a cura di Gisella Modica - Mezzocielo
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Interviste a<br />
Graziella Proto, Na<strong>di</strong>a Furnari,<br />
Antonella Sgrillo, Pina Maisano Grassi<br />
Evoluzione o emancipazione?, doman<strong>di</strong>.<br />
Si evolve la mafia, si evolvono le donne dentro<br />
la mafia ma <strong>di</strong>pende da quale parte si<br />
guarda. Io la chiamo involuzione perché<br />
imita il maschio nei suoi aspetti più deleteri.<br />
Ve<strong>di</strong> Margherita Bevilacqua, figlia del boss<br />
<strong>di</strong> Carini Passalacqua, che brilla <strong>di</strong> luce propria<br />
per capacità delinquenziali. Una<br />
“donna in carriera”. Oppure la ballerina inglese<br />
che sposa il boss <strong>di</strong> Gela, appende le<br />
scarpette al chiodo e si cala nel ruolo <strong>di</strong><br />
donna <strong>di</strong> mafia <strong>di</strong> stampo antico e fa stu<strong>di</strong>are<br />
i figli in Inghilterra. Certamente non è<br />
emancipazione, che per me ha un significato<br />
positivo, in quanto presa <strong>di</strong> coscienza dei<br />
propri <strong>di</strong>ritti.<br />
Che ruolo hanno le collaboratrici in questo<br />
universo mafioso?<br />
Ti parlo <strong>di</strong> ‘ndrangheta. In Calabria essere<br />
collaboratrici è più <strong>di</strong>fficile. Oggi la ‘ndrangheta<br />
è più forte ed è preferita dai cartelli<br />
che gestiscono il grande commercio <strong>di</strong><br />
droga, alla mafia, perché l’assenza <strong>di</strong> pentiti<br />
è sinonimo <strong>di</strong> affidabilità. C’è dunque più<br />
Graziella Proto<br />
<strong>di</strong>rettora della rivista Casablanca<br />
17 mezzocielo aprile-maggio 2012<br />
mafiacamorrandrangheta<br />
Fotografia <strong>di</strong> Stefania Romano, Palermo<br />
controllo e le collaboratrici sono pochissime.<br />
Sappiamo la fine che hanno fatto. Chi le ha<br />
“suicidate”? Le stesse famiglie, la madre, il<br />
marito. Però non ci sto a mitizzarle. Non<br />
sono eroine, hanno la loro convenienza nel<br />
collaborare. Spesso spinte da dolori, sofferenze,<br />
e angosce. Bisogna darle solidarietà,<br />
non bisogna farle sentire sole, ma come facciamo<br />
con tutte le donne che hanno bisogno<br />
<strong>di</strong> sostegno per uscire dalla palude. Quello<br />
che invece mi interessa mettere in risalto è<br />
la solitu<strong>di</strong>ne delle donne che denunciano in<br />
generale. Una solitu<strong>di</strong>ne fisica. Pren<strong>di</strong>amo il<br />
caso <strong>di</strong> Anna Maria Scarfò, una ragazzina <strong>di</strong><br />
se<strong>di</strong>ci anni che dopo essere stata stuprata dal<br />
branco, era <strong>di</strong>ventata oggetto <strong>di</strong> scambio<br />
sessuale tra mafiosi, ceduta in cambio <strong>di</strong><br />
sol<strong>di</strong> non erogati. Anna Maria trova il coraggio<br />
<strong>di</strong> ribellarsi e denunciare i suoi violentatori<br />
quando vogliono prendersi anche la<br />
sorella. Ebbene, nel suo paese, Taurianova,<br />
non ha trovato una sola donna solidale. Anzi<br />
il paese ha organizzato una fiaccolata contro<br />
<strong>di</strong> lei in <strong>di</strong>fesa degli stupratori. Nell’aula del<br />
interviste