Ami Du Vin 1/21-F
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dossier
Muri in pietra a secco nel vigneto
Un patrimonio paesaggistico da salvaguardare
Quasi ovunque in Svizzera i viticoltori che volevano utilizzare delle zone in forte pendenza per l’impianto di vigneti
dovevano costruire dei muri e muretti in pietra a secco per sostenere le aree terrazzate che riuscivano a strappare al
pendio. Queste costruzioni realizzate con caparbia abilità caratterizzano oggi il paesaggio viticolo di molte regioni e
trasformano i pendii in una cascata di muri, muretti e terrazzi.
Il Lavaux con i suoi terrazzi, che furono dichiarati dall’UN-
ESCO come patrimonio culturale dell’umanità, il Chablais, ove
i muretti (Murailles in francese) hanno dato il loro nome a un
rinomato vino Chasselas di Aigle, nonché il Vallese con i suoi
muri, che messi in fila raggiungono una lunghezza di quasi
3’000 chilometri, sono testimoni emblematici di queste antiche
costruzioni. I muri in pietra a secco di tali regioni si integrano
esteticamente nel paesaggio. Proteggono pure dall’erosione,
hanno una funzione di drenaggio e un effetto di accumulatore
di calore. Non solo promuovono la produzione di uve preziose,
ma prestano pure un importante contributo alla biodiversità nei
vigneti e al di fuori degli stessi.
La più parte dei muri si inserisce così bene nel loro ambiente
che è difficile immaginarsi quanto lavoro e quanta ricchezza di
idee rappresenti la loro realizzazione. Per miglior comprensione
contempliamo un esempio molto particolare, ossia il vigneto di
Clavoz (scritto anche 'Clavau'), situato a nord-est di Sion, capitale
del canton Vallese. I suoi terrazzi si estendono dalla pianura
del Rodano (550 m s.l.m.) sino in cima al Clos des Châteaux
situato a 750 metri d’altitudine. In determinati posti la superficie
verticale del muro di sostegno è superiore all’area coltivabile
orizzontale della particella. I muri di Clavoz poggiano su una
roccia di scisto costituita principalmente da calcare e marna. La
roccia è quindi una sovrapposizione di strati di variato spessore.
Questa geologia speciale si riflette nell’aspetto di alcuni muretti.
I muri più alti d’Europa
Per mancanza di dati scritti sulle tradizioni, la storia dei muri di
sostegno dei terrazzi di Clavoz è difficile da ricostruire. Dagli
atti d’archivio si rileva che qui si piantava la vite già alla fine del
14esimo secolo. Tuttavia, i primi documenti che certificano la
presenza di particelle terrazzate sostenute da muri datano solo
della seconda metà del 19esimo secolo. L’arrivo della ferrovia
nel 1860 ha promosso la vitivinicoltura commerciale e quindi
la valorizzazione e l’ampliamento delle particelle coltivate a
vigna, che sino a quel tempo erano principalmente gestite per
il consumo proprio. In questi scritti si cita soprattutto la costruzione,
tra il 1863 e il 1903, del Clos de Cochetta, una vigna che
domina la parte orientale della collina di Clavoz su cui si trovano
i muri a secco più alti d’Europa. La zona viticola di circa
tre ettari di grandezza viene sostenuta da muri di 12, 15, 18 e
22 metri di altezza, costruiti uno dietro l’altro e presentanti complessivamente
una superficie verticale di due ettari e mezzo.
Come mandante di tale vigneto viene considerato Michel Antoine
Bonvin di Sion al quale si attribuisce sovente anche Ia direzione
dei lavori. Nonostante il passato relativamente breve,
rimangono incerti i motivi che lo hanno indotto a mettere in
cantiere quest’opera titanica. Sono state formulate diverse ipotesi
a tal riguardo: il prezzo pagato per il terreno in forte pendenza
e difficilmente accessibile era particolarmente vantaggioso.
Un’altra spiegazione potrebbe essere l’occupazione dei
contadini durante l’inverno per garantire loro un salario. Oppure
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