ANALISI - Dipartimento di Filosofia
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<strong>ANALISI</strong><br />
Annuario e Bollettino della Società Italiana<br />
<strong>di</strong> <strong>Filosofia</strong> Analitica (SIFA) 2011<br />
a cura <strong>di</strong><br />
Richard Davies<br />
MIMESIS<br />
Filosofie Analitiche / Metafisica
© 2011 – MIMESIS EDIZIONI (Milano – U<strong>di</strong>ne)<br />
Collana: Filosofie Analitiche / Metafisica n. 9<br />
www.mimesise<strong>di</strong>zioni.it / www.mimesisbookshop.com<br />
Via Risorgimento, 33 – 20099 Sesto San Giovanni (MI)<br />
Telefono: 0224861657 / 0224416383<br />
Fax: +39 02 89403935<br />
E-mail: mimesis@mimesise<strong>di</strong>zioni.it<br />
Via Chiamparis, 94 – 33013 Gemona del Friuli (UD)
In<strong>di</strong>ce<br />
RINGRAZIAMENTI p. 9<br />
Parte I: Rassegne<br />
I NODI DA SCIOGLIERE: SONDAGGIO DI ALCUNE CRITICITÀ<br />
DELL’<strong>ANALISI</strong> FILOSOFICA<br />
<strong>di</strong> Richard Davies p. 13<br />
TRE TIPI DI TEORIE FILOSOFICHE<br />
<strong>di</strong> Christoph Lumer p. 45<br />
Parte II: Simposio su The Philosophy of<br />
Philosophy<br />
PRÉCIS OF THE PHILOSOPHY OF PHILOSOPHY<br />
<strong>di</strong> Timothy Williamson p. 79<br />
ON THE FACE VALUE OF THE ‘ORIGINAL QUESTION’ AND ITS WEIGHT<br />
IN PHILOSOPHY<br />
<strong>di</strong> Pasquale Frascolla p. 81<br />
WITTGENSTEIN AND WILLIAMSON ON CONCEPTUAL ANALYSIS<br />
<strong>di</strong> Diego Marconi p. 91<br />
PETER, STEPHEN ... AND LUDWIG<br />
<strong>di</strong> Paolo Tripo<strong>di</strong> p. 103<br />
WHAT DO PHILOSOPHERS DO? A FEW REFLECTIONS ON TIMOTHY<br />
WILLIAMSON’S THE PHILOSOPHY OF PHILOSOPHY<br />
<strong>di</strong> Andrea Bianchi p. 117<br />
THREE WITTGENSTEINIANS AND A NATURALIST ON THE PHILOSOPHY<br />
OF PHILOSOPHY<br />
<strong>di</strong> Timothy Williamson p. 127
Parte III: Recensioni<br />
DUMMETT, GLOCK E WILLIAMS SULLA NATURA E IL FUTURO<br />
DELLA FILOSOFIA (ANALITICA)<br />
<strong>di</strong> Elisabetta Lalumera p. 141<br />
FRANCA D’AGOSTINI E NICLA VASSALLO (A CURA DI) STORIA<br />
DELLA FILOSOFIA ANALITICA<br />
<strong>di</strong> Davide Fassio p. 155<br />
PAOLO TRIPODI, DIMENTICARE WITTGENSTEIN<br />
<strong>di</strong> Elisabetta Sacchi p. 163<br />
GARY GUTTING, WHAT PHILOSOPHERS KNOW<br />
<strong>di</strong> Delia Belleri p. 175<br />
DAVID CHALMERS, DAVID MANLEY, E RYAN WASSERMAN (A CURA DI),<br />
METAMETAPHYSICS. NEW ESSAYS ON THE FOUNDATIONS OF ONTOLOGY<br />
<strong>di</strong> Massimiliano Carrara p. 185<br />
ROBERT STALNAKER, OUR KNOWLEDGE OF THE INTERNAL WORLD<br />
<strong>di</strong> Daniele Sgaravatti p. 197<br />
KWAME ANTHONY APPIAH, EXPERIMENTS IN ETHICS<br />
<strong>di</strong> Marcos Breuer p. 207<br />
J. KNOBE E S. NICHOLS, EXPERIMENTAL PHILOSOPHY<br />
<strong>di</strong> Francesca Ervas p. 217<br />
TAMAR SZABÒ GENDLER, THOUGHT EXPERIMENT<br />
<strong>di</strong> Vittorio Morato p. 225<br />
GILLIAN RUSSELL, TRUTH IN VIRTUE OF MEANING<br />
<strong>di</strong> Stefano Caputo p. 239<br />
CORY JUHL E ERIC LOOMIS, ANALITICITY<br />
<strong>di</strong> Daria Mingardo p. 253
Parte IV: Note<br />
THOUGHT EXPERIMENTS<br />
<strong>di</strong> Margherita Benzi p. 265<br />
POVERI ESPERIMENTI MENTALI<br />
<strong>di</strong> Margherita Arcangeli p. 277<br />
INTUIZIONI COMODE: SOSA TRA MOORE E WITTGENSTEIN<br />
<strong>di</strong> Annalisa Coliva e Michele Palmira p. 291<br />
LA COERENZA DI NON AVERE INTUIZIONI<br />
<strong>di</strong> Daniele Sgaravatti p. 305<br />
DESCRIZIONI DEFINITE E FORMA LOGICA<br />
<strong>di</strong> Massimiliano Vignolo p. 315<br />
NOMI PROPRI QUALI PUNTI DI ATTRAZIONE DEL SIGNIFICATO<br />
<strong>di</strong> Barbara Giolito p. 323<br />
UN CONTRIBUTO ANALITICO ALLA STORIOGRAFIA FILOSOFICA<br />
<strong>di</strong> Marco Damonte p. 331<br />
IL ‘METODO’ ANALITICO NELLA FILOSOFIA ANTICA<br />
<strong>di</strong> Maddalena Bonelli p. 343
David Chalmers, David Manley, e Ryan Wasserman<br />
(a cura <strong>di</strong>), Metametaphysics. New Essays on the<br />
Foundations of Ontology, Oxford University Press<br />
2009.<br />
Massimiliano Carrara<br />
Si è soliti <strong>di</strong>re – ciò è riportato anche nell’‘Introduzione’ a<br />
Metametaphysics (p. 1) <strong>di</strong> David Manley – che in metafisica si pongono<br />
domande del tipo:<br />
(1) cosa esiste?<br />
Alcuni (ad esempio Quine 1953, p. 3) hanno risposto ad (1) semplicemente<br />
affermando:<br />
(2) tutto,<br />
intendendo con (2) tutto ciò che c’è. Questa è una risposta certamente<br />
con<strong>di</strong>visibile e, tuttavia, rispondere ad (1) con (2) non sembra adeguato,<br />
anche se banalmente corretto. Innanzi tutto, perché s’intende fornire una<br />
caratterizzazione a questo ‘tutto’ tale da farci ottenere una lista delle categorie<br />
ontologiche che non escluda nulla <strong>di</strong> ciò che c’è. Per questo sono<br />
considerati metafisici anche quesiti del tipo:<br />
(3) Esistono solo oggetti concreti o anche oggetti astratti?<br />
Vi è, poi, spesso, l’ulteriore richiesta <strong>di</strong> fornire una caratterizzazione<br />
delle varie categorie ammesse e/o ammissibili. Così si considerano<br />
domande metafisiche anche quesiti quali, ad esempio: ogni evento ha una<br />
causa? Passato e futuro sono reali? Quando delle parti compongono un<br />
intero?<br />
Se siamo d’accordo nel ritenere standard in metafisica tutti i quesiti<br />
sopra formulati, allora le domande che ci si pone in metametafisica sono<br />
del tipo:<br />
(4) Le domande metafisiche hanno una risposta?<br />
(5) Se sì, qual è la migliore procedura per ottenere una risposta metafisica: il<br />
senso comune, l’analisi concettuale o criteri mutuati dalla scienza?
186 Massimilano Carrara<br />
Metametaphysics contiene se<strong>di</strong>ci saggi, alcuni più orientati da un punto<br />
<strong>di</strong> vista storico altri esclusivamente teorici. Obiettivo del volume è fornire<br />
una risposta a domande quali (4) e (5). I lavori sono la rielaborazione <strong>di</strong><br />
alcune presentazioni tenute in due conferenze sul tema, la prima svoltasi<br />
all’Australian National University nel 2005, la seconda presso la Boise<br />
State University nel 2007.<br />
Prima <strong>di</strong> analizzare, seppur molto sommariamente, le tesi principali<br />
della collettanea una breve osservazione <strong>di</strong> carattere metodologico. Nel<br />
volume vi sono alcuni contributi – non pochi – più orientati da un punto<br />
<strong>di</strong> vista storico. Ciò non deve stupire. La metafisica, almeno quella <strong>di</strong> stile<br />
‘analitico’ si è fin dall’inizio mostrata particolarmente attenta a questo<br />
tipo <strong>di</strong> considerazioni. Si pensi, ad esempio, alle osservazioni metodologiche<br />
<strong>di</strong> G. Frege nei Grundlagen (1884), o al <strong>di</strong>battito fra R. Carnap e<br />
W.v.O. Quine sulla natura dell’ontologia: temi che anticipano alcune (o<br />
molte) delle <strong>di</strong>scussioni sviluppate in questo volume.<br />
Un ottimo resoconto sul contenuto del volume si trova nell’<br />
‘Introduzione’ <strong>di</strong> David Manley. In maniera del tutto accidentale – infatti i<br />
lavori sono stati pubblicati utilizzando l’or<strong>di</strong>ne alfabetico dei nomi degli<br />
autori – anche il saggio che chiude il volume ‘Must Existence-Questions<br />
have Answers?’ <strong>di</strong> Stephen Yablo è un ottimo articolo da cui iniziare perché<br />
fornisce un’interessante mappa delle posizioni oggi espresse in metametafisica.<br />
Nel suo lavoro Yablo immagina un <strong>di</strong>alogo fra tre personaggi,<br />
che rappresentano tre <strong>di</strong>versi atteggiamenti filosofici sulla metametafisica:<br />
un platonista, un nominalista ed un deflazionista ontologico che<br />
Yablo chiama ‘Quizzicalist’. Gli stessi tre atteggiamenti sono citati nella<br />
recensione al volume fatta da Ross Cameron per Mind (2010). Queste<br />
<strong>di</strong>verse posizioni sono in<strong>di</strong>viduate a partire dalla reazione a questo ragionamento:<br />
(P1) Vi è qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>fettoso in alcuni (o tutti i) proferimenti della forma ‘Ci<br />
sono degli x’, ‘c’è un x’.<br />
(P2) La domanda ontologica ha per oggetto ciò che c’è.<br />
(C) Vi è qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>fettoso in (parte o in tutta l’) ontologia.<br />
Cameron chiama anti-ontologisti quelli che accettano la conclusione<br />
(C). Quelli che invece rifiutano la conclusione del ragionamento rifiutando<br />
(P1) ma accettando (P2) sono detti tra<strong>di</strong>zionalisti quineiani. Quelli<br />
che, infine, negano (C) rifiutando (P2) sono detti ontologi revisionisti.<br />
Fra quelli che accettano (C) Cameron osserva che possono esserci<br />
mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> essere anti-ontologisti. Lo si può essere in modo estremo
Recensione <strong>di</strong> Metametaphysics (Chalmers)<br />
187<br />
e pensare che l’ontologia sia in toto sbagliata, o lo si può essere in un<br />
modo più moderato, pensando che alcune sue parti siano accettabili, altre<br />
siano invece deficitarie. I vari atteggiamenti sono ben esemplificati in<br />
alcuni saggi del volume. Infatti, nei lavori <strong>di</strong> Karen Bennett, David<br />
Chalmers, Eli Hirsch, Thomas Hofweber, Amie Thomasson e Stephen<br />
Yablo <strong>di</strong>fferenti tesi anti-ontologiste sono sostenute. Si formulano invece<br />
posizioni ontologiche revisioniste, si nega (C) rifiutando (P2), nei saggi <strong>di</strong><br />
Kit Fine, Kris McDaniel, Jonathan Schaffer e Ted Sider. Infine, l’unico a<br />
sostenere esplicitamente una forma <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zionalismo quineiano, che<br />
rifiuta (C) sulla base <strong>di</strong> un rifiuto <strong>di</strong> (P1) e dell’accettazione <strong>di</strong> (P2), è<br />
Peter Van Inwagen nel suo saggio ‘Being, Existence, and Ontological<br />
Commitment’.<br />
Gli atteggiamenti metametafisici sopra enunciati sono organizzati<br />
attorno a tre tesi, che hanno per oggetto lo status delle <strong>di</strong>scussioni metafisiche.<br />
Le tre tesi sono:<br />
(D1) Le <strong>di</strong>scussioni ontologiche sono meramente verbali; sono dovute a <strong>di</strong>fferenze<br />
nel modo in cui coloro che <strong>di</strong>scutono usano certi termini.<br />
(D2) Nessuna delle parti in una <strong>di</strong>scussione ontologica sta realmente asserendo<br />
qualcosa. La funzione del linguaggio in questo tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione<br />
sarebbe analoga a quella nel linguaggio prescrittivo. In questa prospettiva è<br />
l’indeterminatezza del valore <strong>di</strong> verità degli enunciati l’elemento caratterizzante.<br />
(D3) La risposta giusta ad una domanda ontologica è, a seconda dei casi,<br />
molto più facile o molto più <strong>di</strong>fficile da ottenere <strong>di</strong> quanto pensino le parti in<br />
causa. Il risultato è che, solitamente, il modo in cui le parti cercano <strong>di</strong> raggiungere<br />
il loro obiettivo nelle <strong>di</strong>spute è sbagliato.<br />
La domanda centrale per la metametafisica – osserva Manley (p. 5) – è<br />
se le <strong>di</strong>spute metafische siano mal poste in uno dei mo<strong>di</strong> sopra elencati.<br />
Quelli che accettano (D1) e (D2) hanno una posizione deflazionista o<br />
anti-ontologista, quelli che invece accettano (D3) si lasciano aperta la<br />
possibilità <strong>di</strong> rivedere l’ontologia.<br />
Così, ad esempio, Hirsch nel suo saggio ‘Ontology and Alternative<br />
Languages’ è un sostenitore <strong>di</strong> (D1). In questo lavoro argomenta a favore<br />
<strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> anti-ontologismo che chiama semanticismo. Per Hirsch<br />
una <strong>di</strong>sputa è verbale quando ciascuna parte ammette che l’altra sta<br />
<strong>di</strong>cendo la verità nel suo proprio linguaggio (p. 239). Data questa definizione<br />
risulterebbero essere, a suo <strong>di</strong>re, <strong>di</strong>spute meramente verbali alcune<br />
fra le più importanti <strong>di</strong>scussioni metafisiche. Lo sarebbe, ad esempio,<br />
l’ammissione o meno della composizione mereologica non ristretta. La<br />
<strong>di</strong>sputa è fra chi, come ad esempio Baxter (1988), sostiene che c’è un
188 Massimilano Carrara<br />
intero – la somma mereologica – e questo non è altro che le molte parti<br />
contate come una cosa e chi invece sostiene che la somma non è identica<br />
alle molte parti che la compongono.<br />
A sostegno della propria tesi Baxter riporta l’esempio del conta<strong>di</strong>no<br />
che possiede un terreno e che <strong>di</strong>vide in sei parti. L’uomo tenta <strong>di</strong> vendere<br />
le sei parti e trattenere, invece, la proprietà dell’intero. In tal modo egli<br />
ottiene del denaro pur tenendo la sua terra.<br />
Si supponga che i sei acquirenti delle parti sostengano che essi, congiuntamente,<br />
possiedono l’intero e che il proprietario originario ora non possieda<br />
nulla. Questo argomento sembra corretto. Ma allora l’intero non era la settima<br />
cosa (Baxter 1988, p. 579).<br />
L’esempio mostrerebbe un uso <strong>di</strong> somma che non comporta l’esistenza<br />
<strong>di</strong> una vera e propria entità.<br />
Chi sostiene (ad esempio Van Inwagen (1994)) che le somme non sono<br />
identiche alle parti che sommano e che quin<strong>di</strong> la composizione non<br />
ristretta non è corretta così replica a Baxter. Si supponga <strong>di</strong> voler esprimere<br />
il fatto che esistono due parti <strong>di</strong> grandezza <strong>di</strong>versa. Si dovrà usare<br />
un enunciato quantificato della forma:<br />
(6)Åx Åy Åz (y < x & z < x & G(y, z))<br />
dove ‘
Recensione <strong>di</strong> Metametaphysics (Chalmers)<br />
quando ‘oggetto’ è usato in maniera neutrale e non sortale. Lo fa presentando<br />
un <strong>di</strong>lemma. Si consideri un enunciato del tipo:<br />
(7) C’è un oggetto composto <strong>di</strong> sei parti.<br />
O l’uso <strong>di</strong> ‘oggetto’ in (7) è associato a chiare con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> applicazione<br />
oppure non lo è. Se lo è allora le affermazioni esistenziali sarebbero<br />
valutabili, ma non vi sarebbe nulla <strong>di</strong> particolarmente profondo nelle<br />
<strong>di</strong>spute sul loro status. Se invece per ‘oggetto’ non abbiamo chiare con<strong>di</strong>zioni<br />
<strong>di</strong> applicazione allora le <strong>di</strong>scussioni sarebbero meramente verbali:<br />
nulla vieta che le parti in causa stiano adoperando il termine in due mo<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>versi. Si noti che per la Thomasson nel caso <strong>di</strong> genuini sortali come<br />
‘tavolo’ possiamo effettivamente chiederci se ci sono gli oggetti in questione.<br />
Tali problemi sono risolvibili o (i) per mezzo dell’analisi concettuale,<br />
analisi atta ad esplicitare le corrispondenti con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> applicazione<br />
del sortale rilevante, è il caso delle fusioni; (ii) o attraverso l’analisi<br />
empirica, è il caso del tavolo.<br />
In ‘Composition, Colocation, and Metaontology’ è all’opera una<br />
<strong>di</strong>versa strategia deflazionista: Karen Bennett non cerca <strong>di</strong> risolvere le<br />
questioni ontologiche per mezzo della semantica o dell’analisi concettuale<br />
quanto, piuttosto, per mezzo dell’epistemologia. L’obiettivo polemico<br />
del suo saggio è il deflazionismo semantico <strong>di</strong> Hirsch. Si analizzano<br />
due <strong>di</strong>spute metafisiche. La prima riguarda la costituzione, in particolare<br />
la risposta a domande del tipo: è possibili per due oggetti dello stesso tipo<br />
coincidere spazialmente? La seconda ha invece a che vedere con la composizione<br />
e riguarda la risposta alla domanda: quando gli elementi atomici<br />
semplici compongono un oggetto complesso? In entrambe le <strong>di</strong>spute<br />
Bennett in<strong>di</strong>vidua due partecipanti prototipici: l’ontologo pro<strong>di</strong>go e<br />
quello parsimonioso. Entrambi adoperano quella che la Bennett chiama<br />
una strategia <strong>di</strong> minimizzazione delle <strong>di</strong>fferenze: l’ontologo pro<strong>di</strong>go argomenterà<br />
sull’innocenza ontologica della sua teoria sostenendo che gli<br />
oggetti assunti non sono realmente niente <strong>di</strong> più che <strong>di</strong> quelli ammessi<br />
anche dall’ontologo parsimonioso. L’ontologo parsimonioso produrrà<br />
invece delle parafrasi adatte ad evitare impegni non desiderati. La Bennett<br />
in questo saggio argomenta contro l’ipotesi che una tale strategia <strong>di</strong> minimizzazione<br />
sia ottenibile per mezzo degli usuali strumenti linguistici.<br />
Mostra, in particolare, con un certo livello <strong>di</strong> dettaglio che non è <strong>di</strong>sponibile<br />
nessuna traduzione dall’ontologia pro<strong>di</strong>ga in quella parsimoniosa e<br />
viceversa, così come il semanticista prevede. Se la parte negativa del saggio<br />
della Bennett è piuttosto convincente molto meno lo è il suo approccio,<br />
classificato come epistemico ed abbozzato alla fine del saggio.<br />
189
190 Massimilano Carrara<br />
Anche Chalmers così come il titolo del suo lavoro lascia intendere –<br />
‘Ontological Anti-Realism’ – appartiene agli anti-ontologisti: osserva che<br />
la logica pre<strong>di</strong>cativa quantificata fornisce una semantica per i quantificatori,<br />
in particolare per quello esistenziale, in riferimento ad un modello<br />
dato, modello specificato per mezzo <strong>di</strong> un certo dominio e una data interpretazione<br />
delle parti non logiche del vocabolario. Le asserzioni esistenziali<br />
possiedono specifiche con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> verità solo in quanto associate<br />
ad un dominio <strong>di</strong> quantificazione, dominio che è determinato nei termini<br />
<strong>di</strong> una funzione <strong>di</strong> arredamento – così la chiama Chalmers – relativa ai<br />
contesti <strong>di</strong> proferimento. Vi sono funzioni <strong>di</strong>verse che determinano<br />
domini <strong>di</strong>fferenti. È allora decisivo valutare l’ammissibilità <strong>di</strong> tali funzioni.<br />
Così, ad esempio, un ultra-realista meinonghiano, sosterrà che non<br />
vi sono vincoli <strong>di</strong> ammissibilità, un realista un po’ meno ortodosso metterà<br />
dei vincoli anche solo logici all’ammissibilità, quali ad esempio la<br />
coerenza.<br />
Infine nel suo ‘Ambitious, Yet Modest, Metaphysics’ Thomas<br />
Hofweber esprime una posizione anti-ontologica. Per Hofweber alle<br />
domande ontologiche sono date risposte che spesso non hanno necessariamente<br />
a che fare con la metafisica. Così ad esempio chiedersi se ci sono<br />
numeri o proprietà ha una risposta e la risposta è ‘No’ ed il motivo <strong>di</strong> una<br />
tale risposta, osserva Hofweber, è che termini come ‘il numero 2’ o ‘la<br />
proprietà <strong>di</strong> essere verde’ semplicemente non si riferiscono. Questa è una<br />
risposta che si può ottenere via un’analisi semantica dell’espressione in<br />
questione.<br />
Quelli che negano la conclusione (C) e lo fanno rifiutando la verità <strong>di</strong><br />
(P2) sono detti ontologi revisionisti: essi possono accettare o meno (P1),<br />
anche se non danno a (P1) una particolare rilevanza. Sono espresse tesi<br />
revisioniste in ontologia nei saggi <strong>di</strong> Kit Fine, Kris McDaniel, Jonathan<br />
Schaffer e Ted Sider. Shaffer lo fa appellandosi alle nozioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza<br />
e priorità ontologica, Fine ad una <strong>di</strong>stinzione fra ciò che esiste e ciò che è<br />
reale, Sider in relazione ad una nozione <strong>di</strong> struttura ontologica e Kris<br />
McDaniel, infine, rinverdendo l’idea aristotelica che l’essere si <strong>di</strong>ce in<br />
molti mo<strong>di</strong>.<br />
In particolare, Kit Fine nel suo lavoro ‘The Question of Ontology’<br />
<strong>di</strong>fende una concezione tra<strong>di</strong>zionale della metafisica: non ha senso interpretare<br />
l’esistenza – così come fa Quine – nei termini della sola quantificazione<br />
esistenziale. Le questioni che riguardano l’esistenza sono questioni<br />
sostantive, quelle che riguardano la quantificazione non lo sono. La<br />
realtà è primitiva e le questioni ontologiche non sono risolubili per via<br />
quantificazionale.
Recensione <strong>di</strong> Metametaphysics (Chalmers)<br />
Jonathan Shaffer <strong>di</strong>scute temi aristotelici nel suo saggio ‘On What<br />
Grounds What’. Per Shaffer la metafisica contemporanea è stata fin<br />
troppo influenzata dall’assunzione quineiana secondo cui il tema centrale<br />
della metafisica è l’esistenza. Osserva come la tra<strong>di</strong>zione aristotelica non<br />
è tanto interessata ad un’ontologia capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere solo ciò che esiste<br />
da ciò che non esiste, quanto a fornire una gerarchia fra i vari tipi <strong>di</strong><br />
enti. Propone <strong>di</strong> concentrarsi sulla relazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza, una relazione<br />
in grado <strong>di</strong> generare gerarchie ontologiche. A giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Shaffer le questioni<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza non sono solo più informative, sono più fondamentali:<br />
per Aristotele solo le sostanze in<strong>di</strong>viduali esistono in<strong>di</strong>pendentemente;<br />
ogni altro tipo <strong>di</strong> entità esistente <strong>di</strong>pende da queste realtà<br />
fondamentali (‘Alcune cose esistono separatamente altre no; quelle che<br />
esistono separatamente sono sostanze’ (Aristotele Metafisica, XII)).<br />
Nel suo saggio, ‘Ways of Being’, Kris McDaniel connette il <strong>di</strong>battito a<br />
temi ripresi da Heidegger in particolare l’idea, sviluppata anche da altri,<br />
che ci sono sensi <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> ‘esistere’.<br />
Ci sono molti tipi <strong>di</strong> esseri – pietre, persone artefatti, numeri, proposizioni –<br />
ma ci sono anche molti tipi <strong>di</strong> essere? Il mondo contiene una varietà <strong>di</strong><br />
oggetti, ciascuno dei quali esiste – ma alcuni oggetti esistono in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti?<br />
La risposta storicamente popolare è sì’ (p. 291).<br />
Si tratta <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> risposta ben esemplificata da Ryle, secondo cui<br />
‘esistere’ ha ‘sensi <strong>di</strong>fferenti’ quando applicato ad oggetti <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>verso<br />
(Ryle 1949). Non si può <strong>di</strong>re, ad es., ‘Le menti esistono’ ed ‘I corpi esistono’<br />
usando lo stesso senso <strong>di</strong> ‘esistere’, così come l’espressione ‘crescendo’<br />
non può essere usata nello stesso senso in, ad esempio, ‘La marea<br />
sta crescendo’, ‘Le speranze stanno crescendo’ e ‘L’età me<strong>di</strong>a della morte<br />
sta crescendo’. Da ciò segue che la congiunzione ‘La mente ed i corpi esistono’<br />
è tanto “assurda” quanto l’affermazione ‘Tre cose stanno ora crescendo,<br />
cioè la marea, le speranze, e l’età me<strong>di</strong>a della morte’.<br />
Ted Sider nel suo ‘Ontological Realism’ argomenta contro la proposta<br />
<strong>di</strong> Hirsch della cosiddetta variabilità quantificazionale. Lo fa riprendendo<br />
da David Lewis la nozione <strong>di</strong> naturalezza intesa come una caratteristica<br />
oggettiva del mondo che rende certe proprietà intrinsecamente più adatte<br />
a dare valore semantico ai pre<strong>di</strong>cati. Se ci si focalizza sulle proprietà possiamo<br />
pensare alla naturalezza in termini <strong>di</strong> similarità: essere blu è più<br />
naturale <strong>di</strong> essere grue perché le cose blu sono fra loro più simili in un<br />
modo che le cose grue non possiedono. Estendendo questa idea <strong>di</strong> naturalezza<br />
Sider interpreta il tipo <strong>di</strong> prospettiva offerto da Hirsch sulla quantificazione<br />
esistenziale come un punto <strong>di</strong> vista in cui si argomenta a favore<br />
dell’esistenza <strong>di</strong> una molteplicità <strong>di</strong> quantificatori ugualmente naturali.<br />
191
192 Massimilano Carrara<br />
Al contrario, per il realista ontologico, vi è un quantificatore più naturale<br />
degli altri. Un quantificatore che – usando la metafora del <strong>di</strong>videre la<br />
realtà lungo le sue venature – <strong>di</strong>vide il mondo nelle venature espresse in<br />
termini quantificazionali. Problema: qual è il dominio <strong>di</strong> questo quantificatore<br />
privilegiato?<br />
Hawthorne fornisce nel suo ‘Superficialism in Ontology’ un’importante<br />
reazione all’anti-ontologismo, in particolare al semanticismo <strong>di</strong><br />
Hirsch. Hawthorne osserva che il deflazionismo alla Hirsch, da lui etichettato<br />
come superficialismo ontologico ha una implicita tendenza verificazionista<br />
ed ha gioco facile nel mostrare che ci sono alcune questioni<br />
sostantive che anche nella scienza non sono verificabili. La proposta <strong>di</strong><br />
Hawthorne si basa sulla tesi, ampiamente con<strong>di</strong>visa in questo volume, che<br />
ci sono asimmetrie fra le varie ontologie che una soluzione alla Hirsch<br />
semplicemente non è in grado <strong>di</strong> eliminare. Per la precisione, vi sarebbe<br />
una sorta <strong>di</strong> vantaggio intensionale <strong>di</strong> alcune ontologie su altre.<br />
Come abbiamo detto all’inizio <strong>di</strong> questa recensione, un numero significativo<br />
<strong>di</strong> lavori hanno un carattere storico e hanno per oggetto la storia<br />
della metametafisica. I saggi che hanno un carattere prettamente storico si<br />
concentrano in particolare sul <strong>di</strong>battito Quine-Carnap riguardante lo status<br />
delle asserzioni ontologiche. A questo tema sono de<strong>di</strong>cati, in particolare,<br />
i lavori <strong>di</strong> Matti Eklund (‘Carnap and Ontological Pluralism’), Huw<br />
Price (‘Metaphysics after Carnap: The Ghost Who Walks?’) e Scott<br />
Soames (‘Ontology, Analyticity, and Meaning: the Quine–Carnap<br />
Dispute’).<br />
Carnap è stato il principale sostenitore della tesi secondo cui asserzioni<br />
della forma ‘Gli S esistono’ sono, se intese come genuine affermazioni<br />
ontologiche, prive <strong>di</strong> significato. Secondo Carnap, qualunque questione<br />
ontologica è riducibile a questioni ‘interne’, ossia formulate all’interno <strong>di</strong><br />
un quadro (‘framework’) linguistico inteso, grossomodo, come un linguaggio<br />
formale interpretato (Carnap 1950). Le questioni interne sono<br />
legittime perché sono giu<strong>di</strong>cate vere o false in accordo alle regole che<br />
costituiscono il quadro in questione. Queste regole specificano i meto<strong>di</strong><br />
d’osservazione nel caso delle scienze empiriche come la fisica e la biologia,<br />
ed i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> prova nel caso delle scienze formali quali la logica e la<br />
matematica. Le questioni che riguardano l’esistenza e la natura <strong>di</strong> cose <strong>di</strong><br />
un certo tipo si risolvono adottando le regole appropriate. Così per<br />
Carnap, ad esempio, è del tutto legittimo domandarsi: ‘C’è il più grande<br />
numero primo?’ o ‘Ci sono numeri compresi fra tre e cinque?’. Si tratta<br />
infatti <strong>di</strong> domande ‘interne’, ovvero poste all’interno <strong>di</strong> un linguaggio<br />
(formale interpretato) specifico. Al contrario, una domanda come ‘Ci
Recensione <strong>di</strong> Metametaphysics (Chalmers)<br />
sono numeri?’, per come è usualmente intesa dai filosofi – ossia come<br />
una domanda inerente l’esistenza ‘reale’, extra-teorica, dei numeri – non<br />
è, secondo Carnap, una domanda interna. Se lo fosse, essa sarebbe del<br />
tutto banale, dato che la risposta, ossia ‘Sì’, è un’ovvietà date le regole<br />
costitutive del quadro. Si tratta, viceversa, <strong>di</strong> una domanda ‘esterna’, che<br />
riguarda l’esistenza e la correttezza del quadro stesso; e questo tipo <strong>di</strong><br />
domande sono, a suo <strong>di</strong>re, senza senso.<br />
Il problema fondamentale <strong>di</strong> questa tesi è che essa si basa su <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>stinzione tra verità analitiche (in<strong>di</strong>pendenti dall’esperienza, ad esempio<br />
‘Nessuno scapolo è sposato’) e sintetiche (non analitiche, ad es. ‘L’oro è<br />
più malleabile del ferro’), cui, anche in seguito ad alcune critiche <strong>di</strong><br />
Quine (in Quine 1951), pochi filosofi ai nostri giorni assegnerebbero il<br />
ruolo fondante che riveste in Carnap. Se la <strong>di</strong>stinzione tra verità analitiche<br />
e sintetiche viene meno allora tutte le domande sono pragmatiche,<br />
siano esse interne o esterne. Perciò il criterio non può essere più considerato<br />
una buona guida per la metafisica. A questa conclusione arriva il saggio<br />
<strong>di</strong> Price sullo status della metafisica dopo Carnap. Inoltre, il rifiuto<br />
del pluralismo carnapiano – la tesi secondo cui linguaggi <strong>di</strong>fferenti con<br />
nozioni <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong> esistenza siano in grado <strong>di</strong> descrivere il mondo<br />
ugualmente bene – non ha come esito necessario un recupero della metafisica<br />
tra<strong>di</strong>zionale. Ciò è ben esemplificato sempre nel lavoro <strong>di</strong> Price a<br />
partire da alcuni contributi metodologici quali il principio d’in<strong>di</strong>spensabilità<br />
<strong>di</strong> Quine. Anche Eklund nel suo saggio – proprio partendo dall’analisi<br />
della <strong>di</strong>stinzione carnapiana interno/esterno – sintetizza la proposta <strong>di</strong><br />
Carnap nei termini <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> pluralismo. La posizione ricalca quella<br />
<strong>di</strong> Ryle sopra formulata.<br />
Infine un’analisi è proposta da Soames nel suo lavoro sull’impegno<br />
ontologico. In termini del tutto generali, si può <strong>di</strong>re che una teoria (o una<br />
serie <strong>di</strong> asserzioni) T è ontologicamente impegnata – o impegna ontologicamente<br />
chi la sostiene – a certi oggetti O se l’esistenza degli O è conseguenza<br />
<strong>di</strong> T. A Quine si deve la formulazione del più noto criterio per<br />
l’in<strong>di</strong>viduazione dell’impegno ontologico <strong>di</strong> una teoria T. Si tratta <strong>di</strong> una<br />
strategia che, grossomodo, prevede i seguenti passi: si traduca T nella<br />
notazione canonica <strong>di</strong> un linguaggio logico (del primo or<strong>di</strong>ne). Si consideri<br />
l’insieme <strong>di</strong> tutti gli enunciati che sono conseguenze formali della<br />
teoria T, i teoremi <strong>di</strong> T. Si considerino quei membri <strong>di</strong> questo insieme che<br />
iniziano con (almeno) una quantificazione il cui ambito d’applicazione è<br />
il resto dell’enunciato. Questi sono gli enunciati che rivelano l’impegno<br />
ontologico <strong>di</strong> una teoria T. Ci si chieda: quali cose devono figurare nel<br />
dominio come valori delle variabili perché i teoremi <strong>di</strong> T che iniziano con<br />
193
194 Massimilano Carrara<br />
un quantificatore siano veri? La risposta a quest’ultima domanda fornisce,<br />
secondo Quine, l’impegno ontologico <strong>di</strong> una teoria. Proprio sulla base del<br />
criterio sopra formulato Quine ha accusato Carnap <strong>di</strong> esere un platonista,<br />
perché nella sua teoria risulterebbe impegnato all’esistenza <strong>di</strong> oggetti<br />
astratti. Al <strong>di</strong>battito sull’impegno ontologico ad enti astratti e alla correlata<br />
<strong>di</strong>stinzione analitico/sintentico è de<strong>di</strong>cato il saggio <strong>di</strong> Soames.<br />
Come osservato all’inizio della recensione il solo chiaro <strong>di</strong>fensore della<br />
prospettiva quineiana nell’antologia Metametaphysics è Peter Van<br />
Inwagen. Nel suo lavoro esprime una versione <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zionalismo quineiano.<br />
Per lui ‘esistere’ è identico ad ‘essere’, non è un’attività (non è<br />
qualcosa che facciamo), ha un senso univoco, catturato dal quantificatore<br />
esistenziale, pienamente caratterizato per mezzo del criterio quineiano per<br />
l’impegno ontologico sopra formulato. La sua proposta si oppone, in particolare,<br />
a quella seconda cui essere non è altro che esistere ed ‘esistere’<br />
non è univoco.<br />
Concludo questa recensione con delle brevi note sul lavoro <strong>di</strong> Bob<br />
Hale e Crispin Wright, che <strong>di</strong>verge forse un po’ dai temi principali del<br />
volume. L’argomento del saggio (‘The Metaontology of Abstraction’)<br />
riguarda una specifica questione meta-ontologia: l’astrazionismo, l’impegno<br />
ad entità astratte. L’impegno è derivato dall’applicazione del principio<br />
<strong>di</strong> astrazione che Hale e Wright così formulano:<br />
(O) Åx Åy (o(x) = o(y) Â P(x, y))<br />
dove in (O) x e y sono variabili, o è una lettera funzionale che sta per una<br />
funzione da oggetti <strong>di</strong> un certo tipo a oggetti del dominio <strong>di</strong> quantificazione<br />
e che ha nella parte destra del bicon<strong>di</strong>zionale una relazione d’equivalenza<br />
P fra le entità del tipo dato. Due noti esempi <strong>di</strong> principi d’astrazione<br />
formulati da Frege stesso (1884) sono:<br />
(Direzioni) La <strong>di</strong>rezione della linea a è identica alla <strong>di</strong>rezione della linea b sse<br />
(= se e solo se) a è parallela a b.<br />
(Numeri) Il numero degli F è identico al numero dei G sse c’è una corrispondenza<br />
uno-ad-uno fra gli F ed i G.<br />
Secondo alcuni un modo per conprendere l’astrazionismo è quello <strong>di</strong><br />
compararlo con la variabilità quantificazionale. In questa proposta un<br />
principio d’astrazione, come ad esempio quello sui numeri, dovrebbe<br />
invocare la variabilità quantificazionale per poter dar conto dell’idea che<br />
gli esempi nella parte sinistra del principio sono riconcentualizzati per<br />
mezzo delle relazioni <strong>di</strong> equivalenza formulate nella parte destra.<br />
Secondo altri l’astrazionismo presuppone il massimalismo, la tesi secondo
Recensione <strong>di</strong> Metametaphysics (Chalmers)<br />
cui qualunque oggetto che può esistere realmente esiste. Secondo Eklund,<br />
a cui si deve il nome ‘massimalismo’ i neo-fregeani sarebbero impegnati<br />
ad una forma <strong>di</strong> massimalismo. Hale e Wright non accettano né l’una né<br />
l’altra proposta, argomentando convincentemente contro entrambe.<br />
Metametaphysics è sicuramente un lavoro importante, ricco e ben strutturato.<br />
Vi è un costante sforzo degli autori <strong>di</strong> confrontare le proprie tesi<br />
con quelle degli altri e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere le <strong>di</strong>verse posizioni emerse nei <strong>di</strong>versi<br />
lavori. L’introduzione è ampia e fotografa in modo nitido i <strong>di</strong>versi temi<br />
anche all’interno del più ampio <strong>di</strong>battito sull’ontologia. I saggi sono tutti<br />
molto interessanti. Il libro è destinato ad essere il volume sulla metametafisica<br />
per i prossimi anni.<br />
Riferimenti bibliografici<br />
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82.<br />
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de philosophie (11), pp. 20-40, trad. it., ‘Empirismo, semantica e ontologia’,<br />
in L. Linsky (a cura <strong>di</strong>), Semantica e filosofia del linguaggio, Il<br />
Saggiatore, Milano, 1969, pp. 261-284.<br />
Frege G. (1884), Die Grundlagen der Arithmetik. Eine logischmatematische<br />
Untersuchung Über den Begriff der Zahl, Kàbner, Breslavia, trad it. <strong>di</strong> C.<br />
Mangione, I fondamenti della matematica. Una ricerca logico-matematica sul<br />
concetto <strong>di</strong> numero, in C. Mangione (a cura <strong>di</strong>), Logica e aritmetica,<br />
Boringhieri, Torino, 1965, pp. 207-349.<br />
Putnam, H. (1987), ‘Truth and Convention: On Davidson’s Refutation of<br />
Conceptual Relativism’. Dialectica, 41: 69-77.<br />
Quine, W.V.O. (1951), ‘Ontology and Ideology’, Philosophical Stu<strong>di</strong>es, (2), pp.<br />
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Cambridge (MA), trad. it. a cura <strong>di</strong> E. Mistretta, Il problema del significato,<br />
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Ryle, G. (1949). The Concept of Mind. trad. it. e cura <strong>di</strong> Ferruccio Rossi-Lan<strong>di</strong>,<br />
Lo spirito come comportamento, Torino: Einau<strong>di</strong> 1955, poi Roma-Bari,<br />
Laterza, 1982, poi come Il concetto <strong>di</strong> mente, trad. <strong>di</strong> Gianfranco Pellegrino,<br />
prefazione <strong>di</strong> Daniel C. Dennett, Bari, Laterza 2007.<br />
Van Inwagen, P. (1994), ‘Composition as Identity’, Philosophical Perspectives 8,<br />
pp. 207-220; rist. in P. Van Inwagen, Ontology, Identity, and Modality. Essays<br />
in Metaphysics, Cambridge University Press, Cambridge, pp. 95-110.<br />
Università <strong>di</strong> Padova<br />
massimiliano.carrara@unipd.it<br />
195