccoglie un gruppo di amici
cultori della poesia e dell’arte,
tra i quali il cugino Nico Naldini,
futuro poeta e scrittore, il pittore
di San Vito Federico De Rocco,
Riccardo Castellani, Cesare Bortotto
e alcuni giovani allievi.
Nel maggio compone il dramma
teatrale in friulano I Turcs tal
Friúl, allegoria ambientata nel
1499 ai tempi delle invasioni turche
in Friuli, ma allusiva all’occupazione
nazista della regione .
Guido, conseguita la maturità al
Liceo scientifico di Pordenone,
si unisce in maggio alle brigate
della Resistenza, aderendo alla
lotta armata partigiana con le
formazioni della divisione Osoppo
e adottando il nome di battaglia
Ermes.
Il 16 ottobre Pier Paolo lascia la
casa materna e si trasferisce
con la madre Susanna a Versuta,
piccolo borgo di campagna
presso San Giovanni di Casarsa,
per mettersi al riparo dai bombardamenti
alleati e dai rastrellamenti
nazifascisti. Nella
stanzetta, affittata nel casolare
della famiglia Bazzana, Pier
Paolo e la madre aprono una
40
scuola gratuita per i ragazzi cui
la guerra impedisce la frequenza
alle lezioni regolari.
È un esperimento didattico che
ha un precedente a San Giovanni
di Casarsa, dove già nell’autunno
del 1943 Pier Paolo ha aperto
una scuola “regolare”, poi chiusa
dalle autorità scolastiche per
mancanza dei requisiti formali.
1945
In località Bosco Romagno,
presso Cividale del Friuli, in
provincia di Udine, il 12 febbraio
Guido Alberto è ucciso da un
gruppo di partigiani garibaldini
e filo-titini, in conseguenza dei
tragici fatti noti come eccidio di
Porzûs. La notizia raggiunge Pier
Paolo e sua madre solo nel maggio,
a guerra ultimata. I resti di
Guido Alberto vengono traslati e
tumulati nel cimitero di Casarsa
il 21 giugno. Per l’occasione Pier
Paolo compone l’elogio funebre.
In seguito Il Comune di Casarsa
onorò la memoria di Guido Alberto
dedicandogli una via e includendolo
nel cenotafio del cimitero
che accoglie altri partigiani
locali caduti durante il conflitto.
A Versuta, il 18 febbraio, Pier Paolo
e gli amici, che intendono
promuovere l’uso letterario del
friulano, sulla scia del grande
glottologo goriziano Graziadio
Isaia Ascoli, fondano l’”Academiuta
di lenga furlana”. Nello
“Stroligut” dell’agosto (nuovo
nome dei precedenti “Stroligut di
cà da l’aga” del 1944) debuttano
l’emblema (un cespo di valeriana
disegnato da Federico De Rocco)
e il motto «O cristian furlanut
/ plen di veça salut» (O piccolo
cristiano / pieno di antica forza).
Le riunioni dell’”Academiuta”,
tenute di solito alla domenica,
producono letture, versi, recite e
conversazioni.
Il 26 novembre Pier Paolo discute
magna cum laude la tesi di laurea
dal titolo Antologia della poesia
pascoliana (introduzione e commenti).
La laurea gli consentirà
più tardi, nell’ottobre 1947, l’assunzione
come insegnante statale
di lettere nella Scuola media di
Valvasone, allora in provincia di
Udine, lavoro che svolgerà fino al
novembre 1949.
Alla fine dell’anno rientra dalla
guerra il padre Carlo Alberto,
che si sistema con la famiglia a
Versuta, in attesa che la casa di
Casarsa, lesionata dai bombardamenti,
venga ristrutturata.
41
1946
Pier Paolo inizia a scrivere le pagine
in prosa dei Quaderni rossi,
nei quali annota ricordi, confessioni
ed emozioni intime suggerite
dalla vita in Friuli. In aprile
esce il secondo numero dello
“Stroligut”.
1947
Dopo un primo impegno politico
iniziato nell’autunno 1945, al
fianco dapprima dell’Associazione
per l’autonomia friulana e
poi del Movimento popolare per
l’autonomia friulana, Pier Paolo
aderisce al Partito comunista
italiano, diventando segretario
della sezione di San Giovanni di
Casarsa e intervenendo anche
sulla stampa quotidiana. Solleva
robuste polemiche politiche
contro la Democrazia Cristiana
e la Chiesa, ma la pubblicazione
di manifesti murali vergati anche
in lingua friulana lo rende
sospetto allo stesso Pci.
il 4 novembre a Valvasone Pier
Paolo è oratore ufficiale alla
commemorazione della vittoria
nella grande guerra, ma le sue
parole dichiaratamente antimilitariste
provocano la protesta
delle autorità.
Il 1947 è anche l’anno in cui la
famiglia Pasolini insieme agli
altri componenti del numeroso
nucleo dei Colussi fa ritorno nella
casa di Casarsa, ora ristrutturata
e ampliata anche con una
stanza utile alle riunioni dell’”Academiuta”.
1948
Accanto alla costante pratica
dei versi, Pier Paolo incrementa
la sua scrittura in prosa, componendo
testi che vedranno la
luce solo dopo la sua morte,
come Romàns (romanzo incompiuto
edito nel 1994), Atti impuri
e Amado mio, questi ultimi
due pubblicati insieme nel 1982.
Uscirà invece a Roma nel 1962
il romanzo Il sogno di una cosa,
completato a Roma ma già impostato
in Friuli a seguito della
diretta partecipazione alle lotte
che mobilitarono i contadini
friulani contro i possidenti terrieri
per l’applicazione del Lodo
De Gasperi.
Con lo stesso impegno Pier Paolo
prosegue anche l’esercizio della
pittura, iniziata fin dal 1941.
42
1949
Il 22 ottobre, sulla base di alcuni
fatti disdicevoli accaduti il
30 settembre durante la sagra
paesana di Ramuscello, un piccolo
borgo vicino a Cordovado,
Pier Paolo è denunciato e poi
condannato per atti osceni in
luogo pubblico e corruzione di
minori. Per lo scandalo, che ha
vasta eco, viene sia allontanato
dall’insegnamento pubblico che
cacciato dal Partito comunista,
con espulsione immediata decretata
il 26 ottobre dalla Federazione
del Pci di Pordenone. In
seguito, nel processo che si terrà
al Tribunale di Pordenone nel
1952, Pier Paolo uscirà prosciolto
dall’accusa di atti osceni in
luogo pubblico, essendo invece
caduta l’accusa di corruzione di
minori per mancanza di querela
di parte.
1950
Travolto dallo scandalo, il 28
gennaio, Pier Paolo e sua madre
fuggono verso Roma, cercando
inizialmente un appoggio presso
Gino Colussi, fratello di Susanna.
Più tardi li raggiungerà anche
il padre Carlo Alberto, che
poi muore a Roma il 19 dicembre
1958 e oggi è sepolto nel cimitero
di Casarsa.
1975
Il 2 novembre il corpo massacrato
di Pier Paolo viene ritrovato
all’Idroscalo di Ostia. Per l’omicidio,
la cui dinamica è tuttora
in attesa di chiarimento, è arrestato
e condannato il reo confesso
Giuseppe Pelosi, all’epoca
diciassettenne.
Dopo le esequie ufficiali avvenute
a Roma, la cerimonia funebre
laica si tiene il 6 novembre a Casarsa,
nella cui Chiesa di Santa
Croce la bara, giunta dalla Capitale,
è vegliata dai vecchi amici
friulani. In mezzo ad un enorme
concorso di folla, l’omelia è pronunciata
da padre David Maria
Turoldo in ricordo dell’«amico
e fratello» Pier Paolo, che viene
sepolto nel cimitero del paese
materno.
1981
Il 1 febbraio si spegne a Udine
Susanna Colussi, che ora riposa
accanto al figlio Pier Paolo nella
tomba progettata dall’architetto
Gino Valle.
43
Attorno a Casa Colussi
Piccola mappa per un viaggio
nei luoghi pasoliniani
←
Disegno a penna di Pasolini nel manoscritto Vita del 1943
(Archivio Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa)
44
1. PRIMA TAPPA
Casarsa della Delizia
Chiesa di Santa Croce
L’edificio di Santa Croce, risalente al XV secolo, è il monumento di
maggior pregio artistico di Casarsa, oltre che il più caro alla memoria
dei suoi abitanti. Insiste su un’area che in passato presentava un
più ampio e antico complesso di componenti. Oltre alla Chiesa,
che conteneva sei altari, ne facevano parte infatti una sagrestia
(demolita nel 1941), un fonte battesimale, un campanile e un’area
cimiteriale.
Nel marzo del 1945 i bombardamenti alleati colpirono pesantemente
l’edificio, distruggendo quasi del tutto la volta dell’abside e il lato
sud dell’aula e compromettendo pesantemente i pregevoli affreschi
dell’interno, di cui resta memoria visiva nella documentazione
fotografica realizzata prima dei bombardamenti.
La cupola fu affrescata a partire dal 1536 da Pomponio Amalteo, con
probabili interventi tra le vele dell’abside, andate perdute, di Antonio
de’ Sacchis detto il Pordenone, maestro e suocero dell’Amalteo.
Sono opera di quest’ultimo alcuni affreschi superstiti: nelle pareti
del coro, con le Storie della Santa Croce, e, nell’intradosso tra coro
e aula, una Santa Agnese, superstite di un gruppo di Sante martiri.
Alla mano del Pordenone è invece attribuita la Madonna con Santi,
mentre sulla parte destra è leggibile l’intervento del pittore minore
Pietro da San Vito.
45
La Chiesa di Santa Croce, il
“glisiùt” dei casarsesi, è molto
importante per la biografia
letteraria di Pasolini. Al suo interno,
infatti, si trova la lapide
votiva che ricorda l’invasione
turca del 1499, episodio storico
da cui il poeta trasse ispirazione
per la stesura nel maggio
1944 del dramma in friulano I Turcs tal Friúl.
La lapide si trovava in passato nella piccola Chiesa della Beata
Vergine delle Grazie, che fu costruita e completata con pitture e
decorazione nel 1529 in segno di ringraziamento alla Vergine per la
salvezza dalla minaccia turca. Dopo la demolizione di questo piccolo
luogo di culto nel 1880, la lapide fu trasferita nella Chiesa di Santa
Croce, dove ora è visibile sulla parete sud dell’aula.
Cimitero
Nell’area cimiteriale è meta di un continuo pellegrinaggio la tomba
che, sotto un alloro e con due spartane lapidi bianche che recano incisi
i soli nomi e le date di nascita e di morte, accoglie i resti di Pier Paolo
e di sua madre Susanna. La tomba, disegnata dall’architetto Gino
Valle con estrema sobrietà, è individuata da una striscia di marmo,
come per una discreta segnaletica dell’ultima dimora del poeta. Nel
cimitero sono inoltre sepolti in luoghi separati i vari componenti delle
famiglie d’origine di Pier Paolo: il padre Carlo Alberto, la nonna Giulia
Zacco, le zie Chiarina, Giannina e Enrichetta, e soprattutto il fratello
Guido Alberto, tumulato nel sacello eretto in ricordo dei partigiani
casarsesi e impreziosito da due affreschi di Federico De Rocco.
46
2. SECONDA TAPPA
San Giovanni di Casarsa
La loggia
Sulla piazza del paese, a fianco
della monumentale Chiesa, si
erge una loggia in stile veneto,
che risale probabilmente al XIV
secolo e nel passato fu usata per
le riunioni civili della comunità
laica. Questo edificio è strettamente
legato all’impegno politico
comunista di Pier Paolo, che
usava esporvi i manifesti murali,
in italiano e in friulano, da lui
dettati ai militanti di partito e
vergati a mano.
47
3. TERZA TAPPA
Versuta
Chiesa di Sant’Antonio Abate
Versuta è un luogo mitico della geografia pasoliniana e tuttora
mantiene l’atmosfera contadina che conobbe anche Pasolini, nel
periodo in cui visse da sfollato nel piccolo borgo. Ne è il cuore l’antica
chiesetta rosa dedicata a Sant’Antonio Abate e spesso descritta da
Pier Paolo nelle sue prose friulane. L’attuale edificio della Chiesa è
l’ampliamento di un preesistente e più piccolo oratorio di campagna,
che risale all’XI secolo e di cui tuttora si possono intuire le contenute
dimensioni nel profilo evidente sia sulla facciata che all’interno
dell’aula. Nel 1400, grazie ai conti Altan di San Vito che erano entrati in
possesso di quelle terre, furono aggiunte al piccolo spazio preesistente
la volta a crociera, un’abside poligonale con decorazioni e la bifora
campanaria sulla facciata.
Sulla facciata è sistemata una statua di Sant’Antonio Abate con
maialino, il santo protettore degli animali domestici e patrono di una
antica tradizione rimasta viva fino all’ultimo dopoguerra: ogni anno,
infatti, un maiale era allevato dalla comunità e la sua carne doveva
servire per l’alimento delle famiglie più povere.
Di tutto rilievo gli affreschi che impreziosiscono l’interno. Brilla il ciclo
tardo-gotico dei pregevolissimi affreschi di Sante e Santi nell’intradosso
dell’arco, degli Evangelisti nell’abside e dell’Incoronazione della Vergine
nella parete dietro l’altare, rivelando l’intervento di una bottega d’arte
di rilievo, forse memore della scuola di Masolino da Panicale, maestro
e collaboratore di Masaccio. Sulla parete meridionale dell’aula, si
stagliano poi le figure affrescate di un Daniele Profeta, di un ‘trittico’
con Sante (si riconosce Santa Caterina), di una teoria di vergini
del ciclo di Sant’Orsola e di un’Ascensione (o di un Cristo in gloria
tra Santi), che rinviano a più mani di una stessa scuola della metà
del 1300, forse locale, ma influenzata e aggiornata dai modi postgiotteschi
di Vitale da Bologna e di Tomaso da Modena, quest’ultimo
operoso nella seconda metà del 1300.
Sono visibili tracce delle decorazioni affrescate anche nella parete
meridionale esterna della Chiesa, ma il precario stato di conservazione
ne consente una lettura solo parziale.
Il complesso dell’area su cui si erige la chiesa fu oggetto negli
48
anni Novanta di un forte e
insieme rispettoso intervento di
ricomposizione urbanistica ad
opera dell’architetto Paolo De
Rocco, figlio del pittore Federico
amico di Pasolini. Sul prato
che circonda la chiesa furono
piantati dei gelsi, alberi simbolo
della campagna friulana, e
soprattutto fu sistemata una fontanella a due bocche, che da
tempi antichi faceva uscire le sue acque di risorgiva. Ora la fontana
presenta una struttura a parallelepipedo realizzata con i sassi del
Tagliamento, oltre che con vecchi mattoni, e presenta incisa sul lato
superiore la scritta «Gioventù». Ai lati, da cui sgorgano due distinte
uscite d’acqua, compaiono le scritte «La meglio» e «La nuova»,
allusive ai titoli delle due raccolte in cui Pasolini pubblicò i suoi versi
friulani: La meglio gioventù, nel 1954, per condensare la summa della
sua esperienza poetica casarsese; La nuova gioventù, nel 1975, per
rinnegare e quasi parodiare quella sua produzione, eco di un mondo
un tempo amato ma ormai deturpato e stravolto dalla società dei
consumi e del capitalismo.
49
←
La piazza centrale di San Vito al Tagliamento
in un disegno giovanile di Pasolini
50
4. QUARTA TAPPA
San Vito al Tagliamento
La piazza centrale e i palazzi Rota e Altan
Non si contano i tesori d’arte di San Vito, uno dei paesi più belli d’Italia
ed esempio perfetto di cura dell’ambiente e di interventi illuminati di
restauro.
Per limitarci alle sole tracce legate alla memoria pasoliniana, vale
la pena citare l’attuale sede del Municipio e già abitazione dei nobili
Rota, affacciata sulla piazza principale del paese. Fu uno dei palazzi
che i contadini della zona occuparono il 7 gennaio 1948 per costringere
i possidenti terrieri alla firma di accettazione delle clausole di
applicazione del Lodo De Gasperi.
Bersaglio della protesta fu soprattutto il conte e senatore (sotto il
fascismo) Francesco Rota, il più grande proprietario terriero di San
Vito, personaggio bene imparentato a livello nobiliare, una figlia del
quale, Giuliana, sposò il primogenito di Pietro Badoglio, il maresciallo
d’Italia. Il conte era l’esponente dell’ala dura, quella dei proprietari
che non volevano cedere alle richieste delle centinaia di contadini
disoccupati, che non si resero responsabili né di vandalismi né di
saccheggi, ma furono caricati ugualmente dalla polizia e dispersi.
Diversa, invece, la posizione di Carlo Tullio Altan, esponente d’una
antica famiglia che risiedeva in un altro bellissimo palazzo di San
Vito, oggi acquisito dalla Provincia di Pordenone e diventato luogo
pubblico. Fu lui a rompere il fronte padronale accordando quanto
previsto dal Lodo e per questo venne accusato da Rota di essere un
traditore venuto a patti con i comunisti e i ribelli.
Da queste vicende Pasolini trasse spunto per una parte della trama
del romanzo friulano Il sogno di una cosa, edito a Roma nel 1962.
51
5. QUINTA TAPPA
Valvasone
Il Castello e il Duomo
Il bellissimo borgo medioevale di Valvasone è noto per essere il luogo
in cui Pasolini svolse il suo compito di insegnante statale presso
la locale Scuola media, dal 1947 all’autunno 1949. Ma la cittadina,
che Pasolini definì «città del silenzio», esercitò sul giovane e sensibile
poeta anche altre suggestioni, legate in particolare al fascino
del passato e dell’arte.
Del borgo è gioiello e cuore il castello dell’antica casata dei Valvasone,
che vanta tra i suoi membri il poeta Erasmo (1523-1593),
autore di versi petrarcheggianti, didascalici e moraleggianti e
fonte probabile con il poemetto Angeleide del Paradiso perduto
di John Milton.
Il maniero dei Valvasone, citato per la prima volta nei documenti
del 1206, probabilmente sorse su una prima torre di epoca tardo
antica di carattere difensivo e di avvistamento. L’ubicazione del
fortilizio, da dove era facile controllare le vie provenienti da nord e
da est, spiega le lotte sostenute dai signori di Valvasone per conservarne
il possesso. Il castello di Valvasone, sia pure oggetto di
varie stratificazioni e fasi edilizie, non ha subìto grossi cambiamenti
strutturali nel corso dei secoli e si presenta tuttora nella sua
grandezza originale: è caratterizzato da una pianta circolare e nel
cortile interno ospita un pozzo. Una grande porta d’accesso, che
sostituisce l’antico ponte levatoio, permette l’ingresso al castello
che al suo interno conserva sale affrescate con stucchi, la cappella
domestica, la cucina con il grande focolare, un singolare teatrino
settecentesco. Il castello, che ora è monumento nazionale, ebbe
l’onore di ospitare, oltre a Napoleone Bonaparte, altri personaggi
illustri: nel 1409 vi ebbe accoglienza papa Gregorio XII, di ritorno
dal Concilio di Cividale, e il 12 marzo 1782 vi sostò papa Pio VI che
si recava a Vienna.
Nell’attuale piazza dominata dalla massiccia mole del castello
sopravvivono ancora la torre delle ore e gli edifici con gli stemmi
dipinti sulla facciata.
52
A Valvasone è degno di una visita anche l’organo del Duomo, realizzato da
Vincenzo Colombi tra il 1532 e il 1533 su commissione dei nobili della città. Posizionato
in una cantoria sulla parete destra dell’edificio, iniziò a suonare nel
1533, ma la cassa lignea venne completata solo nel 1535 e in seguito, fino al
1538, decorata dall’intagliatore Girolamo di Venezia e dal doratore Tommaso
Mioni da Udine. I dipinti sulle portelle vennero commissionati al Pordenone,
che però morì nel 1539, lasciando incompiuto il lavoro. L’opera venne così
portata a termine pochi anni dopo dal genero Pomponio Amalteo.
Le portelle presentano temi dell’Antico Testamento, mentre sulla parte anteriore
della cantoria sono presenti scene dai Vangeli.
Dopo vari interventi che nei secoli ne avevano compromesso l’uso, l’organo
conobbe un primo importante restauro tra il 1972 e il 1974, al quale seguì
un altro nel 1999. Quest’ultimo restauro, condotto secondo precisi criteri
filologici, riportò lo strumento alle sue condizioni originarie, così che dall’inizio
del Duemila l’organo viene regolarmente utilizzato per l’esecuzione di
musiche rinascimentali, per corsi sull’interpretazione della musica antica e
per rassegne internazionali di concerti. Lo strumento, inoltre, venne preso
come modello per le misure del nuovo organo della Chiesa di San Salvador
a Venezia.
53
Il Friuli e Pasolini
Gli scritti
54
La poesia
___
Poesie a Casarsa, Libreria Antiquaria
Mario Landi, Bologna 1942
___
Poesie, Stamperia Primon, San Vito al
Tagliamento 1945
___
Diarii, Edizioni dell’Academiuta,
Casarsa 1945
___
I pianti, Edizioni dell’Academiuta,
Casarsa 1945
___
Dov’è la mia patria, con 13 disegni
di Giuseppe Zigaina, Edizioni
dell’Academiuta, Casarsa 1949
___
Tal còur di un frut, a cura di Luigi
Ciceri, Edizioni di Lingua Friulana,
Tricesimo 1953
___
Dal diario (1945-1947), Edizioni
Sciascia, Caltanissetta 1954
___
La meglio gioventù. Poesie friulane,
Sansoni, Firenze 1954
___
Poesie dimenticate, a cura di Luigi
Ciceri, Società Filologica Friulana,
Udine 1965
___
La nuova gioventù. Poesie friulane
1941-1974, Einaudi, Torino 1975
___
Bestemmia. Tutte le poesie, a cura
di Graziella Chiarcossi e Walter Siti,
prefazione di Giovanni Giudici, 2 voll.,
Garzanti, Milano 1993
___
La meglio gioventù, a cura di
Antonia Arveda, Salerno ed.,
Roma 1998
___
Tutte le poesie, a cura e con una
introduzione di Walter Siti, 2 voll.,
“Meridiani” Mondadori, Milano 2003
←
Dattiloscritto della lirica drammatizzata
La Domenica Uliva, poi edita in
Poesie a Casarsa. 1942
La prosa narrativa
___
Il sogno di una cosa, Garzanti,
Milano 1962
___
Amado mio preceduto da Atti
impuri, a cura di Concetta D’Angeli,
con uno scritto di Attilio Bertolucci,
Garzanti, Milano 1982
___
Un paese di temporali e di primule,
a cura di Nico Naldini, Guanda,
Parma 1993 (nuova edizione Guanda,
Milano 2015)
___
Romàns, seguito da un articolo per il
“Progresso” e Operetta marina, a cura
di Nico Naldini, Guanda, Parma 1994
(nuova edizione Guanda, Milano 2015)
___
Romanzi e racconti, a cura di
Walter Siti e Silvia De Laude, 2 voll,
“Meridiani” Mondadori, Milano 1998
La prosa saggistica
___
Poesia dialettale del Novecento, a
cura di Mario Dall’Arco e Pier Paolo
Pasolini, Guanda, Parma 1952
___
Canzoniere italiano. Antologia della
poesia popolare, a cura di Pier Paolo
Pasolini, Guanda, Parma 1955
___
L’Academiuta friulana e le sue
riviste, a cura di Nico Naldini,
Neri Pozza, Vicenza 1994 [all’interno
la riproduzione anastatica
delle riviste friulane “Stroligut di cà
da l’aga” (1944), “Il Stroligut” (1945-
1946), “Quaderno romanzo” (1947)]
___
Saggi sulla politica e sull’arte, a cura
di Walter Siti e Silvia De Laude,
con uno scritto di Cesare Segre, 2 voll.,
“Meridiani” Mondadori, Milano 1999
___
Saggi sulla politica e sulla società, a
cura di Walter Siti e Silvia De Laude,
“Meridiani” Mondadori, Milano 1999
55
Il teatro
___
I Turcs tal Friúl, a cura di Luigi Ciceri,
Forum Julii, Udine 1976 (nuova
edizione a cura di Andreina Noferi
Ciceri, Società Filologica Friulana,
Udine 1995)
___
Teatro, a cura di Walter Siti e Silvia
De Laude, con due interviste a
Luca Ronconi e Stanislas Nordey,
“Meridiani” Mondadori, Milano 2001
La pittura
___
I disegni 1941-1975, a cura di
Giuseppe Zigaina, prefazione di Giulio
Carlo Argan, introduzione di Mario
De Micheli con una poesia di Andrea
Zanzotto, Scheiwiller, Milano 1978
___
Disegni e pitture di Pier Paolo
Pasolini, a cura di Achille Bonito Oliva
e Giuseppe Zigaina, Banca Popolare
di Pordenone-ed. Balance Rief Sa,
Basilea 1984
___
Pasolini a Casa Testori, a cura di
Giovanni Agosti e Davide Dall’Ombra,
Silvana Editoriale, Milano 2012
Le lettere
___
Lettere 1940-1954, a cura di Nico
Naldini, Einaudi, Torino 1986
___
Lettere 1955-1975, a cura di Nico
Naldini, Einaudi, Torino 1988
___
Lettere agli amici (1941-1945),
Guanda, Parma 1976
___
Pier Paolo Pasolini. Vita attraverso
le lettere, a cura di Nico Naldini,
con un’appendice di lettere inedite,
Einaudi, Torino 1994
←
Copertine originali delle prime
edizioni di Poesie a Casarsa (1942)
e di Il Stroligut (agosto 1945)
56
Per una bibliografia critica
su Pasolini in Friuli
Qualche suggerimento
___
Aa.Vv. , Ciasarsa-San Zuan, Vilasil,
Versuta, a cura di Gianfranco Ellero,
Società Filologica Friulana, Udine 1975
___
Aa.Vv. , Pasolini in Friuli 1943-1949,
Arti Grafiche Friulane, Udine 1976
___
Aa.Vv., Pier Paolo Pasolini, a cura di
Nico Naldini, Arti Grafiche Friulane,
Udine 1997
___
Aa.Vv., Il maestro e la meglio
gioventù, a cura di Roberto Villa
e Lorenzo Capitani, Aliberti ed.,
Reggio Emilia 2005
___
Aa.Vv., Pasolini e la poesia dialettale,
a cura di Giampaolo Borghello e
Angela Felice, Marsilio,
Venezia 2014
___
Aa.Vv., Pasolini e la pedagogia, a cura
di Roberto Carnero e Angela Felice,
Marsilio, Venezia 2015
___
Marco Antonio Bazzocchi, Pier Paolo
Pasolini, Bruno Mondadori, Milano 1998
___
Marco Antonio Bazzocchi, I burattini
filosofi. Pasolini dalla letteratura al
cinema, Bruno Mondadori, Milano 2007
___
Francesca Cadel, La lingua dei
desideri. Il dialetto secondo Pier Paolo
Pasolini, Manni, Lecce 2002
___
Roberto Calabretto, Pasolini
e la musica, Ed. Cinemazero,
Pordenone 1999
___
Stefano Casi, I teatri di Pasolini,
Ubulibri, Milano 2005
___
Hideyuki Doi, L’esperienza friulana di
Pasolini. Cinque studi, Franco Cesati,
Firenze 2011
___
Francesco Galluzzo, Pasolini e la
pittura, Bulzoni, Roma 1994
___
Paolo Gaspari, Il sogno friulano di
Pasolini, La vera storia de “I giorni
del Lodo De Gasperi” a San Vito al
Tagliamento, Gaspari ed.,
Udine 2008
___
Jole Silvia Imbornone, La diversità
a teatro, I drammi giovanili di
Pasolini, Stilo ed., Bari 2011
___
Giuseppe Mariuz, La meglio
gioventù di Pasolini, Campanotto,
Udine 1993
___
Giuseppe Mariuz, Luogo assoluto
dell’universo. Sulle tracce di Pier
Paolo Pasolini a Casarsa e dintorni,
Biblioteca dell’Immagine,
Pordenone 1995
___
Nico Naldini, Pasolini, una vita,
Einaudi, Torino 1989 (riedizione
Tamellini ed., Verona 2014)
___
Guido Santato, Pier Paolo Pasolini.
L’opera poetica, narrativa,
cinematografica, teatrale e
saggistica. Ricostruzione critica,
Carocci ed., Roma 2012
___
Enzo Siciliano, Vita di Pasolini,
Mondadori, Milano 2005
←
L’emblema e il motto dell’Academiuta
di lenga furlana, su disegno di
Federico De Rocco
57
58
59
60
61
62
63
Storia di una casa
Pier Paolo Pasolini a Casarsa
Centro Studi Pier Paolo Pasolini
Casarsa della Delizia
CON IL SOSTEGNO DI
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
Provincia di Pordenone
Città di Casarsa della Delizia
STESURA TESTI E EDITING
a cura di Angela Felice
PROGETTO GRAFICO
Patrizio De Mattio
Dmbassociati
SERVIZIO FOTOGRAFICO
Cesare Genuzio
ARCHIVI FOTOGRAFICI
Elio Ciol
William Gemetti
Antonio Ros
Centro Studi Pier Paolo Pasolini
STAMPA
Lithostampa (Pasian di Prato, Udine)
Edizione del Centro Studi Pier Paolo Pasolini
realizzata nel 2015 in collaborazione con
Città di Casarsa della Delizia-Biblioteca Civica,
Alba edizioni (Motta di Livenza),
Cinemazero (Pordenone)
RINGRAZIAMENTI
Angelo Battel, Giacinto Bevilacqua,
Graziella Chiarcossi, Piero Colussi,
Riccardo Costantini, Cesare Genuzio,
Flavia Leonarduzzi, Nico Naldini,
Danilo e Gilberto Ongaro, Raffaele Pisani,
Antonio Ros, Marco Salvadori,
Teresa Tassan Viol, Riccardo Vatovec
Centro Studi Pier Paolo Pasolini
via Guido Alberto Pasolini 4
33072 Casarsa della Delizia (PN)
t/f 0434 870593
info@centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it
www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it
64