MUSEO DELLE ARMI E DELLA TRADIZIONE ARMIERA GARDONE ...
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<strong>MUSEO</strong> <strong>DELLE</strong> <strong>ARMI</strong> E <strong>DELLA</strong> <strong>TRADIZIONE</strong> <strong>ARMI</strong>ERA<br />
<strong>GARDONE</strong> V.T.<br />
MOSTRA INAUGURALE DEL <strong>MUSEO</strong><br />
guida<br />
a cura di Pierantonio Bolognini<br />
QUADERNI DEL <strong>MUSEO</strong>, 1<br />
DICEMBRE 2007
Armi Antiche a Gardone<br />
Villa Mutti – Bernardelli<br />
29 settembre 2007 – 29 febbraio 2008<br />
Mostra inaugurale del Museo delle Armi e della Tradizione Armiera di Gardone Val Trompia<br />
Mostra promossa da<br />
Regione Lombardia<br />
Provincia di Brescia<br />
Comunità Montana<br />
Comune di Gardone Val Trompia<br />
Direzione scientifica<br />
Denise Modonesi<br />
Comitato scientifico<br />
Luciano Bertolotti<br />
Pierantonio Bolognini<br />
Cesare Calamandrei<br />
Roberto Gotti<br />
Gualberto Ricci Curbastro<br />
Gian Rodolfo Rotasso<br />
Città di Gardone Val Trompia<br />
Settore Socio Culturale<br />
Settore Tecnico<br />
Comunità Montana di Valle Trompia<br />
Area Cultura<br />
Sistema Museale di Valle Trompia<br />
copertina<br />
Linda Balboni Gotti<br />
Immagini<br />
Gianluca Minuzzi, Pordenone<br />
Studio Negri - Brescia<br />
Archivio Beretta - Gardone Val Trompia<br />
Prestatori<br />
Associazione Amici del Museo Stibbert<br />
Collezionisti privati<br />
Gardone Val Trompia, Fabbrica d’Armi Pietro Beretta<br />
Firenze, Museo Stibbert<br />
Roma, Museo Nazionale di Palazzo di Venezia<br />
Verona, Musei Civici d’Arte e Monumenti
Allestimento<br />
Studio di Architettura Federico Zucchetti - Cellatica (BS)<br />
©Copyright<br />
Proprietà fotografica e letteraria riservata.<br />
Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo e forma.<br />
Si ringraziano tutti coloro che a vario titolo ci hanno offerto collaborazione nel corso del lavoro di<br />
ricerca, nella preparazione del catalogo e dell’esposizione<br />
Cecilia Alessi, Associazione Amici del Museo Stibbert, Maria Giulia Barberini, Alfredo Bartocci,<br />
Stefano Belpietro, Elena Basilico Bertasi, Nani Cadorin, Lucia Calzone, Ispettore Carlo Cinus e<br />
colleghi - Ufficio Armi della Questura di Brescia, Ditta Leonida Santina Bernardelli in Frascio,<br />
Fondazione Agnese e Luciano Sorlini, Tommaso François, Silvano Germoni, Silvana Grosso, Simona<br />
Di Marco, Paola Marini, Antonio Oropesa, Kirsten Aschengreen Piacenti, Selene Sconci, Anna Maria<br />
Spiazzi, Claudio Massimo Strinati, Maresciallo Dario Taraboi - Stazione Carabinieri di Gardone Val<br />
Trompia.<br />
Si ringraziano i collezionisti italiani che ci hanno concesso in prestito il loro materiale.<br />
I quaderni del museo, 1
Apre a Gardone Val Trompia il Museo delle Armi e della Tradizione Armiera.<br />
Apre in una terra che da oltre 500 anni crea armi da fuoco e già da prima armi bianche,<br />
e tuttavia, sempre impegnata in laboriose produzioni, o forse trattenuta da troppa ritrosia,<br />
non ha mai avuto l’ardire di raccogliere e conservare in un museo della città l’opera delle<br />
sue mani.<br />
Apriamo finalmente un Museo per conservare memoria di ciò che siamo stati e di ciò<br />
che abbiamo creato lungo generazioni di fatica e di ingegno, e per ricercare nel passato<br />
la traccia collettiva che ci consente una lettura radicata e fiduciosa del tempo davanti a<br />
noi.<br />
E’ la meta di un impegno importante assunto dall’Amministrazione Comunale davanti ai<br />
suoi cittadini con la collaborazione generosa degli Enti che qui vogliamo ringraziare: la<br />
Regione Lombardia che ha creduto nel progetto e lo ha finanziato; la Provincia di<br />
Brescia per il sostegno assicurato con convinta determinazione all’Archivio Storico della<br />
Caccia; la Comunità Montana di Valle Trompia nel cui sistema culturale e di proposta<br />
didattica Gardone V.T. è saldamente inserita.<br />
Ringraziamo pure i Musei del territorio nazionale, Musei Civici d’Arte e Monumenti di<br />
Verona, Museo Nazionale di Palazzo Venezia di Roma, Museo Stibbert di Firenze e tutti<br />
i collezionisti privati che con passione storica e civile hanno offerto le loro opere per la<br />
Mostra e per la collezione museale.<br />
Questo Museo che apriamo, luogo di tutela del patrimonio storico della nazione come<br />
ogni museo, ha infatti uno specifico: esso conserverà, con gli oggetti prodotti in questa<br />
terra, la memoria dei processi di lavorazione, dell’evolversi delle tecnologie e delle<br />
intuizioni progettuali, memoria delle forme della produzione, delle maestranze<br />
impegnate in quest’opera secolare, dei modi della loro socialità el tempo e nel luogo di<br />
lavoro.<br />
A Gardone di Valle Trompia il lavoro, e il lavoro armiero nello specifico, è stato, e in<br />
larga misura continua ad essere, la forma della vita quotidiana. Il binomio inscindibile , e<br />
altrove incomprensibile, casa-officina, tempo della casa- tempo della creazione tecnica,<br />
ne è lainequivoca rappresentazione. Questo Museo, dunque, conserverà ma sarà<br />
insieme, nelle intenzioni degli Amministratori della Città, aperto al presente e al futuro,<br />
per valorizzare e promuovere in forma territoriale e collettiva lo specifico tecnologico<br />
delle nostre produzioni e l’eccellenza del nostro artigianato artistico.<br />
La mostra Armi Antiche a Gardone, grazie alla paziente altissima competenza di un<br />
comitato scientifico e una serie di collaborazioni di eccezionale valore, apre una stagione<br />
nuova, e speriamo rigogliosa, nella cultura del lavoro e del lavoro sempre fatto con<br />
passione in Valle Trompia.<br />
Michele Gussago<br />
Sindaco di Gardone Val Trompia
Appunti per una cronistoria del lavoro e delle<br />
innovazioni tecnologiche nella produzione<br />
armiera gardonese dal XV al XIX secolo<br />
Pierantonio Bolognini<br />
1459 - INEQUIVOCABILE TESTIMONIANZA SULLA VOCAZIONE <strong>GARDONE</strong>SE<br />
ASV, Senato, Deliberazioni Terra, Reg. 4 , Fol. 104.<br />
La prima inequivocabile testimonianza, fino ad oggi conosciuta, della produzione gardonese di<br />
armi da fuoco ci è data da un dispaccio inviato dal Senato ai Rettori di Brescia con il quale si<br />
ordinava che i maestri-fabbricanti<br />
…. Debbano fare cinquanta bombarde da galea (da usare a bordo delle galee) , dieci da ramparo a<br />
retrocarica con due mascoli ciascuna, venticinque spingarde, cinquanta schioppetti e<br />
cinquantamila ferri da berrettoni per balestre.<br />
1505 - MAESTRI IN FUGA …<br />
ASV, Consiglio dei Dieci, Dispacci Rettori, Brescia, Busta 19, carta. 50.<br />
… Alcuni maestri da schioppetti, Archibugi, et ballotte de la terra di Gardon da Valtrompia / si<br />
sono / absentati da quella terra, et andati in un loco chiamato Domodossola, iurisditione de Conti<br />
Borromei del Ducato di Milano …<br />
Nel dispaccio trovano per la prima volta espressione gli effetti delle difficoltà da parte veneta di<br />
conciliare gli interessi della propria politica estera, che non consentivano la fornitura ad altri stati,<br />
e le necessità lavorative dei gardonesi che, in mancanza di ordini, erano costretti ad emigrare. Il<br />
documento è fimora la più antica testimonianza che fa riferimento, specificatamente a Gardone,<br />
alla produzione delle armi da fuoco.<br />
1509 – IL MAGLIO DI PIETRO FRANZINI<br />
P.BOLOGNINI – F. TROVATI, . Enciclopedia gardonese. Vol. I, Gardone, 2004, sub voce.<br />
A Gardone , il maestro Pietro Francino inventa e realizza un maglio per tirare le canne delle armi<br />
da fuoco. Con il nuovo strumento si riduce il tempo di produzione della canna a meno di un terzo<br />
dell’usuale.<br />
1554 - UN MONDO DI ARCHIBUSI<br />
Relazioni dei Rettori Veneti in Terraferma. XI. Podestaria e capitanato di Brescia. Milano, Giuffrè,<br />
1978. Relazione Cavalli, 1554.<br />
Marino Cavalli nella sua descrizione del territorio, inviata a Venezia nel 1554 al termine del suo<br />
mandato, così ricorda Gardone :
… A Gardon si fa un mondo de archibugi tra le altre cose et li fanno con tanta facilità che in due o<br />
tre fusine se ne faria 400 cane al giorno …<br />
1586 - EDIFICI PER LA LAVORAZIONE DEL FERRO <strong>GARDONE</strong>SI NEL GIUGN0 1586<br />
MS. IT. VII – 1155 (7453) Brescia – Miscellanea, Venezia, Biblioteca Marciana.<br />
Un manoscritto della Biblioteca Marciana di Venezia contiene il resoconto della visita alla<br />
Valtrompia compiuta dai Rettori veneti di Brescia nel giugno del 1586.<br />
Recita il manoscritto:<br />
f. 8 : Viaggio fatto per l’Ill.mo Signor Conte Honoris Scotto Governatore di Brescia in<br />
compagnia dell’Ill.mo Signor Gabriele Corsaro degnissimo Capitano di essa città nella visita del<br />
territorio e delle Valli del Bresciano.<br />
Domenica lì 8 giugno 1586…<br />
f. 12 : Mercore 25<br />
La mattina a Gardone, terra grossa in Valtrompia dove fu fatta la mostra di 200 archibuseri,<br />
benissimo disciplinati sotto la carica del Soldato Capo Jacomo, nel qual luogo vi è un forno con<br />
molte fusine; ed ivi si fanno le canne d’archibuso.<br />
Questa Valle è logo separato dal distretto di Bressa, principia sopra la Quadra di Nave, migli 7<br />
sopra la città e finisse nella sommità del Monte Maniva a confino di Bagolin; è di lunghezza miglia<br />
25; nella maggior larghezza un quarto di miglio et dal meggio in su se non quanto capisse il fiume<br />
Mella, et la via contiene 19 comuni…. Si ritrovano in essa Valle anime n. 17.994 et avanti la<br />
guerra ultima arrivavano al n. 21.242. Vi sono Huomini di fattione al n. di 1.840, ma per la peste e<br />
la guerra che fu dell’anno 1578, sono diminuite.<br />
1588 – ISTITUZIONE DEL FONDACO<br />
P.B. Le fucine gardonesi. Gardone, 2005.<br />
Onde evitare il protrarsi delle difficili situazioni in cui veniva a trovarsi la maestranza gardonese in<br />
occasione del blocco delle richieste da parte di Venezia, a Brescia ed a Gardone vengono istituiti i<br />
Fondaci, organizzazioni commerciali che avrebbero dovuto porre rimedio alle congiunture più<br />
difficili. Con queste finalità Venezia elargì un ingente finanziamento di 30.000 ducati. Con questa<br />
somma i gestori dei fondaci avrebbero dovuto acquistare materiale grezzo da distribuire ai maestri<br />
artigiani in ugual misura. I maestri potevano così affrancarsi dalle forniture capestro dei mercanti<br />
ed iniziare la lavorazione senza che fossero praticate scelte discriminanti. Lavorato il ferro e<br />
trasformatolo in canne, avrebbero dovuto settimanalmente consegnare il prodotto finito al fondaco<br />
che l’avrebbe acquistato e pagato in contanti dopo aver detratto il costo della materia prima. Nel<br />
fondaco si sarebbero immagazzinate le canne in attesa delle richieste della Serenissima. La<br />
temporanea mancanza di ordini avrebbe dovuto essere tamponata dallo stoccaggio ed i maestri<br />
avrebbero dovuto ottenere una continuità materiale di lavoro e di risorse per vivere.<br />
Purtroppo però, come spesso accade, l’ingordigia di pochi ( i fondegari) che seppero approfittare in<br />
ogni modo della loro posizione e la connivenza con i mercanti che vedevano acquistate canne di<br />
scadente qualità prodotte nelle loro fucine a basso costo da manodopera incapace, resero vano<br />
anche questo tentativo voluto dall’Amministrazione veneta sensibile alle necessità dei maestri<br />
produttori.<br />
1610 - LO “SVIAMENTO” DEI MAESTRI <strong>GARDONE</strong>SI IN ALTRI STATI<br />
ASV. Senato, Dispaccio Rettori Brescia, Filza 20.
I governanti degli stati nazionali ed esteri, si resero ben presto conto che per avviare e gestire una<br />
fabbrica di canne era necessaria la presenza di un maestro gardonese e così le offerte per i nostri<br />
“esperti” divennero sempre più allettanti , sia per denaro che per condizioni di lavoro. Molti agenti<br />
di questi stati lavorarono più o meno in incognito con lusinghieri successi, alcuni però furono<br />
arrestati, infatti a Gardone nel 1610:<br />
“ … un fattor del S.r Steffano Spinola, che era venuto qui per sviar maestri, alcuni de quali<br />
avevano anco dato intenzione di andar seco ad un luoco chiamato Ronco sul Genovese, dove esso<br />
Spinola ha fatto fabricar una fucina da lavorar canne d’arcobugio… “<br />
1615 - UN PREMIO PER PAOLO CHINELLI<br />
Carte della famiglia Chinelli<br />
C. QUARENGHI , Tecno-cronografia delle armi da fuoco italiane, Napoli, 1881. ad annum.<br />
Da Cavalcaselle il Provveditore generale di Terra Ferma Antonio Lando decreta un premio di<br />
Ducati 5 al mese da lire 6.4 l’uno, principiando dal giorno 29 aprile per tutto il tempo di sua vita<br />
a PAOLO CHINELLI da Gardone per il secreto di un Moschetto assai più facile ed utile<br />
dell’ordinario perché essendo l’ordinario lungo onze 40 di peso lire sessanta e che si usa col<br />
cavalletto et con l’opera di più persone, questo è lungo onze venticinque solamente, di peso lire<br />
disdotto et viene maneggiato da un uomo solo con la forcina come li Moschetti, porta balla uguale<br />
e fa la medesima passata come l’ordinario.<br />
Il decreto emanato dal Lando, oltre a riconoscere l’importanza e l’utilità dell’invenzione gardonese<br />
e stabilire un adeguato compenso per l’inventore, ordina pure che chiunque azzarderà di<br />
fabbricare moschetti di tal invenzione sia punito di prigione, galera et altro dovendosene riservare<br />
solo al Chinelli la produzione.<br />
1617 – ALTRO MOSCHETTO ED ALTRO INVENTORE (MA SEMPRE <strong>GARDONE</strong>SE)<br />
ASB, Reg. Priv., n. 8, p. 178.<br />
Un nuovo tipo di moschetto da cavalletto, più maneggevole e più leggero di quelli utilizzati al<br />
tempo è ideato e costruito da un altro armaiolo gardonese PIETRO FRANZINI che riceverà<br />
privilegio per la sua invenzione. L’arma :<br />
che per le prove che si son fatte riuscì della med. Et maggior passata ancora degli ordinari<br />
Moschetti, quali pesano intorno la metà più di quello, onde vedendosi il profitto che si può cavar<br />
da quest’arma nell’uso di guerra per la facilità di maneggiarla è bene di promuovere quanto si può<br />
l’industria dell’artefice.<br />
1621 – LE CANNE LAZZARINE<br />
B. PISTOFILO, Oplomachia, Siena, 1621.<br />
“… Le canne lazzarine fabbricate a Gardone nel Bresciano fin’hora tutte le altre avanzano… “<br />
1626 - PAOLO CHINELLI ED I SUOI CANNONI<br />
M. MORIN – R. HELD, Beretta. La dinastia industriale più antica del mondo, Chiasso,<br />
Acquafresca, 1980.<br />
Nel 1626 Paolo Chinelli presenta ai Rettori tre cannoncini : due da un libbra e uno da quattro già<br />
collaudati a Gardone. I pezzi sono realizzati in ferro, quindi molto più leggeri di quelli in bronzo.<br />
Uno dei piccoli viene provato nel poligono del Castello di Brescia e con una carica da sei once il<br />
proiettile attraversa tredici “fili di tavola”, mentre un analogo pezzo in bronzo, caricato con tredici<br />
oncie ne trapassa quindici. In proporzione quindi il cannoncino del Chinelli dà risultati nettamente
superiori. Il pezzo viene inviato a Venezia, ma i tradizionali nemici del ferro, umidità e salsedine,<br />
ne sconsigliano l’uso per la Serenissima. Molti pezzi vennero però esportati, specialmente in<br />
Francia.<br />
1636 - “ LA MAESTRANZA DI <strong>GARDONE</strong>... A ME SEMPRE CARISSIMA “<br />
ASV, Senato, Dispacci dei Rettori, Brescia1636, Andrea Corner.<br />
Il nuovo Capitano Veneto Andrea Corner subentrato il 16 febbraio 1636 all’omonimo Francesco<br />
Corner, nella sua prima relazione al Doge tratta della maestranza gardonese:<br />
.... Non ho tralasciato d’informarmi della Maestranza di Gardone a me sempre carissima e della<br />
quale per il publico servitio farò di continuo sommo capitale et si come trovo che per i disordini<br />
che tuttavia regnano fra quelle genti non è più quel negotio nella floridezza ch’era gli anni addietro<br />
così desiderando io d’augumentarlo vivissima sarà la mia applicazione al suo solievo per ridurla in<br />
quiete se mai si potrà procurando di far venire quelli che vi fossero assentati per rimetter il<br />
negotio tanto importante al servitio di V. Ser/tà et intendendo che un tal Paolo Chinelli maestro di<br />
molto valore et di grandissimo ingegno si trova nel Milanese per eriger edificij ne quali è<br />
peritissimo... ho scritto al Residente in Milano che se ne informi particolarmente (e anche per altri<br />
della stessa professione) di farli ritornare...<br />
1639 - E IL RE DISSE: “TUTTE LE MIE <strong>ARMI</strong> NON VALGONO UNA DI QUESTE”…
Nell’Armeria Reale di Svezia è conservato un trittico di armi ( 2 pistole e 1 carabina) che vengono<br />
considerate dagli esperti tra le cento armi da fuoco più belle del mondo. La loro storia affonda le<br />
radici anche in terra gardonese. Siamo nel 1628. In seguito alla morte di Vincenzo II Gonzaga, e<br />
due sono i pretendenti alla successione: Carlo di Nevers Gonzaga, legato ad interessi francesi e<br />
veneziani e Francesco Gonzaga interessato a quelli spagnoli. La Spagna per conquistare terre ed<br />
influenza politica tenta le sorti militari, pone l’assedio a Casale Monferrato e Mantova che viene<br />
conquistata e devastata. La città viene però restituita al pretendente filofrancese che muore nel 1637<br />
lasciando erede il nipote Carlo. Il repentino abbandono, da parte dei legati francesi, della città<br />
mette in allarme il governo della Serenissima che teme avvenimenti indesiderati. L’ambasciatore<br />
veneto a Parigi è impegnato nel mantenere viva l’alleanza franco-veneziana ed in questo clima il<br />
Correr rende noto a Venezia il grande desiderio di re Luigi XIII di possedere un paio di pistole<br />
bresciane da cavallo autocaricanti. E’ immediatamente inviato l’ordine ai Rettori bresciani che<br />
venga affidata ai più bravi maestri del tempo la costruzione delle armi per il re.<br />
I Rettori rispondono che gli incarichi sono assegnati e che un loro inviato seguirà giornalmente il<br />
delicato lavoro.<br />
Il 27 aprile 1639 il Podestà di Brescia Civran avvisa le autorità lagunari che le armi, due pistole ed<br />
una carabina, sono state ultimate. Con corrieri e scorta speciale, previa una consistente<br />
assicurazione, le armi, poiché i passi montani sono chiusi, sono inviate via mare in Francia.<br />
Il 30 ottobre, in Lione, a Luigi XIII che conversa nella sua camera con i cavalieri della corte,<br />
l’ambasciatore veneto presenta il dono del Senato riposto in una mirabile custodia. Il re apre<br />
personalmente la cassetta e, senza permettere che altri le tocchino, esamina le armi tanto desiderate<br />
chiamando ad uno ad uno i suoi cavalieri affinché le ammirino. Pronuncia poi la famosa frase che<br />
ha dato origine al nostro dire : Tutte le mie duecento armi insieme non valgono una di queste ! Il re<br />
ordina poi che sulla sua carrozza personale e con la scorta della sua guardia le armi siano trasferite a<br />
Parigi.
Ma chi furono gli artefici di tanta bellezza ? Per l’accuratissimo lavoro vennero impiegati cinque<br />
maestri bresciani, i cui nomi sono assurti a fama mondiale :<br />
Giovanni Cavazzolo fabbricò le piastre a ruota,<br />
Giacinto Secardo realizzò le traforature ornamentali,<br />
Antonio Cosi ed il figlio Carlo le cesellarono,<br />
ed infine LAZARINO COMINAZZO fu l’artefice che con la sua opera rese eccelsa la qualità delle<br />
armi..<br />
E proprio il gardonese Lazarino domanda per le sue canne 180 ducati, somma ingente se rapportata<br />
ai 5 ducati che all’epoca costava una pistola militare, ma compenso giudicato dal Lazarino stesso<br />
proporzionato alla qualità del suo lavoro : “Che nesun altro mai fatto tal opera”. (P.B.)<br />
1641 – GIOVANNI ANTONIO BERETTA E IL SUO CANNONE A RETROCARICA<br />
M. MORIN – R. HELD, Beretta…cit.<br />
Nel 1641 Giovanni Antonio Beretta presenta al governo della Serenissima un cannone a retrocarica<br />
di sua invenzione che dovrebbe agevolare le procedure di fuoco dalla prua delle galee. Scrive che:<br />
… molti autori hanno inventato diversi modi per caricare detti pezzi per dietro, quali mai sono<br />
riusciti perché a tutti li fugge il fuoco per la culatta e non puol fare il suo conveniente tiro. Io,<br />
Serenissimo Principe, ho ritrovato il secretto vero et sicuro per caricarli per la culatta, la quale<br />
resterà come se fosse tutti di un pezzo, che non potrà fuggirli il fuoco e non haverà una minima<br />
esalatione, et il secretto glielo farò vedere in un pezzo di ferro da due libbre di balla, et si può<br />
assicurarsi che il detto secretto riuscirà in ogni gran bocca di cannone, dove che faranno lo stesso<br />
tiro e stessa passata come quelli ordinarij che si caricano per la bocca…<br />
Dopo lunga sperimentazione e prova, il Senato decide di realizzare un falcone da sei libbre a spesa<br />
pubblica anziché, com’era d’uso, a spese dell’inventore ed emise poi questa deliberazione:<br />
… Il fedel Giovanni Beretta da Gardon di Val Trompia, territorio bresciano, raccorda (propone)<br />
con sua supplicatione modo sicuro e facile con il quale potranno esser con la maggior celerità<br />
caricati pezzi d’artiglieria, particolarmente li falconi da sei (libbre) posti nel banco di prora sopra<br />
le galee, rappresentando non potersi questi ricaricare se non con grande incomodo e pericolo,<br />
sopra di che essendosi inteso le informazioni delli Provveditori alle Artiglierie, che stimano il suo<br />
raccordo di publico rilevante servizio… et avendo avuto le fedi della buona riuscita, sia poi<br />
concessi al sudetto Beretta per anni trenta 10 ducati al mese intieri…<br />
Onde evitare i danni “ del rugine” il cannone sarà “alligato con coperta di rame” . L’alligatura<br />
consisteva nell’applicare sul ferro un’amalgama di rame sciolto in mercurio seguito<br />
dall’evaporazione del mercurio a caldo. La tecnica era usata per la protezione di molti oggetti in<br />
ferro a bordo delle navi.<br />
1657 - SI PRODUCE POLVERE DA SPARO<br />
M. MORIN – R. HELD, Beretta…, cit.<br />
A testimonianza del tentativo di “diversificare” (pur restando nell’ambito) la produzione, i<br />
gardonesi si interessano alla produzione di munizioni. Nel 1657, infatti, viene appaltato a Francesco<br />
Ferraglio l’ incarico per la produzione di polvere da sparo con salnitro estero che lui stesso importa.<br />
1689 - I PRODUTTORI DI CANNE
M. MORIN – R. HELD, Beretta…, cit.<br />
P.B. Le fucine… cit.<br />
Una nota allegata ad un dispaccio del 1689 inviato a Venezia dai Rettori di Brescia fornisce dati<br />
sulla produzione di armi da guerra vendute dalle singole famiglie di produttori dal 1. luglio 1686 al .<br />
12 luglio 1689:<br />
Antonio Signorino 6.062 canne<br />
Gio. Antonio Rampinelli 5.440 canne<br />
Alessandro Francino 3.895 canne<br />
Pantaleone Belli 3.180 canne<br />
Giuseppe Bertarini 2.114 canne<br />
Fratelli Beretta 2.018 canne<br />
In questi anni i Signorino erano titolari di impianti siti nelle Fucine in Fondo alle Cornelle e in<br />
quella del Gramineto; i Rampinelli nelle Fucine del Nespolo, Fornace di Sopra, Longa, Di<br />
Manenti; i Franzini nelle Fucine Fornace di Sopra, Lazzaretto, Vecchia, Graminente, Vecchia, In<br />
Capo a Gardone ed i Bertarini nelle Fucine Tra le Seriole e Graminente. I Belli ed i Beretta, in<br />
questi anni, non erano titolari di impianti il che conferma la precipua caratteristica di commercianti<br />
svolta, almeno in questo periodo, dalle due famiglie.<br />
1706 – ADDETTI, MAESTRI ED ASSISTENTI<br />
D. MONTANARI ., Produzione d’armi da guerra... in Atlante Valtrumplino, Brescia, 1982.<br />
Nel 1706 la fabbricazione delle canne impiegava circa 400 addetti, escludendo le donne che<br />
numerose si prestavano per le operazioni di rifinitura. A questa cifra bisogna aggiungere anche<br />
coloro che erano addetti alla produzione ed al trasporto del carbone, oltre ai muratori, in<br />
permanenza occupati nella riparazione e riattamento delle officine. Il lavoro degli operai si svolgeva<br />
sotto la direzione di 32 capi maestri, coadiuvati da 64 assistenti e le maestranze erano raggruppate<br />
secondo la specializzazione.<br />
1715 – GUAI AI MAESTRI TRANSFUGHI<br />
ASV, Terminazione dell’Ecc.mo cap. di Brescia P. Girolamo Cappello concernente le maestranze<br />
delle canne d’archibugio da guerra… 12 maggio 1715.<br />
Noi Pietro Girolamo Cappello per la Ser.ma Repubblica di Venezia.. capit. di Brescia, e sua<br />
giursidiz. :<br />
“ Per togliere una volta il dannatissimo abuso, che rileviamo introdotto in Gardone nella Fabbrica<br />
di canne di vario genere, e ad uso di Guerra senza la cognizione de’ Sindici di quelle Maestranze, e<br />
ad oggetto di render universalmente in esse mantenuto il lavoro, senza che abbino con Pubblico<br />
pregiudizio a disperdersi in esteri Stati, inerendo a Decreti de’ Processori nostri.. particolarmente<br />
alla Terminazione… Daniele Dolfin… 19 luglio 1698 ordiniamo e comandiamo:<br />
Che non possa da chi si sia esser stabilito contratto con alcuno de’ particolari delle Maestranze<br />
medesime d’ogni, e qualunque forte di Canne da guerra, senza che prima passi sotto l’esame, e<br />
cognizione de’ Sindaci delle suddette Maestranze così (che qusti possano) distribuire con<br />
uguaglianza i lavori… E poiché si rende sempre più della pubblica importanza, che non sia dalle<br />
Valli Trompia, e Sabbia, e Canonica immaginabilmente distratto fuori dal Dominio alcun Artefice<br />
sì istruito di Canne … ne che venga ammesso alcun forestiero ad esercitarsi in tali Lavori, cosicché<br />
passando l’Arte in esteri Stati, ne derivi il grave danno a gente sì benemerita dalla dispersione<br />
della Fabbrica, e fia anco con publico discapito precluso l’esito della negoziazione, resterà<br />
risolutamente proibito a qualunque persona, che si esercita nei lavori delle canne… l’uscir per
cadaun motivo fuori di questo Sato, ne sotto qualsisia colore, o pretesto ammettere, o ricevere<br />
nelle proprie fucine alcuna persona straniera, somministrar ad essa alcun lume, et assistenza, ne<br />
permettere che venga appreso il lavoro sotto le pene corporali, ed afflittive, che meglio paressero<br />
alla Giustizia medesima …<br />
1724 - LE FAMIGLIE PROPRIETARIE DEI “FOGHI”<br />
ASV. Inquisitori di Stato. Dispacci dei Rettori. Brescia, busta 232<br />
Da una deposizione giurata rilasciata nel 1724 le fucine gardonesi e gli impianti a loro annessi<br />
erano, per famiglie, così suddivisi:<br />
FAMIGLIA FUCINE FOGHI<br />
MORETTI 2 4<br />
ZAMBONETTI 1 3<br />
PELLIZZARI 1 4<br />
BERETTA 1 3<br />
CHINELLI 2 5<br />
GASPARINI 1 2<br />
MUTTI 1 2<br />
ACQUISTI 1 2<br />
RAMPINELLI 2 4<br />
CHINELLI 1 2<br />
1748 - IL LAVORO <strong>GARDONE</strong>SE NELLA RELAZIONE DEL GRIMANI<br />
ASV, Inquisitori di Stato, Busta 20.<br />
La relazione di Girolamo Grimani “ savio di terra ferma” ( Segretario di Stato alla guerra) esprime<br />
chiaramente la penosa situazione creatasi a Gardone fra i mercanti ed i maestri produttori. La<br />
supremazia dei primi, contro cui hanno lottato anche altri magistrati veneti, danneggia, sino alla<br />
fame, lo stato economico dei maestri e produce materiali (canne) non più all’altezza della fama<br />
della Fabbrica Gardonese.<br />
“…. Ma prima di dare fine a questa riverente carta, crederei d’offendere mortalmente i riguardi di<br />
si grave materia, se ommettessi alcun cenno… sopra la disciplina delle Maestranze di Gardone…<br />
In questa terra situata nella Val Trompia abita un popolo per la più parte misero, che non trae<br />
alimento, se non dal lavoro delle Canne, ma fedele e valoroso in una Contrada di tanta importanza,<br />
perché membro di una Valle situata al Confine. Ne sentì i frutti nelle più ardue occasioni de soli<br />
addietro e ne rilevò il merito la Serenissima Repubblica assegnandogli sempre il lavoro delle<br />
Canne anche a fronte di contratti altrove stabiliti, et ordinando lavori senza presentaneo bisogno,<br />
ma per accarezzarlo e sostenerlo.<br />
Si divide in Maestranze superiori, et inferiori, cioè commode e povere. Le prime cercano sempre<br />
di soprafar le seconde, e l’Eccellentissimo Senato diede più volte protezione agli oppressi per<br />
motivo di carità, ma insieme di buon servizio della Fabbrica (fabbricazione) utilissima per varij<br />
rispetti. Quindi se tal volta non si ebbero da Gardone Canne perfette col nome delle Maestranze<br />
non è da imputarsi all’universale di quella Misera Popolazione, ma più tosto a pochi di più<br />
fortunati in quel Cielo, che disposero la materia a proprio talento”.<br />
“ Il modo è questo. Li Mercanti e Bollitori cercano di far lavorare le Canne da altri, che da veri<br />
Artisti descritti nelle tre Fraglie, e con prezzo minore impiegando i Villici e Coloni oziosi nella<br />
staggion d’Inverno. Quindi patiscono le Fraglie stesse, e passando per mani poco esperte patisce il<br />
lavoro
1766-1770 STATISTICA SULLE PROFESSIONI NELLE VALLI<br />
ASV, Anagrafi di tutto lo Stato della Serenissima Repubblica comandate dall’Ecc.mo Senato...<br />
Venezia 1768.<br />
Territori Negoziant<br />
i<br />
Artigian<br />
i<br />
Armaioli<br />
armifuoc<br />
o<br />
Fabbr.arm<br />
i bianche<br />
Carrettier<br />
i<br />
Cavallant<br />
i<br />
Lavoranti<br />
Campagn<br />
a<br />
Valcamonic<br />
a<br />
176 514 11 9 115 101 9.373<br />
Valsabbia 97 778 19 11 73 137 2.992<br />
Valtrompia 71 1.122 130 11 17 203 1.714<br />
Totale 344 2.414 160 31 205 441 14.079<br />
1780-84 – STATISTICA DEGLI IMPIANTI E <strong>DELLE</strong> STRUTTURE PRODUTTIVE<br />
ASB, Cancelleria prefettizia superiore, busta 46.<br />
Territori Fucine da fer- Fucine da Fucine da Fucine da Forni da ferro<br />
rarezza rame canne chioderia<br />
Valcamonica 97 2 0 13 8<br />
Valsabbia 41 0 0 5 4<br />
Valtrompia 33 0 10 16 6<br />
Totale 171 2 10 34 18<br />
1806 - EUGENIO DI BEAUHARNAIS VISITA LE FABBRICHE <strong>GARDONE</strong>SI<br />
AA. VV. Visitatori illustri in Antologia gardonese, Brescia, 1969.<br />
La presenza dell’antica fabbrica d’armi determinò, dopo quella dell’Arciduchessa d’Austria, la<br />
visita a Gardone di molte personalità politiche, di re e imperatori.<br />
Eugenio di Beahurnais fu vicerè d’Italia dal 1805 al 1814. Era figlio di Josephine Tascher de la<br />
Pagerie, prima moglie di Napoleone vedova di Alexandre Beahurnais deputato agli Stati generali e<br />
vittima del Terrore. In occasione del matrimonio venne adottato con la sorella Ortensia ( che poi<br />
sposando Luigi Bonaparte divenne regina d’Olanda) da Bonaparte. Giunto a Gardone,<br />
riconosciutane ed apprezzatane l’importanza, istituì in Brescia un arsenale con un distaccamento ,<br />
comandato dal capitano Nobili, con sede a Gardone.<br />
1811 – IL PARIS PRODUCE LE PRIME CANNE DAMASCATE<br />
M.COMINAZZI Cenni sulla Fabbrica d’armi di Gardone in Valtrompia. Brescia, 1843.<br />
Gio Battista Paris, dell’omonima impresa, introduce nella fabbricazione delle canne la tecnica della
damascatura che le rende più solide ed esteticamente ecceziona<br />
li<br />
1825 - LA PERFETTA DAMASCATURA<br />
C. QUARENGHI, Tecnocronografia…, cit.<br />
La ditta gardonese Crescenzio Paris rappresentata da Gio Battista Paris, viene premiata dall’ I.R.<br />
Istituto Veneto per la perfetta damascatura delle canne da fucile.<br />
1827 - LE <strong>ARMI</strong> FULMINANTI<br />
C. QUARENGHI, Tecnocronografia…, cit.<br />
Da un registro di conti della ditta gardonese Crescenzio Paris si rilevano notizie sulle armi da<br />
caccia fulminanti ossia coll’innesco a pallottolina di fulminato di mercurio. In data 27 luglio sono<br />
nnotate infatti le seguenti cessioni::<br />
Un para di canne fulminate al sig. Longareti di Urgnano (BG) per lire 2<br />
Un para azzalini fulminanti a Luigi Zanetti per lire 2<br />
Una canna a torchione per lire 6<br />
Una detta fulminante per lire 1<br />
1845 - LA SPINGARDA DEI FRANZINI<br />
P.BOLOGNINI – F. TROVATI, . Enciclopedia gardonese..., . cit.<br />
L’Ateneo di Brescia premia la ditta Franzini per aver fabbricato una magnifica spingarda di ferro<br />
damascato impreziosita dalle incisioni di Vincenzo Mutti.<br />
1860 - <strong>GARDONE</strong> CENTRO DI PRODUZIONE <strong>DELLE</strong> CANNE<br />
Giornale Militare, 1860.<br />
M. GUIZZETTI, La produzione armiera nell’economia valtrumplina tra il 1825 ed il 1875. Tesi di<br />
laurea, a.a. 1994-1995.<br />
Annessa la Lombardia, il nuovo governo si premura di dar maggior vigore all’industria delle armi<br />
riorganizzando la fabrica già esistente e concentrando a Gardone la fabbricazione delle canne.<br />
“… Saranno istituiti in Gardone appositi laboratori per le canne, i quali saranno considerati come<br />
succursali e alla dipendenza della Fabbrica di Brescia. Ivi sarà destinato un rappresentante del<br />
Direttore di Brescia, che sarà sotto la sua dipendenza e responsabilità. La Direzione cercherà due<br />
o tre officine da prendersi a pigione nel paese, ne converrà con i proprietari le locazioni, e farà<br />
pervenire i contratti al Ministero per l’approvazione… Gli operai fabbri dovranno provvedersi essi<br />
medesimi il carbone, e nel fabbricar canne si dovranno rotolare al meglio… al fine di evitare che<br />
nella transizione, venga a mancar lavoro, si manderanno a Gardone fucili di fanteria da riparare…
1892 - SI INAUGURA IL “BERSAI”<br />
P.BOLOGNINI – F. TROVATI, . Enciclopedia gardonese…cit.<br />
Le origini del “ Bersai” gardonese risalgono alla legge del 2 luglio 1882 che, promulgata su<br />
proposta di Giuseppe Garibaldi, istituiva in Italia il Tiro a Segno Nazionale allo scopo di preparare<br />
le nuove generazioni al servizio militare e di mantenere in addestramento gli effettivi dell’esercito<br />
e delle milizie. Il 13 settembre del 1883, a firma dell’allora sindaco Giuseppe Guerini, veniva<br />
affisso in Gardone un manifesto che invitava i cittadini ad iscriversi nei ruoli dei tiratori. Pochi<br />
mesi dopo, il 20 gennaio 1884, aveva luogo la prima riunione del sodalizio cui avevano aderito<br />
ottantadue soci sotto la presidenza del sindaco Guerini coadiuvato dai consiglieri avv. Giovanni<br />
Quistini, Giacomo Zanetti e dal garibaldino Giuseppe Peruchetti.<br />
Venne iniziata la costruzione del poligono ( che prenderà il nome di “Bersai” dalla dialettizzazione<br />
del termine “bersaglio”) in Valle di Gardone, sulla sinistra orografica del torrente Tronto.<br />
Nell’opera si impegnò l’impresa edile Foresti di Bisogne; assistita da Pietro Paolo Cotelli.<br />
L’imponente edificio
con le sue torri merlettate che lo rendevano del tutto simile ad un maniero medievale, fu progettato<br />
dall’ing. Camillo Arcangeli e costò complessivamente 17.585 lire.<br />
Il 25 settembre 1892 nella sala municipale di Gardone venne inaugurata la Società di Tiro a Segno,<br />
e al Bersai, che restò il poligono di tiro gardonese fino agli anni ’50 del secolo scorso, iniziarono le<br />
competizioni inaugurali che durarono cinque giorni con lo sparo di 14.326 proiettili di fucile ’91.<br />
Il primo colpo fu sparato dall’on. Zanardelli, padrino della cerimonia. Le gare assegnarono poi<br />
trentacinque premi, fra i quali, il primo, un vaso d’alabastro orientale con rifiniture in bronzo dorato<br />
era dono del re. Sessantacinque furono i tiratori che parteciparono ai vari concorsi ed il primo<br />
premio venne conquistato dalla squadra bresciana; il terzo da quella gardonese composta dall’avv.<br />
Giovanni Bianchi, da Giuseppe Mori e da Pietro Beretta.
Sigle usate nelle abbreviazioni:<br />
ASB Archivio di Stato di Brescia<br />
ASV Archivio di Stato di Venezia
L’ARSENALE DI <strong>GARDONE</strong> V.T.<br />
Nel 1806 durante la sua visita a Gardone e alle fabbriche d’armi del paese, Eugenio di Beahuarnais<br />
vicerè d’Italia, ammirata l’industriosità e la potenzialità produttiva delle aziende locali, istituiva<br />
con I.R.D. un “ Arsenale militare” a capo del quale venne posto un ufficiale.<br />
Nel 1845 esisteva già un vasto capannone e veniva distribuito il lavoro alle officine che operavano<br />
per l’Arsenale. Nello stesso fabbricato si procedeva al collaudo dei materiali.<br />
I lavori di sistemazione della struttura, vennero ultimati nel 1850 anche per le pressioni esercitate<br />
sul Governo dalla Commissione insediata con l’incarico di attuare i provvedimenti a favore degli<br />
alluvionati dall’inondazione del Mella dell’agosto 1850.<br />
Con l’annessione della Lombardia al Regno Sardo, l’Arsenale, con R.D. 18 agosto 1859 assume la<br />
denominazione di : “Fabbrica d’armi di Brescia”.<br />
Ebbe così inizio l’attività di uno dei più antichi stabilimenti militari, ricco di storia e caratterizzato<br />
dall’opera fattiva delle maestranze nelle vicende risorgimentali.<br />
L’attività ebbe immediato sviluppo dato che il Municipio offrì all’impresa garibaldina mille fucili e<br />
che a questa fornitura seguì un ordine di ventimila fucili da parte di Vittorio Emanuele II.<br />
Nel 1860, costituitosi l’Esercito italiano, la “ Fabbrica D’Armi di Brescia” venne inclusa<br />
nell’ordinamento dell’Artiglieria mantenendo il nome. Dal 1968 al 1970 le officine gardonesi<br />
concorrono alla trasformazione di ottocento mila fucili ad avancarica in fucili ad ago sistema<br />
Carcano. Nel 1871, dopo l’ampliamento dell’opificio, inizia la trasformazione di un milione di<br />
fucili Wetterly in Wetterly-Vitali 70-87. Nel 1892 prende l’avvio la fabbricazione della famose<br />
armi modello 91. Di questa serie i primi diecimila pezzi nascono a Gardone e verranno dati in<br />
dotazione alle truppe alpine. Dal 1898 al 1911 la “Fabbrica D’Armi” perde il suo carattere<br />
autonomo e, per effetto del R.D. 29-12-1910, viene aggregata come stabilimento sussidiario<br />
all’Arsenale di Terni e poi soppressa.<br />
Nel 1911, a seguito della situazione internazionale, viene deciso l’ampliamento della struttura<br />
produttiva e dai cento operai del 1911 si arriverà ai tremilasettecentonovanta del 1917. Imponente<br />
fu per l’Italia l’apporto dell’Arsenale gardonese alla soluzione del primo conflitto mondiale. I<br />
governi che si succedettero nel dopoguerra ignorarono del tutto gli stabilimenti militari fino al 1933,<br />
anno della totale riorganizzazione. La produzione si intensificò dal 1935 per la guerra italo-etiopica.<br />
Il secondo conflitto mondiale vide lo stabilimento modernamente attrezzato e con una produzione<br />
imponente. L’8 settembre 1943 l’Arsenale in piena produzione è requisito dalle truppe tedesche e<br />
consegnato alla O.M. . Dello stabilimento non rimarrà che un Ufficio Stralcio con scarso personale<br />
e funzioni di liquidatore. Terminate le vicende belliche, nonostante illusorie speranze, la O.M. tornò<br />
nella sua struttura cittadina ed all’abbandono seguì la cessione della parte moderna della struttura ad<br />
altre imprese.
IL BANCO NAZIONALE DI PROVA <strong>DELLE</strong> <strong>ARMI</strong> DA FUOCO<br />
PORTATILI<br />
I Banchi di prova delle armi da fuoco portatili sono organizzazioni nelle quali le armi vengono<br />
sottoposte a delle prove forzate che diano, se superate, l’assicurazione che i materiali impiegati<br />
nella loro costruzione e la qualità delle lavorazioni possano dare affidamento di resistenza<br />
nell’impiego normale.<br />
La prova delle armi costituisce quindi titolo di pregio e di garanzia per l’industria armiera<br />
nazionale.<br />
I più antichi Banchi di prova europei sono quelli di Liegi (1622), Londra (1637), S. Etienne (1741)<br />
ai quali, in ordine di tempo, seguì quello di Gardone che cessò però la propria attività con la caduta<br />
della Repubblica Veneta (1797).<br />
Nei primi anni del Novecento i migliori produttori italiani chiesero con insistenza l’istituzione di un<br />
Banco di prova e finalmente, con Decreto 13 gennaio 1910, si fondò il BANCO NAZIONALE DI<br />
PROVA <strong>DELLE</strong> <strong>ARMI</strong> DA FUOCO PORTATILI con sede a Brescia e con due laboratori: uno in<br />
città ed uno a Gardone V.T.. Numerosi intralci impedirono il funzionamento della nuova istituzione<br />
fino al 1 settembre 1920 quando venne aperta la sezione di Gardone V.T. cui seguì il 1 luglio 1921<br />
l’inaugurazione di quella di Brescia.<br />
Pur essendo la prova delle armi ancora facoltativa, in quello stesso anno vennero provate 34.802<br />
armi; nel 1932 – 41.644 e nel 1924 – 48.040. I produttori armieri andavano nel frattempo<br />
convincendosi della necessità della prova obbligatoria che fu sancita definitivamente con Decreto<br />
del 30 dicembre 1923. Dopo un periodo di adeguamento, la norma entrò in vigore il 9 febbraio<br />
1925. Il 17 maggio 1930 cessò l’attività la sezione di Brescia e quella di Gardone assunse<br />
maggiore importanza fino all’istituzione, con Decreto del 23 febbraio 1960, di un unico Banco<br />
Nazionale con sede in Gardone, cui viene dato un preciso regolamento con il D.P.R. del 28 ottobre<br />
1964.<br />
Il Banco gardonese trovò la sua prima localizzazione in due edifici sulla destra orografica del Mella<br />
e nel 1951 venne trasferito in località “Cornelle”, in un ex dormitorio per operaie della ditta Beretta.<br />
Le continue modernizzazioni e l’adozione delle più sofisticate tecnologie, unite alle notevoli<br />
capacità della dirigenza e delle maestranze, hanno fatto sì che oggi il Banco gardonese possa<br />
essere considerato il più importante del mondo.
OSPITI ILLUSTRI IN TERRA DI <strong>GARDONE</strong><br />
La presenza a Gardone di un’attiva e rinomatissima produzione armiera condusse nel<br />
centro trumplino, per un secolo, principi, imperatori e personalità politiche desiderosi<br />
di visitare personalmente gli opifici e di avere dirette informazioni sulle invidiate<br />
tecnologie produttive.<br />
In ordine cronologico le cronache del tempo ricordano la visita di:<br />
1781 MARIA AMALIA ARCIDUCHESSA DI PARMA<br />
moglie di Ferdinando di Borbone duca di Parma, sorella degli imperatori<br />
Giuseppe II e Leopoldo II d’Austria<br />
1806 EUGENIO DI BEAUHARNAIS VICERE’ D’ITALIA<br />
istituisce un Arsenale a Brescia con un distaccamento a Gardone<br />
1816 FRANCESCO I IMPERATORE D’AUSTRIA<br />
accompagnato nella sua visita dal PRINCIPE DI METTERNICH<br />
1818 ARCIDUCA RANIERI VICERE’ DEL LOMBARDO VENETO<br />
accompagnato dalla moglie MARIA ELISABETTA<br />
1820 FERDINANDO III GRANDUCA DI TOSCANA<br />
1823 Nuova visita dell’ARCIDUCA RANIERI<br />
1824 LEOPOLDO II GRANDUCA DI TOSCANA<br />
1825 ARCIDUCA FRANCESCO CARLO D’ASBURGO<br />
accompagnato dal suocero MASSIMILIANO RE DI BAVIERA<br />
1834 ARCIDUCA GIOVANNI D’ASBURGO<br />
1838 ARCIDUCA LUIGI D’ASBURGO<br />
1842 ARCIDUCA STEFANO D’ASBURGO<br />
1890 S.M. UMBERTO I RE D’ITALIA<br />
accompagnato dal PRINCIPE DI NAPOLI e dal Ministro di Stato
GIUSEPPE ZANARDELLI
Guida alla mostra
LA VILLA MUTTI BERNARDELLI<br />
SEDE DEL <strong>MUSEO</strong> <strong>DELLE</strong> <strong>ARMI</strong> E <strong>DELLA</strong> <strong>TRADIZIONE</strong> <strong>ARMI</strong>ERA IN<br />
<strong>GARDONE</strong> V.T.<br />
Il Museo è ospitato con la Biblioteca in un edificio già proprietà della famiglia Mutti-<br />
Bernardelli acquisito da alcuni anni dal Comune di Gardone Valtrompia.<br />
La villa si sviluppa su una superficie di duemilacinquecento metri quadrati e<br />
comprende ambienti che spaziano dal XV al XVIII secolo.<br />
Il corpo centrale della costruzione è caratterizzato da un portico colonnato con archi<br />
ribassati tipico delle coeve abitazioni signorili seicentesche ancor esistenti in<br />
Gardone.<br />
Particolarmente interessanti sono alcuni locali del piano terra: un’ampia sala con<br />
camino in pietra, datato 1749 e fregiato dallo stemma dei Mutti; un salone attiguo di<br />
impostazione quattrocentesca con volta scandita a vele, sotto le quali sono sistemati<br />
alcuni lunettoni dipinti su tela da Giuseppe Mozzoni; un salotto con soffitto a<br />
cassettoni sul quale compaiono i segni zodiacali accompagnati dallo stemma della<br />
Valle Trompia.<br />
Da questo, che è detto il salottino rosso, per un ingresso che si apre sulla parete<br />
sinistra si accede all’ex cappella privata della villa. Sulla parete destra del piccolo<br />
oratorio, dove probabilmente era eretto l’altare con il trabernacolo, visibile una bella<br />
scultura in bassorilievo assegnabile al XVI secolo. Raffigurante una Madonna in<br />
trono con Bambino. Sotto questa scultura, in un tondo scolpito ancora in bassorilievo<br />
si ammira il busto di un prelato, probabilmente un discendente degli antichi<br />
proprietari della villa.<br />
Nel corpo di fabbrica attiguo si trova un’ampia sala, con copertura a volto ed<br />
interessanti decorazioni.<br />
Al piano superiore, quella che doveva essere un’unica grande sala è stata suddivisa<br />
in diversi ambienti. Sotto i soffitti settecenteschi sono state rinvenute travi e mensole<br />
in legno intagliate.<br />
Di rilievo sono anche alcuni motivi decorativi che si vedono nel portico di accesso al<br />
parco ( ora giardino pubblico comunale) che delimita anche un locale un tempo<br />
adibito a stalla, che conserva alcuni arredi in ferro e pietra di notevole interesse.<br />
Degni di nota sono anche la fontana del cortile – alimentata da una cisterna<br />
sotterranea – ed il pozzo celato dietro la finta parete in una delle stanze al piano<br />
terreno.
“ La prima et principal mercantia della città di Brescia è la ferrarezza et l’arte delle armi, come<br />
spade e corsaletti… “<br />
A Brescia l’arte del fabbricare armi ed armature fu una delle principali, forse la più importante,<br />
tra le attività economiche fin dai tempi remoti.<br />
La città è infatti collocata allo sbocco di tre Valli: Val Camonica, Val Trompia e Val Sabbia. Di<br />
queste le prime due abbondano di giacimenti di ferro, il minerale necessario per la produzione<br />
delle canne.<br />
Dal 1426 anche Brescia e la Val Trompia entrano a far parte dei territori della Serenissima ed i<br />
gardonesi in particolare, contribuiscono al successo delle armate venete impegnate contro i<br />
Visconti, derivandone numerosi benefici consistenti in esenzioni fiscali ed ampi privilegi sul<br />
commercio delle ferrarezze. Il settore armiero si affermò particolarmente nel secolo XVI anche<br />
se non fu sempre facile conciliare gli interessi della politica estera veneta con quelli dei maestri<br />
trumplini.<br />
VETRINA N. 1<br />
Nel ‘400 l’armatura, evoluzione delle corazze che già nella seconda metà del Trecento<br />
rivestivano interamente il guerriero, raggiunge un equilibrio pratico-funzionale difficilmente<br />
eguagliabile. La sobrietà di linee e la perfezione plastica rispecchiano appieno la nostra<br />
mentalità rinascimentale. Verso la fine del secolo si produssero armature “alla tedesca” non<br />
solo per il gusto d’oltralpe, ma anche legate ad una nuova concezione ed ad un nuovo utilizzo<br />
guerresco delle fanterie che si perfezionò nelle Guerre d’Italia.<br />
Per tutto il XVI secolo convivono produzioni di armature completamente lisce, sbalzate o<br />
decorate, che si adeguano ad usi e costumi del committente. Nascono guarniture con infinite<br />
soluzioni di pezzi intercambiabili, a seconda dell’impiego richiesto, ormai non esclusivamente<br />
da guerra , ma prodotte anche solo per soddisfare le varie forme di giochi guerreschi quali<br />
giostre e tornei, seguendo poi, nelle varie linee, l’evoluzione della moda legata al costume<br />
civile.<br />
1/V1 - BACINETTO<br />
Italia settentrionale; 1400 ca.<br />
Copricapo di ferro in uso, nelle sue varie<br />
evoluzioni, dalla fine del XII sec. alla prima<br />
metà del XVI.<br />
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
2/V1 - PETTO<br />
Italia settentrionale; XV sec.<br />
Parte dell’armatura a protezione della parte<br />
anteriore del torso.<br />
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
3/V1 - CELATA<br />
Italia settentrionale; XV sec.<br />
Armatura del capo che scende fino agli occhi,<br />
fornita di gronda spiovente.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
4/V1 - CELATA<br />
Italia settentrionale; XV sec.<br />
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
5/V1 - ARMATURA INCOMPLETA<br />
Italia settentrionale; 1500/1510.<br />
Resti di armatura da piede o da cavallo<br />
leggero.
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
6/ V1 - ARMATURA INCOMPLETA AD<br />
ANIMA<br />
Italia settentrionale; XVII sec.<br />
Resti di armatura a lame articolate del tipo<br />
detto “alla ungara”<br />
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
7/ V1 - BORGOGNOTTA<br />
Italia settentrionale; XVI sec.<br />
Elmo leggero, con tesa e gronda, per<br />
armatura da cavallo.<br />
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
8/ V1 - ELMETTO DA CAVALLO<br />
Italia settentrionale; 1550/1560.<br />
Particolare forma di elmo, chiuso ed<br />
interamente protettivo del capo.<br />
Provenienza : Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
9 / V1 - PETTO<br />
Italia settentrionale; 1560 ca.<br />
Provenienza : Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
10 / V1 - PETTO<br />
Italia settentrionale; XVI sec.<br />
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
11 / V1 - ARMATURA INCOMPLETA<br />
Lombardia-Brescia; XVI sec.<br />
Caratteristico esempio della serie di armature<br />
dette “da guardia papale” ritenuta di<br />
produzione “sicuramente bresciana”.<br />
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
12 / V1 - MORIONE AGUZZO<br />
Italia settentrionale – Brescia ? XVI sec.<br />
Particolare tipo di elmo destinato alla<br />
fanteria o a gruppi di armati a piedi.<br />
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
13/ V1 - MORIONE TONDO<br />
Italia settentrionale – XVI sec.<br />
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –<br />
Roma.<br />
14/ VI - PETTO<br />
Lombardia, Brescia – XVII sec.<br />
Provenienza: Collezione privata.
VETRINA 2<br />
Le armi in asta sono armi bianche montate su un’asta della lunghezza di circa due metri,<br />
realizzate nello loro varie tipologie con l’intento di poter colpire il nemico ad una certa<br />
distanza, mantenendo sempre il controllo dell’arma. Si ispirarono originariamente a modelli<br />
molto antichi (lancia, spiedo, tridente ecc…), ma nel Medioevo divennero espressione della<br />
grande rivoluzione che si realizzò col passaggio dal predominio della cavalleria a quello<br />
della fanteria. Negli scontri campali gli uomini dei liberi comuni si presentarono al<br />
combattimento armati dei loro attrezzi di lavoro, trasformati in armi come è testimoniato dal<br />
roncone o dalla falce fenaria che in ambito bresciano-lombardo assurgono a simbolo di<br />
questa esperienza. Lo stesso significato ha, per le fanterie svizzere e tedesche, l’ alabarda, il<br />
cui utilizzo si diffonderà poi in tutta Europa.<br />
Nei secoli XV e XVI e fino all’inizio del XVII Brescia e le sue Chiusure contavano un gran<br />
numero di botteghe ci armaroli. Ogni bottega si specializzava nelle confezioni di parti<br />
d’armatura: elmi, pettorali, bracciali, guanti, fornendo lavori di altissima qualità,<br />
assemblabili poi con pezzi prodotti da altre botteghe. Per soddisfare grandi commesse si<br />
instauravano collaborazioni tra le diverse botteghe ed i vari maestri.<br />
86/ V2 - SPIEDO<br />
Nord Italia; XVI sec.<br />
Arma in asta con ferro triangolare e gorbia<br />
faccettata.<br />
Provenienza: Collezione privata.<br />
87/ V2 - RONCONE<br />
Nord Italia; fine XV sec.<br />
Tipica arma in asta legata al territorio<br />
bresciano.<br />
Provenienza: Collezione privata.<br />
88/ V2 - CORSESCA “DETTA A<br />
PIPISTRELLO “<br />
Nord Italia; XVI sec.<br />
Arma in asta con il ferro formato da una<br />
cuspide a quadrello, con due lame corte<br />
laterali ricurve verso il basso.<br />
Prov. : Museo di Palazzo Venezia - Roma.<br />
89/ V2 - CORSESCA AD UNGHIE<br />
Nord Italia ; XVII sec.<br />
Provenienza: Collezione privata.<br />
90/ V2 - BRANDISTOCCO<br />
Nord Italia; XVI sec.<br />
Arma con ferro a tre lame, di cui quella<br />
centrale più lunga e le ali più corte rivolte<br />
verso l’alto.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
91/ V2 - SCURE D’ARME DA FANTE<br />
Nord Italia; XVI sec.<br />
Superbo esemplare di arma da fante con lama<br />
a mezzaluna e forte becco.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia - Roma.<br />
111/ V2 – BASTONE ANIMATO O<br />
BUTTAFUORI DA PELLEGRINO<br />
Lombardia; XVII sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
92/ V2 – FORCA<br />
Bologna ? XVI sec.<br />
Arma in asta a due rebbi.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia - Roma<br />
93/ V2 – TRIDENTE<br />
Nord Italia; XVI-XVII sec.<br />
Forcone a tre rebbi con gorbia a tronco di<br />
piramide.<br />
Prov.: Collezione privata.
94/ V2 - ALABARDA<br />
Svizzera; XVI sec.<br />
Arma in asta da punta, taglio e frattura.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
95/ V2 - ALABARDA<br />
Nord Italia; XVI sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
96/ V2 - ALABARDA<br />
Nord Italia; XVII sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
97/ V2 - COPPIA DI ALABARDE<br />
Nord Italia; XVI sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
98/ V2 - ALABARDA<br />
Nord Italia; XVII sec.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />
Armiera Gardone V.T.<br />
99/ V2 - FALCIONE ARCAICO<br />
Nord Italia o Germania; XV sec.<br />
Arma che nella sua semplicità ricorda le<br />
antiche “falci senarie inastate” usate dalle<br />
fanterie comunali lombarde.<br />
Prov.: Collezione privata .<br />
100/ V2 - FALCIONE<br />
Nord Italia; fine XVI - inizi XVII sec.<br />
Il marchio punzonato sulla lama ricorda la<br />
famiglia Ottoboni di Brescia.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
102/ V2 - QUADRELLONE DA BRECCIA<br />
Italia; XVI sec.<br />
Arma utilizzata per creare brecce nelle difese<br />
lignee delle fortificazioni campali.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
101/ V2 - SPIEDO DA CACCIA<br />
Nord Italia; XVI sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
110/ V2 - MORGHENSTERN<br />
Italia o Svizzera; XVII sec.<br />
Arma di semplice costruzione, protagonista<br />
di epici scontri nelle guerre d’indipendenza<br />
dei comuni svizzeri.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
104/V2 - ALIGHIERO<br />
Italia; XVI sec.<br />
Attrezzo ed arma marinara utilizzato anche<br />
per agganciare le murate delle navi<br />
avversarie.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
103/ V2 - PARTIGIANA<br />
Italia o Francia; XVII sec.<br />
Arma composta da una larga lama a due tagli<br />
con alla base alette d’arresto.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
99/ V2 - FALCIONE ARCAICO<br />
Nord Italia o Germania; XV sec.<br />
Arma che nella sua semplicità ricorda le<br />
antiche “falci fenarie inastate” usate dalle<br />
fanterie comunali lombarde.<br />
Prov.: Collezione privata .
LA PRODUZIONE DI <strong>ARMI</strong> BIANCHE NEL BRESCIANO<br />
Il ferro necessario alla fabbricazione di armi bianche veniva cavato nelle miniere della<br />
Valtrompia e della bergamasca Valle di Scalve. Il materiale grezzo subiva poi un processo di<br />
raffinazione e di fusione nei forni e veniva quindi preparato per le successive lavorazioni. Nel<br />
caso specifico delle lame per far le spade, veniva utilizzatoli minerale cavato a Collio che era poi<br />
fuso nel forno di Bagolino e portato a Nave e Caino.<br />
Altro ferro delle miniere della Valtrompia serviva per far guardie e pomi di spada nei paesi dove<br />
la specializzazione aveva creato apposite fucine: tra gli altri Inzino, Lumezzane e Gardone, dove<br />
i fornimenti venivano forgiati e sgrossati prima di essere condotti a Brescia per la finitura ed il<br />
montaggio.<br />
VETRINA N.3<br />
21/ V3 – GRANDE SPADA<br />
“ALL’ANTICA”<br />
Brescia e Caino; XVII sec.<br />
Spada con lama attribuita al maestro Matthia<br />
Meneghetti attivo a Caino.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
20/ V3 – SPADONE A DUE MANI<br />
Svizzera o Germania; XVI sec.<br />
Arma utilizzata per la difesa delle posizioni o<br />
per frangere i muri di picche.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
17/ V3 - SCHIAVONESCA<br />
Nord Italia; XV sec.<br />
Spada utilizzabile sia nei combattimenti da<br />
terra che a cavallo.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
58/ V3 - SPADA DA ABITO DA CACCIA<br />
Europa; XVII sec.<br />
Solitamente appartenenti alla tipologia dei<br />
“palosci” , queste spade vennero usate per la<br />
caccia ed in battaglia.<br />
Prv.: Collezione privata.<br />
30/ V3 – SPADA DA CAVALLO<br />
Europa centro settentr. XVII sec.<br />
Spada da cavalo a lama larga.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
36/ V3 – SPADA A TAZZA DA GUERRA<br />
Spagna o domini spagnoli; XVII sec.<br />
Spada da guerra che segue la moda civile e<br />
richiama il gusto del tempo.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
37/V3 - SPADA DA GUERRA DETTA<br />
“A BOCA DE CABALLO”<br />
Spagna o domini spagnoli; fine XVII inizi<br />
XVIII sec.<br />
Tipica arma da guerra dell’esercito spagnolo,<br />
usata anche in Piemonte.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
58/V3 – SPADA DA ABITO DA CACCIA<br />
Europa; XVII sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
15/V3 - SPADA A DUE MANI<br />
Italia; fine XV inizi XVI sec.<br />
Prov.: Collezione privata.
19/V3 - SPADA A DUE MANI DA<br />
CACCIA<br />
Germania; XVI sec.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
15/ V3 SPADA A DUE MANI<br />
Italia; fine del XV – inizi del XVI sec.<br />
Così definita perché date le misure ed il peso<br />
deve essere impugnata con entrambe le mani.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia- Roma.<br />
19/ V3 SPADA A DUE MANI DA<br />
CACCIA<br />
Germania; XV sec.<br />
Arma usata per la caccia all’orso e al<br />
cinghiale.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia, Roma.<br />
16/ V3 – SPADA A DUE MANI<br />
Italia: fine XV – inizi XVI sec.<br />
Spada da guerra di probabile origine<br />
altoatesina.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
43/V3 - SPADA DA FANTE “A<br />
GRANCHIO”<br />
Brescia; XVII sec.<br />
Spada con guardia a due bracci, con archetti<br />
ricurvi rientranti verso il basso.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
44/V3 – SPADA DA FANTE “ A<br />
GRANCHIO”<br />
Brescia; XVII sec.<br />
Lama prodotta dai “De Fada” di Nave.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
42/V3 - SPADA DA FANTE “A<br />
GRANCHIO”<br />
Brescia; XVII sec.<br />
Lama prodotta dall’officina Scanzi di Caino.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
39/V3 - SPADA DA LATO O<br />
COSTOLIERE<br />
Brescia; 1520-1530.<br />
Prototipo per le armi dalla guardia<br />
complessa ( schiavone, strisce, ecc…)<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
16/V3 - SPADA A DUE MANI<br />
Italia o Germania; XV sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
45/V3 - SPADA DA FANTE<br />
Brescia; fine XVI inizi XVII sec.<br />
Arma che riveste interesse nella sua tipologia.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
41/V3 - SPADA DA FANTE<br />
Domini veneti; XVI sec.<br />
Arma identificata come “ schiavona o il<br />
lirica”.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
47/V3 - SCHIAVONA<br />
Veneto; fine XVI inizi XVII sec.<br />
Arma propria della cavalleria veneta, poi<br />
esportata in altre nazioni.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
51/V3 - SCHIAVONA<br />
Veneto; 1620-1650.<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
50/V3 – SCHIAVONA<br />
Veneto (?); 1650 ca.<br />
Con fornimento in argento massiccio.<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
49/ V3 – SCHIAVONA<br />
Nord Italia; XVIII sec.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
48/V3 - SCHIAVONA<br />
Veneto e domini; XVII sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
46/ V3 – SPADA CORTA DA FANTE<br />
“ALLA SCHIAVONA”<br />
Nord Italia; XVI sec.<br />
Arma usata per l’utilizzo su imbarcazione.<br />
Prov.: Collezione privata.
54/V3 – STORTA O COLTELLA DA<br />
GUERRA<br />
Brescia; fine XVI- inizi XVII sec.<br />
Lama larga con yelaman marcato.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
52/V3 –STORTA O COLTELLA DA<br />
GUERRA<br />
Brescia; 1620-1630.<br />
Arma ad un solo filo, tagliente curvo e con<br />
marca “Caino”.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
53/V3 – STORTA O COLTELLA DA<br />
GUERRA<br />
Brescia; fine XVI – inizi XVII sec.<br />
Arma attribuibile a Callisto Desenzani, attivo<br />
a Caino.<br />
Prtov.: Collezione privata.<br />
57/ V3 - HANGER (Storta)<br />
Inghilterra, prima metà del XVII sec.<br />
Lama curva ad un filo e breve tagliente al filo<br />
falso.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
59/ V3 – COLTELLA<br />
Belluno; XVII sec.<br />
Corta lama storta a breve filo falso.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
56/ V3 – COLTELLA<br />
Nord Italia; fine XVI – inizi XVII sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
55/ V3 – STORTA O COLTELLA DA<br />
GUERRA<br />
Brescia, 1620-1630.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
28/ V3 - STOCCO COMBINATO A<br />
MARTELLO D’ARME<br />
Italia o Germania: XVII sec.<br />
Arma utilizzabile come stocco da cavallo o<br />
martello d’arme da piede.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
25 /V3 - CINQUEDEA<br />
Emilia; XVI sec.<br />
Arma italiana derivata da antiche tipologie,<br />
con incisioni che si ispirano agli splendori<br />
classici.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia - Roma.<br />
27 – SPADA DA LATO<br />
Italia o Germania: XVII sec.<br />
Splendida spada da lato con lama fabbricata<br />
a Caino.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
24/V3 - CINQUEDEA<br />
Emilia; XVI sec.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
26/V3 - SPADA DA LATO<br />
Brescia e Gromo; XVI sec.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
23/ V3 – STOCCO<br />
Nord Italia; XVI sec.<br />
Robusta arma dalla lunga lama, atta a<br />
colpire specialmente di punta.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
22/V3 - STOCCO<br />
Italia; XVI sec.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
38/V3 - SPADA DA FANTE<br />
Germania; XV sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
40/V3 – SPADA DA FANTE<br />
Domini veneti; XVI sec.<br />
Prov.: Collezione privata.
GIOSTRE E TORNEI<br />
Fino a quando le guerre si combatterono<br />
con spade e scudi e lance il duello rimase a<br />
lungo quello di stampo longobardo, molto<br />
spesso praticato anche con scudi e mazze di<br />
legno, simulacri della spada.<br />
Il gesto, nel duello, era quello praticato in<br />
guerra e il duello stesso serviva per<br />
preparare alla battaglia oltre che per gestire<br />
le tensioni sociali.<br />
Così era anche per i giochi guerreschi tra<br />
singoli e di gruppo: giostre tornei e<br />
battagliole che inizialmente preparavano<br />
intere città allo scontro armato e che solo<br />
più tardi divennero veri e propri giochi e<br />
svaghi.<br />
VETRINA N. 4<br />
107/ V4 - CORONCINA DA GIOSTRA<br />
CORTESE<br />
Europa; XV-XVI sec.<br />
Punta di lancia utilizzata, nelle giostre<br />
cortesi, per evitare che l’impatto dell’arma<br />
divenisse penetrazione.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
108/V4 – SCHIFALANCIA<br />
Italia settentrionale; XVI sec.<br />
Protezione della mano, a forma di imbuto,<br />
applicata alla lancia.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
82/ V4 - MAZZA<br />
Europa dell’Est; XVII sec.<br />
Arma balcanica usata a cavallo ed anche da<br />
uomini appiedati.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
83/V4 - MAZZA FERRATA<br />
Europa centrale; XVII sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
84/V4 - MARTELLO DA UOMO<br />
D’ARME<br />
Ungheria; XVII sec.<br />
Arma della cavalleria utilizzata nei<br />
combattimenti ravvicinati.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
115/ V4 - COLLEZIONE DI POMI<br />
Pomi di diverse epoche e per diverse tipologie<br />
di spade. Gardone fu uno dei tre centri<br />
bresciani in cui si espresse l’arte della<br />
creazione di fornimenti per le spade.<br />
Prov.: Collezione privata.
BRAVERIA E LAME<br />
CINQUECENTESCHE<br />
Il duello “per punto d’onore” è stato una<br />
tappa saliente dell’evoluzione dell’arma<br />
bianca e dell’arte della scherma, ma anche<br />
un momento storico e sociale di notevole<br />
interesse per il territorio bresciano: infatti<br />
qui si produsse buona parte delle cosiddette<br />
lame lunghe, destinate alla “religione<br />
dell’onore”. Brescia e Bergamo generarono<br />
inoltre anche una buona parte<br />
delle schiere di bravi attive sul nostro e sui<br />
territori vicini. Non solo il campo di<br />
battaglia dettò le regole della nuova scherma<br />
seicentesca, ma una nuova branca della<br />
marzialità riunirà il concetto di bravura con<br />
le armi a quello dell’onore: il duello.<br />
VETRINA N.5<br />
79/ V5 - COLTELLO A SERRAMANICO<br />
DA DUELLO O NAVAJA<br />
Spagna; XIX sec.<br />
Arma utilizzata nei duelli della braveria.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
80/ V5 – DAGA “MANO SINISTRA” DA<br />
ALLENAMENTO<br />
Italia; XIX sec.<br />
Arma per le scuole di spada e pugnale.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
77/ V5 - PUGNALE<br />
Spagna; XVII-XVIII sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
74/ V5 - DAGA O “MANO SINISTRA”<br />
Europa; XVI-XVII sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
76/ V5 – MISERICORDIA O STILETTO<br />
Brescia; 1650 ca.<br />
Pugnale che prende il nome dal gesto di pietà<br />
che, in battaglia, terminava la sofferenza dei<br />
feriti.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
78/ V5 – STILETTO O “MANO<br />
SINISTRA”<br />
Nord Italia; XVII sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
34/ V5 - SPADA DA LATO<br />
Germania ed Italia; 1600 ca.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
35/ V5 – STRISCIA “A VALVE”<br />
Caino e Brescia; XVI sec.<br />
Spada da duello con lama di Caino e<br />
fornimento bresciano.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
33/ V5 - SPADA A TAZZA<br />
Gromo-Brescia; XVI sec.<br />
Ottimo esempio di spada da duello prodotto<br />
dagli spadai Scacchi di Gromo.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
29/ V5 – STRISCIA “A VALVE”<br />
Brescia; XVII sec.<br />
Arma da considerare una striscia per la<br />
lunghezza della lama<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
32/ V5 – STRISCIA DA DUELLO<br />
Italia o Germania; fine XVI – inizi XVII sec.<br />
Arma di uso civile e da duello.<br />
Prov.: Collezione privata.
18/ SPADA A DUE MANI DA SALA<br />
D’ARME<br />
Germania; XVI sec.<br />
Spada tedesca, di notevole fattura, per scuole<br />
d’armi.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
73/ V5 - DAGA “MANO SINISTRA” A<br />
VELA CON LAMA A SESTE<br />
Brescia; XVII sec.<br />
Arma che, con l’apertura delle seste,<br />
consentiva l’immobilizzo della lama<br />
avversaria.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
63/ V5 – SPADA O “SPADINO”<br />
Spagna; XVIII sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
61/ V5 - SPADA DETTA “SPADINO”<br />
Brescia e Caino; 1650 ca.<br />
L’arma che in città e alle feste accompagna i<br />
nobili.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
60/ V5 - SPADA DA “ABITO CIVILE O<br />
DA CITTA’ “<br />
Brescia; XVI sec .<br />
Arma prototipo di quelle che poi verranno<br />
chiamate “spadini”.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
62/ V5 – SPADA DA BAMBINO<br />
Francia; fine XVII – inizi XVIII sec.<br />
In tutto simile alle armi da adulto, ma di<br />
dimensioni proporzionalmente ridotte.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
31/ V5 - SPADA DA ALLENAMENTO<br />
Europa; XVII sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
75/ V5 - STILO SAGOMATO<br />
Seconda metà XVII sec.<br />
Attrezzo utilizzato dai bombardieri per<br />
misurare il diametro delle palle o il diametro<br />
delle bocche da fuoco .<br />
Prov.: Collezione privata.
VETRINA N. 6<br />
116/ V6 - BALESTRA DA CACCIA<br />
Germania; XVI sec.<br />
Arma da corda manesca con teniere. Fusto in<br />
legno impiallacciato in corno, arco in corno e<br />
corda in materiale organico.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
I SISTEMI DI ACCENSIONE (1)<br />
LA PIASTRA A MICCIA (<br />
SERPENTINO)<br />
Fino a quando il tiratore fu costretto a<br />
reggere l’arma con una sola mano ed<br />
usare l’altra per avviare l’accensione,<br />
l’efficacia delle bombarde manesche fu<br />
molto ridotta. Il primo miglioramento<br />
fu l’ideazione di un semplicissimo<br />
congegno realizzato nei primissimi<br />
anni del ‘400 che consentì l’impiego<br />
delle due mani per reggere e puntare<br />
l’arma.<br />
Si trattò all’inizio di un braccio di ferro<br />
modellato ad S imperniato sul lato<br />
destro della cassa. L’estremità<br />
superiore terminava con un morsetto in<br />
cui si fissava una miccia.<br />
Tirando l’estremità inferiore si<br />
provocava la rotazione del pezzo, si<br />
portava la miccia ardente a contatto con<br />
la polvere d’innesco contenuta nel<br />
bacinetto e si avviava l’accensione.<br />
Da questo primo semplice congegno si<br />
passò in breve tempo ad altri sistemi<br />
più complessi : la serpe a leva, a<br />
scatto , a stanghetta, che a loro volta<br />
subirono numerose evoluzioni.<br />
L’arma lunga a miccia ebbe un<br />
notevole successo in campo militare<br />
per le sue caratteristiche di<br />
economicità, funzionalità e di facile<br />
manutenzione.
I SISTEMI DI ACCENSIONE (2)<br />
LA PIASTRA A RUOTA<br />
Col progredire dell’evoluzione<br />
tecnologica, tra la fine del ‘400 e gli<br />
inizi del ‘500 venne realizzato un<br />
nuovo congegno che consentiva<br />
l’abbandono della miccia sostituita da<br />
un meccanismo che provocava scintille<br />
dall’attrito tra un pezzo di pirite ed uno<br />
di ferro. Il sistema impiegato ricorda,<br />
come principio meccanico, quello<br />
ancora in uso in gran parte degli<br />
accendisigari : un pezzo di pirite<br />
trattenuto dalle ganasce di un cane<br />
mobile incernierato ad una cartella<br />
veniva tenuto a contatto con il bordo<br />
esterno ed irregolare di una ruota pure<br />
fissata alla piastra. Caricata la ruota<br />
con un’apposita chiave, tirato il<br />
grilletto, attraverso molloni, leve e<br />
denti di arresto la ruota girava su se<br />
stessa ed entrava in contatto d’attrito<br />
con la pirite provocando l’accensione<br />
della polvere d’innesco.<br />
Non sono noti il luogo e l’inventore<br />
della piastra a ruota anche se numerose<br />
prove ( fra cui il disegno del foglio 56<br />
del Codice Atlantico di Leonardo da<br />
Vinci) sono a sostegno di una sua<br />
origine italiana.
VETRINA N. 7<br />
159/ V7 - MOSCHETTO A MICCIA<br />
Brescia; XV-XVI sec.<br />
Arma con canna ottagonale stromabata del<br />
XV sec. La cassa è forse più tarda. Serpe o<br />
draghetto a forma di C alla rovescia.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />
armiera – Gardone V.T.<br />
85/V7 - SPADA DA FUOCO<br />
Germania; XVI sec.<br />
La lama è un tutt’uno con la canna che ne<br />
costituisce il dorso. Al forte è avvitato il<br />
meccanismo a ruota di sparo.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
202/ V7 - FIASCA DA POLVERE<br />
Brescia; fine XVI - inizi XVII sec.<br />
Fiasca dalla classica forma a mezzo tronco di<br />
cono, con lamina sbalzata al centro e stemma<br />
non identificato.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
I SISTEMI DI ACCENSIONE (3)<br />
L’ACCIARINO A PIETRA FOCAIA<br />
Il costo e la delicatezza del<br />
meccanismo a ruota ne ostacolarono<br />
l’utilizzo generalizzato in campo<br />
militare ma il vantaggio di avere<br />
un’arma sempre pronta al tiro non<br />
poteva essere trascurato. Così in tutta<br />
Europa si lavorò alla realizzazione di<br />
sistemi d’accensione meccanica più<br />
semplici ed economici. Nacque<br />
l’acciarino a pietra focaia.<br />
In questo meccanismo il cane che<br />
trattiene tra le ganasce la pietra focaia<br />
è azionato da una molla che lo fa urtare<br />
contro la martellina dando luogo alle<br />
scintille che incendiano la polvere<br />
d’innesco dando il via all’accensione.
“ Si fanno schioppi di ogni sorte….”<br />
Nelle relazioni dei Rettori Veneti troviamo<br />
conferma che sin dagli inizi del XVI secolo<br />
Gardone ha ormai assunto un’importanza<br />
preminente, rispetto alle altre terre del<br />
dominio veneto, nella fabbricazione di<br />
canne, mentre località come Inzino, Magno,<br />
Marcheno e Lumezzane si sono specializzate<br />
nella lavorazione degli accessori.<br />
Gardone era il fornitore ufficiale delle canne<br />
da guerra per la Serenissima.<br />
A Brescia si effettuava l’immanicatura<br />
dell’arma e gli armaioli della città, pur<br />
appartenendo ad un proprio Paratico,<br />
operavano in stretta collaborazione con i<br />
maestri attivi nei centri trumplini.<br />
La maestranza gardonese difese sempre la<br />
sua autonomia, basandola su severi principi<br />
disciplinari ed organizzativi, a salvaguardia<br />
dell’interesse produttivo della Valle.<br />
VETRINA N 8<br />
118/ V8 - TERZETTA BRESCIANA A<br />
RUOTA<br />
Brescia; 1630 ca.<br />
Pistola a canna lunga, punzonata LAZARI<br />
COMINAZ (Angelo). Arma di grande finezza<br />
ed eleganza.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
130/ V8 – PISTOLA DA FONDA CON<br />
ACCIARINO ARCAICO A PIETRA<br />
FOCAIA<br />
Brescia - Gardone Val Trompia; 1625/1630<br />
ca.<br />
Canna a due ordini firmata GIO BATT<br />
FRANCINO indicazione che si trova di solito<br />
su armi realizzate per importanti<br />
committenze.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
122/ V8 - PISTOLA A PIETRA FOCAIA<br />
A DUE FUOCHI<br />
Brescia, - Gardone Val Trompia; XVII sec.<br />
Arma a due cariche sovrapposte nella stessa<br />
canna con foconi sfalsati. Canna marcata<br />
LAZARO COMINAZZO. Arma<br />
importantissima per la particolarità delle<br />
soluzioni meccaniche.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />
Armiera – Gardone V.T.<br />
123/ V8 – PISTOLA DA FONDA A<br />
PIETRA FOCAIA<br />
Brescia – Gardone Val Trompia; XVII sec.<br />
Arma di eccezionale finezza con canna<br />
firmata LAZARINO COMINAZZO tra punti<br />
trilobati. Fornimenti in ferro traforati.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
135/V8 - PISTOLA MILITARE VENETA<br />
A PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; XVIII sec.<br />
Arma d’ordinanza della cavalleria veneta,<br />
usata fino alla caduta della Serenissima<br />
(1797).<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />
Armiera – Gardone Val Trompia.<br />
131/V8 – PISTOLA AD AVANCARICA A<br />
PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; XVIII sec.<br />
Arma accorciata per l’uso da tasca.<br />
L’acciarino porta la firma di M. GIURATI<br />
mentre in culatta è punzonato il marchio del<br />
gardonese VENTURA BERTARINI .<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />
Armiera – Gardone V.T.<br />
145/ V8 – PISTOLA AD AVANCARICA A<br />
PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; XVIII sec.<br />
Arma per esportazione che reca la firma<br />
dell’azzaliniere bresciano G. BANCHI.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />
Armiera – Gardone V.T.<br />
129/ V8 – PISTOLA AD AVANCARICA A<br />
PIETRA FOCAIA<br />
Villa Carcina (BS); XVII sec.<br />
Canna faccettata in culatta, con la firma del<br />
maestro di canne gardonese GIO BATTA<br />
PEDRETTI. Cartella firmata FIORENTINO<br />
IN B.
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />
Armiera – Gardone V.T.<br />
158/ V8 – RIVOLTELLA AD AZIONE<br />
SINGOLA<br />
Brescia; 1860-1870.<br />
Una delle prime armi a rotazione fabbricata<br />
dalla GLISENTI di Villa Carcina.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />
Armiera – Gardone V.T.<br />
157 /V8- PISTOLA AD AVANCARICA A<br />
PERCUSSIONE<br />
Brescia; XIX sec.<br />
Arma settecentesca ridotta dalla pietra focaia<br />
alla percussione. Canna con la firma LAZARI<br />
COMINAZ (l’ultimo dei Lazzarini).<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione<br />
Armiera – Gardone V.T.
I SISTEMI DI ACCENSIONE (4)<br />
I MECCANISMI A PERCUSSIONE<br />
L’aspetto rivoluzionario del sistema a<br />
percussione consiste nel non dover<br />
avere più a disposizione una fonte di<br />
“fuoco” ( miccia o scintilla ) per<br />
accendere la polvere, ma che<br />
l’accensione è ottenuta da una polvere<br />
chimica : il fulminato di mercurio.<br />
La completa affermazione di questo<br />
sistema si ebbe con l’invenzione delle<br />
capsule metalliche impiegate su un<br />
luminello. Quest’ultimo è un piccolo<br />
perno forato filettato e avvitato<br />
all’estremità del focone con la<br />
funzione di far da supporto alla capsula<br />
e di convogliare la fiammata alla<br />
carica di lancio.<br />
La capsula, piccola coppetta di metallo<br />
( ottone o rame) contenente sul fondo il<br />
fulminato, veniva inserita sul<br />
luminello. Allo scatto del cane il<br />
fulminato, schiacciato tra il fondo<br />
della capsula ed il luminello, esplodeva<br />
provocando la deflagrazione della<br />
polvere nera contenuta nella canna.<br />
L’invenzione della capsula segnò la<br />
scomparsa della pietra focaia e fu alla<br />
base dei futuri importanti sviluppi dei<br />
sistemi di accensione.
VETRINA 10<br />
117/ V10 - PAIO DI PISTOLE AD<br />
AVANCARICA A RUOTA<br />
Brescia; inizi XVII sec.<br />
Canne azzurrate e ageminate in oro con la<br />
prestigiosa firma del gardonese LAZARI<br />
COMINAZ; sulla cartella la marca M.F. con<br />
corona a tre punte.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
I FONDACI<br />
Poiché la produzione gardonese era<br />
direttamente legata alle esigenze militari<br />
della Serenissima e il governo veneto negava<br />
l’esportazione del prodotto negli stati esteri,<br />
gli armaioli gardonesi si trovavano<br />
periodicamente esposti a lunghi periodi di<br />
assoluta inattività.<br />
Per ovviare a questa situazione Venezia<br />
istituì già dal 1588, a Brescia e a Gardone,<br />
due Fondaci sostenuti da un consistente<br />
finanziamento. I fondegari, in tempo di<br />
crisi, avrebbero dovuto sopperire alla<br />
mancanza di ordinativi acquistando e<br />
immagazzinando l’ordinaria produzione<br />
bresciana, che sarebbe poi stata assorbita da<br />
Venezia in relazione alle necessità del<br />
momento. Si garantiva in tal modo una<br />
continuità produttiva e una omogenea<br />
fornitura di materiale grezzo a tutti i maestri<br />
gardonesi. Purtroppo l’interesse e<br />
l’ingordigia di pochi finirono però per<br />
privilegiare i mercanti a danno delle<br />
maestranze.<br />
VETRINA 11
120/V11 - PISTOLA AD AVANCARICA<br />
A RUOTA<br />
Brescia; XVII sec.<br />
Pistola con canna a due ordini e con la<br />
prestigiosa firma di LAZARINO<br />
COMINAZZO.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
126/V 11 - PAIO DI PISTOLE AD<br />
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA A<br />
DUE CANNE<br />
Brescia; 1660-1670.<br />
Canne sovrapposte ad anima liscia. Sulla<br />
culatta la firma LAZARINO COMINAZZO.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
127/ V11 - PAIO DI PISTOLE AD<br />
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; XVII sec.<br />
Canne sfaccettate ad anima liscia con la<br />
firma GIO MARIA FRANCINO, maestro della<br />
grande dinastia armiera gardonese.<br />
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.<br />
VETRINA 12<br />
133/ V12 - PISTOLA DA FONDA A<br />
PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; 1660-1670.<br />
Elegante pistola con acciarino firmato da<br />
FRAN.CO GARAT… e canna di LAZARINO<br />
COMINAZZO (Fortunato).<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
134/V12 - COPPIA DI PISTOLE DA<br />
FONDA A PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; 1750 ca.<br />
Armi ornate e placcate in argento con la<br />
firma P. FRANCINE<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
138/V12 - MAZZAGATTO A PIETRA<br />
FOCAIA<br />
Brescia; 1720-1740.<br />
Piccola pistola con cartella marcata P.<br />
MARTINONI.<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
128/ V12 - PISTOLA DA FONDA A<br />
PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; 1750 ca.<br />
Acciarino firmato FRACHETI, ornato in<br />
agemina di ottone ed argento.<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
137/ V12 - MAZZAGATTO A PIETRA<br />
FOCAIA<br />
Gardone; 1740 ca.<br />
Acciarino marcato P. LORANDI e canna<br />
firmata dal maestro gardonese P. MORETTA.<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
VETRINA 13<br />
119/V13 - PISTOLETTO AD<br />
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA A<br />
RUOTA<br />
Gardone; XVII sec.<br />
Canna ad un ordine firmata GIOSEFFO<br />
BERETTA. Piastra riccamente incisa e<br />
gancio da cintura.<br />
Prov.: Collezione Beretta.<br />
124/V13 - PISTOLETTO AD<br />
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />
Gardone; metà XVII sec.<br />
Canna a due ordini firmata GIO ANT<br />
BERETTA. Acciarino punzonato GAG ( Gio<br />
Antonio Gavacciolo. Fornimenti in ferro.<br />
Prov.: Collezione Beretta.<br />
168/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />
Gardone; XVII sec.<br />
Canna a tre ordini firmata GIOSEFFO<br />
BERETTA . Cartella con il marchio MB e<br />
fornimenti in ferro a traforo.<br />
Prov.: Collezione Beretta.<br />
169/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />
Gardone; XVIII sec.<br />
Arma con canna a tre ordini firmata GIOV.<br />
ANT.° BERETTA. Acciarino con la data 1691<br />
e il punzone DO.CO. SANTI M.TE A<br />
BODDO.<br />
Prov.: Collezione Beretta.<br />
170/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />
Gardone; XVIII sec.<br />
Canna firmata GIOVAN BERETTA con<br />
acciarino alla romana e fornimenti in ottone.<br />
Prov.: Collezione Beretta.
171/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />
Gardone; XVIII sec.<br />
Canna a due ordini firmata GIOVAN<br />
BERETTA con acciarino marcato all’interno<br />
G.B.P. e fornimenti in argento.<br />
Prov.: Collezione Beretta.<br />
172/V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />
Gardone; XVIII sec.<br />
Canna a due ordini firmata GIOVAN<br />
BERETTA, focone in oro e punzone GB in<br />
culatta.<br />
Prov.: Collezione Beretta.<br />
188/ V 13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD<br />
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA<br />
Gardone; XIX sec.<br />
Arma con canna a due ordini firmata<br />
PIETRO BERETTA <strong>GARDONE</strong>. Fornimento<br />
lavorato a traforo.<br />
Prov.: Collezione Beretta.<br />
189/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA<br />
GIUSTAPPOSTO AD AVANCARICA A<br />
PERCUSSIONE<br />
Gardone; XIX sec.<br />
Canne a torciglione punzonate PIETRO<br />
BERETTA <strong>GARDONE</strong>. Fornimento in ferro<br />
sobriamente inciso.<br />
Prov.: Collezione Beretta.<br />
190/V13 - SCHIOPPO DA CACCIA<br />
GIUSTAPPOSTO AD AVANCARICA A<br />
PERCUSSIONE<br />
Gardone: XIX sec.<br />
Arma con canne a damasco punzonate in<br />
culatta PIETRO BERETTA – <strong>GARDONE</strong>.<br />
Calciatura in ebano con rimessi in corno.<br />
Prov.: Collezione Beretta.<br />
191/V13 - FUCILE DA CACCIA<br />
SOVRAPPOSTO AD AVANCARICA A<br />
PERCUSSIONE<br />
Gardone: XIX sec.<br />
Canne a damasco firmate in oro PIETRO<br />
BERETTA <strong>GARDONE</strong>. Calciatura ageminata<br />
ed intagliata.<br />
Prov.: Collezione Beretta.<br />
192/V13 - FUCILE DA CACCIA<br />
GIUSTAPPOSTO A RETROCARICA A<br />
CANI ESTERNI<br />
Gardone; XIX sec.<br />
Chiusura a leva, canne a damasco con la<br />
scritta PIETRO BERETTA <strong>GARDONE</strong> V.T.<br />
Acciarini riccamente incisi con rimessi in oro.<br />
Prov.: Collezione Beretta.
VETRINA N. 14 –<br />
160 / V14 - ARCHIBUSETTO A PIETRA FOCAIA<br />
Italia centro settentrionale; 1630-1650.<br />
Canna strombata alla volata con la scritta apocrifa LAZZERINO GOMINAZZO. Acciarino a<br />
focile a pietra focaia.<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
166/V14 - TROMBONE ITALIANO<br />
Lombardia (BS?); 1640-1650.<br />
Raro trombone con acciarino alla fiorentina segnato PG e canna firmata dal gardonese PIETRO<br />
MORETO attivo nella prima metà del secolo XVII.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
162 /V14 – TROMBONE SCAVEZZO<br />
Brescia; XVIII sec.<br />
Trombone diviso in due parti incernierate tra loro, pieghevole, e quindi atto a essere portato sotto<br />
il mantello.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera – Gardone V.T.<br />
164 /V 14 – FUCILE A PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; fine XVII – inizi XVIII sec.<br />
Fucile con accarino alla moderna con cartella firmata GIURATI. Piccola baionetta da caccia di<br />
squisita fattura.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera – Gardone V.T.<br />
179 / V14 - CARABINA SVIZZERA A PERCUSSIONE DA TIRO DEL 1842<br />
Basilea; XIX sec.<br />
Canna in stupendo damasco esternamente sfaccettata. Meravigliose incisioni in agemina d’oro con<br />
i protagonisti della storia di Guglielmo Tell.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.
VETRINA 15<br />
174/V15 - FUCILE DA CACCIA AD AVANCARICA A PERCUSSIONE<br />
Italia settentrionale; XVIII sec.<br />
Arma settecentesca ridotta dalla pietra focaia alla percussione con luminello. Lunga canna ad<br />
anima liscia con firma LAZARI COMINAZ.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.<br />
165/V15 – ARCHIBUGIO A PIETRA FOCAIA<br />
Italia ; 1740 ca.<br />
Canna a due ordini. In culatta resti della firma PEDRETTI di Marcheno. Cassa in noce con<br />
intagli.<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
167/ V 15 – ARCHIBUGIONE<br />
Lombardia (BS?); 1630-1650.<br />
Probabile arma da munizione destinata alla difesa di appostamenti fissi, piuttosto insolito per una<br />
certa eleganza e l’acciarino alla fiorentina.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
173/V15 - FUCILE DA CACCIA A PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; XVIII sec.<br />
Batteria a pietra focaia marcata ZUGNO. Fornimenti in ottone sobriamente incisi.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
175/V15 - CARABINA SASSONE A PIETRA FOCAIA DA JAGER DEL 1752<br />
Arma ad avancarica con canna rigata e acciarino a pietra focaia; canna ottagonale. Incisa la<br />
firma REINHART – 1752.<br />
Prov.; Musei Civici d’Arte – Verona.<br />
161/ V 15 - TERZAROLO SCAVEZZO A PIETRA FOCAIA<br />
Italia centrale; 1640 ca.<br />
Acciarino alla fiorentina, cartella quadra e canna di Angelo Cominazzo, firmata in culatta LAZARI<br />
COMINAZ. Cassa in noce.<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
186/V15 - DOPPIETTA A CANI ESTERNI A RETROCARICA<br />
XIX sec.<br />
Fucile parallelo con bascula tartarugata e chiusura sistema Ghaye.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.<br />
Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.<br />
181 / V15 - DOPPIETTA CANI ESTERNI AD AVANCARICA<br />
XIX-XX sec.<br />
Doppietta cal. 16 con canne a torcione ed asta con traversino di fermo.
Prov. : Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.<br />
Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.<br />
184 / V15 - DOPPIETTA A CANI ESTERNI<br />
INERTE<br />
XX sec..<br />
Fucile con canne marcate BERNARD e marchi del Banco di Prova belga.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera – Gardone V.T.<br />
Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.<br />
182 / V15– DOPPIETTA A CANI ESTERNI A RETROCARICA<br />
XX sec. .<br />
Chiusura a manetta e asta con traversino di fermo.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.<br />
Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.<br />
VETRINA 16<br />
150/ V 16 - BACCHETTA<br />
CARICAMENTO “ANIMATA”<br />
PISTOLA BALCANICA AVANCARICA<br />
Asta in tubo di ferro con impugnatura in<br />
argento e due lame d’acciaio divergenti.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona .<br />
151/V 16 - BACCHETTA<br />
CARICAMENTO<br />
“ANIMATA” PISTOLA BALCANICA<br />
AVANCARICA<br />
Asta in tubo di ferro con pomo in argento e<br />
robusta lama in acciaio.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />
149/V 16 - BACCHETTA<br />
CARICAMENTO PER PISTOLA<br />
BALCANICA AD AVANCARICA<br />
Asta in ferro con intagli decorativi e<br />
battipalla faccettato. Pomo e impugnatura in<br />
argento massiccio.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte- Verona.<br />
148/V 16 - PISTOLA BALCANICA CON<br />
ACCIARINO “ALLA MODERNA”<br />
XIX sec.<br />
Gruppo di armi ad avancarica dalle<br />
caratteristiche casse interamente metalliche,<br />
con canne ed acciarini, di diverse tipologie,<br />
prodotti forse proprio a Brescia.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />
147/V 16 - PISTOLA BALCANICA CON<br />
ACCIARINO “ALLA MODERNA”<br />
XIX sec<br />
.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />
146/V16 – PISTOLA BALCANICA CON<br />
ACCIARINO ALLA “MORLACCA”.<br />
XVIII sec.<br />
Prov. Musei Civici d’Arte – Verona.
VETRINA N. 17<br />
199/ V17 - ACCIARINO A PIETRA<br />
FOCAIA PER ARTIGLIERIE NAVALI<br />
DEL REGNO ITALICO<br />
Brescia; XIX sec.<br />
Raro acciarino scatolare con cartella e<br />
corpo in ottone prodotto dalla Ma Rle di<br />
Brescia ( Manifattura Reale di Brescia).<br />
Prov.: Museo delle Armi e della tradizione<br />
Armiera - Gardone V.T.<br />
195/ V 17 - ACCIARINO A RUOTA A<br />
DUE CANI DA MOSCHETTO<br />
Brescia-Gardone; 1630 ca.<br />
Piastra con marchio circolare recante un<br />
alberello e le lettere A.M.<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
198/V17 - MECCANISMO<br />
D’ACCENSIONE A RUOTA PER<br />
PISTOLA<br />
Brescia; 1630 ca.<br />
Meccanismo marcato AF ed attribuito alla<br />
produzione di ANGELO FRANZINI.<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
196/V 17 – MECCANISMO<br />
D’ACCENSIONE A RUOTA PER<br />
MOSCHETTO<br />
Brescia; XVII sec.<br />
L’acciarino è attribuito al gardonese<br />
BORTOLO FRANZINI (BF).<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
197/ V17 – ACCIARINO A PIETRA<br />
FOCAIA ALLA MODERNA<br />
Brescia- Gardone; XVIII sec.<br />
Acciarino per arma lunga d’ordinanza della<br />
fanteria veneta.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
194/V17 – MECCANISMO<br />
D’ACCENSIONE A DOPPIO FUOCO (A<br />
MICCIA E A RUOTA) DA MOSCHETTO<br />
Brescia; 1570-1575 ca.<br />
Meccanismo d’Accensione a ruota e a miccia<br />
marcato B.P. – BRESCIA.<br />
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.<br />
200/V17 - ACCIARINO A PIETRA<br />
FOCAIA<br />
Brescia; Regno Italico.<br />
Acciarino per il modello 1777 – anno IX,<br />
prodotto dalla M.a R.le di Brescia.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
201/V17 – ACCIARINO<br />
MEDITERRANEO ALLA BERBERA<br />
Brescia; fine XVII inizi XVIII sec.<br />
Acciarino per arma lunga in uso nell’Africa<br />
Nord-Occidentale, ma prodotto nel bresciano.<br />
Prov.: Collezione privata.
VETRINA N 18<br />
132/V18 - PISTOLA A PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; XVIII sec.<br />
Arma con canna a due ordini firmata ZUGNO<br />
Prov.; Collezione privata.<br />
121/V18 - PISTOLA DA CINTURA O ARCIONE A RUOTA DA FONDA<br />
Brescia; 1650-1660.<br />
Piastra liscia con lieve cesellatura punzonata C.A.G. (Giovan Antonio Gavacciolo).<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
125/V18 – PISTOLETTO DA ARCIONE O CINTURA<br />
Lombardia – Brescia (?); 1660-1670.<br />
Arma incisa a viticci e fiorame, nello sile bresciano. Cassa in noce in due sezioni.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
136/V18 - COPPIA DI PISTOLE A PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; XVIII sec.<br />
Armi con canne a due ordini con rimesse in ottone. Firme di DONATI e MORONI – Brescia.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
156/V18 – PISTOLA A PERCUSSIONE<br />
Brescia; XIX sec.<br />
Rara pistola a percussione a due canne sovrapposte con la scritta GIULIO BERETTA <strong>GARDONE</strong><br />
Prov.: Collezione privata.<br />
139/V18 - COPPIA DI PISTOLE A PIETRA FOCAIA<br />
Brescia; XVIII sec.<br />
Pistole con canne firmate LAZARINO COMINAZZO e con cartelle MARTINONI.<br />
Prov.: Collezione privata.
Con il Decreto del 31 maggio 1797 il Comitato militare de della “Repubblica Bresciana”<br />
stabilisce l’abolizione delle corporazioni, ordinando che nelle fabbriche gardonesi sia libero a<br />
qualunque cittadino l’esercizio di quelle arti a cui lo destina la sua naturale inclinazione, giacchè in<br />
nessuna parte devono essere lesi i sacri diritti di libertà e di eguaglianza.<br />
Questo decreto rispecchia indubbiamente la necessità e gli ideali rivoluzionari del momento, ma<br />
determina la fine del tradizionale artigianato locale, che pur con le sue ferree costrizioni aveva<br />
consentito e favorito anche l’emergere di una produzione di grandissimo valore.<br />
DALL’EPOCA NAPOLEONICA AL REGNO D’ITALIA<br />
Dopo la dominazione napoleonica e le forti ordinazioni francesi, l’occupazione austriaca coincise<br />
con una fase di stagnazione e di decadenza. La fabbrica erariale iniziò a rifornirsi nei paesi lariani<br />
di metallo di scarsa qualità che causava altissime percentuali di scarto con grave danno economico<br />
per i maestri gardonesi.<br />
Gli austriaci appaltarono i lavori solo ai mercanti più importanti di Gardone, e in tal modo la<br />
maestranza si trovò in loro completa balia non disponendo di impianti e di adeguati finanziamenti.<br />
Solo l’avvento del Regno d’Italia portò ad un progressivo aumento nelle ordinazioni, alla<br />
riorganizzazione del lavoro e all’affermazione definitiva della concentrazione capitalistica di ogni<br />
fase produttiva.
VETRINA N. 19<br />
153/ V 19 - PISTOLA DA CAVALLERIA MOD. 1851 TRASFORMATA A LUMINELLO<br />
IMPERO AUSTRIACO<br />
(Kavalleriepistole mod. 1851)<br />
Pistola sistema Augustin trasformata a luminello.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />
155/ V19 – PISTOLA DA CAVALLERIA MOD. 1851 SISTEMA AUGUSTIN DELL’IMPERO<br />
D’AUSTRIA<br />
(Kavalleriepistole mod. 1851)<br />
Acciarino a percussione sistema Augustin e canna liscia.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />
65/ V19 - SCIABOLA “BRIQUET” PER GENDARMERIA A PIEDI<br />
Austria; 1820.<br />
Tipologia di sciabola diffusa e adottata anche dall’impero Austro Ungarico nel Lombardo Veneto.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
143/ V19 - PISTOLA DA CAVALLERIA DI MODELLO INCONSUETO<br />
Brescia; 1802-1805 ca.<br />
Arma di tipo inconsueto con la piastra marcata MANIFATTURA REALE DI BRESCIA- N.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
142/ V19 – PISTOLA DA CAVALLERIA DI MODELLO INCONSUETO<br />
Brescia; 1811.<br />
Arma che risulta dalla fusione di elementi francesi ed austriaci, marcata MANIFATTURA REALE DI<br />
BRESCIA.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
152/ V19 – PISTOLA PER CAVALLERIA AUSTRIACA MOD. 1798<br />
Brescia; post. 1815.<br />
Pistola in dotazione alla cavalleria austriaca durante le campagne napoleoniche.<br />
Prov.: Collezione privata.
VETRINA N. 20<br />
141 / V20 - PISTOLA DA CAVALLERIA SUL MODELLO ANNO XIII FRANCESE<br />
Brescia; 1813.<br />
Arma d’eccellenza della cavalleria napoleonica durante le campagne dell’Impero.<br />
MarchioMANIFATTURA REALE DI BRESCIA.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
72/ V20 - SCIABOLA PER TRUPPE A PIEDI<br />
Brescia; XIX sec.<br />
Corta sciabola, sul modello francese, fabbricata dalla ditta gardonese PARIS-FRANZINI<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
69 A/V20 - SCIABOLA DA TRUPPA PER LA CAVALLERIA LEGGERA ANNO XI<br />
Regno Italico; 1804-1814.<br />
L’arma bianca per eccellenza della cavalleria leggera napoleonica (BARISONI – MILANO)<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
69 B/V20 - SCIABOLA DA TRUPPA PER LA CAVALLERIA LEGGERA ANNO XI<br />
Regno Italico; 1804-1814.<br />
Prov. Collezione privata.<br />
177/ V20 - FUCILE DA FANTERIA SUL MODELLO 1777 - ANNO IX FRANCESE<br />
Brescia; 1805/1814.<br />
L’arma classica che ha armato le truppe francesi durante le guerre napoleoniche.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
176/ V20 - MOSCHETTO PER LA GENDARMERIA PARMENSE<br />
Brescia ; XIX sec.<br />
Arma in dotazione alla Gendarmeria Parmense nei primi anni dell’800 che venne commissionata alla<br />
ditta gardonese CRESCENZIO PARIS.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
140/ V20 - PISTOLA A PIETRA FOCAIA PER CAVALLERIA SU MODELLO FRANCESE<br />
Brescia; Regno Italico(?)<br />
La cartella porta la scritta BRESCIA/ FAB. PARIS E COMPAGNI. Arma usata dalla cavalleria ma<br />
che compare anche fra le dotazioni navali.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.<br />
144/ V20 - PISTOLA DA GENDARMERIA SUL MODELLO ANNO IX FRANCESE<br />
Brescia; 1804-1814.<br />
Esemplare prodotto a Brescia dai fratelli FACHETTI.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
154/ V20 – PISTOLA DA CAVALLERIA SUL MODELLO ANNO XIII FRANCESE<br />
Brescia; XIX sec.
Copia grossolana della pistola francese prodotta a Brescia dalla FAB.A PARIS E COMPAGNI.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
81/ V20 - DAGA “<strong>DELLE</strong> DIECI GIORNATE MOTI INDIPENDENTISTI”<br />
Brescia; XIX sec.<br />
Impugnatura cinquecentesca e lama dell’800- Punzone FILIPPO JACOMO IN BRESCIA. Arma<br />
proveniente da antica armeria e riutlizzata nei moti bresciani.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
66/V20 - SCIABOLA PER UFFICIALI DA CAVALLERIA AUSTRIACA MOD, 1869<br />
Brescia; XIX sec.<br />
Arma adottata dagli ufficiali della Cavalleria austriaca nel 1869. La lama reca la firma PAOLO<br />
LANDI di Brescia.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
70/ V20 – SCIABOLA PER LE TRUPPE A PIEDI <strong>DELLA</strong> GUARDIA REALE ITALIANA<br />
Brescia; Regno Italico, 1805-1814.<br />
Fabbricata dai LANDI di Brescia è la copia di quella utilizzata dalla vecchia Guardia Imperiale.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
64/ V20 - SCIABOLA PER ZAPPATORI <strong>DELLA</strong> GUARDIA IMPERIALE DEL REGNO<br />
ITALICO<br />
Brescia; post. 1810.<br />
Arma da truppa, usata dal corpo degli Zappatori Guardia Imperiale.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
71/V20 – DAGA PER CORPO A PIEDI<br />
Brescia; XIX sec.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
68/V20 – SCIABOLA DA TRUPPA PER I DRAGONI DEL REGNO ITALICO<br />
Brescia; 1811-1814.<br />
Arma prodotta dalla ditta BARISONI – MILANO.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
67/V20 – SCIABOLA PER GUARDIE D’ONORE A CAVALLO<br />
Regno Italico; 1805-1814.<br />
Sciabola italica che armava le truppe del Vicerè Eugenio prodotta dalla ditta BARISONI- MILANO.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
178/V20 - FUCILE DA FANTERIA MOD. 1809 TRASFORMATO A PERCUSSIONE<br />
DEL REGNO DI PRUSSIA<br />
Arma ad avancarica con canna liscia, trasformata a percussione all’inizio degli anni ’40.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />
178a./V20 - BAIONETTA
180/V20 - CARABINA FEDERALE SVIZZERA MODELLO 1851<br />
La più famosa carabina svizzera, usata dagli eserciti di vari stati. Acciarino con impresso il nome del<br />
costruttore: VERDA-VERONA.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />
180a./V20 - BAIONETTA<br />
183/V20 - FUCILE FRANCESE CHASSEPOT MOD. 1866<br />
Villa Carcina; Glisenti.<br />
Arma a retrocarica con otturatore ad ago e caricamento con cartuccia di carta, porta incisa la scitta<br />
MOD.LO CHASSEPOT GLISENTI BRESCIA 1868.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />
183a./V20 - BAIONETTA<br />
187/V20 - FUCILE VETTERLI MOD. 1870 DEL REGNO D’ITALIA<br />
Arma a retro carica con otturatore sistema Vetterli. Caricamento con cartuccia metallica a<br />
percussione centrale.<br />
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.<br />
193/ V20 - FUCILE GIAPPONESE ARISAKA MOD. 38<br />
Gardone; 1905.<br />
Esemplare denominato “Tipo I”, fu costruito in Italia dalla Beretta per il Giappone su modello del<br />
fucile adottato dai nipponici nel 1905.<br />
Prov.: Collezione privata.<br />
185/V20 - FUCILE PERCUSSIONE AD AVANCARICA SU MODELLO 1842 FRANCESE DA<br />
FANTERIA<br />
XIX sec.<br />
Fucile militare ,in origine rigato, trasformato da caccia.<br />
Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera - Gardone V.T.<br />
Donazione: sig. Stefano Belpietro.
GLOSSARIO<br />
A cura di Pierantonio Bolognini e Gianrodolfo Rotasso<br />
Acciarino.<br />
Congegno per comunicare il fuoco alla carica di lancio<br />
dell’arma da fuoco. Per vari tipi di acciarino, si veda il testo, in questo<br />
glossario, cfr. le voci, martellina, luminello e ruota.<br />
Alabarda.<br />
Arma in asta da punta, da taglio e da frattura. Trae origine<br />
dalla scure da boscaioli e dall’attrezzo a uncino (zapin) che serviva<br />
per spostare i tronchi; il ferro è appunto a forma di scure, con posteriormente<br />
un becco di varia forma L’a. termina in alto con una lama<br />
o un quadrello. In seguito alla battaglia di Sempach (1386) divenne<br />
popolare in tutte le fanterie europee.<br />
Alighiero<br />
Utensile marinaro, a volte usato in combattimento , costituito da uno spuntone fornito in cima di un quadrello con uno o più<br />
raffi montato su una lunga pertica.<br />
Alzo.<br />
Dispositivo per regolare il puntamento di un’arma da lancio in<br />
base alla distanza.<br />
Anima.<br />
Parte interna della canna dell’arma da fuoco o ad aria compressa,<br />
nella quale corre il proiettile.<br />
Antivampa.<br />
Scudetto protettivo per evitare al tiratore danni causati<br />
dalle fiammate che divampano nello scodellino.<br />
Archibugio.<br />
Definizione generica di ogni arma da fuoco portatile<br />
lunga almeno un metro, fino al XV III secolo. Abbastanza diffusi,<br />
nella catalogazione, anche i termini archibuso (sinonimo), archibusetto<br />
e archibusone (in base alle misure dell’arma).<br />
Armatura.<br />
Nome collettivo di tutte le pezze d’armi costituite da<br />
piastre metalliche con cui si vestivano, a scopo difensivo, uomini<br />
e cavalli. La parte che vestiva il cavallo è più propriamente detta<br />
barda o bardatura. Le armature vere e proprie furono precedute da<br />
armamenti difensivi fatti di pelli, cuoio, anelli di ferro e pezze protettive<br />
di cuoio e ferro. L’a. propriamente detta in Italia fu perfezionata<br />
in Lombardia all’inizio del Quattrocento, facendo tesoro delle<br />
esperienze francesi e inglesi in tema di articolazione degli arti e uso<br />
delle sole piastre metalliche, e delle esperienze tedesche in tema di<br />
protezione del tronco (piastre a doghe o pezze d’armi). Nella seconda<br />
metà del Seicento l’uso delle armature scomparve. La corazza e<br />
l’elmo rimasero in uso, spesso come ornamento, in alcuni reparti<br />
speciali. In Italia la maggior parte delle armature, nella prima metà<br />
del XV secolo, venne fabbricata in Lombardia, in particolare nelle
valli bresciane.<br />
Armi bianche.<br />
Armi offensive da botta, da punta, da taglio, di solito in<br />
ferro o acciaio (donde il nome). Alcuni considerano armi bianche anche<br />
le armi difensive (scudo, corazza, elmo ecc.).<br />
Armi da botta.<br />
Armi atte a ferire per ammaccatura, come le mazze e i<br />
martelli d’arme.<br />
Armi da fuoco.<br />
Tutte le armi che lanciano proiettili utilizzando la forza<br />
di espansione dei gas prodotti dalla combustione della polvere da sparo.<br />
Armi da punta.<br />
Armi bianche offensive atte a colpire di punta come<br />
lo sfondagioco e lo stocco.<br />
Armi da taglio.<br />
Armi bianche offensive atte a colpire soprattutto di<br />
taglio come la sciabola.<br />
Armi in asta.<br />
Armi bianche montate su un’asta lunga di solito almeno<br />
due metri, il cui scopo è appunto quello di poter colpire il nemico<br />
a una certa distanza, mantenendo sempre il controllo dell’arma.<br />
Taluni le denominano armi nere.<br />
Arresti<br />
Denti sporgenti dal ferro delle armi in asta, variamente posizionati e sagomati a secondo della tipologia.<br />
Artiglieria.<br />
Il termine indicava, nella prima parte del Medioevo, le<br />
macchine belliche da lancio (Artiglierie nevrobalistiche). Dopo l’invenzione<br />
e la diffusione della polvere da sparo, passò a indicare le<br />
grandi bocche da fuoco soppiantando progressivamente il vecchio<br />
nome di bombarde, col quale originariamente erano indicate le bocche<br />
da fuoco a polvere nera.<br />
Artiglierie nevrobalistiche.<br />
Antiche macchine da guerra che utilizzavano<br />
la forza di torsione e tensione per scagliare proiettili, come<br />
catapulte e baliste. Queste macchine trovarono largo impiego nella<br />
guerra d’assedio medioevale e furono adoperate fino all’inizio del XV I<br />
secolo, anche dopo l’affermazione dell’artiglieria a polvere nera.<br />
Avancarica.<br />
Sistema di caricamento dalla bocca dell’arma.<br />
Bacchetta.<br />
Verga di legno o di acciaio necessaria per il caricamento<br />
delle armi da fuoco ad avancarica e per la pulizia delle canne.<br />
Bacinetto.<br />
Copricapo di ferro in uso dalla fine del XII secolo alla
prima metà del XV I, secondo un’evoluzione di forme che parte da<br />
un semplice coppo semisferico, da indossare su un cappuccio di maglia<br />
di ferro; nella prima metà del Trecento scompare il cappuccio e<br />
la protezione di maglia (detta camaglio) viene unita al coppo, che si<br />
allunga dietro e lateralmente sino a coprire il collo e le guance. Tra il<br />
secondo decennio del Trecento e l’inizio del Quattrocento le milizie<br />
a cavallo adoperano un b. con una visiera a ribalta o incernierata<br />
lateralmente. Soprattutto in giostre e tornei, tra la fine del Trecento<br />
e il terzo decennio del Cinquecento il camaglio può essere sostituito<br />
dal ferro pieno, allungando il coppo sulla parte alta della schiena e<br />
proteggendo il mento e il collo con una barbozza o un guardacollo.<br />
Il copricapo di questo genere si chiama gran bacinetto.<br />
Baionetta.<br />
Arma bianca da punta e da taglio o solo da punta, montata<br />
sull’estremità delle armi da fuoco portatili per trasformarle all’occorrenza<br />
in armi in asta.<br />
Balestra.<br />
Nome dato alle armi da corda manesche con teniere. Nota<br />
in Indocina sin dal II millennio a.C., la balestra era presente anche<br />
in epoca romana, particolarmente nella sua versione “da posta”, ossia<br />
di grandi dimensioni e poggiata su un sostegno. Caduta in disuso<br />
in Occidente, si diffuse di nuovo a partire dal Medioevo e divenne<br />
l’arma favorita di gran parte delle fanterie specializzate italiane, fino<br />
all’avvento delle armi da fuoco; continuò a esistere come arma da<br />
caccia e diporto, sino all’inizio del XIX secolo. La balestra consente<br />
un puntamento molto preciso e i suoi dardi hanno una notevole<br />
forza di penetrazione; in compenso la sua cadenza di tiro è decisamente<br />
inferiore a quella di un arco. L’arma si compone dell’arco,<br />
fatto solitamente di acciaio; del fusto o teniere; della noce (disco<br />
fissato al fusto e fornito di tacca per fermarvi la corda tesa); della<br />
chiave o manetta per azionare l’arco. La balestra si differenziava per<br />
il caricamento in b. a crocco, a leva, a martinetto. I proiettili adoperati<br />
potevano essere dardi pesanti e tozzi, dotati di punta (bolzoni) o<br />
pallottole di terra cotta o di piomba, assai meno efficaci.<br />
Bandelle.<br />
Appendici metalliche del ferro delle armi in asta, attraversate<br />
da chiodi ribaditi allo scopo di fissare il ferro all’asta.<br />
Barbotto.<br />
Protezione della bocca, del mento e del collo, di solito<br />
articolata in due o tre lame.<br />
Barbozza.<br />
Protezione volante delle gote, del mento e della parte alta<br />
del collo.<br />
Barbuta.<br />
Elmo italiano diffuso dal XIV sino agli inizi del XV I secolo.<br />
Variante del bacinetto, nelle forme più note con coppo ovoidale<br />
e rialzato, munito all’origine di baghette per sostenere la maglia di<br />
ferro (camaglio) che proteggeva il collo e il mento. Dismessa la maglia<br />
di ferro, il coppo assunse una forma più arrotondata e costolata<br />
in mezzeria, e l’apertura facciale a forma di U della b. fu rinforzata<br />
con un nasale o addirittura sagomata a T o Y, simile a quella degli
antichi elmi greci. In questa particolare forma la b. assunse in area<br />
veneta la denominazione di celata, donde poi il titolo di celata alla<br />
veneziana.<br />
Barda.<br />
Nome di tutte le pezze d’armi difensive dei cavalli degli uomini<br />
d’arme.<br />
Basilisco.<br />
Nome che anticamente indicava una grossa colubrina.<br />
Bocca. Parte terminale della canna di un’arma da fuoco, dalla quale<br />
esce il proiettile.<br />
Bocchino.<br />
La prima fascetta metallica (verso il vivo di volata) destinata<br />
a tenere unita la canna di un’arma da fuoco alla cassa.<br />
Bomba.<br />
Ordigno bellico costruito, nel suo modello fondamentale, da un involucro metallico contenente una carica di esplosivo la cui<br />
esplosione, determinata nei modelli più semplici dall’impatto con il bersaglio, è ora regolata da una spoletta a tempo o da<br />
altri complessi congegni. La bomba puà essere lanciata come proiettile da bocche da fuoco, da congegni di lancio, da mezzi<br />
aerei ecc.<br />
Bombarda.<br />
Termine per definire le antiche bocche da fuoco. L’Angelucci,<br />
in particolare (A. Angelucci, Documenti inediti per la storia<br />
delle armi da fuoco italiane, Torino 1868), stabilisce tra la fine<br />
del Trecento e l’inizio del Quattrocento tre tipologie di massima di<br />
bombarde: b. minute ad anima lunga, facilmente trasportabili e utili<br />
contro le persone in battaglia: in questa categoria possiamo collocare<br />
le armi da fuoco a mano (o manesche), definite schioppi, schioppetti<br />
e in seguito archibugi, e le artiglierie chiamate bombardelle, spingarde,<br />
cerbottane, serpentine e più genericamente cannoni: b. ad<br />
anima lunga, grosse e mezzane, adoperate a tiro teso e utili contro le<br />
fortificazione; e infine b. ad anima corta, destinate a tirare in arcata<br />
(tiro curvo) contro bersagli coperti da ostacoli verticali: presero in<br />
seguito il nome di mortari o mortai.<br />
Borgognotta.<br />
Copricapo di ferro con tesa e gronda, con guanciali<br />
incernierati, munito solitamente di una cresta o con il coppo a punta<br />
rivolta all’indietro; all’occorrenza può essere completata con pezze<br />
volanti (unite per mezzo di coietti) denominate a seconda della tipologia<br />
buffa o barbozza.<br />
Bossolo.<br />
Tubetto di carta, cartone o metallo contenente la carica di<br />
lancio e il proiettile. Nelle armi a retrocarica si definisce bossolo la<br />
parte della cartuccia contenente l’innesco, la carica e il proiettile<br />
(tutto o in parte). Nelle armi moderne il bossolo è quasi sempre in<br />
lega di ottone.<br />
Bracciali.<br />
Difesa delle braccia composta dal cannone di antibraccio,<br />
dalla cubitiera e dal cannone di braccio.
Braccio di guardia<br />
Nel finimento delle armi bianche, il braccio dell’elso dal lato del polso.<br />
Brandistocco.<br />
Arma in asta con ferro a tre lame, di cui la centrale<br />
lunga a doppio taglio e le laterali più corte, dette ali, ricurve verso<br />
l’alto con tagliente solo all’interno.<br />
Buffa.<br />
Visiera volante fatta con più lame articolate l’una sull’altra,<br />
per completare la borgognotta e trasformarla in un elmetto chiuso.<br />
Calcio.<br />
Parte della cassa del fucile, dall’impugnatura al calciolo.<br />
Calciolo.<br />
Piastra metallica o di altro materiale che copre il sottocalcio.<br />
Calibro.<br />
Diametro dell’anima della canna, cui corrispondono determinati<br />
tipi di pallottola. Il calibro può essere indicato in millimetri<br />
(es. 11, 43 mm) o in millesimi di pollice (es. 450). Nelle armi a<br />
canna rigata il calibro viene misurato tra i pieni (le parti dell’anima<br />
non solcate da rigature).<br />
Camaglio.<br />
Protezione in maglia di ferro che pende dal cappello d’arme,<br />
dal bacinetto o dalla barbuta, a difesa delle guance e del collo.<br />
Camera (di scoppio).<br />
Parte della culatta ove trova posto la carica<br />
(nelle armi antiche) o la cartuccia (nelle armi moderne a retrocarica).<br />
Cane.<br />
Parte del meccanismo di un’arma da fuoco, che con la sua<br />
azione provoca lo sparo: nelle armi a ruota, tramite lo sfregamento<br />
di un pezzo di pirite; nelle armi a pietra, tramite l’urto di un pezzo di<br />
selce; nelle armi a percussione, picchiando sulla capsula; nelle armi<br />
moderne, battendo sul percussore. Il termine cane deriva dalla forma<br />
originaria di questo pezzo, provvisto di due ganasce per tenere ferma<br />
la pirite o la selce: è rimasto in uso anche dopo l’introduzione della<br />
percussione, che ne cambiò radicalmente l’aspetto.<br />
Canna.<br />
Parte dell’arma da fuoco che serve a utilizzare la spinta dei<br />
gas della carica di lancio, dando al proiettile la direzione voluta. Le<br />
canne antiche erano forgiate in ferro, con vari sistemi per assicurarne<br />
la durata e la resistenza; le canne moderne, a partire dal sesto<br />
decennio del XIX secolo, sono realizzate da pezzi d’acciaio trafilati e<br />
forati a freddo.<br />
Cannone<br />
Nell’armatura è la protezione tubolare del braccio e dell’avanbraccio realizzata in più parti variamente connesse.<br />
Cappa<br />
Fornimento metallico della bocca del fodero delle armi bianche.
Capsula.<br />
Cilindretto di rame o di ottone, chiuso a una estremità,<br />
col fondo interno ricoperto da un composto fulminante, usato nelle<br />
armi a percussione. Si infilava sul luminello e il cane, abbattendosi<br />
su quest’ultimo, schiacciava la capsula facendo esplodere il composto<br />
fulminante e provocando una fiammata che, attraverso il foro del<br />
luminello, accendeva la carica di lancio. Con l’introduzione della<br />
cartuccia metallica, la c. venne posta sul fondello del bossolo.<br />
Carabina.<br />
Arma lunga con canna rigata. Nata come arma da caccia<br />
e poi di truppe scelte a cavallo (detti appunto “Carabini”), ebbe<br />
un particolare impulso a partire dalla seconda metà del Settecento,<br />
anche come arma di fanteria. Quando la rigatura divenne usuale in<br />
tutte le armi da fuoco militari, alcuni stati mantennero il termina carabina.<br />
In Austria furono chiamate carabine le armi lunghe di alcuni<br />
reparti speciali, indipendentemente dalle caratteristiche della canna<br />
lunga o corta, liscia o rigata. In Italia per un certo periodo il termine<br />
fu adoperato solo per definire l’arma dei Bersaglieri piemontesi,<br />
mentre altri stati italiani preunitari usarono questa definizione in<br />
base alla denominazione data in origine ad alcune loro armi militari<br />
importate dall’estero.<br />
Carica di lancio.<br />
Carica di polvere da sparo, posta alla base del<br />
proiettile. Alla carica di lancio si dà fuoco per mezzo dell’innesco,<br />
provocando così il lancio del proiettile.<br />
Cartella.<br />
Supporto metallico per tenere unite le parti che compongono<br />
il meccanismo di sparo di un’arma da fuoco antica; oggi il termine<br />
sopravvive solo nelle armi da caccia a canne basculanti.<br />
Cartuccia.<br />
Con questo termine si intende oggi l’insieme dell’innesco,<br />
dell’esplosivo, del bossolo e del proiettile, riuniti in un solo<br />
complesso; all’origine la cartuccia era un contenitore di carta (dondo<br />
il nome) per la polvere da sparo, che veniva lacerato al momento<br />
dell’uso.<br />
Cassa.<br />
Parte dell’arma da fuoco (solitamente del fucile) che tiene<br />
uniti i meccanismi e la canna e consente di maneggiare e usare l’arma<br />
stessa..<br />
Castello<br />
Nelle pistole è la parte metallica che regge la canna, contiene il sistema di scatto e forma l’impugnatura. Nelle armi lunghe<br />
è l’armatura in metallo che ha la funzione di contenere e completare le diverse parti dell’arma.<br />
Celata.<br />
Armatura del capo che scende fino agli occhi o fino alla bocca<br />
(in questo caso munita spesso di una visiera o di una ventaglia<br />
mobile) ed è fornito di una lunga gronda. Il termine fu usato genericamente<br />
per vari tipi di elmi.<br />
Chiave da ruota.<br />
Chiave di ferro generalmente con testa a T. Su entrambe
le estremità della testa un foro quadrato si impernia nell’asse<br />
delle armi a ruota. L’attrezzo si adopera come una chiave inglese, per<br />
caricare la ruota sino a bloccarla sul dente di scatto.<br />
Cimiero.<br />
Ornamento di legno, cuoio o gesso lavorato e dipinto, con<br />
significato araldico o simbolico, collocato sopra l’elmo.<br />
Cinquedea<br />
Particolare tipo di daga o di corta spada italiana in uso nei secoli XI-XVI con una lama larga alla base circa cinque dita, a<br />
forma di triangolo isoscele e spesso ogivale in punta.<br />
Coccia<br />
In alcuni spadini e daghette è la protezione a calotta poco profonda che posta sotto l’impugnatura proteggeva la mano.<br />
Codolo<br />
Parte del ferro della lama che entra nell’impugnatura delle armi bianche.<br />
Coietti. Fettucce di cuoio che terminano con una fibbia o un puntale,<br />
per unire tra loro le parti mobili dell’armatura.<br />
Coltello. Arma bianca corta con lama a un taglio e punta.<br />
Controcartella.<br />
Piastra metallica collocata, per rinforzo, nella parte<br />
della cassa opposta a quella in cui si trova la cartella.<br />
Controguardia<br />
Parte del fornimento di una spada che dalla guardia scende alla crocera<br />
Copriscodellino.<br />
Coperchio impiegato, nelle armi a miccia, a ruota e<br />
a pietra, per impedire che la polvere di innesco cada dallo scodellino<br />
o si bagni in caso di pioggia. Si spostava al momento dello sparo.<br />
Corazza.<br />
Termine usato soprattutto nel Quattro-Cinquecento per<br />
indicare le protezioni del busto; sembra che derivi dal corpetto di<br />
corame (detto anche “corata” o “coraccia”), diffuso nel XIII e nel<br />
XIV secolo, foderato di placche metalliche, affibbiato sulla schiera<br />
o lungo il fianco.<br />
Nel XV II secolo furono chiamati corazze i soldati della cavalleria<br />
pesante (“cavalleria grave”) difesi da corsaletto. Non è infrequente,<br />
anche nella letteratura cinquecentesca, l’uso della parola corazza per<br />
riferirsi, genericamente, a tutta l’armatura.<br />
Coppo<br />
Parte dell’elmo che protegge direttamente il cranio<br />
Corsaletto<br />
Corazza più leggera delle ordinarie usata nel Rinascimento per proteggere il petto e il ventre. Fu la principale armatura dei<br />
picchieri ed era ancora in uso nel secolo XVII.<br />
Corsesca.<br />
Arma in asta, con la parte metallica formata da una cuspide<br />
a quadrello con due corte lame laterali ricurve verso il basso. Forse<br />
di derivazione marinara, fu prediletta dalle fanterie italiane e in particolare
da quelle corse, dalle quali probabilmente derivò il nome. La<br />
marinara Trieste ne farà addirittura il simbolo della città.<br />
Costola.<br />
La parte opposta al taglio, nelle armi bianche.<br />
Cotta.<br />
Col termine c. d’arme si indica una sopravveste indossata<br />
sopra l’armatura, solitamente ornata di stemmi e motti araldici; col<br />
termine c. di maglia si indica un indumento difensivo, costituito<br />
da anelli, squame o tondelli di metallo. Squame e tondelli erano<br />
utilizzati soprattutto nell’alto Medioevo tra l’VIII e l’XI secolo ed<br />
erano cuciti su una veste di pelle o di tessuto pesante, in modo di<br />
sovrapporsi parzialmente tra loro. Più tardi queste protezioni divennero<br />
anelli, cuciti su una veste ma soprattutto intrecciati fra loro per<br />
formare una specie di tessuto metallico. La lavorazione più accurata<br />
era quella a grano d’orzo, nella quale ogni anello è fatto da un tondino<br />
piegato a cerchietto, con le estremità appiattite e sovrapposte<br />
e unite da un perno passante ribadito in maniera da formare un<br />
piccolo granello.<br />
Cresta.<br />
Rilievo più o meno accentuato, presente soprattutto in morioni<br />
e borgognotte, che corrisponde di solito alla mezzeria del coppo,<br />
dalla fronte sino alla nuca.<br />
Cubitiere<br />
Parte del bracciale dell’armatura a protezione dell’articolazione del gomito.<br />
Culatta.<br />
Parte posteriore della canna, ove si colloca la carica. E’ termine<br />
particolarmente adatto per le armi antiche e per le artiglierie<br />
Daga.<br />
Arma bianca manesca con lama dritta a due tagli e punta,<br />
spesso anche a un taglio, di lunghezza intermedia tra il pugnale e<br />
la spada.<br />
Elmetto.<br />
Armatura della testa interamente chiusa, in uso dal secolo<br />
XV alla prima metà del XV II, nelle molteplici versioni: elmetto<br />
da incastro, elmetto da cavallo, elmetto alla viscontea, elmetto alla<br />
savoiarda, elmetto alla ungara.<br />
Elmo.<br />
Termine generico per indicare l’armatura della testa. Il suo<br />
uso documentato risale all’età del bronzo, più propriamente viene<br />
denominato elmo la grande protezione della testa nelle molteplici<br />
varianti in uso dalla fine del XII secolo fino a dopo la metà del<br />
XIV.<br />
Elso<br />
Elemento metallico trasversale che, nella spada, divide l’impugnatura dalla lama.<br />
Falcione.<br />
Arma in asta del periodo comunale, con ferro a forma di<br />
grande falce e spesso munita di un dente dorsale. Dal XV I secolo
ebbe un ruolo più di rappresentanza che da guerra; deriva dall’attrezzo<br />
contadino.<br />
Falda<br />
Parte dell’armatura da piede o da cavallo pendente dal petto e finalizzata alla protezione dell’addome.<br />
Farsata<br />
Fodera imbottita che si trovava nella parte interna degli elmi. Era fissata al coppo attraverso una serie di femminelle.<br />
Fascetta.<br />
Fascia metallica, usata per fissare la canna al fusto della<br />
cassa.<br />
Fiasca da polvere.<br />
Recipiente di corno, legno, cuoio bollito o metallo<br />
contenente la polvere da sparo, passato in disuso con la diffusione<br />
delle cartucce. Numerose fiasche da polvere erano artisticamente<br />
decorate.<br />
Filo<br />
Estrema e più sottile parte del taglio di un’arma bianca.<br />
Focone.<br />
Foro praticato nella parte laterale o posteriore della culatta<br />
delle armi antiche, attraverso il quale il fuoco dell’innesco era comunicato<br />
alla carica di lancio.<br />
Fornimento.<br />
Tutte le parti, solitamente in metallo, che completano<br />
un’arma da fuoco, come il guardamano e le fascette. In un’arma<br />
bianca, ad esempio la spada, è il completamento della lama come<br />
l’impugnatura e i vari tipi di protezione della mano.<br />
Forte<br />
Primo terzo della lama della spada, a partire dall’impugnatura, in cui è situato il centro di percossa. E’ seguito dal temprato<br />
e dal debole.<br />
Fucile.<br />
Arma da fuoco individuale, lunga, il cui nome deriva dal<br />
focile, ossia dalla selce impiegata nell’acciarino a pietra focaia. Il<br />
termine si diffuse a partire dalla diffusione delle armi a pietra, per<br />
indicare l’arma di base della fanteria ma anche l’arma usuale dei<br />
cacciatori, e restò in uso anche dopo le ulteriori innovazioni tecnologiche.<br />
Fulminante (polvere o composto). Composto chimico che ha la<br />
proprietà di esplodere con una forte detonazione quando viene<br />
compressa violentemente tra due superfici dure. Le proprietà dei<br />
fulminati, in particolare quelli di mercurio, furono sfruttate a partire<br />
dall’inizio dell’Ottocento nella fabbricazione di capsule e inneschi.<br />
Fusto.<br />
Parte della cassa che sostiene la canna.<br />
Gambiera<br />
Parte dell’armatura da cavallo, a protezione dell’intera gamba, sostituì la calza di maglia ed era composta dal cosciale,dal<br />
ginocchiello e dalla schiniera.
Gladio<br />
Spada romana di origine celtibara, a lama larga e corta a doppio taglio e punta e con impugnatura con guardia appena<br />
accennata. Gli corrispose nei secoli la daga.<br />
Gorbia<br />
Nelle armi in asta ed in alcune armi da botta costituisce la parte inferiore cava del ferro che accoglie l’estremità superiore<br />
dell’asta o del manico.<br />
Gronda.<br />
Protezione della parte posteriore del collo articolata in una<br />
o più lame assicurata al coppo.<br />
Guance o guancette.<br />
Pezzi di legno, di metallo, di avorio, di corno,<br />
di madreperla applicati sulle due facce di un’impugnatura, per garantire<br />
una presa migliore, grazie anche alla particolare conformazione<br />
(zigrinatura) di alcuni tipi.<br />
Guardacollo.<br />
Lama o più lame di protezione della parte anteriore del<br />
collo, assicurata alla barbozza o ad altre parti volanti.<br />
Guarnitura.<br />
Armature predisposte a scambiare, per l’applicazione di<br />
piastre di rinforzo supplementari, in modo da renderle adatte ai diversi<br />
combattimenti. La g. comparve in Germania verso la fine del<br />
XV secolo, per personaggi di grande rilievo.<br />
Guardia<br />
Parte dell’arma bianca manesca finalizzata alla protezione della mano che la impugna.<br />
Innesco.<br />
Sostanza o dispositivo avente lo scopo di provocare l’accensione<br />
di una carica di lancio o esplosiva. Sino all’avvento della<br />
percussione l’innesco fu costituito dalla polvere da sparo che si depositava<br />
nello scodellino e alla quale si dava fuoco con vari sistemi (a<br />
miccia, a ruota, a pietra). Dopo l’avvento delle sostanze fulminanti,<br />
l’innesco fu dapprima costituito da capsule o tubetti esplosivi e poi,<br />
dopo la diffusione della moderna cartuccia, fu collocato sul fondello<br />
di quest’ultima.<br />
Lama.<br />
Per le armi offensive, la parte in acciaio, da taglio o da punta,<br />
che esce dall’impugnatura; per le armi difensive, lista di metallo da<br />
applicare ovunque occorra articolare l’armatura.<br />
Luminello.<br />
Supporto cavo, avvitato sulla culatta di un’arma a percussione,<br />
sul quale si poneva la capsula. L’urto del cane sulla capsula<br />
provocava una fiammata che, attraverso il foro del luminello, giungeva<br />
a incendiare la carica di lancio posta all’interno della culatta.<br />
Machaira.<br />
Daga con lama a un filo e doppia curvatura dei guerrieri<br />
dell’antica Grecia.
Maglietta.<br />
Specie di anello, che fissato uno sul fusto di un’arma da<br />
fuoco portatile lunga, e un altro all’altezza del ponticello o sul calcio<br />
servono a trattenere una cinghia di cuoio per trasportare l’arma in<br />
spalla.<br />
Martellina.<br />
Lastra di acciaio, spesso unita al copriscodellino, sulla<br />
quale batte al momento dello sparo la selce serrata tra le ganasce del<br />
cane.<br />
Martello d’arme<br />
Arma immanicata da botta generalmente con manico in ferro o legno, bocca piana, becco a punta e talvolta con cuspide al<br />
sommo.<br />
Mazza<br />
Arma da botta di varie forme costituita da un manico e da una testa irta di punte<br />
Mezza monta.<br />
Posizione intermedia del cane, che serve a bloccarlo<br />
per agevolare le operazioni di caricamento senza correre il rischio di<br />
spari accidentali.<br />
Miccia.<br />
Pezzo di corda trattata precedentemente con vari sistemi<br />
(bollitura in soluzione satura di salnitro, o anche semplicemente in<br />
acqua salata), adoperata per dar fuoco alla polvere da sparo nelle<br />
armi a miccia e nelle artiglierie.<br />
Mirino.<br />
Rilievo in metallo sulla parte anteriore della canna, utilizzato<br />
per il puntamento. Il bersaglio deve trovarsi al termine della<br />
linea immaginaria che unisce il mirino alla tacca di mira.<br />
Mognone.<br />
Particolare protezione a lame metalliche della spalla e<br />
del braccio fin quasi al gomito.<br />
Morione.<br />
Protezione del capo con coppo saliente, costolato in<br />
mezzeria, con cresta o a punta, e tesa a barchetta con o senza orecchioni.<br />
Morlacca.<br />
Acciarino turco balcanico.<br />
Moschetto.<br />
In un primo tempo, grosso archibugio a miccia di uso<br />
militare, diffuso nel XV I e soprattutto nel XV II secolo, che per<br />
sparare necessitava di una apposita forcella o di un appoggio naturale.<br />
Il termine, tipico di un periodo in cui le artiglierie ricevevano<br />
nomi di serpenti o di uccelli, deriva dal nome di un uccello, il<br />
moschetto o muscetto. Con la diffusione delle armi a pietra negli<br />
eserciti del Settecento, molti stati mantennero la denominazione di<br />
moschetto per indicare le armi lunghe individuali, a canna liscia,<br />
della fanteria. In Italia, la denominazione rimase in uso anche con<br />
le armi lunghe a retrocarica sia a ripetizione che automatiche.
Noce.<br />
Parte interna del meccanismo di sparo, collegata o fissa al<br />
cane, che può assumere posizioni diverse a seconda dei movimenti<br />
con altre parti meccaniche che agiscono sulle due o tre intaccature<br />
(tacche) di cui è provvista. A seconda della posizione della noce, il<br />
cane viene preparato per lo sparo (armato), fatto scattare o tenuto<br />
in posizione di sicura. Nelle balestre la noce serve a trattenere la<br />
corda.<br />
Otturatore.<br />
Parte di un’arma da fuoco a retrocarica che chiude la<br />
culatta.<br />
Paloscio.<br />
In Italia e Francia denominato anche squadrone. Termine<br />
derivato dall’antico persiano, attraverso le terre slave, per indicare<br />
un’arma bianca manesca, con lama a un taglio e punta, spesso anche<br />
a due tagli, in uso presso le cavallerie dalla guerra dei Trent’anni<br />
in poi. Viene usato anche per alcune armi da caccia.<br />
Panziera<br />
La piastra robusta e sagomata che nelle armature quattrocentesche sale dalla vita allo stomaco e poco oltre.<br />
Partigiana.<br />
Arma in asta composta da una larga lama a due tagli<br />
con alla base due alette d’arresto, rivolte verso l’alto.<br />
Pennacchiera<br />
Elemento dell’elmo, all’unione del coppo con la goletta, destinato ad ospitare il pennacchio.<br />
Percussore.<br />
Parte, di solito appuntita, del meccanismo di sparo delle<br />
armi a retrocarica. Quando si preme il grilletto, il percussore colpisce<br />
il fondello della cartuccia (capsula) che si trova nella camera<br />
di scoppio, facendo esplodere l’innesco e accendendo la carica di<br />
lancio (che fa partire il colpo).<br />
Pettorale<br />
Parte della bardatura d’arme a sostegno e controllo del petto del cavallo.<br />
Piastra.<br />
Sinonimo di cartella, usato soprattutto nella denominazione<br />
delle armi a miccia e a ruota.<br />
Picca<br />
Arma bianca inastata. Classica delle fanterie era lunga dai cinque ai sette metri ed aveva un ferro dalle forme più svariate,<br />
sempre appuntito.<br />
Pistola.<br />
Termine generico usato fin dal XV I secolo per indicare<br />
l’arma da fuoco corta, che si spara reggendola con una sola<br />
mano.<br />
Polvere da sparo.<br />
Si da questo nome al composto chimico la cui<br />
esplosione provoca la partenza del proiettile. La prima polvere da
sparo fu la polvere nera, mescolanza di zolfo, carbone e salnitro;<br />
rimase in uso sino alla fine dell’Ottocento, quando fu in gran parte<br />
soppiantata dalle polveri bianche (a base di nitrocellulosa).<br />
Pomo<br />
Nelle armi bianche è l’estremità superiore dell’impugnatura. Favorisce la presa più salda ed il bilanciamento dell’arma.<br />
Ponticello.<br />
Lamina solitamente metallica, che nelle armi da fuoco<br />
protegge il grilletto dagli urti. In vari meccanismi a retrocarica e a<br />
ripetizione il ponticello, o guardamano, è congegnato in modo da<br />
essere adoperato durante le operazioni di caricamento.<br />
Potere d’arresto.<br />
Capacità del proiettile di neutralizzare l’avversario<br />
dello sparatore con la forza dell’impatto. Il potere d’arresto è<br />
proporzionato al peso e alla velocità del proiettile stesso.<br />
Pugnale.<br />
Termine generico delle armi bianche manesche con corta<br />
e robusta lama e vari tipi di fornimento.<br />
Puntale<br />
Guarnitura metallica della punta del fodero delle armi bianche.<br />
Resta.<br />
Sostegno metallico della lancia, avvitato o trattenuto da<br />
un fermo sulla parte alta alla destra del petto; è di varie forme, a<br />
seconda dell’uso e della nazionalità.<br />
Raffio<br />
Parte del ferro delle armi in asta variamente modellata e sagomata ad uncino.<br />
Retrocarica.<br />
Sistema di caricamento dalla culatta. Sin dall’introduzione<br />
delle armi da fuoco si tentò di sviluppare sistemi di retrocarica,<br />
ma solo a partire dal XIX secolo furono prodotti su scala<br />
industriale importanti modelli di armi a retrocarica.<br />
Ricasso<br />
Restringimento massiccio della lama prima del codolo.<br />
Rigatura.<br />
Incisione a solchi longitudinali ed elicoidali dell’interno<br />
dell’anima della canna, realizzata allo scopo di imprimere un moto<br />
rotatorio al proiettile, per renderlo più stabile nella traiettoria.<br />
Rivoltella.<br />
Pistola dotata di un cilindro o tamburo, suddiviso in<br />
più camere di scoppio, ciascuna delle quali contiene una cartuccia.<br />
A seconda della meccanica interna dell’arma, si spara armando il<br />
cane e premendo il grilletto per ogni singolo colpo (azione singola)<br />
o premendo solo il grilletto (azione continua) o azionando, a<br />
scelta, il cane e il grilletto o il solo grilletto (azione doppia). In<br />
tutti i casi si possono sparare più colpi in sequenza prima di ricaricare<br />
l’arma. Nelle armi cosiddette a rotazione, anteriori al XIX<br />
secolo, il tamburo veniva generalmente ruotato a mano prima di
ogni singolo colpo.<br />
Ronca<br />
Arma in asta con ferro adunco e tagliente. Di dimensioni maggiori era il Roncone, in origine simile alla Ronca, ma che poi<br />
assunse una forma complessa e venne munito di uno spuntone.<br />
Rotella.<br />
Scudo circolare leggermente convesso, di vario materiale<br />
(legno, acciaio o cuoio bollito) a seconda degli usi.<br />
Ruota.<br />
Parte principale di un meccanismo diffuso tra il XV I e il<br />
XV III secolo, che utilizza una ruota d’acciaio zigrinata per far scaturire,<br />
da un pezzo di pirite, le scintille necessarie ad accendere la<br />
polvere di innesco e, attraverso questa, la carica di lancio.<br />
Scarsellone<br />
Parte dell’armatura da piede o da cavallo a protezione interna ed esterna della coscia.<br />
Scatto.<br />
Definizione generica della parte del meccanismo delle armi<br />
antiche destinata a sganciare dalla sua posizione di fermo il cane,<br />
provocandone l’abbattimento contro la martellina o sulla capsula.<br />
Schiavona<br />
Spada in dotazione alle truppe levantine con un tipico fornimento ingabbiato, venne usata inizialmente come arma per le<br />
truppe a cavallo.<br />
Schifalancia<br />
Protezione della mano, a forma di imbuto, applicata alla lancia.<br />
Sciabola.<br />
Arma bianca manesca, con lunga lama più o meno curva,<br />
a un taglio e punta, con fornimento di varie fogge. Di derivazione<br />
orientale, si diffuse nell’ambiente europeo verso la fine del XV II secolo,<br />
con l’istituzione del corpo degli Ussari. Il termine sciabola in<br />
alcuni stati dell’Europa occidentale è stato esteso anche ad armi da<br />
cavalleria pesante con lama diritta a un taglio e punta.<br />
Scodellino.<br />
Pezzo di metallo incavato, anticamente unito alla canna<br />
dalla parte della culatta, davanti al focone, e poi facente parte dell’acciarino;<br />
vi si poneva il polverino di innesco nelle armi a miccia,<br />
a ruota e a pietra.<br />
Scramasax<br />
Tipo di sciabola elencato, in testi legislativi visigoti, fra le armi in dotazione ai guerrieri.<br />
Scudo.<br />
Termine generico per indicare una protezione di varia forma<br />
e materiale, da imbracciare a sinistra, per la guerra, per il gioco guerresco<br />
o per cerimonia.<br />
Scure d’arme.<br />
Arma da botta con ferro sagomato a tagliente da un<br />
lato, becco di falco dall’altro, e spesso con spuntone alla sommità.<br />
Ha il manico interamente in ferro o in legno con lunghe bandelle.
Sfondagiaco.<br />
Arma bianca manesca con corta ma robusta lama, spesso<br />
a quadrello, per perforare le difese di maglia di ferro.<br />
Sguscio<br />
Il solco incavato lungo un tratto della lunghezza della lama di un’ arma bianca.<br />
Sicura.<br />
Congegno presente anche nelle armi più antiche per impedire<br />
spari accidentali, bloccando il cane o il grilleto.<br />
Spada.<br />
Arma bianca manesca, comunemente nota con lama dritta,<br />
lunga, a due tagli e punta, e fornimento con elsa a croce. La lama,<br />
però, a seconda degli usi, può essere anche a un taglio solo o a punta<br />
arrotondata, e più specificamente di varie sezioni e fogge. Il fornimento<br />
attraverso i secoli si modifica in conformità della scherma e<br />
della moda. La spada è l’arma militare di maggiore importanza; le<br />
sue origini risalgono alla scoperta del bronzo e sopravvive ancora ai<br />
nostri giorni come segno di comando.<br />
Spiedo.<br />
Denominazione generica delle armi in asta atte a colpire di<br />
punta. Le tipologie di spiedi più particolari sono alla bolognese e<br />
alla furlana.<br />
Spuntone.<br />
Termine generico di alcune armi in asta con ferro lungo,<br />
robusto e acuminato. In tempi più recenti indicava anche la mezza<br />
picca.<br />
Stecher.<br />
Termine tedesco per indicare il congegno di scatto a due<br />
grilletti: il primo, durante il puntamento, serve da sicura al secondo<br />
che, disimpegnato, con una leggerissima pressione, fa scattare il cane<br />
o il percussore.<br />
Stiletto ( Stile)<br />
Arma bianca corta, simile al pugnale, con lama a sezione triangolare o quadrata e con punta acutissima. Era un tempo<br />
considerato arma insidiosa e quindi proibita.<br />
Stocco.<br />
Arma bianca manesca, lunga, con robusta lama a forma di<br />
triangolo, a sezione romboidale, atta a colpire prevalentemente di<br />
punta.<br />
Storta<br />
Arma bianca manesca da taglio, a lama curva più larga all’estremità che non verso l’impugnatura, generalmente tagliata a<br />
sghembo<br />
Striscia<br />
Arma bianca di uso prevalentemente civile con lama stretta, molto lunga, soda e punta acuminata. Era usata per duellare nei<br />
secoli XVI e XVII.<br />
Tacca di mira.
Incavo di traguardo che si trova sull’alzo o sulla canna.<br />
Nel puntamento si deve far collimare la tacca di mira e il mirino<br />
con il bersaglio.<br />
Tallone<br />
Nell’arma bianca è la parte ella lama compresa tra il codolo e l’inizio della lama propriamente detta.<br />
Targa.<br />
Particolare scudo di varie forme, usato nelle giostre, nei caroselli,<br />
in guerra (targa alla ungara) e nei duelli (targhetta da pugno).<br />
Tesa.<br />
Lamina più o meno spiovente dal coppo, a protezione della<br />
fronte, delle tempie e della nuca.<br />
Tridente<br />
Forcone a tre rebbi che non fu mai in dotazione alle truppe pur essendo usato in scontri guerreschi e come arma<br />
d’abbordaggio.<br />
Tutta monta.<br />
Posizione di armamento del cane, pronto allo sparo.<br />
Umbone<br />
Sporgenza centrale di alcuni scudi solitamente realizzata in ferro o in bronzo. Fu in uso fin dalla lontana antichità con<br />
finalità difensive ed offensive.<br />
Ventaglia.<br />
Piastra di protezione del naso, della bocca e del mento,<br />
con fori o intagli per l’aerazione. Può essere anche di maglia di ferro.<br />
Visiera.<br />
Protezione metallica di tutto il volto, dalla fronte al mento,<br />
fissa (negli elmi) o mobile (negli elmetti, nei bacinetti e nelle celate).<br />
Vivo di volata.<br />
Definizione tecnica della bocca della canna di un’arma<br />
da fuoco.<br />
Yelman<br />
Termine di origine tartara indicante il terzo inferiore delle scimitarre e delle sciabole che in genere si presenta più sottile e<br />
appiattito del resto della lama ad un solo filo.<br />
Zuccotto. Protezione metallica del capo alquanto raccolta, con tesa<br />
stretta e orizzontale, variante del morione.