Dallari & Figlio - Gioventù Musicale d'Italia sede di Modena
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Domenico Scarlatti<br />
Sonate K 45, K 44, K 394, K 13, K 98, K 425<br />
Chissà se qualche maligno ha mai pensato <strong>di</strong> applicare alle<br />
cinquecento e passa sonate per clavicembalo <strong>di</strong> Domenico<br />
Scarlatti la boutade stravinskijana su Vival<strong>di</strong>, secondo cui il<br />
Prete rosso aveva scritto non tanto quattro centinaia <strong>di</strong> concerti,<br />
quanto un solo concerto moltiplicato per quattrocento.<br />
Nulla <strong>di</strong> più sbagliato; come i concerti vival<strong>di</strong>ani, ciascuna<br />
sonata <strong>di</strong> Scarlatti è un microcosmo a sé: basta prestare<br />
orecchio alla brillante grazia quasi rococò della Sonata K<br />
45, o al garbo minuettistico della K 44. O ancora all’estro<br />
da toccata della K 394 e al puro piacere ‘<strong>di</strong>gitale’ della K 13,<br />
passando per il vibrante Allegrissimo (in<strong>di</strong>cazione dell’autore)<br />
della K 98, o per i trilli e i tesi passaggi armonici della<br />
K 425, che si <strong>di</strong>rebbero quasi francesi se non fosse per una<br />
robustezza <strong>di</strong> linguaggio tutta scarlattiana.<br />
(tb)<br />
Muzio Clementi<br />
Sonata in fa <strong>di</strong>esis minore op. 25 n. 5<br />
La Sonata, composta e pubblicata tra il 1786 e il 1790 e appartenente<br />
ad un periodo particolarmente fecondo <strong>di</strong> Muzio<br />
Clementi, è considerata dalla critica uno dei lavori migliori<br />
del compositore data l’altissima ispirazione musicale<br />
che si accompagna al più grande rigore della forma e della<br />
scrittura strumentale. La sintassi su cui si basa l’Allegro con<br />
espressione iniziale è costruita sulla ripetizione e l’accostamento<br />
<strong>di</strong> piccoli moduli ritmici e melo<strong>di</strong>ci e sulle frequenti<br />
sincopi e contrattempi che conferiscono al primo movimento<br />
un vago carattere inquieto. Il Lento e patetico seguente possiede<br />
una grande carica espressiva data dai lunghi pedali e<br />
dalle aspre <strong>di</strong>ssonanze. Chiude la sonata un vorticoso Presto<br />
dal carattere toccatistico.<br />
(Marco Golinelli)<br />
Fryderyk Chopin<br />
Valzer op. 64 n. 2 in do <strong>di</strong>esis minore<br />
Scherzo n. 4 in mi maggiore op. 54<br />
Polonaise - Fantasie<br />
in la bemolle maggiore op. 61<br />
La Polonaise-Fantaisie, terminata nel 1846, è una delle architetture<br />
più ambiziose concepite da Chopin, sotto l’aspetto<br />
sia armonico sia formale. La struttura, mobilissima e quanto<br />
mai fluida, si allontana nettamente da quella tripartita con<br />
sezione centrale contrastante tipica delle Polacche precedenti,<br />
evita la ripresa letterale del tema principale (che viene<br />
quasi trasfigurato in una coda <strong>di</strong> potenza epica) e presenta<br />
una sorta <strong>di</strong> introduzione che funge quasi da improvvisativa<br />
‘esplorazione’ tattile e sonora dello strumento. Fra i lavori<br />
della piena maturità chopiniana figurano anche il Valzer op.<br />
64 n. 2 (caratterizzato da una malinconia ‘lunare’ temperata<br />
dal sereno tema interme<strong>di</strong>o in re bemolle maggiore) e lo<br />
Scherzo op. 54 in cui, <strong>di</strong>versamente dai tre Scherzi precedenti,<br />
Chopin abbandona i toni più ruvi<strong>di</strong> per avventurarsi<br />
in un’atmosfera <strong>di</strong> leggerezza elfica tipicamente mendelssohniana,<br />
cui contribuisce anche lo splen<strong>di</strong>do tema centrale,<br />
dalla purissima cantabilità belliniana.<br />
(Simone Guaitoli)<br />
Nikolaj Griševi Kapustin<br />
Stu<strong>di</strong> da Concerto op.40 n.1 “Prelu<strong>di</strong>o”<br />
e n. 3 “Toccatina”<br />
Discendente <strong>di</strong>retto della scuola pianistica che ha formato,<br />
tra gli altri, Vla<strong>di</strong>mir Horowitz, Nikolaj Kapustin (ucraino,<br />
classe 1937) si è affermato dagli anni Cinquanta non solo<br />
come pianista e arrangiatore jazz (benché lui stesso affermi<br />
<strong>di</strong> non considerarsi un jazzista), ma soprattutto come<br />
compositore interessato a coniugare il sound jazzistico e le<br />
strutture formali della grande tra<strong>di</strong>zione classica. A questa<br />
sua poetica non sfuggono gli otto Stu<strong>di</strong> da concerto op. 40,<br />
risalenti al 1984 (il catalogo del compositore, nel frattempo,<br />
è arrivato al numero 134, con la <strong>di</strong>ciassettesima Sonata<br />
per pianoforte ultimata giusto un anno fa).<br />
(tb)