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“Una Vita” (Italo Svevo): Un inetto e la sua non-vita (ovvero: il fatale ...

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Alexander A. Malär, lett. italiana 4e liceo, dispensa <strong>Italo</strong> <strong>Svevo</strong> (<strong>il</strong> pecorso verso <strong>la</strong> coscienza)<br />

<strong>“<strong>Un</strong>a</strong> <strong>Vita”</strong> (<strong>Italo</strong> <strong>Svevo</strong>): <strong>Un</strong> <strong>inetto</strong> e <strong>la</strong> <strong>sua</strong> <strong>non</strong>-<strong>vita</strong> (<strong>ovvero</strong>: <strong>il</strong> <strong>fatale</strong> valzer di<br />

noluntas e voluntas)<br />

Non gl’importava più neppure dello scopo per cui chiedeva quel colloquio; <strong>il</strong> suo<br />

desiderio principale era di riab<strong>il</strong>itarsi agli occhi di lei, farle sentire ch’egli <strong>non</strong> era<br />

l’avventuriere ch’el<strong>la</strong> supponeva. Non sarebbe perciò tramontato <strong>il</strong> progetto di<br />

matrimonio con Macario, ma nel cuore del<strong>la</strong> donna che aveva amata sarebbe rimasto<br />

per lui un sentimento affettuoso di riconoscenza e d’amicizia che a lui sarebbe<br />

bastato.<br />

Andò immaginando le parole che le avrebbe dette. Non si sarebbe scusato di aver<strong>la</strong><br />

sedotta perché sarebbe stato poco ab<strong>il</strong>e. La <strong>sua</strong> passione lo aveva trascinato e <strong>non</strong><br />

sapeva pentirsi di un atto che gli aveva procurato <strong>la</strong> maggiore felicità di cui in <strong>sua</strong> <strong>vita</strong><br />

avesse goduto. Lo sapeva per averlo letto: Le donne perdonavano sempre gli omaggi<br />

al<strong>la</strong> loro bellezza e in qualunque modo venissero fatti, magari anche fossero delitti.<br />

Poi <strong>non</strong> avrebbe speso molte parole per rassicurar<strong>la</strong> sul suo conto, render<strong>la</strong> certa che<br />

si sarebbe piuttosto <strong>la</strong>sciato ammazzare che dire una so<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> del segreto che a lei<br />

lo univa. <strong>Un</strong> tanto el<strong>la</strong> avrebbe dovuto comprendere dal suo contegno senza ch’egli si<br />

abbassasse a dirlo. Non le avrebbe detto parole d’amore quantunque sarebbe stato<br />

felice di poterle dire che l’amava. Nel<strong>la</strong> <strong>sua</strong> miseria <strong>non</strong> sapeva più disprezzare<br />

quell’amore. Se soltanto ripensandoci s’era sentito riconfortato da tanto avv<strong>il</strong>imento!<br />

[…]<br />

Doveva battersi con Federico Maller in una lotta impari nel<strong>la</strong> quale <strong>il</strong> suo avversario<br />

aveva tutti i vantaggi: l’odio e l’ab<strong>il</strong>ità. Che cosa poteva sperare? Gli rimaneva soltanto<br />

una via per isfuggire a quel<strong>la</strong> lotta in cui avrebbe fatto una parte miserab<strong>il</strong>e e ridico<strong>la</strong>,<br />

<strong>il</strong> suicidio. Il suicidio gli avrebbe forse ridato l’affetto di Annetta. Come in<br />

quell’istante <strong>non</strong> l’aveva amata giammai. Non si trattava più d’interesse né di sensi.<br />

Quanto più egli l’aveva vista allontanarsi da lui tanto più l’aveva amata; ora che<br />

definitivamente perdeva ogni speranza di riconquistare quel sorriso, quell’affettuosa<br />

paro<strong>la</strong>, <strong>la</strong> <strong>vita</strong> gli sembrava incolore, nul<strong>la</strong>. <strong>Un</strong>a volta scomparso, Annetta <strong>non</strong><br />

avrebbe più avuto <strong>il</strong> ribrezzo del<strong>la</strong> paura per lui, per <strong>il</strong> suo ricordo, ed era tutto quello<br />

ch’egli poteva sperare. Non voleva vivere dovendo continuare ad apparirle quale un<br />

nemico spregevole sospettato di voler danneggiar<strong>la</strong> e farle pagare a caro prezzo gli<br />

stessi favori da essa accordatigli.<br />

Non aveva pensato mai al suicidio che col giudizio alterato dalle idee altrui. Ora lo<br />

accettava <strong>non</strong> rassegnato ma giocondo. La liberazione! Si rammentava che fino a<br />

poco prima aveva pensato altrimenti e volle calmarsi, vedere se quel sentimento<br />

giocondo che lo trascinava al<strong>la</strong> morte <strong>non</strong> fosse un prodotto del<strong>la</strong> febbre da cui poteva<br />

essere posseduto. No! Egli ragionava calmo! Schierava dinanzi al<strong>la</strong> mente tutti gli<br />

argomenti contro al suicidio, da quelli morali dei predicatori a quelli dei f<strong>il</strong>osofi più<br />

moderni; lo facevano sorridere! Non erano argomenti ma desiderî, <strong>il</strong> desiderio di<br />

vivere.<br />

Egli invece si sentiva incapace al<strong>la</strong> <strong>vita</strong>. 1 Qualche cosa, che di spesso aveva<br />

inut<strong>il</strong>mente cercato di comprendere, glie<strong>la</strong> rendeva dolorosa, insopportab<strong>il</strong>e. Non<br />

sapeva amare e <strong>non</strong> godere; nelle migliori circostanze aveva sofferto più che altri<br />

11 (da qua fino al finale) La cristallizzazione dell‘<strong>inetto</strong> (c’è sempre una prima volta…)<br />

1


Alexander A. Malär, lett. italiana 4e liceo, dispensa <strong>Italo</strong> <strong>Svevo</strong> (<strong>il</strong> pecorso verso <strong>la</strong> coscienza)<br />

nelle più dolorose. L’abbandonava senza rimpianto. Era <strong>la</strong> via per divenire superiore<br />

ai sospetti e agli odii. Quel<strong>la</strong> era <strong>la</strong> rinunzia ch’egli aveva sognata. Bisognava<br />

distruggere quell’organismo che <strong>non</strong> conosceva <strong>la</strong> pace; vivo avrebbe continuato a<br />

trascinarlo nel<strong>la</strong> lotta perché era fatto a quello scopo. Non avrebbe scritto ad Annetta.<br />

Le avrebbe risparmiato persino <strong>il</strong> disturbo e <strong>il</strong> pericolo che poteva essere per lei una<br />

tal lettera.<br />

[tanto per curiosità: <strong>il</strong> b<strong>la</strong>ndo finale di un <strong>inetto</strong> (lettera finale)<br />

Signor Luigi Mascotti,<br />

N... 23 Ottobre 18...<br />

In risposta al<strong>la</strong> pregiata vostra del 21 corr. vi annunciamo che ci sono del tutto ignote<br />

le cause che spinsero al suicidio <strong>il</strong> nostro impiegato signor Alfonso Nitti. Fu trovato<br />

morto nel suo letto <strong>il</strong> 16 corrente, alle quattro del<strong>la</strong> mattina, dal signor Gustavo<br />

Lanucci, <strong>il</strong> quale, rincasato a quell’ora, s’insospettì per l’intenso odore di carbone che<br />

trovò diffuso in tutta l’abitazione. Il signor Nitti <strong>la</strong>sciò una lettera diretta al<strong>la</strong> signora<br />

Lanucci in cui <strong>la</strong> dichiarava <strong>sua</strong> erede. La vostra domanda sul<strong>la</strong> somma trovata presso<br />

<strong>il</strong> signor Nitti deve quindi essere diretta a quel<strong>la</strong> signora.<br />

I funerali si fecero addì 18 corr. con l’intervento dei colleghi e del<strong>la</strong> direzione.<br />

Con distinta stima vi riveriamo<br />

Maller & Co.]<br />

“Sen<strong>il</strong>ità” (<strong>Italo</strong> <strong>Svevo</strong>), Capitolo XIV (ultimo): Morte, Vecchiaia e Metamorfosi<br />

L’immagine del<strong>la</strong> morte é bastevole ad occupare tutto un intelletto. Gli sforzi per<br />

trattener<strong>la</strong> o per respinger<strong>la</strong> sono titanici, perché ogni nostra fibra terrorizzata <strong>la</strong><br />

ricorda dopo aver<strong>la</strong> sentita vicina, ogni nostra moleco<strong>la</strong> <strong>la</strong> respinge nell’atto stesso di<br />

conservare e produrre <strong>la</strong> <strong>vita</strong>. Il pensiero di lei é come una qualità, una ma<strong>la</strong>ttia<br />

dell’organismo. La volontà <strong>non</strong> lo chiama né lo respinge.<br />

Di questo pensiero Em<strong>il</strong>io lungamente visse. La primavera era passata, ed egli <strong>non</strong> se<br />

n’era accorto che per aver<strong>la</strong> vista fiorire sul<strong>la</strong> tomba del<strong>la</strong> sorel<strong>la</strong>. Era un pensiero cui<br />

<strong>non</strong> andava congiunto alcun rimorso. La morte era <strong>la</strong> morte; <strong>non</strong> più terrib<strong>il</strong>e per le<br />

circostanze che l’avevano accompagnata. Era passata <strong>la</strong> morte, <strong>il</strong> grande misfatto, ed<br />

egli sentiva che i propri errori e misfatti erano stati del tutto dimenticati.<br />

In quel periodo, per quanto poté, visse solitario. Evitò anche <strong>il</strong> Balli, <strong>il</strong> quale dopo di<br />

essersi contenuto tanto bene al letto di Amalia, aveva già perfettamente dimenticato <strong>il</strong><br />

breve entusiasmo ch’el<strong>la</strong> aveva saputo inspirargli. Em<strong>il</strong>io <strong>non</strong> gli sapeva perdonare di<br />

<strong>non</strong> essergli più sim<strong>il</strong>e in questo. Era oramai <strong>la</strong> so<strong>la</strong> cosa che gli rimproverasse.<br />

Quando <strong>la</strong> <strong>sua</strong> commozione s’affievolì, gli sembrò di perdere equ<strong>il</strong>ibrio. Corse al<br />

cimitero. La strada polverosa lo fece soffrire, e indicib<strong>il</strong>mente, <strong>il</strong> caldo. Sul<strong>la</strong> tomba<br />

prese <strong>la</strong> posa del contemp<strong>la</strong>tore, ma <strong>non</strong> seppe contemp<strong>la</strong>re. […]<br />

2


Alexander A. Malär, lett. italiana 4e liceo, dispensa <strong>Italo</strong> <strong>Svevo</strong> (<strong>il</strong> pecorso verso <strong>la</strong> coscienza)<br />

- No! - disse Em<strong>il</strong>io solennemente come se stesse per abbandonare Angiolina. - Io<br />

<strong>non</strong> ritornerò mai più. - Accarezzò i capelli del<strong>la</strong> fanciul<strong>la</strong>, più scarsi, ma del colore<br />

identico di quelli di Angiolina - Mai più! - ripeté, e con intensa compassione bacio <strong>la</strong><br />

fanciul<strong>la</strong> sul<strong>la</strong> fronte.<br />

- Perché? - domandò lei gettandogli le braccia al collo. Stupefatto egli si <strong>la</strong>sciò coprire<br />

<strong>la</strong> faccia di baci tutt’altro che infant<strong>il</strong>i.<br />

Quando riuscì a togliersi da quell’abbraccio, <strong>la</strong> nausea aveva distrutta in lui qualsiasi<br />

commozione. Non sentì alcun bisogno di continuare <strong>la</strong> predica incominciata e se ne<br />

andò dopo di aver fatta una carezza paterna, indulgente al<strong>la</strong> fanciul<strong>la</strong>, ch’egli <strong>non</strong><br />

voleva <strong>la</strong>sciare afflitta.<br />

<strong>Un</strong>a grande tristezza lo colse quando si trovò solo sul<strong>la</strong> via. Sentiva che <strong>la</strong> carezza<br />

fatta per compiacenza a quel<strong>la</strong> fanciul<strong>la</strong> segnava proprio <strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> <strong>sua</strong> avventura.<br />

Egli stesso <strong>non</strong> sapeva quale periodo importante del<strong>la</strong> <strong>sua</strong> <strong>vita</strong> si fosse chiuso con<br />

quel<strong>la</strong> carezza.<br />

Lungamente <strong>la</strong> <strong>sua</strong> avventura lo <strong>la</strong>sciò squ<strong>il</strong>ibrato, malcontento. Erano passati per <strong>la</strong><br />

<strong>sua</strong> <strong>vita</strong> l’amore e <strong>il</strong> dolore e, privato di questi elementi, si trovava ora col sentimento<br />

di colui cui é stata amputata una parte importante del corpo. Il vuoto però finì<br />

coll’essere colmato. Rinacque in lui l’affetto al<strong>la</strong> tranqu<strong>il</strong>lità, al<strong>la</strong> sicurezza, e <strong>la</strong> cura<br />

di se stesso gli tolse ogni altro desiderio.<br />

Anni dopo egli s’incantò ad ammirare quel periodo del<strong>la</strong> <strong>sua</strong> <strong>vita</strong>, <strong>il</strong> più importante, <strong>il</strong><br />

più luminoso. Ne visse come un vecchio del ricordo del<strong>la</strong> gioventù. Nel<strong>la</strong> <strong>sua</strong> mente di<br />

letterato ozioso, Angiolina subì una metamorfosi strana. Conservò inalterata <strong>la</strong> <strong>sua</strong><br />

bellezza, ma acquistò anche tutte le qualità d’Amalia che morì in lei una seconda<br />

volta. Divenne triste, sconso<strong>la</strong>ntemente inerte, ed ebbe l’occhio limpido ed<br />

intellettuale. Egli <strong>la</strong> vide dinanzi a sé come su un altare, <strong>la</strong> personificazione del<br />

pensiero e del dolore e l’amò sempre, se amore é ammirazione e desiderio. El<strong>la</strong><br />

rappresentava tutto quello di nob<strong>il</strong>e ch’egli in quel periodo avesse pensato od<br />

osservato.<br />

Quel<strong>la</strong> figura divenne persino un simbolo. El<strong>la</strong> guardava sempre dal<strong>la</strong> stessa parte,<br />

l’orizzonte, l’avvenire da cui partivano i bagliori rossi che si riverberavano sul<strong>la</strong> <strong>sua</strong><br />

faccia rosea, gial<strong>la</strong> e bianca. El<strong>la</strong> aspettava! L’immagine concretava <strong>il</strong> sogno ch’egli<br />

una volta aveva fatto accanto ad Angiolina e che <strong>la</strong> figlia del popolo <strong>non</strong> aveva<br />

compreso.<br />

Quel simbolo alto, magnifico, si rianimava talvolta per ridivenire donna amante,<br />

sempre però donna triste e pensierosa. Sì! Angiolina pensa e piange! Pensa come se le<br />

fosse stato spiegato <strong>il</strong> segreto dell’universo e del<strong>la</strong> propria esistenza; piange come se<br />

nel vasto mondo <strong>non</strong> avesse più trovato neppure un Deo gratias qualunque.<br />

3

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