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Le prolusioni torinesi di Arturo Graf - Italianistica e Spettacolo

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MARIA PANETTA<br />

<strong>Le</strong> <strong>prolusioni</strong> <strong>torinesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong><br />

Il 13 <strong>di</strong>cembre 1876 <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, professore incaricato all’Università <strong>di</strong><br />

Torino, lesse la sua prima prolusione 1 al corso <strong>di</strong> Storia comparata delle letterature<br />

neolatine, insegnamento da poco istituito dal ministro Ruggero Bonghi 2 .<br />

Nell’Ateneo torinese si creò un clima <strong>di</strong> grande curiosità intorno al giovane professore<br />

dal cognome tedesco 3 : il favore ottenuto da <strong>Graf</strong> superò ampiamente le<br />

aspettative e l’allievo Renier poté affermare che «parlò con lucidezza inarrivabile,<br />

con informazione sicura e precisa, con larghezza <strong>di</strong> vedute del metodo comparativo<br />

della storia letteraria» 4 .<br />

Egli propose <strong>di</strong> applicare il criterio della comparazione anche alla «storia<br />

delle umane lettere», seguendo l’in<strong>di</strong>rizzo proficuamente inaugurato dall’uso <strong>di</strong><br />

quel metodo nella scienza del linguaggio: anche la fantasia, a suo giu<strong>di</strong>zio, «ha<br />

le sue leggi, e la libertà umana è limitata anche nel dominio del capriccio. La […]<br />

menzogna della favola più stravagante è sempre con<strong>di</strong>zionata assai da presso<br />

dalla verità della vita» 5 .<br />

In ogni opera poetica, <strong>Graf</strong> rintraccia due matrici: una<br />

1 A. GRAF, Storia letteraria e comparazione, Torino, Loescher, 1877. Cfr. R. RENIER,<br />

<strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>. Commemorazione, Torino, Paravia, 1913, p. 28, n. 9, la definisce prolusione<br />

«<strong>di</strong>vulgativa». <strong>Graf</strong> vi perlustra terreni <strong>di</strong>sciplinari nuovi e insi<strong>di</strong>osi, nella consapevolezza che<br />

potranno avere proficui sbocchi futuri: cfr. M. GUGLIELMINETTI, La comparatistica, in<br />

L’<strong>Italianistica</strong>, a cura <strong>di</strong> G. Bàrberi Squarotti, Torino, UTET, 1992, p. 212.<br />

2 L’insegnamento universitario <strong>di</strong> letteratura comparata nacque formalmente nel 1861 a<br />

Napoli, istituito da De Sanctis, Ministro della Pubblica Istruzione; cfr. G. LUCCHINI, <strong>Le</strong> origini<br />

della scuola storica, Bologna, Il Mulino, 1990, pp. 147 e sgg.<br />

3 Cfr. A. DEFFERRARI, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>. La vita e l’opera letteraria, Milano-Genova-Roma-Napoli,<br />

Soc. ed. Dante Alighieri, 1930, e M. MORANDI, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, Milano, Mondadori, 1922.<br />

4 R. RENIER, Cenni su A. G. uomo, in «La Nuova Antologia», CCXLIX, 16 giugno 1913,<br />

pp. 601-607.<br />

5 A. GRAF, Storia letteraria e comparazione, in Storia letteraria e comparazione, a cura<br />

<strong>di</strong> E. Ajello, Roma, Archivio Guido Izzi, 1993, p. 5.<br />

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Maria Panetta<br />

avventizia, fortuita, sarei per <strong>di</strong>r fenomenica, nella quale si rivela l’indole particolare, il<br />

particolare temperamento, la fisonomia propria <strong>di</strong> colui che l’ha prodotta; l’altra costante,<br />

necessaria, essenziale, in cui si riflette la coscienza e il costume del popolo in mezzo al quale<br />

l’opera fu prodotta, e in cui vive come si suol <strong>di</strong>re, lo spirito de’ tempi.<br />

Tra le letterature dei <strong>di</strong>versi popoli si possono riscontrare notevoli affinità e<br />

si devono rintracciare «nel vario e nel mutevole il conforme e il costante»; i criteri<br />

e i proce<strong>di</strong>menti della storia delle lettere devono restare storici, ma ci si può<br />

servire del prezioso ausilio della psicologia, a suo giu<strong>di</strong>zio allora finalmente<br />

degna del nome <strong>di</strong> scienza. Egli si rallegrava, inoltre, della nascita <strong>di</strong> una «estetica<br />

nuova», fondata «non sopra il gusto passeggiero <strong>di</strong> un tempo, ma sulle naturali<br />

qualità e proprietà delle cose» 6 e utile, dunque, a intendere le forme d’arte<br />

«più prossime» come quelle più remote, sempre che gli stu<strong>di</strong>osi si lascino guidare<br />

dalla «ragione» e <strong>di</strong>ffi<strong>di</strong>no dei facili in<strong>di</strong>zi, attenendosi ai «fatti più stabiliti».<br />

Nel processo <strong>di</strong> «cognazione delle letterature», infatti, non si assiste mai ad<br />

una semplice imitazione, ma «le forme prese a prestito sono assoggettate a varii<br />

processi <strong>di</strong> elaborazione e <strong>di</strong> svolgimento, i quali possono a volte andar così oltre<br />

da mutar loro l’aspetto e da occultarne la origine» 7 .<br />

Riguardo a quest’intervento, Ajello parla <strong>di</strong> «rivoluzione metodologica del<br />

gesto del comparare», operata da <strong>Graf</strong> proponendo <strong>di</strong> oggettivizzare il dato fenomenico,<br />

<strong>di</strong> precisare una prassi scientifica che porti allo stu<strong>di</strong>o dell’opera d’arte<br />

in relazione all’ambiente che la produce e a quello che la consuma; il giovane<br />

professore<br />

sistematizzando proprio una razionalizzazione, ancora <strong>di</strong> là da venire, dei meccanismi<br />

della «fantasia» portava me<strong>di</strong>ante la comparazione, la psicologia proprio dentro l’estetica, e<br />

per questa via ancora e definitivamente la storia 8 .<br />

Rimasta vacante la cattedra <strong>di</strong> <strong>Le</strong>tteratura italiana del Coppino, alla fine del<br />

1876 ne fu affidato l’incarico allo stesso <strong>Graf</strong>, che inaugurò il corso, il 22 gennaio<br />

1877, con una seconda prolusione, Dello spirito poetico de’ tempi nostri 9 ,<br />

in cui fece aperta professione d’italianità 10 (e dopo la quale ottenne la citta<strong>di</strong>nanza<br />

italiana), nonostante fosse nato ad Atene e il padre fosse norimberghese:<br />

6 Ivi, p. 10.<br />

7 Ivi, p. 11.<br />

8 Cfr. E. AJELLO, «Uno schedario tutto particolare»: <strong>Graf</strong> e la letteratura comparata, in<br />

GRAF, Storia letteraria e comparazione, cit., p. XXXVIII.<br />

9 Torino, Loescher, 1877, p. 38.<br />

10 «E <strong>di</strong>co nostro, o signori, perché questa Italia è anche mia, ed io non avrei ar<strong>di</strong>to <strong>di</strong> prendere<br />

tale ufficio, se non fossi più italiano che il mio nome non suona, se tutto anzi non fossi<br />

italiano, per lingua, per stu<strong>di</strong>i, per affetti» (p. 37).<br />

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<strong>Le</strong> <strong>prolusioni</strong> <strong>torinesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong><br />

Chi si è recato lunedì verso le 11 antimeri<strong>di</strong>ane ha potuto vedere un’accolta <strong>di</strong> celebri letterati,<br />

un numeroso stuolo <strong>di</strong> studenti ed una simpatica rappresentanza del bel sesso, affollarsi in quella<br />

poco augusta ed elegante aula XII ed u<strong>di</strong>re da quel labbro facondo, maestrevolmente svolto il più<br />

felice dei temi che si potesse scegliere in questa occasione […]. Sarà d’uopo parlare degli applausi<br />

riscossi? Il giovane professore non era ancora sceso dalla cattedra, che gli si affollarono intorno<br />

per congratularsi moltissimi u<strong>di</strong>tori, fra i quali Giuseppe Giacosa, Bersezio e D’Ovi<strong>di</strong>o […]. Decisamente<br />

la prolusione del <strong>Graf</strong> fu uno <strong>di</strong> quei successi che a pochi professori è dato <strong>di</strong> riportare 11 .<br />

Partendo dal principio che il gusto poetico cambi naturaliter col mutare delle<br />

epoche storiche, <strong>Graf</strong> affermava essere inutile chiedersi se la poesia moderna sia<br />

superiore all’antica, avendo essa perso in «amplitu<strong>di</strong>ne» per guadagnare in<br />

«acuità». Egli sosteneva che la scienza e il realismo nuocciono alla poesia, che<br />

si nutre <strong>di</strong> mistero 12 , oscurità e «dubbiezza», ed ha bisogno del mito; rispetto ai<br />

loro predecessori, i moderni, a suo giu<strong>di</strong>zio, sono più concentrati su se stessi e<br />

sul proprio travaglio interiore, e la psicologia ha pervaso anche il romanzo e il<br />

dramma: al personaggio emblematico <strong>di</strong> Achille, tutto azione esteriore, si è sostituito<br />

quello <strong>di</strong> Amleto. Si prova «uggia della vita», nonostante l’incivilimento dei<br />

costumi e il progresso scientifico: la conoscenza del vero, anzi, ha condotto alla<br />

<strong>di</strong>sillusione riguardo alla cruda e inesorabile necessità delle cose 13 , cosicché «da<br />

questo contrasto del tendere a maggior libertà e del sentire più intera la schiavitù<br />

si genera negli animi nostri una vena inesauribile <strong>di</strong> amarezza. Ma una vena<br />

ancora <strong>di</strong> profonda e <strong>di</strong> sentita poesia» 14 . La percezione del dolore è entrata nel<br />

dominio della riflessione e ne ha acquisito la «tendenza all’infinito e al trascendente»:<br />

da ciò la moderna propensione all’intellettualismo in poesia.<br />

Lo spirito poetico dei moderni è essenzialmente «subiettivo» e ciò spiegherebbe<br />

la prevalenza del genere lirico su quello epico: a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>Graf</strong>, però,<br />

bisogna parlare <strong>di</strong> «mutazione» e non <strong>di</strong> «decadenza» del gusto. La trage<strong>di</strong>a,<br />

invece, la considera morta, essendosi perso il senso del tragico nell’esistenza. La<br />

forma poco curata, infine, lo stile «sciamannato dei giorni nostri» non sono solo<br />

frutto <strong>di</strong> negligenza, perché un «pensier tormentato ed instabile non può più trovar<br />

luogo negli incorniciati e scompartiti schemi del vecchio stile rettorico» 15 .<br />

11 G. DE GIULII, Corriere Universitario, in «Risorgimento», 26 gennaio 1877.<br />

12 Come non pensare qui alla raccolta Medusa, incentrata sul senso del mistero? Cfr. C.<br />

CALCATERRA, Il sentimento del mistero nella poesia <strong>di</strong> A. <strong>Graf</strong>, in «Nuova Rassegna <strong>di</strong> letterature<br />

moderne», 1906, 11-12.<br />

13 Tali convinzioni influenzano pure la coeva poesia grafiana. Cfr. C. CURTO, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>,<br />

in <strong>Le</strong>tteratura italiana. I minori, a cura <strong>di</strong> G. Grana, Milano, Marzorati, vol. IV, 1969, p. 3131:<br />

«Nasce così la sua poesia prometeica, ch’era stata <strong>di</strong> già del <strong>Le</strong>opar<strong>di</strong>, del Byron, solo che ora<br />

da grido <strong>di</strong> protesta e <strong>di</strong> dolore […] si fa satanica o <strong>di</strong> rivolta: il ‘vero’ cioè che fu del <strong>Le</strong>opar<strong>di</strong><br />

e del razionalismo illuministico <strong>di</strong>venta il ferreo, duro vero della nuova scienza che uccide<br />

ogni illusione, […] la vita si fa deserto e desolazione, il cuore inquieto e senza pace».<br />

14 A. GRAF, Dello spirito poetico, cit., p. 26.<br />

15 Ivi, p. 36.<br />

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Maria Panetta<br />

«La poesia non muore nel mondo […] – conclude <strong>Graf</strong> – muta forma, e tempra<br />

e carattere, ma non muore» 16 .<br />

Contemporanee a questa prolusione sono le tre lezioni accademiche apparse<br />

sulla «Rivista <strong>di</strong> filologia ed istruzione classica» nell’aprile 1877, per le quali<br />

<strong>Graf</strong> <strong>di</strong>chiarava <strong>di</strong> aver «lasciato allo scritto la forma libera e sciolta della esposizione<br />

orale» 17 .<br />

Egli esor<strong>di</strong>va affermando che l’oggetto della storia letteraria è «la poesia in<br />

quanto espressione artistica del pensiero me<strong>di</strong>ante la parola» 18 , e non le «forme<br />

sceverate dal loro contenuto» 19 . La letteratura scientifica, invece, appartiene alla<br />

storia generale della cultura, o a quella dello spirito umano, mentre la poesia <strong>di</strong>dascalica<br />

rientra nella storia della letteratura solo se ha interesse estetico, poiché «la<br />

poesia non si propone e non si ha da proporre nessunissimo scopo» 20 : la storia letteraria,<br />

dunque, si occupa dei gran<strong>di</strong> scrittori e dei minori che segnino momenti<br />

importanti nell’evoluzione del pensiero poetico. Riguardo ai meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o,<br />

quello «biografico-cronologico», sebbene sia «il più <strong>di</strong>sadatto», può aiutare a<br />

capire le reciproche influenze tra imitatori e scrittori originali; quello «estetico»,<br />

più scientifico, rischia <strong>di</strong> spezzare l’unità poetica dello scrittore riconducendone<br />

le opere a generi <strong>di</strong>versi; quello «storico» finisce per non spiegare le «ragioni interiori»:<br />

perciò, «nello insegnamento si ha da usare <strong>di</strong> tutti e tre i meto<strong>di</strong>» 21 .<br />

<strong>Graf</strong> ritiene che la letteratura a lui contemporanea abbia «pochissima intimità,<br />

e scarsissimo carattere nazionale» 22 perché imita troppo tedeschi e inglesi, in<br />

poesia, e i francesi nel romanzo e nel dramma: del resto l’Italia si è dovuta adeguare<br />

troppo in fretta ai progressi filosofici e scientifici <strong>di</strong> altre nazioni.<br />

«L’indole non suole variare se non con estrema lentezza» 23 – osserva – anche<br />

riguardo alla lingua, ma, al contrario <strong>di</strong> ciò che pensano i puristi «piagnoni», questi<br />

processi vanno assecondati e «il supremo legislator delle lingue ha da essere<br />

l’uso» 24 . L’esame delle origini delle letterature risulta <strong>di</strong> grande importanza,<br />

assieme a quello delle «derivazioni» da popolo a popolo: infatti, «l’imitazione<br />

servile dei capolavori torna sempre in grave danno della poesia, ma non così lo<br />

stu<strong>di</strong>o avveduto e giu<strong>di</strong>zioso» 25 . In ogni caso, egli giu<strong>di</strong>ca più proficuo imitare i<br />

16 Ivi, p. 37.<br />

17 A. GRAF, Considerazioni intorno alla storia letteraria, a’ suoi meto<strong>di</strong> e alle sue appartenenze,<br />

in «Rivista <strong>di</strong> filologia ed istruzione classica», V, gennaio-aprile 1877, pp. 376-436.<br />

18 Ivi, p. 7.<br />

19 Ivi, p. 11.<br />

20 Ivi, p. 13, n. 1.<br />

21 Ivi, p. 41.<br />

22 Ivi, p. 46, n. 1.<br />

23 Ivi, pp. 48-49.<br />

24 Ivi, p. 53.<br />

25 Ivi, p. 66.<br />

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<strong>Le</strong> <strong>prolusioni</strong> <strong>torinesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong><br />

moderni rispetto agli antichi, perché ritiene che con essi abbiamo in comune<br />

almeno il pensiero.<br />

Tra i sussi<strong>di</strong> cui la storia letteraria può far ricorso, <strong>Graf</strong> ritiene importanti la<br />

paleografia (in<strong>di</strong>spensabile allo storico della lingua), la bibliografia, la critica<br />

storica e filologica (soprattutto per le e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> testi), la critica estetica (da esercitare<br />

con cautela e moderazione) e la comparazione. Denuncia, invece, un abuso<br />

<strong>di</strong> «critica psicologica».<br />

Importante anche la prolusione all’anno accademico successivo, letta il 28<br />

novembre 1877 26 e definita da Norberto Bobbio «un vero e proprio manifesto<br />

positivista» 27 , per la necessità più volte riba<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> conferire <strong>di</strong>gnità scientifica<br />

anche alla storia letteraria, ritrovandone e approfondendone i nessi causali. La<br />

storia, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>Graf</strong>, non può aspirare al grado <strong>di</strong> scienza se non con l’aiuto<br />

della psicologia (non in<strong>di</strong>viduale ma «sociale»), perché essa è «sempre, e per<br />

intero, opera dello spirito collettivo» 28 e, particolarmente, <strong>di</strong> quello nazionale. La<br />

letteratura riflette la coscienza <strong>di</strong> un popolo: perciò, ad es., la Comme<strong>di</strong>a nacque<br />

dalla «compenetrazione della coscienza <strong>di</strong> Dante con la coscienza de’ tempi<br />

suoi», fattane salva, comunque, l’originalità in<strong>di</strong>viduale. Dato che i criteri del<br />

gusto sono variabili, «ciò che più importa nella storia delle lettere si è, non già <strong>di</strong><br />

sapere se il tale o il tal libro sia bello o non sia, ma bensì <strong>di</strong> sapere che cosa sia,<br />

come sia, perché sia» 29 : lo storico delle lettere deve, in primis, contestualizzare 30<br />

l’opera che sta stu<strong>di</strong>ando, e il suo giu<strong>di</strong>zio estetico può, al limite, seguire «la<br />

spassionata considerazione scientifica» 31 .<br />

Egli attribuiva lo scemare del «fantastico e chimerico» nella produzione letteraria<br />

alla pressione del pensiero scientifico, che vi aveva sostituito «una specie<br />

<strong>di</strong> maraviglioso naturale e reale» 32 : questo non significava, però, che anche le<br />

leggende non avessero alcuni loro processi <strong>di</strong> formazione e leggi da poter in<strong>di</strong>viduare<br />

e stu<strong>di</strong>are.<br />

In sintesi, secondo <strong>Graf</strong> la critica letteraria, per risultare davvero «scientifica»,<br />

deve essere «prammatica» (ossia attendere alla «esatta ricognizione dei<br />

26 A. GRAF, Di una trattazione scientifica della storia letteraria, Torino, Loescher,<br />

1877.<br />

27 N. BOBBIO, Il «Giornale storico» e la cultura positivistica, in Cent’anni <strong>di</strong> Giornale storico<br />

della letteratura italiana. Atti del Convegno (Torino, 5-7 <strong>di</strong>cembre 1983), Torino,<br />

Loescher, 1985, pp. 1-16.<br />

28<br />

GRAF, Di una trattazione scientifica, cit., p. 9.<br />

29 Ivi, pp. 18-19.<br />

30 Esaminandone il dove, il perché, e anche il come, ossia l’«economia interna dell’opera»<br />

e la «collocazione degli elementi»: ivi, p. 24.<br />

31 Ivi, p. 22.<br />

32 Ivi, p. 29.<br />

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Maria Panetta<br />

monumenti» 33 ), «genetica» (occuparsi dell’origine e significato storico degli<br />

stessi) e, infine, «estetica» e, dato che nella storia opera in origine la forza propulsiva<br />

dell’«inconscio» 34 , la psicologia, «dottrina appena nascente», può giovarle<br />

molto.<br />

Un accenno merita anche la prolusione Provenza e Italia 35 , letta il 29 novembre<br />

1877 per inaugurare il corso <strong>di</strong> <strong>Le</strong>tteratura provenzale: il professore ripercorre<br />

la storia della poesia francese e <strong>di</strong> quella in langue d’oc, e spiega con chiarezza<br />

e concentrazione i motivi della nascita in Francia delle prime forme ru<strong>di</strong>mentali<br />

<strong>di</strong> nuova poesia, dopo la <strong>di</strong>sfatta dell’impero romano, servendosi <strong>di</strong><br />

paralleli con le leggi della fisiologia sociale 36 e della storia 37 ; esamina i rapporti<br />

tra i provenzali e i loro imitatori in Italia, ponendo il problema dell’origine siciliana<br />

della poesia italiana, per approdare, poi, a Dante e Petrarca, che «levarono<br />

alla maggior perfezione, <strong>di</strong> cui ell’era capace, la poesia dei trovatori» 38 .<br />

La prima lirica nostra fu, egli è vero, in principio straniera, ma talvolta è molto maggior<br />

merito nel recare a perfezione che non nell’inventare, e spesso avviene che il <strong>di</strong>scepolo, poiché<br />

ha fornito il compito dell’apprendere, passi un gran tratto innanzi al maestro 39 .<br />

Dal 1882, avendo vinto il relativo concorso, <strong>Graf</strong> <strong>di</strong>venne or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> letteratura<br />

italiana nell’Ateneo torinese 40 : facendo un salto temporale, giungiamo,<br />

dunque, alla prolusione del 3 novembre 1888, dall’emblematico titolo La crisi<br />

letteraria 41 , nella quale, in un’aula magna gremita <strong>di</strong> u<strong>di</strong>tori 42 , egli afferma che<br />

«la con<strong>di</strong>zione presente delle lettere […] è l’anarchia, ma l’anarchia che reca<br />

dentro <strong>di</strong> sé la crisi. Non vi sono più regole e non vi son più modelli; l’autorità è<br />

33 Ivi, p. 31.<br />

34 A questo proposito, AJELLO, «Uno schedario, cit., pp. XXXVIII e sgg. parla quasi <strong>di</strong><br />

un’anticipazione grafiana della psicanalisi <strong>di</strong> Freud e azzarda una lettura che ricolleghi il positivismo<br />

evoluzionista <strong>di</strong> <strong>Graf</strong> alla Scuola formalistica. Cfr. anche A. GRAF, Questioni <strong>di</strong> critica,<br />

in «Atti della Regia Accademia delle Scienze <strong>di</strong> Torino», 1889, vol. XXIV.<br />

35 A. GRAF, Provenza e Italia, Torino, Loescher, 1877.<br />

36 Ivi, p. 31: «la legge della <strong>di</strong>sparità governa dunque così la generazione dell’organismo<br />

come la generazione dello spirito».<br />

37 «Nessun popolo può risorgere con l’aiuto <strong>di</strong> quelle istituzioni e <strong>di</strong> quelle idee sotto il cui<br />

impero egli venne a decadenza, salvo che, per notabile mutazione <strong>di</strong> tempi e <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni, esse<br />

possano riapparire come nuove» (Ivi, p. 32).<br />

38 Ivi, p. 48.<br />

39 Ivi, p. 50.<br />

40 E, con grande generosità, cedette spontaneamente all’allievo Renier la cattedra <strong>di</strong> filologia<br />

romanza, pur potendola mantenere.<br />

41 Torino, Stamperia Reale G. B. Paravia, 1888.<br />

42 Cfr. V. BERSEZIO, in «Gazzetta piemontese», 24 novembre 1888.<br />

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<strong>Le</strong> <strong>prolusioni</strong> <strong>torinesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong><br />

sfatata, la tra<strong>di</strong>zione è spezzata» 43 e, a suo parere, ciò è in parte causato dal trionfo<br />

della democrazia, che ha portato alla ribalta anche le passioni e gli interessi<br />

delle classi sociali inferiori, e che ha eliminato il «mecenatismo», instaurando la<br />

legge che chi vuole vendere deve andare incontro ai gusti del pubblico. Inoltre il<br />

giornalismo, attraverso la critica, influisce anche sulla letteratura e in<strong>di</strong>rizza il<br />

gusto in modo non sempre benefico; tuttavia, egli si <strong>di</strong>chiara convinto del fatto<br />

che «la democrazia, il regime industriale e la scienza non uccideranno nulla» 44 e<br />

che la poesia vivrà finché vivranno gli ideali. Nonostante la morte della mitologia,<br />

l’arte poetica continua a vivere perché si nutre <strong>di</strong> sentimenti «veri» 45 ed ha<br />

bisogno della verità così come alla scienza è necessaria la fantasia per escogitare<br />

gran<strong>di</strong> ipotesi 46 :<br />

tra l’utile e il bello non è quell’antagonismo che parve a taluni <strong>di</strong> scorgere, e che condusse<br />

a considerare la inutilità come il primo e più notabile carattere della bellezza – affermerà in un<br />

intervento successivo 47 – […] la conoscenza e l’amore della verità non chiedono il <strong>di</strong>sprezzo e<br />

l’abbandono della finzione; chiedono solo che la finzione non sia scambiata per verità.<br />

L’intima convinzione del professore era che, se le forme poetiche sono caduche,<br />

lo spirito della poesia è invece eterno; ed esprimeva questa sua riflessione<br />

con immagini che non possono non ricordarci che egli stesso era anche poeta:<br />

Ci sono fiori che si schiudono con l’aurora, altri che aspettano l’ardente carezza del meriggio,<br />

altri che non cedono se non al bacio acuto della brezza vespertina. Così i fiori della poesia<br />

si schiudono in varie ore <strong>di</strong> questa lunga e faticosa giornata umana, e mentre alcuni avvizziscono,<br />

altri sbocciano, d’altri inturgi<strong>di</strong>sce il bottone, e la mirabile pianta è sempre fiorita e<br />

sempre imbalsama l’aria del suo profumo 48 .<br />

Considerando che la prima e<strong>di</strong>zione dei suoi versi giovanili – se si eccettuano<br />

quelli scritti durante l’adolescenza a Braila 49 – comparve nel 1876 50 , si può<br />

43 GRAF, La crisi letteraria, cit., p. 7.<br />

44 Ivi, p. 30.<br />

45 Ivi, p. 33.<br />

46 A questo proposito <strong>Graf</strong> cita J. TYNDALL, Essays on the use and limit of the imagination<br />

in science, Londra, 1870, pp. 16-17: «Newton’s passage from a falling apple to a falling moon<br />

was, at the outset, a leap of the imagination»!<br />

47 Cfr. A. GRAF, Per la nostra cultura, in «La Nuova Antologia», CLVIII, 16 marzo 1898,<br />

pp. 193-221, poi in ID., Per la nostra cultura, Milano, Treves, 1907, pp. 73-74.<br />

48 A. GRAF, La crisi letteraria, cit., pp. 35-36.<br />

49 Pubblicati nel 1861, 1863 e 1874, senza contare le Cinque poesie e<strong>di</strong>te a Napoli nel<br />

1867. Sulla suggestione poetica <strong>di</strong> Braila, cfr. CURTO, cit., pp. 3127-45.<br />

50 A. GRAF, Poesie e Novelle, Roma, Loescher, 1876; versi nei quali Renier riconosceva<br />

«il romantico incline più alla desolazione che alla malinconia, cui spaura il mistero del<br />

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Maria Panetta<br />

affermare che <strong>Graf</strong> fu prima poeta che professore. Rintracciare analogie ed echi<br />

della poesia grafiana in queste <strong>prolusioni</strong> <strong>di</strong> impronta nettamente metodologica<br />

appare pressoché impossibile e comunque <strong>di</strong> nessuna utilità; collegamenti – e<br />

non pochi – si possono, al limite, in<strong>di</strong>viduare tra la produzione poetica del Nostro<br />

e le sue numerosissime lezioni accademiche, delle quali non abbiamo stesure<br />

scritte o estratti 51 , ma che sono confluite poi, in gran parte, nei vari volumi <strong>di</strong> critica<br />

da lui pubblicati: quest’esame, però, oltre a richiedere molto tempo ed un’analisi<br />

più approfon<strong>di</strong>ta e ad ampio raggio, esulerebbe dal tema in questione, poiché<br />

riguarderebbe, appunto, l’opera critica <strong>di</strong> <strong>Graf</strong> e non la sua produzione artistica,<br />

in versi o in prosa. Sarebbe certamente auspicabile, comunque, un lavoro<br />

futuro che, da un lato, indaghi ancora sulle eventuali corrispondenze tra il modo<br />

<strong>di</strong> fare poesia <strong>di</strong> <strong>Graf</strong> e le sue letture <strong>di</strong> altri poeti (primo fra tutti l’amatissimo<br />

<strong>Le</strong>opar<strong>di</strong>), per verificare anche se, e in che misura, le sue opinioni critiche fossero<br />

viziate dal gusto personale; dall’altro, che esamini approfon<strong>di</strong>tamente i temi<br />

della sua produzione artistica, palesemente in rapporto con i suoi interessi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>oso<br />

del me<strong>di</strong>oevo, delle leggende, del mito.<br />

Evidenziare i riman<strong>di</strong> a specchio che percorrono la produzione tutta <strong>di</strong> <strong>Graf</strong><br />

aiuterebbe a mettere in luce ancor meglio come i numerosi aspetti della personalità,<br />

a tratti sfuggente, <strong>di</strong> questo intellettuale tormentato <strong>di</strong> fine Ottocento si corrispondano<br />

spesso in coerente armonia. A tal proposito, interessante la testimonianza<br />

<strong>di</strong> Vittorio Cian, secondo il quale un gruppo <strong>di</strong> allievi,<br />

prima ancora <strong>di</strong> aver notizia dei suoi versi, avevano sentito nel critico eru<strong>di</strong>to l’anima del<br />

poeta, da certe immagini inattese ed insolite, da quel suo senso sovrano della misura; [...]<br />

anche nelle sue lezioni più ricche <strong>di</strong> quella eru<strong>di</strong>zione, ch’egli sapeva ravvivare. E tanto rifuggiva<br />

il <strong>Graf</strong>, per sua natura, dalla retorica, che, in generale, nella lucida obiettività della sua<br />

esposizione, nel proce<strong>di</strong>mento impeccabile della sua logica, riusciva quasi freddo 52 .<br />

All’età <strong>di</strong> 28 anni, dunque, «cominciava il professorato: era finita la giovinezza»<br />

53 – annotava tristemente egli stesso. Eppure l’insegnamento fu per lui<br />

un’esperienza vissuta sempre con passione e partecipazione 54 , ed egli considerò<br />

un’organica educazione dei suoi citta<strong>di</strong>ni uno dei principali obiettivi che ogni<br />

mondo, cui fa fremere la pochezza e labilità d’ogni cosa umana»: RENIER, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, cit., p.<br />

8.<br />

51 Schemi e appunti sono conservati a Torino nella Biblioteca annessa alla Facoltà <strong>di</strong><br />

<strong>Le</strong>ttere; cfr. DEFFERRARI, cit., p. 63.<br />

52 V. CIAN, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong> maestro, in «Nuova Antologia», CCXLIX, 16 giugno 1913,<br />

pp. 308-16.<br />

53 Cfr. <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, in Infanzia e giovinezza <strong>di</strong> illustri italiani contemporanei, a cura <strong>di</strong><br />

O. Roux, Firenze, Bemporad, 1909, vol. I, parte II, pp. 85-123.<br />

54 La Defferrari (cit., pp. 55 e sgg.) sottolinea, però, che egli fu spinto alla carriera universitaria<br />

dalle necessità <strong>di</strong> vita, ma non <strong>di</strong>mostrò mai per essa alcun entusiasmo. Cfr. pure L.<br />

AMBROSINI, Con <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>. Confessioni e riflessioni, in «La Stampa», 11 giugno 1908.<br />

196


<strong>Le</strong> <strong>prolusioni</strong> <strong>torinesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong><br />

stato dovesse prefiggersi 55 . Tra le tante, una bella testimonianza sulle lezioni<br />

<strong>di</strong>ede l’allievo Gallico 56 ; Renier ricorda che il maestro «componeva e riteneva<br />

nella memoria, non tenace per lungo tempo, ma impressionabile sì da conservargli<br />

alla lettera per tre o quattro giorni ciò che aveva pensato, pagine e pagine <strong>di</strong><br />

prosa, lezioni intere» 57 . E Gallico racconta, infatti, che prima <strong>di</strong> cominciare ogni<br />

lezione <strong>Graf</strong> dava un’occhiata rapida ad un foglietto d’appunti che aveva in<br />

tasca, come promemoria, e poi iniziava a parlare: dunque, ci troveremmo <strong>di</strong> fronte<br />

a <strong>di</strong>scorsi fatti a braccio, e successivamente scritti e pubblicati. Vittorio Cian 58<br />

ammonisce, però, a non pensare che quelle lezioni fossero frutto della più spontanea<br />

e felice improvvisazione, perché il maestro le me<strong>di</strong>tava e preparava a<br />

lungo, e pare che anzi le stendesse sulla carta: la memoria agile e la sua innata<br />

arte oratoria da conferenziere provetto potevano trarre in inganno. In genere si<br />

rifaceva alla lezione precedente per istituire un legame col già detto, così come,<br />

alla fine dell’ora, «che non era l’ora “accademica” cara agli scansafatiche, […]<br />

raccoglieva le fila del suo <strong>di</strong>scorso e preparava il campo alla lezione seguente, <strong>di</strong><br />

cui enunciava il tema» 59 . Egli «costruiva abbattendo. Moveva spesso da qualche<br />

affermazione <strong>di</strong> critico insigne – molto spesso il De Sanctis 60 – che sottoponeva<br />

a meto<strong>di</strong>ca, minuta, sottile analisi» 61 , ma mai con animosità o orgoglio: Cian 62<br />

ricorda, in particolare, una felice lezione sul Decameron, durante la quale il maestro<br />

<strong>di</strong>scusse e confutò il noto giu<strong>di</strong>zio desanctisiano secondo cui il capolavoro<br />

<strong>di</strong> Boccaccio sia da leggere come la negazione del Me<strong>di</strong>oevo 63 .<br />

«Sentiva il bisogno <strong>di</strong> volgere l’idea da tutti i lati, […] o accostarla ad altre,<br />

istituendo impensati, originalissimi confronti» 64 . Non si appagava mai delle mete<br />

raggiunte, e dunque «scomponeva e ricomponeva per tentare sistemi che, subito<br />

dopo, intaccava fino a frantumarli» 65 . Aborriva dalle definizioni, e amava ripetere<br />

agli allievi: «Amoreggiate con le idee fin che vi piace; ma, quanto a sposarle,<br />

55 GRAF, Per la nostra cultura, cit., pp. 31-80.<br />

56 Cfr. G. GALLICO, <strong>Le</strong> lezioni <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, in «Il Solco», 1° luglio 1913; poi in «Rivista<br />

d’Italia», XVIII, 1915, 11, pp. 743-50.<br />

57 Cfr. RENIER, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, cit., p. 7.<br />

58 CIAN, cit., pp. 6-8.<br />

59 GALLICO, <strong>Le</strong> lezioni, cit., p. 744.<br />

60 Del quale aveva seguito i corsi a Napoli, mentre si laureava in giurisprudenza.<br />

61 GALLICO, <strong>Le</strong> lezioni, cit., p. 744.<br />

62 CIAN, cit., pp. 7-8: «egli amava indugiarsi nel ricostruire con tocchi sapienti l’ambiente<br />

storico e psicologico e nell’esporre nitidamente l’opera d’arte […]. Anche si <strong>di</strong>lettava <strong>di</strong><br />

indagini, <strong>di</strong> immagini e <strong>di</strong> riferimenti tratti dalla musica, della quale aveva una sensibilità ed<br />

una conoscenza non comuni».<br />

63 A. GRAF, Di alcuni giu<strong>di</strong>zii <strong>di</strong> Francesco De Sanctis concernenti il Decamerone in<br />

Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Giovanni Boccaccio, a cura della Società Storica della Valdelsa, Castelfiorentino,<br />

Società Storica della Valdelsa, 1913.<br />

64 GALLICO, <strong>Le</strong> lezioni, cit., p. 745.<br />

65 Ivi, p. 743.<br />

197


Maria Panetta<br />

andate adagio» 66 . Egli derivò, forse, dal positivismo quell’esitazione nel giu<strong>di</strong>care<br />

e quello scetticismo riscontrabili negli innumerevoli interrogativi presenti<br />

nelle sue lezioni. <strong>Le</strong> <strong>prolusioni</strong> sono costellate <strong>di</strong> nomi, non esclusivamente <strong>di</strong><br />

poeti o prosatori, e denotano una cultura <strong>di</strong> base onnivora, profondamente me<strong>di</strong>tata<br />

e padroneggiata con grande sicurezza. Croce riconduceva ad una certa<br />

«ansietà» <strong>di</strong> carattere<br />

l’interessamento col quale aveva seguito le ricerche delle scienze biologiche e psicologiche,<br />

intorno alla trasformazione delle specie, all’ere<strong>di</strong>tà, ai sogni, all’ipnosi e al mondo occulto:<br />

e tutte le correnti d’idee dei tempi nostri, il pessimismo, l’evoluzionismo, il socialismo, il<br />

misticismo, il neoidealismo, il neocattolicesimo 67 ,<br />

e, riguardo ai versi grafiani, parlò <strong>di</strong> un avvicinamento progressivo alla «poesia<br />

parenetica e parabolica», sulla quale gravava sempre una certa «prosaicità»:<br />

<strong>Graf</strong> attribuì tali giu<strong>di</strong>zi negativi ad animosità personale, per l’aspra stroncatura<br />

che egli fece della crociana <strong>Le</strong>ggenda <strong>di</strong> Niccolò Pesce, nel «Giornale storico<br />

della letteratura italiana» del 1885.<br />

Secondo Gallico, le lezioni più suggestive erano quelle «dovute alle introspezioni<br />

psicologiche, alle rivelazioni che il <strong>Graf</strong> poeta faceva <strong>di</strong> un poeta» 68 :<br />

l’allievo ricorda «veri squarci lirici» tra cui il confronto tra sole e luna, suggerito<br />

appunto dalla lettura della leopar<strong>di</strong>ana Alla luna 69 . E anche Cian osserva: «in<br />

questi casi si rivelava nel lettore impareggiabile il maestro e il poeta, insieme<br />

alleati» 70 . Del resto, proprio introducendo <strong>Le</strong>opar<strong>di</strong>, il professore ammonì un<br />

giorno:<br />

66 Ivi, p. 745.<br />

67 B. CROCE, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong> (1905), in ID., La letteratura della Nuova Italia, vol. II, Bari,<br />

Laterza, 1948, V ed. riv., pp. 210-19.<br />

68 Nell’ultima fase della riflessione grafiana, si fece strada sempre più l’idea che la critica<br />

fosse «quasi rivelazione <strong>di</strong> poeti a poeti»; cfr. F. ULIVI, <strong>Graf</strong> critico, in <strong>Le</strong>tteratura italiana.<br />

I critici, a cura <strong>di</strong> G. Grana, vol. II, Milano, Marzorati, 1973, pp. 799-814 (p. 814).<br />

69 Al riguardo, come non notare, ad es., le suggestioni leopar<strong>di</strong>ane nella lirica Sole, contenuta<br />

in Medusa? «O <strong>di</strong>vo Sol, che folgorando i voti/ Spazii rischiari, e pei silenzi arcani,/<br />

Vibrando l’etra, con volute immani,/ Superbo, enorme, formidabil ruoti;// Che fai? Perché dell’oggi<br />

e del <strong>di</strong>mani,/ Perché degli anni la vicenda noti?/ Stanco non sei dei ponderosi moti?/<br />

Stanco non sei degl’infiniti vani?// […].» Cfr. F. FLAMINI, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong> poeta, in ID., Poeti e<br />

critici della Nuova Italia, Napoli, Perrella, 1920, pp. 5-19, soprattutto a p. 7; G. LONARDI,<br />

<strong>Le</strong>opar<strong>di</strong>smo, Firenze, Sansoni, 1974, pp. 92-94; C. CALCATERRA, La poesia <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, in<br />

«Arte e vita», IV, n° 2, 1923, pp. 65-78; DEFFERRARI, cit., pp. 115-22.<br />

70 CIAN, cit., p. 7.<br />

198


<strong>Le</strong> <strong>prolusioni</strong> <strong>torinesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong><br />

Chi si accosta ai gran<strong>di</strong> poeti deve sapere innalzare lo spirito ed allargare il cuore. Non si<br />

leggano, se si è in con<strong>di</strong>zione d’impenetrabilità spirituale. […]. Il poeta è l’essere libero per<br />

eccellenza e va inteso da uomini liberi 71 .<br />

Il brivido delle tenebre percorse numerose lezioni <strong>di</strong> <strong>Graf</strong>, che al «sentimento<br />

della morte» 72 intonò anche parecchi versi 73 ; basti ricordare le cupe raccolte<br />

Medusa 74 (1880, 1881, 1890) e Dopo il tramonto (1893), liriche della negazione<br />

<strong>di</strong>sperata; le Danai<strong>di</strong> (1897, 1905), che simboleggiano la vana impresa della vita<br />

umana; Morgana (1905) o l’illusione ingannevole: tutte dominate da lande desolate,<br />

tramonti sanguigni, naufragi, paesaggi deserti nei quali aleggia quasi un sentimento<br />

<strong>di</strong> «orrore della vita» 75 .<br />

Numerosi dei suoi volumi <strong>di</strong> critica, come già detto, derivarono dagli stu<strong>di</strong><br />

condotti per i corsi universitari (dal 1876 al 1910): tra gli altri, gli Stu<strong>di</strong> drammatici<br />

76 , nati dalle prime lezioni sul teatro e la sacra rappresentazione; Attraverso<br />

il Cinquecento 77 ; Foscolo, Manzoni, <strong>Le</strong>opar<strong>di</strong> 78 , che si serve dei materiali<br />

raccolti nel triennio 1894-1897, e che, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Renier 79 , può essere considerato<br />

un esempio <strong>di</strong> «critica introspettiva, psicologica ed estetica». Tenne<br />

corsi sulla drammatica me<strong>di</strong>evale e sulla storia della superstizione nel me<strong>di</strong>oevo,<br />

temi che si ritrovano, ad es., nel volume sul Diavolo 80 e in Miti e leggende 81 , e<br />

71 Traggo la citazione dal suddetto articolo <strong>di</strong> Cian, pp. 10-11.<br />

72 Cfr. A. A. MANCUSO, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, poeta della morte, Messina, Principato, 1922.<br />

73 Amore e morte dominano anche l’unico romanzo grafiano, Il Riscatto (Milano, Treves,<br />

1901), a proposito del quale cfr. G. PETROCCHI, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, in ID., Scrittori piemontesi del<br />

secondo ottocento, Torino, De Silva, 1948, pp. 79-93.<br />

74 Raccolta che, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> CURTO, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, cit., p. 3132, corrisponde al periodo <strong>di</strong><br />

«più stretta adesione del poeta al positivismo scientifico del tempo».<br />

75 A. MOMIGLIANO, <strong>Le</strong>tteratura italiana, vol. IV, Milano-Messina, Principato, 1956,<br />

p. 365.<br />

76 Torino, Loescher, 1878. Cian sottolinea come questi argomenti fossero allora nuovi e<br />

originali per una cattedra <strong>di</strong> letteratura italiana, definendo <strong>Graf</strong> un «vero maestro d’avanguar<strong>di</strong>a»;<br />

cfr. CIAN, cit., p. 11; Ulivi nota, invece, come l’impostazione <strong>di</strong> questi stu<strong>di</strong> concor<strong>di</strong><br />

con gli schemi della prolusione del 1876: ad es. nelle analisi <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>e del ’500 come la<br />

Calandria, la Mandragola, il Candelaio; cfr. ULIVI, <strong>Graf</strong> critico, cit.<br />

77 Torino, Loescher, 1888; rist. 1916.<br />

78 Torino, Loescher, 1898. Su questo vol. e sullo stile della critica grafiana, cfr. A. MOMI-<br />

GLIANO, <strong>Graf</strong> critico, in «L’Opinione», 28 aprile 1946, rist. in ID., Ultimi stu<strong>di</strong>, Firenze, La<br />

Nuova Italia, 1954, pp. 123-27.<br />

79 Cfr. RENIER, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, cit., p. 16.<br />

80 Milano, Treves, 1889.<br />

81 Torino, Loescher, vol. I, 1892; vol. II, 1893.<br />

199


Maria Panetta<br />

facilmente riconducibili alla sua passione per gli stu<strong>di</strong> eru<strong>di</strong>ti sulle leggende<br />

me<strong>di</strong>evali.<br />

Sebbene fosse un intellettuale piuttosto riservato, <strong>Graf</strong> assunse posizioni ferme<br />

e coraggiose, talora eversive (seppur da interno al sistema), schierandosi contro il<br />

valore formativo delle lingue e delle letterature classiche 82 (se non «in certi rami<br />

<strong>di</strong> cultura specializzata» 83 ) e auspicando l’abolizione dell’insegnamento classico<br />

nelle scuole me<strong>di</strong>e superiori; convinto della necessità <strong>di</strong> sprovincializzare i nostri<br />

stu<strong>di</strong>, guardava soprattutto alla lezione della scuola tedesca. Combattè anche in<br />

favore della soppressione «<strong>di</strong> quelli orti chiusi che sono le Facoltà» 84 , perché fosse<br />

favorita la libera circolazione delle idee, e soprattutto <strong>di</strong> quelle «generali» 85 , <strong>di</strong><br />

tipo filosofico, che «danno un senso e un in<strong>di</strong>rizzo alla vita» 86 e preservano lo spirito<br />

umano dal «gusto <strong>di</strong> soffermarsi e anneghittirsi negli angiporti» 87 dei minimi<br />

problemi: infatti, come sottolinea Barbarisi, «fin dalle prime <strong>prolusioni</strong> aveva<br />

espresso l’esigenza <strong>di</strong> conciliare le istanze <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong> rigore del metodo storico<br />

con l’ansia <strong>di</strong> scoprire le somme leggi che governano il pensiero fantastico» 88 .<br />

Nel 1901 89 si schierò contro l’eru<strong>di</strong>zione eccessiva nelle scuole, in se stessa<br />

«meritevole e necessaria», ma quasi dannosa se assunta in forma totalizzante, perché<br />

conduce alla «stagnazione» dello spirito 90 .<br />

Amò <strong>di</strong> purissimo amore l’insegnamento, – osservava Renier – collegandolo alle esigenze<br />

della cultura moderna e della vita 91 . Egli vide chiara, tra l’altro, la necessità che la cultura<br />

non fosse solo ed unicamente intellettuale, ma ezian<strong>di</strong>o morale, sostenendo la missione educativa<br />

anche degli istituti superiori 92 .<br />

82 Cfr. A. GRAF, L’insegnamento classico nelle scuole secondarie, in «Rivista <strong>di</strong> Filosofia<br />

Scientifica», V, luglio 1887, s. II. Cfr. anche La questione del latino: notizia letteraria, in «La<br />

Nuova Antologia», novembre 1893, pp. 332-37.<br />

83 GRAF, L’insegnamento classico nelle scuole secondarie, cit., p. 19.<br />

84 Cfr. A. GRAF, Per la riforma universitaria, in «La Nuova Antologia», CCXXI, 16 ottobre<br />

1908, pp. 558-60.<br />

85 Cfr. A. GRAF, L’Università futura, in «La Nuova Antologia», CCX, 1° novembre 1906,<br />

pp. 132-43, poi rist. in ID., Per la nostra cultura, cit., pp. 2-29.<br />

86 Ivi, p. 7.<br />

87 Ivi, p. 9.<br />

88 Cfr. a p. 183 G. BARBARISI, La parte del <strong>Graf</strong> nella fondazione e nella prima <strong>di</strong>rezione del<br />

«Giornale storico», in Cent’anni <strong>di</strong> Giornale storico della letteratura italiana, cit., pp. 158-87.<br />

89 Cfr. A. GRAF, La scioperataggine letteraria in Italia, in «La Nuova Antologia»,<br />

CLXXVI, 16 aprile 1901, pp. 595-608; poi in Per la nostra cultura, cit., pp. 107-34, soprattutto<br />

alle pp. 128-33.<br />

90 Cfr. GRAF, Per la nostra cultura, cit., pp. 31-80.<br />

91 Interessanti le considerazioni sulla scuola italiana, in cui – a suo giu<strong>di</strong>zio – s’impartiscono<br />

insegnamenti regolati «a contemplazione <strong>di</strong> un alunno ipotetico» e non «reale»: ivi, p. 49.<br />

92 RENIER, cit., p. 18.<br />

200


<strong>Le</strong> <strong>prolusioni</strong> <strong>torinesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong><br />

Non bastano, insomma, solo dottrina o eru<strong>di</strong>zione, ma la cultura dev’essere<br />

anche «educazione dell’intelletto, educazione del gusto, educazione della volontà» 93 .<br />

Davvero attuale, inoltre, il <strong>di</strong>scorso del 27 ottobre 1906 su L’Università futura,<br />

letto nel V centenario della nascita dell’Ateneo torinese: partendo dal presupposto<br />

che buona cultura sia solamente quella che «armonizza in unione<br />

feconda il pensiero e l’azione, l’amore del bello e il proponimento del buono, la<br />

libertà e l’euritmia, la gentilezza e la forza» 94 , <strong>Graf</strong> <strong>di</strong>chiara auspicabile<br />

un’Università da cui escano uomini e non fantocci, e che «non ignori lo spirito e<br />

i bisogni dei tempi» 95 ; essa è «organo della scienza» e dunque deve aver fede<br />

nella verità e aiutare l’uomo a conoscere la realtà esterna e se stesso. Attualissima<br />

la sua denuncia delle sperequazioni esistenti tra le risorse impiegate per promuovere<br />

le <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>scipline 96 ; alle varie scienze sono, sì, richiesti spirito analitico<br />

e sintetico, ma «la vision comprensiva <strong>di</strong> un tutto concreto è sempre, in un<br />

qualche modo, visione artistica, visione poetica» 97 .<br />

A suo parere l’istituzione universitaria<br />

non deve essere un politecnico, o […] una scuola professionale. Non le si debbono prescrivere<br />

troppi fini pratici […]. Sapere per potere, sì, certo; – conclude – ma, prima <strong>di</strong> tutto,<br />

sapere per essere.<br />

Inoltre, – altra questione molto attuale – l’Università deve formare specialisti,<br />

ma può e deve riparare ai danni dello specialismo crescente. Quin<strong>di</strong>, in un<br />

mondo in cui «cresce <strong>di</strong> giorno in giorno il numero <strong>di</strong> coloro che si ritraggono da<br />

ogni cimento prima d’avervi sperimentate le forze» 98 , l’istituzione universitaria<br />

ha il compito <strong>di</strong> «tutelare, aiutare, incitare, liberare la personalità» 99 ed evitare<br />

l’uniformità: al metodo vanno associati intuizione, audacia e «spirito <strong>di</strong> avventura».<br />

<strong>Graf</strong> afferma che «insegnare vuol <strong>di</strong>re amare, amare ciò che s’insegna,<br />

amare coloro a cui s’insegna» 100 , e, apostrofando i giovani, consiglia loro:<br />

Proferite il più raramente che potete la parola impossibile. Giu<strong>di</strong>cate le dottrine dai frutti<br />

che danno. Ricordatevi essere dover vostro <strong>di</strong> seguitare e migliorare l’opera dei vostri predecessori,<br />

innalzando sempre più la coscienza e la vita 101 .<br />

93 GRAF, Per la nostra cultura, cit., p. 41.<br />

94 GRAF, L’Università futura, cit., p. 3.<br />

95 Ivi, p. 4.<br />

96 Ivi, p. 5: «alle scienze naturali, sperimentali, induttive, […] sontuose se<strong>di</strong>, copia <strong>di</strong> mezzi,<br />

assistenza molteplice; alle altre, o nulla, o il meno possibile».<br />

97 Ivi, p. 6.<br />

98 Ivi, p. 9.<br />

99 Ivi, p. 10.<br />

100 Ivi, p. 11.<br />

101 Ivi, p. 12.<br />

201


Maria Panetta<br />

In generale, nelle <strong>prolusioni</strong> grafiane forte è la marca dell’oralità, rilevabile<br />

nelle numerose allocuzioni agli ascoltatori («o Signori», «O giovani», «Ponete<br />

mente, <strong>di</strong> grazia» ecc.); nella notevole frequenza <strong>di</strong> esclamazioni ed interrogazioni;<br />

nell’uso <strong>di</strong> immagini vive, che facciano subito presa sull’u<strong>di</strong>torio 102 ; nella<br />

contrapposizione noi/voi; nell’impostazione del <strong>di</strong>scorso sottoforma <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo<br />

coi maestri del passato e con i contemporanei; in una sapiente miscela <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>atezza<br />

ed enfasi, il che corrisponde perfettamente alle rigorose impostazioni<br />

suggerite proprio da <strong>Graf</strong> per il «Giornale storico», e soprattutto alle precise<br />

norme <strong>di</strong> scrittura da lui imposte ai collaboratori (no alle intonazioni oratorie e<br />

alle effusioni <strong>di</strong> sentimento, ad es.), come si evince dalla sua lettera al D’Ancona<br />

del 4 novembre 1883 103 . Vittorio Cian, anche a proposito delle or<strong>di</strong>narie lezioni,<br />

ne sottolineava il<br />

salutare aborrimento delle pompe e delle vacuità retoriche e cerretanesche, che facevano<br />

<strong>di</strong> lui la negazione più assoluta <strong>di</strong> quel <strong>di</strong>lettantismo parolaio che suol esser tanto presuntuoso<br />

e avventato quanto sterile e inconcludente 104 .<br />

Sorprendente, poi, in questi <strong>di</strong>scorsi inaugurali, la grande capacità <strong>di</strong> una lucida<br />

visione d’insieme 105 , atta a fornire una panoramica efficace soprattutto dei<br />

problemi metodologici che egli si poneva e che poi veniva risolvendo e <strong>di</strong>scutendo<br />

nel corso delle lezioni or<strong>di</strong>narie.<br />

Dobbiamo a Gallico una descrizione molto suggestiva <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong> in cattedra:<br />

Parlava con voce a quando a quando monotona, sottile, acuta, insinuante, con accenti gutturali<br />

e talora persino con strane vibrazioni metalliche, quasi note tenute […]; parlava in modo<br />

calmo, senza scatti, solo con alcune elevazioni <strong>di</strong> tono, quando voleva dar rilievo a qualche<br />

affermazione importante, o quando giungeva a qualche conclusione. Di rado e fugacemente<br />

consultava gli appunti; esponeva senza pentimenti, accompagnava l’espressione, sempre precisa<br />

e perspicua, coi moti delle mani nervose come ad accarezzare l’idea 106 .<br />

Tutto ciò avveniva <strong>di</strong> fronte ad un vasto u<strong>di</strong>torio, ad una folla che, non trovando<br />

posto nei banchi, si assiepava e faceva ressa fino alla porta, e nella quale,<br />

nei primi anni del ’900, si potevano <strong>di</strong>stinguere spesso alcune delle figure più<br />

significative della poesia italiana del tempo.<br />

102 Caratteristica riscontrata dalla critica anche nella sua poesia; cfr., ad es., A. G. CESA-<br />

REO, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, in ID., Critica militante, Messina, Trimarchi, 1907, pp. 107-28.<br />

103 Cfr. l’ottimo articolo <strong>di</strong> BARBARISI, La parte del <strong>Graf</strong> nella fondazione e nella prima<br />

<strong>di</strong>rezione del «Giornale storico», cit., pp. 162 e sgg.<br />

104 CIAN, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong> maestro, cit., p. 6.<br />

105 Negata, invece, al <strong>Graf</strong> in poesia e negli stu<strong>di</strong> critico-eru<strong>di</strong>ti, secondo Curto.<br />

106 GALLICO, <strong>Le</strong> lezioni, cit., p. 744.<br />

202


<strong>Le</strong> <strong>prolusioni</strong> <strong>torinesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong><br />

«Furono gli ultimi poeti fioriti all’ombra <strong>di</strong> Medusa» 107 : Guido Gozzano,<br />

Giulio Gianelli, Carlo Vallini, Mercurino Sappa; e tra gli allievi sono da segnalare<br />

Attilio Momigliano, Annibale Pastore, Giovanni Cena 108 , Enrico Thovez,<br />

Massimo Bontempelli, Ettore Stampini, Corrado Corra<strong>di</strong>no, Andrea Cantalupi,<br />

Carlo Verzone, Francesco Pastonchi, Giuliano Attilio Piovano, Giuseppe Cerrina,<br />

Guglielmo Ferrero ecc.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista poetico, però, l’influenza <strong>di</strong> <strong>Graf</strong> sui crepuscolari (Gozzano,<br />

Vallini, Gianelli, Corra<strong>di</strong>no) fu<br />

più ideale che reale, e non si può parlare <strong>di</strong> una vera continuità ma soltanto <strong>di</strong> una vaga e<br />

comune atmosfera, […] essi trovarono una forma espressiva nuova, un loro linguaggio e il<br />

<strong>Graf</strong> rimase legato alle forme della tra<strong>di</strong>zione. Non che perciò egli sia un poeta morto 109 .<br />

Cian ricorda il fascino esercitato dal maestro sui numerosi <strong>di</strong>scepoli, cui quelle<br />

lezioni <strong>di</strong>schiudevano anche «orizzonti nuovi, […] facendo entrare nell’aula<br />

severa, uggiosa <strong>di</strong> tanfo accademico, un’ondata d’aria fresca e ristoratrice, <strong>di</strong><br />

pensiero e <strong>di</strong> poesia» 110 . Il rapporto coi giovani fu forse l’unico ponte tra la ritrosa<br />

solitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> <strong>Graf</strong> e il consorzio civile: in loro ripose le sue ultime speranze e<br />

a loro si de<strong>di</strong>cò sempre con <strong>di</strong>sponibilità ed anticonformismo.<br />

Allievi e pubblico scelto accorrevano spesso anche alle cosiddette esercitazioni<br />

del sabato 111 , durante le quali il maestro promuoveva fecon<strong>di</strong> <strong>di</strong>battiti tra gli<br />

studenti e assegnava loro lavori da svolgere, a seconda delle attitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> ognuno,<br />

fornendo solo poche ma precise in<strong>di</strong>cazioni bibliografiche e <strong>di</strong>mostrandosi<br />

107 Cfr., a p. 5, C. CALCATERRA, Poeti all’ombra <strong>di</strong> Medusa, in ID., Con Guido Gozzano e<br />

altri poeti, Bologna, Zanichelli, 1944, pp. 3-8.<br />

108 Cfr. A. GRAF, Per un nuovo poeta Giovanni Cena, in «La Nuova Antologia», 16 febbraio<br />

1899, s. IV, vol. LXXIX, pp. 1-18.<br />

109 Cfr. CURTO, cit., pp. 3142-43. Calcaterra sottolinea, comunque, come Gozzano sentisse<br />

profondamente l’ironia delle Rime della selva e il dannunziano Carlo Vallini apprezzasse<br />

molto le Danai<strong>di</strong>: cfr. C. CALCATERRA, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, Torino, Chiantore, 1932, p. 7. Cena, infine,<br />

fu gettato nella «costernazione» dalla lettura <strong>di</strong> Medusa: cfr. la lettera ad Eugenia Balengo<br />

(8 gennaio 1902), in G. CENA, Opere, a cura <strong>di</strong> G. Di Rienzo, vol. III, Roma, Silva, 1968, p.<br />

78. Si veda anche G. BERGAMI, Giovanni Cena redattore capo della «Nuova Antologia», in<br />

«La Nuova Antologia», luglio-settembre 1984, pp. 114-25.<br />

110 CIAN, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong> maestro, cit., p. 4.<br />

111 Cfr. H. MARTIN, Guido Gozzano, Milano, Mursia, 1971, p. 26: «<strong>Graf</strong> era anche amato<br />

e ammirato per i suoi famosi sabati, le “sabatine”, che attiravano oltre alla gioventù universitaria,<br />

un pubblico mondano <strong>di</strong> signore eleganti dai gran<strong>di</strong> cappelli piumati. Quell’ora del sabato<br />

pomeriggio non era de<strong>di</strong>cata a una lezione or<strong>di</strong>naria, ma era una specie <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione accademica<br />

tra studenti e maestro. Il soggetto fu per anni la letteratura contemporanea: si <strong>di</strong>scuteva<br />

tra dannunziani e antidannunziani sulla Città morta, si analizzava Il mistero del poeta <strong>di</strong><br />

Fogazzaro, oppure uno degli studenti leggeva i propri versi».<br />

203


Maria Panetta<br />

sempre aperto al <strong>di</strong>alogo e sereno nei giu<strong>di</strong>zi 112 . Alcuni testimoni delle «sabatine»,<br />

come Zino Zini, espressero punti <strong>di</strong> vista piuttosto scettici sulla loro effettiva<br />

utilità:<br />

Si leggevano prose e poesie, lavori <strong>di</strong> critica, saggi estetici. Seguivano, <strong>di</strong>scussioni appassionate<br />

e paradossali, come è costume dei giovani. Il maestro, dall’alto della cattedra, col suo<br />

fare gelido, compassato, il gesto stereotipo, la faccia sfingea, ne raffrenava l’impeto e l’improntitu<strong>di</strong>ne,<br />

e quasi sempre riusciva a condurre nel quieto porto delle conclusioni ragionevoli<br />

e un po’ ano<strong>di</strong>ne quegli innocenti lu<strong>di</strong> accademici. Non credo giovassero molto né alla nostra<br />

cultura, né alla formazione spirituale, ma piacevano […]. Il pericolo maggiore era che, essendo<br />

pubbliche, vi si intrufolavano spesso, non solo qualche eccentrico sfaccendato, ma ad<strong>di</strong>rittura<br />

qualche mattoide, e questi saltavan su a sproloquiare a dritta e rovescio, senza possibilità<br />

<strong>di</strong> farli tacere 113 .<br />

Al contrario, Giovanni Cena, molto influenzato da <strong>Graf</strong> anche nel suo spiccato<br />

antidannunzianesimo 114 , riteneva che fosse possibile tracciare una storia del<br />

pensiero piemontese, fatta <strong>di</strong> «scienza e <strong>di</strong> sentimento» 115 , in cui il maestro avrebbe<br />

avuto un ruolo rilevante, essendo stato costante punto <strong>di</strong> riferimento per molti<br />

dei nostri intellettuali tardo-positivisti 116 , in una Torino che era allora importante<br />

centro <strong>di</strong> confluenza della cultura europea 117 , ed in un ambito universitario che<br />

rappresentava una sorta <strong>di</strong> frontiera che, seppur tra incertezze e inquietu<strong>di</strong>ni, tentava<br />

<strong>di</strong> arginare il <strong>di</strong>lagare della «scioperataggine», dell’estetismo, <strong>di</strong> un pressappochismo<br />

culturale e morale <strong>di</strong>ffuso 118 .<br />

Ribadendo ancora una volta che «invero nel <strong>Graf</strong> la figura dell’artista e poeta<br />

va unita, come forse in nessun altro caso con tanto stretta connessione, al maestro<br />

universitario e critico» 119 , lascerei a Barbarisi una riflessione conclusiva<br />

sulle <strong>prolusioni</strong> <strong>torinesi</strong>:<br />

112 Per la nota polemica sul Manzoni lirico, scoppiata nel marzo 1877, e la relativa bibliografia,<br />

cfr. DEFFERRARI, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, cit., pp. 73-85.<br />

113 Cfr. Appunti <strong>di</strong> vita torinese, a cura <strong>di</strong> G. Bergami, in «Belfagor», 31 maggio 1973, n°<br />

3, pp. 326-50.<br />

114 Cfr. DEFFERRARI (cit., pp. 204-208) per gli appunti <strong>di</strong> <strong>Graf</strong> su L’arte <strong>di</strong> Gabriele.<br />

115 Cfr. la lettera alla Balengo (8 gennaio 1902), in Opere, cit., p. 78.<br />

116 Cfr. E. GARIN, Intellettuali italiani del sec. XX, Roma, E<strong>di</strong>tori Riuniti, 1974; G.<br />

BARZELLOTTI, in «La Nuova Antologia», 16 maggio 1901.<br />

117 Cfr. G. DE LIGUORI, I baratri della ragione: <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong> e la cultura del secondo<br />

Ottocento, Manduria, Lacaita, 1986, pp. 145-56; A. BIONDI, Il silenzio della lettura. Attilio<br />

Momigliano critico e scrittore, Padova, Liviana, 1982; L. BULFERETTI, Lombroso, Torino,<br />

UTET, 1975.<br />

118 Cfr. G. CENA, L’arte e la morale, in «La Nuova Antologia», 1 aprile 1903, pp. 494-97;<br />

rist. in ID., Opere, cit., vol. II, pp. 179 e sgg.<br />

119 Cfr. ULIVI, <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong>, cit., pp. 799-800.<br />

204


Il suo sforzo […] <strong>di</strong> conciliare ecletticamente la concezione desanctisiana dell’arte con le<br />

nuove istanze scientiste, la critica estetica con la critica storica (quasi stabilendo un prima e un<br />

poi fra ricerca positiva e giu<strong>di</strong>zio critico, e cogliendo nella psicologia lo strumento con cui<br />

superare la soggettività del «gusto») lo sottraeva all’uno e all’altro schieramento, senza conferirgli<br />

quell’autorevolezza che gli sarebbe poi derivata (se pur senza gran<strong>di</strong> clamori) dalle sue<br />

maggiori opere critiche ed eru<strong>di</strong>te, ben più originali e consistenti <strong>di</strong> quelle iniziali riflessioni<br />

teoriche 120 .<br />

120 BARBARISI, cit., pp. 172-73.<br />

<strong>Le</strong> <strong>prolusioni</strong> <strong>torinesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Arturo</strong> <strong>Graf</strong><br />

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