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INCIPIT<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro,<br />

mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili progetti futuri<br />

e le misere, scontate programmazioni spazio temporali<br />

che ci separavano dalla pensione.<br />

(Danilo Masotti)<br />

Francesca è stata spietata,<br />

non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il sacco.<br />

Che era bello pieno e tracimava abbondante merda.<br />

Che s’è riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato,<br />

f<strong>in</strong>o agli abissi, dove c’è un buio pesto.<br />

Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente.<br />

(Vasco Rialzo)


ENRICO MATTIOLI<br />

Cappotti di piume<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente. O meglio: non sarebbe servito, ho<br />

davvero dovuto chiudere la mano, e poi, ciao, ciao.<br />

Le passioni accendono la vita di ognuno - possono anche bruciarla - ma<br />

sono i vizi a determ<strong>in</strong>are le differenze tra un uomo e un altro. Francesca la<br />

conobbi proprio al tavolo dove siedo ora. Prendi qualcosa? - le chiesi. Una<br />

birra - rispose, e ord<strong>in</strong>ai due lager chiare. Passava <strong>in</strong> sottofondo un brano<br />

di Miles Davis, quella tromba si impossessava della mia anima come il<br />

diavolo. Il pezzo era M<strong>ad</strong>e <strong>in</strong> Heaven.<br />

Fu G<strong>in</strong>o Ciambella, il proprietario di questo posto, a mettermi <strong>in</strong> contatto<br />

con Francesca. Qui, al bar degli artisti, si <strong>in</strong>contrano persone <strong>in</strong>teressanti e<br />

poi G<strong>in</strong>o ha sempre avuto della buona birra. È conosciuto anche come il<br />

bar dello Zicchiu, perché G<strong>in</strong>o è di Terni e <strong>in</strong> Umbria ai ternani li chiamano<br />

zicchi, a causa dell'<strong>in</strong>flessione dialettale che li porta a pronunciare zicchiu<br />

anziché sicchiu come nel resto della regione, cioè secchio, <strong>in</strong> italiano.<br />

G<strong>in</strong>o Ciambella è stato un artista, mise a segno dei lavori di buon livello<br />

<strong>in</strong> tutto il centro Italia, ma anche il re del biliardo può prendersi la stecca nel<br />

buco se allenta le chiappe. Otto anni di villeggiatura pagata dallo Stato,<br />

trascorsi per metà alla circondariale di Perugia e il resto al Montacuto di<br />

Ancona. Lo Zicchiu, però, non è uno che si spaventa, anche perché è stato<br />

oculato: alla f<strong>in</strong>e della vacanza aveva di che aprirsi una nuova attività e<br />

cambiare vita, città, e qui a Este rilevò questo buco, che tanto buco poi non<br />

è.<br />

Io vivevo nella vic<strong>in</strong>a Monselice. Nel giro, quando ti muovi, devi usare<br />

prudenza, discrezione, devi possedere un <strong>tuo</strong> gergo e avere pronte delle<br />

metafore se parli con qualcuno che non conosci o vedi per la prima volta.<br />

Fu a causa della mia passione per la Franziskaner Dunkelweizen, un'ottima<br />

birra bavarese che trovavi solo se ti sp<strong>in</strong>gevi f<strong>in</strong>o a P<strong>ad</strong>ova, che seppi del<br />

bar dello Zicchiu. In realtà, appunto, gli amici mi avevano portato al pub <strong>in</strong><br />

città perché avevo da piazzare due Mercedes Benz 190 SL oppure spedirle<br />

nell'Est Europa pezzo per pezzo, roba non facile. Il gestore del locale,<br />

bravo ragazzo e tipo a posto, mi disse che avrei scovato il mio nettare


preferito anche a Este: cerca il bar del ternano – mi disse strizzandomi<br />

l'occhio – sai, è stato uno del giro, lui sa cosa fare.<br />

È così che andò. G<strong>in</strong>o Ciambella teneva la sua riserva di Franziskaner,<br />

<strong>in</strong>oltre, restava uno che dava buoni consigli e sapeva riconoscere il talento.<br />

E io di talento ne ho. Nel retro, come <strong>in</strong> ogni locale del tipo che si rispetti,<br />

c'erano i tavoli dove, modestamente, mi mettevo <strong>in</strong> evidenza. Lo Zicchiu mi<br />

conv<strong>in</strong>se che avrei dovuto sfruttarlo, il talento, che la mano di Dio batte<br />

<strong>sul</strong>la fronte di pochi predest<strong>in</strong>ati. Io sbancavo il lunario tirando a campare<br />

con lavoretti m<strong>in</strong>ori rispetto a quelli del Ciambella, ma stavo scoprendo la<br />

possibilità di alzar un sacco di grana. Fu <strong>in</strong> una di quelle notti, dopo le tre,<br />

quando nel locale rimaneva solo la nebbiol<strong>in</strong>a creata dal fumo e lo Zicchiu<br />

aveva ammosciato serranda e luci che, allungandomi l'ultima p<strong>in</strong>ta di<br />

Franzi's, mi disse con tono serafico: hai bisogno di una spalla, voglio<br />

presentarti una persona.<br />

Ero stato solo un l<strong>ad</strong>ro di auto, f<strong>in</strong>o a quel momento, il tipo che se avesse<br />

avuto un tono se lo sarebbe dato, ma io non ne avevo proprio. G<strong>in</strong>o<br />

Ciambella detto lo Zicchiu, mi stava costruendo <strong>in</strong>torno una macch<strong>in</strong>a ben<br />

più potente e sicura di tutte quelle arraffate <strong>in</strong> tante notti fredde appostato<br />

per le str<strong>ad</strong><strong>in</strong>e della prov<strong>in</strong>cia veneta.<br />

Francesca era bella ma non vistosa, dist<strong>in</strong>ta, fisico sportivo, teneva la<br />

cordialità di tipa della porta accanto. Capelli color castano chiaro e<br />

carnagione rosea, parrucchiera e manicure con il talento per le pubbliche<br />

relazioni e la passione per i soldi facili, aveva un'agenda piena zeppa di<br />

tordi da spennare. Ci piacemmo subito al primo <strong>in</strong>contro,<br />

professionalmente parlando eravamo fatti l'uno per l'altra. Lo Zicchiu aveva<br />

l'occhio lungo per quelle cose, era il tipo che quando parlava dovevi starlo<br />

a sentire. Mi suggerì, per esempio, di cambiare aspetto a ogni <strong>in</strong>contro, una<br />

volta la barba e un'altra i baffi, oppure gli occhiali. E poi anche il nome,<br />

presentarmi sempre con identità diverse. Può sembrare sciocco, ma era<br />

importante.<br />

Il gioco come concetto, non mi arrapava un granché: la mia libid<strong>in</strong>e era il<br />

trucco. Sì, potrei dire che ero - sono - un baro, qualcuno potrebbe<br />

chiamarmi del<strong>in</strong>quente, va bene, io mi vedevo come un prestigiatore, sono<br />

solo dei punti di vista, cosa posso dire? Nell'azzardo si entra <strong>in</strong> un'altra<br />

dimensione, il bello sta nello sp<strong>in</strong>gersi oltre i limiti delle regole. Facile, tutto<br />

sommato è come spostare il baricentro per trovare una postura scorretta,<br />

ma è la propria postura. Si sente il demone, si sente eccome, non ho mai<br />

avuto rimorsi, una volta poggiato il culo <strong>sul</strong>la sedia e i gomiti <strong>sul</strong> tavolo,<br />

nessuna coscienza. Quando esci con Satana non puoi portarlo a messa e<br />

io di gente ne ho rov<strong>in</strong>ata, potrei fare dec<strong>in</strong>e di cappotti di piume con le<br />

penne dei tordi spennati. È fumare una cicca quando la gola brucia, hai<br />

bisogno di tanto miele. La grana era il miele.<br />

Tutte queste persone che si son sedute con me ai tavoli, cent<strong>in</strong>aia di<br />

persone... è come una deviazione, una perversione. C'è a chi piace la


frusta, c'è chi gli piace <strong>esser</strong>e menato: a loro non importava di perdere, il<br />

brivido era l'unica cosa che contava.<br />

Non solo quattr<strong>in</strong>i, ho avuto la possibilità di farmi le donne più belle e l'ho<br />

sfruttata. Ma a Francesca non piaceva. Non un problema di coscienza,<br />

assolutamente no, non potevamo mica dividere una donna, mi sento un<br />

prestigiatore, ma non sono certo un illusionista.<br />

L'avvocato di Verona, era recidivo. Fu come nella canzone di Ivan<br />

Graziani, quella del chitarrista. L'avvocato mi <strong>in</strong>dicò la moglie, se perdo tu<br />

l'avrai, diceva il brano e fu quanto, più o meno, fece il tizio. La guardai<br />

meglio, la riconobbi: era lei, la conduttrice dabbene della televisione ed era<br />

molto più bella che nello schermo. Assomigliava a Ur<strong>sul</strong>a Andress, anzi era<br />

proprio Ur<strong>sul</strong>a Andress, solo con qualche anno di meno. Stavo<br />

impazzendo, e lei, praticamente, era accondiscendente, <strong>in</strong> serena balìa<br />

degli eventi, quasi che la situazione la lasciasse divertita. Era il contrario di<br />

quanto si percepiva dalla tv. Non riuscivo a crederlo, era folle, capivi molto<br />

di più la vita al tavolo da gioco che vivendo mille altre esistenze.<br />

È stato il capol<strong>in</strong>ea. Francesca mi fece una scenata senza f<strong>in</strong>e. Era<br />

acc<strong>ad</strong>uto altre volte, ma quella non la sopportò. Aveva ragione, non<br />

potevamo certo dividere quel tipo di v<strong>in</strong>cita. A lei piaceva la grana, come<br />

darle torto? La rassicurai, dicendole che l'avrei risarcita, da quel momento<br />

<strong>in</strong> poi e compreso quel momento, di ogni situazione analoga. Disse che il<br />

problema non era quello. Mi sono <strong>in</strong>namorata di te, possibile che non<br />

capisci? Non riesco più <strong>ad</strong> accettarlo.<br />

Innamorata di me: amore, lavoro e denaro, diobono, eravamo forse dalla<br />

cartomante? Un baro e una procacciatrice di tordi, che roba é? Che cosa<br />

avremmo fatto <strong>in</strong> seguito, una crociera al cas<strong>in</strong>ò della nave?<br />

Non ci sentimmo per un po’. Dopo circa quattro mesi provai a chiamarla,<br />

non stavo lavorando, pure se avevo le mie riserve ormai piene. Pensavo<br />

che il tempo avesse fatto il proprio lavoro e cioè, venirmi <strong>in</strong> soccorso. Ma<br />

lei, ora, pareva rancorosa <strong>in</strong>vece che rassegnata o ferita. E io capivo il suo<br />

stato d'animo, ma non ne accettavo l'esasperazione, a tutti è capitato di<br />

<strong>esser</strong>e rifiutati e questa mia serenità la faceva trasalire. Chiuse la<br />

telefonata non senza prima avermi urlato contro di tutto. Del resto, questo<br />

stile di vita, se non lo prendi per il verso giusto può farti sentire come se<br />

vivessi <strong>in</strong> un posto dimenticato della terra. La solitud<strong>in</strong>e ti ammazza,<br />

altroché...<br />

Una settimana dopo, con enorme sorpresa, Francesca era sotto casa<br />

mia. Mi stava aspettando. Ho <strong>in</strong>tuito subito che c'era qualcosa di strano. Gli<br />

ho chiesto di salire <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a per non farci vedere. È scoppiata a<br />

piangere e mi ha chiesto perdono. Aveva fatto una cosa orribile per rancore<br />

verso di me, ma un secondo dopo s'era già pentita. L'avvocato di Verona, ti<br />

ricordi? - fece lei. Io son rimasto freddo, ho ascoltato il suo racconto e dopo<br />

un rapido ragionamento ho realizzato che il tizio non avrebbe certo parlato


e ancor meno lo avrebbe fatto la sua onesta signora alla tv. Francesca,<br />

<strong>in</strong>vece, stava avendo un atteggiamento pericoloso e dava segni di<br />

squilibrio, oltreché di malafede: nel suo <strong>ad</strong>dolorato c<strong>in</strong>guettio, aveva<br />

tralasciato di confessare che lei era mia complice. Le ho detto di calmarsi,<br />

che era tutto a posto, ma sarebbe stato <strong>in</strong>utile qualsiasi chiarimento<br />

ulteriore. Siamo arrivati fuori città quando era già scuro. Ho trovato un<br />

posto isolato. Ironia della sorte, anche quella sera la r<strong>ad</strong>io passava lo<br />

stesso brano di Miles Davis, come al nostro primo <strong>in</strong>contro. Sì, quella<br />

tromba si impossessava della mia anima e mi diede il coraggio. Indossai i<br />

guanti e aprii il cruscotto. Non lo avevo mai fatto prima, ma ci sono cose<br />

che nella vita farai per la prima volta o una volta soltanto.


GIANFRANCO VICINELLI<br />

Sono una Spa, non sono una santa<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione.<br />

Guardando per terra, si videro soltanto tutti i frantumi dei nostri progetti<br />

futuri ed eravamo proprio stati noi a volerli realizzare <strong>in</strong> ceramica,<br />

fragilissima.<br />

La pensione non la vedevamo proprio, nemmeno con l’Osservatorio<br />

ISTAT.<br />

L’ INPS, pensate, aveva fatto domanda per cambiare la propria sigla da<br />

“Istituto Italiano della Previdenza Sociale”a I.S.P.C. cioè “Istituto Speranza<br />

della Provvidenza Celeste”<br />

E la colpa è stata tutta dell’ISTAT.<br />

All’<strong>in</strong>izio, quando ero Premier di questo scomb<strong>in</strong>ato Paese, tutto<br />

funzionava a meraviglia<br />

Ma andiamo con ord<strong>in</strong>e: io sono diventato Premier dal 2020,<br />

cavalcando la rivalità dei numerosi movimenti politici, tutti capeggiati da<br />

cabarettisti.<br />

Quali erano ?<br />

Il più consolidato quello dei grill<strong>in</strong>i di Beppe Grillo, da tempo <strong>sul</strong>l’agone<br />

e<strong>letto</strong>rale.<br />

Dopo Grillo il partito più importante era quello capeggiato da Gene<br />

Gnocchi e Trippa Salvatore: geniale fu l’<strong>in</strong>no che fecero circolare nel<br />

Paese, <strong>in</strong>no che precisava perf<strong>in</strong>o quando ci sarebbero stati i comizi.<br />

Non ricordo la musica, ma ho ben presenti le parole : “...giovedì<br />

Gnocchi e sabato Trippa...”<br />

Notevole anche la formazione politica di Pizzocchi e Giacobazzi, con un<br />

<strong>in</strong>no molto <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>ato, rivolto alla Federazione Giovanile : "mi raccomando<br />

ragazzi, votate Pizzocchi & Giacobazzi !”<br />

Poi pochi altri.<br />

Ci aveva provato anche Emilio Fede, ma, privo del suo idolo, faceva<br />

piangere e basta.<br />

Un’altra coppia di cabarettisti, Mario e Pippo Santonastaso, aveva<br />

fondato il “Movimento Doppio” con lo slogan “Vota, vota, che contiamo il<br />

doppio”


In pratica, si faceva sapere agli e<strong>letto</strong>ri che un voto a Mario e un voto a<br />

Pippo significavano due voti per il partito. Lo slogan era palesemente<br />

cret<strong>in</strong>o, ma faceva impressione agli e<strong>letto</strong>ri più ignoranti.<br />

Ma andiamo avanti.<br />

Appena nom<strong>in</strong>ato, ho subito convocato il Direttore dell’Istat per avere la<br />

situazione esatta dell’economia del Paese.<br />

Per me fu un trauma : era molto peggio di quanto immag<strong>in</strong>assi.<br />

Non ho dormito per due giorni, poi ho riconvocato il vertice Istat per<br />

studiare i rimedi.<br />

Il Direttore mi sembrò tranquillo ed ottimista : mi spiegò che proprio per<br />

rimediare a queste c<strong>ad</strong>ute d’immag<strong>in</strong>e, era stato creata una miri<strong>ad</strong>e di<br />

società fa<strong>sul</strong>le, al servizio dello Stato, del Governo e dell’Istat stesso.<br />

Mi disse che esistevano 5600 società per azioni che non producevano<br />

assolutamente nulla.<br />

Gli svizzeri, <strong>in</strong> tono compassionevole, le chiamavano “scatole vuote”,<br />

ma noi lo consideravano un complimento.<br />

Pare che il modo di dire “rompere le scatole a qualcuno” significasse<br />

appunto “rompere le spa”, cioè condizionare il mercato illegalmente.<br />

Queste società per azioni, ripeto, non producevano assolutamente nulla<br />

e qu<strong>in</strong>di c’era anche il vantaggio di non fare utile e impazzire a farlo sparire<br />

all’estero, ev<strong>ad</strong>endo il fisco.<br />

Funzionava così: quando i media segnalavano tutti i segnali negativi<br />

della nostra economia, l’op<strong>in</strong>ione pubblica, il Governo, la maggioranza e<br />

l’opposizione, i segretari di partito, ma anche semplici citt<strong>ad</strong><strong>in</strong>i “immanicati”<br />

però con la TV, chiedevano a gran voce una manovra che facesse tornare<br />

le cose a posto.<br />

Il Governo non faceva assolutamente nulla, come le sue spa, ma faceva<br />

pervenire all’Istat dati positivi che confermavano al popolo che ognuna<br />

delle 5600 società per azioni faceva il suo dovere e che produceva<br />

importanti gu<strong>ad</strong>agni.<br />

Dato che di economia non ne capiva quasi nessuno, tutti quei discorsi<br />

raggiungevano lo scopo di far risalite gli <strong>in</strong>dici, di far aggiungere un numero<br />

sorprendente di “A” al rat<strong>in</strong>g dell’Italia.<br />

Sui Telegiornali, quella sera , apparve la sigla di chiusura <strong>in</strong> un campo<br />

allegro di Dollari e di Euro, e tutti vissero felici & contenti.


GLORIA GERECHT<br />

Perdonami Francesca<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversato tutto su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove c’è<br />

buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente.<br />

Il buio è totale, mai stato così nero.<br />

E lei lo sa con cosa combatto, ma ormai se ne frega. Forse ha ragione,<br />

non lo so, ma non avrei mai pensato che dopo tanti anni mi avrebbe<br />

abbandonato.<br />

Mi ha rovesciato tutto <strong>ad</strong>dosso: il mio male, la sua devozione, i suoi<br />

sacrifici, il peso delle responsabilità. Tutto vero. Ma io cosa ci posso fare?<br />

Non è colpa mia.<br />

“Perché?”, le ho chiesto.<br />

“Sto per sposarmi”, ha risposto. “Ho diritto anch’io a un po’ di vita”.<br />

“Alla tua età?”.<br />

Ero <strong>in</strong>credulo. E allora mi ha guardato con odio.<br />

“Ho vissuto f<strong>in</strong>ora <strong>in</strong> funzione di un depresso. Credi che mi possa<br />

bastare? Non ti accorgi che mi hai spenta, svuotata, angariata coi <strong>tuo</strong>i<br />

cont<strong>in</strong>ui ricatti?”.<br />

Ricatti? Ma quando mai? Richieste di aiuto, forse. Ma uno nelle mie<br />

condizioni non può <strong>esser</strong>e lasciato a se stesso.<br />

“E <strong>ad</strong>esso?”.<br />

“Ti troverò una struttura”, mi ha detto tranquilla, come se fosse normale,<br />

“ ti abituerai, non ti mancherà nulla”.<br />

Io sono qui, nella mia stanza, con la mia musica, le mie poesie e non<br />

riesco a pensare di <strong>esser</strong>e messo <strong>in</strong> mano a degli estranei, gente che non<br />

mi capisce, che non mi dà retta quando mi sento andare a fondo.<br />

Sarò solo uno da curare, da tener calmo, anzi sedato. Controllato.<br />

Che ho fatto per meritare questo?<br />

Sento di là Al<strong>in</strong>a con la televisione a tutto volume. E’ l’ora del mio caffè<br />

e della medic<strong>in</strong>a. Ma lei se la prende comoda. Mi toccherà andare <strong>in</strong><br />

cuc<strong>in</strong>a. La odio quella sfaticata.<br />

Fuori fa freddo. Potrei andare al bar per il mio caffè, ma non ho voglia di<br />

uscire, di camm<strong>in</strong>are tra la gente. Da quanto non esco? Da tanto tempo.


Prima uscivo con mamma, ma è morta. È Francesca la mia mamma<br />

<strong>ad</strong>esso.<br />

E anche lei se ne vuole andare. Forse dovrei lasciarla libera, forse ha<br />

ragione lei.<br />

Dalla f<strong>in</strong>estra vedo che c’è il sole. Basta aprirla. Morire <strong>in</strong> una giornata<br />

di sole è meglio. Le lascerò un biglietto: Perdonami Francesca, l’ho fatto<br />

per te.<br />

Francesca guarda il sole che splende di là dai vetri.<br />

Sp<strong>in</strong>ge lentamente la carrozz<strong>in</strong>a del fratello verso la porta.<br />

“Oggi è una bella giornata. Vogliamo andare fuori?”


LORENA LUSETTI<br />

La svolta<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a ha chiuso. Così, da un giorno<br />

all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili progetti futuri e le<br />

misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci separavano dalla<br />

pensione. Non è prudente, per una coppia, lavorare entrambi nello stesso<br />

posto, questo lo sanno anche i bamb<strong>in</strong>i. Ma noi è proprio lì che ci siamo<br />

conosciuti. Io lavoravo come impiegata all'ufficio amm<strong>in</strong>istrativo e tu eri<br />

<strong>ad</strong>detto al magazz<strong>in</strong>o. Ci <strong>in</strong>contravamo nella saletta ristoro. Un caffè oggi,<br />

una merend<strong>in</strong>a domani, parlando del più e del meno ci siamo accorti di<br />

avere molte cose <strong>in</strong> comune. La passione per il c<strong>in</strong>ema, per esempio. E poi<br />

il mare, la vela. Abbiamo scoperto di avere lo stesso sogno nel cassetto:<br />

comperare una barca e girare il mondo, <strong>in</strong> completa libertà, con l'orizzonte<br />

come unico conf<strong>in</strong>e. Roba potente condividere un sogno. La nostra è una<br />

storia molto semplice, comune, quasi banale. Come tante. Però eravamo<br />

così felici quando ci siamo baciati per la prima volta, mentre guardavamo<br />

un noiosissimo film <strong>in</strong> un c<strong>in</strong>ema d'essai. Lo so che succede a tutti, ma a<br />

noi sembrava di avere toccato il cielo con un dito quando abbiamo deciso<br />

di abitare assieme. Poi la ricerca della casa, il rogito, i mobili comperati a<br />

rate. Calcolammo che avremmo pagato rate f<strong>in</strong>o alla pensione, ma <strong>in</strong> quel<br />

momento ci ridemmo sopra. Era tanta la felicità, il futuro era r<strong>ad</strong>ioso,<br />

risplendeva con tutti i colori dell'arcobaleno davanti a noi. Poi arrivò<br />

Daniele. Lo abbiamo cercato, voluto <strong>in</strong>tensamente, e lui è arrivato a<br />

riempire la nostra vita di gioia e tenerezza. E spese. Perchè un bamb<strong>in</strong>o<br />

costa, ha bisogno di tante cose, e più cresce e più costa. Quando <strong>in</strong>izia <strong>ad</strong><br />

andare a scuola poi, non è che basta un qu<strong>ad</strong>erno e una matita. E le<br />

scarpe? Ma quante scarpe cambiano i bamb<strong>in</strong>i. Bisogna prendere quelle<br />

migliori, non vorrai fargli venire le gambe storte, vero? Poi gli sport, i corsi,<br />

le feste di compleanno. Naturalmente dovemmo prendere un'auto più<br />

grande. Altre rate, maggiore la spesa per riempire il serbatoio. Il conto <strong>in</strong><br />

banca com<strong>in</strong>ciò <strong>ad</strong> andare <strong>in</strong> rosso un mese sì e l'altro pure. Lavoravamo<br />

solo per pagare gli <strong>in</strong>teressi e le rate. Sempre <strong>sul</strong> filo del baratro. Però<br />

andavamo avanti. Era tutto calcolato al centesimo, potevamo farcela se<br />

cont<strong>in</strong>uava così. Ma nella vita le cose non vanno mai come decidiamo.<br />

Com<strong>in</strong>ciarono a girare delle voci di crisi all'<strong>in</strong>terno della società, però<br />

nessuno credeva che sarebbero arrivati a tanto. Una riduzione del<br />

personale, forse, o un trasferimento. Eravamo preparati a questo. Ma la<br />

chiusura no. Arrivò per lettera, un grigio matt<strong>in</strong>o d'<strong>in</strong>verno, perchè le brutte<br />

notizie arrivano sempre <strong>in</strong> giornate fredde e grigie. Ci guardavamo tutti <strong>in</strong><br />

faccia con espressioni attonite, troppo stupite per degenerare <strong>in</strong><br />

disperazione. Ci siamo <strong>in</strong>contrati, io e te, nella saletta ristoro, entrambi con


la nostra letter<strong>in</strong>a <strong>in</strong> mano. L'abbiamo letta, riletta, forse sperando di avere<br />

capito male, forse che quel l<strong>in</strong>guaggio <strong>in</strong> burocratese potesse nascondere<br />

qualcosa di diverso. La realtà era <strong>in</strong>vece molto semplice: cassa<br />

<strong>in</strong>tegrazione per tutti, poi il nulla. Ti sei accasciato su una sedia, la testa tra<br />

le mani, senza il coraggio di guardarmi <strong>in</strong> faccia.<br />

“Che fare <strong>ad</strong>esso? Cosa faremo? Il mu<strong>tuo</strong>, le rate dei mobili, dell'auto,<br />

come le pagheremo?”<br />

“Intanto abbiamo qualche mese ancora per pensare il da farsi. Non<br />

abbatterti, non serve a nessuno. Ne parleremo a casa”.<br />

Mi sono ritrovata a farti coraggio quando <strong>in</strong>vece avrei avuto voglia di<br />

<strong>esser</strong>e consolata a mia volta. Non potevo mostrarmi disperata, per te e per<br />

nostro figlio. La vita doveva pure cont<strong>in</strong>uare. Ci abbiamo pensato,<br />

ragionato, discusso. Abbiamo passato le serate a fare calcoli. Intanto il<br />

tempo è passato, ed è f<strong>in</strong>ita anche la cassa <strong>in</strong>tegrazione. Abbiamo venduto<br />

la macch<strong>in</strong>a, abbiamo disdetto l'iscrizione di Daniela al basket e alla<br />

pisc<strong>in</strong>a. Niente più vacanze, le spese ridotte all'osso. Non è bastato. Il<br />

mu<strong>tuo</strong> andava pagato, tutti i mesi, altrimenti ci saremmo ritrovati a dormire<br />

<strong>in</strong> tenda. Una sera ho preso il coraggio ed ho affrontato un discorso che<br />

non avresti mai voluto sentire.<br />

“E' arrivato il momento di prendere una decisione difficile. Lo so che non<br />

ne vuoi parlare, ma ci è rimasta solo questa possibilità”.<br />

Mi hai guardato stupito, facendo f<strong>in</strong>ta di non capire. Tocca sempre a me<br />

fare le parti difficili.<br />

“Lo sai di che cosa sto parlando. Tua zia sarebbe solo contenta se<br />

rilevassi la merceria. Vuole andare <strong>in</strong> pensione, e tu sei il suo unico nipote.<br />

Te lo ha detto tante volte, sta solo aspettando te”.<br />

Uno sguardo ironico, poi spaventato e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e arrabbiato. Hai passato<br />

tutta la gamma delle espressioni prima di diventare tutto rosso rispondermi<br />

“La merceria? Ma sei impazzita? Ma mi ci vedi dietro <strong>ad</strong> un banco a<br />

vendere calz<strong>in</strong>i e bottoni? Non fa per me, non lo posso proprio fare”<br />

“Ti ci vedo, e poi ci starò anch'io lì con te. E comunque non è più il<br />

momento delle scelte. Dobbiamo farlo, è l'unica possibilità che ci rimane.<br />

Se saltiamo un'altra rata del mu<strong>tuo</strong> dobbiamo tornare <strong>ad</strong> abitare ciascuno<br />

con i rispettivi genitori”<br />

“No, la merceria no, ti prego”.<br />

Non so se è stata la prospettiva di abitare con i <strong>tuo</strong>i, un briciolo di<br />

maturità, lo sf<strong>in</strong>imento, ma alla f<strong>in</strong>e hai accettato.<br />

“Va bene, telefonerò alla zia, le dirò che rileviamo la merceria. Tu però<br />

stammi vic<strong>in</strong>a”<br />

“Sono sempre qui, amore mio”<br />

E così sta per <strong>in</strong>iziare la nostra nuova vita. Un cambiamento grande, ma<br />

sono sicura che <strong>ad</strong>esso le cose andranno per il meglio. Ci sarà un periodo<br />

di affiancamento poi la zia andrà <strong>in</strong> pensione e rimarremo noi. Andrà tutto<br />

benissimo. Addio ai nostri sogni di girare il mondo <strong>in</strong> barca, <strong>ad</strong>dio ai f<strong>in</strong>e


settimana al mare. Dovremo lavorare di più, però saremo anche più<br />

tranquilli. Di sicuro nessuno ci licenzierà. La Nulla Spa sembra ormai un<br />

ricordo remoto, fa parte di una vita precedente. Tutto andrà bene perchè ci<br />

amiamo e siamo assieme nell'affrontare ogni problema. Il mese prossimo<br />

com<strong>in</strong>ceremo, ma prima ti ho preparato una sorpresa. Ho mandato Daniele<br />

dalla nonna, questa sera siamo solo tu ed io. Dobbiamo festeggiare la<br />

nostra nuova vita. Ho preparato una cenetta ricercata, ho messo il vestito<br />

elegante. Ho pers<strong>in</strong>o acceso le candele <strong>sul</strong>la tavola per creare<br />

un'atmosfera romantica. Sono felice, <strong>ad</strong>dirittura euforica. Ci siamo lasciati i<br />

problemi alle spalle, da <strong>ad</strong>esso <strong>in</strong> poi tutto andrà bene, me lo sento. Ho<br />

pers<strong>in</strong>o comperato un regalo. Per te, per noi due. Certo non è la barca a<br />

vela per girare il mondo, ma per quella c'è sempre tempo. Chissà, forse un<br />

giorno.. Per ora però possiamo almeno fare una vacanza. E' questo il<br />

regalo. Ho comperato due biglietti. Li ho messi <strong>in</strong> una busta rossa, al centro<br />

del tavolo. Sorrido pensando alla faccia che farai. Ti brilleranno gli occhi,<br />

come sono brillati a me quando li ho comperati. Sono gli ultimi soldi che ci<br />

rimangono, ma <strong>ad</strong>esso possiamo spenderli. Sorrido pensando a quanto<br />

sarai contento quando vedrai che ho acquistato i biglietti per<br />

un'<strong>in</strong>dimenticabile crociera <strong>sul</strong>la nave più bella che ci sia: la Costa<br />

Concordia.


FABRIZIO CORAZZA<br />

Io No<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione.<br />

Non che fosse lì lì dall'<strong>esser</strong>ci data, tutt'altro.<br />

Il Sirius Act aveva sancito, <strong>in</strong>nalzandola, l'età pensionabile delle<br />

persone.<br />

Per i componenti di sesso maschile (secondo i criteri dell'accordo<br />

qu<strong>ad</strong>ri-dimensionale) era fissata a 127 anni, per quelle di sesso femm<strong>in</strong>ile<br />

<strong>in</strong>vece era stata fermata a 120.<br />

Ne era seguita una lunghissima tornata di riunioni e discussioni su tutti i<br />

sistemi.<br />

Nelle Federazioni del nord, i componenti dei collegi del lavoro delle<br />

maggiori sigle corporative, si erano chiusi dentro stazioni orbitali autonome<br />

ed avevano m<strong>in</strong>acciato uno sciopero della fame <strong>ad</strong> oltranza.<br />

Protestavano contro l'<strong>in</strong>nalzamento <strong>in</strong>discrim<strong>in</strong>ato della soglia m<strong>in</strong>ima di<br />

accesso - <strong>in</strong> 10 anni l'età era cresciuta del dieci per cento sia per i maschi<br />

che per le femm<strong>in</strong>e - rivendicando il fatto che <strong>in</strong> molte galassie vic<strong>in</strong>e il<br />

diritto al sostentamento post-lavorativo, veniva maturato <strong>ad</strong> un'età <strong>in</strong>feriore.<br />

Come al solito, dopo mesi di chiacchiere, suddivisioni <strong>in</strong>terne, m<strong>in</strong>acce<br />

mai mantenute di suicidi di massa, scioperi <strong>in</strong>terstellari e mobilitazioni<br />

planetarie, tutto si risolse <strong>in</strong> un nulla di fatto. La situazione rimase immutata<br />

ed ancora una volta la lobby degli <strong>in</strong>dustriali, sempre vic<strong>in</strong>a a quella dei<br />

politici, aveva avuto la meglio.<br />

Vabbè, ho divagato, scusate.<br />

La nostra azienda, la Nulla S.p.a®, era un mondo a parte.<br />

I due capi Sergej Noth<strong>in</strong>g e Julio Nunca erano persone comprensive,<br />

elastiche e attente ai loro sottoposti. Non so dirvi perchè, ma era così. I<br />

miei amici si meravigliavano sempre quando raccontavo di come si stesse<br />

bene <strong>in</strong> azienda, del fatto che il clima era ottimo, che si poteva avere un<br />

dialogo reale coi capi. Loro, gli amici, mi guardavano ammutoliti, non ci<br />

credevano. “E' così, ve lo giuro” gli dicevo io! Il nostro bus<strong>in</strong>ess era<br />

semplice:<br />

Ai clienti proponevamo la dis<strong>in</strong>festazione della casa da “ospiti”<br />

<strong>in</strong>desiderati - perlopiù bioratti modificati e OldScum, le vecchie blatte<br />

d'appartamento- la sterilizzazione del rifugio ant<strong>in</strong>ucleare (per chi l'aveva)<br />

con lo stoccaggio dell'uranio impoverito usato per il riscaldamento e lo<br />

smaltimento delle scorie chimiche prodotte dai droni di servizio.


Il tutto a costo zero, nulla appunto.<br />

In realtà qualcosa chiedavamo: la concessione <strong>in</strong> esclusiva ventennale<br />

dell' uso del tetto dell'abitazione come spazio pubblicitario. E praticamente<br />

sempre chiudevamo l'accordo.<br />

Sergej e Julio sembravano dei pazzi quando giravano con il loro<br />

furgone, i primi erano ancora a ruote, e lavoravano un numero d'ore<br />

spropositato per ottenere quelle “licenze d'uso” che di fatto, all'<strong>in</strong>izio, erano<br />

<strong>in</strong>utili.<br />

Ma chi si sarebbe mai sognato di usare il tetto come spazio pubblicitario<br />

? Nessuno. Pensate che erano talmente bravi e orig<strong>in</strong>ali che si erano<br />

<strong>in</strong>ventati un tormentone, una specie di dialogo preparato che facevano tra<br />

di loro. Una sorta di gag nella quale presentavano <strong>in</strong> modo succ<strong>in</strong>to i loro<br />

servizi. Ho visto una versione registrata, faceva più o meno così:<br />

J - “Ehy Sergej, quanto ha lavorato oggi ?”<br />

S - “...ma non so esattamente, direi dodici ore. E tu Julio ?”<br />

J - “Si, anch'io circa dodici...più o meno. E quanto hai gu<strong>ad</strong>agnato<br />

Sergej?”<br />

S - “Gu<strong>ad</strong>agnato? Nulla! E tu?”<br />

J - “Anch'io... Nulla!”<br />

J e S (<strong>in</strong>sieme) “Nulla SPA per servirvi, ci facciamo un mazzo così....per<br />

un nonnulla!”<br />

Non chiedetemi perchè, ma funzionava. Ho visto dei vecchi video<br />

caricati <strong>sul</strong>l'Intranet aziendale e le facce dei clienti erano a dir poco<br />

<strong>in</strong>credule.<br />

“Ma come nulla? Chiedevano spesso – lavorate per niente?” Julio e<br />

Sergej spiegavano che il prezzo per i loro servizi sarebbe stata la<br />

concessione ventennale <strong>in</strong> esclusiva dell'utilizzo a scopi pubblicitari della<br />

superficie del tetto. “Naturalmente i cam<strong>in</strong>i, le antenne, le parabole e le<br />

f<strong>in</strong>estre che danno eventualmente <strong>sul</strong> tetto sono escluse, ci mancherebbe”.<br />

Li presero <strong>in</strong> giro per alcuni anni, ma loro non ci fecero caso e<br />

<strong>in</strong>vestirorno moltissimo tempo e denaro senza gu<strong>ad</strong>agnare davvero nulla.<br />

Poi, cambiò il vento.<br />

Il petrolio ed i suoi derivati si esaurirono, venne <strong>in</strong>ventata la propulsione<br />

aero-sostenuta e, come ben sapete, le str<strong>ad</strong>e si spostarono verso l'alto,<br />

nacquero le prime aerovie citt<strong>ad</strong><strong>in</strong>e, poi le aerostr<strong>ad</strong>e, gli aerodotti<br />

sopraelevati e tutto il resto che bene conosciamo.<br />

Serghej e Juan si ritrovarono con il 100% degli spazi pubblicitari<br />

praticamente a fianco delle nuove aerovie. Nel giro di pochi anni si<br />

ritrovarono monopolisti di tutta la publicità outdoor della città, avevano<br />

qualcosa come 18 milioni di metri qu<strong>ad</strong>rati a disposizione su cui <strong>in</strong>stallare<br />

cartellonistica, video, ologrammi <strong>ad</strong> espansione, acquisitori di targhe, <strong>letto</strong>ri


di ret<strong>in</strong>a, diffusori stereocontrollati. Insomma, potevano fare quel che<br />

volevano, a costo zero, rivendendo gli spazi alla cifra che volevano.<br />

Non avevano concorrenti.<br />

Furono anni pieni di soddisfazioni: i capi erano generosi, sapevano di<br />

potersi permettere qualsiasi cosa e non esitarono mai <strong>ad</strong> aiutare chi,<br />

dell'azienda, avesse bisogno. Non facevano regali, ma premiavano<br />

l'impegno e la dedizione alla causa. Ed a f<strong>in</strong>e anno c'era sempre un<br />

riconoscimento.<br />

Erano attenti ai nostri giudizi, alle nostre op<strong>in</strong>ioni, alle nostre esigenze.<br />

Spesso, riferendosi a loro stessi, dicevano che <strong>in</strong> azienda c'era già chi<br />

aveva lavorato dieci anni senza gu<strong>ad</strong>agnare NULLA, ora noi dovevamo<br />

pensare al nostro futuro ed era giusto che ci venisse riconosciuto un<br />

aumento se ce lo fossimo meritato.<br />

Andò bene per una sette-otto anni, poi com<strong>in</strong>ciò il decl<strong>in</strong>o. perchè <strong>in</strong><br />

questo mondo c'è sempre un decl<strong>in</strong>o, anche per i giusti.<br />

Arrivò lei, sapete di chi parlo no ? Parlo della signor<strong>in</strong>a Ridi-che-tipassa,<br />

come la chiamavamo noi <strong>in</strong> azienda. Dopo che fu eletta capo della<br />

neofita corporazione dei legali <strong>in</strong>iziò a presentare proposte su proposte che<br />

abolissero il sistema promozionale Outdoor nella modalità Display e<br />

Olograms, <strong>in</strong> pratica andando <strong>ad</strong> attaccare il core bus<strong>in</strong>ess della Nulla Spa.<br />

Disse che erano modalità pericolose per l'aerotrasporto, dimostrò non<br />

so come, che <strong>in</strong> base <strong>ad</strong> una ricerca commissionata dalla sua corporazione<br />

<strong>ad</strong> una società specializzata,<br />

i video 3D erano stati la causa di morti e <strong>in</strong>cidenti e che, di<br />

conseguenza, erano assolutamente da abolire.<br />

Conv<strong>in</strong>se il m<strong>in</strong>istro dei trasporti della bontà della sua tesi e questi,<br />

probabilmente <strong>in</strong>coraggiato da qualche “concessione” ludica (sapete di<br />

cosa parlo no ? Si, del lavoro più vecchio del mondo, pare che Ridi-che-tipassa<br />

apprezzasse molto la compagnia maschile e questo agevolava l'iter<br />

delle sue richieste...), abolì le forme pubblicitarie <strong>in</strong>crim<strong>in</strong>ate.<br />

I miei capi provarono a protestare, ma il fatto di <strong>esser</strong>e monopolisti era<br />

anche uno svantaggio: con chi ti allei se non hai concorrenti? Che tipo di<br />

mobilitazione puoi organizzare? Sergej e Julio non godevano di nessun<br />

appoggio corporativo. Si erano sempre rifiutati di <strong>ad</strong>erire a questa o quella<br />

sigla, ritenevano che fossero organizzazioni perlopiù di comodo e non utili<br />

al miglioramento del mondo lavorativo.<br />

Secondo loro servivano più che altro a piazzare qualche amico di<br />

amico, o figlio o parente e generare posti di lavoro <strong>in</strong>utili. Ed ora che il loro<br />

bus<strong>in</strong>ess stava andando a rotoli non sapevano a che santo votarsi...e noi<br />

con loro.<br />

E non sono servite a nulla scioperi della fame, la dimostrazione che<br />

senza stipendio noi dipendenti non saremmo potuti andare avanti, non


avremmo onorato i debiti, non saremmo riusciti a mandare i bamb<strong>in</strong>i a<br />

scuola ed avremmo pers<strong>in</strong>o fatto fatica a far la spesa. Tutte queste cose<br />

non sono valse a nulla.<br />

E non sono nemmeno serviti, purtroppo, i messaggi di solidarietà che ci<br />

hanno mandato molti colleghi di altre aziende che sono passate da questa<br />

situazione prima di noi. Alcune, fortuna loro, sono state “salvate” perchè<br />

qualche <strong>in</strong>dustriale potente e ben <strong>in</strong>trodotto aveva un <strong>in</strong>teresse diretto.<br />

Ad esempio la AeroFly, la società pubblica di trasporti, <strong>in</strong> rosso da tutte<br />

le parti, è stata salvata perchè il fidanzato di Ridichetipassa c'aveva<br />

<strong>in</strong>vestito fior di quattr<strong>in</strong>i. Credevate che non lo sapessimo come funzionano<br />

le cose? C'era la volontà di salvarla e così è stato.<br />

perchè La Nulla Spa no? perchè non è stata salvata la nostra azienda,<br />

una società modello <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tonia con i dipendenti, moderna e florida?<br />

Ve lo dico io il perchè: Il sistema ci ha puniti.<br />

Sergej e Juan hanno sempre lavorato seriamente, pagando tutte le<br />

tasse che annualmente gravavano <strong>sul</strong>l'azienda. Non sono mai scesi a<br />

compromessi, non hanno mai accettato di vendere una parte della<br />

loro...della nostra società perchè, ci dicevano “se entrano i colletti bianchi<br />

con le loro Stock Option, la NULLA f<strong>in</strong>isce...<strong>in</strong> nulla”.<br />

Ed avevano ragione. Erano troppo corretti e troppo <strong>in</strong> vista. Un sistema<br />

corrotto può tollerare l'eccezione, ma deve garantirsi che questa non sia<br />

troppo visibile.<br />

Invece la Nulla lo era, cazzo se lo era.<br />

Quando s<strong>in</strong>tonizzavamo tutti gli spazi pubblicitari posti <strong>in</strong> giro per la città<br />

aff<strong>in</strong>chè gli olograms e i display tramett<strong>esser</strong>o contemporaneamente la<br />

stessa sequenza, ecco che BUM!, la NULLA diventava il media più potente<br />

di tutti, diceva quel che gli altri mezzi di comunicazione non dicevano,<br />

perchè lo sappiamo tutti che l'<strong>in</strong>formazione è pilotata, lo sapete anche voi<br />

no?<br />

Vi ricordate quando abbiamo messo on-air il video di quel giocatore che<br />

vendeva le partite? O di quella volta che, unici, abbiamo fatto vedere il<br />

video del m<strong>in</strong>istro bigotto che rimorchiava una m<strong>in</strong>orenne <strong>in</strong> zona stazione.<br />

Oppure di quando abbiamo fatto sentire a tutta città l'audio della<br />

chiacchierata tra il boss dei Saturniani e il capo dei servizi segreti spaziali,<br />

quando si accordavano per una partita di armi da rivendere nella galassia<br />

di Andromeda.<br />

Se quel modello avesse preso piede anche <strong>in</strong> altre regioni e <strong>in</strong> altri<br />

sistemi allora sarebbe stata la rov<strong>in</strong>a per la classe dirigente, i partiti e le<br />

corporazioni.<br />

Non potevano permetterlo e non l'hanno permesso, davamo fastidio e ci<br />

hanno elim<strong>in</strong>ato.<br />

Ecco perchè, signor giudice, ho ammazzato Ridi-che-ti-passa. perchè<br />

Juan e Sergej erano brave persone, ma io no.


ANNAMARIA SANGUIGNI<br />

Milano<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a. ha chiuso. Così da un giorno<br />

all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili progetti futuri e le<br />

misere programmazioni spazio temporali che ci separavano dalla pensione.<br />

Pensare che quando questi capannoni fiorirono come funghi nel territorio<br />

paludoso della bonifica, tutti a guardarli di traverso, quasi come una<br />

contam<strong>in</strong>azione.<br />

Laggiù le donne lavoravano solo <strong>in</strong> casa. Lenzuola ricamate per il<br />

corredo, per le figlie, per i bamb<strong>in</strong>i che sarebbero nati, per la tovaglia del<br />

battesimo o della Prima Comunione. Tende all’unc<strong>in</strong>etto, asciugamani con<br />

l’orlo a giorno, centr<strong>in</strong>i per le bomboniere.<br />

Tagliare, cucire, preparare il sugo. Pulire le verdure, risciacquare i<br />

panni, tirare su le coperte, fare la puntura alla zia, cuocere la marmellata,<br />

sbattere i tappeti, confezionare un maglione.<br />

Lavoravano fuori casa le mogli dei pescatori che la matt<strong>in</strong>a arrivavano al<br />

mercato con le spaselle piene di pesci e, schiamazzando come solo le<br />

pescivendole sanno fare, cercavano di vendere tutto.<br />

Lavoravano fuori casa le <strong>in</strong>segnanti.<br />

Ad un certo punto l’Italia fu <strong>in</strong>vestita dal BOOM!<br />

Nei prati lungo il fiume densi di canneti, sorsero <strong>in</strong> pochi mesi delle<br />

fabbriche.<br />

Si sparse la voce che si confezionavano calze e che avrebbero assunto<br />

solo mano d’opera femm<strong>in</strong>ile.<br />

Inaspettatamente, non si sa come, un universo di donne sciamò fuori<br />

dalle case e volò verso i capannoni di cemento grigio che si mischiavano ai<br />

campi di girasoli e barbabietole.<br />

Pensieri di progresso com<strong>in</strong>ciavano a farsi str<strong>ad</strong>a nei cuori, tutti rivolti<br />

f<strong>in</strong>’ora alla famiglia.<br />

Quei soldi a f<strong>in</strong>e mese brillavano nelle mani come un tesoro! Un<br />

appagamento sconosciuto che riempiva l’anima. Piccoli libretti di risparmio<br />

si nutrivano di piccole somme, preziose come l’oro. Gli scampoli di piquet,<br />

di c<strong>ad</strong>y di taffetà, si vendevano allegramente. Quelle mani che ora<br />

producevano ricchezza erano ancora abili e pronte per realizzare ciò che<br />

era stato loro <strong>in</strong>segnato.<br />

Mio p<strong>ad</strong>re non fu per niente contento di queste novità. Veniva messa <strong>in</strong><br />

dubbio la sua capacità di mantenerci, ma poi si rassegnò a vedermi partire<br />

per Milano, dove la direzione <strong>ad</strong> alcune di noi avrebbe impartito un corso di<br />

formazione.<br />

M<strong>IL</strong>ANO! Una metropoli affasc<strong>in</strong>ante per una che arrivava dalla<br />

prov<strong>in</strong>cia. Appena ebbi la possibilità, andai a cercare Via Gluck. Celentano


ci aveva cantato come la città possa <strong>in</strong>ghiottire e <strong>in</strong>aridire, ma a me<br />

piaceva tutto.<br />

I tram sferraglianti, il Duomo che saliva verso il cielo, la Galleria con<br />

gente frenetica che attivamente si muoveva. La grande pasticceria della<br />

Motta, la R<strong>in</strong>ascente con sei piani, le scale mobili e il luccichio del lusso, e<br />

gente che andava, che saliva, che scendeva, che sapeva muoversi con<br />

scioltezza <strong>in</strong> quella città piena di energia.<br />

La Bovisa, dove stavamo noi, era scura e affumicata e la Fabbrica era<br />

squ<strong>ad</strong>rata e di mattoni con lunghe vetrate. Gli operai e le impiegate del<br />

posto erano emancipate e risolute.<br />

Fu un po’ dura a dire il vero. Là, di pizzi e merletti e maglionc<strong>in</strong>i fatti a<br />

mano con i ferri n.3 non si poteva neanche accennare. E poi, il capo!<br />

Era nato nel profondo Sud, ma cresciuto là ed era diventato quello che i<br />

milanesi non erano: feroce e gelido.<br />

Quanti pianti per quell’uomo moro, dagli occhi lunghi che f<strong>in</strong>almente un<br />

giorno mi allungò un fazzo<strong>letto</strong> e mi disse “ Imparerai”<br />

Mi si squarciò un sipario, com<strong>in</strong>ciai a respirare profondamente e a testa<br />

bassa ci provai con tutte le mie forze a diventare grande e forte.<br />

Le Sirene tentatrici facevano sentire la loro voce. Mio p<strong>ad</strong>re mi<br />

proponeva un giorno si e un giorno no di venire a riprendermi.<br />

Umiliata e offesa più da questo affetto che <strong>in</strong>catenava, che dagli ostacoli<br />

che dovevo superare, str<strong>in</strong>si i denti e non tornai <strong>in</strong>dietro.<br />

La vita è piena di str<strong>ad</strong>e pericolose, allettanti piene di miraggi o di facili<br />

scorciatoie. Ne ho provate tante, ma quella di allora mi aprì al mondo e mi<br />

<strong>in</strong>segnò <strong>ad</strong> affrontarlo.<br />

Ed ora? Tutto f<strong>in</strong>iva così da un giorno all’altro e le speranze e i progetti<br />

che quelle donne avevano per la prima volta pensato da sole, con la<br />

fantasia e la contentezza di un futuro costruito <strong>in</strong> proprio ,tutto ciò si<br />

afflosciava come una vela che il vento aveva fatto volare e che un’avaria<br />

improvvisa affondava come un fuscello. Nulla era il nome che le aveva<br />

trasportate <strong>in</strong> quella realtà di lavoro e gratificazioni <strong>in</strong>aspettate e il nulla<br />

sarebbe tornato a riempire le giornate senza quei piccoli passi che avevano<br />

portato a traguardi e vittorie conquistate. Nulla però sarà come prima, le<br />

<strong>in</strong>sicurezze e gli stereotipi di una volta , le tr<strong>ad</strong>izioni culturali non potranno<br />

più <strong>in</strong>fluenzare <strong>in</strong>tere generazioni. Il lavoro ha cambiato moltissime donne e<br />

i bisogni più autentici di libertà e gratificazione fanno ormai parte di tutti noi.<br />

Nella vita acc<strong>ad</strong>ono storie magnifiche a fatti desolanti, ma se il coraggio di<br />

non mollare sarà tenace,potrà acc<strong>ad</strong>ere che queste storie torneranno a<br />

rifiorire e risorgere dalle ceneri.


MARIA ELISABETTA MANCINI<br />

Bilanci <strong>in</strong> chiusura<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione.<br />

Che poi la parola pensione a me non è mai andata giù.<br />

Sa di vecchiaia. Di immobilità. Di stanchezza. Di giornate vuote da<br />

riempire.<br />

Io, che le ore non mi bastavano per fare le cose necessarie e così le<br />

riempivo anche di quelle superflue, gareggiando con le mie energie,<br />

mettendomi alla prova cont<strong>in</strong>uamente.<br />

Efficienza, puntualità, precisione.<br />

Richieste a chi mi stava accanto. Obbligatorie per me stessa.<br />

Così Giorgio se n’è andato dopo pochi anni di matrimonio, lasciandomi<br />

un bimbo da crescere, il mu<strong>tuo</strong> da pagare e la mia <strong>in</strong>tatta creatività.<br />

Enzo ha, poi, raccolto i cocci.<br />

Pazzo di una donna bella, attiva e determ<strong>in</strong>ata ha saputo amare di me<br />

contr<strong>ad</strong>dizioni, sbalzi d’umore e impulsività.<br />

Impulsività: contrario di capacità di riflettere.<br />

Costante della mia vita. In gr<strong>ad</strong>o di annientare ogni pensiero prima dell’<br />

azione, generandone mille solo un attimo dopo.<br />

A seguire, ogni volta: rammarico, vuoto allo stomaco, voglia di<br />

rimediare.<br />

Accanto a me vedevo un mondo di superficialità. Intesa nel senso di chi<br />

non va al nocciolo delle questioni (per me fondamentale)<br />

Superficialità associata a scarsa <strong>in</strong>telligenza, a poca “cultura” della vita,<br />

a mancanza di strumenti per navigare?<br />

Da giovane la pensavo così.<br />

Ora, la reputo una scelta scaltra di chi, mantenendo le distanze dai<br />

problemi grandi e piccoli, salvaguarda se stesso.<br />

Tanti i tentativi per cambiare il mio stile di approccio alla vita.<br />

Ancora ci provo, vic<strong>in</strong>o ai sessanta.<br />

- Sei fatta così, non cambierai mai. E io ti amo per questo.<br />

Tra le braccia di Enzo, <strong>sul</strong> divano piuttosto che sotto le lenzuola, su una<br />

panch<strong>in</strong>a o <strong>in</strong> auto, queste le parole che mi hanno accompagnato per anni.<br />

Il mio compagno : un porto sicuro, una luce sempre accesa.<br />

Anche ora sono seduta su una panch<strong>in</strong>a. Il fumo bianco che esce dalla<br />

mia bocca, testimone di una gelida matt<strong>in</strong>a di gennaio, si mescola a quello


della sigaretta. La qu<strong>in</strong>ta e non sono le nove. Dopo il br<strong>in</strong>disi del primo<br />

dell’anno avevo deciso di smettere.<br />

Adesso non se ne parla proprio.<br />

Tiro su col naso.<br />

Freddo o c’entra quel nodo alla gola che da ieri non mi abbandona?<br />

Coi guanti fatico <strong>ad</strong> aprire la busta <strong>in</strong>filata <strong>in</strong> tasca rapidamente prima di<br />

uscire, stamani.<br />

La ditta da oggi chiude. Tutti a spasso. Arrivederci e grazie.<br />

Non un fulm<strong>in</strong>e a ciel sereno. Stupido affermare che non fosse nell’aria.<br />

Ora, però, una certezza<br />

Riunioni s<strong>in</strong>dacali. Assemblee e comunicati. La possibilità di <strong>esser</strong>e<br />

assorbiti da altri. Una forte preoccupazione ai vertici dell’azienda, la<br />

disperazione negli occhi di operai e impiegati, giovani e vecchi.<br />

La vecchiaia.<br />

Ho litigato spesso anche col tempo. Ma non l’ho mai spuntata.<br />

Già ai tempi dell’Università dispensavo consigli alle amiche maturande.<br />

- Quando avrai la mia età…<br />

Mi usciva spesso questa frase.<br />

Frutto di un’educazione rigida, fondata <strong>sul</strong>la trasmissione di un forte<br />

senso di responsabilità?<br />

Quello che mio figlio e credo molti della sua generazione hanno<br />

conosciuto poco per non dire affatto.<br />

La mia clessidra la ricordo lenta f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e del liceo, quando la voglia<br />

di crescere ed <strong>esser</strong>e <strong>in</strong>dipendente era grande.<br />

Poi la sabbia colorata ha com<strong>in</strong>ciato a scorrere rapida.<br />

Ho tentato allora di appesantirne i movimenti riempiendo le giornate al<br />

massimo.<br />

Rivisitare con la mente le cose fatte <strong>in</strong> un’ora, un mese, un anno:<br />

gratificazione importante.<br />

Fissarne i prodotti, lasciandone testimonianza: una necessità vitale.<br />

Come se avessi già pronto da mostrare a un ipotetico Creatore, quanto<br />

realizzato nella mia vita.<br />

Poi il tempo ha <strong>in</strong>iziato <strong>ad</strong> avvic<strong>in</strong>arsi al mio corpo.<br />

Ed ecco <strong>in</strong>iziata una sfida a due.<br />

Palestra, creme, diete per non farsi “acchiappare”.<br />

Inf<strong>in</strong>e il vecchio dalla barba bianca ha cercato di colonizzare la mia<br />

mente.<br />

Libri, conferenze, dibattiti f<strong>in</strong>o alla seconda laurea, conquistata<br />

studiando anche di notte.<br />

La lotta cont<strong>in</strong>uava su entrambi i versanti.<br />

Ri<strong>sul</strong>tati alterni ma soddisfacenti, direbbe una mia prof. del liceo.<br />

L’importante è non arrendersi. Mai.<br />

La lettera torna nella busta e le mie mani nelle tasche.


Uscita da casa come ogni matt<strong>in</strong>a, stessa ora, stesso autobus, sono<br />

scesa però <strong>in</strong> pieno centro.<br />

Un caffè per gustare meglio la prima Marlboro.<br />

E ora le sbarre della panch<strong>in</strong>a, per la prima volta mi appaiono dure.<br />

La scomodità oggi è <strong>in</strong> perfetta s<strong>in</strong>tonia con la gravità dei miei pensieri.<br />

Ieri, la seduta avvolgeva magicamente i corpi di due <strong>in</strong>namorati, mentre<br />

il busto di Cavour, fermo nel centro del giard<strong>in</strong>o, ascoltava i loro, i nostri<br />

progetti per il futuro.<br />

Quel futuro oggi è diventato presente.<br />

A dire il vero, Enzo ed io abbiamo sempre vissuto un giorno per l’altro,<br />

lasciando<br />

le rigide programmazioni agli uffici del personale.<br />

Ferie sempre all’ultimo, guidati dall’ispirazione del momento.<br />

Acquisti se ne avevamo voglia.<br />

Certo, dalla nostra avevamo una certa tranquillità economica.<br />

Un figlio l’avevamo già. Enzo era stato un p<strong>ad</strong>re per Giacomo da<br />

subito.<br />

Il secondo non è arrivato, ma lui non ne ha mai fatto un dramma.<br />

Camperemo bene anche con uno stipendio solo, ne sono certa.<br />

La mia liquidazione arriverà. Basterà pazientare. Casa di proprietà.<br />

Giacomo ha già la sua, un lavoro avviato, una famiglia che sta<br />

nascendo su solide basi.<br />

Rivedo le lacrime della mia segretaria.<br />

La sua disperazione era tangibile. Bimbi piccoli, mu<strong>tuo</strong>, bollette. Urgente<br />

un nuovo lavoro.<br />

Per me, ormai a f<strong>in</strong>e corsa, impensabile riciclarsi.<br />

Grande esperienza più c<strong>in</strong>quantac<strong>in</strong>que anni all’anagrafe, uguale :<br />

impossibilità totale di assunzione.<br />

L’ansia mi prende..<br />

Una posizione di prestigio la mia. Riconosciute capacità organizzative.<br />

Grandi responsabilità e <strong>ad</strong>eguate soddisfazioni. Un ufficio grande. Una<br />

f<strong>in</strong>estra <strong>sul</strong>la piazza.<br />

Respiro profondamente e l’aria gelida scende f<strong>in</strong>o allo stomaco.<br />

Una vibrazione, poi uno squillo. Il cellulare.<br />

Avvic<strong>in</strong>o il telefono all’orecchio, poi rifiuto la chiamata. Enzo.<br />

Lui non sa niente della chiusura della ditta. Da mesi non ho fatto parola<br />

della questione.<br />

Per non appesantirlo coi miei problemi? Per <strong>in</strong>capacità a tollerare alcun<br />

segno di compatimento? Per paura che ritenesse eccessiva la mia<br />

disperazione?<br />

O perché non ho mai sopportato dipendere da nessuno?<br />

La testa scoppia. Il freddo e le sigarette peggiorano la situazione.<br />

Non ho voluto condividere con lui quella pena che da subito mi ha <strong>letto</strong><br />

negli occhi.


Abile conoscitore di ogni mia sfumatura, ha rispettato la mia volontà di<br />

tacergli.<br />

Sulla porta stamatt<strong>in</strong>a il bacio di sempre aveva un sapore amaro.<br />

Una m<strong>in</strong>igonna su due gambe lunghe, mi passa davanti veloce.<br />

Una ragazz<strong>in</strong>a lei, una signora non più giovane, io.<br />

Trenta, quarant’anni di differenza. Reali. Molti meno, nella mia attuale<br />

percezione.<br />

Una percezione che mi parla della voglia di conoscere ancora persone,<br />

luoghi e situazioni. Di costruire con le mani e con la mente. Di confrontare i<br />

pensieri. Di contrarre i muscoli del mio corpo. Di far vibrare le corde vocali<br />

per una poesia o una canzone.<br />

Di vivere.<br />

Il ritmo del mio cuore, prima accelerato ora si è fatto più tranquillo,<br />

mentre abbandono la schiena <strong>sul</strong>la panch<strong>in</strong>a.<br />

Cerco il pacchetto di sigarette nella borsa e <strong>in</strong>contro il telefono. Lo<br />

str<strong>in</strong>go. E’ freddo quanto le mie mani. Fisso un piccione che si è posato <strong>sul</strong><br />

busto di Cavour.<br />

Poi, sorridendo premo un tasto <strong>sul</strong>la rubrica del telefono.<br />

- Amore, stasera vengo a prenderti <strong>in</strong> studio. Ho tante cose da dirti.


PAOLO ZAMPARINI<br />

La valigia e lo specchio.<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente. Ho <strong>letto</strong> che le persone, tutte le persone,<br />

hanno un punto di rottura nel loro equilibrio emotivo. Anche le cosiddette<br />

persone forti, <strong>ad</strong> un certo momento, smettono di guardarsi attorno, poi, più<br />

o meno lentamente, si accartocciano su se stesse, non è che si chiudano,<br />

proprio si accartocciano come facciamo noi con la doppia o tripla carta che<br />

avvolge i tranci delle pizze ustionanti di Altero. E la carta, unta, umida per il<br />

pomodoro che non ha mai smesso di sgocciolare, viene gettata nei rifiuti.<br />

Per molti giorni mi sono sentita come quel pezzo di carta nel cest<strong>in</strong>o.<br />

Eppure cerco ancora di capire quale è stato il mio punto di rottura, il<br />

momento <strong>in</strong> cui ho capito che sarei stata pronta a qualsiasi cosa a qualsiasi<br />

prezzo. Ma non è facile. Francesca voleva vendicarsi? Allora c’è riuscita <strong>in</strong><br />

pieno. Voleva farmi perdere il controllo della situazione? Devo dire che le è<br />

riuscito anche questo, ma non del tutto. Enrico mi ha tenuto al telefono per<br />

più di un’ora. Lui non sapeva niente. E perché avrei dovuto dirglielo? Il<br />

nostro rapporto era basato non tanto e non solo su una reciproca fiducia,<br />

ma su una sorta di piccole e cont<strong>in</strong>ue complicità, su piccoli segreti<br />

reciproci, che magari potevano <strong>esser</strong>e giudicati come spazi che non<br />

dovevano venire <strong>in</strong>vasi. Andava bene così <strong>ad</strong> entrambi. Ma dopo quella<br />

lunghissima ora al telefono Enrico mi ha detto che per lui quello che aveva<br />

saputo da Francesca era troppo. Voleva rimanere solo un po’ per una<br />

pausa di riflessione. Mi avrebbe richiamata lui. Un attimo prima che<br />

riagganciasse il telefono ho sentito un s<strong>in</strong>ghiozzo strozzato. Francesca<br />

aveva ottenuto un doppio ri<strong>sul</strong>tato. E’ riuscita a rov<strong>in</strong>are la vita di due<br />

persone. Sono due mesi che non sento nessuno degli amici bolognesi.<br />

Nessuno mi cerca ed io non cerco loro. Al matt<strong>in</strong>o v<strong>ad</strong>o a vedere il mare.<br />

Una volta mi piaceva passeggiare dopo una mareggiata. Sulla riva si<br />

potevano trovare brandelli di vite altrui: bottiglie di whisky vuote, pezzi di<br />

bambole, vecchi jeans ed altre cose abbandonate o c<strong>ad</strong>ute da navi di<br />

passaggio. Ieri matt<strong>in</strong>a le onde hanno lasciato <strong>sul</strong>la riva una valigia chiusa.<br />

Mi sono avvic<strong>in</strong>ata, l’ho toccata con un piede. Non sembrava pesante. Mi<br />

ha fatto paura. Avrei voluto aprirla. Sono scappata di corsa. E se quella<br />

valigia avesse contenuto la storia della mia vita? Ma scritta da chi? Se io<br />

fossi veramente, come crede Francesca, dovrei fare una bella pulizia. I suoi


soldi? Certo che li prendevo. E li spendevo anche volentieri. Ma non mi era<br />

mai venuto il dubbio che me lo avrebbe r<strong>in</strong>facciato <strong>in</strong> quel modo.<br />

Il bilocale arredato? Ci abitavo io, ma l’affitto lo pagava lei. E allora?<br />

Era stata lei <strong>ad</strong> <strong>in</strong>sistere due anni fa perché mi ci sistemassi. “Solo per un<br />

po’ - aveva detto - F<strong>in</strong>o a che non trovi di meglio”. I soldi non le sono mai<br />

mancati. Anzi, con la morte del marito, dopo la lettura del testamento che la<br />

<strong>in</strong>dicava come unica erede di tutto il patrimonio, quello che spendeva ogni<br />

mese per mantenermi erano veramente briciole di briciole di briciole. Al<br />

matt<strong>in</strong>o presto, ( almeno due volte alla settimana si fermava a dormire da<br />

me) eravamo ancora a <strong>letto</strong>, mi si avvic<strong>in</strong>ava da dietro e mi abbracciava<br />

senza str<strong>in</strong>gere troppo per non svegliarmi. Lei credeva dormissi. Diceva di<br />

amarmi, diceva che avrebbe fatto qualunque cosa per farmi felice. Lo<br />

diceva sottovoce. Ripensandoci forse parlava con se stessa, chissà.<br />

Non parlo molto. Preferisco ascoltare, capire il punto di vista degli<br />

altri. Ascolto, ma non giudico, non perdono, non assolvo, non faccio<br />

domande. Ascolto e basta. Se mi chiedono un’op<strong>in</strong>ione personale, rispondo<br />

con un’altra domanda, non per cambiare discorso, lo faccio per lasciare<br />

altro spazio a chi mi conosce, a chi mi cerca. Mi sembra di aiutare gli altri a<br />

conoscere meglio loro stessi. Non ricordo una sola volta <strong>in</strong> cui abbia detto<br />

“l’ultima parola” su un argomento. Ma tutto questo mio modo di fare non<br />

l’ho mai considerato come una maschera, come una struttura mentale che<br />

mi sono creata artificiosamente, e neppure come una difesa. Anzi quando<br />

non potevo non rispondere a domande precise, la risposta era un “sì”<br />

oppure un “no” senza “forse”, senza “non saprei”.<br />

Questa matt<strong>in</strong>a sono tornata <strong>sul</strong>la spiaggia, avevo con me un paio di<br />

guanti da lavoro ed un grosso paio di forbici. Volevo aprire quella valigia ,<br />

magari scard<strong>in</strong>ando le chiusure oppure tagliandone dei pezzi. Avevo anche<br />

vagheggiato <strong>sul</strong> ritrovamento di un qualche diario o di altre cose che mi<br />

servissero a riflettere meglio. La valigia era scomparsa. Non credo sia<br />

stata riportata al largo dalla corrente , poi qui a Rim<strong>in</strong>i l’altezza della marea<br />

è m<strong>in</strong>imo. C’è stata un’altra persona più coraggiosa di me. So che non ci si<br />

deve fissare su certe cose, eppure ci sono rimasta male. Ma quella valigia<br />

non mi apparteneva, punto e basta. Come io non appartenevo a<br />

Francesca.<br />

Quando facevo le superiori a Bologna l’<strong>in</strong>segnante di diritto, parlando di<br />

ritrovamenti <strong>sul</strong>la terra ferma di materiali c<strong>ad</strong>uti dalle navi o persi a causa di<br />

naufragi, <strong>in</strong>sisteva molto <strong>sul</strong>la caratteristica di quei beni perduti. Si trattava<br />

di “res nullius”, espressione lat<strong>in</strong>a che vuol semplicemente <strong>in</strong>dicare cose<br />

che non appartenevano più a nessuno, per cui chi li avesse trovati ne<br />

diventava il legittimo proprietario. Io non ci ho mai creduto, ma per la mia<br />

timidezza non azzardavo mettere <strong>in</strong> discussione la questione con domande<br />

o con obiezioni. Mi viene da sorridere. Non ci credo neanche <strong>ad</strong>esso che<br />

mi avvic<strong>in</strong>o ai miei primi “anta”. Anzi, penso che se <strong>sul</strong>la spiaggia di Rim<strong>in</strong>i


si arenasse del materiale r<strong>ad</strong>ioattivo vorrei proprio vedere se quel materiale<br />

rimarrebbe nelle mani di chi l’aveva trovato.<br />

Mi stupisco di questi buffi pensieri a ruota libera. Cont<strong>in</strong>uo a sorridere.<br />

Mi sento molto leggera. Non escludo che l’aria pura carica di iodio e di<br />

ossigeno della costa romagnola giochi la sua parte.<br />

Ora sono circa le 23,30, la casa che mi ha prestato un amico è nel più<br />

totale silenzio. Nessun rumore dalla str<strong>ad</strong>a. Se mi fermo, <strong>in</strong> piedi al centro<br />

del salone, se mi concentro, riesco a sentire il suono del faro: due segnali<br />

lunghi. C’è spesso nebbia <strong>in</strong> questa stagione. Ho appena f<strong>in</strong>ito di sistemare<br />

il grande specchio che ho acquistato due giorni fa al mercat<strong>in</strong>o delle cose<br />

usate. E’ bellissimo, grande tanto che posso specchiarmi dalla testa ai<br />

piedi. Non è di quelli tipo “unghia”, anzi ha una larghezza di almeno 80 cm.<br />

Poi è montato su ruote e posso spostarlo quando e come voglio.<br />

Ho imparato a giocarci: mi allontano, poi lentamente, molto<br />

lentamente mi ci avvic<strong>in</strong>o, poi torno <strong>ad</strong> allontanarmi. Mi sono anche<br />

procurata delle candele così la mia immag<strong>in</strong>e sembra ondeggiare. La mia<br />

figura mi viene <strong>in</strong>contro, mi piaccio, mi vien voglia di spogliarmi, guardarmi i<br />

seni, accarezzarli. Poi mi volto, ma solo con il capo, così osservo i miei<br />

fianchi, la curva del bac<strong>in</strong>o… Cont<strong>in</strong>uo <strong>ad</strong> avvic<strong>in</strong>armi f<strong>in</strong>o a vedere solo il<br />

mio volto, sempre più vic<strong>in</strong>o f<strong>in</strong>o a vedere l’iride dei miei occhi che sono<br />

verdi ma, quando c è molta diventano così chiari f<strong>in</strong>o a sfiorare il grigio.<br />

Francesca diceva che ero figlia di un husky e che non riusciva a reggere il<br />

mio sguardo a lungo. Mi guardo e mi vedo. Mi vedo e mi dico che non mi<br />

sento responsabile della sofferenza di Francesca e neppure di quella di<br />

Enrico.<br />

Tutti e due si sono creati un’op<strong>in</strong>ione su di me che lentamente è giunta<br />

quasi a cristallizzarsi. Mi vedono <strong>in</strong> un certo modo, e non è certo il modo <strong>in</strong><br />

cui voglio venire considerata, anzi mi vedono <strong>in</strong> due modi diametralmente<br />

opposti. Tutto qui. Poi, quando hanno preteso che l’immag<strong>in</strong>e che si erano<br />

fatti di me corrispondesse alla realtà, quando, alla prova dei fatti, hanno<br />

realizzato di <strong>esser</strong>si sbagliati, <strong>in</strong>vece di prendersela con loro stessi ed<br />

ammettere il loro errore, cosa hanno concluso? Hanno deciso che ero stata<br />

io <strong>ad</strong> averli delusi, offesi, <strong>ad</strong>dirittura tr<strong>ad</strong>iti. E così che si spiega quel fiume<br />

di merda che mi sono ritrovata <strong>ad</strong>dosso e che mi ha visto affondare.<br />

Ma io cont<strong>in</strong>uo a guardarmi allo specchio. E’ bello. Non sono più io che<br />

guardo la mia immag<strong>in</strong>e, ora è lei che guarda me e ride. E ridendo mi dice<br />

di ridere a mia volta e di lasciar perdere le pizze sgocciolanti di Altero.


ELISA BRAGA 1<br />

La Prigione della Paura<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente.<br />

Pare quasi che durante tutti i mesi della nostra relazione Francesca si<br />

sia astenuta dal farmi sapere tutto ciò che le dava fastidio <strong>in</strong> me, e se lo<br />

fosse conservato <strong>in</strong>tegro e compatto per quest’occasione. L’ultima.<br />

Tormentato, ripenso a tutti i silenzi fra noi, a tutte le parole trattenute da<br />

un sospiro, a tutte le volte che ho cambiato argomento.<br />

Credevo che ci sarebbe sempre stata un’altra occasione per le<br />

spiegazioni, così le rimandavo; la salutavo con l’amaro <strong>in</strong> bocca,<br />

dicendomi: “La prossima volta…”<br />

Ma c’è un limite che non si può valicare. Lo <strong>in</strong>contriamo sempre prima di<br />

quanto vorremmo. Ed ora, ogni mia riflessione com<strong>in</strong>cia con un: “Se<br />

solo…”<br />

I rimpianti mi stanno seppellendo. Cos’è che mi trattiene dal dire<br />

immediatamente quello che sento? Perché devo rimug<strong>in</strong>are per settimane<br />

e aspettare quando è ormai tardi per dire alle persone che amo quanto<br />

sono importanti per me?<br />

Chissà quanti rospi ha dovuto <strong>in</strong>goiare Francesca per arrivare <strong>ad</strong> una<br />

tale esplosione di rabbia.<br />

Mi sento ancora peggio.<br />

A volte Francesca buttava lì un’osservazione o una domanda che<br />

pareva casuale, ma studiata apposta per stuzzicarmi, per provocare una<br />

reazione, per tirare fuori il mio io più profondo. Ma io la buttavo <strong>sul</strong> ridere, o<br />

cambiavo argomento e tutto moriva così, nel silenzio. Lei, dopo avermi<br />

fissato a lungo, passava <strong>ad</strong> altro, come se niente fosse successo.<br />

La nostra storia non sembrava nemmeno una storia: ci vedevamo, a<br />

volte come amanti, a volte come amici, ma c’era sempre come un muro a<br />

tenerci separati. Ho sempre creduto fosse la sua riservatezza; comprendo<br />

ora che quel muro l’avevo eretto io.<br />

Mi ripetevo che era lei a non volere una relazione seria, perché la colpa<br />

è sempre degli altri, mai mia, e per questo la trattavo con sufficienza.<br />

Durante i nostri primi appuntamenti Francesca mi abbracciava spesso<br />

quando passeggiavamo <strong>in</strong> centro, ed io mi sentivo felice <strong>ad</strong> andare <strong>in</strong> giro<br />

allacciati. Poi lei ha smesso di farlo e io non l’ho mai cercata: da quel<br />

momento abbiamo sempre camm<strong>in</strong>ato staccati. Questo distacco,


<strong>in</strong>izialmente solo fisico, non ha fatto altro che allargarsi f<strong>in</strong>o a diventare una<br />

distanza <strong>in</strong>valicabile.<br />

Anche se cerco <strong>in</strong> ogni modo di giustificarmi stavolta ho torto marcio.<br />

Vedo sempre gli altri contro di me, ma com<strong>in</strong>cio a credere d’<strong>esser</strong>e io a<br />

resp<strong>in</strong>gere tutti coloro che mi si avvic<strong>in</strong>ano troppo.<br />

Questi pensieri e molti altri ancora mi turb<strong>in</strong>avano <strong>in</strong> testa mentre<br />

Francesca me ne diceva di tutti i colori.<br />

“L’estate scorsa avevo proposto di andare <strong>in</strong> vacanza <strong>in</strong>sieme e tu<br />

sembravi entusiasta” aveva detto tra le altre cose “e poi? Ti sei mai fatto<br />

vivo? Mi hai mai fatto capire che lo volevi davvero?”<br />

E poi: “Quella volta <strong>in</strong> campagna ti ho chiesto a cosa stavi pensando<br />

mentre mi fissavi, te lo ricordi?” e come dimenticarlo? “e tu mi hai risposto<br />

niente. Chi risponde niente? Potevi dirmi una cosa car<strong>in</strong>a, farmi un<br />

complimento, <strong>in</strong>ventartelo <strong>ad</strong>dirittura, ma niente?!? Perché non mi hai mai<br />

detto cosa provavi? Almeno una volta? Che ti costava dimostrarmi che a<br />

me ci tenevi? Avevi paura che ti obbligassi a sposarmi entro domenica? E<br />

quella volta che mi hai detto: non vedo l’ora che ti trovi un altro per farti<br />

scopare. Ma chi <strong>in</strong><strong>sul</strong>ta <strong>in</strong> questo modo la ragazza che frequenta? Nessuno<br />

mi ha mai fatta sentire così piccola e <strong>in</strong>significante come te <strong>in</strong> questi mesi,<br />

come se volessi vedermi solo perché non sapevi con chi altro andare a<br />

<strong>letto</strong>!” cavoli, questa mi ha fatto proprio male. E che io sia dannato se<br />

ricordo perché le ho detto una mesch<strong>in</strong>ità del genere.<br />

A lei ci tenevo davvero, anzi ci tengo ancora. È l’unica tra le ragazze<br />

che ho frequentato a non farmi mai pressioni. Non rompe per <strong>in</strong>contrarci<br />

tutti i giorni, non stressa per conoscere i miei genitori e i miei amici, non mi<br />

assilla con quelle richieste psicotiche tipo: dove sei? Con chi? Insomma è<br />

veramente una creatura rara. Mi ha dato tanto, senza chiedere niente <strong>in</strong><br />

cambio.<br />

E me la sono fatta scappare come un fesso.<br />

Ormai non penso <strong>ad</strong> altro. Anche <strong>ad</strong>esso che camm<strong>in</strong>o cupo lungo via<br />

Zamboni, <strong>in</strong>vasa come al solito da un mare di gente. Meditabondo mi <strong>in</strong>filo<br />

nel portone della facoltà di Lettere, dove studia Francesca, e nel cortile<br />

vedo una scena che mi fa venire un’idea: un gruppo di neolaureati sta<br />

festeggiando con gli amici. Alcuni bontemponi hanno creato con delle<br />

cassette per la frutta un piccolo podio, dove salgono a turno a declamare<br />

discorsi. Una riproduzione dello speaker’s corner di Hyde Park, a Londra,<br />

dove chiunque può parlare di ciò che desidera.<br />

Desidero disperatamente poter dire a Francesca cosa provo per lei e,<br />

visto che sono dalla parte del torto, devo recuperare con un’azione<br />

grandiosa. Qualcosa di sensazionale, che la sbalordisca. Un’azione<br />

plateale… come parlare <strong>in</strong> pubblico dei miei sentimenti.


Certo, il pensiero di quello che sto per fare mi sgomenta, ma è peggio<br />

vivere senza la donna che amo, qu<strong>in</strong>di… è ora di buttarsi e rischiare il tutto<br />

per tutto, a costo di giocarmi la faccia.<br />

Aspetto che il gruppo di festaioli si allontani dal cortile e controllo l’ora:<br />

la lezione di poesia romanza è appena f<strong>in</strong>ita e a momenti Francesca<br />

apparirà <strong>sul</strong>le scale.<br />

Mi posiziono <strong>sul</strong>le cassette traballanti; alcuni studenti di passaggio mi<br />

salutano e mi gridano qualcosa ridendo, ma le mie orecchie sono piene del<br />

rombo del sangue che scorre a tutta velocità e non riesco <strong>ad</strong> afferrare<br />

cos’abbiano detto.<br />

F<strong>in</strong>almente appare Francesca, e tutto il mondo pare rallentare, la folla<br />

<strong>in</strong>torno sfuma come nebbia. Dalla cima delle scale mi vede solo <strong>in</strong> mezzo<br />

al cortile, piazzato come un idiota su un podio traballante e rallenta il<br />

passo. Ha gli occhi e la bocca spalancati per lo stupore, qu<strong>in</strong>di un po’ l’ho<br />

colpita. Bene. Ora devo farmi ascoltare.<br />

Mi schiarisco la voce, la guardo negli occhi e a voce alta com<strong>in</strong>cio:<br />

“Mi chiamo Diego e sono un’idiota!” fischi e risate dalla folla che mi<br />

guarda passando.<br />

“Quasi otto anni fa ho conosciuto una ragazza meravigliosa. Si chiama<br />

Francesca. Dopo poche settimane ero già stregato. Purtroppo però<br />

Francesca si è fidanzata con un altro. Sono stati <strong>in</strong>sieme più di quattro<br />

anni. Durante questo periodo siamo diventati amici, ma io non ho mai<br />

smesso di desiderarla. Mi vestivo con più cura se sapevo che l’avrei<br />

<strong>in</strong>contrata, <strong>ad</strong>oravo chiacchierare e scherzare con lei. Le stavo vic<strong>in</strong>o più<br />

che potevo. Insomma, ero irrimediabilmente cotto, anche se sapevo che<br />

non sarebbe mai stata mia. Poi le cose sono cambiate, la sua storia è f<strong>in</strong>ita<br />

e credevo di scoppiare di gioia quando ho com<strong>in</strong>ciato a frequentarla.<br />

Non posso dire che lei fosse esattamente come avevo sperato, perché<br />

era meglio. Mi piace tutto di lei: la dolcezza dei suoi occhi, il profumo della<br />

sua pelle, il suo modo di camm<strong>in</strong>are, il calore dei suoi abbracci, le sue<br />

premure per me. F<strong>in</strong>almente avevo quello che volevo ma, nonostante tutto<br />

ciò<br />

che di meraviglioso Francesca ha portato nella mia vita, ero <strong>in</strong>quieto.<br />

Perché avevo mille paure.<br />

Ho ancora mille paure.<br />

Paura di perderla.<br />

Paura di soffrire.<br />

Paura di dipendere dal suo amore.<br />

Paura di appartenerle.<br />

Paura di perdere la mia <strong>in</strong>dipendenza.<br />

Paura di vedere derisi i miei sentimenti.<br />

Paura che Francesca non mi ami quanto l’amo io.<br />

Paura di diventare vulnerabile.


Paura di rendermi ridicolo.<br />

Paura di deludere le sue attese.<br />

Paura di <strong>esser</strong>e resp<strong>in</strong>to.<br />

Paura che il nostro amore diventi un’abitud<strong>in</strong>e.<br />

Paura di non meritarla.<br />

Paura di rov<strong>in</strong>are tutto.<br />

Questo specialmente mi spaventa: rov<strong>in</strong>are tutto.<br />

Così, prigioniero di tutti i miei timori, e ne ho elencati solo alcuni, ho<br />

f<strong>in</strong>ito per rov<strong>in</strong>are tutto davvero. Francesca non vuole più vedermi. Il<br />

problema è che anni fa lei si è portata via una parte del mio cuore e,<br />

lontano da lei, mi sento <strong>in</strong>completo.<br />

Mi manca il mio cuore <strong>in</strong>tegro.<br />

Non sono nella posizione di poter avanzare richieste, non posso<br />

cambiare quello che è stato, anche se lo vorrei con tutto me stesso.<br />

Desidero solo che Francesca sappia quanto è importante per me, lo è<br />

sempre stata. È una delle persone che amo di più al mondo e sono<br />

disperato perché è l’unica cui non sono mai riuscito a dimostrare il mio<br />

amore. Credo dipenda dal fatto che è la persona più diversa da me che<br />

conosco. Forse è proprio per questo che mi è entrata dentro tanto <strong>in</strong><br />

profondità: occorre più impegno per amare qualcuno che è così diverso da<br />

noi stessi. E solo nel momento <strong>in</strong> cui impari a farlo, ti accorgi di non avere<br />

le istruzioni per riuscire a smettere.<br />

Vorrei che Francesca sapesse che, nonostante la conosca da otto anni,<br />

ogni volta che sto per <strong>in</strong>contrarla ho le farfalle nello stomaco, ancora oggi.<br />

Tutto ciò che di bello ho scritto <strong>in</strong> questi anni mi è stato ispirato da<br />

Francesca.<br />

Ogni cosa bella che ho creato, è stata fatta pensando a Francesca.<br />

Ciascun lavoro benfatto le mie mani abbiano compiuto, è dedicato a<br />

Francesca.<br />

D’ora <strong>in</strong> poi vivrò la mia vita senza pretendere mai nulla dagli altri, ma<br />

dando loro tutto me stesso.<br />

Questo è ciò che ho imparato da Francesca.”<br />

Non so cosa stia acc<strong>ad</strong>endo <strong>in</strong>torno a me: non sento nulla, non vedo<br />

niente.<br />

Un peso enorme è c<strong>ad</strong>uto dalle mie spalle.<br />

Mi sento felice e leggero come mai prima d’ora.<br />

D’un tratto avverto due braccia sottili str<strong>in</strong>germi <strong>in</strong> vita ed un profumo<br />

familiare mi avvolge.<br />

Sono tornato a casa.


MARIA GRAZIA GAGLIARDI<br />

E <strong>ad</strong>esso, belle ragazze?<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me, e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente.<br />

Anche perché l’ispettore è stato chiaro. “I dettagli,” ha detto “me li darete<br />

s<strong>in</strong>golarmente, quando sarete <strong>in</strong>terrogate, una alla volta.”<br />

“Ecco,” dice “è arrivato anche il commissario. F<strong>in</strong>ite di vestirvi e<br />

prendete la vostra roba, che dovrete seguirci <strong>in</strong> questura.”<br />

Francesca sta ancora <strong>in</strong>veendo, un po’ contro di me, un po’ a vanvera,<br />

ma è normale quando lei è fatta, come <strong>ad</strong>esso. Intanto il commissario<br />

entra, guarda la stanza da tutte le angolature, fa domande all’ispettore e ai<br />

due agenti. Da questi prende anche un paio di scartoffie, poi dice al<br />

collega:<br />

“Bardelli, porta quella signor<strong>in</strong>a <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a con te. Io mi prendo<br />

questa,” e mi afferra per un braccio, ma prima dà ancora un’occhiata alla<br />

scena.<br />

La guardo anch’io, cercando quasi di mettermi nei suoi panni.<br />

L’arredamento decoroso, il divano soffice, il tavol<strong>in</strong>o di vetro con sopra<br />

la polvere bianca e una banconota arrotolata, un angolo rosso. Vic<strong>in</strong>o<br />

all’angolo la testa rotta dell’uomo con le natiche bianche all’aria. Su di esse<br />

un agente, f<strong>in</strong>ite le foto, mette per decenza un telo.<br />

“Non è necessario che io aspetti il medico legale,” dice il commissario, e<br />

rivolto a me: “Andiamo.”<br />

“Il suo nome?” dice, seduto dietro la sua scrivania, senza nemmeno<br />

guardarmi.<br />

“Alessandra Giusti.”<br />

Sta sfogliando le carte che gli ha dato l’agente, quelle <strong>in</strong> cui Francesca<br />

mi sputava <strong>ad</strong>dosso tutta la merda.<br />

“E’ colpa tua,” aveva gridato “sei tu che dici che sono meglio i vecchi, e<br />

guarda che ci ha fatto questo!”<br />

Poi, rivolta all’agente:<br />

“E’ lei che organizza, lei che prende gli appuntamenti, lei che ha deciso<br />

che dovevamo fare questo per aiutarci negli studi.”<br />

‘Brutta ipocrita’ avevo pensato, ‘che, ti ho costretto a farlo? Mi hai<br />

seguito ben volentieri, ogni volta, anzi ti piaceva quando portavano la<br />

polver<strong>in</strong>a bianca… Volevi solo clienti giovani? Già, però hai visto subito che<br />

pagavano meno e davano più problemi. Ti sei <strong>ad</strong>eguata <strong>in</strong> fretta.’


“Bene, signor<strong>in</strong>a Giusti, è <strong>in</strong>utile chiedere che ci facevate lei e la<br />

signor<strong>in</strong>a Ferri a casa dell’<strong>in</strong>dustriale Boccelli, è abbastanza evidente.<br />

Come vi vogliamo chiamare, siete due escort?”<br />

“Siamo due studentesse,” rispondo “io studio Economia e Commercio, e<br />

Francesca Scienze Politiche.” Guardo verso l’altra stanza, dove l’ispettore<br />

sta <strong>in</strong>terrogando Francesca, ma non riesco a vedere niente.<br />

“Gli studi costano,” aggiungo “ e così, per aiutarci…”<br />

“Avete trovato un lavoro, capisco,” dice il commissario “tutte le<br />

studentesse povere per aiutarsi negli studi fanno le puttane.”<br />

Mi sento avvampare, pure scafata come sono.<br />

“Non credo lei abbia il diritto di giudicare.”<br />

“Via , signor<strong>in</strong>a, non prendiamoci <strong>in</strong> giro. La vostra è stata una scelta<br />

decisamente particolare; anzi, la sua, perché secondo la sua amica è stata<br />

sua questa decisione.”<br />

Distolgo gli occhi dai suoi, profondi e <strong>in</strong>dagatori.<br />

“E’ vero,” ammetto “ma lei mica l’ho costretta. Mi ha seguito ben<br />

volentieri.”<br />

“Anche perché alcuni viziosi amano avere due belle ragazze <strong>in</strong>sieme,<br />

anziché una, vero?”<br />

Lo dice con naturalezza, non con ironia, e per reazione sento ancora<br />

una volta le guance scottarmi; che mi prende, accidenti?<br />

“Bene,” prosegue lui “ veniamo al vostro <strong>in</strong>contro con l’<strong>in</strong>dustriale<br />

Boccelli.”<br />

In quel momento bussano.<br />

“Sono Conti, della scientifica, vengo a prendere i DNA alle ragazze.”<br />

“Io non ho sniffato coca<strong>in</strong>a,” grido, mentre mi si avvic<strong>in</strong>a con una specie<br />

di cotton-fiok e con un contenitore per le ur<strong>in</strong>e “non ho mai sniffato, non ho<br />

mai voluto provare, glielo giuro!”<br />

Lo dico forte perché questo è vero. Quando Francesca ha <strong>in</strong>iziato io non<br />

ho voluto imitarla, anzi le dicevo che avrebbe f<strong>in</strong>ito con l’abituarsi e sarebbe<br />

diventata una drogata. L’ho sconsigliata vivamente di provarci. Invano.<br />

“E allora cos’ha da temere?” dice il commissario. “Si lasci fare l’esame<br />

tranquillamente.”<br />

Ubbidisco.<br />

Lui prosegue l’<strong>in</strong>terrogatorio, chiedendoci come Boccelli ci abbia<br />

contattato e cosa sia successo <strong>in</strong> casa sua.<br />

“Non lo so,” dico “sì, lei non mi crederà, ma io ero <strong>in</strong> bagno quando ho<br />

sentito un tonfo. Sono corsa fuori e l’ho trovato così come l’hanno visto i<br />

suoi agenti quando li abbiamo chiamati. Non abbiamo toccato niente.”<br />

“E la sua amica? Dov’era?”<br />

Sospiro, e per un attimo sto <strong>in</strong> silenzio. Penso a tutto quello che<br />

Francesca mi ha vomitato <strong>ad</strong>dosso subito dopo il fatto, e soprattutto <strong>in</strong><br />

seguito, davanti ai poliziotti. Quasi come se fossi stata io a uccidere<br />

Boccelli. Non lo aveva detto, <strong>in</strong> realtà, non aveva nemmeno accennato a


lui, ma cont<strong>in</strong>uava a ripetere che ero io l’organizzatrice, io l’ideatrice di<br />

tutto. E questo era vero. Era stata così cattiva che avrei voglia di dire che<br />

c’era lei vic<strong>in</strong>o a Boccelli. Ma non è così. E io non sono bugiarda né<br />

vendicativa. E la compatisco quando è fatta di coca<strong>in</strong>a.<br />

“Francesca era nell’altra stanza, <strong>sul</strong> <strong>letto</strong>,” rispondo “è corsa quando mi<br />

ha sentito gridare. Le giuro che Boccelli è c<strong>ad</strong>uto da solo. Doveva <strong>esser</strong>e<br />

fatto, ed è <strong>in</strong>ciampato. Non c’è altra spiegazione.”<br />

Tiro su col naso, non arriverò certo a piangere. Tuttavia sento che la<br />

voce mi trema, quando dico:<br />

“Commissario, siamo delle puttane, ma non siamo delle assass<strong>in</strong>e.”<br />

Dopo diverso tempo, prelevati i campioni di ur<strong>in</strong>e, ci lasciano andare a<br />

casa, dicendoci di non allontanarci e di evitare di avere contatti tra di noi,<br />

visto che non abitiamo <strong>in</strong>sieme. Le versioni mia e di Francesca<br />

corrispondono, perciò non siamo formalmente <strong>in</strong>dagate, ma siamo<br />

sospette, f<strong>in</strong>ché non si chiarirà come Boccelli è morto.<br />

Non esco di casa da tre giorni e ho quasi il frigo vuoto, dovrei andare a<br />

fare la spesa, ma non m’importa, perché non ho fame.<br />

Sto recitando il mea culpa, cospargendomi il capo di cenere? No, non<br />

sono il tipo. Ma una revisione della mia vita sì, sta emergendo, e credo che<br />

sia <strong>in</strong>evitabile dopo quanto è successo. La vista dell’uomo con le natiche<br />

nude e la testa rotta non vuole uscire dalla mia mente, e mi porta a<br />

riconsiderare le scelte fatte.<br />

Non che le avessi fatte a cuor leggero, mica si pensa: “Domani v<strong>ad</strong>o a<br />

vendere il mio corpo, così pago le tasse universitarie.”<br />

Però ero sicuramente giunta a un compromesso con la mia coscienza,<br />

quando avevo pensato: ‘In fondo tante lo fanno con dis<strong>in</strong>voltura, e sarebbe<br />

solo per un periodo breve. Le ho viste, quelle che si trovano un lavoro e poi<br />

con gli esami vanno sempre più a rilento, perché non hanno tempo per<br />

prepararli. Senza contare che tante poi f<strong>in</strong>iscono per mollare gli studi e<br />

cont<strong>in</strong>uare lo schifo di lavoro “saltuario” <strong>in</strong>trapreso, oppure ne cercano un<br />

altro, ma comunque non si laureano più'.’ Io così avrei dato un esame<br />

dietro l’altro, e <strong>in</strong>fatti ero assolutamente <strong>in</strong> pari!<br />

Ipocrita.<br />

Francesca mi era servita per darmi coraggio, o forse per aumentare le<br />

mie autogiustificazioni. Non era stato difficile conv<strong>in</strong>cerla, lei non ha un<br />

carattere forte, anzi è così dolce…<br />

“Siamo due belle ragazze,” le avevo detto “abbiamo questa fortuna,<br />

perché dovremmo rov<strong>in</strong>arci le mani e le notti facendo le cameriere, le<br />

lavapiatti, o f<strong>in</strong>endo a farci <strong>in</strong><strong>sul</strong>tare telefonicamente <strong>in</strong> un call center?”<br />

Ipocrita.<br />

E poi- ma questo non lo avevo mai detto a Francesca – un po’ speravo<br />

di trovare un riccone che si <strong>in</strong>namorasse di me e mi proponesse il<br />

matrimonio, <strong>in</strong> fondo non aveva fatto così quella valletta con


quell’imprenditore? Mi lasciavo andare a questo sogno come<br />

un’<strong>ad</strong>olescente sogna il pr<strong>in</strong>cipe azzurro.<br />

Grande ipocrita!<br />

Il bello era che avevo dato dell’ipocrita a lei, a Francesca. Mi piazzo<br />

davanti allo specchio e mi dico:<br />

“Guardati bene, Alessandra, TU sei l’ipocrita, TU sei la vera puttana, e<br />

se vuoi avere ancora un po’ di rispetto per te stessa, è ora di f<strong>in</strong>irla con<br />

tutte e due le cose.”<br />

Già, ma e con Boccelli, come f<strong>in</strong>irà? E se io e Francesca verremo<br />

<strong>in</strong>colpate della sua morte? Altro che Università, altro che carriera, la nostra<br />

vita sarà stravolta per sempre.<br />

Giuro a me stessa che se me la caverò mi comporterò bene, e farò sì<br />

che anche Francesca si comporti bene.<br />

Suona il campanello, dallo spionc<strong>in</strong>o riconosco il commissario.<br />

“Lei e la sua amica siete due ragazze molto fortunate, “ dice, dopo che<br />

l’ho <strong>in</strong>vitato a sedersi, “l’autopsia ha rivelato che Boccelli ha avuto un<br />

<strong>in</strong>farto, accelerato probabilmente dalla coca<strong>in</strong>a, ed era già morto quando<br />

ha urtato il tavol<strong>in</strong>o, senza contare che la ferita alla testa non sarebbe stata<br />

fatale.”<br />

Sono <strong>in</strong>capace di rispondere. Ma credo che i miei occhi piantati nei suoi<br />

parl<strong>in</strong>o abbastanza.<br />

“Dunque, le versioni sua e di Francesca sono perfettamente credibili.<br />

Siete libere citt<strong>ad</strong><strong>in</strong>e.”<br />

Fa una pausa.<br />

“Libere anche di riprendere la vostra attività, visto che non ci sono leggi<br />

che viet<strong>in</strong>o di esercitarla nella maniera <strong>in</strong> cui siete abituate.”<br />

“No, questo non avverrà più!” grido quasi, poi mi ricompongo.<br />

“Credo che la vicenda di Boccelli sia servita a farmi mettere la testa a<br />

posto,” proseguo “e spero che sarà così anche per Francesca. Solo che lei<br />

ha un problema <strong>in</strong> più… Commissario, cosa posso fare per aiutarla a<br />

smettere con la coca<strong>in</strong>a?”<br />

“Oh, direi che anche <strong>in</strong> questo lei e Francesca siete fortunate.<br />

L’ispettore Bardelli si è preso a cuore la sua amica e le ha già fatto<br />

<strong>in</strong>contrare le persone giuste. Lei deve solo starle vic<strong>in</strong>a e comportarsi da<br />

amica. Da brava amica.”<br />

Sento un groppo alla gola.<br />

“Ci proverò,” dico studiandomi la voce un po’ rotta “<strong>in</strong> passato non sono<br />

stata granché, chissà se si fiderà ancora.”<br />

Per la prima volta vedo che il commissario abbozza quasi un sorriso.<br />

“Non sia troppo severa con sé stessa. Lei ha sbagliato, e il suo errore<br />

non è stato da poco, ma i giovani sbagliano, e non tutti gli errori meritano<br />

una condanna def<strong>in</strong>itiva.”<br />

Si alza e mi porge la mano.<br />

“Arrivederci, Alessandra, e auguri.”


DOMENICO TRINGALI<br />

Il mio ultimo sangue<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata tutta su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove c’è<br />

un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente. È andata così soprattutto perché<br />

Francesca è stata un stronza.<br />

Stanotte ho sudato. Al mio risveglio un’<strong>in</strong>tensa puzza di sudore<br />

riempiva le mie narici, impregnava la mia t-shirt. In matt<strong>in</strong>ata una spugna<br />

umida ha strof<strong>in</strong>ato la sua superficie <strong>sul</strong>la mia pelle, ha vagato su tutto il<br />

mio corpo, soffermandosi <strong>sul</strong>le parti <strong>in</strong>time, le ascelle, il collo. Ma quello di<br />

stanotte non è stato un bel sogno e nemmeno un <strong>in</strong>cubo. È stato un avviso.<br />

Come la terza lettera di richiamo del <strong>tuo</strong> datore di lavoro, come la diagnosi<br />

di un male <strong>in</strong>curabile. Stanotte ho sognato una clessidra, una stupida<br />

clessidra. Come quelle con le quali mi è capitato di giocare da bamb<strong>in</strong>a o<br />

studiato <strong>in</strong> qualche <strong>in</strong>utile lezione di scienze. Non è la prima volta. All’<strong>in</strong>izio<br />

era un clessidra d’acqua, avrei preferito whisky ed al posto dell’imbuto<br />

<strong>in</strong>verso, avrei voluto la mia bocca pronta a ricevere quel liquido gratuito.<br />

Anche se forse gratuito non lo sarebbe stato. In realtà nemmeno l’acqua<br />

che vedevo gocciolare lo era. Ma stanotte l’evoluzione, la chiarificazione.<br />

Stanotte l’acqua è mutata <strong>in</strong> sangue. Ho visto sangue gocciolare<br />

lentamente verso il basso. Poche gocce rimaste nella parte superiore.<br />

Eppure vi assicuro non sono r<strong>in</strong>coglionita. Sono <strong>in</strong> coma. So che l’acqua<br />

era una flebo di un qualche liquido medic<strong>in</strong>ale trasparente, so che il sangue<br />

era una trasfusione. So che quella clessidra non è il tempo che passa. So<br />

che la clessidra è un conto alla rovescia e quel sangue rimasto è il mio<br />

ultimo sangue. Presto non vi passerà più nulla da quel collo stretto stretto<br />

se non un alito di vita verso il buio pesto, verso quell’aldilà <strong>in</strong> cui non credo.<br />

Io ascolto tutto di ciò che mi circonda. Ascolto i medici quando danno<br />

false speranze a mia m<strong>ad</strong>re e li ascolto darmi per spacciata quando<br />

parlano tra loro. Ascolto i commenti <strong>sul</strong>la mia bellezza delle <strong>in</strong>fermiere e le<br />

volgarità sessuali dei loro colleghi maschi. Su questo stesso corpo <strong>in</strong> cui<br />

<strong>in</strong>filano un catetere, <strong>sul</strong> quale la notte tra le luci soffuse della terapia<br />

<strong>in</strong>tensiva, si soffermano a palparne il seno. Ma io obbiettivamente me ne<br />

fotto. Il mio tempo è agli sgoccioli e non so che cazzo farmene ormai del<br />

corpo. Questa condizione fisica è la metafora della condizione nella quale<br />

mi trovavo lì fuori. Una persona capace di percepire e capire tutto, o quasi,<br />

assieme all’<strong>in</strong>capacità di farsi ascoltare, farsi capire, farsi presente al<br />

mondo contemporaneo. Una sorta di coma sociale. Un guscio nel quale<br />

penetra di tutto ma non fuoriesce nulla.


Francesca è quella stronza che mi ha ficcato <strong>in</strong> questo guaio.<br />

Francesca diceva banalità: - La classe dirigente politica spesso è <strong>in</strong>capace<br />

o dedita <strong>ad</strong> <strong>in</strong>teressi particolari. Collusa con ogni forma di mafia,<br />

clientelare, succube delle banche come delle grandi aziende –. Poi<br />

aggiungeva un’altra banalità: - Il loro potere non sta solo nel denaro e negli<br />

accordi tra le lobby. Dalla loro parte hanno ogni mezzo di comunicazione,<br />

televisione r<strong>ad</strong>io giornali. Quando vanno davanti alle telecamere di un<br />

giornalista, di un talk show, impongono le loro ragioni con prepotenza. Per<br />

quando ridicole o <strong>in</strong>fondate o assurde o <strong>in</strong>credibili, il siero viene <strong>in</strong>iettato<br />

quotidianamente, <strong>in</strong> maniera cont<strong>in</strong>ua. Il cervello dello spettatore <strong>in</strong>izia a<br />

dare spazio al dubbio. S’<strong>in</strong>nesca un processo per il quale com<strong>in</strong>cia a<br />

pensare che quelle cazzate possano <strong>esser</strong>e vere. Inizia a crederci lui<br />

stesso. Il gioco è fatto, lobotomia virtuale o ipnosi. È avvenuta -. Qu<strong>in</strong>di la<br />

soluzione: - Per questa situazione non ci sono rimedi. Loro lo chiamano<br />

diritto di espressione e di contr<strong>ad</strong>dittorio, per il quale si può dire tutto ed il<br />

contrario di tutto nel medesimo luogo. Io lo chiamo terrorismo mediatico.<br />

Poiché se un qualunque stronzo urla le sue ragioni non viene ascoltato o<br />

ascoltato e subito dimenticato o ascoltato e def<strong>in</strong>ito eversivo, terrorista.<br />

Allora la soluzione è una tabula rasa, uno tsunami che spazzi via classi<br />

dirigenti politiche, f<strong>in</strong>anziarie, di imprese che dopo avere tirato il sangue ai<br />

lavorati decidono di de-localizzare solo per <strong>in</strong>crementare i già lauti<br />

gu<strong>ad</strong>agni. Noi saremo quello tsunami e tutto ricom<strong>in</strong>cerà da capo. Non sarà<br />

terrorismo, sarà legittima difesa -.<br />

Io e Francesca facevamo un gioco ispirato alle libere associazioni. Io<br />

scrivevo una parola e lei subito doveva rispondere con la prima che le<br />

veniva <strong>in</strong> mente. Io scrivevo “donna” lei “immag<strong>in</strong>e”, io “potere” lei<br />

“immag<strong>in</strong>e”, “successo” => “immag<strong>in</strong>e”, “denaro” => “immag<strong>in</strong>e”,<br />

“immag<strong>in</strong>e” => “abuso”. Francesca diceva banalità: - La donna è ancora<br />

considerata un gr<strong>ad</strong><strong>in</strong>o al di sotto dell’uomo a causa delle stesse donne.<br />

Rivendichiamo con <strong>in</strong>sistenza diritti già acquisiti, sottol<strong>in</strong>eiamo di <strong>esser</strong>e<br />

donne quando otteniamo posizioni importanti, ci pieghiamo ai vizi dei<br />

potenti per raggiungere il successo, ci prestiamo per pubblicità nelle quali<br />

le donne sono ancora angeli del focolare, servizievoli e sottomesse alla<br />

famiglia, al marito, se non stupide ed oche. I videoclip musicali sono<br />

stracolmi di ragazze quasi nude che si atteggiano a zoccole, anche quando<br />

fanno le dure, lo fanno con <strong>in</strong>dosso un bel costum<strong>in</strong>o succ<strong>in</strong>to…-<br />

Francesca fumava solo sigarette - così se un ragazzo vuole scopare una<br />

tipa, perché questa dovrebbe dargli buca? Quando mai si è visto <strong>in</strong> tv una<br />

donna che rifiuta delle avance? Allora i suoi NO non sono tali ma <strong>in</strong>viti <strong>ad</strong><br />

<strong>in</strong>sistere <strong>in</strong>sistere <strong>in</strong>sistere, s<strong>in</strong>o alla forza, s<strong>in</strong>o all’abuso sessuale…-<br />

Francesca sfilava la sua maglia, il suo reggiseno, mi mostrava le bruciature<br />

di sigarette, microfotoricordo della sua notte di violenza - dopo quella notte<br />

ho <strong>in</strong>iziato a fumare. Non dimentico i loro visi, erano ragazzi della mia<br />

compagnia. Ogni cicatrice è una delle loro facce -.


Adesso vorrei dormire. Un leggero torpore mi accompagna, ma non<br />

basta. Vorrei chiudere gli occhi ed <strong>ad</strong>dormentarmi , ma proprio non riesco.<br />

Ho l’alito di un <strong>in</strong>fermiere vic<strong>in</strong>o al mio orecchio. La sua bocca parla di<br />

pornografia, di voglia di scopare…mi accarezza tra le gambe…mi str<strong>in</strong>ge<br />

un seno…mi sta baciando…credo. – Il mio corpo è come il nostro Paese –<br />

diceva Francesca – abusato e martoriato proprio da coloro che dovrebbero<br />

aiutarlo, proteggerlo -. Il mio corpo come il suo. Noi odiamo questo mondo.<br />

Eppure per questo mondo volevamo immolarci.<br />

Adesso vorrei dormire. Il torpore è sempre più pesante. Sento la testa<br />

sprofondare <strong>in</strong> quell’abisso…più giù…più giù…più giù…altre immag<strong>in</strong>i…<br />

altro sangue. Francesca. L’hanno beccata poco dopo l’acquisto<br />

dell’esplosivo e lei, nonostante i bei discorsi, ha vuotato il sacco e senza<br />

mezzi term<strong>in</strong>i ha scaricato su di me tutte le responsabilità…più giù…più<br />

giù…più giù…quando la polizia ha sfondato la porta io ero già pronta <strong>ad</strong><br />

accoglierli…lanciavo piatti bicchieri bottiglie rotte come pugnali…urlavo<br />

isterica…altro sangue…altro sangue…la vista di un poliziotto col viso<br />

<strong>in</strong>sangu<strong>in</strong>ato, le mani <strong>in</strong>sangu<strong>in</strong>ate, le lacrime agli occhi…<br />

…poi un botta netta <strong>sul</strong>la nuca…ed il buio, la paralisi, il coma pallico.<br />

Eccomi dunque alla f<strong>in</strong>e. L’ultima goccia ha compiuto il suo salto. Non<br />

l’ho vista, ma è così. Un bip cont<strong>in</strong>uo è <strong>in</strong> sottofondo. L’<strong>in</strong>fermiere che<br />

prima mi toccava <strong>ad</strong>esso è <strong>in</strong> preda al panico. Chiama i colleghi, il medico,<br />

si crea una gran confusione. Portano un defibrillatore. Una violenta scarica<br />

<strong>sul</strong> mio torace…poi un’altra…un’altra ancora…non potrò <strong>esser</strong>e accusata<br />

di nulla…ho già pagato…ho già pagato…la lotta è f<strong>in</strong>ita Francesca…la lotta<br />

è f<strong>in</strong>ita…almeno per me.


COSTANZA TUOR<br />

Iperbolico nulla<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione. Qualcuno a dire il vero, già da qualche<br />

decennio, andava annunciando ai più giovani che non avrebbero potuto<br />

usufruire dei benefici di cui godevano i loro genitori se le cose non fossero<br />

state gestite <strong>in</strong> modo responsabile, ma quelli allora erano soltanto giovani e<br />

non diedero peso a tali parole. Forse ci si sarebbe dovuti stupire dei<br />

genitori che non si occuparono m<strong>in</strong>imamente dell’allarme e cont<strong>in</strong>uarono<br />

anzi a sp<strong>in</strong>gere i figli <strong>ad</strong> accettare qualsiasi tipo di contratto, l’importante<br />

era lavorare. Ben vero, però qualche piccolo sospetto poteva <strong>esser</strong>e<br />

legittimo!<br />

E mentre tutti noi lavoravamo, la Nulla S.p.a ha cont<strong>in</strong>uato a sostenere il<br />

suo piano trionfale tutelando con spavalderia l’immag<strong>in</strong>e sfavillante di se<br />

stessa e del suo fantomatico operato che sarebbe difficile descrivere <strong>in</strong><br />

maniera semplice e limpida. Aveva <strong>in</strong>fatti conquistato quote di ogni<br />

possibile attività commerciale, politica e sociale, mac<strong>in</strong>ava mega quantità di<br />

denaro e più che altro <strong>in</strong>vestiva, non era però chiaro <strong>in</strong> quale modo e<br />

secondo quali criteri. La cosa strana era la ricompensa che ne ricavava:<br />

dec<strong>in</strong>e e dec<strong>in</strong>e di nuovi citt<strong>ad</strong><strong>in</strong>i depressi che, lavorando a condizioni<br />

sempre meno vantaggiose per loro e sempre più lucrose <strong>in</strong>vece per la<br />

Nulla, r<strong>in</strong>unciavano come una deriva alle proprie possibilità, una volta<br />

chiamate diritti. Le conseguenze divennero ancora più evidenti quando i<br />

lavoratori precari vennero esclusi dalle liste degli aventi diritto alla<br />

concessione di mutui, e, si sa, viene facile pensare che senza casa niente<br />

famiglia, niente vita privata, niente slanci. Questa prostrazione avrebbe<br />

forse potuto svegliare l’attenzione dei più sensibili!<br />

Al contrario la società per azioni è diventata patrimonio di quasi tutti,<br />

tutti quelli che si sono <strong>in</strong>tegrati nell’economia di mercato proposta dalla<br />

mult<strong>in</strong>azionale. E <strong>in</strong> un certo senso ci hanno gu<strong>ad</strong>agnato qualcosa, tutti. E’<br />

<strong>in</strong>fatti molto molto faticoso analizzare da dove arriva quella ricchezza. E chi<br />

ha il tempo di verificare, <strong>in</strong> questa vita resa frenetica proprio dai criteri di<br />

gestione della Nulla spa?<br />

Poi all’<strong>in</strong>terno di un sistema ben oliato, è stato sufficiente che la Nulla<br />

spa portasse alla luce qualche piccola obbiezione al sistema come quella di<br />

facile presa dell’<strong>in</strong>iquo pagamento di tasse troppo alte e il gioco è andato<br />

avanti da sé attraverso slogan, urli, cerone, guardie del corpo e lacchè.


La Nulla spa, con la sua autopromozione, non faceva che perpetuare<br />

un’ <strong>in</strong>utile caciara <strong>in</strong>torno a un’immag<strong>in</strong>e di successo senza la m<strong>in</strong>ima<br />

volontà di raggiungere un qualsiasi traguardo concreto, ma rovistando nel<br />

nulla pur di lasciare stabile una situazione che le portava grande vantaggio.<br />

Proprio niente a che vedere con l’arte paziente fatta di odori, di tempo, di<br />

calli, di sudore nel supremo tentativo di raggiungere la meta concreta di<br />

offrire a tutti servizi migliori.<br />

Nonostante ciò, o forse proprio per questo, la Nulla spa, con metodica<br />

arroganza pubblicitaria, <strong>in</strong>farciva i sogni del pubblico di mete irreali e<br />

surreali, senza offrire alcun punto di partenza al quale fare affidamento, se<br />

non quella spregiudicata furbizia che portava i gu<strong>ad</strong>agni dentro immense<br />

bolle f<strong>in</strong>anziarie create <strong>ad</strong> arte da maestri del ricavo. E fu così che una<br />

m<strong>in</strong>uscola scia di arricchiti senza faccia come una bava velenosa<br />

attraversavano le vie tronfi e aggh<strong>in</strong>dati. Era quello il traguardo per coloro<br />

che avevano le carte <strong>in</strong> regola con la Nulla spa. Fatti furbo, sarai premiato!<br />

Dalle str<strong>ad</strong>e scomparvero lentamente le piccole botteghe degli artigiani<br />

f<strong>in</strong>o a che le ultime rimaste diventarono punti d’eccellenza di importanza<br />

storica e culturale, fissati nel tempo purtroppo immobili come monumenti e<br />

senza più gioventù capace di farsene carico. L’abitud<strong>in</strong>e di risistemare gli<br />

oggetti si eclissò nell’usa e getta compulsivo obbligando al forzato<br />

ripensamento dei propri spazi e dei propri tempi. I luoghi si raggiungevano<br />

solo al prezzo della gran velocità e non nei vecchi e logori tempi necessari.<br />

Tutto ciò che la Nulla spa proponeva era iperbolico e veloce. Insomma<br />

ancorava i propri progetti a quella visione di grandiosità che faceva tanto<br />

Tour Eiffel: un colosso di ferro immangiabile e per certi aspetti quasi <strong>in</strong>utile,<br />

tuttavia all’apparenza bello da vedere. Con i suoi mezzi economici e<br />

l’assunzione di questo genere di impegno, la Nulla spa aveva<br />

sponsorizzato il suo operato tanto da riuscire <strong>ad</strong> ottenere per ric<strong>ad</strong>uta e<br />

senza necessariamente dover dimostrare il proprio merito, il potere <strong>in</strong> altri<br />

ambiti socio – politico – culturali <strong>in</strong>seriti ormai nel mercato globale. Ed è qui<br />

che le cose non tornano. La Nulla spa ha <strong>in</strong>vestito la sua prepotenza<br />

economica proprio <strong>in</strong> quel mercato che ora le gira le spalle. Ci si chiede se<br />

la Nulla spa conosca oppure no il mercato, visto che la crisi l’ha colta di<br />

sorpresa!<br />

Comunque sia, la Nulla spa chiude oggi, di botto e senza alternativa,<br />

nello stesso modo <strong>in</strong> cui era riuscita a far chiudere gli occhi di fronte alla<br />

realtà offuscando i sogni con l’irrazionalità, ma state attenti perché la<br />

mult<strong>in</strong>azionale del successo iperbolico non ha nessuna <strong>in</strong>tenzione di<br />

cedere davanti a qualcosa che non comprende. E la Nulla spa non<br />

comprende le esigenze di coloro che sostengono la comunità e la<br />

possibilità di condividere <strong>in</strong>sieme le difficoltà, di coloro che credono che è<br />

meglio <strong>esser</strong>e s<strong>in</strong>ceri piuttosto che accettare frettolosi compromessi, di<br />

coloro che hanno pazienza e che lavorano come degli artigiani per ottenere


un oggetto buono, bello e giusto, di coloro che aspirano <strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e almeno<br />

onesti gregari e non solo dirigenti e capi.<br />

La crisi, però, frontiera storica offerta al nostro tempo, apre una nuova<br />

possibilità di scrollarci di dosso quell’immag<strong>in</strong>e gonfiata <strong>ad</strong> arte dalla<br />

menzogna del Nulla fatto imperio. Ci offre l’occasione di muovere un passo<br />

verso un mondo <strong>in</strong> cui onestà, concretezza e solidarietà siano le ricchezze<br />

alle quali affidarsi giorno dopo giorno e contemporaneamente divengano il<br />

punto card<strong>in</strong>ale al quale orientarsi per riprendere le fila dei nostri sogni e<br />

chissà forse delle nostre pensioni.<br />

Ecco perché ri<strong>sul</strong>ta <strong>in</strong>dispensabile non dimenticarsi di chi chiude i<br />

battenti <strong>in</strong> gran fretta a causa della crisi, a ben vedere forse sta solo per<br />

aprire un’allettante vetr<strong>in</strong>a pirotecnica un po’ più <strong>in</strong> là lungo la via per<br />

riacciuffare ciò che gli è sfuggito dalle gr<strong>in</strong>fie. Ma se saremo svegli questa<br />

volta lo riconosceremo <strong>in</strong> tempo quell’iperbolico Nulla e, allora, chissà cosa<br />

potrebbe succedere!<br />

11/11/2011<br />

Segue stralcio tratto da “Terra <strong>in</strong> vaso” rivista di archeologia anno 2216<br />

Quello riportato <strong>in</strong> precedenza è il testo quasi <strong>in</strong>tegrale di un “volant<strong>in</strong>o”,<br />

strumento divulgativo stampato <strong>in</strong> più copie cartacee che veniva utilizzato<br />

<strong>in</strong> particolare lungo il XX secolo per comunicazioni di vario tipo, distribuito<br />

manualmente tra i passanti, spesso lavoratori o studenti. L’esemplare <strong>in</strong><br />

questione è stato ritrovato a Bologna ai piedi della Torre degli As<strong>in</strong>elli e<br />

datato circa due secoli fa. Reperito durante alcuni lavori di restauro alla<br />

torre, il volant<strong>in</strong>o si è conservato <strong>in</strong> maniera quasi totalmente <strong>in</strong>tegra, tanto<br />

da permetterne la lettura. Sembra <strong>in</strong>fatti che questa modalità comunicativa<br />

fosse molto <strong>in</strong> auge nel XX secolo, ma che nel XXI stesse scomparendo<br />

rimanendo utilizzata pr<strong>in</strong>cipalmente come metodo pubblicitario. Invece<br />

proprio agli <strong>in</strong>izi del XXI secolo l’autore, alquanto preoccupato della<br />

situazione storica di allora (la vita <strong>sul</strong> pianeta era, <strong>in</strong>fatti, seriamente<br />

compromessa da una feroce crisi economica del mercato globale), sprona i<br />

suoi concitt<strong>ad</strong><strong>in</strong>i a sviluppare uno sguardo critico e attento nei confronti<br />

delle circostanze del tutto particolari nelle quali si trovavano immersi. Si<br />

tratta a nostro avviso della proposta di una possibile analisi di lettura della<br />

realtà dell’epoca. Rappresenta il tentativo di trovare le cause e forse i<br />

prodromi della crisi e nello stesso tempo gli strumenti organizzativi da porre<br />

<strong>in</strong> atto nell’allora immediato futuro per fronteggiare certi pericoli sempre <strong>in</strong><br />

agguato. Abbiamo ritenuto <strong>in</strong>teressante proporre il contenuto per <strong>in</strong>tero <strong>in</strong><br />

quanto ci è parso materiale unico nel suo genere. (…) Ci si chiede, a<br />

questo punto, se sia credibile il fatto che questo “volant<strong>in</strong>o” possa avere<br />

avuto veramente dei <strong>letto</strong>ri <strong>in</strong> un tempo <strong>in</strong> cui già erano comunque diffusi<br />

mezzi di comunicazione efficaci come social network e blog. Tuttavia ci<br />

piace l’idea che qualcuno abbia pensato, <strong>in</strong> modo quasi anacronistico<br />

rispetto alle mode del tempo, di contattare di persona e s<strong>in</strong>golarmente i


suoi concitt<strong>ad</strong><strong>in</strong>i per proporre uno spunto di riflessione e forse offrire una<br />

stretta di mano di <strong>in</strong>coraggiamento. (…)


MAURIZIO PERELLI<br />

E la testa ubriaca di poesiuole<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente. Me ne sono andato, l'ho lasciata sola.<br />

Ora mia moglie, <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a, sta preparando una frittata ripiena di sottilette e<br />

prosciutto cotto. Penso a Francesca, da sola, laggiù. Ad ognuno il suo buio,<br />

del resto. Volevo soltanto proteggerla, io. F<strong>in</strong> dall'<strong>in</strong>izio, f<strong>in</strong> dal nostro primo<br />

<strong>in</strong>contro, quando lei tirò fuori il pollice e io accostai con la mia Audi grigia.<br />

No, le dissi da subito, non si può girare il mondo <strong>in</strong> autostop, non più, non<br />

<strong>ad</strong>esso, non di questi tempi , con tutti i matti che ci sono <strong>in</strong> giro non sai mai<br />

chi si ferma per caricarti a bordo. Dammi retta, tu sei una ragazz<strong>in</strong>a e io<br />

giro le str<strong>ad</strong>e tutto il giorno col lavoro che faccio, col mio catalogo da<br />

imbonitore, stammi a sentire, qui fuori è pieno di folli, la vita non è un<br />

romanzo di Kerouac. Ma lei no, lei no, lei mi spiegò per filo e per segno il<br />

suo progetto. Il cielo stellato come tetto e il domani da <strong>in</strong>ventare ogni<br />

giorno. E mi piacque, mi piacque per questo, mi piacque perché manco la<br />

conoscevo e recitò per me quella splendida poesia di quel poeta cileno,<br />

seduta <strong>sul</strong> sedile della mia macch<strong>in</strong>a, con la sacca ai piedi e le lentigg<strong>in</strong>i<br />

<strong>sul</strong> viso. La <strong>in</strong>vitai allora a dormire da noi, per una notte, che il cielo<br />

all'orizzonte prometteva <strong>tuo</strong>ni carichi di vento e tempesta, lampi<br />

abbaglianti. Le dissi, ragazz<strong>in</strong>a dammi retta, domani io mi sveglierò presto,<br />

ti accompagnerò verso il mare se vuoi, stammi a sentire, mia moglie è una<br />

brava donna e sarà lieta di cuc<strong>in</strong>are per te, che dove si mangia <strong>in</strong> due si<br />

mangia anche <strong>in</strong> tre. E mi faresti un favore, perché lei è sempre sola, ci<br />

sono io è vero ma soltanto la sera e sono stanco e spesso mi <strong>ad</strong>dormento<br />

<strong>sul</strong> divano. Farete due chiacchiere, le farà bene. Non abbiamo figli,<br />

avremmo voluto ma iddio non era d'accordo. Ad occhio e croce, con gli<br />

anni che hai, potresti <strong>esser</strong>e davvero nostra figlia, <strong>in</strong>oltre. E lei disse si. E<br />

Clara, a vederla entrare <strong>in</strong> casa nostra, quando subito le spiegai la<br />

faccenda, ne fu contenta. Anzi, manco ebbi bisogno di dirle più di tanto.<br />

C'era il fatto che Irene...beh... Irene aveva fatto quel che aveva fatto, poco<br />

tempo prima, trovando quella c<strong>in</strong>ta giù <strong>in</strong> cant<strong>in</strong>a. Mangiammo e parlammo,<br />

quella sera. Per un attimo pensai che no, che non sarebbe stato giusto, che<br />

avrei dovuto lasciarla perdere, che il mondo è vero e pieno di matti là fuori<br />

ma forse lei se la sarebbe cavata. Che se non voleva un tetto <strong>sul</strong>la testa,<br />

non per questo io dovevo sentirmi <strong>in</strong> dovere di darglielo. Perché, appunto,<br />

non era mia figlia quella. Poi a <strong>letto</strong> mia moglie mi baciò, a lungo, mi disse<br />

grazie, mi si sdraiò sopra col suo corpo bollente e io l'amai con tutto me


stesso che forse Francesca nell'altra stanza ci sentì anche. Ma di certo non<br />

ebbe motivo di scandalizzarsi, perché amava i poeti beat lei, gente che di<br />

certo mica benpensava. Ma forse no, forse non ci udì manco per niente.<br />

Perché mezza boccetta di Lexotan nella m<strong>in</strong>estra stende anche un cavallo,<br />

figurarsi una diciottenne con le lentigg<strong>in</strong>i e la testa ubriaca di poesiuole.<br />

Quando la matt<strong>in</strong>a dopo, facendo attenzione, prendendola <strong>in</strong> braccio come<br />

una sposa, la portai giù <strong>in</strong> cant<strong>in</strong>a, lì dentro c'era ancora l'odore di Irene.<br />

Almeno, a me così parve. Piansi. Mia moglie mi abbracciò, mi disse che<br />

dovevamo andare avanti, che era giunto il momento di elaborare il lutto.<br />

Che del resto Francesca ce l'aveva mandata il buon dio proprio per darci di<br />

nuovo la felicità. I primi giorni non furono facili. Si disperava e scalciava<br />

come una puledra matta, appena scendevamo a farle visita con tutte le<br />

buone <strong>in</strong>tenzioni. Le spiegavo con calma che io e mia moglie davvero non<br />

potevamo avere figli, che a nessuno andrebbe negata una felicità del<br />

genere, che lei si sarebbe trovata bene se avesse collaborato con noi<br />

semplicemente mostrandosi almeno un po' felice. Dannata voglia di libertà,<br />

che aveva Francesca all'<strong>in</strong>izio. Ogni volta che aprivo la botola e la luce<br />

illum<strong>in</strong>ava il buio di sotto, lei si metteva <strong>ad</strong> urlare. Un giorno mia moglie,<br />

mentre le serviva una tazza di latte caldo, le spiegò che poteva sgolarsi<br />

come voleva, che tanto laggiù tutto è <strong>in</strong>sonorizzato. Che nessun ospite<br />

della nostra casa, delle volte sapete tocca pure ricevere parenti e amici,<br />

l'avrebbe mai udita. Nessuno qu<strong>in</strong>di avrebbe mai chiamato la polizia. Delle<br />

volte è necessario <strong>esser</strong>e duri, per spiegare come gira il mondo.<br />

Ormai i giochi sono fatti. Se avesse taciuto, tre ore fa, non saremmo<br />

giunti a questo punto. Le ho perdonato tutto, pure quel maldestro tentativo<br />

di farmi fuori str<strong>in</strong>gendomi la catena <strong>in</strong>torno al collo, l'anno scorso. Ma<br />

ormai la misura è colma. Sono una brava persona, disposto <strong>ad</strong> ascoltare,<br />

ma delle volte anche io perdo la pazienza. Ho visto i suoi genitori, l'altro<br />

giorno, <strong>in</strong> quel programma <strong>sul</strong>la dove cercano le persone scomparse. Mi<br />

spiace per loro. Del resto, però, non sono stati bravi a tenersela. Se una<br />

figlia decide di fare la vagabonda, significa che il p<strong>ad</strong>re e la m<strong>ad</strong>re le hanno<br />

dato troppa corda. Come io, a volte, ho sbagliato a darle troppa catena.<br />

Sono quattro anni che Francesca è nostra figlia, ma ancora non ci ha fatto<br />

l'abitud<strong>in</strong>e, comunque. È una testa dura.<br />

Questo pomeriggio , quando sono sceso a portarle la merenda (di solito<br />

se ne occupa mia moglie, ma la domenica quando non lavoro mi piace<br />

toglierle questa <strong>in</strong>combenza) , ha detto che voleva parlarmi. Mi sono messo<br />

seduto di fronte a lei, ben disposto <strong>ad</strong> ascoltarla. Mi ha spiegato delle cose<br />

su tutta questa faccenda. Il suo punto di vista. Dice che ci è arrivata dopo<br />

anni e anni di riflessione. Non è la prima volta, che ne parliamo. Però <strong>in</strong><br />

precedenza è sempre stata furiosa, volgare, cattiva. Mai, <strong>in</strong>vece, lucida e<br />

spietata come poche ore fa. Mi ha ricordato un po' Irene, l'ultimo periodo,<br />

quando sragionava. Mi ha ficcato i suoi occhi nel cuore, come lame di<br />

ghiaccio. Mi sono sentito un po' a disagio, a dire il vero. Dice che io sono


vittima della bestia, così chiama mia moglie. Che poi, <strong>in</strong> fondo, sarebbe sua<br />

m<strong>ad</strong>re. Perché posso garantire che Clara l'ha sempre trattata come una<br />

figlia, dio santo. Le ha fatto avere tutti quegli stupidi libri che lei ama tanto.<br />

Le pasticche per i dolori mestruali e gli assorbenti. Qualche vestito nuovo,<br />

car<strong>in</strong>o (anche se una certa m<strong>in</strong>igonna io non l'ho mai condivisa). Uno<br />

specchio e dei trucchi. Si è preoccupata di tagliarle i capelli e di tutte le<br />

altre faccende di cui un p<strong>ad</strong>re <strong>in</strong> genere non si occupa. Questo pomeriggio<br />

<strong>in</strong>somma Francesca mi ha spietatamente def<strong>in</strong>ito un debole soggiogato da<br />

un'aguzz<strong>in</strong>a travestita da massaia. Dice che non gliene frega più niente di<br />

sopravvivere. Che le abbiamo rubato tutto. Che se esiste un dio, il nostro<br />

<strong>in</strong>ferno sarà una cant<strong>in</strong>a <strong>in</strong>sonorizzata per tutta l'eternità. Le ho detto di no,<br />

che non è così, che non doveva permettersi. Sono tornato su, lasciandola<br />

al buio. Frastornato. Mi sento un fallito. Ne ho parlato con Clara. Lei ha<br />

pianto. Si è detta stanca, esasperata dai capricci di una bimbetta che non<br />

ne vuole sapere di crescere. Irene era diversa, secondo lei. Era migliore. Io<br />

non lo so. Non me ne frega niente. Le ho detto di prendere una decisione,<br />

di non farmici pensare. Lei ha deciso per una punizione più dura del solito.<br />

All'<strong>in</strong>izio mi ha fatto impressione l'idea, ma forse non è poi così male. La<br />

lasceremo, semplicemente, morire di fame e di sete. Dice che ce ne<br />

cercheremo un'altra. Una figlia migliore. Dopo. Che magari <strong>ad</strong>esso è giunto<br />

il momento di prenderci un po' di tempo per noi. Andarcene <strong>in</strong> ferie. Magari<br />

quella crociera che sogniamo da una vita e che non ci siamo mai potuti<br />

permettere per b<strong>ad</strong>are alle nostre bamb<strong>in</strong>e. Penso ai suoi genitori biologici.<br />

Non si sono persi poi troppo. Francesca è una ragazz<strong>in</strong>a <strong>in</strong>grata, una<br />

ragazz<strong>in</strong>a cattiva. Francesca al buio, senza pane e senza acqua, tra<br />

qualche giorno capirà che il prezzo della libertà è veramente alto. Che i<br />

poeti beat, <strong>in</strong> fondo, non ne sapevano nulla. Penso al suo buio, <strong>ad</strong>esso di<br />

sotto. Ho acceso tutte le luci di casa, per sentirmi meglio. Il nero della<br />

cant<strong>in</strong>a mi perseguita. Maledizione. Mangio la mia frittata. Ha parlato,<br />

Francesca. Ha cercato di scaraventarmi negli abissi. Fortuna che ho Clara,<br />

qui accanto. Il mio amore. Mi passa il telecomando. Cambio canale, v<strong>ad</strong>o<br />

<strong>sul</strong> c<strong>in</strong>que. Ci piace <strong>ad</strong> entrambi parecchio vedere quel Gerry Scotti, prima<br />

del tg.


ALBA PIOLANTI<br />

Amore <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente. E così con un colpo secco, buumm, che<br />

ha fatto tremare le pareti e mi ha fatto sobbalzare dalla sedia, ha sbattuto la<br />

porta. Ed ora, silenzio. Silenzio assordante. Le sue parole violente, cariche<br />

di rabbia, odio e rancore, mi ronzano nelle orecchie, la testa è un alveare<br />

popolato da cent<strong>in</strong>aia di api che premono per uscire, cercano una via di<br />

fuga e di salvezza, ed io, il loro fuco, resto lì <strong>in</strong>erte, come <strong>in</strong> attesa della<br />

loro vendetta, immobile, afono, nel buio che avvolge il mio corpo e la<br />

stanza.<br />

Da quanto tempo sono qui su questa sedia, accanto al tavolo dove<br />

abbiamo consumato i nostri pasti quotidiani? Ah sì, la cuc<strong>in</strong>a, la nostra<br />

cuc<strong>in</strong>a! L’avevamo scelta sfogliando quel catalogo, una domenica al parco:<br />

era lì che, dopo aver fatto l’amore e una abbondante colazione per<br />

rimetterci <strong>in</strong> forze, trascorrevamo un paio d’ore all’aria aperta. Andata e<br />

ritorno <strong>sul</strong>le bici nuove, firmate, accessoriate, e noi <strong>in</strong> tenuta sportiva,<br />

pedalata allegra e caschi <strong>in</strong> testa come un re e una reg<strong>in</strong>a.<br />

Dopo averle assicurate alla solita rastrelliera, quella sotto il grande<br />

abete, con ben due catene, via…alcuni giri di corsa <strong>in</strong>torno al laghetto,<br />

percorso vita, respirazioni profonde e riposo <strong>sul</strong>la solita panch<strong>in</strong>a a goderci<br />

le immersioni di oche, anatre e tartarughe. E poi: lettura di quotidiani, riviste<br />

e cataloghi d’arredamento per la nostra futura casa. “ Questo sì…questo<br />

no…cosa ne pensi? Ti piace? Starebbe bene…potremmo …”, f<strong>in</strong>chè:<br />

“Eccola! Questa!”<br />

Le nostre mani si erano <strong>in</strong>contrate <strong>sul</strong>la stessa pag<strong>in</strong>a, sguardi<br />

abbracciati ci avevano illum<strong>in</strong>ato e sorrisi complici si erano disegnati <strong>sul</strong>le<br />

nostre labbra. Era lei la nostra cuc<strong>in</strong>a! Parete attrezzata con gli<br />

elettrodomestici <strong>ad</strong> <strong>in</strong>casso compreso doppio lavello, pensili, mensole e<br />

tavolo, tutto <strong>in</strong> rovere massiccio, per durare una vita; e sedie impagliate e<br />

lamp<strong>ad</strong>ario con saliscendi a ricordare la civiltà cont<strong>ad</strong><strong>in</strong>a dalla quale<br />

discendono le nostre famiglie. Era un po’ cara? “ Chiederemo un<br />

f<strong>in</strong>anziamento!”.<br />

In fondo era qui, <strong>in</strong> questo ambiente della casa che avremmo trascorso<br />

gran parte della nostra vita <strong>in</strong>sieme a preparare e a consumare i cibi che<br />

tutti e due amiamo.<br />

E’ stato <strong>in</strong>fatti un corso di cuc<strong>in</strong>a che ci ha fatti <strong>in</strong>contrare. Fra uova,<br />

far<strong>in</strong>a, salse, antipasti, d<strong>esser</strong>t, dolci, timballi e ragù, è stato lì che i nostri


sguardi ogni tanto si <strong>in</strong>crociavano e le mani <strong>in</strong>far<strong>in</strong>ate si sfioravano, f<strong>in</strong>o al<br />

momento <strong>in</strong> cui una sera: “ Assaggia dai, è squisita…”, mentre le mie dita<br />

imbrattate di cioccolata si soffermavano a lungo <strong>sul</strong>le tiepide labbra che lei<br />

apriva leggermente giusto per lasciarmi entrare, poi si sp<strong>in</strong>gevano<br />

lentamente dentro <strong>ad</strong> esplorare quella caverna di delizie, f<strong>in</strong>chè lei<br />

com<strong>in</strong>ciava a succhiarle con la l<strong>in</strong>gua calda che si <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uava <strong>in</strong> ogni cavità<br />

della mano.<br />

E la felicità si era fatta assoluta quando, nella cuc<strong>in</strong>a nuova di zecca,<br />

immersi negli aromi di cipolla, aglio e rosmar<strong>in</strong>o, fra i vapori dell’acqua che<br />

gorgogliava nella pentola, ci siamo preparati la nostra prima cenetta, su<br />

quel marmo vivo e colorato dalle venature ramificate: e noi sfilavamo<br />

posate lucide e coltelli affilati dai cassetti che volavano, e aprivamo pensili<br />

e vetr<strong>in</strong>ette dove stavano riposti piatti di f<strong>in</strong>issima porcellana e bicchieri di<br />

puro cristallo, dal design moderno e coraggioso. E poi, seduti uno di fronte<br />

all’altra, ai lati del tavolo rettangolare che nel tempo avrebbe ospitato f<strong>in</strong>o a<br />

otto amici per dividere con noi la gioia di questo amore, ci preparavamo al<br />

rito sorseggiando un calice di buon v<strong>in</strong>o d’annata.<br />

Ed ora sono qui, con un gomito appoggiato al nostro tavolo, <strong>ad</strong><br />

occupare il mio solito posto, ma il marmo è gelido, anonimo, privo di vita.<br />

Nessun aroma, né gorgoglìo d’acqua che bolle, o sfrigolìo d’arrosto che<br />

cuoce. Il fuoco è spento. La casa è sprofondata improvvisamente <strong>in</strong> un<br />

silenzio cupo, popolato solo dai miei pensieri e dall’eco delle sue parole<br />

nella mia testa: “ Sei un <strong>in</strong>capace, un buono a nulla, sono anni che mi fai<br />

ripetere sempre le stesse cose, ma tu, no, sei testardo come un mulo…ti<br />

vuoi sempre misurare col nuovo. Mi chiedo ancora se capisci quando ti<br />

parlo o se fai f<strong>in</strong>ta. Il tempo e l’esperienza non ti hanno <strong>in</strong>segnato proprio<br />

niente. Ma <strong>ad</strong>esso basta. Mi sono stancata. Ne ho f<strong>in</strong> sopra ai capelli delle<br />

tue teorie… tanto non serve spiegare. E’ <strong>in</strong>utile che cerchi di giustificarti, di<br />

trovare delle scuse. Non ne posso più. Ma…a cosa pensi quando fai le<br />

cose? Io ti avevo avvertito, te l’avevo detto. Cosa credevi…che scherzassi?<br />

Che fosse soltanto una f<strong>in</strong>ta? Ti avevo detto che era l’ultima volta, vero?<br />

Che dopo non l’avrei più sopportato? Il signore <strong>in</strong>vece fa quel che gli pare! -<br />

Faccio Io- Decido io- Lui…il superman! E io non esisto? Cosa ci sto a fare?<br />

Il rispetto, la collaborazione, la fedeltà ai nostri ideali, dove sono f<strong>in</strong>iti?…”<br />

Una bufera di accuse alle quali io ho tentato di rispondere, non tanto per<br />

giustificarmi, quanto per spiegare. Ho cercato di non perdere la calma, di<br />

ascoltare tentando di <strong>in</strong>serirmi, di trovare spazio <strong>in</strong> quel fiume <strong>in</strong>arrestabile<br />

di improperi che mi lordavano l’anima, ma…niente.<br />

Lei, come una furia, guardandomi torva, si dibatteva fra urli, sus<strong>sul</strong>ti,<br />

toni alti e bassi, mentre impugnava una p<strong>ad</strong>ella come una sp<strong>ad</strong>a, la<br />

brandiva nell’aria e il suo bel viso si deformava <strong>in</strong> una maschera d’orrore; la<br />

sua voce, che mi aveva sussurrato canzoni d’amore, ondeggiava come la


isacca del mare, risaliva dal basso per sputare <strong>in</strong><strong>sul</strong>ti, offese, rimproveri,<br />

e poi guizzare lontano spargendo schegge <strong>in</strong>fuocate <strong>sul</strong> mio volto.<br />

I suoi occhi erano di brace e il corpo abbruttito da movimenti <strong>in</strong>con<strong>sul</strong>ti,<br />

violenti, che deformavano la naturale armonia di forme che tanto amavo. E<br />

<strong>sul</strong>la bocca morbida e accogliente, si stampava un ghigno duro di odio.<br />

Irriconoscibile!<br />

Come può acc<strong>ad</strong>ere tutto questo? Dove era f<strong>in</strong>ita la complicità del<br />

vivere che per anni ci aveva tenuti uniti? E la tenerezza delle notti? E il<br />

cercarsi dei giorni?<br />

Un macigno era c<strong>ad</strong>uto <strong>sul</strong> mio cuore e mi stava affondando negli abissi<br />

della notte più buia.<br />

Ero solo. Senza più volontà né energie. Se ne era andata sbattendo la<br />

porta. Buummm! Un colpo secco.<br />

E tutto soltanto per colpa di quella maledetta torta al cioccolato che non<br />

aveva fermentato come avrebbe dovuto perché avevo osato provare un<br />

nuovo lievito!<br />

O NO?


GIUSEPPE LAVALLE<br />

Ora<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso. Così, da un giorno<br />

all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili progetti futuri e le<br />

misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci separavano dalla<br />

pensione. Ore 6:00, gli occhi sono aperti, un po’ per l’abitud<strong>in</strong>e di una<br />

sveglia mai giusta, un po’ perché non ho chiuso occhio. 12 anni di svegliacolazione-auto-lavoro-pranzo-lavoro-casa-amici.<br />

Ora? Ora la giornata è<br />

tutta davanti a me, con il nulla a bussare alla porta e la colazione <strong>sul</strong> tavolo.<br />

Penso a cosa fare per gli anni che arriveranno. 3.200 euro mensili volati<br />

via. Mu<strong>tuo</strong> da est<strong>in</strong>guere. Il futuro? Un tratto di penna e giù una nuova vita<br />

senza che neanche respirassi, sparito tutto.<br />

23.423 euro tutto quello che c’è <strong>sul</strong> c/c. Si sta realizzando la mia più<br />

grane paura, quella di f<strong>in</strong>ire come un mendicante. Non lo so spiegare, ma è<br />

sempre stata la mia fobia. F<strong>in</strong> da ragazz<strong>in</strong>o, da quando un giorno, a<br />

passeggio con mia m<strong>ad</strong>re, ho visto un signore con la barba lunga, gli abiti<br />

grandi e sporchi chiedere dei soldi con un cartello appeso al collo. Ho<br />

sempre cercato di non diventare così e il timore di una vita spazzata mi ha<br />

sempre sp<strong>in</strong>to a cercare qualcosa che mi desse da vivere. Ora eccola lì, è<br />

lei, la mia fobia che sta per materializzarsi. Quando mi chiedevano cosa<br />

volevo fare da grande non riuscivo a rispondere, ma sapevo soltanto cosa<br />

non volevo fare. Il barbone mendicante. Adesso questo futuro è lì che mi<br />

guarda. Cazzo! Eppure ho fatto tutto quello che ci dicono di dover fare.<br />

Studente mediamente diligente, con tutte le esperienze della mia<br />

generazione. Elementari, medie, liceo ed università. Una vita diretta <strong>ad</strong><br />

avere un lavoro che mi desse soddisfazione ed appagamento economico.<br />

Soldi per fare e comprare tutto, per andare <strong>in</strong> vacanza il f<strong>in</strong>e settimana,<br />

comprare l’ultimo cellulare, andare a visitare musei, mostre, c<strong>in</strong>ema, teatri,<br />

libri, una casa bella ed accogliente, il corso di v<strong>in</strong>o, la spesa nella bottega<br />

alla ricerca del prodotto esclusivo e genu<strong>in</strong>o. Le cose sono andate più o<br />

meno come credevo dov<strong>esser</strong>o andare. Direttore market<strong>in</strong>g a 31 anni,<br />

viaggi per lavoro <strong>in</strong> giro per il mondo, cene aziendali, amici e qualche<br />

donna. Ma, c’era sempre qualcosa che mi metteva <strong>in</strong> ansia. Era una<br />

sensazione d’<strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e. Stress dicevo io, <strong>in</strong> giro qua e la e poco tempo<br />

per me e le mie cose. Poi tutto mi è stato chiaro quando ho <strong>letto</strong> Il deserto<br />

dei tartari di D<strong>in</strong>o Buzzati. Il protagonista, un giovane militare, spreca<br />

l’<strong>in</strong>tera esistenza <strong>in</strong> una fortezza militare lontana da tutto. Le parole scritte<br />

dello stesso Buzzati nell’<strong>in</strong>troduzione, mi sono rimaste stampate nella testa.<br />

Lui scrive, “Probabilmente tutto è nato nella redazione del Corriere della<br />

Sera. Dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti, ed era un lavoro<br />

piuttosto pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni e io


mi chiedevo se fosse andata avanti sempre così, se le speranze, i sogni<br />

<strong>in</strong>evitabili quando si è giovani, si sarebbero atrofizzati a poco a poco, se la<br />

grande occasione sarebbe venuta o no, e <strong>in</strong>torno a me vedevo uom<strong>in</strong>i,<br />

alcuni della mia età, altri molto più anziani, i quali andavano, andavano,<br />

trasportati dallo stesso lento fiume e mi domandavo se anch'io un giorno<br />

non mi sarei trovato nelle stesse condizioni dei colleghi dai capelli bianchi<br />

già alla vigilia della pensione, colleghi oscuri che non avrebbero lasciato<br />

dietro di sé che un pallido ricordo dest<strong>in</strong>ato presto a svanire”.<br />

Era tutto lì, <strong>in</strong> quelle poche righe, ciò che sentivo e non riuscivo a<br />

tr<strong>ad</strong>urre <strong>in</strong> parole. Uno spreco di tempo <strong>in</strong> attesa che qualcosa acc<strong>ad</strong>a, e<br />

nel tempo dell’attesa ritrovarsi poi già con lo sguardo <strong>in</strong>dietro. Questo<br />

pensiero, ben saldo <strong>in</strong> me, mi ha portato alla conclusione che f<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> oggi<br />

sono stato anch’io immobile, sono stato trasportato dal lento fiume. Ora è<br />

l’occasione. Per la prima volta questo senso di onnipotenza era entrato <strong>in</strong><br />

me; decido io, rischio io, vivo io. Il fallimento della Nulla S.p.a® , il mio<br />

posto da dirigente da 3.200 euro al mese sparito, è la miglior cosa che mi<br />

potesse capitare. Ho <strong>in</strong>iziato così a comprare stoffe, a tagliare e cucire, <strong>ad</strong><br />

imbastire <strong>in</strong> una piccola stanza ripostiglio <strong>in</strong> casa, dove <strong>in</strong> breve tempo,<br />

aghi, fettucce, tessuti, macch<strong>in</strong>a da cucire che f<strong>in</strong>o a poco fa era un<br />

<strong>in</strong>gombro, sono diventati attrezzi da lavoro, del mio lavoro. La Nulla S.p.a®.<br />

e la paura di diventare un mendicante sono lontane anni luce quando sono<br />

chiuso nello stanz<strong>in</strong>o. La voglia di non sbagliare mi sp<strong>in</strong>ge a trascorrere più<br />

tempo possibile con la testa ch<strong>in</strong>a <strong>sul</strong> tavolo. Ho term<strong>in</strong>ato la mia prima<br />

collezione, pochissimi pezzi da far vedere a qualcuno che abbia voglia di<br />

farmi confezionare per lui. Inizio il mio peregr<strong>in</strong>are per case di moda, sarti,<br />

laboratori, riviste di moda, con l’ansia che avevo visto <strong>in</strong> volto alle persone<br />

che si erano presentate da me per un colloquio di lavoro alla Nulla S.p.a®.<br />

Gli occhi bassi, una paura tale da far tremare le parole. Sul c/c i 23.423<br />

euro sono diventati 4.756 dopo un anno. “La r<strong>in</strong>grazio, ma il suo lavoro non<br />

corrisponde alla nostra l<strong>in</strong>ea”.<br />

“Siamo molto <strong>in</strong>teressati al suo lavoro, e disposti <strong>ad</strong> acquistare i suoi<br />

capi a patto che lei faccia acquistare, almeno 30 ord<strong>in</strong>i”.Queste le risposte<br />

che arrivavano dopo qualche settimana. Lo spettro di <strong>esser</strong>e <strong>in</strong>ghiottito da<br />

quella vita che avevo sempre saputo <strong>esser</strong>e il mio più <strong>in</strong>fernale <strong>in</strong>cubo era<br />

vic<strong>in</strong>o. Il par<strong>ad</strong>iso è arrivato con la collezioni Sole. “Va bene Alberto, siamo<br />

disposti <strong>ad</strong> acquistare i suoi lavori”, mi ha detto il direttore creativo. Ecco, il<br />

fallimento della Nulla S.p.a® è stata la più grande fortuna che mi potesse<br />

capitare.


ELISABETTA MALDINA<br />

Vecchio Mondo, mondo vecchio<br />

“Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione.”<br />

Diceva sempre così il babbo, dopo la solfa del “come si stava meglio<br />

prima” e prima dell’annuncio di “bisogna fare più sacrifici”, a mo’ di<br />

giustificazione.<br />

Mentre rimug<strong>in</strong>avo seduto a tavola, bevendo un caffè d’orzo, pensavo<br />

che da quella fatidica chiusura, tante cose erano cambiate.<br />

-Alex..<br />

-Arrivo nonno.<br />

Mi avviai verso la camera, tirai su le tapparelle..<br />

-Fa ban piane<strong>in</strong>! Va là che una volta, quando c’erano le b<strong>ad</strong>anti<br />

avrebbero avuto un po’ più di garbo. Tutta ‘sta luce da fastidio!<br />

-Scusa nonno, ma sono già le dieci..<br />

-Le dieci, le dieci.. L’ultimo bollett<strong>in</strong>o del M<strong>in</strong>istero della salute diceva<br />

che noi abbiamo bisogno di tanto riposo per campare a lungo - disse con<br />

tono sornione.<br />

Diedi una mano al nonno a lavarsi, pensando che proprio questa era<br />

una delle cose che erano cambiate di più.<br />

Il nonno, i nonni <strong>in</strong> generale, erano gli unici fortunati <strong>in</strong>testatari di una<br />

pensione maturata nei tempi che furono.<br />

Essa contribuiva <strong>in</strong> modo decisivo al bilancio familiare e lo Stato aveva<br />

avviato campagne di sensibilizzazione per istruire le famiglie a mantenere<br />

<strong>in</strong> salute i propri vecchi il più a lungo possibile.<br />

Non ce n’era bisogno. Le famiglie ne erano perfettamente consapevoli<br />

e trattavano i propri anziani con ogni riguardo.<br />

I miei genitori sgobbavano da matt<strong>in</strong>a a sera e al nonno b<strong>ad</strong>avo io,<br />

Alex, 30 anni, laureato <strong>in</strong> chimica, disoccupato.<br />

O meglio, b<strong>ad</strong>ante.<br />

Da quando si era aggravata la crisi economica, i flussi di immigrazione<br />

si erano spostati verso paesi più promettenti: India, C<strong>in</strong>a..<br />

Qui non esistevano più b<strong>ad</strong>anti e colf e le Case di riposo avevano<br />

chiuso i battenti perché nessuno poteva permettersele.<br />

Così , noi trentenni facevamo da balia ai nonni, tentando nello stesso<br />

tempo di trovare un lavoro.<br />

-Hai comprato i pannoloni? - Mi chiese il nonno.<br />

-Sì , sono già nell’arm<strong>ad</strong>ietto. Vieni che la colazione è pronta.- risposi,<br />

porgendogli la dentiera.


Ora, cercate di capirmi, il nonno era affetto da tutti i disturbi di un corpo<br />

usurato dall’età, ma era ancora parecchio <strong>in</strong> gamba: fisico asciutto,<br />

temprato dalle arti marziali praticate <strong>in</strong> gioventù, aspetto dist<strong>in</strong>to,<br />

chiacchiera pronta, forse un po’ logorroica, ma di compagnia.<br />

- Alex, hai <strong>letto</strong> i necrologi? - disse, biascicando le fette biscottate<br />

<strong>in</strong>zuppate.<br />

-Sì, oggi ce n’erano 4 pag<strong>in</strong>e. Ne ho appuntati alcuni. Dopo controllo al<br />

computer con Chiara.<br />

Non prendetemi per un necrofilo. Per noi giovani, i necrologi erano i<br />

sostituti degli “annunci di lavoro” o dei “bandi di concorso” di cui mi parlava<br />

il nonno.<br />

Sul giornale venivano <strong>in</strong>dicati i dati anagrafici del defunto e la<br />

professione.<br />

Ogni disoccupato <strong>in</strong>dividuava la professione a cui aspirava, la <strong>in</strong>seriva<br />

<strong>in</strong> <strong>in</strong>ternet <strong>in</strong>crociandola con i dati del defunto, otteneva il nome della ditta<br />

per cui questo lavorava, e le <strong>in</strong>viava via mail il proprio curriculum.<br />

-A proposito- disse il nonno- ho saputo che ieri ne è morto un altro.<br />

-Sì. V<strong>in</strong>cenzi. Stava al numero 15. Lo hanno trovato stecchito a tavola,<br />

vic<strong>in</strong>o a una bottiglia di v<strong>in</strong>o.<br />

-E’ gia il terzo qui nei palazzoni.<br />

-Già, anche lui lavorava <strong>in</strong> un’<strong>in</strong>dustria farmaceutica. Lo veniva a<br />

prendere tutte le matt<strong>in</strong>e lo scuolabus per portarlo al lavoro. Aveva difficoltà<br />

a camm<strong>in</strong>are a lungo.<br />

-E pensare che ai miei tempi quei pullm<strong>in</strong>i gialli portavano a “scuola” i<br />

bamb<strong>in</strong>i.<br />

-Nonno ora le scuole si contano <strong>sul</strong>la punta delle dita - per non parlare<br />

dei bamb<strong>in</strong>i - e alcune sono vere rarità. Pensa a quelle che tu chiami<br />

“d’<strong>in</strong>fanzia” e a quelle altre..come si dice..”elementari”. Non ce ne sono<br />

quasi più. Chi di noi potrebbe permettersi di fare figli con quella tassa che<br />

hanno messo <strong>sul</strong>le nascite?<br />

-Hai ragione. Be’, direi che è venuto il momento di fare una capat<strong>in</strong>a ai<br />

giard<strong>in</strong>etti.<br />

E mentre ci avviavamo a passo lento e il nonno mi raccontava di quanto<br />

portassero gioia i bamb<strong>in</strong>i, io rimug<strong>in</strong>avo <strong>in</strong>torno a quella nuova forma di<br />

crim<strong>in</strong>alità che si era lentamente imposta nell’ultimo ventennio: i seniorkillers.<br />

Assass<strong>in</strong>i prezzolati che elim<strong>in</strong>avano gli anziani, pensionati o occupati.<br />

Alcuni dicevano che era il nuovo bus<strong>in</strong>ess della mafia: se avevi i contatti<br />

giusti potevi comprare l’elim<strong>in</strong>azione del vecchio che occupava il posto che<br />

ti faceva gola.<br />

Altri erano conv<strong>in</strong>ti che fossero le Organizzazioni Clandest<strong>in</strong>e per il<br />

Rilancio del Vecchio Mondo - ora soprattutto mondo vecchio – che<br />

volevano svecchiare la popolazione <strong>in</strong> modo veloce.<br />

Ri<strong>sul</strong>tato: io tenevo sempre sott’occhio il nonno.


Anche ora, che giocava a briscola con alcuni amici <strong>in</strong> uno dei tavol<strong>in</strong>i dei<br />

giard<strong>in</strong>etti.<br />

C’erano molti tavol<strong>in</strong>i ai giard<strong>in</strong>etti, molte sedie, molti gazebo e molti<br />

servizi igienici, per i fisiologici disturbi dell’età. E molti anziani.<br />

Non c’erano <strong>in</strong>vece scivoli, altalene, piste di patt<strong>in</strong>aggio o campi da<br />

gioco. E neanche un bamb<strong>in</strong>o.<br />

In compenso pullulavano di cani e gatti. Gli animali da compagnia, si sa<br />

- “allungano la vita degli anziani e ne migliorano la qualità.” -per citare uno<br />

spot del M<strong>in</strong>istero.<br />

Il nonno, <strong>in</strong>tanto, term<strong>in</strong>ò la partita e si avvic<strong>in</strong>ò dicendo:<br />

-Alex, è ora di andare, sono stanco. Pranziamo presto e dopo schiaccio<br />

un pisol<strong>in</strong>o. A che ora ti vedi con Chiara?<br />

-Alle due. Da noi.<br />

-Va bene. Per favore non fate chiasso che ho il sonno leggero.<br />

-Nonno! Ti abbiamo mai disturbato?<br />

-No, <strong>in</strong> effetti no.<br />

Chiara era la mia migliore amica. Forse qualcosa di più.<br />

Abitava nel mio stesso palazzo e b<strong>ad</strong>ava a suo nonno.<br />

Ci vedevamo nei brevi ritagli di tempo che corrispondevano ai pisol<strong>in</strong>i<br />

pomeridiani dei rispettivi nonni.<br />

Io non so di che genere di rumore parlasse il nonno, ma posso<br />

immag<strong>in</strong>are il genere a cui state pensando voi.<br />

Vi posso assicurare che non c’era pericolo che facessimo sesso.<br />

La nostra generazione, senza prospettive di futuro, con una vita priva di<br />

stimoli e speranze e con il terrore di <strong>in</strong>desiderate gravidanze, era molto<br />

frenata <strong>in</strong> fatto di sesso. Era molto frenata e basta.<br />

Il tempo libero lo passava a cercare lavoro. Perché morto il nonno,<br />

sarebbero diventati anziani anche i genitori. Senza pensione, però.<br />

In più il mondo si era ristretto. Niente rischi di “globalizzazione”.<br />

Il nostro mondo era grande come un francobollo: la casa, il condom<strong>in</strong>io,<br />

i giard<strong>in</strong>etti. I viaggi più arditi erano virtuali, su <strong>in</strong>ternet.<br />

Le amicizie e i rapporti <strong>in</strong>terpersonali, a distanza di braccio.<br />

A differenza del passato, ora, <strong>in</strong> condom<strong>in</strong>io e nei palazzi limitrofi, ci si<br />

conosceva tutti e ci si aiutava a vicenda.<br />

Forse per questo le ultime tre morti riportate <strong>sul</strong> giornale mi avevano<br />

turbato. Io li conoscevo.<br />

Abitavano nei palazzoni, come me e il nonno.<br />

Appena Chiara arrivò - il nonno dormiva già – decisi di parlarne con lei.<br />

-Chiara, hai sentito di V<strong>in</strong>cenzi?<br />

-Sì. Il M<strong>in</strong>istero si lamenta che gli anziani non vengono seguiti<br />

abbastanza. Che è <strong>in</strong>concepibile che gli sia ancora permesso di bere<br />

alcolici. Ma V<strong>in</strong>cenzi era ancora autonomo.<br />

-Ma non ti sembra strano che ne siano già morti tre, qui nei palazzoni?


-Boh, non so, avevano già una certa età. Non c’era traccia di violenza<br />

ne’ di sostanze sospette secondo le autopsie.<br />

-Lo so. Ma tutti e tre avevano vic<strong>in</strong>o una bottiglia di v<strong>in</strong>o quasi piena e il<br />

bicchiere pure. Le circostanze sono così simili.<br />

-Calmati Alex, perché la cosa ti turba tanto?<br />

-E’ per il nonno. Ho paura che qualche killer abbia preso di mira gli<br />

anziani che abitano qua.<br />

-Ma non è possibile, dai! Si tratta di co<strong>in</strong>cidenze. Com<strong>in</strong>ciamo la ricerca<br />

su <strong>in</strong>ternet e mandiamo i curriculum, che è tardi!<br />

-Oh cavolo! Non mi ricordo a che ora è la seduta di tai-chi del nonno!<br />

Mi tocca svegliarlo.<br />

Bussai alla porta della camera. Nessuna risposta. Riprovai, ma ancora<br />

nulla.<br />

Preoccupato, aprii l’uscio e lo chiamai. Nella penombra della stanza il<br />

mucchio delle coperte era immobile.<br />

-Nonno! Nonno!... Chiara!! – chiamai appena mi accorsi che il <strong>letto</strong> era<br />

vuoto.<br />

In quel preciso momento un’<strong>in</strong>tuizione mi attraversò il cervello: le<br />

cant<strong>in</strong>e!<br />

Il budello tor<strong>tuo</strong>so che si estendeva sottoterra e collegava tutti i<br />

palazzoni!<br />

L’assass<strong>in</strong>o doveva aver colpito le vittime proprio là. E il nonno poteva<br />

trovarsi laggiù proprio ora.<br />

Io e Chiara ci precipitammo fuori dall’appartamento, snobbando il lento<br />

ascensore e scapicollandoci per le scale.<br />

In prossimità dello scant<strong>in</strong>ato <strong>in</strong>timai a Chiara di fare silenzio e ci<br />

<strong>in</strong>oltrammo lungo il corridoio.<br />

Fu allora che, nell’oscurità, <strong>in</strong>travvedemmo due sagome, una ch<strong>in</strong>a<br />

verso qualcosa appoggiato <strong>sul</strong> pavimento e, alle sue spalle, un’altra, <strong>in</strong><br />

piedi, che le si avvic<strong>in</strong>ava silenziosamente.<br />

Mi lanciai verso l’uomo <strong>in</strong> piedi e lo sp<strong>in</strong>si a terra con tutta la forza del<br />

mio peso e , come mi aveva <strong>in</strong>segnato il nonno, gli torsi un braccio dietro la<br />

schiena.<br />

-Nonno, stai bene? - chiesi ansimante.<br />

-Non c’è male figliolo, ma io sono Guizzardi, del terzo piano.- rispose<br />

l’ombra di fianco a quello che ora riconoscevo come un portabottiglie.<br />

-Ma allora.. il nonno dov’è?..<br />

- Sono qui. – rispose la sagoma accucciata sotto di me.<br />

-Nonno?..non capisco –<br />

- Alex, volevo solo aiutarti a trovare un lavoro. E’ triste vivere <strong>in</strong> un<br />

mondo di vecchi. In un mondo senza prospettive, dest<strong>in</strong>ato presto a morire<br />

ed est<strong>in</strong>guersi..<br />

-Nonno, hai ucciso tu gli altri <strong>in</strong>quil<strong>in</strong>i?<br />

-..Sì..Ma ora mi costituirò alla Polizia. Mi dispiace Alex.


In quel momento tutto sembrò crollarmi <strong>ad</strong>dosso. C<strong>ad</strong>di <strong>in</strong> g<strong>in</strong>occhio e<br />

mi misi a piangere.<br />

-Non hanno sofferto sai? Me lo avevano chiesto ai giard<strong>in</strong>etti. Volevano<br />

andarsene senza accorgersene. E io potevo aiutarli, volevo aiutarli. Basta<br />

una pressione delle dita <strong>in</strong> un punto particolare alla base del collo per<br />

spegnerli dolcemente dopo qualche ora. Me lo ha <strong>in</strong>segnato il mio Maestro<br />

Cheng Fui.<br />

Io lo guardavo <strong>in</strong>credulo.<br />

-Alex, non piangere. Il mondo deve cambiare. Portami al comando di<br />

Polizia.<br />

Così mi alzai, lo presi sotto braccio e ci <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>ammo fuori dal buio.<br />

-Dici che nelle celle c’è la televisione?- mi chiese.<br />

-Certo nonno.<br />

-E trasmetteranno San Remo anche quest’anno?<br />

-Sicuro. Certe cose cambiano, ma altre non cambiano mai.


GRAZIELLA PAGANI<br />

La solita storia<br />

Francesca era stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che si è<br />

riversata tutta su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove c’è<br />

buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente.<br />

Me ne sono andato <strong>in</strong> silenzio. Non c’era molto da aggiungere.<br />

E’ proprio f<strong>in</strong>ita questa volta.<br />

Prima o poi, sarebbe successo, era <strong>in</strong>evitabile.<br />

La cosa si era trasc<strong>in</strong>ata anche oltre le reciproche aspettative e tante<br />

volte avevo desiderato acc<strong>ad</strong>esse <strong>in</strong> fretta e l’idea mi aveva spesso<br />

sollevato, per la verità.<br />

Ora però non provo nessun sollievo, solo una pesantezza <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita.<br />

Forse non avrei più rivisto la casa di Francesca, pensavo, scendendo le<br />

scale, non avrei più camm<strong>in</strong>ato con impazienza nelle vic<strong>in</strong>anze del suo<br />

palazzo <strong>in</strong> attesa di rivederla, emozionato ed <strong>in</strong>credulo per ciò che provavo.<br />

Non avrei più rivisto quel suo sorriso un po’ triste, non sarei più stato<br />

accolto tra le sue braccia.<br />

Niente. Cosa mi rimaneva?<br />

Di tornarmene a casa una volta per tutte come mi aveva urlato <strong>sul</strong>la<br />

porta.<br />

Le ho lasciato il mio spazzol<strong>in</strong>o da denti e qualche abito, quel poco che<br />

da anni, <strong>in</strong> fondo, sono riuscito a darle.<br />

Riaccendo il cellulare, due telefonate di mia moglie, nessuna voglia di<br />

richiamarla.<br />

La sua casa non è la mia casa, scopro all’improvviso. E’ la casa di<br />

Chiara e senza Francesca sento di non avere più un posto veramente mio.<br />

Forse solo la macch<strong>in</strong>a mi appartiene davvero.<br />

E’ parcheggiata a pochi metri di distanza, una mossa azzardata, lo so,<br />

ma il tono di lei, l’allarme nella sua voce, prima, non mi avevano fatto<br />

ragionare lucidamente.<br />

Me lo sentivo che non avrebbe resistito ancora molto, il ruolo d’amante<br />

le pesava, diversa da tutte le altre, <strong>in</strong> effetti. Tempo sc<strong>ad</strong>uto.<br />

L’auto mi accoglie silenziosa. Il freddo dentro e fuori è pungente.<br />

Perché non lascio Chiara è un mistero anche per me.<br />

La scusa dei figli non regge più, sono ormai cresciuti, forse capirebbero<br />

tutto, sono ragazzi <strong>in</strong> gamba. Chiara è stata un’ottima m<strong>ad</strong>re e io neppure<br />

malaccio come p<strong>ad</strong>re.<br />

Com’è possibile che lei non si sia accorta di niente.


Di amanti ne ho avute sempre, dopo i primi anni di matrimonio.<br />

Eppure…si è bevuta, nel tempo, tutte le mie scuse, le mie bugie.<br />

Di amanti ne ho avute sempre ma storie di breve durata, solo con<br />

Francesca la relazione è andata oltre, sono quasi tre anni che cont<strong>in</strong>ua con<br />

vari, patetici, tentativi di <strong>in</strong>terruzione.<br />

Non è bella Francesca, ma ha qualcosa che mi manca terribilmente.<br />

Forse è l’unica che ha capito davvero chi sono, che ha toccato<br />

qualcosa, qualcosa… e riesce a farmi sentire a casa.<br />

Perché la mia casa non è davvero la mia casa.<br />

Forse sono solo un vigliacco e Francesca ha ragione, io non voglio<br />

cambiare nulla semplicemente perché sarebbe troppo faticoso.<br />

Parlare con Chiara, le discussioni senza f<strong>in</strong>e, i suoceri, i ragazzi, tutto<br />

un mondo costruito nel tempo da buttare all’aria.<br />

Sono un vigliacco che vuole risparmiare fatiche e rotture, che pensa che<br />

tanto i sentimenti sono troppo effimeri per durare: Francesca, un’altra…<br />

uguale. Emozioni fluttuanti.<br />

Il cellulare suona.<br />

E’ Chiara, come sempre organizza le cose, mi ricorda la cena di stasera<br />

con alcuni amici, devo passare a prendere il dolce.<br />

Per un attimo l’ansia dentro si scioglie e avverto una forma di<br />

riconoscenza per lei.<br />

Forse mi accetta per quel che sono, mi dico, oppure è solo uguale a me,<br />

<strong>in</strong>capace di cambiare, bisognosa di sicurezze, magari ha avuto perf<strong>in</strong>o<br />

degli amanti e non me ne sono mai accorto.<br />

Ma anche questo, ora, mi è di conforto.<br />

Accendo l’auto e parto, troverò per str<strong>ad</strong>a qualche gelateria aperta di<br />

sicuro.<br />

-----------------------<br />

“Non tornerà più” si dice Francesca chiudendo la porta sui passi di lui<br />

che scendono le scale.<br />

Il gesto le toglie le ultime forze rimaste.<br />

Ecco, ha toccato il fondo e ora non si può che risalire, dicono, e lei lo<br />

spera tanto.<br />

Ci ha provato più volte a metterlo alle strette, a fargli ammettere la<br />

verità.<br />

Ora sa per certo che niente cambierà mai, lui non lascerà la moglie per<br />

ragioni <strong>in</strong>spiegabili.<br />

Francesca si sente completamente svuotata.<br />

Si era sempre ripromessa mai con un uomo sposato ed <strong>in</strong>vece…<br />

Tre anni <strong>in</strong> alto mare, su è giù, anche ora l’angoscia l’assale <strong>ad</strong> ondate<br />

<strong>in</strong>sieme allo sconforto.<br />

La consapevolezza di <strong>esser</strong>e considerata così poco da lui, la fa<br />

s<strong>in</strong>ghiozzare di rabbia e di dolore.


Eppure, aveva avuto varie volte la sensazione che tutto poteva<br />

cambiare all’improvviso.<br />

Quella speranza e i cont<strong>in</strong>ui ritorni di Maurizio l’avevano legata con fili<br />

sottili ma tenaci che ora sembrava le togli<strong>esser</strong>o il respiro.<br />

Si sente nuda, come una bamb<strong>in</strong>a piccola ma questa volta non avrebbe<br />

ceduto.<br />

Oggi ce l’ha fatta a sfogarsi, è stata crudele e violenta, forse offensiva, e<br />

questa volta lui non sarebbe tornato.<br />

Francesca raccoglie le poche cose che Maurizio ha lasciato a casa sua<br />

e le sbatte dentro un sacchetto di plastica: spazzol<strong>in</strong>o, pigiama, due<br />

maglioni…fruga con impazienza nei cassetti, apre le ante dell’arm<strong>ad</strong>io.<br />

Poi scende le scale con il suo bott<strong>in</strong>o. Fuori la serata è tersa, gelida ma<br />

lum<strong>in</strong>osa.<br />

Il sacchetto c<strong>ad</strong>e dentro il cassonetto, mentre il cellulare dentro la tasca<br />

del giaccone com<strong>in</strong>cia a squillare.<br />

“Maurizio”legge <strong>sul</strong> display acceso.<br />

Francesca spegne il telefon<strong>in</strong>o e con un respiro profondo ritorna sui suoi<br />

passi.


GIULIA GUBELLINI<br />

Alla luce del sole<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente. Francesca ha capito tutto. Peggio ancora,<br />

ha visto tutto.<br />

– calmati – le dico – entriamo <strong>in</strong> casa –<br />

Francesca considera la mia proposta, ma alla f<strong>in</strong>e butta i capelli<br />

all’<strong>in</strong>dietro e scuote la testa.<br />

– restiamo fuori – e con il mento <strong>in</strong>dica la veranda – il tempo è buono –<br />

Non vuole stare da sola con me penso vuole che i vic<strong>in</strong>i la vedano.<br />

Deve <strong>esser</strong>e sicura che se grida “aiuto”, qualcuno venga <strong>ad</strong> aiutarla. A<br />

salvarla dal mostro.<br />

– va bene – dico e ci sediamo <strong>sul</strong>le poltrone <strong>in</strong> penombra.<br />

Per un po' Francesca osserva un passante con il suo Basset-Hound. Il<br />

cane annusa l'aria, <strong>in</strong> cerca di cibo nel via<strong>letto</strong>, punta e fagocita la carta di<br />

un gelato. Il p<strong>ad</strong>rone lo tira <strong>in</strong>dietro, lo rimprovera, e vanno avanti, f<strong>in</strong>o<br />

all'angolo del giard<strong>in</strong>o.<br />

Io guardo Francesca. Ha la fronte corrucciata e cont<strong>in</strong>ua a mordersi un<br />

labbro, secco e tagliato, come se quella tortura andasse avanti da mesi; o<br />

forse anni.<br />

– vuoi della limonata? – chiedo e lei sobbalza. Un gemito le scappa fra i<br />

denti e si guarda <strong>in</strong>torno, per capire se qualcuno, oltre a me, lo ha sentito.<br />

È <strong>sul</strong>l'orlo di una crisi di nervi, se non c'è già stata, magari ieri, a tarda<br />

notte, quando ha deciso di venirmi a parlare.<br />

– lo sai che ho sempre una caraffa di limonata <strong>in</strong> frigo – le spiego.<br />

– sì... ho sete – risponde Francesca e la sua voce è ruvida come le sue<br />

labbra.<br />

La discussione <strong>sul</strong>la porta si è prodotta con il sibilo di una lama che<br />

attacca, con parole morse, sputate. E se io sono rimasto colpito allo<br />

stomaco, e ora languisco <strong>in</strong> cerca di un rimedio, il mio assass<strong>in</strong>o è<br />

altrettanto ferito nel cuore e nello spirito. Fiaccato da un tr<strong>ad</strong>imento e un<br />

crim<strong>in</strong>e – l'omicidio – che non credeva possibili, reali, esistenti.<br />

Mi alzo e rientro <strong>in</strong> casa. Francesca non mi segue, <strong>in</strong>abissata con lo<br />

sguardo nell'erba del giard<strong>in</strong>o. In cuc<strong>in</strong>a apro il frigo, prendo la caraffa della<br />

limonata e l'appoggio <strong>sul</strong> piano del lavello. Dalla f<strong>in</strong>estra posso vedere la<br />

veranda e la poltrona dove lei è seduta.<br />

Che peccato penso solo due sere fa ho stretto quel corpo e l'ho amato.


Ricordo la sua camicetta aperta, mentre le accarezzo la gola liscia, il<br />

profumo del suo alito e delle sue sigarette <strong>sul</strong>la l<strong>in</strong>gua. Un'erezione si<br />

scontra con la stoffa dei pantaloni e se ora lei si girasse verso casa, mi<br />

vedrebbe come<br />

un pesce <strong>in</strong>namorato che la guarda dal suo acquario.<br />

Mi ch<strong>in</strong>o, apro lo sportello del ripiano e prendo l'acido che uso<br />

solitamente per sturare il lavand<strong>in</strong>o. È <strong>in</strong>colore e <strong>in</strong>odore. Svuoto una<br />

bottiglia d'acqua e ve lo verso dentro, qu<strong>in</strong>di l'appoggio su un vassoio con<br />

la caraffa di limonata e due bicchieri.<br />

Non dovevi venire penso non dovevi seguirmi.<br />

Sulla veranda Francesca sta ancora fissando il prato, ma quando arrivo<br />

non sobbalza. Lascio il vassoio <strong>sul</strong> tavolo, mi siedo e le sorrido. Ha smesso<br />

di tormentarsi il labbro.<br />

– perché mi hai seguito? – le chiedo.– pensavo avessi un amante –<br />

– con una donna come te, non avrei mai potuto – le mie lus<strong>in</strong>ghe non<br />

hanno effetto – cosa vuoi che faccia ora? –<br />

– voglio che ti costituisca, per.. per quello che ti ho visto fare –<br />

Francesca ha paura di dire omicidio e non le passa per la testa che<br />

possano <strong>esser</strong>e più di uno.<br />

Non si chiede il perché, se è stato il ri<strong>sul</strong>tato di pensieri meditati o della<br />

pura follia di cui a volte è capace l'<strong>esser</strong>e umano. Le basta il tormento delle<br />

immag<strong>in</strong>i e sapere che a causarle è stato l'uomo che ama. Io <strong>in</strong>vece vedo<br />

una donna sciocca, che si è precipitata a casa di un assass<strong>in</strong>o di<br />

professione senza avvisare nessuno, travolta dai sentimenti e dall'illusione<br />

di potermi salvare.<br />

– la limonata? – le chiedo.<br />

Francesca fa no con la testa, poi però si sporge <strong>in</strong> avanti, riempe metà<br />

del suo bicchiere con il succo e l'altra metà con l'acqua, come ha sempre<br />

fatto. Riempe anche il mio, con solo limonata, come è stata abituata da tre<br />

mesi d'amore <strong>in</strong> estate.<br />

– lo farai? Andrai alla polizia? – tiene il bicchiere fra le mani, appoggiato<br />

al petto.<br />

Bevo dal mio, sperando che mi segua e Francesca lo avvic<strong>in</strong>a alle<br />

labbra, poi però torna <strong>ad</strong> abbassarlo, scuotendo i lunghi capelli rossi.<br />

– se non lo fai, ci andrò io – nel dirlo è serena e risoluta.<br />

Bellissima penso e una parte di me vorrebbe implorare perdono e l'oblio<br />

del ricordo, per ricom<strong>in</strong>ciare con una vita felice, piena di notti <strong>in</strong> cui<br />

abbandonarsi all'amore dell'altro. D'altra parte so con certezza che se non<br />

berrà da quel maledetto bicchiere, ora, che la str<strong>ad</strong>a è deserta, la<br />

conv<strong>in</strong>cerò <strong>ad</strong> entrare <strong>in</strong> casa, dove nessuno vedrà e sentirà la sua morte.<br />

– va bene – dico – andrò alla polizia –<br />

Francesca è talmente contenta che salta <strong>in</strong> piedi, appoggia il bicchiere<br />

<strong>sul</strong> tavolo e mi abbraccia.


Sì, penso, devo farla entrare <strong>in</strong> casa e al tepore della sua pelle e al<br />

profumo del suo shampoo, si aggiunge un odore pungente e una<br />

sensazione strana, di sbagliato.<br />

Francesca si allontana da me, vedo il suo sorriso, le macchie rosse<br />

<strong>sul</strong>la canottiera che <strong>in</strong>dossa, il coltello che tiene fra le mani. Cerco di<br />

abbassare la testa, ma non ci riesco. Cerco di parlare, ma emetto solo un<br />

rumore strozzato e liquido, troppo <strong>in</strong> basso per uscire dalle mie labbra.<br />

Posso solo sp<strong>in</strong>gere gli occhi verso i limiti estremi della loro visuale, dove i<br />

miei pantaloni stanno diventando neri di sangue e piscio. Ho il tempo di<br />

pensare a un taglio netto alla gola.<br />

– niente di personale – dice, e mi accarezza la testa.<br />

– con i tempi che corrono, è solo lavoro –<br />

Pulisce la lama <strong>sul</strong>la mia camicia, chiude il coltello e lo <strong>in</strong>fila nella tasca<br />

dei pantaloni.


UMBERTO ROMANO<br />

Un’<strong>in</strong>solita storia<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che sì è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente. Che non sarebbe servito lo dicevano loro,<br />

ma io ero conv<strong>in</strong>to che se riesco a fermare quella tracimazione puzzolente<br />

e dire le parole necessarie, forse, e dico forse, avrei potuto tirare fuori la<br />

testa, scuotere la merda e ribaltare la situazione.<br />

Smisero di percuotermi, di sp<strong>in</strong>tonarmi <strong>in</strong> tutte le direzioni: per un<br />

momento pensai che la sofferenza stesse per f<strong>in</strong>ire, purtroppo si erano<br />

fermati solo per tirare il fiato e ripresero subito. Cont<strong>in</strong>uavano a chiedermi<br />

di scoprire il mio braccio s<strong>in</strong>istro, e c’erano quasi riusciti, anche se<br />

<strong>in</strong>dossavo la giacca.<br />

Mi accusano di aver rubato il merito alla mia assistente Francesca. A<br />

nulla erano valse le difese <strong>in</strong> mia discolpa. Per i miei colleghi, ero stato<br />

colto con le mani nel sacco, e non volevo solamente prendermi il merito<br />

della scoperta, ma vendere alla concorrenza il ri<strong>sul</strong>tato della ricerca,<br />

recando un gran danno, sia all’immag<strong>in</strong>e sia all’economia dell’Azienda<br />

farmaceutica, che a sentire loro, avrei dovuto r<strong>in</strong>graziare per <strong>esser</strong>e stato<br />

assunto malgr<strong>ad</strong>o la mia poca esperienza. F<strong>in</strong>o a quel momento, avevo<br />

solo cercato di spiegarmi, di giustificarmi nella speranza di fermare quella<br />

valanga di <strong>in</strong><strong>sul</strong>ti, poi non c’è l’ho fatto più a subire.<br />

Il mio grido: - Basta! – li colse impreparati. Si fermarono e guardandomi<br />

meravigliati, si chiedevano come poteva <strong>esser</strong>e possibile che dopo anni di<br />

fantozziana obbedienza, avevo osato alzare la voce contro di loro.<br />

Approfittando del loro momentaneo smarrimento, colpii le prime due<br />

facce che avevo di fronte, con tutta la mia forza e pugni chiusi. La mossa<br />

improvvisa li aveva sorpresi al punto che non c’era stato nemmeno il<br />

tentativo di fermarmi. Un attimo dopo ero davanti alla porta, la spalancai<br />

con violenza, facendola sbattere contro la parete, e di corsa imboccai il<br />

corridoio dirigendomi verso l’uscita. Dal banco della guardiola nessuno si<br />

frappose tra me e la str<strong>ad</strong>a e mi trovai <strong>sul</strong> marciapiede come <strong>in</strong> trance, con<br />

i pensieri che facevano fatica a girare nel cranio, come se fossero <strong>in</strong> un<br />

hard-disk <strong>sul</strong> punto di cuocere.<br />

Però i piedi si muovevano e mi trasc<strong>in</strong>avano lontano da lì.<br />

Mi allontanai <strong>in</strong>disturbato: forse il solo fatto che mi fossi eclissato per il<br />

momento sarebbe bastato a quella manica di mangiaufo? Poi, certo,<br />

avrebbero bloccato il pass, dato ord<strong>in</strong>i severissimi alla sorveglianza di


impedire qualsiasi tentativo di rientrare nell’edificio da parte mia; ma non<br />

sarei stato tanto stupido da ripresentarmi il giorno seguente o uno dei<br />

dannatissimi giorni a venire.<br />

Mentre camm<strong>in</strong>avo mi accorsi che sudavo copiosamente,<br />

probabilmente la reazione nervosa aveva provocato quel fenomeno; però<br />

dopo un po’ mi sembrava che le idee tornassero chiare, i ricordi più vivi,<br />

f<strong>in</strong>ché rividi abbastanza chiaramente tutto quello che era successo,<br />

riconobbi la mia faccia <strong>sul</strong> cartell<strong>in</strong>o appeso al bavero della giacca e tornai<br />

<strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e quasi del tutto me stesso.<br />

Quello che era successo quella matt<strong>in</strong>a era l’epilogo d’alcuni<br />

avvenimenti avvenuti<br />

recentemente.<br />

Alcuni mesi prima la giovane collega Francesca, che faceva parte del<br />

mio staff del laboratorio, aveva trovato una anomalia nella sequenza del<br />

DNA che stava esam<strong>in</strong>ando; <strong>in</strong>credula mi aveva chiamato per controllare<br />

<strong>in</strong>sieme ciò che aveva scoperto.<br />

Accostai l’occhio al microscopio elettronico, conv<strong>in</strong>to che Francesca<br />

avesse preso una cantonata, ma tutti i controlli confermarono che aveva<br />

ragione: nella sequenza blu di quella meravigliosa collana a doppia elica,<br />

mancavano due “mattoni”.<br />

Nel nostro gergo chiamavamo così gli elementi che determ<strong>in</strong>avano la<br />

sequenza del DNA.<br />

Sebbene la normale prassi ci costr<strong>in</strong>ga a mantenere con severità la<br />

riservatezza e la segretezza su ogni possibile scoperta piccola o grande<br />

che sia, la notizia non si sa come, aveva fatto il giro dei vari laboratori,<br />

<strong>in</strong>erpicandosi su f<strong>in</strong>o ai piani alti; i massimi dirigenti ci tempestarono di<br />

domande per sapere nel concreto a cosa avrebbe portato quella scoperta.<br />

Ma <strong>in</strong> quel momento ne io ne la mia collega Francesca potevamo esaudire<br />

queste richieste, anche se certi dell’importanza della scoperta.<br />

Io formulai l’ipotesi che potesse trattarsi di un qualcosa legato<br />

all’ormone della crescita: <strong>in</strong>fatti la cavia dalla quale avevamo estratto quel<br />

DNA, era cresciuta <strong>in</strong> maniera evidente. Ero certo e lo dichiarai, che nuovi<br />

studi avrebbero potuto portare alla creazione di un vacc<strong>in</strong>o. Quel fantasioso<br />

vacc<strong>in</strong>o che avrebbe debellato il nanismo, e che da sempre è il sogno di<br />

molti ricercatori, è che forse si poteva f<strong>in</strong>almente realizzare.<br />

Era successo nel passato che un collega ricercatore per avidità era<br />

passato alla concorrenza portandosi <strong>in</strong> dote il ri<strong>sul</strong>tato del suo recente<br />

studio.<br />

Questa vecchia storia era nota tutti, ed era normale qu<strong>in</strong>di che anche fra<br />

colleghi si cercasse di controllare l’eventuale <strong>in</strong>fame che si venda alla<br />

concorrenza. Non volendo che ciò si avverasse, poiché la nostra recente<br />

scoperta era per noi così importante <strong>in</strong>izia a controllare Francesca certo<br />

che lei facesse altrettanto.


Alcuni giorni dopo una sera, mentre stavo attraversando l’atrio per<br />

uscire, andai a sbattere contro quell’<strong>ad</strong>orabile Francesca, che quasi c<strong>ad</strong>de<br />

per l’urto.<br />

Fece la faccia meravigliata, poi mi rivolse uno splendido sorriso: -<br />

“Scusami Luigi! Stavo cercando di scrivere uno SMS e di percorrere l’atrio<br />

senza <strong>in</strong>ciampare, e qu<strong>in</strong>di proprio non ti ho visto!”<br />

Le risposi imbarazzato che era colpa mia ma che non l’avevo fatto<br />

apposta. Lei mi prese sotto braccio e mi chiese se potevamo bere qualcosa<br />

assieme, e mi trasc<strong>in</strong>ò letteralmente nel bar di fronte. Non sono un<br />

frequentatore di posti dove servono alcolici, e ci volle poco a farmi girare la<br />

testa, <strong>in</strong>fatti, dopo un paio di bicchier<strong>in</strong>i ero ubriaco. Ricordo vagamente<br />

una corsa <strong>in</strong> taxi, una camera con luci soffuse, un amplesso tanto breve<br />

quanto focoso, poi non ricordo più niente. Mi svegliai la matt<strong>in</strong>a tardi con un<br />

gran mal di testa, la prima cosa che notai furono i miei vestiti sparsi <strong>sul</strong><br />

pavimento. Puzzavo di parecchie cose sgr<strong>ad</strong>evoli, avevo bisogno urgente<br />

di un bagno, dovevo correre immediatamente a casa, perciò telefonai <strong>in</strong><br />

laboratorio e dissi al Capo che non stavo bene e gli chiesi un giorno di<br />

riposo; subito dopo scesi alla reception, pagai il conto e chiamai un taxi.<br />

Entrato <strong>in</strong> casa non notai se la serratura era danneggiata, vuol dire che<br />

gl’ignoti erano entrati senza forzare la porta. Il mio appartamento era stato<br />

messo totalmente a soqqu<strong>ad</strong>ro, subito pensai <strong>ad</strong> una vista dei l<strong>ad</strong>ri, ma<br />

dovetti scartare l’idea vedendo come avevano ridotto la casa, e per quello<br />

che so non si comportano così, poi si sa che non sono ricco e non c’è<br />

molto da rubare. I danni sono <strong>in</strong>genti, hanno rovistato da per tutto,<br />

rompendo mobili alla ricerca di doppi fondi, sventrati divani e poltrone, era<br />

a quel punto evidente che erano alla ricerca di un qualcosa e quel qualcosa<br />

di certo erano i miei appunti, che per fortuna avevo nascosto <strong>in</strong> un luogo<br />

fuori casa. Da una prima verifica sembra che non abbiano portato via nulla.<br />

A quel punto ero certo: gli appunti che avevo sottratto all’Azienda<br />

facevano gola a molti. Indeciso se avvisare la Polizia, per timore delle loro<br />

domande, mi misi a riord<strong>in</strong>are le stanze.<br />

Avevo appena <strong>in</strong>iziato, quando suonò il campanello; l’aprii e mi trovai di<br />

fronte un persona equivoca con il cappello sp<strong>in</strong>to all’<strong>in</strong>dietro, e uno strano<br />

sorriso sotto due baffi imponenti.<br />

“Ci siamo messi nei guai, eh dottore?” – e mi allungò una busta che<br />

conteneva un pacco di fotografie e mi costr<strong>in</strong>se a guardarle.<br />

La testa smise di farmi solamente male e com<strong>in</strong>ciò a tambureggiare: le<br />

foto mi ritraevano <strong>in</strong> diverse pose con una ragazza dall’apparenza molto<br />

giovane e dall’aria <strong>in</strong>ebetita quanto la mia.<br />

“Droga e sesso con una m<strong>in</strong>orenne! – disse il mio visitatore – Almeno<br />

vent’anni di galera, poi il licenziamento <strong>in</strong> tronco e la certezza che nessuna<br />

ditta l’avrebbe mai assunto: le basta come previsione, dottore?”<br />

Mi ero accasciato, mentre le mie dita non rispondevano più e lasciavano<br />

c<strong>ad</strong>ere le foto <strong>sul</strong> pavimento: - “Chi è lei?” – chiesi.


“Un suo amico, dottore. Per fortuna sono un suo amico, altrimenti quelle<br />

foto sarebbero già dalla polizia. Ma se farà quello che le chiediamo, gliele<br />

regaleremo, <strong>in</strong>sieme ai negativi e una sostanziosa somma di denaro. In<br />

cambio di tutto ciò, le chiediamo la sequenza di quel DNA con tutti gli<br />

appunti, e noi le faremo il regalo. Comprendido? Io posso aspettare la sua<br />

risposta massimo venti m<strong>in</strong>uti poi dovrò purtroppo agire con meno fair play.<br />

A quell’uomo dissi di sì che ci avrei pensato e chiusi la porta.<br />

Voi cosa avreste fatto? Io sono un ricercatore, non un combattente.<br />

Avevo capito che non sarei uscito da quella trappola e non avevo nessuno<br />

cui rivolgermi. Ero nella peggiore delle situazioni. Che potevo fare? Di certo<br />

dall’accento quel brutto ceffo non era italiano ed era al corrente che io<br />

possedevo una copia della recente ricerca.<br />

Non era stato la mia <strong>in</strong>tenzione vendere alla concorrenza la ricerca,<br />

però avevo deciso stupidamente di farmene una personale copia, e non mi<br />

è stato difficile. Giornalmente memorizzavo un passaggio che poi<br />

trascrivevo a casa su un computer che tenevo nascosto da un’anziana<br />

parente.<br />

Quello che mi aveva fregato era stato l’ultima espressione, poiché era<br />

talmente lunga e difficile memorizzare che pensai di scriverla <strong>sul</strong> mio<br />

braccio s<strong>in</strong>istro. Evidentemente una telecamera aveva ripreso il mio<br />

maldestro comportamento, <strong>in</strong>fatti, la sera mentre mi stavo recando<br />

all’uscita, un branco di colleghi <strong>in</strong>ferociti, fra cui c'era anche Francesca mi<br />

avevano bloccato e volevano che mostrassi quel braccio.<br />

Mi era venuto <strong>in</strong> mente che recentemente avevo visitato, per curiosità,<br />

un Sito Internet a cui ci poteva rivolgere se si desiderava scomparire.<br />

Ovviamente quest’operazione era molto costosa, ed io non avrei potuto<br />

approfittarne, poi mi ricordai che non era vero, perché avevo tutti gli appunti<br />

della scoperta e la concorrenza mi avevano gia fatto una offerta con la<br />

quale avrei potuto pagare per la mia scomparsa e per vivere più a lungo <strong>in</strong><br />

qualche piacevole e <strong>in</strong>cantevole isola tropicale, dimenticando colleghi e<br />

microscopi elettronici.<br />

Anche se non sono stanco, smetto di scrivere questo breve racconto,<br />

poiché ho notato che si sta avvic<strong>in</strong>ando al mio tavol<strong>in</strong>o, sotto il gazebo da<br />

dove mi è possibile ammirare la spiaggia bianchissima e un <strong>in</strong>descrivibile<br />

mare azzurro, una giovane mulatta con mano, una fresca bevanda ricavata<br />

da frutti tropicali. Questa ragazza aspetterà che l’abbia bevuto dopo mi farà<br />

scordare tutti i miei problemi, facendomi dei piacevoli massaggi, molto<br />

erotici e speciali su tutto il mio corpo.<br />

Non ho nessun dubbio di come si concluderà questo massaggio perché<br />

è da quasi un mese che vivo <strong>in</strong> questo par<strong>ad</strong>iso tropicale, e questo rito si<br />

ripete giornalmente.<br />

Veramente un dubbio c’è l’avrei: la storia che sto scrivendo l’ho<br />

effettivamente vissuta oppure e il seguito dell’<strong>in</strong>cipit che l’altra sera ho<br />

ricevuto <strong>in</strong> biblioteca?


ALBA CIARLEGLIO<br />

Città-fabbrica<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione. Ci sono c<strong>ad</strong>uto anch'io nella trappola,<br />

mandando avanti i miei giorni <strong>in</strong> attesa di un tempo che poi, sono certo,<br />

avrei scoperto <strong>in</strong>sidioso e stanco, più che libero. Lo sapevo, ma non potevo<br />

isolarmi o deludere i miei compagni di lavoro, sapevo anche che <strong>ad</strong> andare<br />

<strong>in</strong> pensione dopo una <strong>in</strong>tera vita trascorsa <strong>ad</strong> aspettarla, quando sfiori il<br />

traguardo sei solo vecchio. Una fregatura travestita da pacco regalo.<br />

Da tre anni lì dentro si respirava un'aria colma di presagi nefasti, un non<br />

detto <strong>in</strong> ogni frase, e quando qualcuno parlava degli effetti della<br />

globalizzazione, delle delocalizzazioni e della crisi economica, si<br />

procurava l'aria più compiaciuta e <strong>in</strong>differente a dimostrazione di quanto<br />

fosse solida <strong>in</strong>vece la nostra azienda.<br />

Fu improvvisa la chiusura.<br />

Tutti eravamo consapevoli che non sarebbe servito a nulla arrampicarsi<br />

<strong>sul</strong> tetto, ne' farsi <strong>in</strong>tervistare dalla televisione locale. Quello che stava<br />

acc<strong>ad</strong>endo era l'epilogo di un processo <strong>in</strong>iziato chissà quando, che ci<br />

vedeva protagonisti per l'attimo che la storia ci concedeva, ma nulla ne<br />

avrebbe cambiato il corso, anche se nella nostra citt<strong>ad</strong><strong>in</strong>a due terzi degli<br />

abitanti aveva a che fare con quell'<strong>in</strong>dustria. Tutto vi ruotava <strong>in</strong>torno, da<br />

molto tempo le generazioni si susseguivano dando per scontato che<br />

almeno un componente della famiglia vi avrebbe trovato impiego.<br />

Così nel tempo, la scuola superiore divenne unicamente la scuola<br />

tecnica, <strong>in</strong> funzione della fabbrica e i due licei, pochissimo frequentati,<br />

furono accorpati ai vic<strong>in</strong>i “Liceo Fermi” e “Liceo Ariosto” della citt<strong>ad</strong><strong>in</strong>a a<br />

pochi chilometri. Il s<strong>in</strong>daco fu costretto così, suo malgr<strong>ad</strong>o, a r<strong>ad</strong>doppiare<br />

le corse del pullman negli orari di scuola per quei quattro liceali.<br />

La facoltà di <strong>in</strong>gegneria eccelleva, ed era un vanto per la città, tanto che<br />

<strong>in</strong>torno agli studenti nacque un <strong>in</strong>dotto che ancora una volta sosteneva<br />

l'economia della città.<br />

Comunque i miei compagni di sventura fecero tutto ciò che c'era da<br />

fare, protestarono, occuparono, dichiararono. Ma io no, e loro se ne<br />

risentirono. La nostra azienda non chiudeva per mancanza di commesse,<br />

anzi, le commesse erano r<strong>ad</strong>doppiate, ma il “management” decideva<br />

razionalizzazioni <strong>in</strong> base alle nuove esigenze di mercato.<br />

Di fronte <strong>ad</strong> entità ectoplasmatiche come quelle, nessuna lotta ci<br />

avrebbe ridato il nostro impiego.


Ti rendi conto? - chiesi un giorno a Giovanni- abbiamo puntato tutto su<br />

un numero, come al gioco della roulette. La pall<strong>in</strong>a si sta fermando <strong>sul</strong><br />

numero sbagliato e noi siamo fregati! Qui prima della fabbrica c'era il fior<br />

fiore dei mestieri! E poi avevamo le campagne, le coltivazioni...<strong>in</strong>vece no!<br />

Ci siamo messi d'impegno per farci colonizzare! Abbiamo accettato che<br />

diventassero i p<strong>ad</strong>roni di tutto, sono i p<strong>ad</strong>roni dei centri commerciali dove<br />

andiamo a comprare tutti lo stesso cibo, p<strong>ad</strong>roni dei giornali che leggiamo,<br />

della scuola dove mandiamo i nostri figli...<br />

Mi guardò con aria rassegnata. Cont<strong>in</strong>uai...<br />

-Sai che <strong>in</strong> giro per il mondo ci sono cent<strong>in</strong>aia di città-fabbrica come la<br />

nostra?- In Messico, <strong>in</strong> C<strong>in</strong>a ne stanno nascendo ovunque. Ma sono<br />

dest<strong>in</strong>ate tutte a scomparire, vedrai. Ciò che fanno è creare dipendenza da<br />

lavoro, poi il resto lo capisci da te...<br />

Sapevo che parlavo a vuoto, il qui e ora della necessità, lo chiamavo.<br />

Sono sempre stato considerato “strambo”, per questo mi tolleravano,<br />

altrimenti mi avrebbero picchiato. Per le mie stramberie Maria mi aveva<br />

lasciato.<br />

Comunque, dopo la chiusura, io ricom<strong>in</strong>ciai a dormire. Da molti anni<br />

vivevo notti segnate da sonni <strong>in</strong>terrotti, palpitazioni, frammenti dolorosi<br />

<strong>in</strong>gigantiti dal silenzio e dal buio notturno. Svegliarmi f<strong>in</strong>almente riposato mi<br />

procurava una gioiosa sazietà che <strong>in</strong> quel momento superava l'ansia da<br />

disoccupazione. Al matt<strong>in</strong>o mi guardavo nello specchio a lungo,<br />

contemplando la mia faccia f<strong>in</strong>almente priva di quelle pieghe profonde che<br />

la stanchezza mi stampava <strong>sul</strong> viso. Mi godevo quell'appagante<br />

dimenticata condizione, avevo la necessità di creare un vuoto tra il tempo<br />

della fabbrica e il tempo da ripensare, mi trovai a raccontarlo a Sandro, mi<br />

guardò come si guarda un <strong>in</strong>setto, e, con l'aria di rassicurare soprattutto sé<br />

stesso, mi disse che la mia tranquillità era certamente un s<strong>in</strong>tomo di<br />

mal<strong>esser</strong>e, che presto mi sarei svegliato e avrei preso <strong>in</strong> mano la mia vita.<br />

Mi disse anche che mi potevo permettere di dormirci sopra per la mia<br />

condizione di s<strong>in</strong>gle, e mi lasciò frettolosamente, pur avendo una giornata<br />

vuota davanti a sé.<br />

Maria se ne andò sbattendo la porta una fredda matt<strong>in</strong>a di gennaio, se<br />

ne andò imprecando contro le mie stramberie. Se ne andò perché ero<br />

solitario, perché, diceva, “non ti sta mai bene niente”! “Perché devi sempre<br />

fare il contrario degli altri”, Ma se ne andò soprattutto perché avevo portato<br />

la televisione <strong>in</strong> discarica. Si, quella fu la goccia che fece traboccare la sua<br />

ira.<br />

Io non feci nulla per trattenerla, da tempo godevo solo della bellezza di<br />

Maria, della sua schiena flessuosa, dei suoi occhi profondi, della pelle<br />

scura e compatta, ma nessuna aff<strong>in</strong>ità ci legava, era stato per caso che<br />

avevamo deciso di vivere <strong>in</strong>sieme, era stato per caso che ci eravamo<br />

scambiati un sorriso quella sera, ma non l'avevamo scelto.


Quando la porta si chiuse e rimasi nella stanza da solo, provai un senso<br />

di fastidio, non per il suo gesto, ma per aver accettato quella convivenza<br />

priva di passione per tanto tempo.<br />

Pensavo a Maria soprattutto la notte, quando l'<strong>in</strong>sonnia mi lacerava, di<br />

notte era tutto più chiaro, i gesti, le decisioni, l'<strong>in</strong>cedere trasc<strong>in</strong>ato della mia<br />

vita, tutto avveniva senza nessuna vitalità, nessun desiderio. Andai pers<strong>in</strong>o<br />

dal medico per questo, uno psichiatra nella vic<strong>in</strong>a città, chiamò i miei<br />

s<strong>in</strong>tomi depressione, mi disse che la depressione può colpire chiunque, che<br />

mi avrebbe prescritto degli antidepressivi.<br />

Accartocciai la ricetta nel primo cest<strong>in</strong>o che <strong>in</strong>contrai e telefonai per<br />

disdire l'appuntamento successivo.<br />

In città un'aria tetra si era imp<strong>ad</strong>ronita delle persone, quelli non colpiti<br />

dalla “disgrazia” non parlavano che della chiusura, come se av<strong>esser</strong>o la<br />

necessità di dichiararsi fuori da quella faccenda, così, con una malcelata<br />

sottile soddisfazione, si zittivano non appena compariva qualcuno<br />

presumibilmente co<strong>in</strong>volto, una loro personale forma di delicatezza,<br />

suppongo.<br />

Col tempo, senza prendere decisioni a tavol<strong>in</strong>o, com<strong>in</strong>ciai una vita<br />

frugale, per necessità ma anche per desiderio. Desideravo misurarmi <strong>sul</strong>la<br />

capacità di r<strong>in</strong>uncia, Desideravo poter dire di no al superfluo.<br />

Mi accorsi che per vivere mi occorreva pochissimo, e comunque avevo<br />

la fortuna di possedere una casa di proprietà e un po' di risparmi. A conti<br />

fatti mi sarebbero bastati per molti anni, con la vita che conducevo. Avevo<br />

com<strong>in</strong>ciato a coltivare un piccolo orto, trascorrevo molto tempo <strong>in</strong><br />

biblioteca, mi spostavo <strong>in</strong> bicicletta. Senza averlo programmato mi ero<br />

concentrato su un neo-ascetismo che mi portava dritto all’autosufficienza,<br />

che esercitavo anche grazie alle mie conoscenze tecniche.<br />

La prima doccia che feci con l'acqua riscaldata dai pannelli solari da me<br />

costruiti, fu la doccia più soddisfacente della vita.<br />

Nessuna fatica, nessun sacrificio, ben presto mi resi conto che non ero<br />

mai stato così saldamente ancorato a me stesso. Una sensazione piena, e<br />

per la prima volta mi sono sentito <strong>in</strong> relazione con gli altri. In risposta a<br />

questo, i miei concitt<strong>ad</strong><strong>in</strong>i ora hanno smesso di considerarmi strambo,<br />

almeno nel senso dispregiativo, ma assumono un atteggiamento di<br />

rispettosa curiosità.<br />

Regalai la mia liquidazione <strong>ad</strong> un paio di miei ex compagni di lavoro <strong>in</strong><br />

difficoltà, la mia vita frugale non necessitava di altro denaro, per questo l'ho<br />

fatto, ma soprattutto perché non avrei mai più usato altro denaro<br />

proveniente dalla Nulla spa, la fabbrica di armi della mia città.


ANTONELLA DI BELLO 1<br />

Addio Francesca<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli.<br />

Non servirebbe a niente.<br />

E allora provo a distrarmi e a non pensarci più. Cerco <strong>in</strong> un cassetto una<br />

sigaretta sopravvissuta alla caccia alle streghe. Da quando ho smesso le<br />

ho elim<strong>in</strong>ate dalla mia vita, ma un pacchetto per le emergenze so di averlo.<br />

Lo trovo, ne rigiro una tra le dita e alla f<strong>in</strong>e la accendo, mi avvic<strong>in</strong>o al<br />

terrazz<strong>in</strong>o, apro la porta ed esco. Mi appoggio al parapetto e guardando <strong>in</strong><br />

basso, mi accorgo che la vita è molto differente vista dall’alto. Gli uom<strong>in</strong>i,<br />

anche i più sicuri, i più talen<strong>tuo</strong>si, i più fichi, visti da quassù sono formiche<br />

<strong>in</strong>significanti.<br />

E allora forse è questa la dimensione di dio. Guarda tutto e tutti da così<br />

lontano che le disgrazie, anche le più tremende e <strong>in</strong>accettabili sono un<br />

nulla, per lui.<br />

Va bene provare a distrarsi, non pensare più a Francesca e alle sue<br />

parole ma mettermi a filosofeggiare <strong>sul</strong> senso della vita forse è troppo!<br />

Eppure è stata talmente graffiante da aver lasciato un segno troppo<br />

profondo. Forse stavolta non guarisco.<br />

“E tu saresti l’uomo di cui mia m<strong>ad</strong>re si era <strong>in</strong>namorata f<strong>in</strong>o alla follia a<br />

soli diciott’anni? Certo sarai pure un tipo affasc<strong>in</strong>ante ma sei un <strong>in</strong>credibile<br />

egoista. Sei pieno di te da far schifo! Io compaio nella tua vita<br />

(all’improvviso lo riconosco) per la prima volta <strong>in</strong> vent’anni e tu non sai dire<br />

altro che mi dispiace non ero stato avvertito. Non ero pronto.<br />

Ti rendi conto? Di tutte le parole che potevano uscirti dalla bocca queste<br />

sono le più assurde, prive di senso, banali e mesch<strong>in</strong>e che potevi dire!<br />

Sono basita! Mi pare assurdo. Mamma mi aveva messo <strong>in</strong> guardia. Mi<br />

aveva detto che non avevi mai avuto ripensamenti, che non avevi mai<br />

voluto vedermi e non avevi nemmeno mai chiesto di me, ma io mi ero illusa<br />

che col passare del tempo il p<strong>ad</strong>re ragazz<strong>in</strong>o fosse diventato un uomo. E<br />

<strong>in</strong>vece chi mi trovo davanti? Una mezza calzetta egocentrica e narcisista<br />

che non sa far altro che pensare alla sua personale figuraccia… non ero<br />

stato avvertito.. oh pover<strong>in</strong>o voleva il preavviso per farsi bello e preparare<br />

un discors<strong>in</strong>o strappalacrime da rifilare alla bamb<strong>in</strong>a abbandonata…<br />

Bè caro papar<strong>in</strong>o, sono felice di vederti proprio come sei! Nudo e senza<br />

orpelli. Così non potrai <strong>in</strong>f<strong>in</strong>occhiarmi come hai fatto con mamma.


Lei ti ha creduto, ha creduto ai progetti di una vita ancora tutta da<br />

costruire <strong>in</strong>sieme. Ha creduto alle dolci parole che le dicevi solo per<br />

scopartela.<br />

Tutto il <strong>tuo</strong> grande cuore nel <strong>tuo</strong> uccello e poi una volta saputo di me ti<br />

sei tirato <strong>in</strong>dietro. Sei sparito dicendo che i <strong>tuo</strong>i non ti avrebbero mai aiutato<br />

perché dovevi laurearti, entrare nello studio di <strong>tuo</strong> p<strong>ad</strong>re. Che poi sarebbe<br />

mio nonno. Chissà se è vero o se piuttosto non ti avrebbe costretto a<br />

sposarti e a crescermi. Perché gli uom<strong>in</strong>i di una volta, anche i più stronzi,<br />

avevano un’idea di giusto e sbagliato molto diversa. Magari ti avrebbe<br />

anche preso a pugni, prima. Invece te lo dico io com’è andata. Avrai<br />

raccontato di me <strong>ad</strong> uno dei <strong>tuo</strong>i merdosi amici ricchi che ti avrà detto ma<br />

che dici? Inc<strong>in</strong>ta? Alla prima o alla seconda scopata! Sei un pirla! Ma tu di’<br />

che non c’entri, che non sei stato e vai avanti con la tua vita! Che devi<br />

fare? Non sei nemmeno a metà degli studi, non vorrai mica rov<strong>in</strong>arti tutta la<br />

vita. E poi magari tra due mesi quella manco ti piace più. Dalle un po’ di<br />

soldi e mollala.<br />

È andata così? E tu ovviamente non hai nemmeno pensato per un<br />

momento che, se fossi stato tu la femm<strong>in</strong>a, avresti avuto tu quel problem<strong>in</strong>o<br />

da risolvere, visto che mia m<strong>ad</strong>re era anche più piccola di te e anche lei<br />

studiava ancora e anche lei aveva dei genitori e delle amiche a cui dover<br />

raccontare tutto questo. Ma come cazzo ragionavi allora e come cazzo<br />

ragioni ora?? Ti compaio davanti tutta tremante per dirti chi sono e che mia<br />

m<strong>ad</strong>re è morta e tu? Tu mi sbatti <strong>in</strong> faccia che non eri pronto. Pronto per<br />

cosa? Pensa a quanto era preparata mia m<strong>ad</strong>re a occuparsi di una<br />

neonata quando anche lei stessa era poco più che bamb<strong>in</strong>a. Te l’ha mai<br />

detto com’è stata la sua vita? Ti ha mai raccontato che non ha fatto altro<br />

che lavorare e occuparsi di me? Ti ha detto che non si è mai laureata e<br />

nemmeno diplomata con le sue compagne, che ha accettato lavori assurdi<br />

pur di tirare avanti? Ha fatto l’operaia per dieci anni e solo con un corso<br />

serale è riuscita a diventare ragioniera e a trovare un posto da segretaria.<br />

Intanto però la sua vita era stata totalmente occupata da cose pratiche e la<br />

parte del cuore, dei sentimenti, dell’amicizia e dell’amore è sparita! Pensa!<br />

Tu sei stato il suo primo e unico amore. Sei orgoglioso? Non ti pare che sia<br />

stata una bella merda per lei non <strong>in</strong>contrare nessun altro che ovviamente<br />

sarebbe stato sempre e comunque molto meglio di te?<br />

Te lo dico io com’è andata! Ogni volta che qualcuno ci provava con lei<br />

(perché era molto car<strong>in</strong>a, ricordi?) appena veniva a sapere di me, della mia<br />

esistenza, se la dava a gambe. Nessuno aveva voglia di accasarsi subito e<br />

avere d’improvviso una famiglia. E il divertimento? E le uscite a ballare, le<br />

domeniche al mare, i week end <strong>sul</strong>la neve come si potevano fare? E lei<br />

ormai non si stupiva più, li capiva. Anche lei avrebbe voluto di tanto <strong>in</strong> tanto<br />

divertirsi. Divertirsi. Forse lei non l’ha scoperto mai come poteva <strong>esser</strong>e<br />

divertirsi.


Sì, aveva delle amiche. Car<strong>in</strong>e eh, mi facevano regali e mi portavano<br />

con loro al c<strong>in</strong>ema ma poi se trovavano un fidanzato non le vedevi più.<br />

E allora? Non dici niente? Ti sei mangiato la l<strong>in</strong>gua? Dov’è ora tutta la<br />

tua grandezza? E l’arte oratoria del famoso avvocato? Eh? Te la fai sotto<br />

davanti a una ragazz<strong>in</strong>a?<br />

Se stai pensando che possa farti causa, chiederti danni o costr<strong>in</strong>gerti a<br />

un risarcimento, ti sbagli. Se c’è una cosa che mia m<strong>ad</strong>re ha saputo<br />

passarmi <strong>in</strong>sieme al latte è l’orgoglio.<br />

Non mi <strong>in</strong>teressa vendicarmi anzi, voglio che tu scompaia dalla mia vita<br />

nel momento stesso <strong>in</strong> cui uscirò da quella porta. Però voglio prima dirti<br />

tutto quello che ho dentro schiacciato e compresso, da una vita <strong>in</strong>tera.<br />

Voglio che tu diventi consapevole che tutto quello che sei, che hai<br />

realizzato <strong>in</strong> tanti anni, che hai anche accumulato grazie alla tua carriera e<br />

ai <strong>tuo</strong>i sforzi, non vale niente. Un uomo può sbagliare, certo. Però prima o<br />

poi dovrà pur ammetterlo e provare a riparare. Tu ora, ammesso che<br />

volessi fare qualcosa per riparare, non puoi più perché la vita ha pensato<br />

bene di elim<strong>in</strong>are mia m<strong>ad</strong>re una volta per sempre. Ora non puoi più fare<br />

niente. Niente. Capisci? Non hai più una seconda possibilità nemmeno per<br />

chiederle scusa o farti raccontare un po’ di lei. Lei <strong>ad</strong>esso sta al cimitero<br />

sotto qualche chilo di terra e non potrà più guardarti negli occhi e farti<br />

sentire un uomo migliore.<br />

Ora dovrai fare i conti con la verità. Con quello che sei veramente e con<br />

quella bella facciata che ti sei costruito, alla quale credi e che usi <strong>in</strong> tutti i<br />

rapporti con le persone che frequenti.<br />

Ora sei tu, così come ti vedo io e non potrai più <strong>esser</strong>e migliore.<br />

Ti senti una merda? Lo sei! Sono qui per dartene la prova e quando<br />

uscirò da casa tua potrai tornare alla tua vita di prima, potrai sentirti sempre<br />

l’<strong>in</strong>fallibile avvocato famoso, potrai sentirti il migliore fidanzato al mondo ma<br />

non potrai più sentirti perfetto!<br />

In fondo a quella cosa che forse non hai nemmeno che si chiama<br />

coscienza, dovrai ammettere la verità. Dovrai dirti che aver lasciato sola<br />

una ragazza che si fidava di te <strong>ad</strong> affrontare anni e anni di qualcosa di<br />

difficile, complicato e spaventoso (perché mia m<strong>ad</strong>re aveva paura, sai?!) è<br />

stata una cosa talmente grave da cancellare e rendere ridicolo ogni <strong>tuo</strong><br />

successo.<br />

Perché arriva per tutti il momento della verità. Quello <strong>in</strong> cui ti trovi nudo<br />

come veramente sei senza più maschere o abbellimenti, davanti al mondo<br />

<strong>in</strong>tero e soprattutto davanti a te stesso a fare i conti con il passato e con il<br />

presente, senza possibilità di riparazione. Senza poter pronunciare<br />

un’unica piccola parola come scusami o perdonami. Mamma non può più<br />

accoglierti e io non posso farlo al posto suo.<br />

Spero che mai ti venga tolta la memoria, anche <strong>in</strong> vecchiaia, perché tu<br />

possa pensare alle mie parole per il resto dei <strong>tuo</strong>i giorni. E con questo,<br />

papà, ti saluto. Dal profondo del mio cuore, vaffanculo!”.


Aspiro avidamente il fumo della mia sigaretta e mentre lo mando nei<br />

polmoni chiudo gli occhi e provo a vedermi da dentro. Sono un mucchio di<br />

fumo e niente più. Sono un bluff, sono un replicante. Sono come uno di<br />

quei personaggi di film fantascientifici <strong>in</strong> apparenza umano ma dentro<br />

vuoto. Solo buio e fumo.<br />

Non sono riuscito a pronunciare nemmeno una parola sensata e mia<br />

figlia, la mia unica figlia, ha emesso una sentenza <strong>in</strong>appellabile ma anche<br />

assolutamente corretta. Lei dovrebbe lavorare nel mio studio, al posto mio.<br />

Mentre assaporo il tabacco la rivedo parlare con foga e lucidità. Bella, con<br />

occhi talmente neri da non dist<strong>in</strong>guere la pupilla. Profondi e penetranti. La<br />

mia bamb<strong>in</strong>a. Gesticolava con sicurezza come avesse provato il suo<br />

discorso nei m<strong>in</strong>imi dettagli davanti <strong>ad</strong> uno specchio. Mani lunghe, sottili,<br />

f<strong>in</strong>i. Con la mano destra ha aperto la porta di casa mia, si è voltata un<br />

ultima volta a guardarmi. Uno sguardo lento e misurato. Ha varcato la<br />

soglia ed è uscita senza nemmeno tirarsi dietro la porta e buttare <strong>in</strong> quel<br />

gesto tutta la rabbia accumulata. L’ha lasciata aperta, spalancata e io sono<br />

rimasto immobile, impietrito.<br />

Prima di spegnere la sigaretta ne accendo un’altra, lascio che il disgusto<br />

che provo mi <strong>in</strong>v<strong>ad</strong>a, mi faccia sentire ancora peggio di come già mi<br />

sentivo perché so che da solo non sarò mai coraggioso al punto da<br />

provocarmi quello che merito.<br />

Spengo la sigaretta schiacciandola <strong>sul</strong> parapetto del mio terrazzo.<br />

Rientro <strong>in</strong> casa, mi guardo attorno e sento di avere una vita esteriormente<br />

perfetta che nessuno potrà mai togliermi.<br />

Mi siedo stancamente <strong>sul</strong> divano di pelle bianca, afferro svogliato il<br />

telecomando e schiaccio un tasto. Le voci di un dibattito televisivo<br />

istantaneamente entrano <strong>in</strong> casa mia e io le accolgo come ospiti gr<strong>ad</strong>iti.<br />

Lascio che entr<strong>in</strong>o nella mia testa e mi facciano sentire meno solo. Perché<br />

da oggi, anche se avrò accanto bellissime donne e riconoscenti amici, sarò<br />

solo.


ANTONELLA DI BELLO 2<br />

Laurea honoris causa all’operaio specializzato Roncarati<br />

“…Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso. Così, da un giorno<br />

all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili progetti futuri e le<br />

misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci separavano dalla<br />

pensione. All’epoca arrivare alla pensione significava impossessarsi della<br />

propria vita, del proprio tempo, dei propri desideri e potersi buttare a<br />

capofitto <strong>in</strong> ciò che da sempre si era rimandato. C’era anche chi non<br />

vedeva l’ora di diventare f<strong>in</strong>almente nonno per poter avere una seconda<br />

possibilità e dedicare ai nipoti tutto il tempo che non si era potuto dedicare<br />

ai figli”.<br />

L’operaio specializzato Fabrizio Roncarati girò la testa da un lato e<br />

diede un lieve colpo di tosse, si schiarì la voce, passò uno sguardo calmo<br />

<strong>sul</strong>l’assemblea, prese un respiro profondo e proseguì.<br />

“Dovete fare uno sforzo di immag<strong>in</strong>azione, care ragazze e cari ragazzi,<br />

per capire come era differente la vita.<br />

Il lavoro era vissuto come una lunga parentesi della vita tra la<br />

giov<strong>in</strong>ezza e la vecchiaia, durante la quale acquisire stabilità economica,<br />

fare carriera, accumulare riconoscimenti, per poi f<strong>in</strong>almente dedicarsi a sé<br />

stessi dopo il tanto atteso pensionamento. Era normale così, quasi<br />

nessuno si preoccupava di criticare quel modello. Non ci crederete ma vi<br />

assicuro che una delle paure più grandi era morire poco prima o poco dopo<br />

aver raggiunto questo traguardo.<br />

Alla Nulla S.p.A si festeggiavano i neo pensionati come v<strong>in</strong>citori della<br />

lotteria. Si dava loro un <strong>ad</strong>dio molto commosso accompagnato da un<br />

regalo e da una bella pergamena con le firme degli ex colleghi che<br />

rimaneva per sempre a testimonianza di un lungo camm<strong>in</strong>o percorso<br />

<strong>in</strong>sieme. E, anche se io ero ancora giovane per la pensione, era a quella<br />

meta che ambivo, come tutti.<br />

A pensarci oggi pare assurdo, eppure posso giurare che era normale<br />

così.<br />

Non si poteva immag<strong>in</strong>are allora, che la crisi economica potesse portare<br />

con sé un’opportunità di cambiamento epocale come quello avvenuto dopo.<br />

Mi sento onorato per aver vissuto quella <strong>in</strong>credibile transizione da<br />

protagonista. Oggi, anche se molto vecchio, sono felice di vedere coi miei<br />

occhi come potete vivere voi, quale scenario siamo riusciti a costruire per<br />

noi e soprattutto per le generazioni dopo la nostra, nonostante lo<br />

scetticismo e il disfattismo che regnava nei primi anni Venti.<br />

Già da qualche anno, prima che la nostra azienda chiudesse, mi<br />

occupavo di politica dal basso, di citt<strong>ad</strong><strong>in</strong>anza attiva, di decrescita felice, di<br />

gruppi di acquisto solidale, di scenario post picco del petrolio. Cose che


oggi sono scontate e che voi studiate a scuola, ma allora erano stravaganti<br />

novità. Quando poi la Nulla S.p.A. chiuse per fallimento, mi ritrovai<br />

improvvisamente senza stipendio come cent<strong>in</strong>aia di miei colleghi, ma con<br />

un’età non più spendibile nel mondo del lavoro. Fui costretto a fare<br />

qualcosa, qualsiasi cosa tranne subire gli eventi. Perché cari ragazzi, se c’è<br />

una cosa che per carattere non ho mai tollerato, e non tollero nemmeno ora<br />

che sono tanto vecchio, è proprio la rassegnazione.”.<br />

A questo punto l’operaio specializzato Roncarati fece una pausa,<br />

costretto dal lungo e fragoroso applauso <strong>in</strong> cui era esplosa l’<strong>in</strong>tera<br />

assemblea e lui approfittò per bere un sorso d’acqua e riprendere fiato. La<br />

vecchiaia aveva ormai preso il sopravvento <strong>sul</strong> suo spirito giovanile e<br />

combattivo e lo costr<strong>in</strong>geva a vivere con ritmi a cui la sua volontà non<br />

avrebbe mai voluto piegarsi.<br />

Allo scemare dell’applauso e dei brusii, ripartì con maggiore slancio:<br />

“Insieme ai colleghi com<strong>in</strong>ciammo <strong>ad</strong> <strong>in</strong>contrarci per ragionare su quanto ci<br />

stava capitando perché la condivisione pareva l’unica via d’uscita possibile.<br />

Il clima era particolarmente depresso, c’erano già stati alcuni casi di<br />

suicidio e si aveva la sensazione che il mondo politico non avesse una<br />

consapevolezza reale di quanto stava acc<strong>ad</strong>endo alla popolazione. Fu da<br />

una battuta detta per ridere -potremmo comprarla noi la Nulla, no?- che<br />

scattò la prima sc<strong>in</strong>tilla di quanto oggi è sotto gli occhi di tutti. Aiutati da un<br />

<strong>in</strong>dustriale locale- illum<strong>in</strong>ato o pazzo- che ci prestò qualche milione di euro<br />

per partire, decidemmo di usare tutti i soldi derivanti dai nostri TFR per<br />

rilevare gli edifici della Nulla S.p.A., comprese le strumentazioni scientifiche<br />

e tecnologiche che per l’epoca erano davvero all’avanguardia. Facemmo<br />

un progetto di trasformazione globale della nostra città diviso <strong>in</strong> cent<strong>in</strong>aia di<br />

sotto progetti che vendemmo al Comune con l’impegno di seguire,<br />

monitorare e relazione <strong>sul</strong>l’avanzamento dei lavori. Nel giro di pochi mesi<br />

suddividemmo tutta la città per aree geografiche e per tematiche e<br />

costituimmo gruppi di lavoro che dovevano studiare ogni m<strong>in</strong>imo dettaglio.<br />

Individuammo tutte le aziende che potevano realizzare ogni lavoro e<br />

che non av<strong>esser</strong>o <strong>in</strong> alcun modo legami con la malavita che all’epoca<br />

gestiva tutti gli appalti pubblici. Conv<strong>in</strong>cemmo la parte sana del mondo<br />

politico che tutti i progetti costosi e <strong>in</strong>utili, anche se già deliberati, dovevano<br />

<strong>esser</strong>e immediatamente archiviati e tutti i fondi pubblici convogliati <strong>in</strong><br />

questa sorta di metamorfosi citt<strong>ad</strong><strong>in</strong>a. Ammetto che fu necessario anche<br />

qualche atto violento ma nessuno di questi fu veramente tragico.<br />

Ragazze, ragazzi, voi oggi studiate per mantenere l’attuale stile di vita,<br />

perché ormai si è certi che la str<strong>ad</strong>a giusta sia questa. Dovete tuttavia<br />

capire che negli anni Venti la mentalità era tutta da cambiare. Si era ancora<br />

conv<strong>in</strong>ti che il ben<strong>esser</strong>e fosse nell’ostentazione della ricchezza, <strong>in</strong><br />

automobili enormi che non si sapeva mai dove parcheggiare, nel turismo <strong>in</strong><br />

crociera o <strong>in</strong> giganteschi villaggi che avevano consumi <strong>in</strong>credibili e<br />

producevano milioni di tonnellate di rifiuti non riciclabili. L’idea di armonia


dell’uomo con la natura era considerata esotica e per gli italiani non aveva<br />

ancora alcun significato. Si veniva da decenni di mero uso e abuso delle<br />

risorse naturali come fossero <strong>in</strong>esauribili. E soprattutto, miei cari giovani, si<br />

veniva da decenni di una politica corrotta che aveva prodotto un grave<br />

imbarbarimento culturale e l’accantonamento di valori conquistati con<br />

grande fatica dalle generazioni precedenti.<br />

Ebbene, attraverso assemblee pubbliche, siamo riusciti a far passare<br />

idee per l’epoca assolutamente <strong>in</strong>novative.<br />

Com<strong>in</strong>ciammo parlando di orti urbani, di autoproduzione, di gestione<br />

rionale delle risorse per poi passare a conv<strong>in</strong>cere l’op<strong>in</strong>ione pubblica che<br />

dovevamo diventare completamente autosufficienti a livello energetico. Si<br />

passò poi a ridurre il traffico automobilistico f<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> arrivare, <strong>in</strong> alcuni anni,<br />

al blocco totale grazie alla rete di trasporti pubblici elettrici e ferroviari che<br />

voi oggi conoscete bene. Furono aperte scuole che <strong>in</strong>segnavano ogni<br />

genere di attività manuale allo scopo di abbattere le richieste di manufatti<br />

provenienti da zone più lontane di qualche dec<strong>in</strong>a di chilometri. La città<br />

doveva rendersi autosufficiente sotto tutti i punti di vista eccetto qualche<br />

rara eccezione. Nel giro di qualche anno si com<strong>in</strong>ciò a parlare di tempo<br />

come bene prezioso e si fecero i primi contratti di lavoro a tempo pieno a<br />

ventic<strong>in</strong>que ore la settimana con orario libero e completamente flessibile.<br />

Come sapete, furono <strong>in</strong>trodotte monete di scambio locali che non avevano<br />

alcun valore f<strong>in</strong>anziario e speculativo, una sorta evoluzione del baratto che<br />

permetteva di avere ciò di cui si aveva bisogno senza altri meccanismi che<br />

<strong>in</strong>fluenzassero la vita come avveniva <strong>in</strong> precedenza, avrete certamente<br />

studiato concetti come P<strong>IL</strong> o SPREAD che all’epoca governavano su<br />

qualsiasi altro parametro. Con alcune azioni fortunate contagiammo pian<br />

piano altre regioni italiane e aprimmo bandi per qualsiasi tipo di<br />

<strong>in</strong>novazione che andasse nel senso <strong>in</strong>trapreso. Non entro nel dettaglio ma<br />

i più curiosi potranno approfondire lo sviluppo del settore turistico negli anni<br />

Trenta e Quaranta e partivamo da un livello bassissimo. L’attuale<br />

organizzazione universitaria che voi vivete direttamente, è frutto di una<br />

nuova illum<strong>in</strong>ata cultura del sapere come patrimonio pubblico che viene da<br />

quel periodo e che ha prodotto importanti studiosi, <strong>in</strong>generi, architetti,<br />

medici, scienziati, letterati, artisti che ci hanno permesso di fare il salto<br />

successivo.<br />

Posso forse <strong>in</strong>dividuare nelle scoperte scientifiche di quegli anni il<br />

nocciolo della metamorfosi: l’allungamento della vita che ha permesso<br />

all’uomo di passare dagli ottant’anni di speranza di vita media degli anni<br />

Venti, agli attuali centoqu<strong>in</strong>dici. E se oggi io posso <strong>esser</strong>e qui con voi e<br />

ricevere questo importante riconoscimento, è proprio grazie a questa svolta<br />

senza precedenti <strong>in</strong>dividuabile nella sconfitta di malattie diffusissime come<br />

il cancro.<br />

Chiedo scusa se mi sono dilungato <strong>in</strong> questa mia, seppur superficiale,<br />

s<strong>in</strong>tesi ma nel r<strong>in</strong>graziare s<strong>in</strong>ceramente la vostra Facoltà per la laurea


honoris causa che oggi mi conferite, mi sono sentito <strong>in</strong> dovere di<br />

ripercorrere alcune tappe della storia recente che mi hanno portato <strong>ad</strong><br />

<strong>esser</strong>e qui, oggi. Voi capite bene che sono soltanto un operaio<br />

specializzato, non ho fatto studi universitari all’epoca, e successivamente<br />

mi sono dedicato con tutto me stesso ai progetti che vi ho molto<br />

brevemente elencato poc’anzi.<br />

Non voglio abusare oltre del vostro tempo.<br />

Concludo augurando alle studentesse e agli studenti che oggi ho di<br />

fronte, di far tesoro delle esperienze del passato, sempre: sia di quelle<br />

positive che di quelle negative; perché è anche da ciò che acc<strong>ad</strong>e di<br />

negativo, come ho cercato di evidenziare f<strong>in</strong> dall’<strong>in</strong>izio del mio discorso,<br />

che spesso si può trarre l’occasione preziosa e irripetibile di un<br />

cambiamento totale e duraturo. Non possiamo saperlo con certezza, ma<br />

forse senza quella crisi davvero profonda e senza speranza, non avremmo<br />

trovato le risorse e la determ<strong>in</strong>azione necessarie per stravolgere le nostre<br />

vite e quelle dell’<strong>in</strong>tero paese.”.<br />

Un’altra pausa fu necessaria per lasciare spazio <strong>ad</strong> un applauso e per<br />

far riprendere fiato all’anziano operaio specializzato e neo laureato<br />

Roncarati che com<strong>in</strong>ciava a dare segni di stanchezza più evidenti.<br />

“R<strong>in</strong>grazio l’emerito preside di questa facoltà, professor Rimondi<br />

Santucci, ed ogni s<strong>in</strong>golo professore, per avermi concesso l’onore di<br />

questa laurea <strong>in</strong> economia che fatico a sentire meritata, ma più ancora li<br />

r<strong>in</strong>grazio perché essi dedicano la propria attività di ricerca e di<br />

<strong>in</strong>segnamento a valori senza prezzo che, sommati <strong>in</strong>sieme, portano al<br />

ben<strong>esser</strong>e del pianeta <strong>in</strong>tero. Da ultimo permettetemi di dedicare questo<br />

importantissimo riconoscimento a tutti i miei compagni di viaggio della Nulla<br />

S.p.A., quelli che sono qui oggi e quelli che purtroppo non ci sono più,<br />

perché hanno creduto <strong>ad</strong> un sogno assurdo per l’epoca, e vi hanno<br />

dedicato e sacrificato sé stessi.”.<br />

Sorridendo ai giovani che aveva di fronte, l’operaio specializzato<br />

Roncarati alzò la mano destra <strong>in</strong> segno di saluto, poi si lasciò aiutare a<br />

scendere la piccola scaletta del podio da cui aveva <strong>letto</strong> il suo discorso,<br />

stampato su fogli bianchi a caratteri molto grandi. Qualcuno racconta che si<br />

sia rifugiato velocemente <strong>in</strong> un piccolo capannello di conoscenti per poter<br />

controllare la visibile commozione che lo aveva <strong>in</strong>vaso e potersi asciugare<br />

con calma le lacrime che gli rigavano il volto.<br />

Chi ha avuto la fortuna di <strong>esser</strong>e presente al conferimento della laurea<br />

honoris causa presso la Facoltà di Economia nell’anno 2069, ha potuto<br />

ascoltare dalla voce di uno degli ultimi testimoni ancora <strong>in</strong> vita, la grande<br />

depressione degli anni Venti e soprattutto con quale creatività e speranza,<br />

sono state messe le basi per l’attuale società italiana.


ALESSIO AMADIO<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente. E questa piccola fastidiosa certezza è<br />

tutto quel che resta quando f<strong>in</strong>isce una storia. Non servirebbe a niente.<br />

Quella storia che credevo perfetta, immune, eterna. Invece no. D’un tratto<br />

ho freddo. Gelo. La fragilità, creduta nascosta, dimenticata, seppellita dal<br />

tepore della monotonia di troppi giorni uguali, <strong>in</strong> un attimo mi è riesplosa<br />

davanti agli occhi. A ricordarmi che ora io sono di nuovo io. Solo io. Non mi<br />

piace. Non mi piace doverlo ammettere, ma l’immag<strong>in</strong>e riflessa allo<br />

specchio del bagno è il triste ritratto della realtà. Gli occhi, stanchi e gonfi,<br />

si fissano e si stupiscono della loro stessa assenza. Le tre passate e l’unica<br />

luce accesa <strong>in</strong> questo cazzo di quartiere dormitorio è la mia. Lei è <strong>in</strong><br />

camera, nel nostro <strong>letto</strong>, comprato al discount e montato <strong>in</strong> una domenica<br />

pomeriggio di ord<strong>in</strong>aria tenerezza. Era stata tutto il tempo a decorare la<br />

scarpiera con ritagli delle pag<strong>in</strong>e di vecchie riviste, mentre io cercavo di<br />

capirci qualcosa tra doghe e viti del sacchetto C. Alla f<strong>in</strong>e ce l’avevo fatta, il<br />

<strong>letto</strong> aveva assunto una sembianza credibile di essenzialità svedese.<br />

Anche la funzionalità era stata promossa, dopo il frut<strong>tuo</strong>so collaudo <strong>in</strong><br />

coppia, durato per il resto della giornata. Adesso la sento rigirarsi, per un<br />

attimo mi illudo che sia perché non riesce a prendere sonno. Ma il fruscio<br />

delle lenzuola è troppo lento e dolce, affatto nervoso. Dorme eccome,<br />

Francesca. E’ il sonno del v<strong>in</strong>citore. Che dopo chissà quanto tempo<br />

passato a difendersi, è f<strong>in</strong>almente uscito dall’angolo e ha attaccato con tutti<br />

i suoi colpi migliori. E <strong>ad</strong>esso, esausto, riposa.<br />

Una che dorme così, dopo aver scaricato uno che chiamava amore f<strong>in</strong>o<br />

a due settimane prima, non me la racconta giusta. Ecco, questo è il<br />

pensiero che <strong>in</strong>cendia le polveri dell’autodistruzione. E’ da qui che la<br />

stupida stupidissima fabbrica mentale <strong>in</strong>izia a produrre a pieno regime. E si<br />

arrovella, non conosce respiro, solo spasmi di dolore auto<strong>in</strong>flitto<br />

trattenendo il fiato. Perché ciò che temiamo ci acc<strong>ad</strong>e.<br />

Avrà un altro. Non l’ha voluto ammettere, ma è così. Eppure non mi ha<br />

mai detto una bugia. Magari… si, <strong>in</strong> fondo lei me l’avrebbe detto. “Figurati,<br />

te l’avrei detto”. In fondo che cosa le costava dirmelo. Che bisogno aveva<br />

di mettere <strong>in</strong> mezzo me con le mie <strong>in</strong>sicurezze, la mia irresponsabilità.<br />

“Sono due anni che aspetto delle cose da te. Sono stanca, non ce la faccio<br />

più, sto male, mi vedi no?”. Adesso sì, mi sento <strong>in</strong> colpa. Forse avrei<br />

dovuto impegnarmi di più, cercare di trovare un lavoro migliore, sposarla e<br />

mettere su famiglia <strong>in</strong> fretta. Ecco cosa voleva. Io mi ci stavo abituando,<br />

certo, mica mi dispiaceva l’idea, solo che i miei tempi erano sempre più


lunghi dei suoi. In tutto. “Sei lento. Dio mio come sei lento”. L’ho fatta star<br />

male, l’ho delusa, non sono stato all’altezza. Non sono all’altezza. Mi merito<br />

tutto. Oppure no, non è vero nulla, è solo tutta una grande scusa per<br />

nascondere la verità? Ma qual è la verità? Oddio ha un altro. E via così, <strong>in</strong><br />

un turb<strong>in</strong>io viziato che rimescola le carte e non costruisce nulla. A parte<br />

castelli di ansia, sempre più alti.<br />

La cosa che fa più male è il modo <strong>in</strong> cui si trasforma la percezione che<br />

hai della persona. Lo squallido ritorno alla normalità ti riporta <strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e un<br />

estraneo al pari degli altri. Pers<strong>in</strong>o la semplice <strong>in</strong>timità di avere i suoi occhi<br />

a pochi centimetri dai <strong>tuo</strong>i, dec<strong>ad</strong>e <strong>in</strong> un ricordo a forma di spillo. Spazi e<br />

gesti si ridef<strong>in</strong>iscono nell’odioso formale decoro. Si sta impegnando per<br />

sembrare risoluta, ma ha già deciso. Ed il distacco deve <strong>esser</strong>e netto, forte,<br />

immediato. Chirurgico. I suoi occhi piangono, ma è solo la fierezza di una<br />

rabbia repressa. Non c’è più il pollice che r<strong>in</strong>corre il mio quando le prendo<br />

le mani. Nessun calore nel suo abbraccio. Semmai pena. L’<strong>in</strong>cubo<br />

peggiore, per chi come me, solo <strong>in</strong> questo mondo di falsi soli, cont<strong>in</strong>ua a<br />

cercare la luce, è trovarsi di fronte la persona più importante che non ti<br />

riconosce. E’ sentire la propria anima gridare che non è vero, è un brutto<br />

scherzo, un brutto sogno che si fa quando si mangiano dolci poco prima di<br />

andare a dormire. E’ non trovare più rifugio nello sguardo, ormai altrove, di<br />

chi si ama ancora.<br />

Apro il rub<strong>in</strong>etto, faccio scorrere l’acqua fredda e resto a guardarla.<br />

Stupida acqua, le <strong>in</strong>vidio il non dover pensare. Passo le mani tra il getto, e<br />

mentre chiudo gli occhi mi ch<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> accoglierle nel viso. Per un attimo<br />

sento alleggerirsi il calore della pelle arrossata da ore di urli, smorfie e<br />

s<strong>in</strong>ghiozzi. Ma mi rendo conto che sono troppo teso per provare a dormire,<br />

impazzirei. Lei è lì nella stanza a fianco, ma non c’è più. Inizio a ciondolare<br />

senza riposo per l’appartamento buio, guardandomi <strong>in</strong>torno impaurito,<br />

come se quella non fosse più casa mia, ma l’ambulatorio del dottore che<br />

potrebbe dichiararmi <strong>in</strong>curabile. I mobili, le foto, l’orologio, la scala a<br />

chiocciola. Devo cancellare tutto dalla memoria e non ho idea di come fare.<br />

Perché non sono pronto, non lo voglio fare. C’è un’om<strong>in</strong>o a forma di cuore<br />

rosso che sta ancora aggrappato alla scogliera e non vuole saperne di<br />

lasciarsi c<strong>ad</strong>ere nel mare <strong>in</strong> tempesta. Alla f<strong>in</strong>e, entro <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a. Vorrei<br />

bere, ma evito di aprire il frigo. Non voglio vedere la spesa che ho fatto il<br />

giorno prima pensando a una cena che non ci sarà mai. Invece prendo un<br />

bicchiere dalla dispensa e lo riempio dal rub<strong>in</strong>etto. Ormai gli occhi si sono<br />

abituati al buio. Mi siedo al tavolo <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a, cercando di mettere <strong>in</strong>sieme un<br />

concetto razionale. Un pensiero, uno solo, che non sia delirante o<br />

paranoico. Tutto <strong>in</strong>utile. Guardandomi <strong>in</strong>torno, non posso fare a meno di<br />

scorgere le sagome delle piccole cose che hanno fatto da scenografia alla<br />

nostra vita <strong>in</strong>sieme. E’ sorprendente come le ombre della coltelliera presa<br />

con la televendita di quel pazzo che urlava e ci faceva ridere, o del<br />

barattolo dello zucchero v<strong>in</strong>tage, o delle form<strong>in</strong>e magnetiche <strong>sul</strong> frigo


possano farti piangere. Ogni oggetto <strong>in</strong> questa casa mi è diventato nemico,<br />

e vuole prendermi a coltellate. Ora basta. Devo prendere la mia vita,<br />

vestirla <strong>in</strong> fretta e portarla fuori di qui.<br />

Entro <strong>in</strong> camera cercando di non svegliarla. Non voglio nemmeno<br />

vederla o sentirla, per cui cerco di sbrigarmi a prendere un paio di jeans e<br />

la prima maglietta che trovo, tenendo gli occhi chiusi. Avrei dovuto anche<br />

tapparmi il naso, il nostro odore <strong>in</strong> camera è fortissimo e <strong>ad</strong>esso è un’altra<br />

stilettata allo stomaco. La sento vic<strong>in</strong>a, e la mente si div<strong>in</strong>cola dalle briglie<br />

un’altra volta. In un altro momento, avrei sollevato il lenzuolo e sarei stato<br />

un po’ li a guardarla, senza fare nient’altro, f<strong>in</strong>ché il desiderio non avrebbe<br />

preso il sopravvento. E non ci sarebbe voluto molto. Avrei <strong>in</strong>iziato a<br />

baciarle le gambe, lentamente, per non farla svegliare di soprassalto. E<br />

passando da un sogno all’altro, quando avrebbe aperto gli occhi, con un<br />

sorriso si sarebbe tolta quella canottiera azzurrocielo che metteva per<br />

dormire, offrendosi tutta, completamente. L’angoscia si t<strong>in</strong>ge di terrore, il<br />

silenzio diventa assordante, tutti i pensieri che mi grand<strong>in</strong>ano <strong>ad</strong>dosso<br />

dicono che la casa f<strong>in</strong>irà per uccidermi se non mi muovo <strong>ad</strong> andarmene.<br />

Trattengo il respiro mentre mi <strong>in</strong>filo di corsa le scarpe, prendo la giacca, le<br />

chiavi della macch<strong>in</strong>a e scappo via.<br />

Non posso fare a meno di pensare che il mondo si sia ribaltato appena<br />

mi ritrovo <strong>sul</strong>le scale. Rispetto all’<strong>in</strong>ferno di un attimo fa, le scale sono un<br />

ambiente condiviso con troppi sconosciuti per considerarlo <strong>tuo</strong>. E’ qui che<br />

mi sento al sicuro ora, è questo il mio nuovo regno. L’odore di dis<strong>in</strong>fettante<br />

al limone è così stupendamente banale che non ti fa ricordare nulla se non<br />

i buffi calzettoni rossi della donna delle pulizie ed il fatto che quando li vedi<br />

vuol dire che è mercoledì. Mi riempio i polmoni di questo meraviglioso<br />

schifo di odore giallo <strong>in</strong> promozione, è il mio primo passo verso la luce, e la<br />

prossima crisi di pianto fa meno paura.<br />

Esco dal portone, solo. Sono l’unica cosa <strong>in</strong> movimento, non si sente<br />

alcun rumore. I palazzi <strong>in</strong>torno sono assopiti nella foschia ambrata dai<br />

lampioni, le automobili parcheggiate ord<strong>in</strong>atamente ai fianchi della str<strong>ad</strong>a.<br />

A guardare il triciclo rovesciato nel piccolo praticello condom<strong>in</strong>iale,<br />

verrebbe da pensare che un bimbo è stato richiamato <strong>in</strong> casa di corsa<br />

qualche ora prima. Cerco di sforzarmi a capire il motivo, per tenere i<br />

pensieri lontani dalla zona di pericolo, e <strong>in</strong>tanto <strong>in</strong>izio a camm<strong>in</strong>are. O<br />

almeno, ci provo.<br />

I primi passi quasi tolgono il respiro da quanto fanno male, perché è<br />

nuovo il sangue che si spande nelle vene di una vita che r<strong>in</strong>asce. Le<br />

gambe, ossidate dalla colla di troppe comode abitud<strong>in</strong>i, tremano a dover<br />

sostenere di nuovo tutto il peso. I polmoni, atrofizzati dall’aria domestica e<br />

viziata, devono riabituarsi a respirare quella selvatica, pura. A ogni metro<br />

viene la tentazione di cedere al dolore, allo sconforto. Viene voglia di farsi<br />

da parte, fermarsi e mettersi a guardare gli altri che passano. No. Non<br />

stavolta. Viene voglia di girarsi, tornare <strong>in</strong>dietro, <strong>in</strong>ghiottire l’orgoglio e


<strong>in</strong>negarsi ancora. Non <strong>ad</strong>esso. Francesca mi ha sorriso la prima volta <strong>in</strong><br />

questa edicola, mentre pioveva. Eppure, un passo davanti all’altro,<br />

cont<strong>in</strong>uo a camm<strong>in</strong>are.


ELISA BRAGA 2<br />

Z<strong>in</strong>gara<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla spa ha chiuso. Così, da un giorno<br />

all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili progetti futuri e le<br />

misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci separavano dalla<br />

pensione.<br />

Che smarrimento ritrovarsi all’improvviso senza occupazione! La rout<strong>in</strong>e<br />

di una vita completamente stravolta; gli orari di sonno, veglia, tempo libero<br />

ormai plasmati su quelli del lavoro,… tutti saltati per aria.<br />

L’<strong>in</strong>certezza.<br />

Il pensiero martellante di trovare un nuovo impiego.<br />

La consapevolezza di non saper più come si affrontano i colloqui.<br />

Il saldo del conto <strong>in</strong> banca che si riduce pericolosamente.<br />

Io e Guido siamo amici da una vita, da quando cioè, poco più che<br />

ventenni, ci siamo ritrovati a condividere lo stesso ufficio alla Nulla. Ora<br />

dividiamo lo stesso tavol<strong>in</strong>o al bar dell’Avis, perché quello della donazione<br />

del sangue è un appuntamento che non perderemmo per niente al mondo.<br />

Qui c’è sempre una bella atmosfera, e poi i baristi dell’Avis fanno i<br />

cappucc<strong>in</strong>i migliori del mondo. È un’oasi felice <strong>in</strong> questo periodo di<br />

sfortuna.<br />

“Trovato qualcosa?” dice Guido<br />

“Che vuoi che abbia trovato? Cercano giovani apprendisti o personale<br />

specializzato. Non c’è niente per due come noi che sanno fare un unico<br />

mestiere.”<br />

Prendo fiato e con coraggio butto fuori quello a cui penso già da un po’:<br />

“Guido, so che ci avrai pensato anche tu e dobbiamo decidere <strong>in</strong> fretta:<br />

bisogna vendere Z<strong>in</strong>gara.”<br />

“Lo so, Gianni. Ci rimug<strong>in</strong>o su da qualche settimana. Mi si spezza il<br />

cuore, però.”<br />

Z<strong>in</strong>gara, il cutter a due alberi che abbiamo comprato dieci anni fa, i<br />

nostri venti metri di par<strong>ad</strong>iso <strong>in</strong> terra, anzi, <strong>sul</strong> mare. Quante gite abbiamo<br />

fatto <strong>in</strong>sieme, quante vacanze: con le mogli, coi bamb<strong>in</strong>i piccoli, con gli<br />

amici. Ogni uscita è una boccata d’ossigeno. Ci pare di vivere davvero solo<br />

su quella barca.<br />

Ma la nostra cara barchetta costa troppo: il rimessaggio al porto, i lavori<br />

primaverili di carenatura e verniciatura, i pezzi di ricambio del motore,…<br />

tutte spese che non ci possiamo più permettere.<br />

Dopo un lungo silenzio Guido sospira: “Domani metterò un annuncio <strong>sul</strong><br />

giornale e lunedì andrò al mare per spargere la voce al circolo nautico.”<br />

Sembra una condanna a morte.


“Verrò con te.”<br />

Lunedì matt<strong>in</strong>a al mare. È una fredda giornata primaverile, tira un vento<br />

teso e costante: un tempo ideale per la navigazione. Z<strong>in</strong>gara oscilla<br />

leggermente al suo posto; sembra impaziente di farsi una corsetta <strong>sul</strong>le<br />

onde.<br />

Guardo il mio amico e dico: “Guido, nessuno ha ancora risposto<br />

all’annuncio: facciamo un giro, già che siamo qui. È ancora la nostra<br />

barchetta, dopotutto.”<br />

“Stavo per proporti la stessa cosa.” Gianni sorride per la prima volta da<br />

mesi e pare perdere almeno qu<strong>in</strong>dici anni d’età.<br />

Tiriamo per le lunghe i preparativi: un lento e lungo <strong>ad</strong>dio <strong>ad</strong> ogni cima,<br />

<strong>ad</strong> ogni bozzello, <strong>ad</strong> ogni m<strong>in</strong>uscolo pezzo dell’amata Z<strong>in</strong>gara. Mentre<br />

siamo al lavoro, si avvic<strong>in</strong>a un bamb<strong>in</strong>o, seguito dai genitori, e osserva<br />

<strong>in</strong>tento la nostra barca. Ci accorgiamo che ha la s<strong>in</strong>drome di Down e siamo<br />

un po’ imbarazzati: ci sentiamo quasi colpevoli della nostra “normalità”. Lui,<br />

<strong>in</strong>vece, è elettrizzato, i suoi <strong>in</strong>credibili occhi azzurri sc<strong>in</strong>tillano e ci pone un<br />

sacco di domande <strong>sul</strong>la navigazione e su Z<strong>in</strong>gara. Com<strong>in</strong>ciamo a<br />

raccontare le nostre avventure sui mari e Marco, il nostro ammiratore, è<br />

sempre più entusiasta. Non abbiamo mai avuto un pubblico così attento e<br />

ricettivo: pers<strong>in</strong>o i nostri figli non ci hanno mai ascoltati con tanta<br />

considerazione.<br />

D’un tratto propongo: “Ti va di fare una breve gita con noi? Anche i <strong>tuo</strong>i<br />

genitori sono <strong>in</strong>vitati.”<br />

Marco com<strong>in</strong>cia a saltellare, euforico al pensiero di un’uscita <strong>in</strong> mare su<br />

una barca vera, con le vele e gli alberi; su una barca, <strong>in</strong>somma, che<br />

somiglia più <strong>ad</strong> una nave pirata che <strong>ad</strong> uno di quei traghetti di Cas<strong>ad</strong>ei, che<br />

<strong>in</strong> estate fanno la spola avanti e <strong>in</strong>dietro lungo la costa. I genitori si<br />

guardano un po’ impacciati: “Siete molto gentili, davvero. Ma non<br />

vorremmo crearvi un disturbo.”<br />

Nemmeno il tempo di f<strong>in</strong>ire la frase e Guido è già saltato <strong>sul</strong> molo come<br />

una molla: “Ma quale disturbo, siete i benvenuti. Corro al circolo a prendere<br />

dei giubbotti di salvataggio per tutti! Faccio <strong>in</strong> un attimo”<br />

Le esitazioni dei genitori durano poco ed <strong>in</strong> breve tempo siamo tutti e<br />

c<strong>in</strong>que a bordo, pronti a salpare.<br />

La gita è piacevole per tutti. Mi sembra di conoscere da sempre i nostri<br />

ospiti: Marco è un ragazzo solare e Christian ed Alessandra, i suoi genitori,<br />

persone <strong>ad</strong>orabili. In più questa famigliola è <strong>in</strong>namorata del mare proprio<br />

come noi. Marco siede <strong>in</strong> prua, affiancato dalla mamma, e ride felice <strong>ad</strong><br />

ogni spruzzo d’acqua salata che lo <strong>in</strong>veste.<br />

Al ritorno <strong>in</strong> porto andiamo tutti <strong>in</strong>sieme a La Locanda del Mare, l’osteria<br />

di pesce <strong>in</strong> cui siamo di casa. Mentre il cameriere porta via il vassoio ormai<br />

vuoto della grigliata Christian ci dice:


“Ragazzi, abbiamo passato una giornata fantastica e vi siamo davvero<br />

grati. Non ho mai visto Marco così felice.”<br />

“Anche noi siamo contenti di avervi conosciuto” risponde Guido per<br />

entrambi. “Sapete, probabilmente è l’ultima uscita che facciamo con<br />

Z<strong>in</strong>gara.”<br />

Il peso dei nostri guai ci piomba nuovamente <strong>ad</strong>dosso, spegnendo i<br />

sorrisi <strong>sul</strong>le nostre facce.<br />

“Perché mai?” chiede Alessandra.<br />

“Vedi, la ditta dove lavoravamo ha chiuso, siamo a spasso già da un po’<br />

e non abbiamo molte speranze di trovare un nuovo impiego a breve<br />

term<strong>in</strong>e. Non possiamo più permetterci una barca. Oggi eravamo venuti qui<br />

per cercare un acquirente.”<br />

I nostri due nuovi amici si guardano a lungo; pare che si con<strong>sul</strong>t<strong>in</strong>o <strong>in</strong><br />

silenzio, perché poco dopo Alessandra annuisce, si volta verso di noi e<br />

dice:<br />

“E se la comprassimo noi?”<br />

“Che dici?” chiedo<br />

“Ho appena ereditato da mia nonna e posso permettermela” si prende<br />

un momento prima di spiegare: “Vedete, io e Christian abbiamo creato<br />

un’associazione per bamb<strong>in</strong>i disabili”<br />

Marco si <strong>in</strong>tromette con un trillo di gioia: “Bamb<strong>in</strong>i come me!”<br />

La sua mamma lo guarda con un sorriso e cont<strong>in</strong>ua: “Sì, come te, ma<br />

non solo. I bamb<strong>in</strong>i dell’associazione soffrono di diverse patologie. Non<br />

volevamo creare un ambiente chiuso: le porte sono aperte per chiunque sia<br />

meno fortunato e necessiti di un sostegno per sé e per la propria famiglia.<br />

Ci sono bimbi malati, ragazzi con problemi familiari,… siamo un club aperto<br />

a tutti, <strong>in</strong>somma.”<br />

“È lodevole quello che fate, ragazzi” dico io, s<strong>in</strong>ceramente ammirato.<br />

“Pensavo” dice Alessandra “che potremmo rilevare Z<strong>in</strong>gara e usarla per<br />

organizzare uscite <strong>in</strong> mare per i bimbi dell’associazione e le loro famiglie.<br />

Ne sarebbero entusiasti, darebbe loro tanta gioia. In più, potremmo<br />

assumervi come equipaggio: nessuno di noi ha la patente nautica e ci<br />

serve qualcuno con la vostra esperienza per portarla <strong>in</strong> mare <strong>in</strong> tutta<br />

sicurezza.”<br />

Io e Guido la guardiamo a bocca aperta, così Alessandra cont<strong>in</strong>ua: “Ve<br />

la cederemmo per ogni gita che vorrete fare per conto vostro,<br />

naturalmente. E più <strong>in</strong> là, quando sarà passato questo momentaccio,<br />

potrete ricomprarla, se lo desiderate. E noi vi… affitteremo per le uscite <strong>in</strong><br />

mare. Che ne dite?”<br />

Siamo così sbalorditi che ci vuole un po’ perché riacquistiamo la parola.<br />

Poi diventiamo un fiume <strong>in</strong> piena di idee nuove.<br />

“Tra un giro coi bamb<strong>in</strong>i e l’altro potremmo organizzare dei corsi di vela<br />

per ragazzi, o per giovani, o per chiunque voglia imparare” propongo io “e<br />

divideremmo gli utili con l’associazione”.


“Sì, ci faremo conoscere <strong>in</strong> giro e chissà? Magari potrebbe anche<br />

diventare un’attività a tempo pieno. Esperienza di navigazione ne abbiamo<br />

da vendere. Potremmo trarre profitto facendo qualcosa che amiamo,<br />

Gianni, ti rendi conto?”<br />

“Me ne rendo conto sì. Come mai non ci abbiamo pensato prima?” dico<br />

io.<br />

“Ci serviva l’<strong>in</strong>contro con Marco il Fortunato per farlo” risponde Guido<br />

scompigliando i capelli di Marco, che gongola del suo nuovo soprannome.<br />

Il pensiero di non perdere Z<strong>in</strong>gara, di aiutare queste persone<br />

meravigliose, e di gu<strong>ad</strong>agnarci per di più, mi sommerge di gioia.<br />

Siamo talmente sopraffatti che non riusciamo <strong>ad</strong> organizzarci <strong>in</strong> modo<br />

razionale, così ci accordiamo con Christian ed Alessandra per vederci tra<br />

qualche giorno, quando riusciremo di nuovo a ragionare, si spera.<br />

Milioni di porte sembrano spalancarsi davanti a noi.<br />

Una nuova vita.<br />

Un nuovo futuro.<br />

Non riesco a credere che f<strong>in</strong>o a stamatt<strong>in</strong>a eravamo immersi f<strong>in</strong>o al collo<br />

nella disperazione più nera.<br />

È proprio vero che puoi trovare la fortuna dietro l’angolo, quando meno<br />

te lo aspetti.<br />

Il mare è la nostra vita, ed ora lo sarà ancora di più.<br />

Z<strong>in</strong>gara è il nostro talismano.


SALVATORE LEONARDI<br />

Le due gemelle<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente.<br />

E <strong>ad</strong>esso? Come è opportuno che io mi comporti? Forse dovrei<br />

pazientare, attendere qualche giorno. Magari si farà viva nuovamente.<br />

Magari vorrà <strong>in</strong>contrarmi di nuovo. Magari avrà pietà e mi tenderà una<br />

mano per tirarmi fuori dal fiume di liquame <strong>in</strong> cui mi ha fatto precipitare.<br />

No! Non è una buona idea. Sono certa che, dopo quanto è acc<strong>ad</strong>uto ieri<br />

sera, ci vorrebbero tremila anni per spalare tutta la merda e rimetterla nel<br />

sacco e, anche se ciò acc<strong>ad</strong>esse, permarrebbe un fetore tale da rendere<br />

<strong>in</strong>utile la mia attesa pluri-millenaria.<br />

Francesca era mia sorella, la mia unica sorella, gemella. Sono costretta<br />

a parlarne al passato, perché non so se la rivedrò. Non so se lei vorrà<br />

rivedermi.<br />

Fisicamente eravamo sempre state identiche <strong>in</strong> tutto. Di corporatura<br />

m<strong>in</strong>uta. Carnagione mediterranea. Sguardo vispo e <strong>in</strong>trigante.<br />

Caratterialmente, però, sembravamo nate <strong>in</strong> due cont<strong>in</strong>enti e <strong>in</strong> due<br />

epoche totalmente differenti. Io sono sempre stata quella assennata,<br />

studiosa e senza grilli per la testa. Lei era la vamp, la VIP, quella che aveva<br />

mille fidanzat<strong>in</strong>i più di me.<br />

Così uguali, così diverse, ma mai distanti.<br />

Ci volevamo bene all’<strong>in</strong>verosimile. Non so se è vero quanto si dice <strong>in</strong><br />

merito al fatto che i gemelli vivono <strong>in</strong> una specie di simbiosi ancestrale che,<br />

a dispetto del tempo e delle distanze, crea un legame fisicamente<br />

telepatico. Sono certa però che tutte e due eravamo <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di scrutare i<br />

nostri cuori e leggere i pensieri che passavano nelle nostre menti. Era<br />

come se le scariche elettriche di ogni neurone di Francesca sollecitassero<br />

la mia mente rimbalzando poi, sempre più cariche, di nuovo verso la sua<br />

corteccia cerebrale.<br />

Poi, però, improvvisa … la separazione … una separazione violenta e<br />

<strong>in</strong>attesa, e con essa l’oblio. L’oblio f<strong>in</strong>o a ieri sera.<br />

Ieri sera è acc<strong>ad</strong>uto l’<strong>in</strong>eluttabile. È riemerso quello che sembrava<br />

sepolto negli abissi e, riemergendo, ha sommerso tutto, ma proprio tutto:<br />

sia quello che faceva parte del passato, che quello che forse avrebbe<br />

potuto <strong>esser</strong>e ricostruito nel futuro.<br />

Erano le diciotto e trenta e, come acc<strong>ad</strong>e ormai da molti anni, forse<br />

secoli, a quell’ora mi avviai verso la mia automobile per raggiungere il mio


appartament<strong>in</strong>o <strong>in</strong> prov<strong>in</strong>cia. Ci ho impiegato una vita per meritarmi quei<br />

cento metri qu<strong>ad</strong>ri di acciaio e cemento di cui, ancora oggi, non sono del<br />

tutto proprietaria, dovendo dividerne virtualmente il possesso con quelle<br />

carogne del Banco Siculo-Calabro. Una vita di lavoro a sputare saliva mista<br />

a petrolio, per sentirmi scioccamente fiera di me, dopo aver firmato<br />

l’impegno per un mu<strong>tuo</strong> trentennale.<br />

Tutto si stava svolgendo secondo una rout<strong>in</strong>e che sembrava ricalcare i<br />

fotogrammi di una pellicola degli anni ’30, logora e senza sonoro. Come <strong>in</strong><br />

un film di Chapl<strong>in</strong>/Charlot, mi vedo mentre chiudo il portonc<strong>in</strong>o della mia<br />

lugubre stanza d’ufficio, attraverso veloce il corridoio, saluto qualche<br />

collega più derelitto e annoiato di me, schiaccio il pulsante che fa aprire il<br />

portonc<strong>in</strong>o d’<strong>in</strong>gresso/uscita, mi richiudo la porta alle spalle, mi dirigo verso<br />

l’ascensore, <strong>in</strong>serisco la chiave che mi dà il privilegio, rispetto ai comuni<br />

mortali che di tale privilegio non possono godere, di fruire di quella<br />

maleodorante cab<strong>in</strong>a mobile, atterro <strong>sul</strong> pianerottolo, premo un altro<br />

pulsante utile a far spalancare un cancello automatico e mi ritrovo nell’area<br />

di parcheggio da c<strong>in</strong>quecento posti-auto. Anche questo piazzale,<br />

impregnato di puzzo di freni e annerito di smog, è <strong>ad</strong> uso e consumo di<br />

pochi eletti, cioè quei dipendenti che, come me, dopo una laurea con lode,<br />

si sono trovati costretti <strong>ad</strong> alienare la propria mente ed il proprio dest<strong>in</strong>o <strong>in</strong><br />

quell’azienda, la mitica Solomon S.p.A. mult<strong>in</strong>azionale petrolifera con<br />

trecento sedi <strong>in</strong> tutto il mondo – sono certa però che io, nella mia vita, non<br />

vedrò mai nessuna delle altre duecentonovantanove sedi sparse nel globo<br />

terracqueo.<br />

La mia Ford si trovava, come sempre, <strong>ad</strong> una trent<strong>in</strong>a di metri da me. In<br />

genere un tragitto breve come quello - trenta metri - non occupa nemmeno<br />

un byte nella mia memoria. Trenta metri si percorrono <strong>in</strong>consciamente<br />

soprattutto se sono quei trenta metri che ti conducono a quel trabiccolo che<br />

conosce a memoria il percorso verso casa tua: ieri sera, <strong>in</strong>vece, fu come se<br />

la meta fosse stata distante da me migliaia di anni luce ed il ricordo di<br />

quanto acc<strong>ad</strong>de durante quell’it<strong>in</strong>erario divenuto <strong>in</strong>aspettatamente <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito,<br />

mi sta <strong>ad</strong>esso torturando la mente e distruggendo <strong>in</strong>teriormente.<br />

Dovetti per forza far caso a una figura che, a causa dei giochi di<br />

penombra messi <strong>in</strong> scena dal crepuscolo, si confondeva con una di quelle<br />

palme nane, piazzate da qualche genio della progettazione di esterni qua e<br />

là per il parcheggio.<br />

Mi sembrava di vivere <strong>in</strong> un sogno, uno di quei sogni di cui non capisci<br />

la trama ma che ti turbano al punto tale da farne permanere il ricordo anche<br />

parecchi m<strong>in</strong>uti dopo che Morfeo è andato a prostituirsi con chissà chi e<br />

chissà dove. Man mano che percorrevo quelli che ormai erano chilometri e<br />

chilometri, i contorni di quella figura diventavano sempre più nitidi.<br />

L’immag<strong>in</strong>e, prima sfocata e tremolante, si stampava <strong>in</strong> chiaroscuro nelle<br />

mie pupille. Nonostante fossero passati ventisei anni da quando la vidi per


l’ultima volta, non potevo certo non riconoscere la mia fotocopia <strong>in</strong> carne e<br />

ossa. Francesca.<br />

Mi separavano ancora alcuni chilometri dal punto di contatto, ed ebbi<br />

tutto il tempo di rivivere le ultime immag<strong>in</strong>i di ventisei anni fa: ci siamo io e<br />

Francesca, sedicenni, che passeggiamo allegramente lungo Corso Diaz;<br />

d’un tratto vediamo accostarsi un’auto bianca e lunga, ne escono due<br />

uom<strong>in</strong>i, mi sembrano altissimi, appaiono agili e sicuri del fatto loro, si<br />

avvic<strong>in</strong>ano, sono gentili, ci <strong>in</strong>vitano a salire <strong>in</strong> auto con loro. Io non volevo,<br />

ma Francesca sì; lei la VIP, lei l’<strong>in</strong>traprendente, lei che non aveva paura di<br />

due sconosciuti. Salimmo.<br />

Il ricordo si <strong>in</strong>franse di colpo come il cristallo di un sottilissimo flûte, bello<br />

ed affusolato, trucidato senza pietà da un pentol<strong>in</strong>o d’acciaio disposto<br />

maldestramente nella lavastoviglie. Sentii una voce identica alla mia che<br />

ebbe l’effetto di tramortire il mio animo e di frastornare i miei sensi:<br />

- “Eleonora”<br />

- “Francesca. Sei proprio tu. Sei tornata. Mio Dio.”<br />

- “Non <strong>in</strong>vocarlo Dio. Non potrà salvarti dall’<strong>in</strong>ferno.”<br />

- “Francesca, ma che dici?”<br />

- “Perché Eleonora? Perché l’hai fatto?”<br />

- “Posso spiegarti tutto. Anche se dovresti già saperlo.”<br />

- “E cosa vuoi dirmi? Forse che sei fuggita, mentre quei bastardi mi<br />

portavano via? Oppure vuoi spiegarmi perché non hai collaborato con la<br />

Polizia per agevolare le ricerche? Hai mentito e hai taciuto su tutto. Li ho<br />

letti i giornali, sai? Li ho letti i titoli <strong>in</strong> prima pag<strong>in</strong>a: la giovane Francesca<br />

<strong>in</strong>ghiottita nel nulla. La sorella: ha svoltato l’angolo e non l’ho più vista.”<br />

- “Ma Francesca. Quegli uom<strong>in</strong>i erano stati chiari. Mi hanno liberata solo<br />

dopo la promessa che avrei dichiarato quello che poi ho detto. Altrimenti ti<br />

avrebbero uccisa. Li hai sentiti pure tu mentre dicevano quelle cose, no?”<br />

- “Sei una troia. Ti sei sbarazzata di me, ti sei voluta sbarazzare di me.<br />

Eri gelosa di Francesca, la gemell<strong>in</strong>a spigliata e ammiccante. Sei una<br />

puttana da quattro soldi, ecco cosa sei. Hai colto l’occasione al volo, per<br />

liberarti di quel peso che ti opprimeva, che ti avrebbe impedito di spiccare il<br />

volo.”<br />

- “Francesca, ma io ti <strong>ad</strong>oravo… io ti <strong>ad</strong>oro. Non puoi davvero pensare<br />

quello che stai dicendo. Io…”<br />

- “Tu, cosa? Ti avrei capito, ti avrei giustificato, se tu avessi mantenuto<br />

la promessa fatta a quei porci, per una settimana, o per un mese, pers<strong>in</strong>o<br />

per un anno. Ma poi? Una volta che la vicenda era c<strong>ad</strong>uta nel dimenticatoio<br />

e di me non c’era traccia, potevi collaborare, no? Potevi dire tutta la verità,<br />

no? Potevi farlo, se non per me, almeno per i nostri poveri genitori, morti<br />

nella vana attesa di avere qualche notizia di una figlia scomparsa senza<br />

alcun motivo apparente. Invece no. Tu dovevi rimanere da sola, senza<br />

quella sorella soffocante che fiaccava le tue velleità da prima donna.”<br />

- “Noooo. Non puoi dire questo. Non è vero! Lo sai che non è vero.”


- “Sei pazza Francesca. Sei pazza. Marcirai <strong>in</strong> un manicomio e ne<br />

uscirai soltanto quando la tua carne putrida non sarà buona neanche come<br />

cibo per i cani.”<br />

- “Non sono pazza! Non sono pazzaaaaa!”<br />

“Marisa, le somm<strong>in</strong>istri il solito sedativo”, disse sconsolato e, al<br />

contempo, alterato, il Dottor Eugenio Franchetti, psichiatra di fama<br />

mondiale, un uomo bass<strong>in</strong>o e canuto che, dall’aspetto, mostrava più dei<br />

c<strong>in</strong>quantotto anni deducibili dal suo documento d’identità.<br />

Marisa, l’<strong>in</strong>fermiera, tanto giovane quanto alta e fisicamente impostata e<br />

possente, si dovette lanciare come un’aquila per praticare alla donna<br />

l’<strong>in</strong>iezione che, quasi istantaneamente, la fece c<strong>ad</strong>ere <strong>in</strong> quel torpore utile<br />

<strong>ad</strong> evitare di nuocere <strong>ad</strong> alcuno e a garantire una calma apparente, al limite<br />

dell’irreale.<br />

“Dottore. C’è qualche speranza che guarisca?”, disse rabbuiata<br />

l’<strong>in</strong>fermiera.<br />

“Cara Marisa, lei è nuova di qui. Sa da quanto tempo ho <strong>in</strong> cura la<br />

signora Francesca Mallardi? Trent’anni. Trent’anni esatti. Ogni settimana,<br />

da trent’anni, la signora Francesca si sdraia su quel lett<strong>in</strong>o e mi racconta la<br />

stessa storia, per filo e per segno, senza aggiungere un dettaglio e senza<br />

dimenticarsene alcuno. Il suo racconto term<strong>in</strong>a sempre con quelle urla che<br />

ha sentito poc’anzi. Si tratta del caso di sdoppiamento della personalità più<br />

eclatante della letteratura psichiatrica mondiale. Ovviamente, la signora<br />

Mallardi è figlia unica e la sua gemella Eleonora esiste solo nella sua<br />

mente malata e, <strong>ad</strong> oggi, <strong>in</strong>curabile.”.


GAETANO AMBROSINO<br />

La prova<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione.<br />

Quando Giulio lesse quelle parole scritte su un lenzuolo bianco con<br />

vernice rossa fuori dalla Sua fabbrica: la Sua fabbrica perché dopo 30 anni<br />

di lavoro passati sentiva più sue quelle che non le mura di casa, sentì una<br />

strana sensazione <strong>in</strong>descrivibile e a lui estranea mai provata che lo<br />

lasciava senza respiro e con la mente non <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di elaborare alcun<br />

pensiero.<br />

Un poco alla volta ritornò p<strong>ad</strong>rone di se stesso e la prima cosa che gli<br />

passò per la mente era che quello che era successo prima o poi sarebbe<br />

dovuto acc<strong>ad</strong>ere necessariamente perché già da molto tempo c’erano<br />

state delle avvisaglie ma come tante altre volte aveva voluto pensare<br />

positivo per allontanare da lui pensieri nefasti.<br />

Tutto si era svolto molto velocemente senza poter fare nulla; era stato<br />

tutto pianificato dalla direzione un passo alla volta e alla f<strong>in</strong>e si erano<br />

trovati tutti fuori senza alcuna possibilità di rientro.<br />

Giulio era uno scapolo <strong>in</strong>callito, anche se le donne lo attraevano molto<br />

ma f<strong>in</strong>o all’età di 51 anni non aveva ancora trovato la donna che lo facesse<br />

veramente <strong>in</strong>namorare; era libero anche se f<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> allora non aveva saputo<br />

ben gestire questa sua libertà lasciandosi andare alla solita rout<strong>in</strong>e del<br />

lavoro casa lavoro <strong>in</strong> poche parole non era neanche una persona capace di<br />

prendere decisioni tali da modificargli l’esistenza. Era soprattutto un <strong>esser</strong>e<br />

abitud<strong>in</strong>ario anche <strong>in</strong> quel dannato giorno aveva seguito scrupolosamente il<br />

copione della sua vita: caffè appena alzato, barba e doccia, cappucc<strong>in</strong>o al<br />

bar vic<strong>in</strong>o la fermata del 27 con relativa lettura dei titoli del quotidiano<br />

locale.<br />

Ma quel giorno, una volta sceso dal bus, quella dannata scritta su quel<br />

lenzuolo lo aveva raggelato e non era servito a molto neanche confrontarsi<br />

con i suoi colleghi, anch’essi disperati ma forse un po’più ottimisti di lui<br />

sugli sviluppi della situazione.<br />

Ad una certa ora sentì il bisogno irrefrenabile di lasciare tutto e andar<br />

via e così fece: girò le spalle al lenzuolo e <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>andosi lentamente si<br />

ritrovò seduto nei giard<strong>in</strong>i del centro a meditare da solo <strong>sul</strong>l’acc<strong>ad</strong>uto.<br />

Era una giornata splendida di primavera ed <strong>in</strong> quella tarda matt<strong>in</strong>ata<br />

c’erano già giovani mamme che portavano a spasso i loro piccoli o anziani<br />

che passeggiavano lentamente andando a fare la spesa ed altri che seduti


<strong>ad</strong> una panch<strong>in</strong>a al sole leggevano il loro giornale o parlavano dei loro<br />

nipot<strong>in</strong>i.<br />

Oggi ripensando a quel giorno Giulio non è mai stato <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di<br />

spiegarsi come possa <strong>esser</strong>e successo che si sia appisolato forse per lo<br />

stress accumulato o la temperatura mite di quella matt<strong>in</strong>a ma fatto sta che<br />

si <strong>ad</strong>dormentò dimenticando almeno per un po’ ciò che era acc<strong>ad</strong>uto.<br />

Al risveglio si sentì rilassato come se quel breve sonno lo avesse<br />

allontanato un po’ dalla realtà e provò una sensazione strana constatando<br />

che a quell’ora lui <strong>in</strong> un giorno <strong>in</strong>frasettimanale non era mai stato <strong>in</strong> un<br />

giard<strong>in</strong>o pubblico a godersi il piacevole calore di quei raggi di sole<br />

primaverili: una sensazione, pensò, molto piacevole che alla lunga lo lasciò<br />

soddisfatto e nel suo <strong>in</strong>timo più profondo anche contento.<br />

Tornando a piedi verso casa si accorse che ciò che era acc<strong>ad</strong>uto sì lo<br />

aveva sconcertato <strong>in</strong>izialmente ma poi lentamente <strong>in</strong> lui si stava facendo<br />

breccia uno stato d’animo mai provato prima: <strong>in</strong> lui si era venuta a creare la<br />

voglia di un cambiamento totale, il desiderio di provare nuove emozioni la<br />

voglia di fare cose che nei tempi passati aveva solo immag<strong>in</strong>ato ma che<br />

<strong>ad</strong>esso voleva con tutte le su forze realizzare. Voleva cambiare vita voleva<br />

scappare da quella realtà voleva uscire da quel vortice <strong>in</strong> cui il suo<br />

subconscio <strong>in</strong>tendeva trasc<strong>in</strong>arlo portandolo a fondo. Era arrivato il<br />

momento di sottoporsi alla grande PROVA, cioè cambiare tutto.<br />

Si ricordò che quando frequentava l’istituto tecnico non brillava nello<br />

studio della l<strong>in</strong>gua italiana ma gli ri<strong>sul</strong>tava facile lo studio della l<strong>in</strong>gua<br />

<strong>in</strong>glese; si era esercitato negli anni e riusciva a capirlo e parlarlo non certo<br />

correttamente ma a farsi <strong>in</strong>tendere ci riusciva.<br />

Allora perché non dare un taglio al passato e provare a cambiare<br />

r<strong>ad</strong>icalmente. Cioè provare a cambiare totalmente vita ed abitud<strong>in</strong>i<br />

andando a vivere <strong>in</strong> un altro paese?<br />

Arrivò a casa accompagnato da questi pensieri che era pomeriggio<br />

<strong>in</strong>oltrato e si stava facendo sera; entrato <strong>in</strong> casa <strong>in</strong>consapevolmente si<br />

ritrovò di nuovo <strong>in</strong>trappolato negli <strong>in</strong>granaggi della sua vecchia esistenza<br />

f<strong>in</strong>o a quando dopo cena seduto alla sua scrivania sentì nella sua mente il<br />

richiamo della PROVA e acceso il computer <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a navigare <strong>in</strong> rete:<br />

visitò siti di compagnie aeree, catene d’alberghi, enti del turismo di paesi<br />

lontani e quasi senza volerlo si trovò a prenotare un volo per Auckland <strong>in</strong><br />

Nuova Zelanda.<br />

Ormai era fatta non poteva più ritornare <strong>in</strong>dietro doveva partire ma si<br />

accorse che non aveva il passaporto: bene si disse <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciamo da<br />

domani la nostra nuova vita dalle foto per il documento.<br />

E così fu che si ritrovò all’aeroporto <strong>in</strong> proc<strong>in</strong>to di salire <strong>sul</strong>l’aereo che lo<br />

avrebbe portato a 22.000 Km di distanza: <strong>in</strong> quel preciso momento<br />

avrebbe pagato non so cosa per ritornare sui suoi passi ma forse era<br />

meglio così doveva partire.


Il volo durò 24 ore con sosta a Dubai e all’arrivo si sentì come se non<br />

fosse lui la persona che stesse vivendo quella realtà ma un altro <strong>in</strong>dividuo<br />

che lui osservava dall’esterno.<br />

Aveva prenotato un B&B vic<strong>in</strong>o al mare e scoprì che quello che aveva<br />

visto <strong>in</strong> rete era esattamente come la realtà: lasciata la valigia <strong>in</strong> camera<br />

uscì per fare una passeggiata lungo la spiaggia e si sentì libero sereno<br />

come se tutto ciò che lo circondava fosse a lui familiare, si sentì rilassato<br />

seduto su una panch<strong>in</strong>a <strong>in</strong> riva al mare<br />

Così passò il pomeriggio e tornando alla sua stanza si rese conto che<br />

aveva fame e a piedi si diresse verso il centro città dove palazzi moderni si<br />

alternavano a giard<strong>in</strong>i bellissimi e curatissimi ed un lungomare con attracchi<br />

per barche e navi locali con tante persone sedute all’aperto che<br />

conversavano tranquille e serene <strong>in</strong> una l<strong>in</strong>gua a lui nota ma che ora<br />

sentiva più sua; si accorse la sua mente si stava già <strong>ad</strong>eguando alla nuova<br />

situazione; questa sensazione lo fece sentire più forte e sicuro di se: la<br />

PROVA aveva avuto <strong>in</strong>izio <strong>ad</strong>esso doveva capire come sarebbe andata a<br />

f<strong>in</strong>ire.<br />

Passò una settimana <strong>in</strong> cui visitò la città <strong>in</strong> lungo ed <strong>in</strong> largo e più i<br />

giorni passavano e più si sentiva parte di <strong>in</strong>tegrante di quella realtà certo lui<br />

viveva una realtà da turista pensò come sarebbe stata la sua vita se<br />

avesse deciso di passare il resto della sua esistenza <strong>in</strong> quel posto? Decise<br />

di provare a trovare un lavoro e stranamente la trovò quasi subito sugli<br />

annunci di un giornale locale, si trattava di un lavoro da giard<strong>in</strong>iere 6 ore al<br />

giorno per c<strong>in</strong>que giorni alla settimana ed era quello che aveva sempre<br />

sognato, vivere all’aperto vic<strong>in</strong>o al mare <strong>in</strong> un paese che non richiedeva<br />

nessuna formalità e dove la natura era ancora <strong>in</strong>contam<strong>in</strong>ata.<br />

Era rilassato e anche se il nuovo lavoro era molto impegnativo dal punto<br />

di vista fisico ogni f<strong>in</strong>e giornata facendo un’attenta analisi si accorgeva di<br />

<strong>esser</strong>e sicuramente più felice di quando era chiuso tra le quattro mura della<br />

fabbrica dove aveva lavorato per tanto tempo. Un pomeriggio tornando dal<br />

lavoro si fermo a prendere un caffè <strong>in</strong> uno STARBUCKS <strong>sul</strong> lungomare e la<br />

sua attenzione fu attratta da una donna che disegnava seduta <strong>ad</strong> un tavolo:<br />

non gli era mai successo prima di avvic<strong>in</strong>are una donna sconosciuta ma i<br />

suoi disegni e i suoi capelli neri e l’azzurro dei suoi occhi erano così<br />

stupendamente meravigliosi che si avvic<strong>in</strong>ò con una scusa banale ed<br />

<strong>in</strong>com<strong>in</strong>cio a parlare con lei dei suoi disegni e della bellezza di quei luoghi.<br />

La cosa lo prese a tal punto da v<strong>in</strong>cere ogni ulteriore <strong>in</strong>dugio e le chiese se<br />

potevano rivedersi il giorno dopo e con suo sommo stupore ricevette una<br />

risposta affermativa . Sarah, così si chiamava la donna, era cordiale<br />

semplice e piena di vitalità <strong>in</strong>teriore ed esteriore: lavorava <strong>in</strong> uno studio<br />

legale e nel tempo libero si dedicava al disegno, alle passeggiate <strong>in</strong><br />

montagna e alla visita del suo paese che era immenso, una alternanza di<br />

vette <strong>in</strong>nevate e spiagge lunghissime e meravigliose <strong>in</strong> qualsiasi periodo<br />

dell’anno. Era stupendo stare con lei, desiderava sempre rivederla e


imanere quanto più tempo possibile <strong>in</strong> sua compagnia e assaporava ogni<br />

attimo di quella nuova vita e qualunque cosa lei gli proponesse era sicuro<br />

che gli sarebbe piaciuto e puntualmente ciò acc<strong>ad</strong>eva. In compagnia della<br />

sua nuova compagna aveva conosciuto sensazioni mai provate prima,<br />

anche la cosa più banale come gustare un calice di v<strong>in</strong>o con lei <strong>in</strong> riva al<br />

mare gli trasmetteva una sensazione di completezza e di serenità che gli<br />

faceva guardare al futuro con fiducia. In poche parole si era <strong>in</strong>namorato di<br />

Sarah e della sua nuova terra.<br />

Era tutto stupefacente, aveva il cuore colmo di felicità e aveva acquisito<br />

un desiderio di vivere mai provato prima. La PROVA era riuscita: aveva<br />

capito che era riuscito nel suo <strong>in</strong>tento di cambiare vita e con questa<br />

conv<strong>in</strong>zione si svegliò.<br />

Che strana sensazione svegliarsi da un sogno una volta tanto con un<br />

senso di ben<strong>esser</strong>e <strong>in</strong>teriore che lo avvolgeva tutto; rimase a <strong>letto</strong> ancora<br />

un po’ prima di alzarsi per assaporare a pieno i ricordi di quel sogno<br />

meraviglioso che era <strong>in</strong>iziato è vero con una notizia scioccante ma che alla<br />

f<strong>in</strong>e lo aveva lasciato stupito e felice per quello che il suo subconscio era<br />

riuscito a immag<strong>in</strong>are.<br />

Scese dal <strong>letto</strong> e secondo copione fece le sue solite cose compreso<br />

prendere un ricco caffè prima di scendere di casa per andare al lavoro.<br />

Attese l’autobus alla solita fermata <strong>in</strong> compagnia delle persone di<br />

sempre e mentre l’autobus andava si rammentò del lenzuolo e la sua<br />

mente elaborò una domanda : se quello che aveva sognato fosse stata<br />

effettivamente la realtà avrebbe lui avuto la forza di sottoporsi alla<br />

PROVA?


FABIANA TRAVERSI<br />

“Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso. Così, da un giorno<br />

all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili progetti futuri e le<br />

misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci separavano dalla<br />

pensione”, ascolto questi frammenti di un’<strong>in</strong>tervista fatta a un operaio<br />

cassa<strong>in</strong>tegrato, trasmessa al telegiornale. Ogni sera il momento della cena<br />

diviene sempre più amaro. Forse basterebbe non accendere la televisione,<br />

ma come resistere alla voglia di <strong>esser</strong>e <strong>in</strong>formati e condividere gioie e<br />

disgrazie del mondo?<br />

“ Claudia è pronto!”, il richiamo di mia m<strong>ad</strong>re è più forte del mio senso<br />

civico. Spengo la tv e mi siedo a tavola. “tesor<strong>in</strong>o come è andata la<br />

giornata?”, c<strong>in</strong>guetta <strong>in</strong>genuamente la mia mamma-bamb<strong>in</strong>a. “al<br />

solito….siamo <strong>in</strong> attesa”, rispondo, ripensando alla matt<strong>in</strong>a trascorsa <strong>in</strong><br />

istituto. Rivivo la sensazione di scoraggiamento provata nel leggere: “Il<br />

dottore la vuole nella sua stanza tra c<strong>in</strong>que m<strong>in</strong>uti”. Un messaggio secco e<br />

autoritario lasciato su un post it dalla segretaria personale del mio capo<br />

<strong>sul</strong>la scrivania. La mia mente ricrea perfettamente tutti i frammenti delle ore<br />

passate <strong>in</strong> quelle quattro mura. Come un film trasmesso a rilento, mi rivedo<br />

alzarmi e sbuffare, dirigendo lo sguardo verso la scrivania davanti a me.<br />

Francesca imbambolata davanti allo schermo che digita come una matta<br />

<strong>sul</strong>la tastiera, come se fosse <strong>in</strong> piena maratona di calligrafia on l<strong>in</strong>e. Apro la<br />

porta e m’<strong>in</strong>camm<strong>in</strong>o verso la Direzione generale. “Buongiorno dottoressa,<br />

si accomodi”, esorta il mio capo. Il suo tono è sicuro e formale, “La ho<br />

convocata per parlare un po’ con lei dell’odierna situazione”. Si ferma e mi<br />

osserva. Provo a pensare qualcosa d’<strong>in</strong>telligente da dire, ma non capisco a<br />

quale delle mille situazioni lavorative si stia riferendo.<br />

“Claudia, ci sei?”, domanda la mamma, “la carne si fredda”.<br />

“Si, si…scusami stavo ripensando all’<strong>in</strong>contro di questa matt<strong>in</strong>a”, provo<br />

a giustificarmi, “c’è qualcosa che mi sfugge…”, ed <strong>in</strong>izio a tagliare la fett<strong>in</strong>a<br />

frastornata dai miei stessi pensieri. “Piccola, cosa ti preoccupa?”, sento i<br />

suoi occhi fissi su di me e il tono preoccupato. Socchiudo gli occhi con il<br />

boccone <strong>in</strong> bocca. Mastico automaticamente, provando a r<strong>in</strong>trecciare i fili<br />

spezzati della mia mente. Sono davanti al mio capo, immobile,<br />

consapevole che è giunta l’ora di affrontare la realtà. R<strong>in</strong>traccio le sue<br />

parole nei miei ricordi: “Mi dispiace, ma poiché non abbiamo ricevuto<br />

nessuna lettera di re-<strong>in</strong>vio da parte della Regione e che voi collaboratori<br />

non percepite lo stipendio da diversi mesi, il Direttore generale ha deciso di<br />

resc<strong>in</strong>dere i contratti”. Sbarrando gli occhi e cercando di recuperare l’uso<br />

della parola ho chiesto: “Qu<strong>in</strong>di Lei ritiene che <strong>in</strong> questa settimana<br />

dovremmo ricevere la notifica del nostro licenziamento?”. Non volevo<br />

realmente ascoltare la risposta, ma era dovuto. “Sto cercando di prendere


tempo, ma la decisione è stata presa ormai. Temo che la prossima<br />

settimana sarete tutti disoccupati. Mi dispiace”.<br />

“Bene, La r<strong>in</strong>grazio per la sua franchezza”, mi alzo, gli do la mano e mi<br />

dileguo. Deglutisco quel che è rimasto della mia cena, alzo gli occhi dal<br />

piatto e affronto la donna che mi ha dato la vita: “Dalla prossima settimana<br />

saremo disoccupati”. Lo annuncio con tono neutro, quasi glaciale. C’è l’ho<br />

fatta nuovamente, ne sono uscita <strong>in</strong>denne nonostante le g<strong>in</strong>occhia che<br />

tremano e la sensazione che tutto il mondo giri su di me. Ancora stordita<br />

cerco di ritrovare la calma. “ Non preoccuparti, qualcosa mi <strong>in</strong>venterò”,<br />

affermo cercando di rassicurarla, “ora vorrei alzarmi ed andare <strong>in</strong> camera<br />

mia”. Lei mi fissa <strong>in</strong> silenzio, si alza lasciando la tavola apparecchiata, si<br />

avvic<strong>in</strong>a e mi str<strong>in</strong>ge forte sussurrando, “ti voglio bene”. Sorrido e mi avvio<br />

nel corridoio. Cerco di mettere a fuoco la situazione: è tutto f<strong>in</strong>ito. Da<br />

giovane precaria diventerò disoccupata. Senza più uno spazio dove<br />

lavorare, colleghi e stipendio.<br />

Accendo il computer, per distrarmi un po’, per prima cosa decido di<br />

controllare la posta: c<strong>in</strong>quanta messaggi <strong>in</strong> due ore. Scorro la barra laterale<br />

per capire la natura delle email: notifiche di facebook, pubblicità, tutte cose<br />

che potrò vedere più tardi. Tra il mucchio, noto un nome: Lorenza.<br />

F<strong>in</strong>almente mi ha risposto, penso mentre apro la bust<strong>in</strong>a gialla. Ero quasi<br />

preoccupata dal suo ritardo ma consapevole della sua pigrizia mentale e<br />

fisica.<br />

“Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente.”<br />

Allibita, rileggo le poche e s<strong>in</strong>tetiche righe riportate <strong>sul</strong> monitor. Deve<br />

<strong>esser</strong>e acc<strong>ad</strong>uto qualcosa di grave. Inutile mandarle una risposta scritta,<br />

rimarrei con l’angoscia s<strong>in</strong>o alla sua prossima lettera. La chiamo. Afferro il<br />

cellulare e digito <strong>sul</strong>la rubrica il suo nome. Immediatamente appare il<br />

numero con il prefisso francese. Sp<strong>in</strong>go il tasto verde mentre cerco di<br />

respirare profondamente. Il telefono squilla a vuoto, al qu<strong>in</strong>to squillo<br />

risponde la segreteria: “Lolla sono io. Ho appena <strong>letto</strong>, sono senza parole.<br />

Ho voglia di sentirti, chiamami, ti voglio bene”. Attacco.<br />

“Claudia, ti sei <strong>ad</strong>dormentata?”, chiede una voce conosciuta alle mie<br />

spalle. Mi volto cercando di rilassare il viso e sorrido, “tutto bene, Mamy”,<br />

rispondo <strong>in</strong> automatico. Sento i suoi passi per casa. Nonostante tutto è<br />

sempre solare, perché darle altre preoccupazioni? Mia m<strong>ad</strong>re vuole bene a<br />

Lorenza come una figlia e per oggi ha già ricevuto abbastanza emozioni,<br />

non posso raccontarle anche delle scaramucce tra la mia amica e la sua<br />

compagna. La mamma è una donna moderna, quando frequentavo il liceo<br />

e le ho raccontato per la prima volta di avere un’amica gay, non ha battuto<br />

ciglio. Ricordo perfettamente il suo sorriso mentre mi chiedeva dolcemente:


“È la tua ragazza?”. Questa frase all’epoca mi spiazzò, non avrei mai<br />

immag<strong>in</strong>ato che non facesse storie e soprattutto potesse ipotizzare che sua<br />

figlia fosse lesbica. Rimasi senza parole. “Tesoro?”, m’<strong>in</strong>calzò.<br />

“No no, è solo un’amica. Mi trovo bene a chiacchierare con lei, siamo<br />

tutte e due nel Collettivo”, mi giustificai. Conobbi Lorenza durante i primi<br />

giorni del g<strong>in</strong>nasio, ero <strong>in</strong> cortile con una sigaretta <strong>in</strong> mano, <strong>in</strong> cerca di un<br />

accend<strong>in</strong>o. La vidi che si accendeva una sigaretta e mi avvic<strong>in</strong>ai, dicendo:<br />

“Anche tu!” e lei all’unisono rispose con la medesima frase. Scoppiamo a<br />

ridere e <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciammo a ragionare del più e del meno, come se ci<br />

conoscessimo da sempre. Solo <strong>in</strong> seguito chiarimmo la frase del primo<br />

<strong>in</strong>contro: io <strong>in</strong>tendevo: “ anche tu fumi”, e lei: “anche tu qui”. Un piccolo<br />

mal<strong>in</strong>teso che ci ha unite per la vita. Sorrido ripensando al passato e<br />

decido di scriverle, così mi sentirà vic<strong>in</strong>a.<br />

“Tesoro come stai? Ho voglia di sentire la tua voce.ma hai la segreteria<br />

telefonica. Dove sei di bello? Io a casa e stavo ripensando al liceo, alla<br />

nostra amicizia. Mi dispiace molto per quello che è acc<strong>ad</strong>uto con<br />

Francesca ma può succedere che i sentimenti a volte f<strong>in</strong>iscano o<br />

semplicemente si decida di ignorarli. Lei è sempre stata meno forte di te.<br />

Tu sei bella, sicura di te e del <strong>tuo</strong> <strong>esser</strong>e. Ricordi il <strong>tuo</strong> <strong>in</strong>tervento durante la<br />

conferenza scolastica <strong>sul</strong>l’<strong>in</strong>tegrazione? Ti sei alzata <strong>in</strong> piedi ed hai<br />

praticamente urlato: “ Sono lesbica. E’ la mia natura. Da piccola mi<br />

piacevano le bamb<strong>in</strong>e e tutt’ora amo le donne”. Tutti rimasero un attimo<br />

<strong>in</strong>terdetti e poi ti hanno applaudito. I <strong>tuo</strong>i genitori non ti hanno mai fatto<br />

sentire diversa. Carla e Massimo ti hanno spiegato le varie direzioni che<br />

potevi prendere e provato a ipotizzarne <strong>in</strong>sieme le conseguenze. Francy al<br />

contrario ha avuto problemi con la sua identità, ha provato a farsi piacere i<br />

ragazzi. Si è fidanzata con loro ed ha anche avuto rapporti <strong>in</strong>timi, senza<br />

mai provare piacere. Così ha compreso che i sentimenti non conoscono<br />

differenze genetiche, ma <strong>in</strong> realtà non l’ha mai accettato pienamente. L’ho<br />

vista felice solo <strong>in</strong> tua compagnia nonostante i suoi genitori la abbiano<br />

r<strong>in</strong>negata da quando convivete. Siete andate <strong>in</strong> Francia per <strong>esser</strong>e libere.<br />

Ma forse lei non riesce <strong>ad</strong> assaporarne pienamente il gusto. Non <strong>in</strong>colparti<br />

amica mia. Ti abbraccio forte -C-“<br />

Spengo il pc e decido di andare a dormire, questa giornata è stata molto<br />

lunga e difficile, troppe notizie tutte <strong>in</strong>sieme.<br />

Dr<strong>in</strong>nnnnnnnnnnnnn<br />

Cerco a tentoni la sveglia. Voglio rimanere nel caldo ovattato del<br />

piumone altri c<strong>in</strong>que m<strong>in</strong>uti.<br />

Dr<strong>in</strong>nnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnn<br />

Trovata. Blocco la levetta del suono e…<br />

Dr<strong>in</strong>nnnnnnnnnnnnnnnnnn<br />

Svogliatamente realizzo che non è la sveglia, è il citofono.<br />

“Mamma puoi rispondere?”, urlo dalla mia tana.


Nessuna risposta. Mi alzo mio malgr<strong>ad</strong>o, liberandomi dall’armatura del<br />

pium<strong>in</strong>o. Lentamente v<strong>ad</strong>o verso la porta d’<strong>in</strong>gresso. “Che bel risveglio!”,<br />

borbotto mettendo lentamente un piede dopo l’altro. Arrivata nel<br />

disimpegno, mi rendo conto che il suono è svanito. Come se nessuno<br />

avesse suonato. Che abbia sognato? Mentre m’<strong>in</strong>terrogo <strong>sul</strong> mio stato<br />

mentale, mia m<strong>ad</strong>re mi viene <strong>in</strong>contro dopo aver chiuso la porta. Ha <strong>in</strong><br />

mano una lettera aperta e ha il viso ch<strong>in</strong>o <strong>sul</strong> foglio. Un brivido di freddo<br />

scivola <strong>sul</strong>la schiena. La guardo avanzare <strong>in</strong> silenzio. Quando siamo l’una<br />

di fronte all’altra, alza gli occhi verso di me, sono rossi e grandi lacrime le<br />

ric<strong>ad</strong>ono <strong>sul</strong>le guancie. “Che cosa succede?”, domando preoccupata. Mi<br />

porge il pezzo di carta che tiene cautamente tra le mani. Ancora <strong>in</strong>tontita<br />

dal sonno <strong>in</strong>terrotto bruscamente, provo a mettere a fuoco le righe trascritte<br />

<strong>in</strong> modo disord<strong>in</strong>ato: “Lorenza questa notte si è tolta la vita. Ancora non<br />

conosciamo bene i particolari, siamo stati avvertiti poco ore fa dalla polizia<br />

locale. Vi abbiamo mandato un telegramma perché non abbiamo parole<br />

ma solo lacrime. Andremo oggi stesso a riprenderla a Parigi. Vi<br />

chiameremo appena possibile per <strong>in</strong>formarvi su ulteriori sviluppi ed il giorno<br />

del funerale. Carla e Massimo”


ELENA FERRARIS & MAURIZIO ROCCATO<br />

Schizzi<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente.<br />

Seduto davanti alla scrivania riguardo nella mia mente la foto di quel<br />

giorno, di quel momento, un’istantanea che, anche se nessuna fotocamera<br />

era presente <strong>ad</strong> immortalare la scena, è rimasta scolpita nel mio cervello<br />

senza nemmeno aver premuto il pulsante di scatto.<br />

M<strong>ad</strong>onna Francesca nel mezzo, sconvolta, circondata da noi irriverenti<br />

evangelisti Luca e Matteo, per l’occasione trasformati da santi a peccatori<br />

nel <strong>letto</strong> su giacevamo nudi.<br />

La torta spalmata <strong>sul</strong> muro, o meglio, quello che ne rimaneva dopo il<br />

lancio, verniciava il fondo dell’opera: gli schizzi di crema e cioccolato che<br />

colavano dalla parete sopra le nostre teste peccam<strong>in</strong>ose non <strong>in</strong>cocciavano<br />

nelle aureole, che per l’occasione avevamo dismesso e appoggiato sui<br />

comod<strong>in</strong>i vic<strong>in</strong>o alla confezione di un preservativo strappata con foga.<br />

Il giorno del mio compleanno Matteo era sceso di corsa dalla scala<br />

esterna f<strong>in</strong>o al nostro alloggio, lo avevo trovato <strong>sul</strong>la soglia <strong>in</strong> accappatoio<br />

bianco con una canna nel tasch<strong>in</strong>o ricamato d’oro con il logo delle terme<br />

sopra e una bottiglia, che sudava gocce gelate, di champagne dietro alla<br />

schiena. “Auguri, non amour” aveva detto entrando sculettante come era<br />

solito fare, e con due balzi era già <strong>in</strong> sala. “Voilà, una bottiglia di Veuve<br />

Clicquot Ponsard<strong>in</strong> per il mio vic<strong>in</strong>o preferito e perché <strong>in</strong>vecchia oggi di un<br />

anno e non mi ha ancora dato il culo una volta e perché oggi sono<br />

c<strong>in</strong>quanta, c<strong>in</strong>quanta!”.<br />

Quando ci eravamo sposati, Francesca ed io non avevamo mai messo<br />

clausole privative alla nostra vita di coppia, con il patto di renderci sempre<br />

partecipi delle concessioni che accordavamo a noi stessi. Non facevamo<br />

mistero delle molteplici relazioni che avevamo <strong>in</strong>trattenuto. Eravamo i<br />

classici benestanti annoiati, e la nostra relazione, già da quando avevamo<br />

vent’anni, era il tipico rapporto borghese stanco dei figli di papà, una storia<br />

già così narrata da libri e film, che era noioso anche per noi non riuscire <strong>ad</strong><br />

uscire da quel limbo logoro di stereotipi già vissuti da fiumane di persone<br />

prima di noi.


Io architetto con una laurea facile presa a cavallo fra gli anni ’60 e ‘70,<br />

Francesca avvocato. Nei nostri qu<strong>in</strong>dici anni di convivenza avevamo riso di<br />

noi, delle nostre avventure, scherzando su certi improbabili partner da una<br />

botta e via, <strong>sul</strong>le notti trascorse con amanti all’apparenza <strong>in</strong>faticabili che<br />

però si svuotavano <strong>in</strong> un istante.<br />

Quello che tra noi non mancava era l’<strong>in</strong>tesa, il resto non era importante,<br />

un contorno <strong>in</strong>sipido a una pietanza che da sola si bastava. Avevamo<br />

sempre accettato senza sconti la reciproca tendenza <strong>ad</strong> assecondare ogni<br />

<strong>in</strong>timo capriccio, ma non avevamo mai messo <strong>in</strong> preventivo ciò che anche<br />

per una coppia aperta e smaliziata come la nostra rappresentava una<br />

situazione fuori dagli schemi.<br />

F<strong>in</strong>ché non arrivò.<br />

Non era astratta, <strong>in</strong>corporea come i sentimenti, ma aveva gambe,<br />

braccia, lunghi capelli scuri, e un pene di ragguardevoli dimensioni che, al<br />

massimo della sua erezione, puntava dritto verso il nome Matteo tatuato a<br />

semicerchio <strong>in</strong>torno all’ombelico.<br />

Lui era apparso davanti alla porta di casa all’improvviso, la settimana<br />

successiva al trasloco <strong>in</strong> quell’appartamento, e la noia di una giornata<br />

strana, com<strong>in</strong>ciata peraltro non nel migliore dei modi, era stata<br />

istantaneamente illum<strong>in</strong>ata dal suo fasc<strong>in</strong>o ambiguo.<br />

Da quel giorno, la certezza della sua presenza al piano di sopra aveva<br />

tras<strong>formato</strong> quel contorno <strong>in</strong>sipido, facendolo lentamente diventare così<br />

saporito da sostituire la portata pr<strong>in</strong>cipale. Matteo e la fidanzata, Matteo<br />

imprigionato nel rapporto con un’anziana ereditiera, Matteo <strong>in</strong> crociera con<br />

la contessa più che ottantenne, Matteo e la sua prima vera cotta, Matteo e<br />

il primo bacio con Giacomo, Matteo e Giacomo coppia ufficiale per c<strong>in</strong>que<br />

anni, piatti rotti e notti di sesso rumoroso, Matteo che tr<strong>ad</strong>isce Giacomo,<br />

Matteo pensa a cambiare sesso e a farsi siliconare un paio di tette da urlo,<br />

Matteo.<br />

Una presenza elfica che saliva e scendeva le scale più rapidamente di<br />

quanto cambiasse fidanzato, e ne aveva cambiati uno al mese negli ultimi<br />

dieci anni. I suoi lucidi capelli pece comparivano <strong>in</strong>sieme al volto irregolare<br />

nelle fotografie di ogni festa dessimo, la sua esuberanza era, dopo il<br />

caviale che Francesca si procurava da un cliente mafioso russo, il piatto<br />

forte delle serate con amici. Facoltoso non per meriti ma solo un po’ per<br />

nascita e un po’ per la sua amicizia con ricche vedove che accompagnava<br />

fuori porta, il conto <strong>in</strong> banca non era un suo problema.<br />

Per i quarant’anni di Francesca le regalò una Birk<strong>in</strong> pagata non meno di<br />

5.000 dollari, e per i quarantac<strong>in</strong>que un qu<strong>ad</strong>ro, che quasi le tolse il fiato.


Un bozzetto di Guttuso che corteggiava da anni. Me lo fece <strong>in</strong>corniciare tre<br />

volte prima di <strong>esser</strong>e soddisfatta f<strong>in</strong>ché, mentre <strong>in</strong>iziavo a dubitare delle<br />

mia capacità di architetto, scelse un passepartout m<strong>in</strong>imal nero <strong>in</strong> totale<br />

disaccordo col fasto della camera da <strong>letto</strong> e senza vetro, perché, secondo<br />

lei, la rifrangenza <strong>sul</strong>la lastra ne rov<strong>in</strong>ava la visibilità a luci accese.<br />

Non mi opposi, ma Matteo commentò che la scelta era paragonabile a<br />

quella di usare un vibratore con le pile scariche per un’orgia a tre.<br />

“Mai provato” avevo risposto con un sorriso “sono per il divertimento<br />

tr<strong>ad</strong>izionale, l’uso di certi giocattoli non mi attira”.<br />

“Non sai cosa ti perdi” aveva replicato lui sollevando un sopracciglio, e<br />

avvic<strong>in</strong>andosi aveva aggiunto sussurrando “se non ci credi passa su da me<br />

quando vuoi, credo di avere qualcosa che potrebbe farti cambiare idea”.<br />

Matteo era provocatorio. Sempre. Anche la matt<strong>in</strong>a del mio<br />

compleanno, quando, appoggiando lo champagne <strong>sul</strong>la r<strong>ad</strong>io d’epoca e<br />

slacciandosi l’accappatoio, si era avvic<strong>in</strong>ato e il suo fiato caldo mi aveva<br />

accarezzato l’<strong>in</strong>terno dell’orecchio, il tono profondo della sua voce mi aveva<br />

riscaldato al punto da stimolarmi un brivido. Lui lo aveva capito, e lanciata<br />

un’occhiata verso il basso aveva fatto passare con <strong>in</strong>differenza il dorso<br />

della mano a sfiorarmi la cerniera dei pantaloni.<br />

Non era per Matteo, o per la sua provocazione, o per la sua mano che<br />

aveva <strong>in</strong>aspettatamente accarezzato il mio <strong>in</strong>timo se ora mi trovavo seduto<br />

di fianco a Francesca dalla parte opposta di un massiccio tavolo <strong>in</strong> noce <strong>ad</strong><br />

ascoltare la noiosa cantilena di un uomo che sembrava avere come unico<br />

scopo quello di farmi sentire <strong>in</strong> colpa e di spillarmi soldi.<br />

E non era neanche stato il mio pacco che, dal mio compleanno <strong>in</strong> poi,<br />

non perdeva occasione per farmi notare quanto fosse sprecata la mia<br />

eterosessualità.<br />

E forse, alla f<strong>in</strong>e, non era nemmeno per causa mia se ora mi trovavo <strong>in</strong><br />

questa stanza, perché, se così fosse stato, avrei dovuto almeno provare<br />

qualche senso di colpa.<br />

Niente di tutto questo.<br />

Ad aver creato quest’<strong>in</strong>cresciosa e <strong>in</strong>volontaria serie di circostanze non<br />

è stata neppure quella presenza che da un po’ di tempo vigilava <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ibile<br />

e silenziosa <strong>sul</strong>la mia esistenza, una sensazione strana, immateriale e<br />

<strong>in</strong>afferrabile, che f<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> oggi non riuscivo a vedere ma sentivo dentro e<br />

fuori di me manifestarsi attraverso la noia, l’<strong>in</strong>soddisfazione, la monotonia


per una vita che non sapeva più dove andare a trovare gli stimoli per<br />

cont<strong>in</strong>uare <strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e autorizzata a def<strong>in</strong>irsi tale.<br />

È stato questo o molto altro?<br />

È stata Milano? Questo porco quartiere di Brera, con le str<strong>ad</strong>e<br />

sovraffollate di gente sola, i suoi palazzi tutti uguali, le strane creature che li<br />

abitano, tutte diverse e con storie diverse, ma alla f<strong>in</strong>e sempre uguali, con<br />

tanti desideri f<strong>in</strong>ti e pochi sogni veri, sup<strong>in</strong>e di fronte <strong>ad</strong> una realtà che non<br />

le appaga ma richiede troppi sforzi per <strong>esser</strong>e cambiata, <strong>in</strong>granaggi<br />

<strong>in</strong>dolenti di quella mondanità che mac<strong>in</strong>a divertimenti <strong>in</strong>felici, sballi facili e<br />

rituali forzati, brunch e cocktail party serviti <strong>in</strong> lounge bar con musica chill<br />

out e occhiate scontate con ovvi sorrisi di facce forzatamente allegre,<br />

maschere che coprono le profondità di un baratro che ospita una vuotezza<br />

cavernosa.<br />

È stata la mia noia? Quella di Francesca, di Matteo, di quel nome scritto<br />

a semicerchio <strong>in</strong>torno all’ombelico che, senza nemmeno io sapere il<br />

perché, ho com<strong>in</strong>ciato a fissare dal basso, ipnotizzato mentre lo osservavo<br />

allontanarsi e avvic<strong>in</strong>arsi al ritmo della mia testa oscillante?<br />

Fossero state queste o altre cause analoghe sarebbe stato almeno<br />

accettabile, ma andare da un avvocato sanguisuga e divorziare perché tua<br />

moglie pensandoti al lavoro si spaventa trovandoti <strong>in</strong> casa e, nella<br />

concitazione, tira la tua torta di compleanno su uno stracazzo di bozzetto di<br />

Guttuso, è <strong>in</strong>tollerabile.<br />

Anche a Milano.


CHIARA COSTANTINO<br />

Imprenditori di noi stessi<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione.<br />

Non che avessimo programmato chissà che di speciale, <strong>in</strong>tendiamoci. Io<br />

volevo solo comprarmi una villetta di classe AAA+ nei pressi di Calderara,<br />

l’avevo vista su un depliant e me ne ero <strong>in</strong>namorato: pavimenti di parquet<br />

levigato da umani remissivi che non desideravano altro che compiacerti,<br />

riscaldamento sotto le listarelle di legno che mi avrebbe permesso di<br />

saltellare scalzo come un novello Giucas Casella sui carboni ardenti,<br />

f<strong>in</strong>estre <strong>in</strong> misteriose leghe di metalli mai sentiti prima ma che forse erano<br />

presenti su quella tavola periodica scolastica che era divenuta aeroplan<strong>in</strong>o<br />

e si era librata <strong>in</strong> volo alla prima lezione di chimica. Pazienza poi se ogni<br />

quattro m<strong>in</strong>uti un Boe<strong>in</strong>g 747 sarebbe passato a salutarmi dietro i doppi<br />

vetri, del resto a qualcosa dovevano pure servire, no? Quella sì, che<br />

sarebbe stata vita: a metà tra la città e la campagna, a metà tra la puzza<br />

dei gas di scarico e quella del letame. Magnifico. Ma la crisi ha distrutto il<br />

mio sogno.<br />

Il mio socio Davide detto Dèiv quando ci si presentava alle ragazze<br />

detto Prando quando si facevano delle rimpatriate con la classe delle<br />

medie detto Macheduemaroni ogni volta che mi telefonava disperato<br />

dall’ufficio perché lui non sapeva mai cosa fare <strong>in</strong> mia assenza, aveva<br />

sogni molto più modesti dei miei: un openspace <strong>in</strong> centro, una Lamborgh<strong>in</strong>i<br />

<strong>in</strong> garage, una moglie-p<strong>ad</strong>rona con dieci anni d’esperienza <strong>in</strong> più e credito<br />

illimitato <strong>in</strong> Galleria Cavour. Naturalmente, la crisi ha distrutto anche i suoi<br />

sogni. Non che siano una gran perdita.<br />

Prima di mettere su la Nulla S.p.a®, io e il Prando non avevamo niente<br />

se non la nostra reciproca amicizia. Era <strong>in</strong>iziata che ci ritrovavamo dal<br />

“culo” da <strong>ad</strong>olescenti a parlare di cas<strong>in</strong>i a scuola, era cont<strong>in</strong>uata che ci si<br />

ritrovava su quegli stessi scal<strong>in</strong>i a parlare di cas<strong>in</strong>i all’università, era<br />

arrivata al punto che a trent’anni eravamo ancora là a parlare di cas<strong>in</strong>i al<br />

centro per l’impiego. All’improvviso, mentre cercavamo di mimetizzarci,<br />

sugli scal<strong>in</strong>i della Salaborsa, tra ragazz<strong>in</strong>i e nullafacenti nostri coetanei,<br />

l’illum<strong>in</strong>azione: aprire una nostra impresa. A questo punto, le versioni<br />

divergono: c’è chi sostiene (io) che l’idea fosse stata mia, c’è chi sostiene<br />

(lui) che l’idea fosse stata del Prando. Fatto sta che quel giorno ci alzammo<br />

pimpanti e ognuno si avviò al rispettivo autobus per tornare a casa a<br />

comunicare la gran notizia alla famiglia al completo. La reazione dei nostri


genitori fu moderna, calorosa e equanime: fate quello che volete, basta che<br />

non ci chiediate dei soldi.<br />

Rassicurati circa la tranquillità onirica dei propri risparmi, i genitori<br />

chiesero f<strong>in</strong>almente di cosa volessimo occuparci. Restammo perplessi da<br />

questa domanda <strong>in</strong>discreta. Non sapevamo ovviamente nulla di imprese,<br />

delle norme da seguire e soprattutto di che tipo di impresa ci sarebbe<br />

piaciuto creare. Mio nonno scosse la testa e borbottò: “Lo sapevo io che<br />

volevate fare un cazzo di nulla!” Grazie all’esclamazione bis-paterna, mutila<br />

della parte <strong>in</strong>iziale per motivi di convenienza, fu così che avemmo subito il<br />

nome, Nulla S.p.a®, che <strong>in</strong> realtà era una S.n.c. ma siccome S.p.a. fa più<br />

figo, tra di noi la si chiamava così.<br />

Una notte disperata, seduti <strong>in</strong>torno al tavolo della triste cuc<strong>in</strong>a di casa<br />

mia, coperto solo di una tovaglia <strong>in</strong>cerata della Mop su cui faceva bella<br />

mostra di sé un archivio fotografico di tutti i formaggi a pasta molle e dura<br />

mai prodotti <strong>in</strong> Italia, io e il Prando decidemmo di cosa occuparci. Lui<br />

avanzò la velleità di aprire un’agenzia di <strong>in</strong>vestigazioni: secondo lui era un<br />

settore <strong>in</strong> crescita e sarebbe stato divertente ped<strong>in</strong>are facoltosi avvocati<br />

che andavano a <strong>in</strong>frattarsi con le segretarie su per i colli. Io protestai,<br />

dapprima perché non ritenevo plausibile che un avvocato <strong>in</strong> Italia dovesse<br />

tirare la c<strong>in</strong>ghia tanto da f<strong>in</strong>ire sui sedili di una scomoda utilitaria come noi<br />

due sfigati, anziché pagarsi un lussuoso appartamento da doppia vita. Poi<br />

mi venne <strong>in</strong> mente che forse saremmo stati costretti a studiare, che magari<br />

per un lavoro del genere c’era bisogno di una formazione specifica e come<br />

ogni cosa italiana, avremmo dovuto impelagarci <strong>in</strong> montagne di carte,<br />

spese e fatture anche solo per poterci def<strong>in</strong>ire <strong>in</strong>vestigatori. Pigri e poveri<br />

come eravamo, non potevamo permetterci niente di tutto ciò. Soprattutto,<br />

ma chi aveva voglia di studiare di nuovo???<br />

Il Prando si alzò e aprì il mio frigorifero, asserendo che una delusione<br />

simile gli aveva procurato una sorta di vuoto dentro che andava colmato,<br />

prima che fosse troppo tardi. Mentre <strong>in</strong>gurgitava etti su etti di provviste<br />

pagate da mio p<strong>ad</strong>re, io cercavo di farmi venire un’idea, una vera idea. Una<br />

di quelle che a volte ti sollecitano gli altri, s<strong>in</strong> dai tempi della scuola, una di<br />

quelle che a volte sei sp<strong>in</strong>to a procurarti da te stesso. Ti siedi leggermente<br />

curvo <strong>in</strong> avanti, metti i gomiti <strong>sul</strong> tavolo e appoggi i polpastrelli <strong>sul</strong>le tempie.<br />

Chiudi gli occhi, str<strong>in</strong>gi le palpebre, serri le labbra, digrigni i denti e lasci<br />

che una moltitud<strong>in</strong>e di pensieri di attraversi la mente, mentre il <strong>tuo</strong> volto<br />

passa dal rosa al magenta al viola quaresima <strong>in</strong> dieci secondi. Gli unici<br />

rumori <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a erano il ticchettio dell’orologio Ikea da 2,99 euro appeso<br />

<strong>sul</strong>la porta, il ronzare affaticato del frigo vecchio di qu<strong>in</strong>dici anni e lo<br />

smottamento <strong>in</strong>termittente delle mascelle del Prando.<br />

Mi alzai di scatto, colto dall’improvvisa folgorazione. La sedia c<strong>ad</strong>de a<br />

terra, un rumore sordo rimbombò. Lui ne fu così spaventato che, appena<br />

aprii gli occhi, vidi mezzo etto di provolone c<strong>ad</strong>ergli giù dalla bocca. Si<br />

affrettò a raccoglierlo e mangiarlo, forse timoroso che mio p<strong>ad</strong>re si


svegliasse per il rumore che avevo fatto, glielo sequestrasse e lo<br />

rimettesse <strong>in</strong> frigo. “Le pulizie! Andremo a fare le pulizie nei condom<strong>in</strong>i! Olio<br />

di gomito e vedrai che risolviamo anche il problema della palestra!” Il<br />

Prando, che al momento elemos<strong>in</strong>ava 76 euro al mese alla nonna per<br />

andare alla Virg<strong>in</strong> a fare il gallo con le ragazze, ebbe un lampo di orrore<br />

negli occhi: come passare dal borsone rosso fiammante a un carrell<strong>in</strong>o<br />

verde spento? E le ragazze? Dalle trentenni con gli <strong>ad</strong>dom<strong>in</strong>ali d’acciaio e<br />

le tette compresse <strong>in</strong> bust<strong>in</strong>i di materiali mai sentiti, si sarebbe passati alle<br />

vecchie querule, quelle che vivono con un orecchio attaccato all’uscio e<br />

appena sentono un rumore vagamente umano, spalancano la porta di<br />

colpo e balzano fuori <strong>in</strong> vestaglia dell’Ipercoop a fare quattro chiacchiere<br />

della durata di tre ore, perché tanto stavano uscendo per caso a buttare il<br />

rusco?<br />

Le obiezioni del Prando erano condivisibili e sentite, ma non avevamo<br />

molta scelta. Le nostre competenze erano sotto la soglia delle pulizie<br />

domestiche, ma siccome eravamo fieri sostenitori dei diritti civili e della<br />

parità tra i sessi, il corso di formazione potevamo farcelo fare gratis <strong>in</strong> casa<br />

sua dalla m<strong>ad</strong>re, già ridotta a factotum casal<strong>in</strong>go da un marito altrettanto<br />

illum<strong>in</strong>ato. Avevamo anche diritto ai buoni pasto, che sarebbero stati forniti<br />

da sua nonna, sfogl<strong>in</strong>a artritica ma impenitente. La prospettiva di balle di<br />

tagliatelle che ci venivamo poste davanti come paglia alle bestie fugò ogni<br />

dubbio: del resto, dopo aver lavorato e <strong>esser</strong>ci affaticati per imparare, non<br />

ci avrebbero mica negato un pasto frugale, no?<br />

Dimentico dell’ora tarda, mi fiondai <strong>in</strong> camera dei miei, li svegliai e poi<br />

corsi nella camera del nonno a chiamare anche lui. Il povero vecchio si era<br />

f<strong>in</strong>almente appisolato, per cui <strong>in</strong>iziò a snocciolare una litania <strong>in</strong> onore della<br />

M<strong>ad</strong>onna mentre mi seguiva arrancando verso la cuc<strong>in</strong>a. Esposi il piano di<br />

lavoro alla famiglia con lo stesso rigore scientifico di un manager: feci<br />

sedere tutti <strong>in</strong>torno al tavolo, tranne il Prando che mi stava orgoglioso di<br />

fianco mentre tracciavo diagrammi e scrivevo sigle <strong>sul</strong>la lavagnetta della<br />

cuc<strong>in</strong>a, scusandomi per non aver avuto il tempo per preparare un<br />

pàuerpo<strong>in</strong>t. Man mano che le l<strong>in</strong>ee e le frecce si <strong>in</strong>tersecavano <strong>in</strong> mezzo<br />

alle calamite animalesche di mia m<strong>ad</strong>re, vedevo i loro visi cambiare<br />

espressione. Mio p<strong>ad</strong>re era divenuto paonazzo ed era rimasto a bocca<br />

aperta, senza riuscire a proferire parola: lo presi come un grande segno di<br />

ammirazione. Mia m<strong>ad</strong>re teneva il busto proteso <strong>in</strong> avanti e le braccia a<br />

mezz’aria, pronta a scattare <strong>in</strong> piedi per abbracciarmi. Mio nonno ruppe<br />

f<strong>in</strong>almente gli <strong>in</strong>dugi e disse: “Ai miei tempi non c’era mica bisogno di fare<br />

c<strong>in</strong>que anni d’università, per andare a sgurare le scale!” Il Prando abbozzò<br />

un sorriso, poi <strong>in</strong>iziò a dire che i tempi erano cambiati, che noi comunque<br />

saremmo stati imprenditori, imprenditori di noi stessi, che la nostra sarebbe<br />

stata un’impresa di pulizie, che all’<strong>in</strong>izio sì, vi avremmo lavorato solo noi,<br />

ma poi ci saremmo <strong>in</strong>granditi, avremmo assunto tanto personale, avremmo<br />

tirato a lucido tutti i condom<strong>in</strong>i di Bologna, forse anche della prov<strong>in</strong>cia, noi


saremmo stati <strong>in</strong> ufficio con la poltrona di pelle e la scrivania di mogano, poi<br />

avremmo lanciato una l<strong>in</strong>ea di prodotti per l’igiene della casa e tutti a<br />

comprare i nostri flaconi nei supermercati, ci avrebbero <strong>in</strong>tervistato <strong>in</strong> tv<br />

come giovani che avevano scommesso <strong>sul</strong> loro futuro e dalle pulizie erano<br />

f<strong>in</strong>iti a costituire una sorta di procterenghembol italiana, con milioni di euro<br />

di fatturato, ci avrebbero <strong>in</strong>dicato a esempio e i nostri genitori avrebbero<br />

vissuto <strong>in</strong> castelli di riposo c<strong>in</strong>que stelle lusso con le dentiere <strong>in</strong> plat<strong>in</strong>o, ai<br />

nonni gli avremmo fatto un mausoleo <strong>in</strong> Certosa, ci saremmo candidati,<br />

avremmo fondato un nostro partito, “Pulito e Futuro”…<br />

Quando il Prando f<strong>in</strong>almente tacque, ci rendemmo conto che la cuc<strong>in</strong>a<br />

era vuota. In lontananza, si sentì solo una bronza tirata da mio nonno prima<br />

di chiudersi la porta della camera alle spalle. Ma non ci demmo per v<strong>in</strong>ti.<br />

Aprimmo davvero la Nulla S.n.c. che per noi era già Nulla S.p.a® perché<br />

noi eravamo proiettati nel futuro, ed era un marchio registrato perché era<br />

così bello che non potevamo rischiare ce lo gagnassero. Ci lavorammo per<br />

mesi, avevamo pers<strong>in</strong>o messo su uno studiolo nello sgabuzzo delle scope<br />

<strong>in</strong> casa del Prando, che era la sede legale della nostra bellissima attività.<br />

Avevamo pochi clienti, il mio condom<strong>in</strong>io e il suo, ma contavamo di<br />

ampliarci, anche se mia m<strong>ad</strong>re diceva che gli altri del palazzo ci avevano<br />

scelto per pietà dei vari figli chiusi nei collsénter o a morire di freddo <strong>in</strong> via<br />

Rizzoli a rompere le balle ai passanti con fastuéb o con i metodi per i<br />

problemi di memoria o con scài. E’ che la crisi ha scombussolato tutti i<br />

nostri piani: <strong>ad</strong>esso i condom<strong>in</strong>i fanno i turni tra di loro e si puliscono le<br />

scale da soli! Ma noi non ci siamo mica buttati giù, non ci siamo mica<br />

lasciati andare. Noi stiamo già progettando una nuova società, ci stiamo re<strong>in</strong>ventando,<br />

stiamo per organizzare un briif<strong>in</strong>g aziendale perché dobbiamo<br />

aggiornarci e capire quali sono i trend del momento, dobbiamo fare tesoro<br />

della nostra ecspiriens manageriale e andare avanti. Perché il futuro è già<br />

nostro, e sarà pulito.


MASSIMO FOGLIARDI<br />

La salvezza del sughero<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione.<br />

Si potrebbe parlare di orizzonte degli eventi...<br />

In vago stile albore della creazione.<br />

Un giorno, lo spirito di un Solver-Market<strong>in</strong>g-Man si aggirava <strong>sul</strong>le acque,<br />

immerso <strong>in</strong> una oscurità che lo obbligava al volo a vista…<br />

E la matt<strong>in</strong>a dopo…<br />

Ogni spazio pubblicitario era stato occupato, pagato, sfrattato a terzi<br />

anche se non accondiscendenti.<br />

Televisioni, r<strong>ad</strong>io, giornali, lavavetri ai semafori…presi d'assalto si<br />

arresero alzando bandiera bianca.<br />

Nelle fattorie <strong>sul</strong>la A14 oltre ai fienili spariti dietro alle gigantografie,<br />

pure le gall<strong>in</strong>e al razzolo avevano stampato <strong>ad</strong>dosso il logo della Nulla SpA<br />

.<br />

In confronto, lo sbarco <strong>in</strong> Normandia sembrava uno scherzo da<br />

matrimonio organizzato al momento, da bevuti <strong>in</strong> vena di chiavate.<br />

Una capacità di pianificazione talmente perfetta da non poterla credere<br />

frutto di umano <strong>in</strong>gegno.<br />

Se Napoleone ne avesse avuta un decimo, oggi a Mosca si ballerebbe<br />

il Can Can.<br />

Acc<strong>ad</strong>de tutto <strong>in</strong> una notte…<br />

Milioni di identici cartelli su tutto il territorio nazionale.<br />

Stavi lì davanti... li guardavi più e più volte... ma non apparivano mai<br />

uguali.<br />

Cangianti si sarebbero potuti def<strong>in</strong>ire se fossero stati di un solo colore.<br />

C’era il sorriso di un uomo che non potrà mai sbagliare, al quale<br />

sarebbe venuto d’ist<strong>in</strong>to confidare il P<strong>in</strong> del proprio bancomat.<br />

Quello di una donna, m<strong>ad</strong>re di mariana iconografia, possibile giovane<br />

nonna, ma dotata ancora di una sensualità <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di stordire un eunuco;<br />

oltre a lasciare <strong>in</strong>tendere che sarebbe stata l’amica perfetta.<br />

Bamb<strong>in</strong>i felici come si era felici una volta, di color biond'azzurro,<br />

perfetti…alieni.<br />

In primo piano, uffici sognati anche <strong>in</strong> California , vetrate immense, pura<br />

luce congelata il primo giorno della creazione. E dietro a questi, la via<br />

perfetta di una città perfetta, prospiciente a coll<strong>in</strong>e figlie di una tettonica a


zolle perfetta. Su di esse...perfette case senza rec<strong>in</strong>zioni, immerse nella<br />

luce sopra descritta.<br />

La luce che illum<strong>in</strong>ava il giard<strong>in</strong>o dell’Eden.<br />

C’era tutto il desiderabile.<br />

Riuscitissima raffigurazione grafica del “ma anche.”<br />

La magia, era stata mescolare tutto senza confusione e far apparire <strong>ad</strong><br />

ognuno il proprio recondito desiderio <strong>in</strong> primo piano.<br />

Come fosse un abito su misura, vestiva perfetto e cangiava l’animo.<br />

Che si fosse giovani o anziani, uom<strong>in</strong>i o donne, era per tutti la promessa<br />

di un Dio apparentemente non mantenibile su questa terra…la pubblicità<br />

della Nulla S.p.A.<br />

I pochi spazi salvati all'<strong>in</strong>vasione, erano occupati da un cartello con<br />

varie sfumature blu, che riproducevano lo Skyl<strong>in</strong>e bolognese…<br />

Aveva una scritta enorme <strong>sul</strong> fondo, “evidente come un prete nella<br />

neve” avrebbe detto mia nonna; “Affidate a noi i vostri materiali su pallett”.<br />

Sarebbe stata credibile. Prov<strong>in</strong>ciale e troppo elementare se vuoi, ma<br />

sarebbe passato il messaggio <br />

Avrebbe funzionato.<br />

E <strong>in</strong>vece, a s<strong>in</strong>istra, c’era sta gran gnocca <strong>in</strong> un tub<strong>in</strong>o giallo…<br />

Si capiva…che il messaggio non l’aveva scritto lei.<br />

E’ sempre brutto manifestare pregiudizi, ma...non aveva proprio l’aria di<br />

una carrellista.<br />

Aveva sì la faccia di una esperta di trasporti... ma più del ramo sollazzo<br />

camionisti.<br />

Eppure, la rabbia che ci viene <strong>in</strong> questi casi, è quella di chi sa, che se si<br />

avesse da movimentarlo veramente qualche pallet, ci troveremmo come<br />

attratti misteriosamente da quella ditta lì.<br />

Saremmo quasi disposti a tagliarci a fette longitud<strong>in</strong>ali mezzo pisello,<br />

pur di mantenere la nostra dignità.<br />

Invece siamo deboli.<br />

Perché tra un talebano di Bartol<strong>in</strong>i e un paio di tette come si deve,<br />

sceglieremo sempre le seconde.<br />

E certo siamo deboli...<br />

Perché da quando era apparsa la nuova pubblicità, questa qua non la<br />

guardava più nessuno.<br />

E del mestiere della pseudo carrellista nessuno più se ne <strong>in</strong>teressava.<br />

Il mercato aveva virato tutto a dritta, fatto un balzo evolutivo.<br />

Abbandonava come unico veicolo di vendita la mera gnocca e puntava<br />

tutto <strong>sul</strong> par<strong>ad</strong>iso terreno.<br />

Sulla promessa biblica per eccellenza, <strong>sul</strong> doverla meritare e <strong>sul</strong>la lunga<br />

attesa per averne accesso, con la conseguenza di rendere tutti piccoli


agnelli, cuccioli di umani con l'animo bl<strong>in</strong>dato costantemente alla sera del<br />

24 dicembre.<br />

Sui nuovi cartelli campeggiava fra i sogni il messaggio <br />

In televisione era un bombardamento cont<strong>in</strong>uo.<br />

Nei c<strong>in</strong>ema la pubblicità durava più di c<strong>in</strong>que m<strong>in</strong>uti.<br />

Le immag<strong>in</strong>i, giocando con fluttuanti spostamenti dei punti di fuga e con<br />

l'audio riproducente il rumore di un ruscello lubrificato allo scorrimento;<br />

avrebbero convertito al cristianesimo B<strong>in</strong> L<strong>ad</strong>en, fosse stato ancora <strong>in</strong> vita.<br />

Al term<strong>in</strong>e del filmato, restava una muta immag<strong>in</strong>e pulsante vita, come<br />

un cuore estratto a mano da un abile sacerdote maya.<br />

Il senso dell'attesa diventava solido.<br />

Trenta secondi nei quali il cuore strappato si pensava fosse il proprio...<br />

poi quella voce.<br />

Pulita e trasparente come l'acqua di un ghiacciaio, ma calda come la<br />

sabbia del mare sotto ai piedi.<br />

Tre parole, tre sole, ma scandite come i secoli lo sono dalla<br />

storia...<br />

E a quel punto, solo la vergogna, impediva di gridare di rimandare la<br />

proiezione del film...di poter rivedere ancora una volta la pubblicità e<br />

sapere...quando sarebbe arrivata f<strong>in</strong>almente questa tanto attesa…NULLA.<br />

Le persone com<strong>in</strong>ciavano a chiedersi cosa accidente fosse e di cosa si<br />

occupasse quando apparvero <strong>in</strong> carne ed ossa i rappresentanti di questa<br />

succursale del div<strong>in</strong>o amore <strong>in</strong> terra.<br />

Bellissimi, sorridentissimi, misteriosissimi.<br />

Uscivano da macch<strong>in</strong>e che i regnanti del Brunei non avrebbero potuto<br />

permettersi e presenziavano <strong>ad</strong> eventi dove le persone più <strong>in</strong> vista<br />

faticavano a farsi <strong>in</strong>vitare...Si cont<strong>in</strong>uava a non conoscere l'orig<strong>in</strong>e della<br />

misteriosa SpA ma, cosa c'è di più vero e concreto al giorno d'oggi di una<br />

immag<strong>in</strong>e <strong>in</strong> piano americano <strong>sul</strong>la copert<strong>in</strong>a di Chi?<br />

Avrebbero potuto rubare i fiori ai cimiteri per farne omogeneizzati per<br />

bamb<strong>in</strong>i...e non gliene sarebbe fregato niente a nessuno, perché avrebbero<br />

avuto il miglior stile nel farlo.<br />

Apparire <strong>sul</strong>la prima pag<strong>in</strong>a di questi giornali pat<strong>in</strong>ati faceva acquisire<br />

una sorta di immunità socio-etico-morale. Soggetti arrestati ed <strong>in</strong>quisiti una<br />

volta usciti di galera, non si nascondevano <strong>in</strong> casa per sfuggire alla<br />

vergogna ma, si ritrovavano nei luoghi di culto per vip. Locali siti <strong>in</strong> luoghi<br />

che avevano ispirato l'<strong>in</strong>tellighenzia di tutto il mondo, facevano da sfondo a<br />

servizi fotografici sdogananti i loro misfatti. A chi leggeva, succedeva che la<br />

debolezza del sentimento dell'<strong>in</strong>vidia prevalesse su quello della<br />

<strong>in</strong>dignazione.<br />

Se fossimo stati stranieri <strong>in</strong> visita ci saremmo potuti dire stupiti ma, forse<br />

lo siamo...stranieri a casa nostra.


Viviamo <strong>in</strong> un paese che non è più il nostro.<br />

In quello che conoscevamo, i ragazzi sognavano una Vespa dove<br />

poggiare il culo e partire, per vedere che colori e quali odori aveva il<br />

mondo qualche prov<strong>in</strong>cia più <strong>in</strong> là. Sp<strong>in</strong>ti da una fame di <strong>in</strong>contro e<br />

conoscenza senza pari. In quello <strong>in</strong> cui viviamo ora...gli stessi ragazzi<br />

bramano di starsene chiusi <strong>in</strong> una Casa, non vedere niente se non se<br />

stessi, a farsi vedere da tutti.<br />

Il massimo dell'avventura che si permettono è quella organizzata,<br />

passaggi tra varie scatole con f<strong>in</strong>estre che li proteggono. Vagare per Hard<br />

Rock locali... vedere ciò che va visto perché è stato detto dover <strong>esser</strong>e<br />

visto, ed evitare accuratamente qualsiasi tipo di <strong>in</strong>contro che non sia<br />

strutturato. Questo siamo diventati. Viaggiatori <strong>in</strong> scatola.<br />

In questi luoghi, devono venirci a cercare, coloro che vogliono venderci<br />

qualcosa.<br />

La fatica da fare è ben poca.<br />

Di solito sono <strong>in</strong> due, come i testimoni di Geova.<br />

Uno propone l'oggetto da vendere l'altro, ci sussurra all'orecchio che lo<br />

desideriamo. Questo ci basta... per dare il nostro assenso, <strong>in</strong> modo che<br />

ogni ostacolo all'impermeabilità del segmento di mercato sia superato.<br />

Si proseguì così... arrendevolmente per circa un mese.<br />

Che per chi è del settore si sa <strong>esser</strong>e il tempo tecnico <strong>in</strong> cui una onesta<br />

e isterica attesa si trasforma <strong>in</strong> un collerico disaffetto poi, il messaggio<br />

cambiò.<br />

La S.p.A smetteva i panni di viaggiatore atteso come nuova<br />

lacrimazione sanguigna di m<strong>ad</strong>onna <strong>in</strong> gesso miracolato, e assumeva<br />

forma concreta con tanto di sfumatura cristologica...<br />

Non solo era arrivato il giorno della Rivelazione, ma <strong>ad</strong>dirittura, si<br />

leggeva ora <strong>in</strong> calce o si udiva dalla voce che sembrava <strong>esser</strong>e quella di un<br />

rispettabile dio, il messaggio...<br />

Svelato dunque l'imm<strong>in</strong>ente <strong>in</strong>contro…Il più era fatto...avevano<br />

bombardato e raso al suolo ogni legame al senso del concreto vivere, v<strong>in</strong>to<br />

ogni possibile capacità di resilienza sociale.<br />

A breve seguì l'annuncio della vendita delle azioni <strong>in</strong> borsa della<br />

società.<br />

Come gli Americani dopo lo sbarco <strong>in</strong> Sicilia conquistarono un popolo<br />

distribuendo azioni di par<strong>ad</strong>iso al posto della cioccolata e del rock and roll.<br />

Quel lunedì matt<strong>in</strong>a, le file di acquirenti somigliavano clamorosamente<br />

ai qu<strong>ad</strong>ri r<strong>in</strong>ascimentali nei quali frotte di pellegr<strong>in</strong>i si recano <strong>in</strong> massa <strong>in</strong><br />

pellegr<strong>in</strong>aggio per avere l'<strong>in</strong>dulgenza.<br />

Quel lunedì matt<strong>in</strong>a ci si mise <strong>in</strong> fila per poter <strong>esser</strong>e tutti f<strong>in</strong>almente<br />

parte di... NULLA.


Le comprammo anche noi.<br />

Con i soldi della liquidazione.<br />

Lo facemmo con l'<strong>in</strong>sana sfregola di un p<strong>in</strong>gu<strong>in</strong>o che ferma un gelataio<br />

al polo nord, ma le comprammo.<br />

Avrei voluto poter raccontare questa storia come voce fuori campo,<br />

portatore sano di normo <strong>in</strong>telligenza...e <strong>in</strong>vece devo confessare...<br />

Decidemmo per l'<strong>in</strong>vestimento nel f<strong>in</strong>to par<strong>ad</strong>iso mortale, piuttosto che<br />

<strong>in</strong> quello reale fiscale e f<strong>in</strong>ì come per molti altri, male.<br />

Del botto della NULLA S.p.A ne parlarono per mesi.<br />

Ma nonostante fosse stata l'asta più partecipata degli ultimi vent'anni<br />

non si trovava nessuno disposto <strong>ad</strong> ammettere di avere comprato una delle<br />

loro azioni.<br />

Qualche bellissimo, f<strong>in</strong>ito a colloquio col magistrato, non era più<br />

sorridentissimo.<br />

Qualche altro <strong>in</strong>vece, non aveva perso smalto e da paesi senza<br />

estr<strong>ad</strong>izione ci teneva a mettere al corrente tutti della sua <strong>in</strong>dignazione.<br />

Per chi restava, sorridenti o no...NULLA cambiava.<br />

Noi...<br />

Noi, dopo qualche settimana di casal<strong>in</strong>ga disperazione, un sabato che<br />

sembrava leggermente migliore degli altri, ci vestimmo ed uscimmo.<br />

Andammo al parco.<br />

Dei famosi cartelli ne restavano ben pochi, avevano gli angoli<br />

accartocciati come le pag<strong>in</strong>e di un libro <strong>letto</strong> troppo o trattato male.<br />

I colori sbi<strong>ad</strong>iti lasciavano trasparire la tardiva verità.<br />

Facevano l'effetto del nome <strong>sul</strong> campanello di una persona che si sa<br />

morta da tempo.<br />

Andata, f<strong>in</strong>ita, ma ost<strong>in</strong>atamente presente nella storia di chi resta.<br />

Intorno a noi le persone camm<strong>in</strong>avano perse nei cellulari o prese da<br />

quella che sembrava una distratta ricerca a terra di qualcosa andato<br />

smarrito. Come fosse oggetto altamente improbabile al ritrovamento.<br />

Frammenti di par<strong>ad</strong>iso ridotti a polveri sottili.<br />

Intorno a noi tantissima gente camm<strong>in</strong>ava nella r<strong>in</strong>novata speranza di<br />

<strong>in</strong>cocciare <strong>in</strong> un nuovo sogno che permettesse loro di distrarsi<br />

dall'<strong>in</strong>sipidezza della realtà.<br />

Io e Marta ci guardammo negli occhi e pensammo la stessa cosa, un<br />

pensiero <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con la saggezza della nostra età.<br />

Era leggero.<br />

Se fosse stato solido, sarebbe stato di sughero.<br />

Il materiale <strong>in</strong> cui si era tras<strong>formato</strong> il nostro amore.<br />

Privo ormai di forza e irruenza, ma impossibile da affondare anche se<br />

buttato <strong>in</strong> un mare <strong>in</strong> tempesta.<br />

La Storia, quella che non <strong>in</strong>segna mai, ci fece un benevolo cenno col<br />

capo mentre districava le sue grandi matasse tutte uguali.<br />

Noi le sorridemmo... e fummo felici.


Salutammo il ritorno del bene più prezioso...<br />

C'era il sole, una luce... normale.


MARIA PAOLONI<br />

Forse nulla è per sempre<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente. Non più, ormai.<br />

Lei sa tutto, di me. Tutto quello che potrei tirar fuori per difendermi,<br />

giustificarmi, attenuare colpe e responsabilità lei lo sa.<br />

Quando ci siamo <strong>in</strong>contrati, ha subito <strong>in</strong>tuito che <strong>in</strong> me c'era un oscuro<br />

mondo, paludoso e stagnante. Affasc<strong>in</strong>ante per chi ama, come lei,<br />

impegnarsi nelle cause perse. Era ed è la sua specialità darsi da fare per<br />

tirar fuori quello che magari il povero malcapitato ha tanto accuratamente<br />

nascosto agli occhi di tutti e pers<strong>in</strong>o ai propri. Mi ha confessato che si è<br />

<strong>in</strong>namorata solo e sempre di casi umani. Che ha risollevato, nutrito, salvato<br />

provando un piacere quasi orgasmico. Quando i casi umani han<br />

com<strong>in</strong>ciato, poi, a cam<strong>in</strong>are con le loro gambe, le han detto “grazie, saluti e<br />

baci” e han telato, o lei, a quel punto, ha perso l'<strong>in</strong>teresse assistenzialerotico<br />

e se n'è andata, lasciandoli <strong>in</strong> braghe di tela, magari ancora implumi<br />

di fronte alla nuova vita.<br />

Con me le è andata male, le ho tolto la sua personalissima fonte di<br />

orgasmo, negandole la redenzione del suo assistito. Il fallimento della sua<br />

opera di missionariato le rode, le rode così tanto che oggi è andata a<br />

rimestare nella merda e ha portato tutto a galla, per placare <strong>in</strong> qualche<br />

modo la sua frustrazione.<br />

Io taccio, per la prima volta, da subito e del tutto. Mi son rotto. La<br />

guardo e la vedo, svuotata e senza armi. Sembra quel gioch<strong>in</strong>o che, se<br />

premi sotto la base, c<strong>ad</strong>e giù, s'affloscia proprio come un buratt<strong>in</strong>o senza<br />

fili, e se molli , lo tiri su bello dritto.<br />

Pallida, gli occhi che vagano <strong>sul</strong>la mia faccia <strong>in</strong> cerca di segni di una<br />

qualche reazione, una qualunque purché ci sia.<br />

Sembra perf<strong>in</strong>o spaventata. Di che? Di aver osato troppo? Di aver<br />

esagerato? Che io la picchi? Ma va là. Se la picchiassi sarebbe come<br />

ammettere che mi ha ferito, che mi ha fatto male, che ha toccato corde<br />

profonde, che ha suscitato <strong>in</strong> me qualche emozione, che c'è qualcosa <strong>in</strong><br />

me, qu<strong>in</strong>di, per cui cont<strong>in</strong>uare a buttarmi merda <strong>ad</strong>dosso f<strong>in</strong>o a provocare<br />

una reazione, segno di cambiamento. Non posso ammettere nulla di tutto<br />

ciò, perché non è successo.<br />

Ho solo voglia di andarmene. Son già lontano, <strong>in</strong> realtà, anche se non<br />

sono ancora uscito dalla porta. Della sua, di casa.


E pensare che con lei mi son sforzato più che con le altre donne. E son<br />

state tante, non so neanche perché, non ho capito che ci trovassero <strong>in</strong> me<br />

di così <strong>in</strong>teressante da volermi conoscere e tirar dentro le loro vite, tutte<br />

così calde, emotive, sentimentali, romantiche. E <strong>in</strong>telligenti. Tra l'altro.<br />

Con Francesca un po' ci avevo creduto, mi pareva capace di sopportare<br />

la mia pochezza, di attendere, di aver fiducia, di accettare il mio silenzio a<br />

lungo, senza spazientirsi e spaventarsi. Senza rivendicare. Forse con lei<br />

poteva succedere qualcosa, di buono, o di cattivo, magari, ma almeno<br />

eccitante. Vibrare anch'io.<br />

Non è che morissi dietro a questa speranza. Io non son morto mai dietro<br />

a niente. A com<strong>in</strong>ciare dai miei genitori. Che mi avevano tanto desiderato,<br />

cercato, viaggiato <strong>in</strong> lungo e <strong>in</strong> largo per trovarmi, pagato esageratamente<br />

per avermi, tenaci e testardi nel loro desiderio e nella loro fiducia di<br />

spuntarla. E alla f<strong>in</strong>e ero arrivato io, poveri.<br />

Forse s'aspettavano, come premio alla loro costanza, che io fossi una<br />

specie di messia, o un piccolo e<strong>in</strong>ste<strong>in</strong>, o un facsimile di michelangelo, o un<br />

premio nobel o almeno una medaglia d'oro <strong>in</strong> qualcosa. Una medaglia<br />

qualunque. Uno straccio di riconoscimento di qualche mia eccellenza. Io<br />

eccellevo, <strong>in</strong>vece, nella mediocrità. Nessun fallimento, solo l'avvilente vuota<br />

scarsa sufficienza a scuola, negli sport, <strong>in</strong> parrocchia, con gli scout, con la<br />

gente, con gli amici. Senza un briciolo di passione. Anzi, ogni soprassalto<br />

emotivo accanto a me mi coglieva impreparato, non ne capivo il perché,<br />

non riuscivo a farlo mio, a sentirne il bisogno o la mancanza. Tutt'al più una<br />

piccola mediocre curiosità, subito spenta. Ero come anestetizzato alla<br />

gioia, al dolore, all'<strong>in</strong>teresse, ai desideri, ai sogni, alle paure. Stavo da dio,<br />

<strong>in</strong>somma. È una colpa? Si può nascere e crescere così, a contatto con<br />

impulsi emozioni sentimenti più o meno evidenti, se non <strong>ad</strong>dirittura<br />

eccessivi, e non provarne desiderio?<br />

I miei genitori han provato <strong>in</strong> tutti i modi a fare di me una persona vitale,<br />

<strong>in</strong>teressante e <strong>in</strong>teressata. Quando m'<strong>in</strong>chiodavano al muro delle mie<br />

pecche, e lo facevano con il silenzio, o con parole pacate, o con rimproveri<br />

severi, ma mai violenti o volgari, l'unica cosa che m'impediva di provare a<br />

diventare come mi volevano era l'<strong>in</strong>tensità del loro desiderio ch'io fossi<br />

diverso da quello che ero. Se non av<strong>esser</strong>o mostrato così tanto la loro<br />

delusione, chissà cosa sarei potuto diventare. Ma no, che faccio, butto<br />

merda <strong>ad</strong>dosso ai miei, <strong>ad</strong>esso? È che mi andavo bene com'ero, punto e<br />

basta. Nessuna fatica, nessuno scombussolamento, nessun terremoto<br />

<strong>in</strong>teriore.<br />

Tutti i miei coetanei, i compagni di classe, poi d'università, poi di lavoro<br />

e di divertimento, e le donne, prima durante e dopo il sesso, tutti han<br />

pensato che nascondessi segreti <strong>in</strong>confessabili, sofferenze atroci, materiale<br />

rimosso nel più profondo dell'<strong>in</strong>conscio. Se non fossero stati noiosi, mi<br />

sarei potuto divertire per la loro premura e <strong>in</strong>sistenza. Invece che palle. Io<br />

mica li voglio diversi.


Solo Francesca ho preso per mano e ho provato a portarla dentro al mio<br />

vuoto, all'abisso del nulla, l'ho fatto provando a parlargliene. Sfido chiunque<br />

a trovar facile presentare il nulla a chi desidera <strong>in</strong>contrare il complesso, il<br />

misterioso, il tragico. Beh, se vogliamo, il nulla un po' tragico lo è, no? Ci<br />

arrivo perf<strong>in</strong>o io a capirlo.<br />

Lei si è tirata <strong>in</strong>dietro. Ha detto che quel nulla lì era la scusa più cret<strong>in</strong>a<br />

per non impegnarmi <strong>in</strong> una relazione <strong>ad</strong>ulta. Secondo me Francesca ha<br />

guardato l'abisso e se l'è fatta sotto. La capisco. E che io capisca lo<br />

sgomento di un altro è già un po' strano, direi.<br />

Basta. Tiro fuori dalla tasca la chiave di casa, la sua di casa, e la metto<br />

<strong>sul</strong> tavol<strong>in</strong>o vic<strong>in</strong>o alla porta. Apro, non guardo Francesca, non guardo<br />

niente, non sento niente. V<strong>ad</strong>o. Qualcosa provo, mi pare si chiami sollievo.<br />

E <strong>ad</strong>esso dove v<strong>ad</strong>o? Non ho dubbi. Giorni fa ho <strong>in</strong>contrato un barbone<br />

che mi ha guardato e mi ha fatto segno di sedermi accanto a lui. Mi son<br />

seduto subito, senza aspettative e curiosità. Pronto a sentire uno<br />

sproloquio ebbro-filosofico. Invece mi ha dato due pacche <strong>sul</strong>la gambe e<br />

poi basta, silenzio assoluto. Pieno. Silenzio pieno. Pienezza. Sensazione<br />

nuova. Da capogiro. Non ho saputo accantonarla.<br />

Non ho dubbi, v<strong>ad</strong>o lì, spero ci sia ancora. Spero? Speranza. Accidenti.<br />

Sensazione nuova pure questa e mi piace, cazzo, mi piace proprio.<br />

V<strong>ad</strong>o da lui, poi si vedrà, non mi preoccupo di certo ora, non è nella mia<br />

natura. Almeno non ancora.


COSETTA COTONI<br />

Se solo avessi trovato le parole<br />

Francesca, è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che sì è<br />

riversata tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito,<br />

dare dettagli. Non servirebbe a niente.<br />

Eppure aveva sempre avuto gli occhi belli, e chiari, ed espressivi la<br />

Francesca. Occhi freschi, occhi dalle lunghe ciglia <strong>in</strong>curvate , la prima<br />

cosa che vidi di lei quando era nel <strong>letto</strong> <strong>in</strong> ospedale, tutta fasciata <strong>in</strong> viso<br />

tranne gli occhi e la bocca.<br />

Quegli occhi mi avevano ipnotizzato, un lampo di luce dentro una<br />

matt<strong>in</strong>a qualunque. Pochi giorni prima mi aveva fatto chiamare da un suo<br />

amico al telefono. “Sig. Rialzo , la mia amica Francesca vorrebbe parlarle<br />

al più presto, si tratta di un lavoro per lei. E’ abbastanza urgente, se<br />

potesse fare la cortesia di <strong>in</strong>contrarla. Le lascio l’<strong>in</strong>dirizzo, la trova<br />

ricoverata <strong>in</strong> ospedale, al p<strong>ad</strong>iglione 5.”<br />

La sua voce era calda e risoluta, pensai che doveva <strong>esser</strong>e un<br />

professionista abituato a trattare al telefono, chiamato d’urgenza per<br />

aiutare una sua amica <strong>in</strong> difficoltà. Trascrissi l’<strong>in</strong>dirizzo e mi accordai con lui<br />

per andare quanto prima.<br />

Quella matt<strong>in</strong>a girai per un po’ a vuoto per i viali dell’ospedale perché<br />

quel reparto era quasi tutto nascosto da un parco alberato e dalla str<strong>ad</strong>a<br />

non si vedeva. E ora stava com<strong>in</strong>ciando a piovere e il vento torturava <strong>in</strong><br />

mul<strong>in</strong>elli le foglie appena c<strong>ad</strong>ute.<br />

Lei era a <strong>letto</strong>, il viso rivolto verso la f<strong>in</strong>estra aperta <strong>sul</strong> giard<strong>in</strong>o e<br />

quando entrai si voltò curiosa verso di me. La stanza era pulita e spoglia,<br />

solo dei tulipani gialli nel vaso di vetro. Sul comod<strong>in</strong>o era appoggiato un<br />

libro chiuso, la copert<strong>in</strong>a era consumata e sporca. Lo vidi immediatamente,<br />

lo sguardo mi c<strong>ad</strong>de lì subito dopo che gli occhi di lei mi lasciarono libero.<br />

Mi disse di sedermi poi gentile, con lo sguardo leggermente ansioso, mi<br />

chiese di riscriverle la sua vita.<br />

Mi disse che sapeva che ero uno specialista e che avevo curato già<br />

altre vite, come fa un sarto che taglia e cuce lembi di colore diverso per<br />

creare un patchwork delizioso agli occhi. La guardavo attento mentre mi<br />

spiegava per filo e per segno cosa voleva da me.<br />

Lei parlava ed io prendevo appunti. Tracciavo tratti schematici collegati<br />

tra loro con frecce lunghe e tor<strong>tuo</strong>se che si ramificavano <strong>sul</strong> foglio, una<br />

trama leggera come una ragnatela. Da un lato tutto quello che voleva<br />

cancellare, dall’altro quello che voleva tenere ed <strong>in</strong>torno piccoli sprazzi di<br />

pensieri, di ricordi della sua vita, tante piccole t<strong>esser</strong>e disposte con cura.


“In fondo”, mi stava dicendo, “un viso nuovo sarebbe stata solo la base<br />

di partenza, poi tutto il resto era da costruire con cura e meticolosità,<br />

correggendo, cancellando e aggiungendo nei punti giusti”. Mi resi conto<br />

che la vita che lei mi stava srotolando davanti come la pellicola di un film<br />

era stata f<strong>in</strong>o a quel momento banale come quella di tanti altri prima di lei.<br />

Mi parlava della sua famiglia, degli amici, della scuola, del lavoro e dei suoi<br />

tanti amori, che lei ora def<strong>in</strong>iva rassegnata amoribondi perché erano tutti<br />

<strong>in</strong>iziati e f<strong>in</strong>iti dopo poco, lasciandola sempre più sola e <strong>in</strong>erme, <strong>in</strong>capace di<br />

capire dove aveva sbagliato.<br />

Sbagliato diceva. Lei lo dava per scontato, <strong>in</strong> fondo era benevola<br />

nell’accollarsi tutta la responsabilità di quei capitoli f<strong>in</strong>ali ed io scrivevo di<br />

getto senza soffermarmi, a tratti desiderando d’<strong>in</strong>tervenire. Se solo avessi<br />

trovato le parole avrei voluto approfondire, ma quei perché morivano <strong>sul</strong>le<br />

mie labbra mentre affondavo più forte la punta della penna <strong>sul</strong> foglio, dove<br />

ricamavo senza sosta fili di ragnatela.<br />

Pensai che la sua voce era dolce, leggermente provata per il dolore<br />

sotto le bende che <strong>in</strong> quel momento le facevano da corazza candida, che<br />

l’avvolgeva e la teneva al sicuro. Fermai per un istante la penna e mi<br />

sorpresi per questo. Non mi capitava spesso di distrarmi, anzi, la verità era<br />

che non mi capitava mai.<br />

Mentre parlava Francesca muoveva piano le mani, le utilizzava per<br />

spiegarsi meglio, per dare un contenuto ai momenti vuoti della sua vita e io<br />

trascrivevo diligentemente sorrisi, emozioni, sguardi, <strong>in</strong>flessioni, pause,<br />

irresistibilmente attratto dal suo sguardo che ancora non mi dava tregua.<br />

Quando ebbe f<strong>in</strong>ito chiusi la penna con uno scatto, mi alzai e mi<br />

accordai d’<strong>in</strong>contrarla per la lettura della prima bozza. Le spiegai le<br />

formalità da seguire una volta uscita dall’ospedale, tutti i certificati che<br />

avrebbe dovuto richiedere per avviare la sua nuova vita, i documenti<br />

necessari per def<strong>in</strong>irla completamente, la prassi già collaudata da tempo da<br />

seguire <strong>in</strong> questi casi. Ero già <strong>sul</strong>la porta e stavo uscendo dalla stanza<br />

quando lei mi richiamò <strong>in</strong>dietro e la vidi girarsi per prendere il libro, che era<br />

rimasto tutto questo tempo <strong>sul</strong> comod<strong>in</strong>o, <strong>in</strong>differente a noi. Mi chiese di<br />

portarlo con me e di leggerlo e che mi avrebbe aiutato nei punti difficili. E<br />

anche <strong>in</strong> quel momento la sua voce era dolce, perfetta mentre lo sguardo si<br />

posava sopra e dentro di me, per un istante lunghissimo.<br />

Quando la rividi per la prima stesura del testo lei era già a casa sua , il<br />

viso ancora coperto da bende. Eravamo io e lei nella stanza che si<br />

affacciava <strong>sul</strong>la piazza più bella della città. Rumori soffocati di traffico<br />

arrivavano e si perdevano nel silenzio mentre lei rileggeva pag<strong>in</strong>a per<br />

pag<strong>in</strong>a la sua nuova vita. Le pag<strong>in</strong>e scorrevano sotto le sue dita, le girava<br />

piano soffermandosi a pensare, aggiungendo qualche riga di tanto <strong>in</strong> tanto,<br />

tracciando piccole righe di cancellatura più avanti. L’ultima pag<strong>in</strong>a era<br />

stata ormai letta. Le presi la mano nel momento stesso <strong>in</strong> cui lei alzò gli


occhi verso di me e <strong>in</strong> quell’attimo restammo immobili ognuno con i pensieri<br />

dell’altro che fluttuavano <strong>in</strong> un posto <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ito dentro di noi.<br />

Mi trasferii da lei dopo due settimane, portai i miei libri e i miei appunti<br />

che lei mi chiese di sistemare <strong>in</strong> camera, <strong>in</strong> terra, vic<strong>in</strong>o al <strong>letto</strong>. La sua<br />

nuova vita era già <strong>in</strong>iziata come avevo scritto io, come lei aveva voluto. E io<br />

avevo obbedito remissivo alla sua scelta, entrandone a far parte come lei<br />

desiderava.<br />

Eravamo alle prime pag<strong>in</strong>e, dove tutto è luce e colore, dove non esiste<br />

la f<strong>in</strong>e del tempo, i limiti di spazio, lo sgocciolio del dolore. Viaggiavamo<br />

<strong>in</strong>sieme, una bella coppia dicevano gli amici. Lei era bellissima, il suo<br />

nuovo volto era dolce e proporzionato, i capelli le scendevano morbidi <strong>sul</strong>le<br />

spalle, la sua bocca aveva il sapore del miele mentre il tempo, i giorni e la<br />

pag<strong>in</strong>e scorrevano rapide <strong>in</strong> successione, non trovando mai un posto dove<br />

fermarsi per prendere fiato. Il nostro tempo tracimava da lì, era tutto <strong>in</strong><br />

quelle righe che io stesso avevo a lungo meditato, che noi avevamo<br />

accettato, guidati da una simbiosi irreale.<br />

F<strong>in</strong> quando un giorno sorpresi me stesso a strappare di nascosto una<br />

pag<strong>in</strong>a, una di quelle più dolorose ma necessarie, cui avevo dovuto dare<br />

vita ma di cui ora mi ero pentito e che non volevo più leggere. Cercavo<br />

così, pag<strong>in</strong>a dopo pag<strong>in</strong>a, di cristallizzare lei e me stesso <strong>in</strong> un tempo<br />

presente <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, sospeso, <strong>in</strong>variabile.<br />

E fu fatale per me dover cogliere e decifrare i segnali che si<br />

affacciavano spavaldi. Li colsi riluttante, erano piccole dimenticanze, piccoli<br />

screzi, <strong>in</strong><strong>sul</strong>se macchie che erano state previste e che si erano depositate,<br />

ma che io non volevo vedere, non ora, non più. Il nostro mondo stava<br />

sperimentando una metamorfosi lenta ed <strong>in</strong>esorabile.<br />

Francesca scalpitava irritata, tesa. Mi parlava, ma la sua voce stridula e<br />

arrabbiata mi arrivava come da lontano e ancora una volta mi tirava<br />

passivo f<strong>in</strong> dentro alla pag<strong>in</strong>a successiva, che si girava docile da sola,<br />

complice il vento di primavera che entrava nella stanza dalle f<strong>in</strong>estre aperte<br />

e faceva volare <strong>in</strong> alto fogli, appunti, carteggi che ric<strong>ad</strong>evano disord<strong>in</strong>ati <strong>sul</strong><br />

pavimento. La casa pazientava vuota e silenziosa.<br />

Lui era ancora lì. Dopo tutto quel tempo era dove lo avevo messo io,<br />

appoggiato <strong>in</strong> terra vic<strong>in</strong>o al <strong>letto</strong>. Il libro, quel libro consunto e sporco che<br />

lei mi aveva consegnato dal <strong>letto</strong> di ospedale. Smarrito, lo vidi solo <strong>in</strong> quel<br />

momento come se fosse la prima volta. Frugavo e frugavo disperatamente<br />

dentro ai palazzi della mia memoria ma non riuscivo <strong>ad</strong> trovarlo <strong>in</strong> nessun<br />

posto. Solo corridoi silenziosi e porte chiuse. Non lo avevo mai <strong>letto</strong>, io me<br />

ne ero completamente dis<strong>in</strong>teressato. Eppure lui era sempre stato lì,<br />

<strong>in</strong>erme tra gli altri, ord<strong>in</strong>atamente impilato <strong>sul</strong> pavimento dove svettavano<br />

piccole torri compatte vocianti di parole un po' polverose.<br />

Mi soffermai a guardare la copert<strong>in</strong>a, che era ancora sporca e<br />

consumata come se fosse stata sepolto per tanto tempo <strong>in</strong> un abisso dove<br />

c’è buio pesto. L’oscena autenticità che tenevo f<strong>in</strong>almente tra le mani fece


uscire da me un sottile dolore, quasi un rimpianto per la mia <strong>in</strong>capacità di<br />

riconoscerlo e un’acuta mal<strong>in</strong>conia nel sentire che ero stato io che non<br />

avevo saputo né voluto ritenere importante quello che poteva dirmi. E quei<br />

brevi istanti valsero una vita.<br />

Chiusi la f<strong>in</strong>estra e accarezzai il libro aprendolo alla prima pag<strong>in</strong>a, che<br />

era pulitissima e chiara e bella, a dispetto della copert<strong>in</strong>a. Non c’erano<br />

segni, nessuna macchia. Ai miei occhi neri lei si mostrava <strong>in</strong>tatta e vera,<br />

ancora da colmare.<br />

Con un bisbiglio la porta della camera si aprì piano alle mie spalle. Mi<br />

girai.<br />

No, non era il vento. Era Francesca che mi aveva trovato per la<br />

seconda volta.


PAOLA ELIA CIMATTI<br />

Spietata e <strong>in</strong>coerente<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco.<br />

Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è riversata,<br />

tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove c’è un buio<br />

pesto.<br />

Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare dettagli.<br />

Non servirebbe a niente.<br />

Ma a te voglio raccontare come è andata, s<strong>in</strong>ceramente. Lei non mi ha<br />

lasciato il tempo di dire la mia, era troppo occupata a distruggermi.<br />

Raccontare a te spero che serva a qualcosa, se non altro a farmi una<br />

ragione di quello che è successo.<br />

Da qualche tempo, Francesca mi faceva degli strani rimproveri: per<br />

esempio, nell’atto di sederci con gli amici o di entrare <strong>in</strong> un negozio, le<br />

domandavo – con garbo, naturalmente: -” Cara, ti sei lavata i denti?”- ,<br />

allora si <strong>in</strong>furiava. Lo dicevo per il suo bene, per evitarle una brutta figura:<br />

possibile che non lo capisse? Quelli sono stati i primi litigi, poi le cose sono<br />

precipitate velocemente.<br />

Ieri sera le ho consigliato – sempre con garbo – di togliersi quel brutto<br />

vestito beige che la faceva sembrare un sacco di patate.<br />

Francesca – tu la conosci – non è un figur<strong>in</strong>o e negli ultimi tempi è<br />

anche <strong>in</strong>grassata. La porto spesso al ristorante – dovrebbe <strong>esser</strong>e contenta<br />

– perché a mangiare quello che cuc<strong>in</strong>a lei mi viene la dissenteria. Se ti<br />

<strong>in</strong>vita a cena, ricordati: meglio portarsi dietro un pan<strong>in</strong>o. Dicevo: è<br />

<strong>in</strong>grassata. Ha due cusc<strong>in</strong>etti sui glutei che sembrano fatti di spugna e<br />

com<strong>in</strong>cia anche a mettere su pancia: non è più nel fiore della giov<strong>in</strong>ezza.<br />

In queste condizioni, un vestito così non se lo può permettere. Un m<strong>in</strong>imo<br />

di buon gusto, un po’ di autocritica, o almeno, il senso del ridicolo! Povera<br />

Francesca, non sarebbe contenta di sapere come ti sto parlando di lei. Ma<br />

<strong>in</strong> questo momento non mi fa nessuna pietà.<br />

- ” Se non ti piaccio, allora che ci stai a fare ancora con me!” – Lo dice<br />

spesso, così poi la rassicuro, la conv<strong>in</strong>co che le voglio bene sì, ma gliene<br />

vorrei di più se tentasse di migliorarsi per diventare più simile alla mia<br />

donna ideale e allora lei fa tutto quello che voglio io.<br />

Ma ieri sera si è rifiutata di togliersi il vestito beige- patata, ha detto: “Il<br />

mio corpo è mio ”, (deve <strong>esser</strong>e uno slogan pubblicitario). Ho fatto la


mossa di scostarmi da lei bruscamente, come preso da un improvviso<br />

ribrezzo. Di solito funziona: lei mi viene vic<strong>in</strong>o, io arretro di un altro passo,<br />

lei mi viene dietro, poi io l’abbraccio e <strong>in</strong> un orecchio le sussurro di fare<br />

quello che le ho chiesto, se mi ama, e lei lo fa.<br />

Ma ieri sera non è andata così: si è tirata <strong>in</strong>dietro e ha fatto il gesto di<br />

chiudermi la porta <strong>in</strong> faccia. Quando ho tentato di abbracciarla si è<br />

div<strong>in</strong>colata, tanto che a me è venuta una gran voglia, come non mi capita<br />

più da mesi. Ho cercato di sp<strong>in</strong>gerla dentro e le ho sussurrato di togliere il<br />

vestito, che saremmo rimasti <strong>in</strong> casa a fare l’amore<br />

Di male <strong>in</strong> peggio. Si è messa a strillare che io penso solo a quello, che<br />

faccio caso a lei solo quando mi tira. Le ho messo una mano <strong>sul</strong>la bocca:<br />

è contrario alle leggi <strong>sul</strong>la privacy far sapere i fatti propri a tutti i vic<strong>in</strong>i.<br />

Ha cont<strong>in</strong>uato a div<strong>in</strong>colarsi, poi si è precipitata al telefono, come se<br />

volesse chiamare soccorsi. Contro di me, capisci? Deve avere visto troppi<br />

films.<br />

Ho cercato di calmarla, le ho detto con la mia voce più dolce che l’avrei<br />

portata al mare, proprio nel posto che piace a lei, e questa volta avrei<br />

pagato io.<br />

Non l’avessi mai detto. E’ diventata improvvisamente calma e fredda,<br />

per niente emozionata.<br />

Sistematicamente, ha preso a spalmare merda su tutto: <strong>sul</strong> nostro<br />

<strong>in</strong>contro, su tutti i dettagli del mio comportamento, <strong>sul</strong>le mie dimenticanze<br />

di compleanni e ricorrenze (non avevo mai capito che ci tenesse), sui miei<br />

regali che non ha mai usato (non me ne ero accorto), <strong>sul</strong>la firma congiunta<br />

del suo conto corrente che lei stessa mi aveva offerto come prova d’amore,<br />

sui messaggi romantici che le piacevano tanto e solo <strong>ad</strong>esso scopre che li<br />

ho copiati da un sito. Chissà da quanto tempo stava covando questa<br />

scenata. Inf<strong>in</strong>e, ha tirato fuori un qu<strong>ad</strong>erno dove aveva annotato<br />

scrupolosamente tutte le spese: i conti del ristorante, l’albergo delle<br />

vacanze, ricevute e tagliandi.<br />

Ha detto che di tutti quei numeri, io le dovevo la metà, che mi avrebbe<br />

fatto firmare delle cambiali<br />

Francesca è sempre stata generosa f<strong>in</strong>o all’abnegazione e non ha mai<br />

fatto una piega per il fatto che sono (temporaneamente) disoccupato. Non<br />

capisco perché sia così improvvisamente cambiata. Quello era proprio<br />

l’argomento giusto per annientarmi, e naturalmente lo sapeva. Allora ho<br />

sentito che più <strong>in</strong> basso di così non potevo c<strong>ad</strong>ere e non ci ho visto più,<br />

sono uscito dai gangheri.<br />

“Puttana” – le ho gridato. Scusa, non sarà elegante, ma come la<br />

chiameresti tu una donna che ti presenta il conto? Puttana e sanguisuga,<br />

avida e <strong>in</strong>grata.<br />

In quel preciso momento, il qu<strong>ad</strong>erno a qu<strong>ad</strong>retti me lo ha spiacccicato<br />

<strong>sul</strong>la faccia tenendolo premuto, e mi sono piegato <strong>in</strong> avanti, come se un


pesantissimo sacco di patate fosse caricato <strong>sul</strong>la mia schiena: senza una<br />

parola mi ha sp<strong>in</strong>to fuori.<br />

Mi sono ritrovato dritto <strong>sul</strong> pianerottolo, con la serratura dietro di me che<br />

scattava a doppia mandata.<br />

Non è questo il modo di fare: da una parte mi dava segni di non poter<br />

vivere senza di me, dall’altra accumulava rabbia. Se voleva farmi<br />

diventare matto, ci sta riuscendo.<br />

Però, raccontando a te, com<strong>in</strong>cio a farmi un’idea di cosa non ha<br />

funzionato. Valle a capire, le donne!


ANTONIO BUMBACA<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione.<br />

Da quel momento niente per noi avrebbe avuto lo stesso sapore, perf<strong>in</strong>o<br />

una birra al pub con gli amici, <strong>in</strong> quello stesso locale che centomila e mille<br />

volte ancora ci aveva fatto sfogare, ora pareva sfiatata, sgonfia, quasi<br />

analcolica. Un sapore amaro dopo anni <strong>in</strong>vestiti <strong>in</strong> quello stesso posto, a<br />

sorseggiare "caffè" aspro da quell'unico distributore, tutto <strong>ad</strong> un tratto la<br />

resa, nessun superstite; tutti a casa.<br />

Erano molti quelli che speravano <strong>in</strong> un errore, anche m<strong>in</strong>uscolo ma<br />

clausola decisiva quanto basta a restituire il sudato posto, gu<strong>ad</strong>agnato<br />

magari scavalcando cent<strong>in</strong>aia di persone più preparate e qualificate, o<br />

avuto per donazione div<strong>in</strong>a dal santissimo suocero amico del fratello della<br />

moglie del boss, con cui tra l'altro perde sempre nelle sfide di calcetto<br />

settimanale.<br />

In tanti confidavano <strong>in</strong> questo sbaglio ma io no, per la prima volta mi<br />

sentivo veramente libero e spensierato, una strana sensazione che<br />

pensavo di aver perso per sempre ora sembrava riaffacciarsi come se<br />

fosse andata un attimo al bagno. Era piacevole riflettere per più di un<br />

istante e non guardare l'agognato orologio, niente scandiva il tempo al<br />

posto mio, le mie necessità tornavano ora a farsi sentire ed erano lì, vive<br />

ed orgogliose di <strong>esser</strong>e al primo posto nei miei pensieri. Ogni progetto ora<br />

mi appariva più determ<strong>in</strong>ato e vic<strong>in</strong>o al realizzarsi, come se la mia<br />

posizione nella Nulla S.p.a mi avesse chiuso le porte dei miei pensieri e<br />

avesse gettato via la chiave; un card<strong>in</strong>e che ora avevo ritrovato.<br />

Mi trovavo <strong>in</strong> casa, alcuni direbbero immerso nel "dolce far niente" ma<br />

nel frattempo io avevo scoperto di avere un profilo facebook (una<br />

c<strong>in</strong>quant<strong>in</strong>a di "mi piace" e un'<strong>in</strong>attesa sensazione di allegria ritrovata), ero<br />

riuscito <strong>ad</strong> appassionarmi <strong>ad</strong> un libro e ne avevo <strong>letto</strong> tutte le pag<strong>in</strong>e, avevo<br />

dato un volto alla voce dietro alla cornetta del c<strong>in</strong>ese del giovedì sera e<br />

questo mi sembrava soltanto l'<strong>in</strong>izio.<br />

Di dormire per le str<strong>ad</strong>e non avevo paura, anche quando <strong>in</strong> una<br />

settimana raggiungevo le c<strong>in</strong>quanta ore, c'era fatica nel far qu<strong>ad</strong>rare i conti<br />

tra pagare l'affitto per quel freddo monolocale, mangiare qualcos<strong>in</strong>a ed<br />

usare quella maledettissima macch<strong>in</strong>a; economia notevole e sempre prima<br />

nel farsi viva. Ormai ero così abituato a tirare la c<strong>in</strong>ghia che una stretta <strong>in</strong><br />

più, una <strong>in</strong> meno pensavo non potesse spezzarla.


Al momento avevo soltanto voglia di tornare alla mia amata Vespa; più<br />

ci pensavo e più non riuscivo proprio a comprendere come mai l'avevo<br />

abbandonata <strong>in</strong> quel garage, coperta soltanto da un plasticoso telone, lei<br />

che per anni mi aveva scarrozzato <strong>in</strong> giro tra città e regioni d'Italia,<br />

sfiorando anche l'impresa estera prima che mi accorgessi di aver scordato<br />

l'olio per la miscela all'ultimo pieno. Due compagni <strong>in</strong>separabili, sconfitti<br />

dalla Statale 130 che percorrevo due volta al giorno per andare e tornare<br />

da lavoro, troppo ardua e tempestosa per le due ruote.<br />

Un motivo forse <strong>in</strong> fondo poteva <strong>esser</strong>ci se questa crisi era arrivata, al di<br />

la delle stantie parole dei politici e delle urla lamentose ed <strong>in</strong>concludenti dei<br />

giov<strong>in</strong>celli nelle piazze, e forse un motivo c'era. In pochi si erano mai chiesti<br />

come mai uno staterello così piccolo era riuscito f<strong>in</strong>o a ieri a stare al passo<br />

con potenze di primord<strong>in</strong>e, mentre allo stesso tempo Nazioni più o meno<br />

simili alla nostra soccombevano gravate da problemi economici, disagi ed<br />

<strong>in</strong>tolleranze. Oggi magari qualcuno una domanda <strong>in</strong> più se la da e forse<br />

qualcun'altro una risposta <strong>in</strong> più ora la va a cercare.<br />

Contento o meno della felice scoperta di molti italiani, nessuno ora<br />

poteva togliermi la spensieratezza ritrovata del girare a zonzo <strong>in</strong> Vespa,<br />

accarezzato dall'aria ed <strong>in</strong>vidiato da quegli uom<strong>in</strong>i stretti ed ammassati sui<br />

tram e dalle donne stracariche di buste di ogni genere che sp<strong>in</strong>gevano<br />

passegg<strong>in</strong>i penzolanti, sugli autobus.<br />

Per me questa era si una obbligata vacanza, ma <strong>in</strong> un certo senso, <strong>in</strong><br />

quel senso, meritata.<br />

Progetti a lungo term<strong>in</strong>e io non ne avevo mai fatti, la cosa più riuscita e<br />

ben organizzata che ero riuscito a fare nella mia vita risaliva alla oramai<br />

lontana estate di f<strong>in</strong>e Liceo, quando progettammo <strong>in</strong>sieme ai miei allora<br />

<strong>in</strong>separabili compagni, un tremendo scherzo se così vogliamo chiamarlo,<br />

per l'allora preside Guglielm<strong>in</strong>i che f<strong>in</strong>o all'ultimo giorno di qu<strong>in</strong>to ci aveva<br />

tenuto <strong>in</strong> ansia con cont<strong>in</strong>ui rimandi degli scrut<strong>in</strong>i f<strong>in</strong>ali. Una volta preso <strong>in</strong><br />

prestito il telefon<strong>in</strong>o della preside e nascosto nella borsa di una collega,<br />

erano bastati alcuni squilli nell'orario di scrut<strong>in</strong>io per far sobbalzare <strong>in</strong> piedi<br />

professoressa e preside, scatenando liti ed accuse che ancora oggi le mura<br />

di quel Liceo non hanno del tutto assorbito. A parte questo gioco di<br />

spensierata gioventù ripensandoci ora i miei programmi futuri non sono mai<br />

stati del tutto ben del<strong>in</strong>eati ed <strong>in</strong> fondo credo che proprio questo ha reso il<br />

mio futuro <strong>in</strong> un certo senso <strong>in</strong>trigante. Non ho mai pensato <strong>ad</strong> una vera e<br />

propria pensione, qu<strong>in</strong>di non può di certo mancarmi un qualcosa che non<br />

ho mai desiderato ne avuto.<br />

Erano giorni che cont<strong>in</strong>uavo a girare <strong>in</strong> Vespa, pensavo alle parole f<strong>in</strong>ali<br />

del nostro dirigente più anziano che nelle ultime ore alla Nulla S.p.a, con lo<br />

sguardo fisso <strong>in</strong> un punto dell'ufficio cont<strong>in</strong>uava a ripetere con tono<br />

alquanto <strong>in</strong>terrogatorio: "bisogna re<strong>in</strong>ventarsi?!" Il mio pr<strong>in</strong>cipale problema,<br />

oltre naturalmente a capire che cosa c'era di così <strong>in</strong>teressante <strong>in</strong> quella<br />

parete dal colore biancolatte con macchie <strong>in</strong>decifrabili sparse qua e la, era


che prima o poi la benz<strong>in</strong>a sarebbe f<strong>in</strong>ita; probabilmente prima che io<br />

avessi trovato una soluzione a quel misterioso "re<strong>in</strong>ventarsi". Ma che<br />

cavolo significava quella parola? Dovevo r<strong>in</strong>negare i miei prolungati e<br />

dispendiosissimi studi, provare a pensare <strong>in</strong> una maniera completamente<br />

diversa dal resto della così detta massa, o cercare forse una<br />

fantascientifica str<strong>ad</strong>a come baller<strong>in</strong>o di tango?!<br />

Tutto mi appariva leggermente strano girando <strong>sul</strong> mio ritrovato due<br />

ruote ed <strong>in</strong>sieme al vento che mi accarezzava sentivo <strong>in</strong> me una<br />

sensazione di profonda confusione. Cosa avevo fatto dei miei giorni f<strong>in</strong>o a<br />

quel momento? Iniziavo a pensare che forse qualcosa evidentemente<br />

avevo sbagliato. Ero stato io a fossilizzarmi su quel posto di lavoro ora<br />

perduto o non avevo avuto la pazienza di aspettare un'altra migliore<br />

occasione? Probabilmente avrei perduto anche quella?<br />

Le domande si <strong>in</strong>trecciavano, portando a galla nuovi dubbi ed<br />

<strong>in</strong>certezze; il mio passato ora si faceva avanti. L'anno di Erasmus trascorso<br />

<strong>in</strong> Spagna ai tempi dell'Università mi appariva <strong>ad</strong>esso come una terribile<br />

perdita di tempo; all'epoca <strong>in</strong>vece lo reputavo un'esperienza <strong>in</strong>descrivibile<br />

ed elettrizzante, contatto con etnie di tutto il mondo e fonte di arricchimento<br />

personale, ottima per evidenziare altri aspetti di un normale curriculum.<br />

Anche i dieci mesi di miseria da lavapiatti nella capitale britannica mi<br />

sembravano ora un terribile guaio che mi ero andato a cercare da solo e<br />

non un modo migliore per immergermi al 100% nella ormai obbligatoria<br />

l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong>glese. Errori passati che al momento mi paralizzavano.<br />

Era arrivato il momento di "re<strong>in</strong>ventarsi" e pian piano la cosa <strong>in</strong>iziava a<br />

proporsi nella mia mente seguendo str<strong>ad</strong>e sempre diverse. Il senso un<br />

secondo prima mi sembrava <strong>esser</strong>si canalizzato nel non desiderare una<br />

pensione o delle sicurezze lavorative, una sorta di vita giornaliera immersa<br />

nella spensieratezza; due istanti dopo il tutto poteva sfociare <strong>in</strong> un<br />

sentimento di cont<strong>in</strong>ua lotta tra candidati per aggiudicarsi l'ambita poltrona,<br />

ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e arrivare a pensare che avrei dovuto apprendere un mestiere a<br />

nove anni e specializzarmi <strong>in</strong> quello per <strong>esser</strong>e ora una sorta di artigiano<br />

<strong>in</strong>toccabile. Insomma tutto ciò mi stava portando <strong>ad</strong> un <strong>in</strong>consueto senso di<br />

r<strong>in</strong>coglionimento ed <strong>in</strong>oltre sentivo crescere dal basso ventre uno strano<br />

sentimento, quasi dolore, che il mio medico il giorno seguente descrisse<br />

semplicemente ed <strong>in</strong> maniera quasi scontata come "normalissima<br />

angoscia".<br />

Sicuramente dovevo fare qualcosa, non era certo questo il momento di<br />

lasciarsi sopraffare da strani ed <strong>in</strong>consueti sentimenti.<br />

Trovare un nuovo lavoro o almeno provarci, visualizzare una carriera,<br />

un modo per pagare l'affitto, le tasse e per fare il pieno ogni f<strong>in</strong>e settimana,<br />

noleggiare un dvd di un film dal f<strong>in</strong>ale scontato, <strong>in</strong>somma <strong>ad</strong>attarsi alla vita<br />

perchè solo così facendo si riesce <strong>ad</strong> andare avanti, o almeno io ci dovevo<br />

provare. Arrivare al giorno <strong>in</strong> cui si potranno visualizzare delle sfumature,<br />

coprire con un telone la mia Vespa, scegliere anche se si è obbligati,


gridare quando tutti stanno <strong>in</strong> silenzio; re<strong>in</strong>ventarsi per sentirsi felici, questo<br />

voglio pensare volesse <strong>in</strong>tendere il mio ex capo fissando la parete<br />

biancolatte. V<strong>ad</strong>o avanti e rigo dritto. Forse qualcuno o meglio qualcosa,<br />

ripensandoci, poteva rov<strong>in</strong>armi al momento la mia r<strong>in</strong>ata allegria; la fame,<br />

sono oramai le 19.00 ed a questo ancora non ci ho pensato.


CARLA COLONNELLI<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a. ha chiuso. Così, da un giorno<br />

all'altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili progetti futuri e le<br />

miserie, scontate programmazioni spazio temporali che ci separavano dalla<br />

pensione.<br />

Ed ora ce ne stiamo tutti qui, i licenziati della Nulla S.p.a. Che <strong>in</strong> realtà<br />

si chiamerebbe Canulla S.p.a., dal cognome del suo fondatore. E’<br />

l’Armando che ha stravolto il nome della fabbrica metalmeccanica che ora<br />

non c’è più. Ce ne stiamo qui, nella piazza di sempre, con le stesse<br />

bandiere. E con l’Armando che non mollerebbe il megafono neanche alla<br />

Camusso. Sono anni che m<strong>in</strong>accia governi, p<strong>ad</strong>roni e s<strong>in</strong>dacati avversari <strong>in</strong><br />

modo amplificato. Sempre ottimista e fiducioso. Poi canta, <strong>in</strong>tonatissimo. Il<br />

suo cavallo di battaglia è “…e io ero Sandokan”, <strong>in</strong> ricordo dei giorni <strong>in</strong><br />

montagna a combattere contro i tedeschi. E giù a piangere. Proprio così: a<br />

noi l’Armando ci commuove, sempre. Guardo la Chiara che camm<strong>in</strong>a a<br />

fianco a me. Lei non si commuove, non versa lacrime. La Chiara è solo<br />

<strong>in</strong>cazzata, sempre. Mastica il chew<strong>in</strong>g-gum a bocca rigorosamente chiusa.<br />

E’ il compromesso che ha fatto con me: niente bolle né rumori con le<br />

labbra. Frequenta l’ ultimo anno del liceo. Non ha idea di cosa farà dopo.<br />

Io le consiglio <strong>in</strong>gegneria per poi andare all’estero. Lei all’estero vuole<br />

andarci subito dopo la f<strong>in</strong>e della scuola, senza iscriversi all’università.<br />

Suona il pianoforte, musica jazz, come suo p<strong>ad</strong>re. Diego mi ha lasciata<br />

c<strong>in</strong>que anni fa. Si era <strong>in</strong>namorato di una studentessa del Dams. Oggi è alla<br />

sesta <strong>in</strong>namorata, studentessa di filosofia. Chiara lo <strong>ad</strong>ora e suonare<br />

<strong>in</strong>sieme a lui spegne <strong>sul</strong> nascere i conflitti che avrebbe con un p<strong>ad</strong>re<br />

bamb<strong>in</strong>o.<br />

Intorno a me le colleghe /amiche. Anzi, ex colleghe. Anzi, compagne.<br />

lOh, Carla dai, mettiamo su una bella cooperativa di servizi, così<br />

lavoriamo di nuovo e creiamo pure altri posti di lavoro!- La Giulia, la più<br />

s<strong>in</strong>dacalizzata di tutte noi.<br />

lDai, dai! Poi andiamo a pulire le ville sui colli! “Buongiorno”,<br />

com<strong>in</strong>ciamo presto, f<strong>in</strong>iamo presto e di solito non puliamo il water”. – La<br />

Claudia, la più video dipendente di tutti noi.<br />

Non riesco a rispondere, a ridere e scherzare. Restituisco un debole<br />

sorriso di riconoscenza.<br />

Loro sdrammatizzano, ma <strong>in</strong> realtà l’unica che riuscirebbe ancora a fare<br />

la donna delle pulizie sono io ed è quello che sicuramente farò. Sono tutte<br />

vic<strong>in</strong>o ai sessanta, <strong>ad</strong> un passo da quella che f<strong>in</strong>o a ieri era la pensione ed<br />

ora un miraggio. In combutta con artrosi e reumatismi, come tutti quelli che<br />

<strong>in</strong>iziano a lavorare presto, <strong>ad</strong>dirittura prima dell’<strong>ad</strong>olescenza.


Chiara non sembra far parte dell’allegra congregazione di disoccupate.<br />

Lei, seria mastica il chew<strong>in</strong>g-gum. E’ molto bella, come il suo papà. A<br />

volte mi fa male guardarla, mi ricorda quello che ho perso. In ord<strong>in</strong>e: Diego,<br />

la mia di bellezza, ormai sciupata e ora il lavoro. Alienante e ripetitivo,<br />

come lo def<strong>in</strong>iva Diego. – Ma come fai a stare tutto il giorno a sp<strong>in</strong>gere<br />

bottoni?- Mi chiedeva quando era ancora curioso di tutto ciò che mi<br />

riguardava. Ma io la sera lo guardavo suonate nelle osterie, con Chiara <strong>in</strong><br />

braccio che dormiva beata ed ero felice, anche se dormivo poco, anche se<br />

di giorno ero davanti <strong>ad</strong> una macch<strong>in</strong>a e pigiavo bottoni.<br />

Sono entrata alla “Nulla” che ero una ragazz<strong>in</strong>a e 'ste qua erano già<br />

sposate con c<strong>in</strong>ni. Anch’io divenni presto una loro figlia.<br />

Hanno smesso di ridere. E’ la Giulia a dire a voce alta quello a cui tutte<br />

stanno pensando: - Oh, ragazz, qui c’abbiamo tutte le mamme e le zie con<br />

le b<strong>ad</strong>anti. Vorrà dire che da oggi <strong>in</strong> poi le b<strong>ad</strong>anti le faremo noi, che ci<br />

vogliamo anche più bene alle nostre vecchie.-<br />

lSoccia, questa sì che è una soluzione! Oh, speriamo che non mi<br />

licenziano la figlia che poi mi vuol fare da b<strong>ad</strong>ante. Io ne voglio una vera,<br />

una bella biondona straniera-<br />

Per fortuna la Camusso <strong>in</strong>izia a parlare, così l’Armando evita qualche<br />

rispostaccia da parte nostra.<br />

La Chiara cont<strong>in</strong>ua a tenere lo sguardo dritto davanti a sé. Chissà se<br />

ascolta le parole pronunciate dal palco o è altrove. Piazza San Giovanni è<br />

gremita, come al solito. Chiara ha fatto danza classica e si vede: la sua<br />

postura è perfetta. Noi siamo stanchissime e le nostre spalle curve.<br />

L’Armando è al fianco di Chiara, le vuole molto bene, come un nonno. E’<br />

dritto e impettito, <strong>in</strong> ascolto. Non è andato a scuola di ballo, ma ha sempre<br />

tanta fiducia nel s<strong>in</strong>dacato. Chiara ha smesso di masticare il chew<strong>in</strong>g-gum,<br />

si avvic<strong>in</strong>a e mi dice piano : - Mamma, niente università, dopo il diploma mi<br />

metto a lavorare.- Le accarezzo una guancia, trattengo le lacrime, giuro a<br />

me stessa che l’università la farà eccome e penso che i suoi occhi solo<br />

meravigliosi come quelli di Diego ma molto, molto più consapevoli.


SIMONA BIANUCCI<br />

Intenso ed acre<br />

“Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s'è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c'è buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all'<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli. Non servirebbe a niente. Te l'ho detto Vittorio, e te lo ripeto: una<br />

merda, ecco cosa sono! Ma che cazzo avevo <strong>in</strong> testa?”<br />

Ad ogni girata di mestolo si alzava un po' di vapore dal pentol<strong>in</strong>o,<br />

mentre un po' di v<strong>in</strong>o bianco, la buccia di un limone e lo zenzero fresco<br />

grattugiato liberavano nell'aria della cuc<strong>in</strong>a un profumo acre ed <strong>in</strong>tenso.<br />

Acre e <strong>in</strong>tenso, come il mio rapporto con Francesca, <strong>in</strong>iziato sei anni<br />

prima e concluso quella stessa matt<strong>in</strong>a. Se ne era andata dietro un paio di<br />

occhiali scuri dopo aver bevuto come ogni giorno il suo caffè con la<br />

schiuma e una spruzzata di cacao. Sempre lo stesso caffè da sei anni, lo<br />

stesso caffè che ero riuscito a strapparle il giorno del nostro primo<br />

appuntamento.<br />

Monotonia, rout<strong>in</strong>e, quotidianità, abitud<strong>in</strong>i erano state le mie difese per<br />

quello che era successo, per quello che avevo fatto a lei e a noi.<br />

“Vittorio, deve cuocere per 10 m<strong>in</strong>uti a fuoco lento, <strong>in</strong> modo che i sapori<br />

si fondano <strong>in</strong>sieme, senza fretta e omogeneamente. Mi raccomando. E ti<br />

dico questa: si racconta che i cuochi di m<strong>ad</strong>ame du Berry preparassero una<br />

mistura di zenzero e <strong>tuo</strong>rli d'uovo da offrire ai suoi amanti e al grande Luigi<br />

XV per assicurarle notti di fuoco. Eh, vedi un po' lo zenzero! E la m<strong>ad</strong>ama!”<br />

“Allora Sandro, come vanno le seppie? Stasera le facciamo alla<br />

normanna, altrimenti domani sai che f<strong>in</strong>e fanno? Dì alla Betty di proporle<br />

fuori menù e <strong>in</strong>formala sugli <strong>in</strong>gredienti, mi raccomando.”<br />

Ero per tutti, là dentro, il signor<strong>in</strong>o “mi raccomando”: facevo lo chef alla<br />

“Corte degli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i”. Con me c'erano Vittorio, entremetier preposto alla<br />

preparazione dei primi piatti e Sandro, lo chef poissonier per i piatti a base<br />

di pesce. Poi L<strong>in</strong>da e Susanna, responsabili dei piatti di carne e dei dolci;<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e Alberto, aiuto cuoco e V<strong>in</strong>cent, lo chef <strong>in</strong> seconda, il mio braccio<br />

destro. Fra tutti, Vittorio, era anche uno dei miei migliori amici. Lavoravamo<br />

<strong>in</strong>sieme da due anni e per entrambi cuc<strong>in</strong>are era un buon momento per<br />

chiacchierare e confidarsi.<br />

Mi chiamavano signor<strong>in</strong>o “mi raccomando” perché ogni volta che<br />

sottol<strong>in</strong>eavo qualcosa di importante term<strong>in</strong>avo sempre la frase con “mi<br />

raccomando”, che significava “conto su di te, fai il meglio che puoi, fa' come


se fossi io”. E loro sbattevano i tacchi per prendermi <strong>in</strong> giro, poi sorridendo,<br />

mi dicevano “certo chef”.<br />

Ero chef perché <strong>in</strong>namorato della vita. Un conto è mangiare per nutrirsi,<br />

un altro è gioire ed emozionarsi mangiando. Un conto è lasciarsi vivere, un<br />

altro è sentire la vita pulsare dentro. Ecco io facevo lo stesso con i miei<br />

piatti, volevo che pulsassero di vita! Trasmettevo alle mie creazioni il ritmo<br />

del respiro, le vibrazioni del cuore e i movimenti delle mie mani.<br />

Pazzo? No i pazzi siete voi.<br />

In Francesca avevo ritrovato la medesima follia, <strong>in</strong>namorata e<br />

appassionata <strong>in</strong> tutto quello che faceva. Almeno f<strong>in</strong>o alla morte della<br />

m<strong>ad</strong>re, dopo una malattia durata anni. Francesca aveva affrontato quel<br />

dolore a testa alta, con la gr<strong>in</strong>ta che la contr<strong>ad</strong>dist<strong>in</strong>gueva e mai aveva<br />

smesso di impegnarsi nel nostro stare <strong>in</strong>sieme. Mi regalava sempre slancio<br />

e fiducia. Se si può dire per una donna, Francesca le palle le aveva<br />

eccome!<br />

Un, due, tre, via....la voce di Betty riecheggiava fuori dalla cuc<strong>in</strong>a <strong>ad</strong><br />

avvisarci che il locale stava aprendo i battenti: quella sera avevamo tutti i<br />

tavoli prenotati. Ci sarebbe stato da correre.<br />

Diedi una rapida occhiata al piano di acciaio della cuc<strong>in</strong>a, alle pentole<br />

fumanti, agli <strong>in</strong>gredienti già pronti per <strong>esser</strong>e utilizzati e alle pile dei piatti.<br />

Str<strong>in</strong>si i lacci del grembiule, chiusi gli occhi per un istante aspirando i<br />

profumi che aleggiavano attorno a me. “Dai, azione”.<br />

Ciò che succede <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a mentre si è comodamente seduti <strong>ad</strong> una<br />

tavolo aspettando la cena è sorprendente: accanto <strong>ad</strong> una precisa<br />

organizzazione che assicura il regolare svolgimento delle operazioni, non<br />

devono mancare l'estro, la creatività e la capacità di trovare una soluzione<br />

rapida. Come nella vita. Ecco perché mi piace tanto <strong>esser</strong>e chef.<br />

L'imprevisto è spesso dietro l'angolo: la salsa che non rapprende, il risotto<br />

che passa la cottura, la crostic<strong>in</strong>a dorata del rombo che non è come deve<br />

<strong>esser</strong>e, oppure una disattenzione, un po' troppo sale, poco timo, il<br />

cioccolato che non è alla giusta temperatura.<br />

“Al c<strong>in</strong>que si raccomandano, niente peperonc<strong>in</strong>o” mentre il dieci chiede<br />

se c'è del semol<strong>in</strong>o per il pupo. E poi c'è uno che vuol sapere se nelle<br />

seppie avete usato il Leverano bianco o il Bianco di Cialla”- era Betty, la<br />

quale spargeva nell'aria come coriandoli tutte le frasi <strong>in</strong>sieme, sicura che<br />

ognuno avrebbe raccolto quelle di sua competenza.<br />

“Chef, la salsa di zenzero sprizzerebbe gioia – la voce di Vittorio si fece<br />

largo fra il rumore dei piatti – se solo Sandro mi portasse qua il tonno!<br />

Francesca <strong>ad</strong>orava il tonno e io <strong>ad</strong>oravo guardarla quando apriva la<br />

scatoletta di metallo, la rigirava nelle mani e lentamente la <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>ava per far<br />

colare tutto l'olio; poi impugnando la forchetta, lo aggrediva con forza e lo


sm<strong>in</strong>uzzava di modo che potesse f<strong>in</strong>almente versarlo nel sugo di pomodoro<br />

o <strong>in</strong> quello di p<strong>in</strong>oli e funghi e condirsi il suo bel piatto di pasta. A<br />

Francesca piaceva molto cuc<strong>in</strong>are, ma era completamente disord<strong>in</strong>ata;<br />

sapeva quanto fossi pignolo riguardo l'ord<strong>in</strong>e e l'uso parsimonioso delle<br />

stoviglie o delle pentole, ma riusciva sempre a stupirmi. Il piano di appoggio<br />

della cuc<strong>in</strong>a diventava un tetris <strong>in</strong> 3D; dec<strong>in</strong>e di posate sparse qua e là<br />

appoggiate alla bottiglia dell'olio o al coperchio di turno, il barattolo del sale<br />

sosteneva il sacchetto della pasta che sosteneva quello dei p<strong>in</strong>oli che<br />

sosteneva la scatola del prezzemolo. Lei si difendeva dicendo che era<br />

creativa e strusciandosi a me come una gatta non dava possibilità di<br />

replica.<br />

“Sta arrivando il tonno, fate largo” ridacchiò Sandro, sottol<strong>in</strong>eando<br />

scherzosamente la sua corporatura piuttosto massiccia.<br />

“Per la mise en place, chiamami – dissi a Vittorio – me ne occupo io”.<br />

Della mia storia con Francesca restavano solo detriti, avevo fatto a<br />

pezzi il nostro amore, ridotto a brandelli il suo cuore, sr<strong>ad</strong>icato i suoi sogni.<br />

Tanto apprezzato e stimato nell'unire <strong>in</strong> gustose armonie gli <strong>in</strong>gredienti<br />

più stonati, non ero stato capace di tenere uniti quelli della mia vita: le<br />

risate con Francesca, le r<strong>in</strong>corse <strong>sul</strong>la spiaggia, il tirar tardi lanciandosi i<br />

cusc<strong>in</strong>i nel <strong>letto</strong> e poi il fare l'amore f<strong>in</strong>o al matt<strong>in</strong>o. Anche le noie della<br />

casa, le bollette da pagare, i miei orari impossibili al ristorante, la spesa da<br />

fare, le pulizie il sabato matt<strong>in</strong>a, i suoi musi lunghi quando si arrabbiava, i<br />

pianti sconsolati per la morte della m<strong>ad</strong>re. L'attrazione che scompariva, la<br />

passione che calava, l'abitud<strong>in</strong>e nello svegliarsi con lei, il tetris <strong>in</strong> 3D che<br />

non tolleravi più.<br />

Ebbene sì, quel sacco di merda me lo sono meritato tutto.<br />

“Chef, pronto! Puoi impiattare”- era Vittorio che mi richiamava al dovere.<br />

V<strong>in</strong>o bianco, la buccia di un limone, lo zenzero fresco grattugiato, il<br />

tonno a pezzetti, l'olio, il sale e gli spaghetti. E una mac<strong>in</strong>ata di pepe rosa.<br />

Il sapore <strong>in</strong>tenso del tonno, quello acre dello zenzero e il pepe rosa a<br />

riunirli,<br />

esaltandoli. Molto simile alla storia con Francesca, <strong>in</strong>tensa. Ed acre, per<br />

causa mia.<br />

“Betty, gli spaghetti sono pronti” dissi con un filo di voce.<br />

Mentre il piatto usciva dalla cuc<strong>in</strong>a, ripensai alla matt<strong>in</strong>a, a quando<br />

Francesca se ne era andata. Dentro di me volli credere che un po' di quel<br />

pepe rosa, lei, da qualche parte, l'avrebbe trovato.<br />

Per potermi perdonare.


SIMONA CASTELLAN<br />

A volte è troppo tardi<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso. Così, da un giorno<br />

all'altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili progetti futuri e le<br />

misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci separavano dalla<br />

pensione.<br />

Sono passati dodici anni, otto mesi e ventuno giorni da quella<br />

telefonata.<br />

Buongiorno, sono la segretaria del Dottor Inezia, parlo con la signor<strong>in</strong>a<br />

Bagattella?<br />

Si, sono io, Anna Bagattella...<br />

Sono lieta di comunicarle che il Dottore la riceverebbe per un<br />

colloquio...<br />

Fu così che <strong>in</strong>iziai il mio primo lavoro, per colpa di mia m<strong>ad</strong>re, che ha<br />

<strong>in</strong>sistito aff<strong>in</strong>ché spedissi curriculum a ogni azienda della prov<strong>in</strong>cia; non<br />

sopportava più di vedermi vagare per casa, ma io ribattevo che ero ancora<br />

giovane per andare a lavorare. In fondo, a trent<strong>ad</strong>ue anni, si è nel fiore<br />

della vita, e di certo non volevo fare la sua stessa f<strong>in</strong>e. Lei aveva<br />

com<strong>in</strong>ciato a rompersi la schiena quando ne aveva sedici, poi ero nata io e<br />

ora eccola lì, tutta curva e piena di malanni, che ancora si alza alle c<strong>in</strong>que<br />

del matt<strong>in</strong>o, per andare a pulire uffici di gente sconosciuta. Ma mica glielo<br />

ha ord<strong>in</strong>ato il dottore, pensavo. Papà era già <strong>in</strong> pensione, ma lei si era<br />

<strong>in</strong>caponita che i soldi non bastavano mai.<br />

Insomma, non mi aspettavo di <strong>esser</strong>e chiamata proprio dalla Nulla<br />

S.p.a. In città si mormorava che lavorare per loro è come v<strong>in</strong>cere il primo<br />

premio alla lotteria. Mai capite certe cose, la gente si sente ricca senza<br />

<strong>esser</strong>lo, solo per aver trovato un impiego: ce ne sono di persone strane al<br />

mondo!<br />

In ogni modo, al colloquio ci sono andata. La signor<strong>in</strong>a Quisquilia mi ha<br />

accolto con gentilezza, mentre si limava le unghie, e il Dottor Inezia ha<br />

apprezzato molto la m<strong>in</strong>i gonna che mia m<strong>ad</strong>re mi aveva comprato per<br />

l'occasione, così il giorno dopo ero operativa: avevo un lavoro. Capite<br />

perché ho contato i giorni? La fatica com<strong>in</strong>ciava a sentirsi. La sveglia<br />

puntata alle sei e trenta, l'autobus da prendere al volo, il cartell<strong>in</strong>o da<br />

timbrare; l'ora di pranzo, <strong>in</strong> mensa, che si doveva atterrare qualcuno per<br />

riuscire a mangiare un piatto di m<strong>in</strong>estra: la vita è dura, ve lo dico io!<br />

L'unica cosa bella di questa esperienza, è stata <strong>in</strong>contrare Mario. Il<br />

dest<strong>in</strong>o ha voluto che i nostri mezzi arrivassero alla fermata allo stesso<br />

orario, così, nel tragitto per entrare, scambiavamo sempre due parole,<br />

prima che la sirena zittisse tutti. Dopo un paio di mesi mi ha chiesto di<br />

uscire per una pizza e l'anno successivo ci siamo sposati: ero molto


orgogliosa di <strong>esser</strong>e la moglie di Mario Bazzecola, uno dei capo reparto<br />

della Nulla S.p.a. Eravamo felici. Per quanto il lavoro fosse duro, era bello<br />

tornare a casa la sera e stare <strong>in</strong>sieme. Avevamo deciso di non avere figli,<br />

non ce li potevamo permettere, così fantasticavamo su tutte le cose che<br />

avremmo fatto con la tanto agognata pensione.<br />

E <strong>ad</strong>esso? Chi l'avrebbe mai detto che un'azienda tanto importante<br />

chiudesse i battenti. È difficile comprendere come possa la gente stare<br />

senza acqua calda. Era questo il nostro lavoro, riempire taniche termiche di<br />

acqua calda. Come è possibile che non se ne vendano più? Mario è sicuro<br />

che <strong>in</strong> qualche modo faremo, che sarà dura cercare e trovare un altro<br />

impiego, ma che a nostro favore abbiamo l'esperienza, alla f<strong>in</strong>e qualcuno ci<br />

chiamerà. “Per il momento ci godiamo un po' di meritato riposo”, mi ha<br />

detto. Sono quasi due mesi che ci riposiamo e il nostro conto <strong>in</strong> banca sta<br />

svanendo come la nebbia a mezzogiorno. Cerco di risparmiare <strong>sul</strong>la spesa<br />

ma, bollette e affitto, sono da pagare.<br />

Mario ha un carattere strano, bisogna saperlo prendere al momento<br />

giusto per <strong>in</strong>iziare un discorso serio, così, ieri sera, gli ho preparato la sua<br />

cena preferita, m<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>a e petto di pollo, e quando l'ho visto tranquillo e<br />

rilassato, ho messo le carte <strong>in</strong> tavola. “Dobbiamo trovare un lavoro,<br />

altrimenti f<strong>in</strong>iremo a fare i barboni sotto un ponte. Ho pensato di chiedere a<br />

mia m<strong>ad</strong>re di farmi assumere alla sua agenzia di pulizie”.<br />

Si è <strong>in</strong>furiato come un toro nell'arena: mai e poi mai mi avrebbe<br />

permesso di pulire un bagno che non fosse il nostro! Secondo lui è<br />

umiliante, e sua moglie non si sarebbe mai abbassata a fare una cosa del<br />

genere. Io me ne sono stata zitta, ma ho deciso di andare a parlare con<br />

mia m<strong>ad</strong>re, per farmi un'idea di come funziona quel lavoro. In f<strong>in</strong> dei conti<br />

mi pagherebbero, e quello che ci serve <strong>in</strong> questo momento è uno stipendio,<br />

almeno uno.<br />

Sono uscita con la scusa di fare una passeggiata e nel tragitto tra casa<br />

nostra e quella dei miei genitori, ho riflettuto. Era l'unica soluzione: se il<br />

mondo non aveva più bisogno di acqua calda, tutto, <strong>in</strong>torno, mi confermava<br />

che c'era bisogno di pulizia.<br />

Mia m<strong>ad</strong>re si è sciolta <strong>in</strong> lacrime. Mi ha detto: “Lo sapevo figlia mia che<br />

non eri poi così stupida”.<br />

Avrebbe parlato con il suo capo quel pomeriggio stesso.<br />

Dopo due giorni ricevetti una telefonata dal signor Realistico, e il lunedì<br />

successivo avevo la mia nuova divisa da lavoro. Facevo parte del mondo<br />

occulto delle operaie delle pulizie. Una di quelle donne che lavorano nelle<br />

ore <strong>in</strong> cui tutti sono ancora a <strong>letto</strong>, o <strong>in</strong> quelle <strong>in</strong> cui tutti hanno già timbrato<br />

l'uscita. Nessuno ci vede, nessuno sa chi siamo, agiamo nel buio del prima<br />

dell'alba e del dopo il tramonto, ma a me pare che sia un lavoro utile.<br />

Per assumermi, il signor Realistico ha costretto mia m<strong>ad</strong>re <strong>ad</strong> andare <strong>in</strong><br />

pensione. Lei non era molto contenta, ma <strong>ad</strong>esso che ha tempo da


dedicare a se stessa e a papà, si rammarica di non <strong>esser</strong>ci andata prima;<br />

le è anche migliorata la salute.<br />

Mario, dopo svariate litigate, ha accettato il mio nuovo lavoro, gli ho<br />

giurato che le persone sono molto educate, che lo sporco è m<strong>in</strong>imo; <strong>in</strong><br />

fondo, una bugia, non ha mai ammazzato nessuno. Lui è rimasto r<strong>in</strong>tanato<br />

<strong>in</strong> casa per giorni, poi, stanco di <strong>esser</strong>e spesso da solo, ha deciso di uscire<br />

e farsi un giro per il quartiere. Passando da un vic<strong>in</strong>o che stava falciando<br />

l'erba del giard<strong>in</strong>o, ha pensato a tutte le persone anziane che non potevano<br />

farlo. Ha comprato un taglia erba, un rastrello e una pala e <strong>ad</strong>esso<br />

trascorre le sue giornate all'aria aperta: ha il viso sereno di chi si sente<br />

utile.<br />

Ora possiamo ricom<strong>in</strong>ciare a sognare la pensione, pur tanto lontana;<br />

proprio per questo abbiamo il dovere di mantenerci vitali, per non morire<br />

prima di riceverla.<br />

Ma c'è un pensiero che mi martella nella testa, più forte del rumore di<br />

questo aspirapolvere: se avessi studiato, dove sarei <strong>ad</strong>esso?


IGINIA MINGRONE<br />

Le chiamano “aff<strong>in</strong>ità elettive”<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco.<br />

Che era bello pieno e tracimava abbondante merda.<br />

Che s’è riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato,<br />

f<strong>in</strong>o agli abissi, dove c’è un buio pesto.<br />

Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare dettagli.<br />

Non servirebbe a niente.<br />

Come <strong>ad</strong> un moribondo negli ultimi attimi della sua vita, <strong>in</strong> un attimo mi<br />

sono passate davanti agli occhi tutte le immag<strong>in</strong>i di noi. Così mi sentivo:<br />

morto.<br />

Francesca mi aveva salvato dal baratro di un’esistenza torbida e<br />

<strong>ad</strong>esso, nel momento stesso <strong>in</strong> cui mi lasciava, mi sentivo nuovamente<br />

assalito dal buio e avvolto dalle tenebre senza via d’uscita.<br />

La mia mente crea l’immag<strong>in</strong>e di lei la prima volta che l’ho vista. Era<br />

fasciata <strong>in</strong> un abit<strong>in</strong>o azzurro, le sue forme morbide accarezzate dalla stoffa<br />

senza volgarità. Un brivido mi aveva percorso la schiena, un misto di<br />

desiderio e voglia di calore materno.<br />

E pensare che ero <strong>in</strong> quel parco della città per il mio “giro di ronda” a<br />

caccia di nuove avventure.<br />

Uno squallido e mesch<strong>in</strong>o fedifrago, ecco cosa sono io, con la fede<br />

nascosta nella tasca della giacca, pronta a luccicare nuovamente <strong>sul</strong> mio<br />

anulare s<strong>in</strong>istro non appena varcato l’uscio di casa.<br />

“Hai abb<strong>in</strong>ato l’abito ai <strong>tuo</strong>i meravigliosi occhi?” Con questa stupida<br />

battuta avevo esordito riuscendo a strapparle un bel sorriso.<br />

Da quel giorno tra me è Francesca si è ripetuta quella speciale alchimia.<br />

Insieme anche le cose più banali diventavano <strong>in</strong>dimenticabili. Bastava che i<br />

nostri sguardi si <strong>in</strong>crociassero per capirci. Le chiamano “aff<strong>in</strong>ità elettive”,<br />

non ci avevo mai creduto prima di conoscere Francesca. Ed ora ero lì<br />

<strong>in</strong>ebetito a osservarla, estasiato anche da come mangiava un gelato.<br />

Cont<strong>in</strong>uo a vagare per le str<strong>ad</strong>e della città come uno zombie, piove, ma<br />

non sento niente <strong>sul</strong> mio corpo completamente anestetizzato da qualsiasi<br />

sensazione. Sono l’ombra di me stesso.<br />

Solo qualche mese fa Francesca si è abbandonata tra le mie braccia e<br />

<strong>in</strong> una calda notte d’estate è diventata mia. In quell’istante ho pensato di<br />

possedere il mondo <strong>in</strong>tero.<br />

Quella stessa sera sono tornato a casa, ho guardato mia moglie Chiara<br />

negli occhi e le ho detto: “Cara ti amo tanto”. Sono uno stronzo.<br />

Una donna forte Francesca, i suoi figli li ha tirati su da sola e bene.


“Mi fido di te! - mi ha detto un giorno – Dopo che il loro papà è andato<br />

via non sono mai riuscita a presentargli gli uom<strong>in</strong>i che frequentavo. Ma tu<br />

sei diverso.”<br />

I suoi figli mi hanno <strong>ad</strong>orato da subito. Non è mai stato difficile farli<br />

sentire speciali perché ho sempre riversato anche <strong>in</strong> loro parte di<br />

quell’amore che sentivo per Francesca.<br />

F<strong>in</strong>ivo per dedicare più tempo a loro che a mia figlia, vittima <strong>in</strong>nocente di<br />

un vigliacco e codardo p<strong>ad</strong>re che si ritrova senza averlo chiesto.<br />

“Papà ma tu mi vuoi bene? Non stai mai con me!” Mi ha detto una sera<br />

stropicciandosi gli occhietti assonnati. Mi aveva aspettato <strong>sul</strong> divano<br />

avvolta nella sua copert<strong>in</strong>a e io mi ero sentito un mostro. Nemmeno dopo<br />

quella sera sono riuscito a fermarmi.<br />

F<strong>in</strong>ché è acc<strong>ad</strong>uto l’<strong>in</strong>evitabile.<br />

Assalito dai sensi di colpa, <strong>in</strong> occasione del decimo anniversario di<br />

nozze, ho organizzato una cenetta per Chiara nel ristorante più chic della<br />

città.<br />

Con fare dolce e amorevole accarezzavo le mani di mia moglie e il<br />

pensiero di Francesca martellava nella mia testa.<br />

E come <strong>in</strong> quelle stupide commedie americane che ho sempre odiato,<br />

ecco Francesca sbucare all’entrata del locale <strong>in</strong> compagnia delle sue<br />

amiche/colleghe.<br />

Con <strong>in</strong>cedere imperturbabile si è avvic<strong>in</strong>ata al nostro tavolo e con fare<br />

elegante mi ha rovesciato <strong>in</strong> testa il cabernet che pochi m<strong>in</strong>uti prima era<br />

stato protagonista di un br<strong>in</strong>disi d’anniversario!<br />

In un colpo solo avevo perso moglie e amante. Anzi no <strong>in</strong> un colpo solo<br />

avevo perso una moglie mai amata e la donna della mia vita.<br />

Francesca non ha fatto altro quella sera. Con quel v<strong>in</strong>o mi aveva<br />

metaforicamente rovesciato <strong>in</strong> testa tutto il suo disprezzo.<br />

Le parole sono arrivate oggi, come un fiume <strong>in</strong> piena mi hanno travolto<br />

e gettato nuovamente nello squallore di ciò che sono.<br />

Stanco e ormai fr<strong>ad</strong>icio entro <strong>in</strong> un bar.<br />

“Uno spritz per favore!” E <strong>in</strong>izio <strong>ad</strong> osservare con occhi bramosi la<br />

formosa barista bionda che mi serve lo spritz prontamente.<br />

“Ti hanno mai detto che i <strong>tuo</strong>i capelli dorati ricordano i raggi del sole<br />

riflessi <strong>sul</strong>la sabbia d’estate?”<br />

Strappo un sorriso, il ricordo di Francesca sembra quasi lontano e poi <strong>in</strong><br />

fondo non cambierò mai…


FOSCA ANDRAGHETTI<br />

Si può fare, forse<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione.<br />

Coetanei, mi marito ed io ci siamo ritrovati con un mucchio di scoloriti<br />

coriandoletti tra le mani: i colori di quegli anni dove avremmo potuto<br />

navigare o volare verso altri mondi, improvvisamente erano scomparsi.<br />

Mio marito lavorava alla Nulla S.p.a®. Un’aziend<strong>in</strong>a niente male f<strong>in</strong>o a<br />

quando le cose sono andate come dovevano. Poi è arrivata la crisi. Che<br />

prima o poi avrebbero chiuso i battenti si mormorava da un pezzo. Ed è pur<br />

vero che maglie e magliette le <strong>in</strong>dossiamo un po’ tutti e la merce che esce,<br />

anzi usciva, da lì è di ottima qualità con prezzi di vendita al dettaglio<br />

accessibili ai più. Ma ha chiuso ugualmente. La solita storia: i clienti non<br />

pagano, i fornitori se non paghi non ti danno la merce e le banche non<br />

fanno più credito. Inutile scendere nei dettagli, è un problema piuttosto<br />

comune da qualche tempo e nel nostro palazzo ci sono altri che entrano<br />

nel portone a testa bassa e la faccia <strong>in</strong>filata nella sciarpa. Non si sa mai, se<br />

si <strong>in</strong>contra qualche altro <strong>in</strong>quil<strong>in</strong>o che ti chiede come va il lavoro. Mica è<br />

facile dire che lo hai perso. Anche se non è colpa tua, ti vergogni pure. E<br />

comunque ora i cancelli sono chiusi. Cessata attività. In Italia almeno, per il<br />

momento non è chiaro se abbia trasferito tutto <strong>in</strong> Romania dove aveva già<br />

aperto una filiale. Le proteste, i tentativi di mediazione, lo sciopero della<br />

fame: non è servito niente. Nemmeno si sa se ci saranno almeno le<br />

liquidazioni o se la contabilità fosse <strong>in</strong> regola. Già che la data della<br />

pensione si allontana sempre più per via della crisi europea, dell’euro e<br />

degli italiani che mettono le mani nelle tasche di altri italiani non pagando le<br />

tasse, capita che qualcuno debba pagare, magari perdendo il lavoro a 52<br />

anni. E dove lo trova un altro posto a quell’età? I ragazzi, un maschio e una<br />

femm<strong>in</strong>a, devono term<strong>in</strong>are l’università. Va bene che Giacomo deve solo<br />

discutere la tesi, ma anche lui un posto dove lo trova?<br />

In casa siamo mio marito ed io, i nostro due figli e mia nonna<br />

sopravissuta a mia m<strong>ad</strong>re. La sua pensione e lamia busta paga. Mia<br />

nonna. Ottantasette anni ben portati, le gambe un po’ deboli ma, a lasciarla<br />

fare, nell’arco della giornata riesce a fare tutto ciò che c’è da fare <strong>in</strong> una<br />

casa. È sempre di buon umore, ripete che ha visto di peggio e non si<br />

riferisce al fatto di avere accompagnato al cimitero tre dei suoi sette figli.<br />

La nostra secondogenita sclera quotidianamente contro il nostro <strong>esser</strong>e<br />

borghesi e la casa, <strong>in</strong> un complesso residenziale <strong>ad</strong> accesso riservato, che


si è trasformata <strong>in</strong> una <strong>in</strong>utile apparenza di un ben<strong>esser</strong>e che proprio non<br />

abbiamo più.<br />

Io lavoro per un’agenzia di pulizia che vivacchia alla meno peggio nel<br />

senso che alcune ditte nostre clienti, alla voce taglio spese hanno elencato<br />

anche le impresa di pulizie. I tre <strong>in</strong>terventi settimanali si sono ridotti <strong>ad</strong> uno<br />

solo. Sembra che i problemi di igiene non <strong>in</strong>teress<strong>in</strong>o a nessuno. Ho visto<br />

gli uom<strong>in</strong>i alzare i piedi e le donne arrotolarsi i calzoni al polpaccio come si<br />

fa nei bagni delle aree di sosta <strong>in</strong> autostr<strong>ad</strong>a, ma niente proteste o scioperi.<br />

Mio marito ha <strong>in</strong>iziato a darsi da fare con modesti lavoretti <strong>in</strong> nero, ma a<br />

parte qualche rub<strong>in</strong>etto da riparare o da sostituire, non trova granché da<br />

fare. Nessuno imbianca più le pareti, o ti chiama per pulire i vetri, smontare<br />

e rimontare le tende dopo averle lavate.<br />

La casa l’abbiamo comprata dodici anni fa, mancano otto anni<br />

all’est<strong>in</strong>zione del mu<strong>tuo</strong>. E come si farà?<br />

La nostra è una famiglia come ce ne sono tante. Grossi sacrifici non ne<br />

abbiamo mai fatti. Mio marito ha sempre gu<strong>ad</strong>agnato bene e io, con<br />

qualche lavoro extra, quasi quanto lui.<br />

I nostri figli, con la scusa di imparate le l<strong>in</strong>gue, da anni ormai<br />

trascorrono le estati all’estero. Marzia come baby sitter e Giacomo di solito<br />

fa il cameriere nei ristoranti. Tra stipendi e mance sono sempre riusciti a<br />

pagarsi una buona parte degli studi. Mia nonna ha la sua modesta<br />

pensione. Da sola non riuscirebbe a sopravvivere, ma qui non ha problemi<br />

eccetto quello di dividere la stanza con sua nipote che, passati i primi<br />

brontolamenti, ha preso possesso della tavernetta per studiare e a volte<br />

appende alla porta un bel cartello str<strong>ad</strong>ale con la scritta divieto di accesso.<br />

Ecco, questa è la mia famiglia. Forse dovrei raccontare come ognuno di<br />

noi affronta la situazione nata con la chiusura della Nulla S.p.a ®. Per il<br />

momento nulla con la lettera m<strong>in</strong>uscola. Sono passati tre mesi oramai, un<br />

Natale parecchio sottotono, ma, a guardare la televisione, eravamo <strong>in</strong><br />

ottima compagnia. E di sicuro lo siamo anche quando si tratta di fare<br />

qu<strong>ad</strong>rare il bilancio famigliare.<br />

Sono sempre stata combattiva nella mia vita, ma un conto e farlo solo<br />

per se stessi, altro è combattere per la famiglia <strong>in</strong>tera, fare <strong>in</strong> modo che a<br />

nessuno vengano le crisi di sconforto, e meno che mai a mio marito; che si<br />

lasc<strong>in</strong>o condizionare dagli spre<strong>ad</strong> o da tutte le diavolerie messe <strong>in</strong> piedi da<br />

media, si dice così mi pare, per fare sentire ogni citt<strong>ad</strong><strong>in</strong>o <strong>sul</strong>l’orlo di un<br />

baratro con nemmeno Nembo Kid che ti viene a salvare. A chi è che non<br />

verrebbe la crisi depressiva che però è meglio non averla perché lo stato<br />

ha tagliato le spese sanitarie aumentando i ticket?<br />

Insomma, ci sono parecchie cose da tenere <strong>in</strong> considerazione e<br />

mettersi lì a fare preventivi su preventivi per fare qu<strong>ad</strong>rare il bilancio rischia<br />

di diventare un <strong>in</strong>cubo.<br />

Poi una sera della settimana scorsa è successa una cosa e la vita di<br />

tutti noi ha subito qualche cambiamento. Ero andata alla Coop sotto casa,


nell’ora <strong>in</strong> cui puoi trovare alimenti con lo sconto anche del trenta per cento<br />

perché prossimi alla sc<strong>ad</strong>enza, quando mi sono trovata accanto <strong>ad</strong> una<br />

vecchietta che, <strong>in</strong> apparenza, sembrava <strong>in</strong>decisa su cosa acquistare. In<br />

realtà cercava il prodotto meno costoso fra quelli esposti e tutti sembravano<br />

troppo cari rispetto alla cifra che poteva spendere. L’ist<strong>in</strong>to era quello di<br />

aiutarla, ma come potevo fare se già anch’io avevo messo <strong>in</strong> pratica quel<br />

sistema di risparmio? Poi lei riuscì a trovare una confezione con due<br />

briciol<strong>in</strong>e di maiale. Le guardava, controllava il borsell<strong>in</strong>o, le riguardava…<br />

“Queste le potrei prendere!” e mi aveva puntato gli occhi <strong>ad</strong>dosso<br />

dubbiosa.<br />

“Però forse mi fanno male! Sa, la carne di maiale…”. Sembrava<br />

sperasse <strong>in</strong> una parola di consolazione.<br />

La sc<strong>ad</strong>enza <strong>sul</strong>la confezione era da lì a tre giorni così avevo detto<br />

velocemente:<br />

“Ne mangia una domani e l’altra fra due giorni. Se le accompagna con<br />

un patata lessa, un filo d’olio e un po’ di prezzemolo…”<br />

Improvvisamente aveva sorriso. Un sorriso che assomigliava tanto a<br />

quello di mia m<strong>ad</strong>re, a quello che ricordavo di mia m<strong>ad</strong>re.<br />

“Se compro anche il prezzemolo poi non lo consumo tutto. Io…!”<br />

“Può suddividerlo <strong>in</strong> piccole parti e metterlo <strong>in</strong> congelatore! Quando ne<br />

avrà bisogno, sarà sufficiente sbriciolarlo <strong>sul</strong>la pietanza che preparerà!”<br />

Aveva sorriso di nuovo.<br />

“Lei è gentile e ha pazienza con i vecchi. Non arrivo ai seicento euro di<br />

pensione, devo pagare l’affitto, il riscaldamento. Sa, con la crisi che c’è ora<br />

mio figlio non mi può aiutare. Poi non abita nemmeno a Bologna!”<br />

Un’ora dopo mi ero presentata alla porta di casa con la spesa fatta con<br />

gli sconti e la vecchietta sottobraccio; a mio marito per poco non era venuto<br />

un colpo. Per fortuna che l’ho abituato f<strong>in</strong> da giovane a capire i mie segni e<br />

subito ha <strong>in</strong>vitato <strong>in</strong> casa la Mariuccia, come lei ha detto di chiamarsi, e l’ha<br />

accompagnata dall’altra Mariuccia che è mia nonna.<br />

Le briciol<strong>in</strong>e gliele ho messe <strong>in</strong> congelatore, i prezzemolo pure. Il latte<br />

l’ho bollito per entrambe, <strong>sul</strong>la tavola ho messo una ciambella e la nostra<br />

ospite ne ha accettato una fetta da portare a casa. Poi mio marito si è<br />

<strong>in</strong>filato il piumone e l’ha accompagnata alla sua abitazione<br />

Non ha fiatato nemmeno quando il giorno successivo gli ho mostrato,<br />

nero su bianco, quale avrebbe potuto <strong>esser</strong>e una momentanea soluzione ai<br />

nostri problemi. Poi abbiamo co<strong>in</strong>volto i ragazzi e mia nonna, la Mariuccia<br />

uno.<br />

La Mariuccia due, cioè quella che ho recuperato alla Coop, è più<br />

giovane della sua omonima, più sola e più spaventata. L’abbiamo chiamata<br />

la nostra arzilla ragazza e di sicuro più arzilla lo è diventata da quando le<br />

abbiamo aperto la porta di casa nostra. Ha la compagnia, mangia a tavola<br />

con noi e mio marito l’accompagna a casa sua alla sera. Per una vita <strong>in</strong>tera<br />

ha fatto con passione il mestiere di sarta ed è stata ben contenta di mettere


mano a tanti <strong>in</strong>dumenti da accorciare, rimodernare eccetera. Proprio come,<br />

dice, si faceva una volta e difficilmente qualcuno si accorgeva che erano<br />

abiti… riciclati!<br />

Mio marito ha deciso di dare una veste più professionale alla sua<br />

capacità di fare tutti quei piccoli lavoretti domestici che non si sa mai a chi<br />

rivolgersi. Sembra che non sia il primo a farne un mestiere. Anzi, devo<br />

fargli fretta perché si <strong>in</strong>formi come fare per emettere fatture o scontr<strong>in</strong>i.<br />

Insomma, come mettersi <strong>in</strong> regola e come versare i contributi per la<br />

pensione. I ragazzi gli stanno facendo, con il computer, una serie di<br />

simpatici biglietti pubblicitari e la Mariuccia due lo ha già <strong>in</strong>dirizzato <strong>ad</strong> un<br />

paio di persone che abitano nel suo stesso palazzo.<br />

Io, a forza di chiedere qua e là, ho trovato tre di famiglie, quelle che non<br />

hanno i nostri problemi, per andare a casa loro a stirare. Due volte alla<br />

settimana. Marzia tornerà a fare la baby sitter senza aspettare l’estate.<br />

Dice che riuscirà a studiare ugualmente.<br />

Sì, ce la posiamo fare, credo almeno.<br />

Da due giorni nevica, Giacomo sta spalando la neve nei condom<strong>in</strong>i<br />

dietro compenso. Dice che non gli pesa, anzi, tutto quel candore lo fa<br />

sentire <strong>in</strong> pace con se stesso.


ROBERTO COSTANTINI<br />

L'amore malato<br />

Francesca è stata spietata, non ha usato mezzi term<strong>in</strong>i, ha vuotato il<br />

sacco. Che era bello pieno e tracimava abbondante merda. Che s’è<br />

riversata, tutta, su di me e mi ha colpito e affondato, f<strong>in</strong>o agli abissi, dove<br />

c’è un buio pesto. Inutile ribattere, spiegarsi ancora, parlare all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, dare<br />

dettagli.<br />

Non servirebbe a niente.<br />

Ancora equivoci, una sere <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita di mal<strong>in</strong>tesi.<br />

Mi pesa lo sfiancante passaggio di turbolenze cerebrali.<br />

Devo... dovrò com<strong>in</strong>ciare tutto da capo, un'altra volta.<br />

La osservo senza entusiasmo mentre sentenzia, a raffica, una<br />

spropositata serie di mie mancanze.<br />

Si crede superiore, non sono alla sua altezza.<br />

Nella drammatica <strong>in</strong>terpretazione del suo monologo def<strong>in</strong>itivo, non<br />

sembra considerarmi presente.<br />

Forse è meglio così.<br />

Non riesce <strong>ad</strong> esprimere nemmeno una m<strong>in</strong>ima smorfia d'<strong>in</strong>credulità.<br />

Un sibilo essenziale, è un attimo.<br />

Nella sua traiettoria orizzontale, il machete le falcia la testa riprist<strong>in</strong>ando<br />

il silenzio <strong>in</strong> sala.<br />

L'impugnatura a due mani imprime una forza devastante.<br />

Raccolgo il <strong>tuo</strong> capo dal pavimento e lo colloco nella fruttiera <strong>sul</strong> tavolo<br />

di vetro.<br />

Non hai niente da dire?<br />

Ti trasc<strong>in</strong>o <strong>in</strong> bagno e ti lascio nella vasca.<br />

Torno <strong>in</strong> sala con qualche asciugamano e li stendo <strong>sul</strong> sangue<br />

schizzato.<br />

Prendo il portafrutta e scendo <strong>in</strong> taverna.<br />

Ho pregato, aff<strong>in</strong>ché tu fossi quella giusta.<br />

Scelgo il coltello di bambù tra quelli affilati di recente.<br />

Non avrei dovuto illudermi che mi amassi davvero.<br />

Taglio deciso dall'<strong>in</strong>izio della nuca, alla parte superiore della testa.<br />

Perché <strong>in</strong>sistere <strong>ad</strong> umiliarmi?<br />

Proteggo la capigliatura e scopro il tavolato osseo.<br />

Nevrotico?<br />

Con cura stacco tutto il rivestimento cutaneo del collo e del capo.<br />

Depresso?<br />

Sollevo la cute del viso più <strong>ad</strong>erente al teschio con delicatezza e lo<br />

sistemo nella scansia <strong>in</strong> alto a s<strong>in</strong>istra.


Sei solo un povero pazzo...hai detto!<br />

Rovescio con le mani la pelle e cucio le palpebre dall'<strong>in</strong>terno poi la<br />

rivolto ancora.<br />

Ossessivo, opprimente...hai aggiunto!<br />

Unisco le labbra con lunghe fibre naturali, tramite un grosso ago di<br />

“chonta”.<br />

E tu, chi cazzo pensi di <strong>esser</strong>e, eh?<br />

Accendo il fuoco sotto un'ampia tazza di creta per bollire vari succhi di<br />

corteccia e la vite ricca di tann<strong>in</strong>o con l'acqua.<br />

Mi hai deriso...<br />

Ti sistemo i capelli a coda di cavallo e sostenendoli con alcuni fermagli<br />

<strong>ad</strong> un piccolo treppiedi di ferro, immergo nell'<strong>in</strong>fuso i resti del volto per<br />

fissarli <strong>in</strong> maniera def<strong>in</strong>itiva, alla pelle che <strong>in</strong>izia a raggr<strong>in</strong>zirsi.<br />

Sei malato, fatti curare...<br />

Posso rilassarmi un poco, mi asciugo il sudore dalla fronte con la mano<br />

ed alzo il volume della “batuc<strong>ad</strong>a” <strong>in</strong> sottofondo.<br />

Eh no, questo poi, no!<br />

Accendo la fiamma sotto alla griglia del cam<strong>in</strong>etto, con i ciottoli da<br />

arroventare.<br />

Te la spassavi col batterista...<br />

Ho tempo.<br />

Pensavi che non lo sapessi?<br />

Salgo <strong>in</strong> bagno, ti svesto ed apro l'acqua della doccia per lavarti.<br />

Hai un corpo fantastico, ti accarezzo.<br />

Il contatto con la tua pelle mi esalta.<br />

Mentre ti sciacquo, mi tocco.<br />

E' caldo, la vasca è satura del <strong>tuo</strong> odore, il vapore attenua il nostro<br />

<strong>ad</strong>dio.<br />

Ti alzo al mio fianco, non andrai da nessuna parte.<br />

Osservo allo specchio il nostro ultimo atto d'amore.<br />

Ti sfioro la mano, l'afferro e mi lascio manipolare.<br />

Mi piace quando mi tocchi così.<br />

Premo con la mia mano <strong>sul</strong>la tua, guidandoti nel darmi piacere.<br />

Ora fai solo quello che voglio...mi ascolti!<br />

Eh...Francesca?<br />

Non devi negarti, evitarmi altezzosa.<br />

Basta un po' di passione...<br />

Accarezzami, scioglimi la tensione che ho dentro, nel cuore, nella<br />

mente.<br />

Sentilo come ti desidera, come ti segue, come pulsa per te.<br />

L'immag<strong>in</strong>e riflessa della tua mano <strong>sul</strong> mio sesso, mi scuote <strong>in</strong> un<br />

brivido immenso.<br />

Ci voleva tanto, Francy?<br />

Dio...sei grande, non smettere...ancora...più forte, amore...


Francy, guardaci, guardami, sono <strong>tuo</strong>...il mio corpo è <strong>tuo</strong>!<br />

Ah...Francy,cazzo...sì...così...dai...su...forte...Francy...ancora!<br />

I tamburi raggiungono la loro massima potenza <strong>in</strong>sieme al mio orgasmo<br />

<strong>in</strong>tenso, sf<strong>in</strong>ente.<br />

Mentre scemano le percussioni mi sfugge qualche lacrima.<br />

Ti amo Francesca!<br />

Perché, perché è andata così?<br />

Ti sdraio nella vasca e torno di sotto.<br />

La testa si è già ridotta abbastanza, la tolgo da mollo.<br />

Ti avevo avvertito: tutto, ma non tr<strong>ad</strong>irmi!<br />

Imbastisco con altra fibra, la precedente <strong>in</strong>cisione nella parte posteriore<br />

del cranio.<br />

Mi avessi ascoltato...<br />

Ora la tua testa è una sorta di sacco vuoto!<br />

Contenta?<br />

Con una grossa p<strong>in</strong>za, afferro la pietra più volum<strong>in</strong>osa dal fuoco e la<br />

<strong>in</strong>troduco nell'apertura del collo.<br />

Non avresti dovuto parlarmi a quel modo!<br />

A due mani, roteo l'<strong>in</strong>volucro epidermico con rapidità.<br />

...E f<strong>in</strong>iscila di lamentarti...<br />

Cauterizzo i brandelli di carne residui.<br />

Pff...guarda come ti sei ridotta!<br />

Una volta raffreddata la pietra, ne scelgo un'altra ardente di m<strong>in</strong>ori<br />

dimensioni e procedo nella stessa maniera.<br />

Saremmo stati bene...peccato!<br />

Ogni tanto, con un pezzo di roccia levigata, non riscaldata, sfrego ciò<br />

che era il <strong>tuo</strong> viso per riportare i l<strong>in</strong>eamenti, alle tue forme orig<strong>in</strong>ali.<br />

...Rispetto, è alla base di tutto, ricordalo.<br />

Adesso mi concentro, è qui che spesso ho sbagliato.<br />

E tu non vuoi che mi sbagli, eh?<br />

Opero con estrema precisione, se non voglio svilire i <strong>tuo</strong>i tratti raff<strong>in</strong>ati.<br />

Dai, abbiamo quasi f<strong>in</strong>ito...<br />

Da un terzo fornello, riempio un grande mestolo di sabbia rovente e la<br />

verso nell'imboccatura, al posto dei sassi.<br />

Resteremo <strong>in</strong>sieme, per sempre!<br />

Ripeto il medesimo procedimento svolto con le pietre, agitando <strong>in</strong> senso<br />

circolare la tua testa sgonfia...<br />

Dovresti vederti, patetica!<br />

Una volta perso il calore, sostituisco la sabbia con altra che scotta,<br />

riprendendo l'identica sequenza dei gesti.<br />

Ormai ci siamo...<br />

Cerco di far penetrare i granelli <strong>in</strong> ogni piega <strong>in</strong>terna del <strong>tuo</strong> volto.<br />

Ancora poco...


Raschio la superficie ed asporto le tue ultime particelle tessutali<br />

combuste.<br />

Ho già preparato di sopra, vedrai, ti piacerà!<br />

Direi che la cute è <strong>in</strong>durita il giusto.<br />

L'ultimo tocco e sei pronta...<br />

Mi ch<strong>in</strong>o, prendo un tizzone spento e frego con omogeneità, la tua<br />

maschera facciale.<br />

Un capolavoro, sei perfetta!<br />

Ti t<strong>in</strong>go di bruno scuro, opaco.<br />

Meravigliosa...<br />

Ti coccolo mentre mi dirigo <strong>in</strong> sala, faccio scorrere l'anta di vetro della<br />

teca a lato della libreria e ti sistemo al centro.<br />

Ti lascio <strong>in</strong> buona compagnia!<br />

Mi scosto un passo <strong>in</strong>dietro per valutare meglio: certo che le altre ex, <strong>in</strong><br />

confronto, mi fanno quasi pena...


S<strong>IL</strong>VIA BRIZIO<br />

Una vita di sacrifici<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso. Così, da un giorno<br />

all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili progetti futuri e le<br />

misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci separavano dalla<br />

pensione. Come, <strong>ad</strong> esempio, le vacanze al bed and breakfast dell’Adelma<br />

al prezzo di settantac<strong>in</strong>que euro al giorno <strong>in</strong> quattro. A Lido di Savio, dove<br />

non c’è niente da fare, né da vedere. Si poteva però stare <strong>sul</strong>la spiaggia a<br />

controllare le sfumature del cielo, attendere che il cirro a forma di orecchie<br />

di coniglio si trasformasse <strong>in</strong> locomotiva e poi si avvolgesse <strong>in</strong> occhio di<br />

ciclone, che arrivasse il grigio da ponente, ci sommergesse di un<br />

abbondante scroscio e ci tuffassimo a scaldarci nell’acqua marrone e<br />

<strong>in</strong>crespata di questo magnifico tratto dell’Adriatico.<br />

E benché talora la strategia produttiva della Nulla SpA non ci ri<strong>sul</strong>tasse<br />

chiarissima, un contratto a tempo determ<strong>in</strong>ato da timbratore senior dava<br />

una certa sicurezza. Un mestiere faticoso, ma di soddisfazione quando<br />

vedevi la piccola montagna di buste crescere ai <strong>tuo</strong>i piedi. Poi ogni tanto<br />

alla macch<strong>in</strong>etta potevi pure prenderti un caffè o un tè o una bibita<br />

qualunque, la scelta era libera.<br />

E il volant<strong>in</strong>o della Cgil non ci aveva nemmeno fatto pensare <strong>ad</strong> una simile<br />

catastrofe, diceva soltanto: “Lavoratori, lottiamo contro la cassa<br />

<strong>in</strong>tegrazione!”. E <strong>in</strong>fatti. La cassa <strong>in</strong>tegrazione? Magari! L’azienda ha<br />

chiuso i battenti <strong>in</strong> un matt<strong>in</strong>o di sole quando la voglia di farci una nuotata<br />

<strong>in</strong> pisc<strong>in</strong>a si era fatta più ardente.<br />

E per fortuna che Lei cont<strong>in</strong>ua a fare le pulizie nelle scale del<br />

condom<strong>in</strong>io e che l’avvocato del terzo piano le molla mancette per farsi<br />

portare avanti e <strong>in</strong>dietro la carrozz<strong>in</strong>a della nipote perché non entra <strong>in</strong><br />

ascensore. Ma si può campare con le mancette dell’avvocato?<br />

Che poi se Lei non guarisce dell’artrite, come farà a lucidare la vetrata<br />

dell’<strong>in</strong>gresso con la spalla che non ruota più di quarantac<strong>in</strong>que gr<strong>ad</strong>i? E<br />

tocca a me dopo ripassarci con lo scopone all’<strong>in</strong>sù prima che torni la<br />

vecchia del secondo piano, quella che si lamenta sempre che i pomi non<br />

brillano abbastanza, che il marmo è macchiato, che c’è puzza di pipì di<br />

gatto. Ma il Fuffi mica ce lo possiamo mangiare. Almeno non ancora. E<br />

mica gli comandi che non deve fare pipì <strong>sul</strong>lo zerb<strong>in</strong>o della vecchia, anzi mi<br />

sa che ci va apposta a farla lì, per dispetto.<br />

Prima, cioè f<strong>in</strong>ché andavo alla Nulla spa, quella del condom<strong>in</strong>io era una<br />

cosa <strong>in</strong> più, diciamo per arrotondare, per permetterci qualche lusso, come<br />

comprarci la bicicletta nuova di seconda mano quella volta che ce la


ubarono <strong>in</strong> cortile i manolesta del civico 52, perché era rimasta un attimo<br />

appoggiata <strong>sul</strong>la sarac<strong>in</strong>esca del loro garage. Dicevano che non potevano<br />

passare. Ma che ci vuole a spostarla più <strong>in</strong> là una bicicletta? Solo che loro<br />

non volevano fare nemmeno un po’ di fatica e, brontola oggi, brontola<br />

domani, un giorno la bicicletta era sparita. Che ci ero pure affezionato, ma<br />

Lei diceva che qualche volta avrei dovuto pure <strong>ad</strong>operarla, che so, per<br />

andare alla spesa, <strong>in</strong>vece di lasciarla lì legata col lucchetto al gancio della<br />

sarac<strong>in</strong>esca del 52.<br />

Ma io alla spesa non mi sono mai divertito, qu<strong>in</strong>di è meglio che ci v<strong>ad</strong>a<br />

Lei che sa pure scegliere meglio i pezzi del coniglio e l’<strong>in</strong>salata fresca. E<br />

che sarà mai fare due passi f<strong>in</strong>o al mercato, visto che la bici non la sa<br />

portare. A volte, la pigrizia!<br />

Vabbè che il mercato <strong>ad</strong>esso l’hanno spostato dietro alla stazione a una<br />

dec<strong>in</strong>a di chilometri da casa, però l’ho conv<strong>in</strong>ta che non si può comprare<br />

niente nel negozio qua sotto, che ha prezzi da paura. Meglio due passi <strong>in</strong><br />

più, che fanno pure bene alla salute. E sennò c’è l’autobus a tre chilometri<br />

da noi che passa ogni mezz’ora.<br />

E il c<strong>in</strong>ema? Niente più film al parrocchiale di Sant’Anna che costa<br />

c<strong>in</strong>que euro ma ha una buona programmazione e il mercoledì fanno pure lo<br />

sconto per le donne. Peccato che a Lei il c<strong>in</strong>ema non sia mai piaciuto e mi<br />

toccava di andarci solo o con la G<strong>in</strong>a, tanto per sfruttare lo sconto. Ma<br />

almeno Lei stava a casa a stirare, non l’avrei mai lasciata sola <strong>ad</strong> annoiarsi,<br />

sennò. Poi la G<strong>in</strong>a però l’ho sempre riaccompagnata a casa, a quell’ora di<br />

notte non si può mica lasciare una donna sola per la str<strong>ad</strong>a!<br />

Anche al ristorante, macché ristorante, alla pizzeria, quando mai<br />

potremo ritornarci? E’ vero che <strong>in</strong> verità ho sempre preferito la sua cuc<strong>in</strong>a<br />

<strong>in</strong>vece di andare fuori. Quando mi dice: “dai, andiamo a farci una pizzetta<br />

questa sera”, io dico sempre: “no, amore mio, come cuc<strong>in</strong>i tu è meglio di<br />

ogni altra cosa” e penso proprio di farle piacere. A sentirsi lus<strong>in</strong>gare così, le<br />

donne si sentono importanti.<br />

E i figli, che alla loro età chiedono sempre dieci euro? Dieci euro per la<br />

scuola, dieci euro per la pizza, dieci euro per la gita. Sempre dieci euro.<br />

Glielo dovremo dire pure a loro che bisogna fare sacrifici, stare più a casa,<br />

comprarsi meno sciocchezze, aiutare mamma nei lavori di casa, che<br />

mamma li ha aiutati tanto a loro. A scuola li portava sempre Lei e li andava<br />

a riprendere. Quando mi diceva: “vacci tu, Ernesto, questa sera che io devo<br />

passare la lucidatrice <strong>sul</strong> pianerottolo”, io le dicevo: “ma no, vacci tu, loro ci<br />

tengono tanto a te. Se vuoi <strong>in</strong>tanto io sto al gabbiotto, così poi quando torni<br />

puoi lucidare il pavimento” perché io la capisco a Lei, quando fa i<br />

complimenti.<br />

Invece per i figli, questo lo ammetto, non sono sempre un grande<br />

esempio. Certe volte a tavola, mentre si mangia, guardo la televisione e<br />

questo dicono che non va bene perché può fare male alla digestione. E<br />

<strong>in</strong>fatti con lo stomaco non sono tutto a posto. Dopo mi vengono dolori così


forti che mi devo sdraiare e non posso fare più niente f<strong>in</strong>o che non è ora di<br />

andare a <strong>letto</strong>.<br />

Certo che non è facile <strong>ad</strong>esso andare avanti così, Lei pover<strong>in</strong>a con<br />

l’artrite e io senza lavoro, perché poi va a f<strong>in</strong>ire che se ne approfitta pure<br />

certe volte: sbatti il tappeto, sposta la scala, aggiusta il rub<strong>in</strong>etto. Non è che<br />

se ho perso il lavoro mi si può sfruttare così selvaggiamente, ho la mia<br />

dignità da difendere! E ancora più mi fa rabbia quando penso che per colpa<br />

di questo governo non si può nemmeno più sognare f<strong>in</strong>almente di<br />

andarsene <strong>in</strong> pensione, di riposare. Che già si è dato tanto, <strong>in</strong> questa vita!


SERENA TUBERTINI<br />

Nella storia, tutte noi<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che ci<br />

separavano dalla pensione.<br />

E così è f<strong>in</strong>ita, mi dico posando gli occhiali <strong>sul</strong> giornale ancora aperto. E’<br />

arrivata la crisi, e la ditta ha chiuso. La ditta. Così la chiamiamo da queste<br />

parti, da sempre. Perché la Nulla S.p.a. per la gente di qui è solo questo, la<br />

ditta. Da quasi un secolo.<br />

Non c’è più nessuno che se la ricordi com’era allora, agli <strong>in</strong>izi. Solo le<br />

foto, seppiate dal tempo e dagli eventi. La distesa dei prati di periferia e lei,<br />

massiccia, poco elegante, quasi impacciata. Come la famiglia dei fondatori,<br />

i p<strong>ad</strong>roni, si chiamavano allora, <strong>in</strong> posa davanti al cancello <strong>in</strong> ferro battuto,<br />

baffi folti a coprire l’espressione degli uom<strong>in</strong>i, larghe tese sugli sguardi un<br />

po’ sorpresi delle mogli. Cavalier Nulla Ermete e figli. Corsetteria per<br />

signora. Biancheria ricamata. Seta, raso, pizzi delicati e dest<strong>in</strong>ati a donne<br />

sconosciute, spesso lontane da qui. Donne che non erano certo quelle che<br />

varcavano a passi frettolosi, nella nebbia o ai primi raggi di sole le matt<strong>in</strong>e<br />

d’estate, il cancello della ditta. Per uscirne dopo molte ore, strette nei loro<br />

scialli, i piedi nel fango, ancora un po’ di voce per due chiacchiere <strong>sul</strong>la<br />

str<strong>ad</strong>a di casa. Dove la fatica non era f<strong>in</strong>ita. Dove le attendevano uom<strong>in</strong>i<br />

esigenti, figli, case faticose. Erano tante, già allora. E la ditta, Nulla<br />

Ermete e figli, le prendeva tutte. Giovani, vecchie, bamb<strong>in</strong>e di scuola.<br />

Nessun orario, nessuna regola, nessun diritto. Solo lavoro. Alla prima<br />

malattia o gravidanza o altra disgrazia, se andava bene due soldi di<br />

buonuscita, e a casa. Così era. Per le nostre m<strong>ad</strong>ri e le m<strong>ad</strong>ri delle m<strong>ad</strong>ri.<br />

Così è stato.<br />

Non so di ribellioni da queste parti, perlomeno prima della guerra. Forse<br />

<strong>in</strong> altre zone d’Italia ma qui no. Almeno così mi hanno raccontato, mamma<br />

e zie. La ditta non si toccava, era sacra, era una su cui poter contare,<br />

l’unica alternativa alla fame e al disonore della miseria. Non c’era scelta se<br />

dovevi aiutare <strong>in</strong> casa e rimediare un corredo da sposa dignitoso, per<br />

farcela <strong>ad</strong> andartene prima o poi.<br />

Io sono nata dopo, quando Mussol<strong>in</strong>i era già diventato il duce e la Nulla<br />

Ermete e figli, sempre là <strong>sul</strong> prato dopo la ferrovia, si era allargata. C’era<br />

stato il periodo duro della prima guerra, con gli uom<strong>in</strong>i al fronte e le donne a<br />

casa con tutto <strong>sul</strong>le spalle. Pochissime le clienti, e la ditta si era arrangiata<br />

producendo stoffe sc<strong>ad</strong>enti per le divise dei soldati, e bottoni e bretelle e


lacci da scarpe e tutto quello che poteva servire a quei disgraziati nascosti<br />

nelle tr<strong>in</strong>cee.<br />

Quando io ero bamb<strong>in</strong>a, lavorare alla ditta per le donne era quasi una<br />

vergogna. Gli uom<strong>in</strong>i mica avevano tanto piacere che le donne<br />

gu<strong>ad</strong>agnassero per conto loro E <strong>in</strong>fatti se potevano – e anche se non<br />

potevano – le lasciavano a casa, a mettere <strong>in</strong>sieme pranzo e cena,<br />

<strong>in</strong>collare le foto del duce e a partorire figli per la patria. Proprio come Sofia<br />

Loren, <strong>in</strong> quel film con Mastroianni, Una giornata particolare, mi pare che si<br />

chiami così. Intanto alla Nulla avevano ripreso con i rasi e i merletti di seta,<br />

e dopo le sanzioni per la guerra d’Etipia si <strong>in</strong>ventarono il ryon e il lanital,<br />

che andavano a vestire le giovani italiane tanto <strong>in</strong> voga allora.<br />

Quanto a diritti e regole, per quelli che ci lavoravano non era cambiato<br />

niente, soprattutto per le donne. Non che gli uom<strong>in</strong>i st<strong>esser</strong>o molto meglio,<br />

era dura per tutti. Un giorno il duce venne a visitare la ditta. Si fece fare una<br />

foto <strong>in</strong> piedi fra le operaie al telaio. La prima volta che la vidi quella foto, fu<br />

quando entrai lì a lavorare, alla Nulla Ermete e figli, nel ’37. Avevo dodici<br />

anni.<br />

Non ne sono più uscita. Come la mamma, come le zie, le mie sorelle.<br />

Le compagne di scuola, le vic<strong>in</strong>e di casa. Le donne di questa città,<br />

perlomeno quelle che conoscevo io. Sottomesse al lavoro, come <strong>in</strong> casa.<br />

Sfruttate dai p<strong>ad</strong>roni. Allora era così. Prendere o lasciare.<br />

La Nulla non era diversa. Ti dava da mangiare, e poco altro. Ma non<br />

dovevi farti domande, su quello che vedevi, su quello che toccavi, su quello<br />

che respiravi e che ti rimaneva attaccato, nascosto fra le pieghe della<br />

sottana o sotto le forc<strong>in</strong>e dei capelli. Non dovevi ribattere se il sorvegliante<br />

o qualcuno più <strong>in</strong> alto allungava le mani e le parole passandoti vic<strong>in</strong>o. Non<br />

dovevi protestare per le prepotenze, le <strong>in</strong>giustizie, le umiliazioni. A te o alle<br />

compagne. Non dovevi e basta.<br />

Intanto era tornata la guerra, e questa me la ricordo ancora bene, <strong>in</strong> tutti<br />

i momenti. Prima la piazza piena di gente, quegli urli gutturali<br />

all’altoparlante, e poi le prime partenze. Doveva durare poco pochissimo e<br />

<strong>in</strong>vece non f<strong>in</strong>iva mai. Nel ’43 com<strong>in</strong>ciarono a bombardare. Lasciammo il<br />

lavoro, e poi le case e la città. Cercammo riparo lontano, chi <strong>in</strong> montagna<br />

chi presso le famiglie cont<strong>ad</strong><strong>in</strong>e dei d<strong>in</strong>torni.<br />

Riuscimmo a sopravvivere. Nonostante i fascisti, i tedeschi, e le bombe<br />

degli alleati. Anche la Nulla ce l’aveva fatta. Lesionata dalle bombe ma<br />

ancora <strong>in</strong> piedi. Il cavalier Ermete era morto, <strong>ad</strong>esso toccava ai figli. I<br />

macch<strong>in</strong>ari nascosti ripresero a funzionare, i cancelli si riaprirono. Si<br />

ricom<strong>in</strong>ciava ancora una volta da noi donne.<br />

Ma quegli anni brutti non erano passati per niente. E ci avevano<br />

cambiate. Ci avevano aperto gli occhi. Eravamo giovani e pronte al futuro.<br />

Con i partigiani avevamo cacciato tedeschi e fascisti, con il nostro voto<br />

avevamo mandato a casa il re. Adesso toccava ai p<strong>ad</strong>roni.


Potevamo farcela, eravamo tante. Con noi operaie di città c’erano le<br />

cont<strong>ad</strong><strong>in</strong>e, le mondariso, le lavoratrici delle filande. Furono anni duri ma<br />

esaltati e pieni di speranza e di guai. Scioperi, proteste <strong>in</strong> piazza,<br />

occupazioni. E r<strong>in</strong>corse, manganellate dei celer<strong>in</strong>i, compagni che morivano<br />

per le str<strong>ad</strong>e, e ritorsioni dei p<strong>ad</strong>roni. La Nulla rispose nell’unico modo che<br />

conosceva, con i licenziamenti. Chi faceva attività s<strong>in</strong>dacale o politica<br />

perdeva il lavoro. E questo voleva dire miseria, e fame. Ma si teneva duro,<br />

la posta era un modo di lavorare più umano, il rispetto dell’orario di lavoro,<br />

le malattie coperte, la maternità. La posta era un mondo più giusto, per i<br />

figli.<br />

Più avanti, quando sembrò che l’economia andasse alla grande, e la<br />

gente viaggiava <strong>in</strong> automobile, riempiva le case di elettrodomestici e nel<br />

frattempo faceva figli, la biancheria della Nulla com<strong>in</strong>ciò a <strong>esser</strong>e venduta<br />

anche nei negozi, e la compravano anche le segretarie, le parrucchiere e le<br />

sart<strong>in</strong>e, e <strong>in</strong>somma ci fu un aumento della produzione <strong>in</strong> serie. Molte<br />

donne, soprattutto se avevano una famiglia da guardare, lavoravano a casa<br />

propria, quando potevano. La ditta com<strong>in</strong>ciò a licenziare le operaie e far<br />

fare loro lo stesso lavoro ma a casa. Dove non si guardava l’orologio e con<br />

una paga da miseria. La legge lo vietava solo nella forma, ma nei fatti<br />

chiudeva un occhio. Senza contare gli appoggi politici su cui potevano<br />

contare i p<strong>ad</strong>roni, <strong>in</strong> cambio di mazzette sotto banco e voti garantiti al<br />

momento giusto.<br />

Abbiamo attraversato quegli anni di corsa, donne e uom<strong>in</strong>i, fianco a<br />

fianco nella fabbrica e nella vita, guardando all’avvenire che sognavamo e<br />

<strong>in</strong>torno a noi, <strong>in</strong> un mondo che ci cambiava sotto gli occhi. Non ci siamo<br />

mai stancati di chiedere quello che era giusto per il nostro lavoro e le nostre<br />

vite, anche quando mettevamo <strong>in</strong> pericolo entrambi.<br />

Abbiamo discusso, studiato e sfilato <strong>in</strong>sieme agli altri lavoratori e agli<br />

studenti delle università. Abbiamo mandato i nostri figli a scuola, e siamo<br />

tornati anche noi a scuola. Abbiamo rimesso <strong>in</strong> discussione i matrimoni, la<br />

maternità, il diritto alla libertà. Abbiamo davvero creduto che tutto potesse<br />

cambiare e che ci sarebbe stato un lieto f<strong>in</strong>e.<br />

Quel f<strong>in</strong>ale a un certo punto ci è sembrato vic<strong>in</strong>issimo, a portata di<br />

mano, quasi di poterlo toccare.<br />

Ma non era così.<br />

All’improvviso sono tornate le bombe, i morti nelle banche, per le str<strong>ad</strong>e,<br />

sui treni. E’ tornata la paura, il buio, la m<strong>in</strong>accia sottile di chi vuole di nuovo<br />

il respiro breve e il silenzio delle coscienze.<br />

La nostra generazione di donne era forte, non si è persa d’animo,<br />

anche se ci sentivamo sempre più sole nelle battaglie, accusate o<br />

schernite, ancora una volta messe all’angolo.<br />

Non ci siamo arrese, neanche con la pensione, neanche quando ci<br />

siamo accorte con le compagne che eravamo diventate vecchie.


E la Nulla? La ditta, ora S.p.a. è sempre rimasta lì, passata di p<strong>ad</strong>re <strong>in</strong><br />

figlio come un titolo di re. Ampliata, modernizzata con capitali stranieri,<br />

diversificata nella produzione, quotata <strong>in</strong> borsa, attenta ai nuovi mercati.<br />

Sostenuta, sollevata e poi catapultata fra le luci di un mondo sempre più<br />

vic<strong>in</strong>o e sempre più facile.<br />

In questi anni dalla mia f<strong>in</strong>estra ho guardato i cancelli della ditta. Il<br />

serpentone colorato delle operaie che entravano al matt<strong>in</strong>o e all’uscita nel<br />

pomeriggio. Molte di loro le conosco, sono amiche delle mie figlie e delle<br />

nipoti. Sembrano così diverse da come eravamo noi alla loro età. I problemi<br />

<strong>in</strong>vece sono sempre gli stessi.<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Mi alzo e lentamente mi avvic<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>estra. I cancelli della Nulla sono<br />

chiusi, come le porte e le f<strong>in</strong>estre dei tanti palazzi che sono sorti <strong>in</strong>torno a<br />

lei, nel corso degli anni. Un enorme bozzolo di cemento, a proteggerla dal<br />

respiro del verde, e del cielo.<br />

Le luci della Borsa, dei mercati, del mondo si sono spente. Quello che<br />

rimane è solo un vecchio, massiccio edificio di prov<strong>in</strong>cia, avvolto<br />

dall’umidità di un matt<strong>in</strong>o d’<strong>in</strong>verno.<br />

Torno alla mia poltrona e rileggo le ultime parole dell’articolo. Sono<br />

virgolettate.<br />

“Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri<br />

prevedibili progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio<br />

temporali che ci separavano dalla pensione”.<br />

Penso che nessuna delle ragazze e donne che lavoravano alla Nulla e<br />

che ora probabilmente sono davanti a un computer a scrivere un curriculum<br />

troppo lungo o troppo semplice o alle prese con improbabili offerte offerte di<br />

lavoro o semplicemente a casa loro a meditare su nuove economie da<br />

<strong>in</strong>ventarsi per i prossimi mesi o anni, nessuna di loro parlerebbe <strong>in</strong> questo<br />

modo, programmazioni spazio temporali che ci separano dalla pensione.<br />

E’ la vita, quella che le aspetta senza la ditta, l’affitto tutti i mesi, il<br />

dentista per il bamb<strong>in</strong>o, la retta della mensa scolastica, la macch<strong>in</strong>a da<br />

riparare, una malattia improvvisa, la voglia di un vestito nuovo o di una<br />

vacanza.<br />

Quand’è che i giornalisti impareranno a chiamare le cose con il loro<br />

nome?<br />

Bisogna ripartire da qui, dalle parole e dal loro significato.<br />

Dando valore a ciò <strong>in</strong> cui crediamo, e cont<strong>in</strong>uando a difenderlo. Con le<br />

unghie e coi denti. Anche quando sembra <strong>in</strong>utile, anche quando sembra<br />

che tutto sia perduto.<br />

Non sarà facile per queste ragazze, non lo è stato per nessuno. Noi<br />

vecchi lo sappiamo bene.<br />

Bisogna fare i conti con il dolore. La rabbia. La paura.<br />

Sarà dura ricom<strong>in</strong>ciare.


Ma non è impossibile.<br />

Per conto mio, io cont<strong>in</strong>uerò a crederci. E a fare la mia parte. Per quello<br />

che posso. Per il tempo che mi resta.


ROBERTO COSTANTINI 2<br />

<strong>IL</strong> sacro fuoco della cultura<br />

Poi è arrivata la crisi e la Nulla S.p.a® ha chiuso.<br />

Così, da un giorno all’altro, mandando <strong>in</strong> frantumi tutti i nostri prevedibili<br />

progetti futuri e le misere, scontate programmazioni spazio temporali che<br />

ci separavano dalla pensione.<br />

Lo avevano tacciato di scarsa lungimiranza, cupo pessimismo...<br />

qualcuno lo aveva denigrato trasformandolo nel “menagramo“ aziendale.<br />

Non era valso a niente <strong>ad</strong>operarsi a spiegare, tentare di avvertire<br />

almeno i più anziani, <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uare il tarlo del dubbio.<br />

Le persone ascoltano malvolentieri le critiche fuori dal coro, le allarmanti<br />

previsioni, soprattutto da tipi <strong>in</strong>sipidi anzi,forzatamente v<strong>in</strong>tage, come ormai<br />

lui appariva.<br />

Le <strong>in</strong>novative strategie societarie per la conquista di ulteriori fasce di<br />

mercato, avevano abb<strong>in</strong>dolato la maggioranza dei dipendenti, suscitando<br />

illusori entusiasmi.<br />

...Era stata un'onda anomala con una potenza distruttiva <strong>in</strong>audita.<br />

Nel ritirarsi si era portata con sé le parti migliori delle loro vite, privandoli<br />

pure delle monotonie di sempre.<br />

Rimanevano qua e là le macerie esistenziali di quanto pareva scontato,<br />

i residui <strong>in</strong>franti di semplici desideri.<br />

La proprietà era scomparsa nel nome stesso con cui si era costituita e<br />

sarebbe stato troppo facile attribuirsi il merito del “ve l'avevo detto!”.<br />

Lo avevano assunto appena conseguito il diploma, quando gli impiegati<br />

usavano ancora i mal<strong>in</strong>conici manicotti neri.<br />

L'apporto costante della sua m<strong>in</strong>uziosità e la dedizione alla ditta di<br />

materiale plastico, lo avevano elevato f<strong>in</strong>o a capo contabile.<br />

In seguito gli avevano affidato l'archivio storico del magazz<strong>in</strong>o,<br />

consentendogli un soddisfacente tran-tran.<br />

Qu<strong>in</strong>di aveva seguito l'azienda nelle molteplici trasformazioni,<br />

accettandone le conseguenti estromissioni dalle proprie antiche mansioni.<br />

Aveva poi subito cont<strong>in</strong>ui dislocamenti ed occupato <strong>in</strong> compiti vari, non<br />

aveva conv<strong>in</strong>to il responsabile del personale, divenendo il primo candidato<br />

alla epurazione di f<strong>in</strong>e anno.<br />

Alla f<strong>in</strong>e, la tragedia aveva colpito ognuno di loro ma lui sarebbe stato<br />

fatto fuori comunque!<br />

Nessuno lo aveva cercato, tutti <strong>in</strong>tenti a sopravvivere annaspando nei<br />

frangenti della disperazione.<br />

Ora, la consuetud<strong>in</strong>e quotidiana del suo vegetare, dovrebbe favorirlo<br />

rispetto a chiunque.


Su questo riflette mentre l'<strong>in</strong>erzia lo accompagna negli ultimi passi verso<br />

il portone.<br />

In uno logoro spezzato marrone, tiene sottobraccio qualche quotidiano e<br />

due riviste, si ferma al primo gr<strong>ad</strong><strong>in</strong>o e osserva i campanelli.<br />

Suona all'unica targhetta ancora orig<strong>in</strong>ale, nel disord<strong>in</strong>e del mare di<br />

cognomi appiccicati <strong>in</strong> ogni modo: Belletti Rag.Augusto.<br />

Lo fa per abitud<strong>in</strong>e, nella vana speranza che qualcuno si decida <strong>ad</strong><br />

aprirgli.<br />

Poi, controvoglia, rimescola nelle tasche e apre con le chiavi.<br />

Davanti a lui un corridoio stretto, poco curato e una serie di cassette<br />

postali scolorite con <strong>in</strong><strong>sul</strong>se pubblicità.<br />

Avanza f<strong>in</strong>o alla aspidistria, <strong>in</strong> cui molti lasciano cartacce o mozziconi e<br />

svolta per la prima scala a destra.<br />

Supera il corti<strong>letto</strong> affollato di vecchie biciclette e sale sbirciando le<br />

ombre che si muovono dietro a una f<strong>in</strong>estra <strong>in</strong>terna, nel pianerottolo.<br />

I gr<strong>ad</strong><strong>in</strong>i sono <strong>in</strong> pietra, smussata ai bordi e gli sembrano sempre più<br />

alti, più <strong>in</strong>sidiosi.<br />

Al secondo piano, lo <strong>in</strong>fastidisce la musica dei nuovi studenti e la gabbia<br />

di canar<strong>in</strong>i della signor<strong>in</strong>a Sarti.<br />

Si affretta per non <strong>in</strong>contrarla: non sopporta che lo assilli con le sue<br />

lamentele.<br />

Dopo l'ultima rampa <strong>in</strong>izia il ballatoio del suo appartamento, che <strong>in</strong><br />

realtà è una mansarda o meglio, un sottotetto, un abba<strong>in</strong>o, una soffitta,<br />

dipende dalla fantasia dei con<strong>sul</strong>enti immobiliari che ha contattato per<br />

venderlo.<br />

Lassù arrivano le urla, gli odori, i rumori del condom<strong>in</strong>io, il vociare<br />

sempre meno comprensibile e le atmosfere simili <strong>ad</strong> una kasbah.<br />

Gode comunque di una luce migliore, la prima e l'ultima che il giorno<br />

può offrire.<br />

Appena apre la porta, lo <strong>in</strong>veste il puzzo che si sprigiona dall'<strong>in</strong>terno.<br />

Una volta entrato tutto si normalizza.<br />

L'<strong>in</strong>gresso è ridotto a un angusto passaggio tra enormi pile di giornali,<br />

che col tempo hanno accumulato polvere e si sono impregnati di ogni sorta<br />

di effluvio.<br />

Le pareti si <strong>in</strong>tuiscono appena, coperte da libri, fumetti, riviste e<br />

quotidiani.<br />

A volte fatica <strong>ad</strong> <strong>in</strong>dividuare l'<strong>in</strong>izio di questa mania.<br />

In ogni accesso, f<strong>in</strong>estra o porta che sia, è riuscito a sistemare qualche<br />

annata di una particolare testata e mano a mano che i mobili vetusti si<br />

arrendevano al peso della cultura, lui li sosteneva con ulteriori volumi di<br />

qualsiasi genere.<br />

Oggi, <strong>sul</strong> tavol<strong>in</strong>o ottenuto con l' enciclopedia Motta della sua<br />

<strong>ad</strong>olescenza, appoggia Il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Resto del


Carl<strong>in</strong>o, La Stampa, Panorama, L'Espresso e la raccomandata della<br />

Camera del Lavoro.<br />

Gli comunicano che il procedimento per l'eventuale recupero del suo<br />

credito di f<strong>in</strong>e rapporto, sarà lento e laborioso, senza alcuna certezza di<br />

poterlo riscuotere.<br />

Si siede sopra qualche annata dell'Airone e rivolge lo sguardo verso<br />

l'altro occupante della casa ancora <strong>in</strong> vita:il suo prodigioso platicerio, che lo<br />

sovrasta dal vaso appeso al soffitto.<br />

Ha accudito la pianta dalla scomparsa della moglie Renata, come fosse<br />

il suo unico dovere e si meraviglia di <strong>esser</strong>e riuscito a migliorarla, si alza,<br />

riempe un bicchiere d'acqua dal rub<strong>in</strong>etto e si allunga per <strong>in</strong>naffiarla.<br />

Apre il frigorifero cercando di non rovesciare i fascicoli di Isole, che non<br />

ha mai visitato, prende un ch<strong>in</strong>otto, si guarda <strong>in</strong>torno e riflette.<br />

Ha classificato <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e alfabetico, per argomenti, anni, mesi, giorni e<br />

titoli, ritagliato e sottol<strong>in</strong>eato tutto ciò che lo circonda:la cultura e<br />

l'<strong>in</strong>formazione all'ennesima potenza, giacciono nello sc<strong>ad</strong>ente trilocale.<br />

Il suo immenso sapere, le sofisticate nozioni...tutto <strong>in</strong>utile.<br />

Fosse nato il figlio tanto atteso, ora potrebbe affidargli la memoria di<br />

quei 30 anni di cupa solitud<strong>in</strong>e: il suo patrimonio!<br />

Adesso è tardi, per qualsiasi maledetta eventualità, è troppo tardi.<br />

Con <strong>in</strong>dolenza, visita il suo mondo di carta, controlla, rassetta, sistema,<br />

accarezza ogni pila con affetto, ricordandone l'acquisto, la lettura, le prime<br />

considerazioni.<br />

Si dirige con passo stanco alla catasta dei Gialli Mond<strong>ad</strong>ori che funge<br />

da comod<strong>in</strong>o a fianco del <strong>letto</strong> e prende il Resto del Carl<strong>in</strong>o del 23 giugno<br />

1981. Nella cronaca locale, un trafi<strong>letto</strong> <strong>in</strong>forma della morte di una giovane<br />

donna <strong>in</strong> stato <strong>in</strong>teressante, durante un tentativo di rap<strong>in</strong>a a un ufficio<br />

postale.<br />

Apre lo sportello di un malandato mobile stereo Grundig e osserva due<br />

45 giri: A Whiter Sh<strong>ad</strong>e Of Pale dei Procol Harum e Senza Luce dei Dik-<br />

Dik.<br />

Sceglie il secondo, lo <strong>in</strong>serisce nel gir<strong>ad</strong>ischi e si avvia al centro del<br />

corridoio.<br />

Si sdraia avvolgendosi nel giornale, si accerta che i fogli tocch<strong>in</strong>o<br />

entrambi i lati del suo tesoro e<br />

armeggia con i cer<strong>in</strong>i.<br />

Al terzo tentativo riesce <strong>ad</strong> <strong>in</strong>cendiare il quotidiano...mentre dalla stanza<br />

matrimoniale giungono le prime note:<br />

“..Han spento già la luce..son rimasto solo io..”.


Indice<br />

INCIPIT.........................................................................................................1<br />

ENRICO MATTIOLI........................................................................................2<br />

GIANFRANCO VICINELLI...............................................................................6<br />

GLORIA GERECHT.........................................................................................8<br />

LORENA LUSETTI........................................................................................10<br />

FABRIZIO CORAZZA ...................................................................................13<br />

ANNAMARIA SANGUIGNI...........................................................................17<br />

MARIA ELISABETTA MANCINI ....................................................................19<br />

PAOLO ZAMPARINI ....................................................................................23<br />

ELISA BRAGA 1...........................................................................................26<br />

MARIA GRAZIA GAGLIARDI ........................................................................30<br />

DOMENICO TRINGALI ................................................................................34<br />

COSTANZA TUOR .......................................................................................37<br />

MAURIZIO PERELLI ...................................................................................41<br />

ALBA PIOLANTI ..........................................................................................44<br />

GIUSEPPE LAVALLE ....................................................................................47<br />

ELISABETTA MALDINA ...............................................................................49<br />

GRAZIELLA PAGANI ...................................................................................54<br />

GIULIA GUBELLINI......................................................................................57<br />

UMBERTO ROMANO .................................................................................60<br />

ALBA CIARLEGLIO ......................................................................................64<br />

ANTONELLA DI BELLO 1..............................................................................67<br />

ANTONELLA DI BELLO 2.............................................................................71<br />

ALESSIO AMADIO ......................................................................................75<br />

ELISA BRAGA 2...........................................................................................79<br />

SALVATORE LEONARDI ..............................................................................83<br />

GAETANO AMBROSINO .............................................................................87<br />

FABIANA TRAVERSI....................................................................................92<br />

ELENA FERRARIS & MAURIZIO ROCCATO..................................................96<br />

CHIARA COSTANTINO ..............................................................................100<br />

MASSIMO FOGLIARDI .................................................................104<br />

MARIA PAOLONI ......................................................................................110<br />

COSETTA COTONI ....................................................................................113<br />

PAOLA ELIA CIMATTI ...............................................................................117<br />

ANTONIO BUMBACA ...............................................................................120


CARLA COLONNELLI.................................................................................124<br />

SIMONA BIANUCCI ..................................................................................126<br />

SIMONA CASTELLAN ................................................................................129<br />

IGINIA MINGRONE...................................................................................132<br />

FOSCA ANDRAGHETTI .............................................................................134<br />

ROBERTO COSTANTINI ............................................................................138<br />

S<strong>IL</strong>VIA BRIZIO ...........................................................................................142<br />

SERENA TUBERTINI ..................................................................................145<br />

ROBERTO COSTANTINI 2 .......................................................................150

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