Storia di una casa. Pier Paolo Pasolini a Casarsa
La storia di una casa e di un clan familiare. L’edificio che comunemente è indicato cone la casa di Pier Paolo pasolini è in realtà la casa del ramo materno del poeta. All’inizio del Novecento, su un lotto che risultava già edificato nella prima metà del secolo precedente, ma con conformazione assai diversa dall’attuale, Domenico Colussi, padre di Susanna e nonno di Pier Paolo, realizzò infatti la Casa Còlus o Colussi, da cui deriva l’edificio esistente. La pubblicazione contiene numerose foto d’epoca di Casarsa, della casa e di Pasolini giovane, oltre a ricordi e testimonianze di Susanna Colussi, Nico Naldini a altri, brani tratti dall’epistolario e dai diari di Pasolini, una sua biografia e bibliografia del periodo ‘casarsese’ e alcune schede per un possibile 'itinerario pasoliniano'
La storia di una casa e di un clan familiare. L’edificio che comunemente è indicato cone la casa di Pier Paolo pasolini è in realtà la casa del ramo materno del poeta. All’inizio del Novecento, su un lotto che risultava già edificato nella prima metà del secolo precedente, ma con conformazione assai diversa dall’attuale, Domenico Colussi, padre di Susanna e nonno di Pier Paolo, realizzò infatti la Casa Còlus o Colussi, da cui deriva l’edificio esistente.
La pubblicazione contiene numerose foto d’epoca di Casarsa, della casa e di Pasolini giovane, oltre a ricordi e testimonianze di Susanna Colussi, Nico Naldini a altri, brani tratti dall’epistolario e dai diari di Pasolini, una sua biografia e bibliografia del periodo ‘casarsese’ e alcune schede per un possibile 'itinerario pasoliniano'
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Adesso io sono al tavolo e scrivo: sono questi i gesti di me ventunenne, che
rimarranno nella storia della mia vita, così orrendamente breve, inclinata
verso la MORTE, i gesti della stagione verde e lieta?
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a Franco Farolfi, Casarsa, 4 giugno 1943
[…] eccomi a te fresco come una rosa. Ho dieci minuti di libertà; aspetto il
giornale radio, ché poi vado al Tagliamento. Lì nero e quasi nudo lancerò al
sole i miei giovanili gesti di ragazzo che fa il bagno.
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a Luciano Serra, Casarsa, 24 giugno 1943
Lei troverebbe, qui, un paese brutto per sua natura, e ora semi-distrutto.
Fra le case crollate c’è anche la nostra, e noi viviamo ancora accampati
in un casolare di contadini, in mezzo ai campi. Se lei decidesse di fare
una corsa fin qui, in mezzo a tanta miseria, forse troverebbe due cose
gradevoli: la saletta della nostra Academiuta e le tagliatelle di mio padre,
ospitalissimo romagnolo. Non le faccio gli elogi della vita rustica, perché
la bellezza di questa pianura è così riposta che bisogna viverci molti anni
per afferrarla; ma poi finisce col divenire una cosa sola con l’abitudine ai
pensieri poetici.
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a Gianfranco Contini, Versuta, 8 giugno 1946
Sono appena tornato da Pordenone, anzi, dal sole. Mio padre con un tegamino
in mano sta preparando la cena (ma il sole continua a entrare nella
camera con una tranquillità incredibile; colora tutto di un giallo etereo,
come se non dovesse mai più tramontare). Se tu immaginassi che calma!
Sai, si odono dal cortile assolate le voci di alcuni uomini (felici perché fra
poco ceneranno e perché hanno il corpo tiepido) miste ai canti ingenui degli
uccelli. È un momento non mio, per questo te ne parlo così rozzamente.
Ma era necessario che ti descrivessi ciò che è, hic et nunc, intorno al mio
corpo? L’ho fatto perché tu non mi creda un’immagine. Sono vivo, capisci
Sergio? Te ne do l’ultima prova: ho mal di stomaco, sento il tic-tac della
sveglia. […]
L’inaugurazione dell’Academiuta si farà Domenica, 16 giugno. Tu sai che
partirà da Udine un torpedone della Filologica. Cerca di avvertire quegli
altri tre o quattro gatti che s’interessano di poesia. Ad ogni modo verrò
prima io a Udine.
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a Sergio Maldini, Casarsa, 6 giugno 1947
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