Mita Mosca - Scriviconloscrittore.org
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<strong>Mita</strong> <strong>Mosca</strong><br />
Guidi tu?<br />
È incredibile quante auto uguali alla tua ti sfreccino davanti mentre attendi che il tuo ragazzo ti<br />
passi a prendere. Il pomeriggio è gelido e il freddo pungente, dove sarà finito adesso, ha mezz'ora<br />
di ritardo, non gli presterò mai più la macchina. Eccolo. Salgo e non faccio nemmeno in tempo a<br />
lamentarmi con lui o notare il suo pallore quando un oggetto freddo e metallico si poggia sulla<br />
base del mio collo. Resto immobile mentre il mio ragazzo, terrorizzato, continua a guidare senza<br />
mai voltarsi indietro. Una serie di pensieri mi travolgono, poi una voce dal sedile posteriore<br />
stralcia il silenzio e gli ordina di svoltare a sinistra. I pensieri svaniscono e un'unica spaventosa<br />
certezza si impadronisce di me. Non ho bisogno di voltarmi per capire. Conosco quella voce, e so<br />
dove stiamo andando.<br />
Tutta la mia vita mi passa davanti agli occhi rapidamente. Non devo perdermi d’animo. Devo<br />
trovare una soluzione. Mi sforzo di pensare a situazioni apparentemente senza via d’uscita. Penso<br />
alla nave dentro la bottiglia. Come diavolo fanno a farla entrata lì dentro? Me lo ero sempre chiesta.<br />
Il segreto è nella tecnica. Ma qui il problema non è “come diavolo è entrato”, è “come diavolo farlo<br />
uscire?”<br />
“Con la stessa facilità con cui è entrato così uscirà”, mi appare una levatrice a tranquillizzarmi<br />
facendomi l’occhiolino.<br />
Niente, non mi viene in mente niente di praticabile. E come al solito divago. Dovrei essere<br />
terrorizzata. Sono terrorizzata. Mi sforzo di ragionare.<br />
Potrei prop<strong>org</strong>li un paradosso. E se non indovina come finisce siamo liberi. Per esempio quello del<br />
re che fece un patto col capo di certi pirati che gli avevano rapito la figlia: se il re avesse indovinato<br />
come sarebbe andata a finire, avrebbe riavuto indietro sua figlia. Il pirata accetta e il re dice: “Non<br />
me la restituirete”… Boh, non me lo ricordo con precisione, come al solito. Sempre tutto un<br />
pressappoco nella mia vita. Un più o meno. Mai delle vere certezze. L’unica sicurezza ora è che<br />
siamo nella cacca. Non credo ne usciremo.<br />
“E’ d’argento il suo coltello?”<br />
“Che ti frega, stronza?”<br />
“Perché i veri gentlemen, pirati e signori allo stesso tempo…”<br />
“Falla finita, stronza, o te lo faccio sentire di cosa è fatto, e tu, vai più veloce”.<br />
Nei film americani succede sempre qualcosa all’ultimo momento.<br />
Potrebbe finire la benzina. E lì hai voglia di dare ordini. Nei miei pensieri l’ostetrica lascia il posto<br />
al re del Piccolo Principe, che dava solo ordini ragionevoli perché voleva essere sempre obbedito.<br />
E’ incredibile le cose che ti vengono in mente mentre stai per fare una brutta fine.<br />
Per esempio è buffo essere rapiti in una macchina gialla che sembra quella dei fumetti. Toglie molto<br />
pathos.<br />
“Bella, no, no, bella davvero ‘sta macchina, magari sembra un po’ un taxi con questo colore…però<br />
bella.” mi aveva detto il Paolo, sempre sincero.<br />
Dobbiamo rallentare perché l’autobus davanti a noi si sta accostando ad una fermata.<br />
In quella un’americana veramente folcloristica si avvicina alla nostra macchina: “Che fortuna, un<br />
taxi!” esclama aprendo uno sportello posteriore.<br />
(Meno male che ho preso una quattro porte, ci avevo pensato tanto, mi sembrava di non potermela<br />
permettere)<br />
“E lei, non stia lì impalato, si faccia in là”.<br />
Lui la guarda a bocca aperta. Lei sale e gli punta una pistola contro: “Fuori di qui, ganzo”, e lo<br />
lancia dall’altro sportello.<br />
Io e il mio ragazzo non abbiamo neanche il tempo di pensare.<br />
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Lei gli punta una pistola contro e dice: “Al Rumba Hotel”.<br />
Ora, l’unica obiezione possibile è che nella nostra città non esiste nessun albergo con questo nome.<br />
Ma il mio ragazzo è abituato per lavoro a eseguire sempre gli ordini e quindi non fa una piega.<br />
Accelera e si mette a guidare come in quei gialli americani pieni di inseguimenti.<br />
La vecchia signora americana si toglie la parrucca e gli occhiali neri, si passa una salvietta sul<br />
rossetto e ti viene fuori un omone calvo un po’ strabico. Lo posso vedere dallo specchietto, che,<br />
puntandomi la pistola alla nuca, lui mi ordina di richiudere.<br />
Un thriller di prim’ordine. Non spero più di uscirne viva, se mai ci avevo fatto un pensierino.<br />
Veniamo affiancati da una macchina blu a sirene spiegate che bloccandoci la strada ci ferma. In tre<br />
nanosecondi fanno scendere il mio ragazzo, mi sorprendo che non cambino tutti e quattro i<br />
pneumatici, un topino da biblioteca vestito da fantino si mette alla guida e parte con l’acceleratore a<br />
tavoletta.<br />
Ragazzi, conoscevo quella voce, la prima. Credevo di sapere dove stavamo andando. Ma ora<br />
sinceramente ho le idee molto confuse.<br />
Penso all’ultima scena di Blade Runner. Quel viaggio meraviglioso sorvolando paesaggi da sogno.<br />
Chi siamo, dove andiamo, in fondo nessuno lo sa.<br />
Mi metto comoda. Tutto può succedere, e non è detto che sia sempre un male.<br />
All’incrocio successivo il fantino viene sostituto da un bonazzo pazzesco, la vecchia americana è<br />
scesa dalla macchina. Finalmente siamo soltanto in due.<br />
Lui mi dice: “Sono il commissario Maraldi, poi le spiegheremo. Il suo ragazzo non è esattamente<br />
quella persona raccomandabile che sembra.”<br />
Io avevo iniziato a sospettarlo di recente, dall’accostamento dei suoi calzini con quelle cravatte<br />
improponibili.<br />
Bello, è meravigliosamente bello il commissario Maraldi, e come guida!<br />
“Le spiace se mi accendo una sigaretta?” dico mettendomi più comoda.<br />
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