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I Prefetti del Regno nel ventennio fascista - Scuola Superiore dell ...

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PRESENTAZIONE<br />

memente; si viene destinati alle sedi più importanti solo dopo una sequenza<br />

piuttosto lunga di altre destinazioni in sedi “minori”.<br />

Quest’ultima considerazione seggerisce subito la terza chiave di lettura,<br />

che riguarda la presenza e il ruolo dei prefetti cosiddetti “fascisti”. Questi<br />

funzionari, reclutati soprattutto dalla fine degli anni Venti, provenienti dal<br />

partito o dai suoi organismi collaterali, sono in effetti più giovani (trentenni),<br />

non hanno alle spalle la carriera, accedono lateralmente alla nomina,<br />

spesso mancano anche di quello (lo si vedrà subito) che costituisce uno dei<br />

requisiti culturali, la laurea in giurisprudenza. Se però si compie una verifica<br />

anche rapida sui loro percorsi non è difficile riscontrare come le sedi di<br />

destinazione siano le meno impegnative e le più periferiche e come raramente<br />

questi funzionari-”politici” giungano negli incarichi di maggior prestigio<br />

e responsabilità.<br />

Gli studi compiuti dai prefetti sono, appunto, un’ulteriore possibile chiave<br />

di lettura dei dati. Predomina largamente la laurea in giurisprudenza, il<br />

che conferma ulteriormente che la “giuridicizzazione” (e cioè l’emarginazione<br />

o espulsione di formazioni culturali diverse da quella giuridica) è integralmente<br />

avvenuta anche <strong>nel</strong> corpo prefettizio.<br />

Ancora: meriterebbe un’indagine a sé (e i dati di Cifelli lo consentono)<br />

la minore o maggiore lunghezza <strong>del</strong>le permanenze <strong>nel</strong>le varie sedi, il turn<br />

over e la sua costanza (anche comparato con altri periodi storici), le eccezioni<br />

- e ve ne è più d’una - alla regola dei due-tre anni di permanenza in<br />

provincia. Sotto questo profilo una storia <strong>del</strong>la “manovra dei prefetti”, con<br />

l’occhio rivolto anche ai cambi di gestione <strong>nel</strong> Ministero <strong>del</strong>l’Interno e al<br />

ruolo giocato in essa, oltre che dai ministri dai sottosegretari, dai direttori<br />

generali, offrirebbe - credo - più di una suggestione utile a quella storia<br />

complessiva <strong>del</strong> Ministero che ci auguriamo tutti possa essere presto approfonditamente<br />

ricostruita.<br />

Un’ultima possibile chiave di lettura, infine (ma naturalmente altre se ne<br />

potrebbero individuare, tanta è la ricchezza <strong>del</strong>le informazioni raccolte), riguarda<br />

la presenza <strong>nel</strong> campione di un gruppo di prefetti provenienti dalle<br />

questure e dall’esperienza <strong>del</strong>la pubblica sicurezza (pochi, mi pare, a conferma<br />

di quanto osservato per esempio da Giovanna Tosatti <strong>nel</strong> suo importante<br />

saggio sull’organizzazione <strong>del</strong>la polizia in “Studi storici” 1997, n. 1),<br />

presenza che tuttavia apre un interessante spaccato su quella che dovette essere,<br />

anche durante il fascismo, la discussione circa la funzione, la forma-<br />

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