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Elisabetta Maldina - Scriviconloscrittore.org

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10 – MALDINA ELSABETTA<br />

FiammifeRo<br />

Brigida aveva un difetto di pronuncia. In realtà non si trattava proprio di un difetto, era una<br />

specie di distorsione che caratterizzava il modo in cui pronunciava la “r”. Non era moscia alla<br />

francese, né tanto meno una evve di sapore intellettuale; Brigida riusciva ad arrotare quella<br />

consonante fino a farla diventare tagliente; una “r” affilata che dava ancor più spesso enfasi alle sue<br />

sfuriate, quando si arrabbiava. E Brigida si arrabbiava spesso.<br />

Certo, in questo momento, non lo si sarebbe mai immaginato.<br />

Mentre la osservavo di sottecchi sull’autobus diretto a scuola sembrava assolutamente tranquilla.<br />

Aveva negli occhi qualche briciola di sonno e l’aria assente.<br />

Ma, come per le sfuriate, che arrivavano all’improvviso, preannunciate solo da un rabbuiarsi<br />

degli occhi verdi e da un irrigidirsi delle spalle, tutto in lei era assolutamente fuori dall’ordinario.<br />

Una cascata di ricci rosso tiziano le incorniciava un viso irregolare, pieno di efelidi.<br />

La bocca era espressiva e spesso imbronciata e gli occhi… , gli occhi passavano in secondo<br />

piano solo quando si arrabbiava e la sua “erre” di battaglia catturava tutta l’attenzione.<br />

Il fisico di Brigida era sottile e lei lo nascondeva sotto abiti improbabili.<br />

Come lei, erano abiti “contro”. Contro cosa non si sa. Contro tutto e tutti , in un eterno opporsi e<br />

in un eterno affermare se stessa, senza paura del giudizio altrui.<br />

Era per questo che ero diventata sua amica. Per questa capacità di tirare fuori la voce quando<br />

qualcosa non le andava bene.<br />

A scuola giravamo sempre in coppia e i compagni dicevano che lei era il mio “incazzatore<br />

automatico”, come quel comico alla televisione.<br />

Io non ero certo capace di oppormi ad alcunché. Sono sempre stata molto chiusa e paurosa.<br />

Non reagivo neanche alle prese in giro o quando, in coda al banco della salumeria, qualcuno mi<br />

passava davanti. Avevo la sensazione di essere invisibile.<br />

Brigida incarnava quello che avrei voluto essere o fare, la trovavo coraggiosa e soprattutto..<br />

comoda. Una barriera fra me e gli altri, un filtro, una corazza.<br />

All’inizio il fatto che fosse temuta dagli altri mi dava una sensazione di potere: io ero la sua<br />

ombra e godevo di riflesso del rispetto nei suoi confronti.<br />

Non mi infastidivano neanche le provocazioni dirette a Brigida dai compagni più audaci.<br />

La chiamavano “fiammifeRo”, arrotando la “r”, per i capelli e la capacità di prendere fuoco con<br />

niente e Giacomo, il bullo della classe le chiedeva sempre se si era scopata lo “zietto”, da quando il<br />

Prof. di matematica le aveva detto che il suo nome gli ricordava quello della spasimante di Zio<br />

Paperone.<br />

Non che qualcuno in classe sapesse molto su Zio Paperone, forse di più su Winx e Power Ranger,<br />

ma, ben presto quasi tutti avevano cominciato a sfottere la mia amica come se Giacomo avesse<br />

incrinato quel muro di timore reverenziale che sembrava avvolgere Brigida e me.<br />

Era in quei frangenti che Brigida dava il meglio di sé. Li spiazzava guardandoli con un lampo<br />

tagliente negli occhi e vomitava loro addosso commenti salaci e pieni di “erre”, che battevano come<br />

tamburi e scandivano un ritmo di guerra. Li sferzava nei loro punti deboli con un rap impietoso che<br />

colpiva difetti e debolezze per lasciarli attoniti e a bocca chiusa, assolutamente inermi.<br />

Il risultato era che ai commenti cattivi si sostituiva pian piano un’esclusione così totale da parte<br />

della classe nei nostri confronti che la sensazione di invisibilità a cui volevo sottrarmi si rafforzava<br />

sempre più, smentita solamente dagli sguardi sprezzanti o di compatimento che ci venivano rivolti.<br />

Brigida sembrava non soffrirne. All’ora di ricreazione mi accompagnava alle macchinette e<br />

parlava con me di filosofia o commentava qualche poesia fatta in classe. Cominciavo a trovare<br />

insopportabile questa sua “profondità”, questo suo prendere tutto sul serio, il suo impegno sociale,<br />

la sua onestà.<br />

Avrei voluto parlare anche di cazzate, dell’ultima puntata del Grande Fratello, di acconciature e<br />

vestiti. Mi sentivo oppressa e volevo di nuovo respirare.


L’occasione si presentò quando Brigida venne colpita da una brutta influenza e rimase assente<br />

per due settimane.<br />

Tentai timidi e forse impacciati approcci con le compagne dall’aria meno aggressiva,<br />

inserendomi a fatica in un gruppetto insieme al quale trascorrevo le pause, chiacchierando di moda,<br />

shopping e ragazzi.<br />

Quando Brigida tornò, la ignorai, neanche tanto velatamente e con la paura che la sua “r” si<br />

scatenasse anche contro di me, contro il mio tradimento.<br />

Ma non fu così. Fu come se Brigida prendesse atto della distanza che avevo messo tra noi due e<br />

la rispettasse.<br />

Niente più chiacchierate alle macchinette, niente più viaggi in autobus insieme. Eravamo come<br />

due pianeti che ruotavano nello stesso universo su orbite separate senza incontrarci o scontrarci mai.<br />

Per andare a casa avevo preso l’abitudine di percorrere a piedi un vicolo di fianco al Liceo per<br />

raggiungere la fermata di un’altra linea di autobus che mi avrebbe portato a casa.<br />

A volte una delle mie nuove amiche faceva la strada con me , ma più spesso ero sola.<br />

Quel giovedì uscivamo tardi e in giro non c’era proprio nessuno.<br />

Fui sorpresa perciò quando sentii una mano sulla mia spalla, anzi, sussultai.<br />

-Ah sei tu..- dissi quando girandomi di scatto mi trovai di fronte Giacomo.<br />

-Cosa vuoi? – gli chiesi.<br />

- Volevo chiederti una cosa- rispose- visto che in giro non c’è più la tua amica.-<br />

-Cosa?-<br />

-Volevo sapere se le femmine come te, che non dicono mai una parola, stanno zitte anche quando<br />

si divertono.-<br />

-Cosa intendi dire?<br />

Intanto Giacomo mi aveva afferrato un polso stretto stretto e io capivo che le cose si stavano<br />

mettendo male e avrei dovuto gridare, ma la voce si era come congelata in gola e sentivo male agli<br />

occhi da quanto li tenevo spalancati.<br />

Buttò a terra il mio zaino con l’altra mano e mi spinse nell’androne di una porta.<br />

Poi mi sussurrò: - Se io ti tocco e ti piace, stai zitta o mi fai sentire un miagolio di gattina in<br />

calore eh? Io penso che voi represse in queste occasioni siate una sorpresa. Dimmi ti piace?<br />

Sentivo l’odore del suo alito sulla mia faccia, mentre infilava la sua mano sotto la mia camicetta<br />

e una repulsione mai provata mi diede le vertigini.<br />

L’urlo rimaneva bloccato nella mia testa, mentre cercavo invano di divincolarmi e sentivo le<br />

mani di Giacomo sopra di me e il suo corpo premere contro il mio.<br />

-Se continui a stare zitta mi diverto di meno ma mi rendi tutto più facile, sai?-<br />

E la mano scendeva sui jeans ed armeggiava con la cerniera.<br />

Nella mia mente sentivo ronzare un gigantesco sciame d’api, un crepitio che diventava un boato,<br />

un frastuono crescente e speravo che tutto finisse all’improvviso.<br />

Quando udii anche rullare i tamburi pensai che sarei finalmente svenuta, ma le percussioni si<br />

trasformarono in parole concitate:<br />

-Razza di cRetino lasciala! Lasciala subito o ti castRo! IdRocefalo ipodotato e pRobabilmente<br />

affetto da disfunzione eRettile! ViagRa-dipendente, tiRa giù le zampe e usale peR le tue<br />

mastuRbazioni quotidiane!<br />

Non sapevo chi, fra me e lui, era rimasto più sorpreso da questa furia di parole, da queste “erre”<br />

rotanti che rompevano l’attimo, che irrompevano in quel tempo sospeso e rendevano tutto vano,<br />

quasi irreale e ci tiravano giù, ognuno nei soliti ruoli, nella solita realtà.<br />

-Brigida..-riuscii finalmente a mormorare e la vidi sbattere il suo zaino sulla testa e le spalle di<br />

Giacomo, che caduto a terra, si trascinava lontano con lo sguardo smarrito, come avesse appena<br />

visto un’apparizione.<br />

-Stai bene?- mi chiese lei.<br />

- Si, sto bene..grazie- e in quel momento realizzai che non aveva mai usato la sua “erre” contro<br />

di me, neanche una volta; che io a un certo punto non c’ero più per lei , mentre lei non aveva mai<br />

smesso di esserci per me.


In quell’istante mi vergognai di una vergogna più profonda di quella per la violenza appena<br />

subita.<br />

La mia voce, così frenata, si aprì in scuse che rispuntano a volte anche ora, quando ci vediamo.<br />

Quando la ascolto pronunciare le sue “erre” in mille modi diversi, pazienti e dolci con i suoi<br />

bambini, stanche dopo una giornata di lavoro, appassionate quando sale sul palco a recitare e a<br />

testimoniare al mondo la sua incrollabile voglia di rendere tutto migliore.

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