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storia economica dell'eta' contemporanea - seminario - Omero

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A.A. 2012-2013<br />

LAURA MASCARO<br />

RELAZIONE DI STORIA ECONOMICA DELL'ETA'CONTEMPORANEA<br />

Analisi e commento dell'opera di<br />

Joseph E. Stiglitz, La globalizzazione e i suoi oppositori, Torino, Einaudi, 2002<br />

Joseph E. Stiglitz, premio Nobel per l'economia, denuncia le molte carenze e difetti della politica<br />

<strong>economica</strong> internazionale. Oggi la globalizzazione non funziona per i poveri del mondo, per<br />

l'ambiente, per la stabilità dell'economia globale 1 . Di fonte ai tanti effetti negativi, l'economista ci ricorda<br />

come la globalizzazione potrebbe arrivare a imprimere cambiamenti positivi ed elevare il benessere<br />

delle persone 2 ; e come in realtà sia gestita da organismi occidentali dalle vedute ristrette,<br />

ideologicamente inflessibili, i quali la regolano in maniera errata, seguendo certi interessi e proponendo<br />

soluzioni standard ed inadeguate. Al banco degli imputati pone note istituzioni pubbliche internazionali,<br />

accusandole di aver svolto un ruolo rilevante nell'aggravare – o addirittura nel concorrere<br />

a causare – crisi devastanti. Stiglitz ha avuto modo di constatare in prima persona gli effetti<br />

che hanno le politiche predicate e imposte da queste istituzioni. Dal 1995 al 1997 è stato Presidente<br />

dei consiglieri economici nell'amministrazione Clinton, trasferendosi poi alla Banca mondiale,<br />

dove ha rivestito il ruolo di Senior Vice President e Chief Economist fino al 2000, quando si è dimesso<br />

per protesta contro la gestione della crisi asiatica e a causa delle pressioni del Segretario<br />

del Tesoro Lawrence Summers.<br />

Stiglitz intende illustrare gli errori di queste istituzioni – il Fondo Monetario Internazionale (Fmi),<br />

la Banca mondiale (BM) e l'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) –, le quali, insieme al<br />

Tesoro degli Stati Uniti, hanno messo a punto un'identità di vedute circa le politiche “giuste” per i<br />

paesi in via di sviluppo chiamata Washington Consensus 3 .<br />

Ampia parte del libro illustra il modo di operare e i pessimi risultati del Fondo Monetario Internazionale;<br />

la critica di Stiglitz verso questa istituzione è feroce: il Fondo ha imposto una serie di rigide<br />

politiche ignorando il contesto sociale dei vari paesi; ha esercitato inoltre forti pressioni per far loro<br />

attuare rapidamente la liberalizzazione commerciale e finanziaria, senza ritenere necessario istituire<br />

prima a livello locale un adeguato quadro di regolamenti e istituzioni in grado di tutelare i fragili<br />

sistemi economici, bancari e sociali dalla speculazione e dalla concorrenza.<br />

L'Fmi è un'istituzione pubblica, finanziata dai contribuenti di tutto il mondo, ma non è democratica<br />

come vuole apparire: i candidati non vengono scelti dai cittadini che contribuiscono, bensì dai<br />

1 Stiglitz J. E., La globalizzazione e i suoi oppositori, Torino, Einaudi, 2002 p. 219<br />

2 Il fenomeno della globalizzazione comporta una maggiore integrazione tra stati e persone, grazie alla drastica<br />

riduzione dei costi dei trasporti e delle comunicazioni, e dalla cancellazione di barriere protezionistiche, favorendo la<br />

circolazione di bene, capitali, servizi, persone, conoscenza. Questa maggiore apertura potrebbe portare a un<br />

confronto, allo studio di progetti che hanno risolto in modo migliore i tanti problemi che affliggono tutti i paesi:<br />

diseguaglianza, povertà, malattie, inquinamento, corruzione, ecc... Ivi, p. 9<br />

3 Il professor Falco ha ben illustrato a lezione perché il consenso viene costruito tra enti finanziari attivi a Washington.<br />

Qui vi è la sede centrale della Federal Reserve System, del Fondo Monetario Internazionale e della Banca mondiale.<br />

Unire queste strutture per la realizzazione di una politica <strong>economica</strong>-finanziaria determinata porta a tessere insieme a<br />

banche forti un club di paesi creditori dal quale i debitori non possono sfuggire, anche se per farsi restituire il prestito<br />

(e gli intressi) dispensano a tutti consigli adatti a paesi industrializzati finanziariamente avanzati.<br />

1


ministri delle Finanze e dai funzionari delle varie Banche centrali. Ma a comandare sono le principali<br />

nazioni industrializzate, e sopra tutti gli Stati Uniti, solo paese ad avere diritto di veto 4 . Quando<br />

Stiglitz afferma che il Fmi – e con lui la Banca Mondiale, il WTO e altre istituzioni pubbliche internazionali<br />

– ha fallito, porta come prova il fatto che le crisi nel mondo sono sempre più frequenti, e che<br />

molte delle politiche imposte hanno contribuito all'instabilità globale.<br />

Attualmente sono i fondamentalismi del mercato a dominare il Fmi, spiega l'economista americano,<br />

e viene predicato un credo semplicistico che tende a presentare i mercati perfetti; le colpe<br />

dell'instabilità vengono scaricate sui governi, definiti corrotti e invadenti, poco trasparenti. Secondo<br />

Stiglitz il governo non va demonizzato, poiché può e deve intervenire per correggere gli insuccessi<br />

del mercato – i rallentamenti periodici, le recessioni, le depressioni, ma anche le catastrofi ambientali,<br />

i danni alla salute pubblica e il sottosviluppo di certi settori e servizi, come la ricerca e il trasporto<br />

5 . Ma lo scontento di molti per questa istituzione risale all'evoluzione dei suoi obiettivi e compiti<br />

originari.<br />

Il Fmi e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (poi Banca mondiale) furono<br />

istituiti a seguito della Conferenza monetaria e finanziaria tenutasi nel luglio 1944 a Bretton<br />

Woods. Il Fmi avrebbe dovuto occuparsi della stabilità <strong>economica</strong> globale, per scongiurare una<br />

nuova depressione come quella degli anni Trenta, mentre la Banca mondiale avrebbe dovuto avere<br />

un ruolo saliente nella ricostruzione e poi nella riduzione della povertà mondiale.<br />

John Maynard Keynes sosteneva che il Fmi dovesse correggere certe imperfezioni dei mercati;<br />

sosteneva la necessità di un'azione collettiva globale, poiché l'interdipendenza tra le economie del<br />

mondo richiede un'organizzazione in grado di coordinare nei periodi di crisi i paesi, per evitare contagi<br />

e traghettarli lontano da stasi congiunturali 6 . Charles P. Kindleberger riteneva che la creazione<br />

di una istituzione internazionale, capace di svolgere bene il ruolo di prestatore di ultima istanza,<br />

avrebbe fermato nei periodi più critici il panico e la fuga di liquidità senza bloccare i mercati. Il Fmi<br />

era nato per aiutare certe nazioni ad eleggere politiche più espansive, adeguate a stimolare sia la<br />

crescita interna che quella delle altre economie, per mantenere alta la domanda globale 7 .<br />

Oggi questa istituzione esercita pressioni sui paesi affinché seguano politiche economiche di<br />

contrazione inefficaci e impopolari. Nonostante le grandi aspettative riposte da Keynes e Kindleberger,<br />

molte cose non hanno funzionato. Stiglitz nota come attualmente l'esistenza di prestatori di<br />

ultima istanza come il Fmi o la BM non basta ed evitare l'assalto agli sportelli. Questo potrebbe es-<br />

4 Ivi, p. 11. O'Neil, segretario del Tesoro, ha giustificato il diritto di veto sostenendo che, siccome sono i contribuenti<br />

americani a pagare salvataggi multimiliardari, agli Usa spettano maggiori diritti. Ivi, p. 231. Ma, come ha fatto notare il<br />

professor Falco, e come vedremo più avanti, con i DSP il Fondo può aumentare i livelli di credito da erogare, creandoli<br />

dal nulla. Quindi buona parte del denaro proviene dai lavoratori e da contribuenti dei paesi mutuatari, perché il Fmi<br />

viene rimborsato. Questo meccanismo di erogazione di moneta nuova ha reso il Fmi un soggetto attivo a tutte le vicende<br />

di crisi finanziarie che si distribuiscono a partire dall'82-85, ovvero dalla crisi dei paesi debitori, fino alla più recente<br />

crisi internazionale del 2007-08.<br />

5 I fautori del fondamentalismo sostengono che le efficienze dei mercati sono limitate, mentre quelle dei governi sono<br />

tante. Stiglitiz sfata questo mito, ma ci ricorda anche che governi trasparenti e ben amministrati da soli non rendono i<br />

paesi immuni da crisi o contagi. Negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta una crisi finanziaria ha coinvolto Svezia,<br />

Norvegia e Finlandia, considerate le nazioni più stabili, democratiche e trasparenti del mondo. Ivi, pp. 215-223.<br />

6 Il Fmi che aveva in mente Keynes avrebbe potuto modellare in chiave positiva la globalizzazione, mantenendo la<br />

domanda aggregata globale: esercitando pressioni sui paesi affinché garantissero piena occupazione e fornendo<br />

liquidità alle nazioni che non potevano sostenere un aumento della spesa pubblica. Ivi, p. 200.<br />

7 Secondo Keynes la contrazione <strong>economica</strong> in una nazione comporta una riduzione delle sue importazioni,<br />

coinvolgendo così anche i vicini nella crisi, e va quindi contrastata fornendo loro liquidità, sotto forma di prestiti, per<br />

favorire la ripresa. I riferimenti a Charles P. Kindleberger sono frutto del <strong>seminario</strong> tenuto da Fabrizio Cimini su un suo<br />

libro del 1978, Storia delle crisi finanziarie.<br />

2


sere evitato solo tramite solidi regolamenti bancari e un'assicurazione dei depositi, ma nessun prestatore<br />

d'ultima istanza, e meno che mai il Fmi, ha mai proposto di emettere assicurazioni di questo<br />

tipo e, anzi, ha esercitato pressioni per una rapida e nociva deregolamentazione del sistema<br />

bancario. Nonostante sia nato per correggere errori e portare benefici ai cittadini del mondo, il numero<br />

di persone che vivono in povertà è aumentato, il tasso di disoccupazione è salito e la stabilità<br />

non è stata assicurata. David Harvey nota come il Fmi copra rischi e incertezze del mercato in teoria,<br />

mentre in pratica buona parte dei salvataggi hanno determinato problemi di transizione per i<br />

paesi in via di sviluppo; Harvey spiega con chiarezza come le condizioni imposte da questa istituzione<br />

arrivino a generare effetti che contraddicono quelli decantati dalla filosofia neoliberista: disuguaglianza,<br />

monopoli, autoritarismo, speculazioni, instabilità, disoccupazione 8 .<br />

Il Fondo Monetario Internazionale interviene nei paesi in crisi erogando finanziamenti quando i<br />

mercati di capitali rifiutano di correre il rischio. Ma per meritare questo prestito i paesi devono rispettare<br />

punti che li allontanano dalla stabilità necessaria per ottenere una crescita e uscire dalla<br />

stasi, costringendoli a aggravare la situazione delle aziende e della popolazione con imposte atte<br />

ad estinguere il mutuo.<br />

Il Fondo pretende di essere rimborsato per primo; dato che la gran parte del denaro messo da<br />

parte dai paesi mutuatari va al Fmi, le istituzioni finanziarie nazionali del settore privato – di fronte<br />

alle maggiori probabilità di non essere rimborsate – richiedono un premio di rischio, ovvero un tasso<br />

d'interesse più elevato. L'aumento del tasso d'interesse è dannoso per le economie in recessione;<br />

ma il Fmi, invece di tenerlo basso, fornisce liquidità per mantenerlo a livelli insostenibili 9 . In<br />

questo modo stranieri e ricchi riescono a portare soldi all'estero a condizioni più favorevoli 10 . In<br />

Russia la pressione del Fmi affinché mantenesse una moneta sopravvalutata – e sostenendo questa<br />

politica spendendoci miliardi di dollari di prestiti – ha annientato l'economia. Nel 1998, quando il<br />

rublo venne svalutato, non fu registrata l'iperinflazione tanto temuta dal Fmi, ma, anzi, si ebbe il<br />

primo segno di crescita significativa dalla fine della pianificazione 11 . Aggravando il malcontento popolare<br />

– e contribuendo a far perdere autorevolezza all'istituzione – i miliardi erogati dal Fondo<br />

vengono utilizzati per restituire i prestiti ai creditori stranieri, anche quando il debito risulta essere<br />

di natura privata: si ha così una nazionalizzazione di perdite che ricadono su popolazioni prive di<br />

tutele sociali ed economiche 12 .<br />

Stiglitz non spiega però in modo specifico la natura del prestito erogato. Questa è spiegata da<br />

Gallino, il quale nella sua critica implacabile al finanzcapitalismo punta il dito anche contro il Fmi<br />

quando rivela chi sono gli attori che hanno contribuito allo sviluppo della rete del debito. Il Fondo<br />

controlla i Diritti Speciali di Prelievo (DSP), una forma di credito data a governi e banche con il fine<br />

8 Mi riferisco qui al libro di Harvey “Breve <strong>storia</strong> del neoliberismo”, portato al <strong>seminario</strong> da Flavia Canestrini; se ho<br />

frainteso il contenuto del suo discorso, me ne scuso.<br />

9 Per creare nuovi posti di lavoro, e nuove aziende, occorre spirito d'impresa e capitali; questi però nei paesi in via di<br />

sviluppo spesso scarseggiano per mancanza di istruzione e per difficoltà ad ottenere finanziamenti bancari. I<br />

programmi d'austerità del Fmi hanno peggiorato le cose chiedendo di mantenere tassi d'interesse superiori al 20, 50 o<br />

100 per cento; a questi tassi anche in un paese avanzato come gli Usa sarebbe impossibile procedere alla creazione<br />

di nuove imprese e nuovi posti di lavoro. Altro grande dramma dei lavoratori paesi poveri, dove il tasso di<br />

disoccupazione può arrivare a superare il 20 %, è che non dispongono né di sussidi di disoccupazione né di risparmi.<br />

Stiglitz, La globalizzazione e i suoi oppositori, pp. 59-60.<br />

10 Ivi, pp. 209-210<br />

11 Ivi, p. 137<br />

12 La spinta verso una liberalizzazione rapida dei mercati finanziari ha ulteriormente peggiorato la situazione: le aziende<br />

del settore privato possono contrarre liberamente prestiti a breve termine con le banche straniere, ma è il governo a<br />

dover garantire una restituzione, incrementando le proprie riserve. Ivi, p. 65 Il Fmi appare così sempre più<br />

un'istituzione che opera per tutelare gli interessi dei creditori del settore privato. Ivi, p. 213.<br />

3


di migliorare le loro riserve e sul quale pagano un interesse. Se negli anni '80 gli interessi applicati<br />

ai DSP si aggiravano attorno al 14 %, nel duemila sono scesi sotto il 3%. Gallino evidenzia come<br />

più basso è l'interesse, maggiore è il ricorso ai DSP. Ma creando ed erogando una quantità eccessiva<br />

di questo nuovo denaro, il Fmi – e gli altri prestatori di ultima istanza – hanno contribuito dagli<br />

anni '90 alla formazione di una gigantesca bolla immobiliare del credito 13 .<br />

È Stiglitz che però ha il merito di aver dato una lucida spiegazione sulle condizioni, di natura<br />

<strong>economica</strong> e politica, imposte dal Fondo ai paesi per l'erogazione del prestito: stabilizzazione, privatizzazione,<br />

liberalizzazione commerciale e liberalizzazione dei mercati finanziari.<br />

Per ripristinare la fiducia degli investitori, ed assicurare la stabilizzazione, il Fmi impone l'austerità<br />

fiscale. I funzionari insistono sulla necessità di decurtare rapidamente il deficit della bilancia<br />

tramite una forte pressione fiscale e/o limitando le spese statali. Le politiche del Washington Consensus<br />

sono state coniate per rispondere alla crisi dei paesi debitori, come quelli dell'America Latina.<br />

Negli anni '80 in quest'area furono registrati grandi deficit di bilancio, aggravati da un'inflazione<br />

fuori controllo e dall'inefficienza delle aziende statali 14 . Risultava così logico consigliare una linea<br />

restrittiva all'America Latina degli anni '80, poiché era evidente che erano stati soprattutto gli sprechi<br />

dei governi a far degenerare la bilancia dei pagamenti, ed era necessario sopprimerli 15 . Questa<br />

terapia è diventata quasi standard, ovvero è stata imposta anche a paesi con problemi completamente<br />

differenti rispetto a quelli latinoamericani, come quelli dell'Est Asiatico: qui all'inizio della crisi<br />

del 1997 i bilanci delle amministrazioni centrali erano in pareggio o in attivo e l'inflazione era bassa;<br />

erano le società ad essere fortemente indebitate 16 . Da una situazione di macroequilibrio, in<br />

questa regione gli effetti delle politiche di contrazione si sommarono a quelli dello scoppio della<br />

bolla immobiliare. Deprimendo maggiormente la curva degli investimenti e dei consumi, e contribuendo<br />

al fallimento di moltissime aziende, il Fmi richiese ai paesi asiatici clienti di alzare a livelli<br />

astronomici i tassi d'interesse 17 ; col tracollo economico si registrò anche una diminuzione del gettito<br />

fiscale, e le bilance iniziarono a segnare deficit. A quel punto i paesi dell'Est asiatico erano davvero<br />

in crisi, e il rischio di contagio non era stato contenuto, ma favorito. La ricerca della stabilizzazione<br />

tramite rigide politiche fiscali ha concorso a deprimere ulteriormente le economie 18 .<br />

Altra condizione da rispettare per usufruire del prestito prevede una rapida privatizzazione di<br />

aziende, servizi e sistemi bancari nazionali 19 . Lo smantellamento dell'apparato pubblico può essere<br />

13 Gallino L., Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Torino, Einaudi, 2011, pp. 182-183.<br />

14 Quest'ultime, tutelate da norme protezionistiche, avevano imposto elevati prezzi a merci e servizi scadenti. Stiglitz,<br />

La globalizzazione e i suoi oppositori, p. 53.<br />

15 Il professor Falco ha spiegato come la crisi dei paesi debitori (1982-85) porta organi sovranazionali a cercare per<br />

essi rimedi finanziari; la soluzione trovata consisterà nel consolidare il debito fatto dai paesi debitori facendo accettare<br />

ai creditori un posticipazione del rimborso. Questo porta paesi mutuatari a dover stare più attenti al pagamento internazionale,<br />

facendovi convergere ogni surplus della bilancia dei pagamenti di parte corrente, ed emettendo dei titoli<br />

nuovi, forniti anche come garanzie per forme di indebitamento nate come debiti privati. Le direttive date dal Fmi a<br />

diverse nazioni latino-americane durante gli anni '80 non hanno risolto la situazione: l'instabilità e disuguaglianza sono<br />

anzi aumentate.<br />

16 Ivi, p. 104.<br />

17 Stiglitz nota come nell'Est asiatico i burocrati del Fmi per sanare la crisi iniziata nel 1997 ritennero opportuno<br />

introdurre con la forza aumenti dei tassi d'interesse cinquanta volte superiori rispetto all'aumento paventato pochi anni<br />

prima dal direttore della Fed Alan Greenspan, e subito bocciato dal presidente Clinton, preoccupato degli effetti<br />

negativi che poteva avere sulla disoccupazione e sulla crescita <strong>economica</strong>. Perché consigliare di aumentare i tassi<br />

d'interesse così tanto quando, di fronte alla proposta di alzarli di un punto percentuale, gli stessi Usa – con migliori<br />

protezioni sociali contro la disoccupazione e un più efficiente sistema bancario – si sono rifiutati di farlo? Ivi, p. 109.<br />

18 Ivi, pp. 106-107.<br />

19 Credendo all'esistenza di un mercato ideale, al contrario di Keynes, i funzionari del Fondo sostengono che, davanti a<br />

una privatizzazione, il settore privato sia in grado di sostituire rapidamente il lavoro prima svolto da aziende statali, e<br />

di svolgerlo con maggiore efficienza. La concorrenza può stimolare la competitività e far presentare prodotti e servizi<br />

4


un modo efficacie per ristrutturare imprese inefficienti, ma deve essere attuato gradualmente e<br />

controllato tramite una solida normativa, riforme sul diritto fallimentare e tribunali in grado di applicarle,<br />

per limitare la corruzione e la depauperazione delle aziende da parte dei nuovi proprietari;<br />

però non tutti i paesi in via di sviluppo possono vantare un sistema giudiziario avanzato, e perciò<br />

non riescono ad evitare che la pressione fiscale, alti tassi d'interesse e una feroce concorrenza<br />

estera abbiano un impatto negativo sull'occupazione. La crisi argentina del 2001 è una delle numerose<br />

prove del fallimento della privatizzazione del sistema bancario. La privatizzazione del sistema<br />

bancario argentino ha bloccato le crescita del paese, poiché i nuovi proprietari si sono mostrati restii<br />

a finanziare piccole e medie imprese locali, optando per le grandi aziende e le multinazionali. Il<br />

governo non è stato in grado di compensare gli squilibri generati dal mercato, e la povertà è aumentata<br />

20 . Nei paesi poveri, dove raramente esistono sistemi di assicurazione contro la disoccupazione,<br />

ciò può incrementare la conflittualità sociale e politica 21 . Privatizzare senza regole può amplificare<br />

gli episodi di corruzione, i quali portano aziende statali a finire nelle mani di parenti o amici<br />

dei politici che la attuano 22 .<br />

Secondo Stiglitz la privatizzazione non deve essere perseguita selvaggiamente, ma deve creare<br />

opportunità occupazionali parallelamente ai posti di lavoro che distrugge, e le banche devono<br />

avere come primo obiettivo non solo il controllo dell'inflazione, ma anche la crescita e la stabilità<br />

del paese. Questo è possibile solo interpretando, caso per caso, quali sono i tempi adatti, ordinando<br />

in modo più idoneo le sequenze degli interventi, e accettando l'assistenza dei governi nelle situazioni<br />

di difficoltà.<br />

Una contestata condizione richiesta dal Fmi – e dalla Banca mondiale, dal WTO e dal Tesoro<br />

degli Stati Uniti – è liberalizzazione commerciale. Ragionando in modo semplicistico, i burocrati<br />

del Fondo sono arrivati alla conclusione che le norme protezionistiche concorrono a diminuire la<br />

domanda globale aggregata. La liberalizzazione commerciale può spingere le risorse verso impieghi<br />

più produttivi, favorendo così l'incremento del reddito, ma danneggia gravemente se attuata rapidamente<br />

(quando i prodotti non sono pronti a reggere l'impatto della concorrenza estera), senza<br />

una regolamentazione e un sistema sociale avanzato 23 . Gli stessi paesi industrializzati rifiutano di<br />

far cadere tutte le norme protezionistiche: “i paesi occidentali hanno spinto la liberalizzazione del<br />

migliori di quelli offerti da aziende statali; ma non bisogna dimenticare che certi servizi sono pubblici proprio perché i<br />

mercati non sono sempre in grado di fornire tutti i servizi indispensabili. Ivi, p. 55.<br />

20 Il mancato apporto di interventi all'instabilità del mercato ha determinato per molti paesi “riformisti” dell'America<br />

Latina l'inizio di una lunga recessione e l'aggravarsi della stagnazione. Ivi, p. 69.<br />

21 Il problema della crescita del tasso di disoccupazione è più volte accennato da Stiglitz, ma è Glyn ad aver dato il<br />

giusto spazio e una buona interpretazione sulla deregolamentazione del mercato del lavoro. Secondo questo<br />

economista le riforme di mercato in senso liberalizzatore applicate/consigliate dai politici dei paesi Ocse e dai<br />

burocrati del Fmi non hanno dimostrato di creare apprezzabili risultati in termini di diminuzione della disoccupazione.<br />

Glyn A., Capitalismo scatenato. Globalizzazione, competitività e welfare, Milano, F. Brioschi Editore, 2007, p. 172.<br />

22 Il governo russo, pur fortemente indebitato – pressato dal Fmi, dalla Banca mondiale e dal Tesoro degli Stati Uniti –<br />

ha privatizzato prima di aver organizzato un sistema legislativo e sociale solido, cedendo proprietà di stato di grande<br />

valore ad amici, e a prezzi bassissimi. In mancanza di istituzioni di mercato e ordinamenti giuridici appropriati, i nuovi<br />

proprietari spesso hanno depauperato le aziende, invece di renderle più produttive ed efficienti. Stiglitz, La globa-<br />

lizzazione e i suoi oppositori, p. 146 Questa strategia ha favorito la corruzione, e si sono create alleanze di stampo<br />

mafioso fra industriali e politici. In Russia l'accordo tra queste due forze è passato alla <strong>storia</strong> come lo scandalo dei<br />

loans for shared, prestiti in cambio di azioni. Prevedeva l'assegnazione di grosse quote delle aziende statali agli<br />

oligarchi, i quali in cambio hanno garantito ai presidenti Eltsin e Putin il loro sostegno elettorale. Nikitin V., “La morte<br />

dell'oligarca che odiava Putin”, in Internazionale, 29 marzo 2013, n. 993, p. 20.<br />

23 Quando mancano leggi chiare sulla concorrenza, le aziende internazionali sbaragliano facilmente quelle locali<br />

imponendo sul mercato beni a bassissimo prezzo, e costruiscono monopoli. Eliminata la concorrenza, possono poi<br />

alzare a piacimento i prezzi dei loro prodotti. Stiglitz, La globalizzazione e i suoi oppositori, p. 60.<br />

5


commercio per i loro prodotti di esportazione, ma, al tempo stesso, hanno continuato a proteggere<br />

i settori che potevano risentire della concorrenza dei paesi in via di sviluppo” 24 .<br />

Vengono esercitate pressioni anche per la rapida liberalizzazione dei mercati finanziari, ma viene<br />

imposta a paesi non ancora pronti ad affrontarne gli aspetti negativi. Secondo i funzionari del<br />

Fmi, la liberalizzazione rende più facile attirare capitali stranieri e investimenti diretti esteri. Principalmente,<br />

consiste nell'innalzare il tasso d'interesse e nel rimuovere controlli sui flussi di denaro a<br />

breve termine. La rapida liberalizzazione dei capitali ha concorso alle crisi finanziarie internazionali<br />

degli anni '90, e persino il Fmi ha recentemente ammesso di aver sbagliato a consigliare di affrettare<br />

i tempi. La filosofia neoliberista del Washington Consensus ha ignorato il giovane passato delle<br />

banche delle nazioni emergenti, chiedendo loro di agire in fretta; questo ha comportato la penetrazione<br />

di un instabile flusso di capitali vaganti e manovre speculative devastanti. Il Kenya alla fine<br />

degli anni Ottanta seguì la terapia del Fondo Monetario Internazionale, e liberalizzò il proprio sistema<br />

finanziario, favorendo la proliferazione di banche commerciali locali in uno stato dove la legislazione<br />

bancaria e i controlli non erano ancora adeguati. Il Kenya registrò così solo tra il 1993 e il<br />

1994 ben quattordici fallimenti, e i tassi d'interesse crebbero ulteriormente 25 . Anche l'economista<br />

Paul Krugman, consapevole delle conseguenze di una rapida e sconsiderata liberalizzazione, ha<br />

sollecitato più volte la reintroduzione dei controlli sui movimenti di capitali, e si è espresso anche a<br />

favore dell'intervento dei governi e contro l'ideologia neoliberista che Stiglitiz chiama “fondamentalismo<br />

di mercato”. Già negli anni Novanta l'economista turco Dani Rodrik, professore dell'università<br />

di Harvard, aveva notato la correlazione tra la liberalizzazione dei movimenti dei capitali internazionali<br />

e il moltiplicarsi delle crisi finanziarie. Ma fino a pochi anni fa molti studiosi sostenevano che il<br />

problema delle crisi fosse circoscritto ai paesi poveri, e che le economie più ricche fossero immuni<br />

ai capricci internazionali 26 . La Cina, ignorando i consigli del Fmi, da vent'anni si muove verso una<br />

graduale liberalizzazione finanziaria, e ha dimostrato che procedere lentamente assicura una maggiore<br />

stabilità rispetto alla terapia d'urto 27 .<br />

Secondo Stiglitz le politiche del Fmi stanno minacciando il mercato e la stabilità a lungo termine<br />

dell'economia e della società. Per l'economista americano il Fondo non intendeva favorire recessioni,<br />

depressioni, contagi, disuguaglianza e povertà. Ma, dando cattivi consigli in materia <strong>economica</strong>,<br />

ha innescato processi di frammentazione sociale e politica che hanno alimentato tutti questi<br />

fenomeni. Se le istituzioni pubbliche intendono davvero favorire lo sviluppo e la crescita, dovrebbero<br />

consigliare di procedere gradualmente verso la privatizzazione e liberalizzare commerci e<br />

mercati finanziari solo dopo aver rafforzato l'impianto legislativo e giudiziario locale in materia; dovrebbero<br />

permettere ai governi di correggere gli squilibri generati dal sistema di mercato, favorendo<br />

la costituzione di regimi di welfare avanzati; dovrebbe proporre una temporanea sospensione<br />

24 Gli Usa sostengono il libero commercio, ma quando un paese riesce a trovare un bene da esportarvi, gli interessi<br />

commerciali americani sono protetti grazie leggi protezionistiche ufficialmente definite Fair trade laws (leggi per il<br />

commercio equo), e note all'estero come unfair fair trade laws (leggi inique per il commercio equo). Ivi, p. 175.<br />

25 Ivi, p. 31.<br />

26 Krugman ricorda come invece il problema riguardi da molto vicino gli occidentali, e guarda in particolare agli Usa: “i<br />

danni sono limitati dal fatto che abbiamo potuto indebitarci nella nostra moneta, ma è stata comunque la crisi più<br />

grave dopo quella degli anni trenta. E adesso? Di certo non mi aspetto un ripudio totale ed improvviso dell'idea che il<br />

denaro debba essere libero di andare dove vuole, quando vuole. Potrebbe però esserci un processo di erosione in cui<br />

i governi interverranno per regolare sia la velocità dei capitali in entrata sia il tasso di quelli in uscita. […] Oggi, i tempi<br />

bui in cui non era così facile spostare grandi quantità di denaro da un confine all'altro non sembrano poi tanto male”.<br />

Krugman P., “I capitali che viaggiano”, in Internazionale, 29 marzo 2013, n. 993, p. 34.<br />

27 Stiglitz, La globalizzazione e i suoi oppositori, p. 66.<br />

6


del pagamento del prestito, dando a paesi e aziende il tempo di risollevarsi dal periodo di stagnazione<br />

28 .<br />

Le condizioni imposte dalle istituzioni pubbliche internazionali limitano le probabilità di restituzione<br />

del prestito: indebolendo l'economia, certo non favoriscono una rapida ripresa. Inoltre, il pagamento<br />

non è vincolato al raggiungimento di risultati verificabili: anche se i consigli per uscire dalla<br />

crisi si rivelano un fallimento, il paese mutuatario è tenuto a restituire il prestito nei tempi concordati.<br />

Aumentando lo scontento e l'ostilità dei paesi clienti, le condizioni non si fermano nell'ambito<br />

economico, ma sconfinano in quello politico. Nel caso coreano, si richiedeva una modifica dello<br />

Statuto della Banca centrale per renderla più indipendente dal governo, imponendole di concentrarsi<br />

esclusivamente sull'inflazione 29 . Stiglitiz nota come la Banca centrale degli Stati Uniti, ovvero<br />

la Federal Reserve Bank, ha il compito di occuparsi non solo dell'inflazione, ma anche dell'occupazione<br />

e della crescita; un cambiamento dello Statuto della Fed in tal senso è stato osteggiato del<br />

presidente Clinton, consapevole degli effetti negativi. Eppure il Fmi – e il Tesoro degli Stati Uniti –<br />

hanno imposto a diverse nazioni emergenti una condizione politica che politici e cittadini americani<br />

hanno bollato come inaccettabile.<br />

Il sistema di mercato è complesso; richiede leggi e tribunali in grado di farle rispettare; ha bisogno<br />

dell'aiuto dei governi per superare crisi; necessita di una concorrenza e di un'informazione ben<br />

regolate. Il mercato perciò non è perfetto 30 , e ha bisogno di strumenti per funzionare. Il Fmi ha reso<br />

più fragili i meccanismi necessari; ha ignorato il contesto e non si è preoccupato della possibilità<br />

che l'austerità andasse a rompere fragili equilibri sociali, compromettendo la consolidazione della<br />

democrazia; ha forzato i tempi della liberalizzazione, ha ignorato la necessità di varare politiche<br />

atte a proteggere l'occupazione. I mercati dei paesi in via di sviluppo sono ancor più lontani da<br />

quello ideale decantato nei manuali di economia. Richiedono un approccio attento, e governi in<br />

grado di intervenire per guidare l'economia. Le politiche del Washington Consensus hanno ignorato<br />

temi come la distribuzione e l'equità, censurando qualsiasi programma attivo in grado di favorire<br />

oltre alla crescita anche la diminuzione della povertà 31 . La logica del fondamentalismo di mercato,<br />

nota Stiglitz, appare chiaramente come un tentativo di impostare un'economia del laissez-faire; ma<br />

molti dei paesi più avanzati seguaci del neoliberismo, pur con sistemi industriali e sociali ben consolidati,<br />

stanno vivendo in modo contrastante questa liberalizzazione; in tanti, aiutati dai media, sostengono<br />

che la globalizzazione ha offerto al mondo opportunità fenomenali, basta lasciare la finanza<br />

libera di giocare; ma la maggior parte dei cittadini continua a chiedere la presenza dello stato<br />

in quel mondo “perfetto”: consapevoli che i mercati abbisognano di continue correzioni, sanno<br />

28 Rimettere in movimento l'economia e rimandare il risanamento della bilancia dei pagamenti di un paio d'anni –<br />

insieme alla costruzione di un impianto normativo finalizzato a proteggere i paesi e le popolazioni dai contraccolpi<br />

negativi - permetterebbe, secondo Stiglitz, di assicurare una certa stabilità, indispensabile per l'uscita dalla crisi. Ivi, p.<br />

212.<br />

29 In un periodo di recessione concentrarsi esclusivamente sull'inflazione e perseguire il pareggio del bilancio non è una<br />

decisione capace di traghettare il paese fuori dalla crisi. E la deregolamentazione non porta automaticamente a una<br />

crescita più rapida. Le politiche del Washington Consensus non prestano attenzione ai legittimi dubbi espressi dagli<br />

esperti dei paesi clienti. Nel 2001 politici locali coreani mostrarono preoccupazione per i probabili effetti negativi<br />

sull'occupazione, ma la BCE impedì ogni intervento del governo, non permettendo la riduzione dei tassi d'interesse.<br />

Dimostrò in questo modo il proprio potere, ma contribuì anche a rallentare l'economia. Ivi, p. 44.<br />

30 I funzionari del Fmi, seguaci del fondamentalismo di mercato, credono nel sistema di mercato perfetto spiegato nei<br />

principali manuali di economia, i quali presentano un modello economico di concorrenza standard dove la domanda è<br />

uguale all'offerta, e dove la disoccupazione quindi non esiste. Sostengono perciò che il problema della disoc-<br />

cupazione non può essere attribuito ai mercati, i quali funzionano perfettamente, ma va attribuito a interferenza<br />

esterne, come i sindacati. Ivi, p. 34.<br />

31 Ivi, p. 77.<br />

7


anche che per la stabilità politica il benessere dei cittadini deve essere l'obiettivo primario 32 . Studi<br />

condotti dalla Banca mondiale dimostrano come fattori economici sfavorevoli, rigide politiche fiscali<br />

e un alto tasso di disoccupazione possono determinare livelli elevati di violenza urbana e instabilità<br />

politica, rendendo nazioni incapaci di attirare investimenti. Certamente i conflitti etnici in Africa hanno<br />

avuto la loro parte nel rallentare lo sviluppo del continente 33 , e anche in Medio Oriente la violenza<br />

frena il potenziale sviluppo di diverse aree 34 .<br />

Stiglitz rimprovera il Fmi e le altre istituzioni pubbliche internazionali di aver travisato i loro compiti,<br />

di aver clamorosamente mancato gli obiettivi; li accusa non essere trasparenti, democratici, di<br />

non analizzare le proposte alternative, di ignorare le varie situazioni politiche, economiche e sociali<br />

delle nazioni a cui impongono le terapie 35 .<br />

L'équipe del Fmi, a differenza di quella della Banca Mondiale, soggiorna brevemente nei paesi<br />

sui quali deve stilare una relazione; le persone a cui i funzionari del Fmi trasmettono i programmi<br />

sono i premier e i ministri delle Finanze, ma non permettono loro di presentare progetti alternativi,<br />

né ascoltano le proposte degli economisti locali. Politici e studiosi della Corea del Sud nel dicembre<br />

1997, mentre si intravedevano le prime avvisaglie della crisi, erano ben consapevoli che seguire<br />

i consigli del Fmi avrebbe comportato uno strangolamento dell'economia, ma non aprirono bocca.<br />

Se avessero espresso apertamente il loro dissenso, il Fmi non si sarebbe limitato a interrompere<br />

i finanziamenti: avrebbe espresso dubbi sull'economia coreana e, forte della sua autorità, avrebbe<br />

potuto influenzare negativamente le decisioni degli investitori privati stranieri. “La Corea, quindi,<br />

non aveva scelta e persino una critica velata al programma dell'FMI avrebbe potuto avere effetti disastrosi.<br />

[…] Un annuncio pubblico da parte dell'FMI di rottura o differimento delle trattative avrebbe<br />

trasmesso ai mercati un segnale fortemente negativo che, nella migliore delle ipotesi, avrebbe<br />

portato a tassi d'interesse più elevati e nella peggiore a un taglio netto dei finanziamenti privati” 36 . Il<br />

prestito diviene così uno strumento politico. Le minacce soffocano qualsiasi dibattito sulle politiche<br />

economiche alternative; e i rigidi obiettivi imposti portano il paese cliente a non nutrire alcuna fiducia<br />

nel Fmi, che si rapporta a loro come un dominatore coloniale 37 .<br />

32 Uno dei paesi europei che ha applicato con determinazione politiche neoliberiste è la Gran Bretagna; rilevante è<br />

stato il ruolo di Margaret Thatcher, recentemente scomparsa. Nota anche come lady di Ferro, è stata alla guida del<br />

governo britannico tra il 1979 e il 1990. La sua interpretazione della filosofia neoliberista è passata alla <strong>storia</strong> col<br />

nome di thatcherismo. Il settimanale Internazionale ha dato spazio ad articoli di tre quotidiani inglesi (The Guardian,<br />

The Daily Telegraph, The Indipendent) i quali, in occasione della morte di questa storica leader tory, illustrano i diversi<br />

punti di vista dei britannici sul thatcherismo e le diverse percezioni per l'eredità che ha lasciato. S. n. “Thatcher addio”,<br />

in Internazionale, 12 aprile 2013, n. 995, pp. 14-16; Johnson B., “Un esempio unico di coerenza e coraggio”, in Inte-<br />

rnazionale, 12 aprile 2013, n. 995, pp. 17-18; Jones O., “Una politica che ci avvelena ancora”, in Internazionale, 12<br />

aprile 2013, n. 995, p. 19.<br />

33 Stiglitz, La globalizzazione e i suoi oppositori, p. 77.<br />

34 Secondo Stiglitz, le politiche del Washington Consensus non tengono minimamente in conto la stabilità sociale. Nel<br />

1995 il Fmi cercò di convincere i ministri giordani a eliminare i sussidi alimentari per migliorare il bilancio dello Stato. Il<br />

re Hussein bloccò ogni iniziativa in tal senso, consapevole che un rincaro dei prodotti alimentari avrebbe portato il<br />

popolo in piazza, mettendo in pericolo la fragile pace della regione e il suo regno. A differenza dei burocrati del Fondo,<br />

il re della Giordania aveva compreso che il bilancio non sarebbe comunque migliorato in caso di tumulti. Ivi, pp. 73-76.<br />

35 Pur lamentandosi per l'operato poco cristallino di molti governi, le istituzioni pubbliche internazionali non sono<br />

assolutamente trasparenti. Appaiono restie a informare la popolazione sugli effetti collaterali delle misure consigliate,<br />

e non sembrano interessate a conoscere in modo più approfondito le varie realtà sociali ed economiche del mondo;<br />

se i burocrati della Banca mondiale dall'epoca dell'insediamento di Stiglitz nell'organizzazione hanno ripreso a<br />

studiare i problemi legati allo sviluppo, i funzionari del Fmi non conoscono bene l'economia del paese che aiutano.<br />

Stiglitz evidenzia i contrasti tra la Banca mondiale e il Fmi, generati dal fatto che quest'ultimo, travalicando i suoi<br />

compiti, oltre alla stabilità si impone anche in materia di crescita e sviluppo, di competenza della BM.<br />

36 Il potere del Fmi è molto vasto, dato che riesce a influenzare le decisioni degli altri donatori – come la Banca Mo-<br />

ndiale e l'Unione Europea – i quali spesso rendono disponibili loro fondi solo dopo previa autorizzazione del Fondo<br />

Monetario Internazionale. Ivi, pp. 41-42.<br />

37 Ivi, pp. 39-40.<br />

8


Le istituzioni internazionali, se davvero intendono aiutare nazioni a superare periodi difficili, dovrebbero<br />

quindi riconoscere il diritto di far sentire la propria voce ai popoli che intendono aiutare e<br />

quelli che le finanziano; nelle democrazie occidentali l'apertura, la trasparenza, le informazioni su<br />

cosa fa il governo non sono concessioni dall'alto, ma diritti dei cittadini. Eppure il Fmi continua a<br />

non riconoscere formalmente il diritto sulla libertà di informazione 38 .<br />

Tra i paesi che hanno seguito le direttive del Fondo e quelli che le hanno rifiutate o seguite parzialmente,<br />

l'abisso è profondo. Il caso più illuminante utilizzato da Stiglitz è la transizione da<br />

un'economia pianificata a un'economia di mercato attuata dalla Russia e dalla Cina 39 . La Russia ha<br />

seguito i consigli del Fmi. Privatizzazione, liberalizzazione dei commerci e liberalizzazione finanziaria,<br />

perseguite con rapidità, senza regole ed accompagnate da tagli ed austerità hanno messo in<br />

moto un'inflazione che ha azzerato i risparmi e colpito milioni di persone già disperatamente povere.<br />

La corruzione e la criminalità hanno trafugato e sperperato i prestiti internazionali ed eroso i ricavi<br />

della privatizzazione, tanto da spingere diversi studiosi di quest'area a parlare di “capitalismo<br />

mafioso”. La Cina negli ultimi vent'anni ha registrato il tasso di crescita più rapido di qualsiasi altra<br />

grande economia del mondo 40 . La Russia invece ha registrato un declino medio annuo del 5,6 % 41 .<br />

Come già riscontrato da Glyn 42 , la Cina è artefice della più epocale riduzione della povertà mentre<br />

la Russia, in un tempo ugualmente breve, ne ha determinato forse il maggior incremento della <strong>storia</strong><br />

43 . La Cina è partita da una parziale privatizzazione, iniziando a riformare gradualmente da provincia<br />

a provincia il sistema collettivo di produzione agricola, registrando in pochi anni un enorme<br />

successo; per questo le riforme successive sono state accolte con favore dalla popolazione, e non<br />

imposte con la forza dall'alto. I leader cinesi hanno ascoltato i pareri di diversi consulenti, compresi<br />

premi Nobel come Stiglitz e Kenneth Arrow; entrambi li hanno avvertiti dei limiti dei modelli economici<br />

scolastici, sottolineando l'importanza della concorrenza e della creazione di un'infrastruttura<br />

istituzionale capace di sostenere e guidare l'economia di mercato 44 . Privatizzare velocemente non<br />

avrebbe risolto magicamente i diversi problemi, come il regime dei prezzi regolato dal governo, e<br />

fu spostata in secondo piano. I cinesi decisero di permettere al mercato di introdurre gradualmente<br />

dei beni con prezzi non distorti 45 . Gli esperti del Fmi hanno ignorato le proposte alternative avanzate<br />

dagli studiosi russi, e hanno applicato la terapia d'urto standard. In Russia una rudimentale regolamentazione<br />

del sistema bancario è stata introdotta solo dopo il fallimento di diverse banche, e<br />

la regolamentazione dei mercati immobiliari a seguito di scandali e speculazioni a danno degli<br />

38 Ivi, p. 50.<br />

39 Entrambi i paesi hanno dovuto affrontare problemi simili: passare da un sistema di determinazione dei prezzi a un<br />

sistema regolato dal mercato; creare le infrastrutture istituzionali di base necessarie; privatizzare proprietà; creare uno<br />

spirito imprenditoriale e nuove imprese in grado di redistribuire le risorse. Ivi, p. 142.<br />

40 Ivi, p. 183.<br />

41 Il Pil della Russia ha continuato ha diminuire dopo il 1989, e la recessione ha superato il decennio. Il Pil ha subito un<br />

calo maggiore di quello registrato durante la Seconda guerra mondiale. Se nel periodo 1940-46 la produzione<br />

industriale dell'URSS arriva a segnalare una diminuzione del 24 %, negli anni 1990-99 in Russia viene registrato un<br />

calo del 60 %. Dopo il 1998 viene registrato un picco di crescita, grazie all'aumento dei prezzi del petrolio e alla<br />

svalutazione del rublo (a lungo osteggiata dai burocrati del Fmi). Ma con la caduta dei prezzi del petrolio e con<br />

l'esaurirsi dei vantaggi della svalutazione, la crescita è nuovamente rallentata. Ivi, pp. 136-145.<br />

42 Glyn A., Capitalismo scatenato, p. 134.<br />

43 “Nel 1989, solo il 2 per cento della popolazione russa viveva in povertà. Alla fine del 1998, questa cifra era balzata al<br />

23,8 per cento, adottando il parametro dei due dollari al giorno. Secondo uno studio della Banca mondiale, oltre il 40<br />

per cento dei cittadini disponeva di meno di quattro dollari al giorno per vivere [e] oltre il 50 per cento dei bambini<br />

viveva in famiglie povere”. Stiglitz, La globalizzazione e i suoi oppositori, p. 154.<br />

44 Ivi, p. 185.<br />

45 Il piano dei cinesi, giudicato da Stiglitz alquanto originale, consisteva nell'introdurre un sistema di prezzi a due<br />

velocità, dove ciò che un'azienda fabbricava in base alle vecchie quote sarebbe stato prezzato come pianificato,<br />

mentre i beni prodotti oltre le vecchie quote sarebbero stati venduti ai prezzi del libero mercato. Ivi, p. 185.<br />

9


stessi azionisti 46 . La strategia del Fmi per salvare la Russia è fallita clamorosamente. Il 17 agosto<br />

1998 il Cremlino diede l'annuncio della sospensione unilaterale dei pagamenti dell'ingente prestito<br />

(22,6 miliardi di dollari) e svalutò il rublo 47 . Scoppiò così una crisi finanziaria globale. I tassi di interesse<br />

richiesti ai mercati dei paesi emergenti raggiunsero picchi insostenibili. Colombia, Argentina<br />

e Cile precipitarono nel baratro. Il Brasile dovette affrontare anche una crisi valutaria. Le Tigri Asiatiche<br />

erano già da un anno piegate; il mondo era come il mare in tempesta; nemmeno gli Stati Uniti<br />

si salvarono 48 . Il Fmi aveva così costruito un castello di carte: non aveva assicurato la stabilità <strong>economica</strong><br />

dei paesi e, come rese ben chiaro il primo colpo di vento, non aveva costruito fondamenta<br />

solide per evitare che il crollo di una parte creasse un effetto domino, contagiando il mondo.<br />

C'erano alternative? Era inevitabile provocare tanta povertà e sofferenza? Le alternative c'erano,<br />

e chi ha potuto respingere i consigli e le minacce delle istituzioni pubbliche internazionali ha dimostrato,<br />

anche se non senza incidenti di percorso, di aver scongiurato in tal modo una profonda<br />

recessione al proprio paese. Stiglitz sostiene fermamente che, per far funzionare la globalizzazione,<br />

occorre un cambiamento nel governo di queste istituzioni. Occorre dare a tutti la possibilità di<br />

far sentire la propria opinione, e allargare il sistema di voto. Ma è necessario rendere più trasparente<br />

l'operato delle istituzioni e costruire una rete di comunicazione capace di tenere informati anche<br />

i rappresentanti e le popolazioni dei paesi più poveri. Occorre ripudiare la filosofia del fondamentalismo<br />

di mercato, e analizzare concretamente i contesti economici, politici e sociali dei vari<br />

paesi; quest'attività di studio e sorveglianza non deve rimanere concentrata nelle mani del Fondo<br />

Monetario Internazionale, ma deve essere svolta anche da altri. Occorre che il Fmi si riconcentri<br />

sulla sua missione originaria. Occorre prendere atto dei pericoli della liberalizzazione commerciale<br />

e dei mercati dei capitali; devono essere varate riforme del diritto fallimentare e bisogna ricorrere al<br />

congelamento dei crediti, diminuendo così la portata e il numero dei salvataggi, i cui soldi servono<br />

a risarcire i creditori occidentali oppure a mantenere stratosferici tassi d'interesse. Urge un miglioramento<br />

del sistema bancario, con regole più precise e rigide, e occorre impostare vincoli capaci di<br />

limitare l'attività creditizia finalizzata alla speculazione immobiliare. Bisogna riconoscere che la gradualità<br />

delle riforme si è dimostrata una strategia vincente, e che il rapporto tra governo e mercato<br />

può garantire maggiore equilibrio ed equità.<br />

Stiglitz ricorda che i movimenti di protesta contro certe strategie occidentali o contro la globalizzazione<br />

stessa sono riusciti a volte a portare all'attenzione dell'opinione pubblica occidentale situazioni<br />

che per i poveri del mondo, per l'ambiente e per la stabilità dell'economia globale sono insostenibili.<br />

Crede fermamente che trasparenza e maggior informazione siano i punti capaci, se rispettati,<br />

di migliorare le istituzioni pubbliche internazionali, il mercato e il benessere delle popolazioni.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Joseph E. Stiglitz, La globalizzazione e i suoi oppositori, Torino, Einaudi, 2002<br />

Gallino L., Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Torino, Einaudi, 2011<br />

Glyn A., Capitalismo scatenato. Globalizzazione, competitività e welfare, Milano, Francesco Brioschi Editore, 2007<br />

Nikitin V., “La morte dell'oligarca che odiava Putin”, in Internazionale, 29 marzo 2013, n. 993, p. 20.<br />

Krugman P., “I capitali che viaggiano”, in Internazionale, 29 marzo 2013, n. 993, p. 34.<br />

S. n. “Thatcher addio”, in Internazionale, 12 aprile 2013, n. 995, pp. 14-16.<br />

Johnson B., “Un esempio unico di coerenza e coraggio”, in Internazionale, 12 aprile 2013, n. 995, pp. 17-18.<br />

Jones O., “Una politica che ci avvelena ancora”, in Internazionale, 12 aprile 2013, n. 995, p. 19.<br />

46 Ivi, p. 141.<br />

47 Ivi, p. 149-150.<br />

48 La Fed organizzò il salvataggio privato del Long Term Capital Management, uno dei principali hedge funds della na-<br />

zione, temendo che un suo fallimento potesse trascinare l'intera economia mondiale verso una grande depressione.<br />

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