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La Rocca

La Rocca - Memoteca

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<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>Chi sarà? Chi non sarà? A quest’ora?Il mito partigiano si alimenta di voci fatte circolare ad arte e di azionispettacolari come quella della rocca di Cesena, i cui particolari sono diffusiaddirittura da Radio Londra e da Radio Mosca.... allora fu una cosa grossissima. Tanto è vero che ne parlò Radio Londra. Trasmise un comunicatosu questa azione dei gappisti de... Ne parlò Radio Mosca in una sua trasmissione e ne parlò un po’ lastampa nostra, insomma, la stampa clandestina no? Come di un’azione di notevole... di notevolepeso. Anche perché la liberazione di prigionieri politici dalle carceri, come disse Radio Mosca inquell’occasione, non avveniva da oltre cinquant’anni. Quando era stato aggredito... quando eranstati liberati dei prigionieri politici da un carcere della Bulgaria o qualcosa del genere (...) poi invecel’attacco alle carceri si è ripetuto parecchie volte no? (Leopoldo Lucchi - 1984)... fu un grande successo che galvanizzo i Garibaldini e l’opinione pubblica che diceva che eranovenuti dalla montagna con un camion preceduti da due stafette con moto del esercito, o altre[versioni] più fantasiose, rimane il fatto che Radio Londra diede l’annuncio con grande rilievo.(Vittorio (Quarto) Fusconi - manoscritto 2001)Il fatto, avvenuto verso la mezzanotte del 9 febbraio 1944, è esposto brevemente da don LeoBagnoli nel suo diario:9 febbraio 1944 - Questa notte un gruppo di partigiani con uno stratagemma si è fatto aprire ilportone della <strong>Rocca</strong> dal capo custode della prigione. Il custode ha chiesto dallo spioncino: “Chisiete?” “Siamo agenti” ed hanno mostrato un uomo ammanettato che doveva essere portato dentro.Era una finta. Una volta aperto i partigiani hanno immobilizzato il custode, certo Valente. Indihanno prelevato dal carcere un tale di Settecrociari, elemento antifascista e l’hanno posto in libertà.Prima di andarsene è stato ucciso il disgraziato custode; non si sa per quale motivo. Il custode,ucciso con un colpo alla nuca era padre di ben nove figli. Il fattaccio viene tenuto nascosto. (Daldiario di don Leo Bagnoli - Cesena)A don Pietro Burchi, parroco di Gattolino, la notizia arriva già leggermente modificata, ipartigiani si sono portati alla rocca con un autocarro ed erano travestiti da carabinieri:10 [febbraio] - Questa notte i ribelli sono andati con un autocarro nella <strong>Rocca</strong> di Cesena, si sonofatti aprire dal custode sotto pretesto di dover consegnare i carcerati (si fingevano carabinieri). Lohanno ammazzato perché non voleva consegnare le chiavi dei carcerati; hanno preso due loro amicidetenuti e sono partiti indisturbati. Prima avevano tagliato i fili del telefono. (Dal diario di donPietro Burchi - Gattolino)A Forlì, i partigiani, mascherati, diventano più di venti e a loro disposizione è addirittura unacorriera della SITA. Non manca neppure l’incontro con i soldati tedeschi ad un posto di


locco, soldati a cui basta mostrare i fucili per essere lasciati passare. L’azione è attribuitaCorbari:[Forlì] 10 [febbraio] = A mezzanotte circa tre individui qualificatesi agenti di P.S. checonducevano seco un ribelle da imprigionare, riusciva a sorprendere la nuova [buona] fededell’agente di guardia ed ad ottenere l’apertura delle carceri di Cesena. Fatta irruzione insieme adun’altra ventina di mascherati, liberavano i detenuti politici, due dei quali in attesa di esseregiustiziati all’indomani. Il custode Valentini, padre di 14 figli, cadeva ucciso si vuole per averericonosciuto uno del drappello cui era caduta la maschera; sembra che gli autori del colpo di manodisponessero di un torpedone della S.I.T.A., messo in moto a fanali accesi; fermati ad una portadella città da soldati tedeschi avrebbero mostrato i loro fucili mitragliatori, in modo da proseguireindisturbati. Il popolo attribuisce queste sorprese ad un partigiano misterioso che si trova in centoguise, disinvolto, audacissimo che chiamiamo Corbara e sarebbe faentino. (Dal diario di AntonioMambelli - Forlì)Ma cosa successe veramente? Anche se l’azione della rocca di Cesena è una dellepiù note, non è facile ricostruirla nei particolari. Di essa si conoscono almenoquattro versioni diverse, che non concordano neppure sui nomi dei presenti. Lostato di forte tensione nervosa di chi vi partecipò ha certamente influito sulricordo della vicenda. Ricordo che è stato, poi, probabilmente, inquinato anchedalle diverse versioni distorte che furono immediatamente diffuse a scopo dipropaganda.... fu fatta da un nucleo ristretto di compagni e... venne organizzata così, come allora poi noipotevamo organizzare ste cose senza... benché della cosa dopo se sia parlato in maniera... io stessomi son sentito raccontare quella azione da qualcheduno che addirittura mi diceva di esserci e inveceio non l’avevo visto. Insomma non c’era. (Leopoldo Lucchi - 1984)Il fatto è diretta conseguenza dell’arresto di Ezio Casadei, di Settecrociari, responsabilecesenate del collegamento con la base di Pieve di Rivoschio.Nazario: Prima di tutto mio zio [Ezio Casadei] è rimasto orfano di padre [Cesare] nella guerra del’15-’18, che era ancora un bambino diciamo (…)Fausto: … ed Ezio era del 1914, per cui proprio non ha neanche visto… conosciuto il babbo…Nazario: No. No. No. Non l’ha conosciuto.Fausto:… e chi l’ha educato, educato al rispetto degli altri, a non accettare soprusi… insomma era lamamma, che era molto laboriosa e rigida sotto questo aspetto della lealtà ed onestà. <strong>La</strong> mamma sichiamava Cesira Montacuti. (…) Per quanto riguarda l’avversione al fascismo di Ezio, secondo me,non ha avuto, almeno all’inizio, radici al di fuori dell’ambiente e dei soprusi subiti da Ezio almomento della trebbiatura. Perché i fascisti pretendevano un quantitativo di grano in relazione algrano prodotto. Per cui, ecco… sentendola una ruberia (…) è nata questa ribellione… questoantifascismo. Antifascismo di natura ambientale, perché lo zio [Eugenio Casadei], era unrepubblicano… stava subendo punizioni e... eccetera. Perché appunto lui non accettava di essere …non accettava il partito fascista insomma e poi per non accettare (…) questo furto che gli venivaimposto al momento della trebbiatura. In quanto la mamma (…) conduceva un appezzamento diterreno che era stato ereditato dal padre. Dopo ha accettato delle frequentazioni… ha conosciutoaltri coi quali (…) ha approfondito il suo antifascismo.Saura: Io, i ricordi che ho, cominciano da quando mi raccontava mia mamma [la sorella di Ezio,Maria] di mio zio che andava a scuola alle industriali… l’Istituto industriale… però non volle, in


quel periodo del fascismo, non volle la tessera e fu cacciato dalla scuola. Lui non poté neanchefinire gli studi. (…) Poi ha dovuto cominciare… Non ha potuto neanche mai lavorare, perché nonaveva la tessera del partito. Quindi era mantenuto da mia nonna, cioè dalla mamma. Faceva qualchelavoretto così… Ha fatto un po’ l’autista ma… Poche cose, insomma. Ma lui si interessava subito dipolitica. Si è interessato. Aveva tutti i libri che teneva sempre nascosti, io mi ricordo, in casa da mianonna. Libri che allora non si potevano leggere, libri di politica oppure di... (…) Insomma, lui hacominciato subito ed era in contatto con quelli di Forlì, quelli di Cesena (…) Io mi ricordo che erobambina e andavo… forse… prima della guerra naturalmente. Venivano in casa… veniva in casacon degli amici, con delle persone, si chiudevano in una stanza e nessuno poteva entrare più in casafinché non erano andati via questi, verso sera (…) Uno di questi era anche <strong>La</strong>ma [Lelio], quello chedopo è morto… che era su in montagna con mio zio. (…) Il fratello [di Luciano <strong>La</strong>ma], quello che èmorto e che allora aveva 19 anni ed era molto più giovane di mio zio. (…)Nazario: Dopo è andato militare (…)Saura: No. No. No. Militare c’è andato prima. Prima. Questa era roba… che dopo è stato… Militarec’è andato prima. Questo qui era prima del passaggio del fronte (…)Fausto: Io ho detto che lui è stato… è stato educato al rispetto degli altri e questo era molto radicato(…) da voci che circolavano e anche dal suo comportamento (…) avevo avuto questa impressione(…) che lui non accettasse i soprusi e le angherie, le ingiustizie e questo lo ha anche indotto aribellarsi, a diventare una specie di sovversivo, di sovversivo alle leggi del partito fascista (…) unavoce che circolava e me lo ha confermato anche un mio cugino, Adolfo [Casadei] (…) i fascisti, nonso se per un anno o per più anni (…) pretendevano il versamento… il conferimento di una parte delgrano trebbiato prodotto (…) dai contadini… dai coltivatori diretti, per darlo ai fascisti. Per darlo alpartito e secondo me (…) questo episodio ha scatenato l’avversione al fascismo da parte di Ezio.(…) <strong>La</strong> mamma di Ezio coltivava il podere… il terreno e perciò produceva anche grano (…) e alloracredo che (…) sicuramente Ezio si è ribellato e di questa ribellione si è sparsa la voce lì (…) c’eraanche lo zio Eugenio (…) che furbescamente faceva finta di essere (…) ubriaco quando sipresentavano i fascisti per ammonirlo per dirgli che appunto era… antifascista. Eugenio eradichiaratamente antifascista come mazziniano (…) come suo fratello (…) Cesare [il padre di Ezio].(…) I repubblicani mazziniani erano antifascisti e anticlericali, in genere. Eugenio, appunto, è statosicuramente maestro in questo campo, perché, appunto, aveva avuto dei guai con i fascisti e davaaddosso esplicitamente ai fascisti. (…) Un ambiente favorevole alla formazione di questaavversione. (…)Saura: Per questo [Ezio] fu cacciato dalla scuola… lui la lasciò, perché disse “Io la tessera non laprendo…” e quindi dovette lasciare. (…) lui leggeva tutti quei libri (…) quei libri che aveva incasa…era[no] sulla rivoluzione russa e probabilmente a lui era piaciuta di più questa idea qui (…)Nazario: Questi incontri in casa non li sentiva nessuno perché si chiudevano.Fausto: Lo zio, il padre (…) appartenevano ad un mondo diverso (…) dopo si sono sviluppate altreidee, in base anche ad una preparazione culturale (…)Saura: Quando è stato la caduta del fascismo, all’inizio… Il 25 di luglio, che [lui], lì, bruciò... aSettecrociari... tutti…Fausto: Avevano una bibliotechina [nella casa del fascio].Saura: E lui bruciò tutto in mezzo… là, al ponte, che lì c’era il ponte e lui bruciò tutte queste cosedei fascisti. Lo videro tutti. E lui disse “Se viene qualcuno a chiedere, son stato io. <strong>La</strong> colpa è solo lamia”. Per non incolpare gli altri.[Ma c’erano anche altri?]Saura: Sì, sì, c’erano anche le altre persone lì di Settecrociari. Però lui disse “<strong>La</strong> colpa è solo lamia”. (…) Perché dopo lui andò via.Fausto: Io ne sono testimone perché vidi tutti i libri… tutti i libri (…) Trovai tutti questi libri (…)proprio lì nell’area del ponte (…) del ponte di Settecrociari (…) ma non sapevo chi fosse stato… emi ricordo di averli proprio visti ed è stato il 25 luglio quando cadde il fascismo.


Nazario: Io me lo ricordo con la motocicletta, che veniva giù con la motocicletta. Lui aveva un’Avio500. Dalla montagna [veniva giù], penso…Saura: Perché lui era un cacciatore e la montagna... lui conosceva bene. Alfero… e tutte quelle zonelassù… E’ per quello che lui… Aveva forse conosciuto della gente... sapeva dove aveva… aveva icontatti… Col fatto che andava a caccia era anche una buona scusa per tenere i contatti… percercare i posti e tutto. Invece (…) l’8 settembre, mi ricordo che passavano i militari, poverini e chepassavano e che cercavano gli abiti civili. Insomma mio zio diede via tutto. Neanche un paio dipantofole [rimase]. Che la mia nonna diceva “Ma tu non hai più i vestiti!” (…) Diede via tutto! (…)della sua vita io mi ricordo quello che mi diceva mia mamma. Della scuola… che incomincia con lascuola che l’ha dovuta lasciare e… tirò il quaderno in faccia alla professoressa (…) la Garaffoni(…) che venne sfollata lassù [a Settecrociari] e con la mia mamma gli diceva sempre “Come midispiace di suo fratello! Quello che ho fatto!”. Capisco, era lì sfollata e aveva anche paura.[Ezio che lavoro faceva?]Saura: Faceva pochissimo perché…Nazario: <strong>La</strong>vorava come autista con lo zio, col cugino (…) guidava il camion (…) ha lavoratoinsieme con Adolfo [Casadei](…) Perché non avendo la tessera non poteva fare nient’altroSaura: Aveva il podere quindi aiutava la mamma a far qualcosa ma… (…) Mia mamma dicevasempre che l’unica cosa che lui faceva era la politica… che l’unica cosa che gli interessava era lapolitica. (Saura Montesi, Nazario Montesi, Fausto Casadei – 2003)All’inizio ero aiutante di un responsabile per la montagna, dopo l’hanno arrestato e portato alla<strong>Rocca</strong>, si chiamava Enzo [Ezio] Poi andarono a liberarlo. (...) Questo Enzo una volta liberato andòsu in montagna in brigata e io presi il suo posto. (Aldo Fusconi - dattiloscritto 1983)Ezio fu arrestato il 6 febbraio poco dopo Borello, mentre assieme a Leopoldo Lucchi (Gim, mapiù noto come ) si stava dirigendo verso Monteiottone. Lì, Ezio si sarebbe dovutofermare per organizzare una nuova base, che avrebbe dovuto accogliere le reclute partigianedirette alla brigata, mentre Gim, che doveva incominciare il servizio di spola fra la nuova basee il comando della 29a. Gap, in pianura, lo seguiva per imparare il percorso.<strong>La</strong> strada da percorrere era conosciuta solo da Ezio, che pedalava qualche metro davanti a Gim. Neipressi di S. Carlo i due sono fermati dai carabinieri ed uno di questi - che evidentemente conoscevaEzio - avvicinandosi avvertiva che lungo il percorso vi era un movimento insolito di fascisti, il chefaceva pensare ad un tranello teso ai due partigiani. Ezio non tenne conto dell’informazione e decisedi proseguire. (...) superato Borello di alcune centinaia di metri - nei pressi del ponte - Ezio e Gimvenivano superati da un’auto nera che si fermava ad alcune decine di metri avanti. Scendeva unuomo vestito di nero che invitava Ezio e Gim a fermarsi. Gim, che in quel momento si trovavadavanti, visto che la macchina era targata Roma, pensò si trattasse di forestieri che avevano bisognodi informazioni e proseguì fino all’auto, fermandosi di fianco a questa. Nel frattempo Ezio, cheaveva riconosciuto nell’uomo sceso dalla macchina, Fiuzzi, il famigerato segretario del fasciorepubblichino di S. Carlo (...) tentava la fuga verso il fiume Savio; il Fiuzzi estratta la rivoltellarincorreva Ezio, intimandogli di fermarsi. I gregari del Fiuzzi armi alla mano, scendevanodall’automobile tentando di catturare Gim. Il quale riavutosi dalla sorpresa estraeva la rivoltella efaceva fuoco sui fascisti, iniziando contemporaneamente la fuga; i fascisti vista la reazione di Gimrinunciavano ad inseguirlo e questi ebbe così il modo, fatte alcune centinaia di metri, di scendere nelfiume Savio, attraversarlo e mettersi in salvo. (Da: Febbraio 1944: Assalto alla <strong>Rocca</strong> / di LeopoldoLucchi - fotocopia di un articolo di giornale senza l’indicazione della testata – ISRFC ANPICesena)


Mi ricordo una sera che a San Mamante disarmammo tre tedeschi e fra l’altro disarmammo quelfascista che aveva arrestato Ezio Casadei a Piavola. L’avevano arrestato a Piavola che si buttònell’acqua e poi dopo fu portato giù a Cesena così bagnato nelle celle. Che u s’ avet da murì chesgrazì! Andammo a disarmare anche lui. E era... Casaloc ad San Cheral era chiamato e sapevo doveera sfollato e c’andammo quella sera. Gli portammo via, anche lì, un fucile da caccia, la pistola e ilmoschetto. (Renato Gasperini - 1984)Saura: L’hanno preso lassù… al lago (…) mia mamma [la sorella di Ezio, Maria Casadei] hasempre detto al <strong>La</strong>go di Quarto. (…) A Quarto l’hanno preso. (…) L’han preso a Quarto e che dopolui si buttò in acqua (…) perché aveva tutti i documenti. Aveva tutti i nomi, tutti gli indirizzi, iposti… e un’arma, che lui si buttò in acqua proprio per disfarsi di queste cose. E poi l’han presobagnato e l’hanno portato…Nazario: Il fiume, io ricordo il fiume. Anche quando il sindaco Lucchi ne ricordò la memoriaparlava di fiume.Saura: … si buttò perché, la mamma diceva che aveva queste cose e poi fu portato su in prigione ela mamma riuscì ad avere dei permessi per andarlo a trovare (…) perché stava male, aveva avutouna pleurite o una roba del genere…Nazario: <strong>La</strong> polmonite, raccontava la mamma che aveva la polmonite, diceva. Buttandosi in acqua erimanendo bagnato… aveva la polmonite quand’era su alla rocca.Saura: … perché stava male, lei gli portò i vestiti asciutti… e appunto lei era in contatto con queglialtri che lo dovevano liberare (…) e il giorno che doveva essere liberato gli dissero “Tu vai su lostesso… perché fai finta… tu non devi sapere niente…”. E allora mia mamma andò su lo stesso conla roba da mangiare eccetera, a portargli un pacco, perché doveva non saper niente naturalmente…[Cosa raccontava sua madre dopo che lo andava a trovare in prigione?]Saura: Ha! Poveretta, era disperata perché vedeva suo fratello che stava malissimo. Aveva la febbre.Lo picchiavano. Tutto dolorante. Si raccomandava perché diceva… “Di che facciano presto perchéio mi sento male non ce la faccio più”. (Saura e Nazario Montesi – 2003)Ezio e Gim incontrarono un posto di blocco lungo la strada. Ne seguì una breve sparatoria. Idue si separarono. Ezio fu catturato mentre Gim riuscì a fuggire. Subito dopo Gim cercò dirintracciare Ezio ma non lo trovò. Aspettò che si facesse buio, poi, si diresse al comando della29a. Gap per dare notizia di quanto era successo, non ancora sicuro della sorte toccataall’amico.Al Comando di Battaglione erano presenti Ernesto [Barbieri], Berto [Luciano Caselli], Guerrino[Adriano Benini] e Lorenzo [Aldo (Lorenzo) Fusconi] e Gim [Leopoldo Lucchi] li informòbrevemente del fatto. Furono prese alcune misure: 1) spostare subito il Comando di battaglione; 2)ordinare lo spostamento immediato dei depositi di armi e mettere in stato d’allarme tutto ilBattaglione. Queste misure si imponevano perché se Ezio fosse stato catturato bastonato e torturato,avrebbe potuto svelare i rifugi e i depositi. Fu anche deciso di inviare al mattino, subito, unastaffetta presso il “centro informazioni” del Distaccamento centro Città, per avere notizie precisesulla sorte di Ezio. Al mattino del giorno dopo la staffetta inviata a Cesena ritornava per annunciareche Ezio era stato catturato e portato alle carceri alle della <strong>Rocca</strong> ove Garaffoni [Guido] e Sibirani[Aldo] si erano recati per interrogarlo. <strong>La</strong> riunione del Comando di battaglione ebbe subito inizio(...) Dopo breve discussione, unanime fu la decisione, tentare l’attacco alla <strong>Rocca</strong> (...) Gim dovevaportarsi immediatamente in città e prendere contatto coi GAP del “Distaccamento centro”;raccogliere tutte le informazioni utili alla realizzazione dell’impresa; controllare il movimento cheavveniva alla <strong>Rocca</strong>; portarsi con le informazioni raccolte, dalle ore 20 alle 21 in una casa di viaDiavolessa, dove durante le prime ore della sera si sarebbero trovati i partigiani che dovevano


partecipare all’azione. (Da: Febbraio 1944: Assalto alla <strong>Rocca</strong> / di Leopoldo Lucchi - fotocopia diun articolo di giornale senza l’indicazione della testata- ISRFC ANPI Cesena)Mi trovavo nella piccola stalla di un contadino povero di Bagnile, quando il giovane gappista Gim[Leopoldo Lucchi] entrò madido di sudore. Intuendo che qualche cosa era accaduto balzai in piedi.“Hanno arrestato il compagno Ezio! Io sono riuscito a fuggire gettandomi nel fiume.” Fu la rispostaalla mia muta domanda. Ezio era il compagno che riforniva in armi l’allora costituito movimentopartigiano della zona di Cesena il 3° distaccamento “Garibaldi”. “Dove l’hanno portato?”domandai. “Alla <strong>Rocca</strong> Malatestiana.” Rispose Gim. Rimanemmo pensierosi, poi Gim disse contono di preghiera: “Bisogna salvarlo!” affermai, “Ed al più presto, è uno dei nostridell’organizzazione Militare.” “I compagni dell’organizzazione politica hanno detto che occorrestudiare bene il piano per entrare nella <strong>Rocca</strong>.” Soggiunse Gim. Era comprensibile che non vi eratempo da perdere. L’idea di formare una pattuglia notturna per simulare la cattura di un sospetto econdurlo in carcere per ottenere con tale mezzo, l’apertura del portone d’ingresso, s’andòdelineando nella mia mente. Questo accadeva alle ore 16 del 9 febbraio 1944. Il coprifuoco era alleore 18 ed in due ore occorreva scegliere i compagni gappisti migliori, dare loro le istruzioni eraggiungere la rocca prima delle 18, perché non vi era mezzo di attraversare la città dopo tale ora,data la sorveglianza nazi-fascista. Immediatamente diedi ordine a Gim di recarsi in città a prenderecontatto con due gappisti scelti per l’azione e portarsi nei pressi della rocca per sorvegliare ilmovimento ed attendere il mio arrivo. Partito Gim esposi il mio piano al compagno Berto [LucianoCaselli], il quale lo approvò; accettò di partecipare all’azione e di partire immediatamente alla voltadi S. Giorgio per chiamare altri due gappisti e con essi raggiungere il luogo stabilito con Gim.“Manca il compagno Pini [Fabio Ricci]” disse Berto. Ma non aveva terminato la frase che ilcompagni Pini si vide entrare tenendo la mano sulla fronte ed esclamando: “Ho la febbrecompagni!” “Hanno arrestato Ezio e ci prepariamo per andare a salvarlo e mi duole che tu stia pocobene, perché sarebbe necessaria la tua partecipazione.” Il compagno Pini veniva da Faenza emalgrado la stanchezza del viaggio ed il malessere provocato dalla febbre, manifestò ugualmente ildesiderio di partecipare all’azione. (Adriano Benini - dattiloscritto - ISRFC 1023)Arrivai a Bagnile di ritorno da Faenza. Mi trovai coi compagni nella stalla di un contadino. Al miogiungere Berto [Luciano Caselli], Borghi e Gigin [Leopoldo Lucchi] mi dissero che avevanoarrestato Ezio, e che tradotto nel locale carcere, veniva sottoposto ad inaudite torture da parte deifascisti. Volevano sapere con chi egli si trovava, dove erano le armi che dovevano essere inviate aipartigiani dell’Ottava Brigata Garibaldi Romagnola. Sapevamo che nonostante le torture, Eziotaceva, avrebbe preferito la morte che il disonore. Inoltre si sapeva che il locale comando tedescoaveva dato ordine perentorio di punire con la morte Ezio ed un altro compagno di cella. (...) Eppureoccorreva agire, ci consultammo, prendemmo gli ultimi accordi e partimmo in due gruppi. Eravamoin sette gapisti della 29[a.] Brigata Gastone Sozzi. (Da: Liberazione di due compagni dal carcere diCesena il 9-2-44 / Ricci Fabio Com.te batt.ne 29[a.] GAP G. Sozzi. Cesena – ISRFC ANPI Cesena)... l'arresto ai primi di Gennaio [di] Maria [Della Strada] in Fusconi [Alfredo (Duilio)] e del figlioGino [(Otello)] ad andare a trovarli alla <strong>Rocca</strong> Ugolini Iolanda Ines Romagnoli e Maraldi Marinaper portare panni per cambiarsi e viveri Un giorno mentre erano accompagnate al coloquio videroun uomo che era stato torturato, Iolanda riconobbe chi era, Ezio Casadei veniva a casa nostra perincontri dato che era il responsabile di collegamento con 8° Brigata Garibaldi, si incontrava conRicci [Fabio] Gigin [Leopoldo Lucchi] Aldo [Fusconi] e Benini [Adriano], appena arrivo a casaavviso mio padre, questi parti in bici e disse che sarebbe tornato prima di sera. (Vittorio Fusconi -manoscritto 2001)


... del gruppo di donne che ando alla <strong>Rocca</strong> cerano le stafette partigiane Maraldi Marina e SamaAmedeia, fu quella visita che la Fusconi [Ugolini] Iolanda Vide Ezio Casadei che veniva trascinatonella cella tutto sanguinante, era stato arrestato a S. Carlo ò nelle vicinanze (...) l’arresto di Eziocasadei fu dato al gruppo G.A.P. da Iolanda Fusconi ai capi che si riunivano a casa sua, lei era lacuoca del gruppo portava da mangiare in mezzo ai campi, nascosti dal grano e dagli alberi. Fu presasubito la decisione di andare a liberarlo, e prepararono una lunga fune con dei nodi per puntare ipiedi per salire, poi il gruppo opto di passare dalla porta centrale con uno stratagemma... (Vittorio(Quarto) Fusconi - manoscritto 2001)E’ la notte del 6 febbraio. I presenti si accordano di raggiungere, in due gruppi separati, unacasa disabitata, subito dopo l’inizio di via Diavolessa, dove si danno appuntamento per le 20 e30, circa, del giorno successivo. Lì, avrebbero trovato Leopoldo Lucchi (Gim) ad aspettarli,con le informazioni necessarie per portare avanti l’impresa. Luciano Caselli va a Calabrina,per recuperare altri due compagni. Adriano Benini e Fabio Ricci si dirigono invece versoRonta seconda, da Aldo Fusconi, per fornirsi delle armi necessarie, poi, assieme ad Aldo, siavviano verso Cesena, in bicicletta. Ormai, però, è troppo tardi per proseguire, alle 19 scattal’ora d’inizio del coprifuoco e non è prudente farsi vedere in giro in bicicletta. Nei pressi dellaferrovia consegnano ad Aldo le biciclette e scavalcata la rete di protezione, i due decidono diandare a piedi verso il centro della città.[E’ andato anche lei a liberare Ezio Casadei?] No, sono arrivato fino a Cesena con loro, prima dellaferrovia c’era una rete metallica, loro la scavalcarono e lasciarono lì le biciclette che io riportai giù.C’era Ricci [Fabio], Gigi il sindaco [Leopoldo Lucchi], Casali [Luciano Caselli]... erano 4-5. (AldoFusconi - dattiloscritto 1983)... con sicurezza si sa che [il gruppo] parti da Ronta atraverso i campi e i Boschi per essere sicuri dinon incontrare fascisti xhe avrebbe compromesso la missione (...) Portarono prima del coprifuoco lebici per la fuga in via Masiera che allora era poco più di un viale, le Bici non furono usate per laritirata... (Vittorio (Quarto) Fusconi - manoscritto 2001)Io e Pini [Fabio Ricci] partiamo guasi subito per Ronta, luogo ove dovevamo armarci di moschetto.Il tempo passava veloce e la prima difficoltà si presentò a Ronta per la mancanza di un moschetto efummo costretti a prendere un fucile che presentava l’inconveniente di essere troppo lungo edifficile a nascondersi. Il tempo perduto per il moschetto fu sufficiente per farci sopraggiungere dauna tarda ora, ed impossibilitati per arrivare in tempo nel luogo stabilito con i compagni Gim[Leopoldo Lucchi] e Berto [Luciano Caselli]. Infatti recarci subito in bicicletta alla rocca prima delcoprifuoco non ci fu possibile e prendemmo la risoluzione di passare attraverso i campi. Il percorsofu duro ed aspro giacché pioveva a dirotto e la pioggia aveva reso la terra fangosa e ci avevainzuppati i panni. Difficile era camminare, saltare i fossati, siepi, passare le strade e la lineaferroviaria percorse dai tedeschi. Nei pressi della città suonò l’allarme aereo, cosa questa che ci resepiù facile il passaggio per la città. Da Pini mi fu suggerito di nascondere il fucile nei pantaloni,credetti che ciò fosse una soluzione felice, ma al primo passo dovetti ricredermi poiché avrei dovutocamminare zoppicando. Così col braccio sinistro stretto al corpo sostenevo il fucile, mentre con lamano destra impugnavo la rivoltella per essere pronto ad ogni evenienza. Raggiungemmo il luogoconvenuto. <strong>La</strong> cameretta fredda e buia era deserta, ciò poteva spiegarsi per Berto ma non per ilcompagno Gim che era partito alle ore 16 e 30. (Adriano Benini - dattiloscritto - ISRFC 1023)<strong>La</strong> casa dove andarono... Quando si prende la cosiddetta Diavolessa, che si viene sù. <strong>La</strong> prima casache fa curva che è rotonda, erano lì. Che [ci] abitava un atifascista, uno alto alto, era uno e novanta.Lì si misero d’accordo... erano lì. (Dino Amadori - 1999)


Per precisione la casa si trova all’inizio della salita chiamata “Diavolessa” a sinistra e a ridosso dellaprima curva. L’abitazione è composta da una piccola cucina e di una camera. la casa era statasgombrata, ma restavano materassi e coperte. (Da: Diario anonimo – ISRFC ANPI Cesena)Poco prima delle 19, ora del coprifuoco, Leopoldo Lucchi, aveva lasciato la casa di vialeMazzoni in cui aveva atteso fino a quel momento e si era recato nei pressi dell’ingresso dellecarceri per controllare ogni movimento. Verso le 20 cominciò a piovere. Alle 20 e 30 Lucchi ènella casa di via Diavolessa ma non trova nessuno. Si nasconde nei pressi e attende. Alle 21 e45, mentre suona l’allarme aereo, gli sembra l’occasione buona per andarsene. Avevaaspettato tre quarti d’ora più del limite massimo stabilito e pensò che per quella notte, ormai,non ci sarebbe stato più nulla da fare.Arrivammo verso le prime ore del mattino seguente, dovemmo passare attraverso campi, siepi e retimettaliche; pioveva a dirotto, inzuppati nei vestiti, le scarpe rese pesanti dal fango aderitovi.Avevamo cura di non fare rumori, evitare posti di blocco, alfine ci portammo vicino alla ferrovia,occorreva fare attenzione alle guardie della linea. Strisciando nel terreno passammo, dopo averatteso il passaggio di un treno carico di tedeschi. Continuammo la nostra marcia fino alla piccolacasetta disabitata poco lontano dal carcere. Attendemmo finché un bussare convenzionale ci avvertìche erano giunti pure gli altri gapisti. Quante ore erano passate? Nessuno di noi avrebbe potutodirlo. (Da: Liberazione di due compagni dal carcere di Cesena il 9-2-44 / Ricci Fabio Com.te batt.ne29[a.] GAP G. Sozzi. Cesena – ISRFC ANPI Cesena)Luciano Caselli, nel frattempo, si era diretto a Calabrina per avvertire i compagni AlvaroCampana e Primo Fellini. Anche loro si avviano verso Cesena in bicicletta dove si fermano acasa della sorella di Alvaro. Da lì, a notte inoltrata, raggiungono la casa dell’appuntamentocirca mezz’ora dopo quelli del primo gruppo.Dunque [l’azione della rocca] fu preparata così. Che io e Campana [Alvaro] siamo partiti nel primopomeriggio, insomma, verso l’una da Calabrina in bicicletta e siamo venuti su a... a Cesena e cisiamo fermati da... da un parente di Campana. Dalla sorella E poi siamo, siamo... c’era... avevamoun appuntamento in una casa su alla rocca. Sulla Diavolessa, insomma una casetta lì. E siamo stati lìtutto il pomeriggio fino alla... verso mezzanotte. (Primo Fellini - 1984)Mezz’ora dopo il nostro arrivo sentii battere alla porta col tocco pattuito; era il compagno Berto[Luciano Caselli] con due gappisti, egli come sempre era sorridente, entrò e mi raccontò il suoviaggio. Il caso aveva voluto che avessimo fatto l’ultimo tratto di strada sui medesimi passi.(Adriano Benini - dattiloscritto - ISRFC 1023)Nella notte fra il 7 e l’8 febbraio 1944 nella casa di via Diavolessa sono presenti in cinque:Adriano Benini (Guerrino), Fabio Ricci (Pini), Luciano Caselli (Berto), Alvaro Campana ePrimo Fellini.Eravamo tutti ossessionati dal pensiero che l’azione non potesse riuscire. Si trattava della vita odella morte di due nostri cari compagni. Attendemmo tutto il giorno, alla notte del giorno 8 per uncontrattempo dovemmo rimandare la partenza a quella seguente. Avevamo freddo e fame, nessunosi lamentava, il nostro pensiero era fisso all’obbiettivo da raggiungere. Tutto il resto non cipreoccupava. (Da: Liberazione di due compagni dal carcere di Cesena il 9-2-44 / Ricci FabioCom.te batt.ne 29[a.] GAP G. Sozzi. Cesena - ISRFC ANPI Cesena)


L’attesa dell’arrivo di Gim [Leopoldo Lucchi] divenne insopportabile. Il pensiero di una sventura ciopprimeva tutti, e unito al timore del fallimento dell’impresa diventava angoscia. Il pensiero che ildomani non si sarebbe liberato il compagno martoriato in carcere ci spingeva all’azione malgrado lacertezza che in 5 si era in numero insufficiente. Inoltre il compagno Gim aveva avuto l’incarico disorvegliare l’entrata e l’uscita del carcere; e senza la certezza che dentro non vi fosse nessunapattuglia, era mettere i compagni di fronte ad un grave pericolo, con le conseguenze politiche che nesarebbero derivate. <strong>La</strong> responsabilità cadeva su di me se tutto fosse andato male. Ma pensavo chenon si doveva abbandonare l’impresa anche se fosse stato necessario rimandare l’azione alla seradopo. Per poter prendere nel frattempo contatto con Gim. Mi tormentava il timore che al mattino ilcompagno Ezio fosse fucilato o altrimenti trasportato alle carceri di Forlì. Che fare? Gim non sifaceva vivo, è già mezzanotte suonata. Un silenzio opprimente regnava nella buia e fredda stanza,ove ogni nostro movimento si sarebbe potuto udire dalla famiglia vicina e destare sospetti. Fu Pini[Fabio Ricci] che ruppe il silenzio: “Compagni!” disse “noi abbiamo avuto un compito, salvare lavita di un nostro compagno, questo compito deve essere compiuto questa notte, riesca o no in otto oin cinque, io per conto mio non tornerò più a Bagnile senza aver fatto il mio dovere.” I duecompagni di S. Giorgio [Alvaro Campana e Primo Fellini] approvarono alzandosi in piedi.“Compagni “ disse Berto [Luciano Caselli] “è vero che noi dobbiamo compiere il nostro dovere, maabbiamo anche un altro dovere ed è quello di vedere la possibilità di riuscita, comunque io sonosempre disposto a tentare.” I preparativi dell’impresa erano stati fatti ed erano molto semplici. Conun fazzoletto tagliato a metà si erano fatti due bracciali ed in luogo delle lettere si era premuto coldito sul pavimento per imitarle, null’altro era necessario. Il risultato dell’impresa dipendevadall’ingordigia del direttore del carcere; noto squadrista, il quale alla vista di un “cliente”possibilmente COMUNISTA, avrebbe aperto, per godere la sventura di un patriotta. Il buio miimpediva di vedere i compagni, ma intuivo che tutti erano volti verso di me, attendendo unadecisione. “Compagni” dissi “noi dobbiamo vedere se il peso della bilancia è a favore nostro e dalmio punto di vista lo è. Noi abbiamo un compito importante da compiere, salvare un nostrocompagno dalle mani dei fascisti. E’ un atto di solidarietà umana che se avrà esito felice susciteràentusiasmo fra la nostra popolazione. Se fosse un insuccesso compromettiamo il movimentogappista e ci sarà tolto uno dei nostri migliori compagni. Noi dobbiamo riuscire; questa sera siamoin 5, ne mancano 3, Gim può ancora venire, perché dobbiamo aspettare fino alle ore 1,30 delmattino, non solo non abbiamo nessuna informazione di ciò che succede alla rocca, ma in cinquesoli non realizziamo nemmeno la pattuglia col prigioniero e la guardia necessaria.” “Ed allora nondobbiamo far niente, cosa diranno di noi?” gridò Pini. “Noi non dobbiamo abbandonare nulla”risposi “rimaniamo qui sino a domani sera. Il compagno Secondo domattina prenderà contatto conGim, gli darà le istruzioni per la sera alle ore 22,30, faremo la guardia a turno ed agiremo incondizioni molto più sicure di riuscita.” “Ma se domani il nostro compagno sarà fucilato?”“Ebbene” risposi ”è la guerra!” Che direbbero i compagni se fallissimo l’impresa con il sagrificio dialtri cinque? Compagni il nostro compito è di colpire il nemico, ma, colpirlo continuamente, inquesto momento abbiamo bisogno di successo, possibilmente senza perdite, per portare alla lotta ilpopolo intero, contro i nazi-fascisti. E se la sorte vuole che il nostro compagno Ezio, domani, nonsia più qui in carcere noi avremo fatto sempre il nostro dovere.” Nessuno rispose. Sentii che ognunosedeva a terra e compresi che erano ostili ad attendere ancora, avendo un’unica volontà, agiresubito. (Adriano Benini - dattiloscritto - ISRFC 1023)A questo punto il racconto di Leopoldo Lucchi si discosta in diversi punti da quello diAdriano Benini. Benini non parla della comparsa di Giacomo [Giacomo Campana] la staffettaa cui era stato affidato il compito di riprendere i collegamenti; afferma, invece, di avereinviato Secondo [Alvaro Campana] in cerca di notizie. Lucchi, a sua volta, afferma cheGiacomo, quando arrivò, trovò i seguenti compagni: Berto [Luciano Caselli], Guerrino[Adriano Benini], Primo [Primo Fellini], Secondo [Alvaro Campana] e Terzo [Fabio Ricci]


(che per Benini è Pini). In questo caso, Secondo, a meno che non sia rientrato assieme allostesso Giacomo, non avrebbe dovuto esserci.Io avevo sicura certezza di riuscita anche perché fidavo nella segretezza del compagno Ezio, certonon avrebbe risposto alle domande dei fascisti e del Commissario di P.S. Parlagreco. Costoroavrebbero continuato l’interrogatorio e le torture per raggiungere il loro scopo (...) Anche gli altrinon dormivano. Il fuoco delle loro sigarette accese brillava nel buio, essi fumavano per distogliere illoro pensiero dall’azione che dovevano fare e dall’inattività cui erano costretti. Allorquando dallefessure della finestra si scorse la debole luce esterna divenire sempre più chiara ed udire il passo deipassanti mattinieri, mi alzai e dissi al compagno Secondo che poteva uscire in cerca del compagnoGim [Leopoldo Lucchi], e ritornare alle ore 18 per dirci se il compagno Ezio era o no partito.L’immobilità della notte aveva indolenzito le membra a tutti e il bisogno di camminare si facevasentire, perciò distesi degli stracci alla distanza di un passo l’uno dall’altro per attutire il rumore deipassi, allorché non destassero sospetti. Quante parole ci scambiammo durante la giornata? Benpoche, e gli sguardi erano assenti. <strong>La</strong> sera scese lentamente, ed io la rendevo ancor più lungacontando i quarti d’ora dell’orologio Comunale. Ancora trenta minuti! Finalmente dei passi siavvicinarono, si arrestarono presso la porta, ed il caratteristico picchiare s’udì. Aprii la porta, era ilcompagno Secondo. “Ebbene?” domandai “Ezio è ancora qui?” “Sì” egli rispose “e Gim si trova oracoi compagni Terzo [Domeniconi] e Werther [Campori] di guardia, alle 20 attende ilcambio.”(Adriano Benini - dattiloscritto - ISRFC 1023)Il mattino presto, Giacomo [Campana], la staffetta del gruppo GAP dell’Ippodromo, ricevute leistruzioni da Gim [Leopoldo Lucchi], si recava nella via Diavolessa, munito di viveri e col compitodi riprendere i collegamenti, se i compagni fossero stati sul posto. Giacomo trovò nella casa cinquecompagni: Berto [Luciano Caselli], Guerrino [Adiano Benini], Primo [Fellini], Secondo [AlvaroCampana] e Terzo [Fabio Ricci], arrivati sul posto verso le 2 del mattino. Furono prese alcunedecisioni: tentare l’azione la notte stessa, rafforzare il gruppo con altri due partigiani deldistaccamento centro; trovarsi alle ore 20; alternare un servizio di controllo alla <strong>Rocca</strong>. Gim chiamòi partigiani Werther [Campori] e Quarto [Terzo Domeniconi], li mise al corrente dell’azione chedoveva essere fatta durante la notte, li invitò a tenersi pronti per le ore 18,30. (Da: Febbraio 1944:Assalto alla <strong>Rocca</strong> / Leopoldo Lucchi - fotocopia di un articolo di giornale senza l’indicazione dellatestata – ISRFC ANPI Cesena)Della vicenda esiste anche un’altra versione:Eravamo stanchi, avevamo impiegato più tempo del previsto e reputammo che fosse tardi per unimmediato attacco. Decidemmo di rimandare l’azione alla notte seguente e che cinque di noi, quellimeno conosciuti, ritornassero nella zona di partenza. Due del gruppo abitavano alla Calabrina.L’appuntamento fu fissato per la sera seguente ed inoltre i partenti, al loro ritorno avrebbero dovutoportare qualche cosa da mangiare a chi restava. Va detto che i due rimasti erano il compagnoLuciano Caselli ed io. Ci coricammo sui materassi, ci coprimmo con le poche coperte edavvertimmo che faceva freddo, ma non abbastanza perché non dormissimo quasi subito. Verso lenove del mattino bussarono alla porta. Ci chiedemmo chi poteva essere. Ci togliemmo le scarpe perevitare di fare rumore e dal buco della serratura scorgemmo dei tedeschi. Ritonammo sui nostripassi, ci armammo con diverse bombe a mano decisi a difenderci fino all’ultimo. Infine, non senzasollievo, ci rendemmo conto che i tedeschi per togliersi il fango dalle scarpe usavano l’angolo delloscalino e con la punta degli scarponi colpivano la porta. Infatti poco dopo se ne andarono. <strong>La</strong>giornata trascorse monotona e parve molto lunga; non passavano mai le ore. Infine, all’ora fissata, le21, sentimmo i convenzionali colpetti alla porta. Avevamo molta fame, mangiammo con moltoappetito, poi iniziammo gli ultimi preparativi per l’assalto alla <strong>Rocca</strong>. Facemmo delle striscie di tela


e alla dovuta distanza le segnammo con la caligine del camino: dovevano assomigliare a scritte suibracciali del tipo di quelli usate dai fascisti in servizio di ronda. Ci disponemmo quindi allapartenza. (Da: Diario anonimo – ISRFC ANPI Cesena)Si decise di attuare l’azione la notte stessa.12 [9] febbraio 1944, alle ore 18,30 da una casa dell’Ippodromo Gim [Leopoldo Lucchi], Werter[Campori] e Quarto [Terzo Domeniconi] partono per raggiungere le carceri della <strong>Rocca</strong>. Poco dopoWerter e Quarto sono di guardia al portone (...) Gim si è fermato nella casa di via Diavolessa dovelo attendevano Berto [Luciano Caselli], Guerrino [Adriano Benini], Primo [Fellini], Secondo[Alvaro Campana] e Terzo [Fabio Ricci]. (...) Si stabilisce di tentare l’azione dalle ore 23 alle ore24. Ecco il piano: Presentarsi all’ingresso delle carceri qualificandosi per fascisti che hannocatturato un partigiano e che devono consegnarlo. Vengono distribuiti i compiti: Berto fungerà dacapo pattuglia; Werter e Quarto, armati di moschetti, saranno ai lati di Gim, che dovrà fingersiammanettato (...) gli altri formeranno il resto della pattuglia; tutti saranno muniti di una fasciabianca fatta con garza per medicazioni e sporcata con della terra affinché lasciasse la impressione diparole stampigliate sulla stessa. (...) Si procede ad alcuni turni di guardia presso il portone della<strong>Rocca</strong>. <strong>La</strong> notte è serena ed una magnifica luna è nel cielo. <strong>La</strong> notte non è quindi troppo favorevole.Infatti, per le vie della città, senza vita per il coprifuoco instaurato dalle 19 alle 7 del mattino,circolano a folti gruppi i fascisti della autocolonna diretta a Roma. Dal monte Garampo si vedono ifascisti passare dalla via Lugaresi, si sentono i loro canti e le raffiche di mitra che sono sparate datutte le parti della città dai militi ubriachi. (Da: Febbraio 1944: Assalto alla <strong>Rocca</strong> / LeopoldoLucchi - fotocopia di un articolo di giornale senza l’indicazione della testata - ISRFC ANPI Cesena)Una subita gioia mi invase giacché non avevo mai dubitato del compagno Gim [Lucchi Leopoldo];ero sicuro della riuscita, non dubitavo più di nulla, eppure non era impresa facile. Ecco la camerettarianimarsi, ognuno ha qualche cosa da chiedere, da dire, da fare, si parla di Ezio, si puliscono learmi e si chiarisce il lavoro che ognuno dovrà svolgere durante l’azione. Decidemmo che io e Pini[Fabio Ricci] compissimo il turno di guardia dalle 20 alle 23,30. <strong>La</strong> luna splendeva chiara nel cieloilluminando quasi a giorno la terra, e la rocca adagiata sul colle spiccava distinta, con le sue murapossenti, inviolabili. Ci siamo appostati a circa 200 metri dal portone d’ingresso della rocca, nel cuiinterno il compagno Ezio soffriva fame e freddo. Ad un tratto si ode il rumore di una macchinasalire verso di noi, ci nascondiamo per non essere investiti dalla luce dei fanali e quindi scoperti.L’auto passò sotto di noi e filò verso il portone del carcere. Si apre, l’auto passa ed il portonelentamente si richiude. “Possibile che lo vengano a prendere a questa ora?” dissi a Pini Anche luinon sapeva distogliere lo sguardo dal portone. Vedremo quando ritorneranno, di qui li possiamovedere bene, anche se dentro l’auto. Intanto dalla città giungevano a noi le scariche di mitra e difucile delle pattuglie fasciste. Dopo circa trenta minuti il portone si apre, l’auto esce, Ezio non è fraloro. Ciò ci risollevò; si battevano i piedi dal freddo, la fame non si sentiva sebbene fossero duegiorni che non si mangiava. (Adriano Benini - dattiloscritto ISRFC 1023)Alle 23, vicino all’arco di via Novello Malatesta, i partigiani formano la pattuglia e iniziano adavvicinarsi alla rocca.Come previsto ci disponemmo su due file composte ognuna di tre partigiani. I primi due marciavanoarmati di fucili e tenevano in mezzo un nostro compagno con le mani incrociate come se fosserostrette dalle manette. Gli altri camminavano dietro. Arrivammo felicemente all’ingresso della<strong>Rocca</strong>. A destra pendeva un filo di ferro con un anello all’estremità. Tirandolo faceva suonare lacampanella all’interno del cortile. Senza esitazione tirammo con energia. Attendemmo il risultato e isecondi passavano con esasperante lentezza (...) si aprì lo sponcino del grosso portone esterno. Il


direttore del carcere in persona fece gli onori di casa. Ci scrutò a lungo poi, con voce autoritaria,chiese cosa volevamo. Il compagno Caselli spiegò: “abbiamo uno da mettere al fresco”. Il direttorerispose: “io non vi conosco”. Luciano Caselli di rimando: “non pretenderà di conoscere a vista tuttala brigata Dalmata. Per cortesia apra, non abbiamo tempo da perdere.” A distanza di circa trecentometri in linea d’aria, più in basso, stava la caserma Ordelaffi dove erano acquartierati i fascistirepubblichini della brigata Dalmata. Si udivano distintamente i loro canti. Era una notte di lunapiena, si poteva vedere bene. Il direttore, senza dire altro, rinchiuse lo spiocino, fece scorrere ilcatenaccio che udimmo cigolare e pensammo che l’impresa era riuscita. Infatti appena il portone fuaperto puntammo le pistole. Il direttore cominciò a tremare, doveva essersi reso conto di quello chestava per succedere (...) Entrammo. Sempre sotto minaccia delle pistole spingemmo il direttorenell’ampio cortile, poi nel suo ufficio. Tagliammo i fili del telefono, catturammo il custode e lafamiglia, li ponemmo con le spalle al muro e cinque partigiani del gruppo li tennero sotto laminaccia delle armi (Da: Diario anonimo – ISRFC ANPI Cesena)... e poi siamo usciti. Eravamo in sei o sette. Abbiamo formato... ad esempio, come formare unapattuglia di fascisti che avevano, ad esempio, sequestrato un prigioniero, un antifascista. Ci siamopresentati all’ingresso delle carceri con uno di qua e di là con le pistole, e lui... questo in mezzocome fosse un prigioniero. Abbiamo suonato il campanello. E’ venuto il custode ad aprire“C’abbiamo un prigioniero da consegnarvi” e ha aperto l’ingresso. (Primo Fellini - 1984)... alla notte del 9 febbraio partimmo alla volta del carcere, a circa cinquecento metri ci fermammoper consultarci. Con delle strisce di tela improvvisammo dei bracciali, un compagno con le maniincrociate, come se fosse ammanettato, formammo una pattuglia. Arrivati che fummo al portonesuonammo il campanello. Dopo pochi minuti udimmo i catenacci cigolare, era il primo portone chesi apriva, poi il secondo, infine si aperse lo spioncino del portone principale. Il direttore in personavoleva darci il benvenuto. “Chi siete?” “Pattuglia.” “Cosa volete?” “Abbiamo un detenuto damettere al fresco” Pausa. Poi “Io non vi conosco e non posso aprire.” “Apri il portone e non fare ilfesso, non vorrai mica pretendere di conoscere personalmente tutto il Battaglione ((Dalmata)).”Attimi di incertezza, i nostri cuori battevano forte, pareva che la testa stesse per scoppiare.Finalmente pure il terzo portone cominciò a cigolare, con le pistole alla mano [lo] mettemmo subitonell’impossibilità di nuocere, grande fu lo stupore ma si notava chiaramente che aveva compreso lagravità in cui veniva a trovarsi. Lo portammo nell’interno del cortile, altrettanto facemmo colcustode e i secondini. “Ezio, è lui che vogliamo! Fuori le chiavi della sua cella, non abbiamo tempoda perdere.” Il direttore stesso disse al portinaio di consegnarle. Naturalmente le chiavi e la vita deinostri compagni condannati a morte. (Da: Liberazione di due compagni dal carcere di Cesena il 9-2-44 / Ricci Fabio Com.te batt.ne 29[a.] GAP G. Sozzi. Cesena – ISRFC ANPI Cesena)Finalmente l’orologio batté le tante attese 23,30. Usciamo dal nascondiglio per recarsi sulla stradaove arrivano i compagni che già avevano formato la pattuglia, ci accodiamo a loro allineati. Ilcompagno Berto suonò; Nessuno più si mosse. Si udì arrivare il carceriere, aprire la feritoia eguardare. “Abbiamo un cliente” gli dice Berto, e dopo un istante “Si decida dunque, cosa guarda?”Detto in tono autoritario come erano usi fare i fascisti, ed il carceriere doveva conoscere bene talelinguaggio, poiché si affrettò ad aprire borbotando: “Apro, apro subito, bisognerà pure che guardi.”Il catenaccio stride, nessuno respira, come un sol uomo il compagno Berto [Luciano Caselli], Gim[Leopoldo Lucchi], Pini [Fabio Ricci] ed io ci gettiamo sul direttore (poiché era lui il carceriere),seguiti dagli altri 4 compagni. Il direttore mugolò come una belva ferita; non sa rispondere, non sadove siano le chiavi, non sa dove sia il compagno Ezio, è inebetito dallo spavento, cerca di urlare, sidimena per attirare l’attenzione di altri secondini, ma viene spinto avanti sotto la minaccia dellerivoltelle. Sono minuti terribili. I familiari dell’altro secondino, brava gente, sono in preda allospavento. “E’ Ezio che vogliamo. Il nostro compagno dov’è. Fuori le chiavi presto dunque!” gli si


grida. Le canne delle nostre rivoltelle parlano un linguaggio più chiaro delle nostre parole.Finalmente il direttore si decide a consegnare le chiavi, e seguire il compagno Berto che lo spinge inavanti, verso la cella ove è rinchiuso il compagno Ezio, li seguono i compagni Pini [Fabio Ricci]Secondo [Alvaro Campana] e Primo [Fellini], i compagni Terzo [Domeniconi] e Werther [Campori]sorvegliano il portone, ed io e Gim [Leopoldo Lucchi] entriamo nell’ufficio bloccando il telefono,ed aprire le porte degli altri detenuti. Mai neppure lontanamente, avevo pensato che dei detenutipolitici in mano alla canaglia fascista, mi dovessero pregare di rinchiudere la porta, come era, cioèpreferire il carcere alla libertà. Come potevano essere dei combattenti antifascisti? (Adriano Benini -dattiloscritto - ISRFC 1023)Gigin, Lucchi [Leopoldo], quando erano vestiti da brigata nera, quando han suonato la campanella(...) il capo delle carceri è andato a vedere chi era, ha aperto le prime due porte, da passare come sipassa da una camera all’altra e sull’ultima porta ha aperto il finestrino e “Chi è?” “Siamo lapattuglia notturna che abbiamo arrestato un ribelle ?” (...) Erano Gigin (...) Franciosi [Scevola]...quella gente lì. Quando lui ha aperto la porta per... Quando lui ha aperto la porta per aprire a questapattuglia di fascisti che portavano il partigiano. Gigin, che nell’aprire la porta... quando gli hangirato le armi sul muso al capo delle carceri, lui cosa ha fatto, è andato per... aveva la porta in manoper chiudere e Gigin e’ riuscì a meti la gamba sinestra... e’ pè... tra la porta ad legn e lo un l’èarivat a ciudla. E a quel punto lì son riusciti a venir dentro e liberarci. (Primo Pasolini - 2001)Ezio Casadei e Primo Pasolini (fucilati.) intanto disperavano e aspettavano solo di essereNella cella del maschio, la peggiore del carcere era rinchiuso Ezio ed assieme a lui si trovava ungiovane di San Marino, certo Pasolini Primo, che era stato arrestato alcuni giorni prima a Torre delMoro, dal fascista Bianchi Nullo det Titon (...) Quando i due detenuti udirono il tramestio fatto daipartigiani che andavano a liberarli, pensarono che fossero i fascisti venuti per prelevarli e fucilarli.Ezio dolorante per le bastonate ricevute era disteso sulla paglia. Pasolini girava per la cella; udendoi passi che si avvicinavano urlò: - Ezio, vengono ad ucciderci! - E preso dalla disperazione tentò ilsuicidio gettandosi con la testa contro il muro. Ezio lo afferrò e stringendolo a sé lo rincuorava. (Da:Febbraio 1944: Assalto alla <strong>Rocca</strong> / Leopoldo Lucchi - fotocopia di un articolo di giornale senzal’indicazione della testata – ISRFC ANPI Cesena)Una scena commovente avveniva nell’altra cella. Ezio è in compagnia di un giovane sammarinese,che attendeva l’alba per essere fucilato. Il rumore dei passi sulla scala, che sembravano molti, lofanno trasalire. “vengono” dice stringendosi a Ezio “è il plotone di esecuzione.” (Adriano Benini -dattiloscritto - ISRFC 1023)E poi arrivò che ci misero non più nel maschio, dopo quella cosa lì [l’ultimo interrogatorio] cimisero di sopra nella camera... nel carcere di sopra... e la notte [passò] così, stando lì con Enzo (...)abbiam sentito suonare una campanella delle carceri e abbiam detto “Chi sarà? Chi non sarà? Aquest’ora? Ci verranno a prendere per fucilarci?” Che lo crediate o no, noi ci siamo abbracciaticome due bimbi. Convinti che fossero i fascisti che ci venivano a prendere per fucilarci. Inveceabbiam sentito una certa confusione, voci che... così... “Mani in alto!” “Venga qua!” “Tu là!”…Insomma queste cose qui... insomma... (Primo Pasolini - 2001)Il gruppo dei liberatori li trovò che piangevano abbracciati.Caselli e io spingemmo il custode fino alla cella del compagno Ezio Casadei. Il custode era tantospaurito che non riusciva a infilare la chiave nella toppa, non riusciva neppure a parlare. Lo


fosse stata una decisione presa in precedenza dal comando dei Gap, come afferma Ricci, nonci sarebbero state ragioni per tacere la cosa, come fa invece Benini, che, come se se nevergognasse, non sfiora neppure l’argomento. Il racconto di Lucchi, che è unarazionalizzazione successiva dei fatti, contraddice Ricci e attribuisce a Casadei laresponsabilità morale dell’uccisione del guardiano. Questi non avrebbe mai potuto smentirlo,perché al momento in cui Lucchi scriveva era già morto (a Stia il 17-4-44, durante ilrastrellamento d’aprile).A quel punto Dicemmo al direttore del carcere e al guardiano che il nostro compito volgeva allafine, che ci saremmo ritirati, ma che all’ingresso della <strong>Rocca</strong> avremmo lasciato un gruppo armatoper garantirci le spalle. dicemmo ancora che dovevamo raggiungere un camion che ci avrebbeportati in montagna e pertanto, se avessero azzardato uscire, sarebbero stati presi a fucilate.avevamo anche l’obiettivo di far credere ai fascisti che l’azione proveniva dalla montagna e nondalla pianura. Al momento di lasciare la rocca costringemmo il direttore a seguirci fino al portoneper chiuderlo alle nostre spalle. Questi, appena fummo fuori ci seguì correndo e urlando perrichiamare l’attenzione dei fascisti della vicina caserma. Non avevamo in animo di usargli violenza,ma poiché non desisteva non potemmo fare altro che metterlo a tacere con l’unico mezzo a nostradisposizione: uno di noi lo freddò con un colpo di pistola. (Da: Diario anonimo – ISRFC ANPICesena)Il direttore tenta di opporsi, urla come un forsennato. Vuole opporre resistenza e si dimostra unferoce [incomprensibile], già condannato alla pena di morte dal comando gapista di Cesena persevizie ai partigiani e tutti i detenuti in genere. Viene quindi freddato con un colpo di pistola. E’ lavittoria, Ezio e S. Marino sono liberi e salvi. Chiudemmo il portone e nella notte stellatamarciammo col cuore pieno di gioia e di orgoglio. Marciammo e alle sei del mattino arrivammo alsicuro. <strong>La</strong>sciato lo scorno ai fascisti di Cesena e la gioia a tutta la Romagna antifascista. (Da:Liberazione di due compagni dal carcere di Cesena il 9-2-44 / Ricci Fabio Com.te batt.ne 29[a.]GAP G. Sozzi. Cesena – ISRFC ANPI Cesena)Il dialogo fu interrotto dal sopraggiungere di Ezio e dagli altri. Ezio, appena vide il direttore delcarcere, allineato con gli altri guardiani disse: - Giustiziatelo, è uno squadrista antemarcia,repubblichino e brigatista nero, quando venivano per gli interrogatori e ci bastonavano a sangue,egli si univa a loro per colpirci e schernirci. - Breve fu la consultazione e rapida la decisione. <strong>La</strong>sentenza fu eseguita poco dopo nel piazzale antistante la rocca. Mentre avveniva la esecuzione ipartigiani con Ezio e Pasolini, lasciavano il carcere. Tutte le celle erano state aperte e i detenutiavevano ricevuto l’ordine di uscire isolati, dopo mezz’ora che i partigiani avevano lasciato il posto.I guardiani avevano ricevuto ordine di non uscire e lasciare liberi i detenuti, pena la morte. Iltelefono era stato tagliato. (Da: Febbraio 1944: Assalto alla <strong>Rocca</strong> / Leopoldo Lucchi - fotocopia diun articolo di giornale senza l’indicazione della testata – ISRFC ANPI Cesena)Il capo quando m’han liberato a me... purtroppo è stato giustiziato, perché era uno che aveva lamarcia su Roma del 22 e siccome che ogni volta... Dico io, personalmente, quello che m’ha fatto ame. Ogni volta che mi portava nel maschio delle carceri di Cesena, mi portava a ruzzoloni, cioèquando arrivavo sulle scale io, forze non ne avevo quasi più e mi faceva [fare] i gradini giù per lascala anche a ruzzoloni, perché era un delinquente... un criminale. Allora c’era il vice direttore chemi voleva bene... Cioè , mi voleva bene, mi ha portato da mangiare da nascosto qualche panino conil prosciutto. Questo lo ricorderò sempre, perché con la fame che avevo. Era dei giorni che nonmangiavo. (Pimo Pasolini - 1984)


Nazario: E per l’uccisione del capo delle guardie su… Noi abbiamo sempre saputo [che fu ucciso]perché urlava, perché voleva dar l’allarme… Che gli spararono per quello. Non perché lo zio abbiadato l’ordine di ammazzarlo… Però… può esser stato questo o quest’altro non lo so (…) Era unaguerra, quindi si ammazzavano a vicenda.Fausto: Tu pensi che sia stato Ezio a…Nazario: Se anche Ezio avesse dato l’ordine… Non mi sembra niente di strano.Saura. No, io non credo.Fausto: Io non credo…Saura: Io non credo che sia stato mio zio…Fausto: No.Saura: Lì, hanno detto tutti perché…Fausto: Ezio non può aver conosciuto questo… quel custode nell’arco di un giorno o due per… perdarne… farne…Nazario: Lo sapevano chi era, lo sapevano (…) Lui (…) Il custode lassù… Lui aveva unamotocicletta legata lì fuori… Nessuno lo sa. Lui aveva una motocicletta e l’aveva legata no? Ec’aveva messo attorno alla catena due bombe a mano in modo che non gliela rubassero. Che sel’andavano a rubare saltavano per aria. Dopo che è morto sono andati su due tedeschi per fregarglila motocicletta e son saltati per aria, son morti… Credo che abbiano data la colpa ai partigiani (…)me l’ha detto poi… me l’ha detto il nipote di questo qui che è morto. (Saura Montesi, NazarioMontesi, Fausto Casadei - 2003)Il gruppo che mise in atto l’azione era composto di otto persone. Sui nomi diAdriano Benini (Guerrino), Luciano Caselli (Berto), Leopoldo Lucchi (Gim o), non ci sono dubbi. Primo, molto probabilmente è Primo Fellini diCalabrina, mentre Secondo e Terzo, dovrebbero essere rispettivamente AlvaroCampana e Fabio Ricci (Pini per Benini). Più difficile identificare i due cheLucchi dice del distaccamento centro: Werther e Quarto, ma in una nota checompare nel diario anonimo conservato all’ANPI di Cesena, sottoscritta daLuciano Rasi, i due vengono identificati in: Werther Campori e TerzoDomeniconi. Sembra invece da escludere la presenza di Scevola Franciosi, chePrimo Pasolini afferma invece essere stato presente al momento della sualiberazione. Franciosi non faceva parte del gruppo centro, ma operava nellazona di San Tommaso.Conclusa l’azione i partigiani si diressero a piedi verso San Giorgio dove, divisi in piccoligruppi, furono ospitati da alcune famiglie della zona.Facendo un ampio giro al largo di Cesena, ritornammo nella zona da cui ervamo partiti. (...) Questaazione avvenne il 9 febbraio 1944, anniversario della Repubblica romana. Aggiungo che, durante illungo cammino di ritorno, per dissetarci usammo il ghiaccio formatosi durante la notte nei fossi.(Da: Diario anonimo – ISRFC ANPI Cesena)E Poi non so la strada che abbiam fatto, gira che rigira e poi mi han portato a casa di una famiglia ein questa famiglia girando tutta la notte scalzo, perché non avevo le scarpe nei piedi, avevo deglispini... avevo preso tagli di vetri (...) dalle carceri per arrivare a San Giorgio non è che si sia tenutala strada. Abbiam passato per i fossi, sempre nascosti, di traverso... salta le siepe, salta le rete (...) edopo che arrivammo in questa casa, m’ha tolto non so quanti spini, una compagna partigiana che eragià organizzata e m’han messo in un rifugio... in un pagliaio di paglia. C’era un buco in un pagliaio


di paglia. Che lì, siamo stati lì per un po’ di giorni. Son rimasto lì per un po’ di giorni. M’hanportato da mangiare e quando han visto che ero in grado... che cominciavo a andare un po’ benino(...) mi son trovato organizzato con degli altri e ci han portato su per andare su in montagna e siamoandati a Pieve di Rivoschio. Nello stesso [giorno] a Pieve di Rivoschio c’era un altro gruppo chearrivava da Forlì, che nel gruppo era compreso il compagno Luciano <strong>La</strong>ma (...) e siamo andati su aStrabatenza. (Primo Pasolini -1984)Quando hanno aperto la porta... Con questa chiave della Madonna… che era grossa! E che han detto“Forza compagni siete liberi!” E ci han dato le armi in mano e siam venuti via... siam venuti giù... cihanno aperto, siam venuti giù e siamo andati via. Dopo io ero scalzo. Sì, ero scalzo e si andò a finirea Ronta in una casa di contadini che erano dei partigiani (...) Alora si andò... un punto di appoggio,da Fusconi Duilio e poi dopo, lui, l’organizzatore della zona e... solo lui sapeva dove mi portavano em’han portato a ca’ dla Clara di Sbrofa [Della Strada] e lì, se uno li vol giocare il lotto sono 36spini che mi ha cavato... che m’ha tolto e tre tagli di vetri... perché... si girava in una Cesena... Nonper la strada che alora non era asfaltata, ma almeno era una strada... ma nei fossi, nei vetri e c’erauna sbruffatina di neve e c’era il gelo e allora quando si [s]congelò i piedi.... che mi viene il caldonei piedi [io] faceva dei salti come un cavretto (...) E poi, dopo, di lì mi portarono per un po’ digiorni da... Palunzen [Sbrighi] (...) ch’j era a Bagnil e lì mi misero in un pagliaio di paglia, che eraun rifugio. Dop[o]. “Poverino!” la mamma, vedendo un ragazzo come i suoi figli... mi venne aprendere e mi portò nel letto. In casa coi suoi figli. Un rischio che se li avessero presi fucilavanotutta la famiglia. (...) Dopo di lì (...) dopo un po’ che mi ero ripreso (...) Mi hanno infilato su inmontagna dove volevo andare io... quello che cercavo io, finalmente. (...) Si andò... chi miaccompagnò non lo so, però mi trovai a Pieve di Rivoschio, da Cesena un gruppetto e un gruppettoche veniva su da Forlì, che c’era Luciano <strong>La</strong>ma, fra questo gruppo. (Pasolini Primo - 2001)Dopo alcuni giorni la notizia i Partigiani venuti dalla montagna anno liberato tutti i prigionieri fu unevento che fece scalpore nella notte stessa ritornarono alle loro basi, Benini e Ezio Casadei daFusconi Aldo per levare le spine ai piedi mise mezza giornata Raffoni Pia, S Maren fu mandato dasbrighi (Palunzen), Ricci e due GAP da Dellastrada il resto a Bagnile, e Callabrina. (VittorioFusconi - manoscritto 2001)... le bici non furono usate la ritirata avenne come l’andata atraverso i campi Ricci torno daiDellastrada S. Maren lo mandarono da Sbrighi (palunzen) Benini, Casadei e Aldo Fusconi nella suacasa, la moglie Pia per levare le spine che avevano ai piedi ci mise delle ore per liberarli, Gigin,Riciputi Scevola e Duilio Fusconi nella sua casa, nel pericolo di un eventuale ricerca dei fuggitivi fufatto un posto di blocco, fra Ronta I e II erano otto GAP. quatro guidati da Strenga Bucelli [EnricoBuccelli] si erano Schierati dietro ai boschi (in quel ad Batpal) era composta da Strenga, FusconiUrbano, Fusconi Giuseppe e Fin ad Marlon. gli altri quatro diretti da Fusconi Aldo, Maraldi Marino,Budini Aurelio, Fusconi Luciano dietro ai Boschi vicino alla strada Ronta S. Giorgio... (Vittorio(Quarto) Fusconi - manoscritto 2001)Poi quando fu liberato [Ezio] lo portarono a San Giorgio perché si curasse dalla polmonite, so chelo portò giù il sindaco Lucchi, insieme agli altri. (…) A San Giorgio l’han tenuto giù finché…finché è guarito (…) e poi è ritornato su in montagna e… (Nazario Montesi – 2003)<strong>La</strong> mattina dopo i fascisti si recarono immediatamente a Settecrociari a casa di Ezio e allostesso modo ispezionarono le case dei parenti più stretti nella speranza di trovarlo.Saura: E poi, dopo, invece vennero a casa, me lo ricordo che vennero a casa i… i capi [del fascismocesenate] lì a vedere se c’era lo zio nascosto da qualche parte (…) Di notte. Dopo la fuga venivano


in casa a cercarlo là, su a Settecrociari (…) Il giorno dopo. Perché lo liberarono al mattino…Vennero giù… Lì. Vennero anche in via Corsica, da mia mamma [la sorella di Ezio, Maria].Nazario: Che noi abitavamo a Cesena. <strong>La</strong> nonna era a Settecrociari (…) noi eravamo lìnell’ippodromo. Vennero anche all’ippodromo in quel caso. Vennero anche all’ippodromoSaura: Sì, dalla sorella. Amo era lei che andava su [a trovarlo in prigione]! Quindi vennero anche damia mamma. (Saura e Nazario Montesi – 2003)... nessuna reazione dei fascisti che erano stati presi alla sprovista e non avevano alcun riferimentodove cercarli, erano del opinione che fossero venuti dai monti quindi uomini della GaribaldiRomagna, il primo camion di fascisti si diresse verso Settecrociari dove abitava Ezio Casadei, S.Vittore. Borello Verso la base della Garibaldi a Pieve di Rivoschio, era evidente che i fascisti nonavevano ancora punti di riferimento... (Vittorio (Quarto) Fusconi - manoscritto 2001)Chi era Primo Pasolini? Di lui abbiamo due testimonianze, registrate a diversi anni didistanza (la prima del 1984, la seconda del 2001) che vengono ad integrarsi a vicenda.A sette anni cominciò la mia... la situazione mia disagiata perché mia madre morì e da quelmomento mio padre mi portò a fare il garzone dai contadini a Faenza. Essendo a Faenza in unafamiglia di antifascisti e come lo ero io, di casata antifascista, incominciò a capire un po’ quello cheera l’antifascismo. Giovane com’ero, riuscii a capire quello che era la giusta causa da combattere inquei momenti, in quei periodi lì... (Primo Pasolini - 1984).Io sono figlio di un antifascista, mio padre si chiamava Pasolini <strong>La</strong>zzaro, cittadino sammarinese.Però per la miseria che c’era a quei tempi, l’unica soluzione era quella d’andare a fare il garzone,senza scuola, a nove anni ero già a guadagnarmi il pane coi contadini. (...) Mio padre, Pasolini<strong>La</strong>zzaro, essendo un antifascista, fu una sera da una squadretta picchiato... schiaffeggiato e olio diricino e da quel momento lì parlandone in famiglia, col mio papà, venni su un po’ con quel ideale dicapire che erano cose ingiuste quelle che avevano fatto a mio babbo e mi ci misi contro. Quandocominciai a capire cos’era il fascismo un giorno più dell’altro ero contro a quello che facevano loro.E arrivai al punto che... al giorno che è caduto il fascismo che era il 25 [luglio 1943] andò viaqualche schiaffone... qualche cosa... qualche cazzotto. Ero a Faenza, per essere precisi ero a casa diGhibet ad Santa Lusa che aveva... del ‘32 aveva fatto le schioppettate con i fascisti (...) Da SanMarino si andava a fare il garzone... M’han caricato sul cannone della bicicletta e la bisaccia, con unfazulet lighì a quattro punte nel manubrio e questo era quello che si faceva coi figli piccoli... avevo9 anni. [E per quanto tempo sei stato lì?] Ah! Fino il giorno quando è venuto questa baracca quì..Avevo 19 anni. [Sempre nello stesso posto?] No. Lì a fare il garzone son stato da delle altre famigliequella lì è stata l’ultima famiglia (...) che poi, da Ghibet ad Santa Lusa, da Santa Lucia, venne afinire che avevo... degli amici a Cesena che conoscevo e me lo dicevano il modo di avere... la trafiladi andare su in montagna... (Primo Pasolini - 2001 )... arrivò il periodo della caduta del fascismo del 25 luglio. E fu di lì che io ho preso la sbandatagiusta, perché trovando dei fascisti abbiam fatto a pugni, abbiam fatto qualche cosa del genere e poiquando venne che i fascisti ritornarono ancora su, purtroppo non avevo più il posto da stare, lì. Inquel modo lì, io rimasi un po’ sbandato e mi trovai in giro, non avevo più un posto dove stare evenni a finire che... verso a Cesena. (Primo Pasolini - 1984)Il 25 di luglio andò giù i fascisti... qualche schiaffone e... e poi, dopo, (...) mi trovò un po’ allosbando perché non ero più sicuro di stare lì. Sempre da Ghibet, però con una paura al punto chedopo mi misi ad andare... Io ero lì a lavorare... venne questi miei amici da Cesena, che loro midissero che avevano forse il modo di mandarmi su in montagna. [Erano di San Marino?] Sì. Erano


lavoratori di San Marino che erano in Italia. Alora a questo punto qui, quella sera lì che venni qua,andai lì da questa osteria a bere una gazosa e io non sapeva che potesse... e invece il barista... quelloche era lì, aveva lì qualche fascista... poliziotto, a lì a portata di mano e intanto che io bevevo lagazosa mi arrivò davanti il muso una pistola e mi presero con la forza... uno m’aveva girato didietro... mi prese così, mi abbracciò di dietro e mi... e in quel punto lì m’han sfilato la pistola em’hanno tagliato la giacca perché era... Io mi son buttato per istinto nella pistola e dopo di lì m’hanportato su. [<strong>La</strong> pistola come te l’eri procurata?] Quando è caduto il fascismo me l’ero procurata...Allora c’era lo sbando. C’era vestiti, c’era pistole... a me mi capitò una pistola... i berretti, i soldatinei tre[ni], li buttavano via... allo sbando. (...) E alora ero lì che dovevo appunto trovarmi conquesta persona che mi dava la dritta per andar su in montagna che... o la spiata del barista o non socome... a me m’ariva adosso questa gente che mi prese con la forza. (Primo Pasolini - 2001)E a Cesena mi trovai alla Torre del Moro, nell’osteria della Torre del Moro che bevevo una bibita equello dell’osteria vedendo questa persona sconosciuta, che era dopo l’orario del coprifuoco, mandòa chiamare quello che era della questura... un fascista lì della zona e io mi trovai di fronte uno conuna pistola in mano che puntava su di me. Io essendo armato di una pistola feci in modo diaggangiare la mia pistola per difendermi però di dietro altri mi presero di forza e mi bloccarono lamano e mi presero la pistola tagliando la giacca, per non farmi tirare indietro la mano dalla tasca.Mi ammanettarono e poi mi mandarono su a piedi. Mi accompagnarono su. E così strada facendolì... di fronte al bar Orlati incontrarono una pattuglia di fascisti. Questa pattuglia siccome allorac’era la legge che chi veniva preso con una pistola doveva essere passato immediatamente alle armivi fu una lotta tra chi mi aveva in consegna come fascisti per portarmi al comando del fascismo e glialtri che mi volevano attaccare al muro come la legge diceva (...) E con questa lotta venne che (...)l’avette di vinta quelli che mi avevano preso. (Primo Pasolini - 1984)Di lì m’hanno immanettato, in due, con le mani di dietro... dietro la schiena... m’han mandato sudalla Torre del Moro fino... a piedi, fino davanti il bar Orlati. Davanti il bar Orlati hanno incontratouna pattuglia che veniva... una pattuglia di fascisti, che chiesero cosa avevo combinato. Questi duepoliziotti o chi fossero non so, han detto “L’abbiam preso armato di pistola alla Torre del Moro”. “Eche cosa avete combinato. Non sapete che quando si prende uno con un’arma deve essere fucilatosul posto?” Insomma (...) chi m’ha preso mi tiravano per salvarmi per farmi parlare e portarmi nelcomando per le torture... per vedere cosa potevo... e gli altri mi tiravano per fucilarmi al muro.Insomma la ebbe vinta quelli che m’avevano preso. (Primo Pasolini - 2001)Mi portarono al comando del fascio e di lì poi conobbe (...) Battistini [Augusto], Garaffoni [Guido]e tutta la cricca del fascismo. E incominciarono a picchiarmi per farmi cantare. Picchia uno epicchia l’altro io non dissi niente e poi arrivò che Garaffoni mi volle interrogare personalmente luinel suo ufficio [per] cercare di farmi parlare dicendo che non mi avrebbero fatto niente perché erogiovane. (...) 18 anni, 19 non li avevo ancora. Vedendo che non riusciva a cavare un ragno dal buco(...) che non avevo neanche un gran che da dire perché ero all’inizio di una cosa che io nonconoscevo bene. Ero un antifascista però ancora l’organizzazione... non ero a contatto, ero unosbandato. E venne il momento che in quel punto lì mi mise una sedia in un cantone dell’ufficio e midisse “Accomodati qui” e io andai sulla sedia e tirò fuori la sua pistola e mi mise... mi puntò lapistola sulla fronte. M’ha dato cinque minuti, e poi tre e poi due. “Parla! se non parli ti sparo!”. Poiarrivò al punto che si stancò e ritirò la pistola e mi... mi prese e mi mandò di là e mi han caricato inuna macchina che mi han portato nella rocca di Cesena. (Primo Pasolini - 1984)E si andò a finire alla casa del Fascio. Mi portarono alla casa del fascio e lì c’era Garaffoni [Guido],Battistini [Augusto] e tutta la cricca, Sibirani [Aldo] e non so... un po’ di tutta la cricca. Succese chem’hanno incominciato a interrogarmi, senza picchiarmi, poi a un certo momento hanno anche


spatassato un po’ di brutto... Quando ha visto così Garaffoni ha detto “<strong>La</strong>scialo stare... Finisci.Smettila, non picchiarlo più. <strong>La</strong>scia stare!” m’ha messo in un angolo della stanza, mi puntò lapistola, la sua pistola, che era Beretta, sulla testa... nella fronte e m’ha dato 5 minuti. In 5 minuti [io]doveva dire il nome degli altri che conosceva... tutto quello che era la mia baracca. Io non parlò...rimasi senza parlare e m’han portato su nelle carceri. I m’ à mes nel maschio. Nel maschio c’era unacoperta senza gnient’altro... e un tavolone di legno. Era in fondo... ma non so quanto sotto la rocca...nell’umidità. E tutti i giorni mi venivano a prendere a interrogarmi, picchiarmi... Questo ha duratosei giorni e poi il settimo giorno dove... m’han portato su, fatto ancora quei scherzetti lìd’interrogarmi e di picchiarmi e poi m’han fatto firmare un documento che io avrei sparato aMoreschini e sua moglie che erano rimasti feriti. Che io non ne aveva (...) la minima idea di checosa fosse successo. Perché io quel fatto lì, proprio, me lo dissero loro, io non lo sapevo. (PrimoPasolini) - 2001)Nella rocca di Cesena tutti i giorni mi venivano a far visita interrogandomi, picchiandomi erimettendomi ancora nel maschio (...) Cosi passavano i giorni fino a che era ridotto malissimo (...) Ecosì andò avanti per una settimana poi arrivò dei compagni che io ancora non conoscevo, deipartigiani. (...) io la sera m’hanno interrogato per l’ultima volta, m’han fatto firmare un foglio chedicevano che io avevo sparato su Moreschini [Per Francesco] e su sua moglie indove che io questaazione non sapevo chi l’avesse fatta, perché io ancora non ero nel gruppo dei partigiani. Non eroancora organizzato. E così era messo in modo che dovevo essere la mattina fucilato, impiccato, nonso come... Io e il Povero Enzo [Ezio] di Settecrociari, Casadei Enzo. (Primo Pasolini - 1984)Allora invece di mettersi nel maschio c’han messo nella camera di sopra dove c’era la paglia chemettevano i prigionieri comuni, però da soli da noi. C’han messo lì e circa un’orario di notte, chepoi ho saputo che era mezzanotte un po’ passata, suona la campanella. Questa campanella è... ha unfilo che va a finire dal capo delle carceri. Dlin dlon, dlin dlon, dlin dlon. E questo dlin dlon, secondome... dico “Qui ci vengono a prendere e poi sappiamo cosa succede...” e invece, dopo, nel casino, laconfusione che non si capiva proprio niente, erano i compa... i partigiani che erano venuti a liberareEzio Casadei. E essendoci lì per la liberazione di Ezio Casadei, venni liberato anch’io. E c’haliberato e siamo andati uno da una parte e uno dall’altra, non ci han messo insieme e io andai afinire a Ronta... [Andaste via in due gruppi separati?] No, no. Andammo via che erano sette-otto ipartigiani. (Primo Pasolini - 2001)Ezio Casadei e Primo Pasolini continuarono ad essere attivamente ricercati dai fascisti anchenei mesi successivi ma, raggiunti i compagni dell’8a. brigata, non vennero mai più trovati.Io nel ’43-44 ero impiegato all’ufficio razionamento (…) Allora c’era impiegato… impiegato c’era[anche] un altro… l’altro si chiamava Briganti ed era [tale] di nome e di fatto, non si potevaparlare… era sempre duro, non c’era nessun colloquio, non c’era nessuna confidenza ed era un caposervizio all’ufficio razionamento, non per cultura ma per meriti fascisti e c’era un certo Lucchi,detto Pileda, che era invece più… così… più alla portata di mano e… stava con noi, rideva,scherzava… insomma sembrava normale, un essere normale. Ma era invece… quando faceva partedel branco… era invece uno che faceva paura… Non aveva il nome di Garaffoni, di Fiori… e dialtri fascisti, ma insomma… Denominato Pileda perché non aveva… era calvo. Allora lui… mi fecevedere, nell’epoca appunto… verso il ’44, quando appunto Ezio era in montagna… mi fece vederela foto (…) che lui l’aveva questa foto… l’aveva in tasca perché davano la caccia (…) ad Ezio.[Ezio] era tra quelli ricercati… (Fausto Casadei – 2003)Dopo, quando [Ezio] andò su in montagna... che dopo quando è stato bene andò su. Lo rivedemmoun’altra volta, per l’ultima volta, quando venne giù a prendere le armi, armi e dei volontari… Chi


voleva andar su perché erano pochi (…) e venne a casa di notte (…) e poi lui venne giù a prenderele armi che erano nascoste in casa, a Settecrociari, nella casa di mia nonna (…) Che non lo sapevanessuno, solo la mia nonna, neanche mia mamma. Non lo aveva detto a nessuno. Le aveva sotto ilpavimento. (…) E mia mamma [la sorella di Ezio, Maria] disse “Ma come! A me non hai dettoniente!”. E’ lo e’ dis “No. No. Meno gente sa e meglio è”. Lo sapeva solo la sua mamma. (SauraMontesi – 2003)

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