27.12.2012 Views

Abitare la follia: architetture terapeutiche nella famiglia a ...

Abitare la follia: architetture terapeutiche nella famiglia a ...

Abitare la follia: architetture terapeutiche nella famiglia a ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>Abitare</strong> <strong>la</strong> <strong>follia</strong>: <strong>architetture</strong> <strong>terapeutiche</strong> nel<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> a transazione psicotica.<br />

Rossel<strong>la</strong> Aurilio<br />

Le famiglie psicotiche consolidano nel tempo una modalità re<strong>la</strong>zionale che si configura in<br />

costel<strong>la</strong>zioni triango<strong>la</strong>ri fortemente rigide e d’intensa colorazione emotiva. Quando il livello tensivo<br />

all’interno del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> sorpassa il limite di tollerabilità, <strong>la</strong> triango<strong>la</strong>zione viene realizzata con<br />

persone esterne al sistema,costituendo così un vero e proprio universo geometrico. Il terapeuta che<br />

interagisce con questo tipo di famiglie, non può limitarsi al<strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssificazione di tali costel<strong>la</strong>zioni, ma<br />

deve coraggiosamente decidere d’entrarne a far parte.<br />

Primi segnali: l’invio e l’inviante.<br />

Una paziente di circa quarant’anni, alta, bruna e di bell’aspetto che chiameremo Marta, stava<br />

terminando il suo processo di psicoterapia e tracciava nelle ultime sedute il routinario bi<strong>la</strong>ncio<br />

consuntivo. A suo parere ne usciva in attivo essenzialmente per due aspetti:<br />

1) Aveva superato un grave decennale problema d’alcoldipendenza;<br />

2) Aveva interrotto una sofferente ed ingarbugliata storia sentimentale con un uomo di<br />

vent’anni più grande. Un ricco professionista separato legalmente dal<strong>la</strong> moglie, con <strong>la</strong><br />

quale, però, non aveva mai interrotto una travagliata, ma solida convivenza.<br />

Mentre l’alcool, per quanto identificato come un serio nemico, era vissuto dal<strong>la</strong> mia paziente come<br />

un periodo di facile identificazione, <strong>la</strong> forte dipendenza nei confronti di quest’uomo, sia di tipo<br />

economico che emotivo era da lei vissuta come una minaccia ancora attuale, capace di minare <strong>la</strong><br />

libertà dei suoi comportamenti.<br />

Verso <strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> terapia, dunque, chiede se mi è possibile farmi carico di una giovane ragazza<br />

che, a suo dire ha problemi psicologici ed esistenziali, figlia dell’uomo al quale era stata legata.<br />

“E’ <strong>la</strong> figlia del mio ex compagno, dottoressa, e siamo ancora oggi molto legate. ha sofferto per<br />

aver avuto una mamma fredda ed aggressiva e medici che l’hanno riempita solo di farmaci.”<br />

<strong>la</strong> ragazza in questione, che chiameremo Giulia, aveva ventidue anni, soffriva in realtà già da<br />

diverso tempo di schizofrenia paranoide, aveva consultato tutti i possibili psichiatri e psicoterapeuti<br />

del<strong>la</strong> città e molti ancora in altre città italiane.<br />

Pur non avendo questo tipo di informazioni al momento del<strong>la</strong> conversazione con <strong>la</strong> mia paziente,<br />

era evidente, come frequentemente accade nell’invio di una <strong>famiglia</strong> a transazione psicotica, che<br />

questi primi scambi rappresentavano i segnali di un gioco complesso proveniente dall’estrema<br />

propaggine di un nucleo familiare a me ancora sconosciuto.<br />

La mia inviante, dunque, non resistendo alle lusinghe di Giulia di farle da madre alternativa,<br />

cercava di trascinarmi nel ruolo parallelo di fare <strong>la</strong> dottoressa “alternativa” e ovviamente “migliore”<br />

dei terapeuti consultati prima. Ci sono “giochi” re<strong>la</strong>zionali così complessi e vinco<strong>la</strong>nti che per<br />

essere giocati richiedono un impegno dell’intera vita e se un giocatore dovesse per ventura riuscire<br />

a svinco<strong>la</strong>rsi, il patto implicitamente stipu<strong>la</strong>to è che favorisca l’ingresso di qualche altro.<br />

Cosicchè Giulia chiedeva spesso di me al<strong>la</strong> mia paziente, che a sua volta par<strong>la</strong>va con lei volentieri<br />

dell’esperienza terapeutica e di quanto l’avesse aiutata.<br />

Dovevano essersi innescate, a mia insaputa, fantasie ed aspettative che al<strong>la</strong> lunga avranno portato<br />

Giulia al<strong>la</strong> convinzione che potessi rappresentare un giocatore conveniente per il suo tipo di gioco.<br />

Diedi a Marta l’autorizzazione a farmi contattare dal<strong>la</strong> ragazza, che come prima mossa al telefono,<br />

mi chiese di incontrarmi da so<strong>la</strong> ed in assoluto segreto. Palesò forti timori che <strong>la</strong> madre potesse<br />

venire a conoscenza di questo incontro ed opporsi con ogni mezzo a quest’iniziativa. D’altronde<br />

specificò, fatti del genere erano già accaduti per altre iniziative prese autonomamente.<br />

1


E’ chiaro che qui siamo in presenza di una prima esplicita configurazione triango<strong>la</strong>re che vede<br />

Giulia cercare un’immediata coalizione contro <strong>la</strong> madre ancor prima di conoscermi.<br />

Come tutti noi ben sappiamo le strutture triango<strong>la</strong>ri sono comuni modalità interattive dei sistemi e<br />

non solo quelli familiari. La loro realtà non è necessariamente legata alle re<strong>la</strong>zioni patologiche, ma<br />

il grado di rigidità di una simile struttura unita a una sorta di impossibilità di interscambio tra i<br />

componenti ne determina <strong>la</strong> disfunzionalità.<br />

Sia che aderiamo al<strong>la</strong> visione di Haley dei triangoli, quando il gioco è due contro uno, o a quel<strong>la</strong><br />

omeostatica di Bowen che evidenzia <strong>la</strong> funzione equilibratrice delle tensioni del sistema emozionale<br />

familiare o che sposiamo <strong>la</strong> tesi Selviniana di un “imbroglio” trans generazionale che alimenterebbe<br />

lo stallo di coppia, in ogni caso resta fondamentale prendere in considerazione tre punti.<br />

Il primo riguarda <strong>la</strong> capacità del terapeuta di fare una “diagnosi precoce” delle triango<strong>la</strong>zioni messe<br />

in atto soprattutto quando tali modalità lo riguardano e lo investono direttamente.<br />

il secondo consiste nel “giocare di anticipo”, cioè prevenire i tentativi di triango<strong>la</strong>zione con cui <strong>la</strong><br />

<strong>famiglia</strong> potrebbe invalidare il <strong>la</strong>voro terapeutico nei suoi momenti cruciali.<br />

Il terzo punto, non ultimo per importanza, è poter usufruire sempre e inderogabilmente del <strong>la</strong>voro di<br />

èquipe, che resta <strong>la</strong> garanzia più solida per un’analisi del vissuto emotivo del terapeuta. Da tale<br />

valutazione scaturirà <strong>la</strong> scelta del tempo e del<strong>la</strong> modalità utilizzata dal terapeuta per detriango<strong>la</strong>rsi.<br />

Durante il colloquio telefonico risposi a Giulia che avrei accettato di veder<strong>la</strong> una prima volta, ma<br />

che, pur capendo le sue preoccupazioni, sul segreto non potevo garantire. Se fossi contattata dal<strong>la</strong><br />

madre non me <strong>la</strong> sarei sentita di mentire, nè prevedevo alcun impegno per il futuro, avremmo<br />

discusso di tutto questo dopo il primo incontro.<br />

Smascherare del tutto le regole di un gioco al<strong>la</strong> prima mossa, significa rischiare di non giocare<br />

affatto. I sistemi, in qualità di organizzazioni autodeterminate, possiedono precisi codici di accesso<br />

che bisogna prima individuare e poi necessariamente utilizzare.<br />

La strategia del “Sì, ma” qui adottata con <strong>la</strong> paziente è una delle tecniche che permette di stare al<br />

gioco, ma non a tutte le sue regole.<br />

<strong>Abitare</strong> <strong>la</strong> <strong>follia</strong>: progetto di vil<strong>la</strong> a tre piani con discesa a mare e senza vie di uscita.<br />

Nino, è il nome che diamo al padre di Giulia.<br />

Nino aveva compiuto da poco trentacinque anni, viveva nel<strong>la</strong> sua <strong>famiglia</strong> di origine, unico maschio<br />

di una facoltosa <strong>famiglia</strong> napoletana con tre sorelle; non era ancora sposato quando decide di<br />

progettare e far costruire una sua casa, un’enorme vil<strong>la</strong> a tre piani sul<strong>la</strong> collina di Posillipo. Non<br />

avendo problemi economici, non bada a spese e sceglie con cura ogni partico<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> struttura, poi<br />

l’arreda non trascurando alcun elemento.<br />

T: (durante una seduta con <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> al completo rivolta all’architetto) “ Sono colpita dal fatto che<br />

per uno scapolo lei progettasse una casa così grande e sontuosa. Cosa pensava di farsene di tutte<br />

quelle stanze?”<br />

N: “ Non pensavo che l’avrei abitate da solo. Fin dal primo momento l’ho immaginata per <strong>la</strong> mia<br />

futura <strong>famiglia</strong>. Ho suddiviso lo spazio in modo funzionale, per degli eventuali bambini, cercando<br />

di creare una casa prima di tutto confortevole, (rivolto agli altri). Loro dovrebbero dire se ci sono<br />

riuscito”.<br />

Sicchè questa <strong>famiglia</strong> viene in un certo senso progettata assieme al<strong>la</strong> futura abitazione, ma a<br />

differenza di quest’ultima che era presente in tutta <strong>la</strong> sua concretezza, l’altra, <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>, prendeva<br />

forma e vita solo in modo fantasmatico.<br />

Nel<strong>la</strong> testa del progettista, dunque, e vedremo come solo nel<strong>la</strong> sua, casa e <strong>famiglia</strong> sono unite<br />

assieme indissolubilmente anzi ancor di più l’una abita l’altra in un confusivo gioco di<br />

sovrapposizioni.<br />

Terapeuta rivolta al<strong>la</strong> moglie: “ Ricorda le prime impressioni di questa casa? Quando l’ha vista <strong>la</strong><br />

prima volta? “Soltanto dopo il matrimonio, <strong>la</strong> trovai indubbiamente bel<strong>la</strong>, ma.... come dire, ebbi una<br />

sensazione strana, non piacevole, anzi angosciante..., non l’ho amata. Per molti anni, più di dieci,<br />

2


non sono riuscita a fare neanche una picco<strong>la</strong> modifica, spostare un lume, un soprammobile. Adesso<br />

va meglio, sono riuscita ad avere un angolo tutto mio”.<br />

L’architetto quando ebbe finita <strong>la</strong> sua opera decise che era tempo di prendere moglie, durente un<br />

viaggio di <strong>la</strong>voro in Germania conosce una ragazza di bell’aspetto, alta e bionda che chiameremo<br />

Ute, unica figlia femmina di una facoltosa <strong>famiglia</strong> tedesca con tre fratelli maschi. Si sposano poco<br />

dopo ed hanno tre figli in ordine cronologico: Sergio ventiquattro anni, Giulia ventidue, Fabio venti.<br />

Giulia durante una seduta con l’intera <strong>famiglia</strong>: “Ora ho bisogno di par<strong>la</strong>re io. Loro, dottoressa, con<br />

il loro comportamento mi creano difficoltà, non mi <strong>la</strong>sciano i miei spazi, mi sento mancare l’aria”.<br />

T.: “ Puoi fare un esempio sul loro comportamento? Non capisco perchè quando dici loro ti riferisci<br />

al<strong>la</strong> tua <strong>famiglia</strong> per intero. Possibile che non ci siano differenze?”<br />

P.: “ A tavo<strong>la</strong> per esempio, quando siamo a tavo<strong>la</strong> non posso deglutire. Tutta <strong>la</strong> stanza da pranzo è<br />

contaminata dal tavolo al salotto. Spesso cerco di andare a mangiare in qualche posto tranquillo e<br />

per un pò funziona, ma Fabio sembra che lo faccia apposta dottoressa, quando mi vede bel<strong>la</strong><br />

tranquil<strong>la</strong> viene ed invade il mio territorio, contamina anche quello.”<br />

Giulia nel suo disagio viveva una strana assimi<strong>la</strong>zione tra <strong>la</strong> casa ed i suoi abitanti, tra il desiderio di<br />

perfezione del padre ed il rifiuto, l’antipatia per quel<strong>la</strong> casa, mai agita dal<strong>la</strong> madre.<br />

T.: “ Sicchè le zone contaminate del<strong>la</strong> casa cambiano nel tempo? Voglio dire c’è <strong>la</strong> possibilità che<br />

una stanza contaminata in seguito si possa decontaminare?”<br />

P.: (Riflette attentamente) “Si, ma ci sono stanze come le stanze da letto, soprattutto quel<strong>la</strong> di<br />

mamma, ma anche quel<strong>la</strong> di Fabio, che non è possibile ripulire. Quindi tutto il 3° piano mi dà<br />

problemi.”<br />

T.: “Scusa e <strong>la</strong> stanza di papà?”<br />

G.: (guardando <strong>la</strong> madre) “Non è al terzo piano, lui dorme al primo piano.”<br />

T.: “ Sei brava col disegno? Puoi disegnarmi su questo grande foglio come senti <strong>la</strong> situazione<br />

adesso piano per piano? Potresti contrassegnare col rosso le zone più contaminate?”<br />

Aveva un atteggiamento di disapprovazione, Ute, <strong>la</strong> madre di Giulia, durante <strong>la</strong> seduta. Tutte le<br />

volte che si <strong>la</strong>vorava sulle tematiche deliranti era invasa dal<strong>la</strong> paura. Aveva spesso verbalmente<br />

espresso <strong>la</strong> sua perplessità sul fatto che <strong>la</strong> terapia sembrava favorire queste idee strampa<strong>la</strong>te del<strong>la</strong><br />

figlia o per lo meno non ostaco<strong>la</strong>rle, mentre lei “recitava” una sorta di fiducia che spiegando<br />

razionalmente quegli assurdi, Giulia potesse ritrovare <strong>la</strong> ragione.<br />

La richiesta “c<strong>la</strong>ndestina” di terapia individuale, dunque, era stata ridefinita in un <strong>la</strong>voro con l’intera<br />

<strong>famiglia</strong>, pur rassicurando Giulia che <strong>la</strong> terapeuta sarebbe stata disponibile ad incontrar<strong>la</strong> da so<strong>la</strong>, a<br />

seguire e sostenere i suoi sforzi, nel momento in cui il <strong>la</strong>voro che stavano svolgendo con <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong><br />

avesse restituito maggiore autonomia ad entrambe.<br />

Intanto <strong>la</strong> terapia trovava nell’atteggiamento del<strong>la</strong> coppia gli ostacoli maggiori.<br />

Fortemente decisi a non incrinare il loro “non equilibrio” nè a mettere in discussione i precedenti<br />

accordi, i genitori cercavano come unico terreno di confronto e di scontro <strong>la</strong> figlia, ma anche qui più<br />

che a un vero scontro si assisteva ad una rassegnata rappresentazione di un vecchio copione.<br />

non sembravano concordare su nul<strong>la</strong>, dalle regole comportamentali al<strong>la</strong> strada terapeutica da<br />

percorrere.<br />

Avevano consultato molti terapeuti in cerca apparentemente di aiuto. Nino aveva delegato a Ute<br />

ogni decisione che riguardasse <strong>la</strong> terapia e questa, rivendicando una competenza acquisita, spesso<br />

disapprovava, e più spesso bocciava i diversi approcci e le diverse impostazioni.<br />

Nino non esprimeva volentieri <strong>la</strong> sua opinione ed anche se sollecitato stentava a prendere posizione,<br />

tranne poi agire a casa, con Giulia, comportamenti opposti al<strong>la</strong> linea terapeutica concordata.<br />

La loro attuale re<strong>la</strong>zione non poteva non risentire del<strong>la</strong> loro vicenda matrimoniale. Dopo poco più di<br />

un anno, infatti, il loro matrimonio era già fortemente in crisi. Lui <strong>la</strong>mentava un freddo distacco<br />

del<strong>la</strong> moglie di tipica marca nordica, lei giustificava <strong>la</strong> sua distanza a causa dei c<strong>la</strong>morosi<br />

tradimenti di lui con altre donne che non si preoccupava neanche di nascondere. Il ruolo di genitori,<br />

dopo <strong>la</strong> nascita dei figli non sarà sufficiente a interrompere l’altalena di vendette reciproche attuate<br />

3


utilizzando tutto quanto li circondava: soldi, viaggi, amici, amantio, figli, domestici. Arrivano a<br />

maturare una separazione legale, ma continuano a coabitare in questa casa costruita da sempre con<br />

l’obiettivo di mantenere <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> unita.<br />

Giulia si inserisce in questa realtà, con ruoli e funzioni precisi. Molto presto, a meno di dieci anni è<br />

confidente e “terapeuta” del<strong>la</strong> mamma, confortando<strong>la</strong> nelle sue notti di <strong>la</strong>crime, a tredici ha un<br />

repentino cambiamento di carattere: da dolce e remissiva diventa chiusa ed aggressiva, questo<br />

periodo coincide con un evento significativo, <strong>la</strong> madre inizia una re<strong>la</strong>zione stabile con un uomo. A<br />

quattordici ha il primo esordio psicotico, aggredisce con un coltello entrambi i genitori e fugge di<br />

casa, riferendo al vicino commissariato di essere stata violentata dal padre.<br />

A sedici diventa <strong>la</strong> migliore amica e confidente di Marta che ormai ha una re<strong>la</strong>zione stabile con il<br />

padre, utilizzando<strong>la</strong> ed essendo a sua volta utilizzata in una guerra ferocissima contro <strong>la</strong> madre.<br />

La guerra all’interno del<strong>la</strong> splendida casa, invece, coinvolgeva tutti gli abitanti senza eccezione<br />

neanche per i domestici, anzi proprio su questi, una ragazza straniera di venticinque anni ed un<br />

uomo italiano di circa quarantacinque, confluivano parte delle tensioni familiari.<br />

Giulia da anni individuava in Antonio, il cameriere, una persona a lei ostile col potere di<br />

contaminare l’ambiente. Vedremo in seguito come Giulia abbia trasportato su questa figura<br />

maschile molte istanze conflittuali del<strong>la</strong> sua re<strong>la</strong>zione col padre.<br />

Ivette, <strong>la</strong> domestica, invece era invisa al<strong>la</strong> madre, poichè si alleava con Giulia, assecondando<strong>la</strong> in<br />

tutte le sue ossessive richieste di <strong>la</strong>vare e disinfettare ogni cosa.<br />

Tutto era permesso in questa guerra domestica, tutto tranne una mossa: abbandonare il campo di<br />

battaglia.<br />

La <strong>famiglia</strong> doveva restare compatta.<br />

T.: (rivolta al<strong>la</strong> coppia) “Nessuno dei due ha mai neanche soltanto fantasticato di allontanarsi? Di<br />

cambiare casa?”<br />

Ute: “Io certamente. Ho anche provato, ma non mi è stato possibile. I ragazzi non volevano <strong>la</strong>sciare<br />

<strong>la</strong> casa del padre, sarebbero rimasti con lui ed io non volevo <strong>la</strong>sciare loro.”<br />

La casa, dunque, li teneva uniti e prigionieri e, apparentemente non sembravano esserci soluzioni<br />

possibili.<br />

A volte i figli avevano proposto ai genitori di cercare casa altrove e di <strong>la</strong>sciare quel<strong>la</strong> abitazione per<br />

loro.<br />

Solo Giulia sembrava nutrire un desiderio di andare via, spesso fuggiva o vagabondava in città<br />

senza meta o chiedeva con insistenza di essere iscritta in qualche collegio lontano da Napoli.<br />

Dai sedici ai diciotto anni le crisi diventano così frequenti che viene ricoverata in una clinica di<br />

Lugano dove una terapia farmacologica l’aiuta a riprendersi. A tutt’oggi assume farmaci control<strong>la</strong>ta<br />

dagli stessi medici.<br />

Dal<strong>la</strong> psicoterapia con <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> sono emersi elementi sufficienti per ipotizzare ciò che <strong>la</strong> Selvini<br />

definisce un “illecito” transgenerazionale.<br />

Le arti seduttive del padre che conquistava spesso le sue donne irretendole con <strong>la</strong> disponibilità di<br />

denaro, comportamento questo tanto spesso confuso con <strong>la</strong> generosità, avevano coinvolto anche<br />

Giulia. Fin da picco<strong>la</strong>, infatti, poteva disporre di grandi somme di denaro e via via crescendo era il<br />

padre che provvedeva alle sue richieste, come costosi viaggi o capi di vestiario dell’alta moda.<br />

Gli oggetti a cui teneva di più, ed in partico<strong>la</strong>re modo i vestiti, vengono progressivamente coinvolti<br />

nell’organizzazione delirante del pensiero. Abiti appena comprati non potevano più essere indossati<br />

perchè contaminati dagli armadi di casa. Gioielli e oggetti di valore dovevano essere messi da parte.<br />

In questo vano tentativo di purificarsi, di espiare e far esapiare, l’intera abitazione progettata dal<br />

padre con tanta dediszione era diventato un luogo angusto e soffocante da cui non riusciva ad<br />

uscire.<br />

Spesso, come abbiamo già detto, Giulia adoperando una trasposizione, attribuiva al cameriere<br />

intenzioni e comportamenti seduttivi nei suoi confronti. E’ interessante notare come durtante il<br />

4


<strong>la</strong>voro di psicoterapia, questo contenuto ideativo, che pur era stato presente per molti anni,<br />

scompare del tutto, <strong>la</strong>sciando posto ad una maggiore consapevolezza del comportamento paterno.<br />

G.: “Credo proprio che mio padre abbia una nuova donna, io mi accorgo subito quando lui inizia<br />

una nuova storia. Ormai aono anni che si comporta sempre allo stesso modo. Inizialmente è<br />

contento come un ragazzino.”<br />

Nel variegato e complesso universo dei problemi che caratterizzano le famiglie con un membro<br />

psicotico il terapeuta deve poter conservare una stabilità di obiettivi.<br />

Nel nostro caso è stato di fondamentale importanza condurre i genitori ad una visione realistica<br />

del<strong>la</strong> condizione del<strong>la</strong> figlia, poichè inizialmente oscil<strong>la</strong>vano tra una posizione di negazione più<br />

assoluta ad una di massimo sconforto. Nel primo caso diventa prioritario che Giulia mantenesse un<br />

ritmo di vita quanto più normale possibile, sostenendo il suo impegno universitario, nel secondo,<br />

nessun miglioramento di Giulia sembrava potesse risollevarli e davano spazio alle loro fantasie più<br />

catastrofiche immaginando peggioramenti negli anni futuri fino al<strong>la</strong> perdita completa<br />

dell’autonomia. Ciascuna di queste posizioni se perpetuata portava al sabotaggio di qualsiasi<br />

progetto terapeutico minimamente realizzabile.<br />

Altro importante obiettivo di tutto il processo è stato sventare le triango<strong>la</strong>zioni messe in atto da tutti<br />

i membri del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> che a tale scopo utilizzavano i meccanismi a cui erano maggiormente<br />

avezzi:<br />

non definirsi mai ed avere sempre un’alternativa pronta, una porta da cui uscire: due uomini, due<br />

donne, due terapeuti, due madri, due domestici.<br />

Successiva finalità è stata quel<strong>la</strong> di immaginare Giulia sempre più partecipe e protagonista del<br />

progetto terapeutico visto che nel tempo si era guadagnata il suo tanto sospirato supporto<br />

psicoterapico individuale.<br />

E’ stato deciso che <strong>la</strong> terapia individuale fosse effettuata dallo stesso terapeuta del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> visto<br />

l’alto livello di manipo<strong>la</strong>zione dei membri del sistema.<br />

Tema centrale del <strong>la</strong>voro è stato l’abitare, <strong>la</strong> ricerca di un luogo dove poter raccogliere le proprie<br />

parti sofferenti senza sentirsi incalzati da minacciose presenze ed essere costretti a riprendere <strong>la</strong><br />

fuga. Si è esplorato molto lentamente, con caute<strong>la</strong> <strong>la</strong> concreta possibilità di vivere altrove, ma<br />

certamente non è semplice infrangere una rego<strong>la</strong> così pregnante per <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> e che nessun<br />

membro fino ad oggi è riuscito neanche soltanto ad intaccare.<br />

Poter mantenere costanza e fermezza degli obiettivi terapeutici con sistemi di simile struttura<br />

rimanda al<strong>la</strong> stabilità emozionale del terapeuta. Come sostenere l’onere, l’alto grado di<br />

responsabilità e le frequenti pressioni che necessariamente comporta il <strong>la</strong>voro psicoterapeutico?<br />

Una risposta, abbiamo detto, <strong>la</strong> dopbbiamo necessariamente cercare nell’équipe terapeutica, in quel<br />

sottile <strong>la</strong>voro di “filo da terra” capace di garantire <strong>la</strong> via del ritorno quando il percorso con <strong>la</strong><br />

<strong>famiglia</strong> psicotica ci spinge oltre il nostro abituale livello di guardia.<br />

Altre risposte il terapeuta coinvolto in prima persona nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione le troverà via via disseminate<br />

lungo il percorso terapeutico; starà a lui cogliere e conservare come bene prezioso quelle che sente<br />

potranno sostenerlo nelle difficoltà.<br />

Il “maleficio” di Giulia che tutto inesorabilmente contaminava, precludendole ogni spazio, si<br />

arrestava sul<strong>la</strong> soglia del nostro Istituto. L’intero appartamento, <strong>la</strong> stanza di terapia e <strong>la</strong> mia stessa<br />

persona erano preservati, nessuno poteva contaminarmi. Giulia si dava e mi dava una possibilità e<br />

coraggiosamente <strong>la</strong> difendeva. Potevamo abitare uno spazio insieme ai componenti del<strong>la</strong> sua<br />

<strong>famiglia</strong> senza subire minacce.<br />

Le famiglie psicotiche consolidano nel tempo una modalità re<strong>la</strong>zionale che si configura in<br />

costel<strong>la</strong>zioni triango<strong>la</strong>ri fortemente rigide e d’intensa colorazione emotiva, spesso in questo<br />

percorso <strong>la</strong> colorazione sperimentata è stata quel<strong>la</strong> dell’angoscia, ma siamo lentamente giunti ad<br />

esplorare costel<strong>la</strong>zioni che pur restando triango<strong>la</strong>ri avevano toni emozionali certamente meno cupi,<br />

fino a poter sperimentare un gioco del “Sì, ma” arioso e divertente.<br />

5


G.: “Vorrei qualcosa di suo da portare a Lugano adesso che salgo per il controllo, anche una<br />

sciocchezza. Le dispiace?”<br />

T.: “Mi stai chiedendo un regalo o un portafortuna? Nel primo caso è più facile accontentarti, nel<br />

secondo, invece, dovrei documentarmi su quali talismani funzionano meglio.”<br />

G.: “Ma no, volevo solo una cosina qualsiasi che mi ricordi di lei e mi faccia sentire meno so<strong>la</strong><br />

quando sarò con i medici svizzeri, per me lei è una persona importante.”<br />

Giulia dissew tutto questo con <strong>la</strong> solita voce metallica, fredda ed inespressiva e con <strong>la</strong> solita<br />

scoraggiante incongruità tra il livello analogico ed il contenuto verbale così pregnante.<br />

T.: “Ci penserò e ti prometto che rischierò di farti un regalino, rischierò perchè sono certa che non<br />

mi diresti mai cosa ti hanno rega<strong>la</strong>to i medici svizzeri quando hai fatto loro <strong>la</strong> stessa richiesta prima<br />

di ritornare in Italia.”<br />

Bibliografia<br />

Arieti S. Interpretazioni del<strong>la</strong> schizofrenia, Feltrinelli, Mi<strong>la</strong>no, 1963<br />

Bowen M., Il processo di proiezione d’immaturità nel<strong>la</strong> formazione di un sistema schizofrenico, Terapia Familiare n°3,<br />

1978<br />

Branciardi M. etal., La costruzione del sistema terapeutico nel trattamento del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> con paziente psicotico,<br />

Terapia Familiare n° 30, 1989<br />

Minuchin S. Famiglie e terapia del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>, Astro<strong>la</strong>bio, Roma, 1976<br />

Resmik S., L’esperienza psicotica, Boringhieri, Torino, 1986<br />

Selvini Pa<strong>la</strong>zzoli M. et al., Paradosso e contraparadosso, Feltrinelli, Mi<strong>la</strong>no, 1975<br />

Selvini Pa<strong>la</strong>zzoli M., Terapia del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> a transazione schizofrenica. Il controllo terapeutico del sovra-sistema<br />

<strong>famiglia</strong>-terapista, Terapia Familiare, n° 15, 1984<br />

Selvini Pa<strong>la</strong>zzoli M. et al., Giochi psicotici nel<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>, Cortina Ed., Mi<strong>la</strong>no 1988<br />

Selvini M., Psicosi e misconoscimento del<strong>la</strong> realtà, Terapia Familiare, n° 41, 1993<br />

Stierlin M., I disturbi psicosociali del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>, Boringhieri, Torino, 1981<br />

Stierlin M. Un confronto tra le dinamiche familiari in casi di psicosi e di gravi disturbi psicosomatici, Terapia<br />

Familiare n° 15, 1984<br />

Whitaker C., Napier, Il crogiolo del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>, Astro<strong>la</strong>bio, Roma, 1981<br />

6

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!