Progetto parco, tutela e valorizzazione dell'ambiente nel ... - Planeco
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Gian Ludovico Rolli Bernardino Romano<br />
PROGETTO PARCO<br />
Tutela e <strong>valorizzazione</strong> dell’ambiente<br />
<strong>nel</strong> comprensorio del Gran Sasso d’Italia<br />
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DELL'AQUILA
Gian Ludovico Rolli Bernardino Romano<br />
con contributi di<br />
Alessandro Clementi<br />
PROGETTO PARCO<br />
Tutela e <strong>valorizzazione</strong> dell’ambiente<br />
<strong>nel</strong> comprensorio del Gran Sasso d’Italia<br />
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DELL'AQUILA<br />
Dipartimento di Architettura e Urbanistica<br />
2
Questo volume viene presentato in accasione del centoventennale della<br />
fondazione della Sezione dell’Aquila del Club Alpino Italiano.<br />
Le iniziative culturali e divulgative del sodalizio, ed in particolare i contributi<br />
scientifici ed i riferimenti documentali e bibliografici forniti attraverso il BOLLETTINO<br />
ed altre pubblicazioni, hanno costituito un riferimento concreto per l’elaborazione di<br />
questo volume.<br />
Un particolare riconoscimento per questo va rivolto ai Presidenti della Sezione<br />
Nestore Nanni e Cesare Colorizio, che si sono succeduti <strong>nel</strong> corso degli anni recenti.<br />
3
RIFERIMENTI E COLLABORAZIONI<br />
Questo volume costituisce il coronamento di una lunga serie di studi che hanno<br />
tratto la loro origine da una ricerca svolta <strong>nel</strong>l’ambito dell’Università dell’Aquila con<br />
finanziamento del Ministero della Pubblica Istruzione.<br />
Il lavoro, sviluppato prevalentemente <strong>nel</strong>l’ambito del Dipartimento di Architettura<br />
e Urbanistica, ha raccolto una serie di contributi di studio da tesi di laurea (Romano B.-<br />
1983, Pancella F.- 198, Caprara I.- 1994).<br />
Per la collaborazione prestata <strong>nel</strong>le diverse fasi di allestimento del lavoro si ringrazia il<br />
personale del D.A.U., in particolare Giuseppe Colagrande, Margherita Colagrande,<br />
Niccolò Ficara, Raffaele Properzi e Gianfranco Ruggieri.<br />
Un ulteriore ringraziamento per la collaborazione si rivolge alla Regione Abruzzo,<br />
Settore Urbanistica e Beni Ambientali, in particolare l’Arch. D. Iacovone, l’Arch. A.<br />
Perrotti, i Sigg. E.Sauli e G. Mariani, per la consultazione dei documenti cartografici.<br />
4
PRESENTAZIONE<br />
INTRODUZIONE<br />
INDICE<br />
PARTE I<br />
LA PIANIFICAZIONE DEI PARCHI<br />
Cap. 1 - FORME E STRUMENTI DELLA TUTELA AMBIENTALE NEI<br />
PARCHI<br />
1.1. La formazione dei parchi<br />
1.2. La zonazione <strong>nel</strong>la pianificazione dei territori protetti;<br />
1.3. Indirizzi per la rilettura dei criteri di zonazione dei parchi<br />
Cap. 2 - PARCO E SISTEMA ANTROPICO<br />
2.1. “Wilderness” e antropizzazione storica nei parchi nazionali<br />
2.2. Condizioni e problemi dell’insediamento umano nei parchi<br />
2.3. Il ruolo dei centri storici <strong>nel</strong>l’organizzazione insediativa dei parchi<br />
Cap. 3 - PARCO E TURISMO<br />
3.1. L'evoluzione del ruolo turistico dei parchi<br />
3.2. Funzioni limiti e potenzialita' della fruizione turistica degli spazi <strong>tutela</strong>ti<br />
Cap. 4 -PARCO E SISTEMA PRODUTTIVO<br />
4.1. Le attività produttive nei parchi<br />
4.2. Ruolo del <strong>parco</strong> <strong>nel</strong> settore produttivo<br />
Cap. 5 - LINEAMENTI METODOLOGICI PER UNA PIANIFICAZIONE<br />
INTEGRATA DEI PARCHI<br />
5.1. Premessa<br />
5.2. Il processo di pianificazione<br />
5.3. Determinazione delle modalità di <strong>tutela</strong><br />
5.4. Gli spazi produttivi primari<br />
5.5. Gli spazi e le attività ricreative<br />
5.6. La utilizzazione degli spazi ricreativi<br />
5.7. L’attrezzatura turistica<br />
5.8. La struttura insediativa e il <strong>parco</strong> integrato<br />
Documentazione fotografica<br />
I grandi spazi naturali e il paesaggio<br />
I centri storici<br />
Gli elementi storico-architettonici diffusi<br />
Gli spazi turistici e sportivi<br />
Gli spazi produttivi<br />
5
I detrattori del paesaggio<br />
Premessa<br />
PARTE II<br />
PROGETTO GRAN SASSO<br />
Cap. 6 - L’ANALISI DEL TERRITORIO<br />
6.1. La morfologia<br />
6.2. L'uso del suolo<br />
6.3. I valori naturalistici<br />
6.4. I valori vegetazionali (F.Corbetta)<br />
6.5. I valori storici e architettonici<br />
6.6. I vincoli ambientali<br />
6.7. La struttura insediativa e produttiva<br />
6.8. La configurazione amministrativa e la pianificazione comunale<br />
Cap. 7 - LE PROPOSTE PER IL PIANO<br />
7.1. Il sistema della <strong>tutela</strong> ambientale<br />
7.2. Criteri per una normativa di <strong>tutela</strong><br />
7.3. Le potenzialità produttive agricole<br />
7.4. Le potenzialita' turistiche<br />
7.5. La ricettività turistica<br />
7.6. Linee strategiche per il piano del <strong>parco</strong><br />
7.6.1. Servizi del <strong>parco</strong><br />
7.6.2. Razionalizzazione delle strutture turistiche esistenti<br />
7.6.3. Organizzazione della fruizione del <strong>parco</strong> e della mobilità<br />
7.6.4. Interventi di recupero edilizio e di restauro del territorio<br />
7.6.5. Ricettività e residenzialità<br />
7.6.6. Il coinvolgimento degli abitanti e dell’imprenditoria locale<br />
Elaborati cartografici<br />
PARTE III<br />
L’EVOLUZIONE STORICA DEL TERRITORIO<br />
Il territorio del Gran Sasso d’Italia<br />
Tav. 1. L’area di studio <strong>nel</strong> contesto regionale<br />
Tav. 2. Struttura geografica e insediativa<br />
Tav. 2a. Schema strutturale della mobilità<br />
Tav. 2b. Struttura insediativa e turistica<br />
Tav. 2c. Stato attuale della pianificazione comunale<br />
Tav. 2d. Assetto amministrativo<br />
Tav. 3. Uso del suolo<br />
Tav. 4. Piano Regionale Paesistico<br />
6
Tav. 5. Valori storici e architettonici<br />
Tav. 6. Valori naturalistici documentati<br />
Tav. 7. Vincoli ambientali<br />
Tav. 8 Classificazione del suolo<br />
8a. Altimetria e clivometria<br />
8b. Substrati pedogenetici<br />
8c. Classificazione del suolo<br />
8d. Uso attuale del suolo<br />
Tav. 9. Uso ottimale del suolo<br />
Tav. 10a. Procedimento di zonazione del <strong>parco</strong> nazionale<br />
Tav. 10b. Ipotesi di configurazione delle unità di vincolo<br />
Tav. 11. Spazi e attrezzature per il turismo invernale<br />
Tav. 12. Spazi e attrezzature per il turismo estivo<br />
Tav 13. Linee strategiche per lo svilupo del sistema territoriale del <strong>parco</strong><br />
Tav 14. Proposta di zonazione operativa<br />
Elenco delle figure <strong>nel</strong> testo<br />
Eleneco delle tabelle <strong>nel</strong> testo<br />
7
INTRODUZIONE<br />
......................................<br />
......................................................<br />
(da predisporre)<br />
....................................<br />
................................................<br />
8
1.1. La formazione dei parchi<br />
PARTE I<br />
LA PIANIFICAZIONE DEI PARCHI<br />
Diverse concezioni si scontrano <strong>nel</strong>l’attuale dibattito intorno ai criteri attraverso<br />
i quali sorge un <strong>parco</strong> in zone naturali parzialmente antropizzate.<br />
Ciononostante, i criteri adottati dalla legge 6.12.91, n.394 - Legge quadro sulle<br />
aree protette - risentono di una genesi storica del concetto di <strong>parco</strong> da cui deriva - tra<br />
l’altro - lo strumento della “zonazione”.<br />
Nell’affettuare in questa parte del lavoro una disamina di carattere generale<br />
sull’approccio scientifico alla pianificazione dei parchi, è utile ricordare come i parchi e<br />
le riserve, <strong>nel</strong>la loro accezione piu' ampia, al di la' delle definizioni che tendono a<br />
distinguerli in base alle finalita' parzialmente differenti, nascono e si sviluppano<br />
storicamente come entita' preposte (sostanzialmente) alla conservazione di particolari<br />
contesti di grande rilevanza naturalistica.<br />
In particolare la definizione internazionale concordata di "<strong>parco</strong> nazionale"<br />
risale al 1969 e fu formulata in sede della X Assemblea Generale del IUCN (Unione<br />
Internazionale per la Conservazione della Natura e delle Risorse) svoltasi appunto in<br />
quell'anno a Nuova Delhi 1 .<br />
I parchi nazionali sono stati <strong>nel</strong>l'occasione definiti come aree di una notevole<br />
vastita' e <strong>nel</strong>le quali:<br />
- uno o piu' ecosistemi non siano alterati dalla presenza delle attivita' umane,<br />
dove le specie animali e vegetali, la geomorfologia e gli habitat naturali costituiscano un<br />
ambiente naturale di grande valore;<br />
- le maggiori autorita' competenti intraprendano azioni per prevenire o eliminare<br />
le attivita' incompatibili e per rafforzare la <strong>tutela</strong> dei valori ecologici, geomorfologici ed<br />
estetici;<br />
- i visitatori siano ammessi, a speciali condizioni, per scopi scientifici, culturali e<br />
ricreativi.<br />
Nella stessa occasione si fornivano inoltre delle raccomandazioni per evitare di<br />
usare erroneamente il termine di "<strong>parco</strong> nazionale" sia <strong>nel</strong> caso di altre tipologie di<br />
<strong>tutela</strong> ambientale piu' circoscritta, sia , in particolare, <strong>nel</strong> caso di aree abitate e<br />
antropizzate <strong>nel</strong>le quali, anche quando l'industrializzazione e l'urbanizzazione fossero<br />
controllate, la pianificazione territoriale e le misure adottate indirizzassero verso un uso<br />
di tipo turistico-ricreativo, e dove la ricreazione all'aria aperta fosse prioritaria rispetto<br />
alla pura conservazione degli ecosistemi.<br />
Tali aree, più propriamente, sarebbero destinate alla formazione di parchi naturali,<br />
regionali, etc...<br />
Siamo pertanto certi che, ogni qual volta venga proposta una forma di <strong>tutela</strong><br />
tipologicamente riconducibile allo status del <strong>parco</strong>, si e' in presenza di una porzione di<br />
1 IUCN, The World Conservation Union, 1993 United Nations List of National Parks and Protected Areas. IUCN,<br />
Gland, Switzerland and Cambridge, UK, 1993.<br />
9
spazio piu' o meno estesa, che contiene emergenze ambientali di valore tale da<br />
giustificarne la sottrazione alla pressione dell'urbanizzazione e ad ogni altro tipo di<br />
azione antropica che possa comportarne, in tempi piu' o meno lunghi, il "consumo" e la<br />
scomparsa.<br />
Ripercorrendo idealmente la storia di gran parte dei parchi attualmente esistenti<br />
si potrebbe, con una elevata attendibilita', tracciare un "itinerario" di formazione<br />
pressoche' analogo, costituito da una fase iniziale di presa di coscienza dell'elevato<br />
valore ambientale del luogo da parte di esponenti della cultura e della scienza, seguita<br />
da una fase di constatazione delle minacce che le ordinarie attivia' antropiche di<br />
trasformazione del territorio comportano per il mantenimento dell’ambiente<br />
considerato.<br />
A queste fasi iniziali segue un coinvolgimento di piu' ampi strati di opinione<br />
pubblica che poi, via via, tra difficolta' di entita' variabile in funzione della sensibilita'<br />
degli organi di governo preposti, si sviluppa fino a condurre all'apposizione di un<br />
vincolo di <strong>tutela</strong>.<br />
Queste considerazioni indicano che la creazione di un <strong>parco</strong> e' sempre stata<br />
un'azione mirata a sottrarre alle conseguenze dell’espansione dell’attività umana i tesori<br />
naturali da tramandare alle future generazioni.<br />
E' possibile affermare che, quanto piu' e' rapido il processo di trasformazione del<br />
territorio, tanto piu' e' intensa la presa di coscienza del danno in atto e la ribellione<br />
conseguente.<br />
Non a caso infatti il primo provvedimento di <strong>tutela</strong> ambientale e' intervenuto negli<br />
U.S.A. <strong>nel</strong> 1872, in quanto in questo paese si e' svolto uno dei processi di<br />
trasformazione territoriale piu' veloci della storia.<br />
In poco più di mezzo secolo sono stati privatizzati migliaia di ettari di zone selvagge,<br />
disboscate enormi superfici forestali per consentire la realizzazione delle linee di<br />
comunicazione, operate rapidissime azioni di sfruttamento di materie prime e di<br />
creazione di insediamenti urbani e produttivi, sterminati milioni di bisonti, completata la<br />
eliminazione sistematica ed il confinamento delle popolazioni indigene 2 .<br />
Questi eventi convinsero Washburn, Langford e Doan, membri della spedizione<br />
esplorativa effettuata <strong>nel</strong> 1870, a proporre al Governo di Washington la <strong>tutela</strong> di quasi<br />
900.000 ha di natura incontaminata dello Yellowstone National Park, tra Wyoming e<br />
Montana, che venne ufficialmente istituito dal Congresso degli U.S.A. <strong>nel</strong> 1872 "per il<br />
godimento delle popolazioni attuali e per tutte le generazioni future".<br />
L'atto istitutivo comportava una triplice finalita' per il nuovo <strong>parco</strong> 3 :<br />
1. prevenire un uso umano del territorio per conservare fauna e flora, ecosistemi<br />
o zone e paesaggi naturali particolarmente belli;<br />
2. far si' che i visitatori potessero trarre vantaggio, a differenti livelli (culturale,<br />
educativo e ricreativo) dai risultati positivi di questa conservazione;<br />
2 Jacquin P., Histoire des indiens d’Amerique du Nord. Mondadori 1984.<br />
3 Harroy J.P., Histoire et importance des reserves naturelles dans le monde. Atti del Convegno Nazionale<br />
Strategia 80 per i parchi e le riserve d'Italia 1980, L'uomo e l'ambiente-4, Camerino 1983. Vedi anche: Pedrotti<br />
F., Classificazione delle aree protette. In: Atti dei Convegni Lincei 66, Parchi e aree protette in Italia,<br />
Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1985.<br />
10
3. che a questa azione di conservazione i sistemi di ricerca traessero occasioni di<br />
studio, altrove non presenti.<br />
Esempi del processo formativo dei parchi poco sopra citato e' possibile farne in<br />
gran numero, ricordando l'ulteriore esperienza americana del Grand Canyon National<br />
Park del Colorado, e proseguendo con molti altri casi europei ed italiani, come la<br />
Foresta Bavarese <strong>nel</strong>la Germania sud-orientale, il Donana <strong>nel</strong>l'Andalusia occidentale, i<br />
Pirenei occidentali in Francia, gli stessi parchi nazionali d'Abruzzo e dello Stelvio.<br />
1.2. La zonazione <strong>nel</strong>la pianificazione dei territori protetti<br />
Nell' introdurre l'argomento della zonazione <strong>nel</strong> processo di pianificazione delle<br />
aree protette, <strong>nel</strong>la forma in cui viene utilizzato <strong>nel</strong>la prassi attuale, non si puo'<br />
prescindere dal ripercorrere in chiave diacronica, seppur sinteticamente, le tappe che<br />
hanno condotto alla evoluzione ed alla maturazione di questo concetto.<br />
Questo percorso storico si origina dalle prime definizioni attribuite alle aree protette e<br />
dai primi tentativi di strutturare una nomenclatura di validita' internazionale.<br />
Non e' certamente il caso di riproporre per intero l'itinerario procedurale dei dibattiti,<br />
delle tensioni, dei confronti che, <strong>nel</strong> corso di svariati decenni hanno condotto alla<br />
configurazione attuale delle tipologie delle aree protette, in quanto trattasi di argomento<br />
gia' autorevolmente illustrato in piu' occasioni 4 , ma ci si limitera' unicamente a<br />
sottolineare le tappe di questo processo che hanno stretta attinenza con la questione<br />
piu' specifica della zonizzazione interna dei parchi.<br />
I diversi tentativi effettuati in questa materia hanno il loro antesignano in Bourdelle 5<br />
che, in occasione della Conferenza Internazionale per la protezione della natura di<br />
Brunnen (Svizzera) del 1947, avanzo' una proposta di riunificazione delle definizioni in<br />
materia di <strong>tutela</strong> <strong>dell'ambiente</strong> naturale, questione sulla quale, negli anni precedenti, era<br />
stato molto vivo il dibattito in sede IUCN.<br />
In seguito a questa proposizione l'Unione Internazionale per la Conservazione della<br />
Natura adottava lo schema di Bourdelle, che e' stato considerato quale riferimento di<br />
fondo anche dal Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste Italiano che l'ha utilizzato,<br />
con alcune modifiche, fin dal 1959 (vedi Tab.1), a partire dalla sua prima Riserva<br />
naturale di Sasso Fratino, <strong>nel</strong>le Foreste Demaniali Casentinesi 6 .<br />
TAB.1 Classificazione delle riserve naturali (Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, 1959)<br />
4 Vedi a tal proposito: PEDROTTI F., Classificazione delle aree protette. In: Parchi e aree protette in Italia, Atti<br />
dei Convegni Lincei 66. Accademia dei Lincei, Roma 1985.<br />
Nello stesso volume vedi anche: MORONI A., Il sistema delle aree protette in Italia tra ricerca, gestione e<br />
politica.<br />
5 Bourdelle E., Tableau de la nomenclature employe dans l'atlas: in Union International pour la Conservation<br />
de la Nature et de ses ressources. Dernier refuges, Ed. Elsevier, 1956.<br />
6 PAVAN M., Riserve naturali italiane, situazione e proposte di <strong>tutela</strong> dei poteri pubblici. Ministero<br />
dell'Agricoltura e delle Foreste, Direzione Generale per l'Economia Montana e per le Foreste.Collana Verde,<br />
n.31.Pavia 1973.<br />
11
Da: Pavan: M., Riserve naturali italiane, situazione e proposte di <strong>tutela</strong> dei poteri pubblici. Ministero<br />
dell’Agricoltura e delle Foreste, Collana Verde n.31, Pavia 1973. Schema proposto al Consiglio d’Europa,<br />
Comitato Europeo per la salvaguardia della natura, <strong>nel</strong> 1969<br />
La concezione che appare alla base di questa nomenclatura considera come<br />
elementi omogenei, accorpati, e sostanzialmente, anche se non dichiaratamente,<br />
autonomi e non contigui, le unita' di <strong>tutela</strong> naturalistica, anche quando sono molto<br />
estese superficialmente come, presumibilmente, accade <strong>nel</strong> caso dei parchi nazionali.<br />
Si tratta <strong>nel</strong>lo specifico di una articolazione definitoria che cerca di mettere d'accordo<br />
fondamentalmente le tipologie delle singole unita' di vincolo con i caratteri oggettivi<br />
degli spazi naturali che da queste vengono poi interessati in termini normativi.<br />
Non e' certo presente il concetto di scansione funzionale interna alle singole tipologie,<br />
ma unicamente quello di perimetro esterno contenente delle emergenze ambientali<br />
omogenee riconducibili alle tipologie stesse.<br />
Il merito incontestabile di questa operazione e' quello di fornire una riconoscibilita'<br />
internazionale alle iniziative di <strong>tutela</strong> di certi spazi naturali, costituendo un riferimento in<br />
un dibattimento annoso che andava trascinandosi dalle prime definizioni di "<strong>parco</strong><br />
nazionale" attribuite al comprensorio di Yellowstone fin dal 1883, e dalle ulteriori<br />
definizioni presenti negli USA gia' prima dell’ultima guerra 7 .<br />
In ogni caso, su questa base, i pareri hanno continuato ad evolversi, generando altre<br />
definizioni e revisioni di quelle precedenti.<br />
Una novita' in sede internazionale giunge <strong>nel</strong> corso della seconda Conferenza<br />
Mondiale sui parchi nazionali di Yellowstone del 1972, durante la quale viene<br />
presentata una ulteriore proposta di classificazione <strong>nel</strong>la quale i parchi nazionali non<br />
compaiono piu' come elementi omogenei al pari delle altre unita' di vincolo, bensi'<br />
7 SULLIVAN T.A., Laws relating to the national park service. Suppl 1, U.S. Government Printing Office,<br />
Washington 1944.<br />
12
come spazi compositi, ibridi, derivanti dalla combinazione di piu' tipologie "elementari"<br />
di riserve, che tengano conto della multiformita' degli obiettivi attribuibili al <strong>parco</strong><br />
nazionale (conservativi, scientifici, ricreativi) 8 ; obiettivi peraltro ridefiniti <strong>nel</strong> frattempo<br />
durante la Conferenza dell' IUCN di Nuova Delhi del 1969 9 .<br />
In verita' alcune sollecitazioni su questo tema erano gia' pervenute, seppur in forma<br />
circoscritta, in tempi molto precedenti.<br />
Prima dal Prof. Renzo Videsott, che gia' <strong>nel</strong> 1955 proponeva per la prima volta<br />
l'opportunita' di una suddivisione interna in zone dei parchi nazionali esistenti,<br />
calibrando queste sulle diverse esigenze di studio, di visita, di residenza 10 .<br />
In un secondo momento si era verificata anche la prima applicazione normativa<br />
della zonazione dei parchi che si deve alla Francia, con la sua legge per le aree protette<br />
emanata <strong>nel</strong> 1960 11 , <strong>nel</strong>la quale si proponeva la "struttura zonale concentrica"<br />
costituita dal "nucleo centrale" di riserve integrali a scopo scientifico, da una fascia<br />
intermedia a regime speciale per le attivita' agro-silvo-pastorali e da una zona periferica<br />
di sviluppo delle attivita' insediative.<br />
Questo sistema ha avuto vasti consensi su scala internazionale e si e' andato<br />
affermando in maniera generalizzata sia pur con diverse versioni applicative.<br />
In questo senso si possono fornire numerosi esempi, avvalendosi peraltro anche di<br />
studi e ricerche specifiche che sono state condotte <strong>nel</strong> settore.<br />
In particolare analizzando alcune delle risultanze della Ricerca universitaria sulla<br />
Pianificazione dei Parchi in Europa, coordinata dal Prof. Roberto Gambino. e' possibile<br />
confrontare alcune situazioni-tipo di parchi italiani con riferimento ai modelli adottati di<br />
8 DASMANN R.F., Elaboration d'un systeme de classification des zones de protection naturelles et culturelles.<br />
Deuxieme conference mondiale sur le parcs nationaux (Yellowstone and Grand Teton, settembre 1972), IUCN<br />
Morges 1974.<br />
9 La nomenclatura proposta dall’IUCN per le aree protette ha subito numerose revisioni e adeguamenti. Per la<br />
più recente articolazione del sistema delle unita' di <strong>tutela</strong> ambientale si veda: IUCN, 1993 United Nations List of<br />
National Parks and Protected Areas,(Op. cit.).<br />
Le categorie di vincolo si articolano:<br />
Category I (a-Strict Nature Reserve, b-Wilderness area)<br />
“ II (National Park);<br />
“ III (Natural Monument);<br />
“ IV (Habitat/ Species Management Area);<br />
“ V (Protected Landscape / Seascape);<br />
“ VI (Managed Resource Protected Area);<br />
A ciascuna di queste tipologie di <strong>tutela</strong> corrispondono degli obiettivi primari, secondari e potenziali, secondo il<br />
criterio che segue (IUCN: Guidelines for Protected Area Management Categories, CNPPA, IUCN 1994):<br />
Management Objective Ia Ib II III IV V VI<br />
Ricerca scientifica 1 3 2 2 2 2 3<br />
Protezione della Wilderness 2 1 2 3 3 -- 2<br />
Conservazione delle specie e della diversità genetica 1 2 1 1 1 2 1<br />
Mantenimento delle funzioni ambientali 2 1 1 -- 1 2 1<br />
Protezione di spefiche caratteristiche naturali e culturali -- -- 2 1 3 1 3<br />
Turismo e ricreazione -- 2 1 1 3 1 3<br />
Educazione -- -- 2 2 2 2 3<br />
Uso sostenibile delle risorse dell’ecosistema naturale -- 3 3 -- 2 2 1<br />
Mantenimento dei caratteri culturali e tradizionali -- -- -- -- -- 1 2<br />
1- Obiettivo primario<br />
2- Obiettivo secondario<br />
3- Obiettivo potenzialmente applicabile<br />
--- Obiettivo non applicabile<br />
10 PEDROTTI F., 1985, Op. Cit.<br />
11 DACLON C.M., La politica per le aree protette. Maggioli Ed., Rimini 1990.<br />
13
zonazione che vengono indifferentemente utilizzati per aree protette a carattere<br />
nazionale o regionale 12 .<br />
Il Parco nazionale del Gran Paradiso, pur senza mai approvarlo formalmente, si doto'<br />
<strong>nel</strong> 1983 di uno schema di piano che prevedeva, tra le altre cose, una articolazione<br />
territoriale in zone costituita da:<br />
- zone A, riserva integrale:<br />
A1, wilderness;<br />
A2, non wilderness;<br />
A3, d'interesse speciale;<br />
-zone B , riserva generale:<br />
B1, transizione;<br />
B2, conservazione;<br />
B3, conservazione speciale;<br />
-zone C, protezione;<br />
-zone D, sviluppo controllato (agricolo,<br />
produttivo, turistico, residenziale):<br />
Ds, destinazione speciale;<br />
-zone E, contigue (esterne al <strong>parco</strong>);<br />
Il <strong>parco</strong> lombardo della Valle del Ticino, anch'esso regolamentato da un Piano<br />
territoriale di coordinamento del 1980, e' dotato di una normativa che prevede la<br />
seguente partizione zonale:<br />
-zone A di riserva integrale;<br />
-zone B, B1, B2 di riserva orientata;<br />
-zone di <strong>parco</strong> naturale agricolo-forestale;<br />
-zone D2 di <strong>tutela</strong> archeologica;<br />
-zone D3 di <strong>tutela</strong> ambientale e paesistica;<br />
-zone G agricole del <strong>parco</strong>;<br />
-zone di iniziativa comunale orientata;<br />
Se questi sono alcuni esempi estratti dalla ricerca citata, che gia' forniscono un quadro<br />
abbastanza significativo, e' comunque possibile produrne degli altri, utilizzando fonti<br />
diverse.<br />
Il Parco del Pollino, ora <strong>parco</strong> nazionale, <strong>nel</strong> piano territoriale di coordinamento del<br />
1985, che lo ha compreso come <strong>parco</strong> naturale della Regione Basilicata, e'<br />
12 Vedi a proposito: GAMBINO R., Parchi Naturali. Ed. NIS, Roma 1991.<br />
Dello stesso Autore: Quali parchi in Italia e in Europa integrando le politiche di <strong>tutela</strong>. Documenti del<br />
territorio, anno V, n.17/18, Centro Interregionale di coordinamento e documentazione per le informazioni<br />
territoriali, Roma 1990.<br />
14
assoggettato ad una articolazione territoriale cosi' organizzata, sancita dall'Art. 3 delle<br />
Norme di attuazone del P.T.C. 13 :<br />
1- aree a protezione speciale:<br />
zona A, cuore del <strong>parco</strong>;<br />
zona B, boschi di casa;<br />
zona C1, rispetto monumentale;<br />
zona C2, emergenze geologiche e zone instabili;<br />
zona C3, paesaggi di rilevante interesse;<br />
2- aree a normativa urbanistica ordinaria:<br />
zona C4, servizio al <strong>parco</strong>;<br />
zona C5, nuclei rurali;<br />
zona C6, centri storici;<br />
zona C7, aree agricole;<br />
zona D1, insediamenti polifunzionali;<br />
zona D2, insediamenti produttivi;<br />
Il Parco Nazionale d'Abruzzo ha introdotto <strong>nel</strong> proprio territorio <strong>nel</strong> 1984,<br />
approvandola definitivamente <strong>nel</strong> 1987, una zonazione formata da:<br />
-zona A, riserva integrale<br />
-zona B, riserva generale<br />
-zona C, protezione<br />
-zona D, sviluppo<br />
D1 (centri abitati)<br />
D2 (infrastrutture ricettive)<br />
D3 (attrezzature del <strong>parco</strong>)<br />
-zona di protezione esterna<br />
La zonazione del Parco Nazionale d'Abruzzo e' stata ampiamente pubblicizzata,<br />
divulgata attraverso articoli e carte turistiche, <strong>nel</strong>le quali i contenuti normativi e<br />
concettuali delle singole zone sono stati esplicitati al massimo grado di comprensibilita'<br />
14 .<br />
13 AA.VV., <strong>Progetto</strong> Pollino, materiali per il piano territoriale di coordinamento. Dipartimento Attivita'<br />
Produttive Ufficio Turismo, Regione Basilicata, Potenza 1987.<br />
14Cfr. ENTE AUTONOMO PARCO NAZIONALE D'ABRUZZO, Zonizzazione del Parco Nazionale d'Abruzzo.<br />
Roma 1986.<br />
Vedasi anche: Un piano di assetto territoriale per il Parco Nazionale d'Abruzzo. Notiziario del P.N.A.,<br />
n.10, Roma 1975.<br />
Le zone in cui e' stato suddiviso il territorio del Parco Nazionale d'Abruzzo vengono cosi' definite:<br />
Zona A - Riserva integrale. E' la vera "natura selvaggia", dove e' abolita qualsiasi forma di<br />
sfruttamento o uso produttivo, e il visitatore accede con discrezione, senza abbandonare gli speciali sentieri. E' il<br />
regno della flora e della fauna primigenia, lasciate alla loro spontanea e libera evoluzione. La zona A e',<br />
insomma, il regno della natura intatta.<br />
15
Il Parco nazionale del Circeo ha una articolazione lievemente discostata da quanto<br />
detto, in quanto si organizza all'interno dei suoi confini in 15 :<br />
-Riserva naturale integrale;<br />
-Riserva di popolamento animale;<br />
-Riserva naturale della biosfera;<br />
Quest'ultima tipologia di riserva fa riferimento al cosiddetto Programma Man and<br />
Biosphere (M.A.B.) lanciato dall'UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per<br />
l'Educazione, la Scienza e la Cultura) <strong>nel</strong> 1979, che riguarda una rete di carattere<br />
internazionale di grandi ecosistemi, per offrire possibilita' di ricerca sperimentale,<br />
associando a questo ulteriori obiettivi di conservazione, di educazione e di formazione<br />
<strong>nel</strong>l'ottica di promuovere il rapporto costruttivo tra uomo e biosfera 16 .<br />
Un ultimo esempio potrebbe riguardare il Parco Naturale Regionale del Sirente-<br />
Velino in Abruzzo, istituito <strong>nel</strong> 1989, la cui stesura originaria di piano, poi<br />
disconosciuta in sede di istituzione normativa, prevedeva tre zone interne 17 :<br />
Zona B - Riserva generale. E' il vasto spazio verde di foreste e prati, in parte "umanizzato" da millenni<br />
di storia ma ancora sostanzialmente genuino e indenne da alterazioni gravi o segni di squilibrio. Qui le attivita'<br />
del passato possono continuare a svolgersi in modo limitato e razionae, con un ragionevole sfruttamento delle<br />
risorse naturali per produzioni ad alto valore aggiunto (artigianato, zootecnia specializzata e cosi' via). Anche il<br />
visitatore vi trova ambiente ideale per escursioni e vita all'aria aperta. La zona B e' in soatnza il punto di<br />
incontro e della convivenza tra l'uomo e la natura.<br />
Zona C- Protezione. E' la classica "campagna" dove l'attivita' agropastorale puo' continuare a<br />
svolgersi secondo i criteri tradizionali, con particolare riferimento all'agricoltura e all'allevamento del bestiame<br />
non industrializzati, oppure secondo i concetti piu' moderni e biodinamici, consentendo e incoraggiando la<br />
produzione alimentare di qualita'. Anche il prezioso patrimonio culturale del passato vi e' conservato con cura e<br />
tramandato ai posteri. La zona C e', in fondo, lo spazio della natura plasmata e assoggettata al servizio<br />
dell'uomo.<br />
Zona D - Sviluppo. E' lo spazio "abitato", dove gli antichi centri storici vengono restaurati, rivitalizzati<br />
e arricchiti con attrattive culturali a misura d'uomo, per la promozione della vita delle collettivita' locali in<br />
stretta armonia e coesistenza con la presenza dei visitatori. E' il luogo del sereno soggiorno, della ricreazione<br />
armoniosa all'aria aperta, dell'esperienza culturale genuina e dell'autentico contatto sociale. La zona D<br />
rappresenta, in pratica, il vero ambiente privilegiato per la vita sociale, culturalmente forgiato a misura<br />
d'uomo.<br />
Sottozona D1- Centri abitati. Sono i villaggi preesistenti all'interno del <strong>parco</strong>, con la loro cornice di<br />
naturale e ragionevole espansione, alla stregua di precise perimetrazioni che hanno gia' formato oggetto di<br />
intese tra Ente Parco ed Autorita' locali.<br />
Sottozona D2 - infrastrutture ricettive. Sono i piccoli edifici o insediamenti isolati nonche' le<br />
circoscritte aree di campeggio individuate <strong>nel</strong> <strong>parco</strong>, la cui funzione di concentrazione, organizzazione e<br />
controllo della visita e del flusso turistico risulta fondamentale.<br />
Sottozona D3- Attrezzature del Parco. Sono gli accessi del <strong>parco</strong> con le attrezzature collegate: come<br />
aree di aprcheggio e di pic-nic, oppure aree faunistiche e i punti di osservazione panoramica e naturalistica,<br />
nonche' Centri di servizio del <strong>parco</strong>.<br />
15 ORTESE E., LOPEZ NUNES F., Parco Nazionale del Circeo, Carta turistica scala 1:25.000. Ed. Ministero per<br />
l'Agricoltura e per le Foreste, Ufficio amministrazione Parco Nazionale del Circeo. Sabaudia 1979.<br />
16 d'AYALA P.G., I parchi e le riserve naturali: l'esperienza internazionale e l'azione dell'UNESCO. Su:<br />
CAVALLARO C.(a cura), L'uomo e il <strong>parco</strong>, Conferenza internazionale sulle aree protette, Universita' di Messina,<br />
Messina 1991.<br />
17 Regione Abruzzo, Comunita' Montana Zona C, Sirentina, Piano del Parco Naturale del Sirente Velino, 1978.<br />
Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo, L.R. 13.07.1989, L'Aquila 1989.<br />
16
Riserva integrale;<br />
Riserva guidata;<br />
Riserva controllata;<br />
Da questa rassegna di esempi, che hanno preso in considerazione sia dei parchi<br />
nazionali di grande rilevanza, sia delle aree protette di portata regionale, e' possibile<br />
rendersi conto abbastanza esaurientemente di come lo schema zonale abbia trovato<br />
applicazione diffusa su scala nazionale, riproponendosi costantemente, in forma sempre<br />
simile, con qualche isolata digressione, in una vasta gamma di circostanze naturalistiche,<br />
ambientali e morfologiche.<br />
Del resto l'esame di alcune produzioni legislative regionali conferma la presenza di<br />
una cadenza normativa pressoche' analoga su tutto il territorio nazionale.<br />
Ne sono esempi la legge quadro della Regione Emilia Romagna (L.R. 2.4.88<br />
n.11) 18 , il Piano Quadro del Sistema Parchi della Regione Umbria, approvato <strong>nel</strong><br />
1990 19 , la legge regionale della Regione Liguria (L.R. 12.9.77, n.40), la leggequadro<br />
abruzzese (L.R. 20.6.80, n.61).<br />
La stessa legge quadro nazionale sulle aree protette, l. 6.12.1991, n.394,<br />
propone ancora una modalità di organizzazione della <strong>tutela</strong> ambientale attraverso la<br />
zonazione distinguendo quattro ambiti di <strong>tutela</strong> (Art.12, punto 2) 20 :<br />
a) Riserve integrali;<br />
b) Riserve generali orientate;<br />
c) Aree di protezione;<br />
d) Aree di promozione economica e sociale<br />
18 Per un panorama sulla pianificazione dei parchi <strong>nel</strong>la Regione Emilia Romagna si veda: Rosini R..,Vecchietti<br />
S.: La pianificazione dei Parchi regionali. INU, Sezione Emilia Romagna, Alinea Ed., Firenze 1994.<br />
19 Commissione delle Comunita' Europee, Regione dell'Umbria, Piano quadro del sistema parchi-ambiente<br />
della Regione Umbria, Vol.I, rapporto generale, Battelle, Cles, Ecoter, Nomisma, RPA, Perugia 1989. In questo<br />
caso viene utilizzato uno schema zonale elaborato in ambito CEE che prevede una zona A - Area <strong>dell'ambiente</strong><br />
naturale, una zona B - Area <strong>dell'ambiente</strong> semi-naturale, una zona C - Area <strong>dell'ambiente</strong> agrario, e una zona<br />
D - Area <strong>dell'ambiente</strong> urbano.<br />
20 a) Riserve integrali, <strong>nel</strong>le quali l’ambiente naturale è conservato <strong>nel</strong>la sua integrità;<br />
b) Riserve generali orientate, <strong>nel</strong>le quali è vitetato costruire nuove opere edilizie, ampliare le<br />
costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono tuttavia essere consentite le<br />
utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonchè interventi<br />
di gestione delle risorse naturali a cura dell’ente <strong>parco</strong>. Sono altresì ammesse opere di manutenzione delle<br />
opere esistenti, ai sensi delle lettere a) e b) del primo comma dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n.457.<br />
c) aree di protezione, <strong>nel</strong>le quali, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri<br />
generali fissati dall’ente <strong>parco</strong>, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di<br />
agricoltura biologica, le attività agrosilvopastorali nonchè di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è<br />
incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. Sono ammessi gli interventi autorizzati ai sensi delle<br />
lettere a), b), e c) del primo comma dell’Art.31 della citata legge n.457 del 1978, salvo l’osservanza delle<br />
norme di piano sulle destinazioni d’uso.<br />
d) aree di promozione economica e sociale, facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente<br />
modificate dai processi di antropizzazione, <strong>nel</strong>le quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive<br />
del <strong>parco</strong> e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali ed al milgior<br />
godimento del <strong>parco</strong> da parte dei visitatori.<br />
17
Per completare il quadro delle modalita' applicative del criterio zonale e' opportuno<br />
riferire su alcune esperienze extranazionali, tra cui sicuramente significative sono, in<br />
Europa, quelle della Gran Bretagna e della Francia.<br />
Sostanzialmente legata allo status di "Protected landscapes", che caratterizza in<br />
particolare i parchi inglesi, e' anche la zonazione relativa che tende soprattutto alla<br />
individuazione di unita' tipologiche di paesaggio, come aree forestali, paesaggi agrari,<br />
strutture paesaggistiche diverse, sistema delle acque e delle coste 21 .<br />
Sul sistema francese si e gia' avuto modo in precedenza di parlare; la<br />
regolamentazione dei parchi, facente capo alla citata legge del 1960, stabilisce che in<br />
essi siano individuate tre zone: la zone peripherique, la zone centrale et le reserves<br />
integrales.<br />
Come considerazione a margine va sottolineato che si tratta della applicazione<br />
paradigmatica (parchi alla francese) in termini normativi del concetto di pressione<br />
vincolistica per zone, crescente dall'esterno all'interno del <strong>parco</strong> 22 .<br />
Di tipo decisamente piu' articolato sono le ripartizioni zonali sviluppate per i parchi<br />
americani che fanno riferimento a guidelines specifiche, e per i quali si ritengono<br />
significativi due schemi.<br />
Il primo schema fa riferimento ad una manualistica del Park National Service U.S.A.<br />
23 e si articola in maniera molto precisa, estremamente disaggregata, <strong>nel</strong>la quale sono<br />
riconoscibili tutte le funzioni territoriali.<br />
Zone naturali:<br />
-emergenze naturali;<br />
-ambienti naturali;<br />
-aree naturali di protezione speciale;<br />
-aree naturali per la ricerca scientifica;<br />
-aree di sperimentazione;<br />
Zone storiche:<br />
-siti e oggetti di specifico interesse da preservare;<br />
-siti e strutture storiche da preservare e ttttrifunzionalizzare;<br />
-aree e risorse di valore testimoniale o ttttcommemorativo;<br />
Zone per lo sviluppo del <strong>parco</strong>:<br />
21 FOSTER J. (a cura), Protected Landscapes, Summary Proceedings of the International Symposium Lake<br />
District, United Kingdom 5-10 October 1987.IUCN 1988.<br />
VALLERINI L., Inghilterra verde: parchi nazionali e aree protette. Parametro n.151/152, Faenza Ed.<br />
Faenza 1986.<br />
22 AA.VV., Parchi e riserve naturali. Su:DOCTER, Istituto di Studi e documentazione per il territorio, Annuario<br />
Europeo dell'Ambiente, Airone. Milano 1984.<br />
23 United States Department of Interior, National Park Service (NPS), Park Planning and Special Studies,<br />
Planning Process Guidelines, Washington 1978, 1982, 1983, 1985, 1986.<br />
18
-aree per l'amministrazione e la manutenzione;<br />
-aree per servizi informativi, educativi ed ttttinterpretativi;<br />
-aree per le attivita' ricreative;<br />
-aree per le abitazioni degli addetti;<br />
-aree per l'accessibilita' e la circolazione;<br />
-aree per impianti tecnologici e servizi vari;<br />
-aree di servizi non ricreativi per i visitatori;<br />
-aree per la gestione intensiva di paesaggi ttttparticolari;<br />
Zone per usi speciali:<br />
-aree per servizi commerciali;<br />
-aree di cave e miniere;<br />
-aree per impianti e attivita' produttive;<br />
-aree per attrezzature pubbliche;<br />
-aree di produzione forestale;<br />
-aree non utilizzate;<br />
-aree per abitazioni private;<br />
-aree per commercial ranching;<br />
-aree di produzione agricola;<br />
-bacini idrici artificiali;<br />
-aree destinate al traffico e ai trasporti;<br />
-aree per impianti e servizi tecnologici vari;<br />
Un secondo schema e' quello contenuto in un documento della Food and<br />
Agricolture Organization (FAO), successivamente recepito <strong>nel</strong>le guidelines dell'IUCN<br />
24 , ed utilizzato prevalentemente nei parchi dell'America latina.<br />
24 MOSELEY J., THELEN K., MILLER K., National Parks Planning, FAO (Food and Agricolture Organization<br />
of the United Nations), FAO Forestry Paper, n.6, Roma 1976.<br />
LAUSCHE B.J., Guidelines for protected areas legislation, IUCN Environmental Policy and Law Paper, n.16,<br />
IUCN-UNEP, Nairobi<br />
A questa struttura zonale sono associati i seguenti contenuti:<br />
-Primitive-scientific zone: questi territori contengono i piu' importanti e, quasi sempre, piu' fragili valori naturali<br />
del <strong>parco</strong>. Nessuna attivita' umana che ne comporti il degrado puo' essere consentita. Solamente alcune<br />
strutture, necessarie per la gestione e la conservazioni delle qualita' di wilderness, possono essere realizzate in<br />
queste zone, e molto spesso sono unicamente dei posti di guardia.<br />
-Primitive zone: anche questi territori contengono eccezionali caratteristiche naturali. La presenza di questa<br />
zona si giustifica pero' sia per la inferiore qualita' ambientale totale e sia in funzione dell'esigenza di rendere<br />
disponibili ai visitatori particolari caratteristiche significative. La "Primitive Zone" ha la funzione di zona di<br />
transizione o zona-cuscinetto, che separa la "Primitive Scientific Zone" da zone del <strong>parco</strong> piu' accessibili. Piante<br />
esotiche ed animali non saranno introdotti e, se possibile, saranno eliminati da questa zona. La <strong>valorizzazione</strong><br />
fruitiva sara' limitata alla realizzazione di sentieri rudimentali, semplici aree per il campeggio, posti di vigilanza<br />
e minime strutture per la ricerca. Strade e veicoli a motore saranno vietati.<br />
-Extensive use zone: questa zona e' necessaria per rendere facilmente accessibili al visitatore ambienti del <strong>parco</strong><br />
di alta qualita'. Saranno qui collocate le strade del <strong>parco</strong>, sentieri, semplici aree di campeggio, osservatori<br />
panoramici. Lo sviluppo, comunque, evitera' quelle strutture che possono incoraggiare un uso ad alta densita',<br />
come centri visita, alberghi, impianti di risalita sciistici, ecc. Ogni sforzo sara' fatto per ridurre l'impatto<br />
ambientale dello sviluppo in questa zona. Come la "Primitive Zone", anche questo e' uno spazio con funzione di<br />
transizione verso zone piu' protette.<br />
-Intensive Use Zone: Questi territori, che usualmente rappresentano una piccola percentuale dell'area totale del<br />
<strong>parco</strong>, saranno utilizzati per strade di maggior importanza, per centri di visita, negozi, campings, strutture<br />
ricettive e uffici amministrativi del <strong>parco</strong>. Estrema attenzione dovra' essere posta <strong>nel</strong> minimizzare l'impatto sui<br />
valori ambientali.Le strutture per uso pubblico in questa zona dovranno essere le minime richieste per<br />
permettere le attivita' ricreative e per garantire la sicurezza.<br />
19
Primitive-scientific zone;<br />
Primitive zone;<br />
Intensive use zone;<br />
Historic-cultural zone;<br />
Recuperation zone;<br />
Special use zone;<br />
A questo punto si e' prodotta e posta su un piano di diretta confrontabilita' una<br />
ampia casistica che testimonia esaurientemente come il criterio della ripartizione del<br />
territorio dei parchi in unita' spaziali differenziate per valore naturalistico, vulnerabilita'<br />
all'azione antropica e suscettivita' di uso sia stato largamente recepito e diffuso su scala<br />
mondiale, seppur secondo diverse concezioni.<br />
In Italia lo schema viene utilizzato prevalentemente in termini di macrozonazione,<br />
ovvero con il territorio reso omogeneo a grandi "macchie", ognuna corrispondente ad<br />
un tipo di uso consentito.<br />
Le denominazioni delle tipologie di vincolo utilizzano in modo quasi standardizzato<br />
le lettere alfabetiche A, B, C, D, E, denunciando una probabile derivazione dai criteri<br />
di zonizzazione urbanistica introdotti dal D.M. 2 aprile 1968 gia' richiamato in<br />
precedenza.<br />
Nonostante la massiccia applicazione questo criterio operativo e' comunque<br />
oggetto gia' da anni di ampia discussione e critica disciplinare, in modo particolare<br />
relativamente a due aspetti connessi:<br />
Da un lato la oggettività e la credibilità scientifica <strong>nel</strong>la determinazione dei perimetri<br />
delle singole zone.<br />
Da un altro lato la efficacia in termini di gestione territoriale di un sistema organizzativo<br />
spaziale cosi' conformato.<br />
Nel prosieguo della trattazione verranno appunto approfonditi criteri, metodi e limiti<br />
della zonazione, avvalendosi anche della esperienza maturata dagli studiosi<br />
<strong>nel</strong>l'applicazione della legge 8.8.1985, n.431, in sede di Piani Regionali Paesistici 25 , e<br />
-Historic-Cultural Zone: comprende i territori all'interno del <strong>parco</strong> che presentano emergenze archeologiche,<br />
storiche o culturali di rilevanza nazionale e internazionale. Lo sviluppo sara' finalizzato unicamente alla<br />
conservazione, al restauro ed allo studio dei valori culturali. Le attivita' pubbliche saranno limitate ai giri<br />
turistici e alle attivita' educative.<br />
-Recuperation Zone: I territori che sono stati alterati dall'introduzione di animali e piante esotici, dall'attivita'<br />
estrattiva, dagli incendi, dalla colonizzazione ecc., verranno inseriti in questa zona, per essere fatti oggetto di<br />
programmi di recupero. Sara' pertanto consentita la installazione delle attrezzature e degli impianti necessari<br />
per facilitare l'attuazione di questi programmi di recupero.<br />
-Special Use Zone: questa zona designa territori utilizzati per basilari servizi di gestione, come le abitazioni del<br />
personale, strutture per la manutenzione e l'immagazzinaggio, impianti idraulici e elettrici, torri di<br />
comunicazione, ecc. Per quanto possibile queste zone saranno visivamente ed acusticamente isolate dalle aree<br />
ad uso dei visitatori. Questa zona e' anche usata per quelle attivita' incompatibili con gli obiettivi del <strong>parco</strong>. In<br />
questo ultimo caso queste designazioni sono transitorie e sono necessarie fino a che azioni correttive non siano<br />
esercitate attraverso la gestione del <strong>parco</strong> o programmi di acquisizione dei territori.<br />
25 La legge 8.8.1985, n.431 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 27.6.1985 n.312,<br />
recante disposizioni urgenti per la <strong>tutela</strong> delle zone di particolare interesse ambientale", all'Art. 1-bis, prevedeva<br />
che le Regioni sottoponessero a specifica normativa d'uso e di <strong>valorizzazione</strong> ambientale il relativo territorio<br />
mediante la redazione dei piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei<br />
valori paesistici e ambientali, da approvarsi entro il 31.12.1986.<br />
20
di considerazioni sul rapporto corrente tra la pianificazione ambientale e la<br />
pianificazione urbanistica.<br />
1.3.- Indirizzi per la rilettura dei criteri di zonazione dei parchi<br />
Dalla panoramica esposta <strong>nel</strong> paragrafo precedente si evince che, pur avendo la<br />
pianificazione ambientale mutuato dalla tecnica urbanistica il metodo di controllo delle<br />
modificazioni territoriali formato dal binomio zone-normativa, ne ha rilanciato<br />
consistentemente il ruolo imponendolo <strong>nel</strong>la sfera legislativa a tutti i livelli.<br />
In questo contesto di palese solidita' applicativa del criterio zonale si inseriscono<br />
tuttavia gli stimoli per la ricerca <strong>nel</strong> settore, sia per sviluppare eventuali fisionomie<br />
alternative della zonazione, sia per mettere a punto nuovi criteri tecnici per il suo<br />
allestimento.<br />
In questo senso non si puo' fare a meno di ricordare le osservazioni significative<br />
mosse a questi criteri di lavoro da autori come Giacomini e Romani gia' dalla fine degli<br />
anni 70 26 .<br />
In particolare si evidenziava come gli schemi classici della zonazione non<br />
rispondono ad una visione sistemica dell'insieme territoriale, neanche sotto il profilo<br />
strettamente naturalistico, non riuscendo a tenere conto della dinamica dei rapporti e<br />
dei legami ecologici.<br />
Si notava inoltre come questi schemi, troppo astratti, non avevano la possibilita' di<br />
essere soddisfacentemente generalizzati e posti a modello di scansione territoriale per<br />
qualunque territorio.<br />
Procedendo pertanto in questa direzione si impone una riflessione che e' necessaria<br />
per fornire continuita' logica alle considerazioni che seguiranno.<br />
Come abbiamo gia' avuto occasione di anticipare in apertura del presente capitolo,<br />
seppur le forme applicative della zonazione, nei due casi tematici della pianificazione<br />
urbanistica e della pianificazione ambientale, hanno una medesima matrice concettuale,<br />
il loro processo di costruzione, e la loro finalita', sono radicalmente differenti.<br />
Nel caso dell'uso urbanistico la scansione zonale e' frutto di un processo<br />
decisionale, di scelte progettuali che calano sul territorio del piano una "maschera" fatta<br />
di zone disposte e dimensionate in base alla multiformita' degli obiettivi del piano<br />
urbanistico, ma in particolare, soprattutto in passato, con riferimento allo specifico<br />
obiettivo dell'incremento delle superfici urbanizzate.<br />
Le dimensioni delle zone saranno complessivamente calibrate sugli indici di piano,<br />
mentre la loro dislocazione sara' stabilita secondo opportunita' di dettato tecnico,<br />
politico, o economico, o secondo criteri di sviluppo di un prefigurato disegno urbano.<br />
In sostanza si tratta di un disegno zonale guidato prevalentemente dalla<br />
discrezionalita' progettuale, almeno <strong>nel</strong>le parti in cui non sono presenti vincoli e<br />
limitazioni inappellabili.<br />
26 GIACOMINI V., ROMANI V., Uomini e parchi. F.Angeli Ed., Milano 1990.<br />
21
Diversa profondamente e' stata la applicazione della tecnica dello zoning <strong>nel</strong>la<br />
pianificazione ambientale.<br />
In questo caso infatti l'esigenza e' quella di suddividere il territorio in zone<br />
omogenee per valenza ambientale, con la conseguenza di determinare e "misurare" la<br />
propensione alla conservazione.<br />
La differenza di fondo con l'atteggiamento "storico" dell'urbanistica sta <strong>nel</strong> fatto che,<br />
in quest'ultimo caso, il fine del piano non e' il governo di una i<strong>nel</strong>uttabile trasformazione<br />
dei suoli, bensi' la ricerca dei fattori limitanti, o impedienti, la trasformazione stessa,<br />
perseguendo l'obiettivo generale della "minima modificazione" 27 .<br />
Da queste argomentazioni emerge il carattere "derivato" della zonazione a fini di<br />
<strong>tutela</strong>, che e' configurabile come una "classificazione" dei suoli nei confronti di una<br />
potenziale trasformabilita', con la conseguente esigenza del pianificatore di sviluppare<br />
metodi di lavoro che possano "oggettivare" quanto piu' possibile il risultato finale, la cui<br />
attendibilita' dipende essenzialmente dalla capacita' di leggere ed interpretare oggetti ed<br />
entità già presenti.<br />
Questa "classificazione" del territorio deve infatti obbligatoriamente originarsi dal<br />
rilievo di tutte quelle componenti che, in un modo o <strong>nel</strong>l'altro, possono connotarsi come<br />
elementi degni di <strong>tutela</strong> ambientale.<br />
Tanto piu' completa sara' la lista degli aspetti analizzati, tanto piu' soddisfacente<br />
sara' l'esito.<br />
Si manifesta anche un'ulteriore difficolta': ammettendo che sia scontata, piu' che<br />
altro attingendo alla prassi, la determinazione degli elementi appartenenti all'elenco delle<br />
"emergenze ambientali", ben piu' complesso si presenta il problema di una ulteriore<br />
classificazione per livelli di "valore", o di vulnerabilita', dei singoli beni analizzati.<br />
Del resto e' questa una esigenza tecnica reale <strong>nel</strong> momento in cui si deve fornire una<br />
risposta a richieste normative specifiche, come e' gia' accaduto <strong>nel</strong> caso dei Piani<br />
Regionali Paesistici ex l.431/85 e come accadra' per i nuovi parchi nazionali italiani.<br />
La legge quadro 394/91 sulle aree protette, <strong>nel</strong> momento in cui introduce la<br />
ripartizione del territorio del <strong>parco</strong> in quattro zone a graduale intensita' vincolistica,<br />
impone implicitamente di condurre una operazione, piu' oggettiva possibile, di<br />
Classificazione territoriale in base alle presenze da <strong>tutela</strong>re, alla loro qualita' e alla loro<br />
concentrazione.<br />
Chiede in definitiva di ripartire il territorio in fasce, o in macchie, ciascuna delle quali<br />
sia omogenea sotto il profilo della trasformabilita', dei livelli di protezione dell'integrita'<br />
naturale, delle modalità di controllo dello sviluppo insediativo.<br />
Si tratta altresi' di avere credibilita' scientifica <strong>nel</strong> momento in cui si tracciano delle<br />
linee sulla carta, e quindi implicitamente sul suolo, al di qua e al di la' delle quali<br />
verranno poste limitazioni diverse, condizionando di conseguenza l'attivita' umana <strong>nel</strong><br />
nome della conservazione ambientale.<br />
Alcuni metodi che sono stati sviluppati, in particolare <strong>nel</strong>le fasi attuative della<br />
legge 431/85, in sede di piani regionali paesistici , tendono ad individuare le<br />
emergenze, areali o puntuali che siano, suddivise per categorie tematiche (fauna,<br />
vegetazione, paesaggio, storia-architettura, geologia, etc..), esprimendo poi dei giudizi<br />
27 BOTTINO F., Dal vincolo al piano. Urbanistica 87, F.Angeli Ed., Milano 1987.<br />
22
di pregio, tradotti in valori numerici discreti, sui singoli elementi componenti ogni<br />
categoria analizzata 28 .<br />
Da notare che quasi sempre si tratta di valori calibrati su scale chiuse in<br />
quanto, come e' intuitivo, l'assegnazione di un valore o di un altro ad un certo<br />
elemento ambientale puo' avvenire essenzialmente sulla base di un giudizio di qualita'<br />
relativa e non certo assoluta. Individuati pertanto gli elementi estremi di inizio e di fine<br />
scala si vanno, con criterio induttivo, ad attribuire i restanti valori.<br />
Il risultato complessivo in termini di valenza ambientale pluritematica, da<br />
tradurre poi in gradi di compatibilità per usi diversi e in normativa, e' ottenuto con<br />
procedimento di sommatoria per sovrapposizione, i cui addendi sono i singoli valori<br />
tematici attribuiti.<br />
Il disegno della zonazione finale viene conseguito assegnando alle predefinite<br />
fasce di uso e di <strong>tutela</strong>, secondo uno schema di tipo "cluster", le singole porzioni<br />
elementari di territorio indagato in funzione dei "punteggi" totalizzati.<br />
Si evidenzia facilmente che, se la individuazione delle emergenze, la loro<br />
tipizzazione e la loro perimetrazione, possono ragionevolmente ritenersi dei passaggi<br />
ben oggettivabili, soprattutto se gestiti per i vari tematismi mediante strumenti<br />
specialistici, molto piu' discutibile appare il procedimento di "numerizzazione" dei valori,<br />
per quanto sofisticato possa essere il metodo seguito.<br />
In ogni caso, soprattutto se si maneggiano parametri di origine naturale, in termini<br />
olistici si sarebbe portati a dubitare di risultati di valenza complessiva semplicemente<br />
dedotti dalla sommatoria di piu' presenze contemporanee.<br />
Inoltre sarebbe necessario pensare quanto meno ad una attribuzione di valori che<br />
prenda in considerazione aspetti quali la vulnerabilita' della risorsa, la sua eventuale<br />
riproducibilita', la effettiva difficolta' di alterazione, le ricadute sociali ed ambientali di<br />
questa alterazione, distinguendo di conseguenza in via pregiudiziale, con pesi diversi, le<br />
emergenze faunistiche, quelle vegetazionali, quelle geologico-morfologiche, quelle<br />
culturali.<br />
Un altro criterio utilizzato per addivenire ad un risultato di zonazione territoriale a<br />
fini di <strong>tutela</strong> consiste in una sommatoria non di valori parametrizzati, bensi' dei perimetri<br />
stessi di una serie di aree interessate da diverse emergenze ambientali suddivise per<br />
categorie 29 .<br />
Stabiliti gli elementi rilevanti sotto il profilo vegetazionale, zoologico, storicoarchitettonico,<br />
geologico, paesaggistico si analizzano le localizzazioni e le<br />
concentrazioni di questi elementi, incorporando i profili di inviluppo all'interno delle<br />
macrozone che la circostanza operativa richiede.<br />
28 Un esempio in tal senso e' fornito dalla metodologia seguita per la redazione del Piano Regionale Paesistico<br />
della regione Abruzzo, approvato con delibera di G.R. n.2308 del 22.04.86.<br />
Regione Abruzzo, Settore Urbanistica e Beni Ambientali, Criteri metodologici per la redazione del Piano<br />
regionale Paesistico, RDR, Raccolta Documenti Regionali, Vol.1, Teramo 1989.<br />
29 Questa linea operativa e' stata utilizzata <strong>nel</strong>l'ambito della ricerca "<strong>Progetto</strong> Gran Sasso", finanziata con fondi<br />
ex M.P.I. 40%, svolta dall'Universita' dell'Aquila e coordinata dal Prof. Gian Ludovico Rolli.<br />
ROLLI G.L., ROMANO B., <strong>Progetto</strong> Gran Sasso, metodologia per la pianificazione della <strong>tutela</strong> e della<br />
<strong>valorizzazione</strong> di un'area montana di alto valore ambientale. Dipartimento di Architettura e Urbanistica<br />
dell'Universita' dell'Aquila, L'Aquila 1988.<br />
Le risultanze di questo lavoro sono riportate <strong>nel</strong>la seconda parte del presente testo.<br />
23
In particolare possono ascriversi alla riserva integrale le grandi estensioni forestali<br />
compatte, i biotopi di particolare rilevanza, le aree culminali dei rilievi montuosi, i nevai<br />
permanenti e i ghiacciai, i siti di elevato valore faunistico e vegetazionale, i monumenti<br />
naturali, le eccelse manifestazioni dell'azione carsica, eolica, glaciale, idrica.<br />
Con critero analogo vengono inseriti in riserva orientata quegli spazi che, pur<br />
avendo connotati ambientali di un certo rilievo, sono stati pero' in misura maggiore<br />
interessati dall'azione antropica, quali gli elementi del paesaggio agrario, le<br />
manifestazioni diffuse del carsismo, le aree forestali discontinue e meno pregiate, le<br />
grandi superfici di pascolo.<br />
In pratica il metodo di classificazione si basa su una serie di stime successive,<br />
attribuendo ogni volta gli elementi di maggior pregio alla zona di <strong>tutela</strong> di massimo<br />
livello, definendola e reimpostando il meccanismo per la zona di <strong>tutela</strong> di grado<br />
immediatamente inferiore.<br />
Questo procedimento, efficace per la sua praticità, presenta però una certa<br />
discrezionalità, e perde di precisione via via che si stemperano le valenze ambientali e<br />
che si richiede di apprezzare differenze estremamente fievoli tra di esse per effettuare<br />
le attribuzioni a zone di <strong>tutela</strong> di incisivita' intermedia e bassa (riserve orientate, rispetto,<br />
sviluppo agricolo).<br />
Un ulteriore criterio, sempre fondato sull'inviluppo dei perimetri, e' stato utilizzato in<br />
occasione della proposta per il Parco Nazionale del Gargano, elaborata in seno<br />
all'Ateneo aquilano in occasione del relativo Concorso Nazionale di Idee bandito <strong>nel</strong><br />
1991 30 .<br />
In questo caso si e' creduto opportuno rinunciare ad una specificazione completa<br />
delle zone previste dalla legge 394/91, proponendo in alternativa una partizione duplice<br />
del territorio, molto decisa e fondata sulla attitudine alla trasformabilita' del tessuto<br />
territoriale.<br />
La doppia individuazione prevede una zona di "non trasformabilita'" e una zona a<br />
"trasformabilita' condizionata".<br />
La prima, ottenuta dall'inviluppo perimetrale di tutti gli elementi fortementi emergenti<br />
sul piano ambientale, comporta una incompatibilita' di fondo con ogni forma di azione<br />
umana che possa ingenerare alterazioni di qualche tipo.<br />
La zona a "trasformabilita' condizionata" consente invece una attivita' di<br />
trasformazione teoricamente illimitata, purche' gli esiti di questa trasformazione siano<br />
compatibili con le modalita' di ecosviluppo.<br />
Questo criterio, apparentemente estremamente scarno e semplificato <strong>nel</strong>la forma,<br />
consente di salvaguardare efficacemente le presenze naturalistiche e culturali anche al<br />
limite della "imbalsamazione", ove il caso lo richieda, ma permette di agire <strong>nel</strong>la restante<br />
parte del territorio senza limiti pregiudiziali, pur con attenzioni generalizzate alla salute<br />
ambientale, operando proibizioni non per categorie, bensì per tipologie di interventi.<br />
30 Parco Nazionale del Gargano, Concorso Nazionale di idee, Comunita' Montana del Gargano, 31.1.92,<br />
<strong>Progetto</strong> secondo classificato elaborato dal gruppo concorrente costituito da G.L.Rolli (Coordinatore),<br />
F.Corbetta, P.Cuneo, G.Osella, P.Properzi, G.Fioravanti, M.Biondi, M.A.Bologna, S.Ciranna, R.Concordia,<br />
D.Eugeni, A.R.Frattaroli, B.Romano, G.Ruggieri, S.Sulpizii, F.Tironi.................sostituire con la citazione del<br />
libro.............<br />
24
Il meccanismo, pur applicato al territorio di un'area protetta, si presta ad una<br />
estensione complessiva in concordanza con i recenti orientamenti in tema di sviluppo<br />
territoriale emersi in occasione del IV Convegno Mondiale dei Parchi di Caracas 31 .<br />
Alcuni punti deboli di questo criterio sono insiti <strong>nel</strong>la derivazione della zonazione pur<br />
sempre da indagini solo localizzative, con tutti i margini di incertezza che cio' comporta,<br />
e dalla necessita' di supportare la "liberta'" di azione concessa <strong>nel</strong>la zona a<br />
trasformabilita' condizionata da una forte normativa che ordini gli interventi ammessi fin<br />
<strong>nel</strong> dettaglio tipologico e funzionale.<br />
In realta' la indeterminatezza associata alla perimetrazione della singola risorsa<br />
naturalistica, <strong>nel</strong> tentativo di "isolare" un componente dell'ecosistema senza<br />
considerarne in alcun modo le connessioni con l'intorno, si ripercuote giocoforza in tutti<br />
i successivi passaggi di metodo, rischiando di vanificare una eventuale ed augurabile<br />
rigorosita' disciplinare <strong>nel</strong>la determinazione delle emergenze ambientali.<br />
Con queste premesse si ritiene che la ricerca di un procedimento di reale<br />
oggettivazione scientifica della zonazione ambientale debba per forza di cose originarsi<br />
da una rivisitazione dei metodi di analisi preliminare 32 .<br />
Infatti la tradizionale ricognizione, fondata solo sul criterio localizzativo delle<br />
presenze emergenti, non puo' supportare altro che i metodi gia' sommariamente<br />
descritti, o altri di tipo analogo, più o meno corredati dalle pesature e dalle<br />
sofisticazioni operative di cui si e' accennato.<br />
Probabilmente ad un diverso risultato condurrebberro delle indagini piu' agganciate<br />
agli indiscutibili connotati di sistema del complesso ambientale, indagini territoriali<br />
tendenti ad evidenziare, ed eventualmente anche a graduare, oltre alle localizzazioni, i<br />
legami e le interazioni tra le singole componenti.<br />
Solo sommariamente, e per larghe linee di riferimento, si tracciano di seguito dei<br />
profili di organizzazioni possibili in tema di analisi delle interazioni ambientali.<br />
Esempi in tale direzione sono gia' stati del resto prodotti: <strong>nel</strong> settore storico esistono<br />
molteplici possibilita' di ricercare ed evidenziare legami tra diverse presenze, quali<br />
potrebbero essere quelli intercorrenti tra insediamenti diversi attraverso i percorsi<br />
storici o la stessa matrice dei tessuti agrari o delle stratificazioni del paesaggio storico<br />
33 .<br />
Sempre in questo settore sono anche interessanti alcuni elaborati tematici che<br />
riportano i collegamenti ottici tra singoli elementi storici diffusi sul territorio,<br />
31 Il IV Convegno Mondiale dei Parchi, organizzato dall'IUCN a Caracas (Venezuela) <strong>nel</strong> febbraio del 1992,<br />
ha praticamente condotto alla riformulazione del concetto di "<strong>parco</strong>" come "isola", definendo le aree protette<br />
come prototipo di uso corretto delle risorse. Nella Dichiarazione conclusiva del Convegno si fa' infatti esplicito<br />
riferimento ai "sistemi nazionali di aree correttamente gestite".<br />
FURLANETTO D., Parchi per la vita. OASIS, anno VIII, n.5, Musumeci Ed., Milano 1992.<br />
32 ROMANO B.,La zonazione <strong>nel</strong>le aree protette. Parametro, n.196. Faenza 1993.<br />
Dello stesso autore: Contributi di ricerca per la reinterpretazione dei concetti di zonazone dei parchi nazionali.<br />
Atti della Tavola Rotonda "Metodologia di analisi ed ipotesi di zonizzazione per un <strong>parco</strong> nazionale", Abbadia<br />
di Fiastra, 1992, Roma 1993.<br />
33 PROPERZI P., Il restauro del territorio. In : Regione Abruzzo, Dipartimento di Architettura e Urbanistica<br />
dell'Universita' dell'Aquila. Ricerca sul recupero integrato delle strutture urbanistiche ed edilizie dei centri storici<br />
in abbandono <strong>nel</strong>le aree interne della Regione Abruzzo. L'Aquila 1993.<br />
25
evidenziando, anche in questo caso, un certo tipo di connessione tra oggetti puntiformi<br />
34 .<br />
Altrettanto utilmente potrebbero redigersi delle indagini tese ad evidenziare<br />
interazioni di carattere idrogeologico, con significato decisamente sostanziale<br />
soprattutto <strong>nel</strong>le aree carsiche, <strong>nel</strong>le quali la circolazione idrica ipogea ha una elevata<br />
importanza ai fini dell'uso e della <strong>tutela</strong> degli acquiferi.<br />
In termini faunistici la connotazione relazionale degli ambiti di stanzialita' delle<br />
specie, di nidificazione o di riproduzione delle stesse, degli spazi idonei per eventuali<br />
tentativi di reintroduzione di specie scomparse, unitamente ai siti accessori di caccia,<br />
delle direttrici di spostamento stagionale e di usuale movimento periodico tra spazi<br />
naturali limitrofi, consentirebbero un dettaglio gia' diverso.<br />
In definitiva il percorso logico resterebbe quello delle carte tematiche da sottoporre<br />
in sintesi ad una lettura integrata, ma e' proprio il contenuto di queste carte tematiche<br />
che, esteso alle interazioni tra diverse manifestazioni della stessa categoria di risorse,<br />
consentirebbe di costruire degli schemi zonali forse simili a quelli tradizionali<br />
<strong>nel</strong>l'aspetto, ma profondamente differenti nei contenuti e <strong>nel</strong>la attendibilita'.<br />
La possibilita' di ulteriore dettaglio consiste <strong>nel</strong>la graduazione delle interazioni<br />
presenti, evidenziando i legami piu' forti rispetto a quelli meno incisivi, e questa e' una<br />
operazione praticabile <strong>nel</strong>l'ambito di tutti i tematismi, cercando effettivamente dei<br />
parametri di legame che possano interpretare l'intensita' degli stessi, leggendo tutta<br />
l'impalcatura delle componenti ambientali <strong>nel</strong>l' ottica, che e' poi quella propria per<br />
antonomasia, dell'ecosistema.<br />
Ipotizzando una struttura di indagine cosi' costruita e' intuitivo che la mole di dati da<br />
manipolare sarà decisamente piu' elevata di quella che scaturisce da una semplice<br />
lettura in sovrapposizione di pur numerose indagini localizzative, il che obbligherebbe<br />
ad un ricorso verso altre disciline, quali la teoria dei sistemi, e verso tecniche di<br />
elaborazione automatica dei dati.<br />
La conoscenza piu' dettagliata delle interazioni tra diverse componenti ambientali<br />
consente inoltre di calibrare meglio la normativa, irrigidendo la norma anche ai limiti<br />
estremi della totale intrasformabilita' ambientale, ove la presenza di eccezionali aspetti<br />
lo giustifichi appieno, ma lasciando ampi margini di manovra alla trasformazione<br />
compatibile nei casi in cui le presenze emergenti abbiano un carattere puntiforme,<br />
disaggregato, poco interrelato con gli spazi circostanti, rientrando a questo punto anche<br />
negli schemi gia' descritti in precedenza, ma con ben altro sostegno cognitivo.<br />
Sul filo di queste considerazioni nascono però ulteriori stimoli.<br />
Accentuando, secondo una procedura del tipo descritto, il livello di dettaglio<br />
delle indagini territoriali, la loro utilizzazione ai fini del “disegno” di uno schema zonale<br />
in forma tradizionale diviene ancor più mortificante.<br />
Infatti una lettura per grandi aggregazioni di aspetti territoriali che, all’origine, ci<br />
si sforza di comprendere <strong>nel</strong> modo più discreto e raffinato possibile, acuisce la<br />
contraddizione metodologica.<br />
Un meccanismo di metodo più coerente dovrebbe cercare di ottenere in uscita<br />
una articolazione delle proposte di piano che utilizzi appieno la precisione e la ricchezza<br />
delle indagini prodotte, pur effettuando una lettura di sintesi di contenuti.<br />
34 Cfr. PEROGALLI C., Le tipologie delle fortificazoni abruzzesi. Su: AA.VV., Abruzzo dei castelli, gli<br />
insediamenti fortificati abruzzesi dagli italici all'unita' d'Italia. CARSA Ed., Pescara 1988.<br />
26
Potrebbe risultare proponibile una ipotesi di “zonazione tematica”, che venga a<br />
caratterizzare modalità di uso e di trasformazione degli spazi territoriali con riferimento<br />
ai singoli aspetti della idrogeologia, della biologia, della storia e della cultura.<br />
In realtà, infatti, le modalità di uso compatibile di una certa porzione territoriale<br />
variano notevolmente in relazione ai caratteri ambientali che la porzione medesima<br />
presenta.<br />
Un disegno zonale tematico, <strong>nel</strong> quale ogni branca disciplinare coinvolta viene<br />
non solo a definire l’entità e la localizzazione degli aspetti ambientali, bensì anche a<br />
proporre una articolazione zonale relativa a quegli aspetti, nonchè la normativa d’uso<br />
di base per la loro specifica <strong>tutela</strong>, potrebbe risultare maggiormente efficace ai fini di<br />
una più attendibile graduazione delle possibilità di trasformazione territoriale e,<br />
viceversa, delle esigenze di conservazione.<br />
Una ulteriore considerazione che viene di esprimere concerne la dibattuta<br />
"perimetrazione" dei parchi, che in occasione dei recenti provvedimenti ministeriali non<br />
ha mancato di sollevare obiezioni 35 .<br />
Mentre generalmente non ci sono dubbi sulla configurazione dei nuclei naturalistici<br />
di un <strong>parco</strong>, ovvero di quegli spazi che per le loro caratteristiche giustificano la<br />
presenza del <strong>parco</strong> stesso, diviene ben piu' difficoltoso determinare quella linea che<br />
demarca il <strong>parco</strong> rispetto al territorio esterno "non <strong>parco</strong>" e che dovrebbe riconoscere<br />
un gap lievissimo di importanza ambientale tra zone adiacenti.<br />
Spesso, e non solo in sede di delimitazione provvisoria e preliminare, vengono<br />
chiamati ad risolvere questo interrogativo alcuni elementi sovrapposti sul territorio<br />
dall'azione umana: strade, sentieri, margini urbanizzati etc..<br />
Ferma restando la validità di metodologie finalizzate alla determinazione di livelli<br />
complessivi di qualità ambientale significativa delle unità territoriali 36 , la conoscenza<br />
delle interazioni tra le diverse parti del territorio fornirebbe un supporto ben piu'<br />
sostanziale alla operazione di perimetrazione.<br />
Si avrebbe modo in particolare di individuare fino a che distanza dal "cuore<br />
naturale" del <strong>parco</strong> si irradiano i legami ecosistemici e i collegamenti storici<br />
permettendo, se e' consentito il termine, di "isolare" un contorno dal contesto<br />
circostante che, se e' pur sempre un procedimento discutibile sul piano ideologico, e'<br />
comunque richiesto dall'attuale impostazione procedurale e normativa.<br />
35 ROMANO B., Il coraggio di entrare <strong>nel</strong> <strong>parco</strong>. OASIS anno VIII, n.11, Musumeci Ed., Milano 1992.<br />
36 La Marca O, Bertani R., Morgante L., Oradini A.: Sui criteri per la perimetrazione delle aree protette in Italia.<br />
Parchi, Rivista del Coordinamento Nazionale dei parchi, 21, Pisa 1994.<br />
27
CAP. 2 - PARCO E SISTEMA ANTROPICO<br />
2.1. “Wilderness” e antropizzazione storica nei parchi nazionali<br />
Le considerazioni espresse <strong>nel</strong> Par. 1.1. sull' attribuzione di un ruolo<br />
essenzialmente conservativo ai parchi nazionali si collegano con dei connotati ben<br />
definiti delle aree interessate, che dovrebbero risultare costituite da vasti spazi selvaggi<br />
e storicamente scarsamente antropizzati, nei quali pertanto l'azione umana non abbia<br />
provocato se non minime alterazioni all'evoluzione naturale degli ecosistemi.<br />
La definizione di “<strong>parco</strong> nazionale” data dall’IUCN fece all'epoca sorgere non<br />
pochi dibattiti in quanto mal si adattava alla realta' di fatto di vari paesi, tra cui la Gran<br />
Bretagna, che vedeva cosi' disconosciuti, in termini di standard internazionali, i suoi<br />
dieci parchi nazionali, le cui caratteristiche certamente non rispondevano alle<br />
prescrizioni dell'IUCN 37 .<br />
In realta' la definizione fornita dall'IUCN per i parchi nazionali si e' successivamente<br />
parzialmente autosuperata, in quanto, <strong>nel</strong>la prassi, il <strong>parco</strong> nazionale avrebbe esaurito il<br />
suo ruolo di conservazione pura della natura, divenendo in buona parte uno strumento<br />
di propaganda e di turismo di massa, pur garantendo ancora, come finalità principale,<br />
le funzioni conservative.<br />
Questo e' almeno quanto e' emerso negli Stati Uniti, il che ha condotto negli anni<br />
'60 alla nascita di un concetto diverso facente capo alla definizione di "wilderness".<br />
Il concetto, applicato negli USA, in Canada e in Australia, supera di per se' ogni<br />
considerazione di spazi naturali quali elementi di servizio diretto all'umanita', ma li<br />
considera come entita' fini a se' stesse, degne di esistere e di essere tramandate <strong>nel</strong>la<br />
loro forma attuale senza trasformazioni.<br />
Il loro significato e' d'altronde efficacemente espresso <strong>nel</strong> Wilderness Act, emanato<br />
dal Congresso Americano <strong>nel</strong> 1964, che le definisce come "aree dove la terra e le sue<br />
comunita' viventi siano prive di intralci umani, dove l'uomo stesso sia un visitatore, che<br />
non resti" 38 .<br />
Le considerazioni richiamate chiariscono efficacemente come la questione si sia<br />
posta negli USA, in Canada e in Australia, nazioni con territori selvaggi ancora di<br />
enorme vastita', con parchi nazionali altrettanto immensi nei quali la presenza di luoghi<br />
turistici ad intensa pressione non pregiudica comunque l'integrita' di altri spazi naturali<br />
con scarsissima frequentazione.<br />
37 I dieci parchi nazionali della Gran Bretagna, esistenti fino al 1969 (attualmente ve ne e' un undicesimo, The<br />
Broads National Park istituito <strong>nel</strong> 1989) non corrispondono, in senso stretto, alla definizione fornita in sede<br />
IUCN in quanto possono piu' che altro considerarsi Protected Landscapes (paesaggi protetti). Sono tutti<br />
localizzati, ad esclusione del Pembrokeshire Coast <strong>nel</strong> Galles, in zone montagnose e comprendono una<br />
popolazione di quasi 240.000 abitanti, con vaste porzioni di brughiera, ma anche piccole cittadine, villaggi,<br />
piccole industrie, fattorie e molte altre attivita' economiche.<br />
38 Cfr. Lopez F., Gestione dei flussi turistici nei parchi: turismo di elite e turismo di massa. Su: Melandri E. (a<br />
cura), op.cit.<br />
28
Sono sufficienti alcuni esempi per chiarire l'ordine delle dimensioni di cui si parla,<br />
quali il Parco Nazionale del Mount Mc Kinley in USA, con 892.000 ha, l' Adirondack<br />
Park, <strong>nel</strong>lo stato di New York, esteso per 2.400.000 ha (quasi come l'Umbria), i<br />
Parchi Nazionali Jasper e Banff <strong>nel</strong> Canada, con 1.088.000 ha, sempre in Canada il<br />
Parco nazionale Wood Buffalo, con 4.480.000 ha, il Parco Nazionale Monte<br />
Koscinsko <strong>nel</strong> Nuovo Galles del Sud sud-orientale, in Australia, con 627.000 ha.<br />
Per evidenziare le differenze esistenti basti pensare che il Parco Nazionale dello<br />
Stelvio, che all'emanazione della legge-quadro 394/91 era il piu' esteso Parco italiano,<br />
si estende per 137.000 ha, mentre alcuni dei nuovi parchi di nuova istituzione superano<br />
di poco i 200.000 ha.<br />
Tab. 4 - I parchi nazionali italiani 39<br />
PARCHI<br />
ESTENSIONE<br />
(ha)<br />
Gran Paradiso (Valle d'Aosta-Piemonte) 70.000<br />
Stelvio (Lombardia - Trentino A.A.) 134.620<br />
D'Abruzzo (Abruzzo - Lazio - Molise) 50.000<br />
Circeo (Lazio) 8.400<br />
Calabria (Calabria)<br />
11.709<br />
TOTALE PARCHI STORICI<br />
29<br />
274.729<br />
Val Grande (Piemonte) 10.000<br />
Dolomiti Bellunesi (Veneto) 31.000<br />
Foreste Casentinesi (Toscana) 35.139<br />
Arcipelago Toscano (Toscana) 2.900<br />
Monti Sibillini (Marche - Umbria) 70.970<br />
Laga - Gran Sasso d'Italia (Abruzzo - Lazio) 154.400<br />
Maiella (Abruzzo) 78.000<br />
Gennargentu Golfo Orosei (Sardegna) 250.000<br />
Gargano (Puglia) 195.000<br />
Vesuvio (Campania) 7.900<br />
Cilento - Vallo di Diano (Campania) 215.000<br />
Pollino (Basilicata - Calabria) 200.000<br />
Aspromonte (Calabria)<br />
105.000<br />
TOTALE GENERALE 1.381.409<br />
La differenza esistente tra gli ambienti nei quali il concetto di wilderness e' nato e gli<br />
ambienti europei ed italiani in particolare, nei quali se ne cerca una applicazione, e'<br />
emersa fin dalle prime fasi del tentativo di divulgazione del concetto stesso in sede<br />
nazionale.<br />
Quando e' avvenuta questa prima diffusione, all'inizio degli anni 80, anche le aree<br />
che venivano citate come potenziali paradigmi applicativi del concetto stesso, tra cui la<br />
39 Legge 6 dicembre 1991, n. 394 - Legge quadro sulle aree protette.<br />
Per le perimetrazioni provvisorie vedasi: Ministero dell'Ambiente, D.M. 4 novembre 1993, D.M. 22.11.1994 -<br />
Perimetrazioni provvisorie e norme di salvaguardia.<br />
Vedasi inoltre: Airone, l'Italia dei nuovi parchi nazionali, Mondadori Ed., 1993.<br />
Ministero dell’Ambiente: Carta delle aree protette in Italia. Roma 1993.<br />
Cimini N. et alii: L’elenco ufficiale del sistema delle aree naturali protette. Parchi, n.12, Pisa 1994.
Maiella e il Gran Sasso d'Italia 40 , certamente non possedevano delle caratteristiche<br />
naturali analoghe a quelle americane o canadesi.<br />
Per forza di cose l'Uomo non può pensarsi come una presenza enucleabile o<br />
facoltativa in data odierna, quando aveva ricoperto un ruolo storico di antichissima<br />
data, operando profonde trasformazioni sul territorio e sul paesaggio.<br />
Le attivita' anticamente praticate della coltivazione, del pascolo e della forestazione<br />
hanno interessato anche le quote piu' elevate delle montagne.<br />
Mentre <strong>nel</strong> caso delle Alpi un baluardo all'azione umana e' stato fornito dalla<br />
presenza delle nevi eterne dei ghiacciai e comunque delle altissime quote,<br />
<strong>nel</strong>l'Appennino e' facile trovarsi in presenza di pascoli regolarmente frequentati<br />
addirittura sui crinali e sulle zone culminali dei rilievi, con relativo corredo di stazzi, ovili,<br />
ripari.<br />
Anche le coltivazioni, un tempo praticate in regime di mera sussistenza, mediante<br />
una ricerca generalizzata di spazi idonei con spietramenti artificiosi e terrazzamenti di<br />
enorme laboriosita', hanno portato a conformazioni e rimodellamenti superficiali fino a<br />
quote relativamente elevate.<br />
Ne e' derivato <strong>nel</strong>la maggioranza dei casi un paesaggio di estrema bellezza e<br />
suggestione, che trova peraltro analogie e riscontri, seppur a scale diverse, negli<br />
interventi di bonifica e consolidamento delle valli asiatiche del Pakistan e del Nepal, ma<br />
che certamente e' aderente alla definizione di Wilderness unicamente pensandone una<br />
interpretazione ampia e non ristretta alle sole manifestazioni naturali.<br />
A questo punto e' necessario per forza di cose precisare i contenuti e la valenza del<br />
concetto di wilderness e di spazi inalterati, <strong>nel</strong> senso che la presenza umana, nei limiti di<br />
una manifestazione storica che abbia si' comportato una trasformazione ambientale, ma<br />
consolidata in secoli di faticosa attivita', con strumenti rudimentali, con la utilizzazione di<br />
materiali e tecniche costruttive tradizionali e autoctone, per ricavarne la indispensabile<br />
sussistenza, debba, a tutti gli effetti, considerarsi come parte integrante della evoluzione<br />
"naturale " del territorio.<br />
Questa forma concettuale deve necessariamente essere accettata <strong>nel</strong> caso italiano<br />
per non incorrere in una sorta di contraddizione, almeno nei termini della definizione<br />
fornita di "<strong>parco</strong> nazionale" e di area wilderness, <strong>nel</strong> momento in cui, <strong>nel</strong>la fase di<br />
formazione delle proposte di articolazione di <strong>tutela</strong> di un <strong>parco</strong> vengono ad essere<br />
inserite le cosiddette "emergenze culturali", formate dai beni storici, architettonici, di<br />
paesaggio antropico.<br />
Questo apparente controsenso si acuisce ulteriormente <strong>nel</strong> momento in cui, in talune<br />
aree, questa presenza di beni culturali diviene addirittura preponderante, scavalcando,<br />
in termini di consistenza, quella dei beni naturali, ovvero degli spazi incontaminati,<br />
presenti in taluni casi in percentuale minima.<br />
2.2. Condizioni e problemi dell’ insediamento umano nei parchi<br />
40 Zunino F., Il concetto di wilderness. La Rivista del Club Alpino Italiano, anno 103, n.5-6, Torino 1982.<br />
30
I rapporti tra il <strong>parco</strong> e l'uso insediativo del territorio sono storicamente<br />
conflittuali. Non a caso infatti il linguaggio dei resoconti delle attivita' di gestione delle<br />
aree protette è generalmente intriso di terminologia "bellica".<br />
Solo in anni relativamente recenti il concetto di <strong>parco</strong> è andato associandosi,<br />
<strong>nel</strong>l'opinione collettiva, anche ad effetti di ripresa e di riqualificazione sociale ed<br />
economica dei tessuti insediativi interessati, anche se questo convincimento è ben lungi<br />
dal riscuotere un consenso generalizzato.<br />
In ogni caso i problemi connessi alle realtà dei parchi italiani, in particolare<br />
quelle dell'Appennino centrale, sono ben diversi da quelli riscontrabili <strong>nel</strong>la grande<br />
maggioranza dei casi internazionali. Ad estensioni di superfici protette di gran lunga più<br />
ridotte di quelle americane, o australiane, o dell'Est europeo, fanno da contrappunto<br />
presenze umane diffusamente insediate.<br />
Per citare solo l'esempio abruzzese, la differenza è sostanziata da circa<br />
100.000 abitanti che a tutt'oggi ancora risiedono negli oltre 150 centri storici inclusi nei<br />
perimetri dei parchi.<br />
Una situazione, pertanto, di <strong>tutela</strong> <strong>dell'ambiente</strong> molto particolare, dove i parchi<br />
servono si' a proteggere gli ecosistemi di tipo "raro", salvaguardandoli pertanto da<br />
sconsiderate azioni trasformative <strong>nel</strong>l'interesse primo della collettività umana, ma dove<br />
parimenti convivono con le testimonianze remote ed in parte viventi di una simbiosi<br />
storica Uomo-Territorio. Senza contare che ai nostri parchi montani si chiede anche,<br />
oggi, di risollevare dalle condizioni di manifesta crisi interi comprensori insediativi ad<br />
economia depressa.<br />
Questo particolare aspetto comporta per le unita’ territoriali di <strong>tutela</strong><br />
ambientale, identificate in Italia come “Parchi Nazionali”, una collocazione <strong>nel</strong>la griglia<br />
internazionale di riferimento, gestita dall’ Unione Internazionale per la Conservazione<br />
della Natura e delle Risorse Naturali (IUCN), che può ritenersi intermedia tra la Cat.II<br />
(National Parks) e la Categoria V (Protected Landscapes or Seascape), essendo<br />
generalmente presenti le caratteristiche distintive di entrambe le categorie di aree<br />
protette (vedi nota n ......).<br />
Nel caso italiano, e non solo in questo, vengono a far parte degli ecosistemi dei<br />
parchi, con ogni diritto, anche le popolazioni umane, da sempre insediate in questi<br />
luoghi, parte integrante ed integrata di essi, componenti di un rapporto che si e' tenuto<br />
in equilibrio fino a quando la vita rurale non ha avuto un termine qualitativo di paragone<br />
<strong>nel</strong>la vita urbana.<br />
Nel momento in cui questo termine di paragone e' intervenuto, la vita umana sulle<br />
montagne, fatta di fatica e di sacrifici, e' stata assoggetata ad un progressivo rifiuto che<br />
ha avuto il suo logico epilogo <strong>nel</strong>l'abbandono, innescando un irreversibile procedimento<br />
a catena di impoverimento dell'economia montana 41 .<br />
Questo processo di abbandono non è un vantaggio per il territorio del <strong>parco</strong>,<br />
sia perchè vengono a mancare le tradizionali e “gratuite” forme di presidio del<br />
territorio, sia perchè i vuoti <strong>nel</strong>la presenza tradizionale dell’uomo vengono sostituiti da<br />
forme negative di sviluppo economico - come il turismo di colonizzazione - piuttosto<br />
che da una spontanera rinaturalizzazione.<br />
41 Fondi M., I massicci centrali appenninici. Capire l'Italia, i paesaggi umani. T.C.I., Milano 1977.<br />
31
Tentativi di arginamento di questo fenomeno sono stati posti in atto. Un esempio<br />
per tutti, la legge 3.12.71, n.1102 (Nuove norme per lo sviluppo della montagna), che<br />
ha istituito le Comunita' Montane.<br />
L'assorbimento delle migliaia di miliardi, che per oltre un ventennio e' stato<br />
effettuato da questi enti per la loro gestione ordinaria e per i loro programmi di<br />
sviluppo socioeconomico, non ha generalmente condotto ad effetti concreti e sensibili,<br />
almeno <strong>nel</strong> caso di territori affetti da seri problemi strutturali sotto il profilo socioeconomico.<br />
Comunque gli aspetti del sostegno alle aree insediate montane in abbandono<br />
costituiscono un tema sociale con propria autonomia, proprie esigenze, propri diritti e<br />
proprie urgenze.<br />
Certamente, in linea logica, non e' proponibile la creazione di un <strong>parco</strong> come<br />
operazione funzionale al recupero delle realta' depresse della montagna, se non<br />
esistono altri elementi che lo giustificano.<br />
Le strade per conseguire l'obiettivo del risanamento economico, obiettivo che<br />
riguarda la CONDIZIONE UMANA, possono essere altre e varie.<br />
Abbiamo parlato di popolazioni, di turismo e di ricettivita'. Ma quali forme ha<br />
assunto lo sviluppo turistico <strong>nel</strong>le località di interesse ambientale?<br />
Purtroppo l’esperienza del grande boom turistico degli anni ‘60-’70 ci ha<br />
mostrato la formazione di una miriade di nuovi insediamenti <strong>nel</strong>le località di montagna<br />
delle Alpi e dell’Appennino, mentre la popolazione locale abbandonava i vecchi centri<br />
42 .<br />
Solo più di recente si è sviluppata da parte della cultura e anche dell’opinione<br />
pubblica una attenzione ed una sensibilità per il recupero, anche ai fini turistici, dei<br />
centri storici in abbandono <strong>nel</strong>le zone montane 43 .<br />
In questa nuova visione i luoghi della residenza, dell'interesse turistico e<br />
dell'ospitalita' sono i centri urbani, che <strong>nel</strong> caso dell'Appennino centrale si<br />
caratterizzano per le loro antiche origini e per le loro peculiarita' urbanistiche,<br />
architettoniche e artistiche.<br />
A loro volta, appunto per questi connotati, i centri storici, insieme a tutto un<br />
sistema di architettura minore diffusa e alle forme del paesaggio agrario, presentano<br />
l'innegabile esigenza di una <strong>tutela</strong> del valore testimoniale che va preservato da<br />
inconsulte manomissioni, ma va anche protetto dalla semplice incuria e dall'usura del<br />
tempo.<br />
Altro problema quindi, che riguarda stavolta prevalentemente le STRUTTURE<br />
FISICHE dei centri abitati, ovvero gli edifici e gli spazi di relazione.<br />
Lo scorporo dei singoli aspetti, che si e' voluto proporre <strong>nel</strong>le precedenti<br />
considerazioni, pur se forzatamente schematico, vuole di fatto contribuire ad<br />
evidenziare <strong>nel</strong>la adeguata prospettiva le questioni compartecipanti <strong>nel</strong>la tematica dei<br />
parchi italiani ed il ruolo peculiare dell’ insediamento umano.<br />
42 Rolli G.L.:Il ruolo dei centri storici <strong>nel</strong>la programmazione turistica. Su: Risanamento e recupero dei centri<br />
storici.minori del Lazio, Ed. DEI, Roma 1983.<br />
43 Rolli G.L.: Territorio e turismo, la <strong>valorizzazione</strong> dei beni culturali. ANIEST, Quaderno n.6, Roma 1986.<br />
32
Gli aspetti trattati da un lato impreziosiscono la figura del <strong>parco</strong>, che diviene<br />
elemento composito aggregante sia frammenti di natura importante, sia frammenti di<br />
storia in parte di pietra e in parte tutt'ora vivi e perpetuati dalla cultura, dalle tradizioni e<br />
dal lavoro delle popolazioni ancora residenti.<br />
D'altro canto queste ultime presenze possono risultare "scomode" ai fini degli<br />
obiettivi meramente conservativi, in quanto portatrici di istanze trasformative finalizzate<br />
all'incremento del benessere sociale.<br />
In questa condizione di tensione si inserisce il concetto di ecosviluppo,<br />
teorizzato su scala mondiale attraverso la ben nota World Conservation Strategy di<br />
emanazione IUCN del 1980 44 .<br />
Nel caso italiano le istanze di sviluppo insediativo ed economico delle popolazioni<br />
del <strong>parco</strong> si sostanzia mediante la formazione del relativo piano pluriennale previsto<br />
dall'Art.14, punto 2, della legge 6.12.91, n.394, compatibilmente con gli obiettivi<br />
primari del <strong>parco</strong>, che sono e restano quelli della conservazione, per le generazioni<br />
future, delle risorse naturali e culturali.<br />
Attivita' di conservazione, quella citata, per la quale dovrebbero essere utilizzati<br />
i contributi che la comunita' nazionale mette a disposizione a sostegno degli obiettivi<br />
della legge-quadro sulle aree protette.<br />
Ovviamente, approfittando delle favorevoli coincidenze, si dovrebbe cercare,<br />
in un'ottica di massimo profitto, di utilizzare questi stimolatori economici per piu' scopi,<br />
o meglio, per i tre scopi fondamentali che sembrano confluire in questa azione organica<br />
dei parchi:<br />
a)-Conservazione delle risorse naturali "rare" di interesse nazionale;<br />
b)-Conservazione del patrimonio culturale storico - architettonico - artistico dei<br />
centri della montagna e del paesaggio rurale;<br />
c)-Recupero delle condizioni di depressione sociale ed economica delle<br />
comunita' insediate della montagna.<br />
L'obiettivo c) assume una importanza emergente <strong>nel</strong> momento in cui diviene il<br />
perno del consenso sociale alla <strong>tutela</strong> ambientale.<br />
Un consenso che di certo mancava 20 anni fa, quando si sviluppavano le prime<br />
attivita' associazionistiche in difesa <strong>dell'ambiente</strong> naturale, ma che certamente, seppur<br />
notevolmente incrementato, si rivela ancora oggi debole e tutt’altro che generalizzato.<br />
La protesta contro i perimetri ministeriali dei parchi, ritenuti "troppo vasti", e'<br />
montata in piu' occasioni, portando in piazza svariate migliaia di persone (con<br />
riferimento al <strong>parco</strong> Nazionale della Laga-Gran Sasso sembra 7.000 solo a Teramo, in<br />
Abruzzo, il 9 maggio 1993).<br />
Alla luce di questi manifesti atteggiamenti di diffidenza e' forse opportuno<br />
rimeditare su alcune situazioni territoriali, soprattutto insediative, e sulle loro<br />
interrelazioni con il <strong>parco</strong> in termini sia di benefici sia di intralci allo sviluppo.<br />
Indagare questo aspetto risulta tanto piu' opportuno se si riflette sul fatto, gia'<br />
anticipato, che l'accettabilita' sociale dei parchi si fonda sul convincimento delle<br />
44 Cfr. IUCN - UNEP-WWF: World Conservation Strategy, Living Resource Conservation for sustainable<br />
development. 1980<br />
33
collettivita' coinvolte che il <strong>parco</strong> e' portatore di vantaggi economici non possibili in<br />
mancanza di esso.<br />
D'altra parte un vantaggio economico, o quanto meno un non-danno, rappresenta la<br />
legittima contropartita che spetta a chi accetta di vivere in una condizione oggettiva di<br />
maggior vincolo sulle attivita' ordinarie, sopportando per questo dei costi e dei disagi.<br />
Tra le raccomandazioni ai governi espresse in seno al IV Congresso Mondiale dei<br />
Parchi di Caracas, si legge: "(...) la attivita' politica e pratica dovrebbe adoperarsi per<br />
garantire che alle comunita' locali non derivino svantaggi dalle aree protette, e che esse<br />
ricevano benefici provenienti da miglioramenti economici e da opportunita' di<br />
sviluppo." 45<br />
Tornando al filone principale del discorso, ovvero la interrelazione complessa tra il<br />
<strong>parco</strong> e gli insediamenti umani ad esso connessi, i recenti dati tratti dal censimento<br />
ISTAT del 1991 hanno ad esempio denuciato, per i comuni del versante aquilano del<br />
Gran Sasso, una ulteriore contrazione del 7% della popolazione, pari ad una perdita di<br />
quasi 1.400 unita' residenti <strong>nel</strong> decennio 1981-91.<br />
L'inesorabile depauperamento demografico di questo settore montano emerge<br />
ancor di piu' se si esaminano alcuni valori assoluti:il centro di Carapelle Calvisio e'<br />
ridotto a 125 residenti, S.Stefano di Sessanio a 142, Calascio a 224, Campotosto,<br />
dopo il 38% di popolazione perso tra il 71 e l'81, ha subito ancora un ulteriore tracollo<br />
del 19% (TAB. 2).<br />
Tutto questo è certamente un danno ai fini della formazione di un <strong>parco</strong> che<br />
trae dallo storico equilibrio uomo-natura uno dei suoi motivi giustificativi.<br />
45 I.U.C.N., Parks for life: Report of the IVth World Congress on National Parks and Protected Areas.<br />
Reccomandation 6 - People and protected areas. IUCN, Gland, Switzerland, 1993.<br />
Il IV Congresso Mondiale sui parchi e le aree protette raccomanda che:<br />
a) i governi riconoscano le necessità e le aspirazioni della popolazione che vive all’interno e <strong>nel</strong>le vicinanze<br />
delle aree protette ed intraprendano misure per assicurare la continuità e lo sviluppo dei valori sociali e<br />
culturali.. L’attività politica ed amministrativa dovrebbe essere finalizzata a garantire che le comunità locali, ed<br />
in particolare le donne, non ricevano svantaggi dalle aree protette, ma che anzi ricevano benefici da una<br />
economia dinamica e da opportunità di lavoro.<br />
b) i governi assicurino che i processi di pianificazione per le aree protette siano integrati con i programmi per lo<br />
sviluppo sostenibile delle culture e delle economie locali e che, <strong>nel</strong>l’ambito di questi strumenti, si incrementino<br />
le conoscenze sulle tematiche locali e sui meccanismi decisionali. Che inoltre intervengano a supporto dello<br />
sviluppo ecosostenibile ed economicamente adeguato anche programmi sulla salvaguardia della biodiversità e<br />
sulle reti di aree protette.<br />
c) i governi e gli organismi internazionali riconoscano organizzazioni non governative, basate sul volontariato,<br />
come partenrs <strong>nel</strong>la gestione delle aree protette<br />
d) l’ IUCN,, i governi e i gestori delle aree protette utilizzino le risorse disponibili localmente e i loro sistemi di<br />
controllo come mezzo per conseguire la conservazione delle biodiversità.<br />
e) l’ IUCN si impegni ad intraprendere una valutazione delle relazioni tra i diritti di proprietà e la presenza delle<br />
are protette. L’IUCN dovrebbe occuparsi in particolare dei sistemi di proprietà pubblic, dei problemi relativi<br />
alla proprietà, ai conflitti territoriali e legali..<br />
f) l’IUCN promuova la partecipazione delle comunità locali <strong>nel</strong>la pianificazione e <strong>nel</strong>la valutazione delle<br />
relazioni tra la popolazione e le aree protette.<br />
g) l’IUCN promuova la diffusione delle informazioni sul coinvolgimento delle comunità locali e delle<br />
organizzazioni non governative <strong>nel</strong>la gestione delle aree protette attraverso pubblicazioni e programnmi<br />
educazione.<br />
34
Tab. 2 - Andamento della polazione nei comuni pedemontani del versante meridionale del Gran<br />
Sasso d’Italia ( ISTAT, 1961, 1971, 1981, 1991)<br />
COMUNI Abitanti<br />
resid. 1961<br />
Abitanti<br />
resid. 1971<br />
Abitanti<br />
resid. 1981<br />
35<br />
Abitanti<br />
resid. 1991<br />
Barete 803 673 630 635<br />
Cagnano A. 2589 2099 1813 1685<br />
Campotosto 2264 1750 1073 865<br />
Capitignano 1404 1009 797 742<br />
Montereale 5475 4047 3368 3114<br />
Pizzoli 2753 2499 2536 2598<br />
Barisciano 2617 1696 1674 1768<br />
Calascio 616 448 301 224<br />
Capestrano 1820 1419 1281 1141<br />
Caporciano 698 471 340 324<br />
Carapelle C. 337 179 144 125<br />
Castel del Monte. 1720 1183 827 707<br />
Castelvecchio C. 604 440 360 246<br />
Navelli 1418 1023 821 700<br />
Ofena 1313 956 892 757<br />
Poggio Picenze 1088 817 853 917<br />
Prata d’Ansid. 1033 694 655 616<br />
S.Pio delle C. 935 639 590 554<br />
S.Stefano di S. 404 246 190 142<br />
Villa S.Lucia 894 574 424 305<br />
TOTALE<br />
30785<br />
23753<br />
19564<br />
18165<br />
Centri in buone condizioni di accessibilità rispetto all’area urbana dell’Aquila (distanza 10-15 km, tempo 15-20<br />
minuti)<br />
A parte quei centri che, occupazionalmente gravitanti sull'area urbana aquilana, si<br />
trovano da questa <strong>nel</strong> raggio dei 15-20 minuti di accessibilita' automobilistica, gli abitati<br />
della montagna scivolano lentamente verso lo spopolamento totale.<br />
Questa situazione riguarda, seppur in toni lievemente diversi, molti altri centri<br />
dell'Appennino, in particolare abruzzesi.<br />
Una recente ricerca realizzata <strong>nel</strong>l'ambito regionale dal Dipartimento di Architettura<br />
e Urbanistica dell'Universita' dell'Aquila ha evidenziato, con l'utilizzazione di alcuni<br />
indicatori, la mappa dell'abbandono insediativo della regione 46<br />
I territori comunali interessati dai fenomeni di abbandono coincidono in gran parte<br />
con le aree montane interne e si estendono per circa 350.000 ha, rappresentando il<br />
35% dell'estensione regionale.<br />
Confrontando la dislocazione delle aree interessate dai fenomeni di abbandono<br />
con l'articolazione geografica dei parchi si rileva come il 44% delle prime sia compreso<br />
nei perimetri delle aree protette (vedi FIG. 1)..<br />
46 Rolli G.L., Romano B., Sulpizii S., I centri storici <strong>nel</strong>la struttura territoriale: il recupero dei ruoli funzionali.<br />
Ricerca: Recupero integrato delle strutture urbanistiche ed edilizie dei centri storici in abbandono <strong>nel</strong>le aree<br />
interne della Regione Abruzzo. Regione Abruzzo, Dipartimento di Architettura e Urbanistica dell'Universita'<br />
dell'Aquila. L'Aquila 1993.
Alcuni dei centri in fase di abbandono potrebbero riappropriarsi di un ruolo<br />
funzionale migliorando la viabilita' di collegamento con i principali centri commerciali e<br />
industriali, riducendo il loro isolamento rispetto ai principali servizi sociali.<br />
Questo potrebbe forse consentire un mantenimento delle funzioni residenziali<br />
permanenti, anche legato ai migliori livelli di qualita' della vita che un centro rurale offre<br />
rispetto ad un grande centro produttivo.<br />
In ogni caso solo per qualche centro si e' riscontrata una possibilita' di questa<br />
natura. Nella generalita' dei casi la riproposizione di una nuova centralita' territoriale<br />
passa per la politica di <strong>tutela</strong> e di <strong>valorizzazione</strong> delle risorse ambientali che queste aree<br />
di montagna in abbandono presentano in grande abbondanza.<br />
Lo sviluppo di forme aggiornate di ricettività e di residenzialità turistica può<br />
costituire uno dei fattori di questa <strong>valorizzazione</strong>.<br />
FIG. 1 - Ambiti in abbandono e aree protette <strong>nel</strong>la Regione Abruzzo<br />
................................inserire carta.........................<br />
2.3. Il ruolo dei centri storici <strong>nel</strong>l’organizzazione insediativa dei parchi<br />
Se si volesse cercare di costruire uno scenario credibile per il futuro prossimo dei<br />
centri alto-montani dell’Appennino in termini di evoluzione spontanea, sarebbe<br />
certamente una ipotesi da escludere quella che ne vede una ripresa sociale ed<br />
economica svincolata da specifici stimolatori esterni. I dati poc'anzi citati sembrano<br />
abbastanza esaurienti a tale riguardo.<br />
36
Nella migliore delle ipotesi, come del resto si sta gia' verificando, i centri storici<br />
diverranno sedi di seconde case per vacanza, con un processo di graduale sostituzione<br />
della popolazione originaria residua permanente con quella periodica turistica.<br />
A questo processo contribuisce una certa "moda" dei ceti abbienti di dotarsi di<br />
una casa di spessore storico, ristrutturando con criteri adeguati e facilmente normabili i<br />
vecchi contenitori edilizi, salvaguardando generalmente i caratteri storico-architettonici<br />
dei manufatti ed ottenendo, almeno sotto il profilo del recupero edilizio, un risultato<br />
positivo.<br />
In definitiva il fenomeno di ristrutturazione edilizia dei centri storici che sta gia'<br />
interessando molti comuni pedemontani, porta in prospettiva ad un recupero abitativo<br />
anche generalizzato e magari pregevole dell'edificato antico, evitandone la<br />
ruderificazione, ma ad una desertificazione antropica pressoche' totale.<br />
Non e' certo pensabile che una concentrazione di presenze in due mesi all'anno<br />
possa sostenere esercizi commerciali, servizi sociali o altre attrezzature di interesse<br />
collettivo, ne', di conseguenza, i corrispondenti addetti.<br />
Quali modificazioni intervengono, in un quadro problematico cosi' delineato,<br />
dopo l'istituzione di un <strong>parco</strong>?<br />
Utilizzando come esempio concreto a disposizione il Parco Nazionale<br />
d'Abruzzo, e' possibile riscontrare dall'esame dei dati del censimento ISTAT che, <strong>nel</strong><br />
periodo 1981-1991, i centri ricadenti <strong>nel</strong> territorio del <strong>parco</strong>, per la prima volta dopo<br />
decenni, hanno registrato una "frenata" <strong>nel</strong> decremento demografico.<br />
Tab. 3- Andamento della polazione nei comuni del Parco Nazionale d’Abruzzo ( ISTAT, 1961,<br />
1971, 1981, 1991)<br />
COMUNI Abitanti resid.<br />
1961<br />
Abitanti<br />
resid. 1971<br />
Abitanti<br />
resid. 1981<br />
37<br />
Abitanti<br />
resid. 1991<br />
Alfedena 1164 956 740 741<br />
Barrea 1420 1028 948 864<br />
Bisegna 940 693 634 467<br />
Civitella A. 524 315 323 299<br />
Opi 781 667 518 534<br />
Pescasseroli 2565 2441 2208 2207<br />
Scontrone 729 601 547 561<br />
Villavallelonga 1574 1279 1095 1070<br />
Villetta B.<br />
920 711 622 623<br />
TOTALE 10617 8691 7635 7366<br />
Un confronto indicativo può essere effettuato leggendo gli stessi dati per un<br />
altro campione territoriale, formato dai comuni pedemontani del versante meridionale<br />
del Gran Sasso d’Italia e riportati <strong>nel</strong>la precedente .TAB. 2.<br />
Il confronto evidenzia significativamente i possibili effetti ottenibili a mediolungo<br />
termine con l’istituzione di un <strong>parco</strong>.<br />
Traendo le conclusioni, <strong>nel</strong> caso della istituzione di un nuovo <strong>parco</strong> in un<br />
territorio caratterizzato da abbandono pronunciato da parte della popolazione è
opportuno puntare, come primo obiettivo, sulla stabilizzazione della popolazione ai<br />
livelli attuali.<br />
Di certo sara' necessario contrarre i tempi di conseguimento di questo obiettivo<br />
per non rischiare di giungere troppo tardi.<br />
Si puo' affermare oggi che l'economia montana, intesa in termini produttivi<br />
relativamente al settore agrario, non ha piu' la possibilita' credibile di riassumere ruoli<br />
portanti, per motivi reddituali, ma soprattutto sociali.<br />
L'inversione, o meglio, il contenimento del fenomeno di abbandono va<br />
agganciato alla utilizzazione di altre risorse, quali appunto quelle naturali e ambientali,<br />
che potranno dar luogo a diverse forme di economia locale.<br />
E' necessario motivare, su tutto l'arco dell'anno, la presenza di nuclei di<br />
popolazione.<br />
In ogni caso, qualunque intervento venga intrapreso, dovra' comportare in<br />
primo luogo la formazione di interessi economici e occupazionali per gli attuali residenti<br />
e, in secondo luogo, il ripristino di ulteriori interessi per favorire l'eventuale ritorno di ex<br />
residenti, caratterizzati da forti legami affettivi con la terra d'origine.<br />
Se da una parte si dovra' fare ogni sforzo per non deludere legittime aspettative<br />
di riassetto del tessuto economico locale, d'altra parte non si puo' auspicare in alcun<br />
modo che il finanziamento dei parchi si riveli l' ennesimo emungimento delle finanze<br />
pubbliche con le modalità che purtroppo hanno caratterizzato la maggior parte degli<br />
interventi negli anni recenti.<br />
Inoltre e' prevedibile che il coinvolgimento pieno delle collettivita' insediate <strong>nel</strong>le<br />
dinamiche economiche potenziali dei parchi, con i conseguenti benefici permanenti,<br />
avverra' alla fine di un processo lungo e faticoso di crescita culturale e di maturazione<br />
di una solida coscienza imprenditoriale.<br />
Una scelta che si ritiene debba essere ribadita, e che costituisce uno dei<br />
riferimenti del progetto Gran Sasso illustrato <strong>nel</strong>la Parte II del presente lavoro,<br />
concerne la necessita' di localizzare nei paesi della montagna tutte le attrezzature di<br />
supporto della residenza e delle attività produttive e le strutture direzionali e<br />
amministrative dei parchi. Pur riconoscendo la opportunita' di avere sedi di<br />
rappresentanza nei principali centri capoluogo di regioni amministrative, e' stata<br />
sottolineata l’importanza della presenza degli uffici centrali e principali negli<br />
insediamenti storici del <strong>parco</strong>, all'interno di edifici adeguatamente recuperati per tale<br />
scopo.<br />
Questo vuol dire anche personale reclutato per quanto possibile tra i residenti,<br />
movimento di persone, flussi di informazioni e afflusso di interesse nei confronti del<br />
centro urbano.<br />
In poche parole vuol dire vivacizzazione della vita sociale con gli inevitabili<br />
effetti indotti sull'economia locale.<br />
Del resto gli eventuali disagi di collegamento che si associano alle particolari<br />
condizioni geografiche dei centri della montagna sono oggi, con la massiccia diffusione<br />
delle tecnologie telematiche, parzialmente superabili.<br />
Se questo potrebbe essere un primo passo per ricreare un effetto di "centralita"<br />
anche psicologica in questi centri, un secondo momento operativo sta <strong>nel</strong>l'attivazione<br />
della imprenditorialita' interna e <strong>nel</strong> coinvolgimento pieno e il piu' possibile esteso della<br />
forza lavoro disponibile localmente.<br />
38
Una azione di grande importanza in questo senso riguarda proprio la attivazione<br />
programmatica di servizi di ricettivita' e di ristorazione, oggi estremamente carenti.<br />
Basta pensare che, <strong>nel</strong> comprensorio del Gran Sasso, tenendo conto solamente dei<br />
comuni in provincia dell’Aquila, ed escludendo l’omonima area urbana, la disponibilita'<br />
teorica di case in abbandono da poter riutilizzare per ricettivita' turistica puo' stimarsi in<br />
quasi 25.000 posti letto (si veda la Tab. 19).<br />
Per capire meglio l'entita' del fenomeno si puo' dire che i posti letto attualmente<br />
disponibili in attrezzature alberghiere e paraalberghiere, <strong>nel</strong>la medesima area presa ad<br />
esempio, sono poco più di 1.400, di cui solamente meno di 700 in alberghi (si veda<br />
Tab. 18), mentre in oltre 40.000 sono stimabili i posti letto disponibili <strong>nel</strong>le cosiddette<br />
"seconde case" 47 (si veda Tab. 19).<br />
Queste ultime sono quelle abitazioni che, pur non occupate permanentemente,<br />
vengono pero' stagionalmente utilizzate dai proprietari o temporaneamente affittate per<br />
vacanze.<br />
Se si aggiunge che la maggior parte del patrimonio edilizio non occupato si trova nei<br />
centri montani, si vede quindi che la disponibilita' edilizia all'interno dei parchi e'<br />
teoricamente molto elevata, pur depurando le cifre riportate dalle inevitabili<br />
indisponibilita' per motivi di vario genere.<br />
La riutilizzazione di questo patrimonio edilizio comporta pero' problemi di natura<br />
complessa.<br />
La effettiva disponibilità per l'utilizzazione ricettiva e residenziale turistica delle<br />
abitazioni non occupate è condizionata da alcuni notevoli elementi di incertezza:<br />
- in primo luogo il regime proprietario delle abitazioni, e soprattutto la reperibilità dei<br />
proprietari, la possibilità di un loro accordo nei casi generalizzati di comproprietà molto<br />
frazionata, elemento questo che ostacola la possibilità di interventi di trasformazione a<br />
cura dei proprietari o di acquisizione da parte di altri operatori privati o di Enti pubblici;<br />
- in secondo luogo la idoneità fisica delle abitazioni abbandonate agli interventi di<br />
recupero, in relazione alle condizioni di degrado spesso molto pronunciate, trattandosi<br />
generalmente di antiche case situate nei centri storici. Questo aspetto va esaminato<br />
congiuntamente alla valutazione del valore storico, artistico, ambientale degli immobili,<br />
poiché se è vero che immobili antichi possono trovarsi in condizioni di degrado assai<br />
spinte e rendere pertanto molto onerosi eventuali interventi di recupero, è anche vero<br />
che in tal caso motivazioni di carattere culturale, sociale e di mercato rendono<br />
giustificato e anche prioritario l'intervento stesso, specie se visto <strong>nel</strong>l'ottica del<br />
pianificatore.<br />
Un piano di intervento di recupero ai fini residenziali turistici dell'edilizia<br />
abbandonata dei centri storici, deve pertanto essere basata su una serie di analisi<br />
specifiche atte a consentire una valutazione complessiva sulle possibilità, opportunità e<br />
modalità d'intervento. In particolare si possono segnalare le seguenti operazioni<br />
essenziali :<br />
- Analisi dell'epoca di costruzione e dei valori architettonici o ambientali;<br />
- Analisi tipologico-funzionale ed ipotesi di recupero;<br />
- Analisi delle condizioni di degrado edilizio (statico, igienico, estetico);<br />
- Analisi del regime proprietario;<br />
47 C.R.E.S.A., Centro Regionale di Studi e Ricerche Economico Sociali, Studio sul turismo in Abruzzo. L'Aquila<br />
1994<br />
39
- Analisi del tessuto urbanistico.<br />
Solo dalla sintesi di un ampia gamma di ricerche di questo tipo potranno<br />
scaturire concrete ipotesi di intervento.<br />
Questo campo di studio ha costituito oggetto di una ricerca sviluppata <strong>nel</strong><br />
1993 dal Dipartimento di Architettura e Urbanistica dell’Università dell’Aquila per<br />
conto della Regione Abruzzo, imperniata sulle modalità di recupero dei centri storici<br />
delle aree interne abruzzesi 48 .<br />
Come si è detto, è prevedibile, e anche auspicabile, che la istituzione dei parchi<br />
convogliera' diffusi interessi turistici che avranno ricadute inevitabili sul mercato<br />
immobiliare di questi luoghi.<br />
Questo fenomeno, lasciato senza adeguato controllo, puo' però provocare effetti di<br />
notevole degrado ai beni storici e culturali, come e' gia' accaduto in moltissime localita'<br />
turistiche italiane di fama internazionale.<br />
La linea operativa che si ritiene più adeguata per contenere gli eventuali,<br />
negativi effetti della pressione insediativa turistica, è quella che si oppone alla<br />
affermazione di modelli di turismo estranei al contesto culturale, tradizionale e sociale<br />
del territorio sul quale si impiantano, che estromettono la potenziale imprenditoria<br />
locale dalla gestione delle iniziative dei residenti 49 .<br />
Su questo punto una ulteriore raccomandazione espressa dal gia' citato<br />
Congresso di Caracas recita: "Le politiche finalizzate alla realizzazione di benefici<br />
socioeconomici devono provvedere affinche' le popolazioni locali abbiano una attiva<br />
partecipazione <strong>nel</strong>la gestione del turismo <strong>nel</strong>l'area protetta" 50 .<br />
48 La Ricerca, finanziata con fondi ex L.64 ha per oggetto: Recupero integrato delle strutture urbanistiche ed<br />
edilizie dei centri storici in abbandono <strong>nel</strong>le aree interne della Regione Abruzzo. Regione Abruzzo, Dipartimento<br />
di Architettura e Urbanistica dell’Università dell’Aquila, L’Aquila 1993.<br />
49 Pedreschi L., I centri più elevati dell’Appennino. Tradizione e innovamento. Patron, BolognA 1988.<br />
50 IUCN,, Parks for life (op.cit.), Reccomandation 9 - Tourism and protected areas.<br />
Il IV Congresso Mondiale sui parchi e le aree protette raccomanda che:<br />
a) le agenzie nazionali e locali e le organizzazioni interessate alla protezione delle are naturali adottino politiche<br />
per fare del turismo uno strumento di conservazione.<br />
b) i gestori delle aree protette forniscano le risorse per la gestione del turismo associato alle arre protette.<br />
c) siano attuate politiche che assicurino che i benefici socio economici siano a vantaggio della popolazione<br />
locale attraverso la partecipazione attiva alla gestione del turismo.<br />
d) le agenzie delle aree protette e l’industria del turismo cooperino per adottare procedure integrate, indirizzi e<br />
tecniche (con riferimento sia alla gestione che alle attrezzature) che siano compatibili con piani di gestione a<br />
lungo termine delle aree protette, aumentino le esperienze dei visitatori e siano compatibili e rinforzanti nei<br />
confronti degli obiettivi di conservazione dell’area protetta.<br />
e) <strong>nel</strong>lo sviluppare una maggiore cooperazione tra le industrie del turismo e le aree protette, la considerazone<br />
primaria sia la conservazione dell’ambiente naturale e della qualità della vita delle comunitaà locali.<br />
f) le autorità che si occupano di risorse naturali e di turismo sviluppino e realizzino piani turistici nazionali e<br />
locali che rispettino le massima capacità di carico turistico delle aree protette e rispettino le comunità locali.<br />
g) i guadagni generati dal turismo <strong>nel</strong>le aree protette siano reinvestiti <strong>nel</strong>la protezione e <strong>nel</strong>la gestione delle<br />
risorse.<br />
h) le agenzie delle aree protette e l’industria del turismo sviluppino studi sul luogo per stabilire livelli<br />
appropriati di impatto per le aree protte; ottengano e monitorino informazioni turistiche sul turismo e sulle<br />
attività ricreative e sul loro impatto economico, ambientale e sociale e definiscano le azioni di gestione<br />
localmente piu’ appropriate per le aree protette,<br />
i) il turismo consentito in ciascuna area protetta sia basato sui valori intrinseci ambientali dell’area e accetti che<br />
qualche luogo venga interdetto alla visita pubblica.<br />
j) i programmi di educazione e di formazione siano finalizzati a costituire guide e operatori <strong>nel</strong> turismo e i<br />
programmi turistici contribuiscano alla incentivazione di iniziative educative.<br />
40
Scopo di questa pur sintetica esposizione e' quello di porre sul campo una serie di<br />
argomenti che testimoniano la estrema complessita' delle relazioni intercorrenti tra il<br />
<strong>parco</strong>, gli insediamenti e le popolazioni umane.<br />
Aspetti ed argomenti che solo in ragione di una schematica trattazione teorica<br />
possono disaggregarsi <strong>nel</strong>le loro forme elementari, ma che <strong>nel</strong>la realta' costituiscono un<br />
fitto intreccio di questioni politiche, sociali, economiche, amministrative, tecniche e, non<br />
ultimo, ideologiche ed etiche, ben difficile da analizzare e da contemperare in sede di<br />
programmazione.<br />
A conclusione di questo esame delle problematiche connesse con la<br />
riorganizzazione della struttura insediativa nei parchi, si ritiene opportuno anticipare<br />
alcune conclusioni dell’applicazione del metodo da noi utilizzato <strong>nel</strong>la seconda parte del<br />
lavoro, dedicata al piano del <strong>parco</strong> del Gran sasso, metodo che si ritiene<br />
generalizzabile alle analoghe situazioni che si riscontrano su larga parte del territorio<br />
nazionale.<br />
Un processo di pianificazione articolato in relazione alle diverse modalità di<br />
<strong>tutela</strong> ambientale e di sviluppo della residenza, del turismo e delle attività produttive,<br />
trova il suo logico sbocco in una struttura territoriale integrata <strong>nel</strong>la quale i centri storici<br />
assumono un ruolo fondamentale.<br />
Il sistema delle aree destinate alle attività produttive primarie, degli spazi per la<br />
ricreazione, della ricettività turistica e dell'habitat permanente della popolazione locale<br />
si traduce infatti, sotto, il profilo spaziale, in una struttura insediativa <strong>nel</strong>la quale i centri<br />
storici preesistenti costituiscono il supporto della residenza degli abitanti stabili, della<br />
residenza turistica privata - ottenuta in massima parte mediante il recupero della<br />
edilizia antica inutilizzata -, della ricettività alberghiera, della struttura funzionale del<br />
<strong>parco</strong>, della ricettività alberghiera, dei servizi per la popolazione stabile e fluttuante,<br />
delle attività produttive artigianali e piccolo industriali;<br />
I centri storici costituiscono inoltre, <strong>nel</strong>la maggior parte dei casi, gli “accessi”<br />
alle zone di <strong>tutela</strong> del <strong>parco</strong> ed alle zone ricreative estive ed invernali, e pertanto il<br />
tramite - opportunamente attrezzato - tra la viabilità veicolare proveniente dall’esterno<br />
ed i percorsi di interesse naturalistico e turistico della montagna.<br />
k) il turismo sia parte di una strategia per una gestione regionale sostenibile che offra una varietà di alternative<br />
di sviluppo per le popolazioni locali e contribuisca a mantenere la divcersità biologica, per esempio<br />
convogliando i flussi turistici anche verso le regioni limitrofe del <strong>parco</strong>.<br />
41
CAP. 3 - PARCO E TURISMO<br />
3.1. L'evoluzione del ruolo turistico dei parchi<br />
La presenza di elementi naturali protetti, e pertanto conservati <strong>nel</strong>le loro<br />
fisionomie originarie, si e' rivelata un eccezionale attrattore di interesse turistico,<br />
contribuendo a deviare flussi di visitatori da altre zone, o a crearne di nuovi.<br />
Questo fenomeno si e' rapidamente incrementato, e <strong>nel</strong>l'ultimo decennio si puo' dire<br />
che sia esploso a causa di una sensibilizzazione massiccia dell'opinione pubblica sui<br />
temi ambientali, sfociata in alcuni casi in una grande domanda di natura, giunta a livelli<br />
elevatissimi e che ha iniziato, almeno in alcune aree piu' note, a provocare problemi non<br />
indifferenti di supero della "curring capacity" turistica.<br />
I dati in proposito sono chiarissimi, Yellowstone, forse il <strong>parco</strong> piu' famoso del<br />
mondo, convoglia annualmente 2.500.000 turisti, oltre un milione all'anno possono<br />
attribuirsi a Plitvice <strong>nel</strong>la Jugoslavia nord occidentale, , almeno prima dei recenti<br />
drammatici eventi bellici, 300.000 annui <strong>nel</strong> Parco nazionale dell'Engadina in Svizzera,<br />
ben 16.000.000 all'anno nei 140.000 ha del Parco Nazionale del Peak District, <strong>nel</strong><br />
Derbyshire in Gran Bretagna, oltre un milione all’anno <strong>nel</strong> Parco Nazionale d’Abruzzo.<br />
Del resto, che il turismo rappresenti uno dei principali aspetti di sviluppo economico<br />
delle zone interessate e' testimoniato anche da fonti e documenti di organi<br />
internazionali 51 .<br />
Un aspetto di notevole interesse e' che, in certi casi - e l'Abruzzo è uno di questi - si<br />
puo' affermare che l'unico elemento delle zone interne in grado di richiamare utenza<br />
turistica internazionale e' un <strong>parco</strong> nazionale, non essendo associabile a nessun'altra<br />
componente territoriale, sia essa culturale o naturalistica, ad eccezione della costa, un<br />
altrettanto potente messaggio di richiamo.<br />
In definitiva la presenza di un <strong>parco</strong> nazionale garantisce di per se', proprio in<br />
quanto istituzione, la presenza di una “natura con il marchio di qualità”, anche se altrove<br />
sono presenti elementi naturali e insediativi di valore assoluto elevato, ma non inseriti in<br />
un contesto ufficialmente <strong>tutela</strong>to.<br />
L'impatto economico provocato da questo mercato turistico e' molto consistente e,<br />
almeno attualmente, è in tendenziale crescita. Esso puo' essere valutato in termini di<br />
servizi venduti (ricettivita', informazioni, corsi di formazione, etc..), nonche' di<br />
attivazione dei mercati immobiliari negli insediamenti coinvolti.<br />
Usufruiscono di questi benefici economici certamente in modo piu' diretto i centri ad<br />
immediato ridosso delle zone di interesse, ma, via via che questi si saturano, gli effetti si<br />
ripercuotono sugli ambiti piu' esterni, valorizzando anche le zone dei margini e delle<br />
corone periferiche.<br />
L'esempio di Pescasseroli <strong>nel</strong> Parco nazionale d'Abruzzo, di Cogne <strong>nel</strong> <strong>parco</strong><br />
nazionale del Gran Paradiso, o di Gavarnie nei Pirenei francesi sono chiarificatori in tal<br />
senso.<br />
51 UNEP (United Nations Environment Programme), Saving Our Planet, challenges and hopes. Chapter 15-<br />
Tourisme. Nairobi 1992.<br />
42
Abbiamo però già avuto modo di evidenziare come queste condizioni di<br />
positività possano ritenersi un prodotto a lungo termine della politica dei parchi.<br />
Inoltre la consistenza e la durabilità di questi effetti sono fortemente<br />
condizionati dai criteri di gestione, ovvero dalla capacità che gli organi di governo del<br />
<strong>parco</strong> hanno, da un lato di responsabilizzare sul piano imprenditoriale le comunità<br />
residenti, e da un altro lato di inserire l’area protetta nei circuiti di fruizione turistica,<br />
scientifica e culturale.<br />
In ogni caso, all’interno dei parchi, le iniziative di promozione volte al<br />
convogliamento dei flussi turistici debbono essere sviluppate anche con attenzione al<br />
controllo dei flussi medesimi, tenendo conto delle forme di impatto ambientale, anche<br />
rilevante, abbinate a questa attività umana, soprattutto quando diviene di massa.<br />
In taluni casi particolari la domanda turistica, ed i benefici economici che essa<br />
comporta, rappresenta l'elemento chiave per la sopravvivenza stessa di alcuni lembi di<br />
natura protetta, soprattutto in zone dei paesi del terzo mondo dove la <strong>tutela</strong> ambientale<br />
e' frequentemente conflittuale con gli interessi di natura economica di sfruttamento delle<br />
risorse forestali.<br />
Su questo tema un esempio significativo e' costituito dal Parco Nazionale dei<br />
Virunga (Rwanda), <strong>nel</strong> quale l'attivita' turistica controllata attratta dai famosi Gorilla di<br />
Montagna (Gorilla gorilla beringei), e' divenuta una consistente risorsa economica<br />
del Rwanda, contribuendo peraltro, di riflesso, alla conservazione di questa specie e<br />
del suo habitat forestale, sottratto cosi' alle sistematiche trasformazioni agricole 52 ,<br />
almeno prima dei conflitti etnici che hanno sconvolto il paese.<br />
L’attività turistica deve pertanto guardarsi come apportatrice di benefici<br />
economici, ed in questo senso assume un ruolo cardine <strong>nel</strong> promuovere il consenso<br />
sociale verso i parchi.<br />
Nel contempo la politica turistica di un <strong>parco</strong> - ma il discorso può ritenersi<br />
estensibile ad ogni area avente suscettività turistica, anche se non soggetta a<br />
provvedimenti di speciale <strong>tutela</strong> - non può esaurirsi <strong>nel</strong>la ricerca continua di occasioni<br />
per incrementare comunque la domanda di uso turistico del suo territorio.<br />
La individuazione del livello limite oltre il quale le presenze turistiche provocano<br />
effetti di grave degrado ambientale, oltrechè di disagio alla fruizione medesima, è una<br />
operazione che può e deve metodologicamente essere sviluppata contemporaneamente<br />
al piano 53 .<br />
Il fenomeno turistico <strong>nel</strong>le aree protette e le sue implicazioni sono state oggetto<br />
di ampia letteratura 54 oltre che di progetti ed elaborazioni per conto di enti pubblici e<br />
privati 55 , in quanto, pur essendosi originato attraverso un meccanismo di induzione, e'<br />
52Colicchia A., Incontro con l'erede di Dian fossey, un'altra donna tra i gorilla. Airone, n.132, Mondadori ed.,<br />
Milano 1992.<br />
53Rolli G.L., Romano B.: <strong>Progetto</strong> Gran Sasso, Metodologia per la pianificazione della <strong>tutela</strong> e della<br />
<strong>valorizzazione</strong> di un’area montana di alto valore ambientale. Op. cit.<br />
54 Melandri E.(a cura), Parchi e riserve natura li, introduzione agli aspetti giuridici, ecologici e turistici.<br />
Maggioli ed., Rimini 1987.<br />
55 Vedi a proposito: Bertuglia C.S., Gualco I., Tadei R., Modello per la pianificazione ecologica e ricreativa dei<br />
parchi naturali, il caso del <strong>parco</strong> del Ticino. IRES, Guida Ed., Napoli 1983.<br />
43
oggi l'elemento primo che viene considerato dalle comunita' locali in termini di incentivo<br />
sui tessuti economici.<br />
Possono determinarsi diversi parametri per ottenere la capacità di carico<br />
turistico di un determinato territorio. Nel caso del Gran Sasso, ad esempio, oltre ai<br />
consueti criteri dettati dall’esigenza di non compromettere le risorse ambientali, si sono<br />
considerate significative le dimensioni degli insediamenti storici sui quali possono<br />
effettuarsi interventi di recupero a fini di ricettività turistica.<br />
Questo aspetto risulta particolarmente significativo in quanto una cultura della<br />
conservazione, sostenuta nei suoi aspetti ideologici dai gravi danni derivanti<br />
dall’applicazione indiscriminata della cultura del consumo, dovrebbe considerare la<br />
realizzazione del “nuovo”, soprattutto <strong>nel</strong> settore turistico, come intervento eccezionale<br />
derivante da motivazioni largamente condivise.<br />
Oltre al limite citato, direttamente collegato alla capacità delle strutture<br />
insediative di “contenere” presenze turistiche, vanno ovviamente considerati tutti gli altri<br />
tipi di parametri, anche più sofisticati, relativi alle caratteristiche fisiche e naturalistiche<br />
dei suoli, delle coperture vegetali, delle presenze faunistiche e, più in generale, delle<br />
sensibilità ambientali del territorio a sopportare attività turistiche diverse 56 .<br />
La regolamentazione dei flussi turistici discende pertanto da valutazioni di<br />
ordine quantitativo che vengono a fissare gli ordini di grandezza entro i quali le attività<br />
ricreative possono svolgersi e svilupparsi in maniera ecocompatibile e, <strong>nel</strong> contempo,<br />
efficace e soddisfacente.<br />
Questa regolamentazione può essere effettuata agendo appunto su alcuni<br />
elementi cardine, come il dimensionamento delle strutture ricettive, il controllo degli<br />
afflussi sulla rete della mobilità multimodale 57 , le modalità di realizzazione delle<br />
attrezzature, la loro tipologia e le loro dimensioni.<br />
In definitiva il processo di <strong>valorizzazione</strong> turistica di un <strong>parco</strong> non può guardare<br />
le strutture di accoglienza e di supporto come una variabile dipendente solo dalla<br />
domanda, e quindi da incrementare fintanto che la domanda stessa tende a crescere.<br />
Tale processo non deve in sostanza seguire le logiche già sperimentate <strong>nel</strong> caso del<br />
lancio di tante stazioni turistiche costiere e montane.<br />
Questi principi hanno tanto più senso <strong>nel</strong>l’ambito dei parchi, nei quali la<br />
fruizione turistica e' un importante veicolo di sensibilizzazione e di educazione della<br />
popolazione alle tematiche ambientali, ruolo che non puo' essere sottaciuto e che risulta<br />
irrinunciabile in una prospettiva storica 58 ..<br />
Questa importanza viene del resto anche ribadita <strong>nel</strong> contesto della legge-quadro<br />
sulle aree protette, l.6.12.1991, n.394, come si evidenzia anche <strong>nel</strong> paragrafo 3.3.<br />
56 Wilson J.P., Seney J.P.: Erosional impact of hikers, horses, motorcycles, and off-road bicycles on mountain<br />
trails in Montana. Mountain Research and Development, International Mountain Society, Davis USA, 1994.<br />
57 Romano B.: La programmazione delle attività turistiche <strong>nel</strong>le aree montane. Rassegna di Studi Turistici,<br />
Aniest, anno XXIV, n.3/4, Ed. Agnesotti, Roma 1989.<br />
58 CRESA , Ricerca sul turismo, ambito interregionale Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, 1994.<br />
44
3.2. Funzioni, limiti e potenzialita' della fruizione turistica degli spazi <strong>tutela</strong>ti<br />
Come abbiamo gia' avuto modo di anticipare, la legge 6.12.1991, n.394 -Legge<br />
quadro sulle aree protette - non poteva ovviamente trascurare il fenomeno turistico nei<br />
parchi naturali, e infatti lo tratta con la dovuta attenzione in merito ai due aspetti<br />
sostanziali dell'incentivazione e del controllo.<br />
Dall'esame dell'articolato normativo emergono come elementi importanti della<br />
gamma delle funzioni del <strong>parco</strong> la "promozione di attivita' di educazione, .....nonche' di<br />
attivita' ricreative compatibili" (art. 1-c), le "attivita' culturali nei campi di interesse del<br />
<strong>parco</strong>....., l'agriturismo ..., le attivita' sportive compatibili" (art. 7-e,f,g); la disciplina del<br />
"soggiorno e della circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto", dello<br />
"svolgimento di attivita' sportive, ricreative ed educative", dell' "accessibilita' <strong>nel</strong><br />
territorio del <strong>parco</strong> attraverso percorsi e strutture idonee per disabili, portatori di<br />
handicap e anziani" (art. 11-c,d,h), nonche' la disciplina dei "sistemi di accessibilita'<br />
veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e struture riservati<br />
....., dei sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del <strong>parco</strong>,<br />
musei, centri di visita, uffici informativi, aree di campeggio, attivita' agrituristiche" (art.<br />
12-1c,d), ed infine la previsione di "aree di promozione economica e sociale .........<br />
finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettivita' locali ed al miglior<br />
godimento del <strong>parco</strong> da parte dei visitatori" (art. 12-2d).<br />
E' inoltre prevista la possibilita', <strong>nel</strong>l'ambito del Piano Pluriennale Economico e<br />
Sociale, da predisporsi a cura della Comunita' del Parco, di stanziare delle sovvenzioni<br />
per "...favorire, <strong>nel</strong> rispetto delle esigenze di conservazione del <strong>parco</strong>, lo sviluppo del<br />
turismo e delle attivita' locali connesse" (art. 14-3).<br />
Da questa sintesi dei contenuti della legge attinenti il settore turistico, emergono dei<br />
precisi indirizzi operativi da recepirsi <strong>nel</strong> piano del <strong>parco</strong> in ordine alla organizzazione di<br />
una struttura turistica con requisiti di elevata compatibilita' ambientale.<br />
In considerazione del fatto che, in ogni caso, la attivita' turistica dovra' risultare<br />
remunerativa sotto il profilo economico per le comunita' locali, e dovra' pertanto<br />
assumere una certa consistenza in termini di flussi di presenze, di qualita' ricettiva e dei<br />
servizi, di densita' delle attrezzature medesime , ne risulta un quadro problematico<br />
complesso <strong>nel</strong> quale si articolano queste esigenze di configurazione della struttura<br />
turistica e le esigenze, irrinunciabili, improrogabili e prioritarie di <strong>tutela</strong> ambientale che si<br />
collegano logicamente alla presenza di un <strong>parco</strong> naturale.<br />
Questi aspetti dello sviluppo turistico ecocompatibile non possono definirsi<br />
nuovissimi per la pianificazione ambientale 59 , tuttavia le esperienze condotte fin'ora<br />
non hanno certamente fornito una risposta esaustiva, anche perche' il problema e'<br />
estremamente complesso e fortemente ancorato alla specificita' territoriale dei<br />
singoli luoghi, pur essendo possibile un inquadramento metodologico per<br />
59 Cfr. Rolli G.L., Localizzazione e compatibilita' ambientale delle attivita' turisti- che. Rassegna di Studi<br />
turistici, ANIEST, Ed. Agnesotti, Roma 1988. Dello stesso autore: L'applicazione della teoria dei sistemi<br />
all'assetto del territorio a fini turistici. Seminario internazionale "La scienza dei sistemi per lo sviluppo del<br />
turismo", Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1984. Altre informazioni in tal senso possono trovarsi in:<br />
Di Fidio M., Architettura del paesaggio. Pirola Ed., Milano 1985<br />
45
tipologie morfologiche e geografiche omogenee (ambiti fluviali, lacustri, costieri,<br />
montani).<br />
Del resto gli elementi che concorrono a determinare l'assetto finale del sistema<br />
turistico di un <strong>parco</strong> sono molteplici; basti citare le categorie delle attivita' ricreative, le<br />
loro differenti implicazioni in termini di impatto ambientale, gli svariati coefficienti di<br />
densità fruitiva, gli spazi ricreativi ed infine i problemi di compatibilità reciproca tra<br />
spazi ricreativi e tra questi e gli spazi vincolati.<br />
A questi aspetti si aggiungono quelli connessi con il ruolo della struttura insediativa<br />
come elemento di supporto per ricettivita' e servizi turistici, con il recupero dei<br />
contenitori edilizi sparsi e situati nei nuclei storici, con la realizzazione delle eventuali<br />
nuove strutture edilizie, con gli adeguamenti della rete della mobilita' intermodale, il<br />
coinvolgimento della struttura produttiva agricola <strong>nel</strong>la promozione e <strong>nel</strong>la gestione<br />
della attivita' agrituristica oltre che con le valutazioni delle forme di intercompatibilita'.<br />
Sul piano metodologico affrontare tutte le diverse problematiche citate vuol<br />
dire identificare preliminarmente quale tipo, o tipi di turismo, si intendono incentivare ed<br />
accogliere preferenzialmente nei parchi.<br />
L’utenza turistica dei parchi è ovviamente molto variegata, ma l’orientamento<br />
culturale che va imponendosi è quello che vede le aree protette mete preferenziali di un<br />
turismo “evoluto”, ovvero di un turismo che fa dell’acquisizione culturale un obiettivo<br />
importante, rispetto alla semplice e pura ricreazione di svago e di riposo.<br />
Le strutture turistiche del <strong>parco</strong> vanno pertanto calibrate, più attentamente che<br />
in altri casi, su una utenza o già introdotta culturalmente nei temi della conservazione -<br />
che visita quindi l’area protetta per ampliare ulteriormente le proprie esperienze già<br />
consolidate in territori diversi- oppure comunque sensibile ai fatti ambientali , che vuole<br />
pertanto accrescere le proprie cognizioni attraverso la visione di una realtà territoriale<br />
<strong>nel</strong>la quale gli aspetti naturali godono di una posizione di privilegio.<br />
Da questo punto di vista è noto come i parchi si prestino particolarmente ad<br />
attrarre le classiche forme del turismo sociale, quale quelle scolastiche e associative per<br />
giovani e anziani, nonchè le forme del turismo congressuale.<br />
Questo tipo di impronta turistica che si richiede ai parchi comporta di<br />
conseguenza una forte connotazione educativa e didattica dei mezzi e degli strumenti<br />
utilizzati per l’informazione e l’intrattenimento turistico.<br />
Le attrezzature culturali, museali, congressuali, informative costituiscono<br />
pertanto degli elementi irrinunciabili <strong>nel</strong>l’apparato organizzativo e gestionale del <strong>parco</strong>,<br />
così come le attività “guidate”, quali visite storiche e gite escursionistiche.<br />
E’ chiaro come la presenza del <strong>parco</strong> viene comunque ad interferire con una<br />
dinamica turistica del territorio che può essere già stata impostata in periodi precedenti,<br />
fondata sulla presenza di risorse non strettamente collegate in alcun modo alle presenze<br />
naturalistiche.<br />
Il tipico caso in proposito è rappresentato dai bacini turistici invernali e dai loro<br />
impianti tecnologici, che supportano generalmente flussi turistici anche massicci, del<br />
tutto autonomi ed economicamente rilevanti.<br />
Ovviamente la coesistenza di queste strutture, di per sè ad elevato impatto<br />
ambientale, con il <strong>parco</strong> è generalmente conflittuale. Anche perchè le strutture<br />
tecnologiche per lo sci, per restare competitive sul piano dell’efficienza, hanno<br />
necessità continue di adeguamenti e ampliamenti, provocando elevate pressioni<br />
trasformative.<br />
46
D’altro canto queste attrezzature sorreggono un movimento turistico,<br />
concentrato <strong>nel</strong>la stagione invernale, che viene a configurarsi come stagionalmente<br />
complementare a quello attratto dal <strong>parco</strong>, che si sviluppa al contrario prevalentemente<br />
nei periodi estivi. Inoltre la presenza delle attività turistiche invernali comporta<br />
l’induzione di un tessuto economico collegato, al quale non risulta opportuno nè<br />
vantaggioso rinunciare.<br />
La ricerca di un compromesso in termini di compatibilità ambientale tra le<br />
pressioni espansive di queste attrezzature sportive e le esigenze di <strong>tutela</strong> imposte dal<br />
<strong>parco</strong>, aprono un vasto tema di confronto da affrontarsi caso per caso, non essendo<br />
possibili valutazioni troppo generalizzate.<br />
Esistono comunque i modi per poter proseguire ad alimentare i flussi turistici<br />
invernali, collegati ad impianti a struttura intensiva, ponendo anche in questo caso degli<br />
studiati limiti massimali alla consistenza dell’utenza e prevedendo interventi di<br />
risanamento e di restauro ambientale particolari per i siti ritenuti idonei all’uso turistico.<br />
Abbiamo citato a titolo di esempio le attività collegate allo sci in quanto si<br />
presentano come quelle responsabili dei maggiori impatti sui luoghi nei quali si<br />
svolgono, per la concentrazione elevata di attrezzature e di utenti.<br />
Le altre attività invernali a carattere più estensivo, quali lo sci di fondo o lo scialpinismo,<br />
hanno livelli di compatibilità con la <strong>tutela</strong> ambientale ben diversi, e pongono<br />
pertanto problemi decisamente limitati.<br />
Una metodologia che si proponga di trattare il fenomeno turistico nei parchi<br />
dovrà pertanto prevedere dei criteri per la selezione e l’articolazione delle attrezzature<br />
ricettive, calibrati sulle diverse tipologie del turismo, nonchè sui modi in cui queste<br />
tipologie si esplicano, con particolare riferimento alle due alternative della stanzialità e<br />
della pendolarità turistica.<br />
I parchi, specificatamente quelli montani, danno luogo normalmente a forme<br />
abbastanza tipiche di soggiorno: si tratta di permanenze multigiornaliere medio-brevi, di<br />
un marcato turismo di transito e di una cospicua pendolarità fine-settimanale.<br />
Le strutture ricettive che più si prestano ad accogliere questo genere di turismo<br />
sono senza dubbio quelle paraalberghiere, quali i campings, ma soprattutto pensioni e<br />
affittacamere a carattere familiare o agrituristico.<br />
Queste tipologie ricettive sono anche quelle che maggiormente si prestano ad<br />
essere realizzate mediante il coinvolgimento dei residenti e il recupero dei contenitori<br />
edilizi dei centri storici.<br />
Tutti gli aspetti richiamati sottolineano l’esigenza di affrontare la pianificazione<br />
del turismo nei parchi mediante il supporto di una adeguata metodologia.<br />
Nel successivo capitolo 5 si fornisce un contributo al riguardo.<br />
47
4.1. Le attività produttive nei parchi<br />
CAP. 4<br />
PARCHI E SISTEMA PRODUTTIVO<br />
Nel momento in cui, su un determinato territorio, interviene un provvedimento di<br />
istituzione di <strong>parco</strong> o di riserva, si vengono ad instaurare condizioni di confronto ed<br />
esigenze di convivenza tra i provvedimenti differenziati di vincolo e le attività di natura<br />
produttiva in atto <strong>nel</strong> luogo.<br />
In aree contraddistinte da connotati correnti tali da giustificare un intervento strutturato<br />
di <strong>tutela</strong> ambientale sono generalmente attivi dei settori produttivi di limitato impatto<br />
ambientale e di lunga tradizione storica.<br />
Ma non è sempre così. Possono verificarsi casi in cui le forme produttive presenti<br />
ricadono in tipologie di impatto rilevante, quali quelle tipicamente industriali o estrattive.<br />
Da citare <strong>nel</strong> novero di queste attività produttive, anche alcune di quelle del comparto<br />
turistico che, oltretutto, in talune aree montane e costiere, e in certe forme, sono una<br />
componente trainante per l’economia locale.<br />
Il primo caso si presenta quasi sempre <strong>nel</strong>le aree montane, fortemente marginali sul<br />
piano economico e produttivo, interessate da cospicui fenomeni di abbandono<br />
insediativo, dove permangono unicamente delle forme di produzione di stampo rurale,<br />
quali quelle della piccola agricoltura, della zootecnia familiare e della selvicoltura per<br />
autoconsumo.<br />
Queste attività, un tempo molto diffuse nei territori montani, hanno ampiamente<br />
modificato il paesaggio, modellandone le forme secondo le esigenze produttive, ma<br />
risultano attualmente molto circoscritte. E’ pur vero però che, <strong>nel</strong>la loro limitatezza<br />
estensiva e quantitativa, ancora possono porre qualche problema di compatibilità con<br />
alcune modalità di <strong>tutela</strong> ambientale fortemente incisive, quali le riserve integrali.<br />
In considerazione di quello che si potrebbe definire un valore “testimoniale” di queste<br />
attività tradizionali, con tutto il patrimonio di cultura materiale che esse sottendono,<br />
esiste comunque l’opportunità e l’esigenza di mantenerle come aspetti integranti della<br />
storia del territorio.<br />
Prendendo atto della loro notevole riduzione, dovuta a motivi prima di carattere sociale<br />
e poi economico, queste attività rurali costituiscono senza dubbio un diritto primario<br />
delle genti che ancora risiedono <strong>nel</strong>le terre alte, e, in questo senso, le sopravvenute<br />
48
motivazioni di conservazione ambientale devono giocoforza trovare efficaci forme di<br />
compatibilizzazione con esse.<br />
Utilizzando il territorio del Gran Sasso come campione per valutare l’entità attuale delle<br />
attività economiche agrarie negli ambiti montani marginali, vediamo come si è evoluta la<br />
dinamica di uno dei settori produttivi portanti, ovvero quello dell’allevamento ovino,<br />
che ha storicamente sostenuto la pratica della transumanza.<br />
La Tab........., tratta dal 4° Censimento Generale dell’Agricoltura denuncia attualmente<br />
poco più di 80.000 capi ovini <strong>nel</strong>le aziende dei comuni del massiccio 60 .<br />
E’ interessante notare come, secondo i dati riferiti dall’Ortolani 61 per gli anni 1938-40<br />
per i comuni di Calascio, Castel del Monte, parte dell’Aquila, S.Stefano di Sessanio,<br />
Arsita, Castelli, parte di Crognaleto, Fano Adriano, Isola del Gran Sasso,<br />
60 ISTAT : Caratteristiche strutturali delle aziende. Fascicoli provinciali. 4° Censimento Generale<br />
dell’Agricoltura, 1990.Roma 1992.<br />
61 Ortolani M.: Il massiccio del Gran Sasso d’Italia. Società Italiana Arti Grafiche, Roma 1942.<br />
49
Pietracamela e Farindola, i capi ovini ammontassero a circa 100.000, comprensivi<br />
degli stanziali e dei transumanti, contro i poco meno di 30.000 attuali riscontrabili nei<br />
medesimi ambiti territoriali.<br />
Sempre lo stesso Autore cita il caso emblematico di Fano Adriano, massimo centro di<br />
pastori-proprietari di greggi, con quasi 30.000 capi ovini transumanti posseduti dagli<br />
abitanti del comune, oppure come i vasti pascoli montani posseduti da Castel del<br />
Monte sopportassero un carico di circa 20.000 capi ovini assorbendo quasi<br />
integralmente le masse locali di bestiame.<br />
Ma anche il settore agricolo di montagna ha subito notevoli contrazioni. La Superficie<br />
Agricola Utilizzata (S.A.U.) <strong>nel</strong>l’insieme dei comuni del versante aquilano del Gran<br />
Sasso è passata dai 41077,77 ha del 1970 ai 35691,87 ha del 1990, con una<br />
contrazione delle superfici coltivate pari a oltre 5000 ha (vedi Tab.......).<br />
Ma le attività produttive nei parchi possono presentarsi, come anticipato, sotto ben<br />
altre sembianze; esempio ne è il <strong>parco</strong> del Ticino, primo <strong>parco</strong> regionale italiano.<br />
50
Qui troviamo affacciate sul fiume industrie di varia natura, concerie e raffinerie; dentro i<br />
circa 90.000 ettari del <strong>parco</strong> sono presenti un aeroporto internazionale, due<br />
autostrade, la città di Pavia, le strutture insediative che ospitano mezzo milione di<br />
persone.<br />
L’attività agricola intensiva, i cui spazi di competenza interessano oltre il 50% della<br />
superficie protetta, pesantemente meccanizzata e chimizzata, produce, <strong>nel</strong>le principali<br />
tipologie di coltivazione (mais e soia, risaie, arboricoltura) redditi elevatissimi.<br />
Solo <strong>nel</strong> settore della forestazione le richieste di tagli ammontano ad oltre 2000<br />
all’anno 62 .<br />
Il Delta del Po, altro comprensorio italiano in attesa di divenire <strong>parco</strong> nazionale, è<br />
soggetto a pressioni produttive attinenti la pesca industriale e i prosciugamenti a fini<br />
agricoli, oltre alla presenza di centrali termoelettriche (Porto Tolle).<br />
Un tipico caso di presenza conflittuale tra attività economiche di matrice turistica e il<br />
<strong>parco</strong> è certamente costituito dal Parco Nazionale del Gargano.<br />
Su gran parte della costa si sgrana una moltitudine di insediamenti turistici balneari che<br />
ospitano buona parte dei quasi due milioni di presenze turistiche che interessano ogni<br />
anno la provincia di Foggia 63 e che vengono ad inteferire notevolmente con qualsiasi<br />
ipotesi di mantenimento delle naturalità costiere residue, ingenerando un complesso<br />
problema di compatibilità di non banale soluzione.<br />
Come si vede, il rapporto tra il <strong>parco</strong> e le attività produttive di vario tipo non può<br />
ricondursi ad uno schema sintetico e di validità generale, in quanto le tematiche correnti<br />
sono di enorme vastità e comportano l’esigenza di una valutazione caso per caso.<br />
In presenza di attività tradizionali in via di dismissione la politica gestionale del <strong>parco</strong><br />
potrà contemplare proposte di incentivazione e di mantenimento delle forme produttive<br />
integrate. In casi di presenza di attività produttive invadenti e di consistente impatto, il<br />
<strong>parco</strong> dovrà invece rappresentare l’elemento di contenimento rispetto a spinte<br />
trasformative in linea di principio non compatibili con la <strong>tutela</strong>.<br />
62 Bassilana F.: Pianificazione e gestione di parchi naturali: l’esperienza lombarda <strong>nel</strong> <strong>parco</strong> del Ticino. In:<br />
Viola F. (a cura): Pianificazione e gestione di parchi naturali. INVET - Angeli F. Ed., Milano 1988.<br />
63 ISTAT: Statistiche del turismo, 1992.<br />
51
4.2. Ruolo del <strong>parco</strong> <strong>nel</strong> settore produttivo<br />
Indubbiamente la presenza delle dinamiche produttive costituisce per la gestione delle<br />
aree protette un problema di programmazione, sia in termini di controllo delle realtà<br />
correnti, sia in termini di incentivazione di quelle potenziali, problema tanto più<br />
complesso in quelle aree, prevalentemente montane, ove alcuni settori produttivi, come<br />
quelli agricoli, sono in stato di grave crisi.<br />
Del resto risulta però condivisibile quanto sostiene De Vecchis, <strong>nel</strong>la “Montagna<br />
italiana” 64 , ovvero che “I problemi della montagna vanno ben al di là del settore<br />
primario; deve essere però chiaro che, senza una quota minima di popolazione<br />
addetta all’agricoltura, l’ambiente montano non può essere mantenuto e<br />
sviluppato <strong>nel</strong>le sue strutture economiche e socio-culturali”.<br />
Relativamente al rapporto <strong>tutela</strong>-produzione ciò che sembra invece poco sostenibile,<br />
pur rappresentando un frequente luogo comune, è il fatto che la presenza di un <strong>parco</strong><br />
costituisca, sul piano generale, un disincentivo e un ostacolo alla produzione, in<br />
particolare agricola.<br />
Se è vero che <strong>nel</strong> Parco nazionale d’Abruzzo si è verificata e continua a verificarsi una<br />
contrazione <strong>nel</strong> numero delle aziende operanti <strong>nel</strong> settore, è pur vero che la medesima<br />
dinamica, analoga negli ordini di grandezza sia complessivi che singolari, è registrabile<br />
anche in territori non protetti, ma geograficamente e morfologicamente simili (Tabb. n<br />
e n. ).<br />
Del resto, almeno gli spazi produttivi agricoli più significativi ben di rado, <strong>nel</strong>le aree<br />
montane in special modo, vengono a collocarsi <strong>nel</strong>le aree che si riconoscono, <strong>nel</strong><br />
<strong>parco</strong>, come oggetto di strettissima <strong>tutela</strong>.<br />
64 De Vecchis G.: La Montagna italiana. Kappa Ed., Roma 1992.<br />
52
L’iconografia tradizionale dei parchi ha sempre configurato le aree protette come sede<br />
ideale per attività in totale integrazione con gli aspetti naturali. Quasi nessun documento<br />
letterario o di progetto sui parchi manca di auspicare per essi un ruolo di sviluppo per<br />
attività artigianali, agricole tradizionali e biodinamiche, zootecniche, agrituristiche.<br />
Rimandando alcune considerazioni sull’agriturismo al cap. 3 - Parco e turismo - è<br />
opportuno trattare qualche aspetto rilevante degli effetti del <strong>parco</strong> sulle attività del<br />
settore primario.<br />
La stessa legge quadro sui parchi, 394/91, all’Art. 1, comma 4, sottolinea come <strong>nel</strong>le<br />
aree protette “possono essere promosse la <strong>valorizzazione</strong> e la sperimentazione di<br />
attività produttive compatibili”, e ancora, all’Art.12, punto c), come, <strong>nel</strong>le aree di<br />
protezione del <strong>parco</strong>, possano continuare “secondo gli usi tradizionali, ovvero<br />
secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali, nonchè<br />
di pesca e di raccolta dei prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la<br />
produzione artigianale di qualità”.<br />
53
La stessa legge, all’art.14 -Iniziative per la promozione economica e sociale - rimarca,<br />
al comma 3 l’esigenza di promuovere iniziative di carattere produttivo <strong>nel</strong>l’ambito del<br />
piano del <strong>parco</strong>: “il piano di cui al comma 2 può prevedere in particolare: (....)<br />
l’agevolazione o la promozione, anche in forma cooperativa, di attività<br />
tradizionali artigianali, agro-silvo-pastorali, culturali (.....)”.<br />
Analizzando alcuni documenti specifici emerge comunque come la componente<br />
economica che viene più spesso evidenziata, anche perchè è forse quella per la quale si<br />
hanno più dati diretti a disposizione, è quella legata all’ecoturismo e alle sue<br />
conseguenze sui tessuti imprenditoriali locali 65 .<br />
Molto meno ricca di documentazione appare la tematica della produzione in qualche<br />
modo incentivata dai parchi e relativa ai settori di cui ampiamente parla la legge<br />
394/91, ovvero quelli agricoli e silvo-pastorali, nonchè artigianali.<br />
In realtà risulta abbastanza complesso pensare ad un ruolo del <strong>parco</strong> come causale di<br />
una ripresa agricola per territori nei quali le motivazioni economiche che sostenevano<br />
tale attività nei tempi passati sono cessate quasi del tutto.<br />
Infatti, mentre <strong>nel</strong> caso dei servizi o, al limite, dell’artigianato, si viene a configurare un<br />
effetto collaterale dell’incremento dell’afflusso turistico, il settore agricolo appare<br />
scollegato da questo tipo di dinamica e risulterebbe incentivabile solo in seguito ad una<br />
valutazione, in via del tutto autonoma, di convenienze economiche <strong>nel</strong> riattivarlo.<br />
Indubbiamente queste convenienze, lette dal lato imprenditoriale locale, potrebbero<br />
emergere per alcune colture, localmente tipizzate e riconoscibili, per il mantenimento<br />
delle quali possono risultare opportuni investimenti anche consistenti e può <strong>nel</strong><br />
contempo risultare vantaggiosa l’apposizione di marchi di origine controllata a garanzia<br />
della provenienza, marchi peraltro rinforzabili dalla presenza del <strong>parco</strong>.<br />
Resta ovviamente sempre il fatto, con le opportune riserve, che all’interno del <strong>parco</strong>, e<br />
utilizzando il veicolo promozionale della sua presenza, possa risultare conveniente<br />
attivare coltivazioni ecocompatibili, sostenute peraltro economicamente anche dai<br />
regolamenti CEE 2078/92 2 2080/92, da far affermare sul mercato in seguito a<br />
processi promozionali allestiti e gestiti <strong>nel</strong>la loro globalità.<br />
65 World Wildlife Fund (WWF): Dossier Economia e parchi. Roma 1994.<br />
54
Ovviamente si sta sempre parlando di iniziative produttive che abbiano chances di<br />
avviamento e di conduzione almeno parzialmente svincolate da interventi economici<br />
pubblici esterni ed eccessivamente consistenti. Non si intende pertanto inserire in<br />
questo discorso le produzioni completamente “assistite” dal lato economico e messe in<br />
atto per altri qualsivoglia motivi di opportunità gestionale estranei però a quelli<br />
dell’incentivazione imprenditoriale locale.<br />
Quanto espresso si ritiene valido per tutte le forme produttive primarie - agricoltura,<br />
allevamento, silvicoltura - e, naturalmente, per tutte quelle conseguenti forme di<br />
trasformazione dei prodotti da queste derivanti.<br />
Una possibilità, da più parti paventata 66 , di introdurre una forma di pianificazione per<br />
le attività agricole parallela a quella della <strong>tutela</strong>, è il cosiddetto “<strong>parco</strong> agricolo”. Dotato<br />
di un suo strumento di piano, il <strong>parco</strong> agricolo controlla e guida le trasformazioni<br />
agrarie integrandosi, nei contenuti e <strong>nel</strong>le modalità di gestione, con il <strong>parco</strong> naturale e<br />
con le esigenze sociali locali.<br />
Diverso discorso può farsi, come anticipato, per la produzione artigianale o per le<br />
iniziative commerciali.<br />
E’ noto che l’artigianato si è generalmente configurato in passato, come attività “di<br />
utilità”, finalizzata ovvero alla realizzazione di attrezzi ed utensili di uso quotidiano, la cui<br />
motivazione economica è ovviamente venuta a mancare, in particolare <strong>nel</strong>le aree rurali<br />
marginali, con il sopravvenire della produzione industriale su ampia scala di questi<br />
prodotti.<br />
Questa dinamica che ha condotto all’esaurimento dei comparti produttivi artigianali<br />
tradizionali ha influenzato meno marcatamente quelle forme artigianali con forte<br />
connotazione artistica, che sono quindi sopravvissute al decadimento del settore.<br />
Indipendentemente pertanto da queste particolari situazioni, per le quali, se se ne<br />
ravvedesse la necessità, potrebbero pensarsi certamente attuabili interventi di sostegno<br />
e di ampliamento di mercato, le altre iniziative artigianali presentano una ridotta<br />
potenzialità di riattivazione a meno che, a loro volta, non acquisiscano le caratteristiche<br />
66 Si veda in proposito: Mari<strong>nel</strong>li A., Bernetti I.: Sviluppo sostenibile e pianificazione delle aree protette. In:<br />
Accademia dei Georgofili: Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette. Global change, Il verde<br />
per la difesa e il ripristino ambientale, Terza Gioranata di Studio - Teramo 25-26 novembre 1994, Firenze<br />
1994.<br />
55
“artistiche” o, quantomeno, di incisiva caratterizzazione stilistica locale, sì da sollecitare<br />
l’interesse massiccio degli acquirenti, in gran parte derivanti dalle utenze turistiche 67 .<br />
67 Su questo argomento alcune valutazioni possono trovarsi in: Fiocco S.: Parco nazionale del Gran Sasso e<br />
Monti della Laga, l’evoluzione di un sistema economico territoriale. CRESA, Congiuntura economica abruzzese,<br />
n.2, L’Aquila 1992.<br />
56
CAP. 5<br />
LINEAMENTI PER UNA PIANIFICAZIONE INTEGRATA DEI PARCHI<br />
5.1. Premessa<br />
La metodologia di lavoro, utilizzata per portare a termine lo studio sulle modalita' di<br />
pianificazione della <strong>tutela</strong> e della <strong>valorizzazione</strong> di un comprensorio montano di elevato<br />
valore naturalistico, paesaggistico e culturale e' stata gia' ampiamente trattata in un<br />
primo contributo di ricerca pubblicato <strong>nel</strong> 1988 68 .<br />
Tale metodologia, seppur elaborata in funzione della realizzazione del Parco del<br />
Gran Sasso, è a nostro avviso abbastanza generale da poter essere proposta come<br />
riferimento per la “pianificazione della <strong>tutela</strong> e della <strong>valorizzazione</strong> di un’area montana<br />
di alto valore ambientale” e, più in generale, di un <strong>parco</strong> in cui fosse rilevante il<br />
substrato culturale-antropico.<br />
Tuttavia, dalla conclusione della fase preliminare e puramente metodologica<br />
della ricerca sopracitata all'allestimento del materiale illustrato <strong>nel</strong>la seconda parte del<br />
presente studio, che ne costituisce invece l'esplicitazione applicativa, sono intercorsi<br />
diversi mutamenti, sia <strong>nel</strong>la sfera culturale e scientifica, sia <strong>nel</strong> quadro istituzionale.<br />
In primo luogo l'ambito di studio, all'epoca ipotizzato come inserito in un <strong>parco</strong><br />
naturale regionale, e' in seguito stato compreso <strong>nel</strong> programma istitutivo dei nuovi<br />
parchi italiani quale Parco Nazionale, ad opera della legge-quadro sulle aree protette, l.<br />
6.12.91, n.394 69 .<br />
La portata delle azioni di pianificazione, prefigurate sulla base dell'apparato<br />
metodologico studiato in un primo momento, e' pertanto variata in seguito alla nuova<br />
normativa che regola e disciplina, con modalita' parzialmente innovative, il settore della<br />
pianificazione ambientale.<br />
E' stato in particolare introdotto lo strumento del piano del <strong>parco</strong> 70 con specifiche<br />
finalita', contenente uno schema di zonazione per le aree protette differente da quello<br />
rilevato in precedenza dalla normativa regionale 71<br />
68 Cfr. Rolli G.L., Romano B., <strong>Progetto</strong> Gran Sasso, metodologia per la pianificazione della <strong>tutela</strong> e della<br />
<strong>valorizzazione</strong> di un'area montana di alto valore ambientale. Universita' degli Studi dell'Aquila, Facolta' di<br />
Ingegneria, Dipartimento di Architettura e Urbanistica, L'Aquila 1988.<br />
69 La legge 6.12.1991 ha istituito sette nuovi parchi nazionali sul territorio italiano (Art.34): Cilento e Vallo di<br />
Diano e Vesuvio in Campania, il Gargano in Puglia, la Val Grande in Piemonte, il Gran Sasso/Laga e la<br />
Maiella in Abruzzo ed il Golfo di Orosei/Gennargentu/Asinara in Sardegna.<br />
70 L'Art. 12 della legge 394/91 indica il Piano per il Parco come lo strumento attraverso il quale viene<br />
perseguita la <strong>tutela</strong> dei valori naturali ed ambientali e gli demanda la disciplina dei seguenti contenuti:<br />
a) organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme<br />
differenziate di suo, godimento e <strong>tutela</strong>;<br />
b) vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie<br />
aree o parti del piano;<br />
c) sistemi di accessibilita' veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e strutture<br />
riservati ai disabili, ai portatori di handicap e agli anziani;<br />
d) sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del <strong>parco</strong>, musei, centri di visita,<br />
uffici informativi, aree di campeggio, attivita' agroturistiche;<br />
e) indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente naturale in genere.<br />
57
Gli strumenti operativi si sono indirizzati verso la costruzione di metodi di<br />
rilevazione, di classificazione e di pianificazione del territorio ai fini conservativi o, più in<br />
generale, ai fini del controllo di trasformazioni ecocompatibili, secondo un criterio di<br />
minimo impatto sull’ambiente.<br />
Lo sviluppo di queste nuove tecniche si è svolto parallelamente all'imporsi di una<br />
diversa cultura, politica e legislativa, che ha parzialmente rivoluzionato la tradizionale<br />
concezione dello spazio territoriale quale sede residuale della dinamica insediativa.<br />
L'emanazione della legge "Galasso" (legge 8.8.1985, n.431) 72 ha costituito di<br />
fatto una svolta in questo senso, obbligando per la prima volta gli organi di governo del<br />
territorio a stilare una sorta di "repertorio" dei beni ambientali sui quali impostare una<br />
azione di <strong>tutela</strong>.<br />
71 La L.R. abruzzese 20.6.1980, n.61 "Norme per la difesa <strong>dell'ambiente</strong> e direttive per l'istituzione di Parchi,<br />
Riserve naturali e Parchi territoriali", distingueva le seguenti unita' di <strong>tutela</strong> territoriale all'interno del <strong>parco</strong><br />
(Art. 3):<br />
a) Riserva naturale integrale: per la conservazione di ambienti naturali di particolare importanza e<br />
integrita' ambientale con l'ammissione di interventi finalizzati esclusivamente alla ricerca scientifica;<br />
b) Riserva naturale guidata: per la conservazione di ambienti naturali nei quali e' pero' consentita una<br />
razionale attivita'<br />
di pascolo e selvicoltura.<br />
c)Riserva naturale speciale: per la conservazione di singoli elementi di rilevante interesse ambientale;<br />
d) Riserva naturale controllata: relativa ad ambienti naturali in parte antropizzati; inserita <strong>nel</strong> sistema<br />
delle aree di un <strong>parco</strong> puo' essere considerata come zona di "pre <strong>parco</strong>" istituita al fine di creare una gradualita'<br />
di vincoli dall'esterno all'interno dell'area protetta.<br />
La legge 394/91 "legge quadro sulle aree protette", all'Art. 12, punto 2, attribuisce al piano il compito<br />
di suddividere il territorio del <strong>parco</strong> in base al diverso grado di protezione, prevedendo:<br />
a) riserve integrali, <strong>nel</strong>le quali l'ambiente e' <strong>tutela</strong>to <strong>nel</strong>la sua integrità;<br />
b) riserve generali orientate, <strong>nel</strong>le quali e' vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le<br />
costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono tuttavia essere consentite le<br />
utilizzazioni produttive tradizionali. la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonchè interventi<br />
di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente Parco. Sono altresì ammesse opere di manutenzione delle<br />
strutture esistenti, ai sensi delle lettere a) e b) del primo comma dell'art. 31 della legge 5.8.1978, n.475.<br />
c) aree di protezione, <strong>nel</strong>le quali, in armonia con le finalita' istitutive ed in conformità dei criteri fissati<br />
dall'Ente Parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali, ovvero secondo metodi di agricoltura<br />
biologica, le attività agrosilvopastorale, nonchè di pesca e raccolta dei prodotti naturali, ed è incoraggiata la<br />
produzione artigianale di qualità. Sono ammessi gli interventi autorizzati ai sensi delle lettere a), b), c) del<br />
primo comma dell'art. 31 della citata legge 457/78, salvo l'osservanza delle norme di piano sulle destinazioni<br />
d'uso.<br />
d) aree di promozione economica e sociale, facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente<br />
modificate dai processi di antropizzazione, <strong>nel</strong>le quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive<br />
del <strong>parco</strong> e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento<br />
del <strong>parco</strong> da parte dei visitatori.<br />
72 Il Decreto 21.9.1984 del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali individuava le categorie di beni e luoghi<br />
per le quali si poneva il divieto di procedere a modificazioni dell'assetto del territorio fino al 31.12.85. Categorie<br />
articolate come segue:<br />
a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche<br />
per i terreni elevati sul mare;<br />
b) i territorio contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di<br />
battigia, anche per i territori elevati sui laghi;<br />
c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua classificabili pubblici ai sensi del T.U. sulle acque dell'11.12.1933,<br />
n. 1775, e le relative ripe per una fascia di 150 metri ciascuna;<br />
d) le montagne per la parte eccedente i 1800 m s.l.m.;<br />
e) i ghiacciai e i circhi glaciali;<br />
f) i parchi e le riserve, nazionali o regionali , nonchè i territori di protezione esterna dei parchi;<br />
g) i boschi e le foreste;<br />
h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici.<br />
58
La legge 431 ha condotto all'elaborazione dei piani paesistici 73 che, in regioni come<br />
l'Abruzzo, hanno assunto una rilevanza territoriale certamente non trascurabile, con un<br />
“tasso di coinvolgimento della regione” pari a circa il 62 %.<br />
Il Piano Paesistico regionale ha posto pertanto un riferimento di notevole incisivita'<br />
anche sul comprensorio del Gran Sasso, sia in termini di metodo che in termini di<br />
contenuti che e' stato inevitabile considerare ed inserire con il giusto peso all'interno del<br />
processo di pianificazione.<br />
5.2. Il processo di pianificazione<br />
La metodologia proposta si richiama all’approccio “sistemico” della<br />
pianificazione 74 , pur <strong>nel</strong>la considerazione delle parziali riserve che, <strong>nel</strong> corso degli anni<br />
recenti, sono state espresse da più parti nei confronti dell’approccio globalizzante<br />
proprio della scienza dei sistemi.<br />
tale metodo tende a far discendere da un unico processo integrato di<br />
pianificazione la determinazione di un possibile assetto futuro del territorio allo studio,<br />
inteso come sistema ambiente naturale - insediamento umano, <strong>nel</strong> quale assetto<br />
siano opportunamente compatibilizzate le modalità di <strong>tutela</strong> delle risorse ambientali e di<br />
sviluppo dell’insediamento 75 .<br />
Secondo tale approccio la gestione della pianificazione avviene in termini<br />
dinamici, come sequenza ciclica di operazioni tendenti ad individuare, tra le varie<br />
alternative possibili, quel futuro stato del sistema territoriale considerato che determina<br />
condizioni ottimali di coerenza con gli obiettivi di volta in volta prefissati.<br />
L’assetto territoriale programmato si identifica pertanto con l’ipotesi di piano<br />
assunta, tappa finale del processo di pianificazione.<br />
Caratteristica fondamentale dell’approccio sistemico è la possibilità di controllo<br />
del processo di pianificazione, sulla base di informazioni assunte durante le fasi di<br />
formazione e di gestione del piano, mediante i principi della cibernetica.<br />
Il sistema territoriale considerato è costituito da due sub-sistemi:<br />
-l’ambiente naturale;<br />
-l’insediamento umano stabile e periodico (turistico)<br />
La sequenza di operazioni mediante la quale ciascuno dei sub-sistemi considerati viene<br />
condotto ad assumere lo stato finale individuante la sua configurazione ottimale (cioè<br />
l’ipotesi di piano) è caratterizzata dalle connessioni continue tra le fasi corrispondenti<br />
raggiunte dai singoli sub-sistemi.<br />
Questo procedimento consente di verificare grado per grado la compatibilità tra<br />
determinati assetti dei singoli sub-sistemi (rispettivamente l’ambiente naturale e<br />
73 Si veda la nota n. 25.<br />
74 Si veda: Rolli G.L., Un sistema insediamento umnao - ambiente naturale, Il <strong>parco</strong> del Gran Sasso. Su: Sessa<br />
A., La scienza dei sistemi per lo sviluppo de turismo. Op. cit.<br />
75 Per quanto riguarda la collocazione che alcuni degli autori più accreditati hanno attribuito al processo della<br />
pianificazione urbana e territoriale <strong>nel</strong> quadro della Teoria dei Sistemi, si veda: J.Brian Mc Loughlin: Urban<br />
and regional planning. A sistem approach. London 1969. - Traduzione italiana Ed. Marsilio, 1973.<br />
Per gli aspetti più specificatamente rivolti all’ambiente e al turismo si veda: Sessa A. (a cura), La scienza dei<br />
sistemi per lo sviluppo del turismo. Ed. Agnesotti, Roma 1985.<br />
59
l’insediamento umano) e di risolvere, quando non vi sia compatibilità, le contraddizioni<br />
che si presentano.<br />
Naturalmente le incompatibilità vengono risolte attribuendo una prevalenza agli obiettivi<br />
in funzione dei quali si determina lo stato finale di ciascuno dei sub-sistemi, cioè<br />
rispettivamente gli obiettivi della salvaguardia ambientale e del mantenimento e sviluppo<br />
dell’insediamento, secondo una determinata scala di priorità.<br />
Il procedimento di verifica della compatibilità è arricchito o, se vogliamo, complicato<br />
dal fatto che le esigenze della <strong>tutela</strong> dell’ambiente, del mantenimento e del<br />
miglioramento dell’habitat delle popolazioni locali e della <strong>valorizzazione</strong> turistica<br />
devono essere poste in relazione, <strong>nel</strong>la generalità dei casi, con quelle della difesa e del<br />
potenziamento del settore produttivo agricolo, il che implica l’assunzione, caso per<br />
caso, di ulteriori criteri di priorità <strong>nel</strong>la determinazione delle compatibilità.<br />
In particolare, il “consumo” di territorio prodotto dalla realizzazione di strutture per<br />
l’insediamento stabile, per le attività produttive, per la ricettività turistica, pone<br />
problemi di incompatibilità, innanzitutto con la conservazione delle risorse ambientali,<br />
ed anche con la loro utilizzazione agricola intesa <strong>nel</strong>la sua più ampia accezione, cioè<br />
inclusi il pascolo, la zootecnia, la foresticoltura.<br />
Risultato del processo saranno determinate ipotesi di piano, tra di loro compatibili,<br />
relative:<br />
- alla <strong>tutela</strong> dell’ambiente, mediante idonei procedimenti graduati in funzione della<br />
qualità e della concentrazione di valori ambientali (dalla formazione di zone di riserva<br />
integrale alla imposizione di vincoli e limitazioni relativi alle trasformazioni consentite);<br />
- alle modalità di mantenimento e sviluppo del settore produttivo primario e<br />
dell’insediamento umano stabile;<br />
- alle tipologie e modalità di svolgimento delle attività turistiche.<br />
Al fine di semplificare la sequenza delle operazioni del processo di pianificazione, si<br />
può ipotizzare in prima approssimazione che il sistema parziale considerato sia chiuso,<br />
non abbia cioè relazioni di scambio con il più ampio sistema territoriale esterno.<br />
Si tratta, com’è ovvio, di una schematizzazione astratta, avente il solo scopo di<br />
consentirci l’individuazione di una sequenza di operazioni più facilmente percorribili<br />
<strong>nel</strong>le nostre condizioni di lavoro.<br />
In realtà ogni sistema territoriale è aperto, e <strong>nel</strong> caso considerato è caratterizato da<br />
relazioni significative con almeno due altri fondamentali sistemi esterni:<br />
- il sistema economico turistico, esteso al più ampio bacino territoriale da cui<br />
proviene il flusso degli utenti del <strong>parco</strong> ed all’integrato ambito intersettoriale dal quale<br />
sono promosse le iniziative degli operatori economici, in particolare turistici; bacino e<br />
ambito che di norma risultano ambedue parzialmente o totalmente esterni rispetto al<br />
territorio interessato dal piano;<br />
- il sistema istituzionale, che fornisce i meccanismi atti a permettere l’identificazione di<br />
obiettivi e l’assunzione di decisioni da parte delle autorità responsabili, la<br />
partecipazione al processo di pianificazione da parte delle popolazioni locali, gli<br />
strumenti legislativi e finanziari per l’attuazione dei piani.<br />
Infatti il committente, o il promotore di un piano di questo tipo è l’operatore pubblico,<br />
e specificatamente l’Ente <strong>parco</strong>, con il concorso dei comuni e degli enti di settore per<br />
quanto riguarda, rispettivamente, gli aspetti insediativi, infrastrutturali, produttivi.<br />
60
A tali figure competono quindi le iniziative e le decisioni per la formazione e l’attuazione<br />
del piano stesso.<br />
L’ipotesi del sistema parziale chiuso, pur costituendo un evidente limite concettuale, ci<br />
consente però di far procedere il processo di pianificazione secondo criteri di<br />
ottimizzazione quasi automatici, legati prevalentemente al bilancio delle risorse interne e<br />
alla compatibilizzazione delle loro diverse alternative d’uso, fino alla individuazione<br />
degli assetti finali del sistema, cioè alle ipotesi di piano.<br />
Questa posizione, che a prima vista sembra affermare una sorta di autonomia e<br />
neutralità del momento della conoscenza nei confronti della ricchezza degli apporti e<br />
dei protagonisti che caratterizzano un reale aggiornato processo di pianificazione, è,<br />
ancora prima che inevitabile, dato il contesto in cui si svolge il nostro lavoro, solo<br />
apparentemente arbitraria.<br />
E’ inevitabile, poichè si voleva che il lavoro svolto <strong>nel</strong>l’ambito di una struttura<br />
universitaria, senza gli apporti, i vincoli, le coperture fornite da una reale committenza,<br />
assumesse la forma e la dignità di una proposta di piano, ancorchè aperta e perfettibile,<br />
anzichè le sembianze di un pacchetto di ricerche approfondite quanto si vuole.<br />
E’ solo apparentemente arbitraria, poichè gli apporti esterni che condizionano l’avvio<br />
del processo di pianificazione, di fatto sono stati simulati attraverso l’assunzione di<br />
obiettivi e di criteri forniti - in generale - dal quadro legislativo istituzionale e - <strong>nel</strong>lo<br />
specifico - dall’esame del ricco materiale informativo relativo alla proposta, alle<br />
aspettative, alle aspirazioni già espresse dalle forze sociali, dagli amministratori del<br />
territorio, dagli esponenti della cultura.<br />
Questi elementi, filtrati e riorganizzati attraverso l’assunzione dei criteri di priorità e di<br />
compatibilità che hanno guidato la formazione delle ipotesi preliminari di pianificazione,<br />
simulano, <strong>nel</strong>le nostre condizioni di lavoro, la formulazione di un documento<br />
programmatico secondo le procedure istituzionali.<br />
Va anche tenuto presente che il complesso degli apporti forniti dai diversi attori del<br />
processo di pianificazione si arricchisce <strong>nel</strong>la fase successiva alla formazione di una<br />
ipotesi preliminare di piano, che costituisce l’esito del nostro lavoro.<br />
Infatti, solo con l’intervento dell’operatore pubblico e del corpo sociale è possibile<br />
introdurre <strong>nel</strong> processo di pianificazione quei meccanismi di valutazione preventiva<br />
delle conseguenze degli interventi previsti dal piano, di confronto delle possibili<br />
alternative, di partecipazione, di concertazione, di assunzione delle decisioni che, oltre<br />
ad essere essenziali per una corretta formazione del piano, rendono cocretamente<br />
possibile l’avvio della fase di attuazione.<br />
Infine, l’avvio dell’attuazione del piano stesso, e di conseguenza le azioni delle<br />
popolazioni locali, le iniziative degli operatori esterni specializzati, in particolare quelli<br />
turistici, il comportamento degli utenti del <strong>parco</strong>, metteranno in gioco quei meccanismi<br />
di retroazione sul processo continuo del piano che sono, come è noto, una delle<br />
prerogative fondamentali della pianificazione sistemica.<br />
Il diagramma di flusso della FIG....illustra il processo metodologico di formazione del<br />
piano.<br />
Input del processo sono il quadro informativo relativo alle aspettative del contesto<br />
sociale ed alle indicazioni e proposte già espresse, le direttive istituzionali per le aree<br />
protette, gli studi e le ricerche in essere, le indicazioni dei piani urbanistico-territoriali e<br />
dei piani di settore.<br />
61
Queste informazioni consentono la formulazione degli obiettivi del piano ed il<br />
conseguente avvio del processo metodologico, che inizia con lo svlgimento del<br />
programma di ricerche specifiche.<br />
Queste hanno per oggetto gli elementi che definiscono i due sub-sistemi territoriali già<br />
individuati; più in dettaglio:<br />
per il sub-sistema ambiente naturale<br />
- i valori naturalistici floro-faunistici;<br />
- i caratteri fisico-morfologici (altimetrici, clivometrici, geologici, idrologici, climatici,<br />
pedologici, ecc);<br />
per il sub-sistema ambiente umano:<br />
-<br />
- i valori culturali paesaggistici, archeologici, storico-artistici;<br />
- l’uso del suolo agrario;<br />
- l’attrezzatura turistica;<br />
- la struttura insediativa;<br />
- i vincoli e la pianificazione in atto.<br />
Attraverso la interpretazione di questo corredo cognitivo di base si giunge alla<br />
individuazione di alcune potenzialita' territoriali, soprattutto con riferimento agli aspetti<br />
della utilizzazione agraria dei suoli e delle suscettivita' ricreative e turistiche.<br />
Per quanto riguarda il settore agricolo si segue un criterio di classificazione, e di<br />
successiva sintesi in termini di progetto settoriale, secondo gli schemi della metodologia<br />
Land Classification, da cui deriva, come primo risultato di sintesi, lo schema di<br />
utilizzazione ottimale dei suoli (Land Use).<br />
Le potenzialita' di uso turistico del suolo vengono elaborate in parte mediante criteri<br />
deduttivi studiati per l’occasione, in parte attingendo a documenti pubblicati attinenti la<br />
materia specifica.<br />
Momento centrale del processo di formazione del piano, come si è detto, è quello della<br />
determinazione dei valori ambientali e della messa in atto dei meccanismi di <strong>tutela</strong>.<br />
Si tratta di una fase <strong>nel</strong>la quale vengono raccolti i contributi di gran parte delle indagini<br />
condotte preliminarmente, quali quelle sui valori ambientali, sugli usi antropici e sul<br />
quadro istituzionale dei vincoli territoriali.<br />
Gli strumenti per la <strong>tutela</strong> sono costituiti dalla “zonazione” del <strong>parco</strong>, e dalla specifica<br />
normativa relativa alla protezione dei singoli connotati ambientali.<br />
La costruzione dello schema zonale del <strong>parco</strong> e' una delle operazioni metodologiche<br />
principali contenute <strong>nel</strong> presente lavoro, in quanto ha rappresentato un momento<br />
sperimentale per l'applicazione di alcuni criteri atti a definire la classificazione dei<br />
territori a fini di <strong>tutela</strong>, secondo il dettato della legge-quadro 394/91.<br />
Nel corso del processo di pianificazione le tre forme principali di utilizzazione<br />
territoriale (<strong>tutela</strong>, uso agrario, uso turistico-insediativo) vengono confrontate<br />
reciprocamente <strong>nel</strong>l'ambito di una valutazione incrociata di compatibilita'.<br />
Valutazione tesa ad evidenziare i rapporti problematici che si manifestano in<br />
corrispondenza di luoghi particolari, idonei teoricamente per piu' usi, ma con palese<br />
impossibilita' di coesistenza tra gli usi medesimi per motivi di reciproco disturbo.<br />
62
Ovviamente, trattandosi di pianificazione di un'area con riconosciuto e<br />
incontestabile valore ambientale, le esigenze di conservazione assumono un ruolo<br />
prioritario, mentre le esigenze di uso antropico risultano subordinate a questo.<br />
Nella valutazione di compatibilita' e' chiaro che tale criterio viene esercitato con<br />
modalita' di forza variabile, dipendentemente dal grado di rilevanza ambientale che<br />
viene, di volta in volta, riconosciuto agli spazi considerati, o - per contro - dalle<br />
compromissioni create dagli insediamenti in atto.<br />
La definizione delle modalita' della <strong>tutela</strong>, dell'uso agrario e dell'uso turistico<br />
compatibili consente, a questo stadio di progressione, di esprimere una valutazione<br />
sulle esigenze in termini di strutture organizzative del <strong>parco</strong> e di strutture turistiche.<br />
Queste esigenze, rilevate a livello qualitativo, vengono dotate di un supporto<br />
quantitativo facendo entrare in campo la dotazione attualmente esistente di patrimonio<br />
edilizio inoccupato disponibile nei centri storici, fornendo pertanto allo studio una<br />
precisa collocazione sia ideologica, sia pratica in materia di recupero dei centri storici<br />
in abbandono.<br />
Infatti l'analisi della struttura urbanistica e residenziale fornisce le indicazioni<br />
indispensabili per valutare l'entita' teoricamente disponibile di contenitori edilizi idonei<br />
ad accogliere l'insieme delle nuove funzioni produttive, gestionali e turistiche che il<br />
<strong>parco</strong> e' chiamato ad assolvere per garantirsi un buon livello di funzionalita'.<br />
Il compendio dei risultati parziali fin qui esposti, corredato dalle valutazioni<br />
integrative e di carattere intersettoriale, va a sostenere la struttura delle "linee<br />
strategiche per il piano del <strong>parco</strong>", contenente tutti gli elementi compartecipanti al<br />
disegno dell'assetto territoriale.<br />
Da tale processo deriva il disegno generale di un nuovo sistema organizzativo<br />
dell'insediamento, da cui traspaiono i ruoli territoriali dei singoli centri e dei vari<br />
comprensori.<br />
In definitiva in questa fase vengono formulate indicazioni di massima, in parte in forma<br />
di alternativa.<br />
L’effettuazione delle scelte, e la traduzione delle indicazioni di massima in specifici<br />
interventi di piano è subordinata:<br />
- da un lato al confronto con i rappresentanti delle istituzioni, con le comunità locali,<br />
con le forze sociali, attraverso i meccanismi della partecipazione e della concertazione;<br />
- d’altro lato ad un ulteriore ampliamento della sfera conoscitiva, attraverso<br />
approfondimenti e valutazioni di ordine dimensionale ed economico-sociale.<br />
Le valutazioni dovranno riguardare la consistenza delle strutture, la potenziale utenza,<br />
l'occupazione stabile e temporanea indotta dagli interventi, le capacita' produttive<br />
promuovibili nei diversi settori, delle economie di scala realizzabili, ultimi, ma non meno<br />
importanti, gli investimenti pubblici e privati da mettere in gioco.<br />
Agganciato strettamente a questo passaggio dovrà essere lo studio degli impatti<br />
socioeconomici del <strong>parco</strong>, delle reazioni della attuale compagine sociale alle diverse<br />
condizioni imposte dal nuovo assetto del territorio, degli effettivi scenari sociali<br />
configurabili a breve, medio e lungo termine in seguito alla attuazione delle diverse fasi<br />
istitutive del <strong>parco</strong>.<br />
Unicamente l'approfondimento di questi argomenti, in parallelo ed immediatamente<br />
a valle rispetto a quelli della programmazione degli assetti urbanistici e territoriali, potra'<br />
dotare l'apparato metodologico della completezza necessaria alla costruzione del<br />
piano.<br />
63
L’attuazione del piano avverrà attraverso la predisposizione di idonei strumenti<br />
esecutivi (progetti speciali, piani esecutivi itercomunali e comunali) in sincronia con la<br />
pianificazione locale, e attraverso il raccordo con il programma pluriennale economicosociale<br />
del <strong>parco</strong> di cui all’Art.14 della l.394/91.<br />
Affinchè il processo sistemico di pianificazione esplichi tutte le sue valenze, la gestione<br />
del piano dovrà essere opportunamente “monitorata” dalle strutture tecniche del <strong>parco</strong>.<br />
In tal modo potranno essere apportati, <strong>nel</strong>la logica di una pianificazione continua, tutti<br />
gli opportuni e successivi aggiornamenti al piano in corso di attuazione.<br />
L’avvio della fase attuativa del piano, ed in particolare l’elaborazione dei progetti<br />
speciali e di piani esecutivi, può richiedere qualche ulteriore cautela dal punto di vista<br />
degli effetti fisici e socio-economici delle singole azioni previste. A tale proposito è<br />
opportuno qualche chiarimento circa il nostro atteggiamento metodologico nei confronti<br />
delle posizioni che oggi vanno assumendo gli specialisti e gli operatori interessati in<br />
materia di valutazione di impatto ambientale 76 .<br />
Risulta chiaro da quanto si è esposto <strong>nel</strong>le pagine precedenti che il procedimento di<br />
valutazione di compatibilità costituisce parte integrante del processo di pianificazione<br />
che si è adottato come strumento di determinazione delle modalità di <strong>tutela</strong> e di uso del<br />
territorio, e di selezione tra le eventuali diverse alternative possibili.<br />
La valutazione di compatibilità, appunto perchè integrata <strong>nel</strong> processo di pianificazione<br />
adottato, è “a monte” della enunciazione dei contenuti di piano: il sottoporre gli<br />
interventi previsti ad una valutazione di “impatto ambientale” del tipo di quella indicata<br />
dalla direttiva comunitaria europea, risulterebbe quindi superfluo.<br />
Ciò non di meno alcuni interventi specifici di modificazione del territorio, in particolare<br />
quelli connessi con la costruzione di strutture edilizie, di infrastrutture, di modificazione<br />
dell’assetto fisico dei luoghi come conseguenza dell’attuazione di previsioni del piano di<br />
carattere più generale, potrebbero sfuggire, alla scala locale, e <strong>nel</strong>la loro conformazione<br />
progettuale, alla logica delle valutazioni di compatibilità, che operano necessariamente<br />
con meccanismi di tipo aggregato.<br />
La valutazione di impatto ambientale può allora costituire un opportuno momento di<br />
verifica, alla scala locale e mediante valutazioni più specifiche di quelle insite <strong>nel</strong><br />
controllo di compatibilità, delle modificazioni fisiche, biologiche, paesaggistiche,<br />
socioeconomiche, che verrebbero indotte dagli interventi puntuali previsti dal piano.<br />
Le eventuali valutazioni negative, le indicazioni di aggiustamenti negli interventi o di<br />
possibili alternative, innescano allora un meccanismo di retroazione <strong>nel</strong> processo di<br />
piano (si veda il diagramma di FIG. ).<br />
76 Per ulteriori chiarimenti circa la posizione su questo argomento si veda: Rolli G.L., Romano B., <strong>Progetto</strong><br />
Gran Sasso, Cap. 8, pag. 85, 1988 Op. cit.<br />
64
5.3. Determinazione delle modalità di <strong>tutela</strong><br />
Lo studio della configurazione del sistema della <strong>tutela</strong> ambientale, inteso come<br />
struttura delle unità territoriali di riserva naturale, è stato affrontato in aderenza alle<br />
prescrizioni della L. 6.12.1991, n° 394 - Legge quadro sulle aree protette. La citata<br />
legge quadro , che ha anche istituito il Parco Nazionale del Gran Sasso - Monti della<br />
Laga, all'Art. 12 (Piano per il <strong>parco</strong>), punto 1a, prevede in maniera esplicita che, tra i<br />
contenuti sostanziali del piano stesso, debba esserci l'" organizzazione generale del<br />
territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso,<br />
godimento e <strong>tutela</strong> ".<br />
Lo stesso articolo 12 al punto 2, specifica inoltre la tipologia delle varie unità di<br />
<strong>tutela</strong> che si devono determinarsi all'interno dell' area del <strong>parco</strong> nazionale, individuando<br />
le seguenti tipologie:<br />
a) - riserve integrali <strong>nel</strong> quale l'ambiente è conservato <strong>nel</strong>la sua integrità;<br />
b) - riserve generali orientate <strong>nel</strong>le quali è vietato costruire nuove opere edilizie,<br />
ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio, ma<br />
possono essere tuttavia consentite le utilizzazione produttive tradizionali, la realizzazione<br />
delle infrastrutture strettamente necessarie, nonchè interventi di gestione delle risorse<br />
naturali a cura dell'Ente Parco (...);<br />
c) - aree di protezione, <strong>nel</strong>le quali in armonia con le finalità istitutive ed in conformità<br />
ai criteri generali fissati dall' Ente Parco possono continuare, secondo gli usi<br />
tradizionali, ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro- silvo-<br />
pastorali , nonchè di pesca e di raccolta di prodotti naturali, incoraggiando la<br />
produzione artigianale di qualità. Sono ammesse le opere di manutenzione e di restauro<br />
delle costruzioni esistenti (...);<br />
d) - aree di promozione economica e sociale, facenti parte del medesimo ecosistema<br />
, ma parzialmente alterate da fatti antropici, <strong>nel</strong>le quali sono consentite attività<br />
compatibili con le finalità istitutive del <strong>parco</strong> e finalizzate al miglioramento della vita<br />
socio-culturale delle collettività locali ed al miglior godimento del <strong>parco</strong> da parte dei<br />
visitatori. "<br />
La legge quadro 394/91, esigendo la ripartizione del territorio in quattro aree<br />
aventi graduale intensità vincolistica, chiede implicitamente di condurre, una<br />
operazione, che sia la più oggettiva possibile, di classificazione territoriale in base alle<br />
presenze che si intendono <strong>tutela</strong>re, alla loro qualità ed alla loro concentrazione.<br />
Quindi in definitiva la legge chiede di ripartire il territorio in zone, che sotto il<br />
profilo della trasformabilità, dei livelli di protezione dell'integrità naturale, dell'intensità di<br />
incentivazione dello sviluppo insediativo, abbiano al loro interno pari suscettività e<br />
possibilità.<br />
Siamo consapevoli dei limiti insiti in una zonazione schematicamente e rigidamente<br />
applicata, come unico strumento di <strong>tutela</strong> del territorio; del resto più voci si sono levate<br />
in questo senso <strong>nel</strong> recente dibattito culturale (si veda par. 1.3.).<br />
65
Al di là dell’ovvia considerazione che in ogni caso è opportuno assecondare e non<br />
criticare l’impostazione dettata dalla legge quadro 394/91, le cui valenze di carattere<br />
generale sono innegabili, i limiti paventati sono a nostro avviso superabili attraverso due<br />
ordini di comportamenti, cui ci siamo attenuti <strong>nel</strong> nostro lavoro.<br />
- da un lato la scientifizzazione del procedimento di delimitazione delle singole zone,<br />
come si illustra <strong>nel</strong> seguito;<br />
- dall’altro lato l’articolazione delle forme di <strong>tutela</strong> o di uso dei singoli beni ambientali<br />
all’intero di ciascuna zona e/o per ogni ambito territoriale, mediante una dettagliata<br />
normativa specifica.<br />
Tale normativa, mirata pertanto al binomio tipologia di bene-localizzazione territoriale,<br />
richiede la disponibilità di un adeguato bagaglio conoscitivo relativo all’inventario dei<br />
beni e alla loro geografia, quale deriva appunto dalla nostra metodologia di lavoro.<br />
Nel Cap. 7, relativo alle proposte per il piano, si fornisce uno schema di normativa<br />
specifica di <strong>tutela</strong> coerente con il criterio ora esposto che tende - è utile evidenziarlo -<br />
a recuperare <strong>nel</strong>la politica di <strong>tutela</strong> la ricchezza delle conoscenze multidisciplinari<br />
relative al territorio che lo strumento della zonazione inevitabilmente appiattisce.<br />
Il criterio utilizzato in questo lavoro per pervenire al risultato di una zonazione<br />
territoriale ai fini di <strong>tutela</strong>, come richiesto dalla Legge quadro 394/91 consiste - in<br />
estrema sintesi - <strong>nel</strong>l’individuazione delle zone come sommatoria di perimetri di tutta la<br />
serie di emergenze ambientali individuate per categorie <strong>nel</strong> corso delle singole analisi<br />
tematiche. In pratica il metodo è basato su di una serie di classificazioni successive,<br />
sempre supportate da analisi multidisciplinari, attribuendo ogni volta gli elementi di<br />
maggior pregio alle zone con più alto grado di <strong>tutela</strong> e reimpostando il meccanismo per<br />
la zona di <strong>tutela</strong> di grado immediatamente inferiore.<br />
Quindi di tutta la serie di elementi che si sono rilevati sotto il profilo<br />
vegetazionale, zoologico, storico-architettonico, geologico, paesaggistico etc. (vedi<br />
Tav. N°) si è analizzata la localizzazione e la concentrazione.I profili di inviluppo delle<br />
diverse emergenze hanno dato origine alle zone di vincolo richieste dall'Art. N° 2 della<br />
legge quadro, secondo i criteri successivamente indicati.<br />
In particolare la Riserva Naturale Integrale, è costituita dalle aree individuate<br />
come segue:<br />
a - Vincoli equivalenti alla Riserva Naturale Integrale già effettivamente presenti <strong>nel</strong>l'area<br />
interessata al Parco ed istituiti da vari enti;<br />
b - Aree forestali compatte<br />
c - Aree a quota superiore i 1800 m s.l.m., che comprende le aree culminanti dei rilievi montuosi ed<br />
è anche il limite superiore della vegetazione dell'Appennino;<br />
d - Biotopi di particolare rilevanza.<br />
Se l'inserimento in zona di riserva integrale dell'elemento "d" risulta<br />
particolarmente chiaro <strong>nel</strong>le sue motivazioni, qualche considerazione di merito va<br />
espressa per i punti a, b, c.<br />
I vincoli attualmente vigenti equivalenti alla tipologia della riserva integrale sono<br />
stati, almeno in una prima fase metodologica, attribuiti automaticamente a queste unità<br />
di <strong>tutela</strong> del <strong>parco</strong>. Questa operazione necessita però di essere circostanziata<br />
relativamente ad alcuni aspetti specifici.<br />
66
L'apposizione di un vincolo di riserva generalmente comporta la presa d'atto,<br />
da parte dell'Ente istituente, di un rilievo naturalistico eccezionale del sito. Tale rilievo<br />
viene normalmente evidenziato attraverso specifici studi e segnalazioni di esperti scientifici<br />
o di enti culturali.<br />
Pertanto la presenza di una riserva è generalmente prova proprio di una<br />
eccezionalità ambientale, documentata, del luogo interessato.<br />
Pur tuttavia possono presentarsi casi nei quali l' istituzione di una riserva, anche<br />
del massimo grado di vincolo, derivi da procedure parzialmente diverse, anche se<br />
condotte con le migliori intenzioni ed in perfetta buona fede amministrativa. Più precisamente<br />
potrebbero verificarsi casi in cui è solo una opportunità contingente a spingere<br />
l'amministrazione competente ad istituire una riserva, magari sopravvalutando<br />
l'eccezionalità delle risorse presenti, o non intravedendo altri modi per evitare<br />
minacciose pressioni di trasformazione antropica.<br />
In questi casi i confini delle riserve appaiono quanto mai strumentali, agganciati<br />
a perimetrazioni amministrative, a limiti proprietari, etc... Ovviamente la presenza di<br />
fenomeni come quelli descritti va studiata <strong>nel</strong> dettaglio e comporterà delle correzioni ad<br />
hoc dalle traiettorie metodologiche di validità generale.<br />
Le grandi aree forestali compatte, al di là di qualunque giudizio circa il<br />
particolare pregio delle essenze vegetali presenti, rappresentano comunque una valenza<br />
naturalistica indiscutibile. Questo per il ruolo ecologico, in particolare per ciò che<br />
riguarda gli aspetti climatici, idrogeologici e soprattutto faunistici, rappresentando il<br />
bosco l'habitat preferenziale di gran parte delle specie animali presenti o reintroducibili<br />
77 .<br />
Le aree poste a quota superiore a 1800 m s.l.m. costituiscono parimenti dei<br />
beni ambientali da salvaguardare rigorosamnete. La selettività delle condizioni<br />
climatiche comporta la presenza di elementi soprattutto vegetazionali di notevole valore<br />
biologico. Inoltre questi spazi collocati al di sopra dei limiti della vegetazione arborea<br />
costituiscono degli ambiti paesaggistici sempre di grande rilievo associandosi quasi<br />
sempre alla presenza di importanti fenomeni geomorfologici ed orografici.<br />
L' inviluppo dei perimetri di questi elementi è stato effettuato facendo tuttavia in<br />
modo di non originare unità di <strong>tutela</strong> scollegate tra loro, creando dei corridoi di<br />
continuità biologica tra le aree che risultavano meritevoli dello stesso livello di<br />
protezione.<br />
Con un criterio analogo sono state inserite <strong>nel</strong>la Riserva Generale Orientata<br />
tutta quella serie di spazi che, pur avendo connotati ambientali di un certo rilievo, sono<br />
stati però in misura maggiore interessati dall' azione antropica, oppure hanno connotati<br />
di pregio ambientale minori rispetto a quelli attribuiti alla riserva integrale. Gli elementi<br />
che sono stati inglobati <strong>nel</strong>la Riserva Generale Orientata sono i seguenti:<br />
- Aree con fenomenologia carsica;<br />
- Zone A1 e A2 del Piano Paesistico Regionale ( che sono quelle dotate di maggior pregio<br />
ambientale) ed aree già interessate da vincoli equivalenti alla riserva generale orientata già<br />
operanti;<br />
77 Silvestri A..: Stato attuale della fauna silvestre dell’Appennino. In: Biondi E. (a cura): Il bosco<br />
<strong>nel</strong>l’Appennino. Comunità Montana Alta Valle dell’Esino, Centro Studi “Valleremita”. Fabriano 1989.<br />
Nello stesso volume si veda: Casanova P.:Massei G.: Valutazione del carico massimo teorico di Cervo, Daino e<br />
Capriolo in alcuni boschi appenninici.<br />
67
- Altre presenze territoriali quali gli elementi significativi del paesaggio agrario, altre aree forestali<br />
residue, grandi superfici di pascolo etc.<br />
Risulta evidente dal procedimento eseguito l'intenzione di qualificare la riserva<br />
generale orientata, così come definita dalla L. 394/91, come un'unità di <strong>tutela</strong> dalla<br />
ambivalente funzione di conservazione di alcune presenze naturalistiche, ma soprattutto<br />
di incentivazione delle pratiche produttive tradizionali ed ecocompatibili. Appunto<br />
secondo quest' ultima considerazione si giustifica l'inserimento in questa zona delle<br />
testimonianze di uso agrario storico del territorio, nonchè delle grandi superfici di<br />
pascolo poste alla base del tessuto economico della realtà rurale dell'Appennino<br />
centrale e costituenti quindi grandi valori testimoniali.<br />
Nella Riserva Generale Orientata vengono a contatto le forme della<br />
conservazione con le forme della corretta utilizzazione del territorio che devono<br />
convivere per garantire il perdurare delle risorse senza il loro irreversibile consumo. Si<br />
tratta in ogni caso di una unità territoriale di <strong>tutela</strong> che tende a conservare, ma <strong>nel</strong><br />
contempo a consentire ed incoraggiare, l'attività dell'uomo quale specie facente parte<br />
integrante dell'ecosistema, <strong>nel</strong>le sue espressioni produttive non degradanti e devastanti<br />
nei confronti <strong>dell'ambiente</strong>.<br />
Nella perimetrazione delle porzioni di territorio che la legge quadro destina a<br />
Aree di Protezione si sono inserite tutte le aree che non posseggono requisiti tali da<br />
essere inglobate in una delle due precedenti zone e che quindi sono da considerare a<br />
protezione delle aree con più alto grado di <strong>tutela</strong>, ed in cui sono possibili trasformazioni<br />
in armonia con le finalità istitutive del Parco.<br />
Le aree di promozione economica e sociale sono state derivate dall'insieme<br />
degli spazi attualmente utilizzati per le forme turistiche intensive. In particolare sono stati<br />
compresi i bacini sciistici dei due versanti della montagna, con il loro corredo di<br />
attrezzature ricettive. Ovviamente queste aree, in condizioni di degrado ambientale<br />
generalmente più pronunciato che non nei siti limitrofi, sono state stralciate dai perimetri<br />
delle riserve precedentemente determinati.<br />
In termini programmatici le aree di promozione economica e sociale<br />
costituiscono di fatto i poli di concentrazione della domanda turistica concentrata e dei<br />
principali sevizi pubblici. Con questi presupposti sono stati individuati, come facenti<br />
parte del sistema della aree di promozione economica e sociale, tutti i centri abitati<br />
pedemontani, in virtù del fatto che lo sviluppo, e la promozione socio-culturale di<br />
questi, contribuisca a completare la gamma degli obiettivi ambientali e sociali del<br />
Parco, in armonia con le sue finalità istitutive .<br />
5.4. Gli spazi produttivi primari<br />
Nell’ambito del processo di pianificazione del <strong>parco</strong> viene affrontato anche il<br />
tema della utilizzazione agricola dei suoli, trattandosi di una tipologia produttiva<br />
sostanzialmente congeniale, <strong>nel</strong>le sue forme “montane”, con la <strong>tutela</strong> del territorio.<br />
Pur non essendo stato elaborato un vero e proprio piano di assetto e di<br />
sviluppo agrario, sono state individuate alcune categorie di potenziale utilizzazione,<br />
soprattutto relativamente a quegli spazi caratterizzati vocazionalmente per la<br />
68
produzione agricola o zootecnica, spesso in condizioni di sottoutilizzazione per<br />
disinteresse economico o degrado.<br />
Il procedimento adottato per determinare le potenzialità produttive agricole del<br />
suolo si è basato sul metodo della Land Classification 78 .<br />
Il metodo, definito da alcuni autori tra i migliori e diffusi metodi di valutazione 79<br />
è finalizzato alla individuazione del più vantaggioso assetto produttivo dei terreni in base<br />
alla determinazione delle loro caratteristiche qualitative in termini agricoli.<br />
Un elemento che viene utilizzato come termine di riferimento per le utilizzazioni<br />
potenziali è costituito dalla propensione all’irrigazione dei suoli analizzati.<br />
Sono tre i caratteri principali che distinguono gli studi sulla idoneità<br />
all'irrigazione rispetto a quelli di carattere generale o speciale.<br />
Viene posta, prima di tutto, maggior attenzione alle caratteristiche topografiche<br />
e morfologiche, a causa del loro significato ed importanza dal punto di vista idrologico,<br />
e per le conseguenti implicazioni economiche.<br />
Secondariamente, gli studi relativi al suolo sono diretti principalmente all'esame delle<br />
sue proprietà fisiche, in particolar modo ai suoi rapporti con l'acqua (assorbimento,<br />
drenaggio etc.).<br />
Infine la valutazione territoriale deve essere integrata da parametri<br />
economici,come risultato del confronto tra il reddito ottenuto con l'aumentata<br />
produzione agricola sotto irrigazione e la capacità di remunerazione del capitale<br />
investito.<br />
Altri concetti attengono alle “limitazioni”, definite come le caratteristiche del territorio<br />
che manifestano effetti sfavorevoli sulle capacità d'uso. Le limitazioni possono essere<br />
permanenti, cioè che non possono essere modificate o non possono esserlo con piccoli<br />
miglioramenti; tra queste limitazioni vanno ricordate la pendenza, la profondità del<br />
suolo etc. Limitazioni temporanee sono invece quelle che possono essere rimosse o<br />
migliorate attraverso un'attente gestione, come ad esempio il contenuto in elementi<br />
nutritivi o i problemi di drenaggio.<br />
Se si ha a disposizione una buona carta pedologica ed altri dati aggiuntivi relativi ai<br />
caratteri ambientali più importanti per l'irrigazione, si potrà effettuare una semplice<br />
valutazione delle potenzialità per ciascuna unità cartografica. Un elemento di obiettività<br />
può essere inserito attraverso l'approccio parametrico <strong>nel</strong> quale ogni proprietà<br />
importante del suolo viene " tradotta " in un indice numerico. Gli indici finali sono<br />
ottenuti incrociando tra loro quelli parziali dei vari caratteri.<br />
Le classi 1-2-3 sono quelle che, rispettivamente, presentano, la più alta, l'intermedia e<br />
la più bassa idoneità all'irrigazione e capacità di remunerazione del capitale, la classe 4<br />
è usata per indicare territori da destinare ad usi speciali o che presentano particolari<br />
78 U.S. Bureau of Reclamation, Bureau of Reclamation Manual. Vol. V, Irrigated Land Use, p.2, Land<br />
Classification, Denver, Colorado, 1953.<br />
79 Vacca S.:La valutazione dei caratteri del territorio <strong>nel</strong>la pianificazione. Metodi e applicazioni. F. Angeli Ed.,<br />
Milano 1992.<br />
69
difficoltà, la 5 si riferisce a territori che richiedono successive indagini e la 6 raggruppa<br />
quelli non idonei all'irrigazione 80 .<br />
Classe 1 : Arabili<br />
Territori che sono altamente idonei all'irrigazione essendo capaci di dare elevate produzioni con un<br />
ampia gamma di colture a costi ragionevoli. Essi si trovano in aree quasi pianeggianti, con suoli<br />
profondi, a buona struttura, con buona capacità utile per l'acqua. liberi da sali solubili. Hanno<br />
potenzialmente una elevata capacità di remunerazione dei capitali investiti.<br />
Classe 2 : Arabili<br />
Territori con moderata idoneità all'irrigazione, che, essendo meno produttivi di quelli della classe 1,<br />
sono adatti ad una minor serie di colture e richiedono pertanto maggiori costi per l'approntamento<br />
dell'irrigazione. Hanno capacità di remunerazione intermedia.<br />
Classe 3 : Arabili<br />
Territori marginalmente idonei all'irrigazione, avendo notevoli limitazioni nei suoli, <strong>nel</strong>la topografia<br />
e <strong>nel</strong> drenaggio. Con una appropriata gestione possono comunque dare una adeguata<br />
remunerazione.<br />
Classe 4 : Limitatamente arabili o per usi speciali<br />
Territori con eccessive deficienze eliminabili con alti costi, ma idonei all'irrigazione per colture<br />
specializzate ad alto reddito; oppure presentanti deficienze non corregibili, ma che possono essere<br />
utilizzati come pascoli o prato-pascolo.<br />
In determinate condizioni possono avere anche una elevata capacità di remunerazione.<br />
Classe 5 :<br />
Territori che richiedono ulteriori studi per la loro classazione.<br />
Classe 6 : Non arabili<br />
Territori che non hanno sufficiente capacità di remunerazione per le eccessive limitazioni.<br />
Il documento finale della procedura di land-classification, la “Carta delle capacità<br />
d'uso”, viene comunemente prodotto basandosi su di un preesistente rilevamento<br />
pedologico, e rilevando le informazioni supplementari necessarie. L'inserimento dei<br />
suoli di una data area <strong>nel</strong>le classi di capacità d'uso avviene attraverso tabelle di<br />
conversione, che devono essere costruite specificatamente per la regione in studio.Le<br />
varie classi di qualità relative agli aspetti citati e la loro combinazione per<br />
l'individuazione degli usi ottimali del suolo vengono articolati <strong>nel</strong> modo seguente:<br />
Clivometria<br />
La pendenza è uno dei fattori che più condiziona la qualità agraria di un terreno per tutti<br />
gli aspetti che riguardano sia le possibilità di irrigazione, sia l'idoneità di lavorazione<br />
con mezzi meccanici, ed inoltre viene anche messa in relazione con il rischio di<br />
fenomeni di erosione . L'articolazione completa delle classi clivometriche è riportata<br />
<strong>nel</strong>la Tab. N° 10.<br />
Tab. N° 5 - Articolazione delle classi clivometriche<br />
80 Vacca S., 1992 (Op. cit.)<br />
70
FASCE DI PENDENZA CLASSI CLIVOMETRICHE<br />
p < 5% 1<br />
5% < p < 10% 2<br />
10% < p < 20% 3<br />
20% < p < 50% 4<br />
p > 50% 6<br />
Si evidenzia la mancanza di una quinta classe , in questa e <strong>nel</strong>le seguenti classificazioni.<br />
Questo deriva delle caratteristiche della land- classification che, come già detto<br />
poc’anzi, considera la 5° classe come una classe di collocazione provvisoria dei terreni<br />
per i quali si sta studiando la classificazione definitiva, per quei terreni che non sono<br />
caratterizzati da elementi certi, sotto il profilo geologico e pedologico, per poterli<br />
introdurre, in maniera automatica, in una delle altre classi.<br />
Altimetria<br />
La collocazione altimetrica del terreno, che si correla direttamente con i fattori climatici,<br />
condiziona fortemente sia l'attecchimento che la redditività delle colture, ed inoltre è<br />
selettiva nei riguardi del tipo stesso di colture praticabili.L'articolazione delle varie classi<br />
altimetriche è visibile <strong>nel</strong>la Tab. N° 11.<br />
Tab. N° 6 - Articolazione delle classi altimetriche<br />
FASCE ALTIMETRICHE CLASSI<br />
ALTIMETRICHE<br />
h < 300 m s.l.m. 1<br />
< h < 600 m s.l.m. 2<br />
600 < h < 1.000 m s.l.m. 3<br />
1.000 < h < 1.800 m s.l.m. 4<br />
h > 1.800 m s.l.m. 6<br />
Geologia<br />
La costituzione del substrato pedogenetico, che tramite successivi processi di<br />
trasformazione fisico-chimica origina il terreno superficiale, è elemento fondamentale<br />
per la determinazione della qualità dei suoli. Con riferimento alle colonne stratigrafiche<br />
del Gran Sasso d'Italia la chiave di lettura della classificazione è riportata <strong>nel</strong>la Tab. N°<br />
12 seguente.<br />
71
Tab. N° 7 - Classificazione geologica dei suoli<br />
Quaternario<br />
Cenozoico<br />
PERIODO ERA<br />
Alluvioni attuali<br />
CLASSI<br />
PEDOGENETICHE<br />
Olocene<br />
Depositi lacustri<br />
Coperture eluviali dei dep. lacustri<br />
1<br />
Pleistocene Depositi inferiori dei bacini lacustri<br />
Sabbie argillose<br />
Conglomerati<br />
Calabriano Arenarie calcarifere<br />
Marne e argille<br />
Pliocene Sabbie e molasse argillose 2<br />
Miocene sup. "Formazione della Laga": arenarie, marne calcaree<br />
Conglomerati cementati<br />
Miocene inf. Calcareniti glaunitiche<br />
Calcari interc. marnoso-arenacee<br />
Marne calcarifere scagliose<br />
Calcari detritici e brecciole calcar.<br />
Calcari bianchi subcristallini<br />
Paleogene Laguna<br />
Calcari marnoso biancastri<br />
Calcari bianchi subsaccaroidi<br />
Cretaceo sup. Calcari e conglomerati detr.organ.<br />
Cretaceo medio Calcari, calciruditi<br />
Cretaceo inf. Calcare grigio straterellato<br />
Calcari avana chiaro<br />
Dogger Malm: calcari bioclastici<br />
3<br />
Mesozoico<br />
Calcari marnosi e nodulosi grigi<br />
Calcari marnosi e marne ammonit.<br />
Giurassico LIAS: Livello term. calcare lumachella<br />
Calcari dolomitici<br />
Calcare massiccio<br />
Trias Dolomia bianca stratificata<br />
Olocene Coni di deiezione attivi 6<br />
Quaternario Pleistocene Coni di deiezione inattivi<br />
Morene e archi morenici<br />
Rif. Colonne stratigrafiche dei fogli n. 139 (L'Aquila) e n. 140 (Teramo) della Carta Geologica d'Italia su base<br />
I.G.M., scala 1:100.000. Nel momento in cui è stato svolto il presente lavoro, <strong>nel</strong> 1983, non erano ancora<br />
disponibili i seguenti documenti: Ghisetti F., Vezzani L.: Carta geologica del gruppo M.Siella, M.Camicia, M.te<br />
Prena (Gran Sasso d’Italia, Abruzzo), scala 1:15.000. Regione Abruzzo, CNR, Firenze 1986.<br />
Ghisetti F., Vezzani L.: Carta geologica del Gran Sasso d’Italia scala 1:25.000. Regione Abruzzo, CNR, Firenze<br />
1990.<br />
La classificazione finale del suolo si ottiene attribuendo ad ogni porzione di esso il<br />
valore di classe che corrisponde al più elevato numericamente tra quelli relativi ad una<br />
delle tre caratteristiche (clivometria, altimetria e substrati pedogenetici)<br />
precedentemente determinate. Inoltre per le aree situate a quote superiori a 1800 m<br />
slm è stata effettuata una ulteriore specificazione, scindendo la 6° classe in due<br />
sottoclassi, come evidenziato <strong>nel</strong>la Tab. N° 13.<br />
Tab. N° 8 - Suddivisione 6° classe funzione della pendenza<br />
Pendenza<br />
Altimetria Classe<br />
72
p < 50%<br />
p > 50%<br />
h > 1.800 m s.l.m.<br />
Successivamente si procede alla lettura dell’uso attuale del suolo, rilevando<br />
esclusivamente quelle categorie di utilizzazione che non vengono condizionate, <strong>nel</strong>la<br />
loro destinazione “di progetto” dal procedimento di classificazione legato alle<br />
caratteristiche fisiche e geologiche dei suoli.<br />
In particolare si rilevano le utilizzazioni di pregio del suolo (boschi, seminativi irrigui e<br />
colture specializzate) che permangono comunque <strong>nel</strong>la loro destinazione. Oltre a<br />
queste categorie si evidenziano quelle invece di “rifiuto” <strong>nel</strong> senso agrario del termine<br />
(rocce affioranti, aree detritiche e in erosione) per le quali, indipendentemente da altri<br />
parametri fisici rilevati, non è possibile pensare ad interventi di uso agricolo.<br />
Queste categorie vengono trasferite, <strong>nel</strong>la loro configurazione attuale, direttamente <strong>nel</strong>la<br />
“carta dell’uso ottimale dei suoli”, mantenendo la loro destinazione secondo quanto<br />
descritto <strong>nel</strong>la Tab. 14.<br />
Tab. N° 9 - Tabella di corrispondenza uso attuale/uso ottimale<br />
UTILIZZAZIONE ATTUALE<br />
73<br />
6A<br />
6B<br />
UTILIZZAZIONE OTTIMALE<br />
Boschi Boschi<br />
Colture specializzate Colture specializzate<br />
Seminativi irrigui Seminativi irrigui<br />
Rocce affioranti "non intervento"<br />
Erosione e detriti "non intervento"<br />
Le destinazioni ottimali relative invece alle rimanenti zone vengono definite sulla<br />
base della classificazione (relativa alle potenzialità) precedentemente descritta. La<br />
corrispondenza viene evidenziata <strong>nel</strong>la Tab. N° 15.<br />
Tab. N° 10 - Classificazione dell'uso ottimale del suolo<br />
Classificazione Utilizzazione ottimale<br />
1 e 2 Seminativi<br />
3 Rimboschimenti<br />
4 Pascoli<br />
6 Rimboschimento o Non intervento<br />
6A Wildlife<br />
6B Pascoli di altitudine<br />
Questo tipo di analisi si inserisce come dato di partenza , unito ad altre<br />
considerazioni di carattere ambientale e di salvaguardia della natura, <strong>nel</strong>l' ambito di una<br />
corretta gestione dell'uso del suolo con particolari riguardi sia nei confronti<br />
<strong>dell'ambiente</strong> sia nei confronti degli spazi destinati alla attività produttive primarie,<br />
sempre se le indicazione che emergono non contrastano con le prescrizioni di zone a<br />
più alto grado di <strong>tutela</strong> ambientale.
5.5. Gli spazi e le attività ricreative<br />
5.5.1. Potenzialità e compatibilità degli spazi naturali e produttivi per le attività ricreative<br />
Per quanto riguarda l’uso del territorio per le attività del tempo libero - la motivazione<br />
fondamentale che è alla base del turismo escursionistico e sportivo - le suscettività<br />
vengono individuate sulla base delle attività ricreative che le diverse parti del territorio<br />
stesso possono ospitare in relazione alle risorse ambientali presenti, considerate sia<br />
isolatamente, sia <strong>nel</strong>la loro aggregazione in spazi aventi determinate caratteristiche<br />
tipologiche (ad esempio boschi, luoghi di interesse storico, località panoramiche,<br />
bacini sciistici, etc.).<br />
La individuazione degli spazi ricreativi viene effettuata tramite un processo che si<br />
ispira, <strong>nel</strong>le sue linee generali, alla metodologia applicata dalla Agricultural<br />
Rehabilitation and Development Act (ARDA) come parte del Canadian Land<br />
Inventory e in numerosi lavori pubblicati sull’argomento, in particolare in U.S.A. 81 .<br />
Il metodo si articola <strong>nel</strong>le seguenti operazioni:<br />
1. Elencazione delle attività esplicabili, separatamente per la stagione estiva e per<br />
quella invernale. Considerando un ambientemontano tipico, le principali attività<br />
praticabili sono riportate <strong>nel</strong>la tabella seguente.<br />
Tab. 11 - Le attività ricreative in ambiente montano<br />
Attività estive -autunnali Attività invernali-primaverili<br />
Osservazione del paesaggio Sci di fondo<br />
Osservazione dell’ambiente naturale Sci di fondo escursionistico<br />
Visita dei valori storico-artistici Sci di discesa<br />
Visita dei valori archeologici Sci alpinismo<br />
Pic-nic Alpinismo su ghiaccio<br />
Gite in barca<br />
Canoa fluviale<br />
Speleologia<br />
Alpinismo su roccia<br />
Pesca sportiva<br />
Escursionismo a piedi<br />
Escursionismo a cavallo<br />
Escursionismo in bicicletta<br />
Campeggio<br />
Agriturismo<br />
2. Definizione delle caratteristiche che devono possedere gli spazi naturali, o più in<br />
generale, le diverse conformazioni ambientali per permettere lo svolgimento di ogni<br />
singola attività ricreativa elencata al punto precedente.<br />
Ad esempio l’attività pic-nic potrà essere praticata su aree boschive, o parti di esse,<br />
con acclività limitata, dotate di ampie radure, vicine alle infrastrutture viarie, di facile<br />
81Department of Regional Expansion, Land Capability classification for outdoor reacreation. The Canada Land<br />
Inventory Report, n.6, 1969.<br />
Crites R.S., Handbook of Outdoor Recreation Enterprises in rural areas. Farmers Home Administration.<br />
Government Printing Office, Washington 1965.<br />
Douglass R.W., Forest recreation. Pergamon Press. New York (U.S.A.) 1982.<br />
74
accessibilità pedonale, prossime a punti d’acqua, possibilmente poste in vicinanza<br />
degli accessi ai vari bacini ricreativi escursionistici e sportivi.<br />
Nel caso di attività specializzate, come lo sci di discesa, si richiede la presenza di<br />
requisiti ambientali, in particolare topografici e climatici, estremamente precisi e<br />
selettivi.<br />
3. Individuazione spaziale della corrispondenza tra attività ricreative e spazi naturali.<br />
Si tratta della costruzione di uno zoning mediante il quale vengono individuate, su<br />
idonea base cartografica, le aree destinabili ad una o più delle attività elencate al<br />
punto 1, in quanto in possesso dei requisiti definiti al punto 2.<br />
4. Determinazione del grado di attrezzatura, variabile da un valore nullo fino a<br />
determinati livelli, che gli spazi precedentemente definiti devono possedere per<br />
permettere lo svolgimento di ogni singola attività.<br />
A questo fine possiamo distinguere le attività ricreative, sia estive che invernali,<br />
dipendentemente dalle necessità che tali attività hanno di dover essere svolte su spazi<br />
più o meno attrezzati. Potremo definire di spazi liberi quelle attività di tipo estensivo<br />
che non richiedono, per il loro svolgimento, una particolare attrezzatura degli spazi<br />
corrispondenti; definiremo invece di spazi limitati tutte quelle attività che<br />
necessitano, per essere svolte, di una particolare attrezzatura degli spazi interessati.<br />
Vengono considerate di spazi limitati le attività seguenti:<br />
Estive<br />
Pic-nic<br />
Gite in barca<br />
Agriturismo<br />
Campeggio organizzato<br />
Invernali<br />
Sci di fondo<br />
Sci di discesa<br />
Per tali attività vengono appositamente definite le modalità di attrezzatura degli spazi<br />
corrispondenti.<br />
Riferendoci all’esempio già segnalato dell’area per pic-nic, l’attrezzatura consisterà in<br />
panche, tavoli, contenitori per rifiuti, bracieri, eventuali ricoveri antipioggia e servizi<br />
igienici, giochi e attrezzature ginniche, punti d’acqua, eventuali altre strutture di ristoro.<br />
Più complessa, ovviamente, è l’attrezzatura richiesta per la pratica di attività sportive<br />
specializzate come lo sci di discesa.<br />
Le altre attività elencate al punto 1 possono essere considerate di spazi liberi.<br />
Per ciò che riguarda queste ultime attività, va detto che per l’escursionismo, lo sci<br />
alpinismo, l’alpinismo sia estivo che invernale, la speleologia, sono da considerare<br />
necessari solo dei punti di appoggiosituati in località opportune per permettere il<br />
ricovero in caso di necessità e il pernottamento (rifugi, bivacchi etc.); per il campeggio<br />
libero vanno invece considerati idonei degli spazi dotati di punto acqua e,<br />
eventualmente, di servizio di ritiro rifiuti (unicamente per quelle località a bassa quota<br />
raggiungibili con mezzi di servizio).<br />
I successivi passaggi di metodo consistono in:<br />
75
5. Analisi della compatibilità tra spazi ricreativi e spazi produttivi primari.<br />
6. Analisi della compatibilità tra spazi ricreativi e spazi <strong>tutela</strong>ti.<br />
le analisi di compatibilità di cui ai punti 5 e 6 individuano uno dei momenti più delicati<br />
dell’intero processo, coerentemente con gli obiettivi assunti di <strong>tutela</strong> delle risorse<br />
naturali e di priorità per l’uso agrario del suolo.<br />
Infatti, lo svolgimento di una attività ricreativa su una determinata area, di cui si è<br />
riscontrata l’idoneità funzionale allo svolgimento della attività stessa, si considererà in<br />
linea generale possibile solo se non risulti pregiudizievole per lo svolgimento delle<br />
attività agricole per le quali l’area si è rivelata idonea e, soprattutto, se non contrasti<br />
con la <strong>tutela</strong> dei valori ambientali presenti.<br />
Nell’analizzare la compatibilità tra le attività ricreative e produttive vanno fatte alcune<br />
considerazioni. Per quanto riguarda attività di tipo “osservazione e visita” va notato<br />
come queste siano relative a spazi ben precisi e generalmente in condizioni di<br />
compatibilità con tutte le attività produttive primarie.<br />
Peraltro, l’osservazione e la visita sono direttamente connesse con altre attività, come<br />
l’escursionismo, per cui ricadono <strong>nel</strong> campo di compatibilità inerente quest’ultima<br />
attività.<br />
Lo stesso discorso vale per la speleologia e, più in generale, per la visita delle cavità<br />
sotterranee.<br />
Per l’escursionismo, sia pedonale, che equestre, che ciclistico, si rileva che gli spazi ad<br />
esso corrispondenti (i percorsi), se pur limitrofi a quelli propriamente detti “produttivi”,<br />
non si sovrappongono di norma a questi; quindi le attività escursionistiche risultano<br />
sempre compatibili con quelle produttive in quanto si limitano a provocarne<br />
l’”attraversamento” degli spazi ad esse relativi.<br />
Una vera considerazione di compatibilità in termini di possibilità di<br />
sovrapposizione di attività diverse su uno stesso spazio resta da fare per quelle attività<br />
che interessano ambiti di tipo “areale”, attrezzati o meno, come il pic-nic, il campeggio<br />
libero o organizzato, e la gamma delle attività invernali.<br />
Per tutte tali attività la seguente matrice di compatibilità consente di<br />
determinare, in linea teorica generale, le priorità d’uso in caso di incompatibilità:<br />
......................tab. 12 ..da excel..............<br />
76
Nella tabella non compaiono alcune attività, come l’alpinismo, e tutte quelle<br />
d’acqua, che si svolgono du spazi estranei alle attività produttive primarie.<br />
Anche l’agriturismo va ricondotto <strong>nel</strong>l’ambito delle attività già considerate, in<br />
quanto presenta una fisionomia composita, peculiare, nei territori oggetto dello studio.<br />
Si configura sostanzialmente come modalità di ricettività, che viene fornita da casali,<br />
cascine, centri rurali <strong>nel</strong>l’ambito di aziende agricole o turistiche preesistenti.<br />
Criteri analoghi a quelli suesposti si utilizzano <strong>nel</strong>l’analisi delle compatibilità tra<br />
attività ricreative e modalità di <strong>tutela</strong> rislvibili, in linea teorica generale, mediante l’uso di<br />
una matrice del tipo seguente:<br />
..............tab. 13.....da excel....<br />
Nella tabella vengono individuate le possibili attività ricreative realizzabili su spazi da<br />
sottoporre alle diverse forme di <strong>tutela</strong>. Va però considerato - e in questo senso sono<br />
state poste le condizioni da verificare - che la possibilità di svolgere o meno certe<br />
attività <strong>nel</strong>le varie zone è funzione non solamente delle caratteristiche delle zone stesse,<br />
ma anche di particolari motivazioni che l’Ente gestore dell’area protetta potrebbe<br />
rilevare di volta in volta e da luogo a luogo.<br />
Anche in questo caso si analizzano le compatibilità solo per le attività di base,<br />
ritenendo valida l’indicazione anche per quelle connesse.<br />
5.5.2. La utilizzazione degli spazi ricreativi<br />
La individuazione, tramite le analisi di compatibilità descritte, degli spazi suscettibili di<br />
essere destinati alle attività ricreative, consente una prima, importante valutazione<br />
dell’offerta di ricreazione del territorio studiato, in termini di superficie di suolo<br />
utilizzabile per le singole attività e - quando lo si ritenga significativo - globalmente.<br />
Le potenzialità ricreative insite negli spazi considerati sono però teoriche: la<br />
loro effettiva <strong>valorizzazione</strong> richiede una ulteriore serie di operazioni di bilancio offertadomanda<br />
di ricreazione, di individuazione degli interventi di attrezzatura e di<br />
infrastrutturazione, di esame delle connessioni con le strutture insediative esistenti, che<br />
presuppongono la introduzione di una unità di misura diversa da quella areale, e<br />
precisamente la dimensione della potenziale utenza ricreativa.<br />
77
Questo passaggio è possibile solo se si è in grado di quantificare il carico di<br />
presenze contemporanee di utenti di ricreazione che i singoli spazi determinati sono in<br />
grado di sostenere in condizioni tali da non compromettere l’integrità dell’ambiente.<br />
E’ questa una operazione che richiederebbe una analisi specifica di ogni singola<br />
conformazione territoriale, destinabile alle diverse attività ricreative, la formulazione di<br />
ipotesi di densità dei potenziali utenti, la valutazione delle possibili conseguenze<br />
sull’ambiente in condizioni limite di carico antropico.<br />
Gli studi condotti per determinare la cosiddetta “curring capacity turistica” sono<br />
molteplici e inquadrabili sia <strong>nel</strong>l’ambito applicato, sia <strong>nel</strong> contesto di elaborazioni<br />
teoriche sviluppate in termini generali 82 .<br />
Va inoltre tenuto conto che vari lavori realizzati sull’argomento, soprattutto tra<br />
gli anni ‘60 e ‘70, introducono coefficienti utilizzativi degli spazi ricreativi commisurati<br />
essenzialmente alle condizioni di disagio degli utenti, che è cosa ben diversa dalle<br />
condizioni limite di impatto sull’ambiente.<br />
In questa sede ci si limita a richiamare alcuni indirizzi metodologici di approccio<br />
al problema del rapporto-limite utenti/territorio, denominandolo standard di<br />
saturazione.<br />
Possiamo definire standard di saturazione, relativo a una certa attività<br />
ricreativa, la capacità massima, in termini di carico antropico, sopportabile da una<br />
porzione unitaria di superficie idonea allo svolgimento della attività stessa senza che ne<br />
derivino danni per l’ambiente e compatibilmente con il verificarsi di soddisfacenti<br />
condizioni per lo svolgimento dell’attività in oggetto.<br />
Dalla definizione emerge che ad ogni attività ricreativa è associabile uno<br />
standard di saturazione per la cui individuazione vanno presi in considerazione gli<br />
aspetti seguenti:<br />
a) la vulnerabilità ambientale dello spazio su cui si svolge l’attività ricreativa;<br />
b) l’impatto ambientale intrinseco dell’attività ricreativa;<br />
c) l’estensione minima degli spazi necessari per il soddisfacente svolgimento dell’attività<br />
ricreativa.<br />
Per altri versi può essere opportuno tener conto di un ulteriore aspetto, relativo<br />
al numero minimo di utenti necessari per la pratica dell’attività ricreativa.<br />
E’ intuibile la oggettiva difficoltà che si incontra <strong>nel</strong> momento in cui le<br />
considerazioni esposte si vogliano tradurre in un numero esprimente lo standard di<br />
saturazione, anche perchè ogni attività sollecita un certo spazio secondo modalità<br />
differenti, per cui le componenti dello spazio medesimo che vengono assoggettate a<br />
disturbo variano di volta in volta, coinvolgendo oltretutto una vasta gamma di campi<br />
disciplinari per la ricerca dei disturbi stessi.<br />
82 Indicazioni sui massimi carichi antropici ammissibili sono state in passato fornite da studi sui comprensori<br />
turistici dell'Italia centrale: CASMEZ, Comprensorio turistico n.18 del litorale abruzzese e molisano e del<br />
massiccio della Maiella, Maielletta, Altopiani maggiori, Mainarde. Studio per un piano di sviluppo turistico.<br />
SOMEA S.P.A.<br />
CASMEZ, Comprensoro turistico n.20, del Terminillo e dell'Alta Valle del Tronto: piano di sviluppo turistico.<br />
1968.<br />
Ulteriori indicazioni possono trarsi da: Di Fidio M., Architettura del paesaggio. Pirola Ed., Milano 1985.<br />
Travaglini F., Un <strong>parco</strong> da manuale: l'Uccellina. Silva, n.3/78, il Cormorano Ed., Milano 1987.<br />
Bertuglia C.S., Gualco I., Tadei R., Modello per la pianificazione ecologica e ricreativa dei parchi naturali, il<br />
caso del <strong>parco</strong> del Ticino. Guida Ed., Napoli 1983.<br />
Wilson J.P., Seney J.P.: Erosional impact of hikers, horses, motorcycles and off-road bicycles on mountain trails<br />
in Montana. Mountain Research and Development, International Mountain Society, Vol.14, n.1, Davis USA,<br />
1994.<br />
78
E’ però possibile esplicitare gli indirizzi di metodo mediante i quali possono<br />
essere valutati i tre aspetti sopra richiamati:<br />
a) l’analisi approfondita di questo punto va necessariamente rimandata al momento<br />
progettuale, in quanto presenta caratteri di estrema variabilità in funzione della tipologia<br />
dei vari spazi. In linea generale, si può affermare che alla determinazione della<br />
vulnerabilità ambientale concorrono essenzialmente i seguenti elementi:<br />
- la degradabilità del supporto fisico, delle entità idriche e delle manifestazioni<br />
climatiche (torrenti, cascate, specchi d’acqua, ghiaccia, nevai, etc..);<br />
- le caratteristiche delle associazioni vegetali presenti che possono essere più o meno<br />
resistenti a sollecitazioni di calpestio o di inquinamento vario (casi tipici le scioline di<br />
uso sciistico o gli additivi utilizzati per prolungare la presenza della neve al suolo);<br />
- le caratteristiche del substrato geologico del terreno, più o meno soggetto ad azioni<br />
erosive conseguenti alle azioni distruttive della copertura superficiale causate da<br />
autoveicoli o dalla stessa percorrenza pedonale se ad elevati livelli di frequenza e<br />
densità;<br />
- le caratteristiche ecologiche generali;<br />
- i ritmi stagionali dell’ambiente naturale (es. la maggiore suscettibilità al disturbo delle<br />
specie animali nei periodi riproduttivi).<br />
I limiti della tolleranza ambientale relativi agli elementi elencati possono derivare<br />
solo da una analisi speficica e specialistica dei vari aspetti, che utilizzi valori e parametri<br />
di origine sperimentale.<br />
b) Ogni attività ricreativa arreca all’ambiente un certo disturbo “caratteristico” variabile<br />
in funzione delle proprie usuali modalità di svolgimento.<br />
E’ evidente che le attività più disturbanti saranno quelle che necessitano del maggior<br />
supporto strutturale e infrastrutturale, o che provocano rumori, o che presuppongono<br />
elevate concentrazioni di persone o mezzi in ambiti spazialmente limitati.<br />
Le attività “di passaggio” (transito di uno stesso utente in uno stesso luogo per<br />
un massimo di due volte <strong>nel</strong>la stessa giornata ricreativa-tipo) arrecheranno di certo un<br />
disturbo inferiore a quelle “di stazionamento” (transito ripetuto e sosta prolungata<br />
<strong>nel</strong>l’ambito della giornata ricreativa-tipo).<br />
Sulla base di queste e di molte altre considerazioni è possibile stilare una<br />
classifica delle attività ricreative in ordine decrescente di impatto ambientale intrinseco<br />
di ognuna di esse.<br />
Nel caso di un territorio montano a frequentazione “bi-stagionale” la<br />
classificazione può essere la seguente:<br />
1. Sci di discesa<br />
2. Campeggio organizzato<br />
3. Pic nic<br />
4. Campeggio libero<br />
5. Sci di fondo (con riferimento alle strutture di servizio)<br />
6. Escursionismo equestre<br />
7. Gite in barca<br />
8. Speleologia e alpinismo su roccia<br />
9. Escursionismo pedonale<br />
10.Canoa fluviale<br />
11.Sci-alpinismo<br />
12.Alpinismo su ghiaccio.<br />
79
Risulta evidente come le attività meno pregiudizievoli per l’ambiente siano quelle<br />
definite <strong>nel</strong> precedente punto 4 di spazi liberi, soprattutto quelle invernali per le quali<br />
l’impatto al suolo è mediato dall’elemento neve.<br />
c) Le attività di ricreazione, oltre che agli aspetti già considerati, sono anche legate ad<br />
una certa disponibilità minima di spazi necessari per rendere soddisfacente<br />
l’esplicazione delle attività stesse, come risulta evidente considerando attività<br />
specializzate come lo sci di discesa.<br />
Dalle considerazioni esposte risulta come la determinazione dello standard di<br />
saturazione inerente una certa attività ricreativa sia operazione complessa e dipendente<br />
da un gran numero di variabili.<br />
Volendo fornire degli ordini di grandezza, utilizzando le fonti letterarie e di<br />
studio citate, e senza la pretesa di voler attribuire a questo passaggio “deterministico”<br />
una attendibilità generalizzabile, è possibile fornire i seguenti parametri di utilizzazione<br />
ricreativa:<br />
Pic nic 400 mq/p/g<br />
Gite in barca 300 mq/p/g<br />
Campeggio organizzato 40 mq/p/g<br />
Escursionismo equestre 20 p/km/g<br />
Escursionismo pedonale 20 p/km/g<br />
Alpinismo su roccia 2 p/itinerario/g<br />
Speleologia 3 p/cavità/g<br />
Campeggio libero 50 mq/p/g<br />
Canoa fluviale 20 p/km/g<br />
Sci di fondo 5000 mq/p/g<br />
Sci di discesa 15 p/ha/g<br />
Sci di fondo escursionistico 20 p/km/g<br />
Sci alpinismo 5 p/ha/g<br />
Alpinismo su ghiaccio 2 p/itinerario/g<br />
(p = persone, g=giorno)<br />
5.6. L’attrezzatura turistica<br />
Le forme e le modalità di ricreazione e, più in generale, di utilizzazione turistica del<br />
territorio, analizzate <strong>nel</strong> paragrafo precedente, possono essere effettivamente praticate<br />
solo se trovano il loro supporto in una dotazione di attrezzature di tipo adeguato.<br />
La realizzazione di attrezzature e infrastrutture, costituenti modificazioni fisiche<br />
permanenti del territorio, determina a sua volta problemi di compatibilità con l’integrità<br />
dell’ambiente ancora più delicati di quelli provocati dalla semplice presenza e dallo<br />
svolgimento di attività ricreative da parte dei fruitori del <strong>parco</strong>.<br />
Al massimo grado di potenziale compromissione ambientale si colloca infine la<br />
eventuale realizzazione di strutture ricettive atte a consentire ai turisti il soggiorno<br />
prolungato, cioè di durata superiore a un giorno.<br />
Attrezzature di supporto degli escursionisti, attrezzature per la ricettività<br />
sopragiornaliera, infrastrutture dei diversi tipi, determinano complessivamente la<br />
configurazione di una struttura insediativa turistica le cui caratteristiche e dimensioni, in<br />
rapporto alle esigenze di conservazione dell’ambiente, vanno attentamente calibrate.<br />
80
Al fine di fornire alcune linee metodologiche di approccio al problema, conviene<br />
accennare prima al dimensionamento delle attrezzature di supporto dell’escursionismo<br />
giornaliero, e poi a quello - più complesso - della ricettività turistica di maggior durata.<br />
Il procedimento esposto <strong>nel</strong> paragrafo 5.5 consente di determinare le forme di<br />
ricreazione turistica, sostenibili <strong>nel</strong> rispetto delle esigenze di <strong>tutela</strong> ambientale,<br />
compatibili con la tipologia dei diversi spazi del territorio considerato (offerta turistica<br />
del territorio).<br />
In base alla metodologia adottata l’offerta turistica può venire espressa attraverso<br />
l’indicazione della localizzazione delle diverse tipologie di ricreazione - cioè mediante<br />
uno zoning - e, tramite gli standards di saturazione degli spazi ricreativi, anche<br />
indicando la quantità massima di utenti dei diversi spazi <strong>nel</strong>le diverse forme di<br />
ricreazione.<br />
Questo procedimento viene applicato separatamente agli spazi ricreativi estivi e a quelli<br />
invernali, tanto <strong>nel</strong> caso della coincidenza di tali spazi, quanto <strong>nel</strong> caso di localizzazioni<br />
differenziate.<br />
La determinazione della localizzazione delle aree destinate all’uso ricreativo e la<br />
quantificazione dell’utenza ricreativa sostenibile consentono pertanto di costruire,<br />
sepratamente per la ricreazione estiva e per quella invernale, il progetto delle<br />
infrastrutture (viabilità, parcheggi, sistemi di comunicazione, impianti di risalita, etc.) e<br />
delle attrezzature (assistenza, ristoro, ricettività provvisoria, etc.) in rapporto alle<br />
dimensioni dell’utenza stessa, tenuto conto beninteso delle infrastrutture ed attrezzature<br />
preesistenti.<br />
L’offerta turistica, determinata come si è detto in precedenza, è espressa in presenze<br />
turistiche contemporanee sostenibili dal territorio del <strong>parco</strong>, indipendentemente dalla<br />
durata complessiva della singola permanenza.<br />
Va però tenuto conto del fatto che una presenza turistica di durata superiore ad un<br />
giorno richiede la dotazione di strutture ricettive, e quindi sposta i criteri della<br />
quantificazione dell’offerta turistica da un dimensionamento espresso in presenze<br />
turistiche giornaliere ad uno espresso in permanenze sopragiornaliere, cioè in termini di<br />
ricettività turistica.<br />
Secondo la impostazione “classica” dei piani di sviluppo turistico, la ricettività turistica<br />
consiste in una quota parte dell’offerta turistica che viene determinata in base a diversi<br />
criteri.<br />
Il criterio più utilizzato fa discendere la quantificazione della ricettività dalle<br />
caratteristiche del bacino di provenienza della domanda turistica, in particolare dalla<br />
sua collocazione rispetto al <strong>parco</strong> e dalle relative connessioni.<br />
In base a questi elementi si può ipotizzare infatti che una frazione più o meno<br />
consistente dell’offerta turistica - la quale, in considerazione della qualità del<br />
comprensorio, si suppone tutta coperta dalla domanda potenziale - sia alimentata da<br />
pendolarismo giornaliero per motivi di ricreazione turistica, e attribuire quindi solo alla<br />
quota residua la ulteriore domanda di una dionea dotazione di strutture ricettive.<br />
Ovviamente la quota di domanda di ricettività da soddisfare dipende dalla qualità<br />
dell’offerta turistica che, anche in condizioni di buona accessibilità giornaliera del<br />
bacino di utenza, può attrarre una quota più o meno consistente di prresenze di durata<br />
sopragiornaliera, e quindi richiedere una corrispondente dotazione ricettiva.<br />
81
Un criterio più “raffinato” fa derivare la quantificazione della ricettività dalla valutazione<br />
della dimensione e tipologia di strutture stabili la cui presenza sia ritenuta compatibile<br />
con la integrità dell’ambiente naturale e del paesaggio entro i quali le strutture devono<br />
essere collocate.<br />
Tale criterio sposta, opportunamente, i termini del problema dalla determinazione di<br />
una ricettività commisurata alla domanda di permanenza sopragiornaliera, alla<br />
definizione di un un dimensionamento della ricettività che non superi la soglia ritenuta<br />
compatibile con la conservazione dei valori essenziali del territorio.<br />
Questa valutazione di compatibilità è però di difficile determinazione, tanto è vero che<br />
non risulta sia stata espressa dagli studiosi del settore se non <strong>nel</strong>la forma generica di<br />
una percentuale dell’offerta turistica, più o meno elevata in relazione inversa rispetto<br />
alla rilevanza e alla vulnerabilità delle risorse ambientali.<br />
Va anche considerato che le metodologie disponibili sono finalizzate, più che ad una<br />
ipotetica valutazione aprioristica della dotazione massima di ricettività compatibile con<br />
l’ambiente, alla valutazione dell’impatto ambientale di singole attrezzature ricettive già<br />
definite <strong>nel</strong>la loro fisionomia quali-quantitativa.<br />
Una volta quantificata la ricettività turistica sostenibile dal territorio considerato<br />
(espressa generalmente in posti-letto) la metodologia classicane prevede la<br />
articolazione <strong>nel</strong>le fondamentali tipologie consistenti in:<br />
-strutture a rotazione d’uso (alberghi, pensioni), anche di tipo specializzato(rifugi, ostelli<br />
per la gioventù, strutture ricettive per turismo sociale);<br />
- strutture residenziali temporanee (seconde case <strong>nel</strong>le diverse tipologie:ville,<br />
condomini, residence, etc.);<br />
- strutture provvisorie (campings, case mobili).<br />
Naturalmente, per ciascuna di queste categorie viene valutata la quota di domanda già<br />
soddisfatta dalle strutture esistenti, e la quota residua da soddisfare mediante la<br />
costruzione di nuove strutture.<br />
La definizione dei criteri di localizzazione e delle tipologie delle unità ricettive e<br />
residenziali individua uno dei momenti più delicati di coerenza del piano con gli obiettivi<br />
della <strong>tutela</strong> dell’ambiente naturale e dell’habitat preeesistente.<br />
Alcune considerazioni sulle modalità con cui si sono evolute negli anni recenti le forme<br />
di insediamento permanente e di quello temporaneo in molte aree italiane, ricche di<br />
risorse ambientali, e non solo nei parchi, offrono l’opportunità di affrontare il tema della<br />
residenza turistica in termini coerenti con gli obiettivi del nostro lavoro.<br />
Nel precedente par. 2.3 abbiamo messo in evidenza come da tempo le zone montane<br />
abruzzesi, alla pari di alcune altre aree italiane ed europee, siano caratterizzate da un<br />
lato dallo sviluppo di nuovi insediamenti alberghieri e di residenza turistica in quota, e<br />
dal sempre più accentuato passaggio dalla prima verso la seconda di queste due<br />
tipologie di ospitalità turistica (in particolare dallo sviluppo della produzione di seconde<br />
case in condomini e/o “residences”) e, dall’altro lato, dal progressivo abbandono da<br />
parte degli originari abitanti dei vecchi insediamenti residenziali. Molto spesso questi<br />
insediamenti sono prossimi alle località di sviluppo turistico, e presentano grande<br />
interesse sotto il profilo storico-artistico o, quanto meno, dell’ambiente architettonico.<br />
Questo nostro lavoro, proprio perchè pone tra i suoi obiettivi la elaborazione di una<br />
metodologia tendente ad integrare le iniziative di istituzione del <strong>parco</strong> naturale, di<br />
sviluppo del turismo e di recupero dell’habitat preesistente, ci è sembrata una<br />
82
occasione opportuna per porre il discorso dello sviluppo della ricettività turistica in<br />
termini nuovi 83 .<br />
Va osservato che il comprensorio del Gran Sasso presenta condizioni che appaiono<br />
particolarmente idonee a questo riguardo : siamo infatti in presenza di numerosi antichi<br />
centri abitati in quota, disposti a corona intorno al massiccio, molti dei quali prossimi<br />
agli accessi alle aree destinate alle attività ricreative estive ed invernali, e di un ingente<br />
patrimonio edilizio non più utilizzato dai vecchi abitanti, teoricamente disponibile per il<br />
recupero ai fini residenziali turistici.<br />
Una linea di metodo che sposti le modalità di soddisfacimento della domanda di<br />
ricettività turistica, dalla creazione di nuove strutture insediative al recupero di<br />
insediamenti esistenti inutilizzati, consente, a nostro avviso, di porre in termini diversi<br />
anche l’aspetto quantitativo del problema.<br />
Il tetto massimo della ricettività e della residenza turistica sostenibile può essere infatti<br />
determinato in questo caso non in base a labili valutazioni di compatibilità ambientale<br />
ed alle presumibili caratteristiche della domanda proveniente dal bacino di utenza, ma<br />
in base alle dimensioni, in loco, di un patrimonio edilizio inutilizzato il cui recupero,<br />
anche ai fini turistici, può costituire occasione di riqualificazione, anzichè di<br />
compromissione, delle risorse ambientali intese <strong>nel</strong>la loro più ampia accezione.<br />
Il tema della ricettività turistica può essere allora posto determinando il valore globale<br />
dell’offerta di ricettività turistica sostenibile dalle strutture attuali come somma delle<br />
seguenti componenti:<br />
a) strutture a rotazione d’uso;<br />
b) strutture residenziali esistenti a destinazione turistica;<br />
c) strutture residenziali inutilizzate potenzialmente recuperabili per residenza turistica.<br />
Una valutazione delle dimensioni e delle caratteristiche della presunta domanda turistica<br />
può consentire un bilancio domanda-offerta sotto il profilo quantitativo e -soprattutto -<br />
qualitativo, suggerendo gli orientamenti di una politica di intervento, riferita<br />
particolarmente al recupero del patrimonio edilizio inutilizzato esistente.<br />
5.7. La struttura insediativa e il <strong>parco</strong> integrato<br />
E’ ovvio che il recupero del patrimonio edilizio inutilizzato ai fini residenziali turistici è<br />
solo una delle modalità attraverso le quali i centri storici del <strong>parco</strong> sono chiamati a<br />
riassumere un ruolo da protagonisti <strong>nel</strong>l’equilibrio del territorio.<br />
Le altre modalità, non meno importanti, e addirittura prevalenti, del perseguimento di<br />
questo recupero, sono legate al potenziamento delle funzioni residenziali per la<br />
popolazione stabile, mantenuta o richiamata in loco, e dalla doppia localizzazione delle<br />
strutture operative del <strong>parco</strong> e delle attività culturali e formative promosse dalla<br />
istituzione del <strong>parco</strong> stesso.<br />
In questa sinergia tra le diverse forme di sviluppo indotta dalla creazione del <strong>parco</strong> i<br />
centri storici assumeranno quindi un ruolo strategico <strong>nel</strong>la formazione del piano del<br />
<strong>parco</strong>.<br />
83 Sulle possibilità di recupero delle abitazioni inutilizzate nei centri storici per fini turistici si veda: Rolli G.L., il<br />
ruolo dei centri storici <strong>nel</strong>la programmazione territoriale turistica. Su: Risanamento e recupero dei centri storici<br />
minori del Lazio, Ed. DEI, Roma 1983.<br />
83
Il metodo descritto nei precedenti paragrafi, consistente <strong>nel</strong> delineare traiettorie di<br />
pianificazione articolate in relazione alle diverse modalità di <strong>tutela</strong> ambientale e di<br />
sviluppo della residenza, del turismo e delle attività produttive, trova a nostro avviso il<br />
suo logico sbocco in una visione di pianificazione territoriale integrata.<br />
Il sistema delle aree destinate alle attività produttive primarie, delle aree di <strong>tutela</strong>, degli<br />
spazi per la ricreazione, della ricettività turistica e dell’habitat permanente della<br />
popolazione locale si traduce infatti, sotto il profilo spaziale, in una struttura insediativa<br />
di cui qui si individuano i fondamentali componenti e si delinea la fisionomia<br />
complessiva che deriva dalla loro integrazione.<br />
Nelle proposte per il piano del Parco del Gran Sasso (Cap. 7) la struttura qui<br />
genericamente descritta assumerà una più definita conformazione territoriale.<br />
a) il sistema insediativo ha il suo fondamento nei centri abitati preesistenti, supporto<br />
della residenza degli abitanti stabili, delle sedi centrali dell’attività dell’Ente Parco, della<br />
residenza turistica privata e della ricettività alberghiera (ottenute in massima parte<br />
mediante il recupero dell’edilizia antica inutilizzata), dei servizi per la popolazione<br />
stabile e fluttuante, delle attività produttive artigianali e piccolo industriali;<br />
b) le attività ricreative si irradiano da un secondo sistema, quello degli accessi al <strong>parco</strong><br />
e alle zone ricreative estive e/o invernali, accessi costituenti i poli di scambio tra i<br />
mezzi di trasporto stradali (e, in alcuni casi, a fune) e le zone pedonali, i percorsi<br />
escursionistici, gli impianti per lo sci di discesa e così via.<br />
In corrispondenza degli accessi saranno localizzati tutti i necessari servizi (parcheggi,<br />
depositi di oggetti, noleggio attrezzature sportive, bar, ristoranti, spacci di generi vari,<br />
infermerie - pronto soccorso, telefono, servizi igienici, alcuni posti-letto, etc..).<br />
c) In relazione alla struttura del <strong>parco</strong> e agli accessi delle zone ricreative, saranno<br />
ubicate le sedi delle attività decentrate di servizio del <strong>parco</strong> (centri di controllo e di<br />
visita, centri di osservazione, studio e sperimentazione in campo naturalistico).<br />
In adeguato rapporto con gli accessi al <strong>parco</strong> si localizzano le strutture decentrate di<br />
supporto al turismo (campeggi, rifugi, etc..).<br />
d) Il sistema delle strutture di supporto della produzione agricola fa capo ad<br />
apposite sedi, localizzate in opportuno rapporto con i centri abitati e con le principali<br />
località di interesse colturale, forestale, zootecnico.<br />
Particolare interesse riveste anche l’organizzazione di adeguate forme di agriturismo,<br />
ospitate all’interno delle sedi delle attività agricole, preferibilmente mediante il recupero<br />
di vecchi manufatti agricolo-pastorali dismessi.<br />
e) Infine il sistema della viabilità, oltre a costituire il tramite di comunicazione con<br />
l’ambiente esterno, connette, con tronchi aventi diverse caratteristiche, le varie<br />
componenti del sistema insediativo previsto.<br />
Il metodo descritto in questo lavoro propone un procedimento di pianificazione del<br />
<strong>parco</strong> che integra gli interventi rivolti alla <strong>tutela</strong> delle risorse ambientali naturalistiche,<br />
storiche, artistiche, umane con quelli destinati alla promozione dell’habitat e delle<br />
attività della popolazione locale, e allo sviluppo di adeguate forme e modalità del<br />
turismo.<br />
Si individua in tal modo una forma di programmazione del <strong>parco</strong> articolata per aree<br />
integrate di <strong>tutela</strong> e di <strong>valorizzazione</strong> ambientale, aree per le quali viene spontaneo<br />
proporre la denominazione di <strong>parco</strong> integrato, estendendo il concetto di <strong>parco</strong><br />
naturale, oggi generalizzato come sinonimo di una entità spaziale esclusivamente<br />
84
protezionistica, ad una più ampia visione secondo la quale le forme della conservazione<br />
si articolano e si coniugano a quelle di un oculato uso delle risorse dell’ambiente.<br />
Tutti gli interventi dovranno derivare da una idonea programmazione il cui obiettivo<br />
fondamentale sarà la individuazione, mediante un opportuno processoi di<br />
compatibilizzazione, di modalità e dimensioni di sviluppo insediativo integrate in un<br />
quadro generale di <strong>tutela</strong> dei valori dell’ambiente e di rivitalizzazione delle strutture<br />
produttive e dell’insediamento stabile. Secondo questa visione, particolare attenzione<br />
dovrà essere rivolta, come si è visto, alla utilizzazione di tutte le occasioni di recupero<br />
dei vecchi insediamenti degradati o abbandonati, come strutture di ricettività e di<br />
servizio turistico, innescando a tal fine tutte le opportune forme di coinvolgimento<br />
sociale ed economico degli abitanti stabili.<br />
85
PARTE II<br />
PROGETTO GRAN SASSO<br />
Premessa<br />
Lo studio che si presenta in questa seconda parte del lavoro è incentrato sul territorio<br />
del Gran Sasso d’Italia, configurandosi a tutti gli effetti come una applicazione dei<br />
criteri metodologici enunciati nei capitoli precedenti.<br />
L’area di studio si estende per oltre centotrentamila ettari ad abbracciare tutti i versanti<br />
del massiccio montuoso, coinvolgendo, come si vedrà più in dettaglio <strong>nel</strong> seguito,<br />
molteplici entità amministrative di livello comunale e provinciale 84 .<br />
Bisogna precisare che l’applicazione territoriale a cui ci si riferisce, e pertanto anche tutti<br />
i dati forniti e le elaborazioni effettuate, comprende unicamente l’ambito montuoso del<br />
Gran Sasso e non anche quello dei Monti della Laga, anche se le due strutture<br />
montuose sono state poi aggregate in un unico <strong>parco</strong> nazionale dalla legge 394/91.<br />
La ricerca interfacoltà ex M.P.I. 40% (<strong>Progetto</strong> Gran Sasso) da cui si è originato il<br />
presente studio è iniziata ufficialmente <strong>nel</strong> 1985, ma già raccogliendo un patrimonio di<br />
sviluppi e conoscenze elaborato fin dal 1981. All’epoca nulla faceva presumere che, in<br />
un eventuale provvedimento-quadro sui parchi nazionali italiani, potessero venire<br />
conglobati in una unica unità di <strong>tutela</strong> due territori di questa estensione e, soprattutto,<br />
con le note differenze geomorfologiche, paesaggistiche, naturalistiche, nonchè storiche<br />
e culturali.<br />
Lo studio ha prodotto delle ipotesi di organizzazione territoriale che, pur<br />
abbondantemente riferite al corredo delle vaste conoscenze disciplinari incrementato<br />
<strong>nel</strong> corso degli anni 85 , risultano del tutto autonome rispetto al dibattito che, dal 1991<br />
ad oggi, ha interessato il problema della perimetrazione del <strong>parco</strong> nazionale dei Monti<br />
della Laga-Gran Sasso.<br />
Nella fase finale si è tuttavia proceduto ad una doverosa attualizzazione in tal senso,<br />
effettuando un confronto tra la conformazione perimetrale decretata in sede ministeriale<br />
e quella prodotta dallo studio, rivedendo quest’ultima in ordine ad alcuni aspetti pratici<br />
e valutandone coincidenze e distacchi rispetto a quella di legge.<br />
84 Per i criteri di determinazione dell’area di studio si veda: Rolli G.L., Romano B.: <strong>Progetto</strong> Gran Sasso, 1988<br />
op.cit.<br />
85 Vedi a proposito: Console C., Romano B., Tobia C..: Bibliografia generale del Gran sasso d’Italia (fino al<br />
1982). Club Alpino Italiano, Sezione dell’Aquila, L’Aquila 1987.<br />
86
CAP. 6<br />
L’ANALISI DEL TERRITORIO<br />
Tutte le elaborazioni tese a sintetizzare la conoscenza della struttura territoriale<br />
del comprensorio del Gran Sasso sono state di volta in volta acquisite da studi e<br />
ricerche settoriali sviluppate in occasioni diverse.<br />
Molte indicazioni sono state inoltre tratte dalla produzione cartografica e<br />
documentale “istituzionale” messa in atto soprattutto dalla Regione Abruzzo, citando<br />
ogni volta che se ne ravvede la necessità le singole fonti.<br />
In particolare questa fase di riaggregazione degli elementi significativi del<br />
territorio ai fini della sua comprensione per la <strong>tutela</strong> e l’utilizzazione hanno riguardato<br />
l’uso del suolo, la morfologia del territorio, gli aspetti naturalistici e culturali, le<br />
caratteristiche della popolazione, la tipologia e la localizzazione delle infrastrutture, gli<br />
strumenti attualmente usati per la gestione del territorio da parte della pubblica<br />
amministrazione.<br />
6.1 La morfologia<br />
Il massiccio del Gran Sasso d'Italia, gruppo montuoso a cui appartiene la più alta vetta<br />
degli Appennini (Corno Grande 2914 m s.l.m), rappresenta sicuramente, unitamente<br />
agli altri sistemi montuosi dell'Italia centro-meridionale, diversi comunque da esso per<br />
caratteristiche (Monti Sibillini, Monti della Laga, Monte Velini-Sirente, Massiccio della<br />
Maiella, Monti del Parco nazionale d'Abruzzo, Monti Carseolani, Monti Simbruini-<br />
Ernici, Monte Pollino etc.), un'entità molto importante, e per certi versi unica, dal punto<br />
di vista naturalistico-ambientale.<br />
Fisicamente il gruppo montuoso del Gran Sasso è costituito da una lunga<br />
dorsale estesa per circa 35 km con orientamento Ovest-Est lungo la quale sono<br />
disposti in sequenza da Ovest :<br />
- Monte San Franco (2132 m s.l.m)<br />
- Monte Jenca (2208 m s.l.m)<br />
- Pizzo di Camarda (2332 m s.l.m)<br />
- Pizzo Cefalone (2533 m s.l.m)<br />
- Monte Portella (2338 m s.l.m)<br />
- Monte Aquila (2494 m s.l.m)<br />
- Monte Brancastello (2385 m s.l.m)<br />
- Monte Prena (2561 m s.l.m)<br />
- Monte Camicia (2564 m s.l.m)<br />
- Monte Tramoggia (2331 m s.l.m)<br />
- Monte Siella (2000 m s.l.m)<br />
- Monte San Vito (1891 m s.l.m).<br />
Da questa dorsale principale si dipartono, con orientamento Nord- Sud, le tre<br />
dorsali che culminano con le tre vette più elevate del gruppo :<br />
- Monte Corvo (2625 m s.l.m) all'altezza del Pizzo di<br />
Camarda<br />
- Pizzo Intermesoli (2635 m s.l.m) all'altezza del<br />
87
Pizzo Cefalone<br />
- Corno Grande (2914 m s.l.m) e Corno Piccolo (2655 m<br />
s.l.m) all'altezza del Monte Portella.<br />
Degne di nota sono anche alcuni valli come la Val Maone e la Valle del Rio<br />
Arno, la Valle Venacquaro, la Valle di Chiarino, la Valle dell'Inferno, la Valle d'Angri e<br />
la Val Voltigno, che sono poi le zone di maggiore interesse ambientale e naturalistico e<br />
quindi quelle in cui operare con i massimi gradi di <strong>tutela</strong>.<br />
Caratteristico è l'altopiano di Campo Imperatore della lunghezza di oltre 15 km<br />
e largo oltre 5 km, delimitato a Nord dalla dorsale principale <strong>nel</strong> tratto che va da<br />
Monte Aquila a Monte San Vito, e a Sud da una sequenza di dorsali minori culminanti<br />
nei rilievi di:<br />
- Monte Scindarella (2233 m s.l.m)<br />
- Costa Ceraso (1965 m s.l.m)<br />
- Monte Cecco d'Antonio (1954 m s.l.m)<br />
- Monte Bolza (1904 m s.l.m)<br />
- Monte Capo di Serre (1771 m s.l.m).<br />
............FIG. 3 Schema strutturale del massiccio montuoso del Gran sasso<br />
6.2. L’uso del suolo<br />
L'indagine relativa all'uso attuale del suolo e'stata condotta sulla base delle<br />
informazioni cartografiche contenute <strong>nel</strong> Sistema Informativo Territoriale Regionale<br />
della Regione Abruzzo 86 .<br />
Il lavoro svolto è stato finalizzato al rilevamento, <strong>nel</strong> territorio di studio, delle<br />
varie categorie di uso del suolo che sono contenute <strong>nel</strong>la base cartografica regionale<br />
secondo lo schema di aggregazione riportato in Tab. N° 4. Sono state in particolare<br />
evidenziate quelle categorie omogenee per tipo d'uso (p. es. le varie aree seminative)<br />
86 Regione Abruzzo, Settore Urbanistica e Beni Ambientali: Carta dell’Uso del Suolo !:25.000. Firenze 1987.<br />
88
oppure con diversi tipi di copertura, ma riconducibili a stessi usi (p.es. le varie<br />
categorie di pascolo o di incolto).<br />
In primo luogo sono state poste in evidenza tutte le componenti di maggior<br />
importanza dal punto di vista naturalistico o climatico, come ad esempio le aree<br />
forestali, le aree rupicole e detritiche, i nevai ed i ghiacciai.<br />
Inoltre sono state evidenziate altre categorie di spazi produttivi primari,<br />
distinguendo quelle a carattere seminativo , che quindi prevedono un uso estensivo del<br />
territorio , da quelle riguardanti le colture di maggior pregio e quindi le colture<br />
specializzate .<br />
Si è differenziato l'uso seminativo irriguo sia per il diverso valore economico<br />
che hanno i terreni così coltivati, sia per il diverso tipo di impatto che le strutture a<br />
servizio dell'irrigazione , presenti o eventualmente da potenziare, hanno nei confronti<br />
<strong>dell'ambiente</strong> .<br />
Le rimanenti categorie prese in considerazione sono quelle che, per motivi di<br />
degrado ambientale di origine antropica o naturale, dovrebbero divenire teoricamente<br />
oggetto di azioni di recupero e restauro ai fini ambientali oppure ai fini produttivi agrari.<br />
Tab. N° 14 - SCHEMA DI AGGREGAZIONE DELLE CATEGORIE DI USO DEL SUOLO<br />
Sn - Seminativo non irriguo<br />
Sa - Seminativo arborato Seminativo<br />
So - Coltura orticola<br />
Si - Seminativo irriguo Seminativo irriguo<br />
Cv - Vigneto specializzato<br />
Cg - Frutteto specializzato Coltura<br />
Co - Oliveto specializzato Specializzata<br />
Cs - Serre e vivai<br />
Cd - Coltura degradata Coltura degradata<br />
Lp - Arboricoltura Arboricoltura<br />
Blf - Bosco di latifoglie,fustaia<br />
Blc - Bosco di latifoglie,ceduo Aree forestali<br />
Bm - Bosco misto<br />
Bc - Bosco di conifere Rimboschimenti<br />
Br - Rimboschimento e conifere<br />
Bd - Bosco degradato Bosco degradato<br />
Pp - Pascolo<br />
Pr - Prato permanente Pascolo<br />
Pm - Prato pascolo<br />
Pd - Pascolo degradato Pascolo degradato<br />
Ic - Incolto cespugliato<br />
Ia - Incolto con alberi Incolto<br />
Ir - Incolto con rocce e accumuli detritici<br />
Im-Id - Incolto misto e/o degradato<br />
Nr - Rocce ed accumuli detritici Rocce e detriti<br />
89
Ne - Aree in erosione Erosione<br />
Ag - Nevai perenni e ghiacciai Nevai e ghiacciai<br />
L'indagine sull'uso del suolo condotta secondo le modalità descritte ha fornito<br />
le indicazioni di consistenza delle singole categorie evidenziate, che vengono riportate in<br />
Tab. N° 5<br />
Tab. N° 15 - CONSISTENZA DELLE CATEGORIE DI USO DEL SUOLO<br />
CATEGORIE D'USO SUPERFICIE (ha) INCIDENZA %<br />
Suoli urbanizzati 4.092 2,17<br />
Seminativi 38.936 20,68<br />
Seminativi irrigui 4.600 2,44<br />
Colture specializzate 1.405 0,75<br />
Colture degradate 180 0,01<br />
Aree forestali 44.156 23,45<br />
Rimboschimenti 4.054 2,15<br />
Boschi degradati 445 0,24<br />
Pascoli 58.962 31,31<br />
Pascoli degradati 3.352 1,77<br />
Incolti 18.835 10,00<br />
Rocce e detriti 6.234 3,31<br />
Erosione 2.971 1,58<br />
Aree estrattive 109 0,06<br />
TOTALE<br />
186.979<br />
90<br />
100,00<br />
Nota: La differenza tra la superficie territoriale totale risultante da questa tabella e quella relativa invece all’area di studio (inferiore di<br />
circa 47.000 ha) è dovuta al fatto che le estensioni delle singole categorie di uso del suolo sono state ricavate attraverso l’elaborazione<br />
automatica dei dati forniti dalla cartografia numerica elaborata dalla Regione Abruzzo (si veda nota n. 75) sulla base degli interi territori<br />
comunali, mentre invece, <strong>nel</strong>l’area di studio, alcuni ambiti comunali sono compresi solo parzialmente.<br />
..............TAB. 16.....tabelle comunali dell’uso del suolo...............<br />
Le seguenti note segnalano alcuni aspetti caratteristici dell'area di studio del<br />
<strong>parco</strong> del Gran Sasso, avvalendosi dei dati per comune riportati in Tab. N° 6:<br />
- si evidenzia la diversa connotazione del versante settentrionale e meridionale<br />
relativamente all'estensione delle aree boschive, che sono molto più estese e continue<br />
sul versante a nord. In particolare il territorio di studio sito in provincia dell'Aquila, pur<br />
rappresentando i 2/3 dell'area totale studiata, presenta la stessa estensione di aree<br />
forestali (22.650 ha) del territorio compreso <strong>nel</strong>le altre due province di Teramo e di<br />
Pescara.<br />
- i pascoli sono estesi per ca. 62.000 ha, pari al 33 % dell'area di studio, e per la<br />
quasi totalità sono presenti sul versante meridionale (46.000 ha) , soprattutto<br />
sull'altipiano di Campo Imperatore , contro i poco più di 15.000 ha presenti sul<br />
versante settentrionale;
- i terreni incolti sono fortemente concentrati <strong>nel</strong>la zona compresa tra Barisciano e la<br />
piana di Navelli (ca. 13.500 ha) che pure presenta forte vocazione agricola , come<br />
testimoniano le estese aree seminative. Nel versante settentrionale la presenza degli<br />
incolti è limitata a ca. 5300 ha;<br />
- la estensione di terreni destinati ad uso seminativo ammonta a circa 43.500 ha. Una<br />
consistente presenza di seminativi irrigui si riscontra lungo il corso dell'Aterno e <strong>nel</strong>le<br />
immediate vicinanze della città dell'Aquila;<br />
- le colture specializzate sono scarsamente presenti e concentrate per lo più tra Navelli<br />
e Ofena .<br />
La ricognizione dell'uso del suolo costituisce un passaggio operativo di<br />
notevole importanza, in quanto i suoi contenuti sono di supporto ad una nutrita serie di<br />
applicazioni e sintesi successive. In particolare questo elaborato entra come componente<br />
fondamentale <strong>nel</strong>la determinazione delle modalità d'uso potenziale per la conduzione del<br />
processo di classificazione delle potenzialità agricole, unitamente alle analisi sull'altimetria<br />
, la clivometria e i substrati pedogenetici.<br />
L'uso del suolo fornisce anche indicazioni attinenti la localizzazione e la<br />
estensione di alcune delle risorse naturali, quali le aree forestali, le aree rocciose e<br />
detritiche. Quest'ultimo tipo di determinazione porta poi l'uso attuale del suolo ad<br />
intervenire anche <strong>nel</strong> processo di zonazione del <strong>parco</strong>.<br />
6.3 Valori naturalistici<br />
Nello studio di un ambito territoriale di dichiarata rilevanza ambientale,<br />
destinato alla realizzazione di un <strong>parco</strong> nazionale, la ricognizione dei valori naturalistici<br />
assume un ruolo di importanza centrale.<br />
Questa particolare indagine è poi quella <strong>nel</strong>la quale emerge <strong>nel</strong> modo più<br />
sostanziale la necessità di una compartecipazione scientifica interdisciplinare per poter<br />
garantire il rilievo delle componenti naturalistiche fin <strong>nel</strong> necessario dettaglio.<br />
Come è già stato anticipato <strong>nel</strong>la premessa metodologica del presente lavoro,<br />
<strong>nel</strong> caso del Gran Sasso d'Italia ci si è avvalsi della cospicua documentazione letteraria<br />
prodotta negli anni da studiosi di una grande varietà di aspetti. Da questa<br />
documentazione sono state tratte le indicazioni per l'inserimento delle entità territoriali<br />
<strong>nel</strong>la categorie delle " emergenze " da salvaguardare.<br />
Si sono definite come emergenze ambientali quegli elementi sia areali che<br />
puntuali del territorio caratterizzati in modo da differenziarsi dalle aree circostanti per la<br />
loro rilevanza ecologica, scientifica, culturale e sociale, tenendo conto anche del loro<br />
stato di conservazione.<br />
Scopo di questa indagine è individuare e definire, con la maggior completezza<br />
possibile, come primo passo per l'articolazione di una proposta di <strong>tutela</strong> del territorio,<br />
elementi relativi alla tipologia, all'estensione e alla localizzazione delle emergenze<br />
91
ambientali che successivamente dovranno essere inserite, con varie modalità, negli<br />
ambiti di <strong>tutela</strong> previsti dal piano del <strong>parco</strong>.<br />
Nello specifico si sono considerati :<br />
Elementi complessi di interesse vegetazionale e faunistico<br />
- Aree forestali;<br />
- Aree di erosione ed accumulo detritico;<br />
- Aree a quota superiore ai 1.800 m s.l.m.;<br />
- Biotopi;<br />
Fenomenologia carsica;<br />
- Aree a doline;<br />
- Piani carsici;<br />
- Cavità sotterranee;<br />
- Laghi carsici;<br />
Sistema fluvio-lacuale<br />
- Principali fiumi e torrenti;<br />
- Laghi naturali e artificiali;<br />
Sistema delle nevi perenni<br />
- Ghiacciai;<br />
- Nevai permanenti;<br />
Sono stati definiti " elementi complessi di interesse vegetazionale e faunistico " tutte<br />
quelle entità alle quali, in termini generali, è attribuibile una importanza sul piano<br />
naturalistico ed ecologico 87 .<br />
Con questi presupposti sono state evidenziate le aree forestali in quanto, al di<br />
là di specifiche segnalazioni relative ad una riscontrata rilevanza naturalistica,<br />
costituiscono senza dubbio un ecosistema fondamentale per la sopravvivenza di<br />
numerose specie animali e vegetali.<br />
Le aree rupicole, detritiche e di erosione, unitamente alle aree poste al di sopra<br />
dei 1800 m s.l.m. (che <strong>nel</strong>l'orizzonte vegetazionale appenninico rappresenta il limite<br />
superiore della vegetazione arborea) presentano una grande importanza sul piano<br />
vegetazionale 88<br />
Un ulteriore componente naturale individuata è quella dei biotopi, ovvero di<br />
porzioni di territorio contraddistinte dalla presenza documentata di uno o più elementi<br />
di grande interesse biologico.<br />
87 Per le caratteristiche faunistiche del massiccio del Gran Sasso si veda in particolare: Bologna M.A.: Aspetti<br />
faunistici del Gran Sasso d’Italia. Caratteristiche del popolamento ed ipotesi di gestione. Bollettino Sezione<br />
C.A.I. L’Aquila, s.III, n.11, L’Aquila 1985.<br />
Biondi M., Bologna M.A.: Fauna del Gran Sasso. Guida ai Monti d’Italia “Gran Sasso d’Italia”, C.A.I., T.C.I.,<br />
Milano 1992.<br />
Di Fabrizio F.: Aspetti vegetazionali e faunistici del Parco Gran sasso-Laga. Bollettino della Sezione C.A.I.<br />
dell’Aquila, III s., n. 25, L’Aquila 1992.<br />
Tassi F.:....omaggio al gran sasso.............aggiungere...<br />
88 Tammaro F.: Caratteri naturalistici del territorio. In: Vittorini M. (a cura): Studio per il <strong>parco</strong> del Gran Sasso<br />
d’Italia. Regione Abruzzo, Comunità Montana Campo Imperatore Piana di navelli, TECNOCASA e.t.a.,<br />
L’Aquila 1994.<br />
92
Molte sono le specie che vari autori hanno segnalato di rilevante interesse<br />
ospitate <strong>nel</strong> territorio del Gran Sasso. Oltre all' enorme estensione boschiva dei<br />
versanti settentrionali, le zone cacuminali sono ricche di endemismi e specie rare tra cui<br />
la Viola magellense, il cinoglosso, la sassifraga, il Leontopodium nivale, la Peonia<br />
officinalis, la genziana dinarica 89 .<br />
Di una certa rilevanza risultano anche i biotopi presenti <strong>nel</strong>l'area interessata e<br />
censiti in gran parte a cura della Società Botanica Italiana 90 .<br />
Biotopi<br />
Monte San Franco: ha 480<br />
Prati di Tivo: ha 2.000<br />
Gran Sasso d'Italia: ha 4.600<br />
Val Voltigno: ha 200<br />
Valle d'Angri: ha.<br />
E' stata inoltre prestata una certa attenzione al settore geomorfologico, soprattutto<br />
relativamente alla fenomenologia carsica. Del resto, in un massiccio montuoso<br />
prevalentemente calcareo quale è il Gran Sasso d'Italia, le forme carsiche connotano<br />
decisamente il paesaggio ipogeo ed epigeo. Sono state segnalate, come forme rilevanti<br />
di superficie, le aree a doline, i piani carsici ed i laghi carsici, oltre alle cavità<br />
sotterranee 91 .<br />
Cavità sotterranee<br />
Grotta dell'Eremita<br />
Grotta del Lupo<br />
Grotta di Santa Maria<br />
Grotta della Volpe<br />
Grotta a male<br />
Grotta del Diavolo<br />
Fonte Grotta<br />
Grotta dell'Oro<br />
Grotta di vena Fracica<br />
Grotta di vena Pecorale<br />
Grotta di Largarola<br />
Grotta di Fonte Breccione<br />
Faglia dello Schiapparo<br />
Pozzo Fonte dei Banditi<br />
89 Tammaro F.: Compendio sulla flora del Gran Sasso d’Italia. Monografie dei Quaderni del Museo di<br />
Speleologia “V.Rivera”, n.2. L’Aquila 1983.<br />
90 Gruppo di lavoro per la conservazione della natura della Società Botanica Italiana: Censimento dei biotopi<br />
di rilevante interesse vegetazionale meritevoli di conservazione in Italia. Vol. I,II, Camerino 1979.<br />
Si veda anche: Cooperativa Progettazione Integrata: Ipotesi di un sistema regionale di parchie riserve regionali.<br />
Quaderni della programmazione, n.2. Regione Abruzzo, Ufficio Programmazione, Unità Operativa Parchi e<br />
Riserve Naturali. Teramo 1984.<br />
91 Regione Abruzzo, Settore Urbanistica e Beni Ambientali, Società Speleologica Italiana, Delegazione<br />
Regionale per l’Abruzzo: Censimento delle aree carsiche meritevoli di <strong>tutela</strong>. L’Aquila 1987.<br />
Lucreezi A.:.............omaggio al Gran Sasso-aggiungere......<br />
Ortolani M., Moretti A.: Ricerche sulla morfologia e idrologia carsica, il Gran Sasso d’Italia, versante<br />
meridionale. C.N.R., Bologna 1950.<br />
Burri E., Agostini S., Celico P., Iacovone D., Romano B.: Unità morfocarsiche della regione Abruzzo. Regione<br />
Abruzzo, Società Geografica Italiana, Società Speleologica Italiana, Firenze 1995.<br />
93
Laghi carsici<br />
Lago di Pietranzoni<br />
Lago di Paganica<br />
Lago di Assergi<br />
La Fossetta<br />
Lago di Barisciano<br />
Lago di Filetto<br />
Lago di Passaneta<br />
Lago di Racollo<br />
Lago di San Pietro<br />
Lago di Santo Stefano<br />
Lago Sfondo<br />
Oltre all'importanza di tipo morfologico, è da notare, in particolare per le grotte ed i<br />
laghi carsici, le associazioni che frequentemente si riscontrano con una valenza di tipo<br />
biologico. Le componenti del sistema idrologico sono state segnalate limitatamente ai<br />
fatti macroscopici, come i fiumi, i torrenti ed i laghi, sia naturali che di origine artificiale.<br />
Anche in questo caso la lettura eseguita di questa categoria di risorse è<br />
derivata dal presupposto che, in generale , i corsi e gli specchi d'acqua costituiscono<br />
sempre ecosistemi di un certo valore naturalistico. Questo a meno di eventuali<br />
condizioni localizzate di degrado o inquinamento, certamente presenti <strong>nel</strong> comprensorio<br />
di studio, ma che comunque non sminuiscono il ruolo ambientale delle risorse<br />
interessate.<br />
Gli stessi laghi artificiali che, se escludiamo quelli carsici già citati, sono<br />
pressochè gli unici ad essere presenti in forma consistente <strong>nel</strong>l'area del Gran Sasso,<br />
hanno acquisito, al di là dell'origine artificiosa, una certa integrazione ambientale. Caso<br />
emblematico è il lago di Penne, derivato da uno sbarramento del fiume Tavo, ed<br />
attualmente sede di una Riserva naturale giustificata dalla presenza di numerose specie<br />
avifaunistiche stanziali e migratorie 92 .<br />
Seppur in misura diversa, una valutazione analoga può farsi per il grande Lago<br />
di Campotosto, posto a Nord- Ovest dell'area di studio 93 .<br />
Un'ultima rilevazione attiene al sistema delle nevi perenni. L'importanza di<br />
questa presenza <strong>nel</strong> Gran Sasso 'Italia è ormai nota da tempo e documentata da un<br />
ampia documentazione letteraria. Rilevante soprattutto la presenza del Ghiacciaio del<br />
Calderone, il più meridionale d'Europa. Classificato come ghiacciaio alpino di 2°<br />
ordine, e più precisamente come " ghiacciaio di circo ", l'intero corpo glaciale occupa<br />
una estensione di circa 6 ha con quote variabili tra i 2700 ed 1 2870 m s.l.m..<br />
Una importanza sostanzialmente analoga, seppur in tono minore, è da attribuirsi ai<br />
nevai permanenti del massiccio, abbastanza numerosi e costituenti microsistemi<br />
ambientali di grande delicatezza 94 .<br />
92 AA.VV., Riserva Naturale regionale Lago di Penne, Piano di assetto naturalistico. Cogecstre Ed., Penne 1990.<br />
93 Papa, P., Dundee, V.: Check-list degli uccelli della riserva statale “Lago di Campotosto”. Bollettino C.A.I.<br />
Sezione dell’Aquila, III s., n. 28, L’Aquila 1993.<br />
94 Per indicazioni circa le caratteristiche del Ghiacciaio del Calderone e dei nevai permanenti del Gran Sasso<br />
vedasi i lavori pubblicati su più numeri del Bollettino della Sezione dell’Aquila del Club Alpino Italiano, serie<br />
III, a firma di L. Adamoli, D. Alessandri, A. Clementi, C. Smiraglia, C. Tobia.<br />
94
Ghiacciai<br />
Ghiacciaio del Calderone<br />
Nevai permanenti<br />
Conca del Sambuco<br />
Fonte Rionne<br />
Fosso della Rava<br />
Gravone<br />
Fosso Malepasso<br />
Il tema analizzato in questa elaborazione rientra ancora <strong>nel</strong> processo di analisi delle<br />
risorse, in special modo del sistema ambiente naturale, che ha come scopo principale<br />
l'individuazione di tutte le emergenze che meritano di essere sottoposte alle varie forme<br />
di <strong>tutela</strong> previste dalla legge quadro sulle aree protette. Di conseguenza questo tipo di<br />
analisi è entrato <strong>nel</strong>la realizzazione dello zoning del <strong>parco</strong>, <strong>nel</strong>la individuazione delle<br />
potenzialità turistiche estive ed invernali ed infine, come elemento fondamentale, <strong>nel</strong>le<br />
proposte di assetto per il sistema della <strong>tutela</strong> ambientale.<br />
Le presenze naturalistiche rilevate sul territorio di studio risultano fortemente<br />
concentrate <strong>nel</strong>la parte centro-settentrionale della montagna. Del resto le massime<br />
estensioni forestali, i più importanti corpi idrici superficiali, nonchè le maggiori<br />
estensioni di territori scarsamente antropizzati si trovano proprio in questi settori del<br />
massiccio. Il versante meridionale in quota è stato molto più frequentato storicamente<br />
dall’Uomo e si presenta costituito da grandi estensioni di pascoli con radi boschi e,<br />
conseguentemente, risulta caratterizzato da un più limitato interesse naturalistico.<br />
Il territorio meridionale presenta altresì importanti caratteri di natura<br />
geomorfologica, quali l’altopiano carsico di Campo Imperatore, un diffuso sistema di<br />
laghi carsici e di alcune cavità di grande interesse, e i due rilevanti corsi d’acqua del<br />
Raiale e del Tirino.<br />
6.4. I valori storici ed architettonici<br />
La conoscenza e la <strong>tutela</strong> del patrimonio culturale, che va dai beni archeologici,<br />
storico-artistici , ai centri antichi ed ai valori del paesaggio è elemento fondamentale del<br />
lavoro svolto, perchè serve come base sia per le esigenze di <strong>tutela</strong> sia per<br />
l'individuazione delle modalità di recupero e di riuso del patrimonio insediativo ,<br />
compresa la <strong>valorizzazione</strong> turistica .<br />
Le analisi relative al patrimonio storico, artistico, architettonico ed archeologico sono<br />
state tratte sia da dati pubblicati, sia da informazioni dirette presso la Soprintendenza ai<br />
B.A.A.A.S. dell’Aquila e la Soprintendenza ai beni archeologici di Chieti.<br />
L'insieme delle informazioni raccolte è stato esaminato e ordinato per categorie<br />
differenti (p. es. elementi religiosi , opere fortificate etc.), che a loro volta sono state<br />
suddivise, ancora più specificatamente, per distinguere le varie tipologie presenti 95<br />
95Si veda: Clementi A..:L’organizzazione demica del Gran Sasso <strong>nel</strong> medio evo. Ed. Libreria Colacchi,<br />
L’Aquila 1991.<br />
Si veda inoltre: Deputazione abruzzese di Storia Patria: Homines de Carapellas, Storia e archeologia della<br />
Baronia di Carapelle. Ed. Japadre, L’Aquila 1988.<br />
95
Nuclei storici complessi con presenza di elementi diffusi<br />
Elementi religiosi e di culto :<br />
Chiese e santuari<br />
Edifici religiosi fortificati<br />
Conventi<br />
Opere fortificate :<br />
Borgo fortificato<br />
Castello<br />
Torre<br />
Elementi Archeologici :<br />
Principali centri di epoca romana<br />
Siti archeologici estesi<br />
Siti archeologici circoscritti<br />
Presenze di archeologia industriale<br />
Viabilità storica<br />
Viabilità di epoca romana<br />
Tratturi<br />
Elementi di architettura rurale<br />
L'elaborazione dei dati ha portato ad evidenziare aree con una diffusione di<br />
emergenze storico-artistiche diverse. Nelle vicinanze dei centri di epoca romana sono,<br />
ovviamente, preponderanti gli insediamenti archeologici. Gli stessi tipi di insediamenti si<br />
ritrovano lungo i percorsi che anticamente collegavano i versanti Nord e Sud del<br />
massiccio del Gran Sasso, o che permettevano alle greggi il raggiungimento<br />
dell'altipiano di Campo Imperatore.<br />
Lungo le antiche strade romane e lungo i tracciati dei tratturi si ritrovano poi<br />
tutti i centri abitati che presentano caratteristiche storico-architettoniche diverse per<br />
effetto delle modificazioni dovute a costruzioni sorte in epoche diverse. Le aree a più<br />
forte concentrazione sono quelle relative alle prime pendici del massiccio e quelle lungo<br />
il corso del fiume Aterno.<br />
Per riportare in maniera sintetica sia i centri storici sia altri agglomerati<br />
caratterizzati da diverse emergenze storico-artistiche si è usata la dizione "Nuclei storici<br />
complessi con presenza di elementi diffusi", al fine di evitare la sovrapposizione di più<br />
simboli che avrebbero reso poco leggibile l'elaborato grafico.<br />
Questo tipo di indagine ha consentito di valutare il complesso delle emergenze<br />
storico-artistiche e archeologiche, al fine di individuare le forme di <strong>tutela</strong> da<br />
trasformazioni che compromettano le loro caratteristiche architettoniche di pregio od il<br />
Regione Abruzzo, Settore Urbanistica e Beni Ambientali: Carta delle opere fortificate dall’alto medio evo al<br />
secolo XIX, scala 1:100.000. Istituto Italiano dei castelli, Sezione Abruzzo, Firenze 1986.<br />
AA.VV.: Abruzzo dei castelli. CARSA Ed., Pescara 1988.<br />
Properzi, P., Nanni, M.: Insediamenti minori e attività pastorali <strong>nel</strong> versante meridionale del Gran Sasso<br />
d’Italia.<br />
Club Alpino Italiano, Sezione dell’Aquila: Omaggio al Gran Sasso. L’Aquila 1975<br />
96
loro valore storico, come espressamente indicato dall'Art. 1, L. 6.12.1991, N°. 394<br />
Legge quadro sulle aree protette.<br />
La <strong>tutela</strong> avviene mediante norme e prescrizioni di piano relative alla <strong>tutela</strong> di<br />
questi beni, norme che possono sia riguardare aree in cui è notevole la presenza di<br />
elementi storico-artistici anche se dal punto di vista naturalistico non rientrano tra quelle<br />
a più alto grado di <strong>tutela</strong>. Lo stesso discorso viene fatto anche per le emergenze<br />
puntuali caratterizzate da un valore tale da giustificare vincoli più restrittivi rispetto a<br />
quelli presenti <strong>nel</strong>l'area che circonda il singolo elemento.<br />
ELENCO EMERGENZE ARCHEOLOGICHE E STORICO<br />
ARCHITETTONICHE<br />
(I riferimenti cartografici sono relativi alla carta topografica regionale d’Abruzzo scala 1:25.000)<br />
Comune: Arsita<br />
Località: Arsita<br />
Rif. Cart.:140 I<br />
Tipologia:<br />
Castello ( conservato )<br />
Chiesa parrocchiale di San Pietro<br />
Comune: Barete<br />
Località: Barete<br />
Rif. Cart.:139 II<br />
Tipologia:<br />
Castello ( ruderi )<br />
Chiesa cimiteriale di San Paolo<br />
di San Vito<br />
della Madonna della Valle<br />
della Madonna del Monte<br />
Torre di avvistamento ( ruderi )<br />
Villa Marimpieri<br />
Comune: Barisciano<br />
Località: Bariscia<strong>nel</strong>lo<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Borgo fortificato ( traccia storica )<br />
Località: Barisciano<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Recinto ( parzialmente integrato )<br />
Case-Torri<br />
Chiesa di San Colombo<br />
di San Flaviano<br />
di San Rocco<br />
del Buon Consiglio<br />
di Santa Maria di Villaverde<br />
Fontana monumentale<br />
Cappella di Confraternità<br />
Piazza della Fonte Grande<br />
di San Flaviano<br />
Ponte della Claudia Nova ( ruderi )<br />
Torre pentagonale<br />
Località: Castellaccio<br />
Rif. Cart.: 146 I<br />
97
Tipologia:<br />
Castello ( ruderi )<br />
Località: Petogna<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Case-Torri<br />
Chiesa di Santa Maria<br />
Palazzo Ximenes<br />
Torre semicilindrica<br />
Località: Picenze<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Chiesa della Cona<br />
della Madonna di Picenze<br />
Palazzo Facchinei<br />
Località: S.Maria del Monte di Paganica<br />
Rif. Cart.: 146 III<br />
Tipologia:<br />
Edificio religioso fortificato ( ruderi )<br />
Località: San Martino<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Chiesa del Rosario<br />
Chiesa di San Martino<br />
Località: Villa di Mezzo<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Chiesa Parrocchiale<br />
Fontana monumentale<br />
Stazione di Posta<br />
Località: Villa San Basilio<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Castello ( traccia storica )<br />
Comune: Brittoli<br />
Località: Brittoli<br />
Rif. Cart.: 146 I<br />
Tipologia:<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />
Comune: Cagnano Amiterno<br />
Località: S. P. Picenze<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Chiesa della Madonna del Bisogno<br />
Comune: Calascio<br />
Località: Calascio<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Casa Antonacci<br />
Ciarroca<br />
Ciccone<br />
Frasca<br />
Fulgenzi<br />
Case-Torri<br />
Chiesa di San Carlo Borromeo<br />
di San Leonardo<br />
di Santa Maria delle Grazie<br />
di Sant'Antonio Abate<br />
98
di San Nicola di Bari<br />
Convento di San Francesco<br />
Palazzo cardinale<br />
Località: Rocca Calascio<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Bastioni<br />
Case-Torri<br />
Castello ( parzialmente integrato )<br />
Chiesa della Madonna della Pietà<br />
di San Francesco d'Assisi<br />
Comune: Capestrano<br />
Località: Capestrano<br />
Rif. Cart.: 146 I<br />
Tipologia:<br />
Castello Piccolomini ( poi dei Medici )<br />
Borgo fortificato ( parzialmente integrato)<br />
Castello ( traccia storica )<br />
Chiesa e Convento di San Vito ( ruderi )<br />
Chiesa di San Nicola<br />
di San Pietro ad Oratorium<br />
di Santa Caterina<br />
di Santa Maria della Pace<br />
Convento di San Giovanni da Capestrano<br />
di San Francesco<br />
Palazzo Alessandroni<br />
Capponi<br />
Palazzo Carli<br />
Castaldi ( poi Migliorati )<br />
Colasacco<br />
Corsi<br />
De Rubeis<br />
Sonzini<br />
Tecca<br />
Verlengia<br />
Piazza Alessandroni<br />
Capponi<br />
del Castello<br />
Parete<br />
Località: Forca di Penne<br />
Rif. Cart.: 146 I<br />
Tipologia:<br />
Torre ( conservata )<br />
Comune: Caporciano<br />
Località: Bominaco<br />
Rif . Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Castello ( ruderi )<br />
Recinto ( parzialmente integrato )<br />
Chiesa di San Pellegrino<br />
di Santa Maria Assunta<br />
di San Michele<br />
Palazzo Agrippa<br />
De Dominicis<br />
Località: Caporciano<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
99
Castello ( parzialmente integrato )<br />
Chiesa cimiteriale<br />
di San Benedetto Abate<br />
di San Pietro della Valle in Croce<br />
di Santa Maria dei Cintorelli<br />
di Sant'Antonio da Padova<br />
Località: Rocca Risei<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Torre ( ruderi)<br />
Comune: Carapelle Calvisio<br />
Località: Carapelle Calvisio<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato)<br />
Chiesa di San Vincenzo<br />
di San Martino<br />
di San Francesco<br />
di Santa Maria e San Vittorino<br />
Santuario di San Pancrazio<br />
Palazzo Piccioli<br />
Piazza D'Annunzio<br />
del Popolo<br />
Oberdan<br />
Torrione tondo ( conservato )<br />
Comune: Carpineto della Nora<br />
Località: San Bartolomeo<br />
Rif. Cart.: 140 II<br />
Tipologia:<br />
Edificio Religioso Fortificato<br />
Abbazia di San Bartolomeo ( conservato )<br />
Comune: Castel del Monte<br />
Località: Castel del Monte<br />
Rif. Cart.: 140 II<br />
Tipologia:<br />
Chiesa della Madonna del Soccorso<br />
di San Rocco<br />
di San Marco Evangelista<br />
di San Nicola<br />
di San Carlo Borromeo<br />
Casa Aromatario<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato)<br />
Località: Castelli<br />
Rif. Cart.: 140 II<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Giovanni Battista<br />
di San Donato<br />
di San Giovanni al Mavone<br />
Piazza Guglielmo Marconi<br />
Roma<br />
Abbazia di San Salvatore ( ruderi )<br />
Convento dei Francescani<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato)<br />
Rif. Cart.: 140 I<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di Santa Maria della Neve<br />
100
Comune: Castelvecchio Calvisio<br />
Località: Castelvecchio Calvisio<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Case-Torri<br />
Case-Mura<br />
Chiesa di San Cipriano<br />
di San Giovanni Battista<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato)<br />
Comune: Civitella Casanova<br />
Località: Civitella Casanova<br />
Rif. Cart.: 140 II<br />
Tipologia:<br />
Chiesa della Madonna della Cona<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato)<br />
Località: Vestea<br />
Rif. Cart.: 140 II<br />
Tipologia:<br />
Torre ( traccia storica )<br />
Borgo Fortificato ( rudere )<br />
Comune: Colledara<br />
Località: Castiglione della Valle<br />
Rif. Cart.: 140 IV<br />
Tipologia<br />
Castello ( rudere )<br />
Località: Petto<br />
Rif. Cart.: 140 I<br />
Tipologia:<br />
Torre ( conservata )<br />
Castello ( parzialmente integrato )<br />
Comune: Fano Adriano<br />
Località: Fano Adriano<br />
Rif. Cart.: 140 IV<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Pietro<br />
dell'Annunziata<br />
Fontana della Comalecchia<br />
Torre ( rudere )<br />
Castello ( traccia storica )<br />
Comune: Farindola<br />
Località: Farindola<br />
Rif. Cart.: 140 II<br />
Tipologia:<br />
Castello ( rudere )<br />
Chiesa Madre<br />
Comune: Isola del Gran Sasso d'Italia<br />
Località: Casa di Francia<br />
Rif. Cart.: 140 IV<br />
Tipologia:<br />
Torre ( conservata )<br />
Località: Casale San Nicola<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Nicola<br />
Località: Fano di Corno<br />
101
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Salvatore<br />
Località: Isola del Gran Sasso<br />
Rif. Cart.: 140 IV<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Massimo<br />
di San Colombo<br />
Cappella di San Sebastiano<br />
del Cimitero<br />
Santuario di San Gabriele<br />
Torre ( conservata )<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente Integrato )<br />
Località: Pagliara<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di Santa Colomba<br />
Castello ( rudere )<br />
Comune: L'Aquila<br />
Località: Aragno<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Casa del Curato<br />
Case-Torri<br />
Chiesa di Santa Maria della Vittoria<br />
di Santa Maria Maddalena<br />
Località: Arischia<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Convento di San Nicola<br />
Borgo Fortificato ( traccia storico )<br />
Località: Assergi<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di Santa Maria Assunta<br />
di San Crisante e Santa Daria<br />
di San Clemente<br />
Case-Torri<br />
Circuito Murario<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />
Località: Bazzano<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di Santa Giusta<br />
Località: Camarda<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Chiesa della Madonna d'Appari<br />
di San Giovanni Battista<br />
Piazza Principale<br />
Torre Poligonale<br />
Castello ( parzialmente integrato )<br />
Borgo Fortificato ( traccia storica )<br />
Località: Chiarino<br />
Rif. Cart.: 139 I<br />
Tipologia:<br />
Castello ( ruderi )<br />
Palazzo Fortificato (parzialmente integrato )<br />
Località: Collebrincioni<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
102
Tipologia:<br />
Chiesa di San Silvestro ( detta Chiesavecchia)<br />
Fontana<br />
Castello ( traccia storica )<br />
Località: Filetto<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di Santa Maria delle Grazie<br />
Madre<br />
Castello ( traccia storica )<br />
Località: Gignano<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Torre ( rudere )<br />
Località: Grotte di Navarra<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Torre ( tipo speciale - traccia storica )<br />
Località: Il Vasto<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di Santa Maria del Vasto<br />
Torre ( conservata )<br />
Palazzo Fortificato ( traccia storica )<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />
Località: La Jenca<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Castello ( traccia storica )<br />
Località: Monte Calicchio<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Torre ( ruderi )<br />
Località: Onna<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Pietro Apostolo<br />
Palazzo Ludovici<br />
Villa Pica Alfieri<br />
Palazzo Fortificato (parzialmente integrato)<br />
Località: Paganica<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Giustino<br />
di Santa Maria Assunta<br />
di Santa Maria del Presepe<br />
Casa trecentesca<br />
Oratorio della Concezione<br />
Palazzo dei Duchi di Paganica (detto Castello Dragonetti-De Torres)<br />
Castello (ruderi)<br />
Borgo Fortificato (ruderi)<br />
Località: Pescomaggiore<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Martino<br />
di Santa Maria Assunta<br />
Case-Torri<br />
Torrioni Cilindrici<br />
Castello ( parzialmente integrato )<br />
Località: Pettino<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
103
Torre ( parzialmente integrato )<br />
Località: Sant’Anza<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Castello ( traccia storica )<br />
Località: San Giuliano<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Convento ( conservato )<br />
Località: San Gregorio<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Chiesa Cimiteriale<br />
della Madonna di Costantinopoli<br />
di San Giovanni Battista<br />
Parrocchiale<br />
Chiuse con Portali d'ingresso<br />
Piazza del Palazzo<br />
Palazzo De Nardis<br />
Località: San Pietro della Jenca<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Castello ( traccia storica )<br />
Località: San Severo<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Borgo Fortificato ( traccia storica )<br />
Località: San Sisto<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Palazzo Fortificato ( conservato )<br />
Località: San Vittorino<br />
Rif. Cart.:139 II<br />
Tipologia:<br />
Castello ( ruderi )<br />
Chiesa di San Michele Arcangelo<br />
Torrione Altomedievale ( conservato )<br />
Mulino Acqua Aria<br />
Località: Tempera<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Chiesa Cimiteriale<br />
Madre<br />
Palazzo Vicentini<br />
Cartiera<br />
Mulino Medievale<br />
Pezzopane<br />
Rameria<br />
Comune: Montebello di Bertona<br />
Località: Montebello di Bertona<br />
Rif. Cart.: 140 II<br />
Tipologia:<br />
Castello ( conservato )<br />
Chiesa della Madonna delle Grazie<br />
Comune: Montereale<br />
Località: Aviano<br />
Rif. Cart.: 139 I<br />
Tipologia:<br />
Torre ( ruderi )<br />
104
Località: Marana<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di Santa Maria delle Grazie<br />
di Sant'Eustacchio<br />
Località: Mozzano<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Torre ( ruderi )<br />
Località: San Antonio<br />
Rif. Cart.: 139 I<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Antonio<br />
Località: San Giovanni<br />
Rif. Cart. : 139 I<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Egidio<br />
della Madonna di Sarrufo<br />
Località: San Leonardo<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Castello ( ruderi )<br />
Comune: Montorio al Vomano<br />
Località: Colledonico<br />
Rif. Cart.: 140 IV<br />
Tipologia:<br />
Castello ( traccia storica )<br />
Località: Cusciano<br />
Rif. Cart.: 140 IV<br />
Tipologia:<br />
Castello ( traccia storica )<br />
Località: Leognano<br />
Rif. Cart.: 140 IV<br />
Tipologia:<br />
Castello ( parzialmente integrato )<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />
Comune: Navelli<br />
Località: Civitaretenga<br />
Rif. Cart.: 146 I<br />
Tipologia:<br />
Case-Torri e Case-Mura<br />
Chiesa di San Antonio<br />
di San Salvatore<br />
di Santa Maria delle Grazie<br />
di Sant'Egidio<br />
Convento della Beata Vergine<br />
di Sant'Antonio<br />
Palazzo Cortelli<br />
Torre Medievale ( conservata )<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />
Località: Navelli<br />
Rif. Cart.: 146 I<br />
Tipologia:<br />
Cappellina Devozionale<br />
Votiva<br />
Case-Torri e Case-Mura<br />
Chiesa dell'Annunziata<br />
Madre<br />
di San Sebastiano<br />
105
della Madonna del Campo<br />
della Madonna delle Grazie<br />
Palazzo Castellato Santucci<br />
Piccioli<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />
Località: Maiarone<br />
Rif. Cart.: 146 I<br />
Tipologia:<br />
Borgo Fortificato ( ruderi )<br />
Località: Ofena<br />
Rif. Cart.: 146 I<br />
Tipologia:<br />
Case-Torri e Case-Mura<br />
Chiesa di San Giovanni<br />
di San Nicola<br />
di San Rocco<br />
di San Pietro a Cryptis<br />
Convento dei Cappuccini<br />
di San Francesco<br />
Palazzo Castaldi Madonna<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />
Comune: Pietracamela<br />
Località: Pietracamela<br />
Rif. Cart.: 140 IV<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Leucio<br />
di San Giovanni<br />
di San Rocco<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />
Comune: Pizzoli<br />
Località: Pizzoli<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Castello Dragonetti de Torres ( conservato )<br />
Chiesa Cimiteriale<br />
di Santo Stefano<br />
di San Matteo<br />
di San Michele Arcangelo<br />
detta La Madon<strong>nel</strong>la di Santa Maria<br />
del Paradiso<br />
privata Dragonetti de Torres<br />
Monastero Fondato da San Equizio 504 ( resti )<br />
Fontanile<br />
Palazzo Cappelli-Zecca<br />
Mascetti<br />
Piazza Umberto I°<br />
Villa Giorgi<br />
Località: Villa San Lorenzo<br />
Rif. Cart.: 139 II<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Lorenzo<br />
Convento di San Nicola<br />
Piazza San Lorenzo<br />
Comune: Poggio Picenze<br />
Località: Poggio Picenze<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
106
Chiesa della Madon<strong>nel</strong>la<br />
di San Pietro Martire<br />
Fontana di San Rocco<br />
Palazzo Galeota<br />
Castello ( ruderi )<br />
Comune: Prata d'Ansidonia<br />
Località: Castel Camponeschi<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Pietro e Paolo<br />
Castello ( parzialmente integro )<br />
Località: Leporanica<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Borgo Fortificato ( ruderi )<br />
Località: Peltuinum<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Torre ( ruderi )<br />
Località: Prata d'Ansidonia<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Cappellina votiva<br />
Chiesa di San Nicola<br />
di San Paolo ad Peltuinum<br />
di San Pietro<br />
Piazzetta della Fonte Vecchia<br />
Località: San Nicandro<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Castello di Leporanica<br />
Chiesa della Madonna del Carmine<br />
della Madonna della Neve<br />
della Madonna alla Fontana<br />
di San Francesco<br />
di San Giuseppe<br />
di San Nicandro<br />
Cappella Cappa Chiusa e Fontana della Famiglia Cappa<br />
Palazzo Cappa<br />
Piazza Leporanica<br />
Località: Tussio<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Castello ( parzialmente integrato )<br />
Chiesa di Santa Maria dei Cintorelli<br />
della Madonna di Loreto<br />
di San Martino<br />
Palazzo Cicerone<br />
De Rubeis<br />
Leonardis<br />
Torre ( conservata )<br />
Comune: San Pio delle Camere<br />
Località: Castelnuovo<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Case-Mura<br />
Chiesa dei SS. Stefano e Silvestro<br />
di Santo Stefano<br />
107
di Rio<br />
della Madonna della Neve<br />
di San Silvestro al Cimitero<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />
Località: San Pio delle Camere<br />
Rif. Cart.: 146 IV<br />
Tipologia:<br />
Case-Torri<br />
Chiesa di San Pietro Celestino<br />
di San Pio<br />
di Sant'Antonio fuori le mura<br />
di Santo Stefano<br />
Castello ( parzialmente integrato )<br />
Comune: Santo Stefano di Sessanio<br />
Località: Santo Stefano di Sessanio<br />
Rif. Cart.: 140 III<br />
Tipologia:<br />
Cappellina di Santa Caterina<br />
Casa Ciarrocca<br />
Case-Torri<br />
Castello, Porta e Torre Medicea<br />
Chiesa di Santa Maria delle Anime Sante<br />
di Santa Marie delle Grazie<br />
di Santo Stefano<br />
Madre<br />
Palazzetto Jannarelli<br />
Leone<br />
Torre dell'Orologio ( conservata )<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />
Comune: Tossicia<br />
Località: Aquilano<br />
Rif. Cart.: 140 IV<br />
Tipologia:<br />
Castello ( rudere )<br />
Località: Tossicia<br />
Rif. Cart.: 140 IV<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Antonio Abate<br />
di Santa Maria Assunta<br />
Convento ( ruderi )<br />
Piazzale Sant'Emidio<br />
Cappella di Santa Teresa extra Moenia<br />
Palazzo fortificato<br />
Borgo Fortificato ( parzialmente integrato )<br />
Comune: Villa Celiera<br />
Località: Santa Maria di Casanova<br />
Rif. Cart.: 140 II<br />
Tipologia:<br />
Edificio Fortificato ( ruderi )<br />
Torre ( conservata )<br />
Località: Torre di Montebello<br />
Rif. Cart.: 140 II<br />
Tipologia:<br />
Torre ( rudere )<br />
Località: Villa Celiera<br />
Rif. Cart.: 140 II<br />
Tipologia:<br />
108
Castello ( rudere )<br />
Comune: Villa Santa Lucia<br />
Località: Carrufo<br />
Rif. Cart.: 146 I<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Carlo Borromeo<br />
di Santa Maria della Pietà<br />
Località: Villa Santa Lucia<br />
Rif. Cart.: 146 I<br />
Tipologia:<br />
Chiesa di San Nicola<br />
di Santa Lucia<br />
Chiesetta di Santa Maria delle Vicenne<br />
Museo di Storia Locale<br />
Palazzo Mattozza<br />
L’antropizzazione storica risulta sensibilmente più marcata <strong>nel</strong> settore<br />
meridionale della montagna, dove ha provocato una forte concentrazione di<br />
testimonianze, realizzando una condizione di complementarietà rispetto alla<br />
localizzazione, precedentemente descritta, delle maggiori risorse naturalistiche.<br />
La Valle del fiume Aterno rappresenta senza dubbio l’elemento polarizzatore<br />
della stratificazione degli insediamenti storici concentrati e diffusi che si sono sviluppati<br />
<strong>nel</strong> tempo. Su questa grande arteria naturale di comunicazione tra l’Abruzzo interno e<br />
la costa, percorsa da importanti tracciati tra cui una direttrice del Regio Tratturo,<br />
hanno gravitato per secoli gli scambi sociali e commerciali delle zone limitrofe.<br />
L’addensamento lungo questo asse, e <strong>nel</strong>le sue adiacenze, di presenze<br />
storiche concentrate e diffuse è notevolissimo, e costituisce un patrimonio culturale di<br />
enorme rilevanza.<br />
6.5 I vincoli ambientali<br />
Nell' ambito delle indagini territoriali svolte durante il lavoro si sono presi in<br />
considerazione i vincoli ambientali, presenti sul territorio, che le prescrizioni del piano<br />
del <strong>parco</strong> andranno a confermare o , se necessario, a rafforzare in considerazione della<br />
subordinazione degli strumenti di pianificazione locale rispetto a quelli che la legge<br />
quadro sulle aree protette permette di attuare. Il problema del rapporto e del raccordo<br />
con i Piani Territoriali Provinciali, con il Piano Territoriale paesistico e con i vari Piani<br />
Regolatori comunali, nonchè con eventuali Piani di Gestione di Riserve Naturali<br />
preesistenti, almeno <strong>nel</strong>la nostra regione, sarà oltremodo sentito, visto che i nuovi<br />
parchi nazionali, <strong>nel</strong>la perimetrazione recentemente decretata dal ministero (D.M.<br />
22.11.1994, G.U. n.301 del 27.12.1994) coprono un'estensione di circa 227.000 ha<br />
pari al 22% dell'intera superficie regionale.<br />
I vincoli censiti vanno dalle prescrizioni del piano paesistico regionale (L. 8-8-<br />
1985 N° 431), al vincolo idrogeologico (RDL 30-12-1923 N° 3267), alle aree di<br />
demanio forestale, alle zone di importanza naturalistica, alle oasi faunistiche, ai vincoli<br />
venatori, ai parchi e riserve di varia istituzione, ed infine ai vincoli derivanti da<br />
prescrizioni di strumenti urbanistici comunali.<br />
109
Per quel che riguarda le prescrizioni relative al piano regionale paesistico, si<br />
sono prese in considerazione solo le aree A1 e A2, e precisamente 96 :<br />
A1 - Conservazione integrale<br />
- complesso di prescrizioni finalizzate alla <strong>tutela</strong> conservativa dei caratteri del paesaggio<br />
naturale, agrario ed urbano, dell'insediamento umano, delle risorse del territorio e dell'<br />
ambiente, nonchè alla difesa ed al ripristini ambientale di quelle parti dell'area in cui<br />
sono evidenti i segni di manomissioni ed alterazioni apportate dalle trasformazioni<br />
antropiche e dai dissesti naturali; alla ricostruzione ed al mantenimento di ecosistemi<br />
ambientali, al restauro ed al recupero di manufatti esistenti,<br />
A2 - Conservazione parziale<br />
- Complesso di prescrizioni le cui finalità di <strong>tutela</strong> sono identiche a quelle della zona<br />
A1; si applicano però solo a determinate parti o elementi dell'area, con la possibilità,<br />
quindi, di inserimento di limitati livelli di trasformabilità, che garantiscano il permanere<br />
dei caratteri costitutivi dei beni ivi individuati, la cui disciplina di conservazione deve<br />
essere in ogni caso garantita e mantenuta.<br />
Le altre categorie indicate <strong>nel</strong> piano paesistico non sono state prese in considerazione,<br />
poichè forniscono solo blande prescrizioni di carattere ambientale, non rilevanti ai fini<br />
del nostro lavoro.<br />
L'elenco completo dei vincoli ambientali censiti è il seguente 97 :<br />
PARCHI E RISERVE NATURALI<br />
RN1 - Riserva comunale " Corno Grande di Pietracamela"<br />
Delibera C.M. 6-7-1991, 2288 Ha<br />
RN2 - Parco delle sorgenti del fiume Vera<br />
L.R. 15-11-1983, N° 70, 30 Ha<br />
RN3 - Riserva naturale "Voltigno - Valle d'Angri "<br />
L.R. 28-9-1989, N° 87, 5172 Ha<br />
ZONE DI IMPORTANZA NATURALISTICA<br />
ZN1 - Corno Grande del Gran Sasso d'Italia<br />
D.M. 20-04-1990, 1200 Ha<br />
ZN2 - Coppe di Santo Stefano<br />
D.M. 15-09-1989, 1500 Ha<br />
OASI FAUNISTICHE<br />
OF1 - Oasi di protezione della fauna<br />
D.M. 13-2-1972, 4752 Ha<br />
OF2 - Vetoio<br />
Delibera G.R. N° 875 del 01-06-1993, Ha 100<br />
VINCOLI NATURALISTICI DE COMUNE DELL'AQUILA - PRG 1975<br />
AQ1 - San Franco - Val Chiarino (RNI) , 2908 Ha<br />
96 Regione Abruzzo: Piano Regionale Paesistico, Norme Tecniche Coordinate. RDR, Raccolta di Documenti<br />
Regionali, Vol.I, 12 bis, Teramo 1990.<br />
97 Per il rilevamento dei vincoli elencati sono stati utilizzati i singoli documenti legislativi di istituzione dei<br />
vincoli medesimi, oltre a documenti cartografici di sintesi tra cui in particolare:<br />
Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste: Carta della Montagna. Geotecneco (Gruppo ENI), Urbino 1976.<br />
Regione Abruzzo: Cartografia tematica regionale, scala 1:100.000 Carta delle aree protette, Vincolo paesistico<br />
e archeologico, vincolo idrogeologico, forestale e zone sismiche.Firenze 1986<br />
110
AQ2 - Fosso del Ferone di Arischia (RNI) , 790 Ha<br />
AQ3 - Valle del Vasto (RNI) , 816 Ha<br />
AQ4 - Macchia Grande di Assergi (RNI) , 548 Ha<br />
AQ5 - Valle Fredda - Monte Cristo (RNI) , 400 Ha<br />
AQ6 - Monte Rofano (RNI) , 308 Ha<br />
AQ7 - Santa Barbara di Aragno (RNI) , 132 Ha<br />
AQ8 - Parco archeologico fluviale di Amiternum (PT) , 100 Ha<br />
AQ9 - Parco ecologico del Lago Vetoio (PT) , 188 Ha<br />
AQ10 - Parco naturalistico Valle di San Giuliano (PT) , 450 Ha<br />
AQ11 - Parco naturalistico della Valle del Raiale (PT), 76 Ha<br />
AQ12 - Valle Fura - Valle di Pescomaggiore (RNI) , 90 Ha<br />
AQ13 - Parco ecologico delle Sorgenti del Vera (PT) , 30 Ha<br />
RNI = Riserva naturale integrale<br />
PT = Parco urbano territoriale<br />
PIANO REGIONALE PAESISTICO (L. 8-8-1985, N° 431)<br />
Categorie di <strong>tutela</strong> e <strong>valorizzazione</strong> A1 e A2 (Art. 4 norme<br />
tecniche coordinate<br />
VINCOLO IDROGEOLOGICO (RDL 30-12-1923, N° 3267)<br />
DEMANIO FORESTALE<br />
DF1 - Codaro- Campiglione , 320 Ha<br />
ALTRI VINCOLI VENATORI (calendario venatorio provinciale 1993)<br />
RC - Zone di ripopolamento e cattura<br />
CP/M - Comparti di pianura - Montagna<br />
Appare evidente da questa indagine sui vincoli già vigenti sul territorio del Gran<br />
Sasso d’Italia come le peculiarità naturalistiche e paesaggistiche della montagna<br />
abbiano più volte sollecitato la sensibilità degli organi istituzionali alla conservazione<br />
delle risorse ambientali. Infatti la quasi totalità dell’estensione del massiccio è<br />
assoggettata a vario titolo a vincoli di <strong>tutela</strong>.<br />
Solo le prescrizioni urbanistiche dello strumento di pianificazione generale del<br />
Comune dell’Aquila (P.R.G. 1975) <strong>tutela</strong>no naturalisticamente quasi 7.000 ettari di<br />
spazi territoriali, mentre altri 7.500 ettari <strong>nel</strong>l’area di studio risultano individuati quali<br />
Riserve naturali di istituzione regionale o comunale.<br />
Una potente stratificazione di vincoli interessa il nucleo centrale del massiccio<br />
montuoso, costituito dalle zone rocciose culminanti <strong>nel</strong> Corno Grande e dalle praterie<br />
di altitudine attestate sui grandi circhi glaciali subito a ridosso delle principali vette.<br />
L’azione del Piano Regionale Paesistico ex l.431/85 ha apportato una<br />
estensione della <strong>tutela</strong> più incisiva, interessando anche sistemi naturali di margine meno<br />
appariscenti e fino ad oggi più trascurati dai provvedimenti di <strong>tutela</strong>.<br />
6.6 La struttura insediativa e produttiva<br />
L'area del Gran Sasso d'Italia si caratterizza, oltre che per la ben nota concentrazione<br />
di risorse naturalistiche e paesaggistiche, anche per la presenza di un diffuso sistema<br />
insediativo che, sviluppandosi <strong>nel</strong> corso dei secoli, è tutt'oggi parte integrante della<br />
montagna. Si è già avuto modo di parlare della struttura "storica" dell' insediamento,<br />
costituita da numerosi centri abitati di antica origine, dagli elementi isolati sparsi sul<br />
territorio e dalla fitta maglia di percorsi storici. A questo sistema, che in tante sue parti<br />
111
conserva ancora i connotati originari perfettamente riconoscibili, si è sovrapposta in<br />
epoca moderna una notevole quantità di altri elementi insediativi ed infrastrutturali che<br />
hanno contribuito alla modificazione sostanziale di molta parte di questo ambito<br />
montano.<br />
Sarebbe sufficiente citare l’attraversamento autostradale L'Aquila-Teramo della A24<br />
con il relativo traforo del Gran Sasso, e il ben noto Laboratorio dell'Istituto Nazionale<br />
di Fisica Nucleare (INFN), alloggiato in cavità sotterranee limitrofe al già citato<br />
traforo, per fornire un' idea delle rilevanti variazioni che, in un ventennio , hanno<br />
interessato anche in profondità questo territorio. Da area fortemente marginale rispetto<br />
alle grandi linee di comunicazione, il Gran Sasso si è trovato ad acquisire una posizione<br />
di elevata centralità in termini di attività e di flussi di persone, a poco più di un’ora di<br />
automobile da Roma.<br />
Sempre restando <strong>nel</strong> settore degli interventi insediativi ed infrastrutturali, è necessario<br />
citare le varie iniziative di carattere turistico, tra le quali spicca certamente la<br />
realizzazione della nuova Funivia del Gran Sasso da Fonte Cerreto a Campo<br />
Imperatore ed i massicci interventi di adeguamento e di trasformazione degli impianti<br />
scioviari e dei servizi di ricettività alberghiera.<br />
Tutte le informazioni relative alla struttura insediativa e turistica, al sistema della<br />
mobilità, allo stato della pianificazione urbanistica ed all'assetto amministrativo dei<br />
comuni in questione sono state ricavate dall'analisi delle carte fisiche regionali e da<br />
ricerche dirette.<br />
I quattro aspetti considerati sono (si veda Tav. N°......):<br />
1 - Schema strutturale della mobilità<br />
2 - Struttura insediativa e turistica<br />
3 - Stato attuale della pianificazione comunale<br />
4 - Assetto amministrativo<br />
1 - Schema strutturale della mobilità<br />
Nel censire le varie tipologie di trasporto si sono riportati i collegamenti su rotaia e le<br />
relative stazioni ( anche se questo tipo di collegamenti interessa in misura marginale<br />
l'area interessata) ed i grandi impianti a fune presenti. Nei riguardi delle infrastrutture<br />
viarie, sono state prese in considerazione le tipologie stradali che vengono riportate <strong>nel</strong><br />
D.I. 1-4-1968 n° 1404 Art. 3 in cui si opera una distinzione in :<br />
AUTOSTRADE : autostrade di qualunque tipo (L. 7-2-1961 N° 59, Art. 4); raccordi autostradali<br />
riconosciuti quali autostrade ed aste di accesso fra le autostrade e la rete viaria della zona (L. 19-10-1965 n°<br />
1197 e L. 24-7-1961 n° 729);<br />
STRADE DI GRANDE COMUNICAZIONE O DI TRAFFICO ELEVATO : strade statali comprendenti<br />
itinerari internazionali ( L. 16-3.1956 n° 371); strade statali di grande comunicazione (L. 24-7-1961 n° 729);<br />
raccordi autostradali non riconosciuti; strade a scorrimento veloce (L. 26-6-1965 n° 717);<br />
112
STRADE DI MEDIA IMPORTANZA : Strade statali non comprese tra quelle della categoria precedente;<br />
strade provinciali aventi larghezza delle sede superiore o uguale a 10,50 m; strade comunali aventi larghezza<br />
della sede superiore o uguale a 10,50 m;<br />
STRADE DI INTERESSE LOCALE : strade provinciali e comunali non comprese tra quelle della categoria<br />
precedente.<br />
Esaminando la rete viaria che interessa la zona in esame si evidenzia, ai fini dei flussi<br />
turistici, il già citato tracciato dell'autostrada Roma-L' Aquila-Teramo, che permette un<br />
agevole collegamento tra l'area interessata al <strong>parco</strong> ed i possibili bacini di utenza<br />
turistica di Roma e delle regioni adriatiche, attraverso i caselli di Assergi (versante sud)<br />
e di Colledara (versante nord).<br />
Anche se con funzione largamente disincentivata rispetto a quella storicamente svolta,<br />
rimane sempre di interesse quanto meno turistico la s.s. 80 che transita per il Passo<br />
delle Capan<strong>nel</strong>le, che consente l’accesso agli estremi settori occidentali della dorsale<br />
montuosa.<br />
Di rilevante importanza turistica appare ancora a tutt’oggi la s.s.151 (tratto da<br />
Montesilvano a Penne e prosecuzione per Farindola e il valico del Vado di Sole),<br />
utilizzata frequentemente per l’accesso dal versante pescarese ai settori montuosi sudorientali.<br />
Nei riguardi dei collegamenti più interni all'area di studio si nota che, pur essendo i vari<br />
centri piuttosto ben collegati, le direttrici viarie si presentano spesso tortuose, con<br />
velocità di percorrenza non troppo elevate. Tutto ciò è ovviamente dovuto ad uno<br />
sviluppo della rete stradale fortemente legato alla tormentata conformazione orografica<br />
del terreno.<br />
2 - Struttura insediativa e turistica<br />
L'indagine sulla dislocazione dell'insediamento <strong>nel</strong>l'area del Gran Sasso<br />
evidenzia in maniera immediata alcuni aspetti significativi.<br />
In primo luogo risalta la notevole differenza <strong>nel</strong>la distribuzione di luoghi abitati<br />
tra i versanti settentrionale e meridionale. Nel primo si riscontra un' ampia diffusine<br />
dell'insediamento <strong>nel</strong> territorio, con presenza di numerose località abitate (centri, nuclei<br />
e case sparse) corrispondenti ad ogni sede comunale.<br />
Certamente la disponibilità di un tessuto agricolo ampiamente utilizzato ha<br />
favorito una disposizione territoriale della popolazione che, oltretutto, registra in alcuni<br />
casi tassi positivi di variazione e tassi negativi non particolarmente elevati (ad es. <strong>nel</strong><br />
periodo 1981-1989 Colledara +2,45% , Montorio al Vomano -0,3%).<br />
Per contro la severità degli ambienti, la scarsa disponibilità di terreni agricoli, la<br />
sostanziale differenza delle occupazioni prevalenti delle popolazioni del versante<br />
meridionale della montagna, hanno comportato un accentramento pressochè generalizzato<br />
delle unità insediative. Infatti, <strong>nel</strong>la maggior parte dei casi , la sede municipale dei<br />
comuni localizza ti in questo settore dell'area di studio coincide con l'unico centro<br />
abitato, e di rado si riscontra la presenza di nuclei e di case sparse.<br />
Una condizione differente da quella testè descritta per il versante meridionale è<br />
rilevabile <strong>nel</strong> settore sud-occidentale del comprensorio, dove la presenza dell'area<br />
113
urbana dell'Aquila e del fondovalle del fiume Aterno realizza condizioni favorevoli ad<br />
una notevole diffusione insediativa.<br />
La popolazione residente all’interno dell’area di studio ammonta a ... unità (dati<br />
ISTAT 1991). Ad esclusione dei maggiori comuni di Montorio al Vomano e di Isola<br />
del Gran Sasso, gli altri abitati, specialmente quelli in provincia de L'Aquila, sono<br />
generalmente ridotti ad un numero esiguo di residenti: il 25% dei comuni ha meno di<br />
500 abitanti, il 30% ha meno di 1000 abitanti, il 33% ha meno di 2500 abitanti (Tab.<br />
17).<br />
Nei riguardi delle infrastrutture ricettive la situazione rispecchia la distribuzione<br />
della popolazione e degli impianti turistici esistenti. Anche in questo caso esiste un<br />
notevole squilibrio <strong>nel</strong>la distribuzione della ricettività alberghiera con il 50% dei posti<br />
letto a L'Aquila (e quindi non molto vicini alle aree più attrezzate turisticamente o più<br />
interessanti dal punto di vista naturalistico) - Vedi Tab. 23.<br />
3. - Le attività produttive<br />
Per le attività economiche attualmente presenti <strong>nel</strong>l’area di interesse si fa riferimento ad<br />
alcuni dati elaborati dal CRESA (Centro Regionale di Studi e Ricerche Economicosociali)<br />
98 , che comprendono <strong>nel</strong>l’analisi sia il territorio del Gran Sasso che quello dei<br />
Monti della Laga.<br />
Nel lavoro citato si evidenzia come l’attività zootecnica, sebbene sensibilmente<br />
ridimensionata, ricopra ancora un ruolo di primaria importanza <strong>nel</strong> territorio del Gran<br />
Sasso - Laga, in particolare <strong>nel</strong> settore dell’allevamento ovino.<br />
Dal 4° Censimento Generale dell’Agricoltura 99 risulta una consistenza di circa 230.000<br />
capi ovini, pari alla metà del patrimonio regionale, utilizzati sia per la produzione di latte<br />
che di carne.<br />
Pressochè ininfluente sul piano economico è invece il settore artigianale, <strong>nel</strong> momento<br />
in cui l’abbandono massiccio della montagna ha messo in crisi anche le antiche e<br />
tradizionali forme di lavorazione del ferro battuto e del legno, prevalentemente volte<br />
alla produzione di oggetti di arredamento e di uso quotidiano.<br />
Alcuni episodi di artigianato locale sopravvivono ancora in qualche centro della<br />
montagna e riguardano la lavorazione della pietra (Frattoli) o del legno (Arischia).<br />
L’unica eccezione in questo panorama di impoverimento del settore è rappresentata<br />
dalla produzione ceramica che ha in Castelli un centro di rinomanza internazionale con<br />
51 unità locali di produzione della ceramica artistica, di cui 41 a carattere artigianale<br />
(banca dati CERVED).<br />
Sempre lo stesso studio CRESA citato rileva come <strong>nel</strong>l’area del <strong>parco</strong> siano presenti<br />
in totale 1227 imprese con 6.600 addetti, ma che solo in minima parte possono<br />
ritenersi occupati in attività di lavorazione di prodotti locali, considerando che le<br />
imprese ricadenti in questa categoria sono in numero estremamente limitato ed in<br />
particolare tre caseifici, tre segherie, una azienda di tessitura e 11 laboratori di<br />
lavorazione delle carni.<br />
98 Si veda al proposito: Fiocco S.: Parco nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. L’evoluzione di un<br />
sistema economico-territoriale. Congiuntura Economica Abruzzese, anno XV, n.2, CRESA, L’Aquila 1992.<br />
99 ISTAT: Caratteristiche strutturali delle aziende agricole. 4° Censimento Generale dell’Agricoltura, 1991.<br />
114
L’attività industriale si è sviluppata del tutto ai margini del <strong>parco</strong>, in corrispondenza<br />
delle valli del Vomano e dell’Aterno e ha le sue principali concentrazioni in Montorio al<br />
Vomano e all’Aquila.<br />
Delle potenzialità turistiche parliamo dettagliatamente <strong>nel</strong> capitolo specifico, ma si può<br />
comunque ancora attingere qualche informazione dalla ricerca CRESA, secondo la<br />
quale la forma turistica che provoca i maggiori effetti sul piano economico è<br />
rappresentata dallo sci, con un movimento annuo (stimato al 1991) di circa 70.000<br />
persone <strong>nel</strong> bacino di Campo Imperatore servito dalla Funivia, 30.000 in quello di<br />
Prati di Tivo-Pietracamela e 8.000 in Prato Selva-Fano Adriano.<br />
A questo movimento turistico attivo si deve aggiungere un imprecisato contingente di<br />
presenze per la pratica dello sci di fondo e un cospicuo flusso turistico di carattere<br />
religioso concentrato sul Santuario di S.Gabriele di Isola del Gran Sasso.<br />
4 - Stato attuale della pianificazione comunale<br />
Tutte le informazioni relative allo stato della pianificazione urbanistica esistente alla data<br />
del 01-06-1992, sono state raccolte negli Uffici Urbanistici Provinciali di Teramo e<br />
L'Aquila, e da informazioni dirette per i comuni della provincia di Pescara . La gestione<br />
del territorio viene realizzata in gran parte tramite i Piani Regolatori Generali o Esecutivi<br />
(26 comuni su 36) rispetto ai Programmi di fabbricazione ancora presenti in 9 comuni.<br />
TAB. 18 - STRUMENTI URBANISTICI IN VIGORE (Dicembre 1994)<br />
Provincia di Pescara<br />
Comunità montana Zona "I", Vestina<br />
BRITTOLI P.R.G.<br />
CARPINETO DELLA NORA P.R.G.<br />
CIVITELLA CASANOVA P.R.G.<br />
FARINDOLA P.R.G.<br />
MONTEBELLO DI BERTONA P.R.G.<br />
VILLA CELIERA P.D.F.<br />
Provincia di Teramo<br />
Comunità montana Zona "O", Gran Sasso<br />
ARSITA P.D.F.<br />
CASTELLI P.R.G.<br />
COLLEDARA P.D.F.<br />
CROGNALETO P.R.E.<br />
FANO ADRIANO P.R.G.<br />
ISOLA DEL GRAN SASSO P.R.G.<br />
MONTORIO AL VOMANO P.R.G.<br />
PIETRACAMELA P.D.F.<br />
TOSSICIA P.R.E.<br />
Provincia dell'Aquila<br />
Comunità montana Zona "A", Amiternina<br />
BARETE P.R.G.<br />
CAGNANO AMITERNO P.R.G.<br />
CAMPOTOSTO P.D.F.<br />
CAPITIGNANO P.R.G.<br />
L'AQUILA P.R.G.<br />
MONTEREALE P.R.G.<br />
PIZZOLI P.D.F.<br />
115
Comunità montana Zona "B", Campo Imperatore<br />
BARISCIANO P.R.G.<br />
CALASCIO P.R.G.<br />
CAPESTRANO P.R.E.<br />
CARAPELLE CALVISIO P.D.F.<br />
CASTEL DEL MONTE P.R.G.<br />
CASTELVECCHIO CALVISIO P.R.G.<br />
NAVELLI P.R.G.<br />
OFENA N.U.E.<br />
POGGIO PICENZE P.D.F.<br />
PRATA D'ANSIDONIA P.R.G.<br />
S.PIO DELLE CAMERE P.R.G.<br />
S.STEFANO DI SESSANIO P.D.F.<br />
VILLA S.LUCIA P.R.G.<br />
P.R.G. - Piano Regolatore Generale<br />
P.R.E. - Piano Regolatore Esecutivo<br />
P.D.F. - Programma di Fabbricazione<br />
N.U.E. - Norme Urbanistiche Edilizie<br />
5 - Configurazione amministrativa<br />
L’area di studio per il <strong>parco</strong> si estende sul territorio di tre provincie, L'Aquila, Teramo<br />
e Pescara, e su 36 comuni di cui 21 in provincia de L'Aquila, 9 in provincia di Teramo<br />
e 6 in provincia di Pescara. L'estensione dell'area utilizzata per lo studio del <strong>parco</strong> del<br />
Gran Sasso (non comprendendo, come già detto, il massiccio dei Monti della Laga) è<br />
di 140.527 ha, di cui il 67,1 % (94.270 ha) in provincia de L'Aquila , il 23,6 %<br />
(33.170 ha) in provincia di Teramo e 9,3 % (13.087 ha) in provincia di Pescara.<br />
Sono interessate al progetto inoltre 4 comunità montane:<br />
- Comunità montana : Zona " A " Amiternina<br />
- Comunità montana : Zona " B " Campo Imperatore, Piana di Navelli<br />
- Comunità montana : Zona " I " Vestina<br />
- Comunità montana : Zona " O " Gran Sasso<br />
116
Tabella n. 19 - Configurazione amministrativa<br />
PROVINCIA<br />
L'Aquila<br />
Pescara<br />
Teramo<br />
COMUNE COMUNITA'<br />
MONTANA<br />
Barete<br />
Cagnano Amiterno<br />
Campotosto<br />
Zona "A" - Amiternina<br />
Capitignano<br />
L'Aquila<br />
Montereale<br />
Pizzoli<br />
Barisciano<br />
Calascio<br />
Capestrano<br />
Caporciano<br />
Carapelle Calvisio<br />
Castel del Monte<br />
Castelvecchio Calvisio<br />
Navelli<br />
Ofena<br />
Poggio Picenze<br />
Prata d'Ansidonia<br />
S.Pio delle Camere<br />
S.Stefano di Sessanio<br />
Villa S.Lucia d. Abruzzi<br />
Brittoli<br />
Carpineto della Nora<br />
Civitella Casanova<br />
Farindola<br />
Montebello di Bertona<br />
Villa Celiera<br />
Arsita<br />
Castelli<br />
Colledara<br />
Crognaleto<br />
Fano Adriano<br />
Isola del Gran Sasso<br />
Montorio al Vomano<br />
Pietracamela<br />
Tossicia<br />
117<br />
Zona "B" - Campo<br />
Imperatore - Piano di<br />
Navelli<br />
Zona "I" - Vestina<br />
Zona "O" - Gran Sasso<br />
Dei comuni interessati 28 sono completamente interni all'area di studio presa in esame<br />
mentre 8 sono interessati solo parzialmente, come risulta dalla tabella . Per ragioni di<br />
semplicità di trattazione , <strong>nel</strong>le analisi preliminari allo sviluppo del progetto si è tenuto<br />
conto dell' intero territorio dei comuni interessati.<br />
Tab. N° 20 - Superficie comunale interessata al progetto nei comuni non<br />
interamente compresi <strong>nel</strong>l'area di studio<br />
COMUNE SUPERFICIE COMUNALE<br />
(ha)<br />
% DI SUPERFICIE<br />
COINVOLTA<br />
Barete 2.433 54 %<br />
Cagnano<br />
Amiterno<br />
6.024 10 %<br />
Capitignano 3.063 14 %<br />
Crognaleto 12.454 14 %<br />
L'Aquila 46.696 77 %<br />
Montereale 10.439 17 %<br />
Montorio al V. 5.349 44 %
Pizzoli 5.611 89 %<br />
118
7.1. Il sistema della <strong>tutela</strong> ambientale<br />
CAP. 7<br />
LE PROPOSTE PER IL PIANO<br />
Come già anticipato la individuazione delle zone di <strong>tutela</strong> del proposto Parco Nazionale<br />
del Gran Sasso ha seguito lo schema richiamato <strong>nel</strong>l’Art.12 della legge 394/91,<br />
articolato <strong>nel</strong>le quattro categorie di <strong>tutela</strong>:<br />
a) riserva naturale integrale<br />
b) riserva generale<br />
c) area di protezione<br />
d) aree di promozione economica e sociale.<br />
Il metodo utilizzato in questo lavoro per pervenire alla succitata delimitazione delle zone<br />
di <strong>tutela</strong> è stato esposto <strong>nel</strong> precedente par. 5.3., al quale si rimanda integralmente.<br />
La perimetrazione così ottenuta va a ripartire l'area interessata al Parco del<br />
Gran Sasso (che viene totalmente ad occupare circa 134.800 Ha, quindi 5727 ha in<br />
meno della corrispondente area considerata per lo studio), come risulta dalla Tab. 16.<br />
Tab. N° 21 - CONSISTENZA DELLE CATEGORIE DI AREE PROTETTE<br />
Unità di <strong>tutela</strong><br />
Superficie (ha) Incidenza %<br />
Riserva naturale integrale 26.700 19,80<br />
Riserva generale orientata 51.200 38,00<br />
Area di protezione 53.900 40,00<br />
Area di promozione econ.soc. 1.600 1,20<br />
Parchi urbano-territoriali 1.400 1,00<br />
TOTALE<br />
119<br />
134.800<br />
100,00<br />
Questa prima determinazione della struttura zonale risulta relativamente schematica in<br />
quanto derivante da un procedimento “automatico” che solo parzialmente tiene conto<br />
di alcune realtà localizzate di morfologia del suolo. Inoltre si è posta la necessità di<br />
rapportare questa lettura per zone ai documenti ed alle norme che già regolano alcuni<br />
aspetti dell'assetto del territorio. Più precisamente si deve ricordare che il D.P.R.<br />
5.6.1995 ha individuato il perimetro definitivo del Parco Nazionale Laga-Gran Sasso,<br />
corredandolo con norme di salvaguardia articolate su due zone provvisorie, di cui<br />
parleremo successivamente.<br />
Tornando allo schema proposto <strong>nel</strong> presente studio relativamente alla<br />
configurazione delle unità territoriali di <strong>tutela</strong>, l’esame dell’elaborato relativo alla<br />
Zonazione del Parco Nazionale (Tav.10) consente di avere una idea della reciproca<br />
collocazione delle singole zone e di fare alcune considerazioni che meglio rendano<br />
comprensibile il processo seguito.<br />
E’ evidente come la zona di riserva integrale sia venuta ad interessare<br />
prevalentemente il settore centro-settentrionale del territorio, che è quello <strong>nel</strong> quale le<br />
indagini sui valori ambientali presenti, nonchè sui vincoli già operanti, denunciavano le
massime concentrazioni di beni da <strong>tutela</strong>re e che, oltretutto, ha sostanziato le istanze di<br />
<strong>tutela</strong> provenienti ormai da anni dagli ambienti culturali e associativi.<br />
E’ la zona delle vette, delle rocce, degli antichi spazi glaciali, delle grandi foreste, che si<br />
estende da M.te S.Franco al M.te Cappucciata comprendendo di fatto tutte le<br />
componenti più caratteristiche della natura del Gran Sasso.<br />
Sono infatti comprese le massime elevazioni e i crinali sommitali, nonchè l’insieme delle<br />
valli e delle conche carsiche intermontane. In particolare i luoghi naturali nevralgici della<br />
montagna, quali il Campo Pericoli e il Venacquaro, la Valle dell’Inferno, la Valle<br />
d’Angri, la Val Maone, l’alta Val Chiarino, il Fondo della Salsa e gran parte dei ripidi<br />
versanti boscosi settentrionali del settore orientale della catena, nonchè le foreste e le<br />
valli settentrionali, dell’Inferno e del Paradiso, del Monte S.Franco.<br />
La riserva generale orientata viene invece a comprendere pressochè tutti quegli<br />
spazi storicamente utilizzati per il pascolo estivo delle greggi, interessati ancor oggi da<br />
un certo carico di bestiame e da una diffusa attività umana, in parte anche agricola.<br />
Infatti gran parte di questa zona di <strong>tutela</strong> è attestata <strong>nel</strong> versante meridionale del<br />
massiccio, comprendendo a settentrione solo alcune ristrette fasce interstiziali tra le<br />
pendici montane forestali e le zone collinari coltivate.<br />
L’estensione meridionale del Campo Imperatore, la Valle del Voltigno, i pascoli<br />
pedemontani a ridosso dei centri abitati più elevati, come <strong>nel</strong> caso dei Monti d’Aragno,<br />
le aree degli ex-coltivi a quote elevate sono state introdotte in questa zona di <strong>tutela</strong>,<br />
<strong>nel</strong>la quale risulta consentito il mantenimento delle attività tradizionali.<br />
Le aree di protezione vengono ad inglobare gli ambienti antropizzati, spesso anche<br />
contraddistinti da paesaggi agrari storici di pregio, nei quali comunque hanno sede le<br />
attività agricole più rilevanti e gli stessi centri urbani pedemontani che sono stati tutti<br />
introdotti in questa zona.<br />
Sul lato meridionale si tratta della fascia parallela alla valle del Fiume Aterno,<br />
con i suoi numerosi ed isolati centri storici da Pizzoli e Barete verso ovest, fino a<br />
S.Stefano di Sessanio e Castel del Monte verso est, comprendendo anche un’ampia<br />
area all’intorno dell’imbocco del traforo autostradale del Gran sasso.<br />
Nella parte settentrionale vengono invece comprese le grandi estensioni collinari<br />
coltivate e caratterizzate da un sistema insediativo diffuso che connota appunto questo<br />
settore territoriale, facente capo ai principali centri storici, quali Fano Adriano,<br />
Pietracamela, Isola del Gran Sasso, Castelli, Farindola, ma costellato poi da<br />
innumerevoli piccoli insediamenti agricoli sparsi sul territorio.<br />
E’ bene ora fornire qualche nota di chiarimento su questa organizzazione zonale del<br />
<strong>parco</strong> così presentata.<br />
In realtà la grande estensione proposta a “<strong>tutela</strong> integrale” contiene anche degli<br />
elementi che, secondo la linea di pensiero tradizionalista sulla pianificazione dei parchi,<br />
non potrebbero ad alcun titolo appartenere ad una unità di <strong>tutela</strong> comprendente per<br />
definizione “spazi selvaggi”.<br />
Infatti, in questo perimetro di riserva integrale sono presenti anche alcuni<br />
pascoli di alta quota in parte tutt’oggi frequentati.<br />
E’ però anche vero che questi suoli “antropizzati” insistono su contesti<br />
geomorfologici di enorme rilievo naturalistico e paesaggistico, come circhi e valli<br />
glaciali, creste e crinali, fenomeni carsici superficiali, ed è altresì vero che, questi stessi<br />
luoghi, sono biotopi di notevole interesse, sia per le specie che ospitano, sia per quelle<br />
che potenzialmente potrebbero esservi reintrodotte.<br />
120
Non è del resto pensabile che luoghi come Campo Pericoli, il crinale da M.te S.Franco<br />
a M.te Camicia, il Venacquaro, la stessa parte in quota della Val Maone, l’acrocoro<br />
centrale delle vette principali, venga posto in una zona di “riserva Generale<br />
orientata”, almeno <strong>nel</strong>la forma specificata dalla legge 394/91, <strong>nel</strong>la quale sono<br />
comunque consentite delle “.....infrastrutture strettamente necessarie”, utilizzando una<br />
locuzione di estrema ambiguità e di dubbia interpretazione.<br />
L’inserimento di questi spazi in un contesto proposto di assoluta “non trasformabilità”<br />
vuole appunto sottolineare la necessità impellente di non sottoporre più queste aree ad<br />
azioni di uso intensivo, lasciandole alla loro condizione evolutiva naturale.<br />
Se ciò è più proponibile guardando al ruolo produttivo di questi luoghi, ormai<br />
largamente disincentivato, è certamente più difficile ipotizzare una drastica limitazione<br />
dell’uso turistico. Va detto che, all’interno di questa macroarea di riserva integrale,<br />
sono riconoscibili alcuni ristretti biotopi per i quali può apparire giustificata anche la<br />
sottrazione generalizzata al transito umano; si pensi alla Valle d’Angri, alla Valle<br />
dell’Inferno, ad alcune forre del versante settentrionale del gruppo M.te Brancastello-<br />
M.te Prena, ad alcuni recessi del versante settentrionale del M.te S.Franco e<br />
dell’immenso Bosco di Chiarino.<br />
Così come sono presenti alcune circostanze di uso turistico intensivo che vanno<br />
certamente regolamentate nei tempi e nei modi di fruizione; a questo proposito appare<br />
irrinunciabile in prospettiva una regolamentazione degli accessi estivi, quanto meno<br />
festivi, alla cima del Corno Grande, per l’elevato impatto che le numerosissime<br />
presenze provocano in termini di erosione dei suoli, soprattutto nei luoghi ghiaiosi a con<br />
notevole instabilità.<br />
Lo stesso caso si presenta per altri tipi di attività che, seppur limitate ad un<br />
minor numero di utenti, apportano comunque danni sensibili ai suoli; si pensi alla<br />
discesa in mountain bike nei valloni della Portella o di Vallefredda o della Val Maone.<br />
Come emerge da queste sintetiche argomentazioni, la struttura zonale<br />
concentrica <strong>nel</strong>la forma adottata, in ossequio alla legislazione vigente, di per sè<br />
grossolanamente accorpante beni ambientali diversi ed esigenze di gran lunga<br />
differenziate, va necessariamente corredata di una dettagliata normativa che recuperi<br />
invece la precisione anche “scientifica” di determinazione delle valenze ambientali,<br />
contestualizzando volta per volta anche sui singoli siti geografici modi e tempi di uso e<br />
conservazione.<br />
Se le considerazioni di cui sopra hanno riguardato le problematiche connesse<br />
alla determinazione della Riserva integrale, analoghe puntualizzazioni sono opportune<br />
per le altre tipologie di <strong>tutela</strong>.<br />
Abbiamo già parlato della ambiguità di sostanza insita <strong>nel</strong>la attribuzione di “stretta<br />
necessità” per le infrastrutture consentite <strong>nel</strong>la zona di riserva generale orientata.<br />
Una adeguata normativa dovrà indubbiamente circostanziare queste indicazioni di<br />
massima, fornendo un elenco delle tipologie e delle relative caratteristiche tecniche e<br />
costruttive delle infrastrutture consentite.<br />
Una prescrizione affine vale anche per corredare convenientemente la dichiarazione:<br />
“Sono ammesse opere di manutenzione e di restauro delle costruzioni esistenti (...)”,<br />
riportata al punto c) dell’Art.12 descrivendo le possibilità concesse <strong>nel</strong>le aree di<br />
protezione.<br />
Pur ritenendo incontestabile la funzione di regolamentazione degli strumenti urbanistici<br />
comunali <strong>nel</strong> settore delle opere edilizie, si può credibilmente attribuire ad un piano<br />
121
“strategico”, quale dovrebbe essere quello proposto per il <strong>parco</strong>, una funzione di<br />
stretto coordinamento, anche tipologico e formale, della attività di recupero e<br />
conservazione del patrimonio edilizio storico sito <strong>nel</strong> territorio.<br />
Uno studio complessivo dei sistemi urbani, delle tipologie edilizie ricorrenti e singolari,<br />
della domanda di trasformazione edilizia in relazione agli usi ed ai corrispettivi livelli<br />
prestazionali, delle esigenze diffuse o localizzate di mantenere stili e forme<br />
architettoniche, e delle eventuali possibilità di introdurre altri stili ed altre forme,<br />
certamente fornirebbe un supporto più attendibile delle iniziative sporadiche e<br />
spontanee fino ad oggi messe in atto in questo specifico campo di intervento.<br />
Quanto detto ovviamente non sottende la ricerca di una uniformità dell’ambiente<br />
costruito acritica rispetto alle peculiarità storiche e tradizionali di ogni singolo luogo<br />
urbano. Al contrario, <strong>nel</strong> rispetto delle specificità, che anzi costituiscono oggetto<br />
primario di interesse, riteniamo che una considerazione complessiva delle tipologie, dei<br />
materiali e di tutti quegli elementi che formano riferimenti omogenei in un certo spazio<br />
territoriale, sia di notevole aiuto <strong>nel</strong>l’orientare le scelte delle amministrazioni, da<br />
ricondurre poi a norme tecniche dei piani ed a regolamenti edilizi locali 100 .<br />
Un’ultima considerazione riguarda il perimetro dell'area protetta; la Tav. N°<br />
........riporta il confronto tra il perimetro decretato dal Presidente della Repubblica con<br />
D.P.R. del 5 giugno 1995 e il contorno del <strong>parco</strong> emerso dal nostro studio. Si<br />
riscontra una coincidenza diffusa tra le due conformazioni perimetrali <strong>nel</strong> settore<br />
settentrionale del <strong>parco</strong> , mentre <strong>nel</strong> settore meridionale e <strong>nel</strong> lembo sud-orientale di<br />
esso. lo studio condotto ritiene più adeguata una diversa conformazione del confine.<br />
Queste differenze si originano soprattutto in ordine ad un criterio del nostro lavoro che<br />
tende a ottenere una continuità territoriale con l'altra area protetta regionale del Velino-<br />
Sirente, attraverso la " zona contigua " della Valle dell'Aterno.<br />
Questa valle, seppur interessata a tratti da diffusi fenomeni insediativi e di degrado,<br />
rappresenta di fatto il sito di concentrazione di gran parte dei beni culturali e delle<br />
testimonianze storiche abruzzesi, oltre che essere ancora caratterizzata da alcuni<br />
episodi di grande valore ambientale.<br />
Veniamo ora alle variazioni che sono state introdotte <strong>nel</strong>la fase finale del nostro studio<br />
<strong>nel</strong>la delimitazione delle zone del <strong>parco</strong> già ottenute con l’applicazione “teorica” del<br />
metodo descritto <strong>nel</strong> cap...<br />
La struttura schematica delle diverse zone è pertanto stata riletta ed affinata in relazione<br />
ad alcuni aspetti di uso del suolo e soprattutto con attenzione alle esigenze di "<br />
riconoscibilità " al suolo dei contorni delle singole aree di <strong>tutela</strong>. Queste zone sono state<br />
quindi “ricontornate” cercando di far coincidere i limiti con elementi riconoscibili al<br />
suolo, quali margini morfologici, vegetazionali, percorsi sentieristici e viari, etc...<br />
Queste operazioni di verifica a posteriori è stata effettuata per porre a<br />
disposizione delle Amministrazioni, degli studiosi, della comunità sociale un documento<br />
leggibile alla luce dell'attualità, giustificato peraltro dai criteri scientifici e metodologici di<br />
cui si è fornito ampio riscontro.<br />
............................inserire la articolazione definitiva del perimetro e delle zone.....<br />
100 Alcune indicazioni di comportamento gestionale in questo settore sono reperibili in: Delleani D. (a cura):<br />
Repertorio di indirizzi alla progettazione <strong>nel</strong>le aree a <strong>parco</strong> e a riserva naturale. Regione Piemonte, Assessorato<br />
alla pianificazione territoriale e ai parchi naturali. Torino 1995.<br />
122
...........................con schema in sovrapposizione tra l’area di studio<br />
7.2. Le potenzialità produttive agricole<br />
L’ipotesi di uso ottimale del suolo, ottenuta attraverso l’applicazione della<br />
metodologia Land Classification,descritta <strong>nel</strong> paragrafo 5.4, consente di verificare<br />
alcune possibilità attinenti il settore produttivo primario.<br />
Sulla base di questa metodologia il versante meridionale della montagna si vede<br />
confermare la sua vocazione storica di pascolo, con una preponderante dimensione<br />
spaziale ritenuta idonea per questo scopo.<br />
Già da molti anni diversi autori hanno però evidenziato la condizione di<br />
degrado in cui versa il pascolo del Gran Sasso a causa dell’eccessivo sfruttamento 101 ,<br />
e quindi l’esigenza di interventi migliorativi tramite risemine.<br />
L’opportunità di incentivare, soprattutto in senso qualitativo, l’attività<br />
zootecnica rende consigliabile senza alcun dubbio la programmazione di azioni di<br />
riqualificazione del pascolo e di razionalizzazione del suo uso.<br />
Abbastanza ampie ed estese risultano, perimetralmente al territorio di studio,<br />
anche le aree seminative, concentrate prevalentemente <strong>nel</strong>la valle del Fiume Aterno<br />
verso sud e <strong>nel</strong>la fascia collinare pedemontana settentrionale. La utilizzazione degli<br />
spazi agricoli a più elevata produttività dovrebbe evolvere, soprattutto <strong>nel</strong> settore<br />
meridionale, verso forme di conduzione più organiche che possano collegarsi anche<br />
con altre tipologie di attività, quale quella agrituristica.<br />
La penalizzazione produttiva causata dalle condizioni climatiche legate alle alte<br />
quote, nonchè il progressivo depauperamento delle estensioni agricole dovuto alle<br />
pressioni di urbanizzazione - questo soprattutto <strong>nel</strong>l’hinterland del capoluogo aquilano -<br />
deve essere compensata da una qualità produttiva, e da una organizzazione gestionale<br />
e promozionale di questa qualità, tutta da inventare.<br />
Evoluzione del settore verso forme produttive alternative e biologiche,<br />
<strong>valorizzazione</strong> commerciale e turistica di alcune, rare, colture tradizionali,<br />
riorganizzazione aziendale, integrazione con altri rami di attività, quale quello già citato<br />
del turismo, recupero e mantenimento dei paesaggi agricoli storici, potrebbero fornire<br />
stimoli interessanti per una agricoltura “<strong>nel</strong> <strong>parco</strong>”, ma da pianificare <strong>nel</strong> dettaglio<br />
mediante uno specifico strumento dedicato.<br />
Molte iniziative in Italia sono state condotte per restituire al settore agricolo una<br />
dignità qualitativa avente valenza operativa oltre che “sperimentale” in nuovi campi<br />
produttivi. Certamente da citare l’attività svolta in Umbria <strong>nel</strong> settore vivaistico, ad<br />
opera delle Comunità Montane, con lo scopo primario di rilanciare produzioni<br />
tradizionali quali l’olivicoltura, o i “Campi sperimentali” per la coltivazione delle piante<br />
officinali impiantati in varie zone delle Alpi.<br />
Ma attualmente la montagna può assolvere una funzione importante <strong>nel</strong>la<br />
produzione di qualità, se teniamo conto ad esempio che oltre trecento dei 400 prodotti<br />
caseari censiti dall’ “Atlante dei prodotti tipici” dell’Istituto Nazionale di Sociologia<br />
101Rivera V.: Sulla degradazione botanica delle zone alte pascolative dell’Abruzzo aquilano. La Ricerca<br />
Scientifica, anno XXX, n.2. Roma 1960.<br />
Tammaro F.:I pascoli del Gran Sasso aquilano. Modificazioni di origine antropica del paesaggio naturale.<br />
Bollettino Sezione C.A.I. L’Aquila, III s., n.25. L’Aquila 1992.<br />
123
Rurale, provengono da zone di montagna, come anche ben 140 delle 250 tipologie di<br />
salumi 102 .<br />
Iniziative di questa natura sono solo sporadiche <strong>nel</strong> territorio del Gran Sasso,<br />
mentre il <strong>parco</strong> potrebbe fornire spunto e appoggio per una maggiore diffusione.<br />
Un ruolo importante è rivestito inoltre dalle superfici forestali che, in<br />
conseguenza dell’abbandono delle attività agricole di montagna, stanno in molti casi<br />
ampliandosi sugli spazi non più coltivati.<br />
Gran parte delle foreste del Gran Sasso sono state, e sono tutt’ora, oggetto di<br />
tagli produttivi per legname e carbone. In ogni caso le attuali limitate esigenze in tal<br />
senso, unite ad improrogabili necessità di conservazione del patrimonio forestale che<br />
<strong>nel</strong> <strong>parco</strong> vanno comunque perseguite, dovranno condurre ad una valutazione delle<br />
possibilità reali di produzione in questo settore.<br />
L’ipotesi di uso potenziale del suolo evidenzia le possibilità di un marcato<br />
intervento di rimboschimento, particolarmente <strong>nel</strong> quadrante sud-orientale dell’area di<br />
studio, dove più diffusa è la presenza di spazi coltivati in quota oggi abbandonati.<br />
In una visione di <strong>parco</strong> integrato, quale è quella che si vuole proporre con il<br />
presente lavoro, agli spazi agricoli viene riconosciuta una funzione cardine <strong>nel</strong> contesto<br />
organizzativo dell’area protetta. Appunto per questo motivo, <strong>nel</strong>la costruzione delle<br />
“Linee strategiche per il piano del <strong>parco</strong>”, sono state collocate anche le principali aree<br />
agricole, indicando i centri d’interesse settoriale, nei quali potrebbero localizzarsi i tipici<br />
servizi legati alla produzione primaria.<br />
7.3. Le potenzialità turistiche<br />
Sul ruolo turistico dei parchi nazionali si è ampiamente dissertato <strong>nel</strong> Cap.3, ma<br />
è bene puntualizzare alcuni spunti qualificanti il problema del turismo <strong>nel</strong> comprensorio<br />
del Gran Sasso d’Italia.<br />
In prima analisi è possibile avanzare una distinzione tra quelle attività turistiche<br />
già regolarmente avviate, autosostenute e pertanto pressochè totalmente svincolate<br />
dalla presenza del <strong>parco</strong>, e quelle invece che vengono incentivate e sviluppate in<br />
conseguenza proprio della istituzione di un'area protetta, per le quali questa<br />
rappresenta il principale veicolo promozionale.<br />
Sostanzialmente si può affermare che appartengono alla prima categoria le<br />
tipiche forme turistiche invernali, legate alle attrezzature per lo sci di discesa e per lo sci<br />
di fondo. Molto più condizionate in positivo dalla presenza del <strong>parco</strong> appaiono invece<br />
le attività ricreative e sportive estive, soprattutto quelle almeno parzialmente sorrette da<br />
motivazioni culturali, quali l'escursionismo pedonale o l'agriturismo.<br />
Di fronte a questa macrodistribuzione delle modalità di fruizione turistica del<br />
territorio, il <strong>parco</strong>, o meglio lo strumento di pianificazione e di controllo delle<br />
trasformazioni del <strong>parco</strong>, ha un duplice compito. Da un lato l' esigenza di regolare e<br />
razionalizzare le attività "autonome" del primo tipo, riconducendole entro i canoni di<br />
compatibilità ambientale prefissati dalle norme e dai regolamenti dell'Ente di gestione.<br />
Da un altra parte esiste l'opportunità di sviluppare quasi ex- novo un settore<br />
turistico, anche di notevole caratura quantitativa, predisponendo fin dall'inizio gli<br />
102 De Vecchis G.: La montagna italiana. Ed. Kappa, Roma 1992.<br />
124
strumenti e le modalità per il controllo dei flussi, ma anche le forme ed i veicoli per<br />
l'adeguata promozione di un potenziale economico di forte rilievo.<br />
In entrambi i casi, in sede di piano, si tratterà di prefigurare degli " interventi "<br />
che vanno dal " restauro ambientale " delle aree degradate dalle azioni operate per fini<br />
turistici, all'allestimento di " reti turistiche " costituite da poli attrezzati, servizi ricettivi e<br />
percorsi tematici plurimodali.<br />
Riferendosi allo specifico caso di studio del <strong>parco</strong> del Gran Sasso, è stata<br />
effettuata in primo luogo una ricognizione complessiva dei siti turistici, differenziandoli in<br />
estivi ed invernali, utilizzando alcuni riferimenti internazionali per classificare le attività.<br />
L'individuazione degli spazi ricreativi è stata eseguita riferendosi alla<br />
metodologia applicata dalla Agricoltural Rehabilitation and Development Act (ARDA)<br />
come parte del Canadian Land Inventory, già citata <strong>nel</strong> Par. 3.3, mediante la quale<br />
sono state individuate una serie di attività esplicabili in ambito montano,.<br />
Gli spazi ricreativi invernali godono di una fruibilità differente rispetto agli spazi<br />
estivi. Uno dei motivi è la necessaria presenza di infrastrutture, impianti ed apparati<br />
dedicati alla mobilità ed alla manutenzione degli spazi destinati a tali attività. In questo<br />
caso infatti, la continua manutenzione di impianti di risalita, piste e infrastrutture di<br />
supporto è condizione necessaria per un sicuro e corretto svolgimento delle attività<br />
esplicabili. Questo tipo di attività ricreativa comporta un impatto con l'ambiente<br />
notevolmente superiore a quello generalmente provocato dalle attività ricreative estive,<br />
per cui bisogna porre particolare attenzione a tutti gli interventi che si andranno ad<br />
attuare.<br />
Le attività individuate sono state poste in relazione con gli spazi necessari per il<br />
loro svolgimento. La determinazione delle corrispondenze spazi-attività ricreative è<br />
stata effettuata sulla base delle caratteristiche specifiche delle attività e sulla<br />
determinazione conseguente delle disponibilità di spazi idonei. Sostanziale, a questo<br />
scopo, è stata l' utilizzazione delle diverse analisi documentative di base, come<br />
l'altimetria, la clivometria, l'uso del suolo, la configurazione degli elementi insediativi ed<br />
infrastrutturali.<br />
Nell' analizzare la compatibilità tra attività produttive e ricreative vanno<br />
espresse alcune considerazioni. Per quanto riguarda attività del tipo " osservazione e<br />
visita " va notato come queste siano relative a spazi ben precisi e generalmente con<br />
condizioni di compatibilità con tutte le attività produttive primarie.<br />
Peraltro, l'osservazione e la visita sono in linea generale direttamente connesse<br />
con altre attività, come l'escursionismo, per cui ricadiamo <strong>nel</strong> campo di compatibilità<br />
inerente quest'ultima attività. Lo stesso discorso vale per la speleologia e, piú in<br />
generale, la visita delle cavità sotterranee. Per l'escursionismo, sia a piedi che equestre,<br />
si rileva che gli spazi ad esso corrispondenti, seppure limitrofi a quelli cosiddetti "<br />
produttivi ", non si sovrappongono di norma a questi; quindi le attività escursionistiche<br />
risultano sempre compatibili con quelle produttive, in quanto le interessano solo<br />
marginalmente, limitandosi ad " attraversare " gli spazi ad esse relativi.<br />
Come fonte dei dati si è presa in considerazione tutta la rete sentieristica<br />
riportata sulla Carta dei Sentieri del Club Alpino Italiano, ed inoltre il tratto abruzzese<br />
del Sentiero Italia 103 e i sentieri che fanno parte dell'"alta via", che costituisce un<br />
103 Club Alpino Italiano, Sezione dell’Aquila: Gran Sasso d’Italia, Carta dei sentieri 1:25.000. Firenze 1990.<br />
Per le caratteristiche del Sentiero Italia, Tratto Abruzzese si veda: Romano B.: Parchi e sentieri. Verde<br />
Ambiente,anno VIII, n.5, Roma 1992.<br />
125
itinerario continuo di crinale. I sentieri sono di varia difficoltà e lunghezza e sono, o<br />
dovranno, essere ben evidenziati ed attrezzati, ovvero dotati di segnavia, posti-tappa e<br />
guida, con modalità da definire più precisamente <strong>nel</strong>le norme. L'estensione della rete<br />
sentieristica ammonta a circa 400 km. C'è da rimarcare che pur essendo così estesa, la<br />
rete sentieristica viene usata in modo non omogeneo, in quanto gli escursionisti<br />
percorrono di preferenza gli itinerari più noti. Questo fatto provoca quindi da una parte<br />
il sovraffollamento di ben determinate zone del <strong>parco</strong> (che tra l'altro si situano<br />
principalmente in aree da sottoporsi al più elevato grado di <strong>tutela</strong>).<br />
Un vero discorso di compatibilità in termini di possibilità di sovrapposizione di<br />
spazio resta quindi da fare per alcune attività che interessano ambiti di tipo " areale "<br />
attrezzati o meno, come il pic-nic e il campeggio libero o organizzato.<br />
7.4 La ricettività turistica<br />
Per ciò che riguarda la struttura ricettiva extralberghiera (campeggi organizzati, rifugi e<br />
bivacchi) ci troviamo in presenza, almeno per quel che riguarda i campeggi, di un basso<br />
numero di attrezzature. Nell'area di studio sono presenti cinque parchi di campeggio<br />
organizzato per un totale di 34.000 mq. Diverso è il discorso per la ricettività, o meglio<br />
per i punti di appoggio offerti agli utenti come rifugi e bivacchi, che pur non<br />
raggiungendo la diffusione che si raggiunge <strong>nel</strong>le aree alpine, presenta una dotazione di<br />
circa 30 manufatti edilizi preesistenti da utilizzare come ricoveri occasionali, ma<br />
comunque potenzialmente ricuperabili a fini turistici tramite adeguate ristrutturazioni.<br />
Tab N°.22 - Rifugi e bivacchi 104<br />
RIFUGI<br />
Quota N. posti<br />
(m s.l.m.) letto<br />
Duca degli Abruzzi 2.388 20<br />
Garibaldi 2.236 15<br />
Carlo Franchetti 2.433 20<br />
Il Vaduccio 1.655 4<br />
Ostello di Campo Imperat. 2.136 40<br />
Anto<strong>nel</strong>la Panepucci 1.700 12<br />
Bivacco A.Bafile 2.669 9<br />
Bivacco G. Lubrano 1.745 4<br />
del Monte 1.614 ------<br />
S. Nicola 1.665 ------<br />
Fonte Vetica 1.632 ------<br />
Tito Acerbo 1.118 ------<br />
Totale 124<br />
La domanda attuale di ricettività a rotazione d’uso è prevalentemente sostenuta dalla<br />
dotazione alberghiera presente, pari a circa 2800 posti letto computati <strong>nel</strong> 1991 (Tab.<br />
23).<br />
104 Di Profio G., Bivacchi e capanne d’alta quota. D’Abruzzo, anno III, n.2, Pescara 1990.<br />
126
Tab. N°.23 - Dotazione di posti letto in strutture a rotazione d'uso<br />
Comune<br />
N.<br />
Alberghi<br />
Posti<br />
letto<br />
N.<br />
Campeggi<br />
127<br />
Posti<br />
letto<br />
Campotosto<br />
Poggio Canc.<br />
4 150<br />
-- --<br />
Castel del M. 2 35 1 440<br />
Capitignano 1 14 -- --<br />
L'Aquila<br />
13 1.118<br />
1 120<br />
Assergi<br />
1 52<br />
-- --<br />
Bazzano<br />
1 18<br />
-- --<br />
Campo Imper.<br />
1 100<br />
-- --<br />
Fonte Cerreto<br />
3 199<br />
1 160<br />
Montereale 1 14 -- --<br />
Pizzoli 1 69 -- --<br />
Poggio P. 1 12 -- --<br />
Prata d'Ans. 1 25 -- --<br />
Navelli -- -- 1 200<br />
Farindola 1 81 -- --<br />
Castelli<br />
Crognaleto<br />
1 14 -- --<br />
Nerito<br />
1 12<br />
-- --<br />
Fano Adriano<br />
1 34<br />
-- --<br />
Cerqueto<br />
1 32<br />
-- --<br />
Isola del G.S.<br />
5 93<br />
-- --<br />
S.Gabriele<br />
3 71<br />
-- --<br />
Montorio al V 2 90 -- --<br />
Pietracamela<br />
1 31<br />
-- --<br />
Prati di Tivo<br />
7 503<br />
1 440<br />
TOTALE<br />
54<br />
2.800<br />
5<br />
1.360<br />
I dati ISTAT relativi al patrimonio residenziale riportati <strong>nel</strong>la Tab...., riguardano<br />
le quantità relative al patrimonio edilizio totale e non occupato, riferite ai censimenti del<br />
1971 e 1981. Inoltre <strong>nel</strong>la Tab. 28 viene differenziato il patrimonio edilizio non<br />
occupato <strong>nel</strong>l'anno 1991 dipendentemente dalle cause di non uso, distinguendo le<br />
seguenti categorie :<br />
a - stanze utilizzate per vacanze;<br />
b - stanze non utilizzate.<br />
Al punto a) sono censite ovviamente le seconde case, utilizzate prevalentemente dai<br />
proprietari per limitati periodi dell’anno; tale quantità costituisce la residenza turistica<br />
già collocata, pari ad oltre 40.000 stanze che diventano poco più di 12.000 se si<br />
prendono in considerazione i soli comuni con capoluogo municipale posto all’interno<br />
della perimetrazione del <strong>parco</strong> proposta <strong>nel</strong> presente studio, e escludendo in ambedue i<br />
casi i numeri del comune dell’Aquila.<br />
Al punto b) sono ascritte le stanze che costituiscono il patrimonio edilizio generalmente<br />
definito “in abbandono”, per il quale, permanendo o meno un interesse proprietario, è<br />
venuto a mancare l’effettivo utilizzo.<br />
Queste ultime ammontano rispettivamente, secondo il medesimo criterio poco sopra<br />
precisato, a circa 12.200 e 3.600.
Tracciate le cause della non occupazione appare evidente come, <strong>nel</strong>l'ottica di<br />
previsione di un eventuale riutilizzo del patrimonio edilizio esistente a fini ricettivi<br />
turistici, può essere presa in considerazione la categoria b.<br />
Quest'ultima, in particolare, caratterizza tipicamente la realtà insediativa della nostra<br />
area di studio, interessata rilevantemente dal fenomeno dell'abbandono dei centri<br />
montani, e del conseguente trasferimento della popolazione <strong>nel</strong>le aree urbane di<br />
maggiori dimensioni.<br />
..............................inserire Tab. 24 completata con i dati di teramo e pescara...<br />
La dotazione complessiva teorica delle oltre 12.000 stanze di cui si è detto (di cui<br />
3.600 all’interno del perimetro del <strong>parco</strong>) da recuperare per uso di residenza e di<br />
ricettività turistica, corrispondente teoricamente a quasi 16.000 posti letto potenziali (di<br />
cui quasi 4.700 all’interno del <strong>parco</strong>), quantità che si presume largamente sufficiente a<br />
coprire la maggior parte della domanda futura, anche considerando un'alta percentuale<br />
di indisponibilità, di inidoneità e di sfrido.<br />
Si tenga presente che alcuni centri storici dell’area del Gran Sasso, interamente<br />
contenuti <strong>nel</strong>la perimetrazione proposta, riportati <strong>nel</strong>la Tab.25, che ospitano<br />
attualmente(dati ISTAT 1991) 13.971 abitanti residenti complessivi, ne ospitavano ben<br />
25.783 <strong>nel</strong> 1861.<br />
Questo dato fornisce una idea della consistenza dei contenitori edilizi storici relativi che,<br />
pur con i dovuti distinguo rispetto ai livelli correnti di standard abitativi e di prestazione,<br />
e tenendo conto anche degli eventi sismici avvenuti <strong>nel</strong> corso dei primi decenni del<br />
1900, ospitavano quasi 12.000 unità in più.<br />
Da tali valutazioni discende come, a nostro avviso, la politica socioeconomica e<br />
urbanistica dei comuni del <strong>parco</strong> <strong>nel</strong> campo della residenza e della ricettività turistica<br />
dovrà essere interamente rivolta al riuso del patrimonio edilizio esistente.<br />
Ciò anche ai fini del raggiungimento dell’obiettivo del recupero delle strutture<br />
architettoniche e del mantenimento della funzione socioeconomica dei centri storici,<br />
coerentemente con quanto si è ampiamente sostenuto <strong>nel</strong> par. 2.3.<br />
7.5 Linee strategiche per il piano del <strong>parco</strong><br />
Attraverso questa proposta di " linee strategiche per il piano del <strong>parco</strong> ". vengono<br />
offerte, seppure sempre in chiave problematica, alcune prime ipotesi di " disegno del<br />
<strong>parco</strong> ". Queste ipotesi non fanno più capo a specifici settori tematici o aree spaziali,<br />
ma ricercano una totale integrazione tra gli aspetti di <strong>tutela</strong>, della fruizione turistica,<br />
dell'uso produttivo, dell'organizzazione efficiente dei servizi sociali, del nuovo ruolo<br />
territoriale dei singoli nuclei urbani e dei centri storici. Solo per motivi di chiarezza<br />
espositiva vengono separati i tematismi programmatici rappresentati (Tav. N°...)<br />
Sulla articolazione delle zone di <strong>tutela</strong> interne al <strong>parco</strong> abbiamo già avuto occasione di<br />
parlare <strong>nel</strong> par. 7.1.<br />
7.5.1 Servizi del <strong>parco</strong><br />
128
In ordine ai servizi gestionali e di supporto al turismo, sono state individuate le seguenti<br />
tipologie:<br />
- Centri di visita;<br />
- Musei e mostre permanenti;<br />
- Aree faunistiche;<br />
- Orti botanici;<br />
- Strutture di supporto alla sorveglianza e alla ricerca di campo;<br />
- Sedi amministrative e direzionali.<br />
Si propone che i centri di visita e di informazione vadano a situarsi in quasi tutti<br />
i centri abitati pedemontani che contornano il massiccio del Gran Sasso, che saranno<br />
sede di vari tipi di prestazioni. Il centro di visita è una struttura già ampiamente<br />
collaudata <strong>nel</strong>le sue funzioni <strong>nel</strong>la esperienza del Parco Nazionale d' Abruzzo, sostanzialmente<br />
come punto di contatto preferenziale con l'utenza turistica dei diversi tipi.<br />
Il centro di visita è generalmente organizzato come un’agenzia in grado di fornire<br />
informazioni di carattere generale, oltre che materiale documentale, su tutte le caratteristiche<br />
del Parco e su tutti gli altri servizi disponibili.In corrispondenza dei centri di<br />
visita potranno inoltre essere presenti mostre permanenti sulle peculiarità ambientali,<br />
folkloristiche, artigianali, artistiche etc. del Parco in generale, e del centro urbano<br />
relativo in particolare.<br />
Le strutture edilizie di riferimento preferenziale per i centri di visita sono naturalmente i<br />
centri storici con i loro edifici potenzialmente ricuperabili a questa funzione.<br />
Le attività di sorveglianza e di ricerca, pur differenziandosi sostanzialmente <strong>nel</strong>le finalità,<br />
hanno comunque in comune, sul piano gestionale, l' esigenza di movimento sul territorio<br />
e la necessità di avvalersi di punti di appoggio distribuiti su questo ed utilizzabili per una<br />
molteplicità di funzioni.<br />
Gli elementi di supporto alla sorveglianza ed alla ricerca di campo interessano quindi<br />
delle strutture fisse da reperirsi <strong>nel</strong> sistema delle presenze architettoniche distribuite<br />
diffusamente sul territorio del <strong>parco</strong>. Le iniziative finalizzate al recupero di queste<br />
componenti insediative vanno pertanto attivate con questo obiettivo principale.<br />
7.5.2. Razionalizzazione delle strutture turistiche esistenti<br />
Le indagini e le prime linee di individuazione delle potenzialità, illustrate <strong>nel</strong> capitolo 6,<br />
hanno evidenziato una ambivalenza di rapporto tra il <strong>parco</strong> e le attività ricreative in esso<br />
esplicabili. Più precisamente si presenta la necessità di controllare quelle attività<br />
preesistenti e già consolidate, che possono definirsi come "autosostenute" in termini di<br />
spazi attrezzati e di domanda di fruizione.<br />
A queste categorie vanno ascritte le attività sciistiche con i loro relativi impianti ed<br />
attrezzature, che già da anni operano sul territorio in maniera sostanzialmente<br />
indipendente, sul piano organizzativo ed economico, dal loro contesto territoriale.<br />
Nei confronti di queste attività il Parco dovrà assumere un ruolo " razionalizzatore ",<br />
non penalizzando necessariamente gli interessi economici già attivati, ma procedendo<br />
ad un controllo, seppure a posteriori, degli impatti ambientali provocati ed,<br />
eventualmente, ancora provocabili.<br />
129
Questa assunzione di ruolo di controllo si traduce, dal lato della pianificazione degli<br />
interventi, <strong>nel</strong>la previsione di azioni di restauro e di risanamento strutturale e<br />
paesaggistico delle zone interessate da questi tipi di funzione. L'attuazione di questi<br />
interventi è stata peraltro inserita programmaticamente tra le azioni " complesse " che<br />
sono successivamente illustrate.<br />
Entrando <strong>nel</strong> merito di alcuni singoli interventi prefigurati, tutti gli impianti sciistici<br />
esistenti sul massiccio del Gran Sasso vengono indicati come suscettibili di<br />
miglioramento funzionale. Detto miglioramento va inteso come la possibilità di<br />
procedere al riammodernamento delle infrastrutture attuali o a limitate estensioni delle<br />
stesse. Questi interventi andranno comunque attentamente vagliati in funzione sia della<br />
effettiva richiesta di bacini sciistici di questo tipo, sia dei rapporti costi-benefici e sia<br />
ovviamente del valore ambientale delle aree interessate.<br />
7.5.2. Organizzazione della fruizione del <strong>parco</strong> e della mobilità<br />
Per tornare ai rapporti tra il <strong>parco</strong> e l'uso turistico del territorio, sono poi da segnalare<br />
quelle attività che, al momento attuale non possono certamente ritenersi molto<br />
sviluppate, se non in qualche caso circoscritto. In questa categoria di attività ricreative<br />
vanno ascritte le forme escursionistiche guidate e tutti gli aspetti della fruizione<br />
tipicamente culturale, fondata sulla acquisizione della conoscenza delle molteplici<br />
componenti del <strong>parco</strong>. La funzione programmatica del <strong>parco</strong> verso queste forme<br />
ricreative dovrà essere peraltro molto più accentuata, in quanto trattasi di attività che<br />
traggono promozione ed incentivazione proprio dalla presenza dell'area protetta e dall'<br />
effetto di " richiamo " che questa provoca nei confronti della domanda potenziale.<br />
Si tratta in particolare di una azione organizzativa e di controllo che gode<br />
comunque del vantaggio di poter essere pianificata fin dal suo inizio, con attenzione alle<br />
diverse implicazioni in termini di incentivazione ed arginamento degli impatti.<br />
Un importante elemento strutturante l'intero sistema territoriale del <strong>parco</strong>, è già<br />
stato individuato <strong>nel</strong> paragrafo 7.3 <strong>nel</strong>la rete locale della mobilità pedonale e nei relativi<br />
itinerari escursionistici che questa rete compongono, unitamente agli accessi. La rete<br />
escursionistica percorre l'intero territorio con direttrici di diverso rilievo.<br />
..........inserire schema della mobilità pedonale<br />
Dallo schema allegato (Fig.. ) emerge l'individuazione di due linee principali di<br />
spostamento pedonale, denominate " Alta Via " e " Sentiero Italia ".<br />
Per la caratterizzazione di questi elementi si è fatto ampio riferimento a<br />
documentazione di studio e di progetto già esistente (si veda la nota n. .....), <strong>nel</strong>la quale<br />
sono state affrontate <strong>nel</strong> dettaglio tutte le tematiche coinvolte. Dal disegno della struttura<br />
della rete escursionistica deriva uno sviluppo totale dei segmenti della viabilità<br />
pedonale pari a circa 400 Km e organizzati schematicamente "a pettine" rispetto alle<br />
citate direttrici strategiche.<br />
130
I luoghi di scambio tra la mobilità veicolare e quella pedonale o comunque di<br />
penetrazione <strong>nel</strong> <strong>parco</strong> sono stati individuati negli accessi attrezzati, ognuno dei quali<br />
classificato secondo un criterio basato sul livello di attrezzatura.<br />
Tab. N° - Attrezzature e servizi dei vari ordini di accesso<br />
Si tratta infatti di località raggiungibili con i normali mezzi di trasporto oppure<br />
con impianti a fune ed oltre i quali gli spostamenti possono essere di tipo<br />
esclusivamente pedonale. Sono stati definiti 4 tipi di accessi al Parco in funzione delle<br />
loro attrezzature:<br />
- Accessi intermodali: Luoghi di ingresso al territorio del <strong>parco</strong> collocati in corrispondenza degli<br />
snodi principali del sistema dei collegamenti (autostrade, strade di grande importanza, linee<br />
ferroviarie), dotati dell'intera gamma dei servizi per la collettività e delle attrezzature turistiche<br />
anche di livello superiore. Il livello di dotazione corrisponde a quello riscontrabile nei centri<br />
principali pedemontani.<br />
- Accessi del 1° ordine : terminali attrezzati di ingresso al Parco dotati di un'ampia gamma di<br />
servizi commerciali, culturali e ricettivi. Il livello di queste dotazioni dovrebbe sempre<br />
corrispondere a quello riscontrabile nei centri minori pedemontani che si configurano pertanto<br />
sempre almeno come accessi del 1° ordine.<br />
Questo tipo di accesso presenta parcheggio, posti letto in albergo o camping, servizi di infermeria<br />
e pronto soccorso, posto di chiamata per il soccorso alpino, possibilità di essere accompagnati de<br />
Guide escursionistiche sui vari percorsi, eventuale maneggio per le lezioni di equitazione e gite a<br />
cavallo.<br />
- Accessi di 2° ordine : terminali attrezzati di ingresso al Parco dotati almeno dei servizi ricettivi di<br />
base, nonchè delle attrezzature minimali per la sosta ed il ristoro.<br />
Oltre alle attrezzature descritte per l'accesso del 3° ordine, questo presenta piazzali di parcheggio e<br />
strutture in grado di offrire ricettività di fortuna.<br />
- Accessi del 3° ordine : terminali di accesso al Parco dotati delle attrezzature minimali di<br />
segnalazione sosta e parcheggio.<br />
Questo tipo di accesso non è attrezzato, ma presenta unicamente un cartello di segnalazione<br />
unitamente ad una cartografia dalla quale risulti la posizione del relativo accesso rispetto al<br />
131
territorio del Parco e l'indicazione dei vari percorsi pedonali percorribili da tale accesso con<br />
specificati dislivelli, tempi medi di percorrenza, punto di arrivo, eventuali peculiarità di tipo<br />
ambientale presenti sul percorso, livello di difficoltà.<br />
Infine vengono individuati alcuni interventi definiti “complessi”, in quanto coinvolgono a<br />
loro volta un insieme di iniziative elementari, che sono i seguenti:<br />
7.5.4. Interventi di recupero edilizio e di restauro del territorio<br />
- Ambiti di recupero edilizio;<br />
- Ambiti di riqualificazione urbanistica;<br />
- Ambiti di potenziamento dei servizi sociali;<br />
- Ambiti di restauro paesaggistico;<br />
- Ambiti di disincentivazione della percorribilità di segmenti viari;<br />
....................completare con i nomei<br />
Tutta questa serie di ambiti dovranno in seguito essere puntualizzati<br />
maggiormente, individuando i modi ed i tempi degli interventi, facendone oggetto in<br />
definitiva di progetti d’area localizzati.<br />
Ricettività e residenzialità<br />
E’ opportuno esprimere qualche riflessione su alcuni aspetti particolari che si sono<br />
evidenziati <strong>nel</strong> corso del lavoro, soprattutto sugli argomenti della utilizzazione turistica<br />
del <strong>parco</strong> e del ruolo degli insediamenti.<br />
Sul tema della ricettività è necessario ribadire qualche dato, già in precedenza<br />
esposto. L' analisi preliminarmente condotta sulla dotazione attuale di attrezzature<br />
ricettive ha messo in evidenza alcune concentrazioni di questa, in corrispondenza dei<br />
poli turistici autonomamente già affermati.<br />
Ha messo però parimenti in rilievo le numerose carenze che riguardano le generalità del<br />
territorio, carenze che vanno necessariamente colmate se si intende perseguire<br />
l'obiettivo del riequilibrio degli interessi e delle economie, almeno <strong>nel</strong> settore degli<br />
interventi legati al turismo. Chiaramente le tipologie della ricettività turistica collegate<br />
alla presenza del <strong>parco</strong> non possono ricalcare i canoni di matrice formale che hanno<br />
ispirato gli interventi analoghi degli anni 60 e 70 e che sono tutt'ora riscontrabili <strong>nel</strong>le<br />
architetture dei numerosi residence e alberghi.La potenziale domanda esige livelli<br />
qualitativi e tipologici di natura ben differente ed orientati in tutt'altra direzione.<br />
Come si è visto <strong>nel</strong> par.7.4 i principali candidati ad assolvere la funzione ricettiva sono<br />
in questo caso i centri storici, con i loro elementi edilizi di pregio architettonico,<br />
ancorchè generalmente non più utilizzati da anni, vittime dello spopolamento che<br />
affligge cronicamente i centri della montagna.<br />
Se in alcuni centri da qualche anno è già avviata una azione di recupero, più che altro<br />
per uso seconda casa in omaggio a mode imperanti, in molti casi sono tutt'ora assenti<br />
attrezzature ricettive di tipo alberghiero o paralberghiero. D'altro canto i dati disponibili<br />
dall' ISTAT mettono in luce una teorica possibilità di poter usufruire di quasi 16.000<br />
posti letto, da ricavarsi in edifici storici, a fronte dell' attuale dotazione di alberghi di<br />
2.800 posti letto e di oltre 52.000 posti letto stimati in seconde case.<br />
132
Anche questo genere di interventi di recupero viene inquadrato <strong>nel</strong>la categoria delle<br />
azioni complesse, ed interessa pressochè tutti i centri della corona pedemontana,<br />
seppur con diversa intensità. Al di là del pronunciamento di principio. il recupero degli<br />
edifici storici, per fini sociali o turistico-ricettivi che si voglia, rappresenta forse<br />
l'impegno politico-gestionale più gravoso e complesso, ma anche tra i più significativi<br />
per un <strong>parco</strong>.<br />
7.5.5. Il coinvolgimento degli abitanti e dell’imprenditoria locale<br />
Se dal punto di vista strettamente tecnico, in ordine agli aspetti statici, distribuitivi,<br />
prestazionali ed architettonici, la soluzione, anche se non banale, è fornita da<br />
regolamenti e normative articolate, ben diverso si profila il problema del recupero<br />
funzionale finalizzato ad alcuni usi di interesse collettivo.<br />
Come abbiamo già avuto modo di accennare, gli attuali stimoli di tipo<br />
economico pilotano essenzialmente i mercati immobiliari locali verso le vendite a<br />
clientela esterna per l'acquisizione di seconde case per vacanze. Questa tendenza è<br />
attualmente in incremento legandosi anche ai fattori comportamentali in corso di grande<br />
diffusione.<br />
Del resto la carenza di imprenditorialità locale fa si che il mezzo più rapido e<br />
conveniente per ottenere benefici economici sia l'alienazione dei beni immobiliari non<br />
più di uso proprio, e non certamente la loro trasformazione in sedi di attività economiche<br />
da gestire direttamente da parte del proprietario. In sostanza questo processo,<br />
lasciato ad una evoluzione spontanea, conduce ad una graduale sostituzione della<br />
popolazione autoctona con popolazione "turistica".<br />
Sul piano dell'effetto di recupero sugli immobili questo fenomeno può ritenersi<br />
positivo, riuscendo beninteso a regolare opportunamente le modalità architettoniche<br />
degli interventi.<br />
Dal punto di vista del ruolo territoriale e sociale del centro questo tipo di<br />
dinamica si presenta al contrario negativa, in quanto genera nuclei urbani che<br />
rimanendo pressochè deserti per la maggior parte dell'anno non sono più in grado di<br />
sostenere nessuna attività economica di carattere permanente, e soprattutto che non<br />
ricoprono più alcuna funzione di riferimento per il territorio circostante.<br />
In questo scenario già oggi documentabile con molti esempi concreti, il <strong>parco</strong><br />
con la sua filosofia gestionale, deve inserirsi come elemento capace di provocare una<br />
inversione di tendenza, almeno parziale. L'obiettivo prioritario dovrà essere quello di "<br />
recuperare " il centro storico non solo sotto il lato fisico e strutturale del costruito, ma<br />
anche sul piano degli interessi permanenti, di carattere economico e occupazionale, non<br />
quindi stagionalmente circoscritti. In questo senso la presente proposta di linee<br />
strategiche per il Piano fornisce l'indicazione di localizzazione delle funzioni direzionali<br />
direttamente nei centri del <strong>parco</strong>, oltre, naturalmente, a sedi di rappresentanza<br />
collocate <strong>nel</strong>l'area urbana dell'Aquila o di Teramo o, anche, di Roma.<br />
E' di conseguenza necessario coinvolgere in questi interessi la popolazione<br />
residua in primo luogo. ma anche quella che da breve tempo ha abbandonato questi<br />
luoghi per motivi occupazionali.<br />
L' operazione che va costruita deve tendere a fornire una "centralità<br />
psicologica" a questi luoghi, trasformandoli <strong>nel</strong>l'idea collettiva da siti marginali e<br />
decentrati, a sedi privilegiate di attività interessanti e stimolanti, ed anche "continue" <strong>nel</strong><br />
133
tempo. In questo senso la presenza del <strong>parco</strong> dovrà fungere da catalizzatore per<br />
convogliare in questi luoghi interessi congressuali e culturali, oltre quelli turistici già<br />
presenti e certamente incentivabili.<br />
Per assolvere a questa funzione sarà necessario realizzare nei centri storici<br />
interventi di dotazione di strutture alberghiere o paraalberghiere, sempre inquadrate<br />
<strong>nel</strong>l'ottica generale della politica del recupero edilizio. E' qui che possono sorgere<br />
alcune rilevanti difficoltà legate ai regimi proprietari degli immobili. L'iniziativa privata<br />
<strong>nel</strong>la realizzazione di strutture ricettive non è di facile avvio, a meno che non si ricorra a<br />
forme di cospicuo sostegno finanziario.<br />
Non volendo percorrere questa linea, bisognerà aspettarsi tempi non brevi<br />
<strong>nel</strong>l'attivazione delle iniziative, tempi legati alla lenta presa di coscienza, da parte dei<br />
privati delle opportunità reali che consentano di intraprendere una attività economica<br />
autosostenuta. Un’ ulteriore possibilità alternativa è riposta <strong>nel</strong>l'iniziativa degli Enti<br />
Locali, come del resto è già accaduto in qualche caso.<br />
I problemi principali riguardano l'acquisizione degli immobili dai privati o la<br />
trasformazione di edifici già di proprietà pubblica, nonchè la seguente gestione della<br />
struttura. Anche se non fosse ottimale sul piano dell'efficienza, questa iniziativa pubblica<br />
è però da ritenersi comunque positiva, se non altro per il fatto di costituire un esempio<br />
promozionale sul funzionamento in loco di attività di imprenditoria turistica che possa<br />
attivare anche dei privati.<br />
In ogni caso, anche se ciò comporta come abbiamo detto dei tempi lunghi, il<br />
coinvolgimento della popolazione locale <strong>nel</strong>la gestione delle attività economiche è un<br />
obiettivo di fondo che va perseguito con ogni mezzo, consapevoli che è l'unico modo<br />
per poter ottenere un recupero "globale" dei centri storici.<br />
134
PARTE III<br />
L'EVOLUZIONE STORICA DEL TERRITORIO<br />
(Alessandro Clementi)<br />
L'evoluzione storica del territorio che ha come polo di riferimento il Gran Sasso<br />
(quanto meno quella parte di esso che del Massiccio fece sempre ragion di vita)<br />
coincide con la storia della transumanza ovvero di quel fenomeno di pendolarismo del<br />
bestiame minuto attraverso il quale si era in grado di sfruttare i grandi altipiani abruzzesi<br />
(e tra questi preminenti Campo Imperatore e Campo pericoli) come parchi estivi e il<br />
Tavoliere delle Puglie come pascolo invernale.<br />
La transumanza ha radici antiche. Gli studi di Fleming, del Renfrew e del Gabba ne<br />
fanno risalire le origini all'età preromana. Fino al secolo scorso, quando le terre<br />
spostamento stagionale delle greggi aveva rappresentato il metodo più razionale e<br />
redditizio per lo sfruttamento della disponibilità del pascolo estivo<br />
della montagna abruzzese e del pascolo invernale offerto dalle pianure del Tavoliere.<br />
La lunghezza del viaggio e la distanza intercorrente tra i poli di arrivo e di partenza<br />
implicavano tuttavia una condizione di natura politica da cui dipendeva completamente<br />
l'utilità e praticabilità di uno "spostamento di capitali" che di per sè costituiva<br />
un'operazione meramente economica, una semplice tecnica produttiva.<br />
Alla transumanza occorre una situazioe politica favorevole, un sistema statale stabile ed<br />
uniforme, capace di garantire la sicurezza dello spostamento effettuato dal capitale<br />
"migrante".<br />
Senza questa cornice politica la transumanza vacilla e finisce inevitabilmente per<br />
scomparire.<br />
Non casualmente è proprio l'età romana a segnare un primo momento di grande<br />
splendore del fenomeno, che rileviamo attraverso un'eccellente documentazione<br />
letteraria (Catone, Cicerone, Colum<strong>nel</strong>la, Plinio il Giovane) ed epigrafica.<br />
Notevoli potrebbero essere gli approfondimenti che la nostra ricerca è chiamata a<br />
sviluppare attorno a questa prima vicenda della transumanza: valutare e descrivere il<br />
periodo preromano, definire il significato ed il rilievo delle città in età romana, stabilire i<br />
tempi ed i termini del declino.<br />
Con l'estinzione dello stato romano ed il venir meno di condizioni di sicurezza la<br />
transumanza sparisce più o meno lentamente e con essa vengono meno i principali<br />
insediamenti. Poi la lenta ripresa, il ritorno dei tratturi in mezzo ad una selva ridivenuta<br />
estesa e compatta, il ricomporsi di una situazione politica adeguata: le assise di<br />
Guglielmo II, estremamente favorevoli ai pastori, documentano il coincidere della<br />
dominazione normanna con il rilancio della pastorizia transumante.<br />
Diviene più forte l'alleanza tra armentari e stato. Una grande transumanza ha bisogno di<br />
uno stato forte ovvero di uno stato che tenda al consolidamento e alla creazione di<br />
energie che spingano verso l'unità e l'omogeneità, del potere centrale. Un tale stato è<br />
irresistibilmente attratto dalle entrate abbondanti, assidue e sicure garantite dai<br />
pagamenti degli armentari.<br />
Questa esigenza di stabilità caratterizza tutta la storia della transumanza. Inizia con la<br />
fase dell'incastellamento e si conclude con la creazione di una magistratura apposita, la<br />
dogana, privilegio straordinario del caotico e torbido intrigo dei tribunali napoletani.<br />
La Dogana assicurava una giustizia più agile agli imprenditori coinvolti <strong>nel</strong>le migrazioni<br />
stagionali.<br />
135
Impresa particolarmente ardua (ma suggestiva ed i<strong>nel</strong>udibile) è la presentazione e la<br />
descrizione del vero cuore pulsante della transumanza: la masseria. La masseria, è stato<br />
scritto, "prima di essere fisico, opificio,è l'insieme delle attività degli uomini, degli<br />
animali e delle cose che il massaro dirige" (in "Omaggio al Gran Sasso", p. 194).<br />
Caratteristica della masseria è la rigida gerarchia in cui si fondono paternalismo e<br />
divisione dei ruoli e del lavoro.<br />
Se a livello di cultura materiale è agevole pensare ad una ricostruzione dei luoghi, degli<br />
oggetti e persino delle lavorazioni, problematico ci appare il tentativo di ricostruire con<br />
la stessa immediatezza il clima psicologico, la cultura, le relazioni esistenti in<br />
quell'universo chiuso, improntato alle leggi non scritte del patriarcato, che è la masseria.<br />
Nonostante ciò esiste un'ipotesi che si prefigge di penetrare anche all'interno del<br />
microcosmo pastorale, procedendo alla ricostruzione della mentalità attraverso il<br />
recupero di epistolari, di atti processuali, di testimonianze orali, di leggende, di canti e<br />
di altre forme, artistiche o meno, di espressione diretta.<br />
Lavoro paziente ed esteso è quello che concerne i tratturi: gli itinerari, i culti (dall'Ercole<br />
pagano ai santi cristiani) ed i luoghi ad essi legati, i rapporti con le economie e le culture<br />
atttraversate dal viaggio, l'organizzazione e la strutturazione della "morra".<br />
Non trascurabile infine la descrizione dell'allevamento e della cultura materiale ad esso<br />
legata. Si deve partire da una base architettonica (lo stazzo) per arrivare agli oggetti ed<br />
alle fasi di lavorazione legati allo sfruttamento della bestia (mungitura utilizzo del latte,<br />
tosatura, macellazione), fino ad una conclusione che non può che riguardare gli animali,<br />
da quelli sussidiari (cavallo, cane, mulo, capra) a quello costitutivo, fondante: la pecora,<br />
con la varietà delle sue razze, dei suoi comportamenti, delle sue evoluzioni (determinati<br />
dagli incroci e dall'introduzione di nuove razze), delle sue malattie, delle sue oscillazioni<br />
(legate al prezzo ed al tipo di richiesta del consumatore) sul mercato. Anche il<br />
consumatore, non dimentichiamolo, entra <strong>nel</strong>la storia della pastorizia e con lui entrano<br />
le grandi evoluzioni del costume, gli sviluppi dei commerci e delle tecnologie industriali.<br />
Volta a volta la pecora è mera portatrice di lana, fornitrice di carne, procreatrice di<br />
ag<strong>nel</strong>li e di latte da formaggio, determinando vari tipi di economia che condizionano il<br />
paesaggio e gli insediamenti.<br />
Se sono vere queste situazioni diviene notevolmente difficile <strong>nel</strong>lo spazio di un saggio<br />
rilevare l'evoluzione, le mutazioni, le trasformazioni storiche del paesaggo così come si<br />
son venute determinando <strong>nel</strong> corso dei tempi lunghissimi che vanno dalla preistoria ai<br />
nostri giorni.<br />
Poco si può dire sulla preistoria relativamente e all'Abruzzo in genere e al gran Sasso i<br />
particolare per quanto riguarda la transumanza.<br />
Dice V. D'ercole (1)<br />
Schematizzando si può tentare di riassumere intorno ad alcuni capisaldi la situazione<br />
dell'Abruzzo durante il neolitico: strategia agricola (soprattutto negli orizzonti Catignano<br />
e Ripoli) <strong>nel</strong>le aree costiere, sovrabbondanza di presenze archeologiche <strong>nel</strong>l'Abruzzo<br />
settentrionale (stato delle ricerche o effettivo livello demografico), limitata transumanza<br />
verticale; utilizzo delle conche interne (Fucino, Sulmona, Navelli,) da parte di comunità<br />
meno numerose e maggiormente dedite all'allevamento e alla caccia.<br />
Il terzo millennio (eneolitico o età del rame) sembra cambiare di poco il quadro sin qui<br />
tracciato, soprattutto per l'Abruzzo costiero. Si continua infatti ad abitare in villaggi di<br />
pianura di "tipo neolitico" e si continuano ad utilizzare le stesse grotte,probabilmente<br />
con gli stessi scopi. Compaiono numerosi oggetti (pugnali in selce da pennadomo,<br />
136
Fonte d'Amore ecc.) asce in pietra a ferro da stiro (Penne, Caramanico, Lettopalena,<br />
Chieti ecc.) che testimoniano l'accettazione e l'uso di questi modelli che non sembrano<br />
però (anche perchè sempre rinvenuti isolati e privi di contesto) modificare in modo<br />
evidente i rapporti di produzione e lavoro.<br />
Ancora una volta si diversifica però l'Abruzzo interno: vi troviamo infatti tracce della<br />
cultura di Rinaldone (Tagliacozzo, Grotta a Male, Assergi) con cui ha inizio il processo<br />
di avvicinamento di quest'era al mondo tosco-laziale che diverrà più evidente nei secoli<br />
successivi. Si sviluppa, <strong>nel</strong> Fucino, la ecologicamente specializzata (caccia, pesca)<br />
cultura di Ortucchio. Inizia infine un processo di acquisizione e sfruttamento stabile di<br />
aree pedemontane e di altopiano come Fonte d'Amore, Busciara e le Castagne<br />
(Mattiocco 1981).<br />
Nel corso del secondo millennio (età del bronzo) si avvertono archeologicamente<br />
sostanziali mutamenti. Nei primi secoli (antica età del bronzo) compaiono sepolture di<br />
individui eminenti con alabarda in metallo (Peroni 1971) a Popoli e a Teramo, si assiste<br />
al fenomeno dei ripostigli (Alanno, Capestrano, Loreto aprutino) dislocati nei pressi di<br />
quella che sarà la principale via di penetrazione-confine-scambio dell' Abruzzo: la valle<br />
del Pescara. Il fenomeno più macroscopico però è "l'incastellamento." dei siti che si<br />
coglie a partire dalla media età del bronzo (metà del secondo millennio).<br />
Contrariamente alla classica teoria puglisina (Pugliesi 1959) che vede <strong>nel</strong>la<br />
predominanza degli insediamenti in grotta della civiltà appenninica il sintomo di<br />
un'economia basata essenzialmente sulla pastorizia transumante, è probabilmente in<br />
questo periodo che le attività produttive si diversificano maggiormante, che si assiste ad<br />
una capillare occupazine del territorio (e quindi delle risorse), che nascono<br />
diversificazioni di ruolo e poteri "politico-religiosi".<br />
E ancora<br />
che la pastorizia sia stata un elemento costante e fondamentale <strong>nel</strong>la storia economica<br />
abruzzese lo si è visto fino dal neolitico, ma sicuramente essa ha avuto un peso assai<br />
diverso a seconda degli ambienti ecologici e dei tempi. Sicuramente non sono mai<br />
esistiti, durante la preistoria, i tratturi come li conosciamo a partire dal XIII secolo d.C.<br />
<strong>nel</strong> Regno delle Due Sicilie. Non sono mai esistiti perchè non v'è mai stato prima di<br />
Roma un potere politico che unificasse Abruzzo, Molise e Puglia superando i ristretti<br />
poteri cantonali e garantendo la libera e sicura viabilità. Probabilmente poi non c'è mai<br />
stato, prima della età imperiale romana, tanto surplus economico per investire in greggi<br />
così grandi; il capitalismo si è affermato in Abruzzo verosimilmente solo negli ultimi due<br />
secoli della repubblica.<br />
Sarà opportuno ora procedere rilevando le sole generalità sia pur tentando gli<br />
approfondimenti.<br />
Il massiccio del Gran Sasso, a seconda lo si consideri dal versante settentrionale o<br />
meridionale, presenta caratteristiche morfologiche affatto diverse. Alle precepiti pareti<br />
del versante settentrionale, fa riscontro un degradare del versante meridionale<br />
attraverso due vasti altipiani. Tale diversa configurazione ha determinato difformi<br />
atteggiamenti delle popolazioni pedemontane dei due versanti: mentre gli insediamenti<br />
umani del versante settentrionale hanno mostrato <strong>nel</strong> tempo una naturale tendenza a<br />
forme di economia prevalentemente agricola, con conseguente slittamento verso il<br />
137
mare, <strong>nel</strong> versante meridionale, viceversa, si è riscontrata costantemente una tendenza<br />
a salire a quote sempre più elevate per il bisogno di uno sfruttamento verticale dei<br />
pascoli, pur <strong>nel</strong>l'ambito della generale orizzontalità della necessaria transumanza. Il<br />
massiccio del Gran Sasso e le non eccessivamente acclivi montagne della vallata<br />
amiternino-forconese si sono inseriti come fatti determinanti <strong>nel</strong>la economia e <strong>nel</strong>la<br />
storia dlle popolazioni del versante meridionale, costituendone un punto di raccordo<br />
necessario ed insostituibile. Se ciò tuttavia è vero a livello esclusivamente<br />
antropologico, non lo è altrettanto a livello storico. Vi sono infatti dei lunghi periodi in<br />
cui condizioni politiche non favorevoli non consentiranno uno sfruttamento integrale del<br />
massiccio. La costante in effetti del rapporto uomo-montagna <strong>nel</strong> Gran Sasso è<br />
costituita dall'allevamento ovino. Fin dalla preistoria (2) e dall'epoca romana(3) sotto la<br />
condizione tuttavia di una stabilità politica che assicuri il capitale impiegato. La<br />
transumanza, ben diversa ovviamente dal nomadismo, consente lo sfruttamento tanto<br />
delle vastissime estensioni pascolative dei pianori abruzzesi che, pur ricchissimi di erbe<br />
per tre o quattro mesi l'anno, sono per i restanti mesi quasi sempre innevati, quanto<br />
delle vastissime estensioni pascolative del tavoliere pugliese che, ricchissime di erba,<br />
<strong>nel</strong>la stagione invernale, nei mesi estivi divengono tuttavia non adatte al pascolo per la<br />
loro aridità. La prassi della transumanza è una intelligente maniera di sfruttare <strong>nel</strong> corso<br />
di tutto l'anno zone ricche di pascolo, consentendo così di allevare un numero di capi<br />
enormemente superiore a quello che o restando in Abruzzo in inverno o restando in<br />
Puglia in estate si potrebbe in effetti gestire.<br />
Ma, come si diceva, la transumanza perchè possa sussistere richiede stabilità di regime<br />
politico. Se le strutture politiche non danno sicurezza, la transumanza tende a regredire<br />
fino alla scomparsa. Chi detiene il capitale del gregge non lo può sottoporre all'alea<br />
delle possibili confische o di non avere per esso il ritorno assicurato.<br />
Lo studioso inglese Toynbee <strong>nel</strong> suo Hannibal's Legacy. The War's effects on<br />
Roman life(4) ritiene che l'allevamento transumante sia sostanzialmente posteriore alla<br />
guerra annibalica e che si sia impiantato là dove prima regnava la piccola proprietà, la<br />
quale, decaduta a causa della guerra, avrebbe ricevuto il colpo finale con le confische.<br />
Il pascolo si sarebbe sviluppato al posto delle aziende contadine. In effetti le distruzioni<br />
della guerra annibalica devono aver svuotato di popolazioni larghe zone del sud che<br />
però fin da prima non dovettero essere molto pericolose. L'emorragia di popolazione<br />
sarà costante con il conseguente processo di inurbamento verso Roma, con<br />
l'emigrazione spontanea verso la ricca e promettente Gallia Cisalpina ed anche verso le<br />
provincie dell'Occidente. Livio parla quindi di deserta oppida, e di agri deserti. (5)<br />
Questo fenomeno avrà indubbiamente facilitato l'acquisto di molte piccole aziende<br />
agricole in via di abbandono e, quindi, l'espansione latifondistica delle classi ricche<br />
romane e italiche. Sarebbe in questa visuale che si potrebbe comprendere lo sviluppo<br />
del pascolo e dell'allevamento.<br />
Una crisi di trasformazione , dunque, legato ad una nuova e diversa utilizzazione delle<br />
terre pubbliche.<br />
La transumanza che in effetti già prima delle guerre annibaliche dovette essere presente<br />
come fenomeno prepolitico e quindi antichissimo, conoscerà una grande espansione in<br />
senso industrializzato per la nuova grande disponibilità di terreno pascolativo.(6)<br />
Nascerà quell'organizzazione per così dire "forzosa" delle terre pugliesi che ne<br />
determinerà il destino per molti secoli, per lo meno a tutta la sopravvivenza della<br />
dogana di Foggia che costituì l'ultima regolamentazione, appunto forzosa, del Tavoliere<br />
138
in virtù della transumanza. E' opinione suggestiva ma non controllabile quella che<br />
vorrebbe riportare il termine "tavoliere" alle tabulae censorie <strong>nel</strong>le quali erano<br />
registrate le proprietà dello stato romano(7).<br />
Per uscire dal generico possiamo distinguere per l'epoca romana due gruppi di<br />
documentazione riferibili una al periodo tardo repubblicano ed una al periodo Giulio-<br />
Claudio. Per il primo periodo oltre a De agri cultura di Catone abbiamo la<br />
fondamentale De rustica di Varrone di cui è parte importantissima il De re pecuaria e<br />
infine la Pro Cluentio di Cicerone(8). Fonti preziose che ci danno informazioni<br />
abbastanza ricche sui modi in cui si effettuava la transumanza.<br />
Il periodo imperiale è ricco di testimonianze per le più poetiche e in genere letterarie.<br />
L'ager pubblicus s'è ridotto dopo le assegnazioni agrarie del I sec. A.C.. Colum<strong>nel</strong>la<br />
tratta brevemente dell'argomento (8). Plinio il giovane vi fa riferimento esplicito in una<br />
lettera del I sec. d.C. in moltissimi e illuminati passi (10). Ma <strong>nel</strong> periodo imperiale<br />
sono ricche anche le testimonianze epigrafiche. Notissima quella di Saepinum <strong>nel</strong><br />
Molise relativa alle vessazioni cui erano sottoposti i pastori quando transumavano lungo<br />
il tratturo, quello proveniente da Pescasseroli, che attraversava la città. Riguarda<br />
l'iscrizione, le greggi imperiali che, come noto, costituivano un cospicuo patrimonio che<br />
si avvaleva dei ricchissimi demani imperiali e di aree stagionali complementari.<br />
L'iscrizione è una epistola che i Praefecti del pretorio inviavano agli Stationarii<br />
ovvero agli ufficiali del fisco di Boviano e di Sepino i quali sottoponevano a vessatori<br />
controlli i conductores delle greggi imperiali in base al sospetto che tra loro potessero<br />
nascondersi dei fugitivi e che parte delle greggi provenisse da abigeato. L'epistola si<br />
sviluppa quindi come admonitio perchè le vessazioni non abbiano a ripetersi (11). Da<br />
numerose fonti è possibile ricostruire la vita pastorale dei secoli dell'età imperiale .<br />
Soprattutto le controversie che nascevano dagli sconfinamenti e dai saccheggi che<br />
molte volte i pastori effettuavano <strong>nel</strong>le terre che confinavano con le calles. Ciò in<br />
epoca gotica si desume avvenisse da un'iscrizione rinvenuta <strong>nel</strong> tratturo nei pressi di<br />
Biferno (12).<br />
Epoca gotica: siamo alla fine della struttura romana del potere.<br />
Quale sarà il destino della grande transumanza?<br />
Non sapremmo dire quali fossero le vicende <strong>nel</strong> periodo che va dalla caduta<br />
dell'impero romano al mille. E' certo però un fatto: in quel periodo travagliatissimo<br />
scompaiono diverse città. Per limitarci agli ambiti della zona che sarà poi aquilana<br />
basterà accennare ad Amiternum di cui non si registra più notizia fin dal VII o VIII<br />
secolo, a Forcona di cui non si rinvengono neppure i ruderi, a Foruli che si dissolve, a<br />
Peltuinum che sorgeva <strong>nel</strong> bel mezzo del tratturo(13). Una pungente curiosità, che va<br />
ben oltre quella meramente scientifica, ci spingerebbe a sapere come possa essere<br />
accaduto che città di quelle dimensioni (basterebbe soffermarsi a considerare i cospicui<br />
ruderi del teatro e dell'anfiteatro di Amiternum) siano completamente scomparse.<br />
Amiternum poi era città della buona provincia romana se aveva espresso dal suo seno<br />
un Sallustio. Fonte della sua ricchezza erano state indubbiamente una buona agricoltura<br />
ed una cospicua transumanza.<br />
Per la prima basterà ricordare la descrizione che Plinio fa delle sue terre produttrici del<br />
famoso scalogno che farà definire gli Amiternini cipollari, per la seconda basterà solo<br />
ricordare che Cicerone <strong>nel</strong>la Pro Cluentio fa riferimento ai pastori di Ancharius ed a<br />
quelli della famiglia dei Paciani che sono proprietari di fondi in Amiternum (14).<br />
139
Quindi si potrebbe già configurare la tipologia del mercante imprenditore amiternino<br />
che investe in agricoltura ma che <strong>nel</strong> tempo steso è un cospicuo possessore di greggi,<br />
tanto che i suoi numerosi pastori inferiscono danni ai beni di Cluentio di larino<br />
evidentemente frontista delle calles (Larino era passaggio obbligato del tratturo<br />
Amiternum - Apuleia, sul calco del quale correrà L'Aquila - Foggia). Ebbene questa<br />
ricchezza ad un certo momento scompare: si sbriciolano le case e i monumenti che<br />
pure furono testimoni di passioni civili, di odi e di amori privati. Il selvaggio riprende il<br />
sopravvento. Ci potremmo servire per rilevare la ripresa del selvaggio che annulla la<br />
humanitas, dell'unica documentazione in nostro possesso rimontante ad un' epoca, il<br />
sec. XII, in cui ben vero che già la humanitas ha ripreso il sopravvento, ma in cui<br />
tuttavia è ben presente il ricordo di quello che era stato prima: vogliamo riferirci al<br />
Chronicon Casauriense <strong>nel</strong> quale leggiamo di cervi che popolano intricatissime selve,<br />
di aquile che nidificano sovrane in rupi precipiti, di falchi rapaci, di fiumi ricchi di trote a<br />
tal punto da divenire, come il Tirino, eponimi della situazione (Tirinum- Trutanum) ed<br />
eponimo diverrebbe il Pescara per l'abbondanza di pesci. I nomi dei luoghi descritti dal<br />
casauriense rimandano semanticamente al selvaggio: monte Aquila, monte Falcone,<br />
monte Bronchi(15).<br />
E, si badi, non vi è certamente passione romantica che potrebbe far pensare ad una<br />
adesione sentimentale al disordine della natura. La selva infatti diviene nei secc. X-XI-<br />
XII sinonimo di caos, di congerie informe , anche dal punto di vista antropologico. La<br />
selva è contraria, al limite, alla stessa natura(16).<br />
Orbene in questa situazione quale sorte potette avere la transumanza? Non<br />
dovrebbero esservi dubbi: subì un rallentamento oltretutto perchè la transumanza<br />
richiede investimenti di capitali, la cui accumulazione non dovette essere cospicua <strong>nel</strong><br />
momento da noi preso in considerazione. Allora anche le calles (i tratturi) dovettero<br />
essere ricoperti da selve. Quale transumanza è possibile quando si vive dispersi per le<br />
campagne abitando come dice sempre il casauriense sub ficu et vite? la grande<br />
transumanza è grande progetto che vuole oltretutto sicurezza di vita nei cardini<br />
fondamentali, essendo essa stessa per sua natura aleatoria e precaria.<br />
Non abbiamo documentazione ma pensiamo che in questo lungo periodo il Gran Sasso<br />
dovette sicuramente essere ridivenuto dominio del selvaggio più impenetrabile. Fino<br />
alla creazione da parte dei normanni del Regno di Sicilia.<br />
La situazione che trovano i Normanni, rileva indubbiamente la sua documentazione in<br />
Edrisi che, ancora <strong>nel</strong> secolo XII poteva dire che tra Campo-Marino e Ancona<br />
(quindi in una larghissima parte dell'Abruzzo orientale) vi era una selva di dodici giorni<br />
di cammino, dove la gente viveva, cacciando e raccogliendo miele(17).<br />
Se la zona costiera dell'Abruzzo è come la descrive Edrisi, si può facilmente<br />
immaginare cosa fossero divenute le impervie zone del massiccio del Gran Sasso.<br />
Con l'avvento dei Normanni gli Abruzzi divengono la regione più settentrionale del<br />
Regno e si ricompattano con il Tavoliere.<br />
Nell'Abruzzo montano riprende la prassi della transumanza. Lo desumiamo da due<br />
assise normanne di re Guglielmo II, tramandateci attraverso la codificazione sveva(18).<br />
Una prima riguarda i furti di bestiame ed in essa è configurato un particolare tipo di<br />
abigeato che riusciva a nascondersi tanto da rimanere impunito. Si commetteva il furto<br />
e lo si faceva passare come acquisizione di animali smarriti o sottratti ai ladri. Si<br />
estorceva quindi ai padroni delle bestie il riscatto, ottenendo ad un tempo lucro ed<br />
impunità.<br />
140
Orbene, di fronte ad una tale configurazione di reato, non si può non costatare che,<br />
essendo così diffuso il fenomeno del preteso smarrimento o del furto massiccio di<br />
bestiame, tanto diffuso da richiedere la emanazione di una assise, doveva <strong>nel</strong> contempo<br />
essere assai diffuso il fenomeno della transumanza che rende appunto possibile lo<br />
smarrimento o il furto, proprio per la precarietà di vita e di condizioni generali del<br />
gregge.<br />
E non basta. Un'altra assise, sicuramente del 1172 (19), configura una specie di<br />
conflittualità permanente causata dalla prassi della transumanza. Dice il re Guglielmo II:<br />
passando per le regioni pugliesi ci sono pervenuti reclami e doglianze, relativi al fatto<br />
che i funzionari addetti alla custodia delle foreste demaniali commettono vessazioni ed<br />
ingiuste esazioni. Di fronte a questa situazione Guglielmo stabilisce:<br />
1) in ciascuna contrada, tanto relativamente al demanio regio quanto alle terre dei conti<br />
e dei baroni non siano insidiati più di quattro custodi.(20);<br />
141
2) a tali custodi non sia lecito, come viceversa finora è accaduto o di impadronirsi o di<br />
prendersi cura degli animali di alcuno.<br />
Per quanto riguarda poi la transuanza vera e propria, Guglielmo stabiliva :<br />
1) se <strong>nel</strong> transumare (Si oves, vel alia animalia alicuius de una contrada in aliam ducta<br />
fuerint in transitu), il gregge avrà usufruito per una sola notte del pascolo di qualcuno,<br />
non sia lecito al padrone della terra o al baglivo pretendere alcun pagamento, ma si<br />
lasci liberamente transitare il gregge;<br />
2) se gli animali che siano lontani dalla propria terra, per un giorno o due<br />
attraverseranno le terre di altri, si paghino, per essi, i soli eventuali danni inferti alle<br />
coltivazioni o ai frutti e null'altro;<br />
3) se gli animali pascoleranno soltanto e non produrranno danni in quanto custoditi,<br />
qualora il proprietario del terreno vorrà concedere il proprio fondo per il pascolo<br />
mediante contratto preventivo, riceva la relativa fida sulla base del canone corrente<br />
<strong>nel</strong>la zona;<br />
4) se il proprietario del terreno non vorrà viceversa concedere pascoli secondo la fida<br />
corrente dela zona, il padrone del gregge dichiari sotto giuramento il numero dei giorni<br />
che stazionò in tali terreni e relativamente ad essi paghi il canone che sarà liberatorio;<br />
5) se saranno trovate greggi senza pastore che però non abbiano stazionato in pascoli<br />
padronali per più di dieci giorni e il padrone o il pastore del gregge dichiareranno sotto<br />
giuramento che essi non condussero volontariamente il gregge in quei pascoli, in tal<br />
caso il padrone dei pascoli stessi permetta che il gregge si allontani dalle sue terre<br />
senza pretendere soluzione alcuna. Se tuttavia lo stanziamento si sarà protratto oltre i<br />
dieci giorni, il padrone del gregge paghi fida sulla base dei canoni correnti per un intero<br />
anno, relativamente al periodo di stanziamento.<br />
La normativa di Guglielmo II è, come si vede, estremamente favorevole ai pastori<br />
transumanti, tanto che prevede un libero passaggio di greggi addirittura per i terreni<br />
privati senza che se ne debbano pagare i proprietari. Inoltre da questa normativa<br />
desumiamo il fatto che i tratturi dovevano essere scomparsi, altrimenti non si sarebbe<br />
previsto il passaggio e lo stanziamento in terreni non demaniali. Quale che fosse la<br />
configurazione giuridica della callis romana, sembra tuttavia che attraverso essa fosse<br />
permesso il libero transito delle greggi, situazione questa che <strong>nel</strong>la assise di Guglielmo<br />
II viceversa non è prevista, tanto che in essa si fa riferimento ai passaggi per terre<br />
padronali delle greggi. Si vuole dire con ciò che la normativa di Guglielmo II è mirata<br />
ad una incentivazione della transumanza che solo allora stava tentando le prime vie di<br />
una ripresa.<br />
Nel periodo normanno, come desumiamo dal Catalogus Baronum, la parte orientale<br />
del massiccio del Gran Sasso è dominata da Oderisio di Collepietro che possiede oltre<br />
al territorio a sud-est del Massiccio anche Pagliara decisamente ad est. I territori di<br />
Oderisio sono quindi a cavallo del filo di cresta del Gran Sasso (21).<br />
Oderisio di Collepietro, gestisce quindi un amplissimo territorio che vive anche un<br />
momento di grosso fermento. La pace è assicurata, come lo sono soprattutto la ripresa<br />
delle attività economiche, massime la transumanza, ed anche una ripresa dell'agricoltura.<br />
Non dovevano essere infrequenti pertanto gli scambi tra i due versanti del<br />
GranSasso.<br />
Il gruppo del Camicia che è un sottogruppo del massiccio e che chiude a levante la<br />
vastissima piana di Campo Imperatore, verde eldorado estivo per l'allevamento ovino,<br />
è punteggiato da valichi, alcuni dei quali antichissimi, che sono attraversati da residui di<br />
142
vere e proprie mulattiere che non avrebbero alcun senso se non si ipotizzano<br />
antichissimi scambi. V'è il Vado di Corno 1924 m. s.l.m.) attraverso il quale da Campo<br />
Imperatore che è quasi tutto sotto la giurisdizione di Odorisio si piomba con un'ardita<br />
mulattiera su S. Nicola a Corno che è ugualmente sotto la giurisdizione di Oderisio.<br />
V'è il vado del Piaverano (2327 m. s.l.m.) (strano nome sul quale bisognerebbe<br />
indagare) attraverso il quale si piomba con mulattiere su Pretara che è ubicata ai piedi<br />
di un colle sulla sommità del quale vi è un castello fortezza dei conti di Pagliara. Il Vado<br />
di Siella (1725m. s.l.m.) che è attraversato da una mulattiera che conduce <strong>nel</strong> Pennese,<br />
e ancora sempre più a sud-est l'attuale Vado di Sole (1621m. s.l.m.), il Vado di<br />
Cannatina e infine più importante di tutti, perchè il più agevole , la Forca di Penne (918<br />
m.s.l.m.).<br />
Una domanda sorge spontanea: come Oderisio di Collepietro avrà gestito questa<br />
estensione così vasta di territorio? Si pensi per un attimo alla ripresa della transumanza<br />
che appunto <strong>nel</strong> feudo Carapelle-Pagliara trovava le sue migliori condizioni di essere<br />
realizzata. Lo sfruttamento di un pianoro delle dimensioni di Campo Imperatore che<br />
permette l'estivazione di migliaia di capi di bestiame minuto ha indubbiamente bisogno<br />
di centri di servizio permanenti che oltre a svolgere funzione di punto di riferimento<br />
organizzativo consentano anche alla transumanza di non trasformarsi in nomadismo. E<br />
d'altronde è noto che le strutture giuridico-consuetudinarie normanne prevedevano il<br />
feudatario fosse tale solo "quo ad demanium non quo ad dominium" cioè i beni<br />
dati in feudo erano considerati sempre ben nazionali, cioè la concessione feudale<br />
consisteva soltanto <strong>nel</strong>la parte beneficiaria, assai essenzialmente in un possesso<br />
precario che dal principe si poteva concedere ai privati cittadini in cambio di<br />
personali servizi(22). Accadeva invero che l'unico modo di obbligare i soggetti a<br />
prestazioni personali di qualsiasi genere era quello di offrire loro l'uso della terra. Una<br />
forte limitazione del diritto feudale classico che dovette assecondare un notevole<br />
ripopolamento frutto di un uso più favorito di terre e pascoli.<br />
In questa linea di tendenza generale si inserisce appunto la ripresa della transumanza:<br />
Dice a tal proposito V.Von Falkenhausen:<br />
"ritengo che sotto i Normanni l'allevamento del bestiame fosse aumentato, in quanto<br />
con l'ampliarsi della grande proprietà fu destinato maggior spazio alle aree di<br />
pascolo"(23)<br />
Il punto di arrivo di questo flusso di bestiame era infatti costituito dalle terre del<br />
demanio regio che così divenivano estremamente redditizie mediante il pagamento della<br />
fida. Dice a tal proposito il Marongiu integrando un pensiero del Calasso:<br />
"Non tutte le città o terre vennero infeudate, molte essendo rimaste riservate al diretto<br />
governo del re, accorgimento il quale valse già di per sè a non far sorgere o frantumare<br />
dove fosse per avventura già sorta, la muraglia che in uno Stato completamente<br />
feudalizzato si crea fatalmente tra il potere regio e i sudditi"(24)<br />
E tale barriera, lo si è visto attraverso l'assise di Giglielmo II che sancì la ripresa della<br />
transumanza , non certo si era stabilita nei confronti dei pastori che proprio con la<br />
presenza normanna vede la legittimazione di un andare e tornare dalla propria terra, gli<br />
Abruzzi, a terre forestiere, le Puglie, con possibilità quindi di allevare greggi veramente<br />
cospicue. Il verde eldorado pugliese è costituito dal demanio regio che non attende<br />
altro che le greggi dalle quali ritrarre cespiti tributari. In questa situazione, quanti si sono<br />
insediati <strong>nel</strong>le zone pedemontane del Massiccio avranno indubbiamente sentito il bisogno<br />
di coagulare in castrum.<br />
143
La psicologia della transumanza tutta giocata su un affannosa ricerca di certezza, vuole<br />
dei punti di riferimento fatti di case proprie, di chiese con cura d'anime, di famiglia che<br />
attende nei lunghissimi inverni gli estivi ritorni. Ma questa psicologia si incontra con una<br />
linea politica diffusissima: quella dell'incastellamento. Tale linea politica si sviluppa<br />
d'altronde attraverso un periodo abbastanza lungo che va grosso modo dalla ricostruzione<br />
operatasi dopo le scorrerie saracene fino all'avvento dei Normanni. Emblematica<br />
dello spirito di ricostruzione può essere la figura di Grimoaldo che preposito di S.Pietro<br />
ad Oratorio diventò sul finire del sec. XI abate di S.Clemente di Grimoaldo:<br />
Dice il Casauriense di Grimoaldo:<br />
"Erat quindam Monachus de Monasterio Sanctii Vincentii, qui fama notus, nec multum<br />
literatus, de agricoltura sollicitus et in rebus secularibus studiosus, regebat<br />
Praeposituram S.Petri in Trite"(25).<br />
Grimoaldo è dunque un pragmatico e se diviene abate di Casauria <strong>nel</strong> 1096 aveva<br />
ereditato, quando era stato Priore di S. Pietro ad Oratorio, lo spirito nuovo di<br />
colonizzazione che si estrinsecava nei numerosi contratti di allevamento. Erat nec<br />
multum literatus sed de agricoltura solicitus et in rebus secolaribus studiosus. Sono<br />
gli uomini di Grimoaldo che prepareranno le condizioni più adatte per l'incastellamento.<br />
I normanni non faranno che catalizzare in queste zone un processo che era in atto da<br />
tempo. In linea generale afferma infatti il Del Treppo che ha studiato con tanto acume<br />
la vita economica e sociale dell'Abbazia di S.Vincenzo al Volturno:<br />
"in questo quadro rientravano le costruzioni dei castelli e con essi la stipulazione di<br />
contratti a livello che interessavano direttamente le popolazioni all'andamento della<br />
produzione agricola: in molti casi si tratta di nuclei affatto nuovi che sorgono, ma anche<br />
negli altri in cui le costruzioni del castello avvengono in località già esistenti, bisogna<br />
riconoscere che è sempre il medesimo spirito che ne anima il risorgimento e che quei<br />
centri ancor prima della venuta dei saraceni apparivano languenti e poveri di vita"(26).<br />
Il De Treppo lega dunque strettamente, ed a ragione , i due fenomeni dell'allivellamento<br />
e dell'incastellamento e fa rimontare le trasformazioni demiche all'epoca che segue<br />
immediatamente le distruzioni saracene. Pur con tutte le limitazioni che una tale<br />
generazione trova <strong>nel</strong>le situazioni locali:<br />
"Ma il problema del sorgere dei castelli - dice ancora del Treppo - sulla terra del<br />
Volturno si incentra in tutta una situazione nuova, economica e politica, la genesi della<br />
quale va ricercata <strong>nel</strong>la crisi delle vecchie forme e strutture dell'economia monastica<br />
curtense che la distruzione saracena hanno resa più acuta.<br />
Il fatto pur nei suoi aspetti locali e irrepetibili si lega ad una situazione d'ordine cui già<br />
accennammo, quando dicemmo che la presenza degli ordini alle sorgenti del Volturno<br />
trascendeva i limiti della cronaca monastica e chiarimmo gli aspetti mediterranei del<br />
fenomeno"(27)<br />
Tutto ciò d'altronde conferma, sia pur con tempi leggermente sfalsati con quanto ci<br />
dicono i Chronicon Volturiense e Casauriense sul fenomeno appunto<br />
dell'incastellamento.<br />
Il cronista del monastero di S.Vincenzo in Volturno descrivendo i possedimenti più<br />
settentrionali <strong>nel</strong> Monastero ubicati in Valva (l'attuale Valle Peligna), <strong>nel</strong>la Valle Tritana<br />
(l'attuale Valle del Tirino) e <strong>nel</strong>la contea di Penne, al termine del lungo elenco che<br />
riasssume un privilegio dell'Imperatore Ludovico I (ma trattasi per ragioni cronologiche<br />
144
di Ludovico II), si lascia andare ad un nostalgico ricordo degli scenari che<br />
caratterizzarono quelle zone dal tempo del re longobardo Desiderio fino alla invasione<br />
dei Saraceni (881) (27).<br />
In quel tempo - dice il cronista - rari erano in quella regione i castelli, nè vi era timore<br />
di guerre e tutti godevano in una stabile pace. Passata la tempesta dei Saraceni e le<br />
loro devastazioni - prosegue la cronaca - quanti poterono sopravvivere onde poter<br />
rappropriarsi dei loro beni si premurarono di far sancire i loro possedimenti con<br />
riconoscimento regio o mediante contratti. E tutto ciò durò fino all'avvento dei<br />
Normanni. Questi saccheggiando ogni cosa incominciarono a trasformare le sparse<br />
ville in castelli ai quali dettero le denominazioni che venivano desunte dai toponimi(28).<br />
Fa eco al cronista di S. Vincenzo al Volturno Giovanni di Berardo, il cronista del<br />
monastero di S. Clemente a Casauria, che <strong>nel</strong> prologo del libro terzo, prima di iniziare<br />
la narrazione, dice che al tempo della fondazione del Monastero (873) nessun castello<br />
era ancora edificato, ma tutta la regione, tanto pennese che teatina, era popolata da<br />
ville e da casali e che gli uomini vivevano nei primi campi quasi sub ficu et vite. Dopo<br />
la costruzione del monastero prosegue il cronista - non passano quarant'anni e il<br />
monastero stesso viene incendiato dai Saraceni e pressochè distrutto, insieme,<br />
ovviamente, alla regione contermine. Passata la tempesta dei saraceni intorno alle ville<br />
si cominciarono a costruire fortificazioni ed i casali furono trasformati in castelli(30).<br />
Sono queste le testimonianze più antiche che descrivono lo scenario delle terre più<br />
settentrionali del regno in epoca relativamente ravvicinata (il sec. IX), ma che fanno<br />
tuttavia riferimento ad epoche ben più anteriori che potrebbero perdersi <strong>nel</strong>la notte di<br />
un imprecisato "prima".<br />
Se ne preoccupa soprattutto il cronista del Volturnense il quale a conclusione del<br />
capitolo, così precisa:<br />
"Vogliamo che tutti coloro che avranno i mano questo liro sappiano che io nessuna<br />
notizia ho riportato che non sia pervenuta da antiche carte o che non sia stata riferita<br />
dai monaci più vecchi, o che io stesso non abbia potuto verificare con i miei occhi"(31)<br />
La preoccupazione del cronista è più che giustificata. Su quel grigio "prima" non<br />
esistevano testimonianze sicure.<br />
E' in quel momento che in linea generale possiamo fissare la formazione di gran parte<br />
dei castelli che circondano tutte le pendici del massiccio del Gran Sasso.<br />
Il problema dll'incastellamento in genere e di quello abruzzese in ispecie è di grande<br />
portata. Non ci si può addentrare partitamente in esso ma sarà necessario procedere<br />
con una campionatura che riguarda emblematicamente un castrum del Massiccio,<br />
ovvero Filetto.<br />
Qualche breve premessa: Il momento dell'occupazione normanna fu indubbiamente<br />
climaterico. Sarà opportuno partire dalle date fondamentali della creazione del Regno<br />
di Sicilia. 1059 accordo di Melfi; 1064 i Normanni occupano solo la parte Nord<br />
Orientale della Sicilia; 1072 i Normanni tengono Palermo; 1077 arrivano fino a<br />
Salerno; 1091 tutta la Sicilia viene sottomessa; 1130 Ruggero II ottiene dall'antipapa<br />
Anacleto il titolo di re di Sicilia; 1139 Ruggero viene confermato re da Innocenzo II;<br />
1140 Anfuso, figlio di Ruggero II, completa la conquista degli Abruzzi. Sulla scorta del<br />
Chronicon casauriense sarà ora opportuno vedere quanti castelli sono attestati in<br />
questo torno di tempo. Fara (1061), Insula (1074-1085), Fara Ambiliae(1085-1086),<br />
Villamagna(1086), S.Giorgio(1093), Loreto Aprutino(1097-1098),Manoppello(1112),<br />
Bussi(1111), Carufanum(1111-1112), Guardia Vomano (1158),<br />
145
S.Desiderio (1158), S.Georgio (1166_1170), S.Angelo (1178). Sono 13 castelli su un<br />
totale di 74 attestati dal Chronicon.<br />
Sulla scorta del "Chronicon" di S. Bartolomeo di Carpineto sono attestati, sempre<br />
relativamente allo stesso periodo: Fabrica (1051-1076), Dessano (1051-1076)<br />
Pallencantum (1051-1076), Mortulam (1051-1076), Fellonacum (1099-1124),<br />
Brittoli(1070), Catignano(1070), Onerano(1070), Genutrale (1070), Vicoli(1123),<br />
Penne(1123), Castiglione(1123), Civitella(1124-1163), Ripalta (1163-1198). Sono<br />
14 castelli su un totale di 23 attestati. Sula base del Cartulario di S. Maria di Picciano<br />
sono attestati, sempre relativamente allo stesso periodo e oltre: Pollicanti allo stesso<br />
periodo e oltre: Pollicanti (1063), Montesecco (1065), S. Giorgio (1065), Ilice<br />
(1084), Loreto (1084), Spoltore (1109), Collecorvino (1228), Città S. Angelo<br />
(1230), Moscufo (1230). Sono 9 castelli su un totale di 13 attestati (32).<br />
Non si tratta di enfatizzare queste date di attestazioni in quanto non si può certamente<br />
far coincidare l'attestazione con la data della fondazione; tuttavia l'attestazione pura e<br />
semplice dà già la sensazione vivacissima di un processo di accelerazione che la<br />
presenza dei Normanni, sia in positivo che in negativo, determina <strong>nel</strong>l'incastellamento.<br />
Attraverso le vaghe notizie di presenza dei castelli <strong>nel</strong> periodo climaterico normanno<br />
non è possibile cogliere le modalità e le motivazioni della fondazione di essi. Qualcosa<br />
di puù si può cogliere attraverso la documentazione farfense in altra zona, quella<br />
amiternina, relativa alla trasformazione di un gualdum de Felecta in castrum.<br />
E' necessario partire da una suggestiva abbazia sui iuris a 1200 metri di altitudine nei<br />
pressi di Campo Imperatore, S. Crisante, affrescata con ex voto. Dalle iscrizioni, in<br />
parte illeggibili, trascritte dall'Antinori (33), e dal Catalogus (34) si desume che<br />
Rainaldus Bonihominis et Berardus et Oderisius et Berardi et Gentilis hanno un<br />
feudo in Felecta ma che lo ricevono da Gentile e Gualtiero di Poppleto che sono<br />
signori in capite. Di essi si dice infatti che tenent de rege. La committente degli ex<br />
voto, che costituiscono la maggior parte degli affreschi, è Maria de' Gualtieri de'<br />
Gentile, quindi una discendente dei signori di Poppleto che, come vedremo, sono i più<br />
potenti signori della zona.<br />
Ma prima di trarre ulteriori conseguenze è utile far riferimento a una lettera esecutoriale<br />
di Papa Celestino III in data 3 febbraio 1192, inviata dilecto filio Bernardi Abbati<br />
Sancti Crisanti de Felecto, dalla quale si desume che a quella data l'abbazia è<br />
presente (35). Dall'accostamento di questi documenti si evince quindi che:<br />
1) i signori di Filetto sono in linea primaria i Gentile e Gualtieri signori di Poppleto; 2) la<br />
committente degli ex voto è Maria di Gualtieri Gentile; 3) <strong>nel</strong> 1193 S. Crisante è<br />
un'abbazia sui iuris come la intitulatio della citata lettera di Celestino III prova<br />
chiaramente.<br />
Una piccola abbazia, quindi, a più di 1200 metri sul livello del mare, che apre spazi<br />
molto interessanti sulla storia illustre <strong>nel</strong>la quale l'abbazia stessa si trovò coinvolta.<br />
Innanzitutto sarà opportuno leggere diacronicamente le attestazioni del territorio dove<br />
sorgerà il monastero. Forse la più antica attestazione è quella ricavabile dal testamento<br />
dei coniugi Paolo e Tarsilla a favore del monastero di Farfa ad anno 792 (36). In esso<br />
campioniamo la silva et pratum nostrum in Felectia. Trattasi di una casa e di una<br />
domus culta in Amiterno, di una terra seminativa in S. Pietro e in Cumulo, di terre<br />
generiche in Vetoio, in Pettino in Campo de Ufiniano, in Rotigliano, in Cavallari, in<br />
Valle de Vitile, in Scintillulam, in Teriniano, in Marruci, di vigna e granaio in Teria e<br />
infine di selva e prato a Filetto.<br />
146
Filetto è dunque località incolta e quindi non abitata. Ne abbiamo altra attestazione in<br />
un placito che si tiene in Norcia <strong>nel</strong>l'anno 821. La materia del contendere è costituita<br />
dai beni di Paolo e Tarsilla lasciati in eredità a Farfa e dal duca di Spoleto Guinigi<br />
rivendicati ad regiam partem. Anderamo, Aderaldo e Leone, messi imperiali di<br />
Ludovico, giudicano che tali beni sono del monastero ed ordinano la lettura del loro<br />
inventario. Anche in tal caso ricompare la silvam de Felecto (37) . Sono passati dal<br />
testamento di Paolo e Tassilla solo 29 anni ed ovviamente Filetto seguita ad essere<br />
zona boscata.<br />
Altra attestazione si ha <strong>nel</strong> 949 in un atto del Liber Largitorius di Farfa (38) <strong>nel</strong> quale<br />
tra le altre convenzioni compare gualdum de Felecto. Il panorama è tuttavia più vivo:<br />
compaiono le ville ad esempio quella di S. Sisto, che è ubicata vicinissima al luogo<br />
dove sorgerà l'Aquila; compare Ariscla, l'odierna Arischia, citata non come semplice<br />
toponimo ma come punto di riferimento costituito da abitato.<br />
Lo stesso discorso riguarda Amiterno e Forcona. Le terre che si cedono, infatti,<br />
ricadono in territorio Furconino et in territorio Amiternino, ma per quanto riguarda<br />
le terre relative in senso stretto a Forcona si dice : Ipsam vicendam in furcone, ubi<br />
dicitur Vadum urse /.../ quarta petia in Furcone ubi dicitur Ranute quam<br />
Honoratus presbiter in commutationem nobis dedit. Viceversa Filetto continua ad<br />
essere spopolato: Insuper et Gualdum de Felecto: usque de Leoli, et lacum<br />
Malum. Tre elementi caratterizzano Filetto: il Gualdum, ossia il bosco che confina con<br />
la cesa, cioè con una parte del territorio liberato dal bosco, il lacum di Calabrecto e di<br />
Malo.<br />
Si arriva quindi all'attestazione del 998: Item pretio solidarum XL concessit idem<br />
abbas Iohannes in territorio amiternino ad sesanum petias VI /.../ tertiam in<br />
Felecta modiorum III (39).<br />
Ormai Filetto è in parte dissodata. Non viene infatti indicata come Silva e se ne<br />
misurano addirittura i moggi. Sono in corso evidentemente delle trasformazioni di fondo<br />
<strong>nel</strong>la gestione dei beni del monastero di Farfa. Già <strong>nel</strong> diploma dell'imperatore Lotario<br />
dell'840 la zona amiternina dei possedimenti farfensi risulta organizzata dalla cella di<br />
Loriano. Il diploma, mentre riconferma tutti i privilegi concessi a Farfa e mentre<br />
riconferma il suo monastero <strong>nel</strong>la giurisdizione imperiale, dà licenza agli abbati<br />
propriam monasterii terram omni tempore defendere integrare tam Reate in loco<br />
qui dicitur Lingla et Qiuntilianu et in Amiterno in loco qui vocatur Laurianus. E'<br />
il periodo in cui si verifica una progressiva bonifica dei territori amiternini da parte di<br />
Farfa. Poi <strong>nel</strong>l'889 la parentesi saracena e la destructio. Tempo di incerte giurisdizioni.<br />
Tra il 930 e il 936, com'è noto, Farfa risorge e sotto l'impulso dell'abbate Guido si<br />
rinnoverà anche secondo le indicazioni di Cluny. E tuttavia ci si avvia, sia pure<br />
lentamente, al passaggio sotto la <strong>tutela</strong> papale.<br />
Processo che sarà definitivo dopo il concordato di Worms. Le differenze feudali di<br />
Farfa in vari modi rientrano <strong>nel</strong>la giurisdizione pontificia. Son cose note, tuttavia era<br />
necessario richiamarle per vederne i riflessi in Amiternum. Gli ultimi diplomi del<br />
Chronicon farfense in cui si faccia menzione di Amiternum sono quelli di Enrico IV<br />
del 1084 e di Enrico V del 1118. Significativo anche il fatto che <strong>nel</strong> 1112 Benincasa,<br />
vescovo di Rieti, consacrati la chiesa di S. Pietro di Poppleto <strong>nel</strong>la piana amiternina.<br />
Quel Benincasa che, come dice il Toubert, a laisè le souvenir d'un grand batisseur<br />
dont la figura rappelle celle de Pierre d'Anagni. Siamo <strong>nel</strong> momento più vivace del<br />
ristabilimento delle giurisdizioni episcopali. Non passerà molto tempo e <strong>nel</strong> 1154 il<br />
147
papa Anastasio IV invierà a Dodone vescovo di Rieti il breve di riconferma dei confini<br />
della diocesi dentro i quali ricadranno le pievi amiternine passate di fatto dalla dissolta<br />
diocesi di Amiterno in quella di Rieti. Tra esse naturalmente la pieve di S. Pietro di<br />
Poppleto consacrata appena 42 anni prima. Da notare che Poppleto dista dalle altre<br />
pievi pochissimi chilometri. Dalla pieve di S. Sisto appena tre. Non era estraneo a<br />
questa nascita della pieve di S. Pietro di Poppleto un fatto signorile. Signori di<br />
Poppleto erano dal sec. X i figli di Iderico nipote dell'abbate di Farfa Campone (40).<br />
Le giurisdizioni farfensi tendono quindi ad una laicizzazione progressiva. Soprattutto la<br />
curtis de Poppleto, che è gestita dai Camponidi, signori ormai laici. Quale migliore<br />
opportunità per i discendenti di Campone, gli usurpatori, di far affermare il potere<br />
episcopale a scapito del potere di Farfa? Ed in effetti il potere giurisdizionale delle<br />
grandi abbazie tende ad appannarsi. La stessa selva di Filetto, da sempre dominio di<br />
Farfa, compare ormai in una epistola di papa Alessandro III al vescovo di Forcona<br />
Pagano del 1178 come Filectum cum Ecclesiis et pertinentiis suis (41). Filetto è<br />
inserita in una serie di realtà demiche che vengono così elencate <strong>nel</strong>la lettera:<br />
Praeterea subscripta castella diocesana tibi lege subiecta, sicut ea rationaliter<br />
possides, tibi nihilominus confirmamus.<br />
Filetto è dunque Castrum. Non è possibile vedere come dai Camponidi, in Poppleto,<br />
si passi ai signori normanni di Poppleto. Si può pensare che il passaggio della<br />
dominazione farfense a quella normanna non dovette essere indolore. I Camponidi<br />
avevano aperto la via della secolarizzazione del potere; i Normanni la completarono.<br />
Incastellamento, ripresa della transumanza, creazione della realtà unitaria del regno<br />
dovettero in un certo senso trasformare il paesaggio della zona. Farfa si appanna<br />
soprattutto in virtù del fatto che la transumanza compatta gli Abruzzi con un sud che<br />
diviene il loro effettivo entroterra economico.<br />
Quale attrazione poteva esercitare Farfa verso popolazioni che si vedevano<br />
progressivamente riaperti i verdi eldoradi pugliesi?.<br />
Quella di Filetto è come si diceva una campionatura che può aprire uno squarcio <strong>nel</strong>la<br />
ripresa di humanitas <strong>nel</strong>l'ambito del Massiccio del Gran Sasso.<br />
L'avvento dei Normanni quindi vivacizza le velli del Massiccio <strong>nel</strong>le quali la ripresa<br />
della transumanza determina forti indotti insediativi. E' in questa prospettiva che va<br />
inserita la fondazione del Monastero cisterciense di S. Maria di Casanova che, come<br />
abbiamo già avuto modo di dire, espanderà la sua zona di influenza fino a Campo<br />
Imperatore. S. Maria di Casanova è il primo impianto di Cisterciensi in territorio<br />
abruzzese. Esso si ebbe ad opera dei monaci de SS. Vincenzo ed Anastasio di Roma<br />
della linea claravallense in virtù di una donazione del conte Berardo di Loreto e della<br />
contessa Maria sua consorte. I lavori di edificazione si svolsero da 1191 al 1195. Un<br />
privilegio di Innocenzo III del 1198 concesso al vescovo di Penne Odone fa<br />
riferimento ad una ecclesiam Sancte Marie casanova in Celiria cum Sancto Angelo<br />
in campo Sacro et Sancto Stephano.<br />
Nel 1222 si avrà la fondazione della grancia di S. Maria del Monte in Campo<br />
Imperatore. Tale circostanza è confermata da una bolla di Gregorio IX recante il<br />
transunto di un privilegio di Federico II che conferma i possedimenti di S. Maria di<br />
Casanova e tra questi granciam sancte Marie in Campo Imperatore cum valle<br />
pacifica inter Furcolensem diocesim et Valvensem cum pascuis et pertinentis<br />
.(42)<br />
148
Un panorama di ampie bonifiche, dunque. Già l'autosufficienza delle abbazie e delle<br />
grancie giustifica la ricca presenza di impianti di trasformazione dei prodotti. Ma v'è<br />
anche chiaramente denunciato il proposito di favorire la transumanza quando si dice<br />
che uomini e bestiame avranno libero transito <strong>nel</strong>l'ambito delle terre comitali e che gli<br />
stessi potranno liberamente usufruire dei pascoli tam in montibus quam in planitibus<br />
talis locis pascuis. Una circolazione di uomini, bestie e beni, favorita anche da quella<br />
aperta dichiarazione che il frantoio dovrà servire anche al castello di Loreto e a<br />
qualsiasi altro castello ne vorrà far uso.<br />
Item concedimus Monasterio supradicto, et fratribus eiusdem facere et in perpetuum<br />
habere ac libere, et france possidere trapitum unum pro faciendo oleoin demanio<br />
Comitatus nostri Laureti,in uno Castellorum quocumque placuerit D.Abbati, fratribus<br />
Monasterii illud ordianre (43)<br />
La bonifica degli alti pascoli della zona orientale del Gran Sasso era favorita da una<br />
ricca economia di pianura che era frutto di notevoli investimenti.<br />
E' la politica sviluppo promossa da Federico II con la mediazione dei Cisterciensi a<br />
determinare questo ulteriore sviluppo del Massiccio. Lo si desume dal documento<br />
federiciano già citato del 1222 che conferma i beni di S. Maria di Casanova sul quale<br />
sarà utile fare ulteriori riflessioni.<br />
Il documento si apre con la utilitaristica riflessione quando afferma che aiutando<br />
amicos qui in tabernacula nos eterna recipiant, il Sovrano non fa niente di più che il<br />
proprio doevere quia de perituris duratura nona mercamur con la conseguenza che<br />
que liberaliter offerimus sacrosantis ecclesiis, transeunt in substantiam solidorum<br />
et nostris utilitatibus plus accrescunt. Sono un pò i motivi che sono al fondo della<br />
simpatia di Federico II per i Cisterciensi. Ma da queste linee generali passa subito allo<br />
specifico dell'aiuto ai Cisterciensi:<br />
Specialis igitur est dilectionis indicium, cum de generalitate fratres Cisterciensis ordinis<br />
virtutum viros excipimus et pluris apud nos sunt qui pro vite sue meritis apud dominum<br />
plus merentur.<br />
Lodi specifiche quindi all'Abate Bartolomeo ed ai suoi monaci di S. Maria di Casanova<br />
excellentem Cisterciensis ordinis. Si confermano pertanto i beni già concessi dal<br />
conte Bernardo di Loreto e da sua moglie Maria Margherita et quecumque alia<br />
usque ad presentem imperii nostri annum tenet et possidet. I beni a cui si fa<br />
riferimento sono i seguenti:<br />
in primis locum ipsum, in quo idem monasterium est fundatum, demania vidilicet, que<br />
fuerunt castri Celere, grangiam de Sacto Benedicto in Genestrula cum terra, quam<br />
Habet in Civitella, grangiam de Camposacro cum molendinis et fullis et pertinentis suis<br />
et hiis, quae habet in Paganica, grancia Sancte Marie in Campo Imperatore cum valle<br />
Pacifica inter Furcolensem diocesim et Valvensem cum pascuis et pertinentiis suis,<br />
grangiam de centum ramis prope civitatem S. Angeli cum Sancto Amico, grangiam de<br />
Frisanio, grangiam de Castello Magno, grangiam Sancte Marie de Monte Lupario,<br />
grangiam De Luceria cum tenimentis et libertate pascuorum, que Gualterius venerabilis<br />
Cathaniensi episcopus, dilectus cancellarius noster, donavit eis, pascua quoque in<br />
Ferraria et Salinas, que emerunt in Piscaria, salvis curie nostre retionibus, teram quam<br />
apud montem Boggerii et piscaiam quam apud Fucinum possident.<br />
Si concedono inoltre tutte le facilitazioni fiscali che avrebbero potuto facilitare la<br />
commercializzazione dei prodotti.<br />
149
De habondantiore vero nostra benevolentia concedentes fratribus eiusdem monasterii<br />
plenaria et perpetuam libertatem emendi que emenda et extraendi, que empta sunt, et<br />
vendendi ac inducendi que sunt vendenda, et transeundi di libere terra marique, indultis<br />
ubique eis per totam terram demanii nostri thelionatico, plateatico atque passagio de<br />
rebus pariter et personis, eximinus et absolvimus eos et monasterium eorundem ab<br />
omnibus collectis, taliis, exactionibus et aliis vexationibus comitum vel baronum seu<br />
baiulorum nostrorum et ab omni servitio seculari.<br />
Si ribadisce inoltre quella libertà di transumare che già in una certa misura s'era<br />
riconosciuta <strong>nel</strong> documento di fondazione concesso dal conte Berardo:<br />
Concedimus et confirmamus eis libera pascua pro animalibus suis per totam demanii<br />
nostri tam in maritimis quam montanis, absque herbatico et glandatico, et liberum usus<br />
lignorum tam viridium quam siccorum pro construendis et reparandis dominus et aliis<br />
suis necessitatibus procurandis, absque alicuius exactione datii sive servitii, et si in alia<br />
terra comitum vel baronum aliorumque fidelium nostrorum eadem sibi ab ipsis dominis<br />
libertas concessa fuerit pascuorum cedendorumve lignorum similiter confirmamus<br />
eisdem.<br />
Si preclude in un certo qual modo, Federico II, anche il diritto sovrano (ma la<br />
preclusione acquistava ovviamente solo il sapore della proclamazione di un<br />
intendimento) di recedere o di disporre in maniera diversa :<br />
Ad hec, licet in quibusdam privilegis nostris illam clausulam iussimus apponi, qua<br />
dicitur: salvo mandato et cetera, a presenti tamen privilegi eam de gratia nostra<br />
decrevimus amovendam.<br />
Si conclude il diploma con il divieto analogo a quello della regola cisterciense di<br />
operare all'intorno degli edifici di S. Maria di Casanova.<br />
Denique inhibemus, ut infra septa ipsius monasterii et ecclesiarum grangiarumque<br />
suarum nulla temeraria presumptio vel violatio sue illicita conventio ab aliquibus fiat,<br />
unde possit fratribus seu rebus dampnum seu scandalum evenire.<br />
Il documento è per il nostro tema di notevole interesse. Ad esso abbiamo già fatto<br />
riferimento quando appunto s'è parlato della di S.Maria del Monte di Paganica fondata<br />
prima del 1222. Il privilegio di Federico II ci permette di fissare approssimativamente<br />
la data di fondazione di questa importantissima grancia i cui resti si ergono ancora<br />
imponenti e suggestivi <strong>nel</strong>l'altipiano di Campo Imperatore. Sono ancora visibili intorno<br />
ai ruderi amplissimi "mandroni", ovverossia stazzi connessi allo stabile della grancia. La<br />
stessa grancia, per quanto ne è ancora visibile, sembra ripetere il tipo edilizio della<br />
masseria con ampi fondali e stalle; le sue dimensioni, imponenti se messe in relazione<br />
con l'altitudine e con la mancanza di strade, testimoniano di uno sforzo razionale di<br />
bonifica che trova soltanto altri pochi esempi analoghi in tutto i massiccio. S.Maria del<br />
Monte dovette essere un centro di smistamento di bestiame intorno al quale<br />
sicuramente gravitò un'imponente massa di lavoro umano che dovette comportare un<br />
notevole investimento di capitali. Il documento lascia chiaramente intendere il tipo di<br />
economia sul quale si fonda questo primo impianto cistercense.<br />
Quasi contemporaneamente all'impianto di S. Maria del Monte, ovvero <strong>nel</strong> 1922,<br />
viene fondato il monastero di S.Spirito d'Ocre da parte del conte Berardo e di sua<br />
madre Realda in territorio forconese.(44) S.Spirito verrà aggregato a S. Maria di<br />
Casanova. tale aggregazione comportò un collegamento tra S.Maria del Monte e lo<br />
stesso S. Spirito.<br />
150
Questa aggregazione determinerà un sistema di sfruttamento del Gran Sasso che si<br />
baserà su una triangolazione del territorio S.Maria di Casanova - S.Maria del Monte di<br />
Paganica - S.Spirito d'Ocre.<br />
La grancia di Campo Imperatore diveniva quindi punto di raccordo tra il comitatus<br />
forconese e il comitatus pennese. E <strong>nel</strong>lo sfondo<br />
non può non vedersi la ripresa massiccia della transumanza, cui i Cistercensi non sono<br />
estranei, come la contemporanea acquisizione da parte degli stessi di S.Maria<br />
dell'Incoronata di Foggia, che è punto terminale e nodale dei tratturi, sta chiaramente a<br />
dimostrare.<br />
A S. Maria del Monte vengono anche aggregate le Condole.<br />
Tra la grancia di S. Maria del Monte di Paganica e gli insediamenti delle "Condole" vi<br />
dovette essere uno strettissimo contatto e con molta probabilità<strong>nel</strong> periodo invernale i<br />
monaci dovevano ricoverarvisi con parte del bestiame per sfuggire alle proibitive<br />
condizioni climatiche di Campo Imperatore. E' ancora leggibile, per l'occhio esperto,<br />
una strada mulattiera molto ampia, non certo un semplice sentiero, con residui di<br />
elementari ma solide opere di consolidamento che univa i due insediamenti. In ogni<br />
modo i fabbricati non forzano il tipo edilizio locale, ma lo potenziano sfruttandone <strong>nel</strong><br />
contempo gli accorgimenti che dovevano essere stati la risultante di secolari esperienze.<br />
E' una manifestazione tipica, quella delle "Condole" della ideologia costruttiva dei<br />
Cistercensi che, come dice la Romanini "Non ci pone di fronte a schemi fissati una<br />
tantum e dunque preesistenti, in un certo senso con carattere di leggi "apriori", alla<br />
novità dei singoli edifici. Ma piuttosto a schemi che nascono in uno con l'edificio,<br />
piegandosi con naturalezza quasi organica al tipo di terreno e all'andamento del<br />
paesaggio, al materiale e alle tecniche usate, al gusto dell'architetto e alle diverse<br />
cadenze del dialetto architettonico"(46).<br />
Questo fervore di inziative volte ad acquisire sia i territori di pianura che i territori di<br />
montagna, trovava il suo coronamento <strong>nel</strong>l'unione con l'Abbazia di S.Maria di<br />
Casanova della più antica Abbazia di S. Bartolomeo di Carpineto sancita <strong>nel</strong> corso<br />
degli anni 1258-1259.<br />
I Cistercensi, dunque, hanno ripreso con tutta evidenza la prassi della transumanza.<br />
Intorno a queste realtà della vallata forconese-amiternina dovette gravitare una<br />
imponente massa di lavoro umano che comportò <strong>nel</strong> contempo un notevole<br />
investimento di capitali. Non è un caso che <strong>nel</strong>la vallata le testimonianze edilizie ed<br />
architettoniche precedenti la fondazione della città dell'Aquila siano soprattutto<br />
cistercensi. La presenza di tali monasteri porta evidentemente ad aggregazioni<br />
economiche e in parte sociali proprio in virtù della peculiarità della regola e quindi della<br />
mentalità dei monaci bonificatori.<br />
I Cistercensi insegnano alla piccola feudalità ed ai villici della vallata una integrazione<br />
economica di tipo nuovo che costituisce per essi modello. All'ombra dei monasteri si<br />
educano forze fresche che sono in grado di fare paragoni fra la stanca struttura feudale<br />
e la struttura cistercense che si era fatta tramite di una rivoluzione culturale che aveva<br />
fatto conoscere la rotazione agraria triennale, il nuovo sistema di aggiogamento del<br />
cavallo e del bue, che aveva utilizzato più e meglio le potenzialità energetiche mediante<br />
la diffusione dei mulini ad acqua e che aveva favorito la integrazione monte-piano,<br />
come la presenza della grancia di S.Maria del Monte a Campo Imperatore e la<br />
abbazia di S.Maria dell'Incoronata a Foggia stanno concretamente a dimostrare.<br />
151
Tutto ciò trova un suo corrispettivo culturale <strong>nel</strong>la nascita di una letteratura volgare<br />
due-trecentesca abruzzese che si sviluppa per l'azione mediatrice e pragmatica dei<br />
Benedettini in genere e dei Cistercensi in particolare che riescono a creare un nesso tra<br />
cultura e popolo.<br />
Se è vero pertanto che la storia delle terre abruzzesi è caratterizzata da una rilevata<br />
atonia cittadina , è anche vero che i fermenti della regola cistercense, così determinanti<br />
per uno sviluppo di iniziative e di attività anche di natura economica, penetrano <strong>nel</strong>le<br />
zone interne degli Abruzzi e in alcuni casi costituiscono la base per le profonde<br />
rivoluzioni come potrebbe essere quella della fondazione di una città. Vogliamo dire<br />
appunto la fondazione dell'Aquila che avviene a metà del sec. XIII, qualche anno dopo<br />
la morte di Federico II.<br />
Non possiamo addentrarci <strong>nel</strong>l'approfondimento del problema della fondazione di<br />
questa "civitas nova" che determinerà un indotto notevolissimo sullo sfruttamento del<br />
Gran Sasso, tanto da farci ipotizzare con molta verosimiglianza che proprio da quel<br />
momento se ne sconvolge quanto meno a livello di versante sud la facies arborea. Non<br />
possiamo addentrarci, come si diceva, in queste problematiche perchè si aprirebbe una<br />
voragine storiografica non esplorabile, nei limiti che l'economia del lavoro ci impone. E'<br />
certo un fatto: con la regolamentazione della transumanza che avverrà in forma<br />
definitiva <strong>nel</strong> 1447 con la istituzione da parte di Alfonso I di Aragona della Dohana<br />
menae pecudum Apuliae lo sfruttamento del Massiccio sarà sempre più ampio.<br />
Altra voragine storiografica quella della Dohana. A noi interessava tuttavia dare, con<br />
campionature mirate, soltanto il senso della evoluzione storica del territorio. Evoluzione<br />
che quanti saranno chiamati a costituire il Parco dovranno tenere <strong>nel</strong>la debita<br />
considerazione in quanto da essa derivano economie e culture. Aspetti questi non<br />
certamente secondari di un Parco modernamente inteso.<br />
152
1) V. D'ERCOLE in Giornate Internazionali della Transumanza, pag.<br />
2) La bibliografia è al riguardo ricchissima. Si possono tuttavia citare A.Fleming, The genesis of<br />
Pastoralism in European Prehistory in "World Arch." 4 (1972) e C.RENFREW, The Conditions of cultural<br />
and Economic Growth in the Bronze Age of Central Italy in "Proceedings Prehist. Soc.",38 (1972).<br />
3) Sull'argomento dell'allevamento ovino e della relativa transumenza in Abruzzo in epoca romana, si può<br />
vedere il fondamentale E.Gabba - M. PASQUINUCCI, Strutture agrarie e allevamento transumante<br />
<strong>nel</strong>l'Italia Romana (III,I sec. a.C.), Pisa 1979, con la ricchissima bibliografia alla quale si rimanda.<br />
4) A.J. TOYNBEE, Hannibal's Legacy, The Hannibalic Wae's Effects on Effects on Roman Life, I-II London-<br />
New York-Toronto 1965.<br />
5) LIVIO, XLI 8,7.<br />
6) E.GABBA, sulle strutture agrarie dell'Italia Romana, in E. GABBA - M. PASQUINUCCI, Strutture agrarie<br />
e allevamento transumante dell'Italia Romana, op.cit.pagg.42 e segg.<br />
7) Ibidem, pag.49 n. 83.<br />
8) M.Porci Catonis de agri cultura liber. M.Terenti Varronis rerum rusticarum libri tre ex recensione<br />
Henrici Keilii, Lipsia 1884, M.T.CICERONE, L'orazione per Aulo Cluentio Abito, a cura di G. Pugliese,<br />
Milano 1972<br />
9) COLUM, 6, 22, 2; (Vaccae) eius modi armentum maritima et aprica hiberna desederat, aestate autem<br />
opacissima memorum montium, elata magis, quam plana pascua, nam melius memoribus herbidis et<br />
fructetis et carectis pascitur, quoniam siccis ac lapidosis locis durantur ungulae: La bibliografia su<br />
Colum<strong>nel</strong>la è raccolta in K.D. WHITE, Roman Farming, Landon-Southampton 1970, pp.26-28;<br />
K.D.AHRENS, Colum<strong>nel</strong>la uber die Londwritschaft, Berlin 1976 (Schrift. Gesch. un Kultur der Antike, pp.<br />
42-44 P.D. CARROL, Colum<strong>nel</strong>la the Reformer, "Latomus" 35 (L976),pp.783788; A.COSSARINI,<br />
Colum<strong>nel</strong>la. Ideologia della terra"Giorn.Filol.Ferrarese" (1978) 2, pp. 35-47.<br />
153
ELENCO DEGLI ELABORATI GRAFICI<br />
Tav. 1. Inquadramento territoriale (1:200.000)<br />
Tav. 2. Struttura insediativa (1:50.000)<br />
2a. Schema strutturale della mobilità (1:100.000)<br />
2b. Struttura insediativa e turistica (1:100.000)<br />
2c. Stato attuale della pianificazione comunale (1:100.000)<br />
2d. Assetto amministrativo (1:100.000)<br />
Tav. 3. Uso attuale del suolo (1:50.000)<br />
Tav. 4. Valori storici ed architettonici (1:50.000)<br />
4a. Sintesi interpretativa dell'analisi dei valori storici e architettonici (1:200.000)<br />
Tav. 5. Valori naturalistici documentati (1:50.000)<br />
5a. Sintesi interpretativa dell'analisi dei valori naturalistici documentati (1:200.000)<br />
Tav. 6. Piano Regionale Paesistico (1:50.000)<br />
Tav. 7. Vincoli ambientali (1:50.000)<br />
7a. Sintesi interpretativa dell'analisi dei vincoli ambientali (1:200.000)<br />
Tav. 8. Classificazione del suolo (campioni 1:25.000)<br />
Tav. 9. Uso ottimale del suolo<br />
Tav.10. Zonazione del <strong>parco</strong> nazionale (1:100.000)<br />
Tav.11. Spazi ed attrezzature per la ricreazione invernale (1:50.000)<br />
Tav.12. Spazi ed attrezzature per la ricreazione estiva (1:50.000)<br />
Tav.13. Linee strategiche per il piano del <strong>parco</strong> (1:50.000)<br />
Tav. 14. Proposta di zonazione operativa (1:100.000)<br />
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Piroddi E.: Omogeneità e gravitazioni territoriali in Abruzzo, Università dell' Aquila.<br />
Facoltà di Ingegneria. Istituto di Architettura e Urbanistica, L' Aquila 1979.<br />
Piroddi E.: Strumentazione urbanistica e assetto del territorio, su: Atti della Facoltà di<br />
Ingegneria, Università dell'Aquila, L'Aquila 1979.<br />
173
Pizziolo G.: Il concetto di sviluppo sostenibile <strong>nel</strong>la pianificazione urbana e territoriale.<br />
Ciclo di seminari del dottorato di ricerca in Tecnica Urbanistica, Seminari 06.05.’94: Il<br />
concetto di sviluppo sostenibile <strong>nel</strong>la pianificazione urbana e territoriale. Roma 1994.<br />
Rolli G.L.: Un modello per l'organizzazione delle attrezzature di servizio e delle<br />
infrastrutture alla scala comprensoriale, Università dell' Aquila, su: Analisi storica e<br />
strumentazione progettuale dell'assetto territoriale, urbanistico ed edilizio della<br />
Regione Abruzzo, L' Aquila 1981.<br />
Rolli G.L. ed altri: Prospettive di sviluppo del consorzio industriale dell' Alta Tuscia<br />
Laziale, aspetti urbanistici e territoriali ( cap. I e II )., Tecnotour. Finanziaria laziale di<br />
sviluppo, Roma 1985.<br />
Rolli G.L.: Servizi per il territorio, Ferri Ed., L'Aquila 1984.<br />
Salzano E. (a cura): La città sostenibile. Ed. delle Autonomie, Roma 1992.<br />
Scandurra E.: Tecniche urbanistiche per la pianificazione del territorio, CLUP,<br />
Milano 1987.<br />
Sestini A.: Introduzione allo studio dell' ambiente. La geografia fisica, Franco Angeli<br />
Ed., Milano 1993.<br />
Tammaro F.: Compendio sulla flora del Gran Sasso d’Italia. Monografie dei Quaderni del<br />
Museo di Speleologia “V.Rivera”, n.2, L’Aquila 1983.<br />
Tamburini G., Aristone A., Mascarucci R.: Rapporto sullo stato dell’urbanizzazione in<br />
Italia. Abruzzo. Quaderni di Urbanistica Informazioni 8. Roma 1990.<br />
.........................................<br />
Titoli da attribuire ai temi<br />
Savignano A.: Regime giuridico e innovazione legislativa. In: Accademia dei Georgofili, “Global<br />
change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità<br />
delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />
Mari<strong>nel</strong>li A., Bernetti I: Sviluppo sostenibile e pianificazione delle aree protette. In: Accademia dei<br />
Georgofili, “Global change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio<br />
“Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />
La Marca O.: La gestione delle foreste <strong>nel</strong>le aree protette. In: Accademia dei Georgofili, “Global<br />
change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità<br />
delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />
Bruno E., Lovari S.: La gestione della fauna selvatica <strong>nel</strong>le aree protette, con particolare riferimento<br />
agli ungulati. In: Accademia dei Georgofili, “Global change”, Il verde per la difesa e il ripristino<br />
ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”,<br />
Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />
Talamucci P.: Colture agrarie e gestione dei pascoli. In: Accademia dei Georgofili, “Global change”,<br />
Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità delle attività<br />
agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />
174
Lucifero M., Biagioli O.: Le attività zootecniche <strong>nel</strong>le aree protette. In: Accademia dei Georgofili,<br />
“Global change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio<br />
“Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />
Gismondi S., Solinas M.: Le attività di turismo compatibile <strong>nel</strong>le aree protette.In: Accademia dei<br />
Georgofili, “Global change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio<br />
“Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />
Zandri M.: Interessi locali e composizione dei conflitti. In: Accademia dei Georgofili, “Global<br />
change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità<br />
delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />
Clementi A.: L’Abruzzo e i suoi parchi, dimensione storica. In: Accademia dei Georgofili, “Global<br />
change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio “Compatibilità<br />
delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />
Di Croce G., Vittorini M.: L’Abruzzo e i suoi parchi, realtà emergente. In: Accademia dei Georgofili,<br />
“Global change”, Il verde per la difesa e il ripristino ambientale, Terza giornata di Studio<br />
“Compatibilità delle attività agro-forestali <strong>nel</strong>le aree protette”, Teramo 25-26.11.1994. Firenze 1994.<br />
Biscotti N.: I nuovi parchi in Italia tra <strong>tutela</strong> e sviluppo del territorio, il caso del Gargano, lo<br />
“sperone d’Italia”. In: Genio Rurale, Dossier “Pianificazione del territorio e aree protette”, n.11,<br />
1993.<br />
Sargolini M.: Parco nazionale dei Monti Sibillini, processi conoscitivi per la redazione del piano.<br />
Parametro, n.203, Faenza 1994.<br />
Mantero F.M., Panzarasa S.: Terre protette. Ed. delle Autonomie, Provincia di Roma, Roma 1993.<br />
Copersini G.: Gran Sasso e Monti della Laga, da progetto a realtà territoriale “attrezzata”per<br />
l’ambiente. Congiuntura economica abruzzese,n.2, C.R.E.S.A., L’Aquila 1994.<br />
World Wildlife Fund (WWF): Dossier Economia & Parchi. Campagna parchi 1994. Roma 1994.<br />
175
.....................parte metodologica eventualmente da introdurre in luogo appropriato...........<br />
Secondo l'impostazione "classica" dei piani di sviluppo turistico, la ricettività<br />
turistica consiste in una quota parte dell'offerta turistica che viene determinata in base a<br />
diversi criteri:<br />
A - un primo criterio fa discendere la quantificazione della ricettività dalle<br />
caratteristiche del bacino di provenienza della domanda turistica, in particolare della<br />
sua collocazione rispetto al comprensorio turistico e dalle relative connessioni,<br />
elementi in base ai quali si può determinare all'interno dell'offerta turistica che, come si<br />
è detto al Cap. 3 si suppone tutta coperta dalla domanda, una frazione più o meno<br />
consistente di pendolarismo giornaliero per motivi di ricreazione turistica e, per la<br />
quota residua, l'esigenze di una idonea dotazione di strutture ricettive;<br />
B - un secondo criterio di valutazione deriva dalla qualità dell'offerta turistica che,<br />
anche in condizioni di buona accessibilità giornaliera del bacino di utenza, può attrarre<br />
una quota più o meno consistente di presenze di durata sopragiornaliera, e quindi<br />
richiede una corrispondente dotazione di servizi;<br />
C - infine un terzo criterio fa derivare la quantificazione della ricettività dalla valutazione<br />
della dimensione e tipologia di strutture stabili la cui presenza sia ritenuta compatibile<br />
con la integrità <strong>dell'ambiente</strong> entro il quale le strutture devono essere collocate.<br />
Tale criterio sposta, opportunamente, i termini del problema dalla<br />
determinazione di una ricettività commisurata alla domanda di permanenza<br />
sopragiornaliera alla definizione di un dimensionamento della ricettività che non superi<br />
la soglia ritenuta compatibile con la conservazione dei valori essenziali del territorio.<br />
Questa valutazione di compatibilità è però di difficile determinazione, tanto è<br />
vero che non risulta sia stata espressa dagli studiosi del settore se non in <strong>nel</strong>la forma<br />
generica di una percentuale dell'offerta turistica, più o meno elevata in relazione inversa<br />
rispetto alla rilevanza delle risorse ambientali.<br />
Va anche considerato che le metodologie disponibili sono finalizzate, più che<br />
ad una valutazione aprioristica della dotazione massima di ricettività compatibile con<br />
l'ambiente, alla valutazione dell'impatto ambientale di singole opere di dotazione<br />
ricettiva già definite <strong>nel</strong>la loro fisionomia quali-quantitativa.<br />
Una volta quantificata la ricettività turistica, la metodologia classica prevede<br />
l’articolazione <strong>nel</strong>le fondamentali tipologie:<br />
- strutture a rotazione d'uso (alberghi, pensioni), anche di tipo specializzato (ostelli della<br />
gioventù, strutture ricettive per turismo sociale)<br />
- strutture residenziali temporanee (seconde case <strong>nel</strong>le diverse tipologie : ville,<br />
condomini, residence)<br />
- strutture provvisorie (campings, case mobili).<br />
Naturalmente per ciascuna di queste tre categorie viene valutata la quota di<br />
domanda già soddisfatta dalle strutture esistenti, e la quota da soddisfare mediante<br />
nuove strutture.<br />
Non affrontiamo in questa sede la problematica relativa alla evoluzione<br />
intervenute negli anni recenti <strong>nel</strong> rapporto tra queste diverse forme di insediamento ai<br />
fini del soddisfacimento della domanda di ricettività turistica, evoluzione che ha visto<br />
una sempre maggior penalizzazione delle forme di ricettività a rotazione nei confronti di<br />
quelle residenziali individuali.<br />
Va solo detto che la domanda di residenza temporanea manifestatasi negli anni<br />
recenti non è espressione, a nostro avviso, di una reale esigenza di ricettività turistica,<br />
176
ma, per una cospicua parte, deriva da una situazione distorta del mercato degli<br />
investimenti in generale e di quelli in edifici in particolare.<br />
D'altra parte le modalità di localizzazione e le tipologie delle unità ricettive e<br />
residenziali individuano uno dei momenti più delicati di coerenza del piano con gli<br />
obiettivi di <strong>tutela</strong> <strong>dell'ambiente</strong> naturale e dell'habitat preesistente.<br />
Alcune considerazioni sulle modalità con cui si sono evolute negli anni recenti le<br />
forme di insediamento temporaneo e di quello permanente <strong>nel</strong>le aree montane, offrono<br />
l'opportunità di affrontare il tema della residenza turistica in modo coerente con gli<br />
obiettivi del nostro lavoro.<br />
E' noto come da tempo le zone montane abruzzesi, alla pari di alcune altre arre<br />
italiane ed europee, siano caratterizzate da un lato dallo sviluppo di insediamenti<br />
alberghieri e di residenza turistica in quota, e dal sempre più accentuati\o passaggio<br />
dalla prima verso la seconda di queste tipologie di ospitalità turistica (in particolare<br />
dallo sviluppo della produzione di seconde case in condomini e residences) e, dall'altro<br />
lato, dal progressivo abbandono da parte dei primitivi abitanti dei vecchi insediamenti<br />
residenziali. Molto spesso questi insediamenti sono prossimi alle località di sviluppo<br />
turistico, e presentano grande interesse sotto il profilo storico-artistico o, quanto meno,<br />
<strong>dell'ambiente</strong> architettonico.<br />
La nostra ricerca,proprio perché pone trai suoi obiettivi la elaborazione di una<br />
metodologia tendente ad integrare le iniziative di istituzione del <strong>parco</strong> nazionale, di<br />
sviluppo, del turismo e di recupero dell'habitat preesistete, ci è sembrata una occasione<br />
opportuna per porre il discorso dello sviluppo della ricettività turistica in termini nuovi.<br />
Va osservato che il comprensorio del Gran Sasso presenta condizioni che<br />
appaiono particolarmente idonee a questo riguardo : siamo in presenza infatti di<br />
numerosi antichi centri abitati in quota, disposti a corona intorno al massiccio, molti dei<br />
quali prossimi agli accessi alle aree destinate alle attività ricreative estive ed invernali, e<br />
di un ingente patrimonio edilizio non più utilizzato dai vecchi abitanti, teoricamente<br />
disponibile per il recupero ai fini residenziali turistici.<br />
Una linea di metodo che sposti le modalità di soddisfacimento della domanda<br />
di ricettività turistica dalla creazione di nuove strutture insediative al recupero di<br />
insediamenti esistenti inutilizzati consente, a nostro avviso, di porre in termini diversi<br />
anche l'aspetto quantitativo del problema.<br />
Il tetto massimo della ricettività e della residenza turistica sostenibile può essere<br />
infatti determinato in questo caso non in base a labili valutazioni di compatibilità<br />
ambientale ed alle presumibili caratteristiche della domanda proveniente dal bacino di<br />
utenza, ma in base alla dimensione, in loco, di un patrimonio edilizio inutilizzato il cui<br />
recupero ai fini turistici può costituire occasione di riqualificazione, anziché di<br />
compromissione, delle risorse ambientali intese <strong>nel</strong>la loro più ampia accezione.<br />
Il tema della ricettività turistica può essere allora posto determinando il valore<br />
globale dell'offerta di ricettività turistica sostenibile dalle strutture attuali come somma<br />
delle seguenti componenti :<br />
a - strutture a rotazione d'uso esistenti ;<br />
b - strutture residenziali esistenti a destinazione turistica;<br />
c - strutture residenziali inutilizzate potenzialmente ricuperabili per residenza turistica.<br />
Una valutazione delle dimensioni e delle probabili caratteristiche della presunta<br />
domanda turistica può consentire un bilancio domanda-offerta sotto il profilo<br />
quantitativo e, soprattutto, qualitativo, suggerendo gli orientamenti di un apolitica di<br />
177
intervento, riferita, particolarmente al recupero del patrimonio edilizio inutilizzato<br />
esistente.<br />
Nell'ambito di questa verifica potrà anche essere verificata la possibilità di<br />
realizzazione di una modesta aliquota di nuove strutture destinate a ricettività a<br />
rotazione d'uso e , eccezionalmente, a residenza turistica.<br />
178