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Progetto parco, tutela e valorizzazione dell'ambiente nel ... - Planeco

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Gian Ludovico Rolli Bernardino Romano<br />

PROGETTO PARCO<br />

Tutela e <strong>valorizzazione</strong> dell’ambiente<br />

<strong>nel</strong> comprensorio del Gran Sasso d’Italia<br />

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DELL'AQUILA


Gian Ludovico Rolli Bernardino Romano<br />

con contributi di<br />

Alessandro Clementi<br />

PROGETTO PARCO<br />

Tutela e <strong>valorizzazione</strong> dell’ambiente<br />

<strong>nel</strong> comprensorio del Gran Sasso d’Italia<br />

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DELL'AQUILA<br />

Dipartimento di Architettura e Urbanistica<br />

2


Questo volume viene presentato in accasione del centoventennale della<br />

fondazione della Sezione dell’Aquila del Club Alpino Italiano.<br />

Le iniziative culturali e divulgative del sodalizio, ed in particolare i contributi<br />

scientifici ed i riferimenti documentali e bibliografici forniti attraverso il BOLLETTINO<br />

ed altre pubblicazioni, hanno costituito un riferimento concreto per l’elaborazione di<br />

questo volume.<br />

Un particolare riconoscimento per questo va rivolto ai Presidenti della Sezione<br />

Nestore Nanni e Cesare Colorizio, che si sono succeduti <strong>nel</strong> corso degli anni recenti.<br />

3


RIFERIMENTI E COLLABORAZIONI<br />

Questo volume costituisce il coronamento di una lunga serie di studi che hanno<br />

tratto la loro origine da una ricerca svolta <strong>nel</strong>l’ambito dell’Università dell’Aquila con<br />

finanziamento del Ministero della Pubblica Istruzione.<br />

Il lavoro, sviluppato prevalentemente <strong>nel</strong>l’ambito del Dipartimento di Architettura<br />

e Urbanistica, ha raccolto una serie di contributi di studio da tesi di laurea (Romano B.-<br />

1983, Pancella F.- 198, Caprara I.- 1994).<br />

Per la collaborazione prestata <strong>nel</strong>le diverse fasi di allestimento del lavoro si ringrazia il<br />

personale del D.A.U., in particolare Giuseppe Colagrande, Margherita Colagrande,<br />

Niccolò Ficara, Raffaele Properzi e Gianfranco Ruggieri.<br />

Un ulteriore ringraziamento per la collaborazione si rivolge alla Regione Abruzzo,<br />

Settore Urbanistica e Beni Ambientali, in particolare l’Arch. D. Iacovone, l’Arch. A.<br />

Perrotti, i Sigg. E.Sauli e G. Mariani, per la consultazione dei documenti cartografici.<br />

4


PRESENTAZIONE<br />

INTRODUZIONE<br />

INDICE<br />

PARTE I<br />

LA PIANIFICAZIONE DEI PARCHI<br />

Cap. 1 - FORME E STRUMENTI DELLA TUTELA AMBIENTALE NEI<br />

PARCHI<br />

1.1. La formazione dei parchi<br />

1.2. La zonazione <strong>nel</strong>la pianificazione dei territori protetti;<br />

1.3. Indirizzi per la rilettura dei criteri di zonazione dei parchi<br />

Cap. 2 - PARCO E SISTEMA ANTROPICO<br />

2.1. “Wilderness” e antropizzazione storica nei parchi nazionali<br />

2.2. Condizioni e problemi dell’insediamento umano nei parchi<br />

2.3. Il ruolo dei centri storici <strong>nel</strong>l’organizzazione insediativa dei parchi<br />

Cap. 3 - PARCO E TURISMO<br />

3.1. L'evoluzione del ruolo turistico dei parchi<br />

3.2. Funzioni limiti e potenzialita' della fruizione turistica degli spazi <strong>tutela</strong>ti<br />

Cap. 4 -PARCO E SISTEMA PRODUTTIVO<br />

4.1. Le attività produttive nei parchi<br />

4.2. Ruolo del <strong>parco</strong> <strong>nel</strong> settore produttivo<br />

Cap. 5 - LINEAMENTI METODOLOGICI PER UNA PIANIFICAZIONE<br />

INTEGRATA DEI PARCHI<br />

5.1. Premessa<br />

5.2. Il processo di pianificazione<br />

5.3. Determinazione delle modalità di <strong>tutela</strong><br />

5.4. Gli spazi produttivi primari<br />

5.5. Gli spazi e le attività ricreative<br />

5.6. La utilizzazione degli spazi ricreativi<br />

5.7. L’attrezzatura turistica<br />

5.8. La struttura insediativa e il <strong>parco</strong> integrato<br />

Documentazione fotografica<br />

I grandi spazi naturali e il paesaggio<br />

I centri storici<br />

Gli elementi storico-architettonici diffusi<br />

Gli spazi turistici e sportivi<br />

Gli spazi produttivi<br />

5


I detrattori del paesaggio<br />

Premessa<br />

PARTE II<br />

PROGETTO GRAN SASSO<br />

Cap. 6 - L’ANALISI DEL TERRITORIO<br />

6.1. La morfologia<br />

6.2. L'uso del suolo<br />

6.3. I valori naturalistici<br />

6.4. I valori vegetazionali (F.Corbetta)<br />

6.5. I valori storici e architettonici<br />

6.6. I vincoli ambientali<br />

6.7. La struttura insediativa e produttiva<br />

6.8. La configurazione amministrativa e la pianificazione comunale<br />

Cap. 7 - LE PROPOSTE PER IL PIANO<br />

7.1. Il sistema della <strong>tutela</strong> ambientale<br />

7.2. Criteri per una normativa di <strong>tutela</strong><br />

7.3. Le potenzialità produttive agricole<br />

7.4. Le potenzialita' turistiche<br />

7.5. La ricettività turistica<br />

7.6. Linee strategiche per il piano del <strong>parco</strong><br />

7.6.1. Servizi del <strong>parco</strong><br />

7.6.2. Razionalizzazione delle strutture turistiche esistenti<br />

7.6.3. Organizzazione della fruizione del <strong>parco</strong> e della mobilità<br />

7.6.4. Interventi di recupero edilizio e di restauro del territorio<br />

7.6.5. Ricettività e residenzialità<br />

7.6.6. Il coinvolgimento degli abitanti e dell’imprenditoria locale<br />

Elaborati cartografici<br />

PARTE III<br />

L’EVOLUZIONE STORICA DEL TERRITORIO<br />

Il territorio del Gran Sasso d’Italia<br />

Tav. 1. L’area di studio <strong>nel</strong> contesto regionale<br />

Tav. 2. Struttura geografica e insediativa<br />

Tav. 2a. Schema strutturale della mobilità<br />

Tav. 2b. Struttura insediativa e turistica<br />

Tav. 2c. Stato attuale della pianificazione comunale<br />

Tav. 2d. Assetto amministrativo<br />

Tav. 3. Uso del suolo<br />

Tav. 4. Piano Regionale Paesistico<br />

6


Tav. 5. Valori storici e architettonici<br />

Tav. 6. Valori naturalistici documentati<br />

Tav. 7. Vincoli ambientali<br />

Tav. 8 Classificazione del suolo<br />

8a. Altimetria e clivometria<br />

8b. Substrati pedogenetici<br />

8c. Classificazione del suolo<br />

8d. Uso attuale del suolo<br />

Tav. 9. Uso ottimale del suolo<br />

Tav. 10a. Procedimento di zonazione del <strong>parco</strong> nazionale<br />

Tav. 10b. Ipotesi di configurazione delle unità di vincolo<br />

Tav. 11. Spazi e attrezzature per il turismo invernale<br />

Tav. 12. Spazi e attrezzature per il turismo estivo<br />

Tav 13. Linee strategiche per lo svilupo del sistema territoriale del <strong>parco</strong><br />

Tav 14. Proposta di zonazione operativa<br />

Elenco delle figure <strong>nel</strong> testo<br />

Eleneco delle tabelle <strong>nel</strong> testo<br />

7


INTRODUZIONE<br />

......................................<br />

......................................................<br />

(da predisporre)<br />

....................................<br />

................................................<br />

8


1.1. La formazione dei parchi<br />

PARTE I<br />

LA PIANIFICAZIONE DEI PARCHI<br />

Diverse concezioni si scontrano <strong>nel</strong>l’attuale dibattito intorno ai criteri attraverso<br />

i quali sorge un <strong>parco</strong> in zone naturali parzialmente antropizzate.<br />

Ciononostante, i criteri adottati dalla legge 6.12.91, n.394 - Legge quadro sulle<br />

aree protette - risentono di una genesi storica del concetto di <strong>parco</strong> da cui deriva - tra<br />

l’altro - lo strumento della “zonazione”.<br />

Nell’affettuare in questa parte del lavoro una disamina di carattere generale<br />

sull’approccio scientifico alla pianificazione dei parchi, è utile ricordare come i parchi e<br />

le riserve, <strong>nel</strong>la loro accezione piu' ampia, al di la' delle definizioni che tendono a<br />

distinguerli in base alle finalita' parzialmente differenti, nascono e si sviluppano<br />

storicamente come entita' preposte (sostanzialmente) alla conservazione di particolari<br />

contesti di grande rilevanza naturalistica.<br />

In particolare la definizione internazionale concordata di "<strong>parco</strong> nazionale"<br />

risale al 1969 e fu formulata in sede della X Assemblea Generale del IUCN (Unione<br />

Internazionale per la Conservazione della Natura e delle Risorse) svoltasi appunto in<br />

quell'anno a Nuova Delhi 1 .<br />

I parchi nazionali sono stati <strong>nel</strong>l'occasione definiti come aree di una notevole<br />

vastita' e <strong>nel</strong>le quali:<br />

- uno o piu' ecosistemi non siano alterati dalla presenza delle attivita' umane,<br />

dove le specie animali e vegetali, la geomorfologia e gli habitat naturali costituiscano un<br />

ambiente naturale di grande valore;<br />

- le maggiori autorita' competenti intraprendano azioni per prevenire o eliminare<br />

le attivita' incompatibili e per rafforzare la <strong>tutela</strong> dei valori ecologici, geomorfologici ed<br />

estetici;<br />

- i visitatori siano ammessi, a speciali condizioni, per scopi scientifici, culturali e<br />

ricreativi.<br />

Nella stessa occasione si fornivano inoltre delle raccomandazioni per evitare di<br />

usare erroneamente il termine di "<strong>parco</strong> nazionale" sia <strong>nel</strong> caso di altre tipologie di<br />

<strong>tutela</strong> ambientale piu' circoscritta, sia , in particolare, <strong>nel</strong> caso di aree abitate e<br />

antropizzate <strong>nel</strong>le quali, anche quando l'industrializzazione e l'urbanizzazione fossero<br />

controllate, la pianificazione territoriale e le misure adottate indirizzassero verso un uso<br />

di tipo turistico-ricreativo, e dove la ricreazione all'aria aperta fosse prioritaria rispetto<br />

alla pura conservazione degli ecosistemi.<br />

Tali aree, più propriamente, sarebbero destinate alla formazione di parchi naturali,<br />

regionali, etc...<br />

Siamo pertanto certi che, ogni qual volta venga proposta una forma di <strong>tutela</strong><br />

tipologicamente riconducibile allo status del <strong>parco</strong>, si e' in presenza di una porzione di<br />

1 IUCN, The World Conservation Union, 1993 United Nations List of National Parks and Protected Areas. IUCN,<br />

Gland, Switzerland and Cambridge, UK, 1993.<br />

9


spazio piu' o meno estesa, che contiene emergenze ambientali di valore tale da<br />

giustificarne la sottrazione alla pressione dell'urbanizzazione e ad ogni altro tipo di<br />

azione antropica che possa comportarne, in tempi piu' o meno lunghi, il "consumo" e la<br />

scomparsa.<br />

Ripercorrendo idealmente la storia di gran parte dei parchi attualmente esistenti<br />

si potrebbe, con una elevata attendibilita', tracciare un "itinerario" di formazione<br />

pressoche' analogo, costituito da una fase iniziale di presa di coscienza dell'elevato<br />

valore ambientale del luogo da parte di esponenti della cultura e della scienza, seguita<br />

da una fase di constatazione delle minacce che le ordinarie attivia' antropiche di<br />

trasformazione del territorio comportano per il mantenimento dell’ambiente<br />

considerato.<br />

A queste fasi iniziali segue un coinvolgimento di piu' ampi strati di opinione<br />

pubblica che poi, via via, tra difficolta' di entita' variabile in funzione della sensibilita'<br />

degli organi di governo preposti, si sviluppa fino a condurre all'apposizione di un<br />

vincolo di <strong>tutela</strong>.<br />

Queste considerazioni indicano che la creazione di un <strong>parco</strong> e' sempre stata<br />

un'azione mirata a sottrarre alle conseguenze dell’espansione dell’attività umana i tesori<br />

naturali da tramandare alle future generazioni.<br />

E' possibile affermare che, quanto piu' e' rapido il processo di trasformazione del<br />

territorio, tanto piu' e' intensa la presa di coscienza del danno in atto e la ribellione<br />

conseguente.<br />

Non a caso infatti il primo provvedimento di <strong>tutela</strong> ambientale e' intervenuto negli<br />

U.S.A. <strong>nel</strong> 1872, in quanto in questo paese si e' svolto uno dei processi di<br />

trasformazione territoriale piu' veloci della storia.<br />

In poco più di mezzo secolo sono stati privatizzati migliaia di ettari di zone selvagge,<br />

disboscate enormi superfici forestali per consentire la realizzazione delle linee di<br />

comunicazione, operate rapidissime azioni di sfruttamento di materie prime e di<br />

creazione di insediamenti urbani e produttivi, sterminati milioni di bisonti, completata la<br />

eliminazione sistematica ed il confinamento delle popolazioni indigene 2 .<br />

Questi eventi convinsero Washburn, Langford e Doan, membri della spedizione<br />

esplorativa effettuata <strong>nel</strong> 1870, a proporre al Governo di Washington la <strong>tutela</strong> di quasi<br />

900.000 ha di natura incontaminata dello Yellowstone National Park, tra Wyoming e<br />

Montana, che venne ufficialmente istituito dal Congresso degli U.S.A. <strong>nel</strong> 1872 "per il<br />

godimento delle popolazioni attuali e per tutte le generazioni future".<br />

L'atto istitutivo comportava una triplice finalita' per il nuovo <strong>parco</strong> 3 :<br />

1. prevenire un uso umano del territorio per conservare fauna e flora, ecosistemi<br />

o zone e paesaggi naturali particolarmente belli;<br />

2. far si' che i visitatori potessero trarre vantaggio, a differenti livelli (culturale,<br />

educativo e ricreativo) dai risultati positivi di questa conservazione;<br />

2 Jacquin P., Histoire des indiens d’Amerique du Nord. Mondadori 1984.<br />

3 Harroy J.P., Histoire et importance des reserves naturelles dans le monde. Atti del Convegno Nazionale<br />

Strategia 80 per i parchi e le riserve d'Italia 1980, L'uomo e l'ambiente-4, Camerino 1983. Vedi anche: Pedrotti<br />

F., Classificazione delle aree protette. In: Atti dei Convegni Lincei 66, Parchi e aree protette in Italia,<br />

Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1985.<br />

10


3. che a questa azione di conservazione i sistemi di ricerca traessero occasioni di<br />

studio, altrove non presenti.<br />

Esempi del processo formativo dei parchi poco sopra citato e' possibile farne in<br />

gran numero, ricordando l'ulteriore esperienza americana del Grand Canyon National<br />

Park del Colorado, e proseguendo con molti altri casi europei ed italiani, come la<br />

Foresta Bavarese <strong>nel</strong>la Germania sud-orientale, il Donana <strong>nel</strong>l'Andalusia occidentale, i<br />

Pirenei occidentali in Francia, gli stessi parchi nazionali d'Abruzzo e dello Stelvio.<br />

1.2. La zonazione <strong>nel</strong>la pianificazione dei territori protetti<br />

Nell' introdurre l'argomento della zonazione <strong>nel</strong> processo di pianificazione delle<br />

aree protette, <strong>nel</strong>la forma in cui viene utilizzato <strong>nel</strong>la prassi attuale, non si puo'<br />

prescindere dal ripercorrere in chiave diacronica, seppur sinteticamente, le tappe che<br />

hanno condotto alla evoluzione ed alla maturazione di questo concetto.<br />

Questo percorso storico si origina dalle prime definizioni attribuite alle aree protette e<br />

dai primi tentativi di strutturare una nomenclatura di validita' internazionale.<br />

Non e' certamente il caso di riproporre per intero l'itinerario procedurale dei dibattiti,<br />

delle tensioni, dei confronti che, <strong>nel</strong> corso di svariati decenni hanno condotto alla<br />

configurazione attuale delle tipologie delle aree protette, in quanto trattasi di argomento<br />

gia' autorevolmente illustrato in piu' occasioni 4 , ma ci si limitera' unicamente a<br />

sottolineare le tappe di questo processo che hanno stretta attinenza con la questione<br />

piu' specifica della zonizzazione interna dei parchi.<br />

I diversi tentativi effettuati in questa materia hanno il loro antesignano in Bourdelle 5<br />

che, in occasione della Conferenza Internazionale per la protezione della natura di<br />

Brunnen (Svizzera) del 1947, avanzo' una proposta di riunificazione delle definizioni in<br />

materia di <strong>tutela</strong> <strong>dell'ambiente</strong> naturale, questione sulla quale, negli anni precedenti, era<br />

stato molto vivo il dibattito in sede IUCN.<br />

In seguito a questa proposizione l'Unione Internazionale per la Conservazione della<br />

Natura adottava lo schema di Bourdelle, che e' stato considerato quale riferimento di<br />

fondo anche dal Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste Italiano che l'ha utilizzato,<br />

con alcune modifiche, fin dal 1959 (vedi Tab.1), a partire dalla sua prima Riserva<br />

naturale di Sasso Fratino, <strong>nel</strong>le Foreste Demaniali Casentinesi 6 .<br />

TAB.1 Classificazione delle riserve naturali (Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, 1959)<br />

4 Vedi a tal proposito: PEDROTTI F., Classificazione delle aree protette. In: Parchi e aree protette in Italia, Atti<br />

dei Convegni Lincei 66. Accademia dei Lincei, Roma 1985.<br />

Nello stesso volume vedi anche: MORONI A., Il sistema delle aree protette in Italia tra ricerca, gestione e<br />

politica.<br />

5 Bourdelle E., Tableau de la nomenclature employe dans l'atlas: in Union International pour la Conservation<br />

de la Nature et de ses ressources. Dernier refuges, Ed. Elsevier, 1956.<br />

6 PAVAN M., Riserve naturali italiane, situazione e proposte di <strong>tutela</strong> dei poteri pubblici. Ministero<br />

dell'Agricoltura e delle Foreste, Direzione Generale per l'Economia Montana e per le Foreste.Collana Verde,<br />

n.31.Pavia 1973.<br />

11


Da: Pavan: M., Riserve naturali italiane, situazione e proposte di <strong>tutela</strong> dei poteri pubblici. Ministero<br />

dell’Agricoltura e delle Foreste, Collana Verde n.31, Pavia 1973. Schema proposto al Consiglio d’Europa,<br />

Comitato Europeo per la salvaguardia della natura, <strong>nel</strong> 1969<br />

La concezione che appare alla base di questa nomenclatura considera come<br />

elementi omogenei, accorpati, e sostanzialmente, anche se non dichiaratamente,<br />

autonomi e non contigui, le unita' di <strong>tutela</strong> naturalistica, anche quando sono molto<br />

estese superficialmente come, presumibilmente, accade <strong>nel</strong> caso dei parchi nazionali.<br />

Si tratta <strong>nel</strong>lo specifico di una articolazione definitoria che cerca di mettere d'accordo<br />

fondamentalmente le tipologie delle singole unita' di vincolo con i caratteri oggettivi<br />

degli spazi naturali che da queste vengono poi interessati in termini normativi.<br />

Non e' certo presente il concetto di scansione funzionale interna alle singole tipologie,<br />

ma unicamente quello di perimetro esterno contenente delle emergenze ambientali<br />

omogenee riconducibili alle tipologie stesse.<br />

Il merito incontestabile di questa operazione e' quello di fornire una riconoscibilita'<br />

internazionale alle iniziative di <strong>tutela</strong> di certi spazi naturali, costituendo un riferimento in<br />

un dibattimento annoso che andava trascinandosi dalle prime definizioni di "<strong>parco</strong><br />

nazionale" attribuite al comprensorio di Yellowstone fin dal 1883, e dalle ulteriori<br />

definizioni presenti negli USA gia' prima dell’ultima guerra 7 .<br />

In ogni caso, su questa base, i pareri hanno continuato ad evolversi, generando altre<br />

definizioni e revisioni di quelle precedenti.<br />

Una novita' in sede internazionale giunge <strong>nel</strong> corso della seconda Conferenza<br />

Mondiale sui parchi nazionali di Yellowstone del 1972, durante la quale viene<br />

presentata una ulteriore proposta di classificazione <strong>nel</strong>la quale i parchi nazionali non<br />

compaiono piu' come elementi omogenei al pari delle altre unita' di vincolo, bensi'<br />

7 SULLIVAN T.A., Laws relating to the national park service. Suppl 1, U.S. Government Printing Office,<br />

Washington 1944.<br />

12


come spazi compositi, ibridi, derivanti dalla combinazione di piu' tipologie "elementari"<br />

di riserve, che tengano conto della multiformita' degli obiettivi attribuibili al <strong>parco</strong><br />

nazionale (conservativi, scientifici, ricreativi) 8 ; obiettivi peraltro ridefiniti <strong>nel</strong> frattempo<br />

durante la Conferenza dell' IUCN di Nuova Delhi del 1969 9 .<br />

In verita' alcune sollecitazioni su questo tema erano gia' pervenute, seppur in forma<br />

circoscritta, in tempi molto precedenti.<br />

Prima dal Prof. Renzo Videsott, che gia' <strong>nel</strong> 1955 proponeva per la prima volta<br />

l'opportunita' di una suddivisione interna in zone dei parchi nazionali esistenti,<br />

calibrando queste sulle diverse esigenze di studio, di visita, di residenza 10 .<br />

In un secondo momento si era verificata anche la prima applicazione normativa<br />

della zonazione dei parchi che si deve alla Francia, con la sua legge per le aree protette<br />

emanata <strong>nel</strong> 1960 11 , <strong>nel</strong>la quale si proponeva la "struttura zonale concentrica"<br />

costituita dal "nucleo centrale" di riserve integrali a scopo scientifico, da una fascia<br />

intermedia a regime speciale per le attivita' agro-silvo-pastorali e da una zona periferica<br />

di sviluppo delle attivita' insediative.<br />

Questo sistema ha avuto vasti consensi su scala internazionale e si e' andato<br />

affermando in maniera generalizzata sia pur con diverse versioni applicative.<br />

In questo senso si possono fornire numerosi esempi, avvalendosi peraltro anche di<br />

studi e ricerche specifiche che sono state condotte <strong>nel</strong> settore.<br />

In particolare analizzando alcune delle risultanze della Ricerca universitaria sulla<br />

Pianificazione dei Parchi in Europa, coordinata dal Prof. Roberto Gambino. e' possibile<br />

confrontare alcune situazioni-tipo di parchi italiani con riferimento ai modelli adottati di<br />

8 DASMANN R.F., Elaboration d'un systeme de classification des zones de protection naturelles et culturelles.<br />

Deuxieme conference mondiale sur le parcs nationaux (Yellowstone and Grand Teton, settembre 1972), IUCN<br />

Morges 1974.<br />

9 La nomenclatura proposta dall’IUCN per le aree protette ha subito numerose revisioni e adeguamenti. Per la<br />

più recente articolazione del sistema delle unita' di <strong>tutela</strong> ambientale si veda: IUCN, 1993 United Nations List of<br />

National Parks and Protected Areas,(Op. cit.).<br />

Le categorie di vincolo si articolano:<br />

Category I (a-Strict Nature Reserve, b-Wilderness area)<br />

“ II (National Park);<br />

“ III (Natural Monument);<br />

“ IV (Habitat/ Species Management Area);<br />

“ V (Protected Landscape / Seascape);<br />

“ VI (Managed Resource Protected Area);<br />

A ciascuna di queste tipologie di <strong>tutela</strong> corrispondono degli obiettivi primari, secondari e potenziali, secondo il<br />

criterio che segue (IUCN: Guidelines for Protected Area Management Categories, CNPPA, IUCN 1994):<br />

Management Objective Ia Ib II III IV V VI<br />

Ricerca scientifica 1 3 2 2 2 2 3<br />

Protezione della Wilderness 2 1 2 3 3 -- 2<br />

Conservazione delle specie e della diversità genetica 1 2 1 1 1 2 1<br />

Mantenimento delle funzioni ambientali 2 1 1 -- 1 2 1<br />

Protezione di spefiche caratteristiche naturali e culturali -- -- 2 1 3 1 3<br />

Turismo e ricreazione -- 2 1 1 3 1 3<br />

Educazione -- -- 2 2 2 2 3<br />

Uso sostenibile delle risorse dell’ecosistema naturale -- 3 3 -- 2 2 1<br />

Mantenimento dei caratteri culturali e tradizionali -- -- -- -- -- 1 2<br />

1- Obiettivo primario<br />

2- Obiettivo secondario<br />

3- Obiettivo potenzialmente applicabile<br />

--- Obiettivo non applicabile<br />

10 PEDROTTI F., 1985, Op. Cit.<br />

11 DACLON C.M., La politica per le aree protette. Maggioli Ed., Rimini 1990.<br />

13


zonazione che vengono indifferentemente utilizzati per aree protette a carattere<br />

nazionale o regionale 12 .<br />

Il Parco nazionale del Gran Paradiso, pur senza mai approvarlo formalmente, si doto'<br />

<strong>nel</strong> 1983 di uno schema di piano che prevedeva, tra le altre cose, una articolazione<br />

territoriale in zone costituita da:<br />

- zone A, riserva integrale:<br />

A1, wilderness;<br />

A2, non wilderness;<br />

A3, d'interesse speciale;<br />

-zone B , riserva generale:<br />

B1, transizione;<br />

B2, conservazione;<br />

B3, conservazione speciale;<br />

-zone C, protezione;<br />

-zone D, sviluppo controllato (agricolo,<br />

produttivo, turistico, residenziale):<br />

Ds, destinazione speciale;<br />

-zone E, contigue (esterne al <strong>parco</strong>);<br />

Il <strong>parco</strong> lombardo della Valle del Ticino, anch'esso regolamentato da un Piano<br />

territoriale di coordinamento del 1980, e' dotato di una normativa che prevede la<br />

seguente partizione zonale:<br />

-zone A di riserva integrale;<br />

-zone B, B1, B2 di riserva orientata;<br />

-zone di <strong>parco</strong> naturale agricolo-forestale;<br />

-zone D2 di <strong>tutela</strong> archeologica;<br />

-zone D3 di <strong>tutela</strong> ambientale e paesistica;<br />

-zone G agricole del <strong>parco</strong>;<br />

-zone di iniziativa comunale orientata;<br />

Se questi sono alcuni esempi estratti dalla ricerca citata, che gia' forniscono un quadro<br />

abbastanza significativo, e' comunque possibile produrne degli altri, utilizzando fonti<br />

diverse.<br />

Il Parco del Pollino, ora <strong>parco</strong> nazionale, <strong>nel</strong> piano territoriale di coordinamento del<br />

1985, che lo ha compreso come <strong>parco</strong> naturale della Regione Basilicata, e'<br />

12 Vedi a proposito: GAMBINO R., Parchi Naturali. Ed. NIS, Roma 1991.<br />

Dello stesso Autore: Quali parchi in Italia e in Europa integrando le politiche di <strong>tutela</strong>. Documenti del<br />

territorio, anno V, n.17/18, Centro Interregionale di coordinamento e documentazione per le informazioni<br />

territoriali, Roma 1990.<br />

14


assoggettato ad una articolazione territoriale cosi' organizzata, sancita dall'Art. 3 delle<br />

Norme di attuazone del P.T.C. 13 :<br />

1- aree a protezione speciale:<br />

zona A, cuore del <strong>parco</strong>;<br />

zona B, boschi di casa;<br />

zona C1, rispetto monumentale;<br />

zona C2, emergenze geologiche e zone instabili;<br />

zona C3, paesaggi di rilevante interesse;<br />

2- aree a normativa urbanistica ordinaria:<br />

zona C4, servizio al <strong>parco</strong>;<br />

zona C5, nuclei rurali;<br />

zona C6, centri storici;<br />

zona C7, aree agricole;<br />

zona D1, insediamenti polifunzionali;<br />

zona D2, insediamenti produttivi;<br />

Il Parco Nazionale d'Abruzzo ha introdotto <strong>nel</strong> proprio territorio <strong>nel</strong> 1984,<br />

approvandola definitivamente <strong>nel</strong> 1987, una zonazione formata da:<br />

-zona A, riserva integrale<br />

-zona B, riserva generale<br />

-zona C, protezione<br />

-zona D, sviluppo<br />

D1 (centri abitati)<br />

D2 (infrastrutture ricettive)<br />

D3 (attrezzature del <strong>parco</strong>)<br />

-zona di protezione esterna<br />

La zonazione del Parco Nazionale d'Abruzzo e' stata ampiamente pubblicizzata,<br />

divulgata attraverso articoli e carte turistiche, <strong>nel</strong>le quali i contenuti normativi e<br />

concettuali delle singole zone sono stati esplicitati al massimo grado di comprensibilita'<br />

14 .<br />

13 AA.VV., <strong>Progetto</strong> Pollino, materiali per il piano territoriale di coordinamento. Dipartimento Attivita'<br />

Produttive Ufficio Turismo, Regione Basilicata, Potenza 1987.<br />

14Cfr. ENTE AUTONOMO PARCO NAZIONALE D'ABRUZZO, Zonizzazione del Parco Nazionale d'Abruzzo.<br />

Roma 1986.<br />

Vedasi anche: Un piano di assetto territoriale per il Parco Nazionale d'Abruzzo. Notiziario del P.N.A.,<br />

n.10, Roma 1975.<br />

Le zone in cui e' stato suddiviso il territorio del Parco Nazionale d'Abruzzo vengono cosi' definite:<br />

Zona A - Riserva integrale. E' la vera "natura selvaggia", dove e' abolita qualsiasi forma di<br />

sfruttamento o uso produttivo, e il visitatore accede con discrezione, senza abbandonare gli speciali sentieri. E' il<br />

regno della flora e della fauna primigenia, lasciate alla loro spontanea e libera evoluzione. La zona A e',<br />

insomma, il regno della natura intatta.<br />

15


Il Parco nazionale del Circeo ha una articolazione lievemente discostata da quanto<br />

detto, in quanto si organizza all'interno dei suoi confini in 15 :<br />

-Riserva naturale integrale;<br />

-Riserva di popolamento animale;<br />

-Riserva naturale della biosfera;<br />

Quest'ultima tipologia di riserva fa riferimento al cosiddetto Programma Man and<br />

Biosphere (M.A.B.) lanciato dall'UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per<br />

l'Educazione, la Scienza e la Cultura) <strong>nel</strong> 1979, che riguarda una rete di carattere<br />

internazionale di grandi ecosistemi, per offrire possibilita' di ricerca sperimentale,<br />

associando a questo ulteriori obiettivi di conservazione, di educazione e di formazione<br />

<strong>nel</strong>l'ottica di promuovere il rapporto costruttivo tra uomo e biosfera 16 .<br />

Un ultimo esempio potrebbe riguardare il Parco Naturale Regionale del Sirente-<br />

Velino in Abruzzo, istituito <strong>nel</strong> 1989, la cui stesura originaria di piano, poi<br />

disconosciuta in sede di istituzione normativa, prevedeva tre zone interne 17 :<br />

Zona B - Riserva generale. E' il vasto spazio verde di foreste e prati, in parte "umanizzato" da millenni<br />

di storia ma ancora sostanzialmente genuino e indenne da alterazioni gravi o segni di squilibrio. Qui le attivita'<br />

del passato possono continuare a svolgersi in modo limitato e razionae, con un ragionevole sfruttamento delle<br />

risorse naturali per produzioni ad alto valore aggiunto (artigianato, zootecnia specializzata e cosi' via). Anche il<br />

visitatore vi trova ambiente ideale per escursioni e vita all'aria aperta. La zona B e' in soatnza il punto di<br />

incontro e della convivenza tra l'uomo e la natura.<br />

Zona C- Protezione. E' la classica "campagna" dove l'attivita' agropastorale puo' continuare a<br />

svolgersi secondo i criteri tradizionali, con particolare riferimento all'agricoltura e all'allevamento del bestiame<br />

non industrializzati, oppure secondo i concetti piu' moderni e biodinamici, consentendo e incoraggiando la<br />

produzione alimentare di qualita'. Anche il prezioso patrimonio culturale del passato vi e' conservato con cura e<br />

tramandato ai posteri. La zona C e', in fondo, lo spazio della natura plasmata e assoggettata al servizio<br />

dell'uomo.<br />

Zona D - Sviluppo. E' lo spazio "abitato", dove gli antichi centri storici vengono restaurati, rivitalizzati<br />

e arricchiti con attrattive culturali a misura d'uomo, per la promozione della vita delle collettivita' locali in<br />

stretta armonia e coesistenza con la presenza dei visitatori. E' il luogo del sereno soggiorno, della ricreazione<br />

armoniosa all'aria aperta, dell'esperienza culturale genuina e dell'autentico contatto sociale. La zona D<br />

rappresenta, in pratica, il vero ambiente privilegiato per la vita sociale, culturalmente forgiato a misura<br />

d'uomo.<br />

Sottozona D1- Centri abitati. Sono i villaggi preesistenti all'interno del <strong>parco</strong>, con la loro cornice di<br />

naturale e ragionevole espansione, alla stregua di precise perimetrazioni che hanno gia' formato oggetto di<br />

intese tra Ente Parco ed Autorita' locali.<br />

Sottozona D2 - infrastrutture ricettive. Sono i piccoli edifici o insediamenti isolati nonche' le<br />

circoscritte aree di campeggio individuate <strong>nel</strong> <strong>parco</strong>, la cui funzione di concentrazione, organizzazione e<br />

controllo della visita e del flusso turistico risulta fondamentale.<br />

Sottozona D3- Attrezzature del Parco. Sono gli accessi del <strong>parco</strong> con le attrezzature collegate: come<br />

aree di aprcheggio e di pic-nic, oppure aree faunistiche e i punti di osservazione panoramica e naturalistica,<br />

nonche' Centri di servizio del <strong>parco</strong>.<br />

15 ORTESE E., LOPEZ NUNES F., Parco Nazionale del Circeo, Carta turistica scala 1:25.000. Ed. Ministero per<br />

l'Agricoltura e per le Foreste, Ufficio amministrazione Parco Nazionale del Circeo. Sabaudia 1979.<br />

16 d'AYALA P.G., I parchi e le riserve naturali: l'esperienza internazionale e l'azione dell'UNESCO. Su:<br />

CAVALLARO C.(a cura), L'uomo e il <strong>parco</strong>, Conferenza internazionale sulle aree protette, Universita' di Messina,<br />

Messina 1991.<br />

17 Regione Abruzzo, Comunita' Montana Zona C, Sirentina, Piano del Parco Naturale del Sirente Velino, 1978.<br />

Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo, L.R. 13.07.1989, L'Aquila 1989.<br />

16


Riserva integrale;<br />

Riserva guidata;<br />

Riserva controllata;<br />

Da questa rassegna di esempi, che hanno preso in considerazione sia dei parchi<br />

nazionali di grande rilevanza, sia delle aree protette di portata regionale, e' possibile<br />

rendersi conto abbastanza esaurientemente di come lo schema zonale abbia trovato<br />

applicazione diffusa su scala nazionale, riproponendosi costantemente, in forma sempre<br />

simile, con qualche isolata digressione, in una vasta gamma di circostanze naturalistiche,<br />

ambientali e morfologiche.<br />

Del resto l'esame di alcune produzioni legislative regionali conferma la presenza di<br />

una cadenza normativa pressoche' analoga su tutto il territorio nazionale.<br />

Ne sono esempi la legge quadro della Regione Emilia Romagna (L.R. 2.4.88<br />

n.11) 18 , il Piano Quadro del Sistema Parchi della Regione Umbria, approvato <strong>nel</strong><br />

1990 19 , la legge regionale della Regione Liguria (L.R. 12.9.77, n.40), la leggequadro<br />

abruzzese (L.R. 20.6.80, n.61).<br />

La stessa legge quadro nazionale sulle aree protette, l. 6.12.1991, n.394,<br />

propone ancora una modalità di organizzazione della <strong>tutela</strong> ambientale attraverso la<br />

zonazione distinguendo quattro ambiti di <strong>tutela</strong> (Art.12, punto 2) 20 :<br />

a) Riserve integrali;<br />

b) Riserve generali orientate;<br />

c) Aree di protezione;<br />

d) Aree di promozione economica e sociale<br />

18 Per un panorama sulla pianificazione dei parchi <strong>nel</strong>la Regione Emilia Romagna si veda: Rosini R..,Vecchietti<br />

S.: La pianificazione dei Parchi regionali. INU, Sezione Emilia Romagna, Alinea Ed., Firenze 1994.<br />

19 Commissione delle Comunita' Europee, Regione dell'Umbria, Piano quadro del sistema parchi-ambiente<br />

della Regione Umbria, Vol.I, rapporto generale, Battelle, Cles, Ecoter, Nomisma, RPA, Perugia 1989. In questo<br />

caso viene utilizzato uno schema zonale elaborato in ambito CEE che prevede una zona A - Area <strong>dell'ambiente</strong><br />

naturale, una zona B - Area <strong>dell'ambiente</strong> semi-naturale, una zona C - Area <strong>dell'ambiente</strong> agrario, e una zona<br />

D - Area <strong>dell'ambiente</strong> urbano.<br />

20 a) Riserve integrali, <strong>nel</strong>le quali l’ambiente naturale è conservato <strong>nel</strong>la sua integrità;<br />

b) Riserve generali orientate, <strong>nel</strong>le quali è vitetato costruire nuove opere edilizie, ampliare le<br />

costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono tuttavia essere consentite le<br />

utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonchè interventi<br />

di gestione delle risorse naturali a cura dell’ente <strong>parco</strong>. Sono altresì ammesse opere di manutenzione delle<br />

opere esistenti, ai sensi delle lettere a) e b) del primo comma dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n.457.<br />

c) aree di protezione, <strong>nel</strong>le quali, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri<br />

generali fissati dall’ente <strong>parco</strong>, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di<br />

agricoltura biologica, le attività agrosilvopastorali nonchè di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è<br />

incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. Sono ammessi gli interventi autorizzati ai sensi delle<br />

lettere a), b), e c) del primo comma dell’Art.31 della citata legge n.457 del 1978, salvo l’osservanza delle<br />

norme di piano sulle destinazioni d’uso.<br />

d) aree di promozione economica e sociale, facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente<br />

modificate dai processi di antropizzazione, <strong>nel</strong>le quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive<br />

del <strong>parco</strong> e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali ed al milgior<br />

godimento del <strong>parco</strong> da parte dei visitatori.<br />

17


Per completare il quadro delle modalita' applicative del criterio zonale e' opportuno<br />

riferire su alcune esperienze extranazionali, tra cui sicuramente significative sono, in<br />

Europa, quelle della Gran Bretagna e della Francia.<br />

Sostanzialmente legata allo status di "Protected landscapes", che caratterizza in<br />

particolare i parchi inglesi, e' anche la zonazione relativa che tende soprattutto alla<br />

individuazione di unita' tipologiche di paesaggio, come aree forestali, paesaggi agrari,<br />

strutture paesaggistiche diverse, sistema delle acque e delle coste 21 .<br />

Sul sistema francese si e gia' avuto modo in precedenza di parlare; la<br />

regolamentazione dei parchi, facente capo alla citata legge del 1960, stabilisce che in<br />

essi siano individuate tre zone: la zone peripherique, la zone centrale et le reserves<br />

integrales.<br />

Come considerazione a margine va sottolineato che si tratta della applicazione<br />

paradigmatica (parchi alla francese) in termini normativi del concetto di pressione<br />

vincolistica per zone, crescente dall'esterno all'interno del <strong>parco</strong> 22 .<br />

Di tipo decisamente piu' articolato sono le ripartizioni zonali sviluppate per i parchi<br />

americani che fanno riferimento a guidelines specifiche, e per i quali si ritengono<br />

significativi due schemi.<br />

Il primo schema fa riferimento ad una manualistica del Park National Service U.S.A.<br />

23 e si articola in maniera molto precisa, estremamente disaggregata, <strong>nel</strong>la quale sono<br />

riconoscibili tutte le funzioni territoriali.<br />

Zone naturali:<br />

-emergenze naturali;<br />

-ambienti naturali;<br />

-aree naturali di protezione speciale;<br />

-aree naturali per la ricerca scientifica;<br />

-aree di sperimentazione;<br />

Zone storiche:<br />

-siti e oggetti di specifico interesse da preservare;<br />

-siti e strutture storiche da preservare e ttttrifunzionalizzare;<br />

-aree e risorse di valore testimoniale o ttttcommemorativo;<br />

Zone per lo sviluppo del <strong>parco</strong>:<br />

21 FOSTER J. (a cura), Protected Landscapes, Summary Proceedings of the International Symposium Lake<br />

District, United Kingdom 5-10 October 1987.IUCN 1988.<br />

VALLERINI L., Inghilterra verde: parchi nazionali e aree protette. Parametro n.151/152, Faenza Ed.<br />

Faenza 1986.<br />

22 AA.VV., Parchi e riserve naturali. Su:DOCTER, Istituto di Studi e documentazione per il territorio, Annuario<br />

Europeo dell'Ambiente, Airone. Milano 1984.<br />

23 United States Department of Interior, National Park Service (NPS), Park Planning and Special Studies,<br />

Planning Process Guidelines, Washington 1978, 1982, 1983, 1985, 1986.<br />

18


-aree per l'amministrazione e la manutenzione;<br />

-aree per servizi informativi, educativi ed ttttinterpretativi;<br />

-aree per le attivita' ricreative;<br />

-aree per le abitazioni degli addetti;<br />

-aree per l'accessibilita' e la circolazione;<br />

-aree per impianti tecnologici e servizi vari;<br />

-aree di servizi non ricreativi per i visitatori;<br />

-aree per la gestione intensiva di paesaggi ttttparticolari;<br />

Zone per usi speciali:<br />

-aree per servizi commerciali;<br />

-aree di cave e miniere;<br />

-aree per impianti e attivita' produttive;<br />

-aree per attrezzature pubbliche;<br />

-aree di produzione forestale;<br />

-aree non utilizzate;<br />

-aree per abitazioni private;<br />

-aree per commercial ranching;<br />

-aree di produzione agricola;<br />

-bacini idrici artificiali;<br />

-aree destinate al traffico e ai trasporti;<br />

-aree per impianti e servizi tecnologici vari;<br />

Un secondo schema e' quello contenuto in un documento della Food and<br />

Agricolture Organization (FAO), successivamente recepito <strong>nel</strong>le guidelines dell'IUCN<br />

24 , ed utilizzato prevalentemente nei parchi dell'America latina.<br />

24 MOSELEY J., THELEN K., MILLER K., National Parks Planning, FAO (Food and Agricolture Organization<br />

of the United Nations), FAO Forestry Paper, n.6, Roma 1976.<br />

LAUSCHE B.J., Guidelines for protected areas legislation, IUCN Environmental Policy and Law Paper, n.16,<br />

IUCN-UNEP, Nairobi<br />

A questa struttura zonale sono associati i seguenti contenuti:<br />

-Primitive-scientific zone: questi territori contengono i piu' importanti e, quasi sempre, piu' fragili valori naturali<br />

del <strong>parco</strong>. Nessuna attivita' umana che ne comporti il degrado puo' essere consentita. Solamente alcune<br />

strutture, necessarie per la gestione e la conservazioni delle qualita' di wilderness, possono essere realizzate in<br />

queste zone, e molto spesso sono unicamente dei posti di guardia.<br />

-Primitive zone: anche questi territori contengono eccezionali caratteristiche naturali. La presenza di questa<br />

zona si giustifica pero' sia per la inferiore qualita' ambientale totale e sia in funzione dell'esigenza di rendere<br />

disponibili ai visitatori particolari caratteristiche significative. La "Primitive Zone" ha la funzione di zona di<br />

transizione o zona-cuscinetto, che separa la "Primitive Scientific Zone" da zone del <strong>parco</strong> piu' accessibili. Piante<br />

esotiche ed animali non saranno introdotti e, se possibile, saranno eliminati da questa zona. La <strong>valorizzazione</strong><br />

fruitiva sara' limitata alla realizzazione di sentieri rudimentali, semplici aree per il campeggio, posti di vigilanza<br />

e minime strutture per la ricerca. Strade e veicoli a motore saranno vietati.<br />

-Extensive use zone: questa zona e' necessaria per rendere facilmente accessibili al visitatore ambienti del <strong>parco</strong><br />

di alta qualita'. Saranno qui collocate le strade del <strong>parco</strong>, sentieri, semplici aree di campeggio, osservatori<br />

panoramici. Lo sviluppo, comunque, evitera' quelle strutture che possono incoraggiare un uso ad alta densita',<br />

come centri visita, alberghi, impianti di risalita sciistici, ecc. Ogni sforzo sara' fatto per ridurre l'impatto<br />

ambientale dello sviluppo in questa zona. Come la "Primitive Zone", anche questo e' uno spazio con funzione di<br />

transizione verso zone piu' protette.<br />

-Intensive Use Zone: Questi territori, che usualmente rappresentano una piccola percentuale dell'area totale del<br />

<strong>parco</strong>, saranno utilizzati per strade di maggior importanza, per centri di visita, negozi, campings, strutture<br />

ricettive e uffici amministrativi del <strong>parco</strong>. Estrema attenzione dovra' essere posta <strong>nel</strong> minimizzare l'impatto sui<br />

valori ambientali.Le strutture per uso pubblico in questa zona dovranno essere le minime richieste per<br />

permettere le attivita' ricreative e per garantire la sicurezza.<br />

19


Primitive-scientific zone;<br />

Primitive zone;<br />

Intensive use zone;<br />

Historic-cultural zone;<br />

Recuperation zone;<br />

Special use zone;<br />

A questo punto si e' prodotta e posta su un piano di diretta confrontabilita' una<br />

ampia casistica che testimonia esaurientemente come il criterio della ripartizione del<br />

territorio dei parchi in unita' spaziali differenziate per valore naturalistico, vulnerabilita'<br />

all'azione antropica e suscettivita' di uso sia stato largamente recepito e diffuso su scala<br />

mondiale, seppur secondo diverse concezioni.<br />

In Italia lo schema viene utilizzato prevalentemente in termini di macrozonazione,<br />

ovvero con il territorio reso omogeneo a grandi "macchie", ognuna corrispondente ad<br />

un tipo di uso consentito.<br />

Le denominazioni delle tipologie di vincolo utilizzano in modo quasi standardizzato<br />

le lettere alfabetiche A, B, C, D, E, denunciando una probabile derivazione dai criteri<br />

di zonizzazione urbanistica introdotti dal D.M. 2 aprile 1968 gia' richiamato in<br />

precedenza.<br />

Nonostante la massiccia applicazione questo criterio operativo e' comunque<br />

oggetto gia' da anni di ampia discussione e critica disciplinare, in modo particolare<br />

relativamente a due aspetti connessi:<br />

Da un lato la oggettività e la credibilità scientifica <strong>nel</strong>la determinazione dei perimetri<br />

delle singole zone.<br />

Da un altro lato la efficacia in termini di gestione territoriale di un sistema organizzativo<br />

spaziale cosi' conformato.<br />

Nel prosieguo della trattazione verranno appunto approfonditi criteri, metodi e limiti<br />

della zonazione, avvalendosi anche della esperienza maturata dagli studiosi<br />

<strong>nel</strong>l'applicazione della legge 8.8.1985, n.431, in sede di Piani Regionali Paesistici 25 , e<br />

-Historic-Cultural Zone: comprende i territori all'interno del <strong>parco</strong> che presentano emergenze archeologiche,<br />

storiche o culturali di rilevanza nazionale e internazionale. Lo sviluppo sara' finalizzato unicamente alla<br />

conservazione, al restauro ed allo studio dei valori culturali. Le attivita' pubbliche saranno limitate ai giri<br />

turistici e alle attivita' educative.<br />

-Recuperation Zone: I territori che sono stati alterati dall'introduzione di animali e piante esotici, dall'attivita'<br />

estrattiva, dagli incendi, dalla colonizzazione ecc., verranno inseriti in questa zona, per essere fatti oggetto di<br />

programmi di recupero. Sara' pertanto consentita la installazione delle attrezzature e degli impianti necessari<br />

per facilitare l'attuazione di questi programmi di recupero.<br />

-Special Use Zone: questa zona designa territori utilizzati per basilari servizi di gestione, come le abitazioni del<br />

personale, strutture per la manutenzione e l'immagazzinaggio, impianti idraulici e elettrici, torri di<br />

comunicazione, ecc. Per quanto possibile queste zone saranno visivamente ed acusticamente isolate dalle aree<br />

ad uso dei visitatori. Questa zona e' anche usata per quelle attivita' incompatibili con gli obiettivi del <strong>parco</strong>. In<br />

questo ultimo caso queste designazioni sono transitorie e sono necessarie fino a che azioni correttive non siano<br />

esercitate attraverso la gestione del <strong>parco</strong> o programmi di acquisizione dei territori.<br />

25 La legge 8.8.1985, n.431 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 27.6.1985 n.312,<br />

recante disposizioni urgenti per la <strong>tutela</strong> delle zone di particolare interesse ambientale", all'Art. 1-bis, prevedeva<br />

che le Regioni sottoponessero a specifica normativa d'uso e di <strong>valorizzazione</strong> ambientale il relativo territorio<br />

mediante la redazione dei piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei<br />

valori paesistici e ambientali, da approvarsi entro il 31.12.1986.<br />

20


di considerazioni sul rapporto corrente tra la pianificazione ambientale e la<br />

pianificazione urbanistica.<br />

1.3.- Indirizzi per la rilettura dei criteri di zonazione dei parchi<br />

Dalla panoramica esposta <strong>nel</strong> paragrafo precedente si evince che, pur avendo la<br />

pianificazione ambientale mutuato dalla tecnica urbanistica il metodo di controllo delle<br />

modificazioni territoriali formato dal binomio zone-normativa, ne ha rilanciato<br />

consistentemente il ruolo imponendolo <strong>nel</strong>la sfera legislativa a tutti i livelli.<br />

In questo contesto di palese solidita' applicativa del criterio zonale si inseriscono<br />

tuttavia gli stimoli per la ricerca <strong>nel</strong> settore, sia per sviluppare eventuali fisionomie<br />

alternative della zonazione, sia per mettere a punto nuovi criteri tecnici per il suo<br />

allestimento.<br />

In questo senso non si puo' fare a meno di ricordare le osservazioni significative<br />

mosse a questi criteri di lavoro da autori come Giacomini e Romani gia' dalla fine degli<br />

anni 70 26 .<br />

In particolare si evidenziava come gli schemi classici della zonazione non<br />

rispondono ad una visione sistemica dell'insieme territoriale, neanche sotto il profilo<br />

strettamente naturalistico, non riuscendo a tenere conto della dinamica dei rapporti e<br />

dei legami ecologici.<br />

Si notava inoltre come questi schemi, troppo astratti, non avevano la possibilita' di<br />

essere soddisfacentemente generalizzati e posti a modello di scansione territoriale per<br />

qualunque territorio.<br />

Procedendo pertanto in questa direzione si impone una riflessione che e' necessaria<br />

per fornire continuita' logica alle considerazioni che seguiranno.<br />

Come abbiamo gia' avuto occasione di anticipare in apertura del presente capitolo,<br />

seppur le forme applicative della zonazione, nei due casi tematici della pianificazione<br />

urbanistica e della pianificazione ambientale, hanno una medesima matrice concettuale,<br />

il loro processo di costruzione, e la loro finalita', sono radicalmente differenti.<br />

Nel caso dell'uso urbanistico la scansione zonale e' frutto di un processo<br />

decisionale, di scelte progettuali che calano sul territorio del piano una "maschera" fatta<br />

di zone disposte e dimensionate in base alla multiformita' degli obiettivi del piano<br />

urbanistico, ma in particolare, soprattutto in passato, con riferimento allo specifico<br />

obiettivo dell'incremento delle superfici urbanizzate.<br />

Le dimensioni delle zone saranno complessivamente calibrate sugli indici di piano,<br />

mentre la loro dislocazione sara' stabilita secondo opportunita' di dettato tecnico,<br />

politico, o economico, o secondo criteri di sviluppo di un prefigurato disegno urbano.<br />

In sostanza si tratta di un disegno zonale guidato prevalentemente dalla<br />

discrezionalita' progettuale, almeno <strong>nel</strong>le parti in cui non sono presenti vincoli e<br />

limitazioni inappellabili.<br />

26 GIACOMINI V., ROMANI V., Uomini e parchi. F.Angeli Ed., Milano 1990.<br />

21


Diversa profondamente e' stata la applicazione della tecnica dello zoning <strong>nel</strong>la<br />

pianificazione ambientale.<br />

In questo caso infatti l'esigenza e' quella di suddividere il territorio in zone<br />

omogenee per valenza ambientale, con la conseguenza di determinare e "misurare" la<br />

propensione alla conservazione.<br />

La differenza di fondo con l'atteggiamento "storico" dell'urbanistica sta <strong>nel</strong> fatto che,<br />

in quest'ultimo caso, il fine del piano non e' il governo di una i<strong>nel</strong>uttabile trasformazione<br />

dei suoli, bensi' la ricerca dei fattori limitanti, o impedienti, la trasformazione stessa,<br />

perseguendo l'obiettivo generale della "minima modificazione" 27 .<br />

Da queste argomentazioni emerge il carattere "derivato" della zonazione a fini di<br />

<strong>tutela</strong>, che e' configurabile come una "classificazione" dei suoli nei confronti di una<br />

potenziale trasformabilita', con la conseguente esigenza del pianificatore di sviluppare<br />

metodi di lavoro che possano "oggettivare" quanto piu' possibile il risultato finale, la cui<br />

attendibilita' dipende essenzialmente dalla capacita' di leggere ed interpretare oggetti ed<br />

entità già presenti.<br />

Questa "classificazione" del territorio deve infatti obbligatoriamente originarsi dal<br />

rilievo di tutte quelle componenti che, in un modo o <strong>nel</strong>l'altro, possono connotarsi come<br />

elementi degni di <strong>tutela</strong> ambientale.<br />

Tanto piu' completa sara' la lista degli aspetti analizzati, tanto piu' soddisfacente<br />

sara' l'esito.<br />

Si manifesta anche un'ulteriore difficolta': ammettendo che sia scontata, piu' che<br />

altro attingendo alla prassi, la determinazione degli elementi appartenenti all'elenco delle<br />

"emergenze ambientali", ben piu' complesso si presenta il problema di una ulteriore<br />

classificazione per livelli di "valore", o di vulnerabilita', dei singoli beni analizzati.<br />

Del resto e' questa una esigenza tecnica reale <strong>nel</strong> momento in cui si deve fornire una<br />

risposta a richieste normative specifiche, come e' gia' accaduto <strong>nel</strong> caso dei Piani<br />

Regionali Paesistici ex l.431/85 e come accadra' per i nuovi parchi nazionali italiani.<br />

La legge quadro 394/91 sulle aree protette, <strong>nel</strong> momento in cui introduce la<br />

ripartizione del territorio del <strong>parco</strong> in quattro zone a graduale intensita' vincolistica,<br />

impone implicitamente di condurre una operazione, piu' oggettiva possibile, di<br />

Classificazione territoriale in base alle presenze da <strong>tutela</strong>re, alla loro qualita' e alla loro<br />

concentrazione.<br />

Chiede in definitiva di ripartire il territorio in fasce, o in macchie, ciascuna delle quali<br />

sia omogenea sotto il profilo della trasformabilita', dei livelli di protezione dell'integrita'<br />

naturale, delle modalità di controllo dello sviluppo insediativo.<br />

Si tratta altresi' di avere credibilita' scientifica <strong>nel</strong> momento in cui si tracciano delle<br />

linee sulla carta, e quindi implicitamente sul suolo, al di qua e al di la' delle quali<br />

verranno poste limitazioni diverse, condizionando di conseguenza l'attivita' umana <strong>nel</strong><br />

nome della conservazione ambientale.<br />

Alcuni metodi che sono stati sviluppati, in particolare <strong>nel</strong>le fasi attuative della<br />

legge 431/85, in sede di piani regionali paesistici , tendono ad individuare le<br />

emergenze, areali o puntuali che siano, suddivise per categorie tematiche (fauna,<br />

vegetazione, paesaggio, storia-architettura, geologia, etc..), esprimendo poi dei giudizi<br />

27 BOTTINO F., Dal vincolo al piano. Urbanistica 87, F.Angeli Ed., Milano 1987.<br />

22


di pregio, tradotti in valori numerici discreti, sui singoli elementi componenti ogni<br />

categoria analizzata 28 .<br />

Da notare che quasi sempre si tratta di valori calibrati su scale chiuse in<br />

quanto, come e' intuitivo, l'assegnazione di un valore o di un altro ad un certo<br />

elemento ambientale puo' avvenire essenzialmente sulla base di un giudizio di qualita'<br />

relativa e non certo assoluta. Individuati pertanto gli elementi estremi di inizio e di fine<br />

scala si vanno, con criterio induttivo, ad attribuire i restanti valori.<br />

Il risultato complessivo in termini di valenza ambientale pluritematica, da<br />

tradurre poi in gradi di compatibilità per usi diversi e in normativa, e' ottenuto con<br />

procedimento di sommatoria per sovrapposizione, i cui addendi sono i singoli valori<br />

tematici attribuiti.<br />

Il disegno della zonazione finale viene conseguito assegnando alle predefinite<br />

fasce di uso e di <strong>tutela</strong>, secondo uno schema di tipo "cluster", le singole porzioni<br />

elementari di territorio indagato in funzione dei "punteggi" totalizzati.<br />

Si evidenzia facilmente che, se la individuazione delle emergenze, la loro<br />

tipizzazione e la loro perimetrazione, possono ragionevolmente ritenersi dei passaggi<br />

ben oggettivabili, soprattutto se gestiti per i vari tematismi mediante strumenti<br />

specialistici, molto piu' discutibile appare il procedimento di "numerizzazione" dei valori,<br />

per quanto sofisticato possa essere il metodo seguito.<br />

In ogni caso, soprattutto se si maneggiano parametri di origine naturale, in termini<br />

olistici si sarebbe portati a dubitare di risultati di valenza complessiva semplicemente<br />

dedotti dalla sommatoria di piu' presenze contemporanee.<br />

Inoltre sarebbe necessario pensare quanto meno ad una attribuzione di valori che<br />

prenda in considerazione aspetti quali la vulnerabilita' della risorsa, la sua eventuale<br />

riproducibilita', la effettiva difficolta' di alterazione, le ricadute sociali ed ambientali di<br />

questa alterazione, distinguendo di conseguenza in via pregiudiziale, con pesi diversi, le<br />

emergenze faunistiche, quelle vegetazionali, quelle geologico-morfologiche, quelle<br />

culturali.<br />

Un altro criterio utilizzato per addivenire ad un risultato di zonazione territoriale a<br />

fini di <strong>tutela</strong> consiste in una sommatoria non di valori parametrizzati, bensi' dei perimetri<br />

stessi di una serie di aree interessate da diverse emergenze ambientali suddivise per<br />

categorie 29 .<br />

Stabiliti gli elementi rilevanti sotto il profilo vegetazionale, zoologico, storicoarchitettonico,<br />

geologico, paesaggistico si analizzano le localizzazioni e le<br />

concentrazioni di questi elementi, incorporando i profili di inviluppo all'interno delle<br />

macrozone che la circostanza operativa richiede.<br />

28 Un esempio in tal senso e' fornito dalla metodologia seguita per la redazione del Piano Regionale Paesistico<br />

della regione Abruzzo, approvato con delibera di G.R. n.2308 del 22.04.86.<br />

Regione Abruzzo, Settore Urbanistica e Beni Ambientali, Criteri metodologici per la redazione del Piano<br />

regionale Paesistico, RDR, Raccolta Documenti Regionali, Vol.1, Teramo 1989.<br />

29 Questa linea operativa e' stata utilizzata <strong>nel</strong>l'ambito della ricerca "<strong>Progetto</strong> Gran Sasso", finanziata con fondi<br />

ex M.P.I. 40%, svolta dall'Universita' dell'Aquila e coordinata dal Prof. Gian Ludovico Rolli.<br />

ROLLI G.L., ROMANO B., <strong>Progetto</strong> Gran Sasso, metodologia per la pianificazione della <strong>tutela</strong> e della<br />

<strong>valorizzazione</strong> di un'area montana di alto valore ambientale. Dipartimento di Architettura e Urbanistica<br />

dell'Universita' dell'Aquila, L'Aquila 1988.<br />

Le risultanze di questo lavoro sono riportate <strong>nel</strong>la seconda parte del presente testo.<br />

23


In particolare possono ascriversi alla riserva integrale le grandi estensioni forestali<br />

compatte, i biotopi di particolare rilevanza, le aree culminali dei rilievi montuosi, i nevai<br />

permanenti e i ghiacciai, i siti di elevato valore faunistico e vegetazionale, i monumenti<br />

naturali, le eccelse manifestazioni dell'azione carsica, eolica, glaciale, idrica.<br />

Con critero analogo vengono inseriti in riserva orientata quegli spazi che, pur<br />

avendo connotati ambientali di un certo rilievo, sono stati pero' in misura maggiore<br />

interessati dall'azione antropica, quali gli elementi del paesaggio agrario, le<br />

manifestazioni diffuse del carsismo, le aree forestali discontinue e meno pregiate, le<br />

grandi superfici di pascolo.<br />

In pratica il metodo di classificazione si basa su una serie di stime successive,<br />

attribuendo ogni volta gli elementi di maggior pregio alla zona di <strong>tutela</strong> di massimo<br />

livello, definendola e reimpostando il meccanismo per la zona di <strong>tutela</strong> di grado<br />

immediatamente inferiore.<br />

Questo procedimento, efficace per la sua praticità, presenta però una certa<br />

discrezionalità, e perde di precisione via via che si stemperano le valenze ambientali e<br />

che si richiede di apprezzare differenze estremamente fievoli tra di esse per effettuare<br />

le attribuzioni a zone di <strong>tutela</strong> di incisivita' intermedia e bassa (riserve orientate, rispetto,<br />

sviluppo agricolo).<br />

Un ulteriore criterio, sempre fondato sull'inviluppo dei perimetri, e' stato utilizzato in<br />

occasione della proposta per il Parco Nazionale del Gargano, elaborata in seno<br />

all'Ateneo aquilano in occasione del relativo Concorso Nazionale di Idee bandito <strong>nel</strong><br />

1991 30 .<br />

In questo caso si e' creduto opportuno rinunciare ad una specificazione completa<br />

delle zone previste dalla legge 394/91, proponendo in alternativa una partizione duplice<br />

del territorio, molto decisa e fondata sulla attitudine alla trasformabilita' del tessuto<br />

territoriale.<br />

La doppia individuazione prevede una zona di "non trasformabilita'" e una zona a<br />

"trasformabilita' condizionata".<br />

La prima, ottenuta dall'inviluppo perimetrale di tutti gli elementi fortementi emergenti<br />

sul piano ambientale, comporta una incompatibilita' di fondo con ogni forma di azione<br />

umana che possa ingenerare alterazioni di qualche tipo.<br />

La zona a "trasformabilita' condizionata" consente invece una attivita' di<br />

trasformazione teoricamente illimitata, purche' gli esiti di questa trasformazione siano<br />

compatibili con le modalita' di ecosviluppo.<br />

Questo criterio, apparentemente estremamente scarno e semplificato <strong>nel</strong>la forma,<br />

consente di salvaguardare efficacemente le presenze naturalistiche e culturali anche al<br />

limite della "imbalsamazione", ove il caso lo richieda, ma permette di agire <strong>nel</strong>la restante<br />

parte del territorio senza limiti pregiudiziali, pur con attenzioni generalizzate alla salute<br />

ambientale, operando proibizioni non per categorie, bensì per tipologie di interventi.<br />

30 Parco Nazionale del Gargano, Concorso Nazionale di idee, Comunita' Montana del Gargano, 31.1.92,<br />

<strong>Progetto</strong> secondo classificato elaborato dal gruppo concorrente costituito da G.L.Rolli (Coordinatore),<br />

F.Corbetta, P.Cuneo, G.Osella, P.Properzi, G.Fioravanti, M.Biondi, M.A.Bologna, S.Ciranna, R.Concordia,<br />

D.Eugeni, A.R.Frattaroli, B.Romano, G.Ruggieri, S.Sulpizii, F.Tironi.................sostituire con la citazione del<br />

libro.............<br />

24


Il meccanismo, pur applicato al territorio di un'area protetta, si presta ad una<br />

estensione complessiva in concordanza con i recenti orientamenti in tema di sviluppo<br />

territoriale emersi in occasione del IV Convegno Mondiale dei Parchi di Caracas 31 .<br />

Alcuni punti deboli di questo criterio sono insiti <strong>nel</strong>la derivazione della zonazione pur<br />

sempre da indagini solo localizzative, con tutti i margini di incertezza che cio' comporta,<br />

e dalla necessita' di supportare la "liberta'" di azione concessa <strong>nel</strong>la zona a<br />

trasformabilita' condizionata da una forte normativa che ordini gli interventi ammessi fin<br />

<strong>nel</strong> dettaglio tipologico e funzionale.<br />

In realta' la indeterminatezza associata alla perimetrazione della singola risorsa<br />

naturalistica, <strong>nel</strong> tentativo di "isolare" un componente dell'ecosistema senza<br />

considerarne in alcun modo le connessioni con l'intorno, si ripercuote giocoforza in tutti<br />

i successivi passaggi di metodo, rischiando di vanificare una eventuale ed augurabile<br />

rigorosita' disciplinare <strong>nel</strong>la determinazione delle emergenze ambientali.<br />

Con queste premesse si ritiene che la ricerca di un procedimento di reale<br />

oggettivazione scientifica della zonazione ambientale debba per forza di cose originarsi<br />

da una rivisitazione dei metodi di analisi preliminare 32 .<br />

Infatti la tradizionale ricognizione, fondata solo sul criterio localizzativo delle<br />

presenze emergenti, non puo' supportare altro che i metodi gia' sommariamente<br />

descritti, o altri di tipo analogo, più o meno corredati dalle pesature e dalle<br />

sofisticazioni operative di cui si e' accennato.<br />

Probabilmente ad un diverso risultato condurrebberro delle indagini piu' agganciate<br />

agli indiscutibili connotati di sistema del complesso ambientale, indagini territoriali<br />

tendenti ad evidenziare, ed eventualmente anche a graduare, oltre alle localizzazioni, i<br />

legami e le interazioni tra le singole componenti.<br />

Solo sommariamente, e per larghe linee di riferimento, si tracciano di seguito dei<br />

profili di organizzazioni possibili in tema di analisi delle interazioni ambientali.<br />

Esempi in tale direzione sono gia' stati del resto prodotti: <strong>nel</strong> settore storico esistono<br />

molteplici possibilita' di ricercare ed evidenziare legami tra diverse presenze, quali<br />

potrebbero essere quelli intercorrenti tra insediamenti diversi attraverso i percorsi<br />

storici o la stessa matrice dei tessuti agrari o delle stratificazioni del paesaggio storico<br />

33 .<br />

Sempre in questo settore sono anche interessanti alcuni elaborati tematici che<br />

riportano i collegamenti ottici tra singoli elementi storici diffusi sul territorio,<br />

31 Il IV Convegno Mondiale dei Parchi, organizzato dall'IUCN a Caracas (Venezuela) <strong>nel</strong> febbraio del 1992,<br />

ha praticamente condotto alla riformulazione del concetto di "<strong>parco</strong>" come "isola", definendo le aree protette<br />

come prototipo di uso corretto delle risorse. Nella Dichiarazione conclusiva del Convegno si fa' infatti esplicito<br />

riferimento ai "sistemi nazionali di aree correttamente gestite".<br />

FURLANETTO D., Parchi per la vita. OASIS, anno VIII, n.5, Musumeci Ed., Milano 1992.<br />

32 ROMANO B.,La zonazione <strong>nel</strong>le aree protette. Parametro, n.196. Faenza 1993.<br />

Dello stesso autore: Contributi di ricerca per la reinterpretazione dei concetti di zonazone dei parchi nazionali.<br />

Atti della Tavola Rotonda "Metodologia di analisi ed ipotesi di zonizzazione per un <strong>parco</strong> nazionale", Abbadia<br />

di Fiastra, 1992, Roma 1993.<br />

33 PROPERZI P., Il restauro del territorio. In : Regione Abruzzo, Dipartimento di Architettura e Urbanistica<br />

dell'Universita' dell'Aquila. Ricerca sul recupero integrato delle strutture urbanistiche ed edilizie dei centri storici<br />

in abbandono <strong>nel</strong>le aree interne della Regione Abruzzo. L'Aquila 1993.<br />

25


evidenziando, anche in questo caso, un certo tipo di connessione tra oggetti puntiformi<br />

34 .<br />

Altrettanto utilmente potrebbero redigersi delle indagini tese ad evidenziare<br />

interazioni di carattere idrogeologico, con significato decisamente sostanziale<br />

soprattutto <strong>nel</strong>le aree carsiche, <strong>nel</strong>le quali la circolazione idrica ipogea ha una elevata<br />

importanza ai fini dell'uso e della <strong>tutela</strong> degli acquiferi.<br />

In termini faunistici la connotazione relazionale degli ambiti di stanzialita' delle<br />

specie, di nidificazione o di riproduzione delle stesse, degli spazi idonei per eventuali<br />

tentativi di reintroduzione di specie scomparse, unitamente ai siti accessori di caccia,<br />

delle direttrici di spostamento stagionale e di usuale movimento periodico tra spazi<br />

naturali limitrofi, consentirebbero un dettaglio gia' diverso.<br />

In definitiva il percorso logico resterebbe quello delle carte tematiche da sottoporre<br />

in sintesi ad una lettura integrata, ma e' proprio il contenuto di queste carte tematiche<br />

che, esteso alle interazioni tra diverse manifestazioni della stessa categoria di risorse,<br />

consentirebbe di costruire degli schemi zonali forse simili a quelli tradizionali<br />

<strong>nel</strong>l'aspetto, ma profondamente differenti nei contenuti e <strong>nel</strong>la attendibilita'.<br />

La possibilita' di ulteriore dettaglio consiste <strong>nel</strong>la graduazione delle interazioni<br />

presenti, evidenziando i legami piu' forti rispetto a quelli meno incisivi, e questa e' una<br />

operazione praticabile <strong>nel</strong>l'ambito di tutti i tematismi, cercando effettivamente dei<br />

parametri di legame che possano interpretare l'intensita' degli stessi, leggendo tutta<br />

l'impalcatura delle componenti ambientali <strong>nel</strong>l' ottica, che e' poi quella propria per<br />

antonomasia, dell'ecosistema.<br />

Ipotizzando una struttura di indagine cosi' costruita e' intuitivo che la mole di dati da<br />

manipolare sarà decisamente piu' elevata di quella che scaturisce da una semplice<br />

lettura in sovrapposizione di pur numerose indagini localizzative, il che obbligherebbe<br />

ad un ricorso verso altre disciline, quali la teoria dei sistemi, e verso tecniche di<br />

elaborazione automatica dei dati.<br />

La conoscenza piu' dettagliata delle interazioni tra diverse componenti ambientali<br />

consente inoltre di calibrare meglio la normativa, irrigidendo la norma anche ai limiti<br />

estremi della totale intrasformabilita' ambientale, ove la presenza di eccezionali aspetti<br />

lo giustifichi appieno, ma lasciando ampi margini di manovra alla trasformazione<br />

compatibile nei casi in cui le presenze emergenti abbiano un carattere puntiforme,<br />

disaggregato, poco interrelato con gli spazi circostanti, rientrando a questo punto anche<br />

negli schemi gia' descritti in precedenza, ma con ben altro sostegno cognitivo.<br />

Sul filo di queste considerazioni nascono però ulteriori stimoli.<br />

Accentuando, secondo una procedura del tipo descritto, il livello di dettaglio<br />

delle indagini territoriali, la loro utilizzazione ai fini del “disegno” di uno schema zonale<br />

in forma tradizionale diviene ancor più mortificante.<br />

Infatti una lettura per grandi aggregazioni di aspetti territoriali che, all’origine, ci<br />

si sforza di comprendere <strong>nel</strong> modo più discreto e raffinato possibile, acuisce la<br />

contraddizione metodologica.<br />

Un meccanismo di metodo più coerente dovrebbe cercare di ottenere in uscita<br />

una articolazione delle proposte di piano che utilizzi appieno la precisione e la ricchezza<br />

delle indagini prodotte, pur effettuando una lettura di sintesi di contenuti.<br />

34 Cfr. PEROGALLI C., Le tipologie delle fortificazoni abruzzesi. Su: AA.VV., Abruzzo dei castelli, gli<br />

insediamenti fortificati abruzzesi dagli italici all'unita' d'Italia. CARSA Ed., Pescara 1988.<br />

26


Potrebbe risultare proponibile una ipotesi di “zonazione tematica”, che venga a<br />

caratterizzare modalità di uso e di trasformazione degli spazi territoriali con riferimento<br />

ai singoli aspetti della idrogeologia, della biologia, della storia e della cultura.<br />

In realtà, infatti, le modalità di uso compatibile di una certa porzione territoriale<br />

variano notevolmente in relazione ai caratteri ambientali che la porzione medesima<br />

presenta.<br />

Un disegno zonale tematico, <strong>nel</strong> quale ogni branca disciplinare coinvolta viene<br />

non solo a definire l’entità e la localizzazione degli aspetti ambientali, bensì anche a<br />

proporre una articolazione zonale relativa a quegli aspetti, nonchè la normativa d’uso<br />

di base per la loro specifica <strong>tutela</strong>, potrebbe risultare maggiormente efficace ai fini di<br />

una più attendibile graduazione delle possibilità di trasformazione territoriale e,<br />

viceversa, delle esigenze di conservazione.<br />

Una ulteriore considerazione che viene di esprimere concerne la dibattuta<br />

"perimetrazione" dei parchi, che in occasione dei recenti provvedimenti ministeriali non<br />

ha mancato di sollevare obiezioni 35 .<br />

Mentre generalmente non ci sono dubbi sulla configurazione dei nuclei naturalistici<br />

di un <strong>parco</strong>, ovvero di quegli spazi che per le loro caratteristiche giustificano la<br />

presenza del <strong>parco</strong> stesso, diviene ben piu' difficoltoso determinare quella linea che<br />

demarca il <strong>parco</strong> rispetto al territorio esterno "non <strong>parco</strong>" e che dovrebbe riconoscere<br />

un gap lievissimo di importanza ambientale tra zone adiacenti.<br />

Spesso, e non solo in sede di delimitazione provvisoria e preliminare, vengono<br />

chiamati ad risolvere questo interrogativo alcuni elementi sovrapposti sul territorio<br />

dall'azione umana: strade, sentieri, margini urbanizzati etc..<br />

Ferma restando la validità di metodologie finalizzate alla determinazione di livelli<br />

complessivi di qualità ambientale significativa delle unità territoriali 36 , la conoscenza<br />

delle interazioni tra le diverse parti del territorio fornirebbe un supporto ben piu'<br />

sostanziale alla operazione di perimetrazione.<br />

Si avrebbe modo in particolare di individuare fino a che distanza dal "cuore<br />

naturale" del <strong>parco</strong> si irradiano i legami ecosistemici e i collegamenti storici<br />

permettendo, se e' consentito il termine, di "isolare" un contorno dal contesto<br />

circostante che, se e' pur sempre un procedimento discutibile sul piano ideologico, e'<br />

comunque richiesto dall'attuale impostazione procedurale e normativa.<br />

35 ROMANO B., Il coraggio di entrare <strong>nel</strong> <strong>parco</strong>. OASIS anno VIII, n.11, Musumeci Ed., Milano 1992.<br />

36 La Marca O, Bertani R., Morgante L., Oradini A.: Sui criteri per la perimetrazione delle aree protette in Italia.<br />

Parchi, Rivista del Coordinamento Nazionale dei parchi, 21, Pisa 1994.<br />

27


CAP. 2 - PARCO E SISTEMA ANTROPICO<br />

2.1. “Wilderness” e antropizzazione storica nei parchi nazionali<br />

Le considerazioni espresse <strong>nel</strong> Par. 1.1. sull' attribuzione di un ruolo<br />

essenzialmente conservativo ai parchi nazionali si collegano con dei connotati ben<br />

definiti delle aree interessate, che dovrebbero risultare costituite da vasti spazi selvaggi<br />

e storicamente scarsamente antropizzati, nei quali pertanto l'azione umana non abbia<br />

provocato se non minime alterazioni all'evoluzione naturale degli ecosistemi.<br />

La definizione di “<strong>parco</strong> nazionale” data dall’IUCN fece all'epoca sorgere non<br />

pochi dibattiti in quanto mal si adattava alla realta' di fatto di vari paesi, tra cui la Gran<br />

Bretagna, che vedeva cosi' disconosciuti, in termini di standard internazionali, i suoi<br />

dieci parchi nazionali, le cui caratteristiche certamente non rispondevano alle<br />

prescrizioni dell'IUCN 37 .<br />

In realta' la definizione fornita dall'IUCN per i parchi nazionali si e' successivamente<br />

parzialmente autosuperata, in quanto, <strong>nel</strong>la prassi, il <strong>parco</strong> nazionale avrebbe esaurito il<br />

suo ruolo di conservazione pura della natura, divenendo in buona parte uno strumento<br />

di propaganda e di turismo di massa, pur garantendo ancora, come finalità principale,<br />

le funzioni conservative.<br />

Questo e' almeno quanto e' emerso negli Stati Uniti, il che ha condotto negli anni<br />

'60 alla nascita di un concetto diverso facente capo alla definizione di "wilderness".<br />

Il concetto, applicato negli USA, in Canada e in Australia, supera di per se' ogni<br />

considerazione di spazi naturali quali elementi di servizio diretto all'umanita', ma li<br />

considera come entita' fini a se' stesse, degne di esistere e di essere tramandate <strong>nel</strong>la<br />

loro forma attuale senza trasformazioni.<br />

Il loro significato e' d'altronde efficacemente espresso <strong>nel</strong> Wilderness Act, emanato<br />

dal Congresso Americano <strong>nel</strong> 1964, che le definisce come "aree dove la terra e le sue<br />

comunita' viventi siano prive di intralci umani, dove l'uomo stesso sia un visitatore, che<br />

non resti" 38 .<br />

Le considerazioni richiamate chiariscono efficacemente come la questione si sia<br />

posta negli USA, in Canada e in Australia, nazioni con territori selvaggi ancora di<br />

enorme vastita', con parchi nazionali altrettanto immensi nei quali la presenza di luoghi<br />

turistici ad intensa pressione non pregiudica comunque l'integrita' di altri spazi naturali<br />

con scarsissima frequentazione.<br />

37 I dieci parchi nazionali della Gran Bretagna, esistenti fino al 1969 (attualmente ve ne e' un undicesimo, The<br />

Broads National Park istituito <strong>nel</strong> 1989) non corrispondono, in senso stretto, alla definizione fornita in sede<br />

IUCN in quanto possono piu' che altro considerarsi Protected Landscapes (paesaggi protetti). Sono tutti<br />

localizzati, ad esclusione del Pembrokeshire Coast <strong>nel</strong> Galles, in zone montagnose e comprendono una<br />

popolazione di quasi 240.000 abitanti, con vaste porzioni di brughiera, ma anche piccole cittadine, villaggi,<br />

piccole industrie, fattorie e molte altre attivita' economiche.<br />

38 Cfr. Lopez F., Gestione dei flussi turistici nei parchi: turismo di elite e turismo di massa. Su: Melandri E. (a<br />

cura), op.cit.<br />

28


Sono sufficienti alcuni esempi per chiarire l'ordine delle dimensioni di cui si parla,<br />

quali il Parco Nazionale del Mount Mc Kinley in USA, con 892.000 ha, l' Adirondack<br />

Park, <strong>nel</strong>lo stato di New York, esteso per 2.400.000 ha (quasi come l'Umbria), i<br />

Parchi Nazionali Jasper e Banff <strong>nel</strong> Canada, con 1.088.000 ha, sempre in Canada il<br />

Parco nazionale Wood Buffalo, con 4.480.000 ha, il Parco Nazionale Monte<br />

Koscinsko <strong>nel</strong> Nuovo Galles del Sud sud-orientale, in Australia, con 627.000 ha.<br />

Per evidenziare le differenze esistenti basti pensare che il Parco Nazionale dello<br />

Stelvio, che all'emanazione della legge-quadro 394/91 era il piu' esteso Parco italiano,<br />

si estende per 137.000 ha, mentre alcuni dei nuovi parchi di nuova istituzione superano<br />

di poco i 200.000 ha.<br />

Tab. 4 - I parchi nazionali italiani 39<br />

PARCHI<br />

ESTENSIONE<br />

(ha)<br />

Gran Paradiso (Valle d'Aosta-Piemonte) 70.000<br />

Stelvio (Lombardia - Trentino A.A.) 134.620<br />

D'Abruzzo (Abruzzo - Lazio - Molise) 50.000<br />

Circeo (Lazio) 8.400<br />

Calabria (Calabria)<br />

11.709<br />

TOTALE PARCHI STORICI<br />

29<br />

274.729<br />

Val Grande (Piemonte) 10.000<br />

Dolomiti Bellunesi (Veneto) 31.000<br />

Foreste Casentinesi (Toscana) 35.139<br />

Arcipelago Toscano (Toscana) 2.900<br />

Monti Sibillini (Marche - Umbria) 70.970<br />

Laga - Gran Sasso d'Italia (Abruzzo - Lazio) 154.400<br />

Maiella (Abruzzo) 78.000<br />

Gennargentu Golfo Orosei (Sardegna) 250.000<br />

Gargano (Puglia) 195.000<br />

Vesuvio (Campania) 7.900<br />

Cilento - Vallo di Diano (Campania) 215.000<br />

Pollino (Basilicata - Calabria) 200.000<br />

Aspromonte (Calabria)<br />

105.000<br />

TOTALE GENERALE 1.381.409<br />

La differenza esistente tra gli ambienti nei quali il concetto di wilderness e' nato e gli<br />

ambienti europei ed italiani in particolare, nei quali se ne cerca una applicazione, e'<br />

emersa fin dalle prime fasi del tentativo di divulgazione del concetto stesso in sede<br />

nazionale.<br />

Quando e' avvenuta questa prima diffusione, all'inizio degli anni 80, anche le aree<br />

che venivano citate come potenziali paradigmi applicativi del concetto stesso, tra cui la<br />

39 Legge 6 dicembre 1991, n. 394 - Legge quadro sulle aree protette.<br />

Per le perimetrazioni provvisorie vedasi: Ministero dell'Ambiente, D.M. 4 novembre 1993, D.M. 22.11.1994 -<br />

Perimetrazioni provvisorie e norme di salvaguardia.<br />

Vedasi inoltre: Airone, l'Italia dei nuovi parchi nazionali, Mondadori Ed., 1993.<br />

Ministero dell’Ambiente: Carta delle aree protette in Italia. Roma 1993.<br />

Cimini N. et alii: L’elenco ufficiale del sistema delle aree naturali protette. Parchi, n.12, Pisa 1994.


Maiella e il Gran Sasso d'Italia 40 , certamente non possedevano delle caratteristiche<br />

naturali analoghe a quelle americane o canadesi.<br />

Per forza di cose l'Uomo non può pensarsi come una presenza enucleabile o<br />

facoltativa in data odierna, quando aveva ricoperto un ruolo storico di antichissima<br />

data, operando profonde trasformazioni sul territorio e sul paesaggio.<br />

Le attivita' anticamente praticate della coltivazione, del pascolo e della forestazione<br />

hanno interessato anche le quote piu' elevate delle montagne.<br />

Mentre <strong>nel</strong> caso delle Alpi un baluardo all'azione umana e' stato fornito dalla<br />

presenza delle nevi eterne dei ghiacciai e comunque delle altissime quote,<br />

<strong>nel</strong>l'Appennino e' facile trovarsi in presenza di pascoli regolarmente frequentati<br />

addirittura sui crinali e sulle zone culminali dei rilievi, con relativo corredo di stazzi, ovili,<br />

ripari.<br />

Anche le coltivazioni, un tempo praticate in regime di mera sussistenza, mediante<br />

una ricerca generalizzata di spazi idonei con spietramenti artificiosi e terrazzamenti di<br />

enorme laboriosita', hanno portato a conformazioni e rimodellamenti superficiali fino a<br />

quote relativamente elevate.<br />

Ne e' derivato <strong>nel</strong>la maggioranza dei casi un paesaggio di estrema bellezza e<br />

suggestione, che trova peraltro analogie e riscontri, seppur a scale diverse, negli<br />

interventi di bonifica e consolidamento delle valli asiatiche del Pakistan e del Nepal, ma<br />

che certamente e' aderente alla definizione di Wilderness unicamente pensandone una<br />

interpretazione ampia e non ristretta alle sole manifestazioni naturali.<br />

A questo punto e' necessario per forza di cose precisare i contenuti e la valenza del<br />

concetto di wilderness e di spazi inalterati, <strong>nel</strong> senso che la presenza umana, nei limiti di<br />

una manifestazione storica che abbia si' comportato una trasformazione ambientale, ma<br />

consolidata in secoli di faticosa attivita', con strumenti rudimentali, con la utilizzazione di<br />

materiali e tecniche costruttive tradizionali e autoctone, per ricavarne la indispensabile<br />

sussistenza, debba, a tutti gli effetti, considerarsi come parte integrante della evoluzione<br />

"naturale " del territorio.<br />

Questa forma concettuale deve necessariamente essere accettata <strong>nel</strong> caso italiano<br />

per non incorrere in una sorta di contraddizione, almeno nei termini della definizione<br />

fornita di "<strong>parco</strong> nazionale" e di area wilderness, <strong>nel</strong> momento in cui, <strong>nel</strong>la fase di<br />

formazione delle proposte di articolazione di <strong>tutela</strong> di un <strong>parco</strong> vengono ad essere<br />

inserite le cosiddette "emergenze culturali", formate dai beni storici, architettonici, di<br />

paesaggio antropico.<br />

Questo apparente controsenso si acuisce ulteriormente <strong>nel</strong> momento in cui, in talune<br />

aree, questa presenza di beni culturali diviene addirittura preponderante, scavalcando,<br />

in termini di consistenza, quella dei beni naturali, ovvero degli spazi incontaminati,<br />

presenti in taluni casi in percentuale minima.<br />

2.2. Condizioni e problemi dell’ insediamento umano nei parchi<br />

40 Zunino F., Il concetto di wilderness. La Rivista del Club Alpino Italiano, anno 103, n.5-6, Torino 1982.<br />

30


I rapporti tra il <strong>parco</strong> e l'uso insediativo del territorio sono storicamente<br />

conflittuali. Non a caso infatti il linguaggio dei resoconti delle attivita' di gestione delle<br />

aree protette è generalmente intriso di terminologia "bellica".<br />

Solo in anni relativamente recenti il concetto di <strong>parco</strong> è andato associandosi,<br />

<strong>nel</strong>l'opinione collettiva, anche ad effetti di ripresa e di riqualificazione sociale ed<br />

economica dei tessuti insediativi interessati, anche se questo convincimento è ben lungi<br />

dal riscuotere un consenso generalizzato.<br />

In ogni caso i problemi connessi alle realtà dei parchi italiani, in particolare<br />

quelle dell'Appennino centrale, sono ben diversi da quelli riscontrabili <strong>nel</strong>la grande<br />

maggioranza dei casi internazionali. Ad estensioni di superfici protette di gran lunga più<br />

ridotte di quelle americane, o australiane, o dell'Est europeo, fanno da contrappunto<br />

presenze umane diffusamente insediate.<br />

Per citare solo l'esempio abruzzese, la differenza è sostanziata da circa<br />

100.000 abitanti che a tutt'oggi ancora risiedono negli oltre 150 centri storici inclusi nei<br />

perimetri dei parchi.<br />

Una situazione, pertanto, di <strong>tutela</strong> <strong>dell'ambiente</strong> molto particolare, dove i parchi<br />

servono si' a proteggere gli ecosistemi di tipo "raro", salvaguardandoli pertanto da<br />

sconsiderate azioni trasformative <strong>nel</strong>l'interesse primo della collettività umana, ma dove<br />

parimenti convivono con le testimonianze remote ed in parte viventi di una simbiosi<br />

storica Uomo-Territorio. Senza contare che ai nostri parchi montani si chiede anche,<br />

oggi, di risollevare dalle condizioni di manifesta crisi interi comprensori insediativi ad<br />

economia depressa.<br />

Questo particolare aspetto comporta per le unita’ territoriali di <strong>tutela</strong><br />

ambientale, identificate in Italia come “Parchi Nazionali”, una collocazione <strong>nel</strong>la griglia<br />

internazionale di riferimento, gestita dall’ Unione Internazionale per la Conservazione<br />

della Natura e delle Risorse Naturali (IUCN), che può ritenersi intermedia tra la Cat.II<br />

(National Parks) e la Categoria V (Protected Landscapes or Seascape), essendo<br />

generalmente presenti le caratteristiche distintive di entrambe le categorie di aree<br />

protette (vedi nota n ......).<br />

Nel caso italiano, e non solo in questo, vengono a far parte degli ecosistemi dei<br />

parchi, con ogni diritto, anche le popolazioni umane, da sempre insediate in questi<br />

luoghi, parte integrante ed integrata di essi, componenti di un rapporto che si e' tenuto<br />

in equilibrio fino a quando la vita rurale non ha avuto un termine qualitativo di paragone<br />

<strong>nel</strong>la vita urbana.<br />

Nel momento in cui questo termine di paragone e' intervenuto, la vita umana sulle<br />

montagne, fatta di fatica e di sacrifici, e' stata assoggetata ad un progressivo rifiuto che<br />

ha avuto il suo logico epilogo <strong>nel</strong>l'abbandono, innescando un irreversibile procedimento<br />

a catena di impoverimento dell'economia montana 41 .<br />

Questo processo di abbandono non è un vantaggio per il territorio del <strong>parco</strong>,<br />

sia perchè vengono a mancare le tradizionali e “gratuite” forme di presidio del<br />

territorio, sia perchè i vuoti <strong>nel</strong>la presenza tradizionale dell’uomo vengono sostituiti da<br />

forme negative di sviluppo economico - come il turismo di colonizzazione - piuttosto<br />

che da una spontanera rinaturalizzazione.<br />

41 Fondi M., I massicci centrali appenninici. Capire l'Italia, i paesaggi umani. T.C.I., Milano 1977.<br />

31


Tentativi di arginamento di questo fenomeno sono stati posti in atto. Un esempio<br />

per tutti, la legge 3.12.71, n.1102 (Nuove norme per lo sviluppo della montagna), che<br />

ha istituito le Comunita' Montane.<br />

L'assorbimento delle migliaia di miliardi, che per oltre un ventennio e' stato<br />

effettuato da questi enti per la loro gestione ordinaria e per i loro programmi di<br />

sviluppo socioeconomico, non ha generalmente condotto ad effetti concreti e sensibili,<br />

almeno <strong>nel</strong> caso di territori affetti da seri problemi strutturali sotto il profilo socioeconomico.<br />

Comunque gli aspetti del sostegno alle aree insediate montane in abbandono<br />

costituiscono un tema sociale con propria autonomia, proprie esigenze, propri diritti e<br />

proprie urgenze.<br />

Certamente, in linea logica, non e' proponibile la creazione di un <strong>parco</strong> come<br />

operazione funzionale al recupero delle realta' depresse della montagna, se non<br />

esistono altri elementi che lo giustificano.<br />

Le strade per conseguire l'obiettivo del risanamento economico, obiettivo che<br />

riguarda la CONDIZIONE UMANA, possono essere altre e varie.<br />

Abbiamo parlato di popolazioni, di turismo e di ricettivita'. Ma quali forme ha<br />

assunto lo sviluppo turistico <strong>nel</strong>le località di interesse ambientale?<br />

Purtroppo l’esperienza del grande boom turistico degli anni ‘60-’70 ci ha<br />

mostrato la formazione di una miriade di nuovi insediamenti <strong>nel</strong>le località di montagna<br />

delle Alpi e dell’Appennino, mentre la popolazione locale abbandonava i vecchi centri<br />

42 .<br />

Solo più di recente si è sviluppata da parte della cultura e anche dell’opinione<br />

pubblica una attenzione ed una sensibilità per il recupero, anche ai fini turistici, dei<br />

centri storici in abbandono <strong>nel</strong>le zone montane 43 .<br />

In questa nuova visione i luoghi della residenza, dell'interesse turistico e<br />

dell'ospitalita' sono i centri urbani, che <strong>nel</strong> caso dell'Appennino centrale si<br />

caratterizzano per le loro antiche origini e per le loro peculiarita' urbanistiche,<br />

architettoniche e artistiche.<br />

A loro volta, appunto per questi connotati, i centri storici, insieme a tutto un<br />

sistema di architettura minore diffusa e alle forme del paesaggio agrario, presentano<br />

l'innegabile esigenza di una <strong>tutela</strong> del valore testimoniale che va preservato da<br />

inconsulte manomissioni, ma va anche protetto dalla semplice incuria e dall'usura del<br />

tempo.<br />

Altro problema quindi, che riguarda stavolta prevalentemente le STRUTTURE<br />

FISICHE dei centri abitati, ovvero gli edifici e gli spazi di relazione.<br />

Lo scorporo dei singoli aspetti, che si e' voluto proporre <strong>nel</strong>le precedenti<br />

considerazioni, pur se forzatamente schematico, vuole di fatto contribuire ad<br />

evidenziare <strong>nel</strong>la adeguata prospettiva le questioni compartecipanti <strong>nel</strong>la tematica dei<br />

parchi italiani ed il ruolo peculiare dell’ insediamento umano.<br />

42 Rolli G.L.:Il ruolo dei centri storici <strong>nel</strong>la programmazione turistica. Su: Risanamento e recupero dei centri<br />

storici.minori del Lazio, Ed. DEI, Roma 1983.<br />

43 Rolli G.L.: Territorio e turismo, la <strong>valorizzazione</strong> dei beni culturali. ANIEST, Quaderno n.6, Roma 1986.<br />

32


Gli aspetti trattati da un lato impreziosiscono la figura del <strong>parco</strong>, che diviene<br />

elemento composito aggregante sia frammenti di natura importante, sia frammenti di<br />

storia in parte di pietra e in parte tutt'ora vivi e perpetuati dalla cultura, dalle tradizioni e<br />

dal lavoro delle popolazioni ancora residenti.<br />

D'altro canto queste ultime presenze possono risultare "scomode" ai fini degli<br />

obiettivi meramente conservativi, in quanto portatrici di istanze trasformative finalizzate<br />

all'incremento del benessere sociale.<br />

In questa condizione di tensione si inserisce il concetto di ecosviluppo,<br />

teorizzato su scala mondiale attraverso la ben nota World Conservation Strategy di<br />

emanazione IUCN del 1980 44 .<br />

Nel caso italiano le istanze di sviluppo insediativo ed economico delle popolazioni<br />

del <strong>parco</strong> si sostanzia mediante la formazione del relativo piano pluriennale previsto<br />

dall'Art.14, punto 2, della legge 6.12.91, n.394, compatibilmente con gli obiettivi<br />

primari del <strong>parco</strong>, che sono e restano quelli della conservazione, per le generazioni<br />

future, delle risorse naturali e culturali.<br />

Attivita' di conservazione, quella citata, per la quale dovrebbero essere utilizzati<br />

i contributi che la comunita' nazionale mette a disposizione a sostegno degli obiettivi<br />

della legge-quadro sulle aree protette.<br />

Ovviamente, approfittando delle favorevoli coincidenze, si dovrebbe cercare,<br />

in un'ottica di massimo profitto, di utilizzare questi stimolatori economici per piu' scopi,<br />

o meglio, per i tre scopi fondamentali che sembrano confluire in questa azione organica<br />

dei parchi:<br />

a)-Conservazione delle risorse naturali "rare" di interesse nazionale;<br />

b)-Conservazione del patrimonio culturale storico - architettonico - artistico dei<br />

centri della montagna e del paesaggio rurale;<br />

c)-Recupero delle condizioni di depressione sociale ed economica delle<br />

comunita' insediate della montagna.<br />

L'obiettivo c) assume una importanza emergente <strong>nel</strong> momento in cui diviene il<br />

perno del consenso sociale alla <strong>tutela</strong> ambientale.<br />

Un consenso che di certo mancava 20 anni fa, quando si sviluppavano le prime<br />

attivita' associazionistiche in difesa <strong>dell'ambiente</strong> naturale, ma che certamente, seppur<br />

notevolmente incrementato, si rivela ancora oggi debole e tutt’altro che generalizzato.<br />

La protesta contro i perimetri ministeriali dei parchi, ritenuti "troppo vasti", e'<br />

montata in piu' occasioni, portando in piazza svariate migliaia di persone (con<br />

riferimento al <strong>parco</strong> Nazionale della Laga-Gran Sasso sembra 7.000 solo a Teramo, in<br />

Abruzzo, il 9 maggio 1993).<br />

Alla luce di questi manifesti atteggiamenti di diffidenza e' forse opportuno<br />

rimeditare su alcune situazioni territoriali, soprattutto insediative, e sulle loro<br />

interrelazioni con il <strong>parco</strong> in termini sia di benefici sia di intralci allo sviluppo.<br />

Indagare questo aspetto risulta tanto piu' opportuno se si riflette sul fatto, gia'<br />

anticipato, che l'accettabilita' sociale dei parchi si fonda sul convincimento delle<br />

44 Cfr. IUCN - UNEP-WWF: World Conservation Strategy, Living Resource Conservation for sustainable<br />

development. 1980<br />

33


collettivita' coinvolte che il <strong>parco</strong> e' portatore di vantaggi economici non possibili in<br />

mancanza di esso.<br />

D'altra parte un vantaggio economico, o quanto meno un non-danno, rappresenta la<br />

legittima contropartita che spetta a chi accetta di vivere in una condizione oggettiva di<br />

maggior vincolo sulle attivita' ordinarie, sopportando per questo dei costi e dei disagi.<br />

Tra le raccomandazioni ai governi espresse in seno al IV Congresso Mondiale dei<br />

Parchi di Caracas, si legge: "(...) la attivita' politica e pratica dovrebbe adoperarsi per<br />

garantire che alle comunita' locali non derivino svantaggi dalle aree protette, e che esse<br />

ricevano benefici provenienti da miglioramenti economici e da opportunita' di<br />

sviluppo." 45<br />

Tornando al filone principale del discorso, ovvero la interrelazione complessa tra il<br />

<strong>parco</strong> e gli insediamenti umani ad esso connessi, i recenti dati tratti dal censimento<br />

ISTAT del 1991 hanno ad esempio denuciato, per i comuni del versante aquilano del<br />

Gran Sasso, una ulteriore contrazione del 7% della popolazione, pari ad una perdita di<br />

quasi 1.400 unita' residenti <strong>nel</strong> decennio 1981-91.<br />

L'inesorabile depauperamento demografico di questo settore montano emerge<br />

ancor di piu' se si esaminano alcuni valori assoluti:il centro di Carapelle Calvisio e'<br />

ridotto a 125 residenti, S.Stefano di Sessanio a 142, Calascio a 224, Campotosto,<br />

dopo il 38% di popolazione perso tra il 71 e l'81, ha subito ancora un ulteriore tracollo<br />

del 19% (TAB. 2).<br />

Tutto questo è certamente un danno ai fini della formazione di un <strong>parco</strong> che<br />

trae dallo storico equilibrio uomo-natura uno dei suoi motivi giustificativi.<br />

45 I.U.C.N., Parks for life: Report of the IVth World Congress on National Parks and Protected Areas.<br />

Reccomandation 6 - People and protected areas. IUCN, Gland, Switzerland, 1993.<br />

Il IV Congresso Mondiale sui parchi e le aree protette raccomanda che:<br />

a) i governi riconoscano le necessità e le aspirazioni della popolazione che vive all’interno e <strong>nel</strong>le vicinanze<br />

delle aree protette ed intraprendano misure per assicurare la continuità e lo sviluppo dei valori sociali e<br />

culturali.. L’attività politica ed amministrativa dovrebbe essere finalizzata a garantire che le comunità locali, ed<br />

in particolare le donne, non ricevano svantaggi dalle aree protette, ma che anzi ricevano benefici da una<br />

economia dinamica e da opportunità di lavoro.<br />

b) i governi assicurino che i processi di pianificazione per le aree protette siano integrati con i programmi per lo<br />

sviluppo sostenibile delle culture e delle economie locali e che, <strong>nel</strong>l’ambito di questi strumenti, si incrementino<br />

le conoscenze sulle tematiche locali e sui meccanismi decisionali. Che inoltre intervengano a supporto dello<br />

sviluppo ecosostenibile ed economicamente adeguato anche programmi sulla salvaguardia della biodiversità e<br />

sulle reti di aree protette.<br />

c) i governi e gli organismi internazionali riconoscano organizzazioni non governative, basate sul volontariato,<br />

come partenrs <strong>nel</strong>la gestione delle aree protette<br />

d) l’ IUCN,, i governi e i gestori delle aree protette utilizzino le risorse disponibili localmente e i loro sistemi di<br />

controllo come mezzo per conseguire la conservazione delle biodiversità.<br />

e) l’ IUCN si impegni ad intraprendere una valutazione delle relazioni tra i diritti di proprietà e la presenza delle<br />

are protette. L’IUCN dovrebbe occuparsi in particolare dei sistemi di proprietà pubblic, dei problemi relativi<br />

alla proprietà, ai conflitti territoriali e legali..<br />

f) l’IUCN promuova la partecipazione delle comunità locali <strong>nel</strong>la pianificazione e <strong>nel</strong>la valutazione delle<br />

relazioni tra la popolazione e le aree protette.<br />

g) l’IUCN promuova la diffusione delle informazioni sul coinvolgimento delle comunità locali e delle<br />

organizzazioni non governative <strong>nel</strong>la gestione delle aree protette attraverso pubblicazioni e programnmi<br />

educazione.<br />

34


Tab. 2 - Andamento della polazione nei comuni pedemontani del versante meridionale del Gran<br />

Sasso d’Italia ( ISTAT, 1961, 1971, 1981, 1991)<br />

COMUNI Abitanti<br />

resid. 1961<br />

Abitanti<br />

resid. 1971<br />

Abitanti<br />

resid. 1981<br />

35<br />

Abitanti<br />

resid. 1991<br />

Barete 803 673 630 635<br />

Cagnano A. 2589 2099 1813 1685<br />

Campotosto 2264 1750 1073 865<br />

Capitignano 1404 1009 797 742<br />

Montereale 5475 4047 3368 3114<br />

Pizzoli 2753 2499 2536 2598<br />

Barisciano 2617 1696 1674 1768<br />

Calascio 616 448 301 224<br />

Capestrano 1820 1419 1281 1141<br />

Caporciano 698 471 340 324<br />

Carapelle C. 337 179 144 125<br />

Castel del Monte. 1720 1183 827 707<br />

Castelvecchio C. 604 440 360 246<br />

Navelli 1418 1023 821 700<br />

Ofena 1313 956 892 757<br />

Poggio Picenze 1088 817 853 917<br />

Prata d’Ansid. 1033 694 655 616<br />

S.Pio delle C. 935 639 590 554<br />

S.Stefano di S. 404 246 190 142<br />

Villa S.Lucia 894 574 424 305<br />

TOTALE<br />

30785<br />

23753<br />

19564<br />

18165<br />

Centri in buone condizioni di accessibilità rispetto all’area urbana dell’Aquila (distanza 10-15 km, tempo 15-20<br />

minuti)<br />

A parte quei centri che, occupazionalmente gravitanti sull'area urbana aquilana, si<br />

trovano da questa <strong>nel</strong> raggio dei 15-20 minuti di accessibilita' automobilistica, gli abitati<br />

della montagna scivolano lentamente verso lo spopolamento totale.<br />

Questa situazione riguarda, seppur in toni lievemente diversi, molti altri centri<br />

dell'Appennino, in particolare abruzzesi.<br />

Una recente ricerca realizzata <strong>nel</strong>l'ambito regionale dal Dipartimento di Architettura<br />

e Urbanistica dell'Universita' dell'Aquila ha evidenziato, con l'utilizzazione di alcuni<br />

indicatori, la mappa dell'abbandono insediativo della regione 46<br />

I territori comunali interessati dai fenomeni di abbandono coincidono in gran parte<br />

con le aree montane interne e si estendono per circa 350.000 ha, rappresentando il<br />

35% dell'estensione regionale.<br />

Confrontando la dislocazione delle aree interessate dai fenomeni di abbandono<br />

con l'articolazione geografica dei parchi si rileva come il 44% delle prime sia compreso<br />

nei perimetri delle aree protette (vedi FIG. 1)..<br />

46 Rolli G.L., Romano B., Sulpizii S., I centri storici <strong>nel</strong>la struttura territoriale: il recupero dei ruoli funzionali.<br />

Ricerca: Recupero integrato delle strutture urbanistiche ed edilizie dei centri storici in abbandono <strong>nel</strong>le aree<br />

interne della Regione Abruzzo. Regione Abruzzo, Dipartimento di Architettura e Urbanistica dell'Universita'<br />

dell'Aquila. L'Aquila 1993.


Alcuni dei centri in fase di abbandono potrebbero riappropriarsi di un ruolo<br />

funzionale migliorando la viabilita' di collegamento con i principali centri commerciali e<br />

industriali, riducendo il loro isolamento rispetto ai principali servizi sociali.<br />

Questo potrebbe forse consentire un mantenimento delle funzioni residenziali<br />

permanenti, anche legato ai migliori livelli di qualita' della vita che un centro rurale offre<br />

rispetto ad un grande centro produttivo.<br />

In ogni caso solo per qualche centro si e' riscontrata una possibilita' di questa<br />

natura. Nella generalita' dei casi la riproposizione di una nuova centralita' territoriale<br />

passa per la politica di <strong>tutela</strong> e di <strong>valorizzazione</strong> delle risorse ambientali che queste aree<br />

di montagna in abbandono presentano in grande abbondanza.<br />

Lo sviluppo di forme aggiornate di ricettività e di residenzialità turistica può<br />

costituire uno dei fattori di questa <strong>valorizzazione</strong>.<br />

FIG. 1 - Ambiti in abbandono e aree protette <strong>nel</strong>la Regione Abruzzo<br />

................................inserire carta.........................<br />

2.3. Il ruolo dei centri storici <strong>nel</strong>l’organizzazione insediativa dei parchi<br />

Se si volesse cercare di costruire uno scenario credibile per il futuro prossimo dei<br />

centri alto-montani dell’Appennino in termini di evoluzione spontanea, sarebbe<br />

certamente una ipotesi da escludere quella che ne vede una ripresa sociale ed<br />

economica svincolata da specifici stimolatori esterni. I dati poc'anzi citati sembrano<br />

abbastanza esaurienti a tale riguardo.<br />

36


Nella migliore delle ipotesi, come del resto si sta gia' verificando, i centri storici<br />

diverranno sedi di seconde case per vacanza, con un processo di graduale sostituzione<br />

della popolazione originaria residua permanente con quella periodica turistica.<br />

A questo processo contribuisce una certa "moda" dei ceti abbienti di dotarsi di<br />

una casa di spessore storico, ristrutturando con criteri adeguati e facilmente normabili i<br />

vecchi contenitori edilizi, salvaguardando generalmente i caratteri storico-architettonici<br />

dei manufatti ed ottenendo, almeno sotto il profilo del recupero edilizio, un risultato<br />

positivo.<br />

In definitiva il fenomeno di ristrutturazione edilizia dei centri storici che sta gia'<br />

interessando molti comuni pedemontani, porta in prospettiva ad un recupero abitativo<br />

anche generalizzato e magari pregevole dell'edificato antico, evitandone la<br />

ruderificazione, ma ad una desertificazione antropica pressoche' totale.<br />

Non e' certo pensabile che una concentrazione di presenze in due mesi all'anno<br />

possa sostenere esercizi commerciali, servizi sociali o altre attrezzature di interesse<br />

collettivo, ne', di conseguenza, i corrispondenti addetti.<br />

Quali modificazioni intervengono, in un quadro problematico cosi' delineato,<br />

dopo l'istituzione di un <strong>parco</strong>?<br />

Utilizzando come esempio concreto a disposizione il Parco Nazionale<br />

d'Abruzzo, e' possibile riscontrare dall'esame dei dati del censimento ISTAT che, <strong>nel</strong><br />

periodo 1981-1991, i centri ricadenti <strong>nel</strong> territorio del <strong>parco</strong>, per la prima volta dopo<br />

decenni, hanno registrato una "frenata" <strong>nel</strong> decremento demografico.<br />

Tab. 3- Andamento della polazione nei comuni del Parco Nazionale d’Abruzzo ( ISTAT, 1961,<br />

1971, 1981, 1991)<br />

COMUNI Abitanti resid.<br />

1961<br />

Abitanti<br />

resid. 1971<br />

Abitanti<br />

resid. 1981<br />

37<br />

Abitanti<br />

resid. 1991<br />

Alfedena 1164 956 740 741<br />

Barrea 1420 1028 948 864<br />

Bisegna 940 693 634 467<br />

Civitella A. 524 315 323 299<br />

Opi 781 667 518 534<br />

Pescasseroli 2565 2441 2208 2207<br />

Scontrone 729 601 547 561<br />

Villavallelonga 1574 1279 1095 1070<br />

Villetta B.<br />

920 711 622 623<br />

TOTALE 10617 8691 7635 7366<br />

Un confronto indicativo può essere effettuato leggendo gli stessi dati per un<br />

altro campione territoriale, formato dai comuni pedemontani del versante meridionale<br />

del Gran Sasso d’Italia e riportati <strong>nel</strong>la precedente .TAB. 2.<br />

Il confronto evidenzia significativamente i possibili effetti ottenibili a mediolungo<br />

termine con l’istituzione di un <strong>parco</strong>.<br />

Traendo le conclusioni, <strong>nel</strong> caso della istituzione di un nuovo <strong>parco</strong> in un<br />

territorio caratterizzato da abbandono pronunciato da parte della popolazione è


opportuno puntare, come primo obiettivo, sulla stabilizzazione della popolazione ai<br />

livelli attuali.<br />

Di certo sara' necessario contrarre i tempi di conseguimento di questo obiettivo<br />

per non rischiare di giungere troppo tardi.<br />

Si puo' affermare oggi che l'economia montana, intesa in termini produttivi<br />

relativamente al settore agrario, non ha piu' la possibilita' credibile di riassumere ruoli<br />

portanti, per motivi reddituali, ma soprattutto sociali.<br />

L'inversione, o meglio, il contenimento del fenomeno di abbandono va<br />

agganciato alla utilizzazione di altre risorse, quali appunto quelle naturali e ambientali,<br />

che potranno dar luogo a diverse forme di economia locale.<br />

E' necessario motivare, su tutto l'arco dell'anno, la presenza di nuclei di<br />

popolazione.<br />

In ogni caso, qualunque intervento venga intrapreso, dovra' comportare in<br />

primo luogo la formazione di interessi economici e occupazionali per gli attuali residenti<br />

e, in secondo luogo, il ripristino di ulteriori interessi per favorire l'eventuale ritorno di ex<br />

residenti, caratterizzati da forti legami affettivi con la terra d'origine.<br />

Se da una parte si dovra' fare ogni sforzo per non deludere legittime aspettative<br />

di riassetto del tessuto economico locale, d'altra parte non si puo' auspicare in alcun<br />

modo che il finanziamento dei parchi si riveli l' ennesimo emungimento delle finanze<br />

pubbliche con le modalità che purtroppo hanno caratterizzato la maggior parte degli<br />

interventi negli anni recenti.<br />

Inoltre e' prevedibile che il coinvolgimento pieno delle collettivita' insediate <strong>nel</strong>le<br />

dinamiche economiche potenziali dei parchi, con i conseguenti benefici permanenti,<br />

avverra' alla fine di un processo lungo e faticoso di crescita culturale e di maturazione<br />

di una solida coscienza imprenditoriale.<br />

Una scelta che si ritiene debba essere ribadita, e che costituisce uno dei<br />

riferimenti del progetto Gran Sasso illustrato <strong>nel</strong>la Parte II del presente lavoro,<br />

concerne la necessita' di localizzare nei paesi della montagna tutte le attrezzature di<br />

supporto della residenza e delle attività produttive e le strutture direzionali e<br />

amministrative dei parchi. Pur riconoscendo la opportunita' di avere sedi di<br />

rappresentanza nei principali centri capoluogo di regioni amministrative, e' stata<br />

sottolineata l’importanza della presenza degli uffici centrali e principali negli<br />

insediamenti storici del <strong>parco</strong>, all'interno di edifici adeguatamente recuperati per tale<br />

scopo.<br />

Questo vuol dire anche personale reclutato per quanto possibile tra i residenti,<br />

movimento di persone, flussi di informazioni e afflusso di interesse nei confronti del<br />

centro urbano.<br />

In poche parole vuol dire vivacizzazione della vita sociale con gli inevitabili<br />

effetti indotti sull'economia locale.<br />

Del resto gli eventuali disagi di collegamento che si associano alle particolari<br />

condizioni geografiche dei centri della montagna sono oggi, con la massiccia diffusione<br />

delle tecnologie telematiche, parzialmente superabili.<br />

Se questo potrebbe essere un primo passo per ricreare un effetto di "centralita"<br />

anche psicologica in questi centri, un secondo momento operativo sta <strong>nel</strong>l'attivazione<br />

della imprenditorialita' interna e <strong>nel</strong> coinvolgimento pieno e il piu' possibile esteso della<br />

forza lavoro disponibile localmente.<br />

38


Una azione di grande importanza in questo senso riguarda proprio la attivazione<br />

programmatica di servizi di ricettivita' e di ristorazione, oggi estremamente carenti.<br />

Basta pensare che, <strong>nel</strong> comprensorio del Gran Sasso, tenendo conto solamente dei<br />

comuni in provincia dell’Aquila, ed escludendo l’omonima area urbana, la disponibilita'<br />

teorica di case in abbandono da poter riutilizzare per ricettivita' turistica puo' stimarsi in<br />

quasi 25.000 posti letto (si veda la Tab. 19).<br />

Per capire meglio l'entita' del fenomeno si puo' dire che i posti letto attualmente<br />

disponibili in attrezzature alberghiere e paraalberghiere, <strong>nel</strong>la medesima area presa ad<br />

esempio, sono poco più di 1.400, di cui solamente meno di 700 in alberghi (si veda<br />

Tab. 18), mentre in oltre 40.000 sono stimabili i posti letto disponibili <strong>nel</strong>le cosiddette<br />

"seconde case" 47 (si veda Tab. 19).<br />

Queste ultime sono quelle abitazioni che, pur non occupate permanentemente,<br />

vengono pero' stagionalmente utilizzate dai proprietari o temporaneamente affittate per<br />

vacanze.<br />

Se si aggiunge che la maggior parte del patrimonio edilizio non occupato si trova nei<br />

centri montani, si vede quindi che la disponibilita' edilizia all'interno dei parchi e'<br />

teoricamente molto elevata, pur depurando le cifre riportate dalle inevitabili<br />

indisponibilita' per motivi di vario genere.<br />

La riutilizzazione di questo patrimonio edilizio comporta pero' problemi di natura<br />

complessa.<br />

La effettiva disponibilità per l'utilizzazione ricettiva e residenziale turistica delle<br />

abitazioni non occupate è condizionata da alcuni notevoli elementi di incertezza:<br />

- in primo luogo il regime proprietario delle abitazioni, e soprattutto la reperibilità dei<br />

proprietari, la possibilità di un loro accordo nei casi generalizzati di comproprietà molto<br />

frazionata, elemento questo che ostacola la possibilità di interventi di trasformazione a<br />

cura dei proprietari o di acquisizione da parte di altri operatori privati o di Enti pubblici;<br />

- in secondo luogo la idoneità fisica delle abitazioni abbandonate agli interventi di<br />

recupero, in relazione alle condizioni di degrado spesso molto pronunciate, trattandosi<br />

generalmente di antiche case situate nei centri storici. Questo aspetto va esaminato<br />

congiuntamente alla valutazione del valore storico, artistico, ambientale degli immobili,<br />

poiché se è vero che immobili antichi possono trovarsi in condizioni di degrado assai<br />

spinte e rendere pertanto molto onerosi eventuali interventi di recupero, è anche vero<br />

che in tal caso motivazioni di carattere culturale, sociale e di mercato rendono<br />

giustificato e anche prioritario l'intervento stesso, specie se visto <strong>nel</strong>l'ottica del<br />

pianificatore.<br />

Un piano di intervento di recupero ai fini residenziali turistici dell'edilizia<br />

abbandonata dei centri storici, deve pertanto essere basata su una serie di analisi<br />

specifiche atte a consentire una valutazione complessiva sulle possibilità, opportunità e<br />

modalità d'intervento. In particolare si possono segnalare le seguenti operazioni<br />

essenziali :<br />

- Analisi dell'epoca di costruzione e dei valori architettonici o ambientali;<br />

- Analisi tipologico-funzionale ed ipotesi di recupero;<br />

- Analisi delle condizioni di degrado edilizio (statico, igienico, estetico);<br />

- Analisi del regime proprietario;<br />

47 C.R.E.S.A., Centro Regionale di Studi e Ricerche Economico Sociali, Studio sul turismo in Abruzzo. L'Aquila<br />

1994<br />

39


- Analisi del tessuto urbanistico.<br />

Solo dalla sintesi di un ampia gamma di ricerche di questo tipo potranno<br />

scaturire concrete ipotesi di intervento.<br />

Questo campo di studio ha costituito oggetto di una ricerca sviluppata <strong>nel</strong><br />

1993 dal Dipartimento di Architettura e Urbanistica dell’Università dell’Aquila per<br />

conto della Regione Abruzzo, imperniata sulle modalità di recupero dei centri storici<br />

delle aree interne abruzzesi 48 .<br />

Come si è detto, è prevedibile, e anche auspicabile, che la istituzione dei parchi<br />

convogliera' diffusi interessi turistici che avranno ricadute inevitabili sul mercato<br />

immobiliare di questi luoghi.<br />

Questo fenomeno, lasciato senza adeguato controllo, puo' però provocare effetti di<br />

notevole degrado ai beni storici e culturali, come e' gia' accaduto in moltissime localita'<br />

turistiche italiane di fama internazionale.<br />

La linea operativa che si ritiene più adeguata per contenere gli eventuali,<br />

negativi effetti della pressione insediativa turistica, è quella che si oppone alla<br />

affermazione di modelli di turismo estranei al contesto culturale, tradizionale e sociale<br />

del territorio sul quale si impiantano, che estromettono la potenziale imprenditoria<br />

locale dalla gestione delle iniziative dei residenti 49 .<br />

Su questo punto una ulteriore raccomandazione espressa dal gia' citato<br />

Congresso di Caracas recita: "Le politiche finalizzate alla realizzazione di benefici<br />

socioeconomici devono provvedere affinche' le popolazioni locali abbiano una attiva<br />

partecipazione <strong>nel</strong>la gestione del turismo <strong>nel</strong>l'area protetta" 50 .<br />

48 La Ricerca, finanziata con fondi ex L.64 ha per oggetto: Recupero integrato delle strutture urbanistiche ed<br />

edilizie dei centri storici in abbandono <strong>nel</strong>le aree interne della Regione Abruzzo. Regione Abruzzo, Dipartimento<br />

di Architettura e Urbanistica dell’Università dell’Aquila, L’Aquila 1993.<br />

49 Pedreschi L., I centri più elevati dell’Appennino. Tradizione e innovamento. Patron, BolognA 1988.<br />

50 IUCN,, Parks for life (op.cit.), Reccomandation 9 - Tourism and protected areas.<br />

Il IV Congresso Mondiale sui parchi e le aree protette raccomanda che:<br />

a) le agenzie nazionali e locali e le organizzazioni interessate alla protezione delle are naturali adottino politiche<br />

per fare del turismo uno strumento di conservazione.<br />

b) i gestori delle aree protette forniscano le risorse per la gestione del turismo associato alle arre protette.<br />

c) siano attuate politiche che assicurino che i benefici socio economici siano a vantaggio della popolazione<br />

locale attraverso la partecipazione attiva alla gestione del turismo.<br />

d) le agenzie delle aree protette e l’industria del turismo cooperino per adottare procedure integrate, indirizzi e<br />

tecniche (con riferimento sia alla gestione che alle attrezzature) che siano compatibili con piani di gestione a<br />

lungo termine delle aree protette, aumentino le esperienze dei visitatori e siano compatibili e rinforzanti nei<br />

confronti degli obiettivi di conservazione dell’area protetta.<br />

e) <strong>nel</strong>lo sviluppare una maggiore cooperazione tra le industrie del turismo e le aree protette, la considerazone<br />

primaria sia la conservazione dell’ambiente naturale e della qualità della vita delle comunitaà locali.<br />

f) le autorità che si occupano di risorse naturali e di turismo sviluppino e realizzino piani turistici nazionali e<br />

locali che rispettino le massima capacità di carico turistico delle aree protette e rispettino le comunità locali.<br />

g) i guadagni generati dal turismo <strong>nel</strong>le aree protette siano reinvestiti <strong>nel</strong>la protezione e <strong>nel</strong>la gestione delle<br />

risorse.<br />

h) le agenzie delle aree protette e l’industria del turismo sviluppino studi sul luogo per stabilire livelli<br />

appropriati di impatto per le aree protte; ottengano e monitorino informazioni turistiche sul turismo e sulle<br />

attività ricreative e sul loro impatto economico, ambientale e sociale e definiscano le azioni di gestione<br />

localmente piu’ appropriate per le aree protette,<br />

i) il turismo consentito in ciascuna area protetta sia basato sui valori intrinseci ambientali dell’area e accetti che<br />

qualche luogo venga interdetto alla visita pubblica.<br />

j) i programmi di educazione e di formazione siano finalizzati a costituire guide e operatori <strong>nel</strong> turismo e i<br />

programmi turistici contribuiscano alla incentivazione di iniziative educative.<br />

40


Scopo di questa pur sintetica esposizione e' quello di porre sul campo una serie di<br />

argomenti che testimoniano la estrema complessita' delle relazioni intercorrenti tra il<br />

<strong>parco</strong>, gli insediamenti e le popolazioni umane.<br />

Aspetti ed argomenti che solo in ragione di una schematica trattazione teorica<br />

possono disaggregarsi <strong>nel</strong>le loro forme elementari, ma che <strong>nel</strong>la realta' costituiscono un<br />

fitto intreccio di questioni politiche, sociali, economiche, amministrative, tecniche e, non<br />

ultimo, ideologiche ed etiche, ben difficile da analizzare e da contemperare in sede di<br />

programmazione.<br />

A conclusione di questo esame delle problematiche connesse con la<br />

riorganizzazione della struttura insediativa nei parchi, si ritiene opportuno anticipare<br />

alcune conclusioni dell’applicazione del metodo da noi utilizzato <strong>nel</strong>la seconda parte del<br />

lavoro, dedicata al piano del <strong>parco</strong> del Gran sasso, metodo che si ritiene<br />

generalizzabile alle analoghe situazioni che si riscontrano su larga parte del territorio<br />

nazionale.<br />

Un processo di pianificazione articolato in relazione alle diverse modalità di<br />

<strong>tutela</strong> ambientale e di sviluppo della residenza, del turismo e delle attività produttive,<br />

trova il suo logico sbocco in una struttura territoriale integrata <strong>nel</strong>la quale i centri storici<br />

assumono un ruolo fondamentale.<br />

Il sistema delle aree destinate alle attività produttive primarie, degli spazi per la<br />

ricreazione, della ricettività turistica e dell'habitat permanente della popolazione locale<br />

si traduce infatti, sotto, il profilo spaziale, in una struttura insediativa <strong>nel</strong>la quale i centri<br />

storici preesistenti costituiscono il supporto della residenza degli abitanti stabili, della<br />

residenza turistica privata - ottenuta in massima parte mediante il recupero della<br />

edilizia antica inutilizzata -, della ricettività alberghiera, della struttura funzionale del<br />

<strong>parco</strong>, della ricettività alberghiera, dei servizi per la popolazione stabile e fluttuante,<br />

delle attività produttive artigianali e piccolo industriali;<br />

I centri storici costituiscono inoltre, <strong>nel</strong>la maggior parte dei casi, gli “accessi”<br />

alle zone di <strong>tutela</strong> del <strong>parco</strong> ed alle zone ricreative estive ed invernali, e pertanto il<br />

tramite - opportunamente attrezzato - tra la viabilità veicolare proveniente dall’esterno<br />

ed i percorsi di interesse naturalistico e turistico della montagna.<br />

k) il turismo sia parte di una strategia per una gestione regionale sostenibile che offra una varietà di alternative<br />

di sviluppo per le popolazioni locali e contribuisca a mantenere la divcersità biologica, per esempio<br />

convogliando i flussi turistici anche verso le regioni limitrofe del <strong>parco</strong>.<br />

41


CAP. 3 - PARCO E TURISMO<br />

3.1. L'evoluzione del ruolo turistico dei parchi<br />

La presenza di elementi naturali protetti, e pertanto conservati <strong>nel</strong>le loro<br />

fisionomie originarie, si e' rivelata un eccezionale attrattore di interesse turistico,<br />

contribuendo a deviare flussi di visitatori da altre zone, o a crearne di nuovi.<br />

Questo fenomeno si e' rapidamente incrementato, e <strong>nel</strong>l'ultimo decennio si puo' dire<br />

che sia esploso a causa di una sensibilizzazione massiccia dell'opinione pubblica sui<br />

temi ambientali, sfociata in alcuni casi in una grande domanda di natura, giunta a livelli<br />

elevatissimi e che ha iniziato, almeno in alcune aree piu' note, a provocare problemi non<br />

indifferenti di supero della "curring capacity" turistica.<br />

I dati in proposito sono chiarissimi, Yellowstone, forse il <strong>parco</strong> piu' famoso del<br />

mondo, convoglia annualmente 2.500.000 turisti, oltre un milione all'anno possono<br />

attribuirsi a Plitvice <strong>nel</strong>la Jugoslavia nord occidentale, , almeno prima dei recenti<br />

drammatici eventi bellici, 300.000 annui <strong>nel</strong> Parco nazionale dell'Engadina in Svizzera,<br />

ben 16.000.000 all'anno nei 140.000 ha del Parco Nazionale del Peak District, <strong>nel</strong><br />

Derbyshire in Gran Bretagna, oltre un milione all’anno <strong>nel</strong> Parco Nazionale d’Abruzzo.<br />

Del resto, che il turismo rappresenti uno dei principali aspetti di sviluppo economico<br />

delle zone interessate e' testimoniato anche da fonti e documenti di organi<br />

internazionali 51 .<br />

Un aspetto di notevole interesse e' che, in certi casi - e l'Abruzzo è uno di questi - si<br />

puo' affermare che l'unico elemento delle zone interne in grado di richiamare utenza<br />

turistica internazionale e' un <strong>parco</strong> nazionale, non essendo associabile a nessun'altra<br />

componente territoriale, sia essa culturale o naturalistica, ad eccezione della costa, un<br />

altrettanto potente messaggio di richiamo.<br />

In definitiva la presenza di un <strong>parco</strong> nazionale garantisce di per se', proprio in<br />

quanto istituzione, la presenza di una “natura con il marchio di qualità”, anche se altrove<br />

sono presenti elementi naturali e insediativi di valore assoluto elevato, ma non inseriti in<br />

un contesto ufficialmente <strong>tutela</strong>to.<br />

L'impatto economico provocato da questo mercato turistico e' molto consistente e,<br />

almeno attualmente, è in tendenziale crescita. Esso puo' essere valutato in termini di<br />

servizi venduti (ricettivita', informazioni, corsi di formazione, etc..), nonche' di<br />

attivazione dei mercati immobiliari negli insediamenti coinvolti.<br />

Usufruiscono di questi benefici economici certamente in modo piu' diretto i centri ad<br />

immediato ridosso delle zone di interesse, ma, via via che questi si saturano, gli effetti si<br />

ripercuotono sugli ambiti piu' esterni, valorizzando anche le zone dei margini e delle<br />

corone periferiche.<br />

L'esempio di Pescasseroli <strong>nel</strong> Parco nazionale d'Abruzzo, di Cogne <strong>nel</strong> <strong>parco</strong><br />

nazionale del Gran Paradiso, o di Gavarnie nei Pirenei francesi sono chiarificatori in tal<br />

senso.<br />

51 UNEP (United Nations Environment Programme), Saving Our Planet, challenges and hopes. Chapter 15-<br />

Tourisme. Nairobi 1992.<br />

42


Abbiamo però già avuto modo di evidenziare come queste condizioni di<br />

positività possano ritenersi un prodotto a lungo termine della politica dei parchi.<br />

Inoltre la consistenza e la durabilità di questi effetti sono fortemente<br />

condizionati dai criteri di gestione, ovvero dalla capacità che gli organi di governo del<br />

<strong>parco</strong> hanno, da un lato di responsabilizzare sul piano imprenditoriale le comunità<br />

residenti, e da un altro lato di inserire l’area protetta nei circuiti di fruizione turistica,<br />

scientifica e culturale.<br />

In ogni caso, all’interno dei parchi, le iniziative di promozione volte al<br />

convogliamento dei flussi turistici debbono essere sviluppate anche con attenzione al<br />

controllo dei flussi medesimi, tenendo conto delle forme di impatto ambientale, anche<br />

rilevante, abbinate a questa attività umana, soprattutto quando diviene di massa.<br />

In taluni casi particolari la domanda turistica, ed i benefici economici che essa<br />

comporta, rappresenta l'elemento chiave per la sopravvivenza stessa di alcuni lembi di<br />

natura protetta, soprattutto in zone dei paesi del terzo mondo dove la <strong>tutela</strong> ambientale<br />

e' frequentemente conflittuale con gli interessi di natura economica di sfruttamento delle<br />

risorse forestali.<br />

Su questo tema un esempio significativo e' costituito dal Parco Nazionale dei<br />

Virunga (Rwanda), <strong>nel</strong> quale l'attivita' turistica controllata attratta dai famosi Gorilla di<br />

Montagna (Gorilla gorilla beringei), e' divenuta una consistente risorsa economica<br />

del Rwanda, contribuendo peraltro, di riflesso, alla conservazione di questa specie e<br />

del suo habitat forestale, sottratto cosi' alle sistematiche trasformazioni agricole 52 ,<br />

almeno prima dei conflitti etnici che hanno sconvolto il paese.<br />

L’attività turistica deve pertanto guardarsi come apportatrice di benefici<br />

economici, ed in questo senso assume un ruolo cardine <strong>nel</strong> promuovere il consenso<br />

sociale verso i parchi.<br />

Nel contempo la politica turistica di un <strong>parco</strong> - ma il discorso può ritenersi<br />

estensibile ad ogni area avente suscettività turistica, anche se non soggetta a<br />

provvedimenti di speciale <strong>tutela</strong> - non può esaurirsi <strong>nel</strong>la ricerca continua di occasioni<br />

per incrementare comunque la domanda di uso turistico del suo territorio.<br />

La individuazione del livello limite oltre il quale le presenze turistiche provocano<br />

effetti di grave degrado ambientale, oltrechè di disagio alla fruizione medesima, è una<br />

operazione che può e deve metodologicamente essere sviluppata contemporaneamente<br />

al piano 53 .<br />

Il fenomeno turistico <strong>nel</strong>le aree protette e le sue implicazioni sono state oggetto<br />

di ampia letteratura 54 oltre che di progetti ed elaborazioni per conto di enti pubblici e<br />

privati 55 , in quanto, pur essendosi originato attraverso un meccanismo di induzione, e'<br />

52Colicchia A., Incontro con l'erede di Dian fossey, un'altra donna tra i gorilla. Airone, n.132, Mondadori ed.,<br />

Milano 1992.<br />

53Rolli G.L., Romano B.: <strong>Progetto</strong> Gran Sasso, Metodologia per la pianificazione della <strong>tutela</strong> e della<br />

<strong>valorizzazione</strong> di un’area montana di alto valore ambientale. Op. cit.<br />

54 Melandri E.(a cura), Parchi e riserve natura li, introduzione agli aspetti giuridici, ecologici e turistici.<br />

Maggioli ed., Rimini 1987.<br />

55 Vedi a proposito: Bertuglia C.S., Gualco I., Tadei R., Modello per la pianificazione ecologica e ricreativa dei<br />

parchi naturali, il caso del <strong>parco</strong> del Ticino. IRES, Guida Ed., Napoli 1983.<br />

43


oggi l'elemento primo che viene considerato dalle comunita' locali in termini di incentivo<br />

sui tessuti economici.<br />

Possono determinarsi diversi parametri per ottenere la capacità di carico<br />

turistico di un determinato territorio. Nel caso del Gran Sasso, ad esempio, oltre ai<br />

consueti criteri dettati dall’esigenza di non compromettere le risorse ambientali, si sono<br />

considerate significative le dimensioni degli insediamenti storici sui quali possono<br />

effettuarsi interventi di recupero a fini di ricettività turistica.<br />

Questo aspetto risulta particolarmente significativo in quanto una cultura della<br />

conservazione, sostenuta nei suoi aspetti ideologici dai gravi danni derivanti<br />

dall’applicazione indiscriminata della cultura del consumo, dovrebbe considerare la<br />

realizzazione del “nuovo”, soprattutto <strong>nel</strong> settore turistico, come intervento eccezionale<br />

derivante da motivazioni largamente condivise.<br />

Oltre al limite citato, direttamente collegato alla capacità delle strutture<br />

insediative di “contenere” presenze turistiche, vanno ovviamente considerati tutti gli altri<br />

tipi di parametri, anche più sofisticati, relativi alle caratteristiche fisiche e naturalistiche<br />

dei suoli, delle coperture vegetali, delle presenze faunistiche e, più in generale, delle<br />

sensibilità ambientali del territorio a sopportare attività turistiche diverse 56 .<br />

La regolamentazione dei flussi turistici discende pertanto da valutazioni di<br />

ordine quantitativo che vengono a fissare gli ordini di grandezza entro i quali le attività<br />

ricreative possono svolgersi e svilupparsi in maniera ecocompatibile e, <strong>nel</strong> contempo,<br />

efficace e soddisfacente.<br />

Questa regolamentazione può essere effettuata agendo appunto su alcuni<br />

elementi cardine, come il dimensionamento delle strutture ricettive, il controllo degli<br />

afflussi sulla rete della mobilità multimodale 57 , le modalità di realizzazione delle<br />

attrezzature, la loro tipologia e le loro dimensioni.<br />

In definitiva il processo di <strong>valorizzazione</strong> turistica di un <strong>parco</strong> non può guardare<br />

le strutture di accoglienza e di supporto come una variabile dipendente solo dalla<br />

domanda, e quindi da incrementare fintanto che la domanda stessa tende a crescere.<br />

Tale processo non deve in sostanza seguire le logiche già sperimentate <strong>nel</strong> caso del<br />

lancio di tante stazioni turistiche costiere e montane.<br />

Questi principi hanno tanto più senso <strong>nel</strong>l’ambito dei parchi, nei quali la<br />

fruizione turistica e' un importante veicolo di sensibilizzazione e di educazione della<br />

popolazione alle tematiche ambientali, ruolo che non puo' essere sottaciuto e che risulta<br />

irrinunciabile in una prospettiva storica 58 ..<br />

Questa importanza viene del resto anche ribadita <strong>nel</strong> contesto della legge-quadro<br />

sulle aree protette, l.6.12.1991, n.394, come si evidenzia anche <strong>nel</strong> paragrafo 3.3.<br />

56 Wilson J.P., Seney J.P.: Erosional impact of hikers, horses, motorcycles, and off-road bicycles on mountain<br />

trails in Montana. Mountain Research and Development, International Mountain Society, Davis USA, 1994.<br />

57 Romano B.: La programmazione delle attività turistiche <strong>nel</strong>le aree montane. Rassegna di Studi Turistici,<br />

Aniest, anno XXIV, n.3/4, Ed. Agnesotti, Roma 1989.<br />

58 CRESA , Ricerca sul turismo, ambito interregionale Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, 1994.<br />

44


3.2. Funzioni, limiti e potenzialita' della fruizione turistica degli spazi <strong>tutela</strong>ti<br />

Come abbiamo gia' avuto modo di anticipare, la legge 6.12.1991, n.394 -Legge<br />

quadro sulle aree protette - non poteva ovviamente trascurare il fenomeno turistico nei<br />

parchi naturali, e infatti lo tratta con la dovuta attenzione in merito ai due aspetti<br />

sostanziali dell'incentivazione e del controllo.<br />

Dall'esame dell'articolato normativo emergono come elementi importanti della<br />

gamma delle funzioni del <strong>parco</strong> la "promozione di attivita' di educazione, .....nonche' di<br />

attivita' ricreative compatibili" (art. 1-c), le "attivita' culturali nei campi di interesse del<br />

<strong>parco</strong>....., l'agriturismo ..., le attivita' sportive compatibili" (art. 7-e,f,g); la disciplina del<br />

"soggiorno e della circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto", dello<br />

"svolgimento di attivita' sportive, ricreative ed educative", dell' "accessibilita' <strong>nel</strong><br />

territorio del <strong>parco</strong> attraverso percorsi e strutture idonee per disabili, portatori di<br />

handicap e anziani" (art. 11-c,d,h), nonche' la disciplina dei "sistemi di accessibilita'<br />

veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e struture riservati<br />

....., dei sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del <strong>parco</strong>,<br />

musei, centri di visita, uffici informativi, aree di campeggio, attivita' agrituristiche" (art.<br />

12-1c,d), ed infine la previsione di "aree di promozione economica e sociale .........<br />

finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettivita' locali ed al miglior<br />

godimento del <strong>parco</strong> da parte dei visitatori" (art. 12-2d).<br />

E' inoltre prevista la possibilita', <strong>nel</strong>l'ambito del Piano Pluriennale Economico e<br />

Sociale, da predisporsi a cura della Comunita' del Parco, di stanziare delle sovvenzioni<br />

per "...favorire, <strong>nel</strong> rispetto delle esigenze di conservazione del <strong>parco</strong>, lo sviluppo del<br />

turismo e delle attivita' locali connesse" (art. 14-3).<br />

Da questa sintesi dei contenuti della legge attinenti il settore turistico, emergono dei<br />

precisi indirizzi operativi da recepirsi <strong>nel</strong> piano del <strong>parco</strong> in ordine alla organizzazione di<br />

una struttura turistica con requisiti di elevata compatibilita' ambientale.<br />

In considerazione del fatto che, in ogni caso, la attivita' turistica dovra' risultare<br />

remunerativa sotto il profilo economico per le comunita' locali, e dovra' pertanto<br />

assumere una certa consistenza in termini di flussi di presenze, di qualita' ricettiva e dei<br />

servizi, di densita' delle attrezzature medesime , ne risulta un quadro problematico<br />

complesso <strong>nel</strong> quale si articolano queste esigenze di configurazione della struttura<br />

turistica e le esigenze, irrinunciabili, improrogabili e prioritarie di <strong>tutela</strong> ambientale che si<br />

collegano logicamente alla presenza di un <strong>parco</strong> naturale.<br />

Questi aspetti dello sviluppo turistico ecocompatibile non possono definirsi<br />

nuovissimi per la pianificazione ambientale 59 , tuttavia le esperienze condotte fin'ora<br />

non hanno certamente fornito una risposta esaustiva, anche perche' il problema e'<br />

estremamente complesso e fortemente ancorato alla specificita' territoriale dei<br />

singoli luoghi, pur essendo possibile un inquadramento metodologico per<br />

59 Cfr. Rolli G.L., Localizzazione e compatibilita' ambientale delle attivita' turisti- che. Rassegna di Studi<br />

turistici, ANIEST, Ed. Agnesotti, Roma 1988. Dello stesso autore: L'applicazione della teoria dei sistemi<br />

all'assetto del territorio a fini turistici. Seminario internazionale "La scienza dei sistemi per lo sviluppo del<br />

turismo", Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1984. Altre informazioni in tal senso possono trovarsi in:<br />

Di Fidio M., Architettura del paesaggio. Pirola Ed., Milano 1985<br />

45


tipologie morfologiche e geografiche omogenee (ambiti fluviali, lacustri, costieri,<br />

montani).<br />

Del resto gli elementi che concorrono a determinare l'assetto finale del sistema<br />

turistico di un <strong>parco</strong> sono molteplici; basti citare le categorie delle attivita' ricreative, le<br />

loro differenti implicazioni in termini di impatto ambientale, gli svariati coefficienti di<br />

densità fruitiva, gli spazi ricreativi ed infine i problemi di compatibilità reciproca tra<br />

spazi ricreativi e tra questi e gli spazi vincolati.<br />

A questi aspetti si aggiungono quelli connessi con il ruolo della struttura insediativa<br />

come elemento di supporto per ricettivita' e servizi turistici, con il recupero dei<br />

contenitori edilizi sparsi e situati nei nuclei storici, con la realizzazione delle eventuali<br />

nuove strutture edilizie, con gli adeguamenti della rete della mobilita' intermodale, il<br />

coinvolgimento della struttura produttiva agricola <strong>nel</strong>la promozione e <strong>nel</strong>la gestione<br />

della attivita' agrituristica oltre che con le valutazioni delle forme di intercompatibilita'.<br />

Sul piano metodologico affrontare tutte le diverse problematiche citate vuol<br />

dire identificare preliminarmente quale tipo, o tipi di turismo, si intendono incentivare ed<br />

accogliere preferenzialmente nei parchi.<br />

L’utenza turistica dei parchi è ovviamente molto variegata, ma l’orientamento<br />

culturale che va imponendosi è quello che vede le aree protette mete preferenziali di un<br />

turismo “evoluto”, ovvero di un turismo che fa dell’acquisizione culturale un obiettivo<br />

importante, rispetto alla semplice e pura ricreazione di svago e di riposo.<br />

Le strutture turistiche del <strong>parco</strong> vanno pertanto calibrate, più attentamente che<br />

in altri casi, su una utenza o già introdotta culturalmente nei temi della conservazione -<br />

che visita quindi l’area protetta per ampliare ulteriormente le proprie esperienze già<br />

consolidate in territori diversi- oppure comunque sensibile ai fatti ambientali , che vuole<br />

pertanto accrescere le proprie cognizioni attraverso la visione di una realtà territoriale<br />

<strong>nel</strong>la quale gli aspetti naturali godono di una posizione di privilegio.<br />

Da questo punto di vista è noto come i parchi si prestino particolarmente ad<br />

attrarre le classiche forme del turismo sociale, quale quelle scolastiche e associative per<br />

giovani e anziani, nonchè le forme del turismo congressuale.<br />

Questo tipo di impronta turistica che si richiede ai parchi comporta di<br />

conseguenza una forte connotazione educativa e didattica dei mezzi e degli strumenti<br />

utilizzati per l’informazione e l’intrattenimento turistico.<br />

Le attrezzature culturali, museali, congressuali, informative costituiscono<br />

pertanto degli elementi irrinunciabili <strong>nel</strong>l’apparato organizzativo e gestionale del <strong>parco</strong>,<br />

così come le attività “guidate”, quali visite storiche e gite escursionistiche.<br />

E’ chiaro come la presenza del <strong>parco</strong> viene comunque ad interferire con una<br />

dinamica turistica del territorio che può essere già stata impostata in periodi precedenti,<br />

fondata sulla presenza di risorse non strettamente collegate in alcun modo alle presenze<br />

naturalistiche.<br />

Il tipico caso in proposito è rappresentato dai bacini turistici invernali e dai loro<br />

impianti tecnologici, che supportano generalmente flussi turistici anche massicci, del<br />

tutto autonomi ed economicamente rilevanti.<br />

Ovviamente la coesistenza di queste strutture, di per sè ad elevato impatto<br />

ambientale, con il <strong>parco</strong> è generalmente conflittuale. Anche perchè le strutture<br />

tecnologiche per lo sci, per restare competitive sul piano dell’efficienza, hanno<br />

necessità continue di adeguamenti e ampliamenti, provocando elevate pressioni<br />

trasformative.<br />

46


D’altro canto queste attrezzature sorreggono un movimento turistico,<br />

concentrato <strong>nel</strong>la stagione invernale, che viene a configurarsi come stagionalmente<br />

complementare a quello attratto dal <strong>parco</strong>, che si sviluppa al contrario prevalentemente<br />

nei periodi estivi. Inoltre la presenza delle attività turistiche invernali comporta<br />

l’induzione di un tessuto economico collegato, al quale non risulta opportuno nè<br />

vantaggioso rinunciare.<br />

La ricerca di un compromesso in termini di compatibilità ambientale tra le<br />

pressioni espansive di queste attrezzature sportive e le esigenze di <strong>tutela</strong> imposte dal<br />

<strong>parco</strong>, aprono un vasto tema di confronto da affrontarsi caso per caso, non essendo<br />

possibili valutazioni troppo generalizzate.<br />

Esistono comunque i modi per poter proseguire ad alimentare i flussi turistici<br />

invernali, collegati ad impianti a struttura intensiva, ponendo anche in questo caso degli<br />

studiati limiti massimali alla consistenza dell’utenza e prevedendo interventi di<br />

risanamento e di restauro ambientale particolari per i siti ritenuti idonei all’uso turistico.<br />

Abbiamo citato a titolo di esempio le attività collegate allo sci in quanto si<br />

presentano come quelle responsabili dei maggiori impatti sui luoghi nei quali si<br />

svolgono, per la concentrazione elevata di attrezzature e di utenti.<br />

Le altre attività invernali a carattere più estensivo, quali lo sci di fondo o lo scialpinismo,<br />

hanno livelli di compatibilità con la <strong>tutela</strong> ambientale ben diversi, e pongono<br />

pertanto problemi decisamente limitati.<br />

Una metodologia che si proponga di trattare il fenomeno turistico nei parchi<br />

dovrà pertanto prevedere dei criteri per la selezione e l’articolazione delle attrezzature<br />

ricettive, calibrati sulle diverse tipologie del turismo, nonchè sui modi in cui queste<br />

tipologie si esplicano, con particolare riferimento alle due alternative della stanzialità e<br />

della pendolarità turistica.<br />

I parchi, specificatamente quelli montani, danno luogo normalmente a forme<br />

abbastanza tipiche di soggiorno: si tratta di permanenze multigiornaliere medio-brevi, di<br />

un marcato turismo di transito e di una cospicua pendolarità fine-settimanale.<br />

Le strutture ricettive che più si prestano ad accogliere questo genere di turismo<br />

sono senza dubbio quelle paraalberghiere, quali i campings, ma soprattutto pensioni e<br />

affittacamere a carattere familiare o agrituristico.<br />

Queste tipologie ricettive sono anche quelle che maggiormente si prestano ad<br />

essere realizzate mediante il coinvolgimento dei residenti e il recupero dei contenitori<br />

edilizi dei centri storici.<br />

Tutti gli aspetti richiamati sottolineano l’esigenza di affrontare la pianificazione<br />

del turismo nei parchi mediante il supporto di una adeguata metodologia.<br />

Nel successivo capitolo 5 si fornisce un contributo al riguardo.<br />

47


4.1. Le attività produttive nei parchi<br />

CAP. 4<br />

PARCHI E SISTEMA PRODUTTIVO<br />

Nel momento in cui, su un determinato territorio, interviene un provvedimento di<br />

istituzione di <strong>parco</strong> o di riserva, si vengono ad instaurare condizioni di confronto ed<br />

esigenze di convivenza tra i provvedimenti differenziati di vincolo e le attività di natura<br />

produttiva in atto <strong>nel</strong> luogo.<br />

In aree contraddistinte da connotati correnti tali da giustificare un intervento strutturato<br />

di <strong>tutela</strong> ambientale sono generalmente attivi dei settori produttivi di limitato impatto<br />

ambientale e di lunga tradizione storica.<br />

Ma non è sempre così. Possono verificarsi casi in cui le forme produttive presenti<br />

ricadono in tipologie di impatto rilevante, quali quelle tipicamente industriali o estrattive.<br />

Da citare <strong>nel</strong> novero di queste attività produttive, anche alcune di quelle del comparto<br />

turistico che, oltretutto, in talune aree montane e costiere, e in certe forme, sono una<br />

componente trainante per l’economia locale.<br />

Il primo caso si presenta quasi sempre <strong>nel</strong>le aree montane, fortemente marginali sul<br />

piano economico e produttivo, interessate da cospicui fenomeni di abbandono<br />

insediativo, dove permangono unicamente delle forme di produzione di stampo rurale,<br />

quali quelle della piccola agricoltura, della zootecnia familiare e della selvicoltura per<br />

autoconsumo.<br />

Queste attività, un tempo molto diffuse nei territori montani, hanno ampiamente<br />

modificato il paesaggio, modellandone le forme secondo le esigenze produttive, ma<br />

risultano attualmente molto circoscritte. E’ pur vero però che, <strong>nel</strong>la loro limitatezza<br />

estensiva e quantitativa, ancora possono porre qualche problema di compatibilità con<br />

alcune modalità di <strong>tutela</strong> ambientale fortemente incisive, quali le riserve integrali.<br />

In considerazione di quello che si potrebbe definire un valore “testimoniale” di queste<br />

attività tradizionali, con tutto il patrimonio di cultura materiale che esse sottendono,<br />

esiste comunque l’opportunità e l’esigenza di mantenerle come aspetti integranti della<br />

storia del territorio.<br />

Prendendo atto della loro notevole riduzione, dovuta a motivi prima di carattere sociale<br />

e poi economico, queste attività rurali costituiscono senza dubbio un diritto primario<br />

delle genti che ancora risiedono <strong>nel</strong>le terre alte, e, in questo senso, le sopravvenute<br />

48


motivazioni di conservazione ambientale devono giocoforza trovare efficaci forme di<br />

compatibilizzazione con esse.<br />

Utilizzando il territorio del Gran Sasso come campione per valutare l’entità attuale delle<br />

attività economiche agrarie negli ambiti montani marginali, vediamo come si è evoluta la<br />

dinamica di uno dei settori produttivi portanti, ovvero quello dell’allevamento ovino,<br />

che ha storicamente sostenuto la pratica della transumanza.<br />

La Tab........., tratta dal 4° Censimento Generale dell’Agricoltura denuncia attualmente<br />

poco più di 80.000 capi ovini <strong>nel</strong>le aziende dei comuni del massiccio 60 .<br />

E’ interessante notare come, secondo i dati riferiti dall’Ortolani 61 per gli anni 1938-40<br />

per i comuni di Calascio, Castel del Monte, parte dell’Aquila, S.Stefano di Sessanio,<br />

Arsita, Castelli, parte di Crognaleto, Fano Adriano, Isola del Gran Sasso,<br />

60 ISTAT : Caratteristiche strutturali delle aziende. Fascicoli provinciali. 4° Censimento Generale<br />

dell’Agricoltura, 1990.Roma 1992.<br />

61 Ortolani M.: Il massiccio del Gran Sasso d’Italia. Società Italiana Arti Grafiche, Roma 1942.<br />

49


Pietracamela e Farindola, i capi ovini ammontassero a circa 100.000, comprensivi<br />

degli stanziali e dei transumanti, contro i poco meno di 30.000 attuali riscontrabili nei<br />

medesimi ambiti territoriali.<br />

Sempre lo stesso Autore cita il caso emblematico di Fano Adriano, massimo centro di<br />

pastori-proprietari di greggi, con quasi 30.000 capi ovini transumanti posseduti dagli<br />

abitanti del comune, oppure come i vasti pascoli montani posseduti da Castel del<br />

Monte sopportassero un carico di circa 20.000 capi ovini assorbendo quasi<br />

integralmente le masse locali di bestiame.<br />

Ma anche il settore agricolo di montagna ha subito notevoli contrazioni. La Superficie<br />

Agricola Utilizzata (S.A.U.) <strong>nel</strong>l’insieme dei comuni del versante aquilano del Gran<br />

Sasso è passata dai 41077,77 ha del 1970 ai 35691,87 ha del 1990, con una<br />

contrazione delle superfici coltivate pari a oltre 5000 ha (vedi Tab.......).<br />

Ma le attività produttive nei parchi possono presentarsi, come anticipato, sotto ben<br />

altre sembianze; esempio ne è il <strong>parco</strong> del Ticino, primo <strong>parco</strong> regionale italiano.<br />

50


Qui troviamo affacciate sul fiume industrie di varia natura, concerie e raffinerie; dentro i<br />

circa 90.000 ettari del <strong>parco</strong> sono presenti un aeroporto internazionale, due<br />

autostrade, la città di Pavia, le strutture insediative che ospitano mezzo milione di<br />

persone.<br />

L’attività agricola intensiva, i cui spazi di competenza interessano oltre il 50% della<br />

superficie protetta, pesantemente meccanizzata e chimizzata, produce, <strong>nel</strong>le principali<br />

tipologie di coltivazione (mais e soia, risaie, arboricoltura) redditi elevatissimi.<br />

Solo <strong>nel</strong> settore della forestazione le richieste di tagli ammontano ad oltre 2000<br />

all’anno 62 .<br />

Il Delta del Po, altro comprensorio italiano in attesa di divenire <strong>parco</strong> nazionale, è<br />

soggetto a pressioni produttive attinenti la pesca industriale e i prosciugamenti a fini<br />

agricoli, oltre alla presenza di centrali termoelettriche (Porto Tolle).<br />

Un tipico caso di presenza conflittuale tra attività economiche di matrice turistica e il<br />

<strong>parco</strong> è certamente costituito dal Parco Nazionale del Gargano.<br />

Su gran parte della costa si sgrana una moltitudine di insediamenti turistici balneari che<br />

ospitano buona parte dei quasi due milioni di presenze turistiche che interessano ogni<br />

anno la provincia di Foggia 63 e che vengono ad inteferire notevolmente con qualsiasi<br />

ipotesi di mantenimento delle naturalità costiere residue, ingenerando un complesso<br />

problema di compatibilità di non banale soluzione.<br />

Come si vede, il rapporto tra il <strong>parco</strong> e le attività produttive di vario tipo non può<br />

ricondursi ad uno schema sintetico e di validità generale, in quanto le tematiche correnti<br />

sono di enorme vastità e comportano l’esigenza di una valutazione caso per caso.<br />

In presenza di attività tradizionali in via di dismissione la politica gestionale del <strong>parco</strong><br />

potrà contemplare proposte di incentivazione e di mantenimento delle forme produttive<br />

integrate. In casi di presenza di attività produttive invadenti e di consistente impatto, il<br />

<strong>parco</strong> dovrà invece rappresentare l’elemento di contenimento rispetto a spinte<br />

trasformative in linea di principio non compatibili con la <strong>tutela</strong>.<br />

62 Bassilana F.: Pianificazione e gestione di parchi naturali: l’esperienza lombarda <strong>nel</strong> <strong>parco</strong> del Ticino. In:<br />

Viola F. (a cura): Pianificazione e gestione di parchi naturali. INVET - Angeli F. Ed., Milano 1988.<br />

63 ISTAT: Statistiche del turismo, 1992.<br />

51


4.2. Ruolo del <strong>parco</strong> <strong>nel</strong> settore produttivo<br />

Indubbiamente la presenza delle dinamiche produttive costituisce per la gestione delle<br />

aree protette un problema di programmazione, sia in termini di controllo delle realtà<br />

correnti, sia in termini di incentivazione di quelle potenziali, problema tanto più<br />

complesso in quelle aree, prevalentemente montane, ove alcuni settori produttivi, come<br />

quelli agricoli, sono in stato di grave crisi.<br />

Del resto risulta però condivisibile quanto sostiene De Vecchis, <strong>nel</strong>la “Montagna<br />

italiana” 64 , ovvero che “I problemi della montagna vanno ben al di là del settore<br />

primario; deve essere però chiaro che, senza una quota minima di popolazione<br />

addetta all’agricoltura, l’ambiente montano non può essere mantenuto e<br />

sviluppato <strong>nel</strong>le sue strutture economiche e socio-culturali”.<br />

Relativamente al rapporto <strong>tutela</strong>-produzione ciò che sembra invece poco sostenibile,<br />

pur rappresentando un frequente luogo comune, è il fatto che la presenza di un <strong>parco</strong><br />

costituisca, sul piano generale, un disincentivo e un ostacolo alla produzione, in<br />

particolare agricola.<br />

Se è vero che <strong>nel</strong> Parco nazionale d’Abruzzo si è verificata e continua a verificarsi una<br />

contrazione <strong>nel</strong> numero delle aziende operanti <strong>nel</strong> settore, è pur vero che la medesima<br />

dinamica, analoga negli ordini di grandezza sia complessivi che singolari, è registrabile<br />

anche in territori non protetti, ma geograficamente e morfologicamente simili (Tabb. n<br />

e n. ).<br />

Del resto, almeno gli spazi produttivi agricoli più significativi ben di rado, <strong>nel</strong>le aree<br />

montane in special modo, vengono a collocarsi <strong>nel</strong>le aree che si riconoscono, <strong>nel</strong><br />

<strong>parco</strong>, come oggetto di strettissima <strong>tutela</strong>.<br />

64 De Vecchis G.: La Montagna italiana. Kappa Ed., Roma 1992.<br />

52


L’iconografia tradizionale dei parchi ha sempre configurato le aree protette come sede<br />

ideale per attività in totale integrazione con gli aspetti naturali. Quasi nessun documento<br />

letterario o di progetto sui parchi manca di auspicare per essi un ruolo di sviluppo per<br />

attività artigianali, agricole tradizionali e biodinamiche, zootecniche, agrituristiche.<br />

Rimandando alcune considerazioni sull’agriturismo al cap. 3 - Parco e turismo - è<br />

opportuno trattare qualche aspetto rilevante degli effetti del <strong>parco</strong> sulle attività del<br />

settore primario.<br />

La stessa legge quadro sui parchi, 394/91, all’Art. 1, comma 4, sottolinea come <strong>nel</strong>le<br />

aree protette “possono essere promosse la <strong>valorizzazione</strong> e la sperimentazione di<br />

attività produttive compatibili”, e ancora, all’Art.12, punto c), come, <strong>nel</strong>le aree di<br />

protezione del <strong>parco</strong>, possano continuare “secondo gli usi tradizionali, ovvero<br />

secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali, nonchè<br />

di pesca e di raccolta dei prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la<br />

produzione artigianale di qualità”.<br />

53


La stessa legge, all’art.14 -Iniziative per la promozione economica e sociale - rimarca,<br />

al comma 3 l’esigenza di promuovere iniziative di carattere produttivo <strong>nel</strong>l’ambito del<br />

piano del <strong>parco</strong>: “il piano di cui al comma 2 può prevedere in particolare: (....)<br />

l’agevolazione o la promozione, anche in forma cooperativa, di attività<br />

tradizionali artigianali, agro-silvo-pastorali, culturali (.....)”.<br />

Analizzando alcuni documenti specifici emerge comunque come la componente<br />

economica che viene più spesso evidenziata, anche perchè è forse quella per la quale si<br />

hanno più dati diretti a disposizione, è quella legata all’ecoturismo e alle sue<br />

conseguenze sui tessuti imprenditoriali locali 65 .<br />

Molto meno ricca di documentazione appare la tematica della produzione in qualche<br />

modo incentivata dai parchi e relativa ai settori di cui ampiamente parla la legge<br />

394/91, ovvero quelli agricoli e silvo-pastorali, nonchè artigianali.<br />

In realtà risulta abbastanza complesso pensare ad un ruolo del <strong>parco</strong> come causale di<br />

una ripresa agricola per territori nei quali le motivazioni economiche che sostenevano<br />

tale attività nei tempi passati sono cessate quasi del tutto.<br />

Infatti, mentre <strong>nel</strong> caso dei servizi o, al limite, dell’artigianato, si viene a configurare un<br />

effetto collaterale dell’incremento dell’afflusso turistico, il settore agricolo appare<br />

scollegato da questo tipo di dinamica e risulterebbe incentivabile solo in seguito ad una<br />

valutazione, in via del tutto autonoma, di convenienze economiche <strong>nel</strong> riattivarlo.<br />

Indubbiamente queste convenienze, lette dal lato imprenditoriale locale, potrebbero<br />

emergere per alcune colture, localmente tipizzate e riconoscibili, per il mantenimento<br />

delle quali possono risultare opportuni investimenti anche consistenti e può <strong>nel</strong><br />

contempo risultare vantaggiosa l’apposizione di marchi di origine controllata a garanzia<br />

della provenienza, marchi peraltro rinforzabili dalla presenza del <strong>parco</strong>.<br />

Resta ovviamente sempre il fatto, con le opportune riserve, che all’interno del <strong>parco</strong>, e<br />

utilizzando il veicolo promozionale della sua presenza, possa risultare conveniente<br />

attivare coltivazioni ecocompatibili, sostenute peraltro economicamente anche dai<br />

regolamenti CEE 2078/92 2 2080/92, da far affermare sul mercato in seguito a<br />

processi promozionali allestiti e gestiti <strong>nel</strong>la loro globalità.<br />

65 World Wildlife Fund (WWF): Dossier Economia e parchi. Roma 1994.<br />

54


Ovviamente si sta sempre parlando di iniziative produttive che abbiano chances di<br />

avviamento e di conduzione almeno parzialmente svincolate da interventi economici<br />

pubblici esterni ed eccessivamente consistenti. Non si intende pertanto inserire in<br />

questo discorso le produzioni completamente “assistite” dal lato economico e messe in<br />

atto per altri qualsivoglia motivi di opportunità gestionale estranei però a quelli<br />

dell’incentivazione imprenditoriale locale.<br />

Quanto espresso si ritiene valido per tutte le forme produttive primarie - agricoltura,<br />

allevamento, silvicoltura - e, naturalmente, per tutte quelle conseguenti forme di<br />

trasformazione dei prodotti da queste derivanti.<br />

Una possibilità, da più parti paventata 66 , di introdurre una forma di pianificazione per<br />

le attività agricole parallela a quella della <strong>tutela</strong>, è il cosiddetto “<strong>parco</strong> agricolo”. Dotato<br />

di un suo strumento di piano, il <strong>parco</strong> agricolo controlla e guida le trasformazioni<br />

agrarie integrandosi, nei contenuti e <strong>nel</strong>le modalità di gestione, con il <strong>parco</strong> naturale e<br />

con le esigenze sociali locali.<br />

Diverso discorso può farsi, come anticipato, per la produzione artigianale o per le<br />

iniziative commerciali.<br />

E’ noto che l’artigianato si è generalmente configurato in passato, come attività “di<br />

utilità”, finalizzata ovvero alla realizzazione di attrezzi ed utensili di uso quotidiano, la cui<br />

motivazione economica è ovviamente venuta a mancare, in particolare <strong>nel</strong>le aree rurali<br />

marginali, con il sopravvenire della produzione industriale su ampia scala di questi<br />

prodotti.<br />

Questa dinamica che ha condotto all’esaurimento dei comparti produttivi artigianali<br />

tradizionali ha influenzato meno marcatamente quelle forme artigianali con forte<br />

connotazione artistica, che sono quindi sopravvissute al decadimento del settore.<br />

Indipendentemente pertanto da queste particolari situazioni, per le quali, se se ne<br />

ravvedesse la necessità, potrebbero pensarsi certamente attuabili interventi di sostegno<br />

e di ampliamento di mercato, le altre iniziative artigianali presentano una ridotta<br />

potenzialità di riattivazione a meno che, a loro volta, non acquisiscano le caratteristiche<br />

66 Si veda in proposito: Mari<strong>nel</strong>li A., Bernetti I.: Sviluppo sostenibile e pianificazione delle aree protette. In:<br />

Accademia dei Georgofili: Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette. Global change, Il verde<br />

per la difesa e il ripristino ambientale, Terza Gioranata di Studio - Teramo 25-26 novembre 1994, Firenze<br />

1994.<br />

55


“artistiche” o, quantomeno, di incisiva caratterizzazione stilistica locale, sì da sollecitare<br />

l’interesse massiccio degli acquirenti, in gran parte derivanti dalle utenze turistiche 67 .<br />

67 Su questo argomento alcune valutazioni possono trovarsi in: Fiocco S.: Parco nazionale del Gran Sasso e<br />

Monti della Laga, l’evoluzione di un sistema economico territoriale. CRESA, Congiuntura economica abruzzese,<br />

n.2, L’Aquila 1992.<br />

56


CAP. 5<br />

LINEAMENTI PER UNA PIANIFICAZIONE INTEGRATA DEI PARCHI<br />

5.1. Premessa<br />

La metodologia di lavoro, utilizzata per portare a termine lo studio sulle modalita' di<br />

pianificazione della <strong>tutela</strong> e della <strong>valorizzazione</strong> di un comprensorio montano di elevato<br />

valore naturalistico, paesaggistico e culturale e' stata gia' ampiamente trattata in un<br />

primo contributo di ricerca pubblicato <strong>nel</strong> 1988 68 .<br />

Tale metodologia, seppur elaborata in funzione della realizzazione del Parco del<br />

Gran Sasso, è a nostro avviso abbastanza generale da poter essere proposta come<br />

riferimento per la “pianificazione della <strong>tutela</strong> e della <strong>valorizzazione</strong> di un’area montana<br />

di alto valore ambientale” e, più in generale, di un <strong>parco</strong> in cui fosse rilevante il<br />

substrato culturale-antropico.<br />

Tuttavia, dalla conclusione della fase preliminare e puramente metodologica<br />

della ricerca sopracitata all'allestimento del materiale illustrato <strong>nel</strong>la seconda parte del<br />

presente studio, che ne costituisce invece l'esplicitazione applicativa, sono intercorsi<br />

diversi mutamenti, sia <strong>nel</strong>la sfera culturale e scientifica, sia <strong>nel</strong> quadro istituzionale.<br />

In primo luogo l'ambito di studio, all'epoca ipotizzato come inserito in un <strong>parco</strong><br />

naturale regionale, e' in seguito stato compreso <strong>nel</strong> programma istitutivo dei nuovi<br />

parchi italiani quale Parco Nazionale, ad opera della legge-quadro sulle aree protette, l.<br />

6.12.91, n.394 69 .<br />

La portata delle azioni di pianificazione, prefigurate sulla base dell'apparato<br />

metodologico studiato in un primo momento, e' pertanto variata in seguito alla nuova<br />

normativa che regola e disciplina, con modalita' parzialmente innovative, il settore della<br />

pianificazione ambientale.<br />

E' stato in particolare introdotto lo strumento del piano del <strong>parco</strong> 70 con specifiche<br />

finalita', contenente uno schema di zonazione per le aree protette differente da quello<br />

rilevato in precedenza dalla normativa regionale 71<br />

68 Cfr. Rolli G.L., Romano B., <strong>Progetto</strong> Gran Sasso, metodologia per la pianificazione della <strong>tutela</strong> e della<br />

<strong>valorizzazione</strong> di un'area montana di alto valore ambientale. Universita' degli Studi dell'Aquila, Facolta' di<br />

Ingegneria, Dipartimento di Architettura e Urbanistica, L'Aquila 1988.<br />

69 La legge 6.12.1991 ha istituito sette nuovi parchi nazionali sul territorio italiano (Art.34): Cilento e Vallo di<br />

Diano e Vesuvio in Campania, il Gargano in Puglia, la Val Grande in Piemonte, il Gran Sasso/Laga e la<br />

Maiella in Abruzzo ed il Golfo di Orosei/Gennargentu/Asinara in Sardegna.<br />

70 L'Art. 12 della legge 394/91 indica il Piano per il Parco come lo strumento attraverso il quale viene<br />

perseguita la <strong>tutela</strong> dei valori naturali ed ambientali e gli demanda la disciplina dei seguenti contenuti:<br />

a) organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme<br />

differenziate di suo, godimento e <strong>tutela</strong>;<br />

b) vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie<br />

aree o parti del piano;<br />

c) sistemi di accessibilita' veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e strutture<br />

riservati ai disabili, ai portatori di handicap e agli anziani;<br />

d) sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del <strong>parco</strong>, musei, centri di visita,<br />

uffici informativi, aree di campeggio, attivita' agroturistiche;<br />

e) indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente naturale in genere.<br />

57


Gli strumenti operativi si sono indirizzati verso la costruzione di metodi di<br />

rilevazione, di classificazione e di pianificazione del territorio ai fini conservativi o, più in<br />

generale, ai fini del controllo di trasformazioni ecocompatibili, secondo un criterio di<br />

minimo impatto sull’ambiente.<br />

Lo sviluppo di queste nuove tecniche si è svolto parallelamente all'imporsi di una<br />

diversa cultura, politica e legislativa, che ha parzialmente rivoluzionato la tradizionale<br />

concezione dello spazio territoriale quale sede residuale della dinamica insediativa.<br />

L'emanazione della legge "Galasso" (legge 8.8.1985, n.431) 72 ha costituito di<br />

fatto una svolta in questo senso, obbligando per la prima volta gli organi di governo del<br />

territorio a stilare una sorta di "repertorio" dei beni ambientali sui quali impostare una<br />

azione di <strong>tutela</strong>.<br />

71 La L.R. abruzzese 20.6.1980, n.61 "Norme per la difesa <strong>dell'ambiente</strong> e direttive per l'istituzione di Parchi,<br />

Riserve naturali e Parchi territoriali", distingueva le seguenti unita' di <strong>tutela</strong> territoriale all'interno del <strong>parco</strong><br />

(Art. 3):<br />

a) Riserva naturale integrale: per la conservazione di ambienti naturali di particolare importanza e<br />

integrita' ambientale con l'ammissione di interventi finalizzati esclusivamente alla ricerca scientifica;<br />

b) Riserva naturale guidata: per la conservazione di ambienti naturali nei quali e' pero' consentita una<br />

razionale attivita'<br />

di pascolo e selvicoltura.<br />

c)Riserva naturale speciale: per la conservazione di singoli elementi di rilevante interesse ambientale;<br />

d) Riserva naturale controllata: relativa ad ambienti naturali in parte antropizzati; inserita <strong>nel</strong> sistema<br />

delle aree di un <strong>parco</strong> puo' essere considerata come zona di "pre <strong>parco</strong>" istituita al fine di creare una gradualita'<br />

di vincoli dall'esterno all'interno dell'area protetta.<br />

La legge 394/91 "legge quadro sulle aree protette", all'Art. 12, punto 2, attribuisce al piano il compito<br />

di suddividere il territorio del <strong>parco</strong> in base al diverso grado di protezione, prevedendo:<br />

a) riserve integrali, <strong>nel</strong>le quali l'ambiente e' <strong>tutela</strong>to <strong>nel</strong>la sua integrità;<br />

b) riserve generali orientate, <strong>nel</strong>le quali e' vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le<br />

costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono tuttavia essere consentite le<br />

utilizzazioni produttive tradizionali. la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonchè interventi<br />

di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente Parco. Sono altresì ammesse opere di manutenzione delle<br />

strutture esistenti, ai sensi delle lettere a) e b) del primo comma dell'art. 31 della legge 5.8.1978, n.475.<br />

c) aree di protezione, <strong>nel</strong>le quali, in armonia con le finalita' istitutive ed in conformità dei criteri fissati<br />

dall'Ente Parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali, ovvero secondo metodi di agricoltura<br />

biologica, le attività agrosilvopastorale, nonchè di pesca e raccolta dei prodotti naturali, ed è incoraggiata la<br />

produzione artigianale di qualità. Sono ammessi gli interventi autorizzati ai sensi delle lettere a), b), c) del<br />

primo comma dell'art. 31 della citata legge 457/78, salvo l'osservanza delle norme di piano sulle destinazioni<br />

d'uso.<br />

d) aree di promozione economica e sociale, facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente<br />

modificate dai processi di antropizzazione, <strong>nel</strong>le quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive<br />

del <strong>parco</strong> e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento<br />

del <strong>parco</strong> da parte dei visitatori.<br />

72 Il Decreto 21.9.1984 del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali individuava le categorie di beni e luoghi<br />

per le quali si poneva il divieto di procedere a modificazioni dell'assetto del territorio fino al 31.12.85. Categorie<br />

articolate come segue:<br />

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche<br />

per i terreni elevati sul mare;<br />

b) i territorio contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di<br />

battigia, anche per i territori elevati sui laghi;<br />

c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua classificabili pubblici ai sensi del T.U. sulle acque dell'11.12.1933,<br />

n. 1775, e le relative ripe per una fascia di 150 metri ciascuna;<br />

d) le montagne per la parte eccedente i 1800 m s.l.m.;<br />

e) i ghiacciai e i circhi glaciali;<br />

f) i parchi e le riserve, nazionali o regionali , nonchè i territori di protezione esterna dei parchi;<br />

g) i boschi e le foreste;<br />

h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici.<br />

58


La legge 431 ha condotto all'elaborazione dei piani paesistici 73 che, in regioni come<br />

l'Abruzzo, hanno assunto una rilevanza territoriale certamente non trascurabile, con un<br />

“tasso di coinvolgimento della regione” pari a circa il 62 %.<br />

Il Piano Paesistico regionale ha posto pertanto un riferimento di notevole incisivita'<br />

anche sul comprensorio del Gran Sasso, sia in termini di metodo che in termini di<br />

contenuti che e' stato inevitabile considerare ed inserire con il giusto peso all'interno del<br />

processo di pianificazione.<br />

5.2. Il processo di pianificazione<br />

La metodologia proposta si richiama all’approccio “sistemico” della<br />

pianificazione 74 , pur <strong>nel</strong>la considerazione delle parziali riserve che, <strong>nel</strong> corso degli anni<br />

recenti, sono state espresse da più parti nei confronti dell’approccio globalizzante<br />

proprio della scienza dei sistemi.<br />

tale metodo tende a far discendere da un unico processo integrato di<br />

pianificazione la determinazione di un possibile assetto futuro del territorio allo studio,<br />

inteso come sistema ambiente naturale - insediamento umano, <strong>nel</strong> quale assetto<br />

siano opportunamente compatibilizzate le modalità di <strong>tutela</strong> delle risorse ambientali e di<br />

sviluppo dell’insediamento 75 .<br />

Secondo tale approccio la gestione della pianificazione avviene in termini<br />

dinamici, come sequenza ciclica di operazioni tendenti ad individuare, tra le varie<br />

alternative possibili, quel futuro stato del sistema territoriale considerato che determina<br />

condizioni ottimali di coerenza con gli obiettivi di volta in volta prefissati.<br />

L’assetto territoriale programmato si identifica pertanto con l’ipotesi di piano<br />

assunta, tappa finale del processo di pianificazione.<br />

Caratteristica fondamentale dell’approccio sistemico è la possibilità di controllo<br />

del processo di pianificazione, sulla base di informazioni assunte durante le fasi di<br />

formazione e di gestione del piano, mediante i principi della cibernetica.<br />

Il sistema territoriale considerato è costituito da due sub-sistemi:<br />

-l’ambiente naturale;<br />

-l’insediamento umano stabile e periodico (turistico)<br />

La sequenza di operazioni mediante la quale ciascuno dei sub-sistemi considerati viene<br />

condotto ad assumere lo stato finale individuante la sua configurazione ottimale (cioè<br />

l’ipotesi di piano) è caratterizzata dalle connessioni continue tra le fasi corrispondenti<br />

raggiunte dai singoli sub-sistemi.<br />

Questo procedimento consente di verificare grado per grado la compatibilità tra<br />

determinati assetti dei singoli sub-sistemi (rispettivamente l’ambiente naturale e<br />

73 Si veda la nota n. 25.<br />

74 Si veda: Rolli G.L., Un sistema insediamento umnao - ambiente naturale, Il <strong>parco</strong> del Gran Sasso. Su: Sessa<br />

A., La scienza dei sistemi per lo sviluppo de turismo. Op. cit.<br />

75 Per quanto riguarda la collocazione che alcuni degli autori più accreditati hanno attribuito al processo della<br />

pianificazione urbana e territoriale <strong>nel</strong> quadro della Teoria dei Sistemi, si veda: J.Brian Mc Loughlin: Urban<br />

and regional planning. A sistem approach. London 1969. - Traduzione italiana Ed. Marsilio, 1973.<br />

Per gli aspetti più specificatamente rivolti all’ambiente e al turismo si veda: Sessa A. (a cura), La scienza dei<br />

sistemi per lo sviluppo del turismo. Ed. Agnesotti, Roma 1985.<br />

59


l’insediamento umano) e di risolvere, quando non vi sia compatibilità, le contraddizioni<br />

che si presentano.<br />

Naturalmente le incompatibilità vengono risolte attribuendo una prevalenza agli obiettivi<br />

in funzione dei quali si determina lo stato finale di ciascuno dei sub-sistemi, cioè<br />

rispettivamente gli obiettivi della salvaguardia ambientale e del mantenimento e sviluppo<br />

dell’insediamento, secondo una determinata scala di priorità.<br />

Il procedimento di verifica della compatibilità è arricchito o, se vogliamo, complicato<br />

dal fatto che le esigenze della <strong>tutela</strong> dell’ambiente, del mantenimento e del<br />

miglioramento dell’habitat delle popolazioni locali e della <strong>valorizzazione</strong> turistica<br />

devono essere poste in relazione, <strong>nel</strong>la generalità dei casi, con quelle della difesa e del<br />

potenziamento del settore produttivo agricolo, il che implica l’assunzione, caso per<br />

caso, di ulteriori criteri di priorità <strong>nel</strong>la determinazione delle compatibilità.<br />

In particolare, il “consumo” di territorio prodotto dalla realizzazione di strutture per<br />

l’insediamento stabile, per le attività produttive, per la ricettività turistica, pone<br />

problemi di incompatibilità, innanzitutto con la conservazione delle risorse ambientali,<br />

ed anche con la loro utilizzazione agricola intesa <strong>nel</strong>la sua più ampia accezione, cioè<br />

inclusi il pascolo, la zootecnia, la foresticoltura.<br />

Risultato del processo saranno determinate ipotesi di piano, tra di loro compatibili,<br />

relative:<br />

- alla <strong>tutela</strong> dell’ambiente, mediante idonei procedimenti graduati in funzione della<br />

qualità e della concentrazione di valori ambientali (dalla formazione di zone di riserva<br />

integrale alla imposizione di vincoli e limitazioni relativi alle trasformazioni consentite);<br />

- alle modalità di mantenimento e sviluppo del settore produttivo primario e<br />

dell’insediamento umano stabile;<br />

- alle tipologie e modalità di svolgimento delle attività turistiche.<br />

Al fine di semplificare la sequenza delle operazioni del processo di pianificazione, si<br />

può ipotizzare in prima approssimazione che il sistema parziale considerato sia chiuso,<br />

non abbia cioè relazioni di scambio con il più ampio sistema territoriale esterno.<br />

Si tratta, com’è ovvio, di una schematizzazione astratta, avente il solo scopo di<br />

consentirci l’individuazione di una sequenza di operazioni più facilmente percorribili<br />

<strong>nel</strong>le nostre condizioni di lavoro.<br />

In realtà ogni sistema territoriale è aperto, e <strong>nel</strong> caso considerato è caratterizato da<br />

relazioni significative con almeno due altri fondamentali sistemi esterni:<br />

- il sistema economico turistico, esteso al più ampio bacino territoriale da cui<br />

proviene il flusso degli utenti del <strong>parco</strong> ed all’integrato ambito intersettoriale dal quale<br />

sono promosse le iniziative degli operatori economici, in particolare turistici; bacino e<br />

ambito che di norma risultano ambedue parzialmente o totalmente esterni rispetto al<br />

territorio interessato dal piano;<br />

- il sistema istituzionale, che fornisce i meccanismi atti a permettere l’identificazione di<br />

obiettivi e l’assunzione di decisioni da parte delle autorità responsabili, la<br />

partecipazione al processo di pianificazione da parte delle popolazioni locali, gli<br />

strumenti legislativi e finanziari per l’attuazione dei piani.<br />

Infatti il committente, o il promotore di un piano di questo tipo è l’operatore pubblico,<br />

e specificatamente l’Ente <strong>parco</strong>, con il concorso dei comuni e degli enti di settore per<br />

quanto riguarda, rispettivamente, gli aspetti insediativi, infrastrutturali, produttivi.<br />

60


A tali figure competono quindi le iniziative e le decisioni per la formazione e l’attuazione<br />

del piano stesso.<br />

L’ipotesi del sistema parziale chiuso, pur costituendo un evidente limite concettuale, ci<br />

consente però di far procedere il processo di pianificazione secondo criteri di<br />

ottimizzazione quasi automatici, legati prevalentemente al bilancio delle risorse interne e<br />

alla compatibilizzazione delle loro diverse alternative d’uso, fino alla individuazione<br />

degli assetti finali del sistema, cioè alle ipotesi di piano.<br />

Questa posizione, che a prima vista sembra affermare una sorta di autonomia e<br />

neutralità del momento della conoscenza nei confronti della ricchezza degli apporti e<br />

dei protagonisti che caratterizzano un reale aggiornato processo di pianificazione, è,<br />

ancora prima che inevitabile, dato il contesto in cui si svolge il nostro lavoro, solo<br />

apparentemente arbitraria.<br />

E’ inevitabile, poichè si voleva che il lavoro svolto <strong>nel</strong>l’ambito di una struttura<br />

universitaria, senza gli apporti, i vincoli, le coperture fornite da una reale committenza,<br />

assumesse la forma e la dignità di una proposta di piano, ancorchè aperta e perfettibile,<br />

anzichè le sembianze di un pacchetto di ricerche approfondite quanto si vuole.<br />

E’ solo apparentemente arbitraria, poichè gli apporti esterni che condizionano l’avvio<br />

del processo di pianificazione, di fatto sono stati simulati attraverso l’assunzione di<br />

obiettivi e di criteri forniti - in generale - dal quadro legislativo istituzionale e - <strong>nel</strong>lo<br />

specifico - dall’esame del ricco materiale informativo relativo alla proposta, alle<br />

aspettative, alle aspirazioni già espresse dalle forze sociali, dagli amministratori del<br />

territorio, dagli esponenti della cultura.<br />

Questi elementi, filtrati e riorganizzati attraverso l’assunzione dei criteri di priorità e di<br />

compatibilità che hanno guidato la formazione delle ipotesi preliminari di pianificazione,<br />

simulano, <strong>nel</strong>le nostre condizioni di lavoro, la formulazione di un documento<br />

programmatico secondo le procedure istituzionali.<br />

Va anche tenuto presente che il complesso degli apporti forniti dai diversi attori del<br />

processo di pianificazione si arricchisce <strong>nel</strong>la fase successiva alla formazione di una<br />

ipotesi preliminare di piano, che costituisce l’esito del nostro lavoro.<br />

Infatti, solo con l’intervento dell’operatore pubblico e del corpo sociale è possibile<br />

introdurre <strong>nel</strong> processo di pianificazione quei meccanismi di valutazione preventiva<br />

delle conseguenze degli interventi previsti dal piano, di confronto delle possibili<br />

alternative, di partecipazione, di concertazione, di assunzione delle decisioni che, oltre<br />

ad essere essenziali per una corretta formazione del piano, rendono cocretamente<br />

possibile l’avvio della fase di attuazione.<br />

Infine, l’avvio dell’attuazione del piano stesso, e di conseguenza le azioni delle<br />

popolazioni locali, le iniziative degli operatori esterni specializzati, in particolare quelli<br />

turistici, il comportamento degli utenti del <strong>parco</strong>, metteranno in gioco quei meccanismi<br />

di retroazione sul processo continuo del piano che sono, come è noto, una delle<br />

prerogative fondamentali della pianificazione sistemica.<br />

Il diagramma di flusso della FIG....illustra il processo metodologico di formazione del<br />

piano.<br />

Input del processo sono il quadro informativo relativo alle aspettative del contesto<br />

sociale ed alle indicazioni e proposte già espresse, le direttive istituzionali per le aree<br />

protette, gli studi e le ricerche in essere, le indicazioni dei piani urbanistico-territoriali e<br />

dei piani di settore.<br />

61


Queste informazioni consentono la formulazione degli obiettivi del piano ed il<br />

conseguente avvio del processo metodologico, che inizia con lo svlgimento del<br />

programma di ricerche specifiche.<br />

Queste hanno per oggetto gli elementi che definiscono i due sub-sistemi territoriali già<br />

individuati; più in dettaglio:<br />

per il sub-sistema ambiente naturale<br />

- i valori naturalistici floro-faunistici;<br />

- i caratteri fisico-morfologici (altimetrici, clivometrici, geologici, idrologici, climatici,<br />

pedologici, ecc);<br />

per il sub-sistema ambiente umano:<br />

-<br />

- i valori culturali paesaggistici, archeologici, storico-artistici;<br />

- l’uso del suolo agrario;<br />

- l’attrezzatura turistica;<br />

- la struttura insediativa;<br />

- i vincoli e la pianificazione in atto.<br />

Attraverso la interpretazione di questo corredo cognitivo di base si giunge alla<br />

individuazione di alcune potenzialita' territoriali, soprattutto con riferimento agli aspetti<br />

della utilizzazione agraria dei suoli e delle suscettivita' ricreative e turistiche.<br />

Per quanto riguarda il settore agricolo si segue un criterio di classificazione, e di<br />

successiva sintesi in termini di progetto settoriale, secondo gli schemi della metodologia<br />

Land Classification, da cui deriva, come primo risultato di sintesi, lo schema di<br />

utilizzazione ottimale dei suoli (Land Use).<br />

Le potenzialita' di uso turistico del suolo vengono elaborate in parte mediante criteri<br />

deduttivi studiati per l’occasione, in parte attingendo a documenti pubblicati attinenti la<br />

materia specifica.<br />

Momento centrale del processo di formazione del piano, come si è detto, è quello della<br />

determinazione dei valori ambientali e della messa in atto dei meccanismi di <strong>tutela</strong>.<br />

Si tratta di una fase <strong>nel</strong>la quale vengono raccolti i contributi di gran parte delle indagini<br />

condotte preliminarmente, quali quelle sui valori ambientali, sugli usi antropici e sul<br />

quadro istituzionale dei vincoli territoriali.<br />

Gli strumenti per la <strong>tutela</strong> sono costituiti dalla “zonazione” del <strong>parco</strong>, e dalla specifica<br />

normativa relativa alla protezione dei singoli connotati ambientali.<br />

La costruzione dello schema zonale del <strong>parco</strong> e' una delle operazioni metodologiche<br />

principali contenute <strong>nel</strong> presente lavoro, in quanto ha rappresentato un momento<br />

sperimentale per l'applicazione di alcuni criteri atti a definire la classificazione dei<br />

territori a fini di <strong>tutela</strong>, secondo il dettato della legge-quadro 394/91.<br />

Nel corso del processo di pianificazione le tre forme principali di utilizzazione<br />

territoriale (<strong>tutela</strong>, uso agrario, uso turistico-insediativo) vengono confrontate<br />

reciprocamente <strong>nel</strong>l'ambito di una valutazione incrociata di compatibilita'.<br />

Valutazione tesa ad evidenziare i rapporti problematici che si manifestano in<br />

corrispondenza di luoghi particolari, idonei teoricamente per piu' usi, ma con palese<br />

impossibilita' di coesistenza tra gli usi medesimi per motivi di reciproco disturbo.<br />

62


Ovviamente, trattandosi di pianificazione di un'area con riconosciuto e<br />

incontestabile valore ambientale, le esigenze di conservazione assumono un ruolo<br />

prioritario, mentre le esigenze di uso antropico risultano subordinate a questo.<br />

Nella valutazione di compatibilita' e' chiaro che tale criterio viene esercitato con<br />

modalita' di forza variabile, dipendentemente dal grado di rilevanza ambientale che<br />

viene, di volta in volta, riconosciuto agli spazi considerati, o - per contro - dalle<br />

compromissioni create dagli insediamenti in atto.<br />

La definizione delle modalita' della <strong>tutela</strong>, dell'uso agrario e dell'uso turistico<br />

compatibili consente, a questo stadio di progressione, di esprimere una valutazione<br />

sulle esigenze in termini di strutture organizzative del <strong>parco</strong> e di strutture turistiche.<br />

Queste esigenze, rilevate a livello qualitativo, vengono dotate di un supporto<br />

quantitativo facendo entrare in campo la dotazione attualmente esistente di patrimonio<br />

edilizio inoccupato disponibile nei centri storici, fornendo pertanto allo studio una<br />

precisa collocazione sia ideologica, sia pratica in materia di recupero dei centri storici<br />

in abbandono.<br />

Infatti l'analisi della struttura urbanistica e residenziale fornisce le indicazioni<br />

indispensabili per valutare l'entita' teoricamente disponibile di contenitori edilizi idonei<br />

ad accogliere l'insieme delle nuove funzioni produttive, gestionali e turistiche che il<br />

<strong>parco</strong> e' chiamato ad assolvere per garantirsi un buon livello di funzionalita'.<br />

Il compendio dei risultati parziali fin qui esposti, corredato dalle valutazioni<br />

integrative e di carattere intersettoriale, va a sostenere la struttura delle "linee<br />

strategiche per il piano del <strong>parco</strong>", contenente tutti gli elementi compartecipanti al<br />

disegno dell'assetto territoriale.<br />

Da tale processo deriva il disegno generale di un nuovo sistema organizzativo<br />

dell'insediamento, da cui traspaiono i ruoli territoriali dei singoli centri e dei vari<br />

comprensori.<br />

In definitiva in questa fase vengono formulate indicazioni di massima, in parte in forma<br />

di alternativa.<br />

L’effettuazione delle scelte, e la traduzione delle indicazioni di massima in specifici<br />

interventi di piano è subordinata:<br />

- da un lato al confronto con i rappresentanti delle istituzioni, con le comunità locali,<br />

con le forze sociali, attraverso i meccanismi della partecipazione e della concertazione;<br />

- d’altro lato ad un ulteriore ampliamento della sfera conoscitiva, attraverso<br />

approfondimenti e valutazioni di ordine dimensionale ed economico-sociale.<br />

Le valutazioni dovranno riguardare la consistenza delle strutture, la potenziale utenza,<br />

l'occupazione stabile e temporanea indotta dagli interventi, le capacita' produttive<br />

promuovibili nei diversi settori, delle economie di scala realizzabili, ultimi, ma non meno<br />

importanti, gli investimenti pubblici e privati da mettere in gioco.<br />

Agganciato strettamente a questo passaggio dovrà essere lo studio degli impatti<br />

socioeconomici del <strong>parco</strong>, delle reazioni della attuale compagine sociale alle diverse<br />

condizioni imposte dal nuovo assetto del territorio, degli effettivi scenari sociali<br />

configurabili a breve, medio e lungo termine in seguito alla attuazione delle diverse fasi<br />

istitutive del <strong>parco</strong>.<br />

Unicamente l'approfondimento di questi argomenti, in parallelo ed immediatamente<br />

a valle rispetto a quelli della programmazione degli assetti urbanistici e territoriali, potra'<br />

dotare l'apparato metodologico della completezza necessaria alla costruzione del<br />

piano.<br />

63


L’attuazione del piano avverrà attraverso la predisposizione di idonei strumenti<br />

esecutivi (progetti speciali, piani esecutivi itercomunali e comunali) in sincronia con la<br />

pianificazione locale, e attraverso il raccordo con il programma pluriennale economicosociale<br />

del <strong>parco</strong> di cui all’Art.14 della l.394/91.<br />

Affinchè il processo sistemico di pianificazione esplichi tutte le sue valenze, la gestione<br />

del piano dovrà essere opportunamente “monitorata” dalle strutture tecniche del <strong>parco</strong>.<br />

In tal modo potranno essere apportati, <strong>nel</strong>la logica di una pianificazione continua, tutti<br />

gli opportuni e successivi aggiornamenti al piano in corso di attuazione.<br />

L’avvio della fase attuativa del piano, ed in particolare l’elaborazione dei progetti<br />

speciali e di piani esecutivi, può richiedere qualche ulteriore cautela dal punto di vista<br />

degli effetti fisici e socio-economici delle singole azioni previste. A tale proposito è<br />

opportuno qualche chiarimento circa il nostro atteggiamento metodologico nei confronti<br />

delle posizioni che oggi vanno assumendo gli specialisti e gli operatori interessati in<br />

materia di valutazione di impatto ambientale 76 .<br />

Risulta chiaro da quanto si è esposto <strong>nel</strong>le pagine precedenti che il procedimento di<br />

valutazione di compatibilità costituisce parte integrante del processo di pianificazione<br />

che si è adottato come strumento di determinazione delle modalità di <strong>tutela</strong> e di uso del<br />

territorio, e di selezione tra le eventuali diverse alternative possibili.<br />

La valutazione di compatibilità, appunto perchè integrata <strong>nel</strong> processo di pianificazione<br />

adottato, è “a monte” della enunciazione dei contenuti di piano: il sottoporre gli<br />

interventi previsti ad una valutazione di “impatto ambientale” del tipo di quella indicata<br />

dalla direttiva comunitaria europea, risulterebbe quindi superfluo.<br />

Ciò non di meno alcuni interventi specifici di modificazione del territorio, in particolare<br />

quelli connessi con la costruzione di strutture edilizie, di infrastrutture, di modificazione<br />

dell’assetto fisico dei luoghi come conseguenza dell’attuazione di previsioni del piano di<br />

carattere più generale, potrebbero sfuggire, alla scala locale, e <strong>nel</strong>la loro conformazione<br />

progettuale, alla logica delle valutazioni di compatibilità, che operano necessariamente<br />

con meccanismi di tipo aggregato.<br />

La valutazione di impatto ambientale può allora costituire un opportuno momento di<br />

verifica, alla scala locale e mediante valutazioni più specifiche di quelle insite <strong>nel</strong><br />

controllo di compatibilità, delle modificazioni fisiche, biologiche, paesaggistiche,<br />

socioeconomiche, che verrebbero indotte dagli interventi puntuali previsti dal piano.<br />

Le eventuali valutazioni negative, le indicazioni di aggiustamenti negli interventi o di<br />

possibili alternative, innescano allora un meccanismo di retroazione <strong>nel</strong> processo di<br />

piano (si veda il diagramma di FIG. ).<br />

76 Per ulteriori chiarimenti circa la posizione su questo argomento si veda: Rolli G.L., Romano B., <strong>Progetto</strong><br />

Gran Sasso, Cap. 8, pag. 85, 1988 Op. cit.<br />

64


5.3. Determinazione delle modalità di <strong>tutela</strong><br />

Lo studio della configurazione del sistema della <strong>tutela</strong> ambientale, inteso come<br />

struttura delle unità territoriali di riserva naturale, è stato affrontato in aderenza alle<br />

prescrizioni della L. 6.12.1991, n° 394 - Legge quadro sulle aree protette. La citata<br />

legge quadro , che ha anche istituito il Parco Nazionale del Gran Sasso - Monti della<br />

Laga, all'Art. 12 (Piano per il <strong>parco</strong>), punto 1a, prevede in maniera esplicita che, tra i<br />

contenuti sostanziali del piano stesso, debba esserci l'" organizzazione generale del<br />

territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso,<br />

godimento e <strong>tutela</strong> ".<br />

Lo stesso articolo 12 al punto 2, specifica inoltre la tipologia delle varie unità di<br />

<strong>tutela</strong> che si devono determinarsi all'interno dell' area del <strong>parco</strong> nazionale, individuando<br />

le seguenti tipologie:<br />

a) - riserve integrali <strong>nel</strong> quale l'ambiente è conservato <strong>nel</strong>la sua integrità;<br />

b) - riserve generali orientate <strong>nel</strong>le quali è vietato costruire nuove opere edilizie,<br />

ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio, ma<br />

possono essere tuttavia consentite le utilizzazione produttive tradizionali, la realizzazione<br />

delle infrastrutture strettamente necessarie, nonchè interventi di gestione delle risorse<br />

naturali a cura dell'Ente Parco (...);<br />

c) - aree di protezione, <strong>nel</strong>le quali in armonia con le finalità istitutive ed in conformità<br />

ai criteri generali fissati dall' Ente Parco possono continuare, secondo gli usi<br />

tradizionali, ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro- silvo-<br />

pastorali , nonchè di pesca e di raccolta di prodotti naturali, incoraggiando la<br />

produzione artigianale di qualità. Sono ammesse le opere di manutenzione e di restauro<br />

delle costruzioni esistenti (...);<br />

d) - aree di promozione economica e sociale, facenti parte del medesimo ecosistema<br />

, ma parzialmente alterate da fatti antropici, <strong>nel</strong>le quali sono consentite attività<br />

compatibili con le finalità istitutive del <strong>parco</strong> e finalizzate al miglioramento della vita<br />

socio-culturale delle collettività locali ed al miglior godimento del <strong>parco</strong> da parte dei<br />

visitatori. "<br />

La legge quadro 394/91, esigendo la ripartizione del territorio in quattro aree<br />

aventi graduale intensità vincolistica, chiede implicitamente di condurre, una<br />

operazione, che sia la più oggettiva possibile, di classificazione territoriale in base alle<br />

presenze che si intendono <strong>tutela</strong>re, alla loro qualità ed alla loro concentrazione.<br />

Quindi in definitiva la legge chiede di ripartire il territorio in zone, che sotto il<br />

profilo della trasformabilità, dei livelli di protezione dell'integrità naturale, dell'intensità di<br />

incentivazione dello sviluppo insediativo, abbiano al loro interno pari suscettività e<br />

possibilità.<br />

Siamo consapevoli dei limiti insiti in una zonazione schematicamente e rigidamente<br />

applicata, come unico strumento di <strong>tutela</strong> del territorio; del resto più voci si sono levate<br />

in questo senso <strong>nel</strong> recente dibattito culturale (si veda par. 1.3.).<br />

65


Al di là dell’ovvia considerazione che in ogni caso è opportuno assecondare e non<br />

criticare l’impostazione dettata dalla legge quadro 394/91, le cui valenze di carattere<br />

generale sono innegabili, i limiti paventati sono a nostro avviso superabili attraverso due<br />

ordini di comportamenti, cui ci siamo attenuti <strong>nel</strong> nostro lavoro.<br />

- da un lato la scientifizzazione del procedimento di delimitazione delle singole zone,<br />

come si illustra <strong>nel</strong> seguito;<br />

- dall’altro lato l’articolazione delle forme di <strong>tutela</strong> o di uso dei singoli beni ambientali<br />

all’intero di ciascuna zona e/o per ogni ambito territoriale, mediante una dettagliata<br />

normativa specifica.<br />

Tale normativa, mirata pertanto al binomio tipologia di bene-localizzazione territoriale,<br />

richiede la disponibilità di un adeguato bagaglio conoscitivo relativo all’inventario dei<br />

beni e alla loro geografia, quale deriva appunto dalla nostra metodologia di lavoro.<br />

Nel Cap. 7, relativo alle proposte per il piano, si fornisce uno schema di normativa<br />

specifica di <strong>tutela</strong> coerente con il criterio ora esposto che tende - è utile evidenziarlo -<br />

a recuperare <strong>nel</strong>la politica di <strong>tutela</strong> la ricchezza delle conoscenze multidisciplinari<br />

relative al territorio che lo strumento della zonazione inevitabilmente appiattisce.<br />

Il criterio utilizzato in questo lavoro per pervenire al risultato di una zonazione<br />

territoriale ai fini di <strong>tutela</strong>, come richiesto dalla Legge quadro 394/91 consiste - in<br />

estrema sintesi - <strong>nel</strong>l’individuazione delle zone come sommatoria di perimetri di tutta la<br />

serie di emergenze ambientali individuate per categorie <strong>nel</strong> corso delle singole analisi<br />

tematiche. In pratica il metodo è basato su di una serie di classificazioni successive,<br />

sempre supportate da analisi multidisciplinari, attribuendo ogni volta gli elementi di<br />

maggior pregio alle zone con più alto grado di <strong>tutela</strong> e reimpostando il meccanismo per<br />

la zona di <strong>tutela</strong> di grado immediatamente inferiore.<br />

Quindi di tutta la serie di elementi che si sono rilevati sotto il profilo<br />

vegetazionale, zoologico, storico-architettonico, geologico, paesaggistico etc. (vedi<br />

Tav. N°) si è analizzata la localizzazione e la concentrazione.I profili di inviluppo delle<br />

diverse emergenze hanno dato origine alle zone di vincolo richieste dall'Art. N° 2 della<br />

legge quadro, secondo i criteri successivamente indicati.<br />

In particolare la Riserva Naturale Integrale, è costituita dalle aree individuate<br />

come segue:<br />

a - Vincoli equivalenti alla Riserva Naturale Integrale già effettivamente presenti <strong>nel</strong>l'area<br />

interessata al Parco ed istituiti da vari enti;<br />

b - Aree forestali compatte<br />

c - Aree a quota superiore i 1800 m s.l.m., che comprende le aree culminanti dei rilievi montuosi ed<br />

è anche il limite superiore della vegetazione dell'Appennino;<br />

d - Biotopi di particolare rilevanza.<br />

Se l'inserimento in zona di riserva integrale dell'elemento "d" risulta<br />

particolarmente chiaro <strong>nel</strong>le sue motivazioni, qualche considerazione di merito va<br />

espressa per i punti a, b, c.<br />

I vincoli attualmente vigenti equivalenti alla tipologia della riserva integrale sono<br />

stati, almeno in una prima fase metodologica, attribuiti automaticamente a queste unità<br />

di <strong>tutela</strong> del <strong>parco</strong>. Questa operazione necessita però di essere circostanziata<br />

relativamente ad alcuni aspetti specifici.<br />

66


L'apposizione di un vincolo di riserva generalmente comporta la presa d'atto,<br />

da parte dell'Ente istituente, di un rilievo naturalistico eccezionale del sito. Tale rilievo<br />

viene normalmente evidenziato attraverso specifici studi e segnalazioni di esperti scientifici<br />

o di enti culturali.<br />

Pertanto la presenza di una riserva è generalmente prova proprio di una<br />

eccezionalità ambientale, documentata, del luogo interessato.<br />

Pur tuttavia possono presentarsi casi nei quali l' istituzione di una riserva, anche<br />

del massimo grado di vincolo, derivi da procedure parzialmente diverse, anche se<br />

condotte con le migliori intenzioni ed in perfetta buona fede amministrativa. Più precisamente<br />

potrebbero verificarsi casi in cui è solo una opportunità contingente a spingere<br />

l'amministrazione competente ad istituire una riserva, magari sopravvalutando<br />

l'eccezionalità delle risorse presenti, o non intravedendo altri modi per evitare<br />

minacciose pressioni di trasformazione antropica.<br />

In questi casi i confini delle riserve appaiono quanto mai strumentali, agganciati<br />

a perimetrazioni amministrative, a limiti proprietari, etc... Ovviamente la presenza di<br />

fenomeni come quelli descritti va studiata <strong>nel</strong> dettaglio e comporterà delle correzioni ad<br />

hoc dalle traiettorie metodologiche di validità generale.<br />

Le grandi aree forestali compatte, al di là di qualunque giudizio circa il<br />

particolare pregio delle essenze vegetali presenti, rappresentano comunque una valenza<br />

naturalistica indiscutibile. Questo per il ruolo ecologico, in particolare per ciò che<br />

riguarda gli aspetti climatici, idrogeologici e soprattutto faunistici, rappresentando il<br />

bosco l'habitat preferenziale di gran parte delle specie animali presenti o reintroducibili<br />

77 .<br />

Le aree poste a quota superiore a 1800 m s.l.m. costituiscono parimenti dei<br />

beni ambientali da salvaguardare rigorosamnete. La selettività delle condizioni<br />

climatiche comporta la presenza di elementi soprattutto vegetazionali di notevole valore<br />

biologico. Inoltre questi spazi collocati al di sopra dei limiti della vegetazione arborea<br />

costituiscono degli ambiti paesaggistici sempre di grande rilievo associandosi quasi<br />

sempre alla presenza di importanti fenomeni geomorfologici ed orografici.<br />

L' inviluppo dei perimetri di questi elementi è stato effettuato facendo tuttavia in<br />

modo di non originare unità di <strong>tutela</strong> scollegate tra loro, creando dei corridoi di<br />

continuità biologica tra le aree che risultavano meritevoli dello stesso livello di<br />

protezione.<br />

Con un criterio analogo sono state inserite <strong>nel</strong>la Riserva Generale Orientata<br />

tutta quella serie di spazi che, pur avendo connotati ambientali di un certo rilievo, sono<br />

stati però in misura maggiore interessati dall' azione antropica, oppure hanno connotati<br />

di pregio ambientale minori rispetto a quelli attribuiti alla riserva integrale. Gli elementi<br />

che sono stati inglobati <strong>nel</strong>la Riserva Generale Orientata sono i seguenti:<br />

- Aree con fenomenologia carsica;<br />

- Zone A1 e A2 del Piano Paesistico Regionale ( che sono quelle dotate di maggior pregio<br />

ambientale) ed aree già interessate da vincoli equivalenti alla riserva generale orientata già<br />

operanti;<br />

77 Silvestri A..: Stato attuale della fauna silvestre dell’Appennino. In: Biondi E. (a cura): Il bosco<br />

<strong>nel</strong>l’Appennino. Comunità Montana Alta Valle dell’Esino, Centro Studi “Valleremita”. Fabriano 1989.<br />

Nello stesso volume si veda: Casanova P.:Massei G.: Valutazione del carico massimo teorico di Cervo, Daino e<br />

Capriolo in alcuni boschi appenninici.<br />

67


- Altre presenze territoriali quali gli elementi significativi del paesaggio agrario, altre aree forestali<br />

residue, grandi superfici di pascolo etc.<br />

Risulta evidente dal procedimento eseguito l'intenzione di qualificare la riserva<br />

generale orientata, così come definita dalla L. 394/91, come un'unità di <strong>tutela</strong> dalla<br />

ambivalente funzione di conservazione di alcune presenze naturalistiche, ma soprattutto<br />

di incentivazione delle pratiche produttive tradizionali ed ecocompatibili. Appunto<br />

secondo quest' ultima considerazione si giustifica l'inserimento in questa zona delle<br />

testimonianze di uso agrario storico del territorio, nonchè delle grandi superfici di<br />

pascolo poste alla base del tessuto economico della realtà rurale dell'Appennino<br />

centrale e costituenti quindi grandi valori testimoniali.<br />

Nella Riserva Generale Orientata vengono a contatto le forme della<br />

conservazione con le forme della corretta utilizzazione del territorio che devono<br />

convivere per garantire il perdurare delle risorse senza il loro irreversibile consumo. Si<br />

tratta in ogni caso di una unità territoriale di <strong>tutela</strong> che tende a conservare, ma <strong>nel</strong><br />

contempo a consentire ed incoraggiare, l'attività dell'uomo quale specie facente parte<br />

integrante dell'ecosistema, <strong>nel</strong>le sue espressioni produttive non degradanti e devastanti<br />

nei confronti <strong>dell'ambiente</strong>.<br />

Nella perimetrazione delle porzioni di territorio che la legge quadro destina a<br />

Aree di Protezione si sono inserite tutte le aree che non posseggono requisiti tali da<br />

essere inglobate in una delle due precedenti zone e che quindi sono da considerare a<br />

protezione delle aree con più alto grado di <strong>tutela</strong>, ed in cui sono possibili trasformazioni<br />

in armonia con le finalità istitutive del Parco.<br />

Le aree di promozione economica e sociale sono state derivate dall'insieme<br />

degli spazi attualmente utilizzati per le forme turistiche intensive. In particolare sono stati<br />

compresi i bacini sciistici dei due versanti della montagna, con il loro corredo di<br />

attrezzature ricettive. Ovviamente queste aree, in condizioni di degrado ambientale<br />

generalmente più pronunciato che non nei siti limitrofi, sono state stralciate dai perimetri<br />

delle riserve precedentemente determinati.<br />

In termini programmatici le aree di promozione economica e sociale<br />

costituiscono di fatto i poli di concentrazione della domanda turistica concentrata e dei<br />

principali sevizi pubblici. Con questi presupposti sono stati individuati, come facenti<br />

parte del sistema della aree di promozione economica e sociale, tutti i centri abitati<br />

pedemontani, in virtù del fatto che lo sviluppo, e la promozione socio-culturale di<br />

questi, contribuisca a completare la gamma degli obiettivi ambientali e sociali del<br />

Parco, in armonia con le sue finalità istitutive .<br />

5.4. Gli spazi produttivi primari<br />

Nell’ambito del processo di pianificazione del <strong>parco</strong> viene affrontato anche il<br />

tema della utilizzazione agricola dei suoli, trattandosi di una tipologia produttiva<br />

sostanzialmente congeniale, <strong>nel</strong>le sue forme “montane”, con la <strong>tutela</strong> del territorio.<br />

Pur non essendo stato elaborato un vero e proprio piano di assetto e di<br />

sviluppo agrario, sono state individuate alcune categorie di potenziale utilizzazione,<br />

soprattutto relativamente a quegli spazi caratterizzati vocazionalmente per la<br />

68


produzione agricola o zootecnica, spesso in condizioni di sottoutilizzazione per<br />

disinteresse economico o degrado.<br />

Il procedimento adottato per determinare le potenzialità produttive agricole del<br />

suolo si è basato sul metodo della Land Classification 78 .<br />

Il metodo, definito da alcuni autori tra i migliori e diffusi metodi di valutazione 79<br />

è finalizzato alla individuazione del più vantaggioso assetto produttivo dei terreni in base<br />

alla determinazione delle loro caratteristiche qualitative in termini agricoli.<br />

Un elemento che viene utilizzato come termine di riferimento per le utilizzazioni<br />

potenziali è costituito dalla propensione all’irrigazione dei suoli analizzati.<br />

Sono tre i caratteri principali che distinguono gli studi sulla idoneità<br />

all'irrigazione rispetto a quelli di carattere generale o speciale.<br />

Viene posta, prima di tutto, maggior attenzione alle caratteristiche topografiche<br />

e morfologiche, a causa del loro significato ed importanza dal punto di vista idrologico,<br />

e per le conseguenti implicazioni economiche.<br />

Secondariamente, gli studi relativi al suolo sono diretti principalmente all'esame delle<br />

sue proprietà fisiche, in particolar modo ai suoi rapporti con l'acqua (assorbimento,<br />

drenaggio etc.).<br />

Infine la valutazione territoriale deve essere integrata da parametri<br />

economici,come risultato del confronto tra il reddito ottenuto con l'aumentata<br />

produzione agricola sotto irrigazione e la capacità di remunerazione del capitale<br />

investito.<br />

Altri concetti attengono alle “limitazioni”, definite come le caratteristiche del territorio<br />

che manifestano effetti sfavorevoli sulle capacità d'uso. Le limitazioni possono essere<br />

permanenti, cioè che non possono essere modificate o non possono esserlo con piccoli<br />

miglioramenti; tra queste limitazioni vanno ricordate la pendenza, la profondità del<br />

suolo etc. Limitazioni temporanee sono invece quelle che possono essere rimosse o<br />

migliorate attraverso un'attente gestione, come ad esempio il contenuto in elementi<br />

nutritivi o i problemi di drenaggio.<br />

Se si ha a disposizione una buona carta pedologica ed altri dati aggiuntivi relativi ai<br />

caratteri ambientali più importanti per l'irrigazione, si potrà effettuare una semplice<br />

valutazione delle potenzialità per ciascuna unità cartografica. Un elemento di obiettività<br />

può essere inserito attraverso l'approccio parametrico <strong>nel</strong> quale ogni proprietà<br />

importante del suolo viene " tradotta " in un indice numerico. Gli indici finali sono<br />

ottenuti incrociando tra loro quelli parziali dei vari caratteri.<br />

Le classi 1-2-3 sono quelle che, rispettivamente, presentano, la più alta, l'intermedia e<br />

la più bassa idoneità all'irrigazione e capacità di remunerazione del capitale, la classe 4<br />

è usata per indicare territori da destinare ad usi speciali o che presentano particolari<br />

78 U.S. Bureau of Reclamation, Bureau of Reclamation Manual. Vol. V, Irrigated Land Use, p.2, Land<br />

Classification, Denver, Colorado, 1953.<br />

79 Vacca S.:La valutazione dei caratteri del territorio <strong>nel</strong>la pianificazione. Metodi e applicazioni. F. Angeli Ed.,<br />

Milano 1992.<br />

69


difficoltà, la 5 si riferisce a territori che richiedono successive indagini e la 6 raggruppa<br />

quelli non idonei all'irrigazione 80 .<br />

Classe 1 : Arabili<br />

Territori che sono altamente idonei all'irrigazione essendo capaci di dare elevate produzioni con un<br />

ampia gamma di colture a costi ragionevoli. Essi si trovano in aree quasi pianeggianti, con suoli<br />

profondi, a buona struttura, con buona capacità utile per l'acqua. liberi da sali solubili. Hanno<br />

potenzialmente una elevata capacità di remunerazione dei capitali investiti.<br />

Classe 2 : Arabili<br />

Territori con moderata idoneità all'irrigazione, che, essendo meno produttivi di quelli della classe 1,<br />

sono adatti ad una minor serie di colture e richiedono pertanto maggiori costi per l'approntamento<br />

dell'irrigazione. Hanno capacità di remunerazione intermedia.<br />

Classe 3 : Arabili<br />

Territori marginalmente idonei all'irrigazione, avendo notevoli limitazioni nei suoli, <strong>nel</strong>la topografia<br />

e <strong>nel</strong> drenaggio. Con una appropriata gestione possono comunque dare una adeguata<br />

remunerazione.<br />

Classe 4 : Limitatamente arabili o per usi speciali<br />

Territori con eccessive deficienze eliminabili con alti costi, ma idonei all'irrigazione per colture<br />

specializzate ad alto reddito; oppure presentanti deficienze non corregibili, ma che possono essere<br />

utilizzati come pascoli o prato-pascolo.<br />

In determinate condizioni possono avere anche una elevata capacità di remunerazione.<br />

Classe 5 :<br />

Territori che richiedono ulteriori studi per la loro classazione.<br />

Classe 6 : Non arabili<br />

Territori che non hanno sufficiente capacità di remunerazione per le eccessive limitazioni.<br />

Il documento finale della procedura di land-classification, la “Carta delle capacità<br />

d'uso”, viene comunemente prodotto basandosi su di un preesistente rilevamento<br />

pedologico, e rilevando le informazioni supplementari necessarie. L'inserimento dei<br />

suoli di una data area <strong>nel</strong>le classi di capacità d'uso avviene attraverso tabelle di<br />

conversione, che devono essere costruite specificatamente per la regione in studio.Le<br />

varie classi di qualità relative agli aspetti citati e la loro combinazione per<br />

l'individuazione degli usi ottimali del suolo vengono articolati <strong>nel</strong> modo seguente:<br />

Clivometria<br />

La pendenza è uno dei fattori che più condiziona la qualità agraria di un terreno per tutti<br />

gli aspetti che riguardano sia le possibilità di irrigazione, sia l'idoneità di lavorazione<br />

con mezzi meccanici, ed inoltre viene anche messa in relazione con il rischio di<br />

fenomeni di erosione . L'articolazione completa delle classi clivometriche è riportata<br />

<strong>nel</strong>la Tab. N° 10.<br />

Tab. N° 5 - Articolazione delle classi clivometriche<br />

80 Vacca S., 1992 (Op. cit.)<br />

70


FASCE DI PENDENZA CLASSI CLIVOMETRICHE<br />

p < 5% 1<br />

5% < p < 10% 2<br />

10% < p < 20% 3<br />

20% < p < 50% 4<br />

p > 50% 6<br />

Si evidenzia la mancanza di una quinta classe , in questa e <strong>nel</strong>le seguenti classificazioni.<br />

Questo deriva delle caratteristiche della land- classification che, come già detto<br />

poc’anzi, considera la 5° classe come una classe di collocazione provvisoria dei terreni<br />

per i quali si sta studiando la classificazione definitiva, per quei terreni che non sono<br />

caratterizzati da elementi certi, sotto il profilo geologico e pedologico, per poterli<br />

introdurre, in maniera automatica, in una delle altre classi.<br />

Altimetria<br />

La collocazione altimetrica del terreno, che si correla direttamente con i fattori climatici,<br />

condiziona fortemente sia l'attecchimento che la redditività delle colture, ed inoltre è<br />

selettiva nei riguardi del tipo stesso di colture praticabili.L'articolazione delle varie classi<br />

altimetriche è visibile <strong>nel</strong>la Tab. N° 11.<br />

Tab. N° 6 - Articolazione delle classi altimetriche<br />

FASCE ALTIMETRICHE CLASSI<br />

ALTIMETRICHE<br />

h < 300 m s.l.m. 1<br />

< h < 600 m s.l.m. 2<br />

600 < h < 1.000 m s.l.m. 3<br />

1.000 < h < 1.800 m s.l.m. 4<br />

h > 1.800 m s.l.m. 6<br />

Geologia<br />

La costituzione del substrato pedogenetico, che tramite successivi processi di<br />

trasformazione fisico-chimica origina il terreno superficiale, è elemento fondamentale<br />

per la determinazione della qualità dei suoli. Con riferimento alle colonne stratigrafiche<br />

del Gran Sasso d'Italia la chiave di lettura della classificazione è riportata <strong>nel</strong>la Tab. N°<br />

12 seguente.<br />

71


Tab. N° 7 - Classificazione geologica dei suoli<br />

Quaternario<br />

Cenozoico<br />

PERIODO ERA<br />

Alluvioni attuali<br />

CLASSI<br />

PEDOGENETICHE<br />

Olocene<br />

Depositi lacustri<br />

Coperture eluviali dei dep. lacustri<br />

1<br />

Pleistocene Depositi inferiori dei bacini lacustri<br />

Sabbie argillose<br />

Conglomerati<br />

Calabriano Arenarie calcarifere<br />

Marne e argille<br />

Pliocene Sabbie e molasse argillose 2<br />

Miocene sup. "Formazione della Laga": arenarie, marne calcaree<br />

Conglomerati cementati<br />

Miocene inf. Calcareniti glaunitiche<br />

Calcari interc. marnoso-arenacee<br />

Marne calcarifere scagliose<br />

Calcari detritici e brecciole calcar.<br />

Calcari bianchi subcristallini<br />

Paleogene Laguna<br />

Calcari marnoso biancastri<br />

Calcari bianchi subsaccaroidi<br />

Cretaceo sup. Calcari e conglomerati detr.organ.<br />

Cretaceo medio Calcari, calciruditi<br />

Cretaceo inf. Calcare grigio straterellato<br />

Calcari avana chiaro<br />

Dogger Malm: calcari bioclastici<br />

3<br />

Mesozoico<br />

Calcari marnosi e nodulosi grigi<br />

Calcari marnosi e marne ammonit.<br />

Giurassico LIAS: Livello term. calcare lumachella<br />

Calcari dolomitici<br />

Calcare massiccio<br />

Trias Dolomia bianca stratificata<br />

Olocene Coni di deiezione attivi 6<br />

Quaternario Pleistocene Coni di deiezione inattivi<br />

Morene e archi morenici<br />

Rif. Colonne stratigrafiche dei fogli n. 139 (L'Aquila) e n. 140 (Teramo) della Carta Geologica d'Italia su base<br />

I.G.M., scala 1:100.000. Nel momento in cui è stato svolto il presente lavoro, <strong>nel</strong> 1983, non erano ancora<br />

disponibili i seguenti documenti: Ghisetti F., Vezzani L.: Carta geologica del gruppo M.Siella, M.Camicia, M.te<br />

Prena (Gran Sasso d’Italia, Abruzzo), scala 1:15.000. Regione Abruzzo, CNR, Firenze 1986.<br />

Ghisetti F., Vezzani L.: Carta geologica del Gran Sasso d’Italia scala 1:25.000. Regione Abruzzo, CNR, Firenze<br />

1990.<br />

La classificazione finale del suolo si ottiene attribuendo ad ogni porzione di esso il<br />

valore di classe che corrisponde al più elevato numericamente tra quelli relativi ad una<br />

delle tre caratteristiche (clivometria, altimetria e substrati pedogenetici)<br />

precedentemente determinate. Inoltre per le aree situate a quote superiori a 1800 m<br />

slm è stata effettuata una ulteriore specificazione, scindendo la 6° classe in due<br />

sottoclassi, come evidenziato <strong>nel</strong>la Tab. N° 13.<br />

Tab. N° 8 - Suddivisione 6° classe funzione della pendenza<br />

Pendenza<br />

Altimetria Classe<br />

72


p < 50%<br />

p > 50%<br />

h > 1.800 m s.l.m.<br />

Successivamente si procede alla lettura dell’uso attuale del suolo, rilevando<br />

esclusivamente quelle categorie di utilizzazione che non vengono condizionate, <strong>nel</strong>la<br />

loro destinazione “di progetto” dal procedimento di classificazione legato alle<br />

caratteristiche fisiche e geologiche dei suoli.<br />

In particolare si rilevano le utilizzazioni di pregio del suolo (boschi, seminativi irrigui e<br />

colture specializzate) che permangono comunque <strong>nel</strong>la loro destinazione. Oltre a<br />

queste categorie si evidenziano quelle invece di “rifiuto” <strong>nel</strong> senso agrario del termine<br />

(rocce affioranti, aree detritiche e in erosione) per le quali, indipendentemente da altri<br />

parametri fisici rilevati, non è possibile pensare ad interventi di uso agricolo.<br />

Queste categorie vengono trasferite, <strong>nel</strong>la loro configurazione attuale, direttamente <strong>nel</strong>la<br />

“carta dell’uso ottimale dei suoli”, mantenendo la loro destinazione secondo quanto<br />

descritto <strong>nel</strong>la Tab. 14.<br />

Tab. N° 9 - Tabella di corrispondenza uso attuale/uso ottimale<br />

UTILIZZAZIONE ATTUALE<br />

73<br />

6A<br />

6B<br />

UTILIZZAZIONE OTTIMALE<br />

Boschi Boschi<br />

Colture specializzate Colture specializzate<br />

Seminativi irrigui Seminativi irrigui<br />

Rocce affioranti "non intervento"<br />

Erosione e detriti "non intervento"<br />

Le destinazioni ottimali relative invece alle rimanenti zone vengono definite sulla<br />

base della classificazione (relativa alle potenzialità) precedentemente descritta. La<br />

corrispondenza viene evidenziata <strong>nel</strong>la Tab. N° 15.<br />

Tab. N° 10 - Classificazione dell'uso ottimale del suolo<br />

Classificazione Utilizzazione ottimale<br />

1 e 2 Seminativi<br />

3 Rimboschimenti<br />

4 Pascoli<br />

6 Rimboschimento o Non intervento<br />

6A Wildlife<br />

6B Pascoli di altitudine<br />

Questo tipo di analisi si inserisce come dato di partenza , unito ad altre<br />

considerazioni di carattere ambientale e di salvaguardia della natura, <strong>nel</strong>l' ambito di una<br />

corretta gestione dell'uso del suolo con particolari riguardi sia nei confronti<br />

<strong>dell'ambiente</strong> sia nei confronti degli spazi destinati alla attività produttive primarie,<br />

sempre se le indicazione che emergono non contrastano con le prescrizioni di zone a<br />

più alto grado di <strong>tutela</strong> ambientale.


5.5. Gli spazi e le attività ricreative<br />

5.5.1. Potenzialità e compatibilità degli spazi naturali e produttivi per le attività ricreative<br />

Per quanto riguarda l’uso del territorio per le attività del tempo libero - la motivazione<br />

fondamentale che è alla base del turismo escursionistico e sportivo - le suscettività<br />

vengono individuate sulla base delle attività ricreative che le diverse parti del territorio<br />

stesso possono ospitare in relazione alle risorse ambientali presenti, considerate sia<br />

isolatamente, sia <strong>nel</strong>la loro aggregazione in spazi aventi determinate caratteristiche<br />

tipologiche (ad esempio boschi, luoghi di interesse storico, località panoramiche,<br />

bacini sciistici, etc.).<br />

La individuazione degli spazi ricreativi viene effettuata tramite un processo che si<br />

ispira, <strong>nel</strong>le sue linee generali, alla metodologia applicata dalla Agricultural<br />

Rehabilitation and Development Act (ARDA) come parte del Canadian Land<br />

Inventory e in numerosi lavori pubblicati sull’argomento, in particolare in U.S.A. 81 .<br />

Il metodo si articola <strong>nel</strong>le seguenti operazioni:<br />

1. Elencazione delle attività esplicabili, separatamente per la stagione estiva e per<br />

quella invernale. Considerando un ambientemontano tipico, le principali attività<br />

praticabili sono riportate <strong>nel</strong>la tabella seguente.<br />

Tab. 11 - Le attività ricreative in ambiente montano<br />

Attività estive -autunnali Attività invernali-primaverili<br />

Osservazione del paesaggio Sci di fondo<br />

Osservazione dell’ambiente naturale Sci di fondo escursionistico<br />

Visita dei valori storico-artistici Sci di discesa<br />

Visita dei valori archeologici Sci alpinismo<br />

Pic-nic Alpinismo su ghiaccio<br />

Gite in barca<br />

Canoa fluviale<br />

Speleologia<br />

Alpinismo su roccia<br />

Pesca sportiva<br />

Escursionismo a piedi<br />

Escursionismo a cavallo<br />

Escursionismo in bicicletta<br />

Campeggio<br />

Agriturismo<br />

2. Definizione delle caratteristiche che devono possedere gli spazi naturali, o più in<br />

generale, le diverse conformazioni ambientali per permettere lo svolgimento di ogni<br />

singola attività ricreativa elencata al punto precedente.<br />

Ad esempio l’attività pic-nic potrà essere praticata su aree boschive, o parti di esse,<br />

con acclività limitata, dotate di ampie radure, vicine alle infrastrutture viarie, di facile<br />

81Department of Regional Expansion, Land Capability classification for outdoor reacreation. The Canada Land<br />

Inventory Report, n.6, 1969.<br />

Crites R.S., Handbook of Outdoor Recreation Enterprises in rural areas. Farmers Home Administration.<br />

Government Printing Office, Washington 1965.<br />

Douglass R.W., Forest recreation. Pergamon Press. New York (U.S.A.) 1982.<br />

74


accessibilità pedonale, prossime a punti d’acqua, possibilmente poste in vicinanza<br />

degli accessi ai vari bacini ricreativi escursionistici e sportivi.<br />

Nel caso di attività specializzate, come lo sci di discesa, si richiede la presenza di<br />

requisiti ambientali, in particolare topografici e climatici, estremamente precisi e<br />

selettivi.<br />

3. Individuazione spaziale della corrispondenza tra attività ricreative e spazi naturali.<br />

Si tratta della costruzione di uno zoning mediante il quale vengono individuate, su<br />

idonea base cartografica, le aree destinabili ad una o più delle attività elencate al<br />

punto 1, in quanto in possesso dei requisiti definiti al punto 2.<br />

4. Determinazione del grado di attrezzatura, variabile da un valore nullo fino a<br />

determinati livelli, che gli spazi precedentemente definiti devono possedere per<br />

permettere lo svolgimento di ogni singola attività.<br />

A questo fine possiamo distinguere le attività ricreative, sia estive che invernali,<br />

dipendentemente dalle necessità che tali attività hanno di dover essere svolte su spazi<br />

più o meno attrezzati. Potremo definire di spazi liberi quelle attività di tipo estensivo<br />

che non richiedono, per il loro svolgimento, una particolare attrezzatura degli spazi<br />

corrispondenti; definiremo invece di spazi limitati tutte quelle attività che<br />

necessitano, per essere svolte, di una particolare attrezzatura degli spazi interessati.<br />

Vengono considerate di spazi limitati le attività seguenti:<br />

Estive<br />

Pic-nic<br />

Gite in barca<br />

Agriturismo<br />

Campeggio organizzato<br />

Invernali<br />

Sci di fondo<br />

Sci di discesa<br />

Per tali attività vengono appositamente definite le modalità di attrezzatura degli spazi<br />

corrispondenti.<br />

Riferendoci all’esempio già segnalato dell’area per pic-nic, l’attrezzatura consisterà in<br />

panche, tavoli, contenitori per rifiuti, bracieri, eventuali ricoveri antipioggia e servizi<br />

igienici, giochi e attrezzature ginniche, punti d’acqua, eventuali altre strutture di ristoro.<br />

Più complessa, ovviamente, è l’attrezzatura richiesta per la pratica di attività sportive<br />

specializzate come lo sci di discesa.<br />

Le altre attività elencate al punto 1 possono essere considerate di spazi liberi.<br />

Per ciò che riguarda queste ultime attività, va detto che per l’escursionismo, lo sci<br />

alpinismo, l’alpinismo sia estivo che invernale, la speleologia, sono da considerare<br />

necessari solo dei punti di appoggiosituati in località opportune per permettere il<br />

ricovero in caso di necessità e il pernottamento (rifugi, bivacchi etc.); per il campeggio<br />

libero vanno invece considerati idonei degli spazi dotati di punto acqua e,<br />

eventualmente, di servizio di ritiro rifiuti (unicamente per quelle località a bassa quota<br />

raggiungibili con mezzi di servizio).<br />

I successivi passaggi di metodo consistono in:<br />

75


5. Analisi della compatibilità tra spazi ricreativi e spazi produttivi primari.<br />

6. Analisi della compatibilità tra spazi ricreativi e spazi <strong>tutela</strong>ti.<br />

le analisi di compatibilità di cui ai punti 5 e 6 individuano uno dei momenti più delicati<br />

dell’intero processo, coerentemente con gli obiettivi assunti di <strong>tutela</strong> delle risorse<br />

naturali e di priorità per l’uso agrario del suolo.<br />

Infatti, lo svolgimento di una attività ricreativa su una determinata area, di cui si è<br />

riscontrata l’idoneità funzionale allo svolgimento della attività stessa, si considererà in<br />

linea generale possibile solo se non risulti pregiudizievole per lo svolgimento delle<br />

attività agricole per le quali l’area si è rivelata idonea e, soprattutto, se non contrasti<br />

con la <strong>tutela</strong> dei valori ambientali presenti.<br />

Nell’analizzare la compatibilità tra le attività ricreative e produttive vanno fatte alcune<br />

considerazioni. Per quanto riguarda attività di tipo “osservazione e visita” va notato<br />

come queste siano relative a spazi ben precisi e generalmente in condizioni di<br />

compatibilità con tutte le attività produttive primarie.<br />

Peraltro, l’osservazione e la visita sono direttamente connesse con altre attività, come<br />

l’escursionismo, per cui ricadono <strong>nel</strong> campo di compatibilità inerente quest’ultima<br />

attività.<br />

Lo stesso discorso vale per la speleologia e, più in generale, per la visita delle cavità<br />

sotterranee.<br />

Per l’escursionismo, sia pedonale, che equestre, che ciclistico, si rileva che gli spazi ad<br />

esso corrispondenti (i percorsi), se pur limitrofi a quelli propriamente detti “produttivi”,<br />

non si sovrappongono di norma a questi; quindi le attività escursionistiche risultano<br />

sempre compatibili con quelle produttive in quanto si limitano a provocarne<br />

l’”attraversamento” degli spazi ad esse relativi.<br />

Una vera considerazione di compatibilità in termini di possibilità di<br />

sovrapposizione di attività diverse su uno stesso spazio resta da fare per quelle attività<br />

che interessano ambiti di tipo “areale”, attrezzati o meno, come il pic-nic, il campeggio<br />

libero o organizzato, e la gamma delle attività invernali.<br />

Per tutte tali attività la seguente matrice di compatibilità consente di<br />

determinare, in linea teorica generale, le priorità d’uso in caso di incompatibilità:<br />

......................tab. 12 ..da excel..............<br />

76


Nella tabella non compaiono alcune attività, come l’alpinismo, e tutte quelle<br />

d’acqua, che si svolgono du spazi estranei alle attività produttive primarie.<br />

Anche l’agriturismo va ricondotto <strong>nel</strong>l’ambito delle attività già considerate, in<br />

quanto presenta una fisionomia composita, peculiare, nei territori oggetto dello studio.<br />

Si configura sostanzialmente come modalità di ricettività, che viene fornita da casali,<br />

cascine, centri rurali <strong>nel</strong>l’ambito di aziende agricole o turistiche preesistenti.<br />

Criteri analoghi a quelli suesposti si utilizzano <strong>nel</strong>l’analisi delle compatibilità tra<br />

attività ricreative e modalità di <strong>tutela</strong> rislvibili, in linea teorica generale, mediante l’uso di<br />

una matrice del tipo seguente:<br />

..............tab. 13.....da excel....<br />

Nella tabella vengono individuate le possibili attività ricreative realizzabili su spazi da<br />

sottoporre alle diverse forme di <strong>tutela</strong>. Va però considerato - e in questo senso sono<br />

state poste le condizioni da verificare - che la possibilità di svolgere o meno certe<br />

attività <strong>nel</strong>le varie zone è funzione non solamente delle caratteristiche delle zone stesse,<br />

ma anche di particolari motivazioni che l’Ente gestore dell’area protetta potrebbe<br />

rilevare di volta in volta e da luogo a luogo.<br />

Anche in questo caso si analizzano le compatibilità solo per le attività di base,<br />

ritenendo valida l’indicazione anche per quelle connesse.<br />

5.5.2. La utilizzazione degli spazi ricreativi<br />

La individuazione, tramite le analisi di compatibilità descritte, degli spazi suscettibili di<br />

essere destinati alle attività ricreative, consente una prima, importante valutazione<br />

dell’offerta di ricreazione del territorio studiato, in termini di superficie di suolo<br />

utilizzabile per le singole attività e - quando lo si ritenga significativo - globalmente.<br />

Le potenzialità ricreative insite negli spazi considerati sono però teoriche: la<br />

loro effettiva <strong>valorizzazione</strong> richiede una ulteriore serie di operazioni di bilancio offertadomanda<br />

di ricreazione, di individuazione degli interventi di attrezzatura e di<br />

infrastrutturazione, di esame delle connessioni con le strutture insediative esistenti, che<br />

presuppongono la introduzione di una unità di misura diversa da quella areale, e<br />

precisamente la dimensione della potenziale utenza ricreativa.<br />

77


Questo passaggio è possibile solo se si è in grado di quantificare il carico di<br />

presenze contemporanee di utenti di ricreazione che i singoli spazi determinati sono in<br />

grado di sostenere in condizioni tali da non compromettere l’integrità dell’ambiente.<br />

E’ questa una operazione che richiederebbe una analisi specifica di ogni singola<br />

conformazione territoriale, destinabile alle diverse attività ricreative, la formulazione di<br />

ipotesi di densità dei potenziali utenti, la valutazione delle possibili conseguenze<br />

sull’ambiente in condizioni limite di carico antropico.<br />

Gli studi condotti per determinare la cosiddetta “curring capacity turistica” sono<br />

molteplici e inquadrabili sia <strong>nel</strong>l’ambito applicato, sia <strong>nel</strong> contesto di elaborazioni<br />

teoriche sviluppate in termini generali 82 .<br />

Va inoltre tenuto conto che vari lavori realizzati sull’argomento, soprattutto tra<br />

gli anni ‘60 e ‘70, introducono coefficienti utilizzativi degli spazi ricreativi commisurati<br />

essenzialmente alle condizioni di disagio degli utenti, che è cosa ben diversa dalle<br />

condizioni limite di impatto sull’ambiente.<br />

In questa sede ci si limita a richiamare alcuni indirizzi metodologici di approccio<br />

al problema del rapporto-limite utenti/territorio, denominandolo standard di<br />

saturazione.<br />

Possiamo definire standard di saturazione, relativo a una certa attività<br />

ricreativa, la capacità massima, in termini di carico antropico, sopportabile da una<br />

porzione unitaria di superficie idonea allo svolgimento della attività stessa senza che ne<br />

derivino danni per l’ambiente e compatibilmente con il verificarsi di soddisfacenti<br />

condizioni per lo svolgimento dell’attività in oggetto.<br />

Dalla definizione emerge che ad ogni attività ricreativa è associabile uno<br />

standard di saturazione per la cui individuazione vanno presi in considerazione gli<br />

aspetti seguenti:<br />

a) la vulnerabilità ambientale dello spazio su cui si svolge l’attività ricreativa;<br />

b) l’impatto ambientale intrinseco dell’attività ricreativa;<br />

c) l’estensione minima degli spazi necessari per il soddisfacente svolgimento dell’attività<br />

ricreativa.<br />

Per altri versi può essere opportuno tener conto di un ulteriore aspetto, relativo<br />

al numero minimo di utenti necessari per la pratica dell’attività ricreativa.<br />

E’ intuibile la oggettiva difficoltà che si incontra <strong>nel</strong> momento in cui le<br />

considerazioni esposte si vogliano tradurre in un numero esprimente lo standard di<br />

saturazione, anche perchè ogni attività sollecita un certo spazio secondo modalità<br />

differenti, per cui le componenti dello spazio medesimo che vengono assoggettate a<br />

disturbo variano di volta in volta, coinvolgendo oltretutto una vasta gamma di campi<br />

disciplinari per la ricerca dei disturbi stessi.<br />

82 Indicazioni sui massimi carichi antropici ammissibili sono state in passato fornite da studi sui comprensori<br />

turistici dell'Italia centrale: CASMEZ, Comprensorio turistico n.18 del litorale abruzzese e molisano e del<br />

massiccio della Maiella, Maielletta, Altopiani maggiori, Mainarde. Studio per un piano di sviluppo turistico.<br />

SOMEA S.P.A.<br />

CASMEZ, Comprensoro turistico n.20, del Terminillo e dell'Alta Valle del Tronto: piano di sviluppo turistico.<br />

1968.<br />

Ulteriori indicazioni possono trarsi da: Di Fidio M., Architettura del paesaggio. Pirola Ed., Milano 1985.<br />

Travaglini F., Un <strong>parco</strong> da manuale: l'Uccellina. Silva, n.3/78, il Cormorano Ed., Milano 1987.<br />

Bertuglia C.S., Gualco I., Tadei R., Modello per la pianificazione ecologica e ricreativa dei parchi naturali, il<br />

caso del <strong>parco</strong> del Ticino. Guida Ed., Napoli 1983.<br />

Wilson J.P., Seney J.P.: Erosional impact of hikers, horses, motorcycles and off-road bicycles on mountain trails<br />

in Montana. Mountain Research and Development, International Mountain Society, Vol.14, n.1, Davis USA,<br />

1994.<br />

78


E’ però possibile esplicitare gli indirizzi di metodo mediante i quali possono<br />

essere valutati i tre aspetti sopra richiamati:<br />

a) l’analisi approfondita di questo punto va necessariamente rimandata al momento<br />

progettuale, in quanto presenta caratteri di estrema variabilità in funzione della tipologia<br />

dei vari spazi. In linea generale, si può affermare che alla determinazione della<br />

vulnerabilità ambientale concorrono essenzialmente i seguenti elementi:<br />

- la degradabilità del supporto fisico, delle entità idriche e delle manifestazioni<br />

climatiche (torrenti, cascate, specchi d’acqua, ghiaccia, nevai, etc..);<br />

- le caratteristiche delle associazioni vegetali presenti che possono essere più o meno<br />

resistenti a sollecitazioni di calpestio o di inquinamento vario (casi tipici le scioline di<br />

uso sciistico o gli additivi utilizzati per prolungare la presenza della neve al suolo);<br />

- le caratteristiche del substrato geologico del terreno, più o meno soggetto ad azioni<br />

erosive conseguenti alle azioni distruttive della copertura superficiale causate da<br />

autoveicoli o dalla stessa percorrenza pedonale se ad elevati livelli di frequenza e<br />

densità;<br />

- le caratteristiche ecologiche generali;<br />

- i ritmi stagionali dell’ambiente naturale (es. la maggiore suscettibilità al disturbo delle<br />

specie animali nei periodi riproduttivi).<br />

I limiti della tolleranza ambientale relativi agli elementi elencati possono derivare<br />

solo da una analisi speficica e specialistica dei vari aspetti, che utilizzi valori e parametri<br />

di origine sperimentale.<br />

b) Ogni attività ricreativa arreca all’ambiente un certo disturbo “caratteristico” variabile<br />

in funzione delle proprie usuali modalità di svolgimento.<br />

E’ evidente che le attività più disturbanti saranno quelle che necessitano del maggior<br />

supporto strutturale e infrastrutturale, o che provocano rumori, o che presuppongono<br />

elevate concentrazioni di persone o mezzi in ambiti spazialmente limitati.<br />

Le attività “di passaggio” (transito di uno stesso utente in uno stesso luogo per<br />

un massimo di due volte <strong>nel</strong>la stessa giornata ricreativa-tipo) arrecheranno di certo un<br />

disturbo inferiore a quelle “di stazionamento” (transito ripetuto e sosta prolungata<br />

<strong>nel</strong>l’ambito della giornata ricreativa-tipo).<br />

Sulla base di queste e di molte altre considerazioni è possibile stilare una<br />

classifica delle attività ricreative in ordine decrescente di impatto ambientale intrinseco<br />

di ognuna di esse.<br />

Nel caso di un territorio montano a frequentazione “bi-stagionale” la<br />

classificazione può essere la seguente:<br />

1. Sci di discesa<br />

2. Campeggio organizzato<br />

3. Pic nic<br />

4. Campeggio libero<br />

5. Sci di fondo (con riferimento alle strutture di servizio)<br />

6. Escursionismo equestre<br />

7. Gite in barca<br />

8. Speleologia e alpinismo su roccia<br />

9. Escursionismo pedonale<br />

10.Canoa fluviale<br />

11.Sci-alpinismo<br />

12.Alpinismo su ghiaccio.<br />

79


Risulta evidente come le attività meno pregiudizievoli per l’ambiente siano quelle<br />

definite <strong>nel</strong> precedente punto 4 di spazi liberi, soprattutto quelle invernali per le quali<br />

l’impatto al suolo è mediato dall’elemento neve.<br />

c) Le attività di ricreazione, oltre che agli aspetti già considerati, sono anche legate ad<br />

una certa disponibilità minima di spazi necessari per rendere soddisfacente<br />

l’esplicazione delle attività stesse, come risulta evidente considerando attività<br />

specializzate come lo sci di discesa.<br />

Dalle considerazioni esposte risulta come la determinazione dello standard di<br />

saturazione inerente una certa attività ricreativa sia operazione complessa e dipendente<br />

da un gran numero di variabili.<br />

Volendo fornire degli ordini di grandezza, utilizzando le fonti letterarie e di<br />

studio citate, e senza la pretesa di voler attribuire a questo passaggio “deterministico”<br />

una attendibilità generalizzabile, è possibile fornire i seguenti parametri di utilizzazione<br />

ricreativa:<br />

Pic nic 400 mq/p/g<br />

Gite in barca 300 mq/p/g<br />

Campeggio organizzato 40 mq/p/g<br />

Escursionismo equestre 20 p/km/g<br />

Escursionismo pedonale 20 p/km/g<br />

Alpinismo su roccia 2 p/itinerario/g<br />

Speleologia 3 p/cavità/g<br />

Campeggio libero 50 mq/p/g<br />

Canoa fluviale 20 p/km/g<br />

Sci di fondo 5000 mq/p/g<br />

Sci di discesa 15 p/ha/g<br />

Sci di fondo escursionistico 20 p/km/g<br />

Sci alpinismo 5 p/ha/g<br />

Alpinismo su ghiaccio 2 p/itinerario/g<br />

(p = persone, g=giorno)<br />

5.6. L’attrezzatura turistica<br />

Le forme e le modalità di ricreazione e, più in generale, di utilizzazione turistica del<br />

territorio, analizzate <strong>nel</strong> paragrafo precedente, possono essere effettivamente praticate<br />

solo se trovano il loro supporto in una dotazione di attrezzature di tipo adeguato.<br />

La realizzazione di attrezzature e infrastrutture, costituenti modificazioni fisiche<br />

permanenti del territorio, determina a sua volta problemi di compatibilità con l’integrità<br />

dell’ambiente ancora più delicati di quelli provocati dalla semplice presenza e dallo<br />

svolgimento di attività ricreative da parte dei fruitori del <strong>parco</strong>.<br />

Al massimo grado di potenziale compromissione ambientale si colloca infine la<br />

eventuale realizzazione di strutture ricettive atte a consentire ai turisti il soggiorno<br />

prolungato, cioè di durata superiore a un giorno.<br />

Attrezzature di supporto degli escursionisti, attrezzature per la ricettività<br />

sopragiornaliera, infrastrutture dei diversi tipi, determinano complessivamente la<br />

configurazione di una struttura insediativa turistica le cui caratteristiche e dimensioni, in<br />

rapporto alle esigenze di conservazione dell’ambiente, vanno attentamente calibrate.<br />

80


Al fine di fornire alcune linee metodologiche di approccio al problema, conviene<br />

accennare prima al dimensionamento delle attrezzature di supporto dell’escursionismo<br />

giornaliero, e poi a quello - più complesso - della ricettività turistica di maggior durata.<br />

Il procedimento esposto <strong>nel</strong> paragrafo 5.5 consente di determinare le forme di<br />

ricreazione turistica, sostenibili <strong>nel</strong> rispetto delle esigenze di <strong>tutela</strong> ambientale,<br />

compatibili con la tipologia dei diversi spazi del territorio considerato (offerta turistica<br />

del territorio).<br />

In base alla metodologia adottata l’offerta turistica può venire espressa attraverso<br />

l’indicazione della localizzazione delle diverse tipologie di ricreazione - cioè mediante<br />

uno zoning - e, tramite gli standards di saturazione degli spazi ricreativi, anche<br />

indicando la quantità massima di utenti dei diversi spazi <strong>nel</strong>le diverse forme di<br />

ricreazione.<br />

Questo procedimento viene applicato separatamente agli spazi ricreativi estivi e a quelli<br />

invernali, tanto <strong>nel</strong> caso della coincidenza di tali spazi, quanto <strong>nel</strong> caso di localizzazioni<br />

differenziate.<br />

La determinazione della localizzazione delle aree destinate all’uso ricreativo e la<br />

quantificazione dell’utenza ricreativa sostenibile consentono pertanto di costruire,<br />

sepratamente per la ricreazione estiva e per quella invernale, il progetto delle<br />

infrastrutture (viabilità, parcheggi, sistemi di comunicazione, impianti di risalita, etc.) e<br />

delle attrezzature (assistenza, ristoro, ricettività provvisoria, etc.) in rapporto alle<br />

dimensioni dell’utenza stessa, tenuto conto beninteso delle infrastrutture ed attrezzature<br />

preesistenti.<br />

L’offerta turistica, determinata come si è detto in precedenza, è espressa in presenze<br />

turistiche contemporanee sostenibili dal territorio del <strong>parco</strong>, indipendentemente dalla<br />

durata complessiva della singola permanenza.<br />

Va però tenuto conto del fatto che una presenza turistica di durata superiore ad un<br />

giorno richiede la dotazione di strutture ricettive, e quindi sposta i criteri della<br />

quantificazione dell’offerta turistica da un dimensionamento espresso in presenze<br />

turistiche giornaliere ad uno espresso in permanenze sopragiornaliere, cioè in termini di<br />

ricettività turistica.<br />

Secondo la impostazione “classica” dei piani di sviluppo turistico, la ricettività turistica<br />

consiste in una quota parte dell’offerta turistica che viene determinata in base a diversi<br />

criteri.<br />

Il criterio più utilizzato fa discendere la quantificazione della ricettività dalle<br />

caratteristiche del bacino di provenienza della domanda turistica, in particolare dalla<br />

sua collocazione rispetto al <strong>parco</strong> e dalle relative connessioni.<br />

In base a questi elementi si può ipotizzare infatti che una frazione più o meno<br />

consistente dell’offerta turistica - la quale, in considerazione della qualità del<br />

comprensorio, si suppone tutta coperta dalla domanda potenziale - sia alimentata da<br />

pendolarismo giornaliero per motivi di ricreazione turistica, e attribuire quindi solo alla<br />

quota residua la ulteriore domanda di una dionea dotazione di strutture ricettive.<br />

Ovviamente la quota di domanda di ricettività da soddisfare dipende dalla qualità<br />

dell’offerta turistica che, anche in condizioni di buona accessibilità giornaliera del<br />

bacino di utenza, può attrarre una quota più o meno consistente di prresenze di durata<br />

sopragiornaliera, e quindi richiedere una corrispondente dotazione ricettiva.<br />

81


Un criterio più “raffinato” fa derivare la quantificazione della ricettività dalla valutazione<br />

della dimensione e tipologia di strutture stabili la cui presenza sia ritenuta compatibile<br />

con la integrità dell’ambiente naturale e del paesaggio entro i quali le strutture devono<br />

essere collocate.<br />

Tale criterio sposta, opportunamente, i termini del problema dalla determinazione di<br />

una ricettività commisurata alla domanda di permanenza sopragiornaliera, alla<br />

definizione di un un dimensionamento della ricettività che non superi la soglia ritenuta<br />

compatibile con la conservazione dei valori essenziali del territorio.<br />

Questa valutazione di compatibilità è però di difficile determinazione, tanto è vero che<br />

non risulta sia stata espressa dagli studiosi del settore se non <strong>nel</strong>la forma generica di<br />

una percentuale dell’offerta turistica, più o meno elevata in relazione inversa rispetto<br />

alla rilevanza e alla vulnerabilità delle risorse ambientali.<br />

Va anche considerato che le metodologie disponibili sono finalizzate, più che ad una<br />

ipotetica valutazione aprioristica della dotazione massima di ricettività compatibile con<br />

l’ambiente, alla valutazione dell’impatto ambientale di singole attrezzature ricettive già<br />

definite <strong>nel</strong>la loro fisionomia quali-quantitativa.<br />

Una volta quantificata la ricettività turistica sostenibile dal territorio considerato<br />

(espressa generalmente in posti-letto) la metodologia classicane prevede la<br />

articolazione <strong>nel</strong>le fondamentali tipologie consistenti in:<br />

-strutture a rotazione d’uso (alberghi, pensioni), anche di tipo specializzato(rifugi, ostelli<br />

per la gioventù, strutture ricettive per turismo sociale);<br />

- strutture residenziali temporanee (seconde case <strong>nel</strong>le diverse tipologie:ville,<br />

condomini, residence, etc.);<br />

- strutture provvisorie (campings, case mobili).<br />

Naturalmente, per ciascuna di queste categorie viene valutata la quota di domanda già<br />

soddisfatta dalle strutture esistenti, e la quota residua da soddisfare mediante la<br />

costruzione di nuove strutture.<br />

La definizione dei criteri di localizzazione e delle tipologie delle unità ricettive e<br />

residenziali individua uno dei momenti più delicati di coerenza del piano con gli obiettivi<br />

della <strong>tutela</strong> dell’ambiente naturale e dell’habitat preeesistente.<br />

Alcune considerazioni sulle modalità con cui si sono evolute negli anni recenti le forme<br />

di insediamento permanente e di quello temporaneo in molte aree italiane, ricche di<br />

risorse ambientali, e non solo nei parchi, offrono l’opportunità di affrontare il tema della<br />

residenza turistica in termini coerenti con gli obiettivi del nostro lavoro.<br />

Nel precedente par. 2.3 abbiamo messo in evidenza come da tempo le zone montane<br />

abruzzesi, alla pari di alcune altre aree italiane ed europee, siano caratterizzate da un<br />

lato dallo sviluppo di nuovi insediamenti alberghieri e di residenza turistica in quota, e<br />

dal sempre più accentuato passaggio dalla prima verso la seconda di queste due<br />

tipologie di ospitalità turistica (in particolare dallo sviluppo della produzione di seconde<br />

case in condomini e/o “residences”) e, dall’altro lato, dal progressivo abbandono da<br />

parte degli originari abitanti dei vecchi insediamenti residenziali. Molto spesso questi<br />

insediamenti sono prossimi alle località di sviluppo turistico, e presentano grande<br />

interesse sotto il profilo storico-artistico o, quanto meno, dell’ambiente architettonico.<br />

Questo nostro lavoro, proprio perchè pone tra i suoi obiettivi la elaborazione di una<br />

metodologia tendente ad integrare le iniziative di istituzione del <strong>parco</strong> naturale, di<br />

sviluppo del turismo e di recupero dell’habitat preesistente, ci è sembrata una<br />

82


occasione opportuna per porre il discorso dello sviluppo della ricettività turistica in<br />

termini nuovi 83 .<br />

Va osservato che il comprensorio del Gran Sasso presenta condizioni che appaiono<br />

particolarmente idonee a questo riguardo : siamo infatti in presenza di numerosi antichi<br />

centri abitati in quota, disposti a corona intorno al massiccio, molti dei quali prossimi<br />

agli accessi alle aree destinate alle attività ricreative estive ed invernali, e di un ingente<br />

patrimonio edilizio non più utilizzato dai vecchi abitanti, teoricamente disponibile per il<br />

recupero ai fini residenziali turistici.<br />

Una linea di metodo che sposti le modalità di soddisfacimento della domanda di<br />

ricettività turistica, dalla creazione di nuove strutture insediative al recupero di<br />

insediamenti esistenti inutilizzati, consente, a nostro avviso, di porre in termini diversi<br />

anche l’aspetto quantitativo del problema.<br />

Il tetto massimo della ricettività e della residenza turistica sostenibile può essere infatti<br />

determinato in questo caso non in base a labili valutazioni di compatibilità ambientale<br />

ed alle presumibili caratteristiche della domanda proveniente dal bacino di utenza, ma<br />

in base alle dimensioni, in loco, di un patrimonio edilizio inutilizzato il cui recupero,<br />

anche ai fini turistici, può costituire occasione di riqualificazione, anzichè di<br />

compromissione, delle risorse ambientali intese <strong>nel</strong>la loro più ampia accezione.<br />

Il tema della ricettività turistica può essere allora posto determinando il valore globale<br />

dell’offerta di ricettività turistica sostenibile dalle strutture attuali come somma delle<br />

seguenti componenti:<br />

a) strutture a rotazione d’uso;<br />

b) strutture residenziali esistenti a destinazione turistica;<br />

c) strutture residenziali inutilizzate potenzialmente recuperabili per residenza turistica.<br />

Una valutazione delle dimensioni e delle caratteristiche della presunta domanda turistica<br />

può consentire un bilancio domanda-offerta sotto il profilo quantitativo e -soprattutto -<br />

qualitativo, suggerendo gli orientamenti di una politica di intervento, riferita<br />

particolarmente al recupero del patrimonio edilizio inutilizzato esistente.<br />

5.7. La struttura insediativa e il <strong>parco</strong> integrato<br />

E’ ovvio che il recupero del patrimonio edilizio inutilizzato ai fini residenziali turistici è<br />

solo una delle modalità attraverso le quali i centri storici del <strong>parco</strong> sono chiamati a<br />

riassumere un ruolo da protagonisti <strong>nel</strong>l’equilibrio del territorio.<br />

Le altre modalità, non meno importanti, e addirittura prevalenti, del perseguimento di<br />

questo recupero, sono legate al potenziamento delle funzioni residenziali per la<br />

popolazione stabile, mantenuta o richiamata in loco, e dalla doppia localizzazione delle<br />

strutture operative del <strong>parco</strong> e delle attività culturali e formative promosse dalla<br />

istituzione del <strong>parco</strong> stesso.<br />

In questa sinergia tra le diverse forme di sviluppo indotta dalla creazione del <strong>parco</strong> i<br />

centri storici assumeranno quindi un ruolo strategico <strong>nel</strong>la formazione del piano del<br />

<strong>parco</strong>.<br />

83 Sulle possibilità di recupero delle abitazioni inutilizzate nei centri storici per fini turistici si veda: Rolli G.L., il<br />

ruolo dei centri storici <strong>nel</strong>la programmazione territoriale turistica. Su: Risanamento e recupero dei centri storici<br />

minori del Lazio, Ed. DEI, Roma 1983.<br />

83


Il metodo descritto nei precedenti paragrafi, consistente <strong>nel</strong> delineare traiettorie di<br />

pianificazione articolate in relazione alle diverse modalità di <strong>tutela</strong> ambientale e di<br />

sviluppo della residenza, del turismo e delle attività produttive, trova a nostro avviso il<br />

suo logico sbocco in una visione di pianificazione territoriale integrata.<br />

Il sistema delle aree destinate alle attività produttive primarie, delle aree di <strong>tutela</strong>, degli<br />

spazi per la ricreazione, della ricettività turistica e dell’habitat permanente della<br />

popolazione locale si traduce infatti, sotto il profilo spaziale, in una struttura insediativa<br />

di cui qui si individuano i fondamentali componenti e si delinea la fisionomia<br />

complessiva che deriva dalla loro integrazione.<br />

Nelle proposte per il piano del Parco del Gran Sasso (Cap. 7) la struttura qui<br />

genericamente descritta assumerà una più definita conformazione territoriale.<br />

a) il sistema insediativo ha il suo fondamento nei centri abitati preesistenti, supporto<br />

della residenza degli abitanti stabili, delle sedi centrali dell’attività dell’Ente Parco, della<br />

residenza turistica privata e della ricettività alberghiera (ottenute in massima parte<br />

mediante il recupero dell’edilizia antica inutilizzata), dei servizi per la popolazione<br />

stabile e fluttuante, delle attività produttive artigianali e piccolo industriali;<br />

b) le attività ricreative si irradiano da un secondo sistema, quello degli accessi al <strong>parco</strong><br />

e alle zone ricreative estive e/o invernali, accessi costituenti i poli di scambio tra i<br />

mezzi di trasporto stradali (e, in alcuni casi, a fune) e le zone pedonali, i percorsi<br />

escursionistici, gli impianti per lo sci di discesa e così via.<br />

In corrispondenza degli accessi saranno localizzati tutti i necessari servizi (parcheggi,<br />

depositi di oggetti, noleggio attrezzature sportive, bar, ristoranti, spacci di generi vari,<br />

infermerie - pronto soccorso, telefono, servizi igienici, alcuni posti-letto, etc..).<br />

c) In relazione alla struttura del <strong>parco</strong> e agli accessi delle zone ricreative, saranno<br />

ubicate le sedi delle attività decentrate di servizio del <strong>parco</strong> (centri di controllo e di<br />

visita, centri di osservazione, studio e sperimentazione in campo naturalistico).<br />

In adeguato rapporto con gli accessi al <strong>parco</strong> si localizzano le strutture decentrate di<br />

supporto al turismo (campeggi, rifugi, etc..).<br />

d) Il sistema delle strutture di supporto della produzione agricola fa capo ad<br />

apposite sedi, localizzate in opportuno rapporto con i centri abitati e con le principali<br />

località di interesse colturale, forestale, zootecnico.<br />

Particolare interesse riveste anche l’organizzazione di adeguate forme di agriturismo,<br />

ospitate all’interno delle sedi delle attività agricole, preferibilmente mediante il recupero<br />

di vecchi manufatti agricolo-pastorali dismessi.<br />

e) Infine il sistema della viabilità, oltre a costituire il tramite di comunicazione con<br />

l’ambiente esterno, connette, con tronchi aventi diverse caratteristiche, le varie<br />

componenti del sistema insediativo previsto.<br />

Il metodo descritto in questo lavoro propone un procedimento di pianificazione del<br />

<strong>parco</strong> che integra gli interventi rivolti alla <strong>tutela</strong> delle risorse ambientali naturalistiche,<br />

storiche, artistiche, umane con quelli destinati alla promozione dell’habitat e delle<br />

attività della popolazione locale, e allo sviluppo di adeguate forme e modalità del<br />

turismo.<br />

Si individua in tal modo una forma di programmazione del <strong>parco</strong> articolata per aree<br />

integrate di <strong>tutela</strong> e di <strong>valorizzazione</strong> ambientale, aree per le quali viene spontaneo<br />

proporre la denominazione di <strong>parco</strong> integrato, estendendo il concetto di <strong>parco</strong><br />

naturale, oggi generalizzato come sinonimo di una entità spaziale esclusivamente<br />

84


protezionistica, ad una più ampia visione secondo la quale le forme della conservazione<br />

si articolano e si coniugano a quelle di un oculato uso delle risorse dell’ambiente.<br />

Tutti gli interventi dovranno derivare da una idonea programmazione il cui obiettivo<br />

fondamentale sarà la individuazione, mediante un opportuno processoi di<br />

compatibilizzazione, di modalità e dimensioni di sviluppo insediativo integrate in un<br />

quadro generale di <strong>tutela</strong> dei valori dell’ambiente e di rivitalizzazione delle strutture<br />

produttive e dell’insediamento stabile. Secondo questa visione, particolare attenzione<br />

dovrà essere rivolta, come si è visto, alla utilizzazione di tutte le occasioni di recupero<br />

dei vecchi insediamenti degradati o abbandonati, come strutture di ricettività e di<br />

servizio turistico, innescando a tal fine tutte le opportune forme di coinvolgimento<br />

sociale ed economico degli abitanti stabili.<br />

85


PARTE II<br />

PROGETTO GRAN SASSO<br />

Premessa<br />

Lo studio che si presenta in questa seconda parte del lavoro è incentrato sul territorio<br />

del Gran Sasso d’Italia, configurandosi a tutti gli effetti come una applicazione dei<br />

criteri metodologici enunciati nei capitoli precedenti.<br />

L’area di studio si estende per oltre centotrentamila ettari ad abbracciare tutti i versanti<br />

del massiccio montuoso, coinvolgendo, come si vedrà più in dettaglio <strong>nel</strong> seguito,<br />

molteplici entità amministrative di livello comunale e provinciale 84 .<br />

Bisogna precisare che l’applicazione territoriale a cui ci si riferisce, e pertanto anche tutti<br />

i dati forniti e le elaborazioni effettuate, comprende unicamente l’ambito montuoso del<br />

Gran Sasso e non anche quello dei Monti della Laga, anche se le due strutture<br />

montuose sono state poi aggregate in un unico <strong>parco</strong> nazionale dalla legge 394/91.<br />

La ricerca interfacoltà ex M.P.I. 40% (<strong>Progetto</strong> Gran Sasso) da cui si è originato il<br />

presente studio è iniziata ufficialmente <strong>nel</strong> 1985, ma già raccogliendo un patrimonio di<br />

sviluppi e conoscenze elaborato fin dal 1981. All’epoca nulla faceva presumere che, in<br />

un eventuale provvedimento-quadro sui parchi nazionali italiani, potessero venire<br />

conglobati in una unica unità di <strong>tutela</strong> due territori di questa estensione e, soprattutto,<br />

con le note differenze geomorfologiche, paesaggistiche, naturalistiche, nonchè storiche<br />

e culturali.<br />

Lo studio ha prodotto delle ipotesi di organizzazione territoriale che, pur<br />

abbondantemente riferite al corredo delle vaste conoscenze disciplinari incrementato<br />

<strong>nel</strong> corso degli anni 85 , risultano del tutto autonome rispetto al dibattito che, dal 1991<br />

ad oggi, ha interessato il problema della perimetrazione del <strong>parco</strong> nazionale dei Monti<br />

della Laga-Gran Sasso.<br />

Nella fase finale si è tuttavia proceduto ad una doverosa attualizzazione in tal senso,<br />

effettuando un confronto tra la conformazione perimetrale decretata in sede ministeriale<br />

e quella prodotta dallo studio, rivedendo quest’ultima in ordine ad alcuni aspetti pratici<br />

e valutandone coincidenze e distacchi rispetto a quella di legge.<br />

84 Per i criteri di determinazione dell’area di studio si veda: Rolli G.L., Romano B.: <strong>Progetto</strong> Gran Sasso, 1988<br />

op.cit.<br />

85 Vedi a proposito: Console C., Romano B., Tobia C..: Bibliografia generale del Gran sasso d’Italia (fino al<br />

1982). Club Alpino Italiano, Sezione dell’Aquila, L’Aquila 1987.<br />

86


CAP. 6<br />

L’ANALISI DEL TERRITORIO<br />

Tutte le elaborazioni tese a sintetizzare la conoscenza della struttura territoriale<br />

del comprensorio del Gran Sasso sono state di volta in volta acquisite da studi e<br />

ricerche settoriali sviluppate in occasioni diverse.<br />

Molte indicazioni sono state inoltre tratte dalla produzione cartografica e<br />

documentale “istituzionale” messa in atto soprattutto dalla Regione Abruzzo, citando<br />

ogni volta che se ne ravvede la necessità le singole fonti.<br />

In particolare questa fase di riaggregazione degli elementi significativi del<br />

territorio ai fini della sua comprensione per la <strong>tutela</strong> e l’utilizzazione hanno riguardato<br />

l’uso del suolo, la morfologia del territorio, gli aspetti naturalistici e culturali, le<br />

caratteristiche della popolazione, la tipologia e la localizzazione delle infrastrutture, gli<br />

strumenti attualmente usati per la gestione del territorio da parte della pubblica<br />

amministrazione.<br />

6.1 La morfologia<br />

Il massiccio del Gran Sasso d'Italia, gruppo montuoso a cui appartiene la più alta vetta<br />

degli Appennini (Corno Grande 2914 m s.l.m), rappresenta sicuramente, unitamente<br />

agli altri sistemi montuosi dell'Italia centro-meridionale, diversi comunque da esso per<br />

caratteristiche (Monti Sibillini, Monti della Laga, Monte Velini-Sirente, Massiccio della<br />

Maiella, Monti del Parco nazionale d'Abruzzo, Monti Carseolani, Monti Simbruini-<br />

Ernici, Monte Pollino etc.), un'entità molto importante, e per certi versi unica, dal punto<br />

di vista naturalistico-ambientale.<br />

Fisicamente il gruppo montuoso del Gran Sasso è costituito da una lunga<br />

dorsale estesa per circa 35 km con orientamento Ovest-Est lungo la quale sono<br />

disposti in sequenza da Ovest :<br />

- Monte San Franco (2132 m s.l.m)<br />

- Monte Jenca (2208 m s.l.m)<br />

- Pizzo di Camarda (2332 m s.l.m)<br />

- Pizzo Cefalone (2533 m s.l.m)<br />

- Monte Portella (2338 m s.l.m)<br />

- Monte Aquila (2494 m s.l.m)<br />

- Monte Brancastello (2385 m s.l.m)<br />

- Monte Prena (2561 m s.l.m)<br />

- Monte Camicia (2564 m s.l.m)<br />

- Monte Tramoggia (2331 m s.l.m)<br />

- Monte Siella (2000 m s.l.m)<br />

- Monte San Vito (1891 m s.l.m).<br />

Da questa dorsale principale si dipartono, con orientamento Nord- Sud, le tre<br />

dorsali che culminano con le tre vette più elevate del gruppo :<br />

- Monte Corvo (2625 m s.l.m) all'altezza del Pizzo di<br />

Camarda<br />

- Pizzo Intermesoli (2635 m s.l.m) all'altezza del<br />

87


Pizzo Cefalone<br />

- Corno Grande (2914 m s.l.m) e Corno Piccolo (2655 m<br />

s.l.m) all'altezza del Monte Portella.<br />

Degne di nota sono anche alcuni valli come la Val Maone e la Valle del Rio<br />

Arno, la Valle Venacquaro, la Valle di Chiarino, la Valle dell'Inferno, la Valle d'Angri e<br />

la Val Voltigno, che sono poi le zone di maggiore interesse ambientale e naturalistico e<br />

quindi quelle in cui operare con i massimi gradi di <strong>tutela</strong>.<br />

Caratteristico è l'altopiano di Campo Imperatore della lunghezza di oltre 15 km<br />

e largo oltre 5 km, delimitato a Nord dalla dorsale principale <strong>nel</strong> tratto che va da<br />

Monte Aquila a Monte San Vito, e a Sud da una sequenza di dorsali minori culminanti<br />

nei rilievi di:<br />

- Monte Scindarella (2233 m s.l.m)<br />

- Costa Ceraso (1965 m s.l.m)<br />

- Monte Cecco d'Antonio (1954 m s.l.m)<br />

- Monte Bolza (1904 m s.l.m)<br />

- Monte Capo di Serre (1771 m s.l.m).<br />

............FIG. 3 Schema strutturale del massiccio montuoso del Gran sasso<br />

6.2. L’uso del suolo<br />

L'indagine relativa all'uso attuale del suolo e'stata condotta sulla base delle<br />

informazioni cartografiche contenute <strong>nel</strong> Sistema Informativo Territoriale Regionale<br />

della Regione Abruzzo 86 .<br />

Il lavoro svolto è stato finalizzato al rilevamento, <strong>nel</strong> territorio di studio, delle<br />

varie categorie di uso del suolo che sono contenute <strong>nel</strong>la base cartografica regionale<br />

secondo lo schema di aggregazione riportato in Tab. N° 4. Sono state in particolare<br />

evidenziate quelle categorie omogenee per tipo d'uso (p. es. le varie aree seminative)<br />

86 Regione Abruzzo, Settore Urbanistica e Beni Ambientali: Carta dell’Uso del Suolo !:25.000. Firenze 1987.<br />

88


oppure con diversi tipi di copertura, ma riconducibili a stessi usi (p.es. le varie<br />

categorie di pascolo o di incolto).<br />

In primo luogo sono state poste in evidenza tutte le componenti di maggior<br />

importanza dal punto di vista naturalistico o climatico, come ad esempio le aree<br />

forestali, le aree rupicole e detritiche, i nevai ed i ghiacciai.<br />

Inoltre sono state evidenziate altre categorie di spazi produttivi primari,<br />

distinguendo quelle a carattere seminativo , che quindi prevedono un uso estensivo del<br />

territorio , da quelle riguardanti le colture di maggior pregio e quindi le colture<br />

specializzate .<br />

Si è differenziato l'uso seminativo irriguo sia per il diverso valore economico<br />

che hanno i terreni così coltivati, sia per il diverso tipo di impatto che le strutture a<br />

servizio dell'irrigazione , presenti o eventualmente da potenziare, hanno nei confronti<br />

<strong>dell'ambiente</strong> .<br />

Le rimanenti categorie prese in considerazione sono quelle che, per motivi di<br />

degrado ambientale di origine antropica o naturale, dovrebbero divenire teoricamente<br />

oggetto di azioni di recupero e restauro ai fini ambientali oppure ai fini produttivi agrari.<br />

Tab. N° 14 - SCHEMA DI AGGREGAZIONE DELLE CATEGORIE DI USO DEL SUOLO<br />

Sn - Seminativo non irriguo<br />

Sa - Seminativo arborato Seminativo<br />

So - Coltura orticola<br />

Si - Seminativo irriguo Seminativo irriguo<br />

Cv - Vigneto specializzato<br />

Cg - Frutteto specializzato Coltura<br />

Co - Oliveto specializzato Specializzata<br />

Cs - Serre e vivai<br />

Cd - Coltura degradata Coltura degradata<br />

Lp - Arboricoltura Arboricoltura<br />

Blf - Bosco di latifoglie,fustaia<br />

Blc - Bosco di latifoglie,ceduo Aree forestali<br />

Bm - Bosco misto<br />

Bc - Bosco di conifere Rimboschimenti<br />

Br - Rimboschimento e conifere<br />

Bd - Bosco degradato Bosco degradato<br />

Pp - Pascolo<br />

Pr - Prato permanente Pascolo<br />

Pm - Prato pascolo<br />

Pd - Pascolo degradato Pascolo degradato<br />

Ic - Incolto cespugliato<br />

Ia - Incolto con alberi Incolto<br />

Ir - Incolto con rocce e accumuli detritici<br />

Im-Id - Incolto misto e/o degradato<br />

Nr - Rocce ed accumuli detritici Rocce e detriti<br />

89


Ne - Aree in erosione Erosione<br />

Ag - Nevai perenni e ghiacciai Nevai e ghiacciai<br />

L'indagine sull'uso del suolo condotta secondo le modalità descritte ha fornito<br />

le indicazioni di consistenza delle singole categorie evidenziate, che vengono riportate in<br />

Tab. N° 5<br />

Tab. N° 15 - CONSISTENZA DELLE CATEGORIE DI USO DEL SUOLO<br />

CATEGORIE D'USO SUPERFICIE (ha) INCIDENZA %<br />

Suoli urbanizzati 4.092 2,17<br />

Seminativi 38.936 20,68<br />

Seminativi irrigui 4.600 2,44<br />

Colture specializzate 1.405 0,75<br />

Colture degradate 180 0,01<br />

Aree forestali 44.156 23,45<br />

Rimboschimenti 4.054 2,15<br />

Boschi degradati 445 0,24<br />

Pascoli 58.962 31,31<br />

Pascoli degradati 3.352 1,77<br />

Incolti 18.835 10,00<br />

Rocce e detriti 6.234 3,31<br />

Erosione 2.971 1,58<br />

Aree estrattive 109 0,06<br />

TOTALE<br />

186.979<br />

90<br />

100,00<br />

Nota: La differenza tra la superficie territoriale totale risultante da questa tabella e quella relativa invece all’area di studio (inferiore di<br />

circa 47.000 ha) è dovuta al fatto che le estensioni delle singole categorie di uso del suolo sono state ricavate attraverso l’elaborazione<br />

automatica dei dati forniti dalla cartografia numerica elaborata dalla Regione Abruzzo (si veda nota n. 75) sulla base degli interi territori<br />

comunali, mentre invece, <strong>nel</strong>l’area di studio, alcuni ambiti comunali sono compresi solo parzialmente.<br />

..............TAB. 16.....tabelle comunali dell’uso del suolo...............<br />

Le seguenti note segnalano alcuni aspetti caratteristici dell'area di studio del<br />

<strong>parco</strong> del Gran Sasso, avvalendosi dei dati per comune riportati in Tab. N° 6:<br />

- si evidenzia la diversa connotazione del versante settentrionale e meridionale<br />

relativamente all'estensione delle aree boschive, che sono molto più estese e continue<br />

sul versante a nord. In particolare il territorio di studio sito in provincia dell'Aquila, pur<br />

rappresentando i 2/3 dell'area totale studiata, presenta la stessa estensione di aree<br />

forestali (22.650 ha) del territorio compreso <strong>nel</strong>le altre due province di Teramo e di<br />

Pescara.<br />

- i pascoli sono estesi per ca. 62.000 ha, pari al 33 % dell'area di studio, e per la<br />

quasi totalità sono presenti sul versante meridionale (46.000 ha) , soprattutto<br />

sull'altipiano di Campo Imperatore , contro i poco più di 15.000 ha presenti sul<br />

versante settentrionale;


- i terreni incolti sono fortemente concentrati <strong>nel</strong>la zona compresa tra Barisciano e la<br />

piana di Navelli (ca. 13.500 ha) che pure presenta forte vocazione agricola , come<br />

testimoniano le estese aree seminative. Nel versante settentrionale la presenza degli<br />

incolti è limitata a ca. 5300 ha;<br />

- la estensione di terreni destinati ad uso seminativo ammonta a circa 43.500 ha. Una<br />

consistente presenza di seminativi irrigui si riscontra lungo il corso dell'Aterno e <strong>nel</strong>le<br />

immediate vicinanze della città dell'Aquila;<br />

- le colture specializzate sono scarsamente presenti e concentrate per lo più tra Navelli<br />

e Ofena .<br />

La ricognizione dell'uso del suolo costituisce un passaggio operativo di<br />

notevole importanza, in quanto i suoi contenuti sono di supporto ad una nutrita serie di<br />

applicazioni e sintesi successive. In particolare questo elaborato entra come componente<br />

fondamentale <strong>nel</strong>la determinazione delle modalità d'uso potenziale per la conduzione del<br />

processo di classificazione delle potenzialità agricole, unitamente alle analisi sull'altimetria<br />

, la clivometria e i substrati pedogenetici.<br />

L'uso del suolo fornisce anche indicazioni attinenti la localizzazione e la<br />

estensione di alcune delle risorse naturali, quali le aree forestali, le aree rocciose e<br />

detritiche. Quest'ultimo tipo di determinazione porta poi l'uso attuale del suolo ad<br />

intervenire anche <strong>nel</strong> processo di zonazione del <strong>parco</strong>.<br />

6.3 Valori naturalistici<br />

Nello studio di un ambito territoriale di dichiarata rilevanza ambientale,<br />

destinato alla realizzazione di un <strong>parco</strong> nazionale, la ricognizione dei valori naturalistici<br />

assume un ruolo di importanza centrale.<br />

Questa particolare indagine è poi quella <strong>nel</strong>la quale emerge <strong>nel</strong> modo più<br />

sostanziale la necessità di una compartecipazione scientifica interdisciplinare per poter<br />

garantire il rilievo delle componenti naturalistiche fin <strong>nel</strong> necessario dettaglio.<br />

Come è già stato anticipato <strong>nel</strong>la premessa metodologica del presente lavoro,<br />

<strong>nel</strong> caso del Gran Sasso d'Italia ci si è avvalsi della cospicua documentazione letteraria<br />

prodotta negli anni da studiosi di una grande varietà di aspetti. Da questa<br />

documentazione sono state tratte le indicazioni per l'inserimento delle entità territoriali<br />

<strong>nel</strong>la categorie delle " emergenze " da salvaguardare.<br />

Si sono definite come emergenze ambientali quegli elementi sia areali che<br />

puntuali del territorio caratterizzati in modo da differenziarsi dalle aree circostanti per la<br />

loro rilevanza ecologica, scientifica, culturale e sociale, tenendo conto anche del loro<br />

stato di conservazione.<br />

Scopo di questa indagine è individuare e definire, con la maggior completezza<br />

possibile, come primo passo per l'articolazione di una proposta di <strong>tutela</strong> del territorio,<br />

elementi relativi alla tipologia, all'estensione e alla localizzazione delle emergenze<br />

91


ambientali che successivamente dovranno essere inserite, con varie modalità, negli<br />

ambiti di <strong>tutela</strong> previsti dal piano del <strong>parco</strong>.<br />

Nello specifico si sono considerati :<br />

Elementi complessi di interesse vegetazionale e faunistico<br />

- Aree forestali;<br />

- Aree di erosione ed accumulo detritico;<br />

- Aree a quota superiore ai 1.800 m s.l.m.;<br />

- Biotopi;<br />

Fenomenologia carsica;<br />

- Aree a doline;<br />

- Piani carsici;<br />

- Cavità sotterranee;<br />

- Laghi carsici;<br />

Sistema fluvio-lacuale<br />

- Principali fiumi e torrenti;<br />

- Laghi naturali e artificiali;<br />

Sistema delle nevi perenni<br />

- Ghiacciai;<br />

- Nevai permanenti;<br />

Sono stati definiti " elementi complessi di interesse vegetazionale e faunistico " tutte<br />

quelle entità alle quali, in termini generali, è attribuibile una importanza sul piano<br />

naturalistico ed ecologico 87 .<br />

Con questi presupposti sono state evidenziate le aree forestali in quanto, al di<br />

là di specifiche segnalazioni relative ad una riscontrata rilevanza naturalistica,<br />

costituiscono senza dubbio un ecosistema fondamentale per la sopravvivenza di<br />

numerose specie animali e vegetali.<br />

Le aree rupicole, detritiche e di erosione, unitamente alle aree poste al di sopra<br />

dei 1800 m s.l.m. (che <strong>nel</strong>l'orizzonte vegetazionale appenninico rappresenta il limite<br />

superiore della vegetazione arborea) presentano una grande importanza sul piano<br />

vegetazionale 88<br />

Un ulteriore componente naturale individuata è quella dei biotopi, ovvero di<br />

porzioni di territorio contraddistinte dalla presenza documentata di uno o più elementi<br />

di grande interesse biologico.<br />

87 Per le caratteristiche faunistiche del massiccio del Gran Sasso si veda in particolare: Bologna M.A.: Aspetti<br />

faunistici del Gran Sasso d’Italia. Caratteristiche del popolamento ed ipotesi di gestione. Bollettino Sezione<br />

C.A.I. L’Aquila, s.III, n.11, L’Aquila 1985.<br />

Biondi M., Bologna M.A.: Fauna del Gran Sasso. Guida ai Monti d’Italia “Gran Sasso d’Italia”, C.A.I., T.C.I.,<br />

Milano 1992.<br />

Di Fabrizio F.: Aspetti vegetazionali e faunistici del Parco Gran sasso-Laga. Bollettino della Sezione C.A.I.<br />

dell’Aquila, III s., n. 25, L’Aquila 1992.<br />

Tassi F.:....omaggio al gran sasso.............aggiungere...<br />

88 Tammaro F.: Caratteri naturalistici del territorio. In: Vittorini M. (a cura): Studio per il <strong>parco</strong> del Gran Sasso<br />

d’Italia. Regione Abruzzo, Comunità Montana Campo Imperatore Piana di navelli, TECNOCASA e.t.a.,<br />

L’Aquila 1994.<br />

92


Molte sono le specie che vari autori hanno segnalato di rilevante interesse<br />

ospitate <strong>nel</strong> territorio del Gran Sasso. Oltre all' enorme estensione boschiva dei<br />

versanti settentrionali, le zone cacuminali sono ricche di endemismi e specie rare tra cui<br />

la Viola magellense, il cinoglosso, la sassifraga, il Leontopodium nivale, la Peonia<br />

officinalis, la genziana dinarica 89 .<br />

Di una certa rilevanza risultano anche i biotopi presenti <strong>nel</strong>l'area interessata e<br />

censiti in gran parte a cura della Società Botanica Italiana 90 .<br />

Biotopi<br />

Monte San Franco: ha 480<br />

Prati di Tivo: ha 2.000<br />

Gran Sasso d'Italia: ha 4.600<br />

Val Voltigno: ha 200<br />

Valle d'Angri: ha.<br />

E' stata inoltre prestata una certa attenzione al settore geomorfologico, soprattutto<br />

relativamente alla fenomenologia carsica. Del resto, in un massiccio montuoso<br />

prevalentemente calcareo quale è il Gran Sasso d'Italia, le forme carsiche connotano<br />

decisamente il paesaggio ipogeo ed epigeo. Sono state segnalate, come forme rilevanti<br />

di superficie, le aree a doline, i piani carsici ed i laghi carsici, oltre alle cavità<br />

sotterranee 91 .<br />

Cavità sotterranee<br />

Grotta dell'Eremita<br />

Grotta del Lupo<br />

Grotta di Santa Maria<br />

Grotta della Volpe<br />

Grotta a male<br />

Grotta del Diavolo<br />

Fonte Grotta<br />

Grotta dell'Oro<br />

Grotta di vena Fracica<br />

Grotta di vena Pecorale<br />

Grotta di Largarola<br />

Grotta di Fonte Breccione<br />

Faglia dello Schiapparo<br />

Pozzo Fonte dei Banditi<br />

89 Tammaro F.: Compendio sulla flora del Gran Sasso d’Italia. Monografie dei Quaderni del Museo di<br />

Speleologia “V.Rivera”, n.2. L’Aquila 1983.<br />

90 Gruppo di lavoro per la conservazione della natura della Società Botanica Italiana: Censimento dei biotopi<br />

di rilevante interesse vegetazionale meritevoli di conservazione in Italia. Vol. I,II, Camerino 1979.<br />

Si veda anche: Cooperativa Progettazione Integrata: Ipotesi di un sistema regionale di parchie riserve regionali.<br />

Quaderni della programmazione, n.2. Regione Abruzzo, Ufficio Programmazione, Unità Operativa Parchi e<br />

Riserve Naturali. Teramo 1984.<br />

91 Regione Abruzzo, Settore Urbanistica e Beni Ambientali, Società Speleologica Italiana, Delegazione<br />

Regionale per l’Abruzzo: Censimento delle aree carsiche meritevoli di <strong>tutela</strong>. L’Aquila 1987.<br />

Lucreezi A.:.............omaggio al Gran Sasso-aggiungere......<br />

Ortolani M., Moretti A.: Ricerche sulla morfologia e idrologia carsica, il Gran Sasso d’Italia, versante<br />

meridionale. C.N.R., Bologna 1950.<br />

Burri E., Agostini S., Celico P., Iacovone D., Romano B.: Unità morfocarsiche della regione Abruzzo. Regione<br />

Abruzzo, Società Geografica Italiana, Società Speleologica Italiana, Firenze 1995.<br />

93


Laghi carsici<br />

Lago di Pietranzoni<br />

Lago di Paganica<br />

Lago di Assergi<br />

La Fossetta<br />

Lago di Barisciano<br />

Lago di Filetto<br />

Lago di Passaneta<br />

Lago di Racollo<br />

Lago di San Pietro<br />

Lago di Santo Stefano<br />

Lago Sfondo<br />

Oltre all'importanza di tipo morfologico, è da notare, in particolare per le grotte ed i<br />

laghi carsici, le associazioni che frequentemente si riscontrano con una valenza di tipo<br />

biologico. Le componenti del sistema idrologico sono state segnalate limitatamente ai<br />

fatti macroscopici, come i fiumi, i torrenti ed i laghi, sia naturali che di origine artificiale.<br />

Anche in questo caso la lettura eseguita di questa categoria di risorse è<br />

derivata dal presupposto che, in generale , i corsi e gli specchi d'acqua costituiscono<br />

sempre ecosistemi di un certo valore naturalistico. Questo a meno di eventuali<br />

condizioni localizzate di degrado o inquinamento, certamente presenti <strong>nel</strong> comprensorio<br />

di studio, ma che comunque non sminuiscono il ruolo ambientale delle risorse<br />

interessate.<br />

Gli stessi laghi artificiali che, se escludiamo quelli carsici già citati, sono<br />

pressochè gli unici ad essere presenti in forma consistente <strong>nel</strong>l'area del Gran Sasso,<br />

hanno acquisito, al di là dell'origine artificiosa, una certa integrazione ambientale. Caso<br />

emblematico è il lago di Penne, derivato da uno sbarramento del fiume Tavo, ed<br />

attualmente sede di una Riserva naturale giustificata dalla presenza di numerose specie<br />

avifaunistiche stanziali e migratorie 92 .<br />

Seppur in misura diversa, una valutazione analoga può farsi per il grande Lago<br />

di Campotosto, posto a Nord- Ovest dell'area di studio 93 .<br />

Un'ultima rilevazione attiene al sistema delle nevi perenni. L'importanza di<br />

questa presenza <strong>nel</strong> Gran Sasso 'Italia è ormai nota da tempo e documentata da un<br />

ampia documentazione letteraria. Rilevante soprattutto la presenza del Ghiacciaio del<br />

Calderone, il più meridionale d'Europa. Classificato come ghiacciaio alpino di 2°<br />

ordine, e più precisamente come " ghiacciaio di circo ", l'intero corpo glaciale occupa<br />

una estensione di circa 6 ha con quote variabili tra i 2700 ed 1 2870 m s.l.m..<br />

Una importanza sostanzialmente analoga, seppur in tono minore, è da attribuirsi ai<br />

nevai permanenti del massiccio, abbastanza numerosi e costituenti microsistemi<br />

ambientali di grande delicatezza 94 .<br />

92 AA.VV., Riserva Naturale regionale Lago di Penne, Piano di assetto naturalistico. Cogecstre Ed., Penne 1990.<br />

93 Papa, P., Dundee, V.: Check-list degli uccelli della riserva statale “Lago di Campotosto”. Bollettino C.A.I.<br />

Sezione dell’Aquila, III s., n. 28, L’Aquila 1993.<br />

94 Per indicazioni circa le caratteristiche del Ghiacciaio del Calderone e dei nevai permanenti del Gran Sasso<br />

vedasi i lavori pubblicati su più numeri del Bollettino della Sezione dell’Aquila del Club Alpino Italiano, serie<br />

III, a firma di L. Adamoli, D. Alessandri, A. Clementi, C. Smiraglia, C. Tobia.<br />

94


Ghiacciai<br />

Ghiacciaio del Calderone<br />

Nevai permanenti<br />

Conca del Sambuco<br />

Fonte Rionne<br />

Fosso della Rava<br />

Gravone<br />

Fosso Malepasso<br />

Il tema analizzato in questa elaborazione rientra ancora <strong>nel</strong> processo di analisi delle<br />

risorse, in special modo del sistema ambiente naturale, che ha come scopo principale<br />

l'individuazione di tutte le emergenze che meritano di essere sottoposte alle varie forme<br />

di <strong>tutela</strong> previste dalla legge quadro sulle aree protette. Di conseguenza questo tipo di<br />

analisi è entrato <strong>nel</strong>la realizzazione dello zoning del <strong>parco</strong>, <strong>nel</strong>la individuazione delle<br />

potenzialità turistiche estive ed invernali ed infine, come elemento fondamentale, <strong>nel</strong>le<br />

proposte di assetto per il sistema della <strong>tutela</strong> ambientale.<br />

Le presenze naturalistiche rilevate sul territorio di studio risultano fortemente<br />

concentrate <strong>nel</strong>la parte centro-settentrionale della montagna. Del resto le massime<br />

estensioni forestali, i più importanti corpi idrici superficiali, nonchè le maggiori<br />

estensioni di territori scarsamente antropizzati si trovano proprio in questi settori del<br />

massiccio. Il versante meridionale in quota è stato molto più frequentato storicamente<br />

dall’Uomo e si presenta costituito da grandi estensioni di pascoli con radi boschi e,<br />

conseguentemente, risulta caratterizzato da un più limitato interesse naturalistico.<br />

Il territorio meridionale presenta altresì importanti caratteri di natura<br />

geomorfologica, quali l’altopiano carsico di Campo Imperatore, un diffuso sistema di<br />

laghi carsici e di alcune cavità di grande interesse, e i due rilevanti corsi d’acqua del<br />

Raiale e del Tirino.<br />

6.4. I valori storici ed architettonici<br />

La conoscenza e la <strong>tutela</strong> del patrimonio culturale, che va dai beni archeologici,<br />

storico-artistici , ai centri antichi ed ai valori del paesaggio è elemento fondamentale del<br />

lavoro svolto, perchè serve come base sia per le esigenze di <strong>tutela</strong> sia per<br />

l'individuazione delle modalità di recupero e di riuso del patrimonio insediativo ,<br />

compresa la <strong>valorizzazione</strong> turistica .<br />

Le analisi relative al patrimonio storico, artistico, architettonico ed archeologico sono<br />

state tratte sia da dati pubblicati, sia da informazioni dirette presso la Soprintendenza ai<br />

B.A.A.A.S. dell’Aquila e la Soprintendenza ai beni archeologici di Chieti.<br />

L'insieme delle informazioni raccolte è stato esaminato e ordinato per categorie<br />

differenti (p. es. elementi religiosi , opere fortificate etc.), che a loro volta sono state<br />

suddivise, ancora più specificatamente, per distinguere le varie tipologie presenti 95<br />

95Si veda: Clementi A..:L’organizzazione demica del Gran Sasso <strong>nel</strong> medio evo. Ed. Libreria Colacchi,<br />

L’Aquila 1991.<br />

Si veda inoltre: Deputazione abruzzese di Storia Patria: Homines de Carapellas, Storia e archeologia della<br />

Baronia di Carapelle. Ed. Japadre, L’Aquila 1988.<br />

95


Nuclei storici complessi con presenza di elementi diffusi<br />

Elementi religiosi e di culto :<br />

Chiese e santuari<br />

Edifici religiosi fortificati<br />

Conventi<br />

Opere fortificate :<br />

Borgo fortificato<br />

Castello<br />

Torre<br />

Elementi Archeologici :<br />

Principali centri di epoca romana<br />

Siti archeologici estesi<br />

Siti archeologici circoscritti<br />

Presenze di archeologia industriale<br />

Viabilità storica<br />

Viabilità di epoca romana<br />

Tratturi<br />

Elementi di architettura rurale<br />

L'elaborazione dei dati ha portato ad evidenziare aree con una diffusione di<br />

emergenze storico-artistiche diverse. Nelle vicinanze dei centri di epoca romana sono,<br />

ovviamente, preponderanti gli insediamenti archeologici. Gli stessi tipi di insediamenti si<br />

ritrovano lungo i percorsi che anticamente collegavano i versanti Nord e Sud del<br />

massiccio del Gran Sasso, o che permettevano alle greggi il raggiungimento<br />

dell'altipiano di Campo Imperatore.<br />

Lungo le antiche strade romane e lungo i tracciati dei tratturi si ritrovano poi<br />

tutti i centri abitati che presentano caratteristiche storico-architettoniche diverse per<br />

effetto delle modificazioni dovute a costruzioni sorte in epoche diverse. Le aree a più<br />

forte concentrazione sono quelle relative alle prime pendici del massiccio e quelle lungo<br />

il corso del fiume Aterno.<br />

Per riportare in maniera sintetica sia i centri storici sia altri agglomerati<br />

caratterizzati da diverse emergenze storico-artistiche si è usata la dizione "Nuclei storici<br />

complessi con presenza di elementi diffusi", al fine di evitare la sovrapposizione di più<br />

simboli che avrebbero reso poco leggibile l'elaborato grafico.<br />

Questo tipo di indagine ha consentito di valutare il complesso delle emergenze<br />

storico-artistiche e archeologiche, al fine di individuare le forme di <strong>tutela</strong> da<br />

trasformazioni che compromettano le loro caratteristiche architettoniche di pregio od il<br />

Regione Abruzzo, Settore Urbanistica e Beni Ambientali: Carta delle opere fortificate dall’alto medio evo al<br />

secolo XIX, scala 1:100.000. Istituto Italiano dei castelli, Sezione Abruzzo, Firenze 1986.<br />

AA.VV.: Abruzzo dei castelli. CARSA Ed., Pescara 1988.<br />

Properzi, P., Nanni, M.: Insediamenti minori e attività pastorali <strong>nel</strong> versante meridionale del Gran Sasso<br />

d’Italia.<br />

Club Alpino Italiano, Sezione dell’Aquila: Omaggio al Gran Sasso. L’Aquila 1975<br />

96


loro valore storico, come espressamente indicato dall'Art. 1, L. 6.12.1991, N°. 394<br />

Legge quadro sulle aree protette.<br />

La <strong>tutela</strong> avviene mediante norme e prescrizioni di piano relative alla <strong>tutela</strong> di<br />

questi beni, norme che possono sia riguardare aree in cui è notevole la presenza di<br />

elementi storico-artistici anche se dal punto di vista naturalistico non rientrano tra quelle<br />

a più alto grado di <strong>tutela</strong>. Lo stesso discorso viene fatto anche per le emergenze<br />

puntuali caratterizzate da un valore tale da giustificare vincoli più restrittivi rispetto a<br />

quelli presenti <strong>nel</strong>l'area che circonda il singolo elemento.<br />

ELENCO EMERGENZE ARCHEOLOGICHE E STORICO<br />

ARCHITETTONICHE<br />

(I riferimenti cartografici sono relativi alla carta topografica regionale d’Abruzzo scala 1:25.000)<br />

Comune: Arsita<br />

Località: Arsita<br />

Rif. Cart.:140 I<br />

Tipologia:<br />

Castello ( conservato )<br />

Chiesa parrocchiale di San Pietro<br />

Comune: Barete<br />

Località: Barete<br />

Rif. Cart.:139 II<br />

Tipologia:<br />

Castello ( ruderi )<br />

Chiesa cimiteriale di San Paolo<br />

di San Vito<br />

della Madonna della Valle<br />

della Madonna del Monte<br />

Torre di avvistamento ( ruderi )<br />

Villa Marimpieri<br />

Comune: Barisciano<br />

Località: Bariscia<strong>nel</strong>lo<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Borgo fortificato ( traccia storica )<br />

Località: Barisciano<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Recinto ( parzialmente integrato )<br />

Case-Torri<br />

Chiesa di San Colombo<br />

di San Flaviano<br />

di San Rocco<br />

del Buon Consiglio<br />

di Santa Maria di Villaverde<br />

Fontana monumentale<br />

Cappella di Confraternità<br />

Piazza della Fonte Grande<br />

di San Flaviano<br />

Ponte della Claudia Nova ( ruderi )<br />

Torre pentagonale<br />

Località: Castellaccio<br />

Rif. Cart.: 146 I<br />

97


Tipologia:<br />

Castello ( ruderi )<br />

Località: Petogna<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Case-Torri<br />

Chiesa di Santa Maria<br />

Palazzo Ximenes<br />

Torre semicilindrica<br />

Località: Picenze<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Chiesa della Cona<br />

della Madonna di Picenze<br />

Palazzo Facchinei<br />

Località: S.Maria del Monte di Paganica<br />

Rif. Cart.: 146 III<br />

Tipologia:<br />

Edificio religioso fortificato ( ruderi )<br />

Località: San Martino<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Chiesa del Rosario<br />

Chiesa di San Martino<br />

Località: Villa di Mezzo<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Chiesa Parrocchiale<br />

Fontana monumentale<br />

Stazione di Posta<br />

Località: Villa San Basilio<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Castello ( traccia storica )<br />

Comune: Brittoli<br />

Località: Brittoli<br />

Rif. Cart.: 146 I<br />

Tipologia:<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />

Comune: Cagnano Amiterno<br />

Località: S. P. Picenze<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Chiesa della Madonna del Bisogno<br />

Comune: Calascio<br />

Località: Calascio<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Casa Antonacci<br />

Ciarroca<br />

Ciccone<br />

Frasca<br />

Fulgenzi<br />

Case-Torri<br />

Chiesa di San Carlo Borromeo<br />

di San Leonardo<br />

di Santa Maria delle Grazie<br />

di Sant'Antonio Abate<br />

98


di San Nicola di Bari<br />

Convento di San Francesco<br />

Palazzo cardinale<br />

Località: Rocca Calascio<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Bastioni<br />

Case-Torri<br />

Castello ( parzialmente integrato )<br />

Chiesa della Madonna della Pietà<br />

di San Francesco d'Assisi<br />

Comune: Capestrano<br />

Località: Capestrano<br />

Rif. Cart.: 146 I<br />

Tipologia:<br />

Castello Piccolomini ( poi dei Medici )<br />

Borgo fortificato ( parzialmente integrato)<br />

Castello ( traccia storica )<br />

Chiesa e Convento di San Vito ( ruderi )<br />

Chiesa di San Nicola<br />

di San Pietro ad Oratorium<br />

di Santa Caterina<br />

di Santa Maria della Pace<br />

Convento di San Giovanni da Capestrano<br />

di San Francesco<br />

Palazzo Alessandroni<br />

Capponi<br />

Palazzo Carli<br />

Castaldi ( poi Migliorati )<br />

Colasacco<br />

Corsi<br />

De Rubeis<br />

Sonzini<br />

Tecca<br />

Verlengia<br />

Piazza Alessandroni<br />

Capponi<br />

del Castello<br />

Parete<br />

Località: Forca di Penne<br />

Rif. Cart.: 146 I<br />

Tipologia:<br />

Torre ( conservata )<br />

Comune: Caporciano<br />

Località: Bominaco<br />

Rif . Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Castello ( ruderi )<br />

Recinto ( parzialmente integrato )<br />

Chiesa di San Pellegrino<br />

di Santa Maria Assunta<br />

di San Michele<br />

Palazzo Agrippa<br />

De Dominicis<br />

Località: Caporciano<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

99


Castello ( parzialmente integrato )<br />

Chiesa cimiteriale<br />

di San Benedetto Abate<br />

di San Pietro della Valle in Croce<br />

di Santa Maria dei Cintorelli<br />

di Sant'Antonio da Padova<br />

Località: Rocca Risei<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Torre ( ruderi)<br />

Comune: Carapelle Calvisio<br />

Località: Carapelle Calvisio<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato)<br />

Chiesa di San Vincenzo<br />

di San Martino<br />

di San Francesco<br />

di Santa Maria e San Vittorino<br />

Santuario di San Pancrazio<br />

Palazzo Piccioli<br />

Piazza D'Annunzio<br />

del Popolo<br />

Oberdan<br />

Torrione tondo ( conservato )<br />

Comune: Carpineto della Nora<br />

Località: San Bartolomeo<br />

Rif. Cart.: 140 II<br />

Tipologia:<br />

Edificio Religioso Fortificato<br />

Abbazia di San Bartolomeo ( conservato )<br />

Comune: Castel del Monte<br />

Località: Castel del Monte<br />

Rif. Cart.: 140 II<br />

Tipologia:<br />

Chiesa della Madonna del Soccorso<br />

di San Rocco<br />

di San Marco Evangelista<br />

di San Nicola<br />

di San Carlo Borromeo<br />

Casa Aromatario<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato)<br />

Località: Castelli<br />

Rif. Cart.: 140 II<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Giovanni Battista<br />

di San Donato<br />

di San Giovanni al Mavone<br />

Piazza Guglielmo Marconi<br />

Roma<br />

Abbazia di San Salvatore ( ruderi )<br />

Convento dei Francescani<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato)<br />

Rif. Cart.: 140 I<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di Santa Maria della Neve<br />

100


Comune: Castelvecchio Calvisio<br />

Località: Castelvecchio Calvisio<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Case-Torri<br />

Case-Mura<br />

Chiesa di San Cipriano<br />

di San Giovanni Battista<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato)<br />

Comune: Civitella Casanova<br />

Località: Civitella Casanova<br />

Rif. Cart.: 140 II<br />

Tipologia:<br />

Chiesa della Madonna della Cona<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato)<br />

Località: Vestea<br />

Rif. Cart.: 140 II<br />

Tipologia:<br />

Torre ( traccia storica )<br />

Borgo Fortificato ( rudere )<br />

Comune: Colledara<br />

Località: Castiglione della Valle<br />

Rif. Cart.: 140 IV<br />

Tipologia<br />

Castello ( rudere )<br />

Località: Petto<br />

Rif. Cart.: 140 I<br />

Tipologia:<br />

Torre ( conservata )<br />

Castello ( parzialmente integrato )<br />

Comune: Fano Adriano<br />

Località: Fano Adriano<br />

Rif. Cart.: 140 IV<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Pietro<br />

dell'Annunziata<br />

Fontana della Comalecchia<br />

Torre ( rudere )<br />

Castello ( traccia storica )<br />

Comune: Farindola<br />

Località: Farindola<br />

Rif. Cart.: 140 II<br />

Tipologia:<br />

Castello ( rudere )<br />

Chiesa Madre<br />

Comune: Isola del Gran Sasso d'Italia<br />

Località: Casa di Francia<br />

Rif. Cart.: 140 IV<br />

Tipologia:<br />

Torre ( conservata )<br />

Località: Casale San Nicola<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Nicola<br />

Località: Fano di Corno<br />

101


Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Salvatore<br />

Località: Isola del Gran Sasso<br />

Rif. Cart.: 140 IV<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Massimo<br />

di San Colombo<br />

Cappella di San Sebastiano<br />

del Cimitero<br />

Santuario di San Gabriele<br />

Torre ( conservata )<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente Integrato )<br />

Località: Pagliara<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di Santa Colomba<br />

Castello ( rudere )<br />

Comune: L'Aquila<br />

Località: Aragno<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Casa del Curato<br />

Case-Torri<br />

Chiesa di Santa Maria della Vittoria<br />

di Santa Maria Maddalena<br />

Località: Arischia<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Convento di San Nicola<br />

Borgo Fortificato ( traccia storico )<br />

Località: Assergi<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di Santa Maria Assunta<br />

di San Crisante e Santa Daria<br />

di San Clemente<br />

Case-Torri<br />

Circuito Murario<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />

Località: Bazzano<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di Santa Giusta<br />

Località: Camarda<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Chiesa della Madonna d'Appari<br />

di San Giovanni Battista<br />

Piazza Principale<br />

Torre Poligonale<br />

Castello ( parzialmente integrato )<br />

Borgo Fortificato ( traccia storica )<br />

Località: Chiarino<br />

Rif. Cart.: 139 I<br />

Tipologia:<br />

Castello ( ruderi )<br />

Palazzo Fortificato (parzialmente integrato )<br />

Località: Collebrincioni<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

102


Tipologia:<br />

Chiesa di San Silvestro ( detta Chiesavecchia)<br />

Fontana<br />

Castello ( traccia storica )<br />

Località: Filetto<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di Santa Maria delle Grazie<br />

Madre<br />

Castello ( traccia storica )<br />

Località: Gignano<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Torre ( rudere )<br />

Località: Grotte di Navarra<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Torre ( tipo speciale - traccia storica )<br />

Località: Il Vasto<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di Santa Maria del Vasto<br />

Torre ( conservata )<br />

Palazzo Fortificato ( traccia storica )<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />

Località: La Jenca<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Castello ( traccia storica )<br />

Località: Monte Calicchio<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Torre ( ruderi )<br />

Località: Onna<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Pietro Apostolo<br />

Palazzo Ludovici<br />

Villa Pica Alfieri<br />

Palazzo Fortificato (parzialmente integrato)<br />

Località: Paganica<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Giustino<br />

di Santa Maria Assunta<br />

di Santa Maria del Presepe<br />

Casa trecentesca<br />

Oratorio della Concezione<br />

Palazzo dei Duchi di Paganica (detto Castello Dragonetti-De Torres)<br />

Castello (ruderi)<br />

Borgo Fortificato (ruderi)<br />

Località: Pescomaggiore<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Martino<br />

di Santa Maria Assunta<br />

Case-Torri<br />

Torrioni Cilindrici<br />

Castello ( parzialmente integrato )<br />

Località: Pettino<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

103


Torre ( parzialmente integrato )<br />

Località: Sant’Anza<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Castello ( traccia storica )<br />

Località: San Giuliano<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Convento ( conservato )<br />

Località: San Gregorio<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Chiesa Cimiteriale<br />

della Madonna di Costantinopoli<br />

di San Giovanni Battista<br />

Parrocchiale<br />

Chiuse con Portali d'ingresso<br />

Piazza del Palazzo<br />

Palazzo De Nardis<br />

Località: San Pietro della Jenca<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Castello ( traccia storica )<br />

Località: San Severo<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Borgo Fortificato ( traccia storica )<br />

Località: San Sisto<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Palazzo Fortificato ( conservato )<br />

Località: San Vittorino<br />

Rif. Cart.:139 II<br />

Tipologia:<br />

Castello ( ruderi )<br />

Chiesa di San Michele Arcangelo<br />

Torrione Altomedievale ( conservato )<br />

Mulino Acqua Aria<br />

Località: Tempera<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Chiesa Cimiteriale<br />

Madre<br />

Palazzo Vicentini<br />

Cartiera<br />

Mulino Medievale<br />

Pezzopane<br />

Rameria<br />

Comune: Montebello di Bertona<br />

Località: Montebello di Bertona<br />

Rif. Cart.: 140 II<br />

Tipologia:<br />

Castello ( conservato )<br />

Chiesa della Madonna delle Grazie<br />

Comune: Montereale<br />

Località: Aviano<br />

Rif. Cart.: 139 I<br />

Tipologia:<br />

Torre ( ruderi )<br />

104


Località: Marana<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di Santa Maria delle Grazie<br />

di Sant'Eustacchio<br />

Località: Mozzano<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Torre ( ruderi )<br />

Località: San Antonio<br />

Rif. Cart.: 139 I<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Antonio<br />

Località: San Giovanni<br />

Rif. Cart. : 139 I<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Egidio<br />

della Madonna di Sarrufo<br />

Località: San Leonardo<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Castello ( ruderi )<br />

Comune: Montorio al Vomano<br />

Località: Colledonico<br />

Rif. Cart.: 140 IV<br />

Tipologia:<br />

Castello ( traccia storica )<br />

Località: Cusciano<br />

Rif. Cart.: 140 IV<br />

Tipologia:<br />

Castello ( traccia storica )<br />

Località: Leognano<br />

Rif. Cart.: 140 IV<br />

Tipologia:<br />

Castello ( parzialmente integrato )<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />

Comune: Navelli<br />

Località: Civitaretenga<br />

Rif. Cart.: 146 I<br />

Tipologia:<br />

Case-Torri e Case-Mura<br />

Chiesa di San Antonio<br />

di San Salvatore<br />

di Santa Maria delle Grazie<br />

di Sant'Egidio<br />

Convento della Beata Vergine<br />

di Sant'Antonio<br />

Palazzo Cortelli<br />

Torre Medievale ( conservata )<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />

Località: Navelli<br />

Rif. Cart.: 146 I<br />

Tipologia:<br />

Cappellina Devozionale<br />

Votiva<br />

Case-Torri e Case-Mura<br />

Chiesa dell'Annunziata<br />

Madre<br />

di San Sebastiano<br />

105


della Madonna del Campo<br />

della Madonna delle Grazie<br />

Palazzo Castellato Santucci<br />

Piccioli<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />

Località: Maiarone<br />

Rif. Cart.: 146 I<br />

Tipologia:<br />

Borgo Fortificato ( ruderi )<br />

Località: Ofena<br />

Rif. Cart.: 146 I<br />

Tipologia:<br />

Case-Torri e Case-Mura<br />

Chiesa di San Giovanni<br />

di San Nicola<br />

di San Rocco<br />

di San Pietro a Cryptis<br />

Convento dei Cappuccini<br />

di San Francesco<br />

Palazzo Castaldi Madonna<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />

Comune: Pietracamela<br />

Località: Pietracamela<br />

Rif. Cart.: 140 IV<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Leucio<br />

di San Giovanni<br />

di San Rocco<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />

Comune: Pizzoli<br />

Località: Pizzoli<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Castello Dragonetti de Torres ( conservato )<br />

Chiesa Cimiteriale<br />

di Santo Stefano<br />

di San Matteo<br />

di San Michele Arcangelo<br />

detta La Madon<strong>nel</strong>la di Santa Maria<br />

del Paradiso<br />

privata Dragonetti de Torres<br />

Monastero Fondato da San Equizio 504 ( resti )<br />

Fontanile<br />

Palazzo Cappelli-Zecca<br />

Mascetti<br />

Piazza Umberto I°<br />

Villa Giorgi<br />

Località: Villa San Lorenzo<br />

Rif. Cart.: 139 II<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Lorenzo<br />

Convento di San Nicola<br />

Piazza San Lorenzo<br />

Comune: Poggio Picenze<br />

Località: Poggio Picenze<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

106


Chiesa della Madon<strong>nel</strong>la<br />

di San Pietro Martire<br />

Fontana di San Rocco<br />

Palazzo Galeota<br />

Castello ( ruderi )<br />

Comune: Prata d'Ansidonia<br />

Località: Castel Camponeschi<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Pietro e Paolo<br />

Castello ( parzialmente integro )<br />

Località: Leporanica<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Borgo Fortificato ( ruderi )<br />

Località: Peltuinum<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Torre ( ruderi )<br />

Località: Prata d'Ansidonia<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Cappellina votiva<br />

Chiesa di San Nicola<br />

di San Paolo ad Peltuinum<br />

di San Pietro<br />

Piazzetta della Fonte Vecchia<br />

Località: San Nicandro<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Castello di Leporanica<br />

Chiesa della Madonna del Carmine<br />

della Madonna della Neve<br />

della Madonna alla Fontana<br />

di San Francesco<br />

di San Giuseppe<br />

di San Nicandro<br />

Cappella Cappa Chiusa e Fontana della Famiglia Cappa<br />

Palazzo Cappa<br />

Piazza Leporanica<br />

Località: Tussio<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Castello ( parzialmente integrato )<br />

Chiesa di Santa Maria dei Cintorelli<br />

della Madonna di Loreto<br />

di San Martino<br />

Palazzo Cicerone<br />

De Rubeis<br />

Leonardis<br />

Torre ( conservata )<br />

Comune: San Pio delle Camere<br />

Località: Castelnuovo<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Case-Mura<br />

Chiesa dei SS. Stefano e Silvestro<br />

di Santo Stefano<br />

107


di Rio<br />

della Madonna della Neve<br />

di San Silvestro al Cimitero<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />

Località: San Pio delle Camere<br />

Rif. Cart.: 146 IV<br />

Tipologia:<br />

Case-Torri<br />

Chiesa di San Pietro Celestino<br />

di San Pio<br />

di Sant'Antonio fuori le mura<br />

di Santo Stefano<br />

Castello ( parzialmente integrato )<br />

Comune: Santo Stefano di Sessanio<br />

Località: Santo Stefano di Sessanio<br />

Rif. Cart.: 140 III<br />

Tipologia:<br />

Cappellina di Santa Caterina<br />

Casa Ciarrocca<br />

Case-Torri<br />

Castello, Porta e Torre Medicea<br />

Chiesa di Santa Maria delle Anime Sante<br />

di Santa Marie delle Grazie<br />

di Santo Stefano<br />

Madre<br />

Palazzetto Jannarelli<br />

Leone<br />

Torre dell'Orologio ( conservata )<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />

Comune: Tossicia<br />

Località: Aquilano<br />

Rif. Cart.: 140 IV<br />

Tipologia:<br />

Castello ( rudere )<br />

Località: Tossicia<br />

Rif. Cart.: 140 IV<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Antonio Abate<br />

di Santa Maria Assunta<br />

Convento ( ruderi )<br />

Piazzale Sant'Emidio<br />

Cappella di Santa Teresa extra Moenia<br />

Palazzo fortificato<br />

Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />

Comune: Villa Celiera<br />

Località: Santa Maria di Casanova<br />

Rif. Cart.: 140 II<br />

Tipologia:<br />

Edificio Fortificato ( ruderi )<br />

Torre ( conservata )<br />

Località: Torre di Montebello<br />

Rif. Cart.: 140 II<br />

Tipologia:<br />

Torre ( rudere )<br />

Località: Villa Celiera<br />

Rif. Cart.: 140 II<br />

Tipologia:<br />

108


Castello ( rudere )<br />

Comune: Villa Santa Lucia<br />

Località: Carrufo<br />

Rif. Cart.: 146 I<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Carlo Borromeo<br />

di Santa Maria della Pietà<br />

Località: Villa Santa Lucia<br />

Rif. Cart.: 146 I<br />

Tipologia:<br />

Chiesa di San Nicola<br />

di Santa Lucia<br />

Chiesetta di Santa Maria delle Vicenne<br />

Museo di Storia Locale<br />

Palazzo Mattozza<br />

L’antropizzazione storica risulta sensibilmente più marcata <strong>nel</strong> settore<br />

meridionale della montagna, dove ha provocato una forte concentrazione di<br />

testimonianze, realizzando una condizione di complementarietà rispetto alla<br />

localizzazione, precedentemente descritta, delle maggiori risorse naturalistiche.<br />

La Valle del fiume Aterno rappresenta senza dubbio l’elemento polarizzatore<br />

della stratificazione degli insediamenti storici concentrati e diffusi che si sono sviluppati<br />

<strong>nel</strong> tempo. Su questa grande arteria naturale di comunicazione tra l’Abruzzo interno e<br />

la costa, percorsa da importanti tracciati tra cui una direttrice del Regio Tratturo,<br />

hanno gravitato per secoli gli scambi sociali e commerciali delle zone limitrofe.<br />

L’addensamento lungo questo asse, e <strong>nel</strong>le sue adiacenze, di presenze<br />

storiche concentrate e diffuse è notevolissimo, e costituisce un patrimonio culturale di<br />

enorme rilevanza.<br />

6.5 I vincoli ambientali<br />

Nell' ambito delle indagini territoriali svolte durante il lavoro si sono presi in<br />

considerazione i vincoli ambientali, presenti sul territorio, che le prescrizioni del piano<br />

del <strong>parco</strong> andranno a confermare o , se necessario, a rafforzare in considerazione della<br />

subordinazione degli strumenti di pianificazione locale rispetto a quelli che la legge<br />

quadro sulle aree protette permette di attuare. Il problema del rapporto e del raccordo<br />

con i Piani Territoriali Provinciali, con il Piano Territoriale paesistico e con i vari Piani<br />

Regolatori comunali, nonchè con eventuali Piani di Gestione di Riserve Naturali<br />

preesistenti, almeno <strong>nel</strong>la nostra regione, sarà oltremodo sentito, visto che i nuovi<br />

parchi nazionali, <strong>nel</strong>la perimetrazione recentemente decretata dal ministero (D.M.<br />

22.11.1994, G.U. n.301 del 27.12.1994) coprono un'estensione di circa 227.000 ha<br />

pari al 22% dell'intera superficie regionale.<br />

I vincoli censiti vanno dalle prescrizioni del piano paesistico regionale (L. 8-8-<br />

1985 N° 431), al vincolo idrogeologico (RDL 30-12-1923 N° 3267), alle aree di<br />

demanio forestale, alle zone di importanza naturalistica, alle oasi faunistiche, ai vincoli<br />

venatori, ai parchi e riserve di varia istituzione, ed infine ai vincoli derivanti da<br />

prescrizioni di strumenti urbanistici comunali.<br />

109


Per quel che riguarda le prescrizioni relative al piano regionale paesistico, si<br />

sono prese in considerazione solo le aree A1 e A2, e precisamente 96 :<br />

A1 - Conservazione integrale<br />

- complesso di prescrizioni finalizzate alla <strong>tutela</strong> conservativa dei caratteri del paesaggio<br />

naturale, agrario ed urbano, dell'insediamento umano, delle risorse del territorio e dell'<br />

ambiente, nonchè alla difesa ed al ripristini ambientale di quelle parti dell'area in cui<br />

sono evidenti i segni di manomissioni ed alterazioni apportate dalle trasformazioni<br />

antropiche e dai dissesti naturali; alla ricostruzione ed al mantenimento di ecosistemi<br />

ambientali, al restauro ed al recupero di manufatti esistenti,<br />

A2 - Conservazione parziale<br />

- Complesso di prescrizioni le cui finalità di <strong>tutela</strong> sono identiche a quelle della zona<br />

A1; si applicano però solo a determinate parti o elementi dell'area, con la possibilità,<br />

quindi, di inserimento di limitati livelli di trasformabilità, che garantiscano il permanere<br />

dei caratteri costitutivi dei beni ivi individuati, la cui disciplina di conservazione deve<br />

essere in ogni caso garantita e mantenuta.<br />

Le altre categorie indicate <strong>nel</strong> piano paesistico non sono state prese in considerazione,<br />

poichè forniscono solo blande prescrizioni di carattere ambientale, non rilevanti ai fini<br />

del nostro lavoro.<br />

L'elenco completo dei vincoli ambientali censiti è il seguente 97 :<br />

PARCHI E RISERVE NATURALI<br />

RN1 - Riserva comunale " Corno Grande di Pietracamela"<br />

Delibera C.M. 6-7-1991, 2288 Ha<br />

RN2 - Parco delle sorgenti del fiume Vera<br />

L.R. 15-11-1983, N° 70, 30 Ha<br />

RN3 - Riserva naturale "Voltigno - Valle d'Angri "<br />

L.R. 28-9-1989, N° 87, 5172 Ha<br />

ZONE DI IMPORTANZA NATURALISTICA<br />

ZN1 - Corno Grande del Gran Sasso d'Italia<br />

D.M. 20-04-1990, 1200 Ha<br />

ZN2 - Coppe di Santo Stefano<br />

D.M. 15-09-1989, 1500 Ha<br />

OASI FAUNISTICHE<br />

OF1 - Oasi di protezione della fauna<br />

D.M. 13-2-1972, 4752 Ha<br />

OF2 - Vetoio<br />

Delibera G.R. N° 875 del 01-06-1993, Ha 100<br />

VINCOLI NATURALISTICI DE COMUNE DELL'AQUILA - PRG 1975<br />

AQ1 - San Franco - Val Chiarino (RNI) , 2908 Ha<br />

96 Regione Abruzzo: Piano Regionale Paesistico, Norme Tecniche Coordinate. RDR, Raccolta di Documenti<br />

Regionali, Vol.I, 12 bis, Teramo 1990.<br />

97 Per il rilevamento dei vincoli elencati sono stati utilizzati i singoli documenti legislativi di istituzione dei<br />

vincoli medesimi, oltre a documenti cartografici di sintesi tra cui in particolare:<br />

Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste: Carta della Montagna. Geotecneco (Gruppo ENI), Urbino 1976.<br />

Regione Abruzzo: Cartografia tematica regionale, scala 1:100.000 Carta delle aree protette, Vincolo paesistico<br />

e archeologico, vincolo idrogeologico, forestale e zone sismiche.Firenze 1986<br />

110


AQ2 - Fosso del Ferone di Arischia (RNI) , 790 Ha<br />

AQ3 - Valle del Vasto (RNI) , 816 Ha<br />

AQ4 - Macchia Grande di Assergi (RNI) , 548 Ha<br />

AQ5 - Valle Fredda - Monte Cristo (RNI) , 400 Ha<br />

AQ6 - Monte Rofano (RNI) , 308 Ha<br />

AQ7 - Santa Barbara di Aragno (RNI) , 132 Ha<br />

AQ8 - Parco archeologico fluviale di Amiternum (PT) , 100 Ha<br />

AQ9 - Parco ecologico del Lago Vetoio (PT) , 188 Ha<br />

AQ10 - Parco naturalistico Valle di San Giuliano (PT) , 450 Ha<br />

AQ11 - Parco naturalistico della Valle del Raiale (PT), 76 Ha<br />

AQ12 - Valle Fura - Valle di Pescomaggiore (RNI) , 90 Ha<br />

AQ13 - Parco ecologico delle Sorgenti del Vera (PT) , 30 Ha<br />

RNI = Riserva naturale integrale<br />

PT = Parco urbano territoriale<br />

PIANO REGIONALE PAESISTICO (L. 8-8-1985, N° 431)<br />

Categorie di <strong>tutela</strong> e <strong>valorizzazione</strong> A1 e A2 (Art. 4 norme<br />

tecniche coordinate<br />

VINCOLO IDROGEOLOGICO (RDL 30-12-1923, N° 3267)<br />

DEMANIO FORESTALE<br />

DF1 - Codaro- Campiglione , 320 Ha<br />

ALTRI VINCOLI VENATORI (calendario venatorio provinciale 1993)<br />

RC - Zone di ripopolamento e cattura<br />

CP/M - Comparti di pianura - Montagna<br />

Appare evidente da questa indagine sui vincoli già vigenti sul territorio del Gran<br />

Sasso d’Italia come le peculiarità naturalistiche e paesaggistiche della montagna<br />

abbiano più volte sollecitato la sensibilità degli organi istituzionali alla conservazione<br />

delle risorse ambientali. Infatti la quasi totalità dell’estensione del massiccio è<br />

assoggettata a vario titolo a vincoli di <strong>tutela</strong>.<br />

Solo le prescrizioni urbanistiche dello strumento di pianificazione generale del<br />

Comune dell’Aquila (P.R.G. 1975) <strong>tutela</strong>no naturalisticamente quasi 7.000 ettari di<br />

spazi territoriali, mentre altri 7.500 ettari <strong>nel</strong>l’area di studio risultano individuati quali<br />

Riserve naturali di istituzione regionale o comunale.<br />

Una potente stratificazione di vincoli interessa il nucleo centrale del massiccio<br />

montuoso, costituito dalle zone rocciose culminanti <strong>nel</strong> Corno Grande e dalle praterie<br />

di altitudine attestate sui grandi circhi glaciali subito a ridosso delle principali vette.<br />

L’azione del Piano Regionale Paesistico ex l.431/85 ha apportato una<br />

estensione della <strong>tutela</strong> più incisiva, interessando anche sistemi naturali di margine meno<br />

appariscenti e fino ad oggi più trascurati dai provvedimenti di <strong>tutela</strong>.<br />

6.6 La struttura insediativa e produttiva<br />

L'area del Gran Sasso d'Italia si caratterizza, oltre che per la ben nota concentrazione<br />

di risorse naturalistiche e paesaggistiche, anche per la presenza di un diffuso sistema<br />

insediativo che, sviluppandosi <strong>nel</strong> corso dei secoli, è tutt'oggi parte integrante della<br />

montagna. Si è già avuto modo di parlare della struttura "storica" dell' insediamento,<br />

costituita da numerosi centri abitati di antica origine, dagli elementi isolati sparsi sul<br />

territorio e dalla fitta maglia di percorsi storici. A questo sistema, che in tante sue parti<br />

111


conserva ancora i connotati originari perfettamente riconoscibili, si è sovrapposta in<br />

epoca moderna una notevole quantità di altri elementi insediativi ed infrastrutturali che<br />

hanno contribuito alla modificazione sostanziale di molta parte di questo ambito<br />

montano.<br />

Sarebbe sufficiente citare l’attraversamento autostradale L'Aquila-Teramo della A24<br />

con il relativo traforo del Gran Sasso, e il ben noto Laboratorio dell'Istituto Nazionale<br />

di Fisica Nucleare (INFN), alloggiato in cavità sotterranee limitrofe al già citato<br />

traforo, per fornire un' idea delle rilevanti variazioni che, in un ventennio , hanno<br />

interessato anche in profondità questo territorio. Da area fortemente marginale rispetto<br />

alle grandi linee di comunicazione, il Gran Sasso si è trovato ad acquisire una posizione<br />

di elevata centralità in termini di attività e di flussi di persone, a poco più di un’ora di<br />

automobile da Roma.<br />

Sempre restando <strong>nel</strong> settore degli interventi insediativi ed infrastrutturali, è necessario<br />

citare le varie iniziative di carattere turistico, tra le quali spicca certamente la<br />

realizzazione della nuova Funivia del Gran Sasso da Fonte Cerreto a Campo<br />

Imperatore ed i massicci interventi di adeguamento e di trasformazione degli impianti<br />

scioviari e dei servizi di ricettività alberghiera.<br />

Tutte le informazioni relative alla struttura insediativa e turistica, al sistema della<br />

mobilità, allo stato della pianificazione urbanistica ed all'assetto amministrativo dei<br />

comuni in questione sono state ricavate dall'analisi delle carte fisiche regionali e da<br />

ricerche dirette.<br />

I quattro aspetti considerati sono (si veda Tav. N°......):<br />

1 - Schema strutturale della mobilità<br />

2 - Struttura insediativa e turistica<br />

3 - Stato attuale della pianificazione comunale<br />

4 - Assetto amministrativo<br />

1 - Schema strutturale della mobilità<br />

Nel censire le varie tipologie di trasporto si sono riportati i collegamenti su rotaia e le<br />

relative stazioni ( anche se questo tipo di collegamenti interessa in misura marginale<br />

l'area interessata) ed i grandi impianti a fune presenti. Nei riguardi delle infrastrutture<br />

viarie, sono state prese in considerazione le tipologie stradali che vengono riportate <strong>nel</strong><br />

D.I. 1-4-1968 n° 1404 Art. 3 in cui si opera una distinzione in :<br />

AUTOSTRADE : autostrade di qualunque tipo (L. 7-2-1961 N° 59, Art. 4); raccordi autostradali<br />

riconosciuti quali autostrade ed aste di accesso fra le autostrade e la rete viaria della zona (L. 19-10-1965 n°<br />

1197 e L. 24-7-1961 n° 729);<br />

STRADE DI GRANDE COMUNICAZIONE O DI TRAFFICO ELEVATO : strade statali comprendenti<br />

itinerari internazionali ( L. 16-3.1956 n° 371); strade statali di grande comunicazione (L. 24-7-1961 n° 729);<br />

raccordi autostradali non riconosciuti; strade a scorrimento veloce (L. 26-6-1965 n° 717);<br />

112


STRADE DI MEDIA IMPORTANZA : Strade statali non comprese tra quelle della categoria precedente;<br />

strade provinciali aventi larghezza delle sede superiore o uguale a 10,50 m; strade comunali aventi larghezza<br />

della sede superiore o uguale a 10,50 m;<br />

STRADE DI INTERESSE LOCALE : strade provinciali e comunali non comprese tra quelle della categoria<br />

precedente.<br />

Esaminando la rete viaria che interessa la zona in esame si evidenzia, ai fini dei flussi<br />

turistici, il già citato tracciato dell'autostrada Roma-L' Aquila-Teramo, che permette un<br />

agevole collegamento tra l'area interessata al <strong>parco</strong> ed i possibili bacini di utenza<br />

turistica di Roma e delle regioni adriatiche, attraverso i caselli di Assergi (versante sud)<br />

e di Colledara (versante nord).<br />

Anche se con funzione largamente disincentivata rispetto a quella storicamente svolta,<br />

rimane sempre di interesse quanto meno turistico la s.s. 80 che transita per il Passo<br />

delle Capan<strong>nel</strong>le, che consente l’accesso agli estremi settori occidentali della dorsale<br />

montuosa.<br />

Di rilevante importanza turistica appare ancora a tutt’oggi la s.s.151 (tratto da<br />

Montesilvano a Penne e prosecuzione per Farindola e il valico del Vado di Sole),<br />

utilizzata frequentemente per l’accesso dal versante pescarese ai settori montuosi sudorientali.<br />

Nei riguardi dei collegamenti più interni all'area di studio si nota che, pur essendo i vari<br />

centri piuttosto ben collegati, le direttrici viarie si presentano spesso tortuose, con<br />

velocità di percorrenza non troppo elevate. Tutto ciò è ovviamente dovuto ad uno<br />

sviluppo della rete stradale fortemente legato alla tormentata conformazione orografica<br />

del terreno.<br />

2 - Struttura insediativa e turistica<br />

L'indagine sulla dislocazione dell'insediamento <strong>nel</strong>l'area del Gran Sasso<br />

evidenzia in maniera immediata alcuni aspetti significativi.<br />

In primo luogo risalta la notevole differenza <strong>nel</strong>la distribuzione di luoghi abitati<br />

tra i versanti settentrionale e meridionale. Nel primo si riscontra un' ampia diffusine<br />

dell'insediamento <strong>nel</strong> territorio, con presenza di numerose località abitate (centri, nuclei<br />

e case sparse) corrispondenti ad ogni sede comunale.<br />

Certamente la disponibilità di un tessuto agricolo ampiamente utilizzato ha<br />

favorito una disposizione territoriale della popolazione che, oltretutto, registra in alcuni<br />

casi tassi positivi di variazione e tassi negativi non particolarmente elevati (ad es. <strong>nel</strong><br />

periodo 1981-1989 Colledara +2,45% , Montorio al Vomano -0,3%).<br />

Per contro la severità degli ambienti, la scarsa disponibilità di terreni agricoli, la<br />

sostanziale differenza delle occupazioni prevalenti delle popolazioni del versante<br />

meridionale della montagna, hanno comportato un accentramento pressochè generalizzato<br />

delle unità insediative. Infatti, <strong>nel</strong>la maggior parte dei casi , la sede municipale dei<br />

comuni localizza ti in questo settore dell'area di studio coincide con l'unico centro<br />

abitato, e di rado si riscontra la presenza di nuclei e di case sparse.<br />

Una condizione differente da quella testè descritta per il versante meridionale è<br />

rilevabile <strong>nel</strong> settore sud-occidentale del comprensorio, dove la presenza dell'area<br />

113


urbana dell'Aquila e del fondovalle del fiume Aterno realizza condizioni favorevoli ad<br />

una notevole diffusione insediativa.<br />

La popolazione residente all’interno dell’area di studio ammonta a ... unità (dati<br />

ISTAT 1991). Ad esclusione dei maggiori comuni di Montorio al Vomano e di Isola<br />

del Gran Sasso, gli altri abitati, specialmente quelli in provincia de L'Aquila, sono<br />

generalmente ridotti ad un numero esiguo di residenti: il 25% dei comuni ha meno di<br />

500 abitanti, il 30% ha meno di 1000 abitanti, il 33% ha meno di 2500 abitanti (Tab.<br />

17).<br />

Nei riguardi delle infrastrutture ricettive la situazione rispecchia la distribuzione<br />

della popolazione e degli impianti turistici esistenti. Anche in questo caso esiste un<br />

notevole squilibrio <strong>nel</strong>la distribuzione della ricettività alberghiera con il 50% dei posti<br />

letto a L'Aquila (e quindi non molto vicini alle aree più attrezzate turisticamente o più<br />

interessanti dal punto di vista naturalistico) - Vedi Tab. 23.<br />

3. - Le attività produttive<br />

Per le attività economiche attualmente presenti <strong>nel</strong>l’area di interesse si fa riferimento ad<br />

alcuni dati elaborati dal CRESA (Centro Regionale di Studi e Ricerche Economicosociali)<br />

98 , che comprendono <strong>nel</strong>l’analisi sia il territorio del Gran Sasso che quello dei<br />

Monti della Laga.<br />

Nel lavoro citato si evidenzia come l’attività zootecnica, sebbene sensibilmente<br />

ridimensionata, ricopra ancora un ruolo di primaria importanza <strong>nel</strong> territorio del Gran<br />

Sasso - Laga, in particolare <strong>nel</strong> settore dell’allevamento ovino.<br />

Dal 4° Censimento Generale dell’Agricoltura 99 risulta una consistenza di circa 230.000<br />

capi ovini, pari alla metà del patrimonio regionale, utilizzati sia per la produzione di latte<br />

che di carne.<br />

Pressochè ininfluente sul piano economico è invece il settore artigianale, <strong>nel</strong> momento<br />

in cui l’abbandono massiccio della montagna ha messo in crisi anche le antiche e<br />

tradizionali forme di lavorazione del ferro battuto e del legno, prevalentemente volte<br />

alla produzione di oggetti di arredamento e di uso quotidiano.<br />

Alcuni episodi di artigianato locale sopravvivono ancora in qualche centro della<br />

montagna e riguardano la lavorazione della pietra (Frattoli) o del legno (Arischia).<br />

L’unica eccezione in questo panorama di impoverimento del settore è rappresentata<br />

dalla produzione ceramica che ha in Castelli un centro di rinomanza internazionale con<br />

51 unità locali di produzione della ceramica artistica, di cui 41 a carattere artigianale<br />

(banca dati CERVED).<br />

Sempre lo stesso studio CRESA citato rileva come <strong>nel</strong>l’area del <strong>parco</strong> siano presenti<br />

in totale 1227 imprese con 6.600 addetti, ma che solo in minima parte possono<br />

ritenersi occupati in attività di lavorazione di prodotti locali, considerando che le<br />

imprese ricadenti in questa categoria sono in numero estremamente limitato ed in<br />

particolare tre caseifici, tre segherie, una azienda di tessitura e 11 laboratori di<br />

lavorazione delle carni.<br />

98 Si veda al proposito: Fiocco S.: Parco nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. L’evoluzione di un<br />

sistema economico-territoriale. Congiuntura Economica Abruzzese, anno XV, n.2, CRESA, L’Aquila 1992.<br />

99 ISTAT: Caratteristiche strutturali delle aziende agricole. 4° Censimento Generale dell’Agricoltura, 1991.<br />

114


L’attività industriale si è sviluppata del tutto ai margini del <strong>parco</strong>, in corrispondenza<br />

delle valli del Vomano e dell’Aterno e ha le sue principali concentrazioni in Montorio al<br />

Vomano e all’Aquila.<br />

Delle potenzialità turistiche parliamo dettagliatamente <strong>nel</strong> capitolo specifico, ma si può<br />

comunque ancora attingere qualche informazione dalla ricerca CRESA, secondo la<br />

quale la forma turistica che provoca i maggiori effetti sul piano economico è<br />

rappresentata dallo sci, con un movimento annuo (stimato al 1991) di circa 70.000<br />

persone <strong>nel</strong> bacino di Campo Imperatore servito dalla Funivia, 30.000 in quello di<br />

Prati di Tivo-Pietracamela e 8.000 in Prato Selva-Fano Adriano.<br />

A questo movimento turistico attivo si deve aggiungere un imprecisato contingente di<br />

presenze per la pratica dello sci di fondo e un cospicuo flusso turistico di carattere<br />

religioso concentrato sul Santuario di S.Gabriele di Isola del Gran Sasso.<br />

4 - Stato attuale della pianificazione comunale<br />

Tutte le informazioni relative allo stato della pianificazione urbanistica esistente alla data<br />

del 01-06-1992, sono state raccolte negli Uffici Urbanistici Provinciali di Teramo e<br />

L'Aquila, e da informazioni dirette per i comuni della provincia di Pescara . La gestione<br />

del territorio viene realizzata in gran parte tramite i Piani Regolatori Generali o Esecutivi<br />

(26 comuni su 36) rispetto ai Programmi di fabbricazione ancora presenti in 9 comuni.<br />

TAB. 18 - STRUMENTI URBANISTICI IN VIGORE (Dicembre 1994)<br />

Provincia di Pescara<br />

Comunità montana Zona "I", Vestina<br />

BRITTOLI P.R.G.<br />

CARPINETO DELLA NORA P.R.G.<br />

CIVITELLA CASANOVA P.R.G.<br />

FARINDOLA P.R.G.<br />

MONTEBELLO DI BERTONA P.R.G.<br />

VILLA CELIERA P.D.F.<br />

Provincia di Teramo<br />

Comunità montana Zona "O", Gran Sasso<br />

ARSITA P.D.F.<br />

CASTELLI P.R.G.<br />

COLLEDARA P.D.F.<br />

CROGNALETO P.R.E.<br />

FANO ADRIANO P.R.G.<br />

ISOLA DEL GRAN SASSO P.R.G.<br />

MONTORIO AL VOMANO P.R.G.<br />

PIETRACAMELA P.D.F.<br />

TOSSICIA P.R.E.<br />

Provincia dell'Aquila<br />

Comunità montana Zona "A", Amiternina<br />

BARETE P.R.G.<br />

CAGNANO AMITERNO P.R.G.<br />

CAMPOTOSTO P.D.F.<br />

CAPITIGNANO P.R.G.<br />

L'AQUILA P.R.G.<br />

MONTEREALE P.R.G.<br />

PIZZOLI P.D.F.<br />

115


Comunità montana Zona "B", Campo Imperatore<br />

BARISCIANO P.R.G.<br />

CALASCIO P.R.G.<br />

CAPESTRANO P.R.E.<br />

CARAPELLE CALVISIO P.D.F.<br />

CASTEL DEL MONTE P.R.G.<br />

CASTELVECCHIO CALVISIO P.R.G.<br />

NAVELLI P.R.G.<br />

OFENA N.U.E.<br />

POGGIO PICENZE P.D.F.<br />

PRATA D'ANSIDONIA P.R.G.<br />

S.PIO DELLE CAMERE P.R.G.<br />

S.STEFANO DI SESSANIO P.D.F.<br />

VILLA S.LUCIA P.R.G.<br />

P.R.G. - Piano Regolatore Generale<br />

P.R.E. - Piano Regolatore Esecutivo<br />

P.D.F. - Programma di Fabbricazione<br />

N.U.E. - Norme Urbanistiche Edilizie<br />

5 - Configurazione amministrativa<br />

L’area di studio per il <strong>parco</strong> si estende sul territorio di tre provincie, L'Aquila, Teramo<br />

e Pescara, e su 36 comuni di cui 21 in provincia de L'Aquila, 9 in provincia di Teramo<br />

e 6 in provincia di Pescara. L'estensione dell'area utilizzata per lo studio del <strong>parco</strong> del<br />

Gran Sasso (non comprendendo, come già detto, il massiccio dei Monti della Laga) è<br />

di 140.527 ha, di cui il 67,1 % (94.270 ha) in provincia de L'Aquila , il 23,6 %<br />

(33.170 ha) in provincia di Teramo e 9,3 % (13.087 ha) in provincia di Pescara.<br />

Sono interessate al progetto inoltre 4 comunità montane:<br />

- Comunità montana : Zona " A " Amiternina<br />

- Comunità montana : Zona " B " Campo Imperatore, Piana di Navelli<br />

- Comunità montana : Zona " I " Vestina<br />

- Comunità montana : Zona " O " Gran Sasso<br />

116


Tabella n. 19 - Configurazione amministrativa<br />

PROVINCIA<br />

L'Aquila<br />

Pescara<br />

Teramo<br />

COMUNE COMUNITA'<br />

MONTANA<br />

Barete<br />

Cagnano Amiterno<br />

Campotosto<br />

Zona "A" - Amiternina<br />

Capitignano<br />

L'Aquila<br />

Montereale<br />

Pizzoli<br />

Barisciano<br />

Calascio<br />

Capestrano<br />

Caporciano<br />

Carapelle Calvisio<br />

Castel del Monte<br />

Castelvecchio Calvisio<br />

Navelli<br />

Ofena<br />

Poggio Picenze<br />

Prata d'Ansidonia<br />

S.Pio delle Camere<br />

S.Stefano di Sessanio<br />

Villa S.Lucia d. Abruzzi<br />

Brittoli<br />

Carpineto della Nora<br />

Civitella Casanova<br />

Farindola<br />

Montebello di Bertona<br />

Villa Celiera<br />

Arsita<br />

Castelli<br />

Colledara<br />

Crognaleto<br />

Fano Adriano<br />

Isola del Gran Sasso<br />

Montorio al Vomano<br />

Pietracamela<br />

Tossicia<br />

117<br />

Zona "B" - Campo<br />

Imperatore - Piano di<br />

Navelli<br />

Zona "I" - Vestina<br />

Zona "O" - Gran Sasso<br />

Dei comuni interessati 28 sono completamente interni all'area di studio presa in esame<br />

mentre 8 sono interessati solo parzialmente, come risulta dalla tabella . Per ragioni di<br />

semplicità di trattazione , <strong>nel</strong>le analisi preliminari allo sviluppo del progetto si è tenuto<br />

conto dell' intero territorio dei comuni interessati.<br />

Tab. N° 20 - Superficie comunale interessata al progetto nei comuni non<br />

interamente compresi <strong>nel</strong>l'area di studio<br />

COMUNE SUPERFICIE COMUNALE<br />

(ha)<br />

% DI SUPERFICIE<br />

COINVOLTA<br />

Barete 2.433 54 %<br />

Cagnano<br />

Amiterno<br />

6.024 10 %<br />

Capitignano 3.063 14 %<br />

Crognaleto 12.454 14 %<br />

L'Aquila 46.696 77 %<br />

Montereale 10.439 17 %<br />

Montorio al V. 5.349 44 %


Pizzoli 5.611 89 %<br />

118


7.1. Il sistema della <strong>tutela</strong> ambientale<br />

CAP. 7<br />

LE PROPOSTE PER IL PIANO<br />

Come già anticipato la individuazione delle zone di <strong>tutela</strong> del proposto Parco Nazionale<br />

del Gran Sasso ha seguito lo schema richiamato <strong>nel</strong>l’Art.12 della legge 394/91,<br />

articolato <strong>nel</strong>le quattro categorie di <strong>tutela</strong>:<br />

a) riserva naturale integrale<br />

b) riserva generale<br />

c) area di protezione<br />

d) aree di promozione economica e sociale.<br />

Il metodo utilizzato in questo lavoro per pervenire alla succitata delimitazione delle zone<br />

di <strong>tutela</strong> è stato esposto <strong>nel</strong> precedente par. 5.3., al quale si rimanda integralmente.<br />

La perimetrazione così ottenuta va a ripartire l'area interessata al Parco del<br />

Gran Sasso (che viene totalmente ad occupare circa 134.800 Ha, quindi 5727 ha in<br />

meno della corrispondente area considerata per lo studio), come risulta dalla Tab. 16.<br />

Tab. N° 21 - CONSISTENZA DELLE CATEGORIE DI AREE PROTETTE<br />

Unità di <strong>tutela</strong><br />

Superficie (ha) Incidenza %<br />

Riserva naturale integrale 26.700 19,80<br />

Riserva generale orientata 51.200 38,00<br />

Area di protezione 53.900 40,00<br />

Area di promozione econ.soc. 1.600 1,20<br />

Parchi urbano-territoriali 1.400 1,00<br />

TOTALE<br />

119<br />

134.800<br />

100,00<br />

Questa prima determinazione della struttura zonale risulta relativamente schematica in<br />

quanto derivante da un procedimento “automatico” che solo parzialmente tiene conto<br />

di alcune realtà localizzate di morfologia del suolo. Inoltre si è posta la necessità di<br />

rapportare questa lettura per zone ai documenti ed alle norme che già regolano alcuni<br />

aspetti dell'assetto del territorio. Più precisamente si deve ricordare che il D.P.R.<br />

5.6.1995 ha individuato il perimetro definitivo del Parco Nazionale Laga-Gran Sasso,<br />

corredandolo con norme di salvaguardia articolate su due zone provvisorie, di cui<br />

parleremo successivamente.<br />

Tornando allo schema proposto <strong>nel</strong> presente studio relativamente alla<br />

configurazione delle unità territoriali di <strong>tutela</strong>, l’esame dell’elaborato relativo alla<br />

Zonazione del Parco Nazionale (Tav.10) consente di avere una idea della reciproca<br />

collocazione delle singole zone e di fare alcune considerazioni che meglio rendano<br />

comprensibile il processo seguito.<br />

E’ evidente come la zona di riserva integrale sia venuta ad interessare<br />

prevalentemente il settore centro-settentrionale del territorio, che è quello <strong>nel</strong> quale le<br />

indagini sui valori ambientali presenti, nonchè sui vincoli già operanti, denunciavano le


massime concentrazioni di beni da <strong>tutela</strong>re e che, oltretutto, ha sostanziato le istanze di<br />

<strong>tutela</strong> provenienti ormai da anni dagli ambienti culturali e associativi.<br />

E’ la zona delle vette, delle rocce, degli antichi spazi glaciali, delle grandi foreste, che si<br />

estende da M.te S.Franco al M.te Cappucciata comprendendo di fatto tutte le<br />

componenti più caratteristiche della natura del Gran Sasso.<br />

Sono infatti comprese le massime elevazioni e i crinali sommitali, nonchè l’insieme delle<br />

valli e delle conche carsiche intermontane. In particolare i luoghi naturali nevralgici della<br />

montagna, quali il Campo Pericoli e il Venacquaro, la Valle dell’Inferno, la Valle<br />

d’Angri, la Val Maone, l’alta Val Chiarino, il Fondo della Salsa e gran parte dei ripidi<br />

versanti boscosi settentrionali del settore orientale della catena, nonchè le foreste e le<br />

valli settentrionali, dell’Inferno e del Paradiso, del Monte S.Franco.<br />

La riserva generale orientata viene invece a comprendere pressochè tutti quegli<br />

spazi storicamente utilizzati per il pascolo estivo delle greggi, interessati ancor oggi da<br />

un certo carico di bestiame e da una diffusa attività umana, in parte anche agricola.<br />

Infatti gran parte di questa zona di <strong>tutela</strong> è attestata <strong>nel</strong> versante meridionale del<br />

massiccio, comprendendo a settentrione solo alcune ristrette fasce interstiziali tra le<br />

pendici montane forestali e le zone collinari coltivate.<br />

L’estensione meridionale del Campo Imperatore, la Valle del Voltigno, i pascoli<br />

pedemontani a ridosso dei centri abitati più elevati, come <strong>nel</strong> caso dei Monti d’Aragno,<br />

le aree degli ex-coltivi a quote elevate sono state introdotte in questa zona di <strong>tutela</strong>,<br />

<strong>nel</strong>la quale risulta consentito il mantenimento delle attività tradizionali.<br />

Le aree di protezione vengono ad inglobare gli ambienti antropizzati, spesso anche<br />

contraddistinti da paesaggi agrari storici di pregio, nei quali comunque hanno sede le<br />

attività agricole più rilevanti e gli stessi centri urbani pedemontani che sono stati tutti<br />

introdotti in questa zona.<br />

Sul lato meridionale si tratta della fascia parallela alla valle del Fiume Aterno,<br />

con i suoi numerosi ed isolati centri storici da Pizzoli e Barete verso ovest, fino a<br />

S.Stefano di Sessanio e Castel del Monte verso est, comprendendo anche un’ampia<br />

area all’intorno dell’imbocco del traforo autostradale del Gran sasso.<br />

Nella parte settentrionale vengono invece comprese le grandi estensioni collinari<br />

coltivate e caratterizzate da un sistema insediativo diffuso che connota appunto questo<br />

settore territoriale, facente capo ai principali centri storici, quali Fano Adriano,<br />

Pietracamela, Isola del Gran Sasso, Castelli, Farindola, ma costellato poi da<br />

innumerevoli piccoli insediamenti agricoli sparsi sul territorio.<br />

E’ bene ora fornire qualche nota di chiarimento su questa organizzazione zonale del<br />

<strong>parco</strong> così presentata.<br />

In realtà la grande estensione proposta a “<strong>tutela</strong> integrale” contiene anche degli<br />

elementi che, secondo la linea di pensiero tradizionalista sulla pianificazione dei parchi,<br />

non potrebbero ad alcun titolo appartenere ad una unità di <strong>tutela</strong> comprendente per<br />

definizione “spazi selvaggi”.<br />

Infatti, in questo perimetro di riserva integrale sono presenti anche alcuni<br />

pascoli di alta quota in parte tutt’oggi frequentati.<br />

E’ però anche vero che questi suoli “antropizzati” insistono su contesti<br />

geomorfologici di enorme rilievo naturalistico e paesaggistico, come circhi e valli<br />

glaciali, creste e crinali, fenomeni carsici superficiali, ed è altresì vero che, questi stessi<br />

luoghi, sono biotopi di notevole interesse, sia per le specie che ospitano, sia per quelle<br />

che potenzialmente potrebbero esservi reintrodotte.<br />

120


Non è del resto pensabile che luoghi come Campo Pericoli, il crinale da M.te S.Franco<br />

a M.te Camicia, il Venacquaro, la stessa parte in quota della Val Maone, l’acrocoro<br />

centrale delle vette principali, venga posto in una zona di “riserva Generale<br />

orientata”, almeno <strong>nel</strong>la forma specificata dalla legge 394/91, <strong>nel</strong>la quale sono<br />

comunque consentite delle “.....infrastrutture strettamente necessarie”, utilizzando una<br />

locuzione di estrema ambiguità e di dubbia interpretazione.<br />

L’inserimento di questi spazi in un contesto proposto di assoluta “non trasformabilità”<br />

vuole appunto sottolineare la necessità impellente di non sottoporre più queste aree ad<br />

azioni di uso intensivo, lasciandole alla loro condizione evolutiva naturale.<br />

Se ciò è più proponibile guardando al ruolo produttivo di questi luoghi, ormai<br />

largamente disincentivato, è certamente più difficile ipotizzare una drastica limitazione<br />

dell’uso turistico. Va detto che, all’interno di questa macroarea di riserva integrale,<br />

sono riconoscibili alcuni ristretti biotopi per i quali può apparire giustificata anche la<br />

sottrazione generalizzata al transito umano; si pensi alla Valle d’Angri, alla Valle<br />

dell’Inferno, ad alcune forre del versante settentrionale del gruppo M.te Brancastello-<br />

M.te Prena, ad alcuni recessi del versante settentrionale del M.te S.Franco e<br />

dell’immenso Bosco di Chiarino.<br />

Così come sono presenti alcune circostanze di uso turistico intensivo che vanno<br />

certamente regolamentate nei tempi e nei modi di fruizione; a questo proposito appare<br />

irrinunciabile in prospettiva una regolamentazione degli accessi estivi, quanto meno<br />

festivi, alla cima del Corno Grande, per l’elevato impatto che le numerosissime<br />

presenze provocano in termini di erosione dei suoli, soprattutto nei luoghi ghiaiosi a con<br />

notevole instabilità.<br />

Lo stesso caso si presenta per altri tipi di attività che, seppur limitate ad un<br />

minor numero di utenti, apportano comunque danni sensibili ai suoli; si pensi alla<br />

discesa in mountain bike nei valloni della Portella o di Vallefredda o della Val Maone.<br />

Come emerge da queste sintetiche argomentazioni, la struttura zonale<br />

concentrica <strong>nel</strong>la forma adottata, in ossequio alla legislazione vigente, di per sè<br />

grossolanamente accorpante beni ambientali diversi ed esigenze di gran lunga<br />

differenziate, va necessariamente corredata di una dettagliata normativa che recuperi<br />

invece la precisione anche “scientifica” di determinazione delle valenze ambientali,<br />

contestualizzando volta per volta anche sui singoli siti geografici modi e tempi di uso e<br />

conservazione.<br />

Se le considerazioni di cui sopra hanno riguardato le problematiche connesse<br />

alla determinazione della Riserva integrale, analoghe puntualizzazioni sono opportune<br />

per le altre tipologie di <strong>tutela</strong>.<br />

Abbiamo già parlato della ambiguità di sostanza insita <strong>nel</strong>la attribuzione di “stretta<br />

necessità” per le infrastrutture consentite <strong>nel</strong>la zona di riserva generale orientata.<br />

Una adeguata normativa dovrà indubbiamente circostanziare queste indicazioni di<br />

massima, fornendo un elenco delle tipologie e delle relative caratteristiche tecniche e<br />

costruttive delle infrastrutture consentite.<br />

Una prescrizione affine vale anche per corredare convenientemente la dichiarazione:<br />

“Sono ammesse opere di manutenzione e di restauro delle costruzioni esistenti (...)”,<br />

riportata al punto c) dell’Art.12 descrivendo le possibilità concesse <strong>nel</strong>le aree di<br />

protezione.<br />

Pur ritenendo incontestabile la funzione di regolamentazione degli strumenti urbanistici<br />

comunali <strong>nel</strong> settore delle opere edilizie, si può credibilmente attribuire ad un piano<br />

121


“strategico”, quale dovrebbe essere quello proposto per il <strong>parco</strong>, una funzione di<br />

stretto coordinamento, anche tipologico e formale, della attività di recupero e<br />

conservazione del patrimonio edilizio storico sito <strong>nel</strong> territorio.<br />

Uno studio complessivo dei sistemi urbani, delle tipologie edilizie ricorrenti e singolari,<br />

della domanda di trasformazione edilizia in relazione agli usi ed ai corrispettivi livelli<br />

prestazionali, delle esigenze diffuse o localizzate di mantenere stili e forme<br />

architettoniche, e delle eventuali possibilità di introdurre altri stili ed altre forme,<br />

certamente fornirebbe un supporto più attendibile delle iniziative sporadiche e<br />

spontanee fino ad oggi messe in atto in questo specifico campo di intervento.<br />

Quanto detto ovviamente non sottende la ricerca di una uniformità dell’ambiente<br />

costruito acritica rispetto alle peculiarità storiche e tradizionali di ogni singolo luogo<br />

urbano. Al contrario, <strong>nel</strong> rispetto delle specificità, che anzi costituiscono oggetto<br />

primario di interesse, riteniamo che una considerazione complessiva delle tipologie, dei<br />

materiali e di tutti quegli elementi che formano riferimenti omogenei in un certo spazio<br />

territoriale, sia di notevole aiuto <strong>nel</strong>l’orientare le scelte delle amministrazioni, da<br />

ricondurre poi a norme tecniche dei piani ed a regolamenti edilizi locali 100 .<br />

Un’ultima considerazione riguarda il perimetro dell'area protetta; la Tav. N°<br />

........riporta il confronto tra il perimetro decretato dal Presidente della Repubblica con<br />

D.P.R. del 5 giugno 1995 e il contorno del <strong>parco</strong> emerso dal nostro studio. Si<br />

riscontra una coincidenza diffusa tra le due conformazioni perimetrali <strong>nel</strong> settore<br />

settentrionale del <strong>parco</strong> , mentre <strong>nel</strong> settore meridionale e <strong>nel</strong> lembo sud-orientale di<br />

esso. lo studio condotto ritiene più adeguata una diversa conformazione del confine.<br />

Queste differenze si originano soprattutto in ordine ad un criterio del nostro lavoro che<br />

tende a ottenere una continuità territoriale con l'altra area protetta regionale del Velino-<br />

Sirente, attraverso la " zona contigua " della Valle dell'Aterno.<br />

Questa valle, seppur interessata a tratti da diffusi fenomeni insediativi e di degrado,<br />

rappresenta di fatto il sito di concentrazione di gran parte dei beni culturali e delle<br />

testimonianze storiche abruzzesi, oltre che essere ancora caratterizzata da alcuni<br />

episodi di grande valore ambientale.<br />

Veniamo ora alle variazioni che sono state introdotte <strong>nel</strong>la fase finale del nostro studio<br />

<strong>nel</strong>la delimitazione delle zone del <strong>parco</strong> già ottenute con l’applicazione “teorica” del<br />

metodo descritto <strong>nel</strong> cap...<br />

La struttura schematica delle diverse zone è pertanto stata riletta ed affinata in relazione<br />

ad alcuni aspetti di uso del suolo e soprattutto con attenzione alle esigenze di "<br />

riconoscibilità " al suolo dei contorni delle singole aree di <strong>tutela</strong>. Queste zone sono state<br />

quindi “ricontornate” cercando di far coincidere i limiti con elementi riconoscibili al<br />

suolo, quali margini morfologici, vegetazionali, percorsi sentieristici e viari, etc...<br />

Queste operazioni di verifica a posteriori è stata effettuata per porre a<br />

disposizione delle Amministrazioni, degli studiosi, della comunità sociale un documento<br />

leggibile alla luce dell'attualità, giustificato peraltro dai criteri scientifici e metodologici di<br />

cui si è fornito ampio riscontro.<br />

............................inserire la articolazione definitiva del perimetro e delle zone.....<br />

100 Alcune indicazioni di comportamento gestionale in questo settore sono reperibili in: Delleani D. (a cura):<br />

Repertorio di indirizzi alla progettazione <strong>nel</strong>le aree a <strong>parco</strong> e a riserva naturale. Regione Piemonte, Assessorato<br />

alla pianificazione territoriale e ai parchi naturali. Torino 1995.<br />

122


...........................con schema in sovrapposizione tra l’area di studio<br />

7.2. Le potenzialità produttive agricole<br />

L’ipotesi di uso ottimale del suolo, ottenuta attraverso l’applicazione della<br />

metodologia Land Classification,descritta <strong>nel</strong> paragrafo 5.4, consente di verificare<br />

alcune possibilità attinenti il settore produttivo primario.<br />

Sulla base di questa metodologia il versante meridionale della montagna si vede<br />

confermare la sua vocazione storica di pascolo, con una preponderante dimensione<br />

spaziale ritenuta idonea per questo scopo.<br />

Già da molti anni diversi autori hanno però evidenziato la condizione di<br />

degrado in cui versa il pascolo del Gran Sasso a causa dell’eccessivo sfruttamento 101 ,<br />

e quindi l’esigenza di interventi migliorativi tramite risemine.<br />

L’opportunità di incentivare, soprattutto in senso qualitativo, l’attività<br />

zootecnica rende consigliabile senza alcun dubbio la programmazione di azioni di<br />

riqualificazione del pascolo e di razionalizzazione del suo uso.<br />

Abbastanza ampie ed estese risultano, perimetralmente al territorio di studio,<br />

anche le aree seminative, concentrate prevalentemente <strong>nel</strong>la valle del Fiume Aterno<br />

verso sud e <strong>nel</strong>la fascia collinare pedemontana settentrionale. La utilizzazione degli<br />

spazi agricoli a più elevata produttività dovrebbe evolvere, soprattutto <strong>nel</strong> settore<br />

meridionale, verso forme di conduzione più organiche che possano collegarsi anche<br />

con altre tipologie di attività, quale quella agrituristica.<br />

La penalizzazione produttiva causata dalle condizioni climatiche legate alle alte<br />

quote, nonchè il progressivo depauperamento delle estensioni agricole dovuto alle<br />

pressioni di urbanizzazione - questo soprattutto <strong>nel</strong>l’hinterland del capoluogo aquilano -<br />

deve essere compensata da una qualità produttiva, e da una organizzazione gestionale<br />

e promozionale di questa qualità, tutta da inventare.<br />

Evoluzione del settore verso forme produttive alternative e biologiche,<br />

<strong>valorizzazione</strong> commerciale e turistica di alcune, rare, colture tradizionali,<br />

riorganizzazione aziendale, integrazione con altri rami di attività, quale quello già citato<br />

del turismo, recupero e mantenimento dei paesaggi agricoli storici, potrebbero fornire<br />

stimoli interessanti per una agricoltura “<strong>nel</strong> <strong>parco</strong>”, ma da pianificare <strong>nel</strong> dettaglio<br />

mediante uno specifico strumento dedicato.<br />

Molte iniziative in Italia sono state condotte per restituire al settore agricolo una<br />

dignità qualitativa avente valenza operativa oltre che “sperimentale” in nuovi campi<br />

produttivi. Certamente da citare l’attività svolta in Umbria <strong>nel</strong> settore vivaistico, ad<br />

opera delle Comunità Montane, con lo scopo primario di rilanciare produzioni<br />

tradizionali quali l’olivicoltura, o i “Campi sperimentali” per la coltivazione delle piante<br />

officinali impiantati in varie zone delle Alpi.<br />

Ma attualmente la montagna può assolvere una funzione importante <strong>nel</strong>la<br />

produzione di qualità, se teniamo conto ad esempio che oltre trecento dei 400 prodotti<br />

caseari censiti dall’ “Atlante dei prodotti tipici” dell’Istituto Nazionale di Sociologia<br />

101Rivera V.: Sulla degradazione botanica delle zone alte pascolative dell’Abruzzo aquilano. La Ricerca<br />

Scientifica, anno XXX, n.2. Roma 1960.<br />

Tammaro F.:I pascoli del Gran Sasso aquilano. Modificazioni di origine antropica del paesaggio naturale.<br />

Bollettino Sezione C.A.I. L’Aquila, III s., n.25. L’Aquila 1992.<br />

123


Rurale, provengono da zone di montagna, come anche ben 140 delle 250 tipologie di<br />

salumi 102 .<br />

Iniziative di questa natura sono solo sporadiche <strong>nel</strong> territorio del Gran Sasso,<br />

mentre il <strong>parco</strong> potrebbe fornire spunto e appoggio per una maggiore diffusione.<br />

Un ruolo importante è rivestito inoltre dalle superfici forestali che, in<br />

conseguenza dell’abbandono delle attività agricole di montagna, stanno in molti casi<br />

ampliandosi sugli spazi non più coltivati.<br />

Gran parte delle foreste del Gran Sasso sono state, e sono tutt’ora, oggetto di<br />

tagli produttivi per legname e carbone. In ogni caso le attuali limitate esigenze in tal<br />

senso, unite ad improrogabili necessità di conservazione del patrimonio forestale che<br />

<strong>nel</strong> <strong>parco</strong> vanno comunque perseguite, dovranno condurre ad una valutazione delle<br />

possibilità reali di produzione in questo settore.<br />

L’ipotesi di uso potenziale del suolo evidenzia le possibilità di un marcato<br />

intervento di rimboschimento, particolarmente <strong>nel</strong> quadrante sud-orientale dell’area di<br />

studio, dove più diffusa è la presenza di spazi coltivati in quota oggi abbandonati.<br />

In una visione di <strong>parco</strong> integrato, quale è quella che si vuole proporre con il<br />

presente lavoro, agli spazi agricoli viene riconosciuta una funzione cardine <strong>nel</strong> contesto<br />

organizzativo dell’area protetta. Appunto per questo motivo, <strong>nel</strong>la costruzione delle<br />

“Linee strategiche per il piano del <strong>parco</strong>”, sono state collocate anche le principali aree<br />

agricole, indicando i centri d’interesse settoriale, nei quali potrebbero localizzarsi i tipici<br />

servizi legati alla produzione primaria.<br />

7.3. Le potenzialità turistiche<br />

Sul ruolo turistico dei parchi nazionali si è ampiamente dissertato <strong>nel</strong> Cap.3, ma<br />

è bene puntualizzare alcuni spunti qualificanti il problema del turismo <strong>nel</strong> comprensorio<br />

del Gran Sasso d’Italia.<br />

In prima analisi è possibile avanzare una distinzione tra quelle attività turistiche<br />

già regolarmente avviate, autosostenute e pertanto pressochè totalmente svincolate<br />

dalla presenza del <strong>parco</strong>, e quelle invece che vengono incentivate e sviluppate in<br />

conseguenza proprio della istituzione di un'area protetta, per le quali questa<br />

rappresenta il principale veicolo promozionale.<br />

Sostanzialmente si può affermare che appartengono alla prima categoria le<br />

tipiche forme turistiche invernali, legate alle attrezzature per lo sci di discesa e per lo sci<br />

di fondo. Molto più condizionate in positivo dalla presenza del <strong>parco</strong> appaiono invece<br />

le attività ricreative e sportive estive, soprattutto quelle almeno parzialmente sorrette da<br />

motivazioni culturali, quali l'escursionismo pedonale o l'agriturismo.<br />

Di fronte a questa macrodistribuzione delle modalità di fruizione turistica del<br />

territorio, il <strong>parco</strong>, o meglio lo strumento di pianificazione e di controllo delle<br />

trasformazioni del <strong>parco</strong>, ha un duplice compito. Da un lato l' esigenza di regolare e<br />

razionalizzare le attività "autonome" del primo tipo, riconducendole entro i canoni di<br />

compatibilità ambientale prefissati dalle norme e dai regolamenti dell'Ente di gestione.<br />

Da un altra parte esiste l'opportunità di sviluppare quasi ex- novo un settore<br />

turistico, anche di notevole caratura quantitativa, predisponendo fin dall'inizio gli<br />

102 De Vecchis G.: La montagna italiana. Ed. Kappa, Roma 1992.<br />

124


strumenti e le modalità per il controllo dei flussi, ma anche le forme ed i veicoli per<br />

l'adeguata promozione di un potenziale economico di forte rilievo.<br />

In entrambi i casi, in sede di piano, si tratterà di prefigurare degli " interventi "<br />

che vanno dal " restauro ambientale " delle aree degradate dalle azioni operate per fini<br />

turistici, all'allestimento di " reti turistiche " costituite da poli attrezzati, servizi ricettivi e<br />

percorsi tematici plurimodali.<br />

Riferendosi allo specifico caso di studio del <strong>parco</strong> del Gran Sasso, è stata<br />

effettuata in primo luogo una ricognizione complessiva dei siti turistici, differenziandoli in<br />

estivi ed invernali, utilizzando alcuni riferimenti internazionali per classificare le attività.<br />

L'individuazione degli spazi ricreativi è stata eseguita riferendosi alla<br />

metodologia applicata dalla Agricoltural Rehabilitation and Development Act (ARDA)<br />

come parte del Canadian Land Inventory, già citata <strong>nel</strong> Par. 3.3, mediante la quale<br />

sono state individuate una serie di attività esplicabili in ambito montano,.<br />

Gli spazi ricreativi invernali godono di una fruibilità differente rispetto agli spazi<br />

estivi. Uno dei motivi è la necessaria presenza di infrastrutture, impianti ed apparati<br />

dedicati alla mobilità ed alla manutenzione degli spazi destinati a tali attività. In questo<br />

caso infatti, la continua manutenzione di impianti di risalita, piste e infrastrutture di<br />

supporto è condizione necessaria per un sicuro e corretto svolgimento delle attività<br />

esplicabili. Questo tipo di attività ricreativa comporta un impatto con l'ambiente<br />

notevolmente superiore a quello generalmente provocato dalle attività ricreative estive,<br />

per cui bisogna porre particolare attenzione a tutti gli interventi che si andranno ad<br />

attuare.<br />

Le attività individuate sono state poste in relazione con gli spazi necessari per il<br />

loro svolgimento. La determinazione delle corrispondenze spazi-attività ricreative è<br />

stata effettuata sulla base delle caratteristiche specifiche delle attività e sulla<br />

determinazione conseguente delle disponibilità di spazi idonei. Sostanziale, a questo<br />

scopo, è stata l' utilizzazione delle diverse analisi documentative di base, come<br />

l'altimetria, la clivometria, l'uso del suolo, la configurazione degli elementi insediativi ed<br />

infrastrutturali.<br />

Nell' analizzare la compatibilità tra attività produttive e ricreative vanno<br />

espresse alcune considerazioni. Per quanto riguarda attività del tipo " osservazione e<br />

visita " va notato come queste siano relative a spazi ben precisi e generalmente con<br />

condizioni di compatibilità con tutte le attività produttive primarie.<br />

Peraltro, l'osservazione e la visita sono in linea generale direttamente connesse<br />

con altre attività, come l'escursionismo, per cui ricadiamo <strong>nel</strong> campo di compatibilità<br />

inerente quest'ultima attività. Lo stesso discorso vale per la speleologia e, piú in<br />

generale, la visita delle cavità sotterranee. Per l'escursionismo, sia a piedi che equestre,<br />

si rileva che gli spazi ad esso corrispondenti, seppure limitrofi a quelli cosiddetti "<br />

produttivi ", non si sovrappongono di norma a questi; quindi le attività escursionistiche<br />

risultano sempre compatibili con quelle produttive, in quanto le interessano solo<br />

marginalmente, limitandosi ad " attraversare " gli spazi ad esse relativi.<br />

Come fonte dei dati si è presa in considerazione tutta la rete sentieristica<br />

riportata sulla Carta dei Sentieri del Club Alpino Italiano, ed inoltre il tratto abruzzese<br />

del Sentiero Italia 103 e i sentieri che fanno parte dell'"alta via", che costituisce un<br />

103 Club Alpino Italiano, Sezione dell’Aquila: Gran Sasso d’Italia, Carta dei sentieri 1:25.000. Firenze 1990.<br />

Per le caratteristiche del Sentiero Italia, Tratto Abruzzese si veda: Romano B.: Parchi e sentieri. Verde<br />

Ambiente,anno VIII, n.5, Roma 1992.<br />

125


itinerario continuo di crinale. I sentieri sono di varia difficoltà e lunghezza e sono, o<br />

dovranno, essere ben evidenziati ed attrezzati, ovvero dotati di segnavia, posti-tappa e<br />

guida, con modalità da definire più precisamente <strong>nel</strong>le norme. L'estensione della rete<br />

sentieristica ammonta a circa 400 km. C'è da rimarcare che pur essendo così estesa, la<br />

rete sentieristica viene usata in modo non omogeneo, in quanto gli escursionisti<br />

percorrono di preferenza gli itinerari più noti. Questo fatto provoca quindi da una parte<br />

il sovraffollamento di ben determinate zone del <strong>parco</strong> (che tra l'altro si situano<br />

principalmente in aree da sottoporsi al più elevato grado di <strong>tutela</strong>).<br />

Un vero discorso di compatibilità in termini di possibilità di sovrapposizione di<br />

spazio resta quindi da fare per alcune attività che interessano ambiti di tipo " areale "<br />

attrezzati o meno, come il pic-nic e il campeggio libero o organizzato.<br />

7.4 La ricettività turistica<br />

Per ciò che riguarda la struttura ricettiva extralberghiera (campeggi organizzati, rifugi e<br />

bivacchi) ci troviamo in presenza, almeno per quel che riguarda i campeggi, di un basso<br />

numero di attrezzature. Nell'area di studio sono presenti cinque parchi di campeggio<br />

organizzato per un totale di 34.000 mq. Diverso è il discorso per la ricettività, o meglio<br />

per i punti di appoggio offerti agli utenti come rifugi e bivacchi, che pur non<br />

raggiungendo la diffusione che si raggiunge <strong>nel</strong>le aree alpine, presenta una dotazione di<br />

circa 30 manufatti edilizi preesistenti da utilizzare come ricoveri occasionali, ma<br />

comunque potenzialmente ricuperabili a fini turistici tramite adeguate ristrutturazioni.<br />

Tab N°.22 - Rifugi e bivacchi 104<br />

RIFUGI<br />

Quota N. posti<br />

(m s.l.m.) letto<br />

Duca degli Abruzzi 2.388 20<br />

Garibaldi 2.236 15<br />

Carlo Franchetti 2.433 20<br />

Il Vaduccio 1.655 4<br />

Ostello di Campo Imperat. 2.136 40<br />

Anto<strong>nel</strong>la Panepucci 1.700 12<br />

Bivacco A.Bafile 2.669 9<br />

Bivacco G. Lubrano 1.745 4<br />

del Monte 1.614 ------<br />

S. Nicola 1.665 ------<br />

Fonte Vetica 1.632 ------<br />

Tito Acerbo 1.118 ------<br />

Totale 124<br />

La domanda attuale di ricettività a rotazione d’uso è prevalentemente sostenuta dalla<br />

dotazione alberghiera presente, pari a circa 2800 posti letto computati <strong>nel</strong> 1991 (Tab.<br />

23).<br />

104 Di Profio G., Bivacchi e capanne d’alta quota. D’Abruzzo, anno III, n.2, Pescara 1990.<br />

126


Tab. N°.23 - Dotazione di posti letto in strutture a rotazione d'uso<br />

Comune<br />

N.<br />

Alberghi<br />

Posti<br />

letto<br />

N.<br />

Campeggi<br />

127<br />

Posti<br />

letto<br />

Campotosto<br />

Poggio Canc.<br />

4 150<br />

-- --<br />

Castel del M. 2 35 1 440<br />

Capitignano 1 14 -- --<br />

L'Aquila<br />

13 1.118<br />

1 120<br />

Assergi<br />

1 52<br />

-- --<br />

Bazzano<br />

1 18<br />

-- --<br />

Campo Imper.<br />

1 100<br />

-- --<br />

Fonte Cerreto<br />

3 199<br />

1 160<br />

Montereale 1 14 -- --<br />

Pizzoli 1 69 -- --<br />

Poggio P. 1 12 -- --<br />

Prata d'Ans. 1 25 -- --<br />

Navelli -- -- 1 200<br />

Farindola 1 81 -- --<br />

Castelli<br />

Crognaleto<br />

1 14 -- --<br />

Nerito<br />

1 12<br />

-- --<br />

Fano Adriano<br />

1 34<br />

-- --<br />

Cerqueto<br />

1 32<br />

-- --<br />

Isola del G.S.<br />

5 93<br />

-- --<br />

S.Gabriele<br />

3 71<br />

-- --<br />

Montorio al V 2 90 -- --<br />

Pietracamela<br />

1 31<br />

-- --<br />

Prati di Tivo<br />

7 503<br />

1 440<br />

TOTALE<br />

54<br />

2.800<br />

5<br />

1.360<br />

I dati ISTAT relativi al patrimonio residenziale riportati <strong>nel</strong>la Tab...., riguardano<br />

le quantità relative al patrimonio edilizio totale e non occupato, riferite ai censimenti del<br />

1971 e 1981. Inoltre <strong>nel</strong>la Tab. 28 viene differenziato il patrimonio edilizio non<br />

occupato <strong>nel</strong>l'anno 1991 dipendentemente dalle cause di non uso, distinguendo le<br />

seguenti categorie :<br />

a - stanze utilizzate per vacanze;<br />

b - stanze non utilizzate.<br />

Al punto a) sono censite ovviamente le seconde case, utilizzate prevalentemente dai<br />

proprietari per limitati periodi dell’anno; tale quantità costituisce la residenza turistica<br />

già collocata, pari ad oltre 40.000 stanze che diventano poco più di 12.000 se si<br />

prendono in considerazione i soli comuni con capoluogo municipale posto all’interno<br />

della perimetrazione del <strong>parco</strong> proposta <strong>nel</strong> presente studio, e escludendo in ambedue i<br />

casi i numeri del comune dell’Aquila.<br />

Al punto b) sono ascritte le stanze che costituiscono il patrimonio edilizio generalmente<br />

definito “in abbandono”, per il quale, permanendo o meno un interesse proprietario, è<br />

venuto a mancare l’effettivo utilizzo.<br />

Queste ultime ammontano rispettivamente, secondo il medesimo criterio poco sopra<br />

precisato, a circa 12.200 e 3.600.


Tracciate le cause della non occupazione appare evidente come, <strong>nel</strong>l'ottica di<br />

previsione di un eventuale riutilizzo del patrimonio edilizio esistente a fini ricettivi<br />

turistici, può essere presa in considerazione la categoria b.<br />

Quest'ultima, in particolare, caratterizza tipicamente la realtà insediativa della nostra<br />

area di studio, interessata rilevantemente dal fenomeno dell'abbandono dei centri<br />

montani, e del conseguente trasferimento della popolazione <strong>nel</strong>le aree urbane di<br />

maggiori dimensioni.<br />

..............................inserire Tab. 24 completata con i dati di teramo e pescara...<br />

La dotazione complessiva teorica delle oltre 12.000 stanze di cui si è detto (di cui<br />

3.600 all’interno del perimetro del <strong>parco</strong>) da recuperare per uso di residenza e di<br />

ricettività turistica, corrispondente teoricamente a quasi 16.000 posti letto potenziali (di<br />

cui quasi 4.700 all’interno del <strong>parco</strong>), quantità che si presume largamente sufficiente a<br />

coprire la maggior parte della domanda futura, anche considerando un'alta percentuale<br />

di indisponibilità, di inidoneità e di sfrido.<br />

Si tenga presente che alcuni centri storici dell’area del Gran Sasso, interamente<br />

contenuti <strong>nel</strong>la perimetrazione proposta, riportati <strong>nel</strong>la Tab.25, che ospitano<br />

attualmente(dati ISTAT 1991) 13.971 abitanti residenti complessivi, ne ospitavano ben<br />

25.783 <strong>nel</strong> 1861.<br />

Questo dato fornisce una idea della consistenza dei contenitori edilizi storici relativi che,<br />

pur con i dovuti distinguo rispetto ai livelli correnti di standard abitativi e di prestazione,<br />

e tenendo conto anche degli eventi sismici avvenuti <strong>nel</strong> corso dei primi decenni del<br />

1900, ospitavano quasi 12.000 unità in più.<br />

Da tali valutazioni discende come, a nostro avviso, la politica socioeconomica e<br />

urbanistica dei comuni del <strong>parco</strong> <strong>nel</strong> campo della residenza e della ricettività turistica<br />

dovrà essere interamente rivolta al riuso del patrimonio edilizio esistente.<br />

Ciò anche ai fini del raggiungimento dell’obiettivo del recupero delle strutture<br />

architettoniche e del mantenimento della funzione socioeconomica dei centri storici,<br />

coerentemente con quanto si è ampiamente sostenuto <strong>nel</strong> par. 2.3.<br />

7.5 Linee strategiche per il piano del <strong>parco</strong><br />

Attraverso questa proposta di " linee strategiche per il piano del <strong>parco</strong> ". vengono<br />

offerte, seppure sempre in chiave problematica, alcune prime ipotesi di " disegno del<br />

<strong>parco</strong> ". Queste ipotesi non fanno più capo a specifici settori tematici o aree spaziali,<br />

ma ricercano una totale integrazione tra gli aspetti di <strong>tutela</strong>, della fruizione turistica,<br />

dell'uso produttivo, dell'organizzazione efficiente dei servizi sociali, del nuovo ruolo<br />

territoriale dei singoli nuclei urbani e dei centri storici. Solo per motivi di chiarezza<br />

espositiva vengono separati i tematismi programmatici rappresentati (Tav. N°...)<br />

Sulla articolazione delle zone di <strong>tutela</strong> interne al <strong>parco</strong> abbiamo già avuto occasione di<br />

parlare <strong>nel</strong> par. 7.1.<br />

7.5.1 Servizi del <strong>parco</strong><br />

128


In ordine ai servizi gestionali e di supporto al turismo, sono state individuate le seguenti<br />

tipologie:<br />

- Centri di visita;<br />

- Musei e mostre permanenti;<br />

- Aree faunistiche;<br />

- Orti botanici;<br />

- Strutture di supporto alla sorveglianza e alla ricerca di campo;<br />

- Sedi amministrative e direzionali.<br />

Si propone che i centri di visita e di informazione vadano a situarsi in quasi tutti<br />

i centri abitati pedemontani che contornano il massiccio del Gran Sasso, che saranno<br />

sede di vari tipi di prestazioni. Il centro di visita è una struttura già ampiamente<br />

collaudata <strong>nel</strong>le sue funzioni <strong>nel</strong>la esperienza del Parco Nazionale d' Abruzzo, sostanzialmente<br />

come punto di contatto preferenziale con l'utenza turistica dei diversi tipi.<br />

Il centro di visita è generalmente organizzato come un’agenzia in grado di fornire<br />

informazioni di carattere generale, oltre che materiale documentale, su tutte le caratteristiche<br />

del Parco e su tutti gli altri servizi disponibili.In corrispondenza dei centri di<br />

visita potranno inoltre essere presenti mostre permanenti sulle peculiarità ambientali,<br />

folkloristiche, artigianali, artistiche etc. del Parco in generale, e del centro urbano<br />

relativo in particolare.<br />

Le strutture edilizie di riferimento preferenziale per i centri di visita sono naturalmente i<br />

centri storici con i loro edifici potenzialmente ricuperabili a questa funzione.<br />

Le attività di sorveglianza e di ricerca, pur differenziandosi sostanzialmente <strong>nel</strong>le finalità,<br />

hanno comunque in comune, sul piano gestionale, l' esigenza di movimento sul territorio<br />

e la necessità di avvalersi di punti di appoggio distribuiti su questo ed utilizzabili per una<br />

molteplicità di funzioni.<br />

Gli elementi di supporto alla sorveglianza ed alla ricerca di campo interessano quindi<br />

delle strutture fisse da reperirsi <strong>nel</strong> sistema delle presenze architettoniche distribuite<br />

diffusamente sul territorio del <strong>parco</strong>. Le iniziative finalizzate al recupero di queste<br />

componenti insediative vanno pertanto attivate con questo obiettivo principale.<br />

7.5.2. Razionalizzazione delle strutture turistiche esistenti<br />

Le indagini e le prime linee di individuazione delle potenzialità, illustrate <strong>nel</strong> capitolo 6,<br />

hanno evidenziato una ambivalenza di rapporto tra il <strong>parco</strong> e le attività ricreative in esso<br />

esplicabili. Più precisamente si presenta la necessità di controllare quelle attività<br />

preesistenti e già consolidate, che possono definirsi come "autosostenute" in termini di<br />

spazi attrezzati e di domanda di fruizione.<br />

A queste categorie vanno ascritte le attività sciistiche con i loro relativi impianti ed<br />

attrezzature, che già da anni operano sul territorio in maniera sostanzialmente<br />

indipendente, sul piano organizzativo ed economico, dal loro contesto territoriale.<br />

Nei confronti di queste attività il Parco dovrà assumere un ruolo " razionalizzatore ",<br />

non penalizzando necessariamente gli interessi economici già attivati, ma procedendo<br />

ad un controllo, seppure a posteriori, degli impatti ambientali provocati ed,<br />

eventualmente, ancora provocabili.<br />

129


Questa assunzione di ruolo di controllo si traduce, dal lato della pianificazione degli<br />

interventi, <strong>nel</strong>la previsione di azioni di restauro e di risanamento strutturale e<br />

paesaggistico delle zone interessate da questi tipi di funzione. L'attuazione di questi<br />

interventi è stata peraltro inserita programmaticamente tra le azioni " complesse " che<br />

sono successivamente illustrate.<br />

Entrando <strong>nel</strong> merito di alcuni singoli interventi prefigurati, tutti gli impianti sciistici<br />

esistenti sul massiccio del Gran Sasso vengono indicati come suscettibili di<br />

miglioramento funzionale. Detto miglioramento va inteso come la possibilità di<br />

procedere al riammodernamento delle infrastrutture attuali o a limitate estensioni delle<br />

stesse. Questi interventi andranno comunque attentamente vagliati in funzione sia della<br />

effettiva richiesta di bacini sciistici di questo tipo, sia dei rapporti costi-benefici e sia<br />

ovviamente del valore ambientale delle aree interessate.<br />

7.5.2. Organizzazione della fruizione del <strong>parco</strong> e della mobilità<br />

Per tornare ai rapporti tra il <strong>parco</strong> e l'uso turistico del territorio, sono poi da segnalare<br />

quelle attività che, al momento attuale non possono certamente ritenersi molto<br />

sviluppate, se non in qualche caso circoscritto. In questa categoria di attività ricreative<br />

vanno ascritte le forme escursionistiche guidate e tutti gli aspetti della fruizione<br />

tipicamente culturale, fondata sulla acquisizione della conoscenza delle molteplici<br />

componenti del <strong>parco</strong>. La funzione programmatica del <strong>parco</strong> verso queste forme<br />

ricreative dovrà essere peraltro molto più accentuata, in quanto trattasi di attività che<br />

traggono promozione ed incentivazione proprio dalla presenza dell'area protetta e dall'<br />

effetto di " richiamo " che questa provoca nei confronti della domanda potenziale.<br />

Si tratta in particolare di una azione organizzativa e di controllo che gode<br />

comunque del vantaggio di poter essere pianificata fin dal suo inizio, con attenzione alle<br />

diverse implicazioni in termini di incentivazione ed arginamento degli impatti.<br />

Un importante elemento strutturante l'intero sistema territoriale del <strong>parco</strong>, è già<br />

stato individuato <strong>nel</strong> paragrafo 7.3 <strong>nel</strong>la rete locale della mobilità pedonale e nei relativi<br />

itinerari escursionistici che questa rete compongono, unitamente agli accessi. La rete<br />

escursionistica percorre l'intero territorio con direttrici di diverso rilievo.<br />

..........inserire schema della mobilità pedonale<br />

Dallo schema allegato (Fig.. ) emerge l'individuazione di due linee principali di<br />

spostamento pedonale, denominate " Alta Via " e " Sentiero Italia ".<br />

Per la caratterizzazione di questi elementi si è fatto ampio riferimento a<br />

documentazione di studio e di progetto già esistente (si veda la nota n. .....), <strong>nel</strong>la quale<br />

sono state affrontate <strong>nel</strong> dettaglio tutte le tematiche coinvolte. Dal disegno della struttura<br />

della rete escursionistica deriva uno sviluppo totale dei segmenti della viabilità<br />

pedonale pari a circa 400 Km e organizzati schematicamente "a pettine" rispetto alle<br />

citate direttrici strategiche.<br />

130


I luoghi di scambio tra la mobilità veicolare e quella pedonale o comunque di<br />

penetrazione <strong>nel</strong> <strong>parco</strong> sono stati individuati negli accessi attrezzati, ognuno dei quali<br />

classificato secondo un criterio basato sul livello di attrezzatura.<br />

Tab. N° - Attrezzature e servizi dei vari ordini di accesso<br />

Si tratta infatti di località raggiungibili con i normali mezzi di trasporto oppure<br />

con impianti a fune ed oltre i quali gli spostamenti possono essere di tipo<br />

esclusivamente pedonale. Sono stati definiti 4 tipi di accessi al Parco in funzione delle<br />

loro attrezzature:<br />

- Accessi intermodali: Luoghi di ingresso al territorio del <strong>parco</strong> collocati in corrispondenza degli<br />

snodi principali del sistema dei collegamenti (autostrade, strade di grande importanza, linee<br />

ferroviarie), dotati dell'intera gamma dei servizi per la collettività e delle attrezzature turistiche<br />

anche di livello superiore. Il livello di dotazione corrisponde a quello riscontrabile nei centri<br />

principali pedemontani.<br />

- Accessi del 1° ordine : terminali attrezzati di ingresso al Parco dotati di un'ampia gamma di<br />

servizi commerciali, culturali e ricettivi. Il livello di queste dotazioni dovrebbe sempre<br />

corrispondere a quello riscontrabile nei centri minori pedemontani che si configurano pertanto<br />

sempre almeno come accessi del 1° ordine.<br />

Questo tipo di accesso presenta parcheggio, posti letto in albergo o camping, servizi di infermeria<br />

e pronto soccorso, posto di chiamata per il soccorso alpino, possibilità di essere accompagnati de<br />

Guide escursionistiche sui vari percorsi, eventuale maneggio per le lezioni di equitazione e gite a<br />

cavallo.<br />

- Accessi di 2° ordine : terminali attrezzati di ingresso al Parco dotati almeno dei servizi ricettivi di<br />

base, nonchè delle attrezzature minimali per la sosta ed il ristoro.<br />

Oltre alle attrezzature descritte per l'accesso del 3° ordine, questo presenta piazzali di parcheggio e<br />

strutture in grado di offrire ricettività di fortuna.<br />

- Accessi del 3° ordine : terminali di accesso al Parco dotati delle attrezzature minimali di<br />

segnalazione sosta e parcheggio.<br />

Questo tipo di accesso non è attrezzato, ma presenta unicamente un cartello di segnalazione<br />

unitamente ad una cartografia dalla quale risulti la posizione del relativo accesso rispetto al<br />

131


territorio del Parco e l'indicazione dei vari percorsi pedonali percorribili da tale accesso con<br />

specificati dislivelli, tempi medi di percorrenza, punto di arrivo, eventuali peculiarità di tipo<br />

ambientale presenti sul percorso, livello di difficoltà.<br />

Infine vengono individuati alcuni interventi definiti “complessi”, in quanto coinvolgono a<br />

loro volta un insieme di iniziative elementari, che sono i seguenti:<br />

7.5.4. Interventi di recupero edilizio e di restauro del territorio<br />

- Ambiti di recupero edilizio;<br />

- Ambiti di riqualificazione urbanistica;<br />

- Ambiti di potenziamento dei servizi sociali;<br />

- Ambiti di restauro paesaggistico;<br />

- Ambiti di disincentivazione della percorribilità di segmenti viari;<br />

....................completare con i nomei<br />

Tutta questa serie di ambiti dovranno in seguito essere puntualizzati<br />

maggiormente, individuando i modi ed i tempi degli interventi, facendone oggetto in<br />

definitiva di progetti d’area localizzati.<br />

Ricettività e residenzialità<br />

E’ opportuno esprimere qualche riflessione su alcuni aspetti particolari che si sono<br />

evidenziati <strong>nel</strong> corso del lavoro, soprattutto sugli argomenti della utilizzazione turistica<br />

del <strong>parco</strong> e del ruolo degli insediamenti.<br />

Sul tema della ricettività è necessario ribadire qualche dato, già in precedenza<br />

esposto. L' analisi preliminarmente condotta sulla dotazione attuale di attrezzature<br />

ricettive ha messo in evidenza alcune concentrazioni di questa, in corrispondenza dei<br />

poli turistici autonomamente già affermati.<br />

Ha messo però parimenti in rilievo le numerose carenze che riguardano le generalità del<br />

territorio, carenze che vanno necessariamente colmate se si intende perseguire<br />

l'obiettivo del riequilibrio degli interessi e delle economie, almeno <strong>nel</strong> settore degli<br />

interventi legati al turismo. Chiaramente le tipologie della ricettività turistica collegate<br />

alla presenza del <strong>parco</strong> non possono ricalcare i canoni di matrice formale che hanno<br />

ispirato gli interventi analoghi degli anni 60 e 70 e che sono tutt'ora riscontrabili <strong>nel</strong>le<br />

architetture dei numerosi residence e alberghi.La potenziale domanda esige livelli<br />

qualitativi e tipologici di natura ben differente ed orientati in tutt'altra direzione.<br />

Come si è visto <strong>nel</strong> par.7.4 i principali candidati ad assolvere la funzione ricettiva sono<br />

in questo caso i centri storici, con i loro elementi edilizi di pregio architettonico,<br />

ancorchè generalmente non più utilizzati da anni, vittime dello spopolamento che<br />

affligge cronicamente i centri della montagna.<br />

Se in alcuni centri da qualche anno è già avviata una azione di recupero, più che altro<br />

per uso seconda casa in omaggio a mode imperanti, in molti casi sono tutt'ora assenti<br />

attrezzature ricettive di tipo alberghiero o paralberghiero. D'altro canto i dati disponibili<br />

dall' ISTAT mettono in luce una teorica possibilità di poter usufruire di quasi 16.000<br />

posti letto, da ricavarsi in edifici storici, a fronte dell' attuale dotazione di alberghi di<br />

2.800 posti letto e di oltre 52.000 posti letto stimati in seconde case.<br />

132


Anche questo genere di interventi di recupero viene inquadrato <strong>nel</strong>la categoria delle<br />

azioni complesse, ed interessa pressochè tutti i centri della corona pedemontana,<br />

seppur con diversa intensità. Al di là del pronunciamento di principio. il recupero degli<br />

edifici storici, per fini sociali o turistico-ricettivi che si voglia, rappresenta forse<br />

l'impegno politico-gestionale più gravoso e complesso, ma anche tra i più significativi<br />

per un <strong>parco</strong>.<br />

7.5.5. Il coinvolgimento degli abitanti e dell’imprenditoria locale<br />

Se dal punto di vista strettamente tecnico, in ordine agli aspetti statici, distribuitivi,<br />

prestazionali ed architettonici, la soluzione, anche se non banale, è fornita da<br />

regolamenti e normative articolate, ben diverso si profila il problema del recupero<br />

funzionale finalizzato ad alcuni usi di interesse collettivo.<br />

Come abbiamo già avuto modo di accennare, gli attuali stimoli di tipo<br />

economico pilotano essenzialmente i mercati immobiliari locali verso le vendite a<br />

clientela esterna per l'acquisizione di seconde case per vacanze. Questa tendenza è<br />

attualmente in incremento legandosi anche ai fattori comportamentali in corso di grande<br />

diffusione.<br />

Del resto la carenza di imprenditorialità locale fa si che il mezzo più rapido e<br />

conveniente per ottenere benefici economici sia l'alienazione dei beni immobiliari non<br />

più di uso proprio, e non certamente la loro trasformazione in sedi di attività economiche<br />

da gestire direttamente da parte del proprietario. In sostanza questo processo,<br />

lasciato ad una evoluzione spontanea, conduce ad una graduale sostituzione della<br />

popolazione autoctona con popolazione "turistica".<br />

Sul piano dell'effetto di recupero sugli immobili questo fenomeno può ritenersi<br />

positivo, riuscendo beninteso a regolare opportunamente le modalità architettoniche<br />

degli interventi.<br />

Dal punto di vista del ruolo territoriale e sociale del centro questo tipo di<br />

dinamica si presenta al contrario negativa, in quanto genera nuclei urbani che<br />

rimanendo pressochè deserti per la maggior parte dell'anno non sono più in grado di<br />

sostenere nessuna attività economica di carattere permanente, e soprattutto che non<br />

ricoprono più alcuna funzione di riferimento per il territorio circostante.<br />

In questo scenario già oggi documentabile con molti esempi concreti, il <strong>parco</strong><br />

con la sua filosofia gestionale, deve inserirsi come elemento capace di provocare una<br />

inversione di tendenza, almeno parziale. L'obiettivo prioritario dovrà essere quello di "<br />

recuperare " il centro storico non solo sotto il lato fisico e strutturale del costruito, ma<br />

anche sul piano degli interessi permanenti, di carattere economico e occupazionale, non<br />

quindi stagionalmente circoscritti. In questo senso la presente proposta di linee<br />

strategiche per il Piano fornisce l'indicazione di localizzazione delle funzioni direzionali<br />

direttamente nei centri del <strong>parco</strong>, oltre, naturalmente, a sedi di rappresentanza<br />

collocate <strong>nel</strong>l'area urbana dell'Aquila o di Teramo o, anche, di Roma.<br />

E' di conseguenza necessario coinvolgere in questi interessi la popolazione<br />

residua in primo luogo. ma anche quella che da breve tempo ha abbandonato questi<br />

luoghi per motivi occupazionali.<br />

L' operazione che va costruita deve tendere a fornire una "centralità<br />

psicologica" a questi luoghi, trasformandoli <strong>nel</strong>l'idea collettiva da siti marginali e<br />

decentrati, a sedi privilegiate di attività interessanti e stimolanti, ed anche "continue" <strong>nel</strong><br />

133


tempo. In questo senso la presenza del <strong>parco</strong> dovrà fungere da catalizzatore per<br />

convogliare in questi luoghi interessi congressuali e culturali, oltre quelli turistici già<br />

presenti e certamente incentivabili.<br />

Per assolvere a questa funzione sarà necessario realizzare nei centri storici<br />

interventi di dotazione di strutture alberghiere o paraalberghiere, sempre inquadrate<br />

<strong>nel</strong>l'ottica generale della politica del recupero edilizio. E' qui che possono sorgere<br />

alcune rilevanti difficoltà legate ai regimi proprietari degli immobili. L'iniziativa privata<br />

<strong>nel</strong>la realizzazione di strutture ricettive non è di facile avvio, a meno che non si ricorra a<br />

forme di cospicuo sostegno finanziario.<br />

Non volendo percorrere questa linea, bisognerà aspettarsi tempi non brevi<br />

<strong>nel</strong>l'attivazione delle iniziative, tempi legati alla lenta presa di coscienza, da parte dei<br />

privati delle opportunità reali che consentano di intraprendere una attività economica<br />

autosostenuta. Un’ ulteriore possibilità alternativa è riposta <strong>nel</strong>l'iniziativa degli Enti<br />

Locali, come del resto è già accaduto in qualche caso.<br />

I problemi principali riguardano l'acquisizione degli immobili dai privati o la<br />

trasformazione di edifici già di proprietà pubblica, nonchè la seguente gestione della<br />

struttura. Anche se non fosse ottimale sul piano dell'efficienza, questa iniziativa pubblica<br />

è però da ritenersi comunque positiva, se non altro per il fatto di costituire un esempio<br />

promozionale sul funzionamento in loco di attività di imprenditoria turistica che possa<br />

attivare anche dei privati.<br />

In ogni caso, anche se ciò comporta come abbiamo detto dei tempi lunghi, il<br />

coinvolgimento della popolazione locale <strong>nel</strong>la gestione delle attività economiche è un<br />

obiettivo di fondo che va perseguito con ogni mezzo, consapevoli che è l'unico modo<br />

per poter ottenere un recupero "globale" dei centri storici.<br />

134


PARTE III<br />

L'EVOLUZIONE STORICA DEL TERRITORIO<br />

(Alessandro Clementi)<br />

L'evoluzione storica del territorio che ha come polo di riferimento il Gran Sasso<br />

(quanto meno quella parte di esso che del Massiccio fece sempre ragion di vita)<br />

coincide con la storia della transumanza ovvero di quel fenomeno di pendolarismo del<br />

bestiame minuto attraverso il quale si era in grado di sfruttare i grandi altipiani abruzzesi<br />

(e tra questi preminenti Campo Imperatore e Campo pericoli) come parchi estivi e il<br />

Tavoliere delle Puglie come pascolo invernale.<br />

La transumanza ha radici antiche. Gli studi di Fleming, del Renfrew e del Gabba ne<br />

fanno risalire le origini all'età preromana. Fino al secolo scorso, quando le terre<br />

spostamento stagionale delle greggi aveva rappresentato il metodo più razionale e<br />

redditizio per lo sfruttamento della disponibilità del pascolo estivo<br />

della montagna abruzzese e del pascolo invernale offerto dalle pianure del Tavoliere.<br />

La lunghezza del viaggio e la distanza intercorrente tra i poli di arrivo e di partenza<br />

implicavano tuttavia una condizione di natura politica da cui dipendeva completamente<br />

l'utilità e praticabilità di uno "spostamento di capitali" che di per sè costituiva<br />

un'operazione meramente economica, una semplice tecnica produttiva.<br />

Alla transumanza occorre una situazioe politica favorevole, un sistema statale stabile ed<br />

uniforme, capace di garantire la sicurezza dello spostamento effettuato dal capitale<br />

"migrante".<br />

Senza questa cornice politica la transumanza vacilla e finisce inevitabilmente per<br />

scomparire.<br />

Non casualmente è proprio l'età romana a segnare un primo momento di grande<br />

splendore del fenomeno, che rileviamo attraverso un'eccellente documentazione<br />

letteraria (Catone, Cicerone, Colum<strong>nel</strong>la, Plinio il Giovane) ed epigrafica.<br />

Notevoli potrebbero essere gli approfondimenti che la nostra ricerca è chiamata a<br />

sviluppare attorno a questa prima vicenda della transumanza: valutare e descrivere il<br />

periodo preromano, definire il significato ed il rilievo delle città in età romana, stabilire i<br />

tempi ed i termini del declino.<br />

Con l'estinzione dello stato romano ed il venir meno di condizioni di sicurezza la<br />

transumanza sparisce più o meno lentamente e con essa vengono meno i principali<br />

insediamenti. Poi la lenta ripresa, il ritorno dei tratturi in mezzo ad una selva ridivenuta<br />

estesa e compatta, il ricomporsi di una situazione politica adeguata: le assise di<br />

Guglielmo II, estremamente favorevoli ai pastori, documentano il coincidere della<br />

dominazione normanna con il rilancio della pastorizia transumante.<br />

Diviene più forte l'alleanza tra armentari e stato. Una grande transumanza ha bisogno di<br />

uno stato forte ovvero di uno stato che tenda al consolidamento e alla creazione di<br />

energie che spingano verso l'unità e l'omogeneità, del potere centrale. Un tale stato è<br />

irresistibilmente attratto dalle entrate abbondanti, assidue e sicure garantite dai<br />

pagamenti degli armentari.<br />

Questa esigenza di stabilità caratterizza tutta la storia della transumanza. Inizia con la<br />

fase dell'incastellamento e si conclude con la creazione di una magistratura apposita, la<br />

dogana, privilegio straordinario del caotico e torbido intrigo dei tribunali napoletani.<br />

La Dogana assicurava una giustizia più agile agli imprenditori coinvolti <strong>nel</strong>le migrazioni<br />

stagionali.<br />

135


Impresa particolarmente ardua (ma suggestiva ed i<strong>nel</strong>udibile) è la presentazione e la<br />

descrizione del vero cuore pulsante della transumanza: la masseria. La masseria, è stato<br />

scritto, "prima di essere fisico, opificio,è l'insieme delle attività degli uomini, degli<br />

animali e delle cose che il massaro dirige" (in "Omaggio al Gran Sasso", p. 194).<br />

Caratteristica della masseria è la rigida gerarchia in cui si fondono paternalismo e<br />

divisione dei ruoli e del lavoro.<br />

Se a livello di cultura materiale è agevole pensare ad una ricostruzione dei luoghi, degli<br />

oggetti e persino delle lavorazioni, problematico ci appare il tentativo di ricostruire con<br />

la stessa immediatezza il clima psicologico, la cultura, le relazioni esistenti in<br />

quell'universo chiuso, improntato alle leggi non scritte del patriarcato, che è la masseria.<br />

Nonostante ciò esiste un'ipotesi che si prefigge di penetrare anche all'interno del<br />

microcosmo pastorale, procedendo alla ricostruzione della mentalità attraverso il<br />

recupero di epistolari, di atti processuali, di testimonianze orali, di leggende, di canti e<br />

di altre forme, artistiche o meno, di espressione diretta.<br />

Lavoro paziente ed esteso è quello che concerne i tratturi: gli itinerari, i culti (dall'Ercole<br />

pagano ai santi cristiani) ed i luoghi ad essi legati, i rapporti con le economie e le culture<br />

atttraversate dal viaggio, l'organizzazione e la strutturazione della "morra".<br />

Non trascurabile infine la descrizione dell'allevamento e della cultura materiale ad esso<br />

legata. Si deve partire da una base architettonica (lo stazzo) per arrivare agli oggetti ed<br />

alle fasi di lavorazione legati allo sfruttamento della bestia (mungitura utilizzo del latte,<br />

tosatura, macellazione), fino ad una conclusione che non può che riguardare gli animali,<br />

da quelli sussidiari (cavallo, cane, mulo, capra) a quello costitutivo, fondante: la pecora,<br />

con la varietà delle sue razze, dei suoi comportamenti, delle sue evoluzioni (determinati<br />

dagli incroci e dall'introduzione di nuove razze), delle sue malattie, delle sue oscillazioni<br />

(legate al prezzo ed al tipo di richiesta del consumatore) sul mercato. Anche il<br />

consumatore, non dimentichiamolo, entra <strong>nel</strong>la storia della pastorizia e con lui entrano<br />

le grandi evoluzioni del costume, gli sviluppi dei commerci e delle tecnologie industriali.<br />

Volta a volta la pecora è mera portatrice di lana, fornitrice di carne, procreatrice di<br />

ag<strong>nel</strong>li e di latte da formaggio, determinando vari tipi di economia che condizionano il<br />

paesaggio e gli insediamenti.<br />

Se sono vere queste situazioni diviene notevolmente difficile <strong>nel</strong>lo spazio di un saggio<br />

rilevare l'evoluzione, le mutazioni, le trasformazioni storiche del paesaggo così come si<br />

son venute determinando <strong>nel</strong> corso dei tempi lunghissimi che vanno dalla preistoria ai<br />

nostri giorni.<br />

Poco si può dire sulla preistoria relativamente e all'Abruzzo in genere e al gran Sasso i<br />

particolare per quanto riguarda la transumanza.<br />

Dice V. D'ercole (1)<br />

Schematizzando si può tentare di riassumere intorno ad alcuni capisaldi la situazione<br />

dell'Abruzzo durante il neolitico: strategia agricola (soprattutto negli orizzonti Catignano<br />

e Ripoli) <strong>nel</strong>le aree costiere, sovrabbondanza di presenze archeologiche <strong>nel</strong>l'Abruzzo<br />

settentrionale (stato delle ricerche o effettivo livello demografico), limitata transumanza<br />

verticale; utilizzo delle conche interne (Fucino, Sulmona, Navelli,) da parte di comunità<br />

meno numerose e maggiormente dedite all'allevamento e alla caccia.<br />

Il terzo millennio (eneolitico o età del rame) sembra cambiare di poco il quadro sin qui<br />

tracciato, soprattutto per l'Abruzzo costiero. Si continua infatti ad abitare in villaggi di<br />

pianura di "tipo neolitico" e si continuano ad utilizzare le stesse grotte,probabilmente<br />

con gli stessi scopi. Compaiono numerosi oggetti (pugnali in selce da pennadomo,<br />

136


Fonte d'Amore ecc.) asce in pietra a ferro da stiro (Penne, Caramanico, Lettopalena,<br />

Chieti ecc.) che testimoniano l'accettazione e l'uso di questi modelli che non sembrano<br />

però (anche perchè sempre rinvenuti isolati e privi di contesto) modificare in modo<br />

evidente i rapporti di produzione e lavoro.<br />

Ancora una volta si diversifica però l'Abruzzo interno: vi troviamo infatti tracce della<br />

cultura di Rinaldone (Tagliacozzo, Grotta a Male, Assergi) con cui ha inizio il processo<br />

di avvicinamento di quest'era al mondo tosco-laziale che diverrà più evidente nei secoli<br />

successivi. Si sviluppa, <strong>nel</strong> Fucino, la ecologicamente specializzata (caccia, pesca)<br />

cultura di Ortucchio. Inizia infine un processo di acquisizione e sfruttamento stabile di<br />

aree pedemontane e di altopiano come Fonte d'Amore, Busciara e le Castagne<br />

(Mattiocco 1981).<br />

Nel corso del secondo millennio (età del bronzo) si avvertono archeologicamente<br />

sostanziali mutamenti. Nei primi secoli (antica età del bronzo) compaiono sepolture di<br />

individui eminenti con alabarda in metallo (Peroni 1971) a Popoli e a Teramo, si assiste<br />

al fenomeno dei ripostigli (Alanno, Capestrano, Loreto aprutino) dislocati nei pressi di<br />

quella che sarà la principale via di penetrazione-confine-scambio dell' Abruzzo: la valle<br />

del Pescara. Il fenomeno più macroscopico però è "l'incastellamento." dei siti che si<br />

coglie a partire dalla media età del bronzo (metà del secondo millennio).<br />

Contrariamente alla classica teoria puglisina (Pugliesi 1959) che vede <strong>nel</strong>la<br />

predominanza degli insediamenti in grotta della civiltà appenninica il sintomo di<br />

un'economia basata essenzialmente sulla pastorizia transumante, è probabilmente in<br />

questo periodo che le attività produttive si diversificano maggiormante, che si assiste ad<br />

una capillare occupazine del territorio (e quindi delle risorse), che nascono<br />

diversificazioni di ruolo e poteri "politico-religiosi".<br />

E ancora<br />

che la pastorizia sia stata un elemento costante e fondamentale <strong>nel</strong>la storia economica<br />

abruzzese lo si è visto fino dal neolitico, ma sicuramente essa ha avuto un peso assai<br />

diverso a seconda degli ambienti ecologici e dei tempi. Sicuramente non sono mai<br />

esistiti, durante la preistoria, i tratturi come li conosciamo a partire dal XIII secolo d.C.<br />

<strong>nel</strong> Regno delle Due Sicilie. Non sono mai esistiti perchè non v'è mai stato prima di<br />

Roma un potere politico che unificasse Abruzzo, Molise e Puglia superando i ristretti<br />

poteri cantonali e garantendo la libera e sicura viabilità. Probabilmente poi non c'è mai<br />

stato, prima della età imperiale romana, tanto surplus economico per investire in greggi<br />

così grandi; il capitalismo si è affermato in Abruzzo verosimilmente solo negli ultimi due<br />

secoli della repubblica.<br />

Sarà opportuno ora procedere rilevando le sole generalità sia pur tentando gli<br />

approfondimenti.<br />

Il massiccio del Gran Sasso, a seconda lo si consideri dal versante settentrionale o<br />

meridionale, presenta caratteristiche morfologiche affatto diverse. Alle precepiti pareti<br />

del versante settentrionale, fa riscontro un degradare del versante meridionale<br />

attraverso due vasti altipiani. Tale diversa configurazione ha determinato difformi<br />

atteggiamenti delle popolazioni pedemontane dei due versanti: mentre gli insediamenti<br />

umani del versante settentrionale hanno mostrato <strong>nel</strong> tempo una naturale tendenza a<br />

forme di economia prevalentemente agricola, con conseguente slittamento verso il<br />

137


mare, <strong>nel</strong> versante meridionale, viceversa, si è riscontrata costantemente una tendenza<br />

a salire a quote sempre più elevate per il bisogno di uno sfruttamento verticale dei<br />

pascoli, pur <strong>nel</strong>l'ambito della generale orizzontalità della necessaria transumanza. Il<br />

massiccio del Gran Sasso e le non eccessivamente acclivi montagne della vallata<br />

amiternino-forconese si sono inseriti come fatti determinanti <strong>nel</strong>la economia e <strong>nel</strong>la<br />

storia dlle popolazioni del versante meridionale, costituendone un punto di raccordo<br />

necessario ed insostituibile. Se ciò tuttavia è vero a livello esclusivamente<br />

antropologico, non lo è altrettanto a livello storico. Vi sono infatti dei lunghi periodi in<br />

cui condizioni politiche non favorevoli non consentiranno uno sfruttamento integrale del<br />

massiccio. La costante in effetti del rapporto uomo-montagna <strong>nel</strong> Gran Sasso è<br />

costituita dall'allevamento ovino. Fin dalla preistoria (2) e dall'epoca romana(3) sotto la<br />

condizione tuttavia di una stabilità politica che assicuri il capitale impiegato. La<br />

transumanza, ben diversa ovviamente dal nomadismo, consente lo sfruttamento tanto<br />

delle vastissime estensioni pascolative dei pianori abruzzesi che, pur ricchissimi di erbe<br />

per tre o quattro mesi l'anno, sono per i restanti mesi quasi sempre innevati, quanto<br />

delle vastissime estensioni pascolative del tavoliere pugliese che, ricchissime di erba,<br />

<strong>nel</strong>la stagione invernale, nei mesi estivi divengono tuttavia non adatte al pascolo per la<br />

loro aridità. La prassi della transumanza è una intelligente maniera di sfruttare <strong>nel</strong> corso<br />

di tutto l'anno zone ricche di pascolo, consentendo così di allevare un numero di capi<br />

enormemente superiore a quello che o restando in Abruzzo in inverno o restando in<br />

Puglia in estate si potrebbe in effetti gestire.<br />

Ma, come si diceva, la transumanza perchè possa sussistere richiede stabilità di regime<br />

politico. Se le strutture politiche non danno sicurezza, la transumanza tende a regredire<br />

fino alla scomparsa. Chi detiene il capitale del gregge non lo può sottoporre all'alea<br />

delle possibili confische o di non avere per esso il ritorno assicurato.<br />

Lo studioso inglese Toynbee <strong>nel</strong> suo Hannibal's Legacy. The War's effects on<br />

Roman life(4) ritiene che l'allevamento transumante sia sostanzialmente posteriore alla<br />

guerra annibalica e che si sia impiantato là dove prima regnava la piccola proprietà, la<br />

quale, decaduta a causa della guerra, avrebbe ricevuto il colpo finale con le confische.<br />

Il pascolo si sarebbe sviluppato al posto delle aziende contadine. In effetti le distruzioni<br />

della guerra annibalica devono aver svuotato di popolazioni larghe zone del sud che<br />

però fin da prima non dovettero essere molto pericolose. L'emorragia di popolazione<br />

sarà costante con il conseguente processo di inurbamento verso Roma, con<br />

l'emigrazione spontanea verso la ricca e promettente Gallia Cisalpina ed anche verso le<br />

provincie dell'Occidente. Livio parla quindi di deserta oppida, e di agri deserti. (5)<br />

Questo fenomeno avrà indubbiamente facilitato l'acquisto di molte piccole aziende<br />

agricole in via di abbandono e, quindi, l'espansione latifondistica delle classi ricche<br />

romane e italiche. Sarebbe in questa visuale che si potrebbe comprendere lo sviluppo<br />

del pascolo e dell'allevamento.<br />

Una crisi di trasformazione , dunque, legato ad una nuova e diversa utilizzazione delle<br />

terre pubbliche.<br />

La transumanza che in effetti già prima delle guerre annibaliche dovette essere presente<br />

come fenomeno prepolitico e quindi antichissimo, conoscerà una grande espansione in<br />

senso industrializzato per la nuova grande disponibilità di terreno pascolativo.(6)<br />

Nascerà quell'organizzazione per così dire "forzosa" delle terre pugliesi che ne<br />

determinerà il destino per molti secoli, per lo meno a tutta la sopravvivenza della<br />

dogana di Foggia che costituì l'ultima regolamentazione, appunto forzosa, del Tavoliere<br />

138


in virtù della transumanza. E' opinione suggestiva ma non controllabile quella che<br />

vorrebbe riportare il termine "tavoliere" alle tabulae censorie <strong>nel</strong>le quali erano<br />

registrate le proprietà dello stato romano(7).<br />

Per uscire dal generico possiamo distinguere per l'epoca romana due gruppi di<br />

documentazione riferibili una al periodo tardo repubblicano ed una al periodo Giulio-<br />

Claudio. Per il primo periodo oltre a De agri cultura di Catone abbiamo la<br />

fondamentale De rustica di Varrone di cui è parte importantissima il De re pecuaria e<br />

infine la Pro Cluentio di Cicerone(8). Fonti preziose che ci danno informazioni<br />

abbastanza ricche sui modi in cui si effettuava la transumanza.<br />

Il periodo imperiale è ricco di testimonianze per le più poetiche e in genere letterarie.<br />

L'ager pubblicus s'è ridotto dopo le assegnazioni agrarie del I sec. A.C.. Colum<strong>nel</strong>la<br />

tratta brevemente dell'argomento (8). Plinio il giovane vi fa riferimento esplicito in una<br />

lettera del I sec. d.C. in moltissimi e illuminati passi (10). Ma <strong>nel</strong> periodo imperiale<br />

sono ricche anche le testimonianze epigrafiche. Notissima quella di Saepinum <strong>nel</strong><br />

Molise relativa alle vessazioni cui erano sottoposti i pastori quando transumavano lungo<br />

il tratturo, quello proveniente da Pescasseroli, che attraversava la città. Riguarda<br />

l'iscrizione, le greggi imperiali che, come noto, costituivano un cospicuo patrimonio che<br />

si avvaleva dei ricchissimi demani imperiali e di aree stagionali complementari.<br />

L'iscrizione è una epistola che i Praefecti del pretorio inviavano agli Stationarii<br />

ovvero agli ufficiali del fisco di Boviano e di Sepino i quali sottoponevano a vessatori<br />

controlli i conductores delle greggi imperiali in base al sospetto che tra loro potessero<br />

nascondersi dei fugitivi e che parte delle greggi provenisse da abigeato. L'epistola si<br />

sviluppa quindi come admonitio perchè le vessazioni non abbiano a ripetersi (11). Da<br />

numerose fonti è possibile ricostruire la vita pastorale dei secoli dell'età imperiale .<br />

Soprattutto le controversie che nascevano dagli sconfinamenti e dai saccheggi che<br />

molte volte i pastori effettuavano <strong>nel</strong>le terre che confinavano con le calles. Ciò in<br />

epoca gotica si desume avvenisse da un'iscrizione rinvenuta <strong>nel</strong> tratturo nei pressi di<br />

Biferno (12).<br />

Epoca gotica: siamo alla fine della struttura romana del potere.<br />

Quale sarà il destino della grande transumanza?<br />

Non sapremmo dire quali fossero le vicende <strong>nel</strong> periodo che va dalla caduta<br />

dell'impero romano al mille. E' certo però un fatto: in quel periodo travagliatissimo<br />

scompaiono diverse città. Per limitarci agli ambiti della zona che sarà poi aquilana<br />

basterà accennare ad Amiternum di cui non si registra più notizia fin dal VII o VIII<br />

secolo, a Forcona di cui non si rinvengono neppure i ruderi, a Foruli che si dissolve, a<br />

Peltuinum che sorgeva <strong>nel</strong> bel mezzo del tratturo(13). Una pungente curiosità, che va<br />

ben oltre quella meramente scientifica, ci spingerebbe a sapere come possa essere<br />

accaduto che città di quelle dimensioni (basterebbe soffermarsi a considerare i cospicui<br />

ruderi del teatro e dell'anfiteatro di Amiternum) siano completamente scomparse.<br />

Amiternum poi era città della buona provincia romana se aveva espresso dal suo seno<br />

un Sallustio. Fonte della sua ricchezza erano state indubbiamente una buona agricoltura<br />

ed una cospicua transumanza.<br />

Per la prima basterà ricordare la descrizione che Plinio fa delle sue terre produttrici del<br />

famoso scalogno che farà definire gli Amiternini cipollari, per la seconda basterà solo<br />

ricordare che Cicerone <strong>nel</strong>la Pro Cluentio fa riferimento ai pastori di Ancharius ed a<br />

quelli della famiglia dei Paciani che sono proprietari di fondi in Amiternum (14).<br />

139


Quindi si potrebbe già configurare la tipologia del mercante imprenditore amiternino<br />

che investe in agricoltura ma che <strong>nel</strong> tempo steso è un cospicuo possessore di greggi,<br />

tanto che i suoi numerosi pastori inferiscono danni ai beni di Cluentio di larino<br />

evidentemente frontista delle calles (Larino era passaggio obbligato del tratturo<br />

Amiternum - Apuleia, sul calco del quale correrà L'Aquila - Foggia). Ebbene questa<br />

ricchezza ad un certo momento scompare: si sbriciolano le case e i monumenti che<br />

pure furono testimoni di passioni civili, di odi e di amori privati. Il selvaggio riprende il<br />

sopravvento. Ci potremmo servire per rilevare la ripresa del selvaggio che annulla la<br />

humanitas, dell'unica documentazione in nostro possesso rimontante ad un' epoca, il<br />

sec. XII, in cui ben vero che già la humanitas ha ripreso il sopravvento, ma in cui<br />

tuttavia è ben presente il ricordo di quello che era stato prima: vogliamo riferirci al<br />

Chronicon Casauriense <strong>nel</strong> quale leggiamo di cervi che popolano intricatissime selve,<br />

di aquile che nidificano sovrane in rupi precipiti, di falchi rapaci, di fiumi ricchi di trote a<br />

tal punto da divenire, come il Tirino, eponimi della situazione (Tirinum- Trutanum) ed<br />

eponimo diverrebbe il Pescara per l'abbondanza di pesci. I nomi dei luoghi descritti dal<br />

casauriense rimandano semanticamente al selvaggio: monte Aquila, monte Falcone,<br />

monte Bronchi(15).<br />

E, si badi, non vi è certamente passione romantica che potrebbe far pensare ad una<br />

adesione sentimentale al disordine della natura. La selva infatti diviene nei secc. X-XI-<br />

XII sinonimo di caos, di congerie informe , anche dal punto di vista antropologico. La<br />

selva è contraria, al limite, alla stessa natura(16).<br />

Orbene in questa situazione quale sorte potette avere la transumanza? Non<br />

dovrebbero esservi dubbi: subì un rallentamento oltretutto perchè la transumanza<br />

richiede investimenti di capitali, la cui accumulazione non dovette essere cospicua <strong>nel</strong><br />

momento da noi preso in considerazione. Allora anche le calles (i tratturi) dovettero<br />

essere ricoperti da selve. Quale transumanza è possibile quando si vive dispersi per le<br />

campagne abitando come dice sempre il casauriense sub ficu et vite? la grande<br />

transumanza è grande progetto che vuole oltretutto sicurezza di vita nei cardini<br />

fondamentali, essendo essa stessa per sua natura aleatoria e precaria.<br />

Non abbiamo documentazione ma pensiamo che in questo lungo periodo il Gran Sasso<br />

dovette sicuramente essere ridivenuto dominio del selvaggio più impenetrabile. Fino<br />

alla creazione da parte dei normanni del Regno di Sicilia.<br />

La situazione che trovano i Normanni, rileva indubbiamente la sua documentazione in<br />

Edrisi che, ancora <strong>nel</strong> secolo XII poteva dire che tra Campo-Marino e Ancona<br />

(quindi in una larghissima parte dell'Abruzzo orientale) vi era una selva di dodici giorni<br />

di cammino, dove la gente viveva, cacciando e raccogliendo miele(17).<br />

Se la zona costiera dell'Abruzzo è come la descrive Edrisi, si può facilmente<br />

immaginare cosa fossero divenute le impervie zone del massiccio del Gran Sasso.<br />

Con l'avvento dei Normanni gli Abruzzi divengono la regione più settentrionale del<br />

Regno e si ricompattano con il Tavoliere.<br />

Nell'Abruzzo montano riprende la prassi della transumanza. Lo desumiamo da due<br />

assise normanne di re Guglielmo II, tramandateci attraverso la codificazione sveva(18).<br />

Una prima riguarda i furti di bestiame ed in essa è configurato un particolare tipo di<br />

abigeato che riusciva a nascondersi tanto da rimanere impunito. Si commetteva il furto<br />

e lo si faceva passare come acquisizione di animali smarriti o sottratti ai ladri. Si<br />

estorceva quindi ai padroni delle bestie il riscatto, ottenendo ad un tempo lucro ed<br />

impunità.<br />

140


Orbene, di fronte ad una tale configurazione di reato, non si può non costatare che,<br />

essendo così diffuso il fenomeno del preteso smarrimento o del furto massiccio di<br />

bestiame, tanto diffuso da richiedere la emanazione di una assise, doveva <strong>nel</strong> contempo<br />

essere assai diffuso il fenomeno della transumanza che rende appunto possibile lo<br />

smarrimento o il furto, proprio per la precarietà di vita e di condizioni generali del<br />

gregge.<br />

E non basta. Un'altra assise, sicuramente del 1172 (19), configura una specie di<br />

conflittualità permanente causata dalla prassi della transumanza. Dice il re Guglielmo II:<br />

passando per le regioni pugliesi ci sono pervenuti reclami e doglianze, relativi al fatto<br />

che i funzionari addetti alla custodia delle foreste demaniali commettono vessazioni ed<br />

ingiuste esazioni. Di fronte a questa situazione Guglielmo stabilisce:<br />

1) in ciascuna contrada, tanto relativamente al demanio regio quanto alle terre dei conti<br />

e dei baroni non siano insidiati più di quattro custodi.(20);<br />

141


2) a tali custodi non sia lecito, come viceversa finora è accaduto o di impadronirsi o di<br />

prendersi cura degli animali di alcuno.<br />

Per quanto riguarda poi la transuanza vera e propria, Guglielmo stabiliva :<br />

1) se <strong>nel</strong> transumare (Si oves, vel alia animalia alicuius de una contrada in aliam ducta<br />

fuerint in transitu), il gregge avrà usufruito per una sola notte del pascolo di qualcuno,<br />

non sia lecito al padrone della terra o al baglivo pretendere alcun pagamento, ma si<br />

lasci liberamente transitare il gregge;<br />

2) se gli animali che siano lontani dalla propria terra, per un giorno o due<br />

attraverseranno le terre di altri, si paghino, per essi, i soli eventuali danni inferti alle<br />

coltivazioni o ai frutti e null'altro;<br />

3) se gli animali pascoleranno soltanto e non produrranno danni in quanto custoditi,<br />

qualora il proprietario del terreno vorrà concedere il proprio fondo per il pascolo<br />

mediante contratto preventivo, riceva la relativa fida sulla base del canone corrente<br />

<strong>nel</strong>la zona;<br />

4) se il proprietario del terreno non vorrà viceversa concedere pascoli secondo la fida<br />

corrente dela zona, il padrone del gregge dichiari sotto giuramento il numero dei giorni<br />

che stazionò in tali terreni e relativamente ad essi paghi il canone che sarà liberatorio;<br />

5) se saranno trovate greggi senza pastore che però non abbiano stazionato in pascoli<br />

padronali per più di dieci giorni e il padrone o il pastore del gregge dichiareranno sotto<br />

giuramento che essi non condussero volontariamente il gregge in quei pascoli, in tal<br />

caso il padrone dei pascoli stessi permetta che il gregge si allontani dalle sue terre<br />

senza pretendere soluzione alcuna. Se tuttavia lo stanziamento si sarà protratto oltre i<br />

dieci giorni, il padrone del gregge paghi fida sulla base dei canoni correnti per un intero<br />

anno, relativamente al periodo di stanziamento.<br />

La normativa di Guglielmo II è, come si vede, estremamente favorevole ai pastori<br />

transumanti, tanto che prevede un libero passaggio di greggi addirittura per i terreni<br />

privati senza che se ne debbano pagare i proprietari. Inoltre da questa normativa<br />

desumiamo il fatto che i tratturi dovevano essere scomparsi, altrimenti non si sarebbe<br />

previsto il passaggio e lo stanziamento in terreni non demaniali. Quale che fosse la<br />

configurazione giuridica della callis romana, sembra tuttavia che attraverso essa fosse<br />

permesso il libero transito delle greggi, situazione questa che <strong>nel</strong>la assise di Guglielmo<br />

II viceversa non è prevista, tanto che in essa si fa riferimento ai passaggi per terre<br />

padronali delle greggi. Si vuole dire con ciò che la normativa di Guglielmo II è mirata<br />

ad una incentivazione della transumanza che solo allora stava tentando le prime vie di<br />

una ripresa.<br />

Nel periodo normanno, come desumiamo dal Catalogus Baronum, la parte orientale<br />

del massiccio del Gran Sasso è dominata da Oderisio di Collepietro che possiede oltre<br />

al territorio a sud-est del Massiccio anche Pagliara decisamente ad est. I territori di<br />

Oderisio sono quindi a cavallo del filo di cresta del Gran Sasso (21).<br />

Oderisio di Collepietro, gestisce quindi un amplissimo territorio che vive anche un<br />

momento di grosso fermento. La pace è assicurata, come lo sono soprattutto la ripresa<br />

delle attività economiche, massime la transumanza, ed anche una ripresa dell'agricoltura.<br />

Non dovevano essere infrequenti pertanto gli scambi tra i due versanti del<br />

GranSasso.<br />

Il gruppo del Camicia che è un sottogruppo del massiccio e che chiude a levante la<br />

vastissima piana di Campo Imperatore, verde eldorado estivo per l'allevamento ovino,<br />

è punteggiato da valichi, alcuni dei quali antichissimi, che sono attraversati da residui di<br />

142


vere e proprie mulattiere che non avrebbero alcun senso se non si ipotizzano<br />

antichissimi scambi. V'è il Vado di Corno 1924 m. s.l.m.) attraverso il quale da Campo<br />

Imperatore che è quasi tutto sotto la giurisdizione di Odorisio si piomba con un'ardita<br />

mulattiera su S. Nicola a Corno che è ugualmente sotto la giurisdizione di Oderisio.<br />

V'è il vado del Piaverano (2327 m. s.l.m.) (strano nome sul quale bisognerebbe<br />

indagare) attraverso il quale si piomba con mulattiere su Pretara che è ubicata ai piedi<br />

di un colle sulla sommità del quale vi è un castello fortezza dei conti di Pagliara. Il Vado<br />

di Siella (1725m. s.l.m.) che è attraversato da una mulattiera che conduce <strong>nel</strong> Pennese,<br />

e ancora sempre più a sud-est l'attuale Vado di Sole (1621m. s.l.m.), il Vado di<br />

Cannatina e infine più importante di tutti, perchè il più agevole , la Forca di Penne (918<br />

m.s.l.m.).<br />

Una domanda sorge spontanea: come Oderisio di Collepietro avrà gestito questa<br />

estensione così vasta di territorio? Si pensi per un attimo alla ripresa della transumanza<br />

che appunto <strong>nel</strong> feudo Carapelle-Pagliara trovava le sue migliori condizioni di essere<br />

realizzata. Lo sfruttamento di un pianoro delle dimensioni di Campo Imperatore che<br />

permette l'estivazione di migliaia di capi di bestiame minuto ha indubbiamente bisogno<br />

di centri di servizio permanenti che oltre a svolgere funzione di punto di riferimento<br />

organizzativo consentano anche alla transumanza di non trasformarsi in nomadismo. E<br />

d'altronde è noto che le strutture giuridico-consuetudinarie normanne prevedevano il<br />

feudatario fosse tale solo "quo ad demanium non quo ad dominium" cioè i beni<br />

dati in feudo erano considerati sempre ben nazionali, cioè la concessione feudale<br />

consisteva soltanto <strong>nel</strong>la parte beneficiaria, assai essenzialmente in un possesso<br />

precario che dal principe si poteva concedere ai privati cittadini in cambio di<br />

personali servizi(22). Accadeva invero che l'unico modo di obbligare i soggetti a<br />

prestazioni personali di qualsiasi genere era quello di offrire loro l'uso della terra. Una<br />

forte limitazione del diritto feudale classico che dovette assecondare un notevole<br />

ripopolamento frutto di un uso più favorito di terre e pascoli.<br />

In questa linea di tendenza generale si inserisce appunto la ripresa della transumanza:<br />

Dice a tal proposito V.Von Falkenhausen:<br />

"ritengo che sotto i Normanni l'allevamento del bestiame fosse aumentato, in quanto<br />

con l'ampliarsi della grande proprietà fu destinato maggior spazio alle aree di<br />

pascolo"(23)<br />

Il punto di arrivo di questo flusso di bestiame era infatti costituito dalle terre del<br />

demanio regio che così divenivano estremamente redditizie mediante il pagamento della<br />

fida. Dice a tal proposito il Marongiu integrando un pensiero del Calasso:<br />

"Non tutte le città o terre vennero infeudate, molte essendo rimaste riservate al diretto<br />

governo del re, accorgimento il quale valse già di per sè a non far sorgere o frantumare<br />

dove fosse per avventura già sorta, la muraglia che in uno Stato completamente<br />

feudalizzato si crea fatalmente tra il potere regio e i sudditi"(24)<br />

E tale barriera, lo si è visto attraverso l'assise di Giglielmo II che sancì la ripresa della<br />

transumanza , non certo si era stabilita nei confronti dei pastori che proprio con la<br />

presenza normanna vede la legittimazione di un andare e tornare dalla propria terra, gli<br />

Abruzzi, a terre forestiere, le Puglie, con possibilità quindi di allevare greggi veramente<br />

cospicue. Il verde eldorado pugliese è costituito dal demanio regio che non attende<br />

altro che le greggi dalle quali ritrarre cespiti tributari. In questa situazione, quanti si sono<br />

insediati <strong>nel</strong>le zone pedemontane del Massiccio avranno indubbiamente sentito il bisogno<br />

di coagulare in castrum.<br />

143


La psicologia della transumanza tutta giocata su un affannosa ricerca di certezza, vuole<br />

dei punti di riferimento fatti di case proprie, di chiese con cura d'anime, di famiglia che<br />

attende nei lunghissimi inverni gli estivi ritorni. Ma questa psicologia si incontra con una<br />

linea politica diffusissima: quella dell'incastellamento. Tale linea politica si sviluppa<br />

d'altronde attraverso un periodo abbastanza lungo che va grosso modo dalla ricostruzione<br />

operatasi dopo le scorrerie saracene fino all'avvento dei Normanni. Emblematica<br />

dello spirito di ricostruzione può essere la figura di Grimoaldo che preposito di S.Pietro<br />

ad Oratorio diventò sul finire del sec. XI abate di S.Clemente di Grimoaldo:<br />

Dice il Casauriense di Grimoaldo:<br />

"Erat quindam Monachus de Monasterio Sanctii Vincentii, qui fama notus, nec multum<br />

literatus, de agricoltura sollicitus et in rebus secularibus studiosus, regebat<br />

Praeposituram S.Petri in Trite"(25).<br />

Grimoaldo è dunque un pragmatico e se diviene abate di Casauria <strong>nel</strong> 1096 aveva<br />

ereditato, quando era stato Priore di S. Pietro ad Oratorio, lo spirito nuovo di<br />

colonizzazione che si estrinsecava nei numerosi contratti di allevamento. Erat nec<br />

multum literatus sed de agricoltura solicitus et in rebus secolaribus studiosus. Sono<br />

gli uomini di Grimoaldo che prepareranno le condizioni più adatte per l'incastellamento.<br />

I normanni non faranno che catalizzare in queste zone un processo che era in atto da<br />

tempo. In linea generale afferma infatti il Del Treppo che ha studiato con tanto acume<br />

la vita economica e sociale dell'Abbazia di S.Vincenzo al Volturno:<br />

"in questo quadro rientravano le costruzioni dei castelli e con essi la stipulazione di<br />

contratti a livello che interessavano direttamente le popolazioni all'andamento della<br />

produzione agricola: in molti casi si tratta di nuclei affatto nuovi che sorgono, ma anche<br />

negli altri in cui le costruzioni del castello avvengono in località già esistenti, bisogna<br />

riconoscere che è sempre il medesimo spirito che ne anima il risorgimento e che quei<br />

centri ancor prima della venuta dei saraceni apparivano languenti e poveri di vita"(26).<br />

Il De Treppo lega dunque strettamente, ed a ragione , i due fenomeni dell'allivellamento<br />

e dell'incastellamento e fa rimontare le trasformazioni demiche all'epoca che segue<br />

immediatamente le distruzioni saracene. Pur con tutte le limitazioni che una tale<br />

generazione trova <strong>nel</strong>le situazioni locali:<br />

"Ma il problema del sorgere dei castelli - dice ancora del Treppo - sulla terra del<br />

Volturno si incentra in tutta una situazione nuova, economica e politica, la genesi della<br />

quale va ricercata <strong>nel</strong>la crisi delle vecchie forme e strutture dell'economia monastica<br />

curtense che la distruzione saracena hanno resa più acuta.<br />

Il fatto pur nei suoi aspetti locali e irrepetibili si lega ad una situazione d'ordine cui già<br />

accennammo, quando dicemmo che la presenza degli ordini alle sorgenti del Volturno<br />

trascendeva i limiti della cronaca monastica e chiarimmo gli aspetti mediterranei del<br />

fenomeno"(27)<br />

Tutto ciò d'altronde conferma, sia pur con tempi leggermente sfalsati con quanto ci<br />

dicono i Chronicon Volturiense e Casauriense sul fenomeno appunto<br />

dell'incastellamento.<br />

Il cronista del monastero di S.Vincenzo in Volturno descrivendo i possedimenti più<br />

settentrionali <strong>nel</strong> Monastero ubicati in Valva (l'attuale Valle Peligna), <strong>nel</strong>la Valle Tritana<br />

(l'attuale Valle del Tirino) e <strong>nel</strong>la contea di Penne, al termine del lungo elenco che<br />

riasssume un privilegio dell'Imperatore Ludovico I (ma trattasi per ragioni cronologiche<br />

144


di Ludovico II), si lascia andare ad un nostalgico ricordo degli scenari che<br />

caratterizzarono quelle zone dal tempo del re longobardo Desiderio fino alla invasione<br />

dei Saraceni (881) (27).<br />

In quel tempo - dice il cronista - rari erano in quella regione i castelli, nè vi era timore<br />

di guerre e tutti godevano in una stabile pace. Passata la tempesta dei Saraceni e le<br />

loro devastazioni - prosegue la cronaca - quanti poterono sopravvivere onde poter<br />

rappropriarsi dei loro beni si premurarono di far sancire i loro possedimenti con<br />

riconoscimento regio o mediante contratti. E tutto ciò durò fino all'avvento dei<br />

Normanni. Questi saccheggiando ogni cosa incominciarono a trasformare le sparse<br />

ville in castelli ai quali dettero le denominazioni che venivano desunte dai toponimi(28).<br />

Fa eco al cronista di S. Vincenzo al Volturno Giovanni di Berardo, il cronista del<br />

monastero di S. Clemente a Casauria, che <strong>nel</strong> prologo del libro terzo, prima di iniziare<br />

la narrazione, dice che al tempo della fondazione del Monastero (873) nessun castello<br />

era ancora edificato, ma tutta la regione, tanto pennese che teatina, era popolata da<br />

ville e da casali e che gli uomini vivevano nei primi campi quasi sub ficu et vite. Dopo<br />

la costruzione del monastero prosegue il cronista - non passano quarant'anni e il<br />

monastero stesso viene incendiato dai Saraceni e pressochè distrutto, insieme,<br />

ovviamente, alla regione contermine. Passata la tempesta dei saraceni intorno alle ville<br />

si cominciarono a costruire fortificazioni ed i casali furono trasformati in castelli(30).<br />

Sono queste le testimonianze più antiche che descrivono lo scenario delle terre più<br />

settentrionali del regno in epoca relativamente ravvicinata (il sec. IX), ma che fanno<br />

tuttavia riferimento ad epoche ben più anteriori che potrebbero perdersi <strong>nel</strong>la notte di<br />

un imprecisato "prima".<br />

Se ne preoccupa soprattutto il cronista del Volturnense il quale a conclusione del<br />

capitolo, così precisa:<br />

"Vogliamo che tutti coloro che avranno i mano questo liro sappiano che io nessuna<br />

notizia ho riportato che non sia pervenuta da antiche carte o che non sia stata riferita<br />

dai monaci più vecchi, o che io stesso non abbia potuto verificare con i miei occhi"(31)<br />

La preoccupazione del cronista è più che giustificata. Su quel grigio "prima" non<br />

esistevano testimonianze sicure.<br />

E' in quel momento che in linea generale possiamo fissare la formazione di gran parte<br />

dei castelli che circondano tutte le pendici del massiccio del Gran Sasso.<br />

Il problema dll'incastellamento in genere e di quello abruzzese in ispecie è di grande<br />

portata. Non ci si può addentrare partitamente in esso ma sarà necessario procedere<br />

con una campionatura che riguarda emblematicamente un castrum del Massiccio,<br />

ovvero Filetto.<br />

Qualche breve premessa: Il momento dell'occupazione normanna fu indubbiamente<br />

climaterico. Sarà opportuno partire dalle date fondamentali della creazione del Regno<br />

di Sicilia. 1059 accordo di Melfi; 1064 i Normanni occupano solo la parte Nord<br />

Orientale della Sicilia; 1072 i Normanni tengono Palermo; 1077 arrivano fino a<br />

Salerno; 1091 tutta la Sicilia viene sottomessa; 1130 Ruggero II ottiene dall'antipapa<br />

Anacleto il titolo di re di Sicilia; 1139 Ruggero viene confermato re da Innocenzo II;<br />

1140 Anfuso, figlio di Ruggero II, completa la conquista degli Abruzzi. Sulla scorta del<br />

Chronicon casauriense sarà ora opportuno vedere quanti castelli sono attestati in<br />

questo torno di tempo. Fara (1061), Insula (1074-1085), Fara Ambiliae(1085-1086),<br />

Villamagna(1086), S.Giorgio(1093), Loreto Aprutino(1097-1098),Manoppello(1112),<br />

Bussi(1111), Carufanum(1111-1112), Guardia Vomano (1158),<br />

145


S.Desiderio (1158), S.Georgio (1166_1170), S.Angelo (1178). Sono 13 castelli su un<br />

totale di 74 attestati dal Chronicon.<br />

Sulla scorta del "Chronicon" di S. Bartolomeo di Carpineto sono attestati, sempre<br />

relativamente allo stesso periodo: Fabrica (1051-1076), Dessano (1051-1076)<br />

Pallencantum (1051-1076), Mortulam (1051-1076), Fellonacum (1099-1124),<br />

Brittoli(1070), Catignano(1070), Onerano(1070), Genutrale (1070), Vicoli(1123),<br />

Penne(1123), Castiglione(1123), Civitella(1124-1163), Ripalta (1163-1198). Sono<br />

14 castelli su un totale di 23 attestati. Sula base del Cartulario di S. Maria di Picciano<br />

sono attestati, sempre relativamente allo stesso periodo e oltre: Pollicanti allo stesso<br />

periodo e oltre: Pollicanti (1063), Montesecco (1065), S. Giorgio (1065), Ilice<br />

(1084), Loreto (1084), Spoltore (1109), Collecorvino (1228), Città S. Angelo<br />

(1230), Moscufo (1230). Sono 9 castelli su un totale di 13 attestati (32).<br />

Non si tratta di enfatizzare queste date di attestazioni in quanto non si può certamente<br />

far coincidare l'attestazione con la data della fondazione; tuttavia l'attestazione pura e<br />

semplice dà già la sensazione vivacissima di un processo di accelerazione che la<br />

presenza dei Normanni, sia in positivo che in negativo, determina <strong>nel</strong>l'incastellamento.<br />

Attraverso le vaghe notizie di presenza dei castelli <strong>nel</strong> periodo climaterico normanno<br />

non è possibile cogliere le modalità e le motivazioni della fondazione di essi. Qualcosa<br />

di puù si può cogliere attraverso la documentazione farfense in altra zona, quella<br />

amiternina, relativa alla trasformazione di un gualdum de Felecta in castrum.<br />

E' necessario partire da una suggestiva abbazia sui iuris a 1200 metri di altitudine nei<br />

pressi di Campo Imperatore, S. Crisante, affrescata con ex voto. Dalle iscrizioni, in<br />

parte illeggibili, trascritte dall'Antinori (33), e dal Catalogus (34) si desume che<br />

Rainaldus Bonihominis et Berardus et Oderisius et Berardi et Gentilis hanno un<br />

feudo in Felecta ma che lo ricevono da Gentile e Gualtiero di Poppleto che sono<br />

signori in capite. Di essi si dice infatti che tenent de rege. La committente degli ex<br />

voto, che costituiscono la maggior parte degli affreschi, è Maria de' Gualtieri de'<br />

Gentile, quindi una discendente dei signori di Poppleto che, come vedremo, sono i più<br />

potenti signori della zona.<br />

Ma prima di trarre ulteriori conseguenze è utile far riferimento a una lettera esecutoriale<br />

di Papa Celestino III in data 3 febbraio 1192, inviata dilecto filio Bernardi Abbati<br />

Sancti Crisanti de Felecto, dalla quale si desume che a quella data l'abbazia è<br />

presente (35). Dall'accostamento di questi documenti si evince quindi che:<br />

1) i signori di Filetto sono in linea primaria i Gentile e Gualtieri signori di Poppleto; 2) la<br />

committente degli ex voto è Maria di Gualtieri Gentile; 3) <strong>nel</strong> 1193 S. Crisante è<br />

un'abbazia sui iuris come la intitulatio della citata lettera di Celestino III prova<br />

chiaramente.<br />

Una piccola abbazia, quindi, a più di 1200 metri sul livello del mare, che apre spazi<br />

molto interessanti sulla storia illustre <strong>nel</strong>la quale l'abbazia stessa si trovò coinvolta.<br />

Innanzitutto sarà opportuno leggere diacronicamente le attestazioni del territorio dove<br />

sorgerà il monastero. Forse la più antica attestazione è quella ricavabile dal testamento<br />

dei coniugi Paolo e Tarsilla a favore del monastero di Farfa ad anno 792 (36). In esso<br />

campioniamo la silva et pratum nostrum in Felectia. Trattasi di una casa e di una<br />

domus culta in Amiterno, di una terra seminativa in S. Pietro e in Cumulo, di terre<br />

generiche in Vetoio, in Pettino in Campo de Ufiniano, in Rotigliano, in Cavallari, in<br />

Valle de Vitile, in Scintillulam, in Teriniano, in Marruci, di vigna e granaio in Teria e<br />

infine di selva e prato a Filetto.<br />

146


Filetto è dunque località incolta e quindi non abitata. Ne abbiamo altra attestazione in<br />

un placito che si tiene in Norcia <strong>nel</strong>l'anno 821. La materia del contendere è costituita<br />

dai beni di Paolo e Tarsilla lasciati in eredità a Farfa e dal duca di Spoleto Guinigi<br />

rivendicati ad regiam partem. Anderamo, Aderaldo e Leone, messi imperiali di<br />

Ludovico, giudicano che tali beni sono del monastero ed ordinano la lettura del loro<br />

inventario. Anche in tal caso ricompare la silvam de Felecto (37) . Sono passati dal<br />

testamento di Paolo e Tassilla solo 29 anni ed ovviamente Filetto seguita ad essere<br />

zona boscata.<br />

Altra attestazione si ha <strong>nel</strong> 949 in un atto del Liber Largitorius di Farfa (38) <strong>nel</strong> quale<br />

tra le altre convenzioni compare gualdum de Felecto. Il panorama è tuttavia più vivo:<br />

compaiono le ville ad esempio quella di S. Sisto, che è ubicata vicinissima al luogo<br />

dove sorgerà l'Aquila; compare Ariscla, l'odierna Arischia, citata non come semplice<br />

toponimo ma come punto di riferimento costituito da abitato.<br />

Lo stesso discorso riguarda Amiterno e Forcona. Le terre che si cedono, infatti,<br />

ricadono in territorio Furconino et in territorio Amiternino, ma per quanto riguarda<br />

le terre relative in senso stretto a Forcona si dice : Ipsam vicendam in furcone, ubi<br />

dicitur Vadum urse /.../ quarta petia in Furcone ubi dicitur Ranute quam<br />

Honoratus presbiter in commutationem nobis dedit. Viceversa Filetto continua ad<br />

essere spopolato: Insuper et Gualdum de Felecto: usque de Leoli, et lacum<br />

Malum. Tre elementi caratterizzano Filetto: il Gualdum, ossia il bosco che confina con<br />

la cesa, cioè con una parte del territorio liberato dal bosco, il lacum di Calabrecto e di<br />

Malo.<br />

Si arriva quindi all'attestazione del 998: Item pretio solidarum XL concessit idem<br />

abbas Iohannes in territorio amiternino ad sesanum petias VI /.../ tertiam in<br />

Felecta modiorum III (39).<br />

Ormai Filetto è in parte dissodata. Non viene infatti indicata come Silva e se ne<br />

misurano addirittura i moggi. Sono in corso evidentemente delle trasformazioni di fondo<br />

<strong>nel</strong>la gestione dei beni del monastero di Farfa. Già <strong>nel</strong> diploma dell'imperatore Lotario<br />

dell'840 la zona amiternina dei possedimenti farfensi risulta organizzata dalla cella di<br />

Loriano. Il diploma, mentre riconferma tutti i privilegi concessi a Farfa e mentre<br />

riconferma il suo monastero <strong>nel</strong>la giurisdizione imperiale, dà licenza agli abbati<br />

propriam monasterii terram omni tempore defendere integrare tam Reate in loco<br />

qui dicitur Lingla et Qiuntilianu et in Amiterno in loco qui vocatur Laurianus. E'<br />

il periodo in cui si verifica una progressiva bonifica dei territori amiternini da parte di<br />

Farfa. Poi <strong>nel</strong>l'889 la parentesi saracena e la destructio. Tempo di incerte giurisdizioni.<br />

Tra il 930 e il 936, com'è noto, Farfa risorge e sotto l'impulso dell'abbate Guido si<br />

rinnoverà anche secondo le indicazioni di Cluny. E tuttavia ci si avvia, sia pure<br />

lentamente, al passaggio sotto la <strong>tutela</strong> papale.<br />

Processo che sarà definitivo dopo il concordato di Worms. Le differenze feudali di<br />

Farfa in vari modi rientrano <strong>nel</strong>la giurisdizione pontificia. Son cose note, tuttavia era<br />

necessario richiamarle per vederne i riflessi in Amiternum. Gli ultimi diplomi del<br />

Chronicon farfense in cui si faccia menzione di Amiternum sono quelli di Enrico IV<br />

del 1084 e di Enrico V del 1118. Significativo anche il fatto che <strong>nel</strong> 1112 Benincasa,<br />

vescovo di Rieti, consacrati la chiesa di S. Pietro di Poppleto <strong>nel</strong>la piana amiternina.<br />

Quel Benincasa che, come dice il Toubert, a laisè le souvenir d'un grand batisseur<br />

dont la figura rappelle celle de Pierre d'Anagni. Siamo <strong>nel</strong> momento più vivace del<br />

ristabilimento delle giurisdizioni episcopali. Non passerà molto tempo e <strong>nel</strong> 1154 il<br />

147


papa Anastasio IV invierà a Dodone vescovo di Rieti il breve di riconferma dei confini<br />

della diocesi dentro i quali ricadranno le pievi amiternine passate di fatto dalla dissolta<br />

diocesi di Amiterno in quella di Rieti. Tra esse naturalmente la pieve di S. Pietro di<br />

Poppleto consacrata appena 42 anni prima. Da notare che Poppleto dista dalle altre<br />

pievi pochissimi chilometri. Dalla pieve di S. Sisto appena tre. Non era estraneo a<br />

questa nascita della pieve di S. Pietro di Poppleto un fatto signorile. Signori di<br />

Poppleto erano dal sec. X i figli di Iderico nipote dell'abbate di Farfa Campone (40).<br />

Le giurisdizioni farfensi tendono quindi ad una laicizzazione progressiva. Soprattutto la<br />

curtis de Poppleto, che è gestita dai Camponidi, signori ormai laici. Quale migliore<br />

opportunità per i discendenti di Campone, gli usurpatori, di far affermare il potere<br />

episcopale a scapito del potere di Farfa? Ed in effetti il potere giurisdizionale delle<br />

grandi abbazie tende ad appannarsi. La stessa selva di Filetto, da sempre dominio di<br />

Farfa, compare ormai in una epistola di papa Alessandro III al vescovo di Forcona<br />

Pagano del 1178 come Filectum cum Ecclesiis et pertinentiis suis (41). Filetto è<br />

inserita in una serie di realtà demiche che vengono così elencate <strong>nel</strong>la lettera:<br />

Praeterea subscripta castella diocesana tibi lege subiecta, sicut ea rationaliter<br />

possides, tibi nihilominus confirmamus.<br />

Filetto è dunque Castrum. Non è possibile vedere come dai Camponidi, in Poppleto,<br />

si passi ai signori normanni di Poppleto. Si può pensare che il passaggio della<br />

dominazione farfense a quella normanna non dovette essere indolore. I Camponidi<br />

avevano aperto la via della secolarizzazione del potere; i Normanni la completarono.<br />

Incastellamento, ripresa della transumanza, creazione della realtà unitaria del regno<br />

dovettero in un certo senso trasformare il paesaggio della zona. Farfa si appanna<br />

soprattutto in virtù del fatto che la transumanza compatta gli Abruzzi con un sud che<br />

diviene il loro effettivo entroterra economico.<br />

Quale attrazione poteva esercitare Farfa verso popolazioni che si vedevano<br />

progressivamente riaperti i verdi eldoradi pugliesi?.<br />

Quella di Filetto è come si diceva una campionatura che può aprire uno squarcio <strong>nel</strong>la<br />

ripresa di humanitas <strong>nel</strong>l'ambito del Massiccio del Gran Sasso.<br />

L'avvento dei Normanni quindi vivacizza le velli del Massiccio <strong>nel</strong>le quali la ripresa<br />

della transumanza determina forti indotti insediativi. E' in questa prospettiva che va<br />

inserita la fondazione del Monastero cisterciense di S. Maria di Casanova che, come<br />

abbiamo già avuto modo di dire, espanderà la sua zona di influenza fino a Campo<br />

Imperatore. S. Maria di Casanova è il primo impianto di Cisterciensi in territorio<br />

abruzzese. Esso si ebbe ad opera dei monaci de SS. Vincenzo ed Anastasio di Roma<br />

della linea claravallense in virtù di una donazione del conte Berardo di Loreto e della<br />

contessa Maria sua consorte. I lavori di edificazione si svolsero da 1191 al 1195. Un<br />

privilegio di Innocenzo III del 1198 concesso al vescovo di Penne Odone fa<br />

riferimento ad una ecclesiam Sancte Marie casanova in Celiria cum Sancto Angelo<br />

in campo Sacro et Sancto Stephano.<br />

Nel 1222 si avrà la fondazione della grancia di S. Maria del Monte in Campo<br />

Imperatore. Tale circostanza è confermata da una bolla di Gregorio IX recante il<br />

transunto di un privilegio di Federico II che conferma i possedimenti di S. Maria di<br />

Casanova e tra questi granciam sancte Marie in Campo Imperatore cum valle<br />

pacifica inter Furcolensem diocesim et Valvensem cum pascuis et pertinentis<br />

.(42)<br />

148


Un panorama di ampie bonifiche, dunque. Già l'autosufficienza delle abbazie e delle<br />

grancie giustifica la ricca presenza di impianti di trasformazione dei prodotti. Ma v'è<br />

anche chiaramente denunciato il proposito di favorire la transumanza quando si dice<br />

che uomini e bestiame avranno libero transito <strong>nel</strong>l'ambito delle terre comitali e che gli<br />

stessi potranno liberamente usufruire dei pascoli tam in montibus quam in planitibus<br />

talis locis pascuis. Una circolazione di uomini, bestie e beni, favorita anche da quella<br />

aperta dichiarazione che il frantoio dovrà servire anche al castello di Loreto e a<br />

qualsiasi altro castello ne vorrà far uso.<br />

Item concedimus Monasterio supradicto, et fratribus eiusdem facere et in perpetuum<br />

habere ac libere, et france possidere trapitum unum pro faciendo oleoin demanio<br />

Comitatus nostri Laureti,in uno Castellorum quocumque placuerit D.Abbati, fratribus<br />

Monasterii illud ordianre (43)<br />

La bonifica degli alti pascoli della zona orientale del Gran Sasso era favorita da una<br />

ricca economia di pianura che era frutto di notevoli investimenti.<br />

E' la politica sviluppo promossa da Federico II con la mediazione dei Cisterciensi a<br />

determinare questo ulteriore sviluppo del Massiccio. Lo si desume dal documento<br />

federiciano già citato del 1222 che conferma i beni di S. Maria di Casanova sul quale<br />

sarà utile fare ulteriori riflessioni.<br />

Il documento si apre con la utilitaristica riflessione quando afferma che aiutando<br />

amicos qui in tabernacula nos eterna recipiant, il Sovrano non fa niente di più che il<br />

proprio doevere quia de perituris duratura nona mercamur con la conseguenza che<br />

que liberaliter offerimus sacrosantis ecclesiis, transeunt in substantiam solidorum<br />

et nostris utilitatibus plus accrescunt. Sono un pò i motivi che sono al fondo della<br />

simpatia di Federico II per i Cisterciensi. Ma da queste linee generali passa subito allo<br />

specifico dell'aiuto ai Cisterciensi:<br />

Specialis igitur est dilectionis indicium, cum de generalitate fratres Cisterciensis ordinis<br />

virtutum viros excipimus et pluris apud nos sunt qui pro vite sue meritis apud dominum<br />

plus merentur.<br />

Lodi specifiche quindi all'Abate Bartolomeo ed ai suoi monaci di S. Maria di Casanova<br />

excellentem Cisterciensis ordinis. Si confermano pertanto i beni già concessi dal<br />

conte Bernardo di Loreto e da sua moglie Maria Margherita et quecumque alia<br />

usque ad presentem imperii nostri annum tenet et possidet. I beni a cui si fa<br />

riferimento sono i seguenti:<br />

in primis locum ipsum, in quo idem monasterium est fundatum, demania vidilicet, que<br />

fuerunt castri Celere, grangiam de Sacto Benedicto in Genestrula cum terra, quam<br />

Habet in Civitella, grangiam de Camposacro cum molendinis et fullis et pertinentis suis<br />

et hiis, quae habet in Paganica, grancia Sancte Marie in Campo Imperatore cum valle<br />

Pacifica inter Furcolensem diocesim et Valvensem cum pascuis et pertinentiis suis,<br />

grangiam de centum ramis prope civitatem S. Angeli cum Sancto Amico, grangiam de<br />

Frisanio, grangiam de Castello Magno, grangiam Sancte Marie de Monte Lupario,<br />

grangiam De Luceria cum tenimentis et libertate pascuorum, que Gualterius venerabilis<br />

Cathaniensi episcopus, dilectus cancellarius noster, donavit eis, pascua quoque in<br />

Ferraria et Salinas, que emerunt in Piscaria, salvis curie nostre retionibus, teram quam<br />

apud montem Boggerii et piscaiam quam apud Fucinum possident.<br />

Si concedono inoltre tutte le facilitazioni fiscali che avrebbero potuto facilitare la<br />

commercializzazione dei prodotti.<br />

149


De habondantiore vero nostra benevolentia concedentes fratribus eiusdem monasterii<br />

plenaria et perpetuam libertatem emendi que emenda et extraendi, que empta sunt, et<br />

vendendi ac inducendi que sunt vendenda, et transeundi di libere terra marique, indultis<br />

ubique eis per totam terram demanii nostri thelionatico, plateatico atque passagio de<br />

rebus pariter et personis, eximinus et absolvimus eos et monasterium eorundem ab<br />

omnibus collectis, taliis, exactionibus et aliis vexationibus comitum vel baronum seu<br />

baiulorum nostrorum et ab omni servitio seculari.<br />

Si ribadisce inoltre quella libertà di transumare che già in una certa misura s'era<br />

riconosciuta <strong>nel</strong> documento di fondazione concesso dal conte Berardo:<br />

Concedimus et confirmamus eis libera pascua pro animalibus suis per totam demanii<br />

nostri tam in maritimis quam montanis, absque herbatico et glandatico, et liberum usus<br />

lignorum tam viridium quam siccorum pro construendis et reparandis dominus et aliis<br />

suis necessitatibus procurandis, absque alicuius exactione datii sive servitii, et si in alia<br />

terra comitum vel baronum aliorumque fidelium nostrorum eadem sibi ab ipsis dominis<br />

libertas concessa fuerit pascuorum cedendorumve lignorum similiter confirmamus<br />

eisdem.<br />

Si preclude in un certo qual modo, Federico II, anche il diritto sovrano (ma la<br />

preclusione acquistava ovviamente solo il sapore della proclamazione di un<br />

intendimento) di recedere o di disporre in maniera diversa :<br />

Ad hec, licet in quibusdam privilegis nostris illam clausulam iussimus apponi, qua<br />

dicitur: salvo mandato et cetera, a presenti tamen privilegi eam de gratia nostra<br />

decrevimus amovendam.<br />

Si conclude il diploma con il divieto analogo a quello della regola cisterciense di<br />

operare all'intorno degli edifici di S. Maria di Casanova.<br />

Denique inhibemus, ut infra septa ipsius monasterii et ecclesiarum grangiarumque<br />

suarum nulla temeraria presumptio vel violatio sue illicita conventio ab aliquibus fiat,<br />

unde possit fratribus seu rebus dampnum seu scandalum evenire.<br />

Il documento è per il nostro tema di notevole interesse. Ad esso abbiamo già fatto<br />

riferimento quando appunto s'è parlato della di S.Maria del Monte di Paganica fondata<br />

prima del 1222. Il privilegio di Federico II ci permette di fissare approssimativamente<br />

la data di fondazione di questa importantissima grancia i cui resti si ergono ancora<br />

imponenti e suggestivi <strong>nel</strong>l'altipiano di Campo Imperatore. Sono ancora visibili intorno<br />

ai ruderi amplissimi "mandroni", ovverossia stazzi connessi allo stabile della grancia. La<br />

stessa grancia, per quanto ne è ancora visibile, sembra ripetere il tipo edilizio della<br />

masseria con ampi fondali e stalle; le sue dimensioni, imponenti se messe in relazione<br />

con l'altitudine e con la mancanza di strade, testimoniano di uno sforzo razionale di<br />

bonifica che trova soltanto altri pochi esempi analoghi in tutto i massiccio. S.Maria del<br />

Monte dovette essere un centro di smistamento di bestiame intorno al quale<br />

sicuramente gravitò un'imponente massa di lavoro umano che dovette comportare un<br />

notevole investimento di capitali. Il documento lascia chiaramente intendere il tipo di<br />

economia sul quale si fonda questo primo impianto cistercense.<br />

Quasi contemporaneamente all'impianto di S. Maria del Monte, ovvero <strong>nel</strong> 1922,<br />

viene fondato il monastero di S.Spirito d'Ocre da parte del conte Berardo e di sua<br />

madre Realda in territorio forconese.(44) S.Spirito verrà aggregato a S. Maria di<br />

Casanova. tale aggregazione comportò un collegamento tra S.Maria del Monte e lo<br />

stesso S. Spirito.<br />

150


Questa aggregazione determinerà un sistema di sfruttamento del Gran Sasso che si<br />

baserà su una triangolazione del territorio S.Maria di Casanova - S.Maria del Monte di<br />

Paganica - S.Spirito d'Ocre.<br />

La grancia di Campo Imperatore diveniva quindi punto di raccordo tra il comitatus<br />

forconese e il comitatus pennese. E <strong>nel</strong>lo sfondo<br />

non può non vedersi la ripresa massiccia della transumanza, cui i Cistercensi non sono<br />

estranei, come la contemporanea acquisizione da parte degli stessi di S.Maria<br />

dell'Incoronata di Foggia, che è punto terminale e nodale dei tratturi, sta chiaramente a<br />

dimostrare.<br />

A S. Maria del Monte vengono anche aggregate le Condole.<br />

Tra la grancia di S. Maria del Monte di Paganica e gli insediamenti delle "Condole" vi<br />

dovette essere uno strettissimo contatto e con molta probabilità<strong>nel</strong> periodo invernale i<br />

monaci dovevano ricoverarvisi con parte del bestiame per sfuggire alle proibitive<br />

condizioni climatiche di Campo Imperatore. E' ancora leggibile, per l'occhio esperto,<br />

una strada mulattiera molto ampia, non certo un semplice sentiero, con residui di<br />

elementari ma solide opere di consolidamento che univa i due insediamenti. In ogni<br />

modo i fabbricati non forzano il tipo edilizio locale, ma lo potenziano sfruttandone <strong>nel</strong><br />

contempo gli accorgimenti che dovevano essere stati la risultante di secolari esperienze.<br />

E' una manifestazione tipica, quella delle "Condole" della ideologia costruttiva dei<br />

Cistercensi che, come dice la Romanini "Non ci pone di fronte a schemi fissati una<br />

tantum e dunque preesistenti, in un certo senso con carattere di leggi "apriori", alla<br />

novità dei singoli edifici. Ma piuttosto a schemi che nascono in uno con l'edificio,<br />

piegandosi con naturalezza quasi organica al tipo di terreno e all'andamento del<br />

paesaggio, al materiale e alle tecniche usate, al gusto dell'architetto e alle diverse<br />

cadenze del dialetto architettonico"(46).<br />

Questo fervore di inziative volte ad acquisire sia i territori di pianura che i territori di<br />

montagna, trovava il suo coronamento <strong>nel</strong>l'unione con l'Abbazia di S.Maria di<br />

Casanova della più antica Abbazia di S. Bartolomeo di Carpineto sancita <strong>nel</strong> corso<br />

degli anni 1258-1259.<br />

I Cistercensi, dunque, hanno ripreso con tutta evidenza la prassi della transumanza.<br />

Intorno a queste realtà della vallata forconese-amiternina dovette gravitare una<br />

imponente massa di lavoro umano che comportò <strong>nel</strong> contempo un notevole<br />

investimento di capitali. Non è un caso che <strong>nel</strong>la vallata le testimonianze edilizie ed<br />

architettoniche precedenti la fondazione della città dell'Aquila siano soprattutto<br />

cistercensi. La presenza di tali monasteri porta evidentemente ad aggregazioni<br />

economiche e in parte sociali proprio in virtù della peculiarità della regola e quindi della<br />

mentalità dei monaci bonificatori.<br />

I Cistercensi insegnano alla piccola feudalità ed ai villici della vallata una integrazione<br />

economica di tipo nuovo che costituisce per essi modello. All'ombra dei monasteri si<br />

educano forze fresche che sono in grado di fare paragoni fra la stanca struttura feudale<br />

e la struttura cistercense che si era fatta tramite di una rivoluzione culturale che aveva<br />

fatto conoscere la rotazione agraria triennale, il nuovo sistema di aggiogamento del<br />

cavallo e del bue, che aveva utilizzato più e meglio le potenzialità energetiche mediante<br />

la diffusione dei mulini ad acqua e che aveva favorito la integrazione monte-piano,<br />

come la presenza della grancia di S.Maria del Monte a Campo Imperatore e la<br />

abbazia di S.Maria dell'Incoronata a Foggia stanno concretamente a dimostrare.<br />

151


Tutto ciò trova un suo corrispettivo culturale <strong>nel</strong>la nascita di una letteratura volgare<br />

due-trecentesca abruzzese che si sviluppa per l'azione mediatrice e pragmatica dei<br />

Benedettini in genere e dei Cistercensi in particolare che riescono a creare un nesso tra<br />

cultura e popolo.<br />

Se è vero pertanto che la storia delle terre abruzzesi è caratterizzata da una rilevata<br />

atonia cittadina , è anche vero che i fermenti della regola cistercense, così determinanti<br />

per uno sviluppo di iniziative e di attività anche di natura economica, penetrano <strong>nel</strong>le<br />

zone interne degli Abruzzi e in alcuni casi costituiscono la base per le profonde<br />

rivoluzioni come potrebbe essere quella della fondazione di una città. Vogliamo dire<br />

appunto la fondazione dell'Aquila che avviene a metà del sec. XIII, qualche anno dopo<br />

la morte di Federico II.<br />

Non possiamo addentrarci <strong>nel</strong>l'approfondimento del problema della fondazione di<br />

questa "civitas nova" che determinerà un indotto notevolissimo sullo sfruttamento del<br />

Gran Sasso, tanto da farci ipotizzare con molta verosimiglianza che proprio da quel<br />

momento se ne sconvolge quanto meno a livello di versante sud la facies arborea. Non<br />

possiamo addentrarci, come si diceva, in queste problematiche perchè si aprirebbe una<br />

voragine storiografica non esplorabile, nei limiti che l'economia del lavoro ci impone. E'<br />

certo un fatto: con la regolamentazione della transumanza che avverrà in forma<br />

definitiva <strong>nel</strong> 1447 con la istituzione da parte di Alfonso I di Aragona della Dohana<br />

menae pecudum Apuliae lo sfruttamento del Massiccio sarà sempre più ampio.<br />

Altra voragine storiografica quella della Dohana. A noi interessava tuttavia dare, con<br />

campionature mirate, soltanto il senso della evoluzione storica del territorio. Evoluzione<br />

che quanti saranno chiamati a costituire il Parco dovranno tenere <strong>nel</strong>la debita<br />

considerazione in quanto da essa derivano economie e culture. Aspetti questi non<br />

certamente secondari di un Parco modernamente inteso.<br />

152


1) V. D'ERCOLE in Giornate Internazionali della Transumanza, pag.<br />

2) La bibliografia è al riguardo ricchissima. Si possono tuttavia citare A.Fleming, The genesis of<br />

Pastoralism in European Prehistory in "World Arch." 4 (1972) e C.RENFREW, The Conditions of cultural<br />

and Economic Growth in the Bronze Age of Central Italy in "Proceedings Prehist. Soc.",38 (1972).<br />

3) Sull'argomento dell'allevamento ovino e della relativa transumenza in Abruzzo in epoca romana, si può<br />

vedere il fondamentale E.Gabba - M. PASQUINUCCI, Strutture agrarie e allevamento transumante<br />

<strong>nel</strong>l'Italia Romana (III,I sec. a.C.), Pisa 1979, con la ricchissima bibliografia alla quale si rimanda.<br />

4) A.J. TOYNBEE, Hannibal's Legacy, The Hannibalic Wae's Effects on Effects on Roman Life, I-II London-<br />

New York-Toronto 1965.<br />

5) LIVIO, XLI 8,7.<br />

6) E.GABBA, sulle strutture agrarie dell'Italia Romana, in E. GABBA - M. PASQUINUCCI, Strutture agrarie<br />

e allevamento transumante dell'Italia Romana, op.cit.pagg.42 e segg.<br />

7) Ibidem, pag.49 n. 83.<br />

8) M.Porci Catonis de agri cultura liber. M.Terenti Varronis rerum rusticarum libri tre ex recensione<br />

Henrici Keilii, Lipsia 1884, M.T.CICERONE, L'orazione per Aulo Cluentio Abito, a cura di G. Pugliese,<br />

Milano 1972<br />

9) COLUM, 6, 22, 2; (Vaccae) eius modi armentum maritima et aprica hiberna desederat, aestate autem<br />

opacissima memorum montium, elata magis, quam plana pascua, nam melius memoribus herbidis et<br />

fructetis et carectis pascitur, quoniam siccis ac lapidosis locis durantur ungulae: La bibliografia su<br />

Colum<strong>nel</strong>la è raccolta in K.D. WHITE, Roman Farming, Landon-Southampton 1970, pp.26-28;<br />

K.D.AHRENS, Colum<strong>nel</strong>la uber die Londwritschaft, Berlin 1976 (Schrift. Gesch. un Kultur der Antike, pp.<br />

42-44 P.D. CARROL, Colum<strong>nel</strong>la the Reformer, "Latomus" 35 (L976),pp.783788; A.COSSARINI,<br />

Colum<strong>nel</strong>la. Ideologia della terra"Giorn.Filol.Ferrarese" (1978) 2, pp. 35-47.<br />

153


ELENCO DEGLI ELABORATI GRAFICI<br />

Tav. 1. Inquadramento territoriale (1:200.000)<br />

Tav. 2. Struttura insediativa (1:50.000)<br />

2a. Schema strutturale della mobilità (1:100.000)<br />

2b. Struttura insediativa e turistica (1:100.000)<br />

2c. Stato attuale della pianificazione comunale (1:100.000)<br />

2d. Assetto amministrativo (1:100.000)<br />

Tav. 3. Uso attuale del suolo (1:50.000)<br />

Tav. 4. Valori storici ed architettonici (1:50.000)<br />

4a. Sintesi interpretativa dell'analisi dei valori storici e architettonici (1:200.000)<br />

Tav. 5. Valori naturalistici documentati (1:50.000)<br />

5a. Sintesi interpretativa dell'analisi dei valori naturalistici documentati (1:200.000)<br />

Tav. 6. Piano Regionale Paesistico (1:50.000)<br />

Tav. 7. Vincoli ambientali (1:50.000)<br />

7a. Sintesi interpretativa dell'analisi dei vincoli ambientali (1:200.000)<br />

Tav. 8. Classificazione del suolo (campioni 1:25.000)<br />

Tav. 9. Uso ottimale del suolo<br />

Tav.10. Zonazione del <strong>parco</strong> nazionale (1:100.000)<br />

Tav.11. Spazi ed attrezzature per la ricreazione invernale (1:50.000)<br />

Tav.12. Spazi ed attrezzature per la ricreazione estiva (1:50.000)<br />

Tav.13. Linee strategiche per il piano del <strong>parco</strong> (1:50.000)<br />

Tav. 14. Proposta di zonazione operativa (1:100.000)<br />

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Piroddi E.: Omogeneità e gravitazioni territoriali in Abruzzo, Università dell' Aquila.<br />

Facoltà di Ingegneria. Istituto di Architettura e Urbanistica, L' Aquila 1979.<br />

Piroddi E.: Strumentazione urbanistica e assetto del territorio, su: Atti della Facoltà di<br />

Ingegneria, Università dell'Aquila, L'Aquila 1979.<br />

173


Pizziolo G.: Il concetto di sviluppo sostenibile <strong>nel</strong>la pianificazione urbana e territoriale.<br />

Ciclo di seminari del dottorato di ricerca in Tecnica Urbanistica, Seminari 06.05.’94: Il<br />

concetto di sviluppo sostenibile <strong>nel</strong>la pianificazione urbana e territoriale. Roma 1994.<br />

Rolli G.L.: Un modello per l'organizzazione delle attrezzature di servizio e delle<br />

infrastrutture alla scala comprensoriale, Università dell' Aquila, su: Analisi storica e<br />

strumentazione progettuale dell'assetto territoriale, urbanistico ed edilizio della<br />

Regione Abruzzo, L' Aquila 1981.<br />

Rolli G.L. ed altri: Prospettive di sviluppo del consorzio industriale dell' Alta Tuscia<br />

Laziale, aspetti urbanistici e territoriali ( cap. I e II )., Tecnotour. Finanziaria laziale di<br />

sviluppo, Roma 1985.<br />

Rolli G.L.: Servizi per il territorio, Ferri Ed., L'Aquila 1984.<br />

Salzano E. (a cura): La città sostenibile. Ed. delle Autonomie, Roma 1992.<br />

Scandurra E.: Tecniche urbanistiche per la pianificazione del territorio, CLUP,<br />

Milano 1987.<br />

Sestini A.: Introduzione allo studio dell' ambiente. La geografia fisica, Franco Angeli<br />

Ed., Milano 1993.<br />

Tammaro F.: Compendio sulla flora del Gran Sasso d’Italia. Monografie dei Quaderni del<br />

Museo di Speleologia “V.Rivera”, n.2, L’Aquila 1983.<br />

Tamburini G., Aristone A., Mascarucci R.: Rapporto sullo stato dell’urbanizzazione in<br />

Italia. Abruzzo. Quaderni di Urbanistica Informazioni 8. Roma 1990.<br />

.........................................<br />

Titoli da attribuire ai temi<br />

Savignano A.: Regime giuridico e innovazione legislativa. In: Accademia dei Georgofili, “Global<br />

change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità<br />

delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />

Mari<strong>nel</strong>li A., Bernetti I: Sviluppo sostenibile e pianificazione delle aree protette. In: Accademia dei<br />

Georgofili, “Global change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio<br />

“Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />

La Marca O.: La gestione delle foreste <strong>nel</strong>le aree protette. In: Accademia dei Georgofili, “Global<br />

change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità<br />

delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />

Bruno E., Lovari S.: La gestione della fauna selvatica <strong>nel</strong>le aree protette, con particolare riferimento<br />

agli ungulati. In: Accademia dei Georgofili, “Global change”, Il verde per la difesa e il ripristino<br />

ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”,<br />

Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />

Talamucci P.: Colture agrarie e gestione dei pascoli. In: Accademia dei Georgofili, “Global change”,<br />

Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità delle attività<br />

agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />

174


Lucifero M., Biagioli O.: Le attività zootecniche <strong>nel</strong>le aree protette. In: Accademia dei Georgofili,<br />

“Global change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio<br />

“Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />

Gismondi S., Solinas M.: Le attività di turismo compatibile <strong>nel</strong>le aree protette.In: Accademia dei<br />

Georgofili, “Global change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio<br />

“Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />

Zandri M.: Interessi locali e composizione dei conflitti. In: Accademia dei Georgofili, “Global<br />

change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità<br />

delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />

Clementi A.: L’Abruzzo e i suoi parchi, dimensione storica. In: Accademia dei Georgofili, “Global<br />

change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità<br />

delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />

Di Croce G., Vittorini M.: L’Abruzzo e i suoi parchi, realtà emergente. In: Accademia dei Georgofili,<br />

“Global change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio<br />

“Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />

Biscotti N.: I nuovi parchi in Italia tra <strong>tutela</strong> e sviluppo del territorio, il caso del Gargano, lo<br />

“sperone d’Italia”. In: Genio Rurale, Dossier “Pianificazione del territorio e aree protette”, n.11,<br />

1993.<br />

Sargolini M.: Parco nazionale dei Monti Sibillini, processi conoscitivi per la redazione del piano.<br />

Parametro, n.203, Faenza 1994.<br />

Mantero F.M., Panzarasa S.: Terre protette. Ed. delle Autonomie, Provincia di Roma, Roma 1993.<br />

Copersini G.: Gran Sasso e Monti della Laga, da progetto a realtà territoriale “attrezzata”per<br />

l’ambiente. Congiuntura economica abruzzese,n.2, C.R.E.S.A., L’Aquila 1994.<br />

World Wildlife Fund (WWF): Dossier Economia & Parchi. Campagna parchi 1994. Roma 1994.<br />

175


.....................parte metodologica eventualmente da introdurre in luogo appropriato...........<br />

Secondo l'impostazione "classica" dei piani di sviluppo turistico, la ricettività<br />

turistica consiste in una quota parte dell'offerta turistica che viene determinata in base a<br />

diversi criteri:<br />

A - un primo criterio fa discendere la quantificazione della ricettività dalle<br />

caratteristiche del bacino di provenienza della domanda turistica, in particolare della<br />

sua collocazione rispetto al comprensorio turistico e dalle relative connessioni,<br />

elementi in base ai quali si può determinare all'interno dell'offerta turistica che, come si<br />

è detto al Cap. 3 si suppone tutta coperta dalla domanda, una frazione più o meno<br />

consistente di pendolarismo giornaliero per motivi di ricreazione turistica e, per la<br />

quota residua, l'esigenze di una idonea dotazione di strutture ricettive;<br />

B - un secondo criterio di valutazione deriva dalla qualità dell'offerta turistica che,<br />

anche in condizioni di buona accessibilità giornaliera del bacino di utenza, può attrarre<br />

una quota più o meno consistente di presenze di durata sopragiornaliera, e quindi<br />

richiede una corrispondente dotazione di servizi;<br />

C - infine un terzo criterio fa derivare la quantificazione della ricettività dalla valutazione<br />

della dimensione e tipologia di strutture stabili la cui presenza sia ritenuta compatibile<br />

con la integrità <strong>dell'ambiente</strong> entro il quale le strutture devono essere collocate.<br />

Tale criterio sposta, opportunamente, i termini del problema dalla<br />

determinazione di una ricettività commisurata alla domanda di permanenza<br />

sopragiornaliera alla definizione di un dimensionamento della ricettività che non superi<br />

la soglia ritenuta compatibile con la conservazione dei valori essenziali del territorio.<br />

Questa valutazione di compatibilità è però di difficile determinazione, tanto è<br />

vero che non risulta sia stata espressa dagli studiosi del settore se non in <strong>nel</strong>la forma<br />

generica di una percentuale dell'offerta turistica, più o meno elevata in relazione inversa<br />

rispetto alla rilevanza delle risorse ambientali.<br />

Va anche considerato che le metodologie disponibili sono finalizzate, più che<br />

ad una valutazione aprioristica della dotazione massima di ricettività compatibile con<br />

l'ambiente, alla valutazione dell'impatto ambientale di singole opere di dotazione<br />

ricettiva già definite <strong>nel</strong>la loro fisionomia quali-quantitativa.<br />

Una volta quantificata la ricettività turistica, la metodologia classica prevede<br />

l’articolazione <strong>nel</strong>le fondamentali tipologie:<br />

- strutture a rotazione d'uso (alberghi, pensioni), anche di tipo specializzato (ostelli della<br />

gioventù, strutture ricettive per turismo sociale)<br />

- strutture residenziali temporanee (seconde case <strong>nel</strong>le diverse tipologie : ville,<br />

condomini, residence)<br />

- strutture provvisorie (campings, case mobili).<br />

Naturalmente per ciascuna di queste tre categorie viene valutata la quota di<br />

domanda già soddisfatta dalle strutture esistenti, e la quota da soddisfare mediante<br />

nuove strutture.<br />

Non affrontiamo in questa sede la problematica relativa alla evoluzione<br />

intervenute negli anni recenti <strong>nel</strong> rapporto tra queste diverse forme di insediamento ai<br />

fini del soddisfacimento della domanda di ricettività turistica, evoluzione che ha visto<br />

una sempre maggior penalizzazione delle forme di ricettività a rotazione nei confronti di<br />

quelle residenziali individuali.<br />

Va solo detto che la domanda di residenza temporanea manifestatasi negli anni<br />

recenti non è espressione, a nostro avviso, di una reale esigenza di ricettività turistica,<br />

176


ma, per una cospicua parte, deriva da una situazione distorta del mercato degli<br />

investimenti in generale e di quelli in edifici in particolare.<br />

D'altra parte le modalità di localizzazione e le tipologie delle unità ricettive e<br />

residenziali individuano uno dei momenti più delicati di coerenza del piano con gli<br />

obiettivi di <strong>tutela</strong> <strong>dell'ambiente</strong> naturale e dell'habitat preesistente.<br />

Alcune considerazioni sulle modalità con cui si sono evolute negli anni recenti le<br />

forme di insediamento temporaneo e di quello permanente <strong>nel</strong>le aree montane, offrono<br />

l'opportunità di affrontare il tema della residenza turistica in modo coerente con gli<br />

obiettivi del nostro lavoro.<br />

E' noto come da tempo le zone montane abruzzesi, alla pari di alcune altre arre<br />

italiane ed europee, siano caratterizzate da un lato dallo sviluppo di insediamenti<br />

alberghieri e di residenza turistica in quota, e dal sempre più accentuati\o passaggio<br />

dalla prima verso la seconda di queste tipologie di ospitalità turistica (in particolare<br />

dallo sviluppo della produzione di seconde case in condomini e residences) e, dall'altro<br />

lato, dal progressivo abbandono da parte dei primitivi abitanti dei vecchi insediamenti<br />

residenziali. Molto spesso questi insediamenti sono prossimi alle località di sviluppo<br />

turistico, e presentano grande interesse sotto il profilo storico-artistico o, quanto meno,<br />

<strong>dell'ambiente</strong> architettonico.<br />

La nostra ricerca,proprio perché pone trai suoi obiettivi la elaborazione di una<br />

metodologia tendente ad integrare le iniziative di istituzione del <strong>parco</strong> nazionale, di<br />

sviluppo, del turismo e di recupero dell'habitat preesistete, ci è sembrata una occasione<br />

opportuna per porre il discorso dello sviluppo della ricettività turistica in termini nuovi.<br />

Va osservato che il comprensorio del Gran Sasso presenta condizioni che<br />

appaiono particolarmente idonee a questo riguardo : siamo in presenza infatti di<br />

numerosi antichi centri abitati in quota, disposti a corona intorno al massiccio, molti dei<br />

quali prossimi agli accessi alle aree destinate alle attività ricreative estive ed invernali, e<br />

di un ingente patrimonio edilizio non più utilizzato dai vecchi abitanti, teoricamente<br />

disponibile per il recupero ai fini residenziali turistici.<br />

Una linea di metodo che sposti le modalità di soddisfacimento della domanda<br />

di ricettività turistica dalla creazione di nuove strutture insediative al recupero di<br />

insediamenti esistenti inutilizzati consente, a nostro avviso, di porre in termini diversi<br />

anche l'aspetto quantitativo del problema.<br />

Il tetto massimo della ricettività e della residenza turistica sostenibile può essere<br />

infatti determinato in questo caso non in base a labili valutazioni di compatibilità<br />

ambientale ed alle presumibili caratteristiche della domanda proveniente dal bacino di<br />

utenza, ma in base alla dimensione, in loco, di un patrimonio edilizio inutilizzato il cui<br />

recupero ai fini turistici può costituire occasione di riqualificazione, anziché di<br />

compromissione, delle risorse ambientali intese <strong>nel</strong>la loro più ampia accezione.<br />

Il tema della ricettività turistica può essere allora posto determinando il valore<br />

globale dell'offerta di ricettività turistica sostenibile dalle strutture attuali come somma<br />

delle seguenti componenti :<br />

a - strutture a rotazione d'uso esistenti ;<br />

b - strutture residenziali esistenti a destinazione turistica;<br />

c - strutture residenziali inutilizzate potenzialmente ricuperabili per residenza turistica.<br />

Una valutazione delle dimensioni e delle probabili caratteristiche della presunta<br />

domanda turistica può consentire un bilancio domanda-offerta sotto il profilo<br />

quantitativo e, soprattutto, qualitativo, suggerendo gli orientamenti di un apolitica di<br />

177


intervento, riferita, particolarmente al recupero del patrimonio edilizio inutilizzato<br />

esistente.<br />

Nell'ambito di questa verifica potrà anche essere verificata la possibilità di<br />

realizzazione di una modesta aliquota di nuove strutture destinate a ricettività a<br />

rotazione d'uso e , eccezionalmente, a residenza turistica.<br />

178

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