Dendritic Laminar Assemblies
Thesis project by Filippo Magnani - advisor: Alessio Erioli - Thesis project done @ Università di Bologna - 2018
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DENDRITIC LAMINAR
ASSEMBLIES
Application of structurally driven Diffusion Limited
Aggregation (DLA) process for the generation of
articulated architectural assemblages made of single
type fiber composite discrete units
Tesi di Laurea in Architettura e Composizione Architettonica
Corso di Ingegneria Edile-Architettura
Scuola di Ingegneria e Architettura
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
a.a. 2017/2018
Relatore: Prof. Alessio Erioli
Filippo Magnani
Luglio 2018
. INDICE
00. ABSTRACT
01. INTRODUZIONE
. biologia e architettura
. computing in architecture
02. FONDAMENTI TEORICI
. morfogenesi e algoritmi generativi
. emergenza e auto-organizzazione
. ridondanza e simulazione
03. DIFFUSION-LIMITED
AGGREGATION
. sistemi complessi
. generalità e regole interne
04. PROCESSO DIGITALE
. caratteri generali
. comportamenti interni
. input esterni
. parametri di auto-organizzazione
05. RICERCA TETTONICA
06. UNITA’ DISCRETE
.processi diffusivi
. digital materials
. modellazione elementi lamellari
. fabbricazione prototipo costruttivo
07. SPECULAZIONE
ARCHITETTONICA
. crescita diffusiva volumetrica
08. CONCLUSIONI
09. BILIOGRAFIA
10. RINGRAZIAMENTI
5
00. ABSTRACT
DENDRITIC LAMINAR AGGREGATION
Con questa tesi si indagano le possibilità di applicazione
di algoritmi morfogenetici per la generazione
di sistemi complessi applicati all’ambito architettonico.
Più nel dettaglio, l’obiettivo di tale
ricerca è quello di valutare le potenzialità architettoniche
derivanti dall’utilizzo dell’algoritmo della
Diffusion-Limited Aggregation (DLA), con il conseguente
sviluppo di un sistema tettonico e costruttivo
basato sulle relazioni intra-sistemiche analizzate.
Seguendo la logica alla base dell’algoritmo sopra descritto,
le componenti del sistema sono ottenute partendo
da un’aggregazione di elementi a basso livello
di complessità comportamentale, informate da vincoli
esterni e relazioni tra le parti che ne permettono un’organizzazione
basata su logiche interne e regole locali.
Il sistema ottenuto è ispirato a comportamenti di
crescita e organizzazione proprie del campo biologico
che trovano una diretta applicazione in entrambe
le fasi di design e fabbricazione dell’oggetto
architettonico, caratterizzato da un elevato
grado di ridondanza strutturale e di differenziazione
aggregativa degli elementi che lo compongono.
7
.ABSTRACT
Prendendo spunto dai recenti studi sui sistemi discreti,
è stata ricercata una sequenza logico-costruttiva in
grado di integrare la fase di progettazione con quella
di fabbricazione, sviluppando specifiche strategie di
simulazione digitale volte a integrare le esigenze progettuali
con le caratteristiche estetiche associate all’involucro
architettonico e ai suoi elementi compositivi.
Estendendo la simulazione utilizzata alla logica fabbricativa,
si è proceduto a dotare localmente ogni
elemento del sistema di una configurazione spaziale
discreta, modellata e assemblata valutando la logica
propria del processo generativo studiato e i vincoli
realizzativi propri dei materiali fibrocompositi.
L’aggregazione che ne risulta, realizzata tramite
la creazione di elementi lamellari in fibra di carbonio,
è capace di generare forme di elevata complessità
partendo da componenti dotate di un basso
grado di variazione formale e finite possibilità di
8
.ABSTRACT
assemblaggio. Le caratteristiche di ridondanza proprie
della simulazione diventano quindi il mezzo
per la realizzazione di una tettonica che rappresenta
al contempo struttura e ornamento dell’involucro.
1. Sopra: vista dall’alto di un
reticolo idrografico relativo ad
un bacino fluviale. Evidente la
generazione di un pattern ramificato
di origine frattale.
Considerando il sistema fabbricativo proposto nelle
sue caratteristiche e limiti, ne sono state esplorate le
potenzialità e valutate le relative criticità. In sviluppi
futuri si potrà intervenire sul processo generativo esposto
per migliorarne l’efficienza o per integrarlo con
modalità di automatizzazione del processo costruttivo.
9
01. INTRODUZIONE
BIOLOGIA E ARCHITETTURA
“The perfection and variety of natural forms is the result of the
relentless experimentation of evolution. By means of profligate
prototyping and ruthless rejection of flawed experiments, nature
has evolved a rich biodiversity of interdependent species of
plants and animals that are in metabolic balance with their
environment.”
J. Frazer – “An Evolutionary Architecture”
1. A lato: Micrografia elettronica
a scansione raffigurante la
rete sinusoidale in un fegato di
topo. Evidente l’organizzazione
strutturale e diffusiva che
ne regola la struttura di base.
La natura come fonte d’ispirazione per l’arte non è
un concetto nuovo: da svariati anni ed in ogni ambito
creativo si ricerca un motore generativo, un’idea, un
concetto all’interno di ciò che ci circonda. In modo
superficiale si tende spesso a ricercare una similitudine
formale che motivi determinate scelte, pratica
assai diffusa in ambito ingegneristico/architettonico,
fermandosi quindi alla superficie di ciò che la
natura ha da offrire. Si è riscontrato come molti dei
processi regolatori posti alla base di fenomeni biologici,
se adeguatamente interpretati e implementati,
portano ad un miglioramento di performance all’interno
di processi progettuali sotto vari e differenti
aspetti legati al campo architettonico-ingegneristico.
Già dagli anni ’70, tramite gli scritti di Frei Otto,
si iniziava ad evidenziare come il legame tra architettura
e biologia fosse in realtà sempre stato presente
e ben visibile agli occhi di tutti, non limitandosi
solamente al legame estetico di tale binomio,
ma bensì sotto il profilo concettuale-filosofico.
“Costruzione significa ciò che è stato composto, formato.
Tutti gli oggetti materiali sono costruzioni
costruite da parti ed elementi più piccoli. […] A rigore
tutti gli oggetti materiali sono costruzioni della
natura: sono i processi a causare le costruzioni, cioè
il combinarsi insieme delle cose; e sono di nuovo i
11
.INTRODUZIONE
processi a produrre mutazioni e riduzioni. […] La
tendenza ad intendere la natura come un’invenzione
tecnica, a cui si deve solo chiedere, ha esaurito
il proprio corso. Il chiaro riconoscimento di tutti
i componenti del gruppo era ed è questo: la natura
vivente non si rivela a chi la studia con l’unico scopo
di sfruttarla; si manifesta invece a chi ne indaga
le cause e gli effetti senza deliberate intenzioni.”
Ad oggi, grazie alle conoscenze ed agli strumenti accumulati,
siamo in grado di riscontrare in modo concreto
tali affermazioni e comprendere al meglio ciò
che Frei Otto aveva teorizzato, e in parte constatato,
durante la stesura dei suoi scritti. Il focus non è più
sull’apparenza estetica di quanto ci circonda, ma bensì
sulle interazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente.
Risulta quindi fuorviante valutare l’adattamento
di certi organismi come un fenomeno lineare
e legato all’influenza di singoli individui, trattandosi
in realtà di un risultato dovuto alle iterazioni reciproche
tra una popolazione di elementi e l’ambiente
circostante, all’interno di un sistema di feedback
costante agente su tutte le parti che lo compongono.
Considerando ad esempio i processi morfogenetici,
che determinano lo sviluppo e la crescita dei sistemi
biologici, essi sono governati dal principio di
minimo utilizzo delle risorse nella ricerca di un’ottimizzazione
formale. Questo elevato livello di efficienza
raggiunto dai sistemi biologici per quanto
12
.INTRODUZIONE
2. Pagina a fianco: vista della
struttura scheletrica del cactus
essicata. La forma di tale agglomerato
è legata ad una circolazione
ottimale delle risorse
idriche interne.
3. Sopra: ICD/ITKE Research
Pavillion 2013/14. Studio della
sezione del guscio di coleotteri
applicato alla realizzazione e
fabbricazione dii un padiglione
espositivo.
riguarda l’ottimizzazione formale a fronte della riduzione
degli scarti risulta di diretta applicazione
per quanto concerne la produzione architettonica.
Possiamo quindi riassumere affermando come l’architettura
possa letteralmente considerarsi parte della
natura, sia valutando l’intervento umano nell’ambiente
come parte della totalità dell’ecosistema, sia
per il fatto che natura e uomo condividano le stesse
risorse per i propri fini costruttivi. Quello che viene
da noi descritto come concept architettonico altro
non è che una forma analoga al codice genetico utilizzato
dalla natura a fini regolativi, al quale occorre
approcciarsi utilizzando una visione differente da
quella analogica, spesso adottata nella vasta maggioranza
degli interventi costruttivi contemporanei,
e volgendo la propria attenzione sugli aspetti di efficienza
processuale incorporati nei sistemi biologici.
13
01. INTRODUZIONE
COMPUTING IN ARCHITECTURE
“Under the former dominion of geometry, what was not measurable
in a drawing was not buildable. Now all that is digitally
designed is, by definition and from the start, measured, hence
geometrically defined and buildable.”
M. Carpo, The Alphabeth and The Algorithm
1. Pagina a fianco: “Fibrous
Tower 2”, Kokkugia. Esplorazione
di ordini ornamentali,
strutturali e spaziali attraverso
una metodologia di progettazione
algoritmica basata su
agenti.
L’utilizzo del calcolatore in ambito architettonico,
pratica oramai largamente diffusa da alcuni decenni
all’interno del processo architettonico, e la sua capacità
di gestire un’elevata mole di dati che ne regolano
il processo, ha permesso uno “shift” nella fruizione
dello stesso da mero oggetto di supporto al disegno a
vero e proprio motore strumentale della progettazione.
La maggior parte dei pacchetti software usati oggi nella
pratica architettonica sono applicazioni per la definizione
della forma. A seguito della distinzione tra
costruttore e progettista, espressione di quella che lo
scrittore Mario Carpo definisce come “Albertian, allographic
way of building”, le tecniche di rappresentazione
sono state impiegate dai progettisti come un
mezzo di progettazione, rappresentazione e istruzione
per la costruzione. Con una forte enfasi sul carattere
figurativo delle tecniche utilizzate, questi pacchetti
software si limitano alla definizione di elementi tettonici
attraverso una geometria esplicita e ben definite
misurazioni metriche; essi possono solo assegnare, ma
non integrare le proprietà e le logiche dei materiali,
della struttura e della forma che si intende realizzare.
A differenza di quanto riportato precedentemente, i
processi di progettazione basati sull’ambito computazionale
offrono opportunità molto più sinergiche per
15
.INTRODUZIONE
l’integrazione dei processi di formazione e materializzazione;
la modellazione computazionale rende difatti
possibile un approccio integrato multi-livello tra la
definizione di sistemi costruttivi, caratteristiche materiche
e logiche fabbricative, al fine di informare il processo
di design in modo parallelo e simultaneo. Tramite
un insieme di vincoli e regole il progettista procede
ad informare il sistema, definendo così una base progettuale
e aumentando il numero di possibilità di dettaglio
raggiungibili, dotando ogni parte del sistema di
comportamenti autonomi che, nel loro insieme e valutando
la sua estensione spaziale, produrranno effetti
globali non codificati o, per meglio dire, “emergenti”.
Altra importante nozione a cui occorre fare riferimento
è il legame intrinseco tra lo strumento di progettazione
scelto e il processo architettonico che ne consegue.
L’utilizzo, ad esempio, di uno strumento di tipo CAD
tradizionale condurrà la fase di progettazione verso un
ambito maggiormente decisionale, imponendo vincoli
sulle tipologie geometriche e sulle trasformazioni utilizzate,
relegando quindi la creatività del progettista
nella corretta transizione tra elementi ad accezione ornamentale
e strutturale; l’aspetto formale/geometrico
del progetto risulterà quindi preponderante rispetto a
quello materico/realizzativo, relegando questa seconda
fase ad un mero completamento della precedente.
Al contrario, concentrando la potenza computazio-
16
.INTRODUZIONE
2. Pagina a fianco: “The Sequential
Wall”, Gramazio/
Kohler Research. Uso correlato
robot e controllo computazionale
per l’assemblaggio di
una parete a mattoni.
3. Sopra: “Spacestream”,
D.Widrig, RC6 Bartlett School
of Architecture. Esempio applicativo
di design computazionale
per la realizzazione di
unelemento architettonico in
componenti in acciaio.
Sotto: dettaglio della fase di
formatura e saldatura degli elementi
tubolari in accioio.
nale attualmente raggiungibile in modo differente, risulta
oggi possibile concepire un processo di design
basato su un feedback continuo tra le differenti parti
del processo architettonico, informando al contempo
ogni componente dello stesso e mantenendole in
stretta correlazione. Questo porterà a smettere di valutare
la progettazione dell’involucro architettonico
come una mera sommatoria di fasi in sequenza, portando
invece ad una visione della stessa come di un
insieme composto da parti in continua comunicazione
e relazione tra loro, assimilabile per vari aspetti
(come vedremo in seguito) ad un sistema biologico.
17
02. FONDAMENTI
TEORICI
MORFOGENESI E ALGORITMI GENERATIVI
“[…] all classical processes, whether optical, gravitational or
mechanical, could be modelled using a single least principle:
the tendency of material processes to minimize the difference
between kinetic and potential energy. In terms of economy of
means, this unification of all classical physics under a single
principle was indeed a highly elegant solution.”
M. De Landa, Material Elegance
1. Pagina a fianco: Supercomputing
(GPGPU), Daniel
Bolojan. Simulazioni e
esplorazioni sperimentali
di comportamenti stigmergici
di agenti digitali (realizzato
con Java+JCuda).
La simulazione computazionale dei processi evolutivi
è già una tecnica consolidata per lo studio delle dinamiche
biologiche. Si può rilasciare in un ambiente
digitale una popolazione di piante o animali virtuali
e tenere traccia del modo in cui queste creature cambiano
mentre si accoppiano e passano i loro materiali
genetici virtuali alla loro prole. La vera “sfida” sta nel
definire la relazione tra i geni ed i tratti corporei virtuali
che essi generano, tutto il resto - traccia di chi si
accoppia con chi, assegnando valori di fitness a ogni
nuova forma, determinando come un gene si diffonde
attraverso una popolazione su più generazioni - è un
compito eseguito automaticamente da alcuni software
noti collettivamente come “algoritmi genetici”.
Lo studio delle proprietà formali e funzionali di questo
tipo di software è ormai diventato un campo a sé,
completamente separato dalle applicazioni in campo
biologico che tali simulazioni potrebbero avere; la loro
comprensione è finalizzata all’elaborazione di strategie
di risposta del sistema in relazione alle sue parti costituenti
ed alle condizioni ambientali esterne, che si concretizzano
in un elevato livello di reciproca informazione
tra le logiche formali, materiche e fabbricative.
19
.FONDAMENTI TEORICI
L’intuizione secondo la quale la forma in natura
è sempre il prodotto dell’interrelazione
di materiale, forma, struttura e ambiente, è di
fondamentale importanza per l’approccio alla progettazione
e alla ricerca computazionale qui presentato.
Definendo infatti la morfogenesi naturale come
il processo di sviluppo e crescita evolutiva volta
a ricavare sistemi complessi dall’interazione
di capacità materiali intrinseche al sistema e influenze
esterne, risulta immediato notare la somiglianza
con quanto esposto precedentemente in relazione
alle strategie computazionali generative.
2. In alto: simulazione di comportamenti
stigmergici e lettura
di field vettoriali. rappresentazione
con nuvola di punti.
3. Sotto: “Microstrata”, Bartlett
GAD/RC4.
Simulazione computazionale
del processo generativo al fine
di ottenere un modelllo voxelizzato
del deposito robotico.
La forma è quindi in continuo divenire, sempre basata
sulle possibilità e sui vincoli dell’effettiva materializzazione,
in quanto le sue proprietà e la portata
della fluttuazione delle sue variabili sono integrate
nei processi di calcolo generativo posti alla base del
processo di formazione; pertanto la determinazione
delle variabili di sistema non è finalizzata ad un
20
.FONDAMENTI TEORICI
4. In alto: “Beast”, Neri Oxman,
Mediated Matter Lab
MIT. Progetto per una poltrona
realizzata tramite prototipazione
3D multi-materiale. La
forma adattiva di tale oggetto è
ottenuta tramite uno studio delle
relazioni tra la performance
corporea dell’utilizzatore e il
pattern di rigidezza ottimizzato.
vero e proprio obiettivo che, nella maggior parte dei
casi, non può essere definito a priori, ma emerge dalla
progressiva differenziazione interna al sistema stesso,
in modo affine ai principi dell’evoluzione naturale.
Per essere in grado di applicare i suddetti algoritmi
genetici, un particolare campo dell’arte deve prima
risolvere il problema di come rappresentare il prodotto
finale (un dipinto, una canzone, un edificio)
in termini del processo che lo ha generato, e quindi,
come rappresentare questo processo stesso come una
sequenza di operazioni logica e ben definita. È questa
sequenza, o meglio, il codice del computer che
lo specifica, che diventa il “materiale genetico” del
dipinto, della canzone o dell’edificio in questione.
Come esposto nelle opere di Gilles Deleuze, l’uso
produttivo degli algoritmi genetici implica lo sviluppo
di tre forme di pensiero filosofico (pensiero
di popolazione, intensivo e topologico) come base
per una nuova concezione di genesi formale. Intrecciando
tali definizioni, emerge una visione dell’evoluzione
formale basata sul concetto che siano le
differenze topologiche e di proprietà intensive tra i
vari componenti della popolazione la matrice responsabile
di tale variazione di forma dell’individuo, da
non intendersi come una proprietà del singolo ma
bensì sviluppate su una moltitudine dello stesso.
21
.FONDAMENTI TEORICI
Tornando all’algoritmo genetico, se le strutture architettoniche
evolute devono godere dello stesso
grado di produttività combinatoria di quelle biologiche
devono anche iniziare con un diagramma
adeguato, un “edificio astratto”; ed è a questo punto
che il design va oltre la semplice riproduzione, con
diversi artisti che disegnano diversi schemi topologici
che portano la loro firma. Per quanto affascinante
possa essere l’idea di “allevare edifici” all’interno
di un computer, è chiaro che la semplice tecnologia
digitale senza un approccio basato su una visione
affine a quella esposta non sarà mai sufficiente al
fine di realizzare un processo di design esaustivo.
22
.FONDAMENTI TEORICI
5. In alto a sx: vista al microscopio
di una gemma della
pianta di cannabis.
Ben evidente l’organizzazione
cellulare integrata alla direzione
degli xilemi.
(fonte Wikipedia)
6. In alto: studio di pattern relativi
allle conchiglie.
Sulla sinistra vi sono imagini raffiguranti
vere conchiglie, sulla destra
dei pattern risultanti da simulazioni
di “cellular automata” (CA), le cui
regole fondamentali sono state teorizzate
dal matematico Alan Turing.
7. A lato:“Usnea australis”, comunemente
detto “barba di bosco“, è una
tipologia di lichene molto diffusa.
La forma di un lichene è in genere
determinata dall’organizzazione dei
filamenti fungini che lo compongono.
I tessuti non riproduttivi, o parti del
corpo vegetativo, sono chiamati il tallo.
Nell’esempio di cui sopra, il tallo
fruticoso genera la consueta forma
composta da rami tridimensionali a
sezione rotonda.
23
02. FONDAMENTI
TEORICI
EMERGENZA ED AUTO-ORGANIZZAZIONE
“[…] individuals have better ideas if they’re connected to rich,
diverse network of other individuals. If you put yourself in an
environment with lots of different perspectives, you yourself are
going to have better, sharper, more original ideas. And that is
not because the network is smart.”
S. Johnson, Emergence
1. Nella pagina a fianco: le
formiche rosse (weaver ants)
riescono ad organizzarsi tra
loro al fine di realizzare “opere”
che gli consentano, come
nel caso riportato, di superare
ostacoli. Tali comportamenti
sono detti emergenti, in quanto
guidati da un processo di
lettura delle tracce ferormoniche
scambiate tra le formiche
operaie.
Il concetto di emergenza, come viene definito dallo
scrittore J. Holland, può essere descritto come un
fenomeno pervasivo che si ritrova in diversi contesti
tra loro differenti, dalla natura ai modelli scientifici,
dai giochi da tavolo i software computazionali.
Prendendo come esempio il gioco degli scacchi, che
risulta basato su ridotto numero di regole, nuove
possibilità e strategie vengono regolarmente scoperte
da secoli di studi nel campo; oppure, parlando di
invenzioni più recenti, si è scoperto che un banco
di pesci resta compatto e evita gli ostacoli, modificando
la propria forma, basandosi su semplici relazioni
di vicinanza tra i componenti di tale gruppo.
Da questi esempi si evince la definizione di emergenza
vera e propria: il comportamento globale di
un sistema è molto più complesso, e talvolta totalmente
differente, rispetto a quello relativo alle parti
che lo compongono e non riconducibile ad esse.
Tali sistemi, definiti appunto “emergenti”, sono quindi
caratterizzati da differenti livelli di proprietà che non
possono, in generale, essere ridotte al livello inferiore;
riprendendo l’esempio del banco di pesci, le disposizioni
complesse che esso è in grado di assumere
25
.FONDAMENTI TEORICI
non sono legate a sistemi centralizzati (come nell’esempio
di una “mente collettiva”) o ad informazioni
complesse trasferite tra i suoi componenti, ma bensì
determinate da una serie di semplici regole scambiate
tra gli individui vicini che, non consapevoli di
cosa queste regole comportino, determinano variazioni
formali e determinate proprietà a livello globale.
Merita un approfondimento anche il concetto di auto-organizzazione,
ovvero quella proprietà associabile
ai sistemi di cambiare la propria organizzazione
senza un esplicito comando esterno, ma risultante da
una serie di comportamenti interni avvenuti durante
il suo svolgimento temporale. Questi comportamenti,
eseguiti unicamente sulla base di informazioni locali e
senza espliciti riferimenti globali, sono quindi riconducibili
a quanto esposto in precedenza e definibili come
“emergenti”. In sintesi, si parla di sistemi auto-organizzati
riferendosi alla loro proprietà di dare vita a
pattern o comportamenti che non sarebbero visibili
considerando singolarmente gli elementi componenti
del sistema, ma solo valutandolo nella sua interezza.
Valutare entrambe le definizioni riportate in ambito
progettuale significa rifiutare i modelli semplificativi
tipici del pensiero modernista, ricercando
principi organizzativi che tendano a
promuovere la comunicazione tra scale differenti,
istituendo un legame bilaterale tra il particolare e
il generale, capaci di influenzarsi reciprocamente.
2. In alto: vista di uno stormo
di uccelli come esemplificazione
dei “flocking system”, sulla
base dei quali sono teorizzati
vari sistemi multi-agente. Ogni
uccello compie semplici movimenti
basasti sul comportamento
dei sui vicini, ottenendo
un risultato globale (o, appunto,
“emergente”) di adattamento
di gruppo.
3. Nella pagina a fianco, in
alto: “Subway Systema Obey
Emergent”. Il design dei
sistemi di metropolitana nelle
grandi città si conforma a determinati
schemi indipendentemente
legati ai percorsi principali
degli utenti ed al principio
del percorso minore (“shortest
walk”). Il pattern in pianta che
ne consegue viene considerato
come un elemento emergente.
26
.FONDAMENTI TEORICI
4. In basso: “La connaisance
est un réseau“, Grandjean
Martin, 2014. Rappresentazione
grafica delle interazioni tra
utenti nella rete internet. Cicli
di feedback e rating permettono
un’auto-organizzazione del
web basata sul suo utilizzo da
parte degli stessi utenti.
Tuttavia, come riportato da Jesse Reiser, queste metodologie
permetteranno l’emergere di nuove organizzazioni
e effetti architettonici complessivi non riconducibili
alle sue componenti elementari, e quindi leggibili
solo se considerati nell’interezza del loro risultato complessivo.
More is different. Come vedremo successivamente,
tali nozioni in congiunto con quelle relative ai
sistemi complessi risultano come teorie fondanti della
Diffusion Limited Aggregation, processo alla base di
molti fenomeni naturali caratterizzato da proprietà sistemiche
emergenti auto-organizzative e stocastiche.
27
02. FONDAMENTI
TEORICI
RIDONDANZA E SIMULAZIONE
“When tied to information, pattern becomes the fundamental
quantity of the diagram. A system of differential repetition
becomes a means of handling a variety of material within the
same organization. Just a single hair is not sufficient to make a
hair-do, so too a single element in architecture will never reveal
the rich organizational possibilities inherent when greater
quantities come to play.”
Reiser + Umemoto, Atlas of Novel Tectonics
1. Nella pagina a fianco:
“Emergent patterns of paint
wrinkling”, Nervous System,
2015. Esempio di pattern naturali
emergenti, ottenuti dalla
ridondanza di semplici elementi
e regole ben presenti in
natura; nel dettaglio, pattern
proprio di lillà fioriti in vista al
microscopio.
La computazione, intesa come atto di processare
un’informazione in modo da renderla manipolabile
tramite operazioni matematiche, si fonda
sulla nozione di algoritmo che, semplificando,
può essere definito come una sequenza ordinata
e finita di istruzioni elementari indirizzate al raggiungimento
di un risultato in un tempo finito.
Svincolandosi dall’accezione puramente matematica
del termine, si può osservare come questa definizione
sia adatta per descrivere la moltitudine dei processi
naturali; l’insieme di queste relazioni risulta come la
struttura logica che attribuisce forma alle cose in natura,
il “codice naturale”, mentre i processi sopracitati
sono gli algoritmi su cui tale codice è basato. Le dinamiche
morfogenetiche, di cui si è parlato nei capitoli
precedenti, si possono quindi definire come processi
naturali basati su specifici algoritmi regolatori.
In termini ingegneristici, la ridondanza è definita
come l’esistenza di più mezzi per svolgere una determinata
funzione, disposti in modo tale che un guasto
di un sistema possa verificarsi solo in conseguenza
del guasto contemporaneo di tutti questi mezzi. In
sintesi, tale definizione è espressione del concetto
29
.FONDAMENTI TEORICI
secondo il quale la ripetizione all’interno di un sistema
di una serie di informazioni o elementi porta ad
un aumento dell’affidabilità dello stesso. In aggiunta
a tale incremento, è facile collegare questa definizione
a quanto esposto in precedenza a riguardo dei
sistemi con proprietà emergenti, in quanto è proprio
la ripetizione di semplici scambi di informazioni tra
le parti costituenti del sistema a permettere la definizione
di un nuovo comportamento globale risultante.
A questo punto è doveroso ricordare che l’introduzione
di tali ridondanze tenderà ad aumentare il grado
di complicatezza del sistema, e conseguentemente le
sue dimensioni ed i suoi costi; ne consegue che l’applicazione
di tali logiche di ridondanza sarà generalmente
applicata in seguito ad un analisi del rapporto
tra benefici e svantaggi derivanti dal suo utilizzo.
2. In alto: “Salesforce Installation”,
Obscuria Digital, 2016.
Riproduzione ed applicazione
di una simulazione digitale di
fluidi usando video-mapping
digitale su parete.
I sistemi naturali presentano una complessa ed intricata
relazione tra aspetti differenti, come forma, materia,
pattern ed occupazione spaziale. La nostra percezione
della natura è direttamente proporzionale alla nostra
capacità di creare modelli capaci di rendere accessibili
tali fenomeni. Esiste quindi un’esplicita relazione tra
30
.FONDAMENTI TEORICI
3. In alto: “Cellular Forms”,
Andy Lomas, 2014. Simulazione
digitale di un modello
biologico semplificato di morfogenesi,
con strutture tridimensionali
generate da particelle
interconnesse al fine di
una rappresentazione di crescita
cellulare. In questo esempio,l
‘utilizzo dedlla simulazione
permette uno studio preciso dei
fenomeni naturali che sottendono
la cresita cellulare negli
organismi viventi.
il funzionamento della nostra comprensione e l’elaborazione
di un flusso di informazioni (“condensate”
in algoritmo) da parte di un calcolatore, che abbiamo
visto precedentemente essere affine alla struttura
logica che regola i processi naturali di ogni genere.
Riprendendo le parole del filosofo francese J. Baudrillard,
oggi “la simulazione è da intendersi come
la generazione di modelli di un reale senza origine
né realtà, un iperrealismo”. Si può quindi affermare
che, tramite l’utilizzo della simulazione, venga a
meno la necessità di ideare modelli figurativi standard,
con un progressivo spostamento della logica
operazionale verso lo studio delle caratteristiche
emergenti del sistema, evitando l’imposizione
di preconcetti specifici propri della fase di design.
31
03. DIFFUSION-LIMITED
AGGREGATION
SISTEMI COMPLESSI
1. Nella pagina a fianco: vista
da satellite del banco di nubi in
corrispondenza della geolocalizzazione
di un uragano.
“Può il batter d’ali di una farfalla
in Brasile provocare un
tornado in Texas?” È il titolo di
un intervento di Lorenz, uno dei
padri della teoria del caos, che
introduce all’analisi dei sistemi
complessi.
“They believed that prediction was just a function
of keeping track of things. If you knew enough, you
could predict anything. That’s been cherished scientific
belief since Newton. And? Chaos theory throws
it right out the window.”
Michael Crichton, Jurassic Park
Un sistema può essere visto come un modello utilizzato
per comprendere uno o più fenomeni facenti
parte del mondo che ci circonda. Più nel dettaglio,
è un insieme di elementi e relazioni tra di essi
attraverso le quali è possibile ottenere un funzionamento
globale, definito appunto come sistema.
Parlare di sistemi complessi significa introdurre nel
discorso un parametro variabile che può essere quantificato
secondo due modi differenti. Il primo è valutabile
prendendo in relazione il numero di elementi che
compongono un sistema, maggiore questo numero
sarà, maggiore sarà il livello di complicatezza del sistema;
il discorso è analogo per quanto concerne il numero
di intra-relazioni che intercorrono tra le sue parti
costituenti, in quanto aumentandone il livello di connettività,
ovvero il numero di relazioni per elemento,
si potrà aumentare la complicatezza dello stesso.
Perché parlare di sistemi complessi? E soprattutto
quale utilizzo viene fatto di tali sistemi nella pratica
comune? Le risposte a tali quesiti sono da ricercarsi
all’interno di un’ulteriore definizione, quella di sistema
non-lineare. I sistemi lineari (o deterministico) sono
regolati da una specifica relazione causa-effetto, o per
33
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
meglio dire, input-output; questo li rende di facile utilizzo
tramite sistemi di analisi scientifica tradizionali.
I sistemi non-lineari, che a differenza dei precedenti
possiedono output non proporzionali agli input
considerati, tendono ad essere definiti principalmente
tra le molteplici relazioni che intercorrono
tra i propri elementi costitutivi. In questa trattazione
rivestono un ruolo importante in quanto principio
fondamentale alla base della computazione
algoritmica, nella quale gli elementi del sistema
vengono dotati di un semplice set di regole e comportamenti
e lasciati liberi di interagire tra loro ed
evolvere pattern emergenti col progredire del tempo.
Alla base del processo su cui si basa questa ricerca, la
Diffusion Limited Aggregation (abbreviata DLA), troviamo
il moto browniano che viene generalmente definito
come un sistema stocastico/probabilistico, ovvero
legato a parametri di indeterminatezza. Tuttavia, conoscendo
le condizioni iniziali che regolano tale moto,
esso può essere ricondotto ad avere le caratteristiche di
un sistema non-lineare, rimanendo pur sempre caratterizzato
da un elevato grado di indeterminatezza legato
alla componente randomica delle dinamiche in esame.
2. Sopra: immagine della morfogenesi
di un fiore, con chiaro riferimento a
forme di fillotassi.
Da semplici osservazioni botaniche
che mirano ad individuare il numero di
foglie presenti su ciascun nodo e l’orientamento
di queste rispetto alle foglie
del nodo superiore, oggi la fillotassi
si è potuta avvalere di studi incrociati
di matematici e botanici, i quali hanno
rivelato un sistema assai semplice
(ma incredibilmente efficace) adottato
dalle piante per generare non solo
strutture semplici ma anche morfologie
complesse.
34
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
A questo punto risulta interessante esporre
brevemente le basi di quella che viene definita
in campo scientifico come teoria del caos.
Tale teoria si occupa di studiare in ambito matematico
le dinamiche interne ai sistemi non-lineari,
ovvero valutare come essi variano a livello quantitativo
e qualitativo, oltre al livello di ordine dei
pattern che emergono come output di tali processi.
L’aspetto che, tuttavia, ci interessa a riguardo di tale
teoria è lo studio delle relazioni che si instaurano
tra i valori di indeterminatezza degli input a fronte
di quelli degli output, dovuti alle interazioni e feedback
interni al sistema non-lineare nel corso del
tempo; per dirlo in modo più semplice, quello che
viene nella pratica definito come “butterfly effect”.
Nella trattazione della teoria del caos, questa analogia
determina un aspetto fondamentale, ovvero
la capacità dei suddetti sistemi, in funzione della
piccola gamma di indeterminatezza dei suoi input,
di produrre output differenti tra loro su larga
scala, tramite i continui cicli di feedback che
intercorrono all’interno dei processi di sistema.
35
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
Di conseguenza, piccole differenze sui valori di input
possono generare enormi differenze sul risultato
finale, rendendolo imprevedibile e caotico se valutato
a fronte delle variazioni applicate in fase iniziale.
La forma più semplice del modello esposto inizia da
una particella immobile situata al centro di un reticolo
spaziale. Ad ogni iterazione un’ulteriore particella,
definita walker, viene rilasciata nel reticolo
e mossa di moto randomico fino a raggiungere uno
spot di griglia adiacente a una particella immobile
e divenire anch’essa, a quel punto, parte dell’aggregazione
immobile di particelle. Questo processo
viene iterato per un determinato numero di
particelle e il risultato ottenuto si presenta come un
modello di crescita frattale (auto-simile), ben riconoscibile
e caratteristico di molti aggregati naturali.
3. Sopra: dune di sabbia nel deserto
del Sahara.
Il processo alla base della formazione
delle dune di sabbia viene definito
come un sistema complesso e non lineare
in quanto, legato alle dimensioni
del singolo granello di sedimento ed
all’azione del vento, permette la generazione
di tali formazioni in modo
irreversibile.
36
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
4. In alto: vista ravvicinata della struttura
generata in seguito a cicli di gelo
della rugiada presente sulle foglie.
Ne risulta un frattale, più precisamente
una derivazione del frattale di Koch,
ovvero un oggetto geometrico generato
dalla ripetizione della stessa forma a
scale differenti.
I frattali sono un esempio di morfogenesi
derivata da sistemi non lineari.
5. A lato: auto-organizzazione
dei banchi di pesci.
Questo fenomeno è trattato
e descritto nello studio dei
sistemi complessi in quanto
legato a parametri di indeterminatezza
e non scomponibile
nella somma delle
sue istruzioni fondamentali.
37
03. DIFFUSION-LIMITED
AGGREGATION
GENERALITA’ E REGOLE INTERNE
1. Nella pagina a fianco: “Tree
sim”, Paul Bourke.
Simulazione eseguita dal
matematico Paul Bourke al fine
di ottenere una ramificazione
calibrata unita a comportamenti
interni tipici dei sistemi
ramificati (branching systems).
La presenza dei processi di formazione di pattern in
natura, l’impresa apparentemente impossibile di creare
ordine da processi casuali e disordinati, è un fenomeno
che risulta interessante e intrigante al contempo.
Pur essendo un argomento di grande interesse per campi
scientifici connessi alla biologia, lo studio e l’analisi
di tali processi risultano fondamentali per una vasta
comprensione della natura e la conseguente creazione
di modelli atti a descriverli ha il potenziale per rivelare
la maggior parte dei meccanismi interni ad essa.
Nel dettaglio, un modello che ha ricevuto molta
attenzione nel passato paio di decenni è il modello
Diffusion-Limited Aggregation (DLA), definito
talvolta, ed in modo ingannevole, come un
semplice modello di crescita stocastico che simula
accuratamente i processi di crescita e morfogenesi
relativi a varie forme della natura, dai fiocchi di
neve a quella di intere galassie, dalla crescita dei
coralli e le traiettorie dei fulmini alle aggregazioni
di ioni zinco all’interno di soluzioni elettrolitiche.
Un’altra descrizione più “colorata”, proposta dallo
scritore Paul Bourke, assimila il processo ad una piazza
cittadina circondata da taverne: “Gli ubriachi lasciano
le taverne e barcollano a caso intorno alla piazza fino
a quando non inciampano su uno dei loro compagni
privi di sensi e a quel punto, cullati dal suono del russare
tranquillo, si sdraiano e si addormentano; la strut-
39
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
tura, simile ad un viticcio, che emerge da una veduta
aerea della folla addormentata al mattino ricorda le
proprietà tipiche delle diffusioni regolate dalla DLA.”
La trattazione di tale processo viene originariamente
proposta da Witten e Sander nel 1981, tramite lo
sviluppo di un semplice algoritmo per modellare la
crescita dei grappoli negli aerosol usando la diffusione
guidata dal moto browniano come processo di
trasporto regolatore per il comportamento delle particelle.
La forma più semplice del modello da loro
utilizzato inizia con una particella immobile situata al
centro di un reticolo. Ad ogni iterazione, una particella
(detta walker) viene rilasciata nel reticolo in posizione
casuale e mossa di moto randomico (moto browniano)
fino a raggiungere uno spot di griglia adiacente
ad una particella immobile e divenendo anch’essa,
a quel punto, parte dell’aggregazione fissa. Questo
processo viene iterato per un determinato numero
di particelle e come risultato finale porta ad ottenere
un modello di crescita frattale (auto-simile), distinguibile
in molteplici e differenti aggregati naturali.
2. n alto: vista di un cielo in
tempesta con relativo pattern
di fulmini.
La scelta della direzione di
diffusione dei fulmini genera
un frattale distribuito, la cui
forma è facilmente riproducibile
tramite processi di Diffusio-Limited
Aggregation.
Entrando maggiormente nel dettaglio del modello
esposto, l’elemento limitante di velocità e densità
di crescita all’interno dell’aggregazione è spesso
la tipologia di diffusione delle particelle in relazio-
40
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
3. Sopra: vista ravvicinata del
“muschio di renna”, un lichene
fruticoso che cresce sul suolo.
La propagazione di alcuni tipologie
di licheni in relazione
ad un substrato può essere
assimilata tramite un modello
di DLA vincolato a determinate
caratteristiche e forme
dell’ambiente circostante.
ne alla superficie dell’aggregato; tale crescita della
specie può essere quindi legata a regole di vicinanza
nei confronti degli elementi depositati circostanti,
oppure guidata da elementi caratterizzati da differenze
nelle proprietà intrinseche costituenti (come
ad esempio, in natura, il calore emesso). Gli aggregati
ottenuti al termine di questi processi sono caratterizzati
da una forma estremamente complicata e
multi-direzionata, affine ad agglomerati di pulviscolo
o forme dendritiche, il cui livello di complicatezza
viene associato alla proliferazione di instabilità
indotte dal processo a diffusione limitata adottato.
4. A lato: “Sprawl”, Mark J.
Stock.
Simulazione computazionale di
processi di crescita, utilizzando
l’algoritmo di DLA in relazione
ad una griglia spaziale, per la
ricerca di forma aggregative
dendritiche.
41
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
1. Condizione iniziale
2. Applicazione del moto
browniano ai walkers
3. Definizione del raggio di stuck
(pop_radius) per il nodo considerato
Per comprendere al meglio gli aspetti regolatori di
tale processo naturale e fare chiarezza sulle grandezze
fisiche fondamentali occorre analizzare nel
dettaglio le definizioni di DLA e moto browniano
Il termine Diffusion-Limited Aggregation (abbreviato
in DLA) è dedotto dal legame reciproco tra il movimento
delle particelle e la forma assunta dal sistema. Per
“diffusione-limitata” si intende un processo all’interno
del quale i corpi in movimento (walkers), caratterizzati
da moto randomico nello spazio, vengono considerati
in bassa concentrazione ad ogni iterazione e senza
relazioni tra loro, in modo da evitare interazioni tra gli
stessi e consentire una crescita per step della struttura
ottenuta dall’insieme delle connessioni instaurate con
i corpi fermi (stuck), definita quindi “aggregazione”.
Per quanto concerne il movimento delle particelle,
aspetto fondamentale nella definizione dei
pattern aggregativi, si procede a descriverlo tramite
l’applicazione delle equazioni di moto randomico
relativo a corpi all’interno di un mezzo comune,
definito da Einstein nel 1905 come “moto
browniano”; il processo di movimento vero e proprio
consiste nella definizione di differenti configurazioni
finali, con una conseguente scelta legata a parametri
probabilistici di una delle soluzioni ottenute.
La natura prevalentemente stocastica di tale
moto, che porta ad un’indeterminatezza del risultato
finale, e la sua caratteristica di ripetitivi-
5. Sopra: schema funzionale del processo
aggregativo di DLA.
Divisione per step della sequenza
logica adottata in fase di simulazione
computazionale.
42
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
4. Dopo una serie di iterazione, un walker
(rosso) entra nel raggio di stuck del nodo
5. La particella viene bloccata nella sua
posizione e diventa parte dell’aggregazione
tà aderiscono perfettamente ai vincoli dei modelli
di diffusione-limitata precedentemente trattati.
In funzione di quanto definito in precedenza, si procede
ora alla schematizzazione del processo fondamentale
alla base dell’algoritmo generativo di DLA, seguita
da un’analisi volta ad individuare e governare i
parametri regolatori di tale processo, al fine di ottenere
un maggiore controllo ed evidenziarne le potenzialità.
Partendo da una particella fissa (stuck) posta in una
determinata posizione, si procede alla generazione di
una popolazione di particelle in movimento (walkers)
all’interno di una definita estensione spaziale; tali
walkers saranno caratterizzata da una posizione di
partenza e direzione di movimento scelta casualmente
ad ogni iterazione del sistema, limitando però la
misura di tale spostamento ad un valore costante. In
seguito alla definizione di un raggio di ricerca relativo
a corpi fissi, definito population radius (popRad),
i walkers che durante il loro moto entrano all’interno
di tale soglia vengono a loro volta fermati nella
loro posizione, diventando anch’essi stuck. Procedendo
con le iterazioni si arriva così a formare l’aggregato
definitivo, inteso come l’insieme delle particelle
fisse e delle connessioni che intercorrono tra loro.
43
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
Occorre considerare come anche il numero di particelle
inserite nel sistema di moto browniano determini
cambiamenti nello sviluppo del processo di
crescita. Pur non influenzando la forma finale questo
parametro influisce sulla velocità di saturazione dello
spazio di simulazione, portando quindi vantaggi in
termini di tempi di esecuzione ma svantaggi in termini
di pulizia del risultato e performance di calcolo.
La ricerca dell’equilibrio di tale parametro è di fondamentale
importanza per una corretta simulazione, legata
ad un range di valori che permettano un corretto sviluppo
formale a fronte di tempi di calcolo non elevati.
6. Nella pagina a fianco: risultati di
processi di crescita a termine del ciclo
iterativo (1000 iterations).
Da notare come, variando il numero
massimo di particelle libere generate,
si possa agire sull’occupazione spaziale
dell’agglomerato all’interno di
un definito lasso temporale.
Oltre all’utilizzo di grandezze stocastiche nel definire
il moto dei walkers, si può procedere inserendo
variabili di tipo probabilistico all’interno delle relazioni
tra le particelle in movimento e quelle fisse.
Utilizzando infatti una probabilità di attacco, definita
quindi stickiness probability (stickProb), si procede
a determinare una caratteristica aleatoria anche nella
probabilità di aggregazione tra i corpi considerati.
In sintesi, associando un numero da 0 a 1 ad ogni
walker e valutando questo numero in riferimento ad
una soglia, si determina se la particella sia idonea per
fermare il proprio moto o se destinata a continuare la
propria ricerca; ipotizzando una soglia di valore 0.5, la
particella A con valore di stickProb = 0.25 potrà unirsi
al proprio bersaglio, mentre la particella B con valore
di stickProb = 0.75 continuerà il suo moto randomico.
44
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
num_wallkers: 100
stuck_particles: 127
num_walkers: 200
stuck_particles: 291
num_walkers: 400
stuck_particles: 1321
num_walkers: 600
stuck_particles: 1497
45 44
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
Valutando l’influenza delle proprietà mostrate
è immediato rendersi conto delle
variazioni che esse provocano sul sistema.
L’aumento del valore di popRad, come ipotizzabile
anche in fase preliminare, porta ad un incremento della
scala del risultato finale , a fronte di un perdita di densità
dell’agglomerato; in modo analogo e come esposto
in precedenza, un incremento del numero di particelle
in movimento all’interno della definizione spaziale
considerata porta ad un aumento proporzionale della
velocità di realizzazione del reticolo aumentando il
numero di corpi in movimento, a fronte di una progressiva
perdita di “ordine” nel processo di ramificazione
e una maggiore gravante sui tempi computazionali.
7. Nella pagina a fianco: risultati di
processi di crescita a termine del ciclo
iterativo (1000 iterations).
Da notare come, variando il il raggio
di ricerca (espresso graficamente dal
raggio dei nodi fissi) si riesca ad ottenere
una lieve variazione sulla forma
della diffusione, oltre ad una chiara
differenza di occupazione spaziale.
Per quanto riguarda il valore di stickProb, si nota
come un abbassamento di tale soglia tenda ad attenuare
la diffusione spaziale della struttura, concentrando
maggiormente i processi aggregativi negli
intorni di zone con presenza di particelle fisse a
fronte di una maggiore ramificazione degli stessi.
Questa proprietà emergente del sistema porta quindi
ad una variazione formale controllabile tramite un abbassamento
della probabilità di adesione al reticolo, riprendendo
le proprietà esposte nei paragrafi precedenti
relative ai sistemi emergenti con proprietà non-lineari.
Considerando un agglomerato con un basso numero
di particelle fisse non sarà difatti possibile evidenziare
questo comportamento distribuzionale dello stesso,
non applicabile quindi alle sue parti costituenti, e a sua
volta definito tramite relazioni stocastiche applicate tra
i diversi elementi che formano il sistema in questione.
8. Nella pagine seguenti: cladogramma
relativo all’influenza del parametro
di stickiness_probability durantae il
cilo iterativo.
Si procede con una variazione di tale
parametro sull’asse delle ordinate,
mentre gli step iterativi sono riportati
sull’asse delle ascisse.
46
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
pop_radius: 2
stuck_particles: 396
pop_radius: 4
stuck_particles: 418
pop_radius: 6
stuck_particles: 541
pop_radius: 8
stuck_particles: 718
46 47
48 47
48 49
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
Il risultato diffusivo non è più inscrivibile all’interno
di un loop logico deterministico di input-risultato, in
quanto una simulazione basata sugli stessi parametri
porterà risultati, generalmente, differenti e risulterà
quindi come esito di un processo emergente legato a relazioni
aleatorie governate da parametri fondamentali.
Al termine di questa semplice trattazione si sono quindi
evidenziati quali sono i parametri fondamentali e le
relative influenze sulla definizione di pattern bi-dimensionali
utilizzando il modello di DLA proposto da Witten.
Come risulta evidente, le proprietà di tale modello
non saranno sufficienti alla definizione di una struttura
complessa, funzionale e organizzata; si procederà quindi,
nei paragrafi successivi, a definire un set di regole
e soglie che permettano un maggiore controllo sulla
struttura della diffusione a livello di proprietà fondamentali,
come densità o ridondanza strutturale, e sulle
sue direttrici, mediante la relazione con input forniti
esternamente sotto forma di campi scalari o vettoriali.
9. Nella pagina a fianco: diffusione
ottenuta applicando alla DLA
una campo vettoriale con caratteristiche
di “flow” in relazione
agli agenti generatori (curl
noise).
10. Sotto: vista dettagliata della diffusione
riportata a fianco.
Si possono notare l’elevato grado di
ridondanza e la qualità di risoluzione
ottenuta nel corso della simulazione
50
.DIFFUSION-LIMITED AGGREGATION
51
04. PROCESSO DIGITALE
CARATTERI GENERALI
“I need only change a few parameters and my generative software
produces not trees but shapes that look a lot like buildings
[…]. With computing, we can at last perceive substance
and accident, image and movement, form and time in a single
continuum.”
L. Spuybroek, The Architecture of Continuity, 2008
1. Nella pagina a fianco: vista satellitare
di un cratere in Terra Sirenum,
nell’emisfero sud di Marte.
La generazione delle ben visibili forme
dendritiche suggerisce che l’esistenza
di una fonte d’acqua superficiale, capace
di modificare il terreno tramite il
suo deflusso e generando il consueto
pattern che troviamo anche sul nostro
pianeta.
Dopo aver definito le caratteristiche e i parametri
di influenza principali per il controllo della Diffusion-Limited
Aggregation nei paragrafi precedenti,
procediamo ora a riportare i vari step eseguiti nella
definizione del processo digitale di morfogenesi
adottato. L’obiettivo è quello di utilizzare in modo
bilanciato le proprietà interne al sistema descritto
assieme ai vincoli esterni ad esso associati al fine
di guidare e controllare una diffusione in ambiente
tri-dimensionale con caratteristiche emergenti.
Dal punto di vista operativo, successivamente alla
scelta di un punto di partenza (starting position) per
la simulazione, si procederà a generare una serie
di particelle libere nello spazio circostante. A differenza
di quanto mostrato per le diffusioni bi-dimensionali,
durante il seguente processo non si
procederà a generare in modo casuale le particelle
nello spazio, ma a definire una lista di posizioni
nell’intorno di ogni nodo fisso del sistema in continuo
update con l’avanzamento della simulazione.
Di conseguenza, ogni particella libera sarà generata
in determinate posizioni (sempre mantenendo una
componente aleatoria) e, se non avrà raggiunto il
suo obiettivo entro un determinato limite di tempo,
la sua “vita” sarà azzerata ed essa verrà sostituita da
una “nuova” particella in un’altra coordinata spazia-
53
.PROCESSO DIGITALE
le. Questa logica operativa, oltre a fornire una corretta
base dal punto di vista della simulazione del sistema
considerato, permette una migliore performance dal
punto di vista della gestione delle operazioni del calcolatore,
diminuendo i tempi di crescita legati alla
gestione di un elevato numero di particelle libere.
iterazione 1
Entrando nell’ottica del processo digitale vero e proprio,
si procederà con una prima fase volta a ricercare un
controllo sulle caratteristiche interne di densità e ridondanza
dell’agglomerato, presentando i risultati ottenuti
durante i successivi tentativi svolti e analizzandone
le potenzialità. Si procederà quindi applicando soglie
spaziali (raggio di ricerca, densità, distanza minima) e
soglie topologiche (numero di connessioni, lunghezza
limite di ramificazione) e valutando gli effetti che queste
soglie producono sullo sviluppo diffusivo proposto.
Nella fase successiva, si andrà a valutare l’influenza
di elementi esterni sulla propagazione del sistema
a livello spaziale. Saranno utilizzati campi vettoriali
assieme ad una lettura sugli elementi delle
ramificazioni precedenti per direzionare la crescita
secondo uno schema di circuitazione spaziale e
campi scalari per determinare zone di vuoto, transizione
tra differenti campi vettoriali e variazione
delle soglie definite precedentemente per quanto
concerne le proprietà e relazioni interne al sistema.
In ultima istanza saranno definite e valutate alcune
regole per la generazione di una ulteriore ridondanza
strutturale auto-organizzata, volta ad aumentare
le performance di interconnessione tra gli elementi
compositivi dell’agglomerato. Tali regole saranno
indagate in modo da definire una logica interna
complessiva del sistema e, integrando con i risultati
ottenuti nei paragrafi precedenti, utilizzate per definire
un workflow complessivo atto alla generazione
di forme complesse al termine dei processi diffusivi.
iterazione 2
iterazione 3
iterazione 4
2. Sopra: schematizzazione del processo di
crescita dell’agglomerato.
Ogni volta in cui un random walker (particelle
grigie) entra nel raggio di ricerca di un nodo
fisso (particelle rosse) viene bloccato e aggiunto
all’agglomerato. Al termine di ogni iterazione
si procede ad applicare un moto browniano
ai walker rimasti liberi, procedendo successivamente
a bloccare coloro che saranno interni al
raggio di ricerca dei nodi presenti nel sistema.
54
.PROCESSO DIGITALE
3. Sopra: risultati preliminari ottenuti tramite simulazione a partire dai cosiddetti L-System. Tali
sistemi consistono in un insieme di forme grammaticali, dedotte dal biologo A. Lindenmayer, che possono
essere utilizzate per creare stringhe al fine di generare strutture geometriche.
Nelle casistiche riportate a lato si nota come, tramite l’utilizzo di queste regole, sia possibile guidare un
diffusione spaziale ramificata gestendone parametri come l’estensione, il direzionamento e la densità.
Risulta tuttavia evidente come questo sistema, non essendo basato su principi fisici, risulti inadatto alla
declinazione generativa di un processo architettonico vero e proprio.
55
04. PROCESSO DIGITALE
COMPORTAMENTI INTERNI
1. Nella pagina a fianco:
vista prospettiva di un
modello di crescita verticale
a densotà e numero
di connessioni crescente
con z.
Applicazione di una
iso-superficie tubolare sul
reticolo diffusivo.
DENSITA’ SPAZIALE
Come è stato evidenziato nel capitolo precedente,
il raggio di ricerca applicato alle particelle fisse
(definito population radius) consente di variare
la scala della diffusione ottenuta in modo semplice.
Tuttavia, legare la variazione di densità
volumetrica ad un semplice aumento di scala
risulta riduttivo, in quanto incapace di basarsi
su caratteristiche interne della diffusione.
In alternativa a ciò, il sistema proposto offre la
possibilità di variare le caratteristiche di densità
dell’agglomerato agendo sul parametro di stickiness
probability (come evidenziato nel capitolo
precedente), fornendo quindi un legame tra la
probabilità di “aggancio” di ogni singola particella
all’agglomerato e la densità globale dello stesso.
Si è quindi deciso di procedere mappando tale proprietà
del sistema in funzione di parametri che definiscano
in modo maggiormente preciso una serie
di soglie spaziali interne al volume considerato.
57
.PROCESSO DIGITALE
Settaggio delle coordinate di partenza
della diffusione
Suddivisione del volume di prova in voxel
(configurazione spaziale del pixel)
Dopo i primi cicli iterativi della diffusione,
il conteggio interno al volume
considerato è inferiore alla soglia. La
diffusione procede normalmente
Avanzando lungo il ciclo iterativo
inizia ad aumentare la densità interna
al voxel, pertanto la diffusione
procederà più lentamente
Il workflow operazionale scelto per questa fase è
stato il seguente:
- suddivisione del modello spaziale utilizzato
in sotto-unità con estensione costante lungo le
3 direzioni (creazione di box di riferimento,
detti voxel);
- definizione di una soglia limite di densità,
relativa al numero di particelle fisse presenti
all’interno di ogni voxel;
- al termine di ogni ciclo iterativo di crescita si
procede al conteggio del numero di particelle
fisse situate all’interno di ogni voxel individuato;
- durante il ciclo iterativo successivo, si procede
infine a definire il valore del parametro di
stickiness probability in rispetto della soglia
massima di densità definita.
Questa serie di semplici operazioni sul conteggio di
prossimità consente di limitare la densità massima raggiunta
dalla crescita a livello spaziale e, conseguentemente
a ciò, di direzionare maggiormente la crescita
2. Sopra: schematizzazione del processo
di valutazione della densità locale, utilizzata
per la definizione della probabilità
di aggancio delle particelle libere , in
relazione alla soglia definita.
58
.PROCESSO DIGITALE
Parametri interni
stuck_limit = 25
Parametri interni
stuck_limit = 75
3. Sopra: diffusioni a soglia di densità
fissa. Nella colonna di sinistra sono riportate
le diffusioni globali, in quella di
destra il dettaglio a scala maggiore della
zona centrale della stessa.
Si osserva come, sia a livello globale
che nel dettaglio dell’aggregazione, la
variazione della densità massima raggiungibile
all’interno di ogni voxel produca
variazioni significative sulla crescita
ottenuta.
presso zone dell’agglomerato che non abbiano ancora
raggiunto la loro massima estensione.
Tale soglia viene utilizzata durante la fase di valutazione
dello stato dei corpi del sistema (fisso oppure in
movimento) e, inoltre, durante la scelta delle posizioni
attorno alle quali attivare la futura generazione di particelle;
questo legame motiva e accentua la proprietà
della soglia appena definita di “guidare” la generazione
verso zone ad inferiore grado di saturazione procedendo
con le iterazioni del sistema.
In funzione di quanto appena esposto, esiste un’altra
tipologia di limitazione spaziale che risulta interessante
integrare al sistema. Dagli esempi precedenti emerge
come il controllo appena inserito sia insufficiente
59
.PROCESSO DIGITALE
Parametri interni
stuck_limit = 50
min_distance = 5.0
Parametri interni
stuck_limit = 50
min_distance = 3.0
per descrivere un comportamento corretto all’interno
della diffusione; si evidenzia come, aumentando il valore
di soglia, il comportamento del sistema tenda ad
un incremento di densità incontrollata, essendo esso
dotato di una distanza massima tra le particelle (definita
appunto dal valore del raggio di ricerca) al contrario
di una soglia di distanza minima tra esse.
Per ovviare a tale comportamento si procede ad inserire
un ulteriore controllo, impostando una soglia di
distanza minima tra le particelle che garantisca una
migliore distribuzione di densità della diffusione complessiva,
utilizzando una sequenza analoga alla precedente;
occorre comunque specificare come tale distanza
sia valutata in termini spaziali, fungendo quindi da
ulteriore discriminante per l’effettivo deposito della
nuova particella.
Dopo aver considerato l’effetto delle singole soglie
sul risultato globale si procede a integrare i differenti
parametri, in modo da ottenere un miglior controllo
complessivo sul comportamento interno in funzione
della densità spaziale. Tramite la ricerca dei parametri
diffusivi ottimali si procede quindi alla definizione di
una serie di relazione che intercorrono tra le grandezze
definite, utilizzate nelle fasi successive per questioni
legata alla ricerca tettonica dell’involucro.
4. Sopra: viste in dettaglio di risultati
diffusivi.
Si evidenzia come, mantenendo il parametro
di soglia di densità costante ed
agendo sulla distanza minima tra i nodi,
si possano attribuire migliore caratteristiche
di ordine al processo aggregativo.
5. Pagina a lato: variazioni morfologiche
legate ai parametri appena analizzati.
Si dimostra come la regolazione congiunta
delle due soglie permetta un corretto
controllo della densità diffusiva del
sistema.
Le frecce indicano il verso di variazione
dei parametri coonsiderati.
60
.PROCESSO DIGITALE
60 61
.PROCESSO DIGITALE
RIDONDANZA TOPOLOGICA
Al fine di raggiungere un maggiore controllo sull’ordine
interno della diffusione si procede ad un controllo
sotto l’aspetto topologico della stessa. Col termine
“topologia” ci riferiamo al numero di connessioni generate
partendo da ogni particella fissa verso le sue
vicine, ottenute durante il ciclo iterativo di crescita.
Conteggiando il numero di corpi connessi ad ogni
singola particella, individuando quindi quello che risulta
essere il reticolo diffusivo, si può procedere ad
impostare una soglia sul numero massimo di legami
instaurabili da ognuna di esse, chiamata per l’appunto
connection limit. Tramite l’inserimento di questa
limitazione, usata in congiunto con la precedente, è
possibile controllare la densità sia dal punto di vista
spaziale che dal punto di vista topologico, integrando
ciò con il controllo sul numero di estremità libere per
ogni punto del reticolo.
Quest’ultima caratteristica non è da ritenere di secondaria
importanza, in quanto le particelle libere avranno
maggiore probabilità di aggancio tanto maggiore
sarà il numero di estremità libere del reticolo, in una
determinata porzione del sistema.
6. In alto: “Softkill”, Robert Stuart-Smith,
AADRL.
Progetto sperimentale che dimostra un
elevato grado di ridondanza e logiche
combinatorie , volte a guidare un processo
generativo nella sua completezza.
7. Pagina a fianco: schemi diffusivi a numero
massimo di connessioni consentite
crescente.
Integrazione dei parametri precedenti di
miglior risultato e variazione della soglia
di connessioni per ogni nodo fisso.
62
.PROCESSO DIGITALE
Parametri interni
stuck_limit = 50
min_distance = 3.0
max_connections = 4
Parametri interni
stuck_limit = 50
min_distance = 3.0
max_connections = 8
Parametri interni
stuck_limit = 50
min_distance = 3.0
max_connections = 12
63
.PROCESSO DIGITALE
Come controllo integrativo a quanto appena esposto
si procede a considerare la lunghezza di ogni singola
ramificazione (o catena), valutando il numero di particelle
che la compongono dal suo punto iniziale a quello
terminale.
Tale valore, integrato alle proprietà delle particelle
fisse e definito come valenza, fornirà la possibilità di
determinare l’estensione massima di ogni ramo tramite
l’utilizzo di un’apposita soglia massima, al fine di
fermare la diffusione oltre una certa misura. In virtù
di quanto esposto per il parametro di connection limit,
si evidenzia come la limitazione di valenza massima
applicata ad ogni ramo porti ad incrementare la lunghezza
delle ramificazioni più “corte”, bloccando la
crescita di quelle più estese.
Pesando in modo corretto le due soglie e variandole in
funzione della diffusione spaziale ricercata, è possibile
dare un ulteriore controllo calibrato su comportamenti
interni del sistema integrati ad aspetti strutturali. Vedremo
nei paragrafi successivi come, variando tali soglie
in funzione di campi scalari relativi alle tensioni
interne, si possa concentrare una maggiore ridondanza
topologica dove richiesta, ricercando quindi una maggiore
interconnessione del reticolo in zone caratterizzate
da elevata richiesta strutturale a discapito dell’estensione
del modello.
8. Pagina a fianco: schemi diffusivi a
valenza massima crescente.
Integrazione dei parametri precedenti
di miglior risultato e variazione della
soglia di lunghezza massima consentita
per ogni ramificazione (branch) della
diffusione.
64
.PROCESSO DIGITALE
Parametri interni
stuck_limit = 50
min_distance = 3.0
max_connections = 4
valence_limit = 15
Parametri interni
stuck_limit = 50
min_distance = 3.0
max_connections = 4
valence_limit = 30
Parametri interni
stuck_limit = 50
min_distance = 3.0
max_connections = 4
valence_limit = 30
65
.PROCESSO DIGITALE
stuck_limit = 25
stuck_limit = 50
65 66
.PROCESSO DIGITALE
stuck_limit = 75
stuck_limit = 100
66 67
.PROCESSO DIGITALE
68
.PROCESSO DIGITALE
69
04. PROCESSO DIGITALE
INPUT DI CAMPI ESTERNI
1. Nella pagina a fianco:
diffusione generata da due
curve di Bezier intrecciate
tra loro.
Si nota come, aumentando
la coordinata di z, la
minore influenza del field
generi remificazioni più
lunghe e continue.
CAMPI VETTORIALI
Come abbiamo visto analizzando finora diversi aspetti
legati al sistema diffusivo, una caratteristica fondamentale
della DLA è la sua capacità di crescere e
occupare lo spazio tramite la generazione di una continua
serie di ramificazioni formali, sempre mantenendo
una sua coerenza ed ordine precisi.
Tuttavia, volendo “guidare” tale diffusione in modo
più preciso, si rende necessario informare il sistema
con un campo vettoriale, ossia un insieme di vettori
con una determinata locazione spaziale, intensità,
direzione e verso.Questo campo non viene utilizzato
per forzare la direzione di crescita lungo percorsi
definiti, ma bensì per integrare la diffusione tramite
un elemento esterno completamente controllabile dal
progettista.
71
.PROCESSO DIGITALE
1. La condizione di partenza vede il nodo
selezionato immerso in un campo vettoriale
2. Due direzioni principali: quella determinata
dalla connessione coi vicini (viola) e quella data
dal vettore più vicino nel campo (blu)
3. Partendo dalle due direzioni individuate al punto precedente, si procede,
tramite interpolazione lineare, a definire il vettore guida del nodo
4. Avanzando nel processo iterativo, si limitano gli agganci di nuove particelle
libere nella direzione definita dall’angolo attorno al vettore principale
Più nel dettaglio, il sistema si relaziona con il suddetto
campo vettoriale tramite una definita sequenza
processuale:
- inizialmente si procede ad informare la diffusione
dotando di un angolo di visione le
particelle che compongono l’agglomerato, riducendo
quindi la possibilità di aggancio dei
walkers tramite un angolo limite di incidenza
con il nodo considerato;
- tale angolo di visione viene mediato tramite
un’interpolazione tra due direzioni principali:
una è data dal punto del campo vettoriale più
vicino, l’altra è dedotta dalla direzione delle
connessioni con i nodi circostanti;
- la direzione risultante viene ottenuta tramite
l’utilizzo di specifici parametri, che governano
il moltiplicatore per l’interpolazione tra le due
direzioni ottenute;
- in funzione della direzione finale così ottenuta
sarà valutata la crescita successiva, interpolando
la posizione delle particelle libere al
momento dell’aggancio con quella definita dal
nodo ricevente.
2. Sopra: schematizzazione del processo
di definizione della direzione di aggancio
delle successive particelle libere.
Questa ulteriore limitazione permette al
progettista di guidare la diffusione tramite
la lettura di un campo vettoriale da
parte dell’agglomerato crescente.
72
.PROCESSO DIGITALE
Curve generatrici attorno alle quali viene
modellato un campo vettoriale elicoidale
Campo vettoriale. Vista dall’alto
Vista prospettica della diffusione ottenuta in scala di grigi
In seguito a questa integrazione del processo digitale,
come si può notare dalle immagini riportate, si arriva
ad ottenere un elevato range di variazione formale pur
mantenendo immutate le logiche interne che regolano
il sistema. L’obiettivo finale di tale operazione è quello
di garantire una variazione delle direzioni di crescita,
ottenuta in seguito ad un’integrazione con i campi
scalari che sarà mostrata nei paragrafi successivi.
73
.PROCESSO DIGITALE
CAMPI SCALARI
Osservando i risultati ottenuti dagli step dei paragrafi
precedenti, è evidente come l’utilizzo di proprietà costanti
all’interno della simulazione non sia di grande
utilità al fine di ottenere comportamenti interni differenti
e variazioni sul risultato globale; per questo motivo
viene introdotto l’utilizzo dei campi scalari, ossia
campi numerici i cui valori sono associati a definite
posizioni nello spazio. Caratterizzati, generalmente,
da un range di valori compreso tra 0.0 e 1.0, tali campi
consentono di associare un determinato valore ad ogni
insieme di coordinate del volume di controllo, tramite
una ricerca di influenza spaziale affine a quella usata
per il campo vettoriale.
I campi scalari vengono utilizzati all’interno del processo
digitale per ottenere variazioni sotto diversi
aspetti. In prima e più semplice istanza, usando la map-
74
.PROCESSO DIGITALE
3. Sopra: esempio di prova diffusiva ottenuta
tramite l’interazione con un campo
scalare variabile. Procedendo lungo
la direzione di crescita la densità inizia
a diminuire ed il campo vettoriale si distacca
maggiormente dal centro, lasciando
più libertà alla diffusione.
pa scalare si può determinare il valore di qualunque
parametro nello spazio utilizzato per la simulazione,
moltiplicando il valore di soglia superiore per il valore
ottenuto dallo scalare. Questo permette, come si nota
nelle immagini, di applicare variazioni sulle soglie di
un parametro, variando quindi le proprietà interne del
sistema e svincolandolo da un singolo comportamento
costante durante la sua fase di crescita.
Un altro utilizzo che viene fatto dei campi scalari in
questa trattazione è quello di risolvere aspetti di blend
tra campi vettoriali, ovvero di “mediare” tra campi
differenti nelle zone di congiunzione, evitando incongruenze
o ostruzioni nella definizione dell’aspetto
complessivo dello stesso. La possibilità di ottenere
transizioni tra direzioni differenti all’interno dello
spazio volumetrico consentir\à, oltre ad una maggiore
libertà sulla crescita dell’agglomerato, di integrare
in modo corretto diffusioni partenti da un numero di
posizioni di partenza maggiore di uno, come sarà più
evidente nelle esplorazioni architettoniche successive.
75
.PROCESSO DIGITALE
75 76
.PROCESSO DIGITALE
76 77
04. PROCESSO DIGITALE
PARAMETRI DI AUTO-ORGANIZZAZIONE
1. Nella pagina a fianco:
vista prospettica del risultato
diffusivo rinforzato.
In colore rosso sono evidenziate
le connessioni di
rinforzo ottenuto dopo il
processo auto-organizzativo
interno.
In seguito ai test effettuati in merito al controllo della
diffusione tramite gestione parametrica si procede ad
inserire e valutare una serie di parametri auto-organizzativi
per il processo analizzato.
Come si può notare dagli esempi precedenti, il sistema
così ottenuto può essere dotato di variazioni formali e
compositive integrate all’interno dell’effettivo processo
di crescita. Resta tuttavia un problema sostanziale
di natura strutturale e organizzativa, come conseguenza
del basso livello di interconnessione tra i differenti
elementi finora generati.
In questa trattazione si procederà quindi, in modo differente
da quanto fatto finora, a stabilire una serie di
logiche auto-organizzative che, basate su regole derivate
dalle interazioni locali e rispettando quanto esposto
finora, migliorino la generazione di connessioni tra
i diversi corpi in gioco garantendo ridondanza strutturale
e l’emergenza di pattern globali distinguibili. Si
procede quindi, di seguito, ad esporre i vari step del
processo iterativo descritto.
79
.PROCESSO DIGITALE
NEIGHBORS EVALUATION
1. Condizione iniziale 2. Selezione del nodo considerato
e visualizzazione del suo raggio di
ricerca
3. Conteggio dei walkers entro
il raggio settato (neighbors)
In prima istanza si procede a valutare i nodi “vicini”
rispetto alla posizione della particella esaminata.
Considerando il raggio di ricerca settato inizialmente
per l’ambiente di simulazione, si procede a conteggiare
il numero di nodi presenti all’interno di tale estensione,
utilizzando come “centro” la posizione della
particella libera. Tramite conteggio del numero di
nodi presenti in tale volume si valuta in quali zone applicare
un rinforzo strutturale, sotto forma di aggiunta
di un’ulteriore connessione a partire da nodi esistenti,
andando ad incrementare la formazione di rinforzi
nelle zone a maggiore ridondanza di elementi.
Pur sembrando un controsenso dal punto di vista prettamente
ingegneristico, in quanto le zone a maggiore
ridondanza sono di norma associate ad una minore
richiesta strutturale, nella casistica in questione sarà
necessario un elevato numero di rinforzi in modo da
ottenere un corretto comportamento globale dell’agglomerato.
80
.PROCESSO DIGITALE
NEIGHBORS SELECTION AND TOLERANCES
Area azzurra: zona comune ai due raggi dei nodi N1 e N2
Area gialla: zona di ricerca dei walkers per particelle vicine
Dopo aver individuato le zone con sufficiente richiesta
strutturale, si procede a definire un ulteriore discriminante
per la formazione di connessioni di rinforzo
valutando a livello integrato il sistema di particelle libero
e quello relativo alle particelle fisse. Considerando
un determinato walker si ricerca un suo compagno
secondo una serie di regole definite:
- la ricerca della particella secondaria viene fatta
all’interno dell’area definita durante lo step
precedente;
- entrambe le particelle considerate devono rientrare
nel population radius di due differenti
nodi fissi, facenti parte del reticolo considerato;
- considerando le due posizioni fisse di cui sopra,
si verifica che entrambe le particelle rientrino
nei raggi associati ai due nodi (ovvero
che abbiano “vicini” comuni);
- occorre specificare che, per evitare un’eccessiva
sovrapposizione tra connessioni, si limita
questa ricerca considerando nodi appartenenti
a ramificazioni differenti (diverso child_id).
81
.PROCESSO DIGITALE
REINFORCEMENT DIRECTION INTERPOLATION
1. Condizione iniziale 2. Nuova posizione walkers 3. Punto medio posizioni nodali
4. Valutazione distanze
walkers
5. Interpolazione direzione 6. Aggregazione e campo visivo
del nuovo nodo mediato
Riassumendo, negli step precedenti si è proceduto ad
individuare le zone in cui applicare il rinforzo e i nodi
tra cui sarà effettivamente realizzato.
Si procede ora nel workflow operativo determinando
la direzione effettiva del rinforzo applicato, basandosi
sulle posizioni reciproche di nodi e particelle definiti
e sui loro campi di visione per la corretta applicazione
di un rinforzo strutturale. Ragionando in modo analogo
a quanto descritto in precedenza per l’interazione
tra i campi vettoriali ed il raggio di visione, si procede
ad interpolare le posizioni di entrambe le particelle libere
in riferimento ai nodi considerati.
Applicando le direttrici così ottenute, previa normalizzazione,
alle posizioni fisse del reticolo otteniamo
due posizioni finali dalle quali, operando con una successiva
interpolazione pesata sulla distanza tra tale
posizione e le coordinate dei nodi considerati, si ricavano
gli estremi atti a definire l’esatta posizione finale
della particella libera considerata, procedendo successivamente
ad aggregare tale nodo fisso alla diffusione
complessiva.
82
.PROCESSO DIGITALE
CONNECTION AND ANGLE TOLERANCE
2. Angoli delle connessioni di rinforzo sotto la soglia.
Il rinforzo viene generato
1. Condizione iniziale
2. Angolo della connessione di rinforzo destra sopra la soglia.
Il rinforzo non viene generato e la posizione scartata.
Come ultima implementazione legata all’auto-organizzazione
interna si è deciso di settare due soglie addizionali,
in modo da ottenere un reticolo strutturale
con una ridondanza calibrata, dal punto di vista del
numero di elementi e della resa estetica del sistema.
Per quanto riguarda la prima di queste soglie, viene
settato un numero di connessioni massime per i nodi
considerati; più nel dettaglio, si procede quindi a generare
ulteriori connessioni di rinforzo solo per i nodi
che presentano un numero di connessioni “attive” inferiore
alla quantità definita.Tramite tale parametro
si permette una calibrazione tra il normale comportamento
di crescita analizzato finora e quello auto-organizzativo
interno, in modo da non applicare un eccessivo
rinforzo riducendo le capacità estensive della
simulazione.
La seconda limitazione consiste invece nel fornire una
limitazione all’angolo presente tra la connessione di
rinforzo e le connessioni preesistenti. Valutando la posizione
finale della particella libera e le coordinate dei
nodi considerati, si ricava l’angolo compreso tra tali
corpi. Se in rispetto della soglia definita, per entrambi
i nodi considerati, si procederà ad applicare la connessione
di rinforzo all’agglomerato; in caso contrario la
posizione determinata sarà “scartata” dalle possibilità
considerate in fase preliminare.
83
.PROCESSO DIGITALE
angle_tolerance = 0.025 angle_tolerance = 0.030
max_conns = 4
conns_tolerance = 3
neigh_counter = 5
max_conns = 4
conns_tolerance = 3
neigh_counter = 10
max_conns = 4
conns_tolerance = 3
neigh_counter = 15
83 84
.PROCESSO DIGITALE
angle_tolerance = 0.035 angle_tolerance = 0.040
85 84
05. RICERCA TETTONICA
PROCESSI DIFFUSIVI
1. Nella pagina a fianco:
vista prospettica ravvicinata
di una parte dell’assemblaggio.
Ben visibile il rapporto tra
le dimensioni complessive
dell’assemblaggio e la
scala umana.
Osservando i risultati ottenuti nel capitolo precedente
è emerso come, tramite una serie di soglie di controllo
applicate a varie aspetti processuali, sia possibile
governare la crescita da un duplice punto di vista di
ordine interno e di direzione accrescitiva.
Tuttavia, come si è analizzato nei capitoli precedenti,
la natura non lineare del sistema non permette un legame
diretto tra gli input esterni forniti ed il risultato
ottenuto, essendo legato a variabili di tipo probabilistico
e comportamenti emergenti interni al sistema.
Bisogna specificare che il sistema processuale esposto
nel capitolo precedente emerge come risultato di
una lunga serie di sperimentazioni e tentativi, all’interno
di un processo computazionale non lineare e
caratterizzato da una serie di cicli di feedback informativi.
Per garantire una più semplice comprensione
si è proceduto ad esporre in modo lineare la sequenza
dei processi fondanti del sistema in esame, ma è
importante tenere in considerazione come esso sia il
risultato di una serie di risultati positivi, fallimenti,
passi indietro e cambiamenti apportati al sistema nel
corso del tempo.
Si procede quindi a riportare una serie di ricerche
formali atte a generare modelli maggiormente adatti
all’applicazione architettonica tramite il sistema
studiato, analizzando nel dettaglio i differenti step di
crescita del processo generativo al fine di valutare
l’emergenza di risultati finali differenti e variabili.
Seguendo questa logica bottom up, nella quale sono
le relazioni interne del sistema a fornire variabilità
e forma all’agglomerato, si evidenzieranno le potenzialità
e le criticità dei risultati ottenuti, in modo
da seguire la successione logico-compositiva che ha
portato alla generazione di una forma definitiva.
87
.RICERCA TETTONICA
Workflow processuale per la definizione delle direzioni e proprietà della crescita
1. Volumetria di partenza e linee generatrici 2. Campo vettoriale di crescita
3. Valori scalari per la definizione delle soglie 4. Isocurve di stress
5. Campo vettoriale di stress 6. Voxel attivi di diffusione
88
..RICERCA TETTONICA
Risultato diffusivo degli input definiti nella pagina a fianco
89
.RICERCA TETTONICA
VERTICAL DIFFUSION v_01
I primi risultati rilevanti da un punto di vista morfogenetico
sono stati ottenuti, come evidente dai
capitoli precedenti, affrontando diffusioni con direzione
verticale ascendente. In questo primo modello
andiamo ad applicare una variazione delle soglie di
controllo di ridondanza e densità tramite uno scalare
invertito, ossia cercando di attribuire una densità
maggiore alla base della diffusione e diminuendola
gradualmente all’aumentare della coordinata z.
Come si evince dalle immagini riportate e grazie
all’inserimento in ambiente anisotropo (campo
vettoriale), è possibile aumentare la verticalità della
crescita in una prima fase e ricercare successivamente
un comportamento elicoidale più articolato, una
volta raggiunto un numero di ramificazioni sufficientemente
adeguato e sempre mantenendo una soglia di
densità massima decrescente con l’aumentare della
coordinata z.
Processo di crescita: 20%
Processo di crescita: 40%
90
.RICERCA TETTONICA
Processo di crescita: 60%
Processo di crescita: 80%
Processo di crescita: 100%
91
.RICERCA TETTONICA
VERTICAL DIFFUSION v_02
Vista prospettica della diffusione 1
Vista prospettica della diffusione 2
92
.RICERCA TETTONICA
VERTICAL DIFFUSION v_03
Vista prospettica della diffusione 1
Vista prospettica della diffusione 2
93
.RICERCA TETTONICA
BLEND DIFFUSION v_01
A seguito delle sperimentazioni fatte sugli elementi
verticali è risultato evidente quanto la transizione tra
più campi vettoriali risulti un aspetto fondamentale a
fini di ricerca formale vera e propria, oltre a permettere
una maggiore espressione delle proprietà emergenti
del sistema nelle suddette zone di blend.
Si procede quindi a riportare la sequenza iterativa di
crescita per un’ipotesi di transizione tra una diffusione
verticale ascendente ed una diffusione orizzontale
con coordinate di z variabili. Come si osserva,
il risultato ottenuto non è quello di una transizione
omogenea tra i due campi, ma bensì di un’interazione
variabile e continua con variazioni non dettate da
costrizioni esterne.
L’aspetto formale assunto della diffusione nelle
suddette zone porta a valutare la possibilità di ottenere
comportamenti non codificati tramite la corretta
intensità di transizione tra due campi a direzioni differenti
(nel caso specifico, i campi hanno una variazione
dell’angolo medio tra loro di circa 75°).
A seguito del raggiungimento di un risultato interessante,
si procede nelle pagine successive a mostrare
alcune diffusioni ottenute con intensità e regolazioni
di blend differenti, essendo emerse soluzioni architettoniche
interessanti e con possibilità di utilizzo negli
sviluppi architettonici dei successivi capitoli.
Processo di crescita: 25%
94
.RICERCA TETTONICA
Processo di crescita: 50%
Processo di crescita: 75%
Processo di crescita: 100%
95
.RICERCA TETTONICA
BLEND DIFFUSION v_02
Vista dall’alto della diffusione
Vista prospettica della diffusione
96
.RICERCA TETTONICA
BLEND DIFFUSION v_03
Vista dall’alto della diffusione
Vista prospettica della diffusione
97
.RICERCA TETTONICA
MULTIPLE POINTS DIFFUSION v_01
Distaccandosi momentaneamente dall’aspetto di
crescita verticale che caratterizza i modelli finora
mostrati, si è proceduto a valutare una serie di crescite
basate su campi vettoriali articolati, cercando
di lasciare una maggiore libertà allo sviluppo delle
proprietà intrinseche del sistema ed evitando l’uso
di campi scalari complessi per la ricerca di un’ampia
gamma di variazioni comportamentali al suo interno.
In aggiunta a ciò vengono realizzati processi diffusivi
dotati di più punti di partenza e localizzati in coordinate
spaziali distanti tra loro, permettendo di indagare
in modo preciso ciò che avviene nelle zone di contatto
tra crescite provenienti da direzioni differenti.
Questa caratteristica, assieme alla scarsa influenza
dei campi esterni sulla diffusione porta l’agglomerato
a occupare maggiormente la porzione spaziale in cui
viene generato, producendo alcuni comportamenti
locali che possono interessare gli sviluppi futuri del
processo generativo.
Come emerge dalle immagini riportate nelle pagine
successive, si evidenzia come un’applicazione
di campi vettoriali simmetrici associati all’utilizzo
di soglie costanti porti la diffusione ad esprimere
comunque una serie di variazioni a livello organizzativo,
producendo quindi comportamenti diffusivi
emergenti a fronte di una riduzione del controllo sul
processo complessivo.
Processo di crescita: 25%
98
.RICERCA TETTONICA
Processo di crescita: 50%
Processo di crescita: 75%
Processo di crescita: 100%
99
.RICERCA TETTONICA
MULTIPLE POINTS DIFFUSION v_02
Vista dall’alto della diffusione
Vista prospettica della diffusione
100
.RICERCA TETTONICA
MULTIPLE POINTS DIFFUSION v_03
Vista dall’alto della diffusione
Vista prospettica della diffusione
101
.RICERCA TETTONICA
Dopo aver analizzato il processo diffusivo proposto
in configurazioni tettoniche differenti, applicando in
alcuni casi modifiche al processo precedentemente
spiegato, risulta necessario fare ordine nei risultati
ottenuti finora.
La ricerca tettonica proposta ha confermato le potenzialità
del sistema che erano emerse durante la
trattazione del processo generativo adottato. Lo
sviluppo verticale proposto per la realizzazione di
colonne integrato ad una variazione delle caratteristiche
di densità e ridondanza dell’agglomerato portano
ad ottenere elementi architettonici con configurazioni
standard atti a sorreggere una copertura, mantenendo
comunque una propria logica estetica. In aggiunta a
ciò, gli studi fatti per la transizione tra questi elementi
ed un secondo campo di diffusione perpendicolare
permettono di realizzare una serie di congiunzioni
differenti, aprendo varie possibilità per la realizzazione
di sbalzi o agganci ad altezza variabile tra elementi
verticali e orizzontali.
102
.RICERCA TETTONICA
2. In alto: vista ravvicinata della
zona di transizione tra crescita
verticale ed orizzontale.
In ultima istanza, le prove eseguite considerando diffusioni
con un maggiore grado di libertà e un numero
di configurazioni di partenza maggiore al singolo
punto, hanno fatto emergere comportamenti auto-organizzativi
tra ramificazioni dendritiche provenienti
da differenti punti nello spazio. A discapito di una
coerenza di forma nel risultato finale, si è quindi
estratto un iter processuale che permette di ottenere
un’ampia gamma di variazioni comportamentali, di
elevata utilità nella realizzazione di crescite con configurazioni
in pianta ad elevata estensione.
Alla luce di quanto affermato si procederà a ricercare
una speculazione architettonica per la generazione di
un canopy urbano che raccolga al suo interno le variazioni
sistemiche ed i comportamenti interni emersi
durante la ricerca trattata. Utilizzando quindi una
serie di input ordinati per la definizione di una corretta
crescita verticale assieme agli elementi di transizione
con campo perpendicolare appena esposti, si
procederà a realizzare un ambiente diffusivo atto alla
generazione di un sistema complesso e articolato, che
sarà presentato e motivato nei capitoli successivi.
103
06. UNITA’ DISCRETE
DIGITAL MATERIALS
Digital fabrication consists of much more than 3-D printing. It
is an evolving suite of capabilities to turn data into things and
things into data. . .The collective challenge is to answer the central
question it poses: How will we live, learn, work and play
when anyone can make anything, anywhere
Neil Gershenfeld, “How to Make Almost Anything”
1. Nella pagina a fianco:
“Mesh Mould”, Gramazio
Kohler Research, ETH Zurich,
2014.
Gli strumenti di progettazione e fabbricazione di
stampo digitale sono utilizzati per semplificare il design
di specifiche tipologie, ma spesso vengono utilizzati
per la realizzazione di oggetti che non possono
definirsi né “digitali” né “parametrici”. Questa critica
si lega ad una discussione contemporanea su quello
che viene definito post-digitale. L’uso di strumenti
digitali e le tecniche ad essi correlate sono maturate
a tal punto da porne le molteplici modalità di utilizzo
criticamente in discussione.
Essenzialmente, la maggior parte delle tecnologie
fabbricative attuali sono processi analogici, nonostante
il fatto che siano controllati dal computer. Queste
azioni imitano le modalità umane di produzione,
e possono definirsi essenzialmente come procedure
artigianali meccanizzate. Il carattere analogico degli
strumenti di fabbricazione a controllo computazionale
ha originato una generazione di architetti che si
possono identificare come artigiani digitali. Questi
artigiani o produttori digitali non sono “digitali”, ma
semplici scultori che usano tecniche analogiche in un
ambiente informatico invece che relegarle a quello
fisico (Retsin, 2016).
I sistemi continui presentano problematiche fondamentali
in ambito progettuale per quanto concerne
le transizioni materiche, tempistiche di calcolo e
105
.UNITA’ DISCRETE
fabbricazione e la loro caratteristica fondamentale di
irreversibilità. Inoltre, in architettura, risulta molto
difficile calcolare il costo effettivo di sistemi continui,
siccome scollegati da eventuali incrementi del
carattere discreto dei flussi di lavoro, come ad esempio
i software BIM. I sistemi di costruzione discreti
risultano generalmente prefabbricati, il che significa
che possono essere realizzati più velocemente e con
maggiore precisione, perché svincolati dal deposito
in loco.
In seguito alle considerazioni sopra riportate, nasce
l’idea di valutare le potenzialità tettoniche di sistemi
architettonici digitali basati sull’assemblaggio di elementi
discreti, caratterizzati da limitate possibilità di
variazione formale e/o combinatorie. In conseguenza
a ciò, si instaurerà un legame bilaterale tra il processo
computazionale e quello fabbricativo, entrambi informati
dalla stessa tipologia di dati, e quindi facilitati
sotto l’aspetto concettuale. Tale approccio consente
appunto da un lato di informare la modellazione
comprendendo vincoli tettonici e fabbricativi al suo
interno, e dall’altro di facilitare una fabbricazione
seriale dei moduli discreti con metodi a controllo
numerico o tramite l’utilizzo di bracci robotici.
2. In alto sopra: “Morphing
wings”, N. Gerschenfeld, MIT,
2016.
Applicazione dei digital materials
nella realizzazione di uno
space frame che compone la
struttura di un’ala.
3. In alto sotto: esempi di profili
alari per la ditta Airbus utilizzando
il principio dello space
frame realizzato in digital materials.
106
.UNITA’ DISCRETE
4. In alto a sx: “Robotically assembled
chair”, Bartlett School
RC4.
5. In alto a dx: “CurVoxels”,
Bartlett School RC4.
Dettaglio del processo fabbricativo,
tramite deposito di materiale
plastico da parte del braccio
robotico.
I materiali digitali sono un concetto pionieristico per
l’ingegneria meccanica coniato da Neil Gerschenfeld
al MIT. Un materiale digitale è un elemento
costitutivo con posizioni relative locali che di per sé
forniscono vincoli geometrici relativi all’aspetto di
montaggio. Non sono richiesti piani o strumenti particolari
poiché le parti definiscono geometricamente
il loro assemblaggio complessivo (Cheung 2012).
Altra proprietà di tali materiali è appunto quella di
possedere un’elevata versatilità sia dal punto di vista
della generazione computazionale, essendo scalabile
e adattabili a composizioni differenti, che dal punto
di vista dell’assemblaggio fisico, data la loro reversibilità
e relativa facilità di montaggio.
Tale definizione relativa ai materiali digitali diventa
anche un interessante opportunità per quanto concerne
i metodi computazionali, come la correlazione tra
l’organizzazione delle parti fisiche e quella inerente
ai dati digitali ad esse correlate. Come riportato nel
paragrafo precedente, la parte calcolata digitalmente
risulterà anche come la parte assemblata fisicamente.
Tale principio risulta ben evidente all’interno di
questa ricerca, e nei paragrafi successivi sarà esposta
per esteso la sua applicazione in relazione al modello
presentato.
107
06. UNITA’ DISCRETE
MODELLAZIONE ELEMENTI LAMELLARI
1. Nella pagina a fianco: vista dei corpi
lamellari in scala di grigi, applicati ad
una zona di transizione tra l’elemento
verticale e la diffusione perpendicolare.
Lungo la trattazione del capitolo precedente si è proceduto
alla presentazione di una gamma di risultati
diffusivi ottenibili tramite l’applicazione del processo
digitale adottato. Come si nota dalle immagini riportate,
gli elementi ottenuti sono stati finora raffigurati
tramite l’utilizzo di iso-superfici, ovvero rappresentazioni
volumetriche nelle quali si procede a “spalmare”
l’insieme delle superfici realizzate su una mappa
di pixel tridimensionali, detti voxel.
Nasce quindi l’esigenza, da un punto di vista di rappresentazione
geometrica dell’aggregato, di sostituire
con corpi volumetrici il sistema di nodi e connessioni
presentato, in modo da attribuire ad esso una resa
estetica e compositiva affine a quella reale. Per fare
ciò si procede ad adattare una serie di volumi lamellari
alla struttura reticolare ottenuta, adottando una
sequenza operativa atta a mantenere i corretti orientamenti
dell’agglomerato durante i procedimenti organizzativi
interni che intercorrono tra i nuovi elementi.
Nelle pagine seguenti viene esposto il procedimento
di mappatura delle superficie lamellari sulla
base dell’agglomerato esistente, con una successiva
rappresentazione tridimensionale di alcuni moduli
tipologici selezionati.
109
.UNITA’ DISCRETE
Schematizzazione del processo di adattamento dei bodies al risultato del processo diffusivo
1. Orientamento della superficie secondo la
direzione di collegamento
2. Fase di piega delle piastre terminali in base
agli angoli di connessione
In seguito ai risultati presentati, si nota come il sistema
sia legato ad una serie di variabili differenti per la
definizione degli aspetti comuni e delle variabili tra i
diversi elementi lamellari considerati.
Al fine di permettere una prototipazione tramite
macchine a controllo numerico e/o braccio robotico
si rende necessaria un’ulteriore discretizzazione del
risultato diffusivo, andando in alternativa a limitare
le direzioni delle ramificazioni di crescita oppure
rendendo costante la lunghezza dei singoli elementi
di connessione.
Per non perdere la variazione della crescita data dalle
differenze sugli angoli di connessione, si è optato per
una standardizzazione del prodotto finale adottando
una distanza costante tra i nodi del sistema (definita
dal parametro di pop_radius che è stato ampiamente
trattato nei capitoli precedenti) in modo da facilitare,
come vedremo nel paragrafo successivo, la produzione
“seriale” degli elementi discreti di connessione.
110
.UNITA’ DISCRETE
3. Ulteriore orientamento delle piastre tramite il
campo vettoriale fornito
4. Mappatura dell’angolo di torsione e realizzazione
del bodies di collegamento
2. Nelle pagine seguenti: esempi di nodi
spaziali a 4 connessioni tra gli elementi
lamellari.
Viste prospettiche del nodo intero e separazione
tra singoli elementi compositivi.
Alla luce di quanto esposto nelle pagine precedenti,
si procede ora ad attribuire una variazione orientativa
ai bodies applicati, non relazionata la processo digitale
esposto finora.
Le lamelle applicate possono essere valutate e configurate
come delle normali superfici per via della loro
natura, essendo pensate in tessuto di fibra di carbonio
e quindi di spessore trascurabile in confronto alle
altre dimensioni geometriche.
Osservando gli step riportati in precedenza, si osserva
come dopo aver applicato i corpi sul reticolo
diffusivo si procede ad orientare le piastre relative a
tali corpi rispetto ad un vettore esterno.
111
.UNITA’ DISCRETE
NODO 1
Sopra: vista dall’alto
A lato: vista prospettica
NODO 2
Sopra: vista dall’alto
A lato: vista prospettica
112
.UNITA’ DISCRETE
NODO 1
Viste prospettiche con i
differenti bodies separati
NODO 2
Viste prospettiche con i
differenti bodies separati
113
.UNITA’ DISCRETE
3. Sopra: modello tridimensionale del particolare costruttivo estratto e realizzato tramite tessuti
pre-impregnati in fibra di carbonio.
Il modello digitale è stato realizzato partendo da una diffusione completa e tenendo in considerazione
tutti gli aspetti topologici forniti dal sistema digitale, dalle coordinate di posizionamento dei nodi, alla
lista di connessioni con i “vicini”, oltre alle label topologiche che indicano i legami di parentela tra i
nodi al fine di ricostruire il processo di crescita dell’agglomerato definitivo.
114
.UNITA’ DISCRETE
4. Sopra: liste di import ed export ottenute durante il procedimento di mappatura dei corpi lamellari.
Nella lista di import (in alto) vengono indicati in righe differenti l’indice del nodo, le sue coordinate
spaziali, gli indici dei nodi connessi e la definizione topologica (branch, child, valenza).
Nella lista di export (in basso) sono invece indicati il numero progressivo dell’unità discreta, l’angolo
di piega della piastra a z minore e maggiore e l’angolo di torsione.
115
.UNITA’ DISCRETE
Tramite la generazione di un campo vettoriale, slegato
da aspetti strutturali e motivato da una resa estetica
complessiva, si procede ad informare l’orientamento
delle piastre e, di conseguenza, dei bodies di interconnessione
tra loro.
Agendo su tale campo, più nel dettaglio sulle transizioni
tra i differenti orientamenti dello stesso in diverse
zone, si può dotare il sistema di comportamenti
interni differenti ad articolati.
Considerando difatti l’aspetto “piatto” delle lamelle,
tale superficie viene orientata in conseguenza
alle piastre, fornendo alla struttura una funzione di
rivestimento di chiusura (legato ad un orientamento
costante dei vettori guida) oppure di elemento di
transizione con l’esterno (in caso di zone caratterizzate
da elevata varianza delle direzioni vettoriali).
5. In basso: vista prospettica di un assemblaggio
di prova.
6. Nella pagina a fianco: zoom progressivo
sul dettaglio delle lamelle, reso in
scala di grigi.
7. Nelle pagine seguenti: viste in sequenza
di un modello di crescita verticale con
elementi lamellari applicati.
116
.UNITA’ DISCRETE
117
06. UNITA’ DISCRETE
FABBRICAZIONE PROTOTIPO COSTRUTTIVO
1. Nella pagina a fianco: immagine
raffigurante un risultato intermedio
della fase di montaggio
del modello di studio proposto.
Come già evidenziato in fase preliminare, la parte
relativa alla prototipazione del progetto proposto non
rappresenta una fase finale e a sé stante del processo
complessivo, ma bensì un aspetto integrativo che intercorre
lungo tutta la ricerca trattata, legando aspetti
digitali e fisici del sistema nella loro interezza.
I sistemi di fabbricazione digitale, integrati all’interno
di un loop di feedback continuo tra effettiva
fattibilità e sviluppo digitale del processo generativo,
sono quindi risultati fondamentali per la generazione
dell’agglomerato finale. I vari modelli di studio, le
prove e gli errori conseguiti, l’ingegnerizzazione del
processo fabbricativo, sono tutte casistiche che hanno
informato il processo digitale lungo la sua definizione,
apportando talvolta limitazioni allo stesso, ma
permettendo al progetto di esprimere qualità inaspettate
ed emergenti legate al sistema.
Analizzando i risultati ottenuti precedentemente, si
nota come il processo proposto volga nella direzione
di una ricerca tettonica che generi elementi diffusivi
ad elevata occupazione spaziale, generati tramite un
elevato grado di ridondanza di connessione tra i nodi
spaziali, e di conseguenza tra gli elementi lamellari,
pur non portando ad un risultato globale massivo.
119
.UNITA’ DISCRETE
Alla luce di ciò, si è cercato già nelle fasi iniziali
della ricerca di realizzare gli elementi compositivi
della struttura proposta utilizzando materiali fibrorinforzati,
più precisamente tessuti in fibra di carbonio
pre-impregnati.
La scelta di tali materiali non è stata casuale, ma
legata ad una serie di esigenze emerse durante il
processo produttivo e nella definizione dell’agglomerato
definitivo. In prima istanza, tramite la fibra
di carbonio si rende possibile la realizzazione di
elementi “sottili” (o comunque con uno spessore di
dimensione trascurabile rispetto alle altre misurazioni)
mantenendo comunque una valenza strutturale e
di resistenza agli sforzi non indifferente.
In aggiunta a ciò, l’utilizzo di tessuto pre-impregnato
è risultato essenziale per la realizzazione di elementi
laminari; nelle fasi precedenti alla cura del composito
il tessuto presenta caratteristiche di elevata
lavorabilità, permettendo quindi la formazione delle
inclinazioni e torsioni richieste dal modello digitale
topologico, mentre dopo averlo curato sviluppa
caratteristiche di resistenza a trazione e compressione
molto elevato in relazione all’esiguo spessore delle
parti, con un evidente incremento di tale performance
utilizzando parti di tessuto a più strati.
2. Nella pagina a fianco: sequenza
di immagini relative alle fasi
iniziali della realizzazione del
modello.
Procedendo dall’alto verso il
basso: dimensionamento del
tessuto, fase di lavorazione e
piegatura con ausilio di un supporto
in legno, risultato finale
post ciclo di cura, con sviluppo
delle proprietà meccaniche del
componente.
Nei primi modelli di studio si è quindi proceduto a
valutare differenti spessori di tessuti sotto un duplice
aspetto di lavorabilità iniziale e portanza strutturale
finale, oltre a testare una vasta gamma di prodotti
che consentissero una corretta giunzione fra moduli
differenti.
Dopo aver individuato il corretto spessore delle
unità discrete, si è proceduto a ideare e realizzare un
sistema produttivo che permettesse la fase di cura di
più unità in modo simultaneo, permettendo il mantenimento
di un angolo di piega tra le piastre costante
durante tutta questa fase. Tramite la realizzazione di
stampi composti da due piastre connesse da un perno
passante si sono ottenuti buoni risultati nella realizzazione
degli elementi discreti, permettendo un mantenimento
della forma e delle pieghe del tessuto durante
la fase di cottura, integrando a ciò la possibilità di
attribuire una torsione ai pezzi creati che garantisse
un corretto orientamento delle piastre adiacenti ed
un non secondario rinforzo strutturale del singolo
componente.
120
.UNITA’ DISCRETE
121
.UNITA’ DISCRETE
Tramite una successiva standardizzazione degli
angoli di piega tra piastra e corpo del bodies, arrotondati
all’angolo minore entro i 5° di discrepanza,
si è quindi proceduto a realizzare una porzione di
elemento verticale estratto dalle diffusioni mostrate
in precedenza. Al termine del processo produttivo,
previa mappatura tramite ausilio di schemi topologici
digitali, si è terminato con la fase di assemblaggio
delle componenti, applicando una piccola porzione
di resina poliuretanica a presa rapida nelle piastre di
giunzione.
3. Nelle pagine seguenti: fasi del
processo produttivo standardizzato.
Occorre specificare come, durante la fase di montaggio,
la serie di operazione svolte per realizzare la crescita
dell’aggregazione risulti affine (quasi identica)
alla fase di crescita digitale del sistema considerato.
Questo aspetto, ricercato durante l’intera trattazione
svolta, permette allo sviluppo del modello fisico di
procedere passo a passo con la “crescita” del modello
digitale, permettendo quindi di verificare in tempo
reale eventuali soluzioni non conformi al risultato
atteso.
4. In basso: dettaglio della fase
di ingegnerizzazione del processo
produttivo.
I supporti mobili sono composti
da due piastre connesse da un
perno, in modo da permettere sia
la piega delle piastre terminali in
funzione dell’angolo inciso, sia
la generazione di una sufficiente
torsione nella zona di mezzeria
del pezzo.
122
.UNITA’ DISCRETE
Composizione stampo e applicazione distaccante
Preparazione stampi e inserimento del tessuto nell’apposita locazione
123
.UNITA’ DISCRETE
Fase di cottura di 6 pezzi in simultanea
Unità discrete nella fase di post-cura
124
.UNITA’ DISCRETE
Assemblaggi preliminari senza incollaggio
125
.UNITA’ DISCRETE
Concludendo, durante la fase di prototipazione sono
emerse maggiormente le criticità e le potenzialità del
progetto proposto. A fronte del legame tra aspetto
fabbricativo e digitale del processo di cui sopra, sono
emersi i limiti del sistema proposto sotto l’aspetto
dei tempi di fabbricazione e della sequenza logica di
montaggio nella fabbricazione “homemade” proposta,
oltre ad alcuni limiti di tenuta strutturale del
modello proposto. Si aprono così possibilità di implementazioni
future sotto l’aspetto di una più corretta
relazione tra il sistema digitale e quello fabbricativo
tramite l’intervento robotico, in fase produttiva e di
assemblaggio, al fine di garantire un miglior risultato
finale, dal punto di vista della complessità raggiunta
e delle performance strutturali, a fronte di una riduzione
dei tempi di lavoro
5. Nella pagina a fianco:
risultati intermedi a fase di
indurimento della resina ultimata.
6. In basso: dettaglio delle
fasi di assemblaggio e rifinitura
con relativo incollaggio
delle unità discrete, tramite
l’utilizzo di resina poliuretanica
a presa rapida.
126
.UNITA’ DISCRETE
Montaggio delle connessioni principali
Aggiunta di rinforzi e realizzazione basamento
127
07. SPECULAZIONE
ARCHITETTONICA
CRESCITA DIFFUSIVA VOLUMETRICA
1. Nella pagina a fianco:
ICD/ITKE Research Pavillion,
2016/17.
Vista laterale prospettica.
Le ricerche tettoniche riportate nei capitoli 3 e 4 sono
state realizzate non tenendo conto dell’organizzazione
spaziale delle lamelle e del risultato estetico
finale, ma con l’obiettivo di operare secondo logiche
di tipo bottom up e di indagare i risultati diffusivi
così ottenuti.
Durante la fase di ricerca della tesi, come affermato
in precedenza, si è proceduto ad integrare i risultati
ottenuti dal processo digitale con i vincoli e le
potenzialità emerse dalla realizzazione dei modelli
di studio, ragionando principalmente su elementi architettonici
singoli (la colonna, piuttosto che le zone
di transizione tra colonna e solaio) e solo in pochi
casi su diffusioni che agissero tramite campi e spazi
condivisi.
Procedendo con la fase finale della trattazione, si
sono riunite tutte le tematiche affrontate nel corso
della ricerca proposta sotto i vari aspetti considerati,
al fine di concretizzare il processo proposto nella
realizzazione di un canopy urbano.
All’interno di questo involucro architettonico sono
riportate le variazioni del sistema più importanti dal
punto di vista di ridondanza e densità dell’aggregazione
ottenuta, al fine di ottenere una corretta performance
strutturale dell’oggetto in congiunto con una
forma finale della diffusione che permetta la fruibilità
effettiva dello spazio realizzato.
129
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
Più nel dettaglio, si è proceduto a realizzare una diffusione
agente su campi vettoriali e scalari condivisi
partendo da 5 punti differenti.
Per motivi legati alla mancanza di potenza computazionale
e all’elevato grado di commplicatezza
dell’assemblaggio, si sono riscontrati problemi
nell’effettiva applicazione dei bodies lamellari alla
versione definitiva del canopy. Questo inconveniente,
risolvibile tramite un alleggerimento delle strategie
algoritmiche, sarà indagato successivamente per ovviare
al problema in fase di resa grafica finale.
In fase conclusiva, si procede quindi nelle pagine
seguenti a riportare il workflow definitivo adottato
per la generazione dell’oggetto architettonico,
comprensivo dei differenti campi vettoriali e scalari
forniti come input esterni, concludendo con una serie
di viste del modello definitivo e alcuni dettagli sui
risultati compositivi ottenuti a seguito dell’organizzazione
superficiale dell’assemblaggio definitivo.
2. Sotto e a fianco: visualizzazioni
dell’aggregazione
definitiva in scala di grigi,
evidenziando le connessioni
tra nodi.
130
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
131
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
Workflow processuale per la generazione volumetrica
1. Volumetria di partenza per la definizione del campo vettoriale
2. Campo vettoriale diffusivo
3. Campo scalare per variazione della densità
132
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
4. Campo scalare strutturale per la gestione dei rinforzi
5. Linee di sforzo principali per compressione e trazione
6. Campo vettoriale dedotto dagli sforzi principali
133
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
Risultato finale graficizzato con voxel attivi
Vista dall’alto in scala di grigi
Vista parallela in scala di grigi
133 134
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
Vista prospettica 1 in scala di grigi
Vista prospettica 2 in scala di grigi
135 134
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
Risultato post applicazione dei corpi laminari
135 136
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
136 137
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
138
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
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.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
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.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
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.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
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.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
143
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
Prototipazione del modello volumetrico in stampa 3D ad SLS (Selective Laser Sintering)
Vista dall’alto e in prospettiva del modello
144
.SPECULAZIONE ARCHITETTONICA
Viste ravvicinate del modello voxelizzato
145
08. CONCLUSIONI
“Dendritic Laminar Assemblies” è una ricerca volta ad esplorare le potenzialità di
processi generativi in una loro declinazione architettonica, rappresentata nello specifico
da un modello strutturale in fibra di carbonio ad elevato livello di ridondanza.
La realizzazione dell’involucro architettonico tramite elementi in fibra di carbonio
consente, oltre ai consueti vantaggi sul trasporto e sulla facilità di lavorazione dello
stesso, di attribuire valore estetico alle unità discrete che compongono il reticolo
strutturale e donando quindi all’assemblaggio finale la possibilità di esprimere al
contempo caratteristiche di formali e funzionali.
Attraverso la definizione di logiche interne e vincoli dedotti dai modelli di studio realizzati,
è stato possibile definire un processo generativo digitale volto alla generazione
di forme articolate, pur mantenendo un progressivo livello di informazione sotto
l’ottica della sua fattibilità. Tramite le caratteristiche di ridondanza del sistema si è
resa possibile, utilizzando unità funzionali con un ridotto grado di variazione formale
e quindi di semplice realizzazione, la generazione di un elevato livello di dettaglio e
variazioni topologiche interne al sistema, correlato a feedback in campo fabbricativo
e strutturale.
La speculazione a scala architettonica proposta è il tentativo di convogliare questa
variazione sistemica in un output estetico che permettesse l’integrazione tra elementi
verticali e orizzontali in un volume condiviso, suggerendo un’ipotetica applicazione
spaziale del sistema generativo applicato. Tuttavia, l’attuale livello di sviluppo di tale
sistema ha evidenziato più volte i limiti computazionali legati alle macchine utilizzate,
poiché la simulazione richiede un elevato numero di nodi depositati per generare
comportamenti emergenti della struttura globale. Lo scarso controllo che deriva da
queste limitazioni è ben visibile in alcune singolarità del sistema e ci si pone quindi
l’obiettivo di superare tale ostacolo tramite l’implementazione di maggiore potenza
computazionale attraverso le tecnologie di GPU computing e ottimizzando la logica
algoritmica adottata, al fine di ridurre la gravante operativa sulla macchina.
Nella fase di prototipazione si è proposto un metodo fabbricativo adatto alla realizzazione
dell’oggetto proposto che potesse dimostrare, tenendo conto dei vincoli
tecnici ed economici, l’effettiva fattibilità della logica di assemblaggio tra gli elementi
discreti. Il modello ottenuto ha soddisfatto i requisiti estetici e di auto-portanza ipotizzati
in fase preliminare pur dimostrando lacune sotto l’aspetto della rigidezza strutturale,
dovute all’utilizzo di materiali di facile reperibilità e lavorabilità. Occorrerà
quindi, nelle future trattazioni in questa direzione, ricercare la possibilità di integrare
una fabbricazione a controllo numerico o tramite ausilio robotico, al fine di ridurre
i tempi di lavoro e permettendo l’utilizzo di materiali migliori a discapito della loro
lavorabilità.
147
09. BIBLIOGRAFIA
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- Reiser J. & Umemoto N. – Atlas of Novel Tectonics, 2006
- Spuybroek L. – The Architecture of Continuity, 2008
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- Otto F. – L’architettura della natura, 1984
- Benyus J. – Biomimicry, Innovation inspired by nature, 1997
- Turing A. – The Chemical Basis of Morphogenesis, 1957
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- Gerschenfeld N. – Macrofabrication with digital materials, Center for Bits and
Atoms, MIT, Cambridge, 2014
- Cheung K., Gerschenfeld N. – Reversibly Assembled Cellular Composite Material,
Center for Bits and Atoms, MIT, Cambridge, 2016
- http://paulbourke.net/fractals/dla/
- https://processing.org/
- http://thecodingtrain.com/CodingChallenges/034-dla.html
149
10. RINGRAZIAMENTI
L’essere arrivato fino a questo punto mi porta sicuramente grande soddisfazione
personale, ma sarebbe egoistico pensare di avercela fatta senza le persone che, nei
momenti positivi come in quelli difficili, mi hanno supportato e donato quel qualcosa
che mi ha permesso di essere qui oggi.
Il primo ringraziamento va ad Alessio, costante fonte di ispirazione e confronto critico,
che ringrazio per avermi formato e guidato durante questa ricerca sempre in modo
appassionato e propositivo.
Ringrazio mia madre e mio padre, così diversi tra loro ma essenziali nella mia vita,
che tramite i loro pregi (e difetti) mi hanno permesso di essere la persona che sono,
oltre ad avermi aiutato durante questa ricerca in ogni modo umanamente possibile.
Ringrazio i miei nonni, Oscar e Bruno, e le mie nonne, Ivanna e Anna, per tutto ciò
che hanno fatto per me.
Ringrazio gli altri parenti, Erica, Laura, Rita, Ivana, Moreno e soprattutto mio zio
Giuliano, che come ben sa è stato parte fondamentale per la riuscita di questa tesi.
Ringrazio Sam, per la capacità che ha nel farmi ragionare e per essere sempre stato un
costante termine di confronto. Ti devo almeno una cena.
Ringrazio Matte, per essere una gran persona e per il costante supporto (spero reciproco)
durante questo percorso durato l’ultimo anno emmezzo.
Ringrazio gli amici bolognesi Vieri, Bado, Peter, Simo, Gigio, Ema, Giulione, Greg,
Sanno, Gio, Dario e tutti gli altri per i bei momenti passati assieme.
Ringrazio gli amici di sempre Mala, Bota, Ada, Fede, G, Greta, Berse, Nevio, Steve,
Borghi, Fillo, Catto, Matte, Mirko, Nuz, Miglio, Je, Valli, Cisco, Arto, Ste perchè fino
qui mi ci avete portato voi.
Ringrazio gli amici recenti, ma non meno importanti, Renna, Parmesan, Richi, Pecchi,
Spaggio, Lupo, Gimo, Covez.
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