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Abitare la follia: architetture terapeutiche nella famiglia a ...

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E’ chiaro che qui siamo in presenza di una prima esplicita configurazione triango<strong>la</strong>re che vede<br />

Giulia cercare un’immediata coalizione contro <strong>la</strong> madre ancor prima di conoscermi.<br />

Come tutti noi ben sappiamo le strutture triango<strong>la</strong>ri sono comuni modalità interattive dei sistemi e<br />

non solo quelli familiari. La loro realtà non è necessariamente legata alle re<strong>la</strong>zioni patologiche, ma<br />

il grado di rigidità di una simile struttura unita a una sorta di impossibilità di interscambio tra i<br />

componenti ne determina <strong>la</strong> disfunzionalità.<br />

Sia che aderiamo al<strong>la</strong> visione di Haley dei triangoli, quando il gioco è due contro uno, o a quel<strong>la</strong><br />

omeostatica di Bowen che evidenzia <strong>la</strong> funzione equilibratrice delle tensioni del sistema emozionale<br />

familiare o che sposiamo <strong>la</strong> tesi Selviniana di un “imbroglio” trans generazionale che alimenterebbe<br />

lo stallo di coppia, in ogni caso resta fondamentale prendere in considerazione tre punti.<br />

Il primo riguarda <strong>la</strong> capacità del terapeuta di fare una “diagnosi precoce” delle triango<strong>la</strong>zioni messe<br />

in atto soprattutto quando tali modalità lo riguardano e lo investono direttamente.<br />

il secondo consiste nel “giocare di anticipo”, cioè prevenire i tentativi di triango<strong>la</strong>zione con cui <strong>la</strong><br />

<strong>famiglia</strong> potrebbe invalidare il <strong>la</strong>voro terapeutico nei suoi momenti cruciali.<br />

Il terzo punto, non ultimo per importanza, è poter usufruire sempre e inderogabilmente del <strong>la</strong>voro di<br />

èquipe, che resta <strong>la</strong> garanzia più solida per un’analisi del vissuto emotivo del terapeuta. Da tale<br />

valutazione scaturirà <strong>la</strong> scelta del tempo e del<strong>la</strong> modalità utilizzata dal terapeuta per detriango<strong>la</strong>rsi.<br />

Durante il colloquio telefonico risposi a Giulia che avrei accettato di veder<strong>la</strong> una prima volta, ma<br />

che, pur capendo le sue preoccupazioni, sul segreto non potevo garantire. Se fossi contattata dal<strong>la</strong><br />

madre non me <strong>la</strong> sarei sentita di mentire, nè prevedevo alcun impegno per il futuro, avremmo<br />

discusso di tutto questo dopo il primo incontro.<br />

Smascherare del tutto le regole di un gioco al<strong>la</strong> prima mossa, significa rischiare di non giocare<br />

affatto. I sistemi, in qualità di organizzazioni autodeterminate, possiedono precisi codici di accesso<br />

che bisogna prima individuare e poi necessariamente utilizzare.<br />

La strategia del “Sì, ma” qui adottata con <strong>la</strong> paziente è una delle tecniche che permette di stare al<br />

gioco, ma non a tutte le sue regole.<br />

<strong>Abitare</strong> <strong>la</strong> <strong>follia</strong>: progetto di vil<strong>la</strong> a tre piani con discesa a mare e senza vie di uscita.<br />

Nino, è il nome che diamo al padre di Giulia.<br />

Nino aveva compiuto da poco trentacinque anni, viveva nel<strong>la</strong> sua <strong>famiglia</strong> di origine, unico maschio<br />

di una facoltosa <strong>famiglia</strong> napoletana con tre sorelle; non era ancora sposato quando decide di<br />

progettare e far costruire una sua casa, un’enorme vil<strong>la</strong> a tre piani sul<strong>la</strong> collina di Posillipo. Non<br />

avendo problemi economici, non bada a spese e sceglie con cura ogni partico<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> struttura, poi<br />

l’arreda non trascurando alcun elemento.<br />

T: (durante una seduta con <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> al completo rivolta all’architetto) “ Sono colpita dal fatto che<br />

per uno scapolo lei progettasse una casa così grande e sontuosa. Cosa pensava di farsene di tutte<br />

quelle stanze?”<br />

N: “ Non pensavo che l’avrei abitate da solo. Fin dal primo momento l’ho immaginata per <strong>la</strong> mia<br />

futura <strong>famiglia</strong>. Ho suddiviso lo spazio in modo funzionale, per degli eventuali bambini, cercando<br />

di creare una casa prima di tutto confortevole, (rivolto agli altri). Loro dovrebbero dire se ci sono<br />

riuscito”.<br />

Sicchè questa <strong>famiglia</strong> viene in un certo senso progettata assieme al<strong>la</strong> futura abitazione, ma a<br />

differenza di quest’ultima che era presente in tutta <strong>la</strong> sua concretezza, l’altra, <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>, prendeva<br />

forma e vita solo in modo fantasmatico.<br />

Nel<strong>la</strong> testa del progettista, dunque, e vedremo come solo nel<strong>la</strong> sua, casa e <strong>famiglia</strong> sono unite<br />

assieme indissolubilmente anzi ancor di più l’una abita l’altra in un confusivo gioco di<br />

sovrapposizioni.<br />

Terapeuta rivolta al<strong>la</strong> moglie: “ Ricorda le prime impressioni di questa casa? Quando l’ha vista <strong>la</strong><br />

prima volta? “Soltanto dopo il matrimonio, <strong>la</strong> trovai indubbiamente bel<strong>la</strong>, ma.... come dire, ebbi una<br />

sensazione strana, non piacevole, anzi angosciante..., non l’ho amata. Per molti anni, più di dieci,<br />

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