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MUSEO DELLE ARMI E DELLA TRADIZIONE ARMIERA GARDONE ...

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<strong>MUSEO</strong> <strong>DELLE</strong> <strong>ARMI</strong> E <strong>DELLA</strong> <strong>TRADIZIONE</strong> <strong>ARMI</strong>ERA<br />

<strong>GARDONE</strong> V.T.<br />

MOSTRA INAUGURALE DEL <strong>MUSEO</strong><br />

guida<br />

a cura di Pierantonio Bolognini<br />

QUADERNI DEL <strong>MUSEO</strong>, 1<br />

DICEMBRE 2007


Armi Antiche a Gardone<br />

Villa Mutti – Bernardelli<br />

29 settembre 2007 – 29 febbraio 2008<br />

Mostra inaugurale del Museo delle Armi e della Tradizione Armiera di Gardone Val Trompia<br />

Mostra promossa da<br />

Regione Lombardia<br />

Provincia di Brescia<br />

Comunità Montana<br />

Comune di Gardone Val Trompia<br />

Direzione scientifica<br />

Denise Modonesi<br />

Comitato scientifico<br />

Luciano Bertolotti<br />

Pierantonio Bolognini<br />

Cesare Calamandrei<br />

Roberto Gotti<br />

Gualberto Ricci Curbastro<br />

Gian Rodolfo Rotasso<br />

Città di Gardone Val Trompia<br />

Settore Socio Culturale<br />

Settore Tecnico<br />

Comunità Montana di Valle Trompia<br />

Area Cultura<br />

Sistema Museale di Valle Trompia<br />

copertina<br />

Linda Balboni Gotti<br />

Immagini<br />

Gianluca Minuzzi, Pordenone<br />

Studio Negri - Brescia<br />

Archivio Beretta - Gardone Val Trompia<br />

Prestatori<br />

Associazione Amici del Museo Stibbert<br />

Collezionisti privati<br />

Gardone Val Trompia, Fabbrica d’Armi Pietro Beretta<br />

Firenze, Museo Stibbert<br />

Roma, Museo Nazionale di Palazzo di Venezia<br />

Verona, Musei Civici d’Arte e Monumenti


Allestimento<br />

Studio di Architettura Federico Zucchetti - Cellatica (BS)<br />

©Copyright<br />

Proprietà fotografica e letteraria riservata.<br />

Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo e forma.<br />

Si ringraziano tutti coloro che a vario titolo ci hanno offerto collaborazione nel corso del lavoro di<br />

ricerca, nella preparazione del catalogo e dell’esposizione<br />

Cecilia Alessi, Associazione Amici del Museo Stibbert, Maria Giulia Barberini, Alfredo Bartocci,<br />

Stefano Belpietro, Elena Basilico Bertasi, Nani Cadorin, Lucia Calzone, Ispettore Carlo Cinus e<br />

colleghi - Ufficio Armi della Questura di Brescia, Ditta Leonida Santina Bernardelli in Frascio,<br />

Fondazione Agnese e Luciano Sorlini, Tommaso François, Silvano Germoni, Silvana Grosso, Simona<br />

Di Marco, Paola Marini, Antonio Oropesa, Kirsten Aschengreen Piacenti, Selene Sconci, Anna Maria<br />

Spiazzi, Claudio Massimo Strinati, Maresciallo Dario Taraboi - Stazione Carabinieri di Gardone Val<br />

Trompia.<br />

Si ringraziano i collezionisti italiani che ci hanno concesso in prestito il loro materiale.<br />

I quaderni del museo, 1


Apre a Gardone Val Trompia il Museo delle Armi e della Tradizione Armiera.<br />

Apre in una terra che da oltre 500 anni crea armi da fuoco e già da prima armi bianche,<br />

e tuttavia, sempre impegnata in laboriose produzioni, o forse trattenuta da troppa ritrosia,<br />

non ha mai avuto l’ardire di raccogliere e conservare in un museo della città l’opera delle<br />

sue mani.<br />

Apriamo finalmente un Museo per conservare memoria di ciò che siamo stati e di ciò<br />

che abbiamo creato lungo generazioni di fatica e di ingegno, e per ricercare nel passato<br />

la traccia collettiva che ci consente una lettura radicata e fiduciosa del tempo davanti a<br />

noi.<br />

E’ la meta di un impegno importante assunto dall’Amministrazione Comunale davanti ai<br />

suoi cittadini con la collaborazione generosa degli Enti che qui vogliamo ringraziare: la<br />

Regione Lombardia che ha creduto nel progetto e lo ha finanziato; la Provincia di<br />

Brescia per il sostegno assicurato con convinta determinazione all’Archivio Storico della<br />

Caccia; la Comunità Montana di Valle Trompia nel cui sistema culturale e di proposta<br />

didattica Gardone V.T. è saldamente inserita.<br />

Ringraziamo pure i Musei del territorio nazionale, Musei Civici d’Arte e Monumenti di<br />

Verona, Museo Nazionale di Palazzo Venezia di Roma, Museo Stibbert di Firenze e tutti<br />

i collezionisti privati che con passione storica e civile hanno offerto le loro opere per la<br />

Mostra e per la collezione museale.<br />

Questo Museo che apriamo, luogo di tutela del patrimonio storico della nazione come<br />

ogni museo, ha infatti uno specifico: esso conserverà, con gli oggetti prodotti in questa<br />

terra, la memoria dei processi di lavorazione, dell’evolversi delle tecnologie e delle<br />

intuizioni progettuali, memoria delle forme della produzione, delle maestranze<br />

impegnate in quest’opera secolare, dei modi della loro socialità el tempo e nel luogo di<br />

lavoro.<br />

A Gardone di Valle Trompia il lavoro, e il lavoro armiero nello specifico, è stato, e in<br />

larga misura continua ad essere, la forma della vita quotidiana. Il binomio inscindibile , e<br />

altrove incomprensibile, casa-officina, tempo della casa- tempo della creazione tecnica,<br />

ne è lainequivoca rappresentazione. Questo Museo, dunque, conserverà ma sarà<br />

insieme, nelle intenzioni degli Amministratori della Città, aperto al presente e al futuro,<br />

per valorizzare e promuovere in forma territoriale e collettiva lo specifico tecnologico<br />

delle nostre produzioni e l’eccellenza del nostro artigianato artistico.<br />

La mostra Armi Antiche a Gardone, grazie alla paziente altissima competenza di un<br />

comitato scientifico e una serie di collaborazioni di eccezionale valore, apre una stagione<br />

nuova, e speriamo rigogliosa, nella cultura del lavoro e del lavoro sempre fatto con<br />

passione in Valle Trompia.<br />

Michele Gussago<br />

Sindaco di Gardone Val Trompia


Appunti per una cronistoria del lavoro e delle<br />

innovazioni tecnologiche nella produzione<br />

armiera gardonese dal XV al XIX secolo<br />

Pierantonio Bolognini<br />

1459 - INEQUIVOCABILE TESTIMONIANZA SULLA VOCAZIONE <strong>GARDONE</strong>SE<br />

ASV, Senato, Deliberazioni Terra, Reg. 4 , Fol. 104.<br />

La prima inequivocabile testimonianza, fino ad oggi conosciuta, della produzione gardonese di<br />

armi da fuoco ci è data da un dispaccio inviato dal Senato ai Rettori di Brescia con il quale si<br />

ordinava che i maestri-fabbricanti<br />

…. Debbano fare cinquanta bombarde da galea (da usare a bordo delle galee) , dieci da ramparo a<br />

retrocarica con due mascoli ciascuna, venticinque spingarde, cinquanta schioppetti e<br />

cinquantamila ferri da berrettoni per balestre.<br />

1505 - MAESTRI IN FUGA …<br />

ASV, Consiglio dei Dieci, Dispacci Rettori, Brescia, Busta 19, carta. 50.<br />

… Alcuni maestri da schioppetti, Archibugi, et ballotte de la terra di Gardon da Valtrompia / si<br />

sono / absentati da quella terra, et andati in un loco chiamato Domodossola, iurisditione de Conti<br />

Borromei del Ducato di Milano …<br />

Nel dispaccio trovano per la prima volta espressione gli effetti delle difficoltà da parte veneta di<br />

conciliare gli interessi della propria politica estera, che non consentivano la fornitura ad altri stati,<br />

e le necessità lavorative dei gardonesi che, in mancanza di ordini, erano costretti ad emigrare. Il<br />

documento è fimora la più antica testimonianza che fa riferimento, specificatamente a Gardone,<br />

alla produzione delle armi da fuoco.<br />

1509 – IL MAGLIO DI PIETRO FRANZINI<br />

P.BOLOGNINI – F. TROVATI, . Enciclopedia gardonese. Vol. I, Gardone, 2004, sub voce.<br />

A Gardone , il maestro Pietro Francino inventa e realizza un maglio per tirare le canne delle armi<br />

da fuoco. Con il nuovo strumento si riduce il tempo di produzione della canna a meno di un terzo<br />

dell’usuale.<br />

1554 - UN MONDO DI ARCHIBUSI<br />

Relazioni dei Rettori Veneti in Terraferma. XI. Podestaria e capitanato di Brescia. Milano, Giuffrè,<br />

1978. Relazione Cavalli, 1554.<br />

Marino Cavalli nella sua descrizione del territorio, inviata a Venezia nel 1554 al termine del suo<br />

mandato, così ricorda Gardone :


… A Gardon si fa un mondo de archibugi tra le altre cose et li fanno con tanta facilità che in due o<br />

tre fusine se ne faria 400 cane al giorno …<br />

1586 - EDIFICI PER LA LAVORAZIONE DEL FERRO <strong>GARDONE</strong>SI NEL GIUGN0 1586<br />

MS. IT. VII – 1155 (7453) Brescia – Miscellanea, Venezia, Biblioteca Marciana.<br />

Un manoscritto della Biblioteca Marciana di Venezia contiene il resoconto della visita alla<br />

Valtrompia compiuta dai Rettori veneti di Brescia nel giugno del 1586.<br />

Recita il manoscritto:<br />

f. 8 : Viaggio fatto per l’Ill.mo Signor Conte Honoris Scotto Governatore di Brescia in<br />

compagnia dell’Ill.mo Signor Gabriele Corsaro degnissimo Capitano di essa città nella visita del<br />

territorio e delle Valli del Bresciano.<br />

Domenica lì 8 giugno 1586…<br />

f. 12 : Mercore 25<br />

La mattina a Gardone, terra grossa in Valtrompia dove fu fatta la mostra di 200 archibuseri,<br />

benissimo disciplinati sotto la carica del Soldato Capo Jacomo, nel qual luogo vi è un forno con<br />

molte fusine; ed ivi si fanno le canne d’archibuso.<br />

Questa Valle è logo separato dal distretto di Bressa, principia sopra la Quadra di Nave, migli 7<br />

sopra la città e finisse nella sommità del Monte Maniva a confino di Bagolin; è di lunghezza miglia<br />

25; nella maggior larghezza un quarto di miglio et dal meggio in su se non quanto capisse il fiume<br />

Mella, et la via contiene 19 comuni…. Si ritrovano in essa Valle anime n. 17.994 et avanti la<br />

guerra ultima arrivavano al n. 21.242. Vi sono Huomini di fattione al n. di 1.840, ma per la peste e<br />

la guerra che fu dell’anno 1578, sono diminuite.<br />

1588 – ISTITUZIONE DEL FONDACO<br />

P.B. Le fucine gardonesi. Gardone, 2005.<br />

Onde evitare il protrarsi delle difficili situazioni in cui veniva a trovarsi la maestranza gardonese in<br />

occasione del blocco delle richieste da parte di Venezia, a Brescia ed a Gardone vengono istituiti i<br />

Fondaci, organizzazioni commerciali che avrebbero dovuto porre rimedio alle congiunture più<br />

difficili. Con queste finalità Venezia elargì un ingente finanziamento di 30.000 ducati. Con questa<br />

somma i gestori dei fondaci avrebbero dovuto acquistare materiale grezzo da distribuire ai maestri<br />

artigiani in ugual misura. I maestri potevano così affrancarsi dalle forniture capestro dei mercanti<br />

ed iniziare la lavorazione senza che fossero praticate scelte discriminanti. Lavorato il ferro e<br />

trasformatolo in canne, avrebbero dovuto settimanalmente consegnare il prodotto finito al fondaco<br />

che l’avrebbe acquistato e pagato in contanti dopo aver detratto il costo della materia prima. Nel<br />

fondaco si sarebbero immagazzinate le canne in attesa delle richieste della Serenissima. La<br />

temporanea mancanza di ordini avrebbe dovuto essere tamponata dallo stoccaggio ed i maestri<br />

avrebbero dovuto ottenere una continuità materiale di lavoro e di risorse per vivere.<br />

Purtroppo però, come spesso accade, l’ingordigia di pochi ( i fondegari) che seppero approfittare in<br />

ogni modo della loro posizione e la connivenza con i mercanti che vedevano acquistate canne di<br />

scadente qualità prodotte nelle loro fucine a basso costo da manodopera incapace, resero vano<br />

anche questo tentativo voluto dall’Amministrazione veneta sensibile alle necessità dei maestri<br />

produttori.<br />

1610 - LO “SVIAMENTO” DEI MAESTRI <strong>GARDONE</strong>SI IN ALTRI STATI<br />

ASV. Senato, Dispaccio Rettori Brescia, Filza 20.


I governanti degli stati nazionali ed esteri, si resero ben presto conto che per avviare e gestire una<br />

fabbrica di canne era necessaria la presenza di un maestro gardonese e così le offerte per i nostri<br />

“esperti” divennero sempre più allettanti , sia per denaro che per condizioni di lavoro. Molti agenti<br />

di questi stati lavorarono più o meno in incognito con lusinghieri successi, alcuni però furono<br />

arrestati, infatti a Gardone nel 1610:<br />

“ … un fattor del S.r Steffano Spinola, che era venuto qui per sviar maestri, alcuni de quali<br />

avevano anco dato intenzione di andar seco ad un luoco chiamato Ronco sul Genovese, dove esso<br />

Spinola ha fatto fabricar una fucina da lavorar canne d’arcobugio… “<br />

1615 - UN PREMIO PER PAOLO CHINELLI<br />

Carte della famiglia Chinelli<br />

C. QUARENGHI , Tecno-cronografia delle armi da fuoco italiane, Napoli, 1881. ad annum.<br />

Da Cavalcaselle il Provveditore generale di Terra Ferma Antonio Lando decreta un premio di<br />

Ducati 5 al mese da lire 6.4 l’uno, principiando dal giorno 29 aprile per tutto il tempo di sua vita<br />

a PAOLO CHINELLI da Gardone per il secreto di un Moschetto assai più facile ed utile<br />

dell’ordinario perché essendo l’ordinario lungo onze 40 di peso lire sessanta e che si usa col<br />

cavalletto et con l’opera di più persone, questo è lungo onze venticinque solamente, di peso lire<br />

disdotto et viene maneggiato da un uomo solo con la forcina come li Moschetti, porta balla uguale<br />

e fa la medesima passata come l’ordinario.<br />

Il decreto emanato dal Lando, oltre a riconoscere l’importanza e l’utilità dell’invenzione gardonese<br />

e stabilire un adeguato compenso per l’inventore, ordina pure che chiunque azzarderà di<br />

fabbricare moschetti di tal invenzione sia punito di prigione, galera et altro dovendosene riservare<br />

solo al Chinelli la produzione.<br />

1617 – ALTRO MOSCHETTO ED ALTRO INVENTORE (MA SEMPRE <strong>GARDONE</strong>SE)<br />

ASB, Reg. Priv., n. 8, p. 178.<br />

Un nuovo tipo di moschetto da cavalletto, più maneggevole e più leggero di quelli utilizzati al<br />

tempo è ideato e costruito da un altro armaiolo gardonese PIETRO FRANZINI che riceverà<br />

privilegio per la sua invenzione. L’arma :<br />

che per le prove che si son fatte riuscì della med. Et maggior passata ancora degli ordinari<br />

Moschetti, quali pesano intorno la metà più di quello, onde vedendosi il profitto che si può cavar<br />

da quest’arma nell’uso di guerra per la facilità di maneggiarla è bene di promuovere quanto si può<br />

l’industria dell’artefice.<br />

1621 – LE CANNE LAZZARINE<br />

B. PISTOFILO, Oplomachia, Siena, 1621.<br />

“… Le canne lazzarine fabbricate a Gardone nel Bresciano fin’hora tutte le altre avanzano… “<br />

1626 - PAOLO CHINELLI ED I SUOI CANNONI<br />

M. MORIN – R. HELD, Beretta. La dinastia industriale più antica del mondo, Chiasso,<br />

Acquafresca, 1980.<br />

Nel 1626 Paolo Chinelli presenta ai Rettori tre cannoncini : due da un libbra e uno da quattro già<br />

collaudati a Gardone. I pezzi sono realizzati in ferro, quindi molto più leggeri di quelli in bronzo.<br />

Uno dei piccoli viene provato nel poligono del Castello di Brescia e con una carica da sei once il<br />

proiettile attraversa tredici “fili di tavola”, mentre un analogo pezzo in bronzo, caricato con tredici<br />

oncie ne trapassa quindici. In proporzione quindi il cannoncino del Chinelli dà risultati nettamente


superiori. Il pezzo viene inviato a Venezia, ma i tradizionali nemici del ferro, umidità e salsedine,<br />

ne sconsigliano l’uso per la Serenissima. Molti pezzi vennero però esportati, specialmente in<br />

Francia.<br />

1636 - “ LA MAESTRANZA DI <strong>GARDONE</strong>... A ME SEMPRE CARISSIMA “<br />

ASV, Senato, Dispacci dei Rettori, Brescia1636, Andrea Corner.<br />

Il nuovo Capitano Veneto Andrea Corner subentrato il 16 febbraio 1636 all’omonimo Francesco<br />

Corner, nella sua prima relazione al Doge tratta della maestranza gardonese:<br />

.... Non ho tralasciato d’informarmi della Maestranza di Gardone a me sempre carissima e della<br />

quale per il publico servitio farò di continuo sommo capitale et si come trovo che per i disordini<br />

che tuttavia regnano fra quelle genti non è più quel negotio nella floridezza ch’era gli anni addietro<br />

così desiderando io d’augumentarlo vivissima sarà la mia applicazione al suo solievo per ridurla in<br />

quiete se mai si potrà procurando di far venire quelli che vi fossero assentati per rimetter il<br />

negotio tanto importante al servitio di V. Ser/tà et intendendo che un tal Paolo Chinelli maestro di<br />

molto valore et di grandissimo ingegno si trova nel Milanese per eriger edificij ne quali è<br />

peritissimo... ho scritto al Residente in Milano che se ne informi particolarmente (e anche per altri<br />

della stessa professione) di farli ritornare...<br />

1639 - E IL RE DISSE: “TUTTE LE MIE <strong>ARMI</strong> NON VALGONO UNA DI QUESTE”…


Nell’Armeria Reale di Svezia è conservato un trittico di armi ( 2 pistole e 1 carabina) che vengono<br />

considerate dagli esperti tra le cento armi da fuoco più belle del mondo. La loro storia affonda le<br />

radici anche in terra gardonese. Siamo nel 1628. In seguito alla morte di Vincenzo II Gonzaga, e<br />

due sono i pretendenti alla successione: Carlo di Nevers Gonzaga, legato ad interessi francesi e<br />

veneziani e Francesco Gonzaga interessato a quelli spagnoli. La Spagna per conquistare terre ed<br />

influenza politica tenta le sorti militari, pone l’assedio a Casale Monferrato e Mantova che viene<br />

conquistata e devastata. La città viene però restituita al pretendente filofrancese che muore nel 1637<br />

lasciando erede il nipote Carlo. Il repentino abbandono, da parte dei legati francesi, della città<br />

mette in allarme il governo della Serenissima che teme avvenimenti indesiderati. L’ambasciatore<br />

veneto a Parigi è impegnato nel mantenere viva l’alleanza franco-veneziana ed in questo clima il<br />

Correr rende noto a Venezia il grande desiderio di re Luigi XIII di possedere un paio di pistole<br />

bresciane da cavallo autocaricanti. E’ immediatamente inviato l’ordine ai Rettori bresciani che<br />

venga affidata ai più bravi maestri del tempo la costruzione delle armi per il re.<br />

I Rettori rispondono che gli incarichi sono assegnati e che un loro inviato seguirà giornalmente il<br />

delicato lavoro.<br />

Il 27 aprile 1639 il Podestà di Brescia Civran avvisa le autorità lagunari che le armi, due pistole ed<br />

una carabina, sono state ultimate. Con corrieri e scorta speciale, previa una consistente<br />

assicurazione, le armi, poiché i passi montani sono chiusi, sono inviate via mare in Francia.<br />

Il 30 ottobre, in Lione, a Luigi XIII che conversa nella sua camera con i cavalieri della corte,<br />

l’ambasciatore veneto presenta il dono del Senato riposto in una mirabile custodia. Il re apre<br />

personalmente la cassetta e, senza permettere che altri le tocchino, esamina le armi tanto desiderate<br />

chiamando ad uno ad uno i suoi cavalieri affinché le ammirino. Pronuncia poi la famosa frase che<br />

ha dato origine al nostro dire : Tutte le mie duecento armi insieme non valgono una di queste ! Il re<br />

ordina poi che sulla sua carrozza personale e con la scorta della sua guardia le armi siano trasferite a<br />

Parigi.


Ma chi furono gli artefici di tanta bellezza ? Per l’accuratissimo lavoro vennero impiegati cinque<br />

maestri bresciani, i cui nomi sono assurti a fama mondiale :<br />

Giovanni Cavazzolo fabbricò le piastre a ruota,<br />

Giacinto Secardo realizzò le traforature ornamentali,<br />

Antonio Cosi ed il figlio Carlo le cesellarono,<br />

ed infine LAZARINO COMINAZZO fu l’artefice che con la sua opera rese eccelsa la qualità delle<br />

armi..<br />

E proprio il gardonese Lazarino domanda per le sue canne 180 ducati, somma ingente se rapportata<br />

ai 5 ducati che all’epoca costava una pistola militare, ma compenso giudicato dal Lazarino stesso<br />

proporzionato alla qualità del suo lavoro : “Che nesun altro mai fatto tal opera”. (P.B.)<br />

1641 – GIOVANNI ANTONIO BERETTA E IL SUO CANNONE A RETROCARICA<br />

M. MORIN – R. HELD, Beretta…cit.<br />

Nel 1641 Giovanni Antonio Beretta presenta al governo della Serenissima un cannone a retrocarica<br />

di sua invenzione che dovrebbe agevolare le procedure di fuoco dalla prua delle galee. Scrive che:<br />

… molti autori hanno inventato diversi modi per caricare detti pezzi per dietro, quali mai sono<br />

riusciti perché a tutti li fugge il fuoco per la culatta e non puol fare il suo conveniente tiro. Io,<br />

Serenissimo Principe, ho ritrovato il secretto vero et sicuro per caricarli per la culatta, la quale<br />

resterà come se fosse tutti di un pezzo, che non potrà fuggirli il fuoco e non haverà una minima<br />

esalatione, et il secretto glielo farò vedere in un pezzo di ferro da due libbre di balla, et si può<br />

assicurarsi che il detto secretto riuscirà in ogni gran bocca di cannone, dove che faranno lo stesso<br />

tiro e stessa passata come quelli ordinarij che si caricano per la bocca…<br />

Dopo lunga sperimentazione e prova, il Senato decide di realizzare un falcone da sei libbre a spesa<br />

pubblica anziché, com’era d’uso, a spese dell’inventore ed emise poi questa deliberazione:<br />

… Il fedel Giovanni Beretta da Gardon di Val Trompia, territorio bresciano, raccorda (propone)<br />

con sua supplicatione modo sicuro e facile con il quale potranno esser con la maggior celerità<br />

caricati pezzi d’artiglieria, particolarmente li falconi da sei (libbre) posti nel banco di prora sopra<br />

le galee, rappresentando non potersi questi ricaricare se non con grande incomodo e pericolo,<br />

sopra di che essendosi inteso le informazioni delli Provveditori alle Artiglierie, che stimano il suo<br />

raccordo di publico rilevante servizio… et avendo avuto le fedi della buona riuscita, sia poi<br />

concessi al sudetto Beretta per anni trenta 10 ducati al mese intieri…<br />

Onde evitare i danni “ del rugine” il cannone sarà “alligato con coperta di rame” . L’alligatura<br />

consisteva nell’applicare sul ferro un’amalgama di rame sciolto in mercurio seguito<br />

dall’evaporazione del mercurio a caldo. La tecnica era usata per la protezione di molti oggetti in<br />

ferro a bordo delle navi.<br />

1657 - SI PRODUCE POLVERE DA SPARO<br />

M. MORIN – R. HELD, Beretta…, cit.<br />

A testimonianza del tentativo di “diversificare” (pur restando nell’ambito) la produzione, i<br />

gardonesi si interessano alla produzione di munizioni. Nel 1657, infatti, viene appaltato a Francesco<br />

Ferraglio l’ incarico per la produzione di polvere da sparo con salnitro estero che lui stesso importa.<br />

1689 - I PRODUTTORI DI CANNE


M. MORIN – R. HELD, Beretta…, cit.<br />

P.B. Le fucine… cit.<br />

Una nota allegata ad un dispaccio del 1689 inviato a Venezia dai Rettori di Brescia fornisce dati<br />

sulla produzione di armi da guerra vendute dalle singole famiglie di produttori dal 1. luglio 1686 al .<br />

12 luglio 1689:<br />

Antonio Signorino 6.062 canne<br />

Gio. Antonio Rampinelli 5.440 canne<br />

Alessandro Francino 3.895 canne<br />

Pantaleone Belli 3.180 canne<br />

Giuseppe Bertarini 2.114 canne<br />

Fratelli Beretta 2.018 canne<br />

In questi anni i Signorino erano titolari di impianti siti nelle Fucine in Fondo alle Cornelle e in<br />

quella del Gramineto; i Rampinelli nelle Fucine del Nespolo, Fornace di Sopra, Longa, Di<br />

Manenti; i Franzini nelle Fucine Fornace di Sopra, Lazzaretto, Vecchia, Graminente, Vecchia, In<br />

Capo a Gardone ed i Bertarini nelle Fucine Tra le Seriole e Graminente. I Belli ed i Beretta, in<br />

questi anni, non erano titolari di impianti il che conferma la precipua caratteristica di commercianti<br />

svolta, almeno in questo periodo, dalle due famiglie.<br />

1706 – ADDETTI, MAESTRI ED ASSISTENTI<br />

D. MONTANARI ., Produzione d’armi da guerra... in Atlante Valtrumplino, Brescia, 1982.<br />

Nel 1706 la fabbricazione delle canne impiegava circa 400 addetti, escludendo le donne che<br />

numerose si prestavano per le operazioni di rifinitura. A questa cifra bisogna aggiungere anche<br />

coloro che erano addetti alla produzione ed al trasporto del carbone, oltre ai muratori, in<br />

permanenza occupati nella riparazione e riattamento delle officine. Il lavoro degli operai si svolgeva<br />

sotto la direzione di 32 capi maestri, coadiuvati da 64 assistenti e le maestranze erano raggruppate<br />

secondo la specializzazione.<br />

1715 – GUAI AI MAESTRI TRANSFUGHI<br />

ASV, Terminazione dell’Ecc.mo cap. di Brescia P. Girolamo Cappello concernente le maestranze<br />

delle canne d’archibugio da guerra… 12 maggio 1715.<br />

Noi Pietro Girolamo Cappello per la Ser.ma Repubblica di Venezia.. capit. di Brescia, e sua<br />

giursidiz. :<br />

“ Per togliere una volta il dannatissimo abuso, che rileviamo introdotto in Gardone nella Fabbrica<br />

di canne di vario genere, e ad uso di Guerra senza la cognizione de’ Sindici di quelle Maestranze, e<br />

ad oggetto di render universalmente in esse mantenuto il lavoro, senza che abbino con Pubblico<br />

pregiudizio a disperdersi in esteri Stati, inerendo a Decreti de’ Processori nostri.. particolarmente<br />

alla Terminazione… Daniele Dolfin… 19 luglio 1698 ordiniamo e comandiamo:<br />

Che non possa da chi si sia esser stabilito contratto con alcuno de’ particolari delle Maestranze<br />

medesime d’ogni, e qualunque forte di Canne da guerra, senza che prima passi sotto l’esame, e<br />

cognizione de’ Sindaci delle suddette Maestranze così (che qusti possano) distribuire con<br />

uguaglianza i lavori… E poiché si rende sempre più della pubblica importanza, che non sia dalle<br />

Valli Trompia, e Sabbia, e Canonica immaginabilmente distratto fuori dal Dominio alcun Artefice<br />

sì istruito di Canne … ne che venga ammesso alcun forestiero ad esercitarsi in tali Lavori, cosicché<br />

passando l’Arte in esteri Stati, ne derivi il grave danno a gente sì benemerita dalla dispersione<br />

della Fabbrica, e fia anco con publico discapito precluso l’esito della negoziazione, resterà<br />

risolutamente proibito a qualunque persona, che si esercita nei lavori delle canne… l’uscir per


cadaun motivo fuori di questo Sato, ne sotto qualsisia colore, o pretesto ammettere, o ricevere<br />

nelle proprie fucine alcuna persona straniera, somministrar ad essa alcun lume, et assistenza, ne<br />

permettere che venga appreso il lavoro sotto le pene corporali, ed afflittive, che meglio paressero<br />

alla Giustizia medesima …<br />

1724 - LE FAMIGLIE PROPRIETARIE DEI “FOGHI”<br />

ASV. Inquisitori di Stato. Dispacci dei Rettori. Brescia, busta 232<br />

Da una deposizione giurata rilasciata nel 1724 le fucine gardonesi e gli impianti a loro annessi<br />

erano, per famiglie, così suddivisi:<br />

FAMIGLIA FUCINE FOGHI<br />

MORETTI 2 4<br />

ZAMBONETTI 1 3<br />

PELLIZZARI 1 4<br />

BERETTA 1 3<br />

CHINELLI 2 5<br />

GASPARINI 1 2<br />

MUTTI 1 2<br />

ACQUISTI 1 2<br />

RAMPINELLI 2 4<br />

CHINELLI 1 2<br />

1748 - IL LAVORO <strong>GARDONE</strong>SE NELLA RELAZIONE DEL GRIMANI<br />

ASV, Inquisitori di Stato, Busta 20.<br />

La relazione di Girolamo Grimani “ savio di terra ferma” ( Segretario di Stato alla guerra) esprime<br />

chiaramente la penosa situazione creatasi a Gardone fra i mercanti ed i maestri produttori. La<br />

supremazia dei primi, contro cui hanno lottato anche altri magistrati veneti, danneggia, sino alla<br />

fame, lo stato economico dei maestri e produce materiali (canne) non più all’altezza della fama<br />

della Fabbrica Gardonese.<br />

“…. Ma prima di dare fine a questa riverente carta, crederei d’offendere mortalmente i riguardi di<br />

si grave materia, se ommettessi alcun cenno… sopra la disciplina delle Maestranze di Gardone…<br />

In questa terra situata nella Val Trompia abita un popolo per la più parte misero, che non trae<br />

alimento, se non dal lavoro delle Canne, ma fedele e valoroso in una Contrada di tanta importanza,<br />

perché membro di una Valle situata al Confine. Ne sentì i frutti nelle più ardue occasioni de soli<br />

addietro e ne rilevò il merito la Serenissima Repubblica assegnandogli sempre il lavoro delle<br />

Canne anche a fronte di contratti altrove stabiliti, et ordinando lavori senza presentaneo bisogno,<br />

ma per accarezzarlo e sostenerlo.<br />

Si divide in Maestranze superiori, et inferiori, cioè commode e povere. Le prime cercano sempre<br />

di soprafar le seconde, e l’Eccellentissimo Senato diede più volte protezione agli oppressi per<br />

motivo di carità, ma insieme di buon servizio della Fabbrica (fabbricazione) utilissima per varij<br />

rispetti. Quindi se tal volta non si ebbero da Gardone Canne perfette col nome delle Maestranze<br />

non è da imputarsi all’universale di quella Misera Popolazione, ma più tosto a pochi di più<br />

fortunati in quel Cielo, che disposero la materia a proprio talento”.<br />

“ Il modo è questo. Li Mercanti e Bollitori cercano di far lavorare le Canne da altri, che da veri<br />

Artisti descritti nelle tre Fraglie, e con prezzo minore impiegando i Villici e Coloni oziosi nella<br />

staggion d’Inverno. Quindi patiscono le Fraglie stesse, e passando per mani poco esperte patisce il<br />

lavoro


1766-1770 STATISTICA SULLE PROFESSIONI NELLE VALLI<br />

ASV, Anagrafi di tutto lo Stato della Serenissima Repubblica comandate dall’Ecc.mo Senato...<br />

Venezia 1768.<br />

Territori Negoziant<br />

i<br />

Artigian<br />

i<br />

Armaioli<br />

armifuoc<br />

o<br />

Fabbr.arm<br />

i bianche<br />

Carrettier<br />

i<br />

Cavallant<br />

i<br />

Lavoranti<br />

Campagn<br />

a<br />

Valcamonic<br />

a<br />

176 514 11 9 115 101 9.373<br />

Valsabbia 97 778 19 11 73 137 2.992<br />

Valtrompia 71 1.122 130 11 17 203 1.714<br />

Totale 344 2.414 160 31 205 441 14.079<br />

1780-84 – STATISTICA DEGLI IMPIANTI E <strong>DELLE</strong> STRUTTURE PRODUTTIVE<br />

ASB, Cancelleria prefettizia superiore, busta 46.<br />

Territori Fucine da fer- Fucine da Fucine da Fucine da Forni da ferro<br />

rarezza rame canne chioderia<br />

Valcamonica 97 2 0 13 8<br />

Valsabbia 41 0 0 5 4<br />

Valtrompia 33 0 10 16 6<br />

Totale 171 2 10 34 18<br />

1806 - EUGENIO DI BEAUHARNAIS VISITA LE FABBRICHE <strong>GARDONE</strong>SI<br />

AA. VV. Visitatori illustri in Antologia gardonese, Brescia, 1969.<br />

La presenza dell’antica fabbrica d’armi determinò, dopo quella dell’Arciduchessa d’Austria, la<br />

visita a Gardone di molte personalità politiche, di re e imperatori.<br />

Eugenio di Beahurnais fu vicerè d’Italia dal 1805 al 1814. Era figlio di Josephine Tascher de la<br />

Pagerie, prima moglie di Napoleone vedova di Alexandre Beahurnais deputato agli Stati generali e<br />

vittima del Terrore. In occasione del matrimonio venne adottato con la sorella Ortensia ( che poi<br />

sposando Luigi Bonaparte divenne regina d’Olanda) da Bonaparte. Giunto a Gardone,<br />

riconosciutane ed apprezzatane l’importanza, istituì in Brescia un arsenale con un distaccamento ,<br />

comandato dal capitano Nobili, con sede a Gardone.<br />

1811 – IL PARIS PRODUCE LE PRIME CANNE DAMASCATE<br />

M.COMINAZZI Cenni sulla Fabbrica d’armi di Gardone in Valtrompia. Brescia, 1843.<br />

Gio Battista Paris, dell’omonima impresa, introduce nella fabbricazione delle canne la tecnica della


damascatura che le rende più solide ed esteticamente ecceziona<br />

li<br />

1825 - LA PERFETTA DAMASCATURA<br />

C. QUARENGHI, Tecnocronografia…, cit.<br />

La ditta gardonese Crescenzio Paris rappresentata da Gio Battista Paris, viene premiata dall’ I.R.<br />

Istituto Veneto per la perfetta damascatura delle canne da fucile.<br />

1827 - LE <strong>ARMI</strong> FULMINANTI<br />

C. QUARENGHI, Tecnocronografia…, cit.<br />

Da un registro di conti della ditta gardonese Crescenzio Paris si rilevano notizie sulle armi da<br />

caccia fulminanti ossia coll’innesco a pallottolina di fulminato di mercurio. In data 27 luglio sono<br />

nnotate infatti le seguenti cessioni::<br />

Un para di canne fulminate al sig. Longareti di Urgnano (BG) per lire 2<br />

Un para azzalini fulminanti a Luigi Zanetti per lire 2<br />

Una canna a torchione per lire 6<br />

Una detta fulminante per lire 1<br />

1845 - LA SPINGARDA DEI FRANZINI<br />

P.BOLOGNINI – F. TROVATI, . Enciclopedia gardonese..., . cit.<br />

L’Ateneo di Brescia premia la ditta Franzini per aver fabbricato una magnifica spingarda di ferro<br />

damascato impreziosita dalle incisioni di Vincenzo Mutti.<br />

1860 - <strong>GARDONE</strong> CENTRO DI PRODUZIONE <strong>DELLE</strong> CANNE<br />

Giornale Militare, 1860.<br />

M. GUIZZETTI, La produzione armiera nell’economia valtrumplina tra il 1825 ed il 1875. Tesi di<br />

laurea, a.a. 1994-1995.<br />

Annessa la Lombardia, il nuovo governo si premura di dar maggior vigore all’industria delle armi<br />

riorganizzando la fabrica già esistente e concentrando a Gardone la fabbricazione delle canne.<br />

“… Saranno istituiti in Gardone appositi laboratori per le canne, i quali saranno considerati come<br />

succursali e alla dipendenza della Fabbrica di Brescia. Ivi sarà destinato un rappresentante del<br />

Direttore di Brescia, che sarà sotto la sua dipendenza e responsabilità. La Direzione cercherà due<br />

o tre officine da prendersi a pigione nel paese, ne converrà con i proprietari le locazioni, e farà<br />

pervenire i contratti al Ministero per l’approvazione… Gli operai fabbri dovranno provvedersi essi<br />

medesimi il carbone, e nel fabbricar canne si dovranno rotolare al meglio… al fine di evitare che<br />

nella transizione, venga a mancar lavoro, si manderanno a Gardone fucili di fanteria da riparare…


1892 - SI INAUGURA IL “BERSAI”<br />

P.BOLOGNINI – F. TROVATI, . Enciclopedia gardonese…cit.<br />

Le origini del “ Bersai” gardonese risalgono alla legge del 2 luglio 1882 che, promulgata su<br />

proposta di Giuseppe Garibaldi, istituiva in Italia il Tiro a Segno Nazionale allo scopo di preparare<br />

le nuove generazioni al servizio militare e di mantenere in addestramento gli effettivi dell’esercito<br />

e delle milizie. Il 13 settembre del 1883, a firma dell’allora sindaco Giuseppe Guerini, veniva<br />

affisso in Gardone un manifesto che invitava i cittadini ad iscriversi nei ruoli dei tiratori. Pochi<br />

mesi dopo, il 20 gennaio 1884, aveva luogo la prima riunione del sodalizio cui avevano aderito<br />

ottantadue soci sotto la presidenza del sindaco Guerini coadiuvato dai consiglieri avv. Giovanni<br />

Quistini, Giacomo Zanetti e dal garibaldino Giuseppe Peruchetti.<br />

Venne iniziata la costruzione del poligono ( che prenderà il nome di “Bersai” dalla dialettizzazione<br />

del termine “bersaglio”) in Valle di Gardone, sulla sinistra orografica del torrente Tronto.<br />

Nell’opera si impegnò l’impresa edile Foresti di Bisogne; assistita da Pietro Paolo Cotelli.<br />

L’imponente edificio


con le sue torri merlettate che lo rendevano del tutto simile ad un maniero medievale, fu progettato<br />

dall’ing. Camillo Arcangeli e costò complessivamente 17.585 lire.<br />

Il 25 settembre 1892 nella sala municipale di Gardone venne inaugurata la Società di Tiro a Segno,<br />

e al Bersai, che restò il poligono di tiro gardonese fino agli anni ’50 del secolo scorso, iniziarono le<br />

competizioni inaugurali che durarono cinque giorni con lo sparo di 14.326 proiettili di fucile ’91.<br />

Il primo colpo fu sparato dall’on. Zanardelli, padrino della cerimonia. Le gare assegnarono poi<br />

trentacinque premi, fra i quali, il primo, un vaso d’alabastro orientale con rifiniture in bronzo dorato<br />

era dono del re. Sessantacinque furono i tiratori che parteciparono ai vari concorsi ed il primo<br />

premio venne conquistato dalla squadra bresciana; il terzo da quella gardonese composta dall’avv.<br />

Giovanni Bianchi, da Giuseppe Mori e da Pietro Beretta.


Sigle usate nelle abbreviazioni:<br />

ASB Archivio di Stato di Brescia<br />

ASV Archivio di Stato di Venezia


L’ARSENALE DI <strong>GARDONE</strong> V.T.<br />

Nel 1806 durante la sua visita a Gardone e alle fabbriche d’armi del paese, Eugenio di Beahuarnais<br />

vicerè d’Italia, ammirata l’industriosità e la potenzialità produttiva delle aziende locali, istituiva<br />

con I.R.D. un “ Arsenale militare” a capo del quale venne posto un ufficiale.<br />

Nel 1845 esisteva già un vasto capannone e veniva distribuito il lavoro alle officine che operavano<br />

per l’Arsenale. Nello stesso fabbricato si procedeva al collaudo dei materiali.<br />

I lavori di sistemazione della struttura, vennero ultimati nel 1850 anche per le pressioni esercitate<br />

sul Governo dalla Commissione insediata con l’incarico di attuare i provvedimenti a favore degli<br />

alluvionati dall’inondazione del Mella dell’agosto 1850.<br />

Con l’annessione della Lombardia al Regno Sardo, l’Arsenale, con R.D. 18 agosto 1859 assume la<br />

denominazione di : “Fabbrica d’armi di Brescia”.<br />

Ebbe così inizio l’attività di uno dei più antichi stabilimenti militari, ricco di storia e caratterizzato<br />

dall’opera fattiva delle maestranze nelle vicende risorgimentali.<br />

L’attività ebbe immediato sviluppo dato che il Municipio offrì all’impresa garibaldina mille fucili e<br />

che a questa fornitura seguì un ordine di ventimila fucili da parte di Vittorio Emanuele II.<br />

Nel 1860, costituitosi l’Esercito italiano, la “ Fabbrica D’Armi di Brescia” venne inclusa<br />

nell’ordinamento dell’Artiglieria mantenendo il nome. Dal 1968 al 1970 le officine gardonesi<br />

concorrono alla trasformazione di ottocento mila fucili ad avancarica in fucili ad ago sistema<br />

Carcano. Nel 1871, dopo l’ampliamento dell’opificio, inizia la trasformazione di un milione di<br />

fucili Wetterly in Wetterly-Vitali 70-87. Nel 1892 prende l’avvio la fabbricazione della famose<br />

armi modello 91. Di questa serie i primi diecimila pezzi nascono a Gardone e verranno dati in<br />

dotazione alle truppe alpine. Dal 1898 al 1911 la “Fabbrica D’Armi” perde il suo carattere<br />

autonomo e, per effetto del R.D. 29-12-1910, viene aggregata come stabilimento sussidiario<br />

all’Arsenale di Terni e poi soppressa.<br />

Nel 1911, a seguito della situazione internazionale, viene deciso l’ampliamento della struttura<br />

produttiva e dai cento operai del 1911 si arriverà ai tremilasettecentonovanta del 1917. Imponente<br />

fu per l’Italia l’apporto dell’Arsenale gardonese alla soluzione del primo conflitto mondiale. I<br />

governi che si succedettero nel dopoguerra ignorarono del tutto gli stabilimenti militari fino al 1933,<br />

anno della totale riorganizzazione. La produzione si intensificò dal 1935 per la guerra italo-etiopica.<br />

Il secondo conflitto mondiale vide lo stabilimento modernamente attrezzato e con una produzione<br />

imponente. L’8 settembre 1943 l’Arsenale in piena produzione è requisito dalle truppe tedesche e<br />

consegnato alla O.M. . Dello stabilimento non rimarrà che un Ufficio Stralcio con scarso personale<br />

e funzioni di liquidatore. Terminate le vicende belliche, nonostante illusorie speranze, la O.M. tornò<br />

nella sua struttura cittadina ed all’abbandono seguì la cessione della parte moderna della struttura ad<br />

altre imprese.


IL BANCO NAZIONALE DI PROVA <strong>DELLE</strong> <strong>ARMI</strong> DA FUOCO<br />

PORTATILI<br />

I Banchi di prova delle armi da fuoco portatili sono organizzazioni nelle quali le armi vengono<br />

sottoposte a delle prove forzate che diano, se superate, l’assicurazione che i materiali impiegati<br />

nella loro costruzione e la qualità delle lavorazioni possano dare affidamento di resistenza<br />

nell’impiego normale.<br />

La prova delle armi costituisce quindi titolo di pregio e di garanzia per l’industria armiera<br />

nazionale.<br />

I più antichi Banchi di prova europei sono quelli di Liegi (1622), Londra (1637), S. Etienne (1741)<br />

ai quali, in ordine di tempo, seguì quello di Gardone che cessò però la propria attività con la caduta<br />

della Repubblica Veneta (1797).<br />

Nei primi anni del Novecento i migliori produttori italiani chiesero con insistenza l’istituzione di un<br />

Banco di prova e finalmente, con Decreto 13 gennaio 1910, si fondò il BANCO NAZIONALE DI<br />

PROVA <strong>DELLE</strong> <strong>ARMI</strong> DA FUOCO PORTATILI con sede a Brescia e con due laboratori: uno in<br />

città ed uno a Gardone V.T.. Numerosi intralci impedirono il funzionamento della nuova istituzione<br />

fino al 1 settembre 1920 quando venne aperta la sezione di Gardone V.T. cui seguì il 1 luglio 1921<br />

l’inaugurazione di quella di Brescia.<br />

Pur essendo la prova delle armi ancora facoltativa, in quello stesso anno vennero provate 34.802<br />

armi; nel 1932 – 41.644 e nel 1924 – 48.040. I produttori armieri andavano nel frattempo<br />

convincendosi della necessità della prova obbligatoria che fu sancita definitivamente con Decreto<br />

del 30 dicembre 1923. Dopo un periodo di adeguamento, la norma entrò in vigore il 9 febbraio<br />

1925. Il 17 maggio 1930 cessò l’attività la sezione di Brescia e quella di Gardone assunse<br />

maggiore importanza fino all’istituzione, con Decreto del 23 febbraio 1960, di un unico Banco<br />

Nazionale con sede in Gardone, cui viene dato un preciso regolamento con il D.P.R. del 28 ottobre<br />

1964.<br />

Il Banco gardonese trovò la sua prima localizzazione in due edifici sulla destra orografica del Mella<br />

e nel 1951 venne trasferito in località “Cornelle”, in un ex dormitorio per operaie della ditta Beretta.<br />

Le continue modernizzazioni e l’adozione delle più sofisticate tecnologie, unite alle notevoli<br />

capacità della dirigenza e delle maestranze, hanno fatto sì che oggi il Banco gardonese possa<br />

essere considerato il più importante del mondo.


OSPITI ILLUSTRI IN TERRA DI <strong>GARDONE</strong><br />

La presenza a Gardone di un’attiva e rinomatissima produzione armiera condusse nel<br />

centro trumplino, per un secolo, principi, imperatori e personalità politiche desiderosi<br />

di visitare personalmente gli opifici e di avere dirette informazioni sulle invidiate<br />

tecnologie produttive.<br />

In ordine cronologico le cronache del tempo ricordano la visita di:<br />

1781 MARIA AMALIA ARCIDUCHESSA DI PARMA<br />

moglie di Ferdinando di Borbone duca di Parma, sorella degli imperatori<br />

Giuseppe II e Leopoldo II d’Austria<br />

1806 EUGENIO DI BEAUHARNAIS VICERE’ D’ITALIA<br />

istituisce un Arsenale a Brescia con un distaccamento a Gardone<br />

1816 FRANCESCO I IMPERATORE D’AUSTRIA<br />

accompagnato nella sua visita dal PRINCIPE DI METTERNICH<br />

1818 ARCIDUCA RANIERI VICERE’ DEL LOMBARDO VENETO<br />

accompagnato dalla moglie MARIA ELISABETTA<br />

1820 FERDINANDO III GRANDUCA DI TOSCANA<br />

1823 Nuova visita dell’ARCIDUCA RANIERI<br />

1824 LEOPOLDO II GRANDUCA DI TOSCANA<br />

1825 ARCIDUCA FRANCESCO CARLO D’ASBURGO<br />

accompagnato dal suocero MASSIMILIANO RE DI BAVIERA<br />

1834 ARCIDUCA GIOVANNI D’ASBURGO<br />

1838 ARCIDUCA LUIGI D’ASBURGO<br />

1842 ARCIDUCA STEFANO D’ASBURGO<br />

1890 S.M. UMBERTO I RE D’ITALIA<br />

accompagnato dal PRINCIPE DI NAPOLI e dal Ministro di Stato


GIUSEPPE ZANARDELLI


Guida alla mostra


LA VILLA MUTTI BERNARDELLI<br />

SEDE DEL <strong>MUSEO</strong> <strong>DELLE</strong> <strong>ARMI</strong> E <strong>DELLA</strong> <strong>TRADIZIONE</strong> <strong>ARMI</strong>ERA IN<br />

<strong>GARDONE</strong> V.T.<br />

Il Museo è ospitato con la Biblioteca in un edificio già proprietà della famiglia Mutti-<br />

Bernardelli acquisito da alcuni anni dal Comune di Gardone Valtrompia.<br />

La villa si sviluppa su una superficie di duemilacinquecento metri quadrati e<br />

comprende ambienti che spaziano dal XV al XVIII secolo.<br />

Il corpo centrale della costruzione è caratterizzato da un portico colonnato con archi<br />

ribassati tipico delle coeve abitazioni signorili seicentesche ancor esistenti in<br />

Gardone.<br />

Particolarmente interessanti sono alcuni locali del piano terra: un’ampia sala con<br />

camino in pietra, datato 1749 e fregiato dallo stemma dei Mutti; un salone attiguo di<br />

impostazione quattrocentesca con volta scandita a vele, sotto le quali sono sistemati<br />

alcuni lunettoni dipinti su tela da Giuseppe Mozzoni; un salotto con soffitto a<br />

cassettoni sul quale compaiono i segni zodiacali accompagnati dallo stemma della<br />

Valle Trompia.<br />

Da questo, che è detto il salottino rosso, per un ingresso che si apre sulla parete<br />

sinistra si accede all’ex cappella privata della villa. Sulla parete destra del piccolo<br />

oratorio, dove probabilmente era eretto l’altare con il trabernacolo, visibile una bella<br />

scultura in bassorilievo assegnabile al XVI secolo. Raffigurante una Madonna in<br />

trono con Bambino. Sotto questa scultura, in un tondo scolpito ancora in bassorilievo<br />

si ammira il busto di un prelato, probabilmente un discendente degli antichi<br />

proprietari della villa.<br />

Nel corpo di fabbrica attiguo si trova un’ampia sala, con copertura a volto ed<br />

interessanti decorazioni.<br />

Al piano superiore, quella che doveva essere un’unica grande sala è stata suddivisa<br />

in diversi ambienti. Sotto i soffitti settecenteschi sono state rinvenute travi e mensole<br />

in legno intagliate.<br />

Di rilievo sono anche alcuni motivi decorativi che si vedono nel portico di accesso al<br />

parco ( ora giardino pubblico comunale) che delimita anche un locale un tempo<br />

adibito a stalla, che conserva alcuni arredi in ferro e pietra di notevole interesse.<br />

Degni di nota sono anche la fontana del cortile – alimentata da una cisterna<br />

sotterranea – ed il pozzo celato dietro la finta parete in una delle stanze al piano<br />

terreno.


“ La prima et principal mercantia della città di Brescia è la ferrarezza et l’arte delle armi, come<br />

spade e corsaletti… “<br />

A Brescia l’arte del fabbricare armi ed armature fu una delle principali, forse la più importante,<br />

tra le attività economiche fin dai tempi remoti.<br />

La città è infatti collocata allo sbocco di tre Valli: Val Camonica, Val Trompia e Val Sabbia. Di<br />

queste le prime due abbondano di giacimenti di ferro, il minerale necessario per la produzione<br />

delle canne.<br />

Dal 1426 anche Brescia e la Val Trompia entrano a far parte dei territori della Serenissima ed i<br />

gardonesi in particolare, contribuiscono al successo delle armate venete impegnate contro i<br />

Visconti, derivandone numerosi benefici consistenti in esenzioni fiscali ed ampi privilegi sul<br />

commercio delle ferrarezze. Il settore armiero si affermò particolarmente nel secolo XVI anche<br />

se non fu sempre facile conciliare gli interessi della politica estera veneta con quelli dei maestri<br />

trumplini.<br />

VETRINA N. 1<br />

Nel ‘400 l’armatura, evoluzione delle corazze che già nella seconda metà del Trecento<br />

rivestivano interamente il guerriero, raggiunge un equilibrio pratico-funzionale difficilmente<br />

eguagliabile. La sobrietà di linee e la perfezione plastica rispecchiano appieno la nostra<br />

mentalità rinascimentale. Verso la fine del secolo si produssero armature “alla tedesca” non<br />

solo per il gusto d’oltralpe, ma anche legate ad una nuova concezione ed ad un nuovo utilizzo<br />

guerresco delle fanterie che si perfezionò nelle Guerre d’Italia.<br />

Per tutto il XVI secolo convivono produzioni di armature completamente lisce, sbalzate o<br />

decorate, che si adeguano ad usi e costumi del committente. Nascono guarniture con infinite<br />

soluzioni di pezzi intercambiabili, a seconda dell’impiego richiesto, ormai non esclusivamente<br />

da guerra , ma prodotte anche solo per soddisfare le varie forme di giochi guerreschi quali<br />

giostre e tornei, seguendo poi, nelle varie linee, l’evoluzione della moda legata al costume<br />

civile.<br />

1/V1 - BACINETTO<br />

Italia settentrionale; 1400 ca.<br />

Copricapo di ferro in uso, nelle sue varie<br />

evoluzioni, dalla fine del XII sec. alla prima<br />

metà del XVI.<br />

Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

2/V1 - PETTO<br />

Italia settentrionale; XV sec.<br />

Parte dell’armatura a protezione della parte<br />

anteriore del torso.<br />

Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

3/V1 - CELATA<br />

Italia settentrionale; XV sec.<br />

Armatura del capo che scende fino agli occhi,<br />

fornita di gronda spiovente.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

4/V1 - CELATA<br />

Italia settentrionale; XV sec.<br />

Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

5/V1 - ARMATURA INCOMPLETA<br />

Italia settentrionale; 1500/1510.<br />

Resti di armatura da piede o da cavallo<br />

leggero.


Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

6/ V1 - ARMATURA INCOMPLETA AD<br />

ANIMA<br />

Italia settentrionale; XVII sec.<br />

Resti di armatura a lame articolate del tipo<br />

detto “alla ungara”<br />

Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

7/ V1 - BORGOGNOTTA<br />

Italia settentrionale; XVI sec.<br />

Elmo leggero, con tesa e gronda, per<br />

armatura da cavallo.<br />

Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

8/ V1 - ELMETTO DA CAVALLO<br />

Italia settentrionale; 1550/1560.<br />

Particolare forma di elmo, chiuso ed<br />

interamente protettivo del capo.<br />

Provenienza : Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

9 / V1 - PETTO<br />

Italia settentrionale; 1560 ca.<br />

Provenienza : Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

10 / V1 - PETTO<br />

Italia settentrionale; XVI sec.<br />

Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

11 / V1 - ARMATURA INCOMPLETA<br />

Lombardia-Brescia; XVI sec.<br />

Caratteristico esempio della serie di armature<br />

dette “da guardia papale” ritenuta di<br />

produzione “sicuramente bresciana”.<br />

Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

12 / V1 - MORIONE AGUZZO<br />

Italia settentrionale – Brescia ? XVI sec.<br />

Particolare tipo di elmo destinato alla<br />

fanteria o a gruppi di armati a piedi.<br />

Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

13/ V1 - MORIONE TONDO<br />

Italia settentrionale – XVI sec.<br />

Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />

Roma.<br />

14/ VI - PETTO<br />

Lombardia, Brescia – XVII sec.<br />

Provenienza: Collezione privata.


VETRINA 2<br />

Le armi in asta sono armi bianche montate su un’asta della lunghezza di circa due metri,<br />

realizzate nello loro varie tipologie con l’intento di poter colpire il nemico ad una certa<br />

distanza, mantenendo sempre il controllo dell’arma. Si ispirarono originariamente a modelli<br />

molto antichi (lancia, spiedo, tridente ecc…), ma nel Medioevo divennero espressione della<br />

grande rivoluzione che si realizzò col passaggio dal predominio della cavalleria a quello<br />

della fanteria. Negli scontri campali gli uomini dei liberi comuni si presentarono al<br />

combattimento armati dei loro attrezzi di lavoro, trasformati in armi come è testimoniato dal<br />

roncone o dalla falce fenaria che in ambito bresciano-lombardo assurgono a simbolo di<br />

questa esperienza. Lo stesso significato ha, per le fanterie svizzere e tedesche, l’ alabarda, il<br />

cui utilizzo si diffonderà poi in tutta Europa.<br />

Nei secoli XV e XVI e fino all’inizio del XVII Brescia e le sue Chiusure contavano un gran<br />

numero di botteghe ci armaroli. Ogni bottega si specializzava nelle confezioni di parti<br />

d’armatura: elmi, pettorali, bracciali, guanti, fornendo lavori di altissima qualità,<br />

assemblabili poi con pezzi prodotti da altre botteghe. Per soddisfare grandi commesse si<br />

instauravano collaborazioni tra le diverse botteghe ed i vari maestri.<br />

86/ V2 - SPIEDO<br />

Nord Italia; XVI sec.<br />

Arma in asta con ferro triangolare e gorbia<br />

faccettata.<br />

Provenienza: Collezione privata.<br />

87/ V2 - RONCONE<br />

Nord Italia; fine XV sec.<br />

Tipica arma in asta legata al territorio<br />

bresciano.<br />

Provenienza: Collezione privata.<br />

88/ V2 - CORSESCA “DETTA A<br />

PIPISTRELLO “<br />

Nord Italia; XVI sec.<br />

Arma in asta con il ferro formato da una<br />

cuspide a quadrello, con due lame corte<br />

laterali ricurve verso il basso.<br />

Prov. : Museo di Palazzo Venezia - Roma.<br />

89/ V2 - CORSESCA AD UNGHIE<br />

Nord Italia ; XVII sec.<br />

Provenienza: Collezione privata.<br />

90/ V2 - BRANDISTOCCO<br />

Nord Italia; XVI sec.<br />

Arma con ferro a tre lame, di cui quella<br />

centrale più lunga e le ali più corte rivolte<br />

verso l’alto.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

91/ V2 - SCURE D’ARME DA FANTE<br />

Nord Italia; XVI sec.<br />

Superbo esemplare di arma da fante con lama<br />

a mezzaluna e forte becco.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia - Roma.<br />

111/ V2 – BASTONE ANIMATO O<br />

BUTTAFUORI DA PELLEGRINO<br />

Lombardia; XVII sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

92/ V2 – FORCA<br />

Bologna ? XVI sec.<br />

Arma in asta a due rebbi.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia - Roma<br />

93/ V2 – TRIDENTE<br />

Nord Italia; XVI-XVII sec.<br />

Forcone a tre rebbi con gorbia a tronco di<br />

piramide.<br />

Prov.: Collezione privata.


94/ V2 - ALABARDA<br />

Svizzera; XVI sec.<br />

Arma in asta da punta, taglio e frattura.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

95/ V2 - ALABARDA<br />

Nord Italia; XVI sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

96/ V2 - ALABARDA<br />

Nord Italia; XVII sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

97/ V2 - COPPIA DI ALABARDE<br />

Nord Italia; XVI sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

98/ V2 - ALABARDA<br />

Nord Italia; XVII sec.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />

Armiera Gardone V.T.<br />

99/ V2 - FALCIONE ARCAICO<br />

Nord Italia o Germania; XV sec.<br />

Arma che nella sua semplicità ricorda le<br />

antiche “falci senarie inastate” usate dalle<br />

fanterie comunali lombarde.<br />

Prov.: Collezione privata .<br />

100/ V2 - FALCIONE<br />

Nord Italia; fine XVI - inizi XVII sec.<br />

Il marchio punzonato sulla lama ricorda la<br />

famiglia Ottoboni di Brescia.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

102/ V2 - QUADRELLONE DA BRECCIA<br />

Italia; XVI sec.<br />

Arma utilizzata per creare brecce nelle difese<br />

lignee delle fortificazioni campali.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

101/ V2 - SPIEDO DA CACCIA<br />

Nord Italia; XVI sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

110/ V2 - MORGHENSTERN<br />

Italia o Svizzera; XVII sec.<br />

Arma di semplice costruzione, protagonista<br />

di epici scontri nelle guerre d’indipendenza<br />

dei comuni svizzeri.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

104/V2 - ALIGHIERO<br />

Italia; XVI sec.<br />

Attrezzo ed arma marinara utilizzato anche<br />

per agganciare le murate delle navi<br />

avversarie.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

103/ V2 - PARTIGIANA<br />

Italia o Francia; XVII sec.<br />

Arma composta da una larga lama a due tagli<br />

con alla base alette d’arresto.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

99/ V2 - FALCIONE ARCAICO<br />

Nord Italia o Germania; XV sec.<br />

Arma che nella sua semplicità ricorda le<br />

antiche “falci fenarie inastate” usate dalle<br />

fanterie comunali lombarde.<br />

Prov.: Collezione privata .


LA PRODUZIONE DI <strong>ARMI</strong> BIANCHE NEL BRESCIANO<br />

Il ferro necessario alla fabbricazione di armi bianche veniva cavato nelle miniere della<br />

Valtrompia e della bergamasca Valle di Scalve. Il materiale grezzo subiva poi un processo di<br />

raffinazione e di fusione nei forni e veniva quindi preparato per le successive lavorazioni. Nel<br />

caso specifico delle lame per far le spade, veniva utilizzatoli minerale cavato a Collio che era poi<br />

fuso nel forno di Bagolino e portato a Nave e Caino.<br />

Altro ferro delle miniere della Valtrompia serviva per far guardie e pomi di spada nei paesi dove<br />

la specializzazione aveva creato apposite fucine: tra gli altri Inzino, Lumezzane e Gardone, dove<br />

i fornimenti venivano forgiati e sgrossati prima di essere condotti a Brescia per la finitura ed il<br />

montaggio.<br />

VETRINA N.3<br />

21/ V3 – GRANDE SPADA<br />

“ALL’ANTICA”<br />

Brescia e Caino; XVII sec.<br />

Spada con lama attribuita al maestro Matthia<br />

Meneghetti attivo a Caino.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

20/ V3 – SPADONE A DUE MANI<br />

Svizzera o Germania; XVI sec.<br />

Arma utilizzata per la difesa delle posizioni o<br />

per frangere i muri di picche.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

17/ V3 - SCHIAVONESCA<br />

Nord Italia; XV sec.<br />

Spada utilizzabile sia nei combattimenti da<br />

terra che a cavallo.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

58/ V3 - SPADA DA ABITO DA CACCIA<br />

Europa; XVII sec.<br />

Solitamente appartenenti alla tipologia dei<br />

“palosci” , queste spade vennero usate per la<br />

caccia ed in battaglia.<br />

Prv.: Collezione privata.<br />

30/ V3 – SPADA DA CAVALLO<br />

Europa centro settentr. XVII sec.<br />

Spada da cavalo a lama larga.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

36/ V3 – SPADA A TAZZA DA GUERRA<br />

Spagna o domini spagnoli; XVII sec.<br />

Spada da guerra che segue la moda civile e<br />

richiama il gusto del tempo.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

37/V3 - SPADA DA GUERRA DETTA<br />

“A BOCA DE CABALLO”<br />

Spagna o domini spagnoli; fine XVII inizi<br />

XVIII sec.<br />

Tipica arma da guerra dell’esercito spagnolo,<br />

usata anche in Piemonte.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

58/V3 – SPADA DA ABITO DA CACCIA<br />

Europa; XVII sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

15/V3 - SPADA A DUE MANI<br />

Italia; fine XV inizi XVI sec.<br />

Prov.: Collezione privata.


19/V3 - SPADA A DUE MANI DA<br />

CACCIA<br />

Germania; XVI sec.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

15/ V3 SPADA A DUE MANI<br />

Italia; fine del XV – inizi del XVI sec.<br />

Così definita perché date le misure ed il peso<br />

deve essere impugnata con entrambe le mani.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia- Roma.<br />

19/ V3 SPADA A DUE MANI DA<br />

CACCIA<br />

Germania; XV sec.<br />

Arma usata per la caccia all’orso e al<br />

cinghiale.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia, Roma.<br />

16/ V3 – SPADA A DUE MANI<br />

Italia: fine XV – inizi XVI sec.<br />

Spada da guerra di probabile origine<br />

altoatesina.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

43/V3 - SPADA DA FANTE “A<br />

GRANCHIO”<br />

Brescia; XVII sec.<br />

Spada con guardia a due bracci, con archetti<br />

ricurvi rientranti verso il basso.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

44/V3 – SPADA DA FANTE “ A<br />

GRANCHIO”<br />

Brescia; XVII sec.<br />

Lama prodotta dai “De Fada” di Nave.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

42/V3 - SPADA DA FANTE “A<br />

GRANCHIO”<br />

Brescia; XVII sec.<br />

Lama prodotta dall’officina Scanzi di Caino.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

39/V3 - SPADA DA LATO O<br />

COSTOLIERE<br />

Brescia; 1520-1530.<br />

Prototipo per le armi dalla guardia<br />

complessa ( schiavone, strisce, ecc…)<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

16/V3 - SPADA A DUE MANI<br />

Italia o Germania; XV sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

45/V3 - SPADA DA FANTE<br />

Brescia; fine XVI inizi XVII sec.<br />

Arma che riveste interesse nella sua tipologia.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

41/V3 - SPADA DA FANTE<br />

Domini veneti; XVI sec.<br />

Arma identificata come “ schiavona o il<br />

lirica”.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

47/V3 - SCHIAVONA<br />

Veneto; fine XVI inizi XVII sec.<br />

Arma propria della cavalleria veneta, poi<br />

esportata in altre nazioni.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

51/V3 - SCHIAVONA<br />

Veneto; 1620-1650.<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

50/V3 – SCHIAVONA<br />

Veneto (?); 1650 ca.<br />

Con fornimento in argento massiccio.<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

49/ V3 – SCHIAVONA<br />

Nord Italia; XVIII sec.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

48/V3 - SCHIAVONA<br />

Veneto e domini; XVII sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

46/ V3 – SPADA CORTA DA FANTE<br />

“ALLA SCHIAVONA”<br />

Nord Italia; XVI sec.<br />

Arma usata per l’utilizzo su imbarcazione.<br />

Prov.: Collezione privata.


54/V3 – STORTA O COLTELLA DA<br />

GUERRA<br />

Brescia; fine XVI- inizi XVII sec.<br />

Lama larga con yelaman marcato.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

52/V3 –STORTA O COLTELLA DA<br />

GUERRA<br />

Brescia; 1620-1630.<br />

Arma ad un solo filo, tagliente curvo e con<br />

marca “Caino”.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

53/V3 – STORTA O COLTELLA DA<br />

GUERRA<br />

Brescia; fine XVI – inizi XVII sec.<br />

Arma attribuibile a Callisto Desenzani, attivo<br />

a Caino.<br />

Prtov.: Collezione privata.<br />

57/ V3 - HANGER (Storta)<br />

Inghilterra, prima metà del XVII sec.<br />

Lama curva ad un filo e breve tagliente al filo<br />

falso.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

59/ V3 – COLTELLA<br />

Belluno; XVII sec.<br />

Corta lama storta a breve filo falso.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

56/ V3 – COLTELLA<br />

Nord Italia; fine XVI – inizi XVII sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

55/ V3 – STORTA O COLTELLA DA<br />

GUERRA<br />

Brescia, 1620-1630.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

28/ V3 - STOCCO COMBINATO A<br />

MARTELLO D’ARME<br />

Italia o Germania: XVII sec.<br />

Arma utilizzabile come stocco da cavallo o<br />

martello d’arme da piede.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

25 /V3 - CINQUEDEA<br />

Emilia; XVI sec.<br />

Arma italiana derivata da antiche tipologie,<br />

con incisioni che si ispirano agli splendori<br />

classici.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia - Roma.<br />

27 – SPADA DA LATO<br />

Italia o Germania: XVII sec.<br />

Splendida spada da lato con lama fabbricata<br />

a Caino.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

24/V3 - CINQUEDEA<br />

Emilia; XVI sec.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

26/V3 - SPADA DA LATO<br />

Brescia e Gromo; XVI sec.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

23/ V3 – STOCCO<br />

Nord Italia; XVI sec.<br />

Robusta arma dalla lunga lama, atta a<br />

colpire specialmente di punta.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

22/V3 - STOCCO<br />

Italia; XVI sec.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

38/V3 - SPADA DA FANTE<br />

Germania; XV sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

40/V3 – SPADA DA FANTE<br />

Domini veneti; XVI sec.<br />

Prov.: Collezione privata.


GIOSTRE E TORNEI<br />

Fino a quando le guerre si combatterono<br />

con spade e scudi e lance il duello rimase a<br />

lungo quello di stampo longobardo, molto<br />

spesso praticato anche con scudi e mazze di<br />

legno, simulacri della spada.<br />

Il gesto, nel duello, era quello praticato in<br />

guerra e il duello stesso serviva per<br />

preparare alla battaglia oltre che per gestire<br />

le tensioni sociali.<br />

Così era anche per i giochi guerreschi tra<br />

singoli e di gruppo: giostre tornei e<br />

battagliole che inizialmente preparavano<br />

intere città allo scontro armato e che solo<br />

più tardi divennero veri e propri giochi e<br />

svaghi.<br />

VETRINA N. 4<br />

107/ V4 - CORONCINA DA GIOSTRA<br />

CORTESE<br />

Europa; XV-XVI sec.<br />

Punta di lancia utilizzata, nelle giostre<br />

cortesi, per evitare che l’impatto dell’arma<br />

divenisse penetrazione.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

108/V4 – SCHIFALANCIA<br />

Italia settentrionale; XVI sec.<br />

Protezione della mano, a forma di imbuto,<br />

applicata alla lancia.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

82/ V4 - MAZZA<br />

Europa dell’Est; XVII sec.<br />

Arma balcanica usata a cavallo ed anche da<br />

uomini appiedati.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

83/V4 - MAZZA FERRATA<br />

Europa centrale; XVII sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

84/V4 - MARTELLO DA UOMO<br />

D’ARME<br />

Ungheria; XVII sec.<br />

Arma della cavalleria utilizzata nei<br />

combattimenti ravvicinati.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

115/ V4 - COLLEZIONE DI POMI<br />

Pomi di diverse epoche e per diverse tipologie<br />

di spade. Gardone fu uno dei tre centri<br />

bresciani in cui si espresse l’arte della<br />

creazione di fornimenti per le spade.<br />

Prov.: Collezione privata.


BRAVERIA E LAME<br />

CINQUECENTESCHE<br />

Il duello “per punto d’onore” è stato una<br />

tappa saliente dell’evoluzione dell’arma<br />

bianca e dell’arte della scherma, ma anche<br />

un momento storico e sociale di notevole<br />

interesse per il territorio bresciano: infatti<br />

qui si produsse buona parte delle cosiddette<br />

lame lunghe, destinate alla “religione<br />

dell’onore”. Brescia e Bergamo generarono<br />

inoltre anche una buona parte<br />

delle schiere di bravi attive sul nostro e sui<br />

territori vicini. Non solo il campo di<br />

battaglia dettò le regole della nuova scherma<br />

seicentesca, ma una nuova branca della<br />

marzialità riunirà il concetto di bravura con<br />

le armi a quello dell’onore: il duello.<br />

VETRINA N.5<br />

79/ V5 - COLTELLO A SERRAMANICO<br />

DA DUELLO O NAVAJA<br />

Spagna; XIX sec.<br />

Arma utilizzata nei duelli della braveria.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

80/ V5 – DAGA “MANO SINISTRA” DA<br />

ALLENAMENTO<br />

Italia; XIX sec.<br />

Arma per le scuole di spada e pugnale.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

77/ V5 - PUGNALE<br />

Spagna; XVII-XVIII sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

74/ V5 - DAGA O “MANO SINISTRA”<br />

Europa; XVI-XVII sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

76/ V5 – MISERICORDIA O STILETTO<br />

Brescia; 1650 ca.<br />

Pugnale che prende il nome dal gesto di pietà<br />

che, in battaglia, terminava la sofferenza dei<br />

feriti.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

78/ V5 – STILETTO O “MANO<br />

SINISTRA”<br />

Nord Italia; XVII sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

34/ V5 - SPADA DA LATO<br />

Germania ed Italia; 1600 ca.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

35/ V5 – STRISCIA “A VALVE”<br />

Caino e Brescia; XVI sec.<br />

Spada da duello con lama di Caino e<br />

fornimento bresciano.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

33/ V5 - SPADA A TAZZA<br />

Gromo-Brescia; XVI sec.<br />

Ottimo esempio di spada da duello prodotto<br />

dagli spadai Scacchi di Gromo.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

29/ V5 – STRISCIA “A VALVE”<br />

Brescia; XVII sec.<br />

Arma da considerare una striscia per la<br />

lunghezza della lama<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

32/ V5 – STRISCIA DA DUELLO<br />

Italia o Germania; fine XVI – inizi XVII sec.<br />

Arma di uso civile e da duello.<br />

Prov.: Collezione privata.


18/ SPADA A DUE MANI DA SALA<br />

D’ARME<br />

Germania; XVI sec.<br />

Spada tedesca, di notevole fattura, per scuole<br />

d’armi.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

73/ V5 - DAGA “MANO SINISTRA” A<br />

VELA CON LAMA A SESTE<br />

Brescia; XVII sec.<br />

Arma che, con l’apertura delle seste,<br />

consentiva l’immobilizzo della lama<br />

avversaria.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

63/ V5 – SPADA O “SPADINO”<br />

Spagna; XVIII sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

61/ V5 - SPADA DETTA “SPADINO”<br />

Brescia e Caino; 1650 ca.<br />

L’arma che in città e alle feste accompagna i<br />

nobili.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

60/ V5 - SPADA DA “ABITO CIVILE O<br />

DA CITTA’ “<br />

Brescia; XVI sec .<br />

Arma prototipo di quelle che poi verranno<br />

chiamate “spadini”.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

62/ V5 – SPADA DA BAMBINO<br />

Francia; fine XVII – inizi XVIII sec.<br />

In tutto simile alle armi da adulto, ma di<br />

dimensioni proporzionalmente ridotte.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

31/ V5 - SPADA DA ALLENAMENTO<br />

Europa; XVII sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

75/ V5 - STILO SAGOMATO<br />

Seconda metà XVII sec.<br />

Attrezzo utilizzato dai bombardieri per<br />

misurare il diametro delle palle o il diametro<br />

delle bocche da fuoco .<br />

Prov.: Collezione privata.


VETRINA N. 6<br />

116/ V6 - BALESTRA DA CACCIA<br />

Germania; XVI sec.<br />

Arma da corda manesca con teniere. Fusto in<br />

legno impiallacciato in corno, arco in corno e<br />

corda in materiale organico.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.


I SISTEMI DI ACCENSIONE (1)<br />

LA PIASTRA A MICCIA (<br />

SERPENTINO)<br />

Fino a quando il tiratore fu costretto a<br />

reggere l’arma con una sola mano ed<br />

usare l’altra per avviare l’accensione,<br />

l’efficacia delle bombarde manesche fu<br />

molto ridotta. Il primo miglioramento<br />

fu l’ideazione di un semplicissimo<br />

congegno realizzato nei primissimi<br />

anni del ‘400 che consentì l’impiego<br />

delle due mani per reggere e puntare<br />

l’arma.<br />

Si trattò all’inizio di un braccio di ferro<br />

modellato ad S imperniato sul lato<br />

destro della cassa. L’estremità<br />

superiore terminava con un morsetto in<br />

cui si fissava una miccia.<br />

Tirando l’estremità inferiore si<br />

provocava la rotazione del pezzo, si<br />

portava la miccia ardente a contatto con<br />

la polvere d’innesco contenuta nel<br />

bacinetto e si avviava l’accensione.<br />

Da questo primo semplice congegno si<br />

passò in breve tempo ad altri sistemi<br />

più complessi : la serpe a leva, a<br />

scatto , a stanghetta, che a loro volta<br />

subirono numerose evoluzioni.<br />

L’arma lunga a miccia ebbe un<br />

notevole successo in campo militare<br />

per le sue caratteristiche di<br />

economicità, funzionalità e di facile<br />

manutenzione.


I SISTEMI DI ACCENSIONE (2)<br />

LA PIASTRA A RUOTA<br />

Col progredire dell’evoluzione<br />

tecnologica, tra la fine del ‘400 e gli<br />

inizi del ‘500 venne realizzato un<br />

nuovo congegno che consentiva<br />

l’abbandono della miccia sostituita da<br />

un meccanismo che provocava scintille<br />

dall’attrito tra un pezzo di pirite ed uno<br />

di ferro. Il sistema impiegato ricorda,<br />

come principio meccanico, quello<br />

ancora in uso in gran parte degli<br />

accendisigari : un pezzo di pirite<br />

trattenuto dalle ganasce di un cane<br />

mobile incernierato ad una cartella<br />

veniva tenuto a contatto con il bordo<br />

esterno ed irregolare di una ruota pure<br />

fissata alla piastra. Caricata la ruota<br />

con un’apposita chiave, tirato il<br />

grilletto, attraverso molloni, leve e<br />

denti di arresto la ruota girava su se<br />

stessa ed entrava in contatto d’attrito<br />

con la pirite provocando l’accensione<br />

della polvere d’innesco.<br />

Non sono noti il luogo e l’inventore<br />

della piastra a ruota anche se numerose<br />

prove ( fra cui il disegno del foglio 56<br />

del Codice Atlantico di Leonardo da<br />

Vinci) sono a sostegno di una sua<br />

origine italiana.


VETRINA N. 7<br />

159/ V7 - MOSCHETTO A MICCIA<br />

Brescia; XV-XVI sec.<br />

Arma con canna ottagonale stromabata del<br />

XV sec. La cassa è forse più tarda. Serpe o<br />

draghetto a forma di C alla rovescia.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />

armiera – Gardone V.T.<br />

85/V7 - SPADA DA FUOCO<br />

Germania; XVI sec.<br />

La lama è un tutt’uno con la canna che ne<br />

costituisce il dorso. Al forte è avvitato il<br />

meccanismo a ruota di sparo.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

202/ V7 - FIASCA DA POLVERE<br />

Brescia; fine XVI - inizi XVII sec.<br />

Fiasca dalla classica forma a mezzo tronco di<br />

cono, con lamina sbalzata al centro e stemma<br />

non identificato.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.


I SISTEMI DI ACCENSIONE (3)<br />

L’ACCIARINO A PIETRA FOCAIA<br />

Il costo e la delicatezza del<br />

meccanismo a ruota ne ostacolarono<br />

l’utilizzo generalizzato in campo<br />

militare ma il vantaggio di avere<br />

un’arma sempre pronta al tiro non<br />

poteva essere trascurato. Così in tutta<br />

Europa si lavorò alla realizzazione di<br />

sistemi d’accensione meccanica più<br />

semplici ed economici. Nacque<br />

l’acciarino a pietra focaia.<br />

In questo meccanismo il cane che<br />

trattiene tra le ganasce la pietra focaia<br />

è azionato da una molla che lo fa urtare<br />

contro la martellina dando luogo alle<br />

scintille che incendiano la polvere<br />

d’innesco dando il via all’accensione.


“ Si fanno schioppi di ogni sorte….”<br />

Nelle relazioni dei Rettori Veneti troviamo<br />

conferma che sin dagli inizi del XVI secolo<br />

Gardone ha ormai assunto un’importanza<br />

preminente, rispetto alle altre terre del<br />

dominio veneto, nella fabbricazione di<br />

canne, mentre località come Inzino, Magno,<br />

Marcheno e Lumezzane si sono specializzate<br />

nella lavorazione degli accessori.<br />

Gardone era il fornitore ufficiale delle canne<br />

da guerra per la Serenissima.<br />

A Brescia si effettuava l’immanicatura<br />

dell’arma e gli armaioli della città, pur<br />

appartenendo ad un proprio Paratico,<br />

operavano in stretta collaborazione con i<br />

maestri attivi nei centri trumplini.<br />

La maestranza gardonese difese sempre la<br />

sua autonomia, basandola su severi principi<br />

disciplinari ed organizzativi, a salvaguardia<br />

dell’interesse produttivo della Valle.<br />

VETRINA N 8<br />

118/ V8 - TERZETTA BRESCIANA A<br />

RUOTA<br />

Brescia; 1630 ca.<br />

Pistola a canna lunga, punzonata LAZARI<br />

COMINAZ (Angelo). Arma di grande finezza<br />

ed eleganza.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

130/ V8 – PISTOLA DA FONDA CON<br />

ACCIARINO ARCAICO A PIETRA<br />

FOCAIA<br />

Brescia - Gardone Val Trompia; 1625/1630<br />

ca.<br />

Canna a due ordini firmata GIO BATT<br />

FRANCINO indicazione che si trova di solito<br />

su armi realizzate per importanti<br />

committenze.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

122/ V8 - PISTOLA A PIETRA FOCAIA<br />

A DUE FUOCHI<br />

Brescia, - Gardone Val Trompia; XVII sec.<br />

Arma a due cariche sovrapposte nella stessa<br />

canna con foconi sfalsati. Canna marcata<br />

LAZARO COMINAZZO. Arma<br />

importantissima per la particolarità delle<br />

soluzioni meccaniche.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />

Armiera – Gardone V.T.<br />

123/ V8 – PISTOLA DA FONDA A<br />

PIETRA FOCAIA<br />

Brescia – Gardone Val Trompia; XVII sec.<br />

Arma di eccezionale finezza con canna<br />

firmata LAZARINO COMINAZZO tra punti<br />

trilobati. Fornimenti in ferro traforati.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

135/V8 - PISTOLA MILITARE VENETA<br />

A PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; XVIII sec.<br />

Arma d’ordinanza della cavalleria veneta,<br />

usata fino alla caduta della Serenissima<br />

(1797).<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />

Armiera – Gardone Val Trompia.<br />

131/V8 – PISTOLA AD AVANCARICA A<br />

PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; XVIII sec.<br />

Arma accorciata per l’uso da tasca.<br />

L’acciarino porta la firma di M. GIURATI<br />

mentre in culatta è punzonato il marchio del<br />

gardonese VENTURA BERTARINI .<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />

Armiera – Gardone V.T.<br />

145/ V8 – PISTOLA AD AVANCARICA A<br />

PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; XVIII sec.<br />

Arma per esportazione che reca la firma<br />

dell’azzaliniere bresciano G. BANCHI.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />

Armiera – Gardone V.T.<br />

129/ V8 – PISTOLA AD AVANCARICA A<br />

PIETRA FOCAIA<br />

Villa Carcina (BS); XVII sec.<br />

Canna faccettata in culatta, con la firma del<br />

maestro di canne gardonese GIO BATTA<br />

PEDRETTI. Cartella firmata FIORENTINO<br />

IN B.


Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />

Armiera – Gardone V.T.<br />

158/ V8 – RIVOLTELLA AD AZIONE<br />

SINGOLA<br />

Brescia; 1860-1870.<br />

Una delle prime armi a rotazione fabbricata<br />

dalla GLISENTI di Villa Carcina.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />

Armiera – Gardone V.T.<br />

157 /V8- PISTOLA AD AVANCARICA A<br />

PERCUSSIONE<br />

Brescia; XIX sec.<br />

Arma settecentesca ridotta dalla pietra focaia<br />

alla percussione. Canna con la firma LAZARI<br />

COMINAZ (l’ultimo dei Lazzarini).<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />

Armiera – Gardone V.T.


I SISTEMI DI ACCENSIONE (4)<br />

I MECCANISMI A PERCUSSIONE<br />

L’aspetto rivoluzionario del sistema a<br />

percussione consiste nel non dover<br />

avere più a disposizione una fonte di<br />

“fuoco” ( miccia o scintilla ) per<br />

accendere la polvere, ma che<br />

l’accensione è ottenuta da una polvere<br />

chimica : il fulminato di mercurio.<br />

La completa affermazione di questo<br />

sistema si ebbe con l’invenzione delle<br />

capsule metalliche impiegate su un<br />

luminello. Quest’ultimo è un piccolo<br />

perno forato filettato e avvitato<br />

all’estremità del focone con la<br />

funzione di far da supporto alla capsula<br />

e di convogliare la fiammata alla<br />

carica di lancio.<br />

La capsula, piccola coppetta di metallo<br />

( ottone o rame) contenente sul fondo il<br />

fulminato, veniva inserita sul<br />

luminello. Allo scatto del cane il<br />

fulminato, schiacciato tra il fondo<br />

della capsula ed il luminello, esplodeva<br />

provocando la deflagrazione della<br />

polvere nera contenuta nella canna.<br />

L’invenzione della capsula segnò la<br />

scomparsa della pietra focaia e fu alla<br />

base dei futuri importanti sviluppi dei<br />

sistemi di accensione.


VETRINA 10<br />

117/ V10 - PAIO DI PISTOLE AD<br />

AVANCARICA A RUOTA<br />

Brescia; inizi XVII sec.<br />

Canne azzurrate e ageminate in oro con la<br />

prestigiosa firma del gardonese LAZARI<br />

COMINAZ; sulla cartella la marca M.F. con<br />

corona a tre punte.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

I FONDACI<br />

Poiché la produzione gardonese era<br />

direttamente legata alle esigenze militari<br />

della Serenissima e il governo veneto negava<br />

l’esportazione del prodotto negli stati esteri,<br />

gli armaioli gardonesi si trovavano<br />

periodicamente esposti a lunghi periodi di<br />

assoluta inattività.<br />

Per ovviare a questa situazione Venezia<br />

istituì già dal 1588, a Brescia e a Gardone,<br />

due Fondaci sostenuti da un consistente<br />

finanziamento. I fondegari, in tempo di<br />

crisi, avrebbero dovuto sopperire alla<br />

mancanza di ordinativi acquistando e<br />

immagazzinando l’ordinaria produzione<br />

bresciana, che sarebbe poi stata assorbita da<br />

Venezia in relazione alle necessità del<br />

momento. Si garantiva in tal modo una<br />

continuità produttiva e una omogenea<br />

fornitura di materiale grezzo a tutti i maestri<br />

gardonesi. Purtroppo l’interesse e<br />

l’ingordigia di pochi finirono però per<br />

privilegiare i mercanti a danno delle<br />

maestranze.<br />

VETRINA 11


120/V11 - PISTOLA AD AVANCARICA<br />

A RUOTA<br />

Brescia; XVII sec.<br />

Pistola con canna a due ordini e con la<br />

prestigiosa firma di LAZARINO<br />

COMINAZZO.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

126/V 11 - PAIO DI PISTOLE AD<br />

AVANCARICA A PIETRA FOCAIA A<br />

DUE CANNE<br />

Brescia; 1660-1670.<br />

Canne sovrapposte ad anima liscia. Sulla<br />

culatta la firma LAZARINO COMINAZZO.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

127/ V11 - PAIO DI PISTOLE AD<br />

AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; XVII sec.<br />

Canne sfaccettate ad anima liscia con la<br />

firma GIO MARIA FRANCINO, maestro della<br />

grande dinastia armiera gardonese.<br />

Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />

VETRINA 12<br />

133/ V12 - PISTOLA DA FONDA A<br />

PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; 1660-1670.<br />

Elegante pistola con acciarino firmato da<br />

FRAN.CO GARAT… e canna di LAZARINO<br />

COMINAZZO (Fortunato).<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

134/V12 - COPPIA DI PISTOLE DA<br />

FONDA A PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; 1750 ca.<br />

Armi ornate e placcate in argento con la<br />

firma P. FRANCINE<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

138/V12 - MAZZAGATTO A PIETRA<br />

FOCAIA<br />

Brescia; 1720-1740.<br />

Piccola pistola con cartella marcata P.<br />

MARTINONI.<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

128/ V12 - PISTOLA DA FONDA A<br />

PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; 1750 ca.<br />

Acciarino firmato FRACHETI, ornato in<br />

agemina di ottone ed argento.<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

137/ V12 - MAZZAGATTO A PIETRA<br />

FOCAIA<br />

Gardone; 1740 ca.<br />

Acciarino marcato P. LORANDI e canna<br />

firmata dal maestro gardonese P. MORETTA.<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.


VETRINA 13<br />

119/V13 - PISTOLETTO AD<br />

AVANCARICA A PIETRA FOCAIA A<br />

RUOTA<br />

Gardone; XVII sec.<br />

Canna ad un ordine firmata GIOSEFFO<br />

BERETTA. Piastra riccamente incisa e<br />

gancio da cintura.<br />

Prov.: Collezione Beretta.<br />

124/V13 - PISTOLETTO AD<br />

AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />

Gardone; metà XVII sec.<br />

Canna a due ordini firmata GIO ANT<br />

BERETTA. Acciarino punzonato GAG ( Gio<br />

Antonio Gavacciolo. Fornimenti in ferro.<br />

Prov.: Collezione Beretta.<br />

168/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />

AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />

Gardone; XVII sec.<br />

Canna a tre ordini firmata GIOSEFFO<br />

BERETTA . Cartella con il marchio MB e<br />

fornimenti in ferro a traforo.<br />

Prov.: Collezione Beretta.<br />

169/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />

AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />

Gardone; XVIII sec.<br />

Arma con canna a tre ordini firmata GIOV.<br />

ANT.° BERETTA. Acciarino con la data 1691<br />

e il punzone DO.CO. SANTI M.TE A<br />

BODDO.<br />

Prov.: Collezione Beretta.<br />

170/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />

AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />

Gardone; XVIII sec.<br />

Canna firmata GIOVAN BERETTA con<br />

acciarino alla romana e fornimenti in ottone.<br />

Prov.: Collezione Beretta.


171/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />

AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />

Gardone; XVIII sec.<br />

Canna a due ordini firmata GIOVAN<br />

BERETTA con acciarino marcato all’interno<br />

G.B.P. e fornimenti in argento.<br />

Prov.: Collezione Beretta.<br />

172/V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />

AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />

Gardone; XVIII sec.<br />

Canna a due ordini firmata GIOVAN<br />

BERETTA, focone in oro e punzone GB in<br />

culatta.<br />

Prov.: Collezione Beretta.<br />

188/ V 13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />

AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />

Gardone; XIX sec.<br />

Arma con canna a due ordini firmata<br />

PIETRO BERETTA <strong>GARDONE</strong>. Fornimento<br />

lavorato a traforo.<br />

Prov.: Collezione Beretta.<br />

189/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA<br />

GIUSTAPPOSTO AD AVANCARICA A<br />

PERCUSSIONE<br />

Gardone; XIX sec.<br />

Canne a torciglione punzonate PIETRO<br />

BERETTA <strong>GARDONE</strong>. Fornimento in ferro<br />

sobriamente inciso.<br />

Prov.: Collezione Beretta.<br />

190/V13 - SCHIOPPO DA CACCIA<br />

GIUSTAPPOSTO AD AVANCARICA A<br />

PERCUSSIONE<br />

Gardone: XIX sec.<br />

Arma con canne a damasco punzonate in<br />

culatta PIETRO BERETTA – <strong>GARDONE</strong>.<br />

Calciatura in ebano con rimessi in corno.<br />

Prov.: Collezione Beretta.<br />

191/V13 - FUCILE DA CACCIA<br />

SOVRAPPOSTO AD AVANCARICA A<br />

PERCUSSIONE<br />

Gardone: XIX sec.<br />

Canne a damasco firmate in oro PIETRO<br />

BERETTA <strong>GARDONE</strong>. Calciatura ageminata<br />

ed intagliata.<br />

Prov.: Collezione Beretta.<br />

192/V13 - FUCILE DA CACCIA<br />

GIUSTAPPOSTO A RETROCARICA A<br />

CANI ESTERNI<br />

Gardone; XIX sec.<br />

Chiusura a leva, canne a damasco con la<br />

scritta PIETRO BERETTA <strong>GARDONE</strong> V.T.<br />

Acciarini riccamente incisi con rimessi in oro.<br />

Prov.: Collezione Beretta.


VETRINA N. 14 –<br />

160 / V14 - ARCHIBUSETTO A PIETRA FOCAIA<br />

Italia centro settentrionale; 1630-1650.<br />

Canna strombata alla volata con la scritta apocrifa LAZZERINO GOMINAZZO. Acciarino a<br />

focile a pietra focaia.<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

166/V14 - TROMBONE ITALIANO<br />

Lombardia (BS?); 1640-1650.<br />

Raro trombone con acciarino alla fiorentina segnato PG e canna firmata dal gardonese PIETRO<br />

MORETO attivo nella prima metà del secolo XVII.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

162 /V14 – TROMBONE SCAVEZZO<br />

Brescia; XVIII sec.<br />

Trombone diviso in due parti incernierate tra loro, pieghevole, e quindi atto a essere portato sotto<br />

il mantello.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera – Gardone V.T.<br />

164 /V 14 – FUCILE A PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; fine XVII – inizi XVIII sec.<br />

Fucile con accarino alla moderna con cartella firmata GIURATI. Piccola baionetta da caccia di<br />

squisita fattura.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera – Gardone V.T.<br />

179 / V14 - CARABINA SVIZZERA A PERCUSSIONE DA TIRO DEL 1842<br />

Basilea; XIX sec.<br />

Canna in stupendo damasco esternamente sfaccettata. Meravigliose incisioni in agemina d’oro con<br />

i protagonisti della storia di Guglielmo Tell.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.


VETRINA 15<br />

174/V15 - FUCILE DA CACCIA AD AVANCARICA A PERCUSSIONE<br />

Italia settentrionale; XVIII sec.<br />

Arma settecentesca ridotta dalla pietra focaia alla percussione con luminello. Lunga canna ad<br />

anima liscia con firma LAZARI COMINAZ.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.<br />

165/V15 – ARCHIBUGIO A PIETRA FOCAIA<br />

Italia ; 1740 ca.<br />

Canna a due ordini. In culatta resti della firma PEDRETTI di Marcheno. Cassa in noce con<br />

intagli.<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

167/ V 15 – ARCHIBUGIONE<br />

Lombardia (BS?); 1630-1650.<br />

Probabile arma da munizione destinata alla difesa di appostamenti fissi, piuttosto insolito per una<br />

certa eleganza e l’acciarino alla fiorentina.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

173/V15 - FUCILE DA CACCIA A PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; XVIII sec.<br />

Batteria a pietra focaia marcata ZUGNO. Fornimenti in ottone sobriamente incisi.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

175/V15 - CARABINA SASSONE A PIETRA FOCAIA DA JAGER DEL 1752<br />

Arma ad avancarica con canna rigata e acciarino a pietra focaia; canna ottagonale. Incisa la<br />

firma REINHART – 1752.<br />

Prov.; Musei Civici d’Arte – Verona.<br />

161/ V 15 - TERZAROLO SCAVEZZO A PIETRA FOCAIA<br />

Italia centrale; 1640 ca.<br />

Acciarino alla fiorentina, cartella quadra e canna di Angelo Cominazzo, firmata in culatta LAZARI<br />

COMINAZ. Cassa in noce.<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

186/V15 - DOPPIETTA A CANI ESTERNI A RETROCARICA<br />

XIX sec.<br />

Fucile parallelo con bascula tartarugata e chiusura sistema Ghaye.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.<br />

Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.<br />

181 / V15 - DOPPIETTA CANI ESTERNI AD AVANCARICA<br />

XIX-XX sec.<br />

Doppietta cal. 16 con canne a torcione ed asta con traversino di fermo.


Prov. : Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.<br />

Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.<br />

184 / V15 - DOPPIETTA A CANI ESTERNI<br />

INERTE<br />

XX sec..<br />

Fucile con canne marcate BERNARD e marchi del Banco di Prova belga.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera – Gardone V.T.<br />

Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.<br />

182 / V15– DOPPIETTA A CANI ESTERNI A RETROCARICA<br />

XX sec. .<br />

Chiusura a manetta e asta con traversino di fermo.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.<br />

Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.<br />

VETRINA 16<br />

150/ V 16 - BACCHETTA<br />

CARICAMENTO “ANIMATA”<br />

PISTOLA BALCANICA AVANCARICA<br />

Asta in tubo di ferro con impugnatura in<br />

argento e due lame d’acciaio divergenti.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona .<br />

151/V 16 - BACCHETTA<br />

CARICAMENTO<br />

“ANIMATA” PISTOLA BALCANICA<br />

AVANCARICA<br />

Asta in tubo di ferro con pomo in argento e<br />

robusta lama in acciaio.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />

149/V 16 - BACCHETTA<br />

CARICAMENTO PER PISTOLA<br />

BALCANICA AD AVANCARICA<br />

Asta in ferro con intagli decorativi e<br />

battipalla faccettato. Pomo e impugnatura in<br />

argento massiccio.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte- Verona.<br />

148/V 16 - PISTOLA BALCANICA CON<br />

ACCIARINO “ALLA MODERNA”<br />

XIX sec.<br />

Gruppo di armi ad avancarica dalle<br />

caratteristiche casse interamente metalliche,<br />

con canne ed acciarini, di diverse tipologie,<br />

prodotti forse proprio a Brescia.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />

147/V 16 - PISTOLA BALCANICA CON<br />

ACCIARINO “ALLA MODERNA”<br />

XIX sec<br />

.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />

146/V16 – PISTOLA BALCANICA CON<br />

ACCIARINO ALLA “MORLACCA”.<br />

XVIII sec.<br />

Prov. Musei Civici d’Arte – Verona.


VETRINA N. 17<br />

199/ V17 - ACCIARINO A PIETRA<br />

FOCAIA PER ARTIGLIERIE NAVALI<br />

DEL REGNO ITALICO<br />

Brescia; XIX sec.<br />

Raro acciarino scatolare con cartella e<br />

corpo in ottone prodotto dalla Ma Rle di<br />

Brescia ( Manifattura Reale di Brescia).<br />

Prov.: Museo delle Armi e della tradizione<br />

Armiera - Gardone V.T.<br />

195/ V 17 - ACCIARINO A RUOTA A<br />

DUE CANI DA MOSCHETTO<br />

Brescia-Gardone; 1630 ca.<br />

Piastra con marchio circolare recante un<br />

alberello e le lettere A.M.<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

198/V17 - MECCANISMO<br />

D’ACCENSIONE A RUOTA PER<br />

PISTOLA<br />

Brescia; 1630 ca.<br />

Meccanismo marcato AF ed attribuito alla<br />

produzione di ANGELO FRANZINI.<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

196/V 17 – MECCANISMO<br />

D’ACCENSIONE A RUOTA PER<br />

MOSCHETTO<br />

Brescia; XVII sec.<br />

L’acciarino è attribuito al gardonese<br />

BORTOLO FRANZINI (BF).<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

197/ V17 – ACCIARINO A PIETRA<br />

FOCAIA ALLA MODERNA<br />

Brescia- Gardone; XVIII sec.<br />

Acciarino per arma lunga d’ordinanza della<br />

fanteria veneta.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

194/V17 – MECCANISMO<br />

D’ACCENSIONE A DOPPIO FUOCO (A<br />

MICCIA E A RUOTA) DA MOSCHETTO<br />

Brescia; 1570-1575 ca.<br />

Meccanismo d’Accensione a ruota e a miccia<br />

marcato B.P. – BRESCIA.<br />

Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />

200/V17 - ACCIARINO A PIETRA<br />

FOCAIA<br />

Brescia; Regno Italico.<br />

Acciarino per il modello 1777 – anno IX,<br />

prodotto dalla M.a R.le di Brescia.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

201/V17 – ACCIARINO<br />

MEDITERRANEO ALLA BERBERA<br />

Brescia; fine XVII inizi XVIII sec.<br />

Acciarino per arma lunga in uso nell’Africa<br />

Nord-Occidentale, ma prodotto nel bresciano.<br />

Prov.: Collezione privata.


VETRINA N 18<br />

132/V18 - PISTOLA A PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; XVIII sec.<br />

Arma con canna a due ordini firmata ZUGNO<br />

Prov.; Collezione privata.<br />

121/V18 - PISTOLA DA CINTURA O ARCIONE A RUOTA DA FONDA<br />

Brescia; 1650-1660.<br />

Piastra liscia con lieve cesellatura punzonata C.A.G. (Giovan Antonio Gavacciolo).<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

125/V18 – PISTOLETTO DA ARCIONE O CINTURA<br />

Lombardia – Brescia (?); 1660-1670.<br />

Arma incisa a viticci e fiorame, nello sile bresciano. Cassa in noce in due sezioni.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

136/V18 - COPPIA DI PISTOLE A PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; XVIII sec.<br />

Armi con canne a due ordini con rimesse in ottone. Firme di DONATI e MORONI – Brescia.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

156/V18 – PISTOLA A PERCUSSIONE<br />

Brescia; XIX sec.<br />

Rara pistola a percussione a due canne sovrapposte con la scritta GIULIO BERETTA <strong>GARDONE</strong><br />

Prov.: Collezione privata.<br />

139/V18 - COPPIA DI PISTOLE A PIETRA FOCAIA<br />

Brescia; XVIII sec.<br />

Pistole con canne firmate LAZARINO COMINAZZO e con cartelle MARTINONI.<br />

Prov.: Collezione privata.


Con il Decreto del 31 maggio 1797 il Comitato militare de della “Repubblica Bresciana”<br />

stabilisce l’abolizione delle corporazioni, ordinando che nelle fabbriche gardonesi sia libero a<br />

qualunque cittadino l’esercizio di quelle arti a cui lo destina la sua naturale inclinazione, giacchè in<br />

nessuna parte devono essere lesi i sacri diritti di libertà e di eguaglianza.<br />

Questo decreto rispecchia indubbiamente la necessità e gli ideali rivoluzionari del momento, ma<br />

determina la fine del tradizionale artigianato locale, che pur con le sue ferree costrizioni aveva<br />

consentito e favorito anche l’emergere di una produzione di grandissimo valore.<br />

DALL’EPOCA NAPOLEONICA AL REGNO D’ITALIA<br />

Dopo la dominazione napoleonica e le forti ordinazioni francesi, l’occupazione austriaca coincise<br />

con una fase di stagnazione e di decadenza. La fabbrica erariale iniziò a rifornirsi nei paesi lariani<br />

di metallo di scarsa qualità che causava altissime percentuali di scarto con grave danno economico<br />

per i maestri gardonesi.<br />

Gli austriaci appaltarono i lavori solo ai mercanti più importanti di Gardone, e in tal modo la<br />

maestranza si trovò in loro completa balia non disponendo di impianti e di adeguati finanziamenti.<br />

Solo l’avvento del Regno d’Italia portò ad un progressivo aumento nelle ordinazioni, alla<br />

riorganizzazione del lavoro e all’affermazione definitiva della concentrazione capitalistica di ogni<br />

fase produttiva.


VETRINA N. 19<br />

153/ V 19 - PISTOLA DA CAVALLERIA MOD. 1851 TRASFORMATA A LUMINELLO<br />

IMPERO AUSTRIACO<br />

(Kavalleriepistole mod. 1851)<br />

Pistola sistema Augustin trasformata a luminello.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />

155/ V19 – PISTOLA DA CAVALLERIA MOD. 1851 SISTEMA AUGUSTIN DELL’IMPERO<br />

D’AUSTRIA<br />

(Kavalleriepistole mod. 1851)<br />

Acciarino a percussione sistema Augustin e canna liscia.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />

65/ V19 - SCIABOLA “BRIQUET” PER GENDARMERIA A PIEDI<br />

Austria; 1820.<br />

Tipologia di sciabola diffusa e adottata anche dall’impero Austro Ungarico nel Lombardo Veneto.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

143/ V19 - PISTOLA DA CAVALLERIA DI MODELLO INCONSUETO<br />

Brescia; 1802-1805 ca.<br />

Arma di tipo inconsueto con la piastra marcata MANIFATTURA REALE DI BRESCIA- N.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

142/ V19 – PISTOLA DA CAVALLERIA DI MODELLO INCONSUETO<br />

Brescia; 1811.<br />

Arma che risulta dalla fusione di elementi francesi ed austriaci, marcata MANIFATTURA REALE DI<br />

BRESCIA.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

152/ V19 – PISTOLA PER CAVALLERIA AUSTRIACA MOD. 1798<br />

Brescia; post. 1815.<br />

Pistola in dotazione alla cavalleria austriaca durante le campagne napoleoniche.<br />

Prov.: Collezione privata.


VETRINA N. 20<br />

141 / V20 - PISTOLA DA CAVALLERIA SUL MODELLO ANNO XIII FRANCESE<br />

Brescia; 1813.<br />

Arma d’eccellenza della cavalleria napoleonica durante le campagne dell’Impero.<br />

MarchioMANIFATTURA REALE DI BRESCIA.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

72/ V20 - SCIABOLA PER TRUPPE A PIEDI<br />

Brescia; XIX sec.<br />

Corta sciabola, sul modello francese, fabbricata dalla ditta gardonese PARIS-FRANZINI<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

69 A/V20 - SCIABOLA DA TRUPPA PER LA CAVALLERIA LEGGERA ANNO XI<br />

Regno Italico; 1804-1814.<br />

L’arma bianca per eccellenza della cavalleria leggera napoleonica (BARISONI – MILANO)<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

69 B/V20 - SCIABOLA DA TRUPPA PER LA CAVALLERIA LEGGERA ANNO XI<br />

Regno Italico; 1804-1814.<br />

Prov. Collezione privata.<br />

177/ V20 - FUCILE DA FANTERIA SUL MODELLO 1777 - ANNO IX FRANCESE<br />

Brescia; 1805/1814.<br />

L’arma classica che ha armato le truppe francesi durante le guerre napoleoniche.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

176/ V20 - MOSCHETTO PER LA GENDARMERIA PARMENSE<br />

Brescia ; XIX sec.<br />

Arma in dotazione alla Gendarmeria Parmense nei primi anni dell’800 che venne commissionata alla<br />

ditta gardonese CRESCENZIO PARIS.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

140/ V20 - PISTOLA A PIETRA FOCAIA PER CAVALLERIA SU MODELLO FRANCESE<br />

Brescia; Regno Italico(?)<br />

La cartella porta la scritta BRESCIA/ FAB. PARIS E COMPAGNI. Arma usata dalla cavalleria ma<br />

che compare anche fra le dotazioni navali.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.<br />

144/ V20 - PISTOLA DA GENDARMERIA SUL MODELLO ANNO IX FRANCESE<br />

Brescia; 1804-1814.<br />

Esemplare prodotto a Brescia dai fratelli FACHETTI.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

154/ V20 – PISTOLA DA CAVALLERIA SUL MODELLO ANNO XIII FRANCESE<br />

Brescia; XIX sec.


Copia grossolana della pistola francese prodotta a Brescia dalla FAB.A PARIS E COMPAGNI.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

81/ V20 - DAGA “<strong>DELLE</strong> DIECI GIORNATE MOTI INDIPENDENTISTI”<br />

Brescia; XIX sec.<br />

Impugnatura cinquecentesca e lama dell’800- Punzone FILIPPO JACOMO IN BRESCIA. Arma<br />

proveniente da antica armeria e riutlizzata nei moti bresciani.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

66/V20 - SCIABOLA PER UFFICIALI DA CAVALLERIA AUSTRIACA MOD, 1869<br />

Brescia; XIX sec.<br />

Arma adottata dagli ufficiali della Cavalleria austriaca nel 1869. La lama reca la firma PAOLO<br />

LANDI di Brescia.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

70/ V20 – SCIABOLA PER LE TRUPPE A PIEDI <strong>DELLA</strong> GUARDIA REALE ITALIANA<br />

Brescia; Regno Italico, 1805-1814.<br />

Fabbricata dai LANDI di Brescia è la copia di quella utilizzata dalla vecchia Guardia Imperiale.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

64/ V20 - SCIABOLA PER ZAPPATORI <strong>DELLA</strong> GUARDIA IMPERIALE DEL REGNO<br />

ITALICO<br />

Brescia; post. 1810.<br />

Arma da truppa, usata dal corpo degli Zappatori Guardia Imperiale.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

71/V20 – DAGA PER CORPO A PIEDI<br />

Brescia; XIX sec.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

68/V20 – SCIABOLA DA TRUPPA PER I DRAGONI DEL REGNO ITALICO<br />

Brescia; 1811-1814.<br />

Arma prodotta dalla ditta BARISONI – MILANO.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

67/V20 – SCIABOLA PER GUARDIE D’ONORE A CAVALLO<br />

Regno Italico; 1805-1814.<br />

Sciabola italica che armava le truppe del Vicerè Eugenio prodotta dalla ditta BARISONI- MILANO.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

178/V20 - FUCILE DA FANTERIA MOD. 1809 TRASFORMATO A PERCUSSIONE<br />

DEL REGNO DI PRUSSIA<br />

Arma ad avancarica con canna liscia, trasformata a percussione all’inizio degli anni ’40.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />

178a./V20 - BAIONETTA


180/V20 - CARABINA FEDERALE SVIZZERA MODELLO 1851<br />

La più famosa carabina svizzera, usata dagli eserciti di vari stati. Acciarino con impresso il nome del<br />

costruttore: VERDA-VERONA.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />

180a./V20 - BAIONETTA<br />

183/V20 - FUCILE FRANCESE CHASSEPOT MOD. 1866<br />

Villa Carcina; Glisenti.<br />

Arma a retrocarica con otturatore ad ago e caricamento con cartuccia di carta, porta incisa la scitta<br />

MOD.LO CHASSEPOT GLISENTI BRESCIA 1868.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />

183a./V20 - BAIONETTA<br />

187/V20 - FUCILE VETTERLI MOD. 1870 DEL REGNO D’ITALIA<br />

Arma a retro carica con otturatore sistema Vetterli. Caricamento con cartuccia metallica a<br />

percussione centrale.<br />

Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />

193/ V20 - FUCILE GIAPPONESE ARISAKA MOD. 38<br />

Gardone; 1905.<br />

Esemplare denominato “Tipo I”, fu costruito in Italia dalla Beretta per il Giappone su modello del<br />

fucile adottato dai nipponici nel 1905.<br />

Prov.: Collezione privata.<br />

185/V20 - FUCILE PERCUSSIONE AD AVANCARICA SU MODELLO 1842 FRANCESE DA<br />

FANTERIA<br />

XIX sec.<br />

Fucile militare ,in origine rigato, trasformato da caccia.<br />

Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera - Gardone V.T.<br />

Donazione: sig. Stefano Belpietro.


GLOSSARIO<br />

A cura di Pierantonio Bolognini e Gianrodolfo Rotasso<br />

Acciarino.<br />

Congegno per comunicare il fuoco alla carica di lancio<br />

dell’arma da fuoco. Per vari tipi di acciarino, si veda il testo, in questo<br />

glossario, cfr. le voci, martellina, luminello e ruota.<br />

Alabarda.<br />

Arma in asta da punta, da taglio e da frattura. Trae origine<br />

dalla scure da boscaioli e dall’attrezzo a uncino (zapin) che serviva<br />

per spostare i tronchi; il ferro è appunto a forma di scure, con posteriormente<br />

un becco di varia forma L’a. termina in alto con una lama<br />

o un quadrello. In seguito alla battaglia di Sempach (1386) divenne<br />

popolare in tutte le fanterie europee.<br />

Alighiero<br />

Utensile marinaro, a volte usato in combattimento , costituito da uno spuntone fornito in cima di un quadrello con uno o più<br />

raffi montato su una lunga pertica.<br />

Alzo.<br />

Dispositivo per regolare il puntamento di un’arma da lancio in<br />

base alla distanza.<br />

Anima.<br />

Parte interna della canna dell’arma da fuoco o ad aria compressa,<br />

nella quale corre il proiettile.<br />

Antivampa.<br />

Scudetto protettivo per evitare al tiratore danni causati<br />

dalle fiammate che divampano nello scodellino.<br />

Archibugio.<br />

Definizione generica di ogni arma da fuoco portatile<br />

lunga almeno un metro, fino al XV III secolo. Abbastanza diffusi,<br />

nella catalogazione, anche i termini archibuso (sinonimo), archibusetto<br />

e archibusone (in base alle misure dell’arma).<br />

Armatura.<br />

Nome collettivo di tutte le pezze d’armi costituite da<br />

piastre metalliche con cui si vestivano, a scopo difensivo, uomini<br />

e cavalli. La parte che vestiva il cavallo è più propriamente detta<br />

barda o bardatura. Le armature vere e proprie furono precedute da<br />

armamenti difensivi fatti di pelli, cuoio, anelli di ferro e pezze protettive<br />

di cuoio e ferro. L’a. propriamente detta in Italia fu perfezionata<br />

in Lombardia all’inizio del Quattrocento, facendo tesoro delle<br />

esperienze francesi e inglesi in tema di articolazione degli arti e uso<br />

delle sole piastre metalliche, e delle esperienze tedesche in tema di<br />

protezione del tronco (piastre a doghe o pezze d’armi). Nella seconda<br />

metà del Seicento l’uso delle armature scomparve. La corazza e<br />

l’elmo rimasero in uso, spesso come ornamento, in alcuni reparti<br />

speciali. In Italia la maggior parte delle armature, nella prima metà<br />

del XV secolo, venne fabbricata in Lombardia, in particolare nelle


valli bresciane.<br />

Armi bianche.<br />

Armi offensive da botta, da punta, da taglio, di solito in<br />

ferro o acciaio (donde il nome). Alcuni considerano armi bianche anche<br />

le armi difensive (scudo, corazza, elmo ecc.).<br />

Armi da botta.<br />

Armi atte a ferire per ammaccatura, come le mazze e i<br />

martelli d’arme.<br />

Armi da fuoco.<br />

Tutte le armi che lanciano proiettili utilizzando la forza<br />

di espansione dei gas prodotti dalla combustione della polvere da sparo.<br />

Armi da punta.<br />

Armi bianche offensive atte a colpire di punta come<br />

lo sfondagioco e lo stocco.<br />

Armi da taglio.<br />

Armi bianche offensive atte a colpire soprattutto di<br />

taglio come la sciabola.<br />

Armi in asta.<br />

Armi bianche montate su un’asta lunga di solito almeno<br />

due metri, il cui scopo è appunto quello di poter colpire il nemico<br />

a una certa distanza, mantenendo sempre il controllo dell’arma.<br />

Taluni le denominano armi nere.<br />

Arresti<br />

Denti sporgenti dal ferro delle armi in asta, variamente posizionati e sagomati a secondo della tipologia.<br />

Artiglieria.<br />

Il termine indicava, nella prima parte del Medioevo, le<br />

macchine belliche da lancio (Artiglierie nevrobalistiche). Dopo l’invenzione<br />

e la diffusione della polvere da sparo, passò a indicare le<br />

grandi bocche da fuoco soppiantando progressivamente il vecchio<br />

nome di bombarde, col quale originariamente erano indicate le bocche<br />

da fuoco a polvere nera.<br />

Artiglierie nevrobalistiche.<br />

Antiche macchine da guerra che utilizzavano<br />

la forza di torsione e tensione per scagliare proiettili, come<br />

catapulte e baliste. Queste macchine trovarono largo impiego nella<br />

guerra d’assedio medioevale e furono adoperate fino all’inizio del XV I<br />

secolo, anche dopo l’affermazione dell’artiglieria a polvere nera.<br />

Avancarica.<br />

Sistema di caricamento dalla bocca dell’arma.<br />

Bacchetta.<br />

Verga di legno o di acciaio necessaria per il caricamento<br />

delle armi da fuoco ad avancarica e per la pulizia delle canne.<br />

Bacinetto.<br />

Copricapo di ferro in uso dalla fine del XII secolo alla


prima metà del XV I, secondo un’evoluzione di forme che parte da<br />

un semplice coppo semisferico, da indossare su un cappuccio di maglia<br />

di ferro; nella prima metà del Trecento scompare il cappuccio e<br />

la protezione di maglia (detta camaglio) viene unita al coppo, che si<br />

allunga dietro e lateralmente sino a coprire il collo e le guance. Tra il<br />

secondo decennio del Trecento e l’inizio del Quattrocento le milizie<br />

a cavallo adoperano un b. con una visiera a ribalta o incernierata<br />

lateralmente. Soprattutto in giostre e tornei, tra la fine del Trecento<br />

e il terzo decennio del Cinquecento il camaglio può essere sostituito<br />

dal ferro pieno, allungando il coppo sulla parte alta della schiena e<br />

proteggendo il mento e il collo con una barbozza o un guardacollo.<br />

Il copricapo di questo genere si chiama gran bacinetto.<br />

Baionetta.<br />

Arma bianca da punta e da taglio o solo da punta, montata<br />

sull’estremità delle armi da fuoco portatili per trasformarle all’occorrenza<br />

in armi in asta.<br />

Balestra.<br />

Nome dato alle armi da corda manesche con teniere. Nota<br />

in Indocina sin dal II millennio a.C., la balestra era presente anche<br />

in epoca romana, particolarmente nella sua versione “da posta”, ossia<br />

di grandi dimensioni e poggiata su un sostegno. Caduta in disuso<br />

in Occidente, si diffuse di nuovo a partire dal Medioevo e divenne<br />

l’arma favorita di gran parte delle fanterie specializzate italiane, fino<br />

all’avvento delle armi da fuoco; continuò a esistere come arma da<br />

caccia e diporto, sino all’inizio del XIX secolo. La balestra consente<br />

un puntamento molto preciso e i suoi dardi hanno una notevole<br />

forza di penetrazione; in compenso la sua cadenza di tiro è decisamente<br />

inferiore a quella di un arco. L’arma si compone dell’arco,<br />

fatto solitamente di acciaio; del fusto o teniere; della noce (disco<br />

fissato al fusto e fornito di tacca per fermarvi la corda tesa); della<br />

chiave o manetta per azionare l’arco. La balestra si differenziava per<br />

il caricamento in b. a crocco, a leva, a martinetto. I proiettili adoperati<br />

potevano essere dardi pesanti e tozzi, dotati di punta (bolzoni) o<br />

pallottole di terra cotta o di piomba, assai meno efficaci.<br />

Bandelle.<br />

Appendici metalliche del ferro delle armi in asta, attraversate<br />

da chiodi ribaditi allo scopo di fissare il ferro all’asta.<br />

Barbotto.<br />

Protezione della bocca, del mento e del collo, di solito<br />

articolata in due o tre lame.<br />

Barbozza.<br />

Protezione volante delle gote, del mento e della parte alta<br />

del collo.<br />

Barbuta.<br />

Elmo italiano diffuso dal XIV sino agli inizi del XV I secolo.<br />

Variante del bacinetto, nelle forme più note con coppo ovoidale<br />

e rialzato, munito all’origine di baghette per sostenere la maglia di<br />

ferro (camaglio) che proteggeva il collo e il mento. Dismessa la maglia<br />

di ferro, il coppo assunse una forma più arrotondata e costolata<br />

in mezzeria, e l’apertura facciale a forma di U della b. fu rinforzata<br />

con un nasale o addirittura sagomata a T o Y, simile a quella degli


antichi elmi greci. In questa particolare forma la b. assunse in area<br />

veneta la denominazione di celata, donde poi il titolo di celata alla<br />

veneziana.<br />

Barda.<br />

Nome di tutte le pezze d’armi difensive dei cavalli degli uomini<br />

d’arme.<br />

Basilisco.<br />

Nome che anticamente indicava una grossa colubrina.<br />

Bocca. Parte terminale della canna di un’arma da fuoco, dalla quale<br />

esce il proiettile.<br />

Bocchino.<br />

La prima fascetta metallica (verso il vivo di volata) destinata<br />

a tenere unita la canna di un’arma da fuoco alla cassa.<br />

Bomba.<br />

Ordigno bellico costruito, nel suo modello fondamentale, da un involucro metallico contenente una carica di esplosivo la cui<br />

esplosione, determinata nei modelli più semplici dall’impatto con il bersaglio, è ora regolata da una spoletta a tempo o da<br />

altri complessi congegni. La bomba puà essere lanciata come proiettile da bocche da fuoco, da congegni di lancio, da mezzi<br />

aerei ecc.<br />

Bombarda.<br />

Termine per definire le antiche bocche da fuoco. L’Angelucci,<br />

in particolare (A. Angelucci, Documenti inediti per la storia<br />

delle armi da fuoco italiane, Torino 1868), stabilisce tra la fine<br />

del Trecento e l’inizio del Quattrocento tre tipologie di massima di<br />

bombarde: b. minute ad anima lunga, facilmente trasportabili e utili<br />

contro le persone in battaglia: in questa categoria possiamo collocare<br />

le armi da fuoco a mano (o manesche), definite schioppi, schioppetti<br />

e in seguito archibugi, e le artiglierie chiamate bombardelle, spingarde,<br />

cerbottane, serpentine e più genericamente cannoni: b. ad<br />

anima lunga, grosse e mezzane, adoperate a tiro teso e utili contro le<br />

fortificazione; e infine b. ad anima corta, destinate a tirare in arcata<br />

(tiro curvo) contro bersagli coperti da ostacoli verticali: presero in<br />

seguito il nome di mortari o mortai.<br />

Borgognotta.<br />

Copricapo di ferro con tesa e gronda, con guanciali<br />

incernierati, munito solitamente di una cresta o con il coppo a punta<br />

rivolta all’indietro; all’occorrenza può essere completata con pezze<br />

volanti (unite per mezzo di coietti) denominate a seconda della tipologia<br />

buffa o barbozza.<br />

Bossolo.<br />

Tubetto di carta, cartone o metallo contenente la carica di<br />

lancio e il proiettile. Nelle armi a retrocarica si definisce bossolo la<br />

parte della cartuccia contenente l’innesco, la carica e il proiettile<br />

(tutto o in parte). Nelle armi moderne il bossolo è quasi sempre in<br />

lega di ottone.<br />

Bracciali.<br />

Difesa delle braccia composta dal cannone di antibraccio,<br />

dalla cubitiera e dal cannone di braccio.


Braccio di guardia<br />

Nel finimento delle armi bianche, il braccio dell’elso dal lato del polso.<br />

Brandistocco.<br />

Arma in asta con ferro a tre lame, di cui la centrale<br />

lunga a doppio taglio e le laterali più corte, dette ali, ricurve verso<br />

l’alto con tagliente solo all’interno.<br />

Buffa.<br />

Visiera volante fatta con più lame articolate l’una sull’altra,<br />

per completare la borgognotta e trasformarla in un elmetto chiuso.<br />

Calcio.<br />

Parte della cassa del fucile, dall’impugnatura al calciolo.<br />

Calciolo.<br />

Piastra metallica o di altro materiale che copre il sottocalcio.<br />

Calibro.<br />

Diametro dell’anima della canna, cui corrispondono determinati<br />

tipi di pallottola. Il calibro può essere indicato in millimetri<br />

(es. 11, 43 mm) o in millesimi di pollice (es. 450). Nelle armi a<br />

canna rigata il calibro viene misurato tra i pieni (le parti dell’anima<br />

non solcate da rigature).<br />

Camaglio.<br />

Protezione in maglia di ferro che pende dal cappello d’arme,<br />

dal bacinetto o dalla barbuta, a difesa delle guance e del collo.<br />

Camera (di scoppio).<br />

Parte della culatta ove trova posto la carica<br />

(nelle armi antiche) o la cartuccia (nelle armi moderne a retrocarica).<br />

Cane.<br />

Parte del meccanismo di un’arma da fuoco, che con la sua<br />

azione provoca lo sparo: nelle armi a ruota, tramite lo sfregamento<br />

di un pezzo di pirite; nelle armi a pietra, tramite l’urto di un pezzo di<br />

selce; nelle armi a percussione, picchiando sulla capsula; nelle armi<br />

moderne, battendo sul percussore. Il termine cane deriva dalla forma<br />

originaria di questo pezzo, provvisto di due ganasce per tenere ferma<br />

la pirite o la selce: è rimasto in uso anche dopo l’introduzione della<br />

percussione, che ne cambiò radicalmente l’aspetto.<br />

Canna.<br />

Parte dell’arma da fuoco che serve a utilizzare la spinta dei<br />

gas della carica di lancio, dando al proiettile la direzione voluta. Le<br />

canne antiche erano forgiate in ferro, con vari sistemi per assicurarne<br />

la durata e la resistenza; le canne moderne, a partire dal sesto<br />

decennio del XIX secolo, sono realizzate da pezzi d’acciaio trafilati e<br />

forati a freddo.<br />

Cannone<br />

Nell’armatura è la protezione tubolare del braccio e dell’avanbraccio realizzata in più parti variamente connesse.<br />

Cappa<br />

Fornimento metallico della bocca del fodero delle armi bianche.


Capsula.<br />

Cilindretto di rame o di ottone, chiuso a una estremità,<br />

col fondo interno ricoperto da un composto fulminante, usato nelle<br />

armi a percussione. Si infilava sul luminello e il cane, abbattendosi<br />

su quest’ultimo, schiacciava la capsula facendo esplodere il composto<br />

fulminante e provocando una fiammata che, attraverso il foro del<br />

luminello, accendeva la carica di lancio. Con l’introduzione della<br />

cartuccia metallica, la c. venne posta sul fondello del bossolo.<br />

Carabina.<br />

Arma lunga con canna rigata. Nata come arma da caccia<br />

e poi di truppe scelte a cavallo (detti appunto “Carabini”), ebbe<br />

un particolare impulso a partire dalla seconda metà del Settecento,<br />

anche come arma di fanteria. Quando la rigatura divenne usuale in<br />

tutte le armi da fuoco militari, alcuni stati mantennero il termina carabina.<br />

In Austria furono chiamate carabine le armi lunghe di alcuni<br />

reparti speciali, indipendentemente dalle caratteristiche della canna<br />

lunga o corta, liscia o rigata. In Italia per un certo periodo il termine<br />

fu adoperato solo per definire l’arma dei Bersaglieri piemontesi,<br />

mentre altri stati italiani preunitari usarono questa definizione in<br />

base alla denominazione data in origine ad alcune loro armi militari<br />

importate dall’estero.<br />

Carica di lancio.<br />

Carica di polvere da sparo, posta alla base del<br />

proiettile. Alla carica di lancio si dà fuoco per mezzo dell’innesco,<br />

provocando così il lancio del proiettile.<br />

Cartella.<br />

Supporto metallico per tenere unite le parti che compongono<br />

il meccanismo di sparo di un’arma da fuoco antica; oggi il termine<br />

sopravvive solo nelle armi da caccia a canne basculanti.<br />

Cartuccia.<br />

Con questo termine si intende oggi l’insieme dell’innesco,<br />

dell’esplosivo, del bossolo e del proiettile, riuniti in un solo<br />

complesso; all’origine la cartuccia era un contenitore di carta (dondo<br />

il nome) per la polvere da sparo, che veniva lacerato al momento<br />

dell’uso.<br />

Cassa.<br />

Parte dell’arma da fuoco (solitamente del fucile) che tiene<br />

uniti i meccanismi e la canna e consente di maneggiare e usare l’arma<br />

stessa..<br />

Castello<br />

Nelle pistole è la parte metallica che regge la canna, contiene il sistema di scatto e forma l’impugnatura. Nelle armi lunghe<br />

è l’armatura in metallo che ha la funzione di contenere e completare le diverse parti dell’arma.<br />

Celata.<br />

Armatura del capo che scende fino agli occhi o fino alla bocca<br />

(in questo caso munita spesso di una visiera o di una ventaglia<br />

mobile) ed è fornito di una lunga gronda. Il termine fu usato genericamente<br />

per vari tipi di elmi.<br />

Chiave da ruota.<br />

Chiave di ferro generalmente con testa a T. Su entrambe


le estremità della testa un foro quadrato si impernia nell’asse<br />

delle armi a ruota. L’attrezzo si adopera come una chiave inglese, per<br />

caricare la ruota sino a bloccarla sul dente di scatto.<br />

Cimiero.<br />

Ornamento di legno, cuoio o gesso lavorato e dipinto, con<br />

significato araldico o simbolico, collocato sopra l’elmo.<br />

Cinquedea<br />

Particolare tipo di daga o di corta spada italiana in uso nei secoli XI-XVI con una lama larga alla base circa cinque dita, a<br />

forma di triangolo isoscele e spesso ogivale in punta.<br />

Coccia<br />

In alcuni spadini e daghette è la protezione a calotta poco profonda che posta sotto l’impugnatura proteggeva la mano.<br />

Codolo<br />

Parte del ferro della lama che entra nell’impugnatura delle armi bianche.<br />

Coietti. Fettucce di cuoio che terminano con una fibbia o un puntale,<br />

per unire tra loro le parti mobili dell’armatura.<br />

Coltello. Arma bianca corta con lama a un taglio e punta.<br />

Controcartella.<br />

Piastra metallica collocata, per rinforzo, nella parte<br />

della cassa opposta a quella in cui si trova la cartella.<br />

Controguardia<br />

Parte del fornimento di una spada che dalla guardia scende alla crocera<br />

Copriscodellino.<br />

Coperchio impiegato, nelle armi a miccia, a ruota e<br />

a pietra, per impedire che la polvere di innesco cada dallo scodellino<br />

o si bagni in caso di pioggia. Si spostava al momento dello sparo.<br />

Corazza.<br />

Termine usato soprattutto nel Quattro-Cinquecento per<br />

indicare le protezioni del busto; sembra che derivi dal corpetto di<br />

corame (detto anche “corata” o “coraccia”), diffuso nel XIII e nel<br />

XIV secolo, foderato di placche metalliche, affibbiato sulla schiera<br />

o lungo il fianco.<br />

Nel XV II secolo furono chiamati corazze i soldati della cavalleria<br />

pesante (“cavalleria grave”) difesi da corsaletto. Non è infrequente,<br />

anche nella letteratura cinquecentesca, l’uso della parola corazza per<br />

riferirsi, genericamente, a tutta l’armatura.<br />

Coppo<br />

Parte dell’elmo che protegge direttamente il cranio<br />

Corsaletto<br />

Corazza più leggera delle ordinarie usata nel Rinascimento per proteggere il petto e il ventre. Fu la principale armatura dei<br />

picchieri ed era ancora in uso nel secolo XVII.<br />

Corsesca.<br />

Arma in asta, con la parte metallica formata da una cuspide<br />

a quadrello con due corte lame laterali ricurve verso il basso. Forse<br />

di derivazione marinara, fu prediletta dalle fanterie italiane e in particolare


da quelle corse, dalle quali probabilmente derivò il nome. La<br />

marinara Trieste ne farà addirittura il simbolo della città.<br />

Costola.<br />

La parte opposta al taglio, nelle armi bianche.<br />

Cotta.<br />

Col termine c. d’arme si indica una sopravveste indossata<br />

sopra l’armatura, solitamente ornata di stemmi e motti araldici; col<br />

termine c. di maglia si indica un indumento difensivo, costituito<br />

da anelli, squame o tondelli di metallo. Squame e tondelli erano<br />

utilizzati soprattutto nell’alto Medioevo tra l’VIII e l’XI secolo ed<br />

erano cuciti su una veste di pelle o di tessuto pesante, in modo di<br />

sovrapporsi parzialmente tra loro. Più tardi queste protezioni divennero<br />

anelli, cuciti su una veste ma soprattutto intrecciati fra loro per<br />

formare una specie di tessuto metallico. La lavorazione più accurata<br />

era quella a grano d’orzo, nella quale ogni anello è fatto da un tondino<br />

piegato a cerchietto, con le estremità appiattite e sovrapposte<br />

e unite da un perno passante ribadito in maniera da formare un<br />

piccolo granello.<br />

Cresta.<br />

Rilievo più o meno accentuato, presente soprattutto in morioni<br />

e borgognotte, che corrisponde di solito alla mezzeria del coppo,<br />

dalla fronte sino alla nuca.<br />

Cubitiere<br />

Parte del bracciale dell’armatura a protezione dell’articolazione del gomito.<br />

Culatta.<br />

Parte posteriore della canna, ove si colloca la carica. E’ termine<br />

particolarmente adatto per le armi antiche e per le artiglierie<br />

Daga.<br />

Arma bianca manesca con lama dritta a due tagli e punta,<br />

spesso anche a un taglio, di lunghezza intermedia tra il pugnale e<br />

la spada.<br />

Elmetto.<br />

Armatura della testa interamente chiusa, in uso dal secolo<br />

XV alla prima metà del XV II, nelle molteplici versioni: elmetto<br />

da incastro, elmetto da cavallo, elmetto alla viscontea, elmetto alla<br />

savoiarda, elmetto alla ungara.<br />

Elmo.<br />

Termine generico per indicare l’armatura della testa. Il suo<br />

uso documentato risale all’età del bronzo, più propriamente viene<br />

denominato elmo la grande protezione della testa nelle molteplici<br />

varianti in uso dalla fine del XII secolo fino a dopo la metà del<br />

XIV.<br />

Elso<br />

Elemento metallico trasversale che, nella spada, divide l’impugnatura dalla lama.<br />

Falcione.<br />

Arma in asta del periodo comunale, con ferro a forma di<br />

grande falce e spesso munita di un dente dorsale. Dal XV I secolo


ebbe un ruolo più di rappresentanza che da guerra; deriva dall’attrezzo<br />

contadino.<br />

Falda<br />

Parte dell’armatura da piede o da cavallo pendente dal petto e finalizzata alla protezione dell’addome.<br />

Farsata<br />

Fodera imbottita che si trovava nella parte interna degli elmi. Era fissata al coppo attraverso una serie di femminelle.<br />

Fascetta.<br />

Fascia metallica, usata per fissare la canna al fusto della<br />

cassa.<br />

Fiasca da polvere.<br />

Recipiente di corno, legno, cuoio bollito o metallo<br />

contenente la polvere da sparo, passato in disuso con la diffusione<br />

delle cartucce. Numerose fiasche da polvere erano artisticamente<br />

decorate.<br />

Filo<br />

Estrema e più sottile parte del taglio di un’arma bianca.<br />

Focone.<br />

Foro praticato nella parte laterale o posteriore della culatta<br />

delle armi antiche, attraverso il quale il fuoco dell’innesco era comunicato<br />

alla carica di lancio.<br />

Fornimento.<br />

Tutte le parti, solitamente in metallo, che completano<br />

un’arma da fuoco, come il guardamano e le fascette. In un’arma<br />

bianca, ad esempio la spada, è il completamento della lama come<br />

l’impugnatura e i vari tipi di protezione della mano.<br />

Forte<br />

Primo terzo della lama della spada, a partire dall’impugnatura, in cui è situato il centro di percossa. E’ seguito dal temprato<br />

e dal debole.<br />

Fucile.<br />

Arma da fuoco individuale, lunga, il cui nome deriva dal<br />

focile, ossia dalla selce impiegata nell’acciarino a pietra focaia. Il<br />

termine si diffuse a partire dalla diffusione delle armi a pietra, per<br />

indicare l’arma di base della fanteria ma anche l’arma usuale dei<br />

cacciatori, e restò in uso anche dopo le ulteriori innovazioni tecnologiche.<br />

Fulminante (polvere o composto). Composto chimico che ha la<br />

proprietà di esplodere con una forte detonazione quando viene<br />

compressa violentemente tra due superfici dure. Le proprietà dei<br />

fulminati, in particolare quelli di mercurio, furono sfruttate a partire<br />

dall’inizio dell’Ottocento nella fabbricazione di capsule e inneschi.<br />

Fusto.<br />

Parte della cassa che sostiene la canna.<br />

Gambiera<br />

Parte dell’armatura da cavallo, a protezione dell’intera gamba, sostituì la calza di maglia ed era composta dal cosciale,dal<br />

ginocchiello e dalla schiniera.


Gladio<br />

Spada romana di origine celtibara, a lama larga e corta a doppio taglio e punta e con impugnatura con guardia appena<br />

accennata. Gli corrispose nei secoli la daga.<br />

Gorbia<br />

Nelle armi in asta ed in alcune armi da botta costituisce la parte inferiore cava del ferro che accoglie l’estremità superiore<br />

dell’asta o del manico.<br />

Gronda.<br />

Protezione della parte posteriore del collo articolata in una<br />

o più lame assicurata al coppo.<br />

Guance o guancette.<br />

Pezzi di legno, di metallo, di avorio, di corno,<br />

di madreperla applicati sulle due facce di un’impugnatura, per garantire<br />

una presa migliore, grazie anche alla particolare conformazione<br />

(zigrinatura) di alcuni tipi.<br />

Guardacollo.<br />

Lama o più lame di protezione della parte anteriore del<br />

collo, assicurata alla barbozza o ad altre parti volanti.<br />

Guarnitura.<br />

Armature predisposte a scambiare, per l’applicazione di<br />

piastre di rinforzo supplementari, in modo da renderle adatte ai diversi<br />

combattimenti. La g. comparve in Germania verso la fine del<br />

XV secolo, per personaggi di grande rilievo.<br />

Guardia<br />

Parte dell’arma bianca manesca finalizzata alla protezione della mano che la impugna.<br />

Innesco.<br />

Sostanza o dispositivo avente lo scopo di provocare l’accensione<br />

di una carica di lancio o esplosiva. Sino all’avvento della<br />

percussione l’innesco fu costituito dalla polvere da sparo che si depositava<br />

nello scodellino e alla quale si dava fuoco con vari sistemi (a<br />

miccia, a ruota, a pietra). Dopo l’avvento delle sostanze fulminanti,<br />

l’innesco fu dapprima costituito da capsule o tubetti esplosivi e poi,<br />

dopo la diffusione della moderna cartuccia, fu collocato sul fondello<br />

di quest’ultima.<br />

Lama.<br />

Per le armi offensive, la parte in acciaio, da taglio o da punta,<br />

che esce dall’impugnatura; per le armi difensive, lista di metallo da<br />

applicare ovunque occorra articolare l’armatura.<br />

Luminello.<br />

Supporto cavo, avvitato sulla culatta di un’arma a percussione,<br />

sul quale si poneva la capsula. L’urto del cane sulla capsula<br />

provocava una fiammata che, attraverso il foro del luminello, giungeva<br />

a incendiare la carica di lancio posta all’interno della culatta.<br />

Machaira.<br />

Daga con lama a un filo e doppia curvatura dei guerrieri<br />

dell’antica Grecia.


Maglietta.<br />

Specie di anello, che fissato uno sul fusto di un’arma da<br />

fuoco portatile lunga, e un altro all’altezza del ponticello o sul calcio<br />

servono a trattenere una cinghia di cuoio per trasportare l’arma in<br />

spalla.<br />

Martellina.<br />

Lastra di acciaio, spesso unita al copriscodellino, sulla<br />

quale batte al momento dello sparo la selce serrata tra le ganasce del<br />

cane.<br />

Martello d’arme<br />

Arma immanicata da botta generalmente con manico in ferro o legno, bocca piana, becco a punta e talvolta con cuspide al<br />

sommo.<br />

Mazza<br />

Arma da botta di varie forme costituita da un manico e da una testa irta di punte<br />

Mezza monta.<br />

Posizione intermedia del cane, che serve a bloccarlo<br />

per agevolare le operazioni di caricamento senza correre il rischio di<br />

spari accidentali.<br />

Miccia.<br />

Pezzo di corda trattata precedentemente con vari sistemi<br />

(bollitura in soluzione satura di salnitro, o anche semplicemente in<br />

acqua salata), adoperata per dar fuoco alla polvere da sparo nelle<br />

armi a miccia e nelle artiglierie.<br />

Mirino.<br />

Rilievo in metallo sulla parte anteriore della canna, utilizzato<br />

per il puntamento. Il bersaglio deve trovarsi al termine della<br />

linea immaginaria che unisce il mirino alla tacca di mira.<br />

Mognone.<br />

Particolare protezione a lame metalliche della spalla e<br />

del braccio fin quasi al gomito.<br />

Morione.<br />

Protezione del capo con coppo saliente, costolato in<br />

mezzeria, con cresta o a punta, e tesa a barchetta con o senza orecchioni.<br />

Morlacca.<br />

Acciarino turco balcanico.<br />

Moschetto.<br />

In un primo tempo, grosso archibugio a miccia di uso<br />

militare, diffuso nel XV I e soprattutto nel XV II secolo, che per<br />

sparare necessitava di una apposita forcella o di un appoggio naturale.<br />

Il termine, tipico di un periodo in cui le artiglierie ricevevano<br />

nomi di serpenti o di uccelli, deriva dal nome di un uccello, il<br />

moschetto o muscetto. Con la diffusione delle armi a pietra negli<br />

eserciti del Settecento, molti stati mantennero la denominazione di<br />

moschetto per indicare le armi lunghe individuali, a canna liscia,<br />

della fanteria. In Italia, la denominazione rimase in uso anche con<br />

le armi lunghe a retrocarica sia a ripetizione che automatiche.


Noce.<br />

Parte interna del meccanismo di sparo, collegata o fissa al<br />

cane, che può assumere posizioni diverse a seconda dei movimenti<br />

con altre parti meccaniche che agiscono sulle due o tre intaccature<br />

(tacche) di cui è provvista. A seconda della posizione della noce, il<br />

cane viene preparato per lo sparo (armato), fatto scattare o tenuto<br />

in posizione di sicura. Nelle balestre la noce serve a trattenere la<br />

corda.<br />

Otturatore.<br />

Parte di un’arma da fuoco a retrocarica che chiude la<br />

culatta.<br />

Paloscio.<br />

In Italia e Francia denominato anche squadrone. Termine<br />

derivato dall’antico persiano, attraverso le terre slave, per indicare<br />

un’arma bianca manesca, con lama a un taglio e punta, spesso anche<br />

a due tagli, in uso presso le cavallerie dalla guerra dei Trent’anni<br />

in poi. Viene usato anche per alcune armi da caccia.<br />

Panziera<br />

La piastra robusta e sagomata che nelle armature quattrocentesche sale dalla vita allo stomaco e poco oltre.<br />

Partigiana.<br />

Arma in asta composta da una larga lama a due tagli<br />

con alla base due alette d’arresto, rivolte verso l’alto.<br />

Pennacchiera<br />

Elemento dell’elmo, all’unione del coppo con la goletta, destinato ad ospitare il pennacchio.<br />

Percussore.<br />

Parte, di solito appuntita, del meccanismo di sparo delle<br />

armi a retrocarica. Quando si preme il grilletto, il percussore colpisce<br />

il fondello della cartuccia (capsula) che si trova nella camera<br />

di scoppio, facendo esplodere l’innesco e accendendo la carica di<br />

lancio (che fa partire il colpo).<br />

Pettorale<br />

Parte della bardatura d’arme a sostegno e controllo del petto del cavallo.<br />

Piastra.<br />

Sinonimo di cartella, usato soprattutto nella denominazione<br />

delle armi a miccia e a ruota.<br />

Picca<br />

Arma bianca inastata. Classica delle fanterie era lunga dai cinque ai sette metri ed aveva un ferro dalle forme più svariate,<br />

sempre appuntito.<br />

Pistola.<br />

Termine generico usato fin dal XV I secolo per indicare<br />

l’arma da fuoco corta, che si spara reggendola con una sola<br />

mano.<br />

Polvere da sparo.<br />

Si da questo nome al composto chimico la cui<br />

esplosione provoca la partenza del proiettile. La prima polvere da


sparo fu la polvere nera, mescolanza di zolfo, carbone e salnitro;<br />

rimase in uso sino alla fine dell’Ottocento, quando fu in gran parte<br />

soppiantata dalle polveri bianche (a base di nitrocellulosa).<br />

Pomo<br />

Nelle armi bianche è l’estremità superiore dell’impugnatura. Favorisce la presa più salda ed il bilanciamento dell’arma.<br />

Ponticello.<br />

Lamina solitamente metallica, che nelle armi da fuoco<br />

protegge il grilletto dagli urti. In vari meccanismi a retrocarica e a<br />

ripetizione il ponticello, o guardamano, è congegnato in modo da<br />

essere adoperato durante le operazioni di caricamento.<br />

Potere d’arresto.<br />

Capacità del proiettile di neutralizzare l’avversario<br />

dello sparatore con la forza dell’impatto. Il potere d’arresto è<br />

proporzionato al peso e alla velocità del proiettile stesso.<br />

Pugnale.<br />

Termine generico delle armi bianche manesche con corta<br />

e robusta lama e vari tipi di fornimento.<br />

Puntale<br />

Guarnitura metallica della punta del fodero delle armi bianche.<br />

Resta.<br />

Sostegno metallico della lancia, avvitato o trattenuto da<br />

un fermo sulla parte alta alla destra del petto; è di varie forme, a<br />

seconda dell’uso e della nazionalità.<br />

Raffio<br />

Parte del ferro delle armi in asta variamente modellata e sagomata ad uncino.<br />

Retrocarica.<br />

Sistema di caricamento dalla culatta. Sin dall’introduzione<br />

delle armi da fuoco si tentò di sviluppare sistemi di retrocarica,<br />

ma solo a partire dal XIX secolo furono prodotti su scala<br />

industriale importanti modelli di armi a retrocarica.<br />

Ricasso<br />

Restringimento massiccio della lama prima del codolo.<br />

Rigatura.<br />

Incisione a solchi longitudinali ed elicoidali dell’interno<br />

dell’anima della canna, realizzata allo scopo di imprimere un moto<br />

rotatorio al proiettile, per renderlo più stabile nella traiettoria.<br />

Rivoltella.<br />

Pistola dotata di un cilindro o tamburo, suddiviso in<br />

più camere di scoppio, ciascuna delle quali contiene una cartuccia.<br />

A seconda della meccanica interna dell’arma, si spara armando il<br />

cane e premendo il grilletto per ogni singolo colpo (azione singola)<br />

o premendo solo il grilletto (azione continua) o azionando, a<br />

scelta, il cane e il grilletto o il solo grilletto (azione doppia). In<br />

tutti i casi si possono sparare più colpi in sequenza prima di ricaricare<br />

l’arma. Nelle armi cosiddette a rotazione, anteriori al XIX<br />

secolo, il tamburo veniva generalmente ruotato a mano prima di


ogni singolo colpo.<br />

Ronca<br />

Arma in asta con ferro adunco e tagliente. Di dimensioni maggiori era il Roncone, in origine simile alla Ronca, ma che poi<br />

assunse una forma complessa e venne munito di uno spuntone.<br />

Rotella.<br />

Scudo circolare leggermente convesso, di vario materiale<br />

(legno, acciaio o cuoio bollito) a seconda degli usi.<br />

Ruota.<br />

Parte principale di un meccanismo diffuso tra il XV I e il<br />

XV III secolo, che utilizza una ruota d’acciaio zigrinata per far scaturire,<br />

da un pezzo di pirite, le scintille necessarie ad accendere la<br />

polvere di innesco e, attraverso questa, la carica di lancio.<br />

Scarsellone<br />

Parte dell’armatura da piede o da cavallo a protezione interna ed esterna della coscia.<br />

Scatto.<br />

Definizione generica della parte del meccanismo delle armi<br />

antiche destinata a sganciare dalla sua posizione di fermo il cane,<br />

provocandone l’abbattimento contro la martellina o sulla capsula.<br />

Schiavona<br />

Spada in dotazione alle truppe levantine con un tipico fornimento ingabbiato, venne usata inizialmente come arma per le<br />

truppe a cavallo.<br />

Schifalancia<br />

Protezione della mano, a forma di imbuto, applicata alla lancia.<br />

Sciabola.<br />

Arma bianca manesca, con lunga lama più o meno curva,<br />

a un taglio e punta, con fornimento di varie fogge. Di derivazione<br />

orientale, si diffuse nell’ambiente europeo verso la fine del XV II secolo,<br />

con l’istituzione del corpo degli Ussari. Il termine sciabola in<br />

alcuni stati dell’Europa occidentale è stato esteso anche ad armi da<br />

cavalleria pesante con lama diritta a un taglio e punta.<br />

Scodellino.<br />

Pezzo di metallo incavato, anticamente unito alla canna<br />

dalla parte della culatta, davanti al focone, e poi facente parte dell’acciarino;<br />

vi si poneva il polverino di innesco nelle armi a miccia,<br />

a ruota e a pietra.<br />

Scramasax<br />

Tipo di sciabola elencato, in testi legislativi visigoti, fra le armi in dotazione ai guerrieri.<br />

Scudo.<br />

Termine generico per indicare una protezione di varia forma<br />

e materiale, da imbracciare a sinistra, per la guerra, per il gioco guerresco<br />

o per cerimonia.<br />

Scure d’arme.<br />

Arma da botta con ferro sagomato a tagliente da un<br />

lato, becco di falco dall’altro, e spesso con spuntone alla sommità.<br />

Ha il manico interamente in ferro o in legno con lunghe bandelle.


Sfondagiaco.<br />

Arma bianca manesca con corta ma robusta lama, spesso<br />

a quadrello, per perforare le difese di maglia di ferro.<br />

Sguscio<br />

Il solco incavato lungo un tratto della lunghezza della lama di un’ arma bianca.<br />

Sicura.<br />

Congegno presente anche nelle armi più antiche per impedire<br />

spari accidentali, bloccando il cane o il grilleto.<br />

Spada.<br />

Arma bianca manesca, comunemente nota con lama dritta,<br />

lunga, a due tagli e punta, e fornimento con elsa a croce. La lama,<br />

però, a seconda degli usi, può essere anche a un taglio solo o a punta<br />

arrotondata, e più specificamente di varie sezioni e fogge. Il fornimento<br />

attraverso i secoli si modifica in conformità della scherma e<br />

della moda. La spada è l’arma militare di maggiore importanza; le<br />

sue origini risalgono alla scoperta del bronzo e sopravvive ancora ai<br />

nostri giorni come segno di comando.<br />

Spiedo.<br />

Denominazione generica delle armi in asta atte a colpire di<br />

punta. Le tipologie di spiedi più particolari sono alla bolognese e<br />

alla furlana.<br />

Spuntone.<br />

Termine generico di alcune armi in asta con ferro lungo,<br />

robusto e acuminato. In tempi più recenti indicava anche la mezza<br />

picca.<br />

Stecher.<br />

Termine tedesco per indicare il congegno di scatto a due<br />

grilletti: il primo, durante il puntamento, serve da sicura al secondo<br />

che, disimpegnato, con una leggerissima pressione, fa scattare il cane<br />

o il percussore.<br />

Stiletto ( Stile)<br />

Arma bianca corta, simile al pugnale, con lama a sezione triangolare o quadrata e con punta acutissima. Era un tempo<br />

considerato arma insidiosa e quindi proibita.<br />

Stocco.<br />

Arma bianca manesca, lunga, con robusta lama a forma di<br />

triangolo, a sezione romboidale, atta a colpire prevalentemente di<br />

punta.<br />

Storta<br />

Arma bianca manesca da taglio, a lama curva più larga all’estremità che non verso l’impugnatura, generalmente tagliata a<br />

sghembo<br />

Striscia<br />

Arma bianca di uso prevalentemente civile con lama stretta, molto lunga, soda e punta acuminata. Era usata per duellare nei<br />

secoli XVI e XVII.<br />

Tacca di mira.


Incavo di traguardo che si trova sull’alzo o sulla canna.<br />

Nel puntamento si deve far collimare la tacca di mira e il mirino<br />

con il bersaglio.<br />

Tallone<br />

Nell’arma bianca è la parte ella lama compresa tra il codolo e l’inizio della lama propriamente detta.<br />

Targa.<br />

Particolare scudo di varie forme, usato nelle giostre, nei caroselli,<br />

in guerra (targa alla ungara) e nei duelli (targhetta da pugno).<br />

Tesa.<br />

Lamina più o meno spiovente dal coppo, a protezione della<br />

fronte, delle tempie e della nuca.<br />

Tridente<br />

Forcone a tre rebbi che non fu mai in dotazione alle truppe pur essendo usato in scontri guerreschi e come arma<br />

d’abbordaggio.<br />

Tutta monta.<br />

Posizione di armamento del cane, pronto allo sparo.<br />

Umbone<br />

Sporgenza centrale di alcuni scudi solitamente realizzata in ferro o in bronzo. Fu in uso fin dalla lontana antichità con<br />

finalità difensive ed offensive.<br />

Ventaglia.<br />

Piastra di protezione del naso, della bocca e del mento,<br />

con fori o intagli per l’aerazione. Può essere anche di maglia di ferro.<br />

Visiera.<br />

Protezione metallica di tutto il volto, dalla fronte al mento,<br />

fissa (negli elmi) o mobile (negli elmetti, nei bacinetti e nelle celate).<br />

Vivo di volata.<br />

Definizione tecnica della bocca della canna di un’arma<br />

da fuoco.<br />

Yelman<br />

Termine di origine tartara indicante il terzo inferiore delle scimitarre e delle sciabole che in genere si presenta più sottile e<br />

appiattito del resto della lama ad un solo filo.<br />

Zuccotto. Protezione metallica del capo alquanto raccolta, con tesa<br />

stretta e orizzontale, variante del morione.

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