ANALISI - Dipartimento di Filosofia
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Recensione <strong>di</strong> Metametaphysics (Chalmers)<br />
187<br />
e pensare che l’ontologia sia in toto sbagliata, o lo si può essere in un<br />
modo più moderato, pensando che alcune sue parti siano accettabili, altre<br />
siano invece deficitarie. I vari atteggiamenti sono ben esemplificati in<br />
alcuni saggi del volume. Infatti, nei lavori <strong>di</strong> Karen Bennett, David<br />
Chalmers, Eli Hirsch, Thomas Hofweber, Amie Thomasson e Stephen<br />
Yablo <strong>di</strong>fferenti tesi anti-ontologiste sono sostenute. Si formulano invece<br />
posizioni ontologiche revisioniste, si nega (C) rifiutando (P2), nei saggi <strong>di</strong><br />
Kit Fine, Kris McDaniel, Jonathan Schaffer e Ted Sider. Infine, l’unico a<br />
sostenere esplicitamente una forma <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zionalismo quineiano, che<br />
rifiuta (C) sulla base <strong>di</strong> un rifiuto <strong>di</strong> (P1) e dell’accettazione <strong>di</strong> (P2), è<br />
Peter Van Inwagen nel suo saggio ‘Being, Existence, and Ontological<br />
Commitment’.<br />
Gli atteggiamenti metametafisici sopra enunciati sono organizzati<br />
attorno a tre tesi, che hanno per oggetto lo status delle <strong>di</strong>scussioni metafisiche.<br />
Le tre tesi sono:<br />
(D1) Le <strong>di</strong>scussioni ontologiche sono meramente verbali; sono dovute a <strong>di</strong>fferenze<br />
nel modo in cui coloro che <strong>di</strong>scutono usano certi termini.<br />
(D2) Nessuna delle parti in una <strong>di</strong>scussione ontologica sta realmente asserendo<br />
qualcosa. La funzione del linguaggio in questo tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione<br />
sarebbe analoga a quella nel linguaggio prescrittivo. In questa prospettiva è<br />
l’indeterminatezza del valore <strong>di</strong> verità degli enunciati l’elemento caratterizzante.<br />
(D3) La risposta giusta ad una domanda ontologica è, a seconda dei casi,<br />
molto più facile o molto più <strong>di</strong>fficile da ottenere <strong>di</strong> quanto pensino le parti in<br />
causa. Il risultato è che, solitamente, il modo in cui le parti cercano <strong>di</strong> raggiungere<br />
il loro obiettivo nelle <strong>di</strong>spute è sbagliato.<br />
La domanda centrale per la metametafisica – osserva Manley (p. 5) – è<br />
se le <strong>di</strong>spute metafische siano mal poste in uno dei mo<strong>di</strong> sopra elencati.<br />
Quelli che accettano (D1) e (D2) hanno una posizione deflazionista o<br />
anti-ontologista, quelli che invece accettano (D3) si lasciano aperta la<br />
possibilità <strong>di</strong> rivedere l’ontologia.<br />
Così, ad esempio, Hirsch nel suo saggio ‘Ontology and Alternative<br />
Languages’ è un sostenitore <strong>di</strong> (D1). In questo lavoro argomenta a favore<br />
<strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> anti-ontologismo che chiama semanticismo. Per Hirsch<br />
una <strong>di</strong>sputa è verbale quando ciascuna parte ammette che l’altra sta<br />
<strong>di</strong>cendo la verità nel suo proprio linguaggio (p. 239). Data questa definizione<br />
risulterebbero essere, a suo <strong>di</strong>re, <strong>di</strong>spute meramente verbali alcune<br />
fra le più importanti <strong>di</strong>scussioni metafisiche. Lo sarebbe, ad esempio,<br />
l’ammissione o meno della composizione mereologica non ristretta. La<br />
<strong>di</strong>sputa è fra chi, come ad esempio Baxter (1988), sostiene che c’è un