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I CRIMINI SESSUALI DEL CLERO CATTOLICO - Fernando Liggio

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la loro pubblica denuncia il Vaticano avviasse un’inchiesta e aprisse un processo a carico di Padre<br />

Maciel. Ma non accadde niente del genere, e col passare dei mesi fu evidente che per la Curia<br />

vaticana il fondatore dei Legionari, pupillo di papa Wojtyla, era intoccabile. L’approssimarsi del<br />

terzo viaggio pastorale in Messico di Giovanni Paolo II (22-26 gennaio 1999), e il pericolo di<br />

contestazioni o polemiche sull’affaire Maciel, indusse la Santa Sede a farsi duttile. Il 17 ottobre<br />

1998 gli ex legionari José Barba-Martin e Arturo Jurado Guzmán, accompagnati dal reverendo<br />

Antonio Roqueñi (canonista messicano e membro dell’Opus Dei) e della canonista Maertha Wegan,<br />

vennero ricevuti in Vaticano dal reverendo Gianfranco Girotti, sotto-segretario della Congregazione<br />

per la dottrina della fede, al quale consegnarono una formale denuncia a carico di padre Maciel. Il<br />

collaboratore del cardinale-prefetto Ratzinger li invitò a non rilasciare alcuna dichiarazione alla<br />

stampa, e a mantenere il più rigoroso silenzio sulla denuncia. Quando Giovanni Paolo II cominciò il<br />

terzo viaggio pastorale in Messico, il 22 gennaio 1999, la novità più evidente rispetto ai precedenti<br />

fu che al suo fianco non comparve mai padre Maciel. Il fondatore dei Legionari di Cristo sembrava<br />

essersi volatilizzato, ma era solo una “assenza diplomatica”, un espediente concordato per placare<br />

la bufera. Del resto, salvo lo strisciante antagonismo dell’Opus Dei, a Roma la Legione era una<br />

potenza molto apprezzata, anche dal cardinale Ratzinger […]. Non c’era nessuna possibilità che la<br />

legge canonica potesse valere anche per padre Marcial Maciel Degollado, potente amico personale<br />

di Giovanni Paolo II. Non c’era alcuna possibilità che l’altrimenti inflessibile cardinale-prefetto<br />

Ratzinger mettesse a repentaglio la propria candidatura a successore di papa Wojtyla, pretendendo<br />

di applicare la legge canonica anche a carico del fondatore della Legione. Lo confermò Carlos<br />

Talvera Ramirez, il vescovo di Cotzacoalacos che si recò in Vaticano e incontrò il prefetto della<br />

Cogregazione dottrinaria. […]. In quella occasione il cardinale Ratzinger elogiò padre Maciel come<br />

capo di un Legione capace di generare un forte numero di vocazioni al sacerdozio, e gli fece<br />

intendere che la faccenda delle denunce di abusi era molto delicata: non era opportuno neppure per<br />

la Chiesa mettere sotto processo un amico personale del Santo Padre […]. Ai primi di marzo del<br />

2000 Padre Roqueñi, con una lettera indirizzata al sotto-segretario ratzingeriano padre Girotti,<br />

lamentò il comportamento omissivo della Congregazione dottrinaria […]. Parole al vento: la lettera<br />

di padre Roqueñi non meritò alcun tipo di risposta. Il 4 gennaio 2001, in piazza San Pietro,<br />

Giovanni Paolo II presenziò alla solenne celebrazione del 60° anniversario della Legione. Dopo il<br />

saluto rivolto ai “Carissimi Legionari di Cristo! Carissimi membri del Movimento Regnum<br />

Christi!” (una folla di circa 20 mila persone), il Papa disse: “Saluto con particolare affetto il vostro<br />

carissimo fondatore, padre Marcial Maciel, al quale porgo vive felicitazioni per questo<br />

significativo appuntamento, ringraziandolo cordialmente per le parole che a nome di tutti, ha<br />

voluto rivolgermi”. Il successivo 18 maggio il Pontefice firmò il decreto che conferiva alla<br />

Congregazione per la dottrina della fede la competenza primaria per tutti i casi di pedofilia che<br />

coinvolgevano religiosi. Un anno dopo, in una missiva ai sacerdoti […] accennò alla dilagante piaga<br />

degli abusi sessuali […]. Pochi giorni dopo monsignor Juliusz Paetz, vescovo di Poznari, rassegnò<br />

le dimissioni: era accusato di aver abusato sessualmente di alcuni giovani seminaristi, e di averne<br />

insidiati altri, nel corso degli anni Ottanta. Per molti anni prelato dell’anticamera pontificia, già<br />

allora piuttosto chiacchierato per faccende sessuali, monsignor Paetz aveva fatto parte del “clan<br />

polacco” [(10)], cioè dell’entourage wojtyliano capeggiato dal segretario di Giovanni Paolo II,<br />

monsignor Stanislaw Dziwisz; nel dicembre del 1982 era stato promosso dal Papa vescovo della<br />

diocesi polacca di Lomza. Le dimissioni di monsignor Paetz […] avevano il pregio di sopire lo<br />

scandalo che divampava in Polonia e, soprattutto, di evitare imbarazzi per papa Wojtyla, per il suo<br />

entourage polacco e per il cardinale-prefetto Ratzinger. Nel giugno 2002 uno degli accusatori di<br />

padre Maciel, l’ex legionario José Barba-Martin, scrisse un memoriale […]. Ecco alcuni brani […]:<br />

“…Meno di un anno dopo la mia entrata nel collegio Massimo di Roma, padre Maciel, superiore<br />

generale e fondatore, abusò sessualmente di me in due distinte occasioni. Ho descritto nel dettaglio<br />

quello che ho subito in una testimonianza scritta che ho depositato presso un notaio. Solo in tempi<br />

successivi mi sono reso conto che se fossimo stati meno ingenui e docili avremmo potuto capire le<br />

vere ragioni di quelle regole del silenzio e dell’isolamento. Se fossimo stati psicologicamente<br />

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