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Valentina Tagliagambe - Regione Autonoma della Sardegna

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conseguenti al mancato utilizzo e remunerazione<br />

dei fattori produttivi locali, in particolare,<br />

il lavoro umano, e, quindi (come in realtà sta<br />

succedendo), la liquidità per acquistare i beni<br />

disponibili nei punti vendita delle attività commerciali.<br />

Le enormi rendite accumulate da un ristretto<br />

numero di industriali, importatori e<br />

distributori commerciali, con le decentralizzazioni,<br />

in queste circostanze, si sono manifestate,<br />

infatti, insufficienti (causa, a certi livelli, la prevalente<br />

rigidità <strong>della</strong> domanda rispetto alla crescente<br />

ricchezza) a compensare l’ampio vuoto<br />

di domanda che, via via, veniva a crearsi dietro<br />

il numero crescente di operai ed impiegati che<br />

con le delocalizzazioni perdono il lavoro, con il<br />

lavoro il salario e, conseguentemente,<br />

come già osservato, la capacità<br />

di acquistare i beni.<br />

A poco vale, in queste circostanze,<br />

che le concessionarie automobilistiche,<br />

i grandi magazzini, ed in<br />

misura minore i supermercati<br />

(essendo la spesa alimentare meno<br />

comprimibile) delle metropoli<br />

statunitensi, giapponesi, canadesi ed europei,<br />

siano oggi stracolmi di beni da vendere, molti<br />

dei quali prodotti nei PVS (a prescindere dalla<br />

nazionalità del marchio), se a molti consumatori<br />

americani, giapponesi, canadesi ed europei<br />

è venuta meno la possibilità di acquistarli,<br />

nonostante i prezzi degli stessi beni, nel frattempo,<br />

siano stati fortemente ridimensionati.<br />

In queste circostanze, agli ex lavoratori<br />

(ora disoccupati) altra possibilità di difesa non<br />

è rimasta, a fronte dei mancati redditi, che<br />

quella di contenere o rinunciare a fare alcuni<br />

acquisti, di quei beni però non ritenuti immediatamente<br />

necessari.<br />

Di quelli, in particolare, posseduti in eccesso<br />

e ancora pienamente efficienti, come gli automezzi,<br />

i mobili, gli elettrodomestici, l’abbiglia-<br />

21 Un discorso non valido per i Paesi poveri.<br />

I gravi errori<br />

di un modello<br />

economico<br />

che decentra<br />

le produzioni<br />

dove il costo del lavoro<br />

è a più buon mercato<br />

Dialoghi & Confronti<br />

mento, frutto di acquisti fatti negli anni d’illusorio<br />

benessere e di sfrenato consumismo, quando<br />

molti beni, di norma, erano acquistati, non in<br />

funzione di una loro reale ed immediata utilità,<br />

vale a dire, per soddisfare bisogni fondamentali,<br />

ma, frequentemente, in funzione di quel perverso<br />

condizionamento o meccanismo, chiamato moda,<br />

fatto per spingere i “consumatori” ad acquistare<br />

nuovi beni, che rendevano sistematicamente<br />

obsoleti quelli disponibili, ancor prima che avessero<br />

esaurito la loro utilità potenziale.<br />

Una circostanza che, in ogni caso, ha<br />

portato i consumatori ad assumere un comportamento<br />

più riflessivo nel selezionare i<br />

beni da acquistare e alla conseguente constatazione<br />

che gli effetti dell’attuale recessione<br />

economica, a prescindere da quelli<br />

più immediati e non equamente<br />

distribuiti, non siano tutti<br />

negativi 21 .<br />

La riduzione del potere d’acquisto<br />

delle famiglie, almeno per<br />

quanto riguarda i beni voluttuari,<br />

quelli in assenza dei quali la<br />

qualità <strong>della</strong> vita degli individui<br />

non migliora né peggiora affatto, non può,<br />

infatti, che rivelarsi provvidenziale, sia per<br />

il risparmio delle risorse limitate, sia per la<br />

conservazione dell’ambiente naturale, sia<br />

(forse) per far maturare finalmente le coscienze<br />

nella direzione di un modello di sviluppo<br />

più virtuoso.<br />

Sotto questo profilo, il diminuito potere<br />

d’acquisto, ha fatto sicuramente capire a<br />

molti consumatori che, rispetto a prima (naturalmente<br />

entro certi limiti) si può vivere<br />

altrettanto bene, eliminando l’acquisto (e,<br />

quindi, in molti casi, lo spreco) di beni che in<br />

realtà erano e sono superflui e di cui, frequentemente,<br />

erano inconsapevolmente schiavi.<br />

In futuro, in prospettiva di un reale cambiamento,<br />

rimane, perciò, da risolvere il pro-<br />

<strong>Sardegna</strong> Economica 6/2009 43

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