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I CRIMINI SESSUALI DEL CLERO CATTOLICO - Fernando Liggio

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attrezzati, avremmo potuto raccontare agli altri studenti quello che accadeva nel nostro collegio e<br />

forse quelli, a loro volta, avrebbero avvertito i loro superiori o e autorità vaticane […]. Malgrato<br />

l’apparente amore fraterno cristiano, culturalmente socialmente noi eravamo isolati, strappati alle<br />

nostre famiglie e ai nostri Paesi, vivevamo in un autentico arcipelago di solitudine, e ognuno si<br />

consumava nel silenzio. Non ho mai visto padre Maciel stare in silenzio, non l’ho mai visto pregare<br />

raccolto in uno spazio consacrato. Quando ero a Roma l’ho visto celebrare messa solo raramente.<br />

‘Non dire niente della mia malattia né a padre Arumi né a padre Lagoa’ ricordo che mi disse dopo<br />

essersi masturbato […], contro la mia volontà, addosso alle mie parti intime. Da quel momento ho<br />

cominciato a vivere ‘il silenzio dell’innocente’ e ho cominciato a lasciarmi morire lentamente come<br />

se fossi in ansiosa attesa di un silenzio ancora più assoluto. Il silenzio che astutamente ci avevano<br />

insegnato diventò il primo di una serie di silenzi imposti. Tutto questo poteva accadere con la<br />

connivenza di altri esponenti dell’istituzione. Dopo un lungo e faticoso processo di ristabilimento<br />

psicologico, oggi riesco a capire con chiarezza le dinamiche di questo processo. Ho subito una<br />

seconda aggressione sessuale, dallo stesso aggressore, giorno di Sabato Santo del 1955.<br />

[…].Soltanto Dio e la mia confusione ne sono stati testimoni. Ed è quello che ho scritto nella mia<br />

deposizione giurata […]. Per me, oggi, è veramente sconcertante ricordare quanto gratuita e<br />

“naturale” fu la violenza, e rendermi conto di quanto fosse assurdamente fuori luogo:<br />

un’aggressione sessuale a un seminarista nel pomeriggio del Sabato Santo! […]. L’indomani, nella<br />

gloriosa domenica della Resurrezione, lui celebrò la messa con grande devozione, e sollevò l’ostia<br />

molto più in alto e molto più a lungo del solito. Benché vittime di violenze sessuali, a causa delle<br />

nostre paure, e della profonda dipendenza psicologica, io e altri ragazzi siamo rimasti ancora per<br />

qualche tempo nella Legione. Subito dopo la nostra uscita, padre Maciel utilizzò astutamente<br />

diverse persone e diversi metodi per tenerci separati gli uni dagli altri. Tuttavia alcuni di noi<br />

vittime delle violenze confidarono il segreto ad alcuni importanti dignitari ecclesiastici. Ci venne<br />

sempre detto di ‘rimettere tutto nelle mani di Dio’. Altri ci consigliarono di chiudere le nostre<br />

testimonianze dentro buste sigillate, da aprirsi solo dopo la morte di padre Maciel […]. Gli uomini<br />

di Chiesa hanno sempre invocato la segretezza. […]. A metà novembre del 1956, quando fummo<br />

interrogati a Roma nel corso dell’inchiesta su Maciel, dopo avere testimoniato la verità ci<br />

costrinsero a giurare che non avremmo rivelato niente all’esterno. Ognuno di noi ci aveva messo<br />

parecchio tempo a scoprire che anche altri erano stati violentati, così restavamo in silenzio perché<br />

eravamo tutti vincolati al giuramento. Dovevamo trovare un equilibrio fra il giuramento, la nostra<br />

salute emotiva e spirituale, la nostra vita,a nostra professione, e intanto dovevamo elaborare la<br />

violenza che avevamo subito. […]. Il nostro comune sforzo di reagire alla violenza subita è<br />

culminato il 13 febbraio 1998. Quel giorno abbiamo consegnato una ‘lettera aperta al Papa’ […].<br />

Sabato 18 ottobre dello stesso anno […] ci venne ancora una volta chiesto di giurare che avremmo<br />

mantenuto il silenzio. […]. Ma quando ci siamo resi conto che la Congregazione per la dottrina<br />

della fede aveva sbrigativamente archiviato la nostra denuncia […] abbiamo deciso di rendere<br />

pubblica la nostra vicenda. […]. Il Vaticano è così preoccupato della purezza della fede che<br />

sembra ignorare la purezza delle azioni. Lo stesso Ratzinger, secondo il coraggioso rapporto di<br />

padre Alberto Athié, disse al vescovo di Coatzacoalcos, monsignor Carlos Talavera Ramirez, che il<br />

silenzio era necessario nel ‘delicato’ caso di padre Marcial Maciel. […]. Altri silenzi sono motivo<br />

di indignazione: il silenzio di chi sta al vertice, di coloro che hanno qualcosa da perdere. In questo<br />

è compreso il silenzio a intermittenza di alcuni rappresentanti dei media, dominati da vari interessi<br />

e poteri. Siamo sconvolti da un altro silenzio, che non potremo mai dimenticare. Il doloroso<br />

silenzio del Papa, il quale sembra offrire del vecchio male diplomatico dell’ambiguità, poiché dice<br />

due cose diverse nello stesso momento. Per quelli di noi che sono cresciuti nella fede tradizionale,<br />

questo è il silenzio che provoca più scoramento”. Intanto il cardinale-prefetto-Ratzinger si dilettava<br />

a fare il pompiere. Mentre gli scandali dei preti pedofili si susseguivano a catena ― negli Stati<br />

Uniti così come in Europa ― il futuro Benedetto XVI, da vero uomo di potere, insabbiava,<br />

ignorava, minimizzava il problema. […]. Sordo e cieco di fronte a qualunque denuncia riguardasse<br />

l’amico fondatore della Legione, Giovanni Paolo II il 30 novembre 2004 celebrò il sessantesimo<br />

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