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GIANFRANCO VICINELLI<br />

GIURO CHE QUESTA E’ LA VERITÀ, SOLTANTO LA VERITÀ,<br />

TUTT’ALTRO CHE LA VERITÀ<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Io, di solito, non mi accontento della prima spiegazione e qu<strong>in</strong>di, <strong>in</strong>sistendo, sono riuscito a<br />

sapere anche molti altri buoni motivi complementari: Ada, Bianca, Carlotta, Desdemona,<br />

Elisabetta, Franca, Giovanna, Imelde, Luisa, M<strong>ad</strong>dalena, Paola, Rosanna, Sant<strong>in</strong>a, T<strong>in</strong>a e Zaira.<br />

Ognuna mi ha dato il nome senza difficoltà, l’unica che <strong>in</strong>izialmente ha fatto delle storie (“Non<br />

sono M<strong>ad</strong>dalena!!”), alla f<strong>in</strong>e si è conv<strong>in</strong>ta.<br />

Per sicurezza, io l’avevo già registrata come Rosanna Fratello.<br />

Le mie conv<strong>in</strong>zioni su Saverio Bortolotti sono anch’esse cambiate: dapprima mi ero immag<strong>in</strong>ato<br />

un ragazzo <strong>in</strong>tristito e col morale a pezzi per il gran rifiuto di Susanna, ma alla f<strong>in</strong>e ho capito che<br />

era giustificato il soprannome “Casanova della Mascarella” che gli avevano affibbiato <strong>in</strong> questo<br />

popolare rione di Bologna.<br />

Tutte le ragazze sopraelencate avevano buonissime ragioni per disistimare Saverio, per quella<br />

sua <strong>in</strong>felice affermazione nell’<strong>in</strong>tervista di Sorrisi & Canzoni TV, di considerare sua donna ideale<br />

qualsiasi ragazza “purché respiri”<br />

Un errore.<br />

Venivano elim<strong>in</strong>ate coloro che non respiravano e il Bortolotti veniva perf<strong>in</strong>o esentato dal<br />

rispondere all’annoso quesito: “Per diventare necrofili occorre predisposizione o bisogna “farsi le<br />

ossa?”<br />

Le cose erano a questo punto.<br />

Nel pomeriggio, il Governo, nella F<strong>in</strong>anziaria, dichiarò legittimi gli aumenti nelle locazione degli<br />

arm<strong>ad</strong>i. Saverio ebbe subito forti difficoltà nel pagamento dell’affitto, perché a causa del buio che<br />

regnava nell’arm<strong>ad</strong>io, non poteva compilare gli assegni per il suo p<strong>ad</strong>rone d’arm<strong>ad</strong>io.<br />

A questo punto, il 100% di voi <strong>letto</strong>ri o comunque una percentuale significativa, si starà<br />

domandando: “ Ma che ne è di Susanna??”<br />

La domanda spontanea mi coglie impreparato.<br />

Anch’io me ne ero dimenticato.


GLORIA GETCHER<br />

BLADE RUNNER<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Susanna era entrata nel suo cuore dal primo giorno che l’aveva vista.<br />

Era una compagna d’università di suo fratello Carlo e <strong>in</strong>sieme preparavano un esame. Susanna<br />

era alta, bionda, aveva un buon odore e gli sembrava anche più svelta e più brava del suo<br />

fratellone. Ogni volta che arrivava aveva per Saverio un sorriso tutto particolare, gli arruffava i<br />

capelli e gli chiedeva come andasse <strong>in</strong> matematica.<br />

Saverio la guardava da sotto <strong>in</strong> su, arrossiva, poi balbettava un “bene” stentato. Forse, si<br />

chiedeva dopo, se le avesse detto che andava malissimo, lei si sarebbe offerta di aiutarlo. Se la<br />

immag<strong>in</strong>ava seduta accanto, che gli spiegava i problemi con pazienza, mentre lui si beava della<br />

sua vic<strong>in</strong>anza.<br />

Saverio ronzava attorno alla camera del fratello quando i due studiavano, ma dopo un po’ la<br />

porta veniva chiusa e a lui non restava che battere <strong>in</strong> ritirata.<br />

Quella porta chiusa era come uno schiaffo ai suoi sentimenti, lo escludeva dalla vista e dalla<br />

voce del suo idolo. Doveva aspettare ore che si riaprisse solo per vedere Susanna che correva via<br />

salutandolo <strong>in</strong> fretta e furia.<br />

Quel 29 febbraio non ne poteva più. Davanti alla porta esitò, poi ci poggiò l’orecchio. Percepì la<br />

musica dello stereo e nient’altro. Si ch<strong>in</strong>ò a spiare dal buco della serratura, ma non vide nessuno<br />

alla scrivania. Dove erano andati? Non li aveva sentiti uscire.<br />

Si fece coraggio e bussò, pianissimo. Silenzio.<br />

Con molta cautela abbassò la maniglia e socchiuse uno spiraglio.<br />

Carlo e Susanna erano <strong>in</strong> una posa strana, Carlo aveva i pantaloni aperti ed esibiva<br />

un’anatomia sorprendente. Susanna ne sembrava molto presa.<br />

Non si accorsero di nulla.<br />

Sconvolto richiuse e si rifugiò nell’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Adesso, lì dentro, accovacciato <strong>sul</strong>la sacca dei rollerbl<strong>ad</strong>e, dopo aver <strong>in</strong>dagato nella patta dei<br />

suoi jeans e preso atto della differenza, pensò di non avere più alcuna speranza.<br />

Come poteva illudersi di diventare come Carlo, di <strong>in</strong>teressare Susanna con la sua<br />

<strong>in</strong>sufficienza?<br />

No, non voleva più vederla Susanna! Se era questo l’amore, non era per lui.<br />

Poi ricordò che quello era un giorno sfortunato. Si sentì sollevato. Seduto <strong>in</strong> fondo all’arm<strong>ad</strong>io,<br />

tirò su col naso cercando di <strong>in</strong>ghiottire lacrime e delusione.<br />

Strisciò fuori, accese la play station e si dedicò a distruggere una marea di replicanti alte,<br />

bionde e cattive.


ENRICO MATTIOLI<br />

Appunti dell’appuntato Puntarella.<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

In seguito a segna la azione dei genitori - Bortolotti Pietro, p<strong>ad</strong>re, Marcelli Elisa <strong>in</strong> Bortolotti,<br />

m<strong>ad</strong>re - ci re cammo <strong>in</strong> località Borghetto, via Cetana n. 8 (otto). La a bitazione con sisteva <strong>in</strong><br />

villetta di piani due (2), come a purato dopo a certa mento; di box macch<strong>in</strong>a uno (1) con a lo <strong>in</strong><br />

terno parcheggiate Maserati bi turbo di colore grigio, Smart di colore bianco e Toyota Yaris di<br />

colore o paco <strong>in</strong> def<strong>in</strong>ito; a mpio giard<strong>in</strong>o con a nessa alta lena, a mpio terrazzo con para bola.<br />

Il nucleo familiare a n dava com pletatosi da Bortolotti Carlo, anni sedici (16), fra tello; Bortolotti<br />

Vanessa, anni qu<strong>in</strong>dici (15), sorella; due (2) cani razza Lupo, taglia grande.<br />

Il su detto Bortolotti Pietro (p<strong>ad</strong>re), di chiarò che da il giorno precedente a il 29 febbraio<br />

mercoledì, (che ri <strong>sul</strong>tò 28 martedì, mese medesimo), il Bortolotti Saverio di anni otto (8), era<br />

scomparso.<br />

Da la ri costruzione de i fatti, il Bortolotti Saverio tornò a casa dopo la scuola, verso la ora 17, a<br />

compagnato da la m<strong>ad</strong>re, Elisa Bortolotti. Ella di chiarò che il Bortolotti Saverio a pariva taci turno,<br />

ma <strong>in</strong> quel momento Ella non diede ri levanza a il suo stato, datosi che il Bortolotti Saverio era tor<br />

nato a la a tività scolastica da giorni tre (3) causa <strong>in</strong> fluenza e le sembrò sol tanto qu<strong>in</strong>di a faticato.<br />

A rivati a casa, giocò un poco su la alta lena e fece al cune corse con i cani ne il giard<strong>in</strong>o. A la a<br />

vertenza de la m<strong>ad</strong>re di non a faticarsi per via de il mal anno passato, il Bortolotti Saverio si ri tirò<br />

<strong>in</strong> camera sua. Ma Ella, la m<strong>ad</strong>re, sostenne di non haverlo veduto salire <strong>in</strong> camera (gli haveva<br />

parlato da la f<strong>in</strong>estra de la cuc<strong>in</strong>a), per ciò sol tanto su poneva che il Bortolotti Saverio fosse salito.<br />

A la ora 19.30 tornarono il Bortolotti Carlo, fra tello, da gli a lena menti di calcio (ne la quale<br />

squ<strong>ad</strong>ra de il paese militava da difensore centrale ne la categoria giovani simi), a com pagnato da<br />

Bortolotti Pietro, p<strong>ad</strong>re, e da Bortolotti Vanessa, sorella, ancor ché fidanzata con il com pagno di<br />

squ<strong>ad</strong>ra de il fra tello Carlo, Mirko Cerilli (centrocampista). A spettavano di mangiare parlando de<br />

la partita domenicale, ne il mentre che Bortolotti Vanessa salì a il piano di sopra per chiamare il<br />

Bortolotti Saverio. Ci si a corse de la sua a senza, per ciò, verso la ora di cena, la 19.40.<br />

Il suo qu<strong>in</strong>di ultimo a vista mento era stato <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o verso la ora 17.30 e gli unici <strong>ad</strong> haverlo<br />

effettiva mente veduto per la ultima volta, erano stati i cani che <strong>in</strong> quanto bestiole, ri <strong>sul</strong>tarono re<br />

ticenti. Nulla poteva escludere che il Bortolotti Saverio anche fosse uscito da il cancello de la a<br />

bitazione o chiunque havesse potuto ri chiamarlo da la str<strong>ad</strong>a. Mi per plessi però, di un (1) a<br />

spetto: il Bortolotti Saverio di anni otto (8), era ri masto solo <strong>in</strong> camera sua (se ciò dichiarato da<br />

Bortolotti Elisa, m<strong>ad</strong>re, fosse stato esatto) per ben ore due (2), da la ora 17.30 a la 19.40: per ché?<br />

A il mio <strong>in</strong> terrogativo, Bortolotti Elisa ri spose che Bortolotti Saverio era un (1) bamb<strong>in</strong>o soli tario<br />

e dopo la scuola era solito guardare i pro grammi per ragazzi, <strong>in</strong> parti colare Ciccio Tuttomatto, di<br />

cui haveva al tre sì im parato a re gistrare le puntate. Il giallo stava diventando giallognolo: se io<br />

medesimo <strong>in</strong> giallivo a il pensiero di re gistrare con la tecno logia, come era sì possibile che un (1)<br />

bamb<strong>in</strong>o giovane ne fosse già im praticato?<br />

Il maresciallo Regimondi, decise di re carsi a la scuola per parlare con i com pagni di classe de<br />

il Bortolotti Saverio, così per havere <strong>in</strong> dicazioni utili a la <strong>in</strong> dag<strong>in</strong>e. Lasciò me medesimo ne la<br />

casa de i Bortolotti, per ché anche non era da escludere un (1) rapi mento, datosi il Bartolotti Pietro<br />

<strong>esser</strong>e facol toso pro dottore de il tartufo. Chiesi se fosse stato possibile dare una (1) occhiata a le<br />

cassette re gistrate de il pro gramma pre ferito de il Bortolotti Saverio per non la sciare nulla a il<br />

caso, datosi che, è ri saputo, i ragazz<strong>in</strong>i sono su gestiona bili e ogni traccia non va tra scurata.<br />

Da un (1) rapido a certa mento, ne le due (2) ora di visione de il materiale, posso a fermare che<br />

il Ciccio Tuttomatto è la storia di un (1) bamb<strong>in</strong>o da la i mag<strong>in</strong>azione su periore a la Norma, a<br />

dirittura fervida, se mi è con sentito esa gerare e per s<strong>in</strong>o a riva a chiudersi dentro ar m<strong>ad</strong>io per<br />

ché il suo <strong>in</strong> realtà non è un (1) ar m<strong>ad</strong>io, ma tra tansi di macch<strong>in</strong>a de il tempo a tra verso cui il su<br />

detto ri esce a spostarsi ne le varie e poche per fuggire a le e que normative de i Grandi ri guardo<br />

a le sue <strong>in</strong> fra zioni di bamb<strong>in</strong>o. Il su detto Ciccio Tuttomatto, si dole, a la f<strong>in</strong>e di ogni puntata, <strong>in</strong><br />

quanto che per i vari cambi di era storica, trovansi su la sua str<strong>ad</strong>a la pre senza fedele e im<br />

peritura di un (1) genitore o un (1) maestro o un (1) tutore con i medesimi tra ti soma tici.


Questo è confortante ed educativo, pensai tra me e stesso, ce n’è già troppi di esempi che<br />

<strong>in</strong>coraggiano i bamb<strong>in</strong>i giovani a la ribellione e a la maleducanza, che ne sarà di questo suddetto<br />

mondo?<br />

Ne il mentre che de la mia ri flessione, tornò a la casa il maresciallo Regimondi con una (1) per<br />

sona di sesso femm<strong>in</strong>ile, la maestra de la scuola de il Bortolotti Saverio, signora dArco Susanna.<br />

Le sue genera lità non mi erano i gnote, forse, ma im pegnai di versi m<strong>in</strong>uti ne lo sforzo di<br />

menticarle pro prio, così ché da non havere pre giudizi. Questo per ché, ri cordavo troppo bene la<br />

mia di maestra, Lucrezia Rodari, eccome havrei potuta di menticala? Mi chiamava zampe di gall<strong>in</strong>a<br />

e tutti i miei com pagni ri devano forse nati: li havrei voluto ri trovare uno (1) a uno (1), <strong>ad</strong> esso!<br />

Ne la parte di unica <strong>in</strong> quisita, la dArco Susanna mi a parve troppo <strong>in</strong> a nsietà, ma il maresciallo<br />

Regimondi disse che la su detta si trovava <strong>in</strong> loco solo per ché haveva da fare una (1) di chiara<br />

zione a i genitori de il Bortolotti Saverio. Ne il mentre che, io re stavo vic<strong>in</strong>o a la porta <strong>in</strong> a lerta, a<br />

scoltando con a tenzione e sospetto, per ché il sospetto è la prima qualità di un (1) buon a.<br />

puntato.<br />

Ella di chiarò quanto segue: Non so se tutto questo può avere rilevanza con la scomparsa di<br />

Saverio, ma proprio l’altro giorno i suoi compagni di classe presero il suo diario su cui Saverio<br />

aveva disegnato un cuore e poi il mio nome, Susanna, aggiungendovi un arco (alludendo al mio<br />

cognome?) che scocca una freccia. Poi, sapete come succede tra bamb<strong>in</strong>i, no? Lo hanno preso <strong>in</strong><br />

giro e lui tentava di nascondersi la faccia. Era solo un disegno molto tenero e mi ero ripromessa di<br />

parlarvene quanto prima, non immag<strong>in</strong>ando che… diomio, povero Saverio, che cosa sarà<br />

successo?<br />

Il maresciallo Regimondi le chiese se ri cordasse al tro. Ella di chiarò quanto segue: Sì, c’erano<br />

dei pensier<strong>in</strong>i riguardo al crescere velocemente e diventare <strong>ad</strong>ulto per sposarsi… potevo mai<br />

immag<strong>in</strong>are… povero Saverio!<br />

Bortolotti Pietro, p<strong>ad</strong>re, scuoteva la testa a vilito e chiedeva a il maresciallo Regimondi se a suo<br />

parere fosse da escludere la i potesi di rapi mento. Il maresciallo lo rassi curò che <strong>in</strong> un caso de il<br />

genere, era una possi bilità molto re mota. Elisa Bortolotti, m<strong>ad</strong>re, pur tra tenendo le la crime a<br />

stento, con solava la dArco Susanna, maestra, la quale rea si sentiva <strong>in</strong> di fetto di non haver a<br />

vertito tempo estiva mente la famiglia. A quel punto, Bortolotti Vanessa, sorella, <strong>in</strong> quanto tale, <strong>in</strong><br />

tervenne. Ella di chiarò quanto segue: Io, ultimamente lo prendevo <strong>in</strong> giro perché mi chiedeva<br />

come fare per trovare una macch<strong>in</strong>a del tempo. Mi sembrava una cosa buffa, così lo <strong>in</strong>coraggiavo<br />

a cercarla, perché, dai e dai, l’avrebbe trovata.<br />

Fu <strong>in</strong> quel punto che chiesi a il maresciallo Regimondi di con ferire con Ella (lui sotto scritto) per<br />

offrire il mio a porto a la <strong>in</strong> dag<strong>in</strong>e ed evidenziare che nel fra tempo, non ero stato con le mani <strong>in</strong><br />

mani. Sentivo il mio sospetto crescere senza per ché e il giallo ormai stava di ventando color mai o<br />

nese. Ci a partammo e lo con v<strong>in</strong>si a seguirmi di sopra. Entrammo ne la stanza de il Bortolotti<br />

Saverio. A cendemmo la tele visione, ma per si qualche m<strong>in</strong>uto <strong>ad</strong> a viare il video re gistratore.<br />

Eravamo <strong>in</strong> silenzio, il maresciallo e io. Ne il mentre che guardavamo le cassette di Ciccio<br />

Tuttomatto, qualcuno bussò. A prii la porta de la camera, ma non vidi nessuno. Il maresciallo<br />

Regimondi disse quanto segue: Ma no, guardi Puntarella, deve <strong>esser</strong>e… credo che buss<strong>in</strong>o da<br />

dentro l’arm<strong>ad</strong>io!<br />

Io mi feci <strong>in</strong> anzi, scansando con la mano il maresciallo per pro teggerlo, tenendo la mano<br />

destra pronta a slacciare la fond<strong>in</strong>a. A prii lenta mente il vano ar m<strong>ad</strong>io e uscii un (1) bamb<strong>in</strong>o<br />

giovane. Si stropicciava gli occhi e io lo a iutai a uscire. Per quisii rapida mente lo <strong>in</strong> terno e vi<br />

trovai: una (1) bibita a ranciata, una (1) scatola di biscotti, un (1) barattolo di nutella.<br />

Che cosa fate con i miei film<strong>in</strong>i di Ciccio Tuttomatto? - Domandò il ragazz<strong>in</strong>o<br />

Chi siete - ri sposi io - qualific… - A quel punto il maresciallo Regimondi disse quanto segue:<br />

Puntarella, lasci fare, è il bamb<strong>in</strong>o: è lui Saverio Bortolotti, si nascondeva dentro l’arm<strong>ad</strong>io.<br />

Ah - dissi io - bella roba.<br />

Ri chiamati dal tram busto, salirono i con giunti e pure la maestra. So spirarono per lo scampato<br />

per icolo e si fecero <strong>in</strong> torno a il Bortolotti Saverio di anni otto (8). Quando ri conobbe la sagoma de


la donna maestra, il Bortolotti Saverio fece per scappare ancora. Io non capivo, ma pronta mente<br />

mi <strong>in</strong> sospettii. La donna lo a bracciò e si <strong>in</strong> g<strong>in</strong>occhiò a la sua al tezza, di cendo quanto segue: Ci<br />

hai fatto prendere un bello spavento, Saverio. Io non posso sposarti perché…<br />

Fu <strong>in</strong> quel mo mento che il maresciallo Regimondi mi prese per un (1) braccio, di chiarando<br />

quanto segue: Andiamo via, Puntarella. Hanno alcune cose da spiegarsi - a giunse ri dendo.<br />

Io mi per plessi, ma obbedii. Su la camio netta, il maresciallo Regimondi mi fece i com pli menti,<br />

di cendo quanto segue: Mi compiaccio, Puntarella, se non mi avesse portato di sopra non<br />

saremmo arrivati alla conclusione. Quel bamb<strong>in</strong>o aveva viveri per giorni!<br />

Io a scoltai <strong>in</strong> silenzio e ri flettevo. Non o stante il giallo fosse sgiallito, il caso non mi pareva<br />

chiaro. Mi a rovellai per giorni, ma non a rivai a una con clusione o via. Quel che mi pare e quo, <strong>in</strong><br />

vece, è che maestre anno sempre havuto le pro prie re sponsa abilità nella vite di ognuno.<br />

In fede,<br />

Puntarella Anacleto, a. puntato


S<strong>IL</strong>VIA BRIZIO<br />

La forza del bombolone<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio Saverio Bortolotti di<br />

anni otto si trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore,<br />

il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Non che sperasse, standosene lì r<strong>in</strong>chiuso, di cambiare il decorso dell’<strong>in</strong>fame<br />

dest<strong>in</strong>o puntando magari <strong>sul</strong>l’altrui compassione, anche perché, nonostante fosse lì da<br />

oltre due ore, nessuno era venuto a cercarlo, e tanto meno lei, (ammesso che avesse il<br />

permesso di attraversare il cortile da sola). Ma l’avere frapposto tra sé e quegli orribili<br />

eventi le ante di un vecchio arm<strong>ad</strong>io di noce gli fece sembrare di <strong>esser</strong> protetto dalle<br />

frecce appuntite con cui il crudele Cupido lo stava trafiggendo da almeno tre giorni.<br />

E <strong>in</strong>vece si accorse che il vile dest<strong>in</strong>o era entrato con lui nell’arm<strong>ad</strong>io, puzzava di<br />

naftal<strong>in</strong>a e <strong>in</strong>dossava il costume di Zorro fresco dell’ultimo martedì grasso.<br />

Saverio aveva ficcato la testa tra le g<strong>in</strong>occhia per non sentire e non vedere, eppure<br />

sentiva un gran male nel cuore e ci vedeva benissimo: Susanna vestita da ape reg<strong>in</strong>a<br />

con la sua tuta rigata e due antenne dolcissime tenute su dal cerchietto, l’ape più bella<br />

del mondo, pungeva più acuta di un ago.<br />

Averlo saputo per tempo, avrebbe piantato una grana di quelle non voglio il vestito<br />

di Zorro, comprami quello del fuco, e avrebbe strillato a tal punto che la commessa<br />

<strong>in</strong>furiata avrebbe conv<strong>in</strong>to sua m<strong>ad</strong>re a farlo tacere al più presto. Il fuco ha un dest<strong>in</strong>o<br />

un po’ triste, ma prima ha un dest<strong>in</strong>o felice. E <strong>in</strong>vece la sp<strong>ad</strong>a di Zorro produsse un<br />

<strong>in</strong>ferno di guai.<br />

Se almeno la sp<strong>ad</strong>a di Zorro fosse rimasta al suo fianco, <strong>in</strong>vece di mettersi a roteare<br />

<strong>in</strong> aria come un’elica impazzita, forse le cose sarebbero andate diversamente. Le<br />

antenne di Susanna sarebbero rimaste dritte al loro posto, non sarebbero volate al<br />

centro della tavola delle merende facendo schizzare la panna dalle mer<strong>in</strong>ghe <strong>sul</strong> suo<br />

abit<strong>in</strong>o grazioso. Con mira migliore, come era sua <strong>in</strong>tenzione, lui avrebbe eroicamente<br />

salvato il bombolone alla crema dalle gr<strong>in</strong>fie del pavido Luig<strong>in</strong>o e lo avrebbe offerto a<br />

lei, sapendo che si trattava del suo pasticc<strong>in</strong>o preferito, e Luig<strong>in</strong>o avrebbe fatto una<br />

bella figura di cacca e lei lo avrebbe guardato con disprezzo, si sarebbe poi girata<br />

verso Saverio, gli avrebbe sorriso e l’avrebbe amato per sempre.<br />

Susanna, Susanna perduta per sempre. Che neanche se n’era accorta, <strong>in</strong> tutta<br />

quella confusione, che il bombolone se l’era mangiato Luig<strong>in</strong>o. E lui, vigliacco com’era,<br />

aveva dato la colpa all’amico e lei, vedendo il vestito sporco di panna e il bombolone<br />

sparito, aveva com<strong>in</strong>ciato a gridare, spruzzando lacrime a iosa. La m<strong>ad</strong>re era accorsa<br />

<strong>ad</strong> offrirle i bignè e le mer<strong>in</strong>ghe superstiti, ma nulla da fare, era quello, l’ultimo<br />

bombolone sparito che lei voleva. La m<strong>ad</strong>re sdraiata per terra cercava magari un<br />

residuo, Luig<strong>in</strong>o f<strong>in</strong>gendo, il vigliacco, cercava di dietro ai cappotti. A nulla valse<br />

spiegare che ormai era perso per sempre. L’ape reg<strong>in</strong>a pestava i piedi, rossa come<br />

una spremuta di arance rosse, voleva il suo bel bombolone.<br />

Dopo tre ore e quaranta, la rabbia sembrava assopita. Sapeva che non sarebbe<br />

potuto restare lì molto più a lungo. Sua m<strong>ad</strong>re sarebbe arrivata, gli avrebbe fatto “cucù<br />

dove sei” dietro la porta, la prima, sotto il <strong>letto</strong>, la seconda e ovviamente lì dentro, la<br />

terza. Lui avrebbe detto non voglio più uscire, lei avrebbe detto no dai. Questo per tre<br />

quattro volte e poi giù scappellotti di santa ragione. Lui avrebbe stretto un po’ i denti,<br />

poi avrebbe reagito di forza, sarebbe scappato <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a, lei lo avrebbe <strong>in</strong>seguito, giro<br />

del tavolo <strong>in</strong> senso orario, blocco <strong>sul</strong>le dodici e trenta, giro del tavolo <strong>in</strong> senso<br />

antiorario, guarda che se ti acchiappo ti pelo, tanto tu non mi prendi. Uffa che noia, la<br />

solita storia, meglio che esca da solo, meglio che l’amore passi, tanto è una cosa<br />

cret<strong>in</strong>a. Pensa a Susanna che brutta, pensa Susanna cicciona. Pensa, ma la cena fa<br />

schifo: non passa, non passa dal gozzo.


Giovedì 1 marzo, terzo banco <strong>in</strong> terza fila, il cuore di Saverio palpita a mille, quando<br />

la vede arrivare e prendere il suo posto nel primo banco <strong>in</strong> prima fila. Lui la spia lungo<br />

la diagonale schivando il profilo agitato di Luca e il dondolio lento della Barbetti.<br />

Vorrebbe ritirare il pacchetto, ormai però è troppo tardi. Il sangue gli prende a girare al<br />

contrario, affluisce tutto nel cuore e lo gonfia come un pallone. Rosso che sembra un<br />

semaforo rosso, mentre cont<strong>in</strong>ua a spiare, nascosto dalla Barbetti, prova a immag<strong>in</strong>are<br />

la faccia che starà facendo dietro le trecce rifatte di fresco. Ecco..., ha visto il<br />

pacchetto..., ecco... lo tocca..., lo apre... Saverio vuole morire. Adesso. D’un colpo.<br />

Vuole sparire di scena per sempre. Ma come può <strong>esser</strong>gli venuto <strong>in</strong> mente di fare una<br />

cosa così, rubare tre euro dal primo cassetto, uscire di casa da solo un po’ prima,<br />

passare al negozio della Camilla, tornare mentre sua m<strong>ad</strong>re è ancora <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a a<br />

preparargli la colazione, nascondere il pacchetto nello za<strong>in</strong>o, <strong>in</strong> superficie<br />

naturalmente, arrivare a scuola, <strong>in</strong>filare il pacchetto, con attaccato un post it, sotto il<br />

banco della Susanna senza farsi vedere, andare al suo posto e aspettare? Come ha<br />

potuto?...Ecco che l’ha scartocciato...c’ha pure <strong>in</strong>filato un dit<strong>in</strong>o. Ecco che legge il post<br />

it. Aiuto, si gira! Saverio sprofonda, Susanna lo cerca ondeggiando tra vari profili, si<br />

ch<strong>in</strong>a lo cerca tra scarpe e calz<strong>in</strong>i, lo vede là dietro sdraiato per terra. Con gli occhi<br />

impietriti la vede anche lui... ma no, non ci crede, lei sta sorridendo, gli dice qualcosa,<br />

che cosa? dai gesti labiali si legge: “ANCH’IO”.


CHIARA COSTANTINO<br />

La nostra vita vera<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Saverio si chiudeva spesso dentro quell'arm<strong>ad</strong>io. Non ricordava bene nemmeno lui da quando<br />

avesse preso quell'abitud<strong>in</strong>e, forse da quando era riuscito a reggersi <strong>sul</strong>le gambe e la sua man<strong>in</strong>a<br />

aveva avuto abbastanza forza da str<strong>in</strong>gersi attorno alla maniglia e tirare <strong>in</strong> avanti l'anta. Non si<br />

vergognava del suo rifugio, almeno f<strong>in</strong>ché qualcuno non <strong>in</strong>iziava a farglielo notare con <strong>in</strong>sistenza,<br />

come sua m<strong>ad</strong>re. Lei non sopportava la via di fuga che il bamb<strong>in</strong>o prendeva ogni qualvolta ci fosse<br />

un problema, aveva m<strong>in</strong>acciato diverse volte di smantellare lo scatolone di truciolato impiallacciato<br />

color noce preso al mercatone anni prima e buttarlo via. Saverio si era sentito morire, come se una<br />

strega perfida gli avesse conficcato le unghie acum<strong>in</strong>ate nel petto e avesse fatto forza per aprirsi<br />

un varco nello sterno e strappargli il cuore. La mamma voleva rimpiazzare l'arm<strong>ad</strong>io con una<br />

specie di espositore d'abiti per negozio, con la scusa che sarebbe stato più comodo per Saverio<br />

avere tutti i vestiti a vista, lui che la matt<strong>in</strong>a era sempre di corsa. Per fortuna quel progetto malefico<br />

sembrava per il momento rientrato, sepolto dall'ennesima mole di problemi familiari che dovevano<br />

affrontare.<br />

Saverio <strong>in</strong> fondo <strong>in</strong> fondo era conv<strong>in</strong>to che un arm<strong>ad</strong>io-rifugio fosse necessario a tutti, pers<strong>in</strong>o a<br />

sua m<strong>ad</strong>re: le avrebbe fatto bene, ogni tanto, staccare la sp<strong>in</strong>a, chiudersi <strong>in</strong> un luogo buio, caldo e<br />

sicuro, e attendere che qualche buona idea o una semplice, benefica rassegnazione<br />

sopraggiungesse. La mamma <strong>in</strong>vece urlava ma non scappava via come nei film, sbattendo la porta<br />

e chiudendosi <strong>in</strong> un'altra stanza o uscendo di casa: lei restava e ti costr<strong>in</strong>geva a guardarla,<br />

piazzandoti nei <strong>tuo</strong>i gli occhi <strong>in</strong>iettati di sangue, spalancati come quelli di un drago sputafuoco. A<br />

volte Saverio restava <strong>in</strong> attesa del fumo dalle narici, ma quello non arrivava mai. Il bamb<strong>in</strong>o sapeva<br />

che la mamma non era cattiva ma solo molto stressata, come dicevano le sue amiche, stressata<br />

per quello stronzo di suo p<strong>ad</strong>re, anche questa def<strong>in</strong>izione delle quattro che piombavano a casa<br />

loro ogni sabato sera alla stessa ora. Anche se <strong>in</strong><strong>sul</strong>tavano suo p<strong>ad</strong>re, a Saverio andava bene<br />

perché almeno quel giorno poteva mangiare una pizza <strong>in</strong>tera, ricoperta delle più mirabolanti<br />

schifezze tutte mescolate <strong>in</strong>sieme, e bere una latt<strong>in</strong>a di coca cola tutta da solo, perché le amiche<br />

materne ord<strong>in</strong>avano quello che voleva e la mamma era troppo presa a sfogarsi per imporre a tutti<br />

del cibo sano e naturale.<br />

Nelle ultime settimane, dopo che si era smorzato l'allarme Serena ossia sua sorella, le cose<br />

sembravano migliorate, almeno f<strong>in</strong>o a quell'anomalo 29 febbraio. La mamma aveva smesso di<br />

piangere <strong>in</strong> camera sua, di sollevare il telefono, comporre il numero della figlia e ricoprirla di <strong>in</strong><strong>sul</strong>ti,<br />

entrare <strong>in</strong> camera di Saverio e imporgli di non comportarsi male come avevano fatto il p<strong>ad</strong>re e la<br />

sorella. Forse smontare il <strong>letto</strong> di Serena e buttarlo via l'aveva calmata. Forse Saverio non avrebbe<br />

dovuto andarci a dormire ogni sera dopo la sua partenza, bagnando il cusc<strong>in</strong>o di lacrime. Forse la<br />

mamma lo aveva preso per un nemico, forse si sarebbe calmata prima se avesse ostentato gioia<br />

perché f<strong>in</strong>almente la cameretta era tutta sua.<br />

Sua sorella aveva fatto alla m<strong>ad</strong>re due affronti molto seri: le aveva detto di <strong>esser</strong>e <strong>in</strong>namorata di<br />

un'altra ragazza e, cosa ancora più grave, dopo la scenata era andata a vivere con il p<strong>ad</strong>re. Allo<br />

stronzo, come diceva <strong>ad</strong>esso sua m<strong>ad</strong>re, non era parso vero potere ostentare una f<strong>in</strong>ta modernità<br />

e accogliere la figlia <strong>in</strong> casa come niente fosse: <strong>in</strong> realtà voleva solo metterle i figli contro, usarli<br />

contro di lei, farli diventare suoi nemici. Era tutta colpa sua se la figlia era diventata... quello che<br />

era... perché la m<strong>ad</strong>re certe parole non le usava. Era colpa del p<strong>ad</strong>re, che non c'era mai stato, che<br />

non gli aveva dato un modello di uomo, che gli uom<strong>in</strong>i glieli aveva fatti disprezzare.<br />

Il 29 febbraio era proprio una data anomala. Saverio l'attendeva con ansia da giorni proprio per<br />

questo: l'ultima volta che l'aveva vissuta era troppo piccolo per ricordarsela. Aveva passato una<br />

sera <strong>in</strong>tera chiuso nell'arm<strong>ad</strong>io <strong>in</strong> attesa dello scoccare della mezzanotte, ponendosi un sacco di<br />

domande: ma uno che è nato il 29 febbraio di otto anni fa, domani compirà otto anni tutti <strong>in</strong> un<br />

colpo? Magari è rimasto un bamb<strong>in</strong>o di quattro anni f<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> <strong>ad</strong>esso, poi pum all'improvviso cresce<br />

facendo scricchiolare tutte le ossa e ne compie otto. Oppure li ha compiuti sempre il 1 marzo che<br />

gli hanno firmato un permesso all'ufficio del quartiere e <strong>ad</strong>esso si sentirà realizzato perché fa un


compleanno vero? E uno che è nato quattro anni fa, è stato neonato senza denti con il pannol<strong>in</strong>o<br />

f<strong>in</strong>o a ora?<br />

Il 29 febbraio era anche il giorno <strong>in</strong> cui avrebbe detto a Susanna Gavioli che era <strong>in</strong>namorato di<br />

lei ormai dalla prima elementare qu<strong>in</strong>di era sicuro di volerla sposare. Ne aveva parlato anche con<br />

sua sorella (prima che la m<strong>ad</strong>re la buttasse fuori di casa smontando i suoi mobili) e che gli aveva<br />

detto di farsi avanti, che non bisognava mai nascondere i propri sentimenti, che ogni amore è bello<br />

e va vissuto. E Saverio il suo amore con Susanna l'avrebbe vissuto proprio volentieri! Immag<strong>in</strong>ava<br />

già di andare a prenderla sotto casa e andare a scuola mano nella mano, comprarle un regal<strong>in</strong>o<br />

all'uscita. Magari il sabato sera l'avrebbe <strong>in</strong>vitata a casa a mangiare la pizza, avrebbe fatto vedere<br />

a sua mamma che non tutti gli uom<strong>in</strong>i erano stronzi, lui no, era un bravo bamb<strong>in</strong>o anche se si<br />

rifugiava nell'arm<strong>ad</strong>io. Avrebbe chiesto alla mamma di fare pace con Serena, che <strong>in</strong> fondo non<br />

cambiava niente se stava con un'altra femm<strong>in</strong>a, che era sempre sua figlia come prima. Le avrebbe<br />

chiesto di fare pace con suo p<strong>ad</strong>re, che se proprio non volevano tornare <strong>in</strong>sieme non c'era bisogno<br />

di litigare <strong>in</strong> quel modo e odiarsi come se non si fossero mai amati. Le avrebbe chiesto di andare<br />

<strong>in</strong>sieme al mercatone a vedere se trovavano un arm<strong>ad</strong>io grande da farci entrare dentro tutta la<br />

famiglia riunita, perché un arm<strong>ad</strong>io-rifugio di questi tempi è meglio tenerlo di conto che può sempre<br />

servire. Il 29 febbraio sarebbe cambiato tutto, era il giorno anomalo che avrebbe riportato le cose<br />

alla normalità.<br />

Era andato a scuola motivato ma con una leggera ansia che, con il passare delle ore, rischiava<br />

di diventare terrore puro. La ricreazione sarebbe stata il momento campale, quello <strong>in</strong> cui avrebbe<br />

detto a Susanna di amarla e di voler passare tutta la vita con lei. Si era messo l'abito del<br />

Capodanno a casa con il p<strong>ad</strong>re, con il cravatt<strong>in</strong>o. Sotto aveva la camicia del f<strong>in</strong>to Capodanno del<br />

giorno dopo con la mamma. Le mani gli sudavano e cont<strong>in</strong>uava a stropicciarsele sui pantaloni, nel<br />

vano tentativo di asciugarle. Era già abbastanza penoso <strong>esser</strong>e scrutato di sottecchi dai compagni,<br />

che non si spiegavano perché si fosse vestito così, <strong>in</strong> più Susanna, nel suo banco <strong>in</strong> prima fila,<br />

colpita dal sole, gli sembrava più bella e impossibile che mai. Si chiese come avesse fatto sua<br />

sorella a trovare il coraggio di parlare con la sua ragazza. E soprattutto con la m<strong>ad</strong>re. Si disse che<br />

doveva farcela anche lui per tenere alto l'onore della fratellanza. Mentre si avvic<strong>in</strong>ava a lei con fare<br />

<strong>in</strong>certo, si chiese se millenni prima anche suo p<strong>ad</strong>re si fosse sentito agitato nell'avvic<strong>in</strong>arsi a sua<br />

mamma per la prima volta.<br />

Susanna era di spalle al centro di un gruppetto di bamb<strong>in</strong>e, monopolizzandone l'attenzione.<br />

Tutte pendevano dalle sue labbra e la guardavano estasiate. Stava raccontando di un qualcosa<br />

che le era successo il pomeriggio prima, ma Saverio era troppo r<strong>in</strong>tontito per seguire la<br />

conversazione. Si sentiva come se qualcuno gli avesse ficcato la testa sott'acqua e gli stesse<br />

centrifugando il cervello. Per un attimo ebbe paura che le bamb<strong>in</strong>e ved<strong>esser</strong>o bolle di sapone<br />

sfuggirgli dalle orecchie. Era impalato da troppo tempo, un paio di bamb<strong>in</strong>e si erano accorte della<br />

sua presenza e lo fissavano sospettose. Alla f<strong>in</strong>e ebbe un moto di <strong>in</strong>coscienza e riuscì <strong>ad</strong> allungare<br />

la mano e toccare la spalla di Susanna, costr<strong>in</strong>gendola a voltarsi. Le chiese di poterle parlare, <strong>in</strong><br />

privato. Si sentì orgoglioso di aver potuto sfoderare una frase imparata dai telefilm che seguiva sua<br />

m<strong>ad</strong>re. Fece pers<strong>in</strong>o una pausa a effetto tra le parole “parlare” e “<strong>in</strong> privato”. La paura era quasi<br />

svanita, c'era solo una forte scarica di <strong>ad</strong>renal<strong>in</strong>a lungo la sp<strong>in</strong>a dorsale.<br />

Susanna lo seguì <strong>in</strong> fondo all'aula, con faccia <strong>in</strong>terrogativa. Saverio non la lasciò parlare e disse<br />

tutto d'un fiato che era <strong>in</strong>namorato di lei da sempre e che voleva chiederle ufficialmente di<br />

fidanzarsi. La bamb<strong>in</strong>a restò <strong>in</strong>terdetta, poi abbozzò un sorriso mentre si sedeva a uno degli ultimi<br />

banchi. Le parole che snocciolò lo colpirono con la stessa forza di una scarica di pugnalate. Le<br />

dispiaceva molto. Era car<strong>in</strong>o, ma si era già fidanzata. Il pomeriggio prima. Lo stava raccontando<br />

alle sue amiche. Non aveva sentito? Era stato là mezzora <strong>in</strong> piedi. Con Gianluigi Montanari. Non<br />

poteva mica lasciarlo dopo un giorno. Stavano bene <strong>in</strong>sieme. Felici. Innamorati. Lei era una donna<br />

fedele. Saverio <strong>in</strong>cassò il colpo con una dignità che poi lo avrebbe meravigliato nel ricordarsene.<br />

Le str<strong>in</strong>se la mano, le fece i complimenti. Si dissero due frasi <strong>sul</strong> restare amici come cosa migliore.<br />

Riuscì pers<strong>in</strong>o a f<strong>in</strong>gere <strong>in</strong>teresse nelle lezioni successive. Al ritorno a casa, tirò un sospiro di<br />

sollievo nel trovare un post-it della m<strong>ad</strong>re che avvisava di un turno cambiato e del suo ritorno solo<br />

<strong>in</strong> serata. Si chiuse immediatamente nell'arm<strong>ad</strong>io.<br />

Forse dormì, forse gli sembrò soltanto. I vestiti si erano staccati dalle grucce e gli si erano stretti<br />

<strong>in</strong>torno <strong>in</strong> un abbraccio dolciastro di ammorbidente e naftal<strong>in</strong>a, <strong>in</strong>iziando a cullarlo. Una striscia di<br />

luce che filtrava da sotto le ante gli accarezzava i piedi dolcemente, ma senza opprimerlo. 29<br />

febbraio: il mondo cont<strong>in</strong>uava <strong>ad</strong> andare male. Susanna l'aveva rifiutato. Non vedeva suo p<strong>ad</strong>re da


Capodanno. Non vedeva sua sorella dal 15 gennaio, ore 14.37 quando sua m<strong>ad</strong>re l'aveva cacciata<br />

fuori di casa. Sua m<strong>ad</strong>re abitava con lui, non viveva con lui. Ma era mai possibile stare male così a<br />

soli otto anni? Come ci sarebbe arrivato a diciotto? Come aveva fatto sua sorella? Doveva<br />

scappare di casa? Magari la famiglia si sarebbe riunita, sarebbero andati a Chi l'ha visto per<br />

mandargli un messaggio e dirgli che da quel momento non avrebbero più litigato, anche se le loro<br />

str<strong>ad</strong>e si erano divise. Perché prima o poi bisogna lasciare andare gli altri se non si va d'accordo.<br />

Ma si può restare amici, lui e Susanna <strong>in</strong> fondo l'avevano fatto. Lui e Susanna erano stati due<br />

<strong>ad</strong>ulti civili, come dicevano nei telefilm. Non avevano urlato. Non si erano tirati <strong>ad</strong>dosso i regali.<br />

Non si erano tirati i figli da una parte e dall'altra (anche perché non ne avevano).<br />

Un suono metallico lo riscosse: la cerniera mai oliata dell'anta. Era Serena. Gli chiese<br />

meravigliata da quanto tempo stesse là dentro. Era tornata a prendere le cose rimaste, quelle che<br />

Saverio aveva salvato nascondendole nel suo arm<strong>ad</strong>io. Lo abbracciò mentre lui si stropicciava gli<br />

occhi e raccontava di Susanna, della mamma, del papà, di quanto lei gli mancasse. La sorella<br />

sorrise, gli disse di venire fuori e di avere pazienza. Di non mollare. Che non si poteva restare<br />

chiusi <strong>in</strong> un arm<strong>ad</strong>io tutta la vita, anche se ogni tanto serviva a ricaricare le pile. Dopo bisognava<br />

spalancare le ante, fare un respiro a pieni polmoni e vivere la nostra vita vera.


ELENA FERRARIS & MAURIZIO ROCCATO<br />

Spunti<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

“Saverio, Sa ve rio, Sa ve rio, borlotto, è un fagiolo e fa pettare, fa pet ta re”, questa tiritera era<br />

la solita solfa che Saverio subiva ogni matt<strong>in</strong>a dalla prima elementare, <strong>in</strong>sieme a “Saverio,<br />

Saverione è un grasso coglione, gras so co glio ne”, oppure “Bortolotti ciccione ti scoppia il culo<br />

lardone”.<br />

Rime baciate, rime odiate, giochi fra bamb<strong>in</strong>i, ma macigni che, <strong>in</strong>sieme ai chilogrammi <strong>in</strong> più si<br />

portava dietro a fatica come un <strong>in</strong>tralcio che nessuna dieta avrebbe ridotto.<br />

Ogni matt<strong>in</strong>a Susanna passava a prenderlo e <strong>in</strong>sieme andavano a scuola a piedi <strong>in</strong> centro<br />

paese. Susi, figlia di cari amici dei genitori di Saverio, era come uscita da una pubblicità; bionda,<br />

lunghe trecce, calz<strong>in</strong>i bianchi arrotolati alle caviglie e gonnell<strong>in</strong>o blu plissettato che si muoveva<br />

senza malizia <strong>ad</strong> ogni ondeggiamento dei fianchi. I suoi occhioni blu cielo facevano contrasto con<br />

quelli neri di Saverio e, visti da dietro mentre si avviavano a scuola, si sarebbe detto non av<strong>esser</strong>o<br />

la stessa età; lei m<strong>in</strong>uta e piccola, lui più alto di due spanne e con una cartella enorme nera con<br />

demoni che spuntavano fuori da ogni dove. Anche la camm<strong>in</strong>ata apparteneva a due razze diverse<br />

della stessa specie. Lei leggera sfiorava l’asfalto, lui pesante quasi lasciava l’impronta.<br />

La matt<strong>in</strong>a del 29 febbraio, come ogni matt<strong>in</strong>a, Susi suonò il campanello di Saverio e, come<br />

ogni matt<strong>in</strong>a, <strong>in</strong> casa rimbombò il latrato di Perry, il carl<strong>in</strong>o e, come ogni matt<strong>in</strong>a, la m<strong>ad</strong>re di<br />

Saverio urlò nelle tromba delle scale “Amore, c’è la Sus<strong>in</strong>a, scendi, Saverio, non fare aspettare la<br />

Susi, scendi, Saverio, dai che sei lento”, il tutto <strong>in</strong> sequenza così serrata da non lasciar tempo al<br />

bamb<strong>in</strong>o di rispondere. Con la testa avvolta dagli abiti, Saverio, ancora <strong>in</strong> pigiama, era chiuso<br />

nell’arm<strong>ad</strong>io <strong>in</strong> g<strong>in</strong>occhio e di lì non aveva <strong>in</strong>tenzione di uscire.<br />

“Susi, tesoro, Saverio si deve <strong>esser</strong>e ri<strong>ad</strong>dormentato, <strong>in</strong>izia <strong>ad</strong> andare, ti raggiunge”, disse sua<br />

m<strong>ad</strong>re <strong>sul</strong>la soglia. “Lo aspetto Carmen, non voglio fare la str<strong>ad</strong>a sola”. “Allora entra, vuoi una<br />

spremuta?”.<br />

Cercarono Saverio per le successive otto ore. Nel mentre <strong>in</strong> cui il commissario, tirando un calcio<br />

sotto il tavolo a Perry per farlo sloggiare, stava <strong>in</strong>terrogando suo p<strong>ad</strong>re, un boato al piano<br />

superiore li fece correre su per le scale f<strong>in</strong>o alla stanza da <strong>letto</strong> del bamb<strong>in</strong>o.<br />

Fu un rumore di quelli che rimbombano riecheggiando nell’aria estendendo il suono robusto ai<br />

timpani per poi sparire immediatamente come mai esistiti. Il commissario, pistola alla mano, si<br />

fiondò con circospezione <strong>in</strong> camera, trovò l’arm<strong>ad</strong>io riverso e Saverio con un braccio rotto e un<br />

trauma cranico che piangeva imprigionato dentro. La struttura <strong>in</strong>terna non aveva retto il peso e si<br />

era spaccata a metà, nessuno avrebbe pensato che un bamb<strong>in</strong>o di ottant<strong>ad</strong>ue chilogrammi<br />

potesse entrare nel m<strong>in</strong>uscolo arm<strong>ad</strong>io a un’anta della sorell<strong>in</strong>a di due anni.<br />

A metà Marzo, Susi suonò alle ore 07,45.<br />

“Saverio, amore della mamma, c’è la Sus<strong>in</strong>a, vieni che ti aiuto a far passare il gesso nella<br />

giacca”. Ma Saverio non rispose.<br />

“Saveriooooo”. E Saverio non rispose. Alla qu<strong>in</strong>ta volta barcollò giù dalle scale sbilanciato<br />

goffamente dal gesso e scese <strong>in</strong> str<strong>ad</strong>a con Susi.<br />

“Zecca <strong>in</strong>fettata, brufolo di culo, lesbico grassone e io l’ho detto a tutti che ti sei <strong>in</strong>namorato del<br />

maestro e gli fai i disegni con i cuori e lui ti ha messo <strong>in</strong> castigo nell’angolo <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o” gli disse<br />

Susi a bassa voce. E lui, come sempre, non reagì e non abbassò lo sguardo, poiché non lo aveva<br />

mai staccato dalla str<strong>ad</strong>a. “Pettone gigante, sei lesbico, io l’ho <strong>letto</strong> dalla parrucchiera di mia zia,<br />

sei lesbico perché vuoi baciare un uomo oppure sei una donna e non hai il pisello”.<br />

Per molto tempo Saverio rimosse quegli anni, f<strong>in</strong>ché un giorno d’impulso scrisse <strong>in</strong> un motore di<br />

ricerca “lesbico” e rise con <strong>in</strong> testa già una nuova storia.<br />

[lè-sbi-co] agg. (pl.m. -ci, f. -che)<br />

• 1 Dell'isola greca di Lesbo<br />

• 2 Relativo all'omosessualità femm<strong>in</strong>ile: amore l.<br />

Una sera di due anni dopo comprò una bambola alla piccola Lucia per <strong>ad</strong>dolcire la serata con la<br />

babysitter, e portò a cena fuori il suo compagno, al dolce gli diede un lungo bacio con la l<strong>in</strong>gua, da<br />

far arrossire il suo editore seduto di fronte. All’uscita firmò qualche copia del suo ultimo romanzo


satirico, già best seller “Bamb<strong>in</strong>i stronzi aiutano a crescere”, sottotitolo “Sus<strong>in</strong>a è una prugna, e fa<br />

cagare”.


LORETTA FUSCO<br />

Tanto rumore…per nulla<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

E dire che quello avrebbe dovuto <strong>esser</strong>e un giorno speciale, se lo ricordava appena il suo ultimo<br />

compleanno, il 29 febbraio di quattro anni prima, che fosse un anno bisestile lo avrebbe capito col<br />

tempo, ricordava solo che era vestito da Zorro e che alla sua festicciola, tanto rise, che gli occhi<br />

impiastricciati di nero, com<strong>in</strong>ciarono a bruciargli così forte da dover ricorrere alle coccole di Susanna,<br />

l’amica francobollo di sua sorella, otto anni più grande di lui.<br />

Ed ecco che a rov<strong>in</strong>argli la festa questo 29 febbraio ci si era messa proprio Gemma, sua sorella,<br />

un torn<strong>ad</strong>o dagli occhi azzurri che aveva pensato bene, conoscendo la sua curiosità e malizia di<br />

bamb<strong>in</strong>o, di farlo assistere alle schermaglie amorose tra lei e Guido, suo aspirante moroso, che<br />

però non se la filava troppo e allora si <strong>in</strong>ventò un gioco scaramantico chiudendo suo fratello<br />

nell’arm<strong>ad</strong>io e sperando che questa cosa, come per magia, potesse sp<strong>in</strong>gere Guido a chiederle di<br />

mettersi <strong>in</strong>sieme.<br />

Saverio poteva sentire le voci dei suoi amici che si divertivano a giocare con la playstation mentre<br />

lui, <strong>in</strong> silenzio, nel buio dell’arm<strong>ad</strong>io, si era accucciato, per poter più comodamente assistere a una<br />

scenetta che si preannunciava gustosa non tanto però da fargliela preferire alla compagnia dei<br />

suoi amici.<br />

“Ti piaccio?” La voce di Gemma, un sussurro, era rivolta a un Guido stralunato, seduto <strong>sul</strong> <strong>letto</strong>,<br />

le lunghe gambe abbandonate che non sapevano trovare una posizione.<br />

Lei, <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiata <strong>sul</strong> pavimento, accanto a due piedoni affondati <strong>in</strong> un paio di scarpe Nike<br />

d’ord<strong>in</strong>anza si era fatta scivolare volutamente una spall<strong>in</strong>a della camiciola tanto che da sotto il<br />

cardigan affiorava un filo di pizzo nero nettamente <strong>in</strong> contrasto con i colori dell’<strong>in</strong>sieme.<br />

“Giochi a tennis?” rispose lui con un’altra domanda, aria svagata, occhi puntati su una racchetta<br />

appoggiata <strong>ad</strong> un angolo della stanza. Era visibilmente turbato ma non lo dava a vedere. Non era<br />

preparato a quella esplicitazione visiva e verbale piombata all’improvviso, tanto più che era fortemente<br />

preso da Susanna, l’amica, che, guarda caso, non se lo filava per niente.<br />

Gemma, naso arricciato, visibilmente delusa, aggiustandosi la spall<strong>in</strong>a, con forzata naturalezza rispose<br />

acida:<br />

“No, è di mio fratello, caspita non si capisce che è la stanza di un maschio?”<br />

Saverio <strong>in</strong>tanto, da dentro quella scatola chiusa com<strong>in</strong>ciava a dare segni di irrequietezza, tanto più<br />

che la posizione <strong>in</strong>naturale e la scena <strong>in</strong>sipida non giustificavano la sua r<strong>in</strong>uncia a cose più piacevoli.<br />

Ma come fare, visto che quei due cont<strong>in</strong>uavano a confabulare, a voce bassissima ora e sua sorella<br />

probabilmente si era dimenticata di lui?<br />

E poi, i suoi amici, a quest’ora si sarebbero dovuti accorgere che mancava e le patat<strong>in</strong>e, la coca<br />

cola, la torta…<br />

“Ma dov’è Saverio?” Le parole di Susanna, entrata nella camera senza bussare li colse impreparati<br />

e mentre Gemma con grande faccia tosta si guardava attorno stupita, gli altri due erano usciti a<br />

cercarlo.<br />

Gemma <strong>in</strong>tanto cercava di aprire l’arm<strong>ad</strong>io sommersa dagli <strong>in</strong><strong>sul</strong>ti di Saverio che le dava<br />

dell’<strong>in</strong>capace perché la chiave si era <strong>in</strong>ceppata.<br />

Il rumore metallico dei giri nella toppa e gli improperi che provenivano dall’<strong>in</strong>terno fecero accorrere<br />

un po’ tutti ma una volta uscito Saverio non si seppe mai il perché e il per come di quel bizzarro<br />

fuori programma.


MARIA ELISABETTA MANCINI<br />

Prova d’amore<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Prova d’amore, aveva detto quel morbido <strong>in</strong>sieme di sorrisi e frasi pungenti che era nei suoi<br />

pensieri da un bel po’.<br />

Che poi morbida Saverio se la immag<strong>in</strong>ava soltanto, sotto le magliette sportive e i jeans larghi.<br />

F<strong>in</strong>ora, il massimo del contatto era stata una stretta di mano a scuola durante un gioco.<br />

Che brivido lungo la schiena! Forse per l’anello di lei, la cui pietra girata non si sa perché<br />

verso l’<strong>in</strong>terno si era piantata nel palmo della sua destra?<br />

Lui preferiva credere che fosse il segnale di un sentimento pronto a sbocciare.<br />

Etciù !<br />

Allergia. Saverio si asciuga il naso, tastando nel buio, col primo tessuto che <strong>in</strong>contra. Liscio e<br />

freddo che non assorbe neanche. Oddio, non sarà la sua giacca verde, quella che Susanna dice<br />

che lo fa sembrare un lucertolone?<br />

Risale dal fondo della manica e alla curva dell’ascella un piccolo varco nella cucitura da la<br />

triste conferma.<br />

Pazienza, tanto lava mamma. Ma sai quanto rompe! Già se la vede a corrergli dietro per la casa<br />

sventolando il corpo del reato, mentre lui fa versi strani, le mani <strong>sul</strong>le orecchie.<br />

Prova d’amore, sì.<br />

Quando una donna te la chiede bisogna accontentarla. A dire la verità ha sentito parlare di<br />

questa cosa, che la doveva chiedere il nonno alla nonna, l’uomo alla donna. Non aveva capito<br />

granché, ma gli pareva un fatto serio, visto che la mamma aveva fatto gli “occhiacci” a tavola a<br />

papà e, schiarendosi la voce, aveva cambiato discorso.<br />

- Allora se mi ami ti chiudo <strong>in</strong> un posto e tu ci stai f<strong>in</strong>ché lo dico io.<br />

Ecco le parole di Susanna, uscite dalla sua bocca sporca di cioccolata, <strong>in</strong> questo pomeriggio<br />

di festa.<br />

Compleanno. L’ottavo per Saverio. Oggi reale, dato che un dest<strong>in</strong>o crudele lo ha fatto nascere <strong>in</strong><br />

un giorno tanto antipatico da tornare solo ogni quattro anni. Ma come si fa a nascere il 29 febbraio<br />

che non c’è neanche nelle filastrocche che dici per ricordarti la lunghezza dei mesi? E poi se hai<br />

una prozia superstiziosa come zia Giac<strong>in</strong>ta ti senti <strong>in</strong> colpa perché ‘sto giorno fa diventare l’anno<br />

bisestile, che porta tante disgrazie!<br />

Ma torniamo a noi.<br />

Mani sui fianchi, gambe divaricate, gli occhi azzurri puntati più <strong>in</strong> alto <strong>in</strong> quelli del suo<br />

spasimante, Susanna aveva lanciato la sfida.<br />

Saverio avrebbe voluto <strong>esser</strong>e al buio, come ora, per evitare quello sguardo che lo faceva<br />

arrossire. E che gli faceva battere il cuore come la prima volta.<br />

Un giorno di scuola qualunque. Cortile pieno di bamb<strong>in</strong>i urlanti con <strong>in</strong>tensità della voce<br />

proporzionale alla classe frequentata. Dai silenziosi prim<strong>in</strong>i ai più sicuri della qu<strong>in</strong>ta, Saverio si<br />

collocava <strong>in</strong> un giusto mezzo fatto di battute, risate e quant’altro. L’<strong>in</strong>contro con l’amato bene, di un<br />

anno più grande, era avvenuto <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>dimenticabile , soprattutto per Saverio, rimasto dolorante<br />

per giorni. Inciampato nello za<strong>in</strong>o di un compagno, era f<strong>in</strong>ito lungo disteso davanti a Susanna,<br />

che prima aveva f<strong>in</strong>to di non accorgersene poi, al suono della campanella, aveva dovuto<br />

rimuovere il problema.<br />

- Allora, ti cavi dai piedi? aveva detto.<br />

Suo p<strong>ad</strong>re sosteneva di <strong>esser</strong>e attratto dalle donne forti, gr<strong>in</strong>tose e più grandi di lui. Amava la<br />

competizione, diceva. Saverio era già, <strong>sul</strong>le sue orme. Aveva capito che quella bamb<strong>in</strong>a di cui<br />

tutto gli piaceva “doveva <strong>esser</strong>e sua” ( l’aveva sentito <strong>in</strong> TV).<br />

Amava di lei quel modo di vestire non formale (era bello <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>are la sua colazione<br />

osservando le macchie <strong>sul</strong>la felpa)<br />

Adorava quel suo fare sicuro, quando gli ord<strong>in</strong>ava di portarle <strong>in</strong> fretta qualcosa.<br />

Riconosceva tra mille la sua risata, che seguiva le barzellette di cui lui era protagonista, cosa<br />

che lo aveva reso popolare.<br />

Nei corridoi, piuttosto che nel parchetto a fianco o <strong>in</strong> palestra, il suo nome era noto ai più.


Questo grazie a lei.<br />

Il tempo passava e l’amore per la bella Susanna cresceva. Sp<strong>in</strong>to da un compagno impiccione,<br />

un giorno Saverio si era dichiarato. Poche le parole lette da lei, tra l’ilarità dei presenti.<br />

- Sono <strong>in</strong>namorato di te. Vuoi <strong>esser</strong>e la mia fidanzata?<br />

E oggi per Susanna era venuto il momento della risposta. E dell’idea geniale.<br />

A nulla erano valse le lamentele del festeggiato.<br />

Dai, proprio oggi che ho <strong>in</strong>vitato tanti amici, che devo ancora aprire i regali e dopo poi si<br />

accorgono che non ci sono e mi mangiano tutte le patat<strong>in</strong>e e i pop-corn…<br />

- Quando esce la torta vedrai che sei già fuori. gli aveva detto Susanna sp<strong>in</strong>gendolo<br />

nell’arm<strong>ad</strong>io.<br />

E aveva pure girato la chiave.<br />

Etciù !<br />

Nuovo starnuto. Polvere e odore di “Arbre magic” per coprire il tanfo delle Nike, sono micidiali<br />

per le narici di Saverio.<br />

Uffa. Vorrebbe solo godersi la festa.<br />

Si tocca un labbro. Ci voleva anche l’herpes. E se la bacio? Ma come la bacio? Una volta suo<br />

cug<strong>in</strong>o, tredici anni, gli aveva promesso assistenza e aiuto.<br />

- Niente paura. Tu me lo dici e io ti <strong>in</strong>segno. Ci vuole classe, decisione e il movimento giusto.<br />

Poi aveva tirato fuori la l<strong>in</strong>gua. Saverio non aveva capito niente. Non aveva approfondito il<br />

discorso e <strong>ad</strong>esso era <strong>in</strong> crisi.<br />

La schiena com<strong>in</strong>cia a dolergli. Avesse ascoltato sua m<strong>ad</strong>re che voleva la cab<strong>in</strong>a arm<strong>ad</strong>io,<br />

<strong>ad</strong>esso potrebbe stare bello dritto. Lui, <strong>in</strong>vece, aveva preferito un ripiano più grande per il P.C.<br />

Hanno ragione i grandi a dire che il computer fa male!<br />

Però è molto fiero dei suoi centotrentac<strong>in</strong>que centimetri. E’ il più alto della classe e sembra<br />

anche più grande d’età. Non è poco, quando si deve colpire una ragazza.<br />

E quanto gli piace quando Susanna lo guarda di sotto <strong>in</strong> su’.<br />

Saverio si gira a fatica <strong>in</strong> mezzo a grucce e abiti. Sente qualcosa di duro: il pallone da basket.<br />

La sua passione. E che tiro da tre domenica scorsa! Eh, <strong>sul</strong>la lunetta lui è un grande. Chissà se a<br />

Susanna piacciono gli sportivi. Magari una di queste domeniche la <strong>in</strong>vita. Non è necessario che<br />

pianga come mamma a ogni canestro, però un bell’applauso <strong>in</strong> piedi gli piacerebbe.<br />

La pancia brontola. Saverio Immag<strong>in</strong>a lungo la gola il fresco pizzicore di una Coca.<br />

Invece dei begli occhi di Susanna vede bignè e pizzette, mentre un nuovo stimolo avanza<br />

prepotente.<br />

Quant’è che non fa pipì?<br />

Stava entrando <strong>in</strong> bagno, quando il campanello, lo aveva fermato.<br />

Ruben, compagno di scuola moldavo, terrore dei compleanni perché spietato divoratore di<br />

snack , era <strong>sul</strong>la porta.<br />

Non volendolo perdere d’occhio , aveva rimandato il tutto, poi se n’ era dimenticato.<br />

Ora ansia e un po’ di paura premono laggiù <strong>in</strong> basso.<br />

Saverio sente un rumore. Qualcuno è <strong>in</strong> camera sua.<br />

- Dai, vieni che non vede nessuno.<br />

- Ok.<br />

Due voci. La femm<strong>in</strong>a parla, il maschio risponde.<br />

Saverio trattiene il fiato (oltre al resto). Schiaccia l’orecchio contro l’arm<strong>ad</strong>io.<br />

Silenzio.<br />

La paura lo assale e cambia <strong>in</strong> grida i pensieri di un <strong>in</strong>namorato geloso.<br />

- Lasciala stare! Non toccarla!<br />

E giù pugni che scuotono l’arm<strong>ad</strong>io.<br />

In un lampo la prigione si spalanca. Saverio ha davanti Sara e Paolo, stralunati amici, colpevoli<br />

solo di aver preparato una sorpresa al festeggiato.<br />

- Che ci fai lì dentro? è quasi un coro.<br />

- Poi vi spiego. risponde scappando via, rosso <strong>in</strong> viso, la lampo dei pantaloni già scesa.<br />

Pochi m<strong>in</strong>uti ed è aria nuova. Lavandosi le mani, sollevato, Saverio guarda l’orologio. E’ stato al<br />

buio neanche mezz’ora.<br />

Entra <strong>in</strong> sala. Si sente diverso. Le forti esperienze aiutano a crescere (anche questa l’ha sentita<br />

<strong>in</strong> famiglia)


Chiacchiere e musica alta (un’idea di Lucio, il fratello più grande). Pallonc<strong>in</strong>i qua e là. Briciole e<br />

nocciol<strong>in</strong>e per terra. Forse non si sono accorti di nulla.<br />

La mano <strong>sul</strong>lo stipite della porta, Saverio cerca la sua amata.<br />

Susanna è alle prese con un tramezz<strong>in</strong>o. I funghetti cercano la fuga, terrorizzati da quella bocca<br />

spalancata e atterrano <strong>sul</strong>la maglietta <strong>in</strong>sieme a un po’ di maionese.<br />

Sara è vic<strong>in</strong>a a lei. Quasi scompare. Susanna non ama i confronti e, abilmente, ha fatto <strong>in</strong>vitare<br />

a Saverio solo un’altra bimba. Piccola, brutt<strong>in</strong>a e soprattutto già impegnata.<br />

Lui si avvic<strong>in</strong>a con fare tremante, ma conv<strong>in</strong>to.<br />

- Allora? le chiede<br />

Susanna risponde con un distratto :<br />

- Si può fare.<br />

Buio di nuovo. Otto candel<strong>in</strong>e illum<strong>in</strong>ate entrano <strong>in</strong> sala <strong>in</strong>sieme a un coro di “Tanti auguri a te”.<br />

Saverio str<strong>in</strong>ge la mano della sua fidanzata e respira profondamente. Non sa se per la grande<br />

emozione o per soffiare <strong>sul</strong>la torta.<br />

Sorride. Comunque v<strong>ad</strong>a sarà un successo!


MARIA GRAZIA GAGLIARDI<br />

Quello che farò da grande<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto,<br />

si trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Anche quel giorno, uscendo da scuola, aveva provato <strong>ad</strong> avvic<strong>in</strong>arla, ma lei vedendolo gli<br />

aveva voltato le spalle e aveva chiamato le sue amiche allontanandosi con loro, come per<br />

farglielo capire, che non voleva proprio sapere niente di lui. E allora Saverio, dopo il pranzo –<br />

scarso, non aveva fame – si era chiuso nel suo arm<strong>ad</strong>io e si era messo a pensare a che<br />

poesie d’amore avrebbe potuto scriverle per farle capire tutto il suo dolore. Ma forse lei non<br />

le avrebbe nemmeno lette. Sospirò. Non si stava male, lì, al buio ma al calduccio. Proprio<br />

come loro. Beh, non proprio, pensò poi. Lui nell’arm<strong>ad</strong>io ci era andato di sua volontà, loro<br />

non avevano mica scelto di <strong>esser</strong>e r<strong>in</strong>chiusi. Con la volubilità tipica dei bamb<strong>in</strong>i, si era già<br />

scordato delle poesie d’amore che proprio non erano cosa per lui, (per il momento si era<br />

scordato anche di Susanna!) ed era tornato col pensiero a ciò che più lo <strong>in</strong>teressava.<br />

Spalancò le ante dell’arm<strong>ad</strong>io e corse al telefono.<br />

“Massimo, sei pronto?” disse, al suo migliore amico “Andiamo alla capanna.”<br />

“Ok,” rispose lui “possono venire anche Marco e Giacomo? Vogliono vedere se si sono<br />

svegliati.”<br />

“D’accordo,” Saverio riagganciò, prese un po’ di carta e fece piccoli cartocci, uno con briciole<br />

di pane, uno con due pezzett<strong>in</strong>i di mac<strong>in</strong>ato presi dal frigo, e uno con la mezza mela che<br />

aveva lasciato a pranzo.<br />

“Mamma, v<strong>ad</strong>o alla capanna,” disse mentre usciva.<br />

“Va bene,” rispose lei che comunque aveva già sentito la telefonata, e che sapeva cos’era la<br />

capanna: non un tugurio costruito dai bamb<strong>in</strong>i, ma la vecchia bottega da barbiere di suo<br />

p<strong>ad</strong>re, <strong>in</strong> legno, ma ancora <strong>in</strong> ottimo stato, perché lui la custodiva anche dopo <strong>esser</strong>e andato<br />

<strong>in</strong> pensione. Inoltre lui aveva <strong>in</strong>segnato bene a Saverio ciò che poteva o non poteva fare là<br />

dentro, e per quel che riguardava la passione del bamb<strong>in</strong>o… la assecondava pienamente,<br />

anzi lei sospettava che fosse stata una passione anche di papà, quand’era giovane. Prima o<br />

poi glielo avrebbe chiesto.<br />

Passò febbraietto, corto e maledetto, ancora più <strong>in</strong>stabile climaticamente, <strong>in</strong> quell’anno<br />

bisestile. La primavera arrivò improvvisa, <strong>in</strong> anticipo, rallegrando animali e bamb<strong>in</strong>i. Il gruppo<br />

di maschietti ora andava sempre più spesso alla capanna,, anche durante la ricreazione,<br />

quando i ragazzi uscivano <strong>in</strong> cortile, poiché la costruzione era vic<strong>in</strong>issima alla scuola. Le<br />

bamb<strong>in</strong>e formavano un gruppetto <strong>in</strong> disparte, con i loro giochi, ed era <strong>in</strong>negabile che<br />

Susanna fosse un po’ la capogruppo, forse perché anche lei a scuola era brava (la più brava<br />

delle femm<strong>in</strong>e, mentre Saverio era tra i maschietti migliori), ma soprattutto perché era<br />

<strong>in</strong>discussamente la più bella, con quei grandi occhi azzurri e i riccioli dorati. Tuttavia<br />

Susanna cont<strong>in</strong>uava a ignorare Saverio e il suo amore disperato: perché questo ormai era<br />

chiaro a tutti, impossibile che non lo fosse anche a lei. No, semplicemente non lo ricambiava.<br />

Le bamb<strong>in</strong>e, però, com<strong>in</strong>ciavano <strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e <strong>in</strong>curiosite dall’andirivieni dei maschietti alla<br />

capanna, stuzzicate dal mistero che essa nascondeva. Oltretutto sapevano benissimo che<br />

<strong>ad</strong> alimentarlo era Saverio, non solo perché la capanna era di suo nonno, ma perché era<br />

chiaramente lui che chiamava gli amici. Così un giorno, istigata dalle altre, che rimanevano<br />

un passo <strong>in</strong>dietro, Susanna si avvic<strong>in</strong>ò ai maschietti e si rivolse direttamente a Saverio:<br />

“Possiamo vedere anche noi quello che tenete dentro la capanna?”<br />

Lui rimase imbambolato a quell’<strong>in</strong>aspettata e improvvisa domanda, così fu Massimo a<br />

rispondere.<br />

“No,” disse “non è roba per femm<strong>in</strong>e.”


Così le ragazz<strong>in</strong>e girarono i tacchi e si apprestarono a rientrare <strong>in</strong> classe. Sulla soglia,<br />

Susanna si sentì tirare per la giacca.<br />

“Senti,” Saverio la chiamò <strong>in</strong> disparte “se vuoi io ti porto a vedere cosa c’è. Te sola, però,<br />

perché davvero come dice Massimo non sono cose per ragazze, anzi potrebbero anche fare<br />

schifo, ma io credo che tu sia più coraggiosa delle altre. Perciò se mi prometti che non farai<br />

smorfie a qualsiasi cosa vedrai, e lascerai che ti spieghi perché lo faccio, puoi venire con<br />

me.”<br />

Susanna lo scrutò un momento con quei suoi grandi occhi azzurri, sembrò riflettere, poi:<br />

“Prometto,” disse.<br />

“D’accordo, ci troviamo davanti alla capanna dopo pranzo, verso le due. Il pranzo fu un<br />

eufemismo, per Saverio Bortolotti, quel giorno. Non riuscì a mandare giù niente, diviso tra<br />

l’eccitazione di rimanere solo con Susanna a mostrarle ciò che più gli <strong>in</strong>teressava al mondo e<br />

la paura che lei ne rimanesse <strong>in</strong>vece schifata, nonostante la promessa, e uscisse urlando e<br />

poi lo prendesse <strong>in</strong> giro davanti a tutti. Ma ormai era deciso così, non restava che sperare <strong>in</strong><br />

bene…<br />

Saverio chiuse la porta dietro di loro, e nella capanna, il cui <strong>in</strong>terno Susanna non era<br />

nemmeno riuscita a <strong>in</strong>travedere, fu di nuovo buio, perché le imposte erano chiuse.<br />

“Aspetta un attimo, accendo la luce,” disse Saverio, ma anche dopo il clic lei rimase ferma, a<br />

bocca aperta, a guardare tutto ciò che stava appoggiato su tavolo, mensole e credenze:<br />

vasetti di vetro, chiusi ma con il coperchio forato, scatole di plastica trasparente, come quelle<br />

usate per contenere fiori, altri tipi di contenitori, un po’ più opachi. E dentro di essi dei piccoli<br />

punt<strong>in</strong>i neri o colorati, alcuni fermi immobili, altri che si muovevano lentamente.<br />

“Vieni, vieni avanti,” chiamò Saverio sorridendo “hai detto che non ti avrebbero fatto schifo.”<br />

“Ma sono…” disse Susanna avvic<strong>in</strong>andosi “…sono <strong>in</strong>setti.” E lo guardava <strong>in</strong>terrogativamente.<br />

“Sì,” confermò lui “tanti tipi di <strong>in</strong>setti.” Prese fiato. “Da grande voglio fare l’en… l’entomologo.”<br />

Faceva ancora un po’ fatica a ricordarsi la parola, ma ne sapeva bene il significato. Non così<br />

Susanna, che cont<strong>in</strong>uava a guardarlo con aria <strong>in</strong>terrogativa.<br />

“L’entomologo è la persona che studia gli <strong>in</strong>setti,” proseguì lui “me l’ha detto mio nonno, che<br />

mi aiuta e va a vedere per me su Internet tante cose: quello che mangiano, secondo la<br />

specie, quanto vivono, cosa fanno nella loro vita…”<br />

Susanna girava guardando tutt’attorno nei vari vasetti, sempre a bocca aperta per lo stupore<br />

e, almeno parve a Saverio, anche per l’ammirazione!<br />

“Sai,” cont<strong>in</strong>uò <strong>in</strong>coraggiato “studiare gli <strong>in</strong>setti può servire a tante cose: si capisce perché la<br />

natura, le stagioni vanno così . Si capisce come si deve fare a coltivare la frutta e la verdura,<br />

e se c’è qualcosa che non va si può sapere anche che rimedio usare. Altre cose ancora che<br />

<strong>ad</strong>esso non ricordo. Ah, e mio nonno mi ha detto che sono pure utili per risolvere certi casi di<br />

delitti, per esempio dalle larve si vede da quanto tempo uno è morto. Il nonno dice che lo<br />

vede sempre nei telefilm di C.S.I. Sì, lo so che può fare un po’ schifo, però è utile. Il nonno<br />

dice che se la mia passione per gli <strong>in</strong>setti cont<strong>in</strong>uerà, <strong>in</strong> un modo o nell’altro avrò un lavoro<br />

da grande.”<br />

Susanna cont<strong>in</strong>uava <strong>ad</strong> aggirarsi attorno senza parlare.<br />

“Vuoi che ti spieghi come si chiamano alcuni e che cosa fanno? Ah, volevo dirti una cosa,<br />

però. Io non li faccio morire, per un po’ li guardo, poi li lascio liberi. Molti muoiono da soli, <strong>in</strong><br />

autunno, perché non resistono al freddo, però prima fanno le uova che poi nasceranno <strong>in</strong><br />

primavera. Altri vanno <strong>in</strong> una specie di letargo, dicono che si chiama pausa <strong>in</strong>vernale. Così<br />

<strong>ad</strong>esso quelli che sono qui sono fermi, solo pochi com<strong>in</strong>ciano a muoversi, appena viene un<br />

po’ di caldo. Così le mosche, senti che questa fa il ronzio? Guarda, questa è un cocc<strong>in</strong>ella,<br />

ancora dorme, ma è un <strong>in</strong>setto molto utile per la campagna, lo sai?, perché mangia quelli<br />

piccoli nocivi”.<br />

Non era sicuro che lei conoscesse quella parola, meglio così, faceva bella figura.<br />

“Questo <strong>in</strong>vece è un maggiol<strong>in</strong>o, lui è dannoso. Le formiche si svegliano anche loro <strong>in</strong><br />

primavera, però a volte d’<strong>in</strong>verno <strong>in</strong>vece di dormire fanno delle briciol<strong>in</strong>e coi chicchi di grano.<br />

Vuoi vedere la differenza tra un’ape e una vespa?”


L’entusiasmo di Saverio ora era <strong>in</strong>contenibile, anche perché Susanna cont<strong>in</strong>uava a stare<br />

zitta, ma i suoi occhi esprimevano tutto: stupore, curiosità, ammirazione. Insomma, si vedeva<br />

che le piaceva.<br />

“Ora se vuoi ti faccio vedere alcune larve., che sono i verm<strong>in</strong>i che nascono dalle uova. Solo<br />

se vuoi, però, perché sono davvero brutte, e le tengo un po’ nascoste, fanno schifo anche a<br />

qualcuno dei miei amici.”<br />

“No, non mi faranno schifo, voglio vederle,” disse lei, e <strong>in</strong>fatti, quando gliele mostrò, cont<strong>in</strong>uò<br />

a guardarle con lo stesso <strong>in</strong>teresse con cui aveva guardato il resto, e <strong>ad</strong> ascoltarlo con la<br />

stessa attenzione.<br />

“Beh, ora sei l’unica bamb<strong>in</strong>a femm<strong>in</strong>a che conosce il mio segreto,” sospirò Saverio “spero<br />

che non ti dispiaccia.”<br />

“Ma cosa dici?” Susanna ancora sgranò gli occhi. “Sapevo che sei bravo a scuola, ma non<br />

sapevo proprio che tu fossi così bravo. Nessun altro sa tutte le cose che sai tu, e <strong>tuo</strong> nonno<br />

ha ragione, con gli <strong>in</strong>setti troverai un lavoro sicuro da grande. Saverio, scusami per non<br />

avere mai capito che sei un bamb<strong>in</strong>o eccezionale.” E detto questo, gli scoccò un grosso<br />

bacio rumoroso <strong>sul</strong>la guancia.<br />

“Se vuoi,” aggiunse poi con tono un po’ vezzoso “… posso <strong>esser</strong>e la tua ragazza.”<br />

“Se voglio?” esclamò lui “Sai che è una vita che lo voglio!”<br />

E un altro grosso bacio partì da lui <strong>sul</strong>la guancia di Susanna. Lei gli sorrise e lo prese per<br />

mano mentre si preparavano <strong>ad</strong> uscire dalla capanna. Saverio Bortolotti era il bamb<strong>in</strong>o più<br />

felice del mondo: non sapeva se da grande avrebbe fatto davvero l’entomologo, però sapeva<br />

di sicuro che l’amore suo e di Susanna sarebbe durato tutta la vita:


PAOLO ZAMPARINI<br />

L’EDUCAZIONE SENTIMENTALE DEL GIOVANE SAVERIO<br />

C’erano almeno tre buoni motivi<br />

Per cui mercoledì 29 febbraio<br />

Saverio Bortolotti di anni otto,<br />

si trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore,<br />

il secondo non ricambiato,<br />

il terzo Susanna.<br />

Ed oggi, mercoledì 14 marzo, dopo due settimane Saverio ha accettato di uscire dall’arm<strong>ad</strong>io e di<br />

tornare a scuola.<br />

Ma è bene fare qualche passo <strong>in</strong>dietro.<br />

Saverio da sempre era stato un bamb<strong>in</strong>o delizioso, amato dai genitori, ma forse troppo<br />

vezzeggiato, coccolato, viziato da zia Amelia di professione nubile che lo riempiva sempre di regali<br />

e gliela dava di v<strong>in</strong>ta nei capricci. Almeno uno al giorno e bello grosso.<br />

Le feste per il suo compleanno erano diventate degli eventi sociali veri e propri. Il compleanno<br />

veniva <strong>in</strong>fatti festeggiato per ben tre volte.<br />

Una volta con gli amichetti del condom<strong>in</strong>io di 24 appartamenti dove abitava con i suoi genitori. Fra i<br />

condom<strong>in</strong>i vi erano dodici coppie felicemente sposate con rispettivi dodici figli maschi circa della<br />

sua età.<br />

Per Saverio voleva dire ricevere dodici regali che lui estraeva trasognato da scatole colorate con le<br />

sue man<strong>in</strong>e grassocce.<br />

Una seconda volta con i compagni di scuola.<br />

In classe erano diciannove, undici femm<strong>in</strong>e e sei maschi.<br />

E lui, come al solito era al centro dell’attenzione.<br />

Regali diciannove.<br />

Una terza volta, ma era quella che Saverio amava di meno. Arrivavano a Bologna gli zii di Milano<br />

con i suoi due cug<strong>in</strong>i di dieci e dodici anni.<br />

Solo due regali.<br />

Poi zii e cug<strong>in</strong>i rimanevano a dormire per due notti.<br />

Sandr<strong>in</strong>o e Galvano dormivano assieme a lui nella stessa camera. Toccavano tutto, facevano un<br />

sacco di domande senza curarsi delle risposte.<br />

Insomma un’<strong>in</strong>vasione vera e propria senza possibilità di difendersi. Mamma e papà gli<br />

promettevano sempre regali extra aff<strong>in</strong>ché sopportasse.<br />

In realtà Saverio era costretto a sopportare perché i due cug<strong>in</strong>i si coalizzavano contro di lui. Lo<br />

costr<strong>in</strong>gevano a “prove di coraggio” ed a “prove di resistenza”, ovviamente all’<strong>in</strong>saputa dei genitori.<br />

In pratica Saverio doveva spegnere c<strong>in</strong>que volte di seguito una candela con il pollice e l’<strong>in</strong>dice<br />

senza neanche poterli bagnare con la saliva. Poi era costretto a giocare “all’ alp<strong>in</strong>ista ferito”.<br />

Sandr<strong>in</strong>o e Galvano, a turno facevano l’alp<strong>in</strong>ista ferito e Saverio doveva portarseli <strong>sul</strong>la schiena<br />

per<br />

scendere a valle mentre i due gridavano f<strong>in</strong>gendo dolori lanc<strong>in</strong>anti.<br />

Torture vere e proprie.<br />

Se cercava di reagire gli davano del cacasotto, del fregnone, del piscia<strong>letto</strong>.<br />

L’<strong>in</strong>cubo f<strong>in</strong>iva la domenica pomeriggio tardi quando zii e cug<strong>in</strong>i venivano accompagnati <strong>in</strong><br />

macch<strong>in</strong>a alla stazione.<br />

Solo quando il treno <strong>in</strong>iziava a muoversi Saverio tirava un momentaneo sospiro di sollievo.<br />

Ma per giorni gli rimaneva dentro una rabbia muta, pesante. Mangiava malvolentieri, e si<br />

svegliava di notte.<br />

Mamma e papà sembravano non accorgersi della sua sofferenza.<br />

Zia Amelia dopo il terzo festeggiamento stava un po’ senza farsi vedere.<br />

Un certo sollievo Saverio lo trovava rimanendo nell’arm<strong>ad</strong>io. Era buio, ma c’era un odore buono.<br />

L’arm<strong>ad</strong>io era il suo rifugio <strong>in</strong>espugnabile.<br />

Saverio, di anni otto, aveva fatto esperienza del dolore fisico, della sofferenza, della rabbia .<br />

I regali che avevano riempito la sua camera gli erano diventati <strong>in</strong>differenti.


L’affetto di mamma e papà gli sembrava dovuto, c’era da sempre, per cui non gli era di alcun<br />

conforto.<br />

Le cose erano com<strong>in</strong>ciate <strong>ad</strong> andare meglio per Saverio nel settembre dell’anno precedente.<br />

In classe nella prima settimana di scuola la maestra aveva fatto l’elenco delle regole che tutti i<br />

bamb<strong>in</strong>i avrebbero dovuto seguire f<strong>in</strong>o a giugno. Dozz<strong>in</strong>e di regole dalle più rigide alle più<br />

elastiche.<br />

Fra le tante c’era quella per cui a seconda dell’argomento si cambiava di posto. Quando cera<br />

lettura <strong>ad</strong> alta voce, <strong>ad</strong> esempio, ci si sedeva <strong>in</strong> circolo, seduti, ma senza i banchi che venivano<br />

spostati <strong>in</strong> fondo all’aula.<br />

Il circolo era bello grande e tutti i bamb<strong>in</strong>i potevano vedersi fra di loro. Ma non si poteva<br />

assolutamente scegliere il posto dove sedersi. Una regola prescriveva l’obbligo di disporsi per<br />

ord<strong>in</strong>e alfabetico del nome un certo giorno, mentre un altro giorno valeva l’ord<strong>in</strong>e alfabetico del<br />

cognome.<br />

La maestra <strong>in</strong>iziava la lettura del libro del mese andava avanti per diverse righe mentre ogni<br />

bamb<strong>in</strong>o doveva seguire <strong>sul</strong> proprio libro.<br />

Poi…<br />

“Nicola!” diceva la maestra e così, Nicola Baldazzi di anni otto, cont<strong>in</strong>uava a leggere per un po’.<br />

Poi…<br />

“Avanti!” diceva la maestra e così, Nicola Baldazzi di anni otto, diceva a sua scelta il nome di un<br />

compagno che doveva cont<strong>in</strong>uare la lettura.<br />

Se il compagno scelto non <strong>in</strong>iziava subito a leggere veniva penalizzato di un punto dalla maestra.<br />

Saverio leggeva da dio, modulava per bene il tono della voce, faceva le giuste pause, alzando<br />

pers<strong>in</strong>o gli occhi ogni tanto per guardare la maestra che non mancava mai di approvare con vistosi<br />

segni del capo.<br />

Poi…<br />

Saverio sceglieva sempre Susanna per proseguire la lettura.<br />

Era il suo modo per esprimerle il suo amore, una sorta di regalo per il quale si aspettava almeno<br />

un po’ di riconoscenza.<br />

Ma…<br />

Susanna spesso era distratta, veniva penalizzata senza pietà dalla maestra, oppure se <strong>in</strong>iziava a<br />

leggere faceva un sacco di errori, saltava le parole, a volte anche le righe, di pause neppure a<br />

parlarne.<br />

Susanna pensava sempre a Nicola Baldazzi, il suo unico, grande e vero amore, ma Saverio non lo<br />

sapeva.<br />

Il 28 febbraio, era un martedì, Susanna durante la ricreazione si era avvic<strong>in</strong>ata a Saverio con due<br />

sue amiche fidate.<br />

Saverio la guardò con occhi <strong>ad</strong>oranti, ma attorno alla bocca grosse briciole del pan<strong>in</strong>o al prosciutto<br />

non lo facevano certo apparire come lui si sentiva dentro.<br />

Le amiche di Susanna com<strong>in</strong>ciarono a ridere di lui, gli dicevano polpetta, palla di grasso, ma anche<br />

sacchetto di merda.<br />

Loro tre erano filiformi e disprezzavano tutti i compagni che masticavano pan<strong>in</strong>azzi <strong>in</strong>farciti di<br />

prosciutto durante la ricreazione.<br />

Susanna disse alle compagne di smetterla, prese Saverio sottobraccio che sentì un brivido lungo<br />

tutta la schiena.<br />

Il suo amore l’aveva toccato. Chissà cosa gli avrebbe detto…<br />

Ma…<br />

Susanna gli disse <strong>ad</strong> un orecchio che se la chiamava ancora per cont<strong>in</strong>uare a leggere se ne<br />

sarebbe pentito.<br />

Poi Susanna gli toccò il mento per costr<strong>in</strong>gerlo a guardarla negli occhi.<br />

Ah! Gli occhi di Susanna!<br />

Erano blu come quelli dell’husky del suo vic<strong>in</strong>o di casa. Belli e terribili.<br />

Saverio era come paralizzato.<br />

Susanna gli si avvic<strong>in</strong>ò ancora di più.<br />

Ora Saverio poteva sentire il profumo dei suoi capelli. Era quello di Baby Johnson lo stesso<br />

shampoo che usava lui.<br />

Il par<strong>ad</strong>iso.<br />

Ma…


Susanna si voltò di scatto per tornare dalle sue amiche.<br />

Saverio quel martedì 28 febbraio dalle ore 11,30 non parlò più con nessuno.<br />

Quella notte, verso le quattro del matt<strong>in</strong>o, faceva freddo, ma Saverio si era alzato dal suo <strong>letto</strong> ed<br />

era entrato nell’arm<strong>ad</strong>io.<br />

Alle sette la mamma trovò Saverio <strong>in</strong> posizione fetale nell’arm<strong>ad</strong>io e si prese una gran paura.<br />

Saverio teneva <strong>in</strong> mano un flacone di Baby shampoo Johnson .<br />

Ed oggi, mercoledì 14 marzo, dopo due settimane di dieta ferrea, senza pan<strong>in</strong>o al prosciutto nello<br />

za<strong>in</strong>etto, Saverio è di nuovo con i suoi compagni.<br />

Oggi c’è tema <strong>in</strong> classe.<br />

Veramente non è proprio un tema, i temi si fanno <strong>in</strong> qu<strong>in</strong>ta, ma la maestra ha detto di scrivere tutto,<br />

dalle cose più belle a quelle più brutte, le gioie ed i dolori di un bamb<strong>in</strong>o di otto anni.<br />

Susanna guarda il banco vuoto di Nicola Baldazzi, assente per malattia, scarabocchia il foglio, ma<br />

non ha idee.<br />

Dopo un’ora Saverio ha già scritto quattro facciate con zero errori e cont<strong>in</strong>ua…


COSTANZA TUOR<br />

L’est<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

R<strong>in</strong>tanato nel vano piccolo di quell’arm<strong>ad</strong>io immenso pieno di stoffe dai mille colori e<br />

consistenze, sentiva il suo cuore battere a ritmo vigoroso. Non avrebbe mai potuto immag<strong>in</strong>are che<br />

una cos<strong>in</strong>a così m<strong>in</strong>uscola come il suo cuore potesse allargarsi tanto nell’onda del battito d’amore<br />

<strong>in</strong> cui, ahimè, era ormai c<strong>ad</strong>uto come dentro a un gioco.<br />

L’aveva conosciuta <strong>in</strong> prima A. Già due anni erano passati. L’aveva notata subito perché era<br />

l’unica bamb<strong>in</strong>a <strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e più bassa di lui. Una bamb<strong>in</strong>a davvero piccola piccola. Parlava a<br />

strappi, soffiava fuori una s<strong>in</strong>gola frase tutta di un fiato e poi per circa due m<strong>in</strong>uti non diceva più<br />

nulla. Saverio aveva capito che non le mancava il respiro ma le piaceva abbandonarsi e<br />

<strong>in</strong>cespicava facendo sognanti capriole dentro le parole. Amava le parole Susanna, tutte. E Saverio<br />

amava Susanna con tutte le sue parole.<br />

Aveva meravigliosi occhi azzurri e stupefacenti capelli f<strong>in</strong>i f<strong>in</strong>i. Non si poteva dirli né biondi né<br />

castani. Erano come quelli delle fate, senza colore.<br />

I suoi genitori venivano da un paese tanto lontano. Viene dall’est, diceva papà. Quell’est era<br />

diventato per Saverio un punto immag<strong>in</strong>ario nella sua mente dove deponeva con cautela e <strong>in</strong><br />

silenzio qualsiasi cosa riguardasse lui e Susanna.<br />

Percorrevano sempre un breve tratto di str<strong>ad</strong>a <strong>in</strong>sieme perché abitavano poco lontano dalla<br />

scuola, così la bimba si fermava spesso per la merenda a casa di Saverio.<br />

Quello era uno di quei pomeriggi di merende e giochi che lui attendeva con impazienza e a cui<br />

dedicava tutto il suo entusiasmo. Ed era proprio per entusiasmo che si trovava chiuso dentro un<br />

arm<strong>ad</strong>io con il cuore che stava per scoppiargli.<br />

Saverio era, e ne sentiva tutto il peso, ancora un bimbo con le gambe corte, i piedi piatti e i<br />

capelli spelacchiati <strong>sul</strong>la testa. Andava meglio quando la mamma gli concedeva di mettere un po’<br />

di gel, ma succedeva di r<strong>ad</strong>o. Ed era arrivato a credere che la sua mamma non volesse farlo<br />

crescere. E <strong>in</strong>vece Saverio, quasi per dispetto, al buio dentro un <strong>in</strong>solito nascondiglio quel<br />

pomeriggio si sentiva immenso, forse per contrasto o forse semplicemente perché occupava quasi<br />

tutto lo spazio disponibile e quella sensazione di onnipresenza spaziale provocava qualcosa nel<br />

suo animo. Il suo respiro <strong>in</strong>ondava le camicie, i pantaloni, le tute e le giacche che rispondevano<br />

restituendogli fresco aroma di lavanda, mentre le mani, per aiutare la ricerca di quiete, si erano<br />

aggrappate all’asticella che sosteneva ogni cosa e così appeso, ansimante nel ritmo del battito<br />

<strong>in</strong>namorato, riuscì per un attimo a pensare a lei che lo stava cercando fuori da quel mondo<br />

ristretto, piena d’aria.<br />

Immag<strong>in</strong>ò Susanna appesa a una nuvola, trasc<strong>in</strong>ata come un pallonc<strong>in</strong>o <strong>in</strong> mille direzioni,<br />

volava chiamando con gioia ilare: “Saverio, Saverio il mio piccolo ostrogoto! Dove sei?”. Ostrogoto<br />

era una parola che piaceva a tutti e due. L’avevano trovata <strong>in</strong>sieme un giorno leggendo una pag<strong>in</strong>a<br />

aperta a caso del libro di scuola. Avevano capito che parlava di qualcuno o qualcosa di<br />

apparentemente lontano, particolare, un po’ stravagante e si poteva capirlo anche dalla parola<br />

stessa “ostrogoto”, una parola tutta pause, strascichii e stupore. Era una parola curiosa, piena di<br />

bolle di sapone. A Susanna era piaciuta tanto che lo chiamava sempre così, il mio piccolo<br />

ostrogoto. A Saverio piaceva sentirglielo dire perché si sentiva proprio ostrogoto vic<strong>in</strong>o a lei, anche<br />

se aveva capito che per Susanna quel nomignolo non rappresentava null’altro che un’accozzaglia<br />

di suoni simpatici, niente sentimento, purtroppo. Pareva un richiamo, ma non d’amore. Un richiamo<br />

senza amore. E lui obbediva <strong>ad</strong> esso senza poter fare nulla perché lassù appesa alla nuvola<br />

Susanna assomigliava a un filo d’oro, a una lum<strong>in</strong>osità da r<strong>in</strong>correre. Era così che splendeva nel<br />

suo cuore, di luce e di vento. A quel punto l’aroma di lavanda gli arrivò <strong>in</strong> gola e improvvisamente<br />

tossì fortissimo. Il rauco sbotto rimbombò tanto violento che anche Susanna lo percepì nitidamente<br />

scoprendo ovviamente il nascondiglio segreto di Saverio.<br />

L’anta si spalancò di scatto e gli occhi azzurri scorsero tra camicie, pantaloni e giacche un<br />

<strong>esser</strong><strong>in</strong>o strim<strong>in</strong>zito appeso <strong>in</strong> cerca di equilibrio il cui cuore batteva così forte che pareva si<br />

potesse dist<strong>in</strong>guere nei movimenti del torace. Saverio a cuore scoperto, mentre Susanna, fredda e


distaccata, <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>ava un po’ la testa e soffiava fuori una delle sue frasi senza afflato di passione:<br />

“Dai, sbrigati! La tua mamma ha già preparato la merenda!”<br />

L’atteso <strong>in</strong>contro di cuori non avvenne nemmeno quella volta e Saverio <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a conv<strong>in</strong>cersi<br />

che non sarebbe mai avvenuto. Soltanto i loro nomi gli lasciavano una flebile speranza che, dentro<br />

quel sali e scendi di “s” e di vocali che si richiamavano una nell’altra, ci fosse nascosto l’amore.<br />

Susanna, prima di partire quel giorno, gli regalò un piomb<strong>in</strong>o, uno di quei pesetti che i pescatori<br />

usano per bilanciare la lenza. Assomigliava a una goccia, verde come l’acqua del mare. Saverio lo<br />

prese <strong>sul</strong> palmo della mano, lo soppesò, lo str<strong>in</strong>se per un attimo, ne percepì la temperatura e<br />

comprese che Susanna gli aveva regalato una lacrima per poter piangere il suo rifiuto. Lei era<br />

capace di scegliere gli oggetti e trasformarli <strong>in</strong> parole, ci riusciva per via del tempo che impiegava a<br />

cercare i vocaboli migliori e, a causa della sua sconf<strong>in</strong>ata fantasia, le succedeva spesso. Saverio,<br />

<strong>in</strong>fatti, aveva una scatol<strong>in</strong>a piena di quelle parole-oggetto e quel giorno vi depose anche il peso<br />

della sua lacrima. Lo nascose lì dentro e <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a dimenticare tutte le altre.<br />

Passarono i mesi e Saverio cont<strong>in</strong>uava di nascosto a r<strong>in</strong>correre il suo sogno d’amore sempre<br />

più pieno di mal<strong>in</strong>conia, mentre Susanna pareva non farci caso, tanto che a giugno partì per le<br />

vacanze estive salutandolo di fretta senza parlare, nemmeno con gli oggetti. Nessuna parola <strong>in</strong><br />

regalo da custodire, solo la partenza, solo la lontananza. Susanna si recava all’est con i suoi<br />

genitori e portava con sé gli occhi rassegnati di un bimbo che vedeva la luce nascondersi. In quel<br />

momento non sapeva ancora, Saverio, che <strong>in</strong>vece è proprio all’est che il sole sorge ogni matt<strong>in</strong>a<br />

facendo riemergere <strong>in</strong> sé ogni più piccola luce di speranza e che proprio là, nel suo est, Susanna<br />

sarebbe rimasta sempre con lui. La salutò con la mano e lei gli sorrise soave e splendida come<br />

sempre.


LORENA LUSETTI<br />

Ce li hai i Gormiti?<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Saverio era arrivato tardi. I suoi genitori avevano provato di tutto per avere il figlio tanto desiderato,<br />

ma dopo dieci anni di matrimonio ancora non c'era traccia di prole. Le cure ormonali non avevano<br />

funzionato, la fecondazione <strong>in</strong> vitro nemmeno, Luisa e Marco si erano qu<strong>in</strong>di rivolti a vie meno<br />

ortodosse, se così si può dire. Andarono da una signora che viveva <strong>in</strong> una stalla della bassa p<strong>ad</strong>ana,<br />

della quale si diceva avesse poteri miracolosi. Si narrava avesse fatto nascere schiere di bamb<strong>in</strong>i da<br />

coppie sterili, nonché una moltitud<strong>in</strong>e di vitelli, pecore, e si diceva pure che fosse <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di<br />

aumentare la produzione di uova delle gall<strong>in</strong>e del 200 per cento. Entrarono titubanti nella stalla,<br />

accompagnati dalla figlia, e questo fu sicuramente un bene perchè a fatica avrebbero dist<strong>in</strong>to la<br />

signora tra le mucche. Prescrisse loro una cura piuttosto strana, alla quale si sottoposero con<br />

impegno: erano disposti a fare qualsiasi cosa, non avrebbero lasciato niente di <strong>in</strong>tentato. Dovevano<br />

avere rapporti sessuali <strong>in</strong> mezzo <strong>ad</strong> un campo di grano, sotto la luna piena, e appena f<strong>in</strong>ito avrebbero<br />

dovuto spalmarsi <strong>sul</strong>la pancia escrementi di gall<strong>in</strong>a vedova. Il ri<strong>sul</strong>tato era garantito, di provata<br />

efficacia, <strong>in</strong>fallibile. 600 euro subito più altre 600 appena fosse arrivata la notizia della gravidanza.<br />

Naturalmente senza fattura.<br />

Per Luisa e Marco, che abitavano nel centro città fu già abbastanza impegnativo trovare un campo<br />

di grano, mai quanto lo fu trovare escrementi di gall<strong>in</strong>a vedova. Ma non avevano <strong>in</strong>tenzione di lasciarsi<br />

scoraggiare da questi dettagli. Individuarono il campo di grano, e <strong>in</strong> una notte di luna piena vi si<br />

recarono con il loro secchiello ricolmo di escrementi di gall<strong>in</strong>a (vedova). Non fu facile consumare il<br />

rapporto tra le zolle di terra, gli spuntoni del grano e l'odore degli escrementi, ma ce la fecero.<br />

Incredibilmente, funzionò. Il giorno 29 febbraio, sotto ottimi auspici, f<strong>in</strong>almente nacque Saverio,<br />

bello, sano e vivace, l'orgoglio di mamma e papà. Guardavano estasiati quel piccolo miracolo che<br />

temevano non sarebbe mai arrivato. Non lo perdevano di vista nemmeno un secondo, vivevano per<br />

lui, gioivano delle sue gioie e si rammaricavano per i suoi dispiaceri. Anche troppo. Il terrore che si<br />

ammalasse era tanto che lo portavano dal medico tutte le settimane per una visita di controllo. Il<br />

medico provò a spiegargli che il bamb<strong>in</strong>o era sanissimo e sarebbe bastato un controllo annuale.<br />

Cambiarono medico. F<strong>in</strong>irono per soffocarlo di amorevoli attenzioni a tal punto che Saverio crebbe<br />

con la conv<strong>in</strong>zione che tutto gli fosse dovuto, che tutti lo amassero come i suoi genitori, che qualsiasi<br />

cosa desiderasse gli fosse concessa.<br />

Poi arrivò lei, Susanna. Quando la vedeva Saverio sentiva una specie di languore nello stomaco,<br />

non aveva mai provato niente di simile f<strong>in</strong>o a quel momento. I compagni di scuola gli dissero che era<br />

amore. Amore, che bella parola. Amore, come quello dei suoi genitori. “Sei un amore” gli dicevano<br />

sempre. E lo sarebbe stato anche per lei, doveva <strong>esser</strong>e così per forza. Susanna era una bamb<strong>in</strong>a<br />

molto car<strong>in</strong>a, praticamente tutti i maschietti della sua classe quando la guardavano sentivano nello<br />

stomaco il medesimo languore. Lei li ignorava tutti, le sole cose che la <strong>in</strong>teressavano erano la pisc<strong>in</strong>a,<br />

i cuccioli di cane e le fat<strong>in</strong>e W<strong>in</strong>x, non necessariamente <strong>in</strong> quest'ord<strong>in</strong>e. Nella sua vita non c'era<br />

ancora posto per i ragazzi, tantomeno per quel ciccione viziato piagnone di Saverio.<br />

E fu così che quest'ultimo, forte della sua conv<strong>in</strong>zione di <strong>esser</strong>e al centro dell'universo, si presentò<br />

dalla amatissima Susanna per consegnarle l'<strong>in</strong>vito alla festa del suo compleanno, che si sarebbe<br />

svolta quel pomeriggio, dopo la scuola, <strong>in</strong> casa sua. Il suo aperto e fiducioso sorriso disarmante si<br />

spense <strong>in</strong> una smorfia di assoluto stupore quando lei gli disse che non poteva andarci, poiché aveva<br />

già un impegno per giocare con le w<strong>in</strong>x a casa di una amica. In quel momento a Saverio parve che il<br />

mondo gli fosse crollato <strong>ad</strong>dosso tutto <strong>in</strong>tero. Le certezze di una vita si sgretolarono come castelli di<br />

sabbia al sole. Il fatto che la sua amata gli preferisse le w<strong>in</strong>x era qualcosa che andava ben oltre le sue<br />

capacità di comprensione.<br />

Allora forse lui non era quell'amore che gli avevano fatto credere i suoi genitori, gli avevano sempre<br />

mentito. Non era al centro dell'universo. E fu così che nel giorno del suo compleanno, mentre già


com<strong>in</strong>ciavano <strong>ad</strong> arrivare gli <strong>in</strong>vitati alla festa, Saverio decise che se non c'era Susanna non valeva la<br />

pena vedere nessuno. E si chiuse nell'arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Era arrabbiato e deluso, più deluso che arrabbiato a dire il vero, e pensò che non sarebbe mai più<br />

uscito da lì per tutto il resto della sua <strong>in</strong>utile vita. Sua m<strong>ad</strong>re chiamò il medico con urgenza, il quale,<br />

avendo sentito la disperazione nella voce della donna, si recò a casa loro con un'ambulanza e due<br />

paramedici. Sua nonna <strong>in</strong>vece mandò a chiamare il parroco, temendo che fosse preda di <strong>in</strong>fluenze<br />

demoniache. Quest'ultimo si presentò con un esperto <strong>in</strong> esorcismi che com<strong>in</strong>ciò subito <strong>ad</strong> agire. Suo<br />

p<strong>ad</strong>re, più pratico, chiamò i vigili del fuoco perchè li aiutassero a scard<strong>in</strong>are la porta del pesante<br />

arm<strong>ad</strong>io, visto che il bamb<strong>in</strong>o si era chiuso dall'<strong>in</strong>terno con la chiave. Il nonno, che era sopravvissuto<br />

alla campagna di Russia e qu<strong>in</strong>di sapeva cosa sono i veri morsi della fame, cont<strong>in</strong>uava <strong>ad</strong> <strong>in</strong>filargli<br />

sottili fette di mort<strong>ad</strong>ella nella fessura tra i card<strong>in</strong>i. Dopo un po' più che una camera sembrava una<br />

succursale del circo Barnum. Intanto, nella sala al piano di sotto, i bamb<strong>in</strong>i <strong>in</strong>vitati alla festa di<br />

compleanno, trovandosi privi di sorveglianza, avevano perso completamente il controllo e la misura,<br />

com<strong>in</strong>ciando con il tirarsi pezzi di torta f<strong>in</strong>gendo che fossero bombe a mano e f<strong>in</strong>endo per disegnare<br />

Pokemon sui muri con i pennarelli. Nessun <strong>ad</strong>ulto li rimproverava, essendo tutti concentrati su come<br />

fare uscire la povera creatura dall'arm<strong>ad</strong>io. Il delirio cont<strong>in</strong>uò con una escalation che pareva<br />

irrefrenabile, ma Saverio si era arroccato bene ed era fermamente deciso a non mollare. Dopo due<br />

ore erano tutti esausti e scoraggiati, alla mamma dovettero pers<strong>in</strong>o mettere l'ossigeno per evitare il<br />

collasso, e fu allora che dalla porta della camera entrarono due bamb<strong>in</strong>e con le W<strong>in</strong>x <strong>in</strong> mano. Si<br />

guardarono <strong>in</strong>torno poco impressionate da tutto quel trambusto, si avvic<strong>in</strong>arono decise alla porta<br />

dell'arm<strong>ad</strong>io, una di loro bussò e con la sua vocetta tranquilla di bamb<strong>in</strong>a disse:<br />

“Ehi, Saverio, che ce li hai i Gormiti che vogliamo giocare a farli fidanzare con le W<strong>in</strong>x?”<br />

Susanna e la sua amica, assolutamente ignare dalla tragedia <strong>in</strong> corso, avevano deciso di recarsi<br />

alla festa per cont<strong>in</strong>uare lì il loro gioco.<br />

Due secondi, forse qualcosa <strong>in</strong> meno. Un sorridente Saverio uscì dall'arm<strong>ad</strong>io come se niente<br />

fosse successo, con un'espressione allegra stampata <strong>sul</strong> viso.<br />

“Certo che ce li ho i Gormiti, sono di sotto, andiamo”.<br />

Passarono davanti alla mamma con la maschera dell'ossigeno, al babbo <strong>in</strong> lacrime, alla nonna che<br />

sgranava il rosario, ai vigili del fuoco, al parroco, all'esorcista, al medico, al nonno con la mort<strong>ad</strong>ella,<br />

dando l'impressione di non vederli neppure, e andarono a giocare.


MARIA PIA MARTINO<br />

VIZI DI FAMIGLIA<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

E dire che il pomeriggio – quasi primaverile, i monti ancora col cappuccio di neve e <strong>in</strong>vece dal<br />

giard<strong>in</strong>o saliva già il fresco profumo delle fresie - era <strong>in</strong>iziato bene: tornato da scuola, Saverio<br />

aveva trovato tre cose tre straord<strong>in</strong>arie: la mamma aveva preparato i cannelloni ricotta e sp<strong>in</strong>aci<br />

che lui avrebbe volentieri mangiato a colazione, pranzo e cena tutti i giorni; il papà gli aveva preso<br />

dal cartolaio <strong>in</strong> una bust<strong>in</strong>a altrimenti anonima proprio quelle figur<strong>in</strong>e che mancavano all’album di<br />

raccolta; come se questo non bastasse, seduta a tavola di fronte a lui c’era la nuova amica del<br />

cuore di sua sorella Susanna, la mitica Carlotta dagli occhioni azzurri come il mare e dai capelli<br />

biondi come il grano. Una pr<strong>in</strong>cipessa, una vera pr<strong>in</strong>cipessa che sorrideva garbata ai suoi sudditi,<br />

non disdegnando la tovaglia dozz<strong>in</strong>ale, il grembiule della p<strong>ad</strong>rona di casa ormai st<strong>in</strong>to dai lavaggi, i<br />

bicchieri spaiati. Cose che <strong>in</strong>vece <strong>in</strong>fastidivano moltissimo Susanna, eppure quel giorno anche lei<br />

sembrava di ottimo umore, cicalava della scuola, la scuola media, dove, pensa un po’, ci sono<br />

tanti professori e si va senza grembiule. A Saverio, tra un boccone e l’altro, pareva di vedere<br />

Carlotta circondata da cuoric<strong>in</strong>i palpitanti, gli stessi che lui aveva disegnato a pioggia <strong>in</strong>torno ai loro<br />

nomi, <strong>in</strong>trecciati e glitterati, <strong>sul</strong> suo diario, custodito gelosamente <strong>in</strong> mezzo ai Guer<strong>in</strong> Sportivo.<br />

Tutto era com<strong>in</strong>ciato con la mamma, che gli aveva chiesto per piacere di prenderle il cest<strong>in</strong>o del<br />

pane <strong>sul</strong>la credenza: Saverio, che di solito sentiva solo alla quarta chiama, si era alzato subito<br />

dalla sedia, rapido e compito come il piccolo lord del film omonimo. Tanto zelo non era sfuggito a<br />

Susanna che subito aveva buttato là, come un fulm<strong>in</strong>e a ciel sereno e, manco a dirlo, con un certo<br />

compiacimento, una frase semplicissima, una fetta di mer<strong>in</strong>gata alta e spumosa spruzzata di<br />

veleno viscido e vio<strong>letto</strong>:<br />

- Ma che?! Un razzo!! Te l’ho detto, tu non mi vuoi credere! Mio fratello è <strong>in</strong>namorato di te!! -.<br />

- Cosa? Chi si è cresimato? – aveva aggiunto la zia Anna, che a novant’anni suonati rifiutava<br />

civet<strong>tuo</strong>la di servirsi di qualsivoglia attrezzo atto a facilitare l’esistenza a se e agli altri. Intorno la<br />

scena: il papà che f<strong>in</strong>geva di sentire ma non aveva occhi che per la tele dove passavano con<br />

l’audio praticamente azzerato i gol della domenica; la mamma che sorridendo bonaria riprendeva<br />

con la solita dolcezza la sua scatenata primogenita; Carlotta che portando alla bocca una<br />

forchettata di morbido arrosto alle prugne si limitava a un sorriso mesto degno del capezzale d’un<br />

moribondo. Quanto a lui, Bortolotti Saverio, dieci <strong>in</strong> componimento, portiere della gloriosa<br />

nazionale Vicolo Vigna della Signora, autore fra l’altro della Più Pazzesca Impossibile Incredibile<br />

Se Non L’avessi Vista Parata alle furie nere di Via degli Olmi, era rimasto lì tale e quale a un<br />

allocco <strong>sul</strong> ramo, <strong>in</strong>capace di articolare parola, salivazione azzerata, palme sudaticce, rosso<br />

gambero tendente al cremisi f<strong>in</strong>o alla r<strong>ad</strong>ice dei capelli rossi anch’essi. Come <strong>in</strong> trance, si era<br />

riseduto senza m<strong>in</strong>imamente ricordare che quella sedia, la sua sedia, nera, di ferro, con la soffice<br />

seduta <strong>in</strong> similpelle gialla, aveva la particolare capacità di imitare un roboante rumore corporale<br />

quando veniva premuta <strong>in</strong> modo frettoloso e poco accorto. Quando il solito fastidioso rumore –<br />

scoppio? boato?- si ripeté squarciando il concentrato silenzio masticatorio della cuc<strong>in</strong>a, dopo un<br />

attimo di totale smarrimento, tutti, tranne lui, erano scoppiati a ridere fragorosamente, mollando le<br />

posate, il bicchiere colmo di gassosa, mitragliando il vic<strong>in</strong>o di spruzzi e molliche; ci fu perf<strong>in</strong>o chi<br />

rischiò di brutto, l’oca Susanna che tossiva e starnazzava con le mani alla gola, e ben le stava.<br />

Saverio si era scapicollato a precipizio <strong>in</strong> camera sua: dopo aver chiuso la porta a doppia<br />

mandata, s’era accorto che le risate gli arrivavano ancora benissimo così che, v<strong>in</strong>to dallo<br />

sconforto, aveva trovato rifugiato nel buio dell’arm<strong>ad</strong>io, dove, tra il cappotto e i giacconi, con<br />

l’aroma della lavanda che gli solleticava il naso, a braccia conserte aveva trovato pace covando<br />

propositi di vendetta uno peggio dell’altro, pur sapendo <strong>in</strong> cuor suo di aver fatto come lo struzzo<br />

che affonda la testa nella sabbia per non vedere.<br />

Il sole, già tuffato oltre l’orizzonte, lasciava una striscia d’<strong>in</strong>daco che correva <strong>sul</strong> mare turch<strong>in</strong>o,<br />

<strong>in</strong>crespato qua e là da m<strong>in</strong>uscole onde. Sulla battigia un gruppetto di ragazzi giocava allo<br />

“schiaffo”, tra alte risa e schiamazzi; nella prima fila, all’ombrellone n. 5, sui lett<strong>in</strong>i disposti a stella,<br />

due donne e due uom<strong>in</strong>i giocavano a burraco. Lontano un miglio si notava la crescente irritazione


della donna bruna verso il proprio partner, il quale, però, non se ne dava per <strong>in</strong>teso e togliendo e<br />

rimettendosi <strong>sul</strong>la testa brizzolata una buffa paglietta cont<strong>in</strong>uava lentamente le sue congetture<br />

mentali che divertivano <strong>in</strong>vece gli altri due giocatori, una bionda burrosa <strong>in</strong>gua<strong>in</strong>ata <strong>in</strong> uno<br />

sc<strong>in</strong>tillante pareo e quello che doveva <strong>esser</strong>le marito, fidanzato o cose similari, un’aitante giovane<br />

<strong>in</strong> bermuda di m<strong>ad</strong>ras. A un certo punto, la bruna vedendo il compagno della sua vita agguantare<br />

le carte scartate, non si trattenne più:<br />

- Ma no, Carlo! Che fai!! Non vedi che sto per prendere il pozzetto?! –<br />

- Susanna, si chiama morto, non pozzetto! – rimandò serafico l’altro uomo, quello coi capelli<br />

rossi, mandando un bacio alla bionda mollemente <strong>ad</strong>agiata <strong>sul</strong> lett<strong>in</strong>o.<br />

- Adorata moglie, guarda, guarda che ti fo! –celiò Carlo mentre scior<strong>in</strong>ava le carte e<br />

agguantava il primo pozzetto – E ora a voi, cari cognati! –riprese strizzando l’occhio ai nom<strong>in</strong>ati.<br />

- Caspita, Carlo! Hai tre burraco puliti! Mi sa che stavolta perdiamo! -cont<strong>in</strong>uò la bionda rivolta al<br />

suo compagno.<br />

- Come si dice? Fortunati <strong>in</strong> amore … - concluse con un’alzata di spalle Saverio, giacché era<br />

proprio lui, faceva il giornalista e si rivolgeva all’amore di tutta una vita, la sua Carlotta che lo<br />

guardava <strong>ad</strong>orante.<br />

- Insomma, non potevi lasciarlo a me il pozzetto?! –riprese Susanna giacché era proprio lei,<br />

<strong>ad</strong>esso faceva il medico, l’otor<strong>in</strong>olar<strong>in</strong>goiatra nientemeno ed era il terrore del reparto ma ne aveva<br />

sposato il primario.<br />

- … e sfortunati al gioco! – f<strong>in</strong>ì Carlotta, giacché era proprio lei, si era laureata <strong>in</strong> giurisprudenza<br />

ma conduceva <strong>sul</strong> web un seguitissimo programma di cuc<strong>in</strong>a.<br />

In quella, mentre già Carlo faceva cenno al bagn<strong>in</strong>o di portare gli aperitivi, dal gruppo dei<br />

ragazzi uscì una bamb<strong>in</strong>a alta e flessuosa che agitando la lunga chioma nera come l’ala d’un<br />

corvo passò correndo e s<strong>in</strong>ghiozzando davanti a loro.<br />

- Ilaria! – chiamò Carlo – Che succede? Dove vai?- ma la figlia non diede segno d’aver sentito,<br />

era già oltre gli ombrelloni, andava sicura verso la lunga fila di cab<strong>in</strong>e azzurre. I quattro si alzarono<br />

quasi all’unisono, urlando spiegazioni al gruppetto di ragazzi dal quale se ne staccarono tre: due,<br />

Giacomo e Paolo, i gemelli di Saverio e Carlotta, vennero verso di loro.<br />

- Ragazzi, che avete comb<strong>in</strong>ato? – chiesero tutti e quattro a una voce gli <strong>ad</strong>ulti.<br />

- Io, niente! – si schermì Paolo detto il maggiore perché nato c<strong>in</strong>que secondi prima. E poi,<br />

subito – E’ stato lui! – accusò il fratello.<br />

- Che hai fatto, si può sapere?- fece Saverio agguantando Giacomo detto il m<strong>in</strong>ore che stava<br />

cercando di gu<strong>ad</strong>agnare il largo.<br />

- Spia! – gridò subito l’accusato lanciando da sotto il ciuffo bagnato una lunga occhiata truce a<br />

Paolo che vi lesse con una punta di sgomento una serie <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abile di frasi tipo “te la farò<br />

pagare”, “quanto meno te l’aspetti”, “pianto e stridor di denti”- Insomma, se non fosse così<br />

suscettibile..-.<br />

- Giacomo – <strong>in</strong>tervenne con voce severa Carlotta – spero non sia un altro dei <strong>tuo</strong>i scherzi idioti!<br />

Vai subito a chiedere scusa a tua cug<strong>in</strong>a!-.<br />

Stretto tra i genitori e gli zii, con la zia Susanna che m<strong>in</strong>acciava sfracelli con voce roboante,<br />

Giacomo si vide perduto. Con la coda dell’occhio vide Paolo che si defilava elegantemente<br />

camm<strong>in</strong>ando all’<strong>in</strong>dietro; dall’altra parte, Alberto aveva ormai raggiunto il terrapieno delle cab<strong>in</strong>e e<br />

bussava all’uscio della n.12 ma <strong>in</strong>vano. Non credeva alle sue orecchie quando sentì la serpe Paolo<br />

soavemente aggiungere ragguagli a uso e consumo degli <strong>ad</strong>ulti presenti:<br />

- Ha detto che Alberto e Ilaria sono fidanzati! – E, nascosto dalle spalle dello zio Carlo,<br />

aggiunse una bella l<strong>in</strong>guaccia all’<strong>in</strong>dirizzo del fratello che fece per div<strong>in</strong>colarsi e pareggiare i conti<br />

ma gli andò buca: papà Saverio lo teneva saldamente per un braccio.<br />

- Ah, beh!- si tranquillizzò Carlo.<br />

- Come “ahbeh”?! – s’<strong>in</strong>furiò Susanna- Lo sai com’è sensibile! – proseguì poi disperata- V<strong>ad</strong>o a<br />

cercarla, povera figlia mia! – concluse con tono da tregenda.<br />

- Vengo con te! –s’offrì Carlotta dopo aver lanciato un altro sguardo <strong>in</strong>ceneritore al figlio. Il<br />

quale, cont<strong>in</strong>uando a seguire Alberto, vide l’uscio della n. 12 aprirsi e i due fidanzat<strong>in</strong>i parlare<br />

concitatamente. Poco dopo ecco che, tranquilli e felici, si avviavano verso il bar, dimentichi di aver<br />

messo lui <strong>in</strong> quella situazione.<br />

- E’ <strong>in</strong>utile! E’ già uscita!-<br />

- Uscita da dove? -.


- Si è chiusa nella cab<strong>in</strong>a, ma è già uscita! E’ andato Alberto a prenderla, poi dice che non è<br />

vero..! – concluse arrabbiatissimo il ragazzetto. Saverio lasciò la presa e guardò sorridendo prima<br />

la sorella e poi la moglie e tutte e tre risero sonoramente. Gli altri restarono <strong>in</strong>terdetti, anzi<br />

Giacomo se ne uscì con un “Chi ci capisce…!” .<br />

- Mi è sfuggito qualcosa?” – chiese Carlo.<br />

- Sì- rispose Carlotta.<br />

-Te lo diremo stasera a cena! – f<strong>in</strong>ì Saverio.


SERENA TUBERTINI<br />

FUOCHI DI FEBBRAIO<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni 8, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Il terzo motivo, a dire la verità, non c’entrava niente con gli altri due. O meglio, c’entrava ma poco.<br />

Susanna era un problema. Il vero problema dei suoi quattro anni di vita. Sì, quattro. Non<br />

importava niente che lui ne avesse otto. Gli altri, i primi quattro, non contavano. Perché allora<br />

Saverio era un bamb<strong>in</strong>o felice, il bamb<strong>in</strong>o più felice del mondo, ne era sicuro, anche se non si<br />

ricordava niente.<br />

Bastava guardare le foto di cui mamma aveva riempito la casa. Di lui, Saverio. Abbagliato dalla<br />

luce della prima candel<strong>in</strong>a, alle prese con la montagna dei regali di Natale, a galla <strong>sul</strong>l’ochetta<br />

arancione, nella neve <strong>sul</strong>lo slitt<strong>in</strong>o. Intorno, mamma, papà, nonni e zii orgogliosi. E lui, sovrano<br />

<strong>in</strong>contrastato, al centro delle foto e dei loro propositi di amore e di regali. Primo figlio e primo<br />

nipote. Ignaro di come le cose sarebbero cambiate, così, da un momento all’altro.<br />

Quando cioè era arrivato quel 29 febbraio. Il suo quarto compleanno.<br />

Sembrava tutto come al solito. La tavola apparecchiata nella sala, i nonni e gli zii tutti a fargli<br />

festa. Le candel<strong>in</strong>e già accese, il festeggiato che trattiene il fiato per l’emozione. Tanti auguri a te,<br />

tanti auguri a te, tanti auguri Saverio…<br />

Squillo del telefono. Risponde papà, senza neanche f<strong>in</strong>ire di cantare. Poi è un attimo. Tutti si<br />

dimenticano improvvisamente di lui. La torta rimane lì <strong>sul</strong>la tavola con le candel<strong>in</strong>e spente <strong>in</strong> fretta.<br />

La ragione di tutto quel pandemonio? Ma Susanna, no? La sua prima, e per fortuna unica, cug<strong>in</strong>a,<br />

arrivata proprio quel giorno, quello strano 29 febbraio che un anno c’è e l’anno dopo no, e non sai<br />

mai quand’è che compi gli anni. E ti prendono anche <strong>in</strong> giro, con la storia dell’anno bisesto.<br />

Saverio non sapeva bene cosa volesse, ma qualcosa di non bello, a sentire le vecchie che<br />

andavano a farsi i capelli da mamma.<br />

Da quando era nata Susanna, anche Saverio lo pensava. E avrebbe voluto compiere gli anni, che<br />

so, <strong>in</strong> agosto con gli altri bamb<strong>in</strong>i della spiaggia, oppure il primo maggio che si sta a casa da<br />

scuola, anche il giorno di Natale gli sarebbe andato bene, che poi va a f<strong>in</strong>ire che ti fanno un regalo<br />

unico e rimani fregato, tutto fuorchè dividere ANCHE <strong>IL</strong>COMPLEANNO con Susanna.<br />

Perché da quel momento era com<strong>in</strong>ciato il tormento. Sempre <strong>in</strong>sieme, domeniche, vacanze, nelle<br />

foto, nei film<strong>in</strong>i di papà. F<strong>in</strong>e del suo regno. Non era più solo, ora c’era Susanna. Sembrava che i<br />

grandi f<strong>in</strong>o a quel momento non av<strong>esser</strong>o aspettato altro che l’occasione per riempirla di sottan<strong>in</strong>e<br />

a fiori, scarp<strong>in</strong>e di vernice, braccialett<strong>in</strong>i, fermagli per capelli. Senza contare l’esercito di bambole<br />

con guardaroba, roulotte e pisc<strong>in</strong>a e tutte le altre idiozie che facevano impazzire Susanna e le sue<br />

amiche sceme. Quelle amiche che <strong>ad</strong>esso doveva sopportare anche il giorno del suo compleanno,<br />

e così quella che una volta era la SUA festa era diventata un pollaio pieno di gall<strong>in</strong>e, <strong>in</strong>fiocchettate<br />

e <strong>in</strong>sopportabili.<br />

Alla f<strong>in</strong>e Saverio Bortolotti aveva deciso: un compleanno così, meglio passarlo da solo, nascosto<br />

nell’arm<strong>ad</strong>io vecchio di camera sua, quello che non aprivano mai, rannicchiato nell’odore di<br />

naftal<strong>in</strong>a fra la pelliccia della nonna Alice e il vecchio eskimo di papà, col cappuccio tutto<br />

spelacchiato.<br />

Lontano da tutti. Tanto, a chi importava qualcosa ormai di lui? Poteva anche non uscire più di lì,<br />

nessuno se ne sarebbe accorto, e prima che lo av<strong>esser</strong>o trovato, lui sarebbe morto di fame, di sete<br />

e di puzza di vecchio.<br />

Sarebbe rimasta Susanna da festeggiare tutti gli anni, con le sue amiche del cavolo. Proprio una<br />

bella idea, avevano avuto. Solo per rov<strong>in</strong>are tutto. Accidenti a Susanna e agli anni bisesti.<br />

E non era solo per quello, se se ne stava lì dentro. Non vedere quella faccia da schiaffi di sua<br />

cug<strong>in</strong>a era solo uno dei motivi. Uno dei problemi.<br />

L’altro era Gi<strong>ad</strong>a. La sorella grande di una delle amiche sceme. Era già <strong>in</strong> seconda, come lui, ma<br />

stava <strong>in</strong> un’altra sezione. Rimorchiata dalla m<strong>ad</strong>re, partecipava alle loro feste senza un grande<br />

entusiasmo, tenendosi a distanza sia dallo s<strong>tuo</strong>lo delle bamb<strong>in</strong>e, troppo piccole per lei, sia da quei<br />

due o tre coetanei maschi, <strong>in</strong>vitati da Saverio, che dopo un po’ sparivano dalla circolazione per<br />

accalcarsi al computer o alla play.<br />

Doveva ammettere che Gi<strong>ad</strong>a non aveva per niente una faccia da schiaffi. Non che fosse bella.<br />

Nessuna femm<strong>in</strong>a era bella, questo almeno era il parere di Saverio. Per quanto Gi<strong>ad</strong>a… Intanto<br />

era alta, più di lui, con un piccolo neo vic<strong>in</strong>o alla bocca. Ma la cosa che gli faceva più effetto erano<br />

i suoi capelli, una lunga coda di ricci stretta <strong>in</strong> un elastico. Gli sarebbe piaciuto da matti tirare via


all’improvviso quell’elastico e liberare tutti quei ricci, per vedere come sarebbe diventata Gi<strong>ad</strong>a.<br />

Ma non si sarebbe mai azzardato a farlo.<br />

Perché Gi<strong>ad</strong>a era sì scema, come tutte le femm<strong>in</strong>e, ma non COSI’ TANTO.<br />

Per esempio, non era fissata con i voti, come quelle che si mettevano a piangere se non<br />

prendevano dieci. Non si metteva collan<strong>in</strong>e e braccialett<strong>in</strong>i di plastica, perlomeno non troppi. E<br />

stava spesso zitta, a pensare agli affari suoi, senza rompere come le altre.<br />

Magari era anche simpatica, ma di questo Saverio non era sicuro, perché Gi<strong>ad</strong>a, e questo era il<br />

terzo problema, non gli aveva mai detto una parola, né simpatica né antipatica. Per lei, Saverio<br />

era come una delle bottiglie di aranciata <strong>sul</strong> tavolo o una scheda della play, o un cusc<strong>in</strong>o del<br />

divano. Non ci faceva proprio caso.<br />

Invece lui non la perdeva mai di vista. A scuola durante l’<strong>in</strong>tervallo, all’uscita, quando passava nel<br />

corridoio per andare <strong>in</strong> palestra. A casa cont<strong>in</strong>uava a pensarla, se la vedeva davanti anche quando<br />

spegneva la luce la sera, e chiudeva gli occhi. Allungava una mano nel buio e immag<strong>in</strong>ava di<br />

passare le dita fra quei capelli così misteriosi. Di sentirne l’odore, che poteva solo immag<strong>in</strong>are,<br />

perché non si era mai trovato abbastanza vic<strong>in</strong>o a lei da sentirlo davvero, ammesso che avesse<br />

poi un odore. Ma lui era sicuro che fosse così.<br />

Mai come quell’anno Saverio avrebbe voluto che il 29 febbraio non esistesse. E che non arrivasse<br />

il compleanno <strong>in</strong> coppia con sua cug<strong>in</strong>a.<br />

Invece, anno bisesto, era arrivato. Un <strong>in</strong>significante mercoledì pomeriggio, Susanna scema come<br />

sempre con il suo complet<strong>in</strong>o di Hello Kitty, e tutte le altre gall<strong>in</strong>e petulanti dietro, le prime <strong>ad</strong><br />

arrivare alla festa, con il loro carico di Barbie e W<strong>in</strong>ks. Dovevano <strong>esser</strong>e arrivati anche i suoi tre o<br />

quattro compagni di scuola, ma a quel punto lui era già al sparito dalla circolazione. Al sicuro da<br />

una festa che NON VOLEVA, e basta. Tanto, prima che l’av<strong>esser</strong>o trovato… Questo era il<br />

vantaggio di avere dei nonni con una grande casa di campagna, piena di stanze e di arm<strong>ad</strong>i.<br />

Forse qualcuno si era accorto della sua mancanza ma credevano che prima o poi sarebbe<br />

ricomparso, quando gli fosse passata “la luna per traverso”, come diceva la nonna. E <strong>in</strong>vece<br />

questa volta si sbagliavano. Lui non sarebbe tornato.<br />

Stava cercando di ricavare un po’ di spazio per i suoi lunghi piedi <strong>in</strong>filati nelle tennis, augurando<br />

<strong>in</strong>tanto ai suoi familiari, quando fosse stato trovato senza vita con un Raid alla lavanda <strong>in</strong>filato su<br />

per il naso, anni di rimorsi e castighi, per non aver capito <strong>in</strong> tempo l’<strong>in</strong>giustizia della situazione.<br />

E fu <strong>in</strong> quel momento che sentì i passi avvic<strong>in</strong>arsi, e le voci. Una la conosceva, era quella della zia<br />

Giovanna:<br />

- Vieni, entriamo qui.<br />

Saverio si immobilizzò. I passi si erano fermati. La porta si era aperta.<br />

- E’ la camera di Saverio. E lì c’è il bagno – cont<strong>in</strong>uò la zia.<br />

Attraverso una fessura, lui vide un’ombra attraversare la stanza.<br />

- Torno giù – disse la zia, richiudendo la porta.<br />

Quando fu sicuro che nella stanza non ci fosse nessuno, Saverio socchiuse le ante dell’arm<strong>ad</strong>io e<br />

avvic<strong>in</strong>ò il viso. Soliti rumori dal bagno. Sciacquone, rub<strong>in</strong>etto, ronzio del ventilatore, <strong>in</strong>terruttore<br />

della luce.<br />

Trattenne il respiro e si morse le labbra. Ferma <strong>sul</strong>la soglia c’era Gi<strong>ad</strong>a. L’ultima persona che<br />

avrebbe voluto vedere lì. Nella sua camera, nel suo bagno. Cosa le era venuto <strong>in</strong> mente, alla zia<br />

Giovanna?<br />

Gi<strong>ad</strong>a com<strong>in</strong>ciò a girare per la stanza, guardandosi <strong>in</strong>torno e mettendo le mani dappertutto.<br />

Sfogliò uno dei Geronimo Stilton appoggiati <strong>sul</strong> comod<strong>in</strong>o, osservò <strong>sul</strong>la parete il poster di Di Vaio<br />

e il qu<strong>ad</strong>retto a punto croce della nonna. Quando si fermò davanti alla sua foto a sei mesi, nudo <strong>sul</strong><br />

<strong>letto</strong>ne, si sentì diventare paonazzo per la vergogna.<br />

F<strong>in</strong>ito il suo giro, lei venne verso l’arm<strong>ad</strong>io. Saverio aveva l’impressione che lo fissasse negli occhi,<br />

attraverso la fessura fra le ante. La vedeva bene ora. Aveva una tuta di velluto viola e sembrava<br />

ancora più alta. Il suo viso era così vic<strong>in</strong>o che allungando una mano avrebbe potuto toccarle il neo<br />

vic<strong>in</strong>o alle labbra.<br />

Allora si ricordò dello specchio esterno dell’arm<strong>ad</strong>io. E capì. Era se stessa che Gi<strong>ad</strong>a guardava,<br />

non certo lui. Un marmocchio che legge Geronimo Stilton e si fa fotografare con il pisello di fuori<br />

<strong>sul</strong> <strong>letto</strong> di mamma.<br />

Non vedeva l’ora che se ne andasse, non sarebbe mai più uscito di lì. Anzi non voleva vederla mai<br />

più. Chiuse gli occhi. Li avrebbe aperti solo quando fosse stato sicuro che lei era sparita per<br />

sempre, dalla stanza, dalla casa e dalla faccia della Terra.<br />

Ma non ce la fece. Non l’aveva mai avuta così vic<strong>in</strong>a. Chissà quando gli sarebbe capitato un’altra<br />

volta.<br />

Riaprì gli occhi. Gi<strong>ad</strong>a era sempre lì, che si osservava allo specchio.


Poi all’improvviso fece una cosa che Saverio non si aspettava.<br />

Si portò una mano dietro la testa e si tolse l’elastico dalla coda. Fu come se i ricci le esplod<strong>esser</strong>o<br />

<strong>in</strong>torno. Sul collo, <strong>sul</strong>le spalle, <strong>sul</strong>le guance.<br />

Avevano un bel colore castano ma quello che Saverio non aveva mai immag<strong>in</strong>ato erano le ciocche<br />

chiarissime, quasi bianche, sparse qua e là, come attraversate dal sole, nonostante il cielo fuori<br />

dalla f<strong>in</strong>estra fosse coperto di nuvole.<br />

Gi<strong>ad</strong>a scosse la testa da una parte e dall’altra, poi la rovesciò completamente, e per Saverio fu<br />

come se quei riccioli gli piov<strong>esser</strong>o <strong>ad</strong>dosso, se li sentì dappertutto, caldi e colorati come i fuochi<br />

d’artificio <strong>sul</strong> mare, la sera di Ferragosto.<br />

Lei rialzò la testa e, senza togliere lo sguardo dallo specchio, raccolse i capelli e li legò di nuovo<br />

con l’elastico. Si girò e uscì dalla stanza senza più voltarsi.<br />

Saverio rimase lì, rannicchiato nell’arm<strong>ad</strong>io. Gli occhi gli bruciavano, aveva sete e si sentiva le<br />

guance caldissime. Avrebbe voluto muoversi ma era tutto pesante.<br />

Lentamente aprì le ante, mise i piedi <strong>sul</strong> pavimento, si alzò, poi guardò nello specchio. Nessuna<br />

traccia di Gi<strong>ad</strong>a, naturalmente. Al suo posto, un marmocchio di otto anni, con la felpa del Bologna,<br />

i capelli arruffati e l’aria un po’ r<strong>in</strong>tronata.<br />

Nessuna speranza. Nessun fuoco colorato nel cielo. Forse era meglio tornare dentro l’arm<strong>ad</strong>io <strong>ad</strong><br />

aspettare di morire.<br />

Ma <strong>in</strong> quel momento gli arrivò l’odore. L’odore di lei, dei suoi capelli ancora nell’aria. Non sapeva<br />

dire di che cosa sapesse ma di una cosa era sicuro: era proprio uguale a come se lo era<br />

immag<strong>in</strong>ato tante volte.<br />

Si riempì le narici e i polmoni, poi seguendo il mistero di quella scia deliziosa, si diresse verso la<br />

porta, la aprì e uscì dalla stanza.


BRUNO PALUMBO<br />

Il d<strong>ad</strong>o è tratto.<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato,il terzo Susanna. Ed eccola ,Susanna, che varcava proprio <strong>in</strong> quel momento la soglia<br />

della sua camera scoppiando a ridere. “ Saverio ti vedo ! Hai un piede fuori ! “ E giù con quella<br />

sua risata argent<strong>in</strong>a e gorgogliante , che gli faceva sciogliere tutto dentro, portandolo <strong>ad</strong> un passo<br />

dalle lacrime. Socchiuse appena l’anta e mise il naso occhialuto fuori, cercando disperatamente un<br />

buon motivo, uno solo, che non lo rendesse ancor più ridicolo agli occhi della sua piccola vic<strong>in</strong>a di<br />

casa . “ Ecco- farfugliò- sono f<strong>in</strong>ito qua dentro per concentrarmi meglio <strong>sul</strong>la lezione di geografia<br />

per domani. Volevo ripetere i nomi delle Alpi e dei fiumi , e qua fuori c’è troppo cas<strong>in</strong>o. “<br />

Maledicendo la timidezza che non gli consentiva di dichiararsi come avrebbe voluto , e<br />

l’<strong>in</strong>differenza non scevra da una punta di disprezzo con cui Susy lo trattava, scivolò <strong>sul</strong> tappeto con<br />

tutta la dignità di cui fu capace, e si rizzò <strong>in</strong> piedi . Le arrivava a malapena alle spalle , ma era più<br />

che sufficiente per struggersi d<strong>in</strong>anzi al suo sorriso sguardoso, come lo chiamava lui. A quel<br />

sorriso, cioè ,che lo guardava fisso negli occhi, dolce e malizioso lo stesso tempo ,<strong>in</strong>dimenticabile<br />

e sconvolgente. Del resto Susy aveva dodici anni, e si sentiva <strong>in</strong><strong>ad</strong>eguato di fronte a quel certo<br />

non so che di <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ibile che lo attraeva irresistibilmente verso quel facc<strong>in</strong>o lentigg<strong>in</strong>oso e<br />

impert<strong>in</strong>ente , ora a due spanne dal suo. Lei <strong>in</strong>dossava jeans e camicetta bianca a fiorell<strong>in</strong>i rosa ,<br />

lui era stato sorpreso con i calzonc<strong>in</strong>i corti di quando era piccolo, solo l’anno prima , ma non<br />

diciamoglielo, e <strong>in</strong> quell’istante avrebbe voluto sprofondare la sua vergogna e il suo imbarazzo<br />

nell’abbraccio sempre consolatorio della m<strong>ad</strong>re . Ma questo era lui a non volerlo dire. A nessuno.<br />

Già , perché Saverio era timido , ma non voleva che lo si capisse. E cercava di mettere <strong>in</strong> atto<br />

ogni possibile accorgimento perché un rossore del viso si confondesse con un improvviso colpo di<br />

tosse, o il s<strong>in</strong>gulto che gli spezzava la voce, artatamente e faticosamente calma , con un<br />

improvviso impegno non procrast<strong>in</strong>abile nella stanzetta accanto , <strong>in</strong> cui fuggiva per dare<br />

un’occhiata all’acquario a tutta birra per sei o sette secondi, sentendosi il Flash Gordon più<br />

imbranato dell’universo <strong>in</strong>fantile, cui ancora,suo malgr<strong>ad</strong>o, apparteneva.<br />

Susanna gli era scoppiata dentro prepotentemente ormai quasi da un anno. Da quando cioè,<br />

capitato <strong>in</strong> casa dei Pometti per giocare con Galeano, la più piccola dei due fratelli della famiglia<br />

degli amici , dirimpettai di tutto rispetto, aveva appena vomitato e gli aveva detto : “ Ora potresti<br />

mangiartela con il cucchia<strong>in</strong>o , questa bella torta” . A dire il vero Saverio era rimasto un po’<br />

nauseato, ma a quell’età i bamb<strong>in</strong>i son tutti fratelli, e ,soprattutto, lei gli aveva sorriso, piantandogli<br />

dritta nei suoi quegli occhioni neri e umidi che , prima d’allora, Saverio non aveva mai avuto <strong>in</strong><br />

esclusiva per sé. Era fuggito <strong>in</strong> confusione, come al solito, per r<strong>in</strong>tracciare da dove provenisse la<br />

risata di Galeano, ma con la sensazione antica che i suoi geni lo obbligavano a non trascurare .<br />

Da quel giorno rivedeva per ogni dove quelle biglie scure e brillanti che Susanna aveva per occhi :<br />

nel piatto d<strong>in</strong>anzi a sè a pranzo o nel libro su cui stava studiando . La sera poi, non capiva quel<br />

fuoco dolce e doloroso al tempo stesso che gli <strong>in</strong>fiammava il petto , mentre <strong>sul</strong> balcone di casa<br />

,prima di cena, si struggeva f<strong>in</strong>o alle lacrime nel porre alla luna lontana domande senza risposta.<br />

Oppure ,ancora,quando, prima di spegnere la luce, il bacio della mamma lo faceva sprofondare nel<br />

più sereno sonno di tutta la nostra esistenza, sorrideva nel cusc<strong>in</strong>o a faccia <strong>in</strong> giù , e solo l’ist<strong>in</strong>to<br />

lo faceva riemergere ,semiasfissiato ma con un sorriso beato ,dal limbo immediatamente<br />

precedente all’abisso del sonno. A chiunque l’avesse visto <strong>in</strong> quel momento sarebbe sembrato<br />

sereno, ma Saverio soffriva. Anche a scuola , mentre f<strong>in</strong>geva attenzione fissando la maestra ,<br />

accarezzava spesso con la fantasia il sorriso e gli occhioni di Susanna . Come quel giorno,<br />

quando la G<strong>in</strong>etti lo apostrofò secca e squillante : ”Bortolotti Saverio ! Visto che sembri tanto<br />

attento da fissarmi come un demente anche quando sto zitta, mi sai dire chi pronunciò la frase –Il<br />

d<strong>ad</strong>o è tratto- e cosa significò dal punto di vista storico?” . Saverio era un secchio, e poteva<br />

permettersi ogni tanto di volar via lontano con la mente ,lasciando di sé per gli astanti uno sguardo<br />

fisso e f<strong>in</strong>to , ma sempre pronto a ritornare <strong>in</strong> sé ,a seconda delle situazioni. E quello era uno di<br />

quei momenti . Si alzò meccanicamente e recitò testualmente :” Quando Cesare pronunciò queste<br />

parole varcando alla testa del suo esercito il conf<strong>in</strong>e con Roma <strong>sul</strong> fiume Rubicone, sapeva<br />

perfettamente che non avrebbe potuto mai più tornare <strong>sul</strong>la decisione presa <strong>in</strong> quel momento e


che, di fatto, avrebbe scatenato la guerra civile” . Pronunciando quelle parole, fu subito<br />

consapevole con sorprendente lucidità di due cose : la prima fu che l’espressione arcigna della<br />

G<strong>in</strong>etti si scioglieva gr<strong>ad</strong>ualmente <strong>in</strong> un sorriso solo un tant<strong>in</strong>o contrariato, la seconda fu la<br />

sorprendente chiarezza con cui capì la strategia da applicare alla sua personale guerra <strong>in</strong>teriore.<br />

Quel giorno a tavola aveva fame, e divorò le polpette che gli aveva preparato Mamy . Lei<br />

sorrise senza parere, soddisfatta . Gli disse ,anche, che dopo sarebbe passata Susanna per<br />

ripetere con lui la geografia.<br />

Sparì <strong>in</strong> cameretta <strong>in</strong> un lampo, lasciandosi dietro un “ Ho tantissimi compitiiiii!” . Era il 29 . Già,<br />

l’ultimo giorno del mese più strano dell’anno , nell’anno più strano degli ultimi quattro. Per questo ,<br />

nel chiuso odoroso di naftal<strong>in</strong>a del suo arm<strong>ad</strong>io , alla luce della torcia elettrica prese carta e penna<br />

e <strong>in</strong>iziò a scrivere :<br />

“ Susy, non ho il coraggio di dirti quanto mi piaci. Quando ti vedo sono triste e allegro allo<br />

stesso tempo, e sento che se non mi sorridi e mi abbracci , potrei scoppiare per quanto sto male e<br />

per quanto sono felice e sento come se non mi importasse più di nulla al mondo. Perciò ti<br />

propongo questo : dopo aver <strong>letto</strong> questa mia lettera deciderai se aspettarmi. Ora sono troppo<br />

piccolo, ma al prossimo anno bisestile avrò i <strong>tuo</strong>i anni di oggi. Saremo più grandi , e tu mi potrai<br />

dire se ti piaccio o no. Ci vedremo il prossimo 29 febbraio nel cortile, dove Galeano va a parlare,<br />

dietro la cant<strong>in</strong>a della caldaia condom<strong>in</strong>iale, con Miranda Mann<strong>in</strong>i,del terzo piano , che ha sedici<br />

anni. E se vorrai, mi darai un bacio. Io ti prometto di crescere e di non <strong>esser</strong>e timido, e tu sarai il<br />

mio Rubicone. Dopo il quale non si può più tornare <strong>in</strong>dietro . Il <strong>tuo</strong> Saverio la pulce . “<br />

Imbustò la missiva appena <strong>in</strong> tempo. “Saverio ti vedo, hai un piede fuori! ” Ora erano di<br />

fronte . Lei perplessa per l’evidente imbarazzo di lui : “Tutto bene, pulce? Facciamo geografia,<br />

allora? “ Lo guardò dall’alto dei suoi qu<strong>in</strong>dici centimetri <strong>in</strong> più , sorniona e <strong>in</strong>cantevole. Lui aveva le<br />

guance rosse , come le orecchie, e dietro le lenti, che <strong>in</strong>esorabilmente andavano appannandosi,<br />

cercava disperato il tono giusto per ciò che stava per dire e fare. Da dietro la schiena tirò fuori la<br />

busta quasi appallottolata nella morsa del nervosismo della mano, e gliela porse dicendo : “ Ecco<br />

la mia geografia, Susy . Leggila quando sarai da sola a casa, e non parlarmene . Almeno per ora .<br />

“ Cercò di sorridere , ma la voce gli si strozzò <strong>sul</strong> “per ora” , e gli occhi si <strong>in</strong>umidirono , vic<strong>in</strong>issimi al<br />

pianto.<br />

Fu allora che il genere femm<strong>in</strong>ile gli si rivelò <strong>in</strong> tutta la sua splendida forza e <strong>in</strong>afferrabile<br />

imprevedibile dolcezza . Il bacetto che Susy gli scoccò <strong>sul</strong>la fronte gli giunse <strong>in</strong>aspettato e fu come<br />

se tutti i sensi e l’anima si strattonassero per concentrarsi nei due centimetri qu<strong>ad</strong>ri di fronte su cui<br />

le labbra di Susy si erano soffermate un istante. Il cuore <strong>in</strong> subbuglio, sorrise tra le lacrime e<br />

dignitosamente rientrò nell’arm<strong>ad</strong>io , deciso a non uscirne se non a dramma f<strong>in</strong>ito. Sentì Susanna<br />

che diceva alla mamma : “Signora , io v<strong>ad</strong>o. Mi sembra che Saverio la lezione di geografia la<br />

sappia. Ci vediamo, arrivederci.”<br />

Quella sera si sentì colpevolmente quasi <strong>in</strong>sensibile al bacio della buona notte di Mamy , e<br />

sprofondò <strong>in</strong> un sonno <strong>ad</strong>ulto e spavaldo, alla testa del suo personalissimo esercito . F<strong>in</strong>almente<br />

pronto alla battaglia.


GRAZIELLA PAGANI<br />

Festa di compleanno<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

L’arm<strong>ad</strong>io era soffocante, Saverio non ce la faceva più a resistere, sentiva la confusione attorno<br />

e le grida di sua m<strong>ad</strong>re che lo stava cercando.<br />

Pensò per un attimo alla torta con le candel<strong>in</strong>e da accendere rimasta abbandonata <strong>sul</strong> tavolo<br />

<strong>ad</strong>dobbato a festa, che vergogna <strong>esser</strong>e scappato <strong>in</strong> quel modo, davanti a tutta quella gente, ora<br />

sarebbe stato ancora più difficile se non impossibile uscire dal suo nascondiglio, ma stava<br />

diventando faticoso anche rimanere lì dentro, gli mancava l’aria, sentiva caldo.<br />

Saverio si meravigliava che a nessuno fosse venuto <strong>in</strong> mente di cercarlo nell’arm<strong>ad</strong>io, né a sua<br />

m<strong>ad</strong>re, né a quell’antipatica di Susanna che riusciva sempre a scovarlo ovunque. Era da lei,<br />

soprattutto che stava scappando, era diventata prepotente negli ultimi tempi, lo imbarazzava<br />

davanti ai suoi amici, seguendolo e proteggendolo anche quando non ne aveva bisogno.<br />

R<strong>in</strong>chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io quasi non respirava, temendo che <strong>in</strong> ogni momento potesse <strong>esser</strong>e<br />

scoperto. Che cosa avrebbe potuto dire allora? Non lo sapeva neppure lui cosa gli stava<br />

succedendo, era triste, arrabbiato, non sopportava quella festa e soprattutto il suo compleanno<br />

anche se lo festeggiava <strong>in</strong> pratica solo una volta ogni quattro anni.<br />

E lei non era venuta. Il punto era questo.<br />

Saverio tendeva l’orecchio per sentire meglio, il tempo stava passando, sua m<strong>ad</strong>re si sarebbe<br />

<strong>in</strong>furiata di sicuro, aveva lavorato tanto per quel giorno.<br />

Ma lei non era venuta.<br />

Ci aveva sperato f<strong>in</strong>o all’ultimo, a ogni suono di campanello il suo cuore sus<strong>sul</strong>tava e con le<br />

gambe molli aveva sbirciato la porta della sala desideroso solo che arrivasse e <strong>in</strong>vece…niente.<br />

Dopo quel lungo supplizio le parole della mamma gli erano suonate ancora più terribili, i genitori<br />

di Gi<strong>ad</strong>a hanno telefonato, si scusano, ma lei non riesce a venire.<br />

Lui sf<strong>in</strong>ito si era accasciato su una sedia, il pagliaccio che <strong>in</strong> realtà era una pagliaccia lo aveva<br />

subito cercato per co<strong>in</strong>volgerlo <strong>in</strong> stupidi giochi di gruppo, ma lui non ne aveva voglia, preferiva<br />

stare un po’ solo.<br />

Ormai era sicuro, a Gi<strong>ad</strong>a lui non <strong>in</strong>teressava proprio.<br />

Tutta quella confusione lo stava stordendo e poi Susanna non lo aveva più lasciato <strong>in</strong> pace,<br />

cont<strong>in</strong>uamente gli sedeva vic<strong>in</strong>o e cercava di toccarlo, o gli prendeva una mano, o gli sfiorava i<br />

capelli, a ogni momento se la ritrovava <strong>ad</strong>dosso, lui che voleva soltanto pensare a Gi<strong>ad</strong>a.<br />

Inutile sperare, glielo aveva detto anche Frank, ed era già la seconda volta che gli capitava, non<br />

lo capiva proprio perché.<br />

A un tratto Saverio percepì un rumore, come di una porta che si apriva e poi dei passi leggeri,<br />

qualcuno doveva <strong>esser</strong>e entrato nella sua stanza. Chi poteva <strong>esser</strong>e?Lui tese l’orecchio per<br />

lunghissimi istanti, la persona era sempre lì, silenziosa, chi poteva mettersi a curiosare e a frugare<br />

tra i suoi giochi, le sue cose? Si stava agitando ma temendo fosse Susanna, cont<strong>in</strong>uava a<br />

trattenere il respiro, a rimanere immobile, poi, non potendone più, <strong>in</strong>curiosito, sbirciò attraverso<br />

una fessura dell’arm<strong>ad</strong>io. No, non sembrava Susanna, era anche troppo silenziosa. Sembrava una<br />

bamb<strong>in</strong>a, ma non gli pareva di conoscerla, non era una della sua classe, comunque.<br />

A quel punto si lasciò sfuggire un profondo sospiro, qualcosa gli c<strong>ad</strong>de <strong>ad</strong>dosso e produsse un<br />

rumore evidente. Sperò che la sconosciuta se ne andasse spaventata, <strong>in</strong>vece lei rimaneva,<br />

<strong>in</strong>curante del resto del mondo che lo stava cercando.<br />

Con terrore crescente udì dei passi che lentamente arrivarono f<strong>in</strong>o all’arm<strong>ad</strong>io che di colpo si<br />

aprì.<br />

Il suo sguardo imbarazzato <strong>in</strong>contrò quello della bamb<strong>in</strong>a, stupito e un po’ spaventato. La<br />

riconobbe solo allora, l’aveva già <strong>in</strong>contrata altre volte a scuola, doveva <strong>esser</strong>e la sorella di<br />

Federica.<br />

La bamb<strong>in</strong>a cont<strong>in</strong>uava a osservarlo silenziosa.<br />

Lui uscì dall’arm<strong>ad</strong>io e cercò di darsi un tono. Lei sembrava <strong>in</strong>timidita e impacciata.<br />

In quel momento la porta si spalancò e la m<strong>ad</strong>re irruppe nella stanza del figlio con grida di<br />

sollievo.<br />

- Ma dove eri f<strong>in</strong>ito?E’ da mezzora che ti stiamo cercando!


Saverio non sapeva che dire. Fu la bamb<strong>in</strong>a che aveva recuperato la voce a rispondere per lui.<br />

- Mi stava facendo vedere i suoi album di animali….<br />

- Ma che strano, sono entrata qui almeno quattro volte. Non mi hai sentito chiamarti?La torta…<br />

stanno aspettando tutti solo te, dai…<br />

Lui abbozzò un sorriso verso entrambe, la m<strong>ad</strong>re troppo sollevata per averlo ritrovato, non<br />

<strong>in</strong>sistette oltre.<br />

- Dai…conquistatore, andiamo di là prima che se ne v<strong>ad</strong>ano tutti.<br />

Saverio si fece forza e la seguì, la bamb<strong>in</strong>a si accodò dietro di loro.<br />

Un coro di grida si sollevò al suo rientro. Susanna s’<strong>in</strong>tromise subito allontanandolo da lei<br />

bruscamente. Saverio non urlò come avrebbe desiderato, ma il suo sguardo gelido sembrò<br />

f<strong>in</strong>almente allontanarla. Si avvic<strong>in</strong>ò allora alla bamb<strong>in</strong>a che lo aveva salvato e le chiese come si<br />

chiamava.<br />

Cater<strong>in</strong>a è un bel nome si disse, mentre soffiava con forza <strong>sul</strong>le sue otto candel<strong>in</strong>e spegnendole<br />

tutte <strong>in</strong>sieme.<br />

Saverio non avrebbe saputo, se non dopo molti anni, che Cater<strong>in</strong>a quel fatidico 29 Febbraio lo<br />

cerchiò <strong>sul</strong> suo diario di seconda elementare con un bellissimo cuore rosso.


ANTONELLA DI BELLO<br />

PRIMO AMORE<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti, di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna. Insieme costituivano un’unica monolitica ragione che costr<strong>in</strong>geva la<br />

m<strong>ad</strong>re di Saverio a restare davanti all’anta chiusa con affanno crescente, <strong>in</strong> attesa che il bamb<strong>in</strong>o<br />

manifestasse la volontà di uscire.<br />

Al piano di sotto, chiuso nel suo studio, il dottor Ubaldo Bortolotti, tentava di non lasciarsi<br />

distrarre dalle voci che gli arrivavano all’orecchio dalla stanza di Saverio, e di concedere alla sua<br />

paziente tutta l’attenzione che meritava.<br />

“Saverio, tesoro, se non molli la porta dell’arm<strong>ad</strong>io e non vieni fuori - i m m e d i a t a m e n t e -<br />

andrò a chiamare <strong>tuo</strong> p<strong>ad</strong>re!”, la voce della signora Bortolotti era apparsa particolarmente stridula,<br />

con un tono che era passato dal rassicurante all’isterico nella stessa frase; e dall’<strong>in</strong>terno la vocetta<br />

del ragazz<strong>in</strong>o ribatteva senza ombre di dubbi o <strong>in</strong>certezze: “No! No! E no! Chiama papà, chiama<br />

chi vuoi ma io non esco!”.<br />

Non era la prima volta che il ragazz<strong>in</strong>o azzardava un gesto plateale di questa portata. Soltanto<br />

poche settimane prima si era messo a cavalcioni <strong>sul</strong> davanzale della f<strong>in</strong>estra della sua stanza con<br />

un pallonc<strong>in</strong>o a forma di cuore stretto tra le mani, dopo aver chiuso a chiave la porta <strong>in</strong> modo che i<br />

suoi genitori fossero costretti a parlargli dal giard<strong>in</strong>o o dalla f<strong>in</strong>estra accanto.<br />

La mamma <strong>in</strong> quell’occasione aveva avuto una vera e propria crisi di nervi f<strong>in</strong>endo stesa<br />

svenuta <strong>sul</strong> prato, mentre il papà tentava di farlo ragionare con calma per evitare che la situazione<br />

precipitasse.<br />

Saverio era da sempre un bamb<strong>in</strong>o stravagante e il p<strong>ad</strong>re aveva tentato di osservarlo con un<br />

occhio esclusivamente professionale allo scopo di comprenderne a fondo le d<strong>in</strong>amiche e poter<br />

proporre un approccio <strong>ad</strong>eguato, da parte sua e della moglie, nell’educarlo; ma alla lunga si era un<br />

po’ perso nelle sue analisi, non riuscendo <strong>ad</strong> arrivare <strong>ad</strong> un verdetto chiaro. Soprattutto non<br />

riusciva a collegare <strong>in</strong> modo corretto l’età anagrafica del bamb<strong>in</strong>o con il suo sviluppo emozionale,<br />

ritenendo che l’<strong>in</strong>namoramento per Susanna presentasse caratteristiche un po’ troppo tipiche di<br />

un sentimento <strong>ad</strong>ulto.<br />

Da bravo psicanalista quale era, il dottor Bortolotti aveva più volte affrontato l’argomento con il<br />

figlio per comprendere il tipo di sentimento e di emozioni che Susanna suscitava <strong>in</strong> lui, ma <strong>ad</strong> ogni<br />

colloquio il bamb<strong>in</strong>o aveva dato segni di una matura e reale attrazione fisica che lasciava il dottore<br />

disorientato.<br />

La voce della moglie riusciva a penetrare i muri che dividevano la stanza del bamb<strong>in</strong>o dallo<br />

studio del p<strong>ad</strong>re e <strong>ad</strong> <strong>in</strong>filarsi tra le parole della signora Carl<strong>in</strong>i che, <strong>in</strong>fastidita, portava avanti il<br />

proprio discorso alzando il volume della voce nella speranza che il dottore cont<strong>in</strong>uasse <strong>ad</strong><br />

occuparsi di lei, dal momento che pagava per quell’ora di “chiacchiere analitiche” <strong>sul</strong> divanetto<br />

dello studio di Bortolotti una volta a settimana.<br />

“Vede dottore, sono sposata da più di vent’anni, conosco tutte le abitud<strong>in</strong>i e le nevrosi di mio<br />

marito, potrei prevedere ogni sua reazione a eventi di qualsiasi tipo, tuttavia non sono <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di<br />

parlargli di me, di dirgli che sono <strong>in</strong>felice, di chiedergli di cambiare. Ci ho provato ma non ci riesco<br />

e non so proprio come uscire da questa fase.”.<br />

“Capisco, mi spieghi meglio cosa prova. Per quale ragione non riesce a parlare con suo marito?<br />

Cosa sente?”.<br />

“Saverio ormai f<strong>in</strong>isce l’aria, esci! Subito!”.<br />

“Non è facile. Io mi rendo conto che non ha senso non riuscire a parlare con la persona che<br />

meglio conosco al mondo. Il fatto è che temo che si senta responsabile per la mia <strong>in</strong>felicità e io non<br />

voglio. Ho paura di farlo soffrire, non se lo merita.”.<br />

“Non ci penso neanche! Se non posso sposare Susanna preferisco morire nel mio arm<strong>ad</strong>io”.<br />

“Per favore, ora esci e sistemiamo tutto! Devi imparare a parlare con mamma senza arrivare a<br />

fare cose di questo tipo! Così mi fai solo spaventare! Adesso basta! Esci ti ho detto!”<br />

“… vede è un uomo buono, solo un tant<strong>in</strong>o … arido. O forse sono io troppo esigente.”.<br />

“In che senso? Lei cosa vorrebbe di diverso da questo rapporto?”<br />

“Allora vuoi aprire questa porta?”


“Vorrei che mi proponesse delle cose da fare <strong>in</strong>sieme, che avesse voglia di sperimentare anche<br />

cose nuove <strong>in</strong>sieme a me, che avesse energie da mettere <strong>in</strong> campo tra noi, <strong>in</strong>vece si fa solo ciò<br />

che propongo io e se per un periodo non porto idee nuove a lui va bene lo stesso. La vita <strong>in</strong>sieme<br />

è una specie di viaggio di pendolari, nulla di nuovo, nulla di diverso, viaggio sicuro con paesaggio<br />

familiare.”.<br />

“Capisco. Mi pare legittimo. Come mai pensa di poter <strong>esser</strong>e troppo esigente? Si tratta di<br />

mettere <strong>sul</strong> tavolo alcuni motivi di <strong>in</strong>soddisfazione, non di fare un processo”. Il tono di voce del<br />

dottor Bortolotti <strong>in</strong>iziava a dare segni di agitazione.<br />

La signora Carl<strong>in</strong>i si chiedeva se l’impazienza del dottore fosse dovuta a lei o alla scena che si<br />

stava svolgendo di sopra: “Dottore lo so, ma lei non conosce mio marito, pare sempre una vittima<br />

pronta a sacrificarsi per gli altri, come faccio a dirgli che sto male con lui senza farlo sentire<br />

responsabile?”. Il dottor Bortolotti non riusciva a concentrarsi e guardando l’orologio che teneva<br />

<strong>sul</strong>la scrivania tagliò corto: “Ma da quanto mi dice, un po’ di responsabilità lui ce l’ha! Ad ogni modo<br />

ci torneremo sopra, la aspetto mercoledì prossimo.”.<br />

“Saverio, me ne v<strong>ad</strong>o, farai i conti con <strong>tuo</strong> p<strong>ad</strong>re!”.<br />

La signora Carl<strong>in</strong>i si era alzata con lentezza, aveva sistemato meticolosamente le pieghe della<br />

gonna di fattura f<strong>in</strong>e e aveva seguito lo psicologo lungo il corridoio f<strong>in</strong>o al portone, gli aveva rivolto<br />

uno sguardo severo ed un sorriso di circostanza e gli aveva, <strong>in</strong> f<strong>in</strong>e, voltato le spalle avviandosi<br />

lungo il via<strong>letto</strong>. Il dottor Bortolotti era rimasto <strong>ad</strong> osservarla, sovrappensiero, chiedendosi quale<br />

maleficio avesse lanciato Susanna su suo figlio e quale antidoto escogitare per farlo tornare alla<br />

vita di un normale bamb<strong>in</strong>o di otto anni.<br />

Sospirando chiuse il portone e salì le scale diretto alla stanza di Saverio. Fuori dalla porta la<br />

moglie si teneva il viso tra le mani esasperata.<br />

“Me ne occupo io, vai a riposare” la tranquillizzò lui.<br />

Il dottor Bortolotti, una volta entrato nella stanza del figlio, spostò uno sgabello davanti all’anta<br />

dell’arm<strong>ad</strong>io, si sedette, respirò a fondo e com<strong>in</strong>ciò: “Saverio, tesoro, per favore potresti venire<br />

fuori di lì e parlare con me, da uomo a uomo?”.<br />

“Ma papà, io ho bisogno di fatti, non di parole, se resto qui ho qualche speranza <strong>in</strong> più!”.<br />

“Saverio, puoi dirmi speranza di cosa? Cosa pensi di dover ottenere, io non ho ancora capito!”.<br />

“Papà, è semplice, io voglio stare con Susanna, mamma dice che sono troppo piccolo e io non<br />

mi sento preso <strong>sul</strong> serio. Ti pare un motivo valido l’età? E poi se anche fosse, esisteranno pure le<br />

eccezioni alle regole!”<br />

Il dottor Bortolotti si grattò la fronte non sapendo nemmeno dove posare lo sguardo dal<br />

momento che la voce del figlio proveniva da un arm<strong>ad</strong>io che gli impediva di guardarlo negli occhi.<br />

“Saverio, capisco bene quello che dici ma vorrei sapere se Susanna sa dei <strong>tuo</strong>i propositi e<br />

soprattutto se è d’accordo. Vedi, non basta desiderare una persona per averla, si tratta di<br />

<strong>in</strong>staurare un rapporto e poi concordare dei passi. Come tra me e la mamma: ci siamo frequentati<br />

a lungo, ci siamo conosciuti e poi abbiamo fatto progetti <strong>in</strong>sieme”.<br />

“Papà, Susanna dice le stesse cose che dice la mamma, non mi prende <strong>sul</strong> serio come se la<br />

mia età mi impedisse di avere un cuore, dei sentimenti e dei desideri. Non potresti convocarla qui<br />

e poi parlare con lei? Tu capisci che mi sento come se non esistessi? Possibile che mi sia<br />

concesso di <strong>esser</strong>e considerato soltanto dopo i diciotto anni?”.<br />

Il p<strong>ad</strong>re, non trovando argomenti che pot<strong>esser</strong>o contr<strong>ad</strong>dire quanto Saverio andava affermando,<br />

decise di assecondarlo. Si recò qu<strong>in</strong>di nel suo studio e telefonò all’<strong>in</strong>segnante di viol<strong>in</strong>o pregandola<br />

di recarsi a casa loro per un veloce colloquio riguardante il figlio. Susanna suonò il campanello<br />

dopo una mezzora e ascoltò con serietà il dottor Bortolotti. Dopo di che salì i gr<strong>ad</strong><strong>in</strong>i della scala<br />

<strong>in</strong>terna e bussò lievemente all’anta dell’arm<strong>ad</strong>io-rifugio di Saverio.<br />

Lui stancamente chiese chi era e lei con tono di voce calmo ma deciso pronunciò il proprio<br />

nome. All’istante l’anta si aprì, Saverio uscì dall’arm<strong>ad</strong>io sudato e spossato. Susanna gli diede il<br />

bicchiere colmo d’acqua che str<strong>in</strong>geva <strong>in</strong> una mano e lo salutò con un sorriso.<br />

Saverio si sedette accanto a lei <strong>sul</strong> suo <strong>letto</strong> e prese a spiegarle che dal momento <strong>in</strong> cui l’aveva<br />

vista la prima volta, <strong>in</strong> occasione della prima lezione di viol<strong>in</strong>o, non era più riuscito a pensare <strong>ad</strong><br />

altro. Era rimasto folgorato dalla sua bellezza e dalla sua dolcezza e desiderava soltanto stare <strong>in</strong><br />

sua compagnia. Non voleva metterla <strong>in</strong> difficoltà, ma chiedeva che i suoi sentimenti fossero presi<br />

<strong>in</strong> considerazione seriamente <strong>in</strong> quanto per lui erano estremamente seri. Susanna gli spiegò che


era molto contenta di fare lezione <strong>ad</strong> un bamb<strong>in</strong>o tanto dotato e maturo, ma che non voleva<br />

fidanzarsi <strong>in</strong> quanto era molto presa dal suo lavoro con i giovani e soprattutto da quello <strong>in</strong> teatro.<br />

Lo r<strong>in</strong>graziò per le cose belle che le aveva detto e gli regalò due biglietti per il concerto che si<br />

teneva quella stessa sera, <strong>in</strong> cui avrebbe suonato <strong>in</strong> qualità di primo viol<strong>in</strong>o; gli diede un bacio<br />

<strong>sul</strong>la guancia e uscì dalla stanza non prima di aver ottenuto che Saverio andasse a sentirla.<br />

Quella sera Saverio era <strong>in</strong> quarta fila accanto al dottor Bortolotti, nella platea rossa del teatro.<br />

Era molto emozionato e poco prima che il sipario si aprisse, guardando il p<strong>ad</strong>re dritto negli occhi<br />

confessò: “Papà, forse ho un po’ esagerato ultimamente, però tu capisci, dovevo proprio far valere<br />

le mie ragioni ed <strong>esser</strong>e considerato <strong>sul</strong> serio! Se non avessi fatto nulla, tra venti o trent’anni mi<br />

sarei ritrovato pieno di rimpianti! Almeno ora so di aver fatto quello che potevo e posso voltare<br />

pag<strong>in</strong>a serenamente”.<br />

Il dottor Bortolotti non credeva alle proprie orecchie, andò col pensiero alla paziente del matt<strong>in</strong>o,<br />

la signora Carl<strong>in</strong>i, e alla sua paura di comunicare s<strong>in</strong>ceramente con l’uomo con cui condivideva<br />

l’esistenza. Registrò mentalmente di volerle parlare dei rimpianti durante la seduta successiva e, <strong>in</strong><br />

f<strong>in</strong>e, diede una pacca affet<strong>tuo</strong>sa <strong>sul</strong>la piccola mano del figlio stretta al bracciolo della poltrona<br />

dicendogli: “Bene, rilassiamoci e godiamoci questo concerto, ora. Susanna ci ha fatto proprio un<br />

bel regalo!”.


ROSALBA FERRAMOSCA<br />

Speranze<br />

C’erano almeno tre motivi per cui mercoledì 29 febbraio Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Ma no,il motivo non era l’amore di Saverio per la Giorgia, la famosa compagna di classe, quella<br />

bella bamb<strong>in</strong>a dalle guance rosa e la treccia bruna lunga f<strong>in</strong>o al sedere.<br />

E’ vero, il suo amore per lei non era ricambiato, pensava Saverio con una smorfia di<br />

rammarico,quella stupida spalanca gli occhioni solo quando parla quel cret<strong>in</strong>o di Francesco, solo a<br />

lui presta la sua penna con l’<strong>in</strong>chiostro d’oro ed il prezioso compasso da trentac<strong>in</strong>que euro.<br />

Per contro non era ricambiato da lui l’amore di Giulia, la migliore amica di Sofi, sua sorella.<br />

Piccol<strong>in</strong>a, brutt<strong>in</strong>a, <strong>in</strong>significante e pure con gli occhiali, Giulia, quando lo <strong>in</strong>contrava nei corridoi<br />

della scuola durante la ricreazione, lo guardava <strong>ad</strong>orante, pendendo dalle sue labbra e ridendo<br />

sempre alle sue barzellette. Un balsamo per il suo ego ferito dalla <strong>in</strong>differenza della Giorgia, certo,<br />

ma quanto a ricambiare quell’amore, no, non ce la faceva proprio!<br />

Ora l’amore non ricambiato era quello di Susanna per lui, si, per lui,Saverio <strong>in</strong> persona.<br />

Era un amore travolgente,da averne paura tanto da r<strong>in</strong>chiudersi <strong>in</strong> un arm<strong>ad</strong>io appena<br />

possibile, per sfuggire alle pesanti effusioni, agli sl<strong>in</strong>guazzamenti, ai cont<strong>in</strong>ui festeggiamenti con<br />

tentativi di abbracci mozzafiato, di umidi, ardenti baci.<br />

Non avrebbe mai immag<strong>in</strong>ato, Saverio, di doversi ritrarre precipitosamente d<strong>in</strong>anzi a così<br />

tenere manifestazioni d’affetto. Forse perché Susanna era più grande di lui, pensava, quasi più<br />

alta del doppio, forte e muscolosa, capace di atterrarti come per una mossa di karatè. E poi, che<br />

imbarazzo davanti a quei pressanti corpo a corpo, a quei contatti tanto violenti da far paura!<br />

L’arm<strong>ad</strong>io, r<strong>in</strong>chiudervisi dentro velocemente <strong>ad</strong> ogni arrivo a casa da scuola era la sola<br />

opportunità per lui di sfuggire a quell’amore così devastante.<br />

Devastante, giusto, devastante era il term<strong>in</strong>e esatto, la parola nuova appena imparata, per<br />

def<strong>in</strong>ire l’amore di Susanna, pensava mesto Saverio. Ormai conosceva tante nuove parole e<br />

sapeva usarle a proposito, si diceva; a otto anni, <strong>in</strong> terza elementare, si era grandi, si leggevano i<br />

libri della biblioteca di classe, a casa si poteva guardare il telegiornale e, se si f<strong>in</strong>ivano presto i<br />

compiti, i suoi gli permettevano anche qualche documentario su Ski.<br />

E proprio <strong>in</strong> un documentario su Ski aveva visto divertenti scene come quelle tra lui e<br />

Susanna.<br />

Ci aveva riso, allora, <strong>in</strong>sieme a Sofi ed avevano detto entrambi: ”Come sarebbe bello <strong>esser</strong>e lì!”<br />

Ma ora, ora che lui era lì, era al centro della scena, tutto gli sembrava diverso.<br />

Saverio spiava dall’anta appena un po’ socchiusa dell’arm<strong>ad</strong>io.<br />

La sua camera sembrava, come ogni giorno dacché Susanna era entrata nella sua vita, un<br />

campo di battaglia ed il nemico, Susanna <strong>in</strong> persona, si era imp<strong>ad</strong>ronita del suo <strong>letto</strong>.<br />

“Ma quando si deciderà a venire la mamma per liberarmi?”si domandava Saverio ascoltando il<br />

respiro ansante, i gemiti di desiderio della grossa femm<strong>in</strong>a accucciata <strong>sul</strong> pium<strong>in</strong>o, sguardo fisso<br />

all’arm<strong>ad</strong>io.<br />

“Dai, Susanna, va’ <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a, cagnaccia, ci deve pur <strong>esser</strong>e ancora qualcosa da mangiare<br />

nella tua ciotola! E poi, e poi devi trovarti al più presto un altro amore, uno più <strong><strong>ad</strong>atto</strong> a te, un<br />

Sanbernardone peloso e giocherellone con cui fare la lotta .Io ce l’ho già un amore, la Giorgia,<br />

anche se lei non mi vuole. Ma, ma è solo il 29 febbraio, mia cara, vedrai che per la f<strong>in</strong>e dell’anno<br />

scolastico ce la farò a farmi prestare penna d’oro, compasso e anche la gomma magica!<br />

Un momento… E se riuscissi a portare Susanna fuori e la sgu<strong>in</strong>zagliassi contro Davide?”<br />

A Saverio si illum<strong>in</strong>ò il viso: fattosi coraggio socchiuse pian piano l’anta dell’arm<strong>ad</strong>io per poter<br />

venir fuori senza rischiare la pelle per l’entusiasmo della sua ammiratrice e, con Susanna<br />

avv<strong>in</strong>ghiata subito a lui, uscì faticosamente dalla camera, poi dalla porta di casa e si diresse verso<br />

la villetta vic<strong>in</strong>a dove <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o giocava Davide, nell’attesa del ritorno dei suoi.<br />

Susanna, <strong>in</strong>tanto, correva <strong>in</strong>torno a lui festosa, palla moscia <strong>in</strong> bocca da farsi lanciare,<br />

<strong>in</strong>consapevole di ciò che Saverio, <strong>in</strong>vece, quel giorno si aspettava da lei.


CARLO ALBERTO BORTOLOTTI<br />

Casa Nuova<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Pioveva quella matt<strong>in</strong>a, la Primavera bussava alle porte del nuovo anno, ma l’Inverno, coriaceo e<br />

prepotente si aggrappava alle sue vesti per non <strong>esser</strong>e mandato via.<br />

Saverio era pronto per andare a scuola: la cartella, la merend<strong>in</strong>a, le galosce e la mantella. Camm<strong>in</strong><br />

facendo, si divertiva a passare dentro le pozzanghere, tuffarsi a piè pari tra quegli specchi d’acqua.<br />

Gli piaceva rompere il riflesso del cielo, mandarlo <strong>in</strong> mille frantumi, tra la str<strong>ad</strong>a e il marciapiedi.<br />

Quel gioco lo teneva impegnato f<strong>in</strong>o al suono della campanella, quando la maestra chiamava tutti<br />

<strong>in</strong> classe.<br />

“Venite bamb<strong>in</strong>i…”.<br />

Bastava quella voce, e il cuore di Saverio accelerava come una locomotiva a vapore <strong>in</strong> uscita da<br />

una stazione.<br />

Era <strong>in</strong>iziato tutto da quando si era fatto mettere <strong>in</strong> prima fila, lo aveva chiesto espressamente<br />

subito dopo le vacanze di Natale. Una scusa per stare vic<strong>in</strong>o a Michele, il suo compagno di giochi.<br />

Un’occasione <strong>in</strong> più per scambiare figur<strong>in</strong>e sotto il banco, e poter ridere delle scemenze dell’amico.<br />

Ma col passare dei giorni, Saverio si era accorto di quanto fossero belli gli occhi della maestra. Era<br />

irresistibilmente avv<strong>in</strong>to da quelle pupille grandi, corollate da un’iride profondo come il mare. Ogni<br />

volta che <strong>in</strong>crociava quegl’occhi era pervaso da un brivido lungo e <strong>in</strong>timo. E un’immag<strong>in</strong>e affiorava<br />

dalla penombra di un ricordo lontano.<br />

Alzava la mano di frequente, e quando c’era da andare alla lavagna, lui era il primo a rendersi<br />

disponibile. Un gioco <strong>in</strong>nocente, cui nessuno dava peso, f<strong>in</strong>o a quel mercoledì 29 febbraio, che<br />

sembrava un giorno uguale a un altro, se non fosse stato che pioveva a dirotto. Un giorno<br />

qualunque <strong>sul</strong> calendario, se nel cuore di Saverio, il vento non avesse com<strong>in</strong>ciato a spirare.<br />

Il piccolo Bortolotti, suonata la campanella, ebbe il suo bel daffare per rimettere galosce e<br />

mantella, e ritardò l’uscita di scuola quel tanto che bastava da far preoccupare la maestra<br />

Susanna, che non vedendolo, tornò sui suoi passi e si affacciò alla porta dell’aula. Il ragazz<strong>in</strong>o era<br />

<strong>in</strong>tento a contorcersi per <strong>in</strong>filare la manica della mantella. La cartella gli impediva di muoversi<br />

agevolmente. Così, la giovane <strong>in</strong>segnante si avvic<strong>in</strong>ò a Saverio per aiutarlo. Per lui era come<br />

entrare nel sogno che faceva tutti i giorni a occhi aperti: quei tratti di cielo così vic<strong>in</strong>i, il calore di un<br />

corpo, il seno che gli sfiorava il viso. L’emozione era così grande, da non riuscire a dare un nome<br />

ai sentimenti che traboccavano dal suo cuore <strong>in</strong>esperto. D’un tratto, la mano <strong>in</strong>certa di Saverio<br />

accarezzò quel seno. E le labbra sfiorarono il capezzolo coperto dai vestiti.<br />

“Saverio, che succede?”.<br />

La maestra si ritrasse quanto basta per poter guardare <strong>in</strong> viso il suo scolaro. Avrebbe voluto<br />

abbracciarlo quel corpic<strong>in</strong>o <strong>in</strong> cerca di affetto, avrebbe voluto contenere nel suo, quel cuore orfano<br />

d’amore e tenerezza. Ma non poteva, il ruolo glielo impediva.<br />

Per l’<strong>in</strong>genuo fanciullo si fece buio <strong>in</strong> un attimo, come se una mano feroce avesse chiuso di colpo<br />

le persiane alle f<strong>in</strong>estre del suo cuore. Le lacrime <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abili delle nuvole facevano compagnia a<br />

quelle <strong>sul</strong>le gote rosse di rabbia e delusione. Corse a casa, non gli <strong>in</strong>teressava più saltare nelle<br />

pozzanghere, e <strong>in</strong>frangere il cielo. La maestra Susanna aveva mandato <strong>in</strong> frantumi il suo sogno.<br />

Entrò <strong>in</strong> casa sbattendo la porta e, con mantella, galosce e tutta l’acqua appresso, si chiuse<br />

nell’arm<strong>ad</strong>io della cameretta. Nemmeno ci salutò.<br />

“Dove vai?”.<br />

Non avevamo saputo dire altro, <strong>in</strong> quel frangente.<br />

Poi, visto che Saverio non veniva più a tavola, com<strong>in</strong>ciammo a preoccuparci. Era la prima volta<br />

che si comportava così da quando era con noi.<br />

“Avrà litigato con qualche compagno. Oppure l’avrà sgridato la maestra” dicevo a mia moglie<br />

Monica.<br />

L’arm<strong>ad</strong>io era chiuso. Bussai, Saverio non voleva rispondere… Toc-toc. “Saverio!”.


Non si voleva urtare ancora di più la sua sensibilità, e facemmo di tutto per stemperare la tensione.<br />

Ma a Saverio di uscire proprio non garbava. La mantella e le galosce ancora <strong>in</strong>filate, lo salvavano<br />

dalla pioggia battente delle sue lacrime.<br />

Chiuso nel buio del dolore, tra sé pensava che se febbraio avesse avuto un giorno <strong>in</strong> meno come<br />

l’anno precedente, avrebbe potuto cont<strong>in</strong>uare a sognare. Invece, si trovava <strong>in</strong> mano solo i cocci di<br />

quel sogno.<br />

“Dai, Saverio, esci. Altrimenti, come possiamo parlare?”.<br />

Ma di uscire non se ne parlava.<br />

Il pomeriggio era ormai trascorso, Saverio non dava cenni di voler cambiare idea. S<strong>in</strong>ché…<br />

“C’è la maestra Susanna!”.<br />

Dopo un <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abile attimo di silenzio, un rimbombo all’<strong>in</strong>terno dell’arm<strong>ad</strong>io ruppe gli <strong>in</strong>dugi.<br />

Lentamente, prima una e poi l’altra, le ante si aprirono. L’ombra del dolore di Saverio pervase la<br />

stanza col suo gelo. Con gli occhi abbassati, come a nasconderne il pianto, mio figlio uscì dal suo<br />

rifugio.<br />

L’odore acre della sofferenza non si dileguò del tutto. Non valsero né i nostri, né i sorrisi della<br />

maestra a cancellarlo.<br />

L’<strong>in</strong>segnante, nel frattempo, ci raccontò l’acc<strong>ad</strong>uto. Noi non giustificammo il comportamento di<br />

Saverio, nemmeno ci sentivamo di condannarlo. L’unica cosa da fare, era capire.<br />

“Allora Saverio, è stato bello giocare con le pozzanghere, oggi?”.<br />

Il volto del nostro bimbo cambiò espressione. Le sue labbra abbozzarono un sorriso. Forse si<br />

aspettava un rimprovero.<br />

“Sì” rispose telegrafico.<br />

“E com’è andata a scuola?”.<br />

“Non tanto bene”.<br />

“C’è qualcosa che vuoi dirci…!”.<br />

“No”.<br />

Per tanto facessimo, non se ne usciva. Saverio restava chiuso nella sua mantell<strong>in</strong>a.<br />

Temevamo di rompere quelle fragili ali, se lo avessimo spogliato, ma sentivamo che la delicatezza<br />

che permeava la nostra voce stava svanendo dietro i veli dell’impazienza.<br />

Un abbraccio silenzioso, senza pretese, senza desiderio di parole, diluì il senso d’impotenza che<br />

affiorava dai conf<strong>in</strong>i del nostro cuore.<br />

I giorni passavano. Come vedette, scrutavamo l’orizzonte con la speranza di scorgere il sole dietro<br />

le nuvole musone. Ma il temporale non cessava. Saverio sembrava un baule chiuso, la cui chiave<br />

era stata smarrita. Per tanto la si cercasse, l’angolo dov’era nascosta era sempre un po’ più <strong>in</strong> là.<br />

La scorgemmo quando ormai ci sentivamo alle corde di un <strong>in</strong>visibile r<strong>in</strong>g, a fare a pugni coi<br />

fantasmi di nostro figlio. Monica trovò una foto <strong>in</strong>collata su di un qu<strong>ad</strong>erno di Saverio. Lo teneva<br />

sotto il cusc<strong>in</strong>o, dopo averlo sottratto alla custodia di una scatola, che non aveva mai aperto <strong>in</strong><br />

nostra presenza.<br />

Sulla prima pag<strong>in</strong>a, c’era la foto di una donna molto bella, con due occhi profondi come il mare, e<br />

sotto, segni stentati di biro tracciavano tra le righe la parola MAMMA. L’<strong>in</strong>chiostro era slavato dal<br />

sale del pianto.<br />

“Ti manca la tua mamma, non è vero?”.<br />

Saverio annuì, ma non sollevò il capo.<br />

Dopo qualche giorno, dal ventre della sua memoria com<strong>in</strong>ciarono a uscire draghi, cieli tempestosi,<br />

mostri orrendi, streghe cattive. Disegnava e disegnava, a casa, e a scuola. Le sue paure le vestiva<br />

così, sopra un foglio di carta, come per una festa di Halloween, ma senza f<strong>in</strong>zione. Gli occhi della<br />

maestra avevano chiamato nel profondo Saverio, che, non avendo difese, si era fatto v<strong>in</strong>cere dai<br />

ricordi. Quel seno era stato l’irresistibile richiamo di quell’affetto spezzato, di quel latte per l’Anima<br />

che la sua bocca non aveva mai succhiato f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo.<br />

Dopo alcuni giorni, mentre eravamo seduti a tavola per la cena, Saverio ci guardò con sguardo<br />

serio, e con aria grave <strong>in</strong>iziò a parlare: “La mia mamma non mi vuole più. Sono arrabbiato con lei,<br />

mi ha lasciato dalle suore, dove siete venuti a prendermi”.<br />

D’un tratto il nostro cuore si sciolse. Nostro figlio sentiva di potersi confidare.


La pazienza e il rispetto profondo per il suo silenzio, l’amorevolezza delle azioni e la perseveranza<br />

avevano dato i loro frutti.<br />

Col passare del tempo, le nuvole si dir<strong>ad</strong>arono, il sole faceva sempre più capol<strong>in</strong>o nei sorrisi di<br />

Saverio. Le sue ali diventavano via, via più forti, e i voli più lunghi, sempre più lontani dal nido.<br />

Ripensandoci, ora che nella mia vita si annuncia la stagione delle foglie che c<strong>ad</strong>ono,<br />

quell’esperienza la ricordo faticosa, come salire un valico ripido e <strong>in</strong>sidioso; ma allo stesso tempo<br />

edificante, dove una volta <strong>in</strong> cima si sono aperti orizzonti sconf<strong>in</strong>ati, tutti da scoprire.<br />

Un esame severo che ci ha donato la possibilità di crescere come persone e come famiglia.<br />

Credo sia stata la svolta di quei primi mesi di <strong>ad</strong>ozione. La mano provvidenziale che ha sciolto il<br />

nodo al cuore di tutti e tre.<br />

Non ho mai provato cosa voglia dire <strong>esser</strong>e <strong>ad</strong>ottato, ma <strong>ad</strong>ottare credo di saperlo. E non so se sia<br />

la stessa cosa; anche se sono conv<strong>in</strong>to che, <strong>in</strong> fondo, la Vita ci <strong>ad</strong>otti un po’ tutti. La stessa Vita<br />

che ha dato a me, e a mia moglie Monica, la possibilità di aprire il cuore al mondo, di <strong>in</strong>contrare<br />

una Persona che è diventata parte dei nostri affetti, e con cui si condivide ancor oggi il pane<br />

quotidiano dell’Amore.<br />

Se penso a quanti bamb<strong>in</strong>i sono costretti a convivere con draghi e streghe cattive nel cuore, mi<br />

viene la pelle d’oca. Mi viene un tuffo al cuore quando penso a quanti genitori lasciano i loro figli <strong>in</strong><br />

balia della solitud<strong>in</strong>e, del dolore. Ma di contro, sorrido, gioisco quando vedo mamme e papà<br />

abbracciare, ascoltare, guardare negli occhi i loro figli.<br />

Monica e io abbiamo cercato di fare proprio questo con Saverio: elevarlo al nostro pari ch<strong>in</strong>andoci<br />

per guardarlo negli occhi.<br />

Ora Saverio è grande. E dire che il suo nome non mi piaceva, avrei preferito Tobia, Giovanni<br />

Michele, non Saverio, eppure! Ma il pronunciarlo <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uazione l’ha reso musica ai miei orecchi.<br />

Col tempo, ho scoperto che il nome Saverio significa anche Casa Nuova. Un dest<strong>in</strong>o che si è<br />

avverato quando lui l’ha trovata nei nostri cuori, e noi nel suo.<br />

Grazie Saverio


ALBA PIOLANTI<br />

LA FESTA DI COMPLEANNO<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di casa sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna. Susanna Alberghetti. Seconda fila. Terzo banco accanto alla f<strong>in</strong>estra.<br />

Capelli biondi raccolti <strong>in</strong> una lunga treccia, pelle bianchissima come il latte e piccole lentigg<strong>in</strong>i<br />

<strong>sul</strong>le guance. Un esile corpic<strong>in</strong>o dentro al grembiule bianco con fiocco rosa e due gambette magre<br />

e ossute. Niente ciccia, nessun brufolo. Mentre lui <strong>in</strong>vece! Grasso, cont<strong>in</strong>uamente affamato, la<br />

pelle del viso butterata e unta, con un valgismo che lo costr<strong>in</strong>geva a buttare i piedi qua e là. Senza<br />

parlare poi dei denti imprigionati dentro l’apparecchio, modello Frankenste<strong>in</strong>.<br />

Non certo come quel Massimiliano Belli della prima fila: magro, con dei bei muscoletti che<br />

sp<strong>in</strong>gevano sotto la Wesc, il taglio Manga ai capelli, i Shoe Sh<strong>in</strong>e Jeans, e ai piedi le Nike Blazer<br />

con luc<strong>in</strong>e fosforescenti. Tutte <strong>in</strong> classe erano <strong>in</strong>namorate di lui, quell’as<strong>in</strong>o, quello stupido, quel…<br />

E anche Susanna, l’aveva vista, nell’<strong>in</strong>tervallo dividere con lui le patat<strong>in</strong>e al rosmar<strong>in</strong>o, passarsi<br />

i bigliett<strong>in</strong>i sotto il banco durante la lezione, e scambiarsi occhiate furtive, con certi sorris<strong>in</strong>i. Non<br />

che lui, Saverio non ci avesse provato. Le aveva offerto i biscotti al cioccolato e alla vaniglia fatti<br />

dalla mamma, si era reso disponibile per aiutarla nei compiti di aritmetica, dove lui era un genio,<br />

mentre Massimiliano era un vero as<strong>in</strong>o. Un giorno aveva perf<strong>in</strong>o sbirciato nel suo diario per<br />

leggerci che cosa? frasi sdolc<strong>in</strong>ate per Massi mi lia noo! Ma lei, niente! C’era o ci faceva?<br />

F<strong>in</strong>chè arrivò quel fatidico 29 febbraio. Il suo compleanno era il 27 ma quell’anno il 29 c<strong>ad</strong>eva di<br />

sabato, giorno dedicato alle festicciole e al divertimento. E così il nostro Saverio <strong>in</strong>vitò tutta la<br />

classe a casa sua.<br />

Si fece un bel bagno, <strong>in</strong>dossò la maglietta nuova regalo dei genitori, i Jeans dell’Oviesse <strong>in</strong><br />

saldo, si spalmò un bel po’ di gel nei capelli per alzarne una cresta al centro, e dopo un’occhiata<br />

allo specchio più lunga del solito, fece un respiro profondo e si sentì proprio pronto <strong>ad</strong> affrontare la<br />

situazione.<br />

E <strong>ad</strong>esso se ne stava terrorizzato, chiuso dentro quell’arm<strong>ad</strong>io: ma come era acc<strong>ad</strong>uto? Aveva<br />

usato tutte le cautele del caso. Attenzione, equilibrio, misura.<br />

Aveva seguito i consigli della mamma che, guardandolo con apprensione: Mi raccomando, devi<br />

<strong>esser</strong>e gentile con i compagni, gli aveva detto mentre rimestava col cucchiaio di legno dentro la<br />

pentola. Forse sapeva. E temeva.<br />

Aveva sorriso a Susanna, r<strong>in</strong>graziato per i regali, aiutato Massimiliano a togliersi il chiodo,<br />

proposto i giochi di gruppo, scelto la musica da lei preferita, <strong>in</strong>somma tutto quello che c’era da fare<br />

lui, Saverio, lo aveva fatto. Addirittura, con animo leggero, senza patemi né <strong>in</strong>vidie. Si era sentito<br />

quasi felice. Come se stesse per liberarsi da un grande peso. Perf<strong>in</strong>o più dis<strong>in</strong>volto del solito con<br />

quella merda di Massimiliano Belli.<br />

Il pomeriggio era trascorso fra risate, scherzi e giochi. Aveva offerto torte, biscotti, salat<strong>in</strong>i,<br />

bevande di ogni tipo che facevano bella mostra <strong>sul</strong> tavolo. Cosa altro avrebbe potuto fare?<br />

Era <strong>ad</strong>esso <strong>in</strong>vece che non sapeva gestire la situazione. Rannicchiato su stesso, con la testa<br />

appoggiata alle g<strong>in</strong>occhia, e il respiro affannato, sentiva la paura salire su dallo stomaco e pian<br />

piano soffocarlo. Rivedeva quell’immag<strong>in</strong>e nella memoria: le sue dita str<strong>in</strong>gevano il contagocce:<br />

una, due, tre, quattro. Basta. Quattro diceva il bugiard<strong>in</strong>o, altrimenti. Era stato un attimo. Le dita<br />

avevano stretto quella pompetta e il liquido era precipitato a cascata dentro il bicchiere della coca.<br />

Quante erano, non lo sapeva più. Aveva praticamente scaricato tutto il contenuto del flacone. Non<br />

aveva aspettato un attimo. Glielo aveva offerto, senza alcuna perplessità. E Massimiliano l’aveva<br />

accettato volentieri mentre stava strafogandosi di torta. Lo aveva perf<strong>in</strong>o r<strong>in</strong>graziato! Che sollievo<br />

per il nostro Saverio! E che soddisfazione! Si era liberato di un macigno che lo accompagnava<br />

giorno e notte. F<strong>in</strong>almente l’aveva fatto. Ora Susanna era solo per lui. Ora che l’aveva tolto di<br />

mezzo.Tolto di mezzo. Si fa per dire. Per qualche giorno quel verme se ne sarebbe stato lontano<br />

da Susanna. A casa, seduto <strong>sul</strong> water f<strong>in</strong>o a sf<strong>in</strong>irsi.<br />

Ma la felicità fu di breve durata. La telefonata della signora Belli l’aveva riportato alla realtà.<br />

Cosa aveva mangiato Massimiliano? Cosa aveva bevuto? Massimiliano era <strong>in</strong> ospedale con una


grave dissenteria. I medici non sapevano…non si pronunciavano. Si limitavano a dire le solite<br />

cose: bisogna vedere come reagirà alle cure, la situazione è molto delicata, ecc.ecc.<br />

Saverio <strong>in</strong> un nanosecondo aveva compreso la gravità del suo gesto. Forse, anzi, senz’altro,<br />

aveva esagerato con quel lassativo. Preso dalla disperazione, si era fiondato nell’unico posto dove<br />

nessuno l’avrebbe ossessionato. L’arm<strong>ad</strong>io era sempre stato il suo nido, f<strong>in</strong> da piccolo. Per<br />

giocare, per pensare, libero dallo sguardo <strong>in</strong>dagatore dei genitori.<br />

E <strong>ad</strong>esso? Cosa poteva fare? Se ne stava chiuso lì dentro da ore. Gioia-angoscia-terrorenausea-buio<br />

gli facevano compagnia.<br />

Silenzio e attesa.


SALVATORE LEONARDI<br />

Compleanno per un futuro migliore<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Gli otto anni di Saverio non erano otto anni qualsiasi, erano gli otto anni di un bamb<strong>in</strong>o che già<br />

aveva vissuto tutta una vita.<br />

Abbandonato dalla m<strong>ad</strong>re naturale al momento della nascita, aveva vissuto f<strong>in</strong> quasi all’età di<br />

quattro anni presso l’orfanotrofio S.S. Pietro e Paolo di Palermo. Era stato poi dato <strong>in</strong> affidamento<br />

<strong>ad</strong> una famiglia della Prov<strong>in</strong>cia di Ragusa. Ma la sfortuna, orba e maledetta, volle che il<br />

capofamiglia dei genitori affidatari perisse <strong>in</strong> un <strong>in</strong>cidente automobilistico <strong>sul</strong>la Tangenziale di<br />

Catania, nemmeno sei mesi dopo l’affidamento.<br />

Saverio trascorse così un altro anno presso l’orfanotrofio ed ora, da oltre due anni e mezzo,<br />

viveva presso la famiglia Bortolotti che aveva formalizzato la pratica di <strong>ad</strong>ozione dopo il periodo di<br />

affidamento.<br />

Quando Saverio entrò nella casa di Federico ed Emanuela Bortolotti era già un bimbo grande,<br />

diffidente verso la vita e le persone che ne costituivano il condimento. I coniugi Bortolotti, trent’anni<br />

lei, quarant<strong>ad</strong>ue lui, erano sposati da poco meno di c<strong>in</strong>que anni e, da subito, dovettero accettare<br />

che la loro esistenza non sarebbe mai stata allietata da una gravidanza naturale. Un checkup<br />

medico, pochi mesi dopo le nozze, rivelò <strong>ad</strong> Emanuela una realtà tanto brutta, quanto <strong>in</strong>eluttabile:<br />

un cancro esteso all’utero. Fu necessario agire d’urgenza con la sequenza di <strong>in</strong>terventi più<br />

umilianti e devastanti per una donna: rimozione dei l<strong>in</strong>fonodi, delle tube e anche delle ovaie.<br />

L’<strong>ad</strong>ozione fu l’unica str<strong>ad</strong>a percorribile per appagare il desiderio della coppia di avere figli; la<br />

sola possibilità di accelerare i tempi dell’iter burocratico fu quella di attivarsi per ottenere<br />

l’affidamento di uno di quei bamb<strong>in</strong>i <strong>in</strong> età già <strong>in</strong>fantile ed etichettati come “bamb<strong>in</strong>i difficili”.<br />

Quando la sorte estrasse dalla sua cieca urna il nome di Saverio, nei coniugi Bortolotti si<br />

<strong>in</strong>s<strong>in</strong>uarono sentimenti contrastanti. La scheda che descriveva la storia e le fattezze di Saverio<br />

fece scattare <strong>in</strong> Federico una specie di irrigidimento della mente e dell’animo; <strong>in</strong> Emanuela, <strong>in</strong>vece,<br />

albergò subito il sentimento materno misto a tenerezza e passione.<br />

Saverio, nato il 29 Febbraio 2004, piombò a casa di Federico ed Emanuela il 22 Agosto 2009.<br />

Aveva sei anni, ma si esprimeva come un bamb<strong>in</strong>o di due. Federico, nel vederlo, chiese al suo<br />

animo se l’idea che aveva partorito prima ancora di vedere il bamb<strong>in</strong>o <strong>in</strong> carne e ossa, era da<br />

sopprimere o da portare avanti con forza: scelse ost<strong>in</strong>atamente la seconda opzione, senza<br />

aspettare né desiderare realmente una risposta.<br />

Emanuela si <strong>in</strong>namorò immediatamente del “suo” Saverio. Da quel giorno, lei com<strong>in</strong>ciò a vivere<br />

<strong>in</strong> funzione del bamb<strong>in</strong>o, del “suo” bamb<strong>in</strong>o. Non si trattava di un affetto morboso, ma di un<br />

sentimento profondo che sembrava <strong>in</strong>nato <strong>in</strong> Emanuela, quasi che Saverio fosse effettivamente<br />

sbocciato da quell’utero reciso pochi anni prima.<br />

Vedere Emanuela così felice <strong>in</strong>sieme a Saverio, aiutò <strong>in</strong>izialmente Federico a vivere quella<br />

situazione familiare <strong>in</strong> maniera “normale”. Emanuela mostrava nei confronti di Saverio una<br />

pazienza <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita. Trascorreva molte ore a cercare di <strong>in</strong>segnarli a parlare e a identificare gli oggetti.<br />

Ben presto lei riuscì nel suo <strong>in</strong>tento: Saverio prese a parlare con una certa regolarità ed una<br />

p<strong>ad</strong>ronanza di l<strong>in</strong>guaggio <strong>in</strong>sperate al momento del suo arrivo. Già nel mese di Dicembre dello<br />

stesso anno <strong>in</strong> cui era giunto <strong>in</strong> casa Bortolotti, Saverio fu <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di recitare alcune poesie di<br />

Natale. Il bamb<strong>in</strong>o, poi, sviluppò una peculiarità espressiva davvero s<strong>in</strong>golare: com<strong>in</strong>ciò <strong>ad</strong><br />

identificare gli oggetti con i quali veniva <strong>in</strong> contatto con nomi propri di persona. Il suo <strong>letto</strong> si<br />

chiamava Dorotea, il bicchiere Franco, il comod<strong>in</strong>o Alessia, la lamp<strong>ad</strong>a Matteo e così via.<br />

Ma il tempo non è mai galan<strong>tuo</strong>mo e, col passare delle settimane e dei mesi, Federico com<strong>in</strong>ciò<br />

a manifestare una sempre maggiore <strong>in</strong>sofferenza verso la propria vita familiare. Non ne poteva più<br />

di una moglie, <strong>in</strong>ebetita dietro a un figlio fisicamente presente ma mentalmente ancora troppo<br />

alienato. Non tollerava più di sentire Saverio appellare le cose con nomi di amici e parenti, quasi<br />

che gli oggetti av<strong>esser</strong>o quell’anima che lui, Federico, non sapeva più come difendere dai morsi<br />

dello sconforto e della depressione.


La classica goccia <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di far traboccare il vaso stillò nei giorni precedenti il secondo<br />

compleanno di Saverio <strong>in</strong> casa Bortolotti. Era il 24 Febbraio 2012, quando Emanuela si rivolse al<br />

marito con le seguenti parole:<br />

“Federico, mercoledì prossimo Saverio compirà 8 anni. Non credi che dovremmo uscire <strong>in</strong>sieme<br />

per comprargli un bel regalo?”<br />

“Sì Emanuela. Domani è sabato: tu andrai a comprare il regalo per il bamb<strong>in</strong>o. Io starò qui con<br />

lui mentre tu sei fuori”, rispose Federico.<br />

“Vedi che non mi stai mai a sentire?”, ribatté Emanuela, “Ti avevo chiesto se potevamo uscire<br />

<strong>in</strong>sieme: io, tu e Saverio.”<br />

Federico sbiancò <strong>in</strong> viso ed alzando il tono della voce così si espresse: “Lo sapevo. Lo sapevo<br />

che prima o poi ti saresti scordata del nostro patto. Eravamo d’accordo che non avremmo fatto<br />

uscire di casa il bamb<strong>in</strong>o f<strong>in</strong>ché non fosse stato presentabile al mondo esterno. Ti sembra<br />

presentabile un “<strong>esser</strong>e” che parla solo a comando e chiama le cose con i nomi dei Santi del<br />

calendario?”<br />

Quelle parole stordirono i sensi di Emanuela al punto tale che, per dec<strong>in</strong>e di secondi<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente lunghi non seppe articolare una risposta. Poi, colpita da <strong>in</strong>aspettata calma fece<br />

risuonare nella stanza le seguenti parole: “Complimenti Federico, bravo! Quasi quasi ci cascavo.<br />

Sei un attore, sfortunatamente però la tua recitazione non è all’altezza di un premio Oscar. Ti stai<br />

tr<strong>in</strong>cerando dietro un patto la cui validità è umanamente dec<strong>ad</strong>uta da parecchio tempo. Saverio, lo<br />

sai bene, è più che presentabile. È un bimbo attento ed <strong>in</strong>telligente. Tu ti vergogni di far vedere <strong>in</strong><br />

giro quello che hai sempre considerato un piccolo mostriciattolo. L’ho capito sai? L’ho capito da<br />

tempo. Da quando l’hai visto <strong>in</strong> foto per la prima volta, hai dovuto <strong>in</strong>goiare il boccone amaro di un<br />

figlio con il cranio deforme e il viso più simile a quello di una lepre, piuttosto che a quello di un<br />

bamb<strong>in</strong>o. Ma il vero mostro sei tu. Sai cosa mi dice cont<strong>in</strong>uamente, “mio” figlio? Mi chiede perché<br />

“suo” p<strong>ad</strong>re non gli augura mai la buonanotte e non lo mette a <strong>letto</strong> rimboccandogli le coperte. Mi<br />

dice sempre che lui ti vuole bene, ma non ha il coraggio di abbracciarti perché tu non sorridi mai,<br />

non sorridi mai <strong>in</strong> sua presenza. Hai capito <strong>ad</strong>esso? Colui che tu giudichi un <strong>esser</strong>e da tenere<br />

nascosto alla vista di tutti, ti ama <strong>in</strong>condizionatamente, nonostante non abbia mai ricevuto il<br />

m<strong>in</strong>imo gesto d’affetto da parte tua…”.<br />

Emanuela, non riuscì più a reggere e, sopraffatta dal turb<strong>in</strong>io delle emozioni, non seppe<br />

impedire alle lacrime di annebbiarle la vista e di cacciarle <strong>in</strong> gola il fiume di parole col quale<br />

avrebbe voluto far annegare il suo disgraziato marito. Non si accorse nemmeno della piccola<br />

ombra irregolare di Saverio che, immobile, aveva assistito alla scena da dietro la porta socchiusa.<br />

Non sentì neppure le parole di suo figlio che, con un piccolo specchio <strong>in</strong> mano, si diresse verso<br />

l’arm<strong>ad</strong>io grande della sua stanza e vi si <strong>in</strong>filò dentro tirandosi dietro le due pesanti ante:<br />

“Susanna”, disse il bamb<strong>in</strong>o allo specchio, “mi spiace ma ora devi andare via… lontano da me …<br />

per sempre. Almeno così la mia faccia non farà più piangere la mia mamma e il mio papà mi vorrà<br />

bene”.<br />

Il rumore di un piccolo vetro frantumato fu soffocato dai s<strong>in</strong>ghiozzi di Emanuela, ma dentro<br />

l’arm<strong>ad</strong>io c’era un bamb<strong>in</strong>o sorridente, s<strong>in</strong>ceramente conv<strong>in</strong>to che f<strong>in</strong>almente un uguale sorriso,<br />

presto, si sarebbe stampato <strong>sul</strong> volto di quei genitori che aveva sempre amato.


ROBERTO TUFARIELLO<br />

LA PRIMA VOLTA<br />

“C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna”.<br />

“Questo è l’<strong>in</strong>cipit del racconto”, mi dice una cara amica, ormai collaudata scrittrice. “Provaci<br />

anche tu!”<br />

“Ma è da <strong>in</strong>viare entro il 15 marzo”, osservo, “c’è poco tempo”.<br />

“Se ti metti al computer”, ribatte l’amica, “<strong>in</strong> due ore lo scrivi”.<br />

Ed eccomi di fronte al monitor. Vediamo un po’… Che strano questo <strong>in</strong>cipit! Intanto, il<br />

protagonista è “Saverio Bortolotti, di anni otto”. Dunque un bamb<strong>in</strong>o. Una difficoltà <strong>in</strong> più… Com’è<br />

la psicologia di un bamb<strong>in</strong>o di otto anni? Quali i suoi pensieri, i suoi sentimenti?<br />

La situazione si presterebbe: Saverio è chiuso <strong>in</strong> un arm<strong>ad</strong>io. Mi vengono <strong>in</strong> mente le<br />

barzellette <strong>in</strong> cui qualcuno è chiuso nell’arm<strong>ad</strong>io e hanno luogo vicende imbarazzanti. Ma qui non<br />

è il caso.<br />

Ancor peggio per i “tre buoni motivi”: l’amore, per giunta “non ricambiato”, e Susanna.<br />

A chi potrebbe <strong>esser</strong>e rivolto l’affetto di un bamb<strong>in</strong>o con un amore non corrisposto? Escludiamo<br />

la m<strong>ad</strong>re. Potrebbe <strong>esser</strong>e un’amica, una compagna di scuola per la quale prova attrattiva e<br />

affetto. Però lei non ci sta, non è <strong>in</strong>teressata.<br />

Ma perché, per questo motivo “sentimentale”, dovrebbe star chiuso nell’arm<strong>ad</strong>io? No, così non<br />

va, proviamo <strong>in</strong> altro modo.<br />

Forse la chiave sta nel terzo motivo: Susanna. Susanna potrebbe <strong>esser</strong>e un’altra compagna di<br />

classe, potrebbe abitare nella casa contigua. Ecco un’idea: si tratta di un nome biblico; posso<br />

ipotizzare che sia di famiglia ebraica. Il contesto, allora, potrebbe <strong>esser</strong>e quello della seconda<br />

guerra mondiale. Stanno per arrivare le SS, per rastrellare ebrei. Susanna è <strong>in</strong> pericolo. In quel<br />

momento ella si trova <strong>in</strong> casa dell’amico Saverio e scatta l’allarme. La mamma di Saverio dice loro<br />

di nascondersi nell’arm<strong>ad</strong>io e di stare <strong>in</strong> assoluto silenzio. Il buio è totale; solo un barlume di luce<br />

passa attraverso l’anta non perfettamente <strong>ad</strong>erente. Giacche e cappotti accarezzano i visi dei due<br />

fanciulli. I cuori battono, le orecchie si tendono all’ascolto… E gli altri dove sono? cosa fanno?<br />

Sì, è una buona pista per sviluppare il racconto, anche se non è facile armonizzarla con<br />

“l’amore non corrisposto”.<br />

Però…, non so… Rifarsi ancora alle tragedie della guerra, ripercorrere seppure <strong>in</strong> breve, <strong>in</strong><br />

due pag<strong>in</strong>ette gli orrori della Shoà… No, meglio cambiar str<strong>ad</strong>a. Sarebbe bello scrivere<br />

qualcosa di allegro, qualcosa che faccia ridere o almeno sorridere. Io però non ho la vena<br />

dell’umorismo, della comicità. Posso provarci.<br />

Torniamo all’arm<strong>ad</strong>io, ripartiamo dalla scena classica: la mamma di Saverio è lì con un amante.<br />

Il bimbo si nasconde nel mobile per timore, per imbarazzo davanti a una situazione <strong>in</strong>aspettata.<br />

Chi è quest’uomo? Perché è qui? Cosa ci fa con la mia mamma?<br />

Adesso però li sente discutere, anzi litigare; alzano la voce, la mamma sembra arrabbiata…<br />

Ecco: potrebbe <strong>esser</strong>e questo l’amore non corrisposto. La mamma non ne vuol sapere di questo<br />

spasimante, che ha approfittato dell’assenza di papà per <strong>in</strong>trodursi <strong>in</strong> casa.<br />

Sì, la situazione è possibile…, ma allora Susanna cosa c’entra? L’amica Susanna potrebbe<br />

arrivare <strong>sul</strong> più bello per <strong>in</strong>vitare Saverio a giocare <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o con lei. La mamma, sentendo<br />

suonare il campanello e temendo l’arrivo del marito, vuol nascondere lo spasimante nell’arm<strong>ad</strong>io,<br />

come si è soliti fare <strong>in</strong> questi casi. Meglio <strong>in</strong> camera del bimbo…, è improbabile che il marito v<strong>ad</strong>a<br />

a curiosare f<strong>in</strong> lì… Ed ecco che bimbo e amante si ritrovano chiusi nello stesso arm<strong>ad</strong>io!<br />

Sì, dai, può andare, anche se sfrutto un cliché un po’ vecchio.<br />

Però, un momento: Susanna è uno dei tre “buoni motivi” per cui Saverio è nell’arm<strong>ad</strong>io. Qu<strong>in</strong>di,<br />

così non va. Oppure sì: Saverio si è nascosto proprio perché, sentendo suonare il campanello, ha


immag<strong>in</strong>ato che fosse l’amica venuta per chiamarlo… e lui non ha nessuna voglia di scendere a<br />

giocare con lei!<br />

Può funzionare così? Anche questo <strong>in</strong>treccio non mi soddisfa… Proviamo <strong>ad</strong> azzerare tutto: se<br />

partissi da quell’arm<strong>ad</strong>io, anche senza una trama prestabilita, com<strong>in</strong>ciando a descrivere pensieri e<br />

sensazioni del bimbo…, poi forse la storia si fa da sé. Dunque:<br />

“C’erano almeno tre buoni motivi per cui… Saverio Bortolotti di anni otto si trovava chiuso<br />

dentro l’arm<strong>ad</strong>io…”.<br />

Questa situazione non piaceva affatto a Saverio: gli mancava l’aria, l’odore forte della naftal<strong>in</strong>a<br />

gli dava fastidio… e poi il buio gli aveva fatto sempre molta paura. Da piccolo, aveva sempre<br />

voluto un po’ di luce <strong>in</strong> camera, quando lo mettevano a <strong>letto</strong> per la notte. E ogni tanto chiamava,<br />

per assicurarsi che papà e mamma fossero lì, vic<strong>in</strong>i, pronti a <strong>in</strong>tervenire. Diventato più grande, non<br />

aveva smesso di fare alla sera un controllo della sua cameretta per accertarsi che non ci fosse<br />

nessuno nascosto dietro il comò o ai piedi del <strong>letto</strong>… Ma ora quanto avrebbe dovuto fermarsi <strong>in</strong><br />

quel nascondiglio?<br />

Mi pare che possa funzionare; posso puntare su stato d’animo e vissuti del bamb<strong>in</strong>o, visto che<br />

faccio fatica a immag<strong>in</strong>are una storia. Ho poca fantasia, lo so… Ma torniamo a Saverio.<br />

Forse è meglio farlo stare nell’arm<strong>ad</strong>io <strong>in</strong>sieme a Susanna. Così è già <strong>in</strong>trodotto il terzo dei<br />

motivi. Proviamo:<br />

Susanna era lì con lui dentro l’arm<strong>ad</strong>io. Lei era il suo grande amore…<br />

Il buio li avvolgeva entrambi; solo <strong>in</strong> un punto, attraverso l’anta, filtrava un briciolo di luce. Le<br />

giacche accarezzavano il loro capo e i lunghi cappotti li fasciavano quasi per <strong>in</strong>tero. A Saverio<br />

non piaceva il buio, ma ora c’era anche lei, costretta dalle circostanze a nascondersi con lui.<br />

Sentiva il suo odore, vedeva quel barlume lum<strong>in</strong>oso riflettersi sui suoi capelli biondi, immag<strong>in</strong>ava<br />

quegli occhi vivaci e quel nas<strong>in</strong>o all’<strong>in</strong>sù che tanto gli piacevano…<br />

Sì, va bene. Posso aggiungere qualche altro elemento…, ma poi come cont<strong>in</strong>uo?<br />

Non so…, mi sa che telefono alla mia amica per dirle: “Alba, per questa volta r<strong>in</strong>uncio, l’<strong>in</strong>cipit è<br />

complicato…, non mi viene niente… Dai, sarà per la prossima volta!”


ANNA ZUCCHINI<br />

Il compleanno.<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di<br />

anni otto, si trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il<br />

secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Il quarto le prodigiose seduzioni di odori, silenzi, stoffe, paure e vuoti di colori che vi si<br />

celavano.<br />

L’arm<strong>ad</strong>io della casa <strong>in</strong> campagna ove ora abitava con papà e la sua nuova moglie<br />

offriva quanto di meglio un bamb<strong>in</strong>o che coltivi rabbia possa trovare.<br />

Vi fioriva un odore sbocciato dalla mescolanza di polvere decennale con naftal<strong>in</strong>e<br />

recenti, un sentore pungente di ricordi che appartenevano a persone a lui sconosciute, un<br />

che di dolce e <strong>in</strong>sieme amaro che assomigliava molto alla sua delusione.<br />

Saverio sbarrava gli occhi, <strong>in</strong> quel buio quasi totale: le ombre appena percettibili degli<br />

abiti appesi avevano fisionomie surreali. Se si sforzava, gli sembrava di riconoscere <strong>in</strong><br />

quelle sagome i personaggi delle storie che mamma gli leggeva ogni sera per farlo<br />

<strong>ad</strong>dormentare, prima che litigasse con papà. Nel pesante abito nero scopriva la strega di<br />

Biancaneve, una lunga camicia a fiori era quella che <strong>in</strong>dossava la nonna di Cappuccetto e<br />

i vecchi scarponi da caccia di nonno Sandro diventavano gli stivali del Gatto.<br />

Non aveva paura, ma una strana ansia. Tratteneva il respiro per non tr<strong>ad</strong>ire il suo<br />

nascondiglio, ma contemporaneamente desiderava <strong>esser</strong>e scovato, magari punito: voleva<br />

attenzioni, anche se non ne era consapevole.<br />

Gli altri, i suoi familiari, Susanna, l’orig<strong>in</strong>e <strong>in</strong>somma delle sue sofferenze, erano subito<br />

di là, a pochi passi dalla fessura appena visibile tra le ante. Erano ombre e suoni. Erano la<br />

vita che gli avevano imposto, penose presenze.<br />

Con la schiena contro il fianco del vecchio arm<strong>ad</strong>io, le gambe rannicchiate al petto e lo<br />

sguardo al fantastico girotondo che il pulviscolo giocava con la luce attraverso lo spiraglio,<br />

Saverio ascoltò la casa e i suoi abitanti.<br />

Matilde, che veniva a giorni alterni <strong>ad</strong> aiutare nei lavori domestici la sua nuova<br />

mamma, canticchiava mentre riassettava la camera di papà.<br />

Camera di papà: una punta acuta, spietata, si piantò nello stomaco, come doveva<br />

chiamare ora quella camera? Quella <strong>in</strong> cui, un tempo, dormivano i suoi genitori durante le<br />

vacanze; e il cui <strong>letto</strong> <strong>ad</strong>esso il p<strong>ad</strong>re divideva con questa signora gentile, bionda,<br />

estranea, che lo baciava con le labbra colorate di rosa?<br />

Questa bella signora troppo profumata alla quale papà, credendosi non visto,<br />

pizzicava il sedere e con la quale scambiava sguardi complici, <strong>in</strong>tensi, carnali. Sguardi<br />

che Saverio non capiva, ma di cui percepiva con disgusto una voluttà a lui ancora ignota.<br />

Questa colta signora, che aveva sottratto il suo papà alle abituali biciclettate della<br />

domenica, quelle con c<strong>in</strong>ema e pizza a chiudere, e che l’aveva votato a irr<strong>in</strong>unciabili<br />

conferenze e dibattiti fondamentali.<br />

Questa signora, già mamma di un’<strong>ad</strong>olescente, che aveva imposto <strong>in</strong> casa Bortolotti<br />

sua figlia, con la stessa facilità con cui si entra e si esce da un hotel solo facendo la firma<br />

su di un librone.<br />

Come doveva comportarsi con loro? E loro con lui? Nessuno che gli spiegasse queste<br />

cose. Nessuno, neanche a scuola, che gli dicesse come si fa a cambiare mamma.<br />

Nessuno che gli <strong>in</strong>segnasse a giocare con una sorella che prima non c’era.<br />

Solo papà, da mesi, che <strong>in</strong>sisteva con il ritornello del ‘vogliamoci tutti bene’. Ma da<br />

dove si com<strong>in</strong>cia?<br />

Saverio aveva provato: <strong>in</strong>iziando dai tacchi a spillo della matrigna. Era rimasto<br />

affasc<strong>in</strong>ato dal prodigio di quell’equilibrio. Una funambola. Sua m<strong>ad</strong>re, <strong>in</strong>vece,<br />

<strong>in</strong>dossava scarpe sportive, basse, sotto jeans un po’ lisi. E ben presto pensò che fosse<br />

colpa di quell’abbigliamento se papà le aveva preferito l’altra. Smise<br />

contemporaneamente di amare i tacchi e la m<strong>ad</strong>re, rea e qu<strong>in</strong>di condannata.


La mamma, che ora vedeva di r<strong>ad</strong>o, aveva ottenuto <strong>in</strong> Francia una docenza di<br />

letteratura italiana, <strong>in</strong> una città che si chiamava Dijon. Per lui un luogo nemico e difficile da<br />

pronunciare, per papà e i nonni una fuga irresponsabile.<br />

E <strong>in</strong> questo tutto contro tutti, Bortolotti Saverio, classe 2004, nel giorno del suo ottavo<br />

compleanno, dentro un vecchio arm<strong>ad</strong>io, tra silenzi pungenti e m<strong>in</strong>acciose vesti, coltivava<br />

odio. Contro la Francia, contro il babbo, soprattutto contro Susanna.<br />

Susanna.<br />

La terribile misteriosa creatura denom<strong>in</strong>ata ‘sorella’.<br />

Un <strong>in</strong>sieme di gambe lunghe, di ombelico nudo, un pressare <strong>in</strong>quietante di tette <strong>in</strong><br />

crescita e un agitarsi di pazza coda di cavallo.<br />

Susanna era graziosa; bella, forse. S<strong>in</strong>uosa, morbida e <strong>in</strong>sieme piccante come solo le<br />

quattordicenni o giù di lì riescono a <strong>esser</strong>e, <strong>in</strong>consapevole di sé e nel contempo maliziosa.<br />

Masticava gomma <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uazione e, come tutte le giovani, parlava costantemente al<br />

telefono: <strong>in</strong> bagno, a tavola, durante i compiti, a <strong>letto</strong>. Quei colloqui erano un vero mistero,<br />

per Saverio, il quale, <strong>in</strong> quel cicaleccio morsicato e perpe<strong>tuo</strong>, non riusciva a dist<strong>in</strong>guere un<br />

solo suono comprensibile.<br />

Da subito, da quando cioè papà aveva portato m<strong>ad</strong>re e figlia a vivere con loro, Saverio,<br />

sotto lo strato, bello spesso, di rancore e di rifiuto per entrambe, coltivava nei confronti<br />

della sorellastra una nuova curiosità. Non aveva mai avuto dimestichezza con le femm<strong>in</strong>e,<br />

tra gli amici non ce n’erano, e scuola e giochi li condivideva solo con maschi coetanei.<br />

Saverio temeva quell’<strong>esser</strong>e straord<strong>in</strong>ario, alieno; e <strong>in</strong>sieme ne subiva il fasc<strong>in</strong>o. Di<br />

fronte a lei ammutoliva, come gli era capitato davanti ai qu<strong>ad</strong>ri antichi <strong>in</strong> un museo. La<br />

mamma, allora, davanti a quelle opere d’arte ne suggerì bellezza e importanza; e lui, pur<br />

non sapendo ancora spiegarseli, ne <strong>in</strong>tuì, nel profondo, la grandezza.<br />

Alla presenza di Susanna, Saverio qu<strong>in</strong>di era turbato, <strong>in</strong>quieto, si smarriva.<br />

Si scoprì perdutamente, def<strong>in</strong>itivamente, <strong>in</strong>felicemente <strong>in</strong>namorato.<br />

Schiacciato tra vecchi paltò e <strong>in</strong>tontito dall’aroma dei profumi per biancheria, Saverio<br />

udì la sorella che lo chiamava, cercandolo di stanza <strong>in</strong> stanza per avvertirlo che era giunto<br />

il momento di mangiare la torta.<br />

In ascolto, smise di respirare. A quel punto, avrebbe forse voluto risponderle, era<br />

stanco, <strong>in</strong>torpidito e annoiato. Temeva anche, non rivelandosi, di perdere l’abituale<br />

rassicurante rito dello spegnimento delle candel<strong>in</strong>e.<br />

Subito però si ricordò di quanto era capitato poco prima a tavola, rivisse la sua<br />

umiliazione, la fuga, la determ<strong>in</strong>azione di rifugiarsi, <strong>in</strong> eterno, dentro all’arm<strong>ad</strong>io. Rivide lo<br />

scabroso film di quel pranzo di compleanno.<br />

Era successo che Susanna, sfaccendata come sempre, aveva curiosato nella cartella<br />

del fratellastro. Vi aveva scovato il ‘qu<strong>ad</strong>erno dei pensieri’ e, per burla, ne aveva <strong>letto</strong> a<br />

voce alta, a tavola, l’ultimo breve componimento: l’alunno doveva descrivere un membro<br />

della propria famiglia. Saverio Bortolotti, media del nove, s<strong>in</strong>cero e con un’ottima capacità<br />

di scrittura, aveva scelto Susanna, palesando così i suoi confusi sentimenti. Senza<br />

malizia, con la evidente semplicità di uno scolaro delle elementari, ma con chiarezza e<br />

<strong>in</strong>nocenza.<br />

La tavolata accolse la lettura ridendo. Con affetto, complicità, ma ridendo di gusto.<br />

Mortificato e ammutolito da un così grande imbarazzo, il ragazz<strong>in</strong>o non era stato capace<br />

di reagire.<br />

Restava, è evidente, solo la fuga.<br />

Per sempre. Da loro, da Susanna che lui div<strong>in</strong>izzava e dalla quale <strong>in</strong>vece veniva<br />

trattato da bamboccio, dal suo stesso compito, che pur avendo meritato un bel voto, non<br />

lo salvaguardava.<br />

Non uscì, qu<strong>in</strong>di, allo scoperto. Anzi, più sentiva i richiami, più fortemente decideva di<br />

restare lì <strong>in</strong> eterno, di punirli della loro cattiveria. Suo p<strong>ad</strong>re si sarebbe pentito dello<br />

scherno e di averlo tr<strong>ad</strong>ito, Susanna l’avrebbe amato e rimpianto per l’eternità, la nuova<br />

mamma se ne sarebbe andata.


I m<strong>in</strong>uti passarono, ma le voci anche. Poi passarono altri m<strong>in</strong>uti, rimase solo il silenzio.<br />

Nessuno chiamava nessuno.<br />

Bortolotti Saverio, di anni otto ormai compiuti, <strong>in</strong>felicemente, si sentì solo.<br />

Improvvisamente, <strong>in</strong> quella rumorosa quiete dolente, ebbe un’<strong>in</strong>tuizione.<br />

Chiara e def<strong>in</strong>itiva.<br />

Che ogni cosa sarebbe stata dolore, e che del suo nessuno si sarebbe caricato.<br />

Che ci sarebbero state altre Susanne. Altri dis<strong>in</strong>ganni.<br />

Che oggi non era per caso.<br />

Stranamente sollevato, piano piano, senza far cigolare gli sportelli, aprì l’arm<strong>ad</strong>io.<br />

Nella stanza nessuno. Di là, movimento solo <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a.<br />

Saverio Bortolotti, rassegnato, si avviò verso la torta e la propria vita.


FABRIZIO CORAZZA<br />

I pantalonc<strong>in</strong>i della discordia<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Lui sapeva, dentro di se, di averla fatta grossa.<br />

I suoi l'avevano punito per quella cosa: la mamma l'aveva sgridato, sculacciato e gli aveva proibito<br />

di usare il game boy per una settimana.<br />

Susanna non era venuta a scuola nei giorni successivi, poi la maestra aveva comunicato a tutta la<br />

classe che la compagna sarebbe mancata per un tempo <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ito a causa di problemi personali.<br />

Non aveva spiegato quali fossero i problemi, né per quanto tempo sarebbe stata assente, ma a lui<br />

quelle <strong>in</strong>formazioni erano bastate per sprofondare <strong>in</strong> una tristezza <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita.<br />

Alcuni giorni dopo aveva sentito di nascosto la mamma al mentre parlava al telefono con un'amica<br />

ed aveva capito chiaramente che Susanna non sarebbe mai più ritornata a scuola.<br />

Il motivo era certamente legato a ciò che lei e lui avevano fatto <strong>in</strong>sieme.<br />

A quell'epoca Saverio era troppo piccolo per capire quali implicazioni e storture st<strong>esser</strong>o dietro<br />

una famiglia composta da un egiziano del sud, musumano <strong>in</strong>tegralista, ed una donna emiliana,<br />

convertitasi alla religione di Allah più per compiacere il marito che per forti motivazioni personali.<br />

Quel pomeriggiodi alcune settimane <strong>ad</strong>dietro, mentre la mamma di Susanna e la sua stavano<br />

facendo la conserva nel giard<strong>in</strong>o di casa, lui e Am<strong>in</strong>a (il secondo nome di Susanna) stavano<br />

term<strong>in</strong>ando i compiti di geografia. Si erano divertiti moltissimo a stravolgere il nome dei fiumi.<br />

Il “Po” era diventato il “popò”, il Tevere, era diventato il “sedere” e l'Arno la “mano”.<br />

Ridevano di quelle buffe similitud<strong>in</strong>i, Saverio diceva “po” e si toccava il didietro, lei lo ripeteva e si<br />

toccava a sua volta. Poi alla parola “Tevere” si sfioravano a vicenda con quell'<strong>in</strong>genuità e curiosità<br />

tipica dei bamb<strong>in</strong>i che imparano a conoscersi ed a scoprirsi.<br />

Dicevano i nomi distorti, si toccavano e ridevano.<br />

Quelle risate avevano più volte attirato l'attenzione delle mamme, <strong>in</strong> particolare di quella di<br />

Susanna, sempre attenta a che il gioco non sconf<strong>in</strong>asse <strong>in</strong> qualcosa che sembrava sconveniente.<br />

Saverio non capiva assolutamente cosa ci fosse di sbagliato nel toccarsi il sedere e ridere.<br />

Poi, <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>consapevole e con un senso di curiosità sempre crescnte, Saverio era salito <strong>sul</strong>la<br />

sedia e si era calato i pantalonc<strong>in</strong>i facendo vedere all'amica il sedere, quasi a rafforzare il gioco, e<br />

lei aveva fatto lo stesso e ridevano, ridevano divertiti.<br />

Uno schiaffo <strong>sul</strong>le chiappe nude e gli strilli della mamma di Susanna avevano sortito lo stesso<br />

effetto di una secchiata di acqua fredda. Le risate si erano <strong>in</strong>terrotte e la sensazione di averla fatta<br />

grossa era emersa con forza. Am<strong>in</strong>a aveva <strong>in</strong>iziato a piangere, le due mamme avevano com<strong>in</strong>ciato<br />

a discutere <strong>in</strong> modo molto animato, poi la mamma di Susy aveva messo i libri di scuola nello za<strong>in</strong>o,<br />

anzi li aveva proprio buttati dentro, ed era uscita strillando qualcosa <strong>in</strong> una l<strong>in</strong>gua sconosciuta<br />

trasc<strong>in</strong>ando con se la compagna di Saverio.<br />

Loro due si erano guardati e salutati con la mano, senza dire una parola. Quella era stata l'ultima<br />

volta che si erano visti.<br />

Un po' di tempo dopo, il 29 febbraio, aveva sentito la telefonata della m<strong>ad</strong>re ed era scappato<br />

nell'arm<strong>ad</strong>io: era colpa sua se Susanna non sarebbe più tornata a scuola. Senza sapere il perchè<br />

era certo che lei non volesse <strong>esser</strong>e la sua fidanzata e che non si sarebbero mai più rivisti.<br />

Pianse disperato, di quella disperazione straziante ed <strong>in</strong>genua che solo i bamb<strong>in</strong>i sanno esprimere,<br />

con la purezza e la semplicità che li contr<strong>ad</strong>dist<strong>in</strong>gue.<br />

Per fortuna però, gli anni ed il tempo sono quasi sempre ottimi dottori e di quella vicenda non<br />

rimasero che i ricordi, nascosti dentro una tasca del cuore di Saverio.<br />

F<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> oggi.<br />

Saverio stava <strong>in</strong> piedi come pietrificato guardando <strong>in</strong> direzione della fontana del Nettuno.<br />

Uscendo dalla Sala Borsa, con un libro <strong>sul</strong>le <strong>ad</strong>ozioni <strong>in</strong>ternazionali, aveva visto, seduta ai piedi<br />

della statua del Giambologna, una donna dai l<strong>in</strong>eamenti asiatici e la pelle olivastra che stava<br />

leggendo, mentre con la mano libera faceva scorrere avanti e <strong>in</strong>dietro una carrozz<strong>in</strong>a.


I capelli bruni e scarmigliati erano raccolti dentro un foulard di seta verde, una gonna lunga e<br />

variop<strong>in</strong>ta copriva le gambe. Un brillant<strong>in</strong>o riluceva <strong>sul</strong>la narice s<strong>in</strong>istra ed al collo portava alcune<br />

collane colorate.<br />

In quell'istante si era rivisto dentro l'arm<strong>ad</strong>io, aveva sentito il bruciore per la sculacciata della<br />

mamma e riassaporato il sale delle lacrime che aveva pianto, copiose, quel 29 Febbraio, giorno <strong>in</strong><br />

cui, suo malgr<strong>ad</strong>o, aveva capito di aver perso per sempre la sua amata Susanna Am<strong>in</strong>a.<br />

Ed ora se la ritrovava li davanti e gli era sembrato come se il tempo non fosse mai passato e<br />

quei sentimenti non si fossero mai del tutto sopiti.<br />

La donna aveva alzato lo sguardo, come colpita da quello di lui ed i loro occhi si erano<br />

<strong>in</strong>crociati. Lo stupore era stato evidente nel viso di lei, tanto che per un attimo aveva <strong>in</strong>terrotto il<br />

moto ondulatorio della carrozz<strong>in</strong>a.<br />

Saverio si era <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>ato nella sua direzione, dentro di se aveva formulato quel discorso che<br />

più e più volte si era fatto, alla ricerca delle motivazioni che avevano determ<strong>in</strong>ato l'allontanamento<br />

di Susanna ai tempi delle elementari, lieto di poter, f<strong>in</strong>almente, sciogliere quei dubbi e quell'<strong>in</strong>soluto<br />

che da più di vent'anni si portava dentro.<br />

Le voleva chiedere scusa per l'acc<strong>ad</strong>uto, voleva dirle che non ne sapeva niente delle sue orig<strong>in</strong>i<br />

e che solo molto tempo dopo, all'età di 16 anni, la mamma gli aveva spiegato della sua famiglia.<br />

Del p<strong>ad</strong>re egiziano, separato più e più volte e del fatto che aveva sposato la mamma di Am<strong>in</strong>a,<br />

convertitasi all'Islam per compiacere l'uomo del quale si era follemente <strong>in</strong>namorata.<br />

Non poteva immag<strong>in</strong>are lo scandalo che si sarebbe scatenato quando fosse venuto fuori il fatto<br />

che la figlia di un mu<strong>sul</strong>mano, benchè piccola, era stata toccata e poi si era denudata, sebbene <strong>in</strong><br />

modo <strong>in</strong>nocente e <strong>in</strong>genuo, davanti <strong>ad</strong> un bamb<strong>in</strong>o cattolico.<br />

Non si sarebbe mai immag<strong>in</strong>ato le conseguenze di un simile gesto, lo scontro di civiltà e di<br />

culture che ne sarebbe scaturito. L'amore che univa i genitori di lei avrebbe mostrato le crepe<br />

davanti <strong>ad</strong> una prova così grande, e nel tempo, purtroppo, le r<strong>ad</strong>ici ideologiche avrebbero prevalso<br />

<strong>sul</strong>le scelte di cuore.<br />

Saverio aveva saputo che Am<strong>in</strong>a era stata trasferita dal p<strong>ad</strong>re <strong>in</strong> una scuola di un altro paese e<br />

che attorno alla piccola si era chiusa una gabbia di doveri e di limitazioni <strong>in</strong>immag<strong>in</strong>abili per un<br />

bamb<strong>in</strong>o non mu<strong>sul</strong>mano.<br />

Gli avevano detto che solo l'opposizione fisica della mamma di Susy, opposizione che le era<br />

costato un occhio nero ed alcune costole <strong>in</strong>cr<strong>in</strong>ate, aveva dissuaso il p<strong>ad</strong>re dal presentarsi davanti<br />

a casa loro, la sera stessa dell'acc<strong>ad</strong>uto, per regolare i conti con il suo di p<strong>ad</strong>re e vendicare quella<br />

che considerava un'onta gravissima.<br />

Mentre camm<strong>in</strong>ava <strong>in</strong> direzione della donna, sentiva il cuore str<strong>in</strong>gersi e l'emozione crescere al<br />

ricordo dell'<strong>in</strong>tervista che molti anni prima aveva visto <strong>in</strong> una TV locale.<br />

Era un servizio <strong>sul</strong>l'<strong>in</strong>tegrazione razziale, la protagonista era una donna di 20 anni che raccontava<br />

la sua storia.<br />

Con stupore Saverio aveva scoperto che si trattava di Susanna Am<strong>in</strong>a Abdelk<strong>ad</strong>er, la sua ex<br />

compagna di classe.<br />

All'età di 18 anni Susanna se ne era andata di casa, il p<strong>ad</strong>re aveva tentato diverse volte di<br />

dissu<strong>ad</strong>erla e di conv<strong>in</strong>cerla a ritornare nella sua famiglia f<strong>in</strong>chè non si fosse sposata. L'ultima<br />

volta, forse per il nervosismo, erano volate parole grosse ed anche qualche ceffone, a quel punto<br />

lei aveva deciso di denunciarlo per porre f<strong>in</strong>e alle sue “visite” <strong>in</strong>desiderate.<br />

La m<strong>ad</strong>re di Susanna <strong>in</strong>vece, avrebbe lasciato l'uomo diversi anni dopo e nel servizio non si<br />

raccontava dove fosse andata.<br />

La denuncia di Am<strong>in</strong>a aveva fatto scalpore, era una delle prime volte <strong>in</strong> cui, una ragazza<br />

cresciuta dentro una famiglia mu<strong>sul</strong>mana, trovava il coraggio di fare emergere queste situazioni.<br />

Per qualche tempo era divenuta un simbolo dell'emancipazione femm<strong>in</strong>ile e, con stupore e<br />

ammirazione dell'<strong>in</strong>tervistatore, aveva parlato del p<strong>ad</strong>re con comprensione e umanità.


I: “Am<strong>in</strong>a o Susanna, cosa preferisci?”<br />

A:”E' <strong>in</strong>differente, sono legata <strong>ad</strong> entrambi i nomi, qu<strong>in</strong>di decida lei”.<br />

“D'accordo, allora diciamo Am<strong>in</strong>a. La tua storia ci è stata raccontata nel servizio <strong>in</strong>troduttivo, gli<br />

spettatori sanno chi sei e sanno che hai deciso di ribellarti all'oppressione di <strong>tuo</strong> p<strong>ad</strong>re, che voleva<br />

a tutti i costi che tu conducessi una vita come quella che conducono le mu<strong>sul</strong>mane, senza<br />

considerare però che qui siamo <strong>in</strong> Italia e non <strong>in</strong> un paese dove l'Islam è la religione pr<strong>in</strong>cipale”.<br />

A:“Io capisco mio p<strong>ad</strong>re e non lo biasimo, parlare di oppressione è eccessivo. Lui ha la sua<br />

mentalità e so che per la cutura islamica è impossibile capire la mia scelta. Per una ragazza<br />

mu<strong>sul</strong>mana che nasce <strong>in</strong> una nazione che ha r<strong>ad</strong>ici di quel tipo non è nemmeno immag<strong>in</strong>abile<br />

emanciparsi dall'entourage familiare e compiere scelte che vanno <strong>in</strong> un'altra direzione che non sia<br />

quella del matrimonio e dei figli.”<br />

I:”Qu<strong>in</strong>di, quello che vuoi dire, è che le donne islamiche sono <strong>in</strong> qualche modo, passami il<br />

term<strong>in</strong>e, costrette <strong>ad</strong> accettare quel genere di vita, dedite solo alla famiglia ed ai figli, come recluse<br />

dentro i muri di casa”.<br />

A:”Non conoscono altra vita, nel loro mondo, nelle loro nazioni è l'unico stile condiviso, conosciuto<br />

e loro non ambiscono <strong>ad</strong> altro, qu<strong>in</strong>di il term<strong>in</strong>e costrette e recluse è eccessivo. Io ho vissuto<br />

dentro una famiglia mu<strong>sul</strong>mana, ne ho conosciuto le modalità. Non lo biasimo, ma non lo<br />

condivido. Io sono nata <strong>in</strong> Italia ed ho avuto, malgr<strong>ad</strong>o tutto, la possibilità di conoscere un tipo di<br />

cultura differente e aldilà delle religioni non amo le costrizioni, di nessun genere.<br />

I: “Ma tu sei mu<strong>sul</strong>mana?”<br />

A:”Non conta, non è questo il punto. Io ho scelto di camm<strong>in</strong>are con le mie gambe e di decidere ed<br />

eventualmente sbagliare con la mia testa senza <strong>ad</strong>eguarmi a ciò che altri vogliono per me. E' per<br />

questo che mio p<strong>ad</strong>re ha tentato più volte di conv<strong>in</strong>cermi che stavo sbagliando, che la mia str<strong>ad</strong>a<br />

era quella della famiglia, che solo la famiglia mi avrebbe amato e protetto sempre. Quando si è<br />

scontrato con la mia decisione di voler vivere da sola, secondo scelte e desideri miei è come<br />

“impazzito”, e lo dico <strong>in</strong> senso buono”.<br />

I:”Sei molto comprensiva. Tuo p<strong>ad</strong>re ti ha picchiato, se non l'av<strong>esser</strong>o fermato chissà dove<br />

sarebbe arrivato...”<br />

A:”E' vero, mi ha dato alcuni schiaffi, ma non descrivetelo come un mostro, non lo è. In lui ha<br />

prevalso il pensiero tipicamente <strong>in</strong>tegralista secondo cui non è concepibile che la propria figlia<br />

voglia affrancarsi dalle sue orig<strong>in</strong>i, dalla sua famiglia. Non è nemmeno pensabile. Per assurdo<br />

sarebbe meglio che la figlia non ci fosse, meglio elim<strong>in</strong>arla com'è purtroppo acc<strong>ad</strong>uto a qualche<br />

ragazza più sfortunata di me. Lui, per fortuna, non è arrivato a tanto. Probabilmente l'aver vissuto<br />

tanti anni <strong>in</strong> Italia ne ha smussato alcuni spigoli, ma <strong>ad</strong> un certo momento, le r<strong>ad</strong>ici sono venute<br />

fuori sotto forma di rabbia e frustrazione per non <strong>esser</strong>e riuscito a plasmare la sua creatura<br />

secondo il suo volere”.<br />

I:”Spiegaci meglio cosa <strong>in</strong>tendi dire”.<br />

A:”Nei paesi mu<strong>sul</strong>mani, i figli sono sotto, chiamiamola così, la supervisione paterna f<strong>in</strong>o a quando<br />

non si sposano. Dopo avere ricevuto la benedizione o il benestare più o meno esplicito secondo le<br />

famiglie, a sposarsi quell'uomo o quella donna, acquisiscono una certa autonomia. Ma il giudizio<br />

della famiglia peserà sempre nelle loro scelte future. Scelte di ogni tipo. Cose che alla cultura<br />

occidentale fanno sorridere, ma spesso si dimentica che nel meridione italiano, anche oggi, ai<br />

genitori si dà del Voi. E solo c<strong>in</strong>quant'anni fa c'erano i matrimoni riparatori, oppure la matt<strong>in</strong>a<br />

successiva alla prima notte di nozze, sarebbe stato scandaloso se le coperte del <strong>letto</strong> non fossero<br />

state stese, bene <strong>in</strong> mostra, a sottol<strong>in</strong>eare la perdita della verg<strong>in</strong>ità”.<br />

I:”Am<strong>in</strong>a, perdonami, ma sono passati c<strong>in</strong>quantanni o cento, non credi che sia un po'<br />

anacronistico parlare <strong>ad</strong>esso di queste cose?”<br />

A:”No, ho parlato con la mia nonna materna e lei dice che se oggi, uom<strong>in</strong>i e donne, av<strong>esser</strong>o<br />

più rispetto di loro stessi e del proprio corpo, molti eccessi della vita, cosidetta occidentale, non ci<br />

sarebbero. Può <strong>esser</strong>e semplicistico, ma credo che abbia ragione”.<br />

I:”Am<strong>in</strong>a, la moralizzatrice...”<br />

A:”Dite quel che volete. Io non giudico, ma rispetto la cultura islamica. A mio p<strong>ad</strong>re però ho<br />

cercato di spiegare che qui non siamo <strong>in</strong> Egitto, ma <strong>in</strong> Italia. So che per lui sarà impossibile tornare<br />

<strong>in</strong> Egitto, so che sarà per sempre la vergogna della sua famiglia, la pecora nera, lo sbaglio e il<br />

disonore. Io voglio dirgli che per me non è così, che io, nonostante tutto, lo capisco e gli voglio<br />

bene”.


I:”Questo è molto bello da parte tua, molto umano, sono stupito e ammirato. Come vuoi<br />

concludere, cosa vuoi dire alle persone che ci seguono da casa?”<br />

A:”Dico di aver coraggio e di fare delle scelte nette. Di non lamenstarsi di questo o quello, di<br />

non lasciarsi vivere e di conoscere prima di giudicare. Spesso sento parlare <strong>in</strong> modo<br />

preventivamente negativo degli extracomunitari, per cui tutti i marocch<strong>in</strong>i sono degli spacciatori o<br />

degli stupratori, tutti i rumeni sono dei papponi e via discorrendo. Non è così. Io posso dirlo<br />

avendolo vissuto dall'<strong>in</strong>terno. Molti miei parenti egiziani sono bravissime persone, grandi lavoratori,<br />

uom<strong>in</strong>i e donne dolcissimi. All'esterno appaiono burberi e scontrosi, ma è il loro modo di <strong>esser</strong>e, la<br />

loro difesa. Anche noi alzeremmo un muro per difenderci da un mondo dal quale ci sentiamo<br />

distanti. Provate a pensare a come ci comportiamo quando andiamo <strong>in</strong> vacanza <strong>in</strong> un paese<br />

diverso dal nostro, molto diverso. In India, <strong>in</strong> Egitto o anche solo <strong>in</strong> Turchia. Facciamo uguale.<br />

Alziamo il nostro muro perchè abbiamo timore. Qu<strong>in</strong>di dico, non puntiamo il dito senza prima<br />

conoscere”.<br />

I:”Grazie Susanna Am<strong>in</strong>a del <strong>tuo</strong> messaggio, una voce fuori dal coro, e che voce aggiungo io!”<br />

Per alcune settimane la sua notorietà era rimasta <strong>in</strong> auge, ma poi il suo volto ed il suo nome erano<br />

scomparsi dai rotocalchi ed era tornata nell'anonimato, così come desiderava.<br />

Ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e eccola qui, davanti a Saverio, con un libro nella mano ed una carrozz<strong>in</strong>a nell'altra. Gli<br />

occhi scuri e lo sguardo profondo.<br />

“Ciao Susy, mi riconosci? Sono Saverio”<br />

Lei aveva appoggiato il libro <strong>sul</strong>le g<strong>in</strong>occhia, poi aveva spostato una ciocca ribelle dagli occhi<br />

“Buongiorno, mi spiace, mi chiamo Giulia, mi sa che non sono quella che stai cercando” aveva<br />

risposto sorridendo delicatamente, quasi che sapesse quanto questo d<strong>in</strong>iego gli avrebbe fatto<br />

male.<br />

“Ah, scusa”aveva detto lui diventando paonazzo”mi sembravi una vecchia amica che è tanto<br />

tempo che non vedo...”<br />

“Figurati, non ti preoccupare, anche a me è capitato di confondere le persone”<br />

“Già, io non sono molto fisionomista” avevo sorriso Saverio.<br />

Poi aveva salutato con la mano e si era girato verso via Indipendenza allontanandosi<br />

velocemente, deluso e imbarazzato per la figuraccia che aveva appena fatto.<br />

Bello però quel tuffo nel passato, sorprendente l'emozione e l'eccitazione con cui si era<br />

avvic<strong>in</strong>ato a quella donna che gli aveva riportato alla mente Susanna.<br />

Chissà come sarebbe andata a f<strong>in</strong>ire se quel giorno, anziché calarsi i pantalonc<strong>in</strong>i, avesse<br />

cont<strong>in</strong>uato a scherzare rimanendo seduto <strong>sul</strong>la seggiola della cuc<strong>in</strong>a.<br />

In lontananza aveva visto il 28 e si era affrettato per non perderlo. Era quasi vuoto, ma lui era<br />

rimasto <strong>in</strong> piedi, di fianco all'autista. Era un'abitud<strong>in</strong>e che aveva f<strong>in</strong> dai tempi della scuola.<br />

L'autobus si era fermato al semaforo all'<strong>in</strong>crocio con via <strong>in</strong>dipendenza, mentre quella donna,<br />

Giulia, che aveva confuso per Susanna, stava attraversando la str<strong>ad</strong>a sp<strong>in</strong>gendo la carrozz<strong>in</strong>a.<br />

I loro occhi si erano <strong>in</strong>crociati di nuovo, lei aveva rallentato <strong>in</strong> modo impercettible, sorriso a Saverio<br />

ed era scomparsa nel trambusto del sabato pomeriggio.


ALESSANDRO ARBIZZANI<br />

La panch<strong>in</strong>a sbagliata<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di casa sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna. Ce n’era anche un quarto, il più importante, anche se, pensandoci,<br />

più che un motivo era la conseguenza degli altri: e questo motivo, quello che aveva sp<strong>in</strong>to Saverio<br />

a chiudersi nel suo personalissimo rifugio anti-curiosi, seduto su un fondo di panni caldi come<br />

l’<strong>in</strong>ferno, <strong>in</strong> un’oscurità appena rischiarata dalla luce tremolante di una torcia elettrica e con<br />

svariate paia di pantaloni che gli penzolavano <strong>sul</strong>la testa, ecco, il motivo che aveva sp<strong>in</strong>to Saverio<br />

a trovarsi lì, senza aria e mezzo <strong>in</strong>tossicato dalla naftal<strong>in</strong>a, era che doveva scrivere una lettera. Più<br />

precisamente: una lettera d’amore.<br />

Ora, come si scrivesse una lettera d’amore, Saverio non ne aveva la m<strong>in</strong>ima idea, così,<br />

conv<strong>in</strong>to che ciò potesse aiutarlo, si era portato nell’arm<strong>ad</strong>io un libro di poesie e una manciata di<br />

bigliett<strong>in</strong>i dei Baci Perug<strong>in</strong>a.<br />

Aveva com<strong>in</strong>ciato coi bigliett<strong>in</strong>i, ma faceva fatica a leggerli, per via di quelle parole scritte <strong>in</strong><br />

piccolo e di quella stupida carta trasparente. Ne aveva letti c<strong>in</strong>que senza capirci granché, e al<br />

sesto, uno che diceva “Voglio, se posso, odiarti, e se non posso, per sempre amarti” aveva deciso<br />

che erano troppo difficili e li aveva stropicciati <strong>in</strong> un’unica palla.<br />

Era passato qu<strong>in</strong>di al libro di poesie, accorgendosi presto, però, di <strong>esser</strong>e <strong>in</strong>corso <strong>in</strong> un terribile<br />

equivoco: l’autore non era, ahimè, Bob Dylan – che, diceva suo babbo, non scriveva canzoni ma<br />

poesie <strong>in</strong> musica – bensì tale Dylan Thomas, poeta sì, ma che lui non aveva mai sentito nom<strong>in</strong>are.<br />

Pascoli sì, Carducci sì, ma Dylan Thomas, anche a cercare nei più reconditi angoli della memoria,<br />

proprio no.<br />

Bene! aveva pensato <strong>in</strong> un impeto di ottimismo: questo vuol dire che sono poesie da grandi! E<br />

aveva com<strong>in</strong>ciato a sfogliare.<br />

Scorrendo una riga qua e una là, aveva scartato le prime c<strong>in</strong>que poesie, non ritenendole <strong>ad</strong>atte<br />

per una lettera d’amore. Poi aveva <strong>letto</strong> “La luce appare dove non splende sole; dove non scorre<br />

mare” e aveva pensato che era bello, ma un po’ complicato da sviluppare. Qu<strong>in</strong>di aveva saltato<br />

“Sognai la mia genesi nel sudore del sonno” (anche se “bucava un guscio rotante” lo aveva acceso<br />

di simpatia, evocandogli scontri spaziali e cartoni giapponesi) e aveva proseguito con sempre<br />

m<strong>in</strong>or entusiasmo su liriche che parlavano di ossa e di sensi f<strong>in</strong>o a quando, più o meno a metà<br />

libro, aveva <strong>in</strong>contrato un “Come potrà il mio animale, la cui magica forma r<strong>in</strong>traccio nel cranio<br />

cavernoso”, e aveva deciso che le poesie di questo Dylan non facevano al caso suo. Ne aveva<br />

sfogliate ancora un paio, si era soffermato su “Colle delle felci” (che aveva trovato bellissima e<br />

aveva <strong>letto</strong> f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e) e, sfiduciato, aveva posato il libro.<br />

Era rimasto al buio e al caldo ancora un po’, accendendo e spegnendo la torcia e facendo<br />

rimbalzare le pall<strong>in</strong>e antitarme contro le pareti, poi, quando l’aria si era fatta irrespirabile, era uscito<br />

dall’arm<strong>ad</strong>io borbottando che lui, una lettera d’amore, mai l’aveva scritta e mai la scriverà.<br />

Si era lasciato c<strong>ad</strong>ere <strong>sul</strong> <strong>letto</strong> e aveva provato a leggere un fumetto. Ma niente da fare: non<br />

riusciva a smettere di pensare a Susanna.<br />

Susanna gli piaceva, era la sua compagna di classe preferita; e la sua migliore amica. Di tanto<br />

<strong>in</strong> tanto andava a casa sua a fare i compiti (lei era più brava e lo aiutava sempre) e quelli erano i<br />

pomeriggi che preferiva, anche più di quelli <strong>in</strong> cui si trovava con gli amici per giocare a pallone.<br />

Gli piaceva, Susanna. Gli piaceva quando scriveva, col capo <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>ato da un lato e i capelli che<br />

sfioravano il qu<strong>ad</strong>erno, e con quello strano modo di tenere la penna, con le dita rattrappite e il<br />

gomito <strong>in</strong> fuori. E poi il profumo, di fragola, e gli occhi, un po’ tristi, che si illum<strong>in</strong>avano come stelle<br />

quando rideva.<br />

Voleva che diventasse la sua fidanzata, Susanna, da grande le avrebbe chiesto di sposarlo, ma<br />

ora, davvero, non sapeva da dove com<strong>in</strong>ciare.<br />

Un primo tentativo era f<strong>in</strong>ito <strong>in</strong> un disastro: un paio di settimane prima, il giorno di San<br />

Valent<strong>in</strong>o, le aveva <strong>in</strong>filato nel diario un cartonc<strong>in</strong>o rosso a forma di cuore, che si apriva e rivelava<br />

la scritta “Ti voglio bene”. Susanna l’aveva trovato, l’aveva mostrato alla compagna di banco e<br />

<strong>in</strong>sieme avevano riso come matte.


Dove aveva sbagliato?<br />

Forse doveva firmarlo.<br />

Pensava questo, Saverio, lungo disteso a faccia <strong>in</strong> su, e a forza di pensare era arrivato alla<br />

conclusione che la disavventura di San Valent<strong>in</strong>o non era poi così grave: <strong>in</strong> fondo lei mica lo<br />

sapeva chi le aveva lasciato il cartonc<strong>in</strong>o.<br />

Poi all’improvviso gli era venuta un’idea. Era scattato <strong>in</strong> piedi, aveva preso carta e penna, e<br />

aveva scritto una lettera nella quale chiedeva a Susanna Tes<strong>in</strong>i, classe III B, se voleva diventare la<br />

sua fidanzata. Per risposte e chiarimenti (del tutto necessari dal momento che anche questa volta<br />

si era guardato bene dal firmare) la succitata avrebbe dovuto presentarsi <strong>in</strong> un orario compreso tra<br />

le 15 e le 16 del pomeriggio entrante presso l’ultima panch<strong>in</strong>a del parco (quella dietro il boschetto),<br />

ovviamente senza amiche al seguito. Chiudeva la lettera uno sdolc<strong>in</strong>ato elenco di qualità cui lo<br />

scrivente attribuiva alla dest<strong>in</strong>ataria, e c’era mancato poco che, <strong>in</strong> pieno delirio sentimentalletterario,<br />

Saverio profumasse la missiva con l’acqua di colonia della mamma.<br />

Il matt<strong>in</strong>o successivo, a scuola, Saverio aveva atteso la ricreazione fissando l’orologio e<br />

sbranandosi le unghie. Quando era suonata la campanella aveva preso tempo f<strong>in</strong>gendo di<br />

allacciarsi le scarpe, e quando nell’aula era rimasto solo lui era balzato come un puma <strong>sul</strong> banco di<br />

Susanna e le aveva <strong>in</strong>filato la lettera nel diario.<br />

Poi era arrivato il pomeriggio, e Saverio Bortolotti, di anni otto, aveva <strong>in</strong>dossato la camicia della<br />

festa, i jeans nuovi e le scarpe da tennis più pulite che aveva. Si era pett<strong>in</strong>ato e si era studiato un<br />

paio di frasi di circostanza che aveva dimenticato prima ancora di uscir dal cortile. Era arrivato <strong>sul</strong><br />

luogo dell’appuntamento con mezz’ora d’anticipo, si era appostato dietro un albero, e non aveva<br />

perso di vista un istante la panch<strong>in</strong>a <strong>sul</strong>la quale, come da istruzioni, dalle 15 alle 16 avrebbe<br />

dovuto apparire la ragazz<strong>in</strong>a dei suoi sogni.<br />

Aveva aspettato un’ora, un’ora e mezza, due, poi, quando ormai stavano per scoccare le<br />

c<strong>in</strong>que, si era conv<strong>in</strong>to che Susanna non sarebbe arrivata. “La lettera l’ha trovata” aveva pensato,<br />

“l’ho vista, questa volta non ha riso; non l’ha neppure mostrata all’amica. Perché non è venuta?”<br />

Era diventato serio, Saverio Bortolotti, serio come solo un bamb<strong>in</strong>o di otto anni può diventare.<br />

Era uscito dal suo nascondiglio e si era avviato lungo il sentiero a testa bassa. Era passato davanti<br />

alla panch<strong>in</strong>a ferale senza nemmeno guardarla, e aveva tirato un calcio a un sasso che era volato<br />

via come una schioppettata. Aveva pensato che non era giusto. Che questa era una cosa che<br />

doveva farlo felice e <strong>in</strong>vece l’aveva reso solo triste. Molto triste.<br />

Poi aveva alzato gli occhi.<br />

E l’aveva vista.<br />

Lei.<br />

Susanna.<br />

Era seduta <strong>sul</strong>la quart’ultima panch<strong>in</strong>a, un cent<strong>in</strong>aio di passi più <strong>in</strong>dietro rispetto a dove avrebbe<br />

dovuto <strong>esser</strong>e.<br />

C’era, ma <strong>sul</strong>la panch<strong>in</strong>a sbagliata.<br />

Saverio aveva sentito il sorriso allargarsi, come tirato da elastici <strong>in</strong>visibili. Aveva accelerato il<br />

passo e le si era fermato vic<strong>in</strong>o. Susanna leggeva un libro.<br />

“Oh, ciao Saverio” gli aveva detto lei quando l’aveva visto. “Da dove sbuchi?” Poi: “Dài, siediti<br />

qui con me” aveva aggiunto senza dargli il tempo di rispondere.<br />

“Stavo studiando una poesia di Leopardi” aveva ripreso spostandosi un po’ per fargli posto, “Il<br />

sabato del villaggio, la conosci? Parla di come l’attesa di una cosa bella sia spesso più bella della<br />

cosa stessa.” Aveva guardato negli occhi Saverio. Saverio l’aveva guardata. “Non sono parole mie,<br />

c’è scritto qui” aveva riso. “Racconta come tutti, nel villaggio, si prepar<strong>in</strong>o con gioia per il giorno<br />

della festa e poi, quando la festa arriva, si annoiano e pensano <strong>ad</strong> altro.” Saverio cont<strong>in</strong>uava a<br />

guardarla. “Ha ragione, non credi?”<br />

Saverio aveva fatto cenno di sì. Avrebbe voluto parlarle, chiederle, spiegarle; sarebbero andate<br />

bene anche solo quelle dannate frasi imparate a memoria, ma gli venivano <strong>in</strong> mente solo spezzoni<br />

<strong>in</strong>coerenti e senza senso.<br />

Così era ripartita lei. “Aspetta, ti faccio vedere una cosa” aveva detto, con un gesto grazioso<br />

delle mani. Aveva aperto l’ultima pag<strong>in</strong>a del libro e aveva afferrato una lettera. QUELLA lettera.


“Guarda” aveva detto aprendola, “è una lettera, una dichiarazione d’amore.” Saverio era<br />

diventato color della cera. “L’ho trovata nel diario stamatt<strong>in</strong>a, dopo ricreazione.” Saverio non<br />

respirava quasi più. “Beh, è molto bella” aveva sospirato Susanna, “molto tenera.” Aveva fatto una<br />

pausa che a Saverio era sembrata un’era geologica. “Non è firmata, ma c’è l’orario per un<br />

appuntamento” Saverio avrebbe voluto sprofondare, avrebbe voluto sprofondare per non<br />

riemergere mai più. “Però ho deciso di non andarci” aveva proseguito lei. “Ho pensato che è troppo<br />

presto, per me, non è ancora il momento.” Saverio aveva annuito. “Però il mio ammiratore<br />

misterioso è stato molto car<strong>in</strong>o” aveva ripreso Susanna con un sorriso bellissimo, “e anche se<br />

preferirei non sapere chi è, sai cosa farei, se lo <strong>in</strong>contrassi? Gli darei un bel bac<strong>in</strong>o <strong>sul</strong>la guancia.<br />

E capirebbe che forse è presto anche per lui, e che a volte è più bello aspettare, come nel sabato<br />

del villaggio.” Aveva sorriso ancora, poi aveva ripiegato la lettera e l’aveva rimessa a posto.<br />

“Senti” aveva ripreso poi girandosi di scatto: “mi è venuta un’idea: che ne dici di venire a casa<br />

mia a fare i compiti?” Saverio aveva annuito. Susanna aveva detto “Andiamo, dài” e gli aveva<br />

preso la mano, ma prima di alzarsi gli aveva dato un bac<strong>in</strong>o, dritto dritto <strong>sul</strong>la guancia.<br />

Si erano alzati e si erano <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>ati senza fretta, mano nella mano, lungo il sentiero che<br />

attraversava il parco.<br />

Le loro ombre, nella luce rossa del tramonto, erano così vic<strong>in</strong>e da sembrare una sola.


FEDERICA GNOMO<br />

Barbie Sirena<br />

C’erano almeno tre buoni motivi<br />

per cui mercoledì 29 febbraio,<br />

Saverio Bortolotti di anni otto,<br />

si trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore,<br />

il secondo non ricambiato,<br />

il terzo Susanna.<br />

Susanna era la sua migliore amica. Quella che sapeva tutto, anche quello che si vergognava di<br />

dire alla mamma.<br />

A pensarci bene, dentro l’arm<strong>ad</strong>io, a graffiare con le unghie la porta di legno per il nervoso, mentre<br />

tutti lo cercano, Saverio c’era f<strong>in</strong>ito non per un amore non ricambiato, né per Susanna ma per<br />

vigliaccheria.<br />

Avrebbe dovuto parlare prima e non nascondersi dietro un “forse, domani…lo conf<strong>esser</strong>ò”.<br />

A lui certi giochi non piacevano. Odiava la pallacanestro, e <strong>ad</strong>orava Barbie Sirena; sarebbe stato<br />

meglio dirlo chiaramente a suo p<strong>ad</strong>re e non farlo illudere.<br />

Invece aveva sempre taciuto. Era andato controvoglia agli allenamenti, si era <strong>in</strong>filato quelle<br />

magliette orrende tutte a strisce, che puzzavano di sudore, usate da chissà chi; aveva corso nel<br />

fango del campetto e respirato la nebbia per fare fiato. Le sue gambette secche avevano preso<br />

calci e si erano piantate con le g<strong>in</strong>occhia <strong>sul</strong> l<strong>in</strong>oleum della palestra della parrocchia.<br />

Durante le partite, <strong>in</strong> cui regolarmente sbagliava il “terzo tempo”, davanti agli sguardi di<br />

commiserazione del p<strong>ad</strong>re, e alle sua grida “Saverioooo, ma che “tempo” è? Aveva sempre<br />

pensato “tempo perso”. Non avrebbe mai imparato a giocare, non sarebbe mai stato un campione.<br />

Anche con i compagni andava male: negli spogliatoi cercava di trattenersi poco, sgattaiolava via,<br />

subito dopo la partita, per non sentire i rimproveri di quelli a cui non aveva passato la palla.<br />

Eppure sarebbe stato semplice confessare che non capiva chi era libero. Lui “libero” non si<br />

sentiva.<br />

La pallacanestro la odiava, a lui piaceva giocare con Susanna a Barbie Sirena.<br />

Grattò più forte contro la parete e si rannicchiò. Qualcuno era entrato nella stanza.<br />

Da quando Susanna l’aveva ricevuta per il suo compleanno, Saverio non pensava <strong>ad</strong> altro che a<br />

quei capelli lunghissimi e colorati, alla coda lucente, le mani piccole e delicate, le stelle mar<strong>in</strong>e di<br />

stoffa poggiate con grazia <strong>sul</strong> seno.<br />

Aveva chiesto subito all’amica il permesso di giocarci. Lei l’aveva negato. Era sua, era nuova, però<br />

tra qualche giorno gliel’avrebbe fatta toccare.<br />

Saverio se l’era pers<strong>in</strong>o sognata.<br />

Era <strong>in</strong> spiaggia e l’aveva vista uscire dall’acqua solo con il busto, e accarezzarsi i capelli blu e<br />

gialli.<br />

Lanciare un bacio con la mano e scomparire tra le bolle e la schiuma, p<strong>in</strong>neggiando.<br />

Da quella notte non pensava <strong>ad</strong> altro che a <strong>in</strong>contrare Barbie Sirena.<br />

Correva, Saverio; palleggiava <strong>in</strong>ciampando verso il canestro; sognava Barbie Sirena.<br />

Le sembrava di vederla <strong>sul</strong>le gr<strong>ad</strong><strong>in</strong>ate, accanto a suo p<strong>ad</strong>re.<br />

Avrebbe fatto canestro per lei.<br />

Per una di quelle stelle mar<strong>in</strong>e di stoffa, il pett<strong>in</strong>e rosa. La conchiglia.


Come promesso dopo due settimane Susanna gliel’aveva prestata e avevano giocato <strong>in</strong>sieme.<br />

Due ore fantastiche. Poi era dovuto rientrare a casa. Abitavano <strong>sul</strong>lo stesso pianerottolo.Erano<br />

vic<strong>in</strong>i: una grande fortuna.<br />

Si guardarono <strong>sul</strong>la porta. Susanna lo salutò con Barbie Sirena.<br />

Susanna era la sua migliore amica. Non avrebbe mai spifferato che al suo amico Saverio piaceva<br />

giocare con le bambole.<br />

E <strong>in</strong>fatti non lo fece. Sarebbe stato il loro segreto. Saverio non lasciò la pallacanestro, e cont<strong>in</strong>uò di<br />

nascosto a giocare con Barbie Sirena.<br />

Presto il gioco non lo soddisfece più. Era affasc<strong>in</strong>ato dal trucco degli occhi, i capelli lunghissimi che<br />

si attorcigliavano <strong>in</strong>torno alla p<strong>in</strong>na turchese. Chiese a Susanna di trasformarlo nella sua bambola<br />

preferita.<br />

Lei, complice, si divertiva un mondo a truccarlo e a mettergli <strong>in</strong> testa lunghe sciarpe di seta<br />

colorata al posto dei capelli.<br />

Tutto sembrava filare liscio <strong>in</strong> quel mondo <strong>in</strong>cantato dentro al mare dei sogni.<br />

Poi un giorno, uno di quelli che non avrebbe più scordato, arrivò un nuovo compagno di squ<strong>ad</strong>ra.<br />

A metà corso, a metà anno scolastico, alla f<strong>in</strong>e del primo qu<strong>ad</strong>rimestre, alla f<strong>in</strong>e di tutto.<br />

Mise piede <strong>in</strong> campo e Saverio perse il respiro.<br />

Era Tritone senza ombra di dubbio. Bello, e alto più di lui di almeno mezzo busto; bravo a tirare a<br />

canestro che più bravo non poteva <strong>esser</strong>ci nessuno.<br />

Saverio si <strong>in</strong>namorò<br />

Barbie Sirena lo guardò dalle gr<strong>ad</strong><strong>in</strong>ate e approvò col capo. Piaceva anche a lei.<br />

Saverio andò con più conv<strong>in</strong>zione agli allenamenti, suo p<strong>ad</strong>re gongolava; Susanna sapeva di<br />

Tritone ma taceva.<br />

Era un po’ gelosa. Lei aveva Barbie Sirena e quel ragazz<strong>in</strong>o, no. Perché lo preferiva a lei?<br />

Divennero amici.<br />

Susanna, Saverio e Tritone. Uscivano <strong>in</strong>sieme. Andavano al campetto della parrocchia.<br />

Susanna aveva Barbie Sirena. A Tritone piaceva Susanna, e a Saverio piaceva Tritone.<br />

Tutto andava per il verso giusto f<strong>in</strong>o a quando Saverio, un pomeriggio a casa di Susanna, fece lo<br />

sbaglio di trasformarsi <strong>in</strong> Barbie Sirena e baciare Tritone per gioco. Lui si ritrasse, sputò per terra<br />

e le cose precipitarono.<br />

Susanna cercò di bloccare Tritone <strong>sul</strong>la porta, ma quello si puliva il rossetto, schifato.<br />

“E solo un gioco…” provò a dire. Ma Tritone scomparve tra i flutti <strong>in</strong>ghiottito dalle scale.<br />

A pallacanestro lo seppero tutti che Saverio si era vestito da Barbie Sirena, con tanto di capelli di<br />

seta blu e rossetto.<br />

Susanna non confermò.<br />

Il p<strong>ad</strong>re di Saverio lo r<strong>in</strong>corse per tutta la str<strong>ad</strong>a, lui si nascose nell’arm<strong>ad</strong>io della biancheria.<br />

Era il 29 febbraio, il giorno che aveva trovato il coraggio di baciare Tritone. Un giorno speciale.<br />

Ma non ne era valsa la pena.<br />

Ci avrebbe riprovato tra quattro anni.


ROSANNA BONAFEDE<br />

OTTO ANNI DI SOLITUDINE<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si trovava<br />

chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Eppure aveva fatto di tutto perchè scattasse tra loro quella simpatia, quell’empatia che si era<br />

<strong>in</strong>vece accesa tra Susanna e suo fratello Paolo Bortolotti, di anni dieci.<br />

Erano ormai un paio di mesi che Saverio lavorava per recuperare quel rapporto, praticamente da<br />

quando l’aveva vista per la prima volta davanti al cancello della scuola.<br />

Per lui era stato subito amore. Di quello vero, che si accende a prima vista e da quel primo<br />

momento gli era venuta voglia di conoscerla, avvic<strong>in</strong>arla, e magari anche dirle qualcosa di<br />

car<strong>in</strong>o, come faceva soltanto con la mamma, ogni tanto, ma sempre più raramente.<br />

Che peccato: quell’amore avrebbe potuto renderlo felice e stemperare un po’ la solitud<strong>in</strong>e dei suoi<br />

otto anni perchè<br />

si sarebbe trattato di un’amicizia molto diversa da quella con i compagni di scuola e gli avrebbe<br />

riempito i pomeriggi così lunghi, soprattutto <strong>in</strong> <strong>in</strong>verno.<br />

Come doveva <strong>esser</strong>e bello, aveva pensato Saverio Bortolotti, aprire gli occhi al matt<strong>in</strong>o sapendo<br />

che durante la giornata avrebbe potuto passare un po’ di tempo con lei, magari passeggiando nel<br />

parco e fermandosi ogni tanto per qualche parola, per qualche carezza.<br />

Comunque non c’era stato proprio niente da fare: si trattava di un amore non ricambiato e<br />

sempre più disperato, di cui tra l’altro anche tutta la famiglia era ormai a conoscenza.<br />

Così avevano com<strong>in</strong>ciato pure a prenderlo <strong>in</strong> giro.<br />

In effetti era stato chiaro da subito che Susanna non lo aveva preso per niente <strong>in</strong> considerazione.<br />

F<strong>in</strong> da quel primo giorno davanti alla scuola, lei si era<br />

lentamente e <strong>in</strong>aspettatamente avvic<strong>in</strong>ata a suo fratello Paolo, che tra l’altro, all’<strong>in</strong>izio, non l’aveva<br />

neanche notata più di tanto.<br />

Lei gli si era parata davanti, mentre lui stava per salire le scale dell’edificio scolastico e lo aveva<br />

guardato con i suoi dolcissimi occhi persi nella massa bionda che li circondava. Ingenuo com’era,<br />

Saverio non s’era accorto di quella predilezione e aveva <strong>in</strong>dicato la scena alla mamma.<br />

E lei, che aveva capito subito, si era data da fare per sapere chi fosse la bella biond<strong>in</strong>a, da dove<br />

venisse e <strong>in</strong> quale luogo abitasse.<br />

Che si chiamava Susanna l’aveva <strong>in</strong>formata il bidello Dante, aggiungendo che aveva otto anni.<br />

-Proprio otto come me! Si era entusiasmato Saverio.<br />

Poi il bidello aveva parlato un po’ con la mamma e dopo l’aveva richiamato alla realtà: -Saverio<br />

Bortolotti, <strong>in</strong> classe!<br />

E <strong>ad</strong>esso lei era di là, <strong>in</strong> salotto con suo fratello Paolo e si faceva accarezzare e dire quelle<br />

parol<strong>in</strong>e sdolc<strong>in</strong>ate che avrebbe tanto voluto sussurrarle lui.<br />

Ma non c’era davvero stato verso, nonostante i ripetuti tentativi pressoché quotidiani.<br />

Anche oggi Susanna, come nei giorni precedenti, sembrava non vederlo, quasi che Saverio fosse<br />

un ragazzo <strong>in</strong>visibile.<br />

Ma oggi era il 29 febbraio, un giorno particolare, di quelli che arrivano ogni quattro anni, un giorno<br />

un po’ magico <strong>in</strong> cui si dice possano succedere fatti <strong>in</strong>sperati.<br />

Per questo Saverio aveva voluto fare un tentativo più <strong>in</strong>cisivo e le si era avvic<strong>in</strong>ato con la mano<br />

tesa <strong>in</strong> segno di amicizia, pronto per farsela annusare. Ma Susanna aveva com<strong>in</strong>ciato <strong>ad</strong> abbaiare,<br />

<strong>ad</strong> abbaiare sempre più forte tentando perf<strong>in</strong>o di assalirlo e lui spaventatissimo si era messo a<br />

correre per la casa mentre lei lo r<strong>in</strong>correva per le stanze e nel corridoio. Impaurito e tremante per<br />

lo spavento e la rabbia, il bamb<strong>in</strong>o non aveva trovato altro rifugio che l’arm<strong>ad</strong>io della sua camera<br />

da <strong>letto</strong> e ci si era <strong>in</strong>filato e r<strong>in</strong>chiuso <strong>in</strong> un estremo tentativo di salvezza, lasciandosi poi andare<br />

<strong>ad</strong> un pianto sconsolato.<br />

Neppure il 29 febbraio aveva potuto realizzare il miracolo e Susanna, la dolce coker<strong>in</strong>a bionda<br />

<strong>ad</strong>ottata da circa due mesi dalla famiglia Bortolotti, restava sempre più per Saverio l’amore non<br />

corrisposto dei suoi otto anni.


LIDIA MALI<br />

Le vespe<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Se il problema è la rima, d’accordo, chiamami pure Susanna. Per il resto cercherò di <strong>esser</strong>e<br />

precisa… e s<strong>in</strong>cera. Ricordi? Non camm<strong>in</strong>avi ancora e già riconoscevi ogni angolo del cortile. Ti<br />

illum<strong>in</strong>avi tutto, fremevi come un uccell<strong>in</strong>o quando ti portavo nella casa di montagna, come la<br />

chiamavi tu. Un rustico a ottocento metri per un bamb<strong>in</strong>o può <strong>esser</strong>e magico. Io l’ho apprezzato<br />

più tardi. A quei tempi ero molto corteggiata, senza saperlo vivevo i miei anni d’oro. Qualche volta<br />

lo spasimante di turno ci accompagnava. Tu eri contento comunque, ti bastava avermi vic<strong>in</strong>o, non<br />

è così?<br />

Sei cresciuto <strong>in</strong> fretta. Facevi la seconda elementare quando io… è così, volevo andare via,<br />

prendermi una vacanza, credo da me stessa. Fu l’ultimo della serie a offrirmi una possibilità<br />

concreta: la California, niente meno. La sua vita era fatta di musica come <strong>ad</strong>esso la tua. diceva. Ha ballato una sola estate, hai presente il romanzo?<br />

In realtà era <strong>in</strong>verno. Le giornate <strong>in</strong>iziavano ed erano già f<strong>in</strong>ite. Sembrava che ogni cosa f<strong>in</strong>isse<br />

con loro. Poi una sera ho preso il coraggio a due mani. , ti<br />

ho detto. Niente è mai più come prima, tu lo sapevi. Mi<br />

hai guardata con gli occhi lucidi, ma senza piangere. hai chiesto. Dipendeva dai voli anche la nostra vita. Ti sei rabbuiato. Ho risposto ‘sei mesi’, ma sarebbe stato almeno un anno. <br />

Eri più saggio di me, pensavi già a tutto. Per te faceva differenza, vero? Ti sei alzato <strong>in</strong> piedi, mi arrivavi sotto il<br />

petto. hai detto. <br />

Il giorno dopo era mercoledì, non potevo assentarmi così di punto <strong>in</strong> bianco, e poi senza<br />

riscaldamento saremmo morti dal freddo. Tu però non sentivi ragione. Lungo disteso <strong>sul</strong> tappeto,<br />

scalciavi come un capretto. Allora ho preso il telefono. , ho detto alla segretaria<br />

dopo averla disturbata a casa. E’ stata lei a sottol<strong>in</strong>eare che le emergenze non capitano mai di<br />

domenica, sempre di mercoledì, altrimenti non lo ricorderei. Se mi licenziavano non m’importava<br />

niente.<br />

Non era f<strong>in</strong>ita, tu hai posto ancora una condizione. Otto anni, ma sapevi il fatto <strong>tuo</strong>.<br />

Quando arriviamo, il portone non si apre. Il legno si è gonfiato più di te che <strong>in</strong>vece ti <strong>in</strong>fili nella<br />

fessura ottenuta con grande sforzo. Non mi piaceva l’idea che una semplice fessura potesse<br />

separarci. Eri proprio un fuscello. Facevi spavento, sai? Una volta dentro, hai acceso la luce e ti<br />

sei messo a gironzolare. Lo presumo, perché non ti vedevo. Ho dovuto chiamarti più volte, non<br />

venivi mai fuori. Quando l’hai fatto eri serio. Mi hai guardata. La tua bocca ha detto una cosa<br />

diversa da quella che dicevano i <strong>tuo</strong>i occhi. Parlavi già come un libro stampato.<br />

La tua f<strong>in</strong>zione era com<strong>in</strong>ciata. Io pensavo che ti saresti svagato, ero contenta. Dovevo solo<br />

riuscire a entrare, non mi piaceva disturbare i vic<strong>in</strong>i. In cant<strong>in</strong>a ci si andava da fuori, forse te ne<br />

ricordi, bastava girare <strong>sul</strong> retro e avere la chiave. Purché l’umidità non avesse provocato lo stesso<br />

guaio anche lì. E <strong>in</strong>vece no, il gr<strong>ad</strong><strong>in</strong>o aveva protetto la porta dalla pioggia e dalla neve, così ho<br />

aperto e mi sono messa a frugare tra gli attrezzi del nonno. L’unico che sapessi usare era il<br />

martello, poteva funzionare, pazienza se il legno si rov<strong>in</strong>ava.<br />

Batti e ribatti ce l’ho fatta. Erano mesi che nessuno entrava <strong>in</strong> casa: polvere, ragnatele che<br />

pendevano dal soffitto e simulacri di mosche sui telai dei vetri. Questi particolari possono servirti?<br />

Credo di sì, sei così bravo tu a legare <strong>in</strong>sieme le sensazioni. Beh, sono uscita senza neppure<br />

aprire le f<strong>in</strong>estre. Ho fatto il giro <strong>sul</strong> retro e ho rimesso a posto quell’aggeggio. E tu? Non ti vedevo<br />

e non ti sentivo. Cercavi le tracce degli animali e avevi fatto perdere le tue. Dopo un po’ ti ho<br />

chiamato, ma non rispondevi. Ero sorpresa. Da bamb<strong>in</strong>o la tua bella voce scattava subito dopo la<br />

mia. Cosa ho fatto, allora? Ho percorso il cortile <strong>in</strong> lungo e <strong>in</strong> largo, ti credevo lì. Tremila metri, non<br />

so se ricordi, e <strong>in</strong> fondo c’era l’abetaia. Sono arrivata f<strong>in</strong>o alla rec<strong>in</strong>zione dove le conifere formano


una selva anche <strong>in</strong> <strong>in</strong>verno. Niente, non c’eri. E non c’era nessun altro. Ti chiamo sempre più forte,<br />

torno negli stessi punti… <strong>in</strong>utile, non ci sei. Cosa posso fare? Com<strong>in</strong>cio a spaventarmi. I cellulari<br />

non esistono ancora e là il telefono non c’è mai stato, lo sai. Allora mi decido, corro dai vic<strong>in</strong>i.<br />

Ti ricordi che salita per arrivarci? Quando busso da loro col fiato <strong>in</strong> gola, manca poco a<br />

mezzogiorno. Mi viene <strong>ad</strong> aprire Ivan. E’ a casa convalescente ma si mette subito <strong>in</strong> moto. Un<br />

ragazzo <strong>in</strong> gamba. Mentre cerca la pila, sua m<strong>ad</strong>re mi guarda con compassione. Perché la pila?<br />

Glielo chiedo e lei risponde: . Le tre? Quanto tempo doveva passare prima di<br />

ritrovarti? Come resistere per tre ore? Come resistere per un anno?<br />

Mi sento male. Carmen mi stende <strong>sul</strong> divano, poi mi versa del v<strong>in</strong>o. Lo bevo tutto d’un fiato.<br />

Ivan sparisce, io svengo. Quando mi riprendo, l’angoscia è ancora più forte. Devo chiamare la<br />

polizia? Presto il gufo avrebbe <strong>in</strong>iziato a cantare. Te lo ricordi il nostro gufo? Guardavo dalla<br />

f<strong>in</strong>estra e immag<strong>in</strong>avo con tutte le mie forze che un secondo dopo ti avrei visto arrivare <strong>sul</strong><br />

sentiero: gli scarponi con le str<strong>in</strong>ghe, i pantaloni di velluto a coste, il maglione di lana e la giacca a<br />

vento rossa. Il cielo non poteva <strong>esser</strong>e più <strong>in</strong>colore.<br />

Dopo un po’ spunta Ivan, vuole sapere se ci sono novità. Voleva saperlo da noi, capisci?<br />

Pensava alla pozza, me l’ha detto dopo. F<strong>in</strong>o a quel momento, credo per la disperazione, non mi<br />

ero resa conto che il vecchio Primo era lì, seduto davanti al cam<strong>in</strong>etto. E’ stato lui a chiedermi se ti<br />

avevo cercato anche <strong>in</strong> casa. , gli ho detto. Ma non era andata esattamente così, ero pur scesa <strong>in</strong> cant<strong>in</strong>a!<br />

Ecco che corro come una saetta. La debolezza è svanita, forse per il v<strong>in</strong>o che mi ha <strong>in</strong>fiammata<br />

di un calore <strong>in</strong>naturale. C<strong>ad</strong>o sui sassi e mi ferisco, ma non è quello il dolore più forte. E mentre<br />

volo, favorita dalla discesa, mi tornano <strong>in</strong> mente loro. Un’illum<strong>in</strong>azione. Avevano fatto il nido<br />

dappertutto, dietro la specchiera, <strong>in</strong> mezzo alle travi, nel comod<strong>in</strong>o e sotto il piano del <strong>tuo</strong> arm<strong>ad</strong>io,<br />

nell’angolo più lontano dalla luce. Oh, quella estate! La casa era talmente asciutta che i muri<br />

crepitavano. La pozza secca, gli alberi agonizzanti e l’erba ridotta a paglia. Fosti tu a scoprirle.<br />

Cariche di tutto quel calore, le vespe cercavano posti freschi, riparati. E non c’era angolo più<br />

tranquillo della camera che ti avevo dest<strong>in</strong>ato. Le pareti bianche, il <strong>letto</strong> con le sponde, il soffitto<br />

basso… e la f<strong>in</strong>estrella te la ricordi? Incorniciava perfettamente il melo. Che vigore quella pianta.<br />

Dunque, arrivo alla porta. E’ come l’ho lasciata, una bocca oscura. Accendo la luce e vengo<br />

davanti all’arm<strong>ad</strong>io. Non ho pensato a cercarti nelle altre stanze o magari sotto le reti, no, sono<br />

venuta subito qui davanti, non chiedermi perché. Non sono superstiziosa ma quello era uno strano<br />

giorno, il vent<strong>in</strong>ove febbraio, anno bisestile, ventiquattro ore di troppo. Anch’io mi sentivo così, una<br />

<strong>in</strong> più, <strong>in</strong>essenziale per dirla con parole tue. Sapevo bene cosa conteneva il mobile, era l’unico<br />

dalla stanza. Mi è rimasto <strong>in</strong> mente il <strong>tuo</strong> giubbetto azzurro appeso alla gruccia da bamb<strong>in</strong>o. E’ un<br />

flash, un’immag<strong>in</strong>e che mi porto dentro. Gli <strong>ad</strong>esivi che avevi scelto tu dal giornalaio sono ancora<br />

lì, <strong>sul</strong> lato esterno. L’astronave, la giraffa, il leone e il mitico Topol<strong>in</strong>o Disney. Ogni cosa al suo<br />

posto come allora. Solo Susanna, una donna di vent<strong>in</strong>ove anni, gli stessi che hai tu <strong>ad</strong>esso, non<br />

sapeva dove posarsi.<br />

Quando abbiamo venduto la casa di montagna, Marco voleva elim<strong>in</strong>arlo, un arm<strong>ad</strong>io a una sola<br />

anta non serve granché. Io gliel’ho fatto portare qui e l’ho girato per il lungo. Con qualche ritocco è<br />

diventato una cassapanca. Tutto si trasforma, lo fai anche tu con le storie. E, sai una cosa? Nel<br />

rovesciarlo ho ritrovato i fragili resti di un nido. Lo scriverai questo?<br />

Sì, ho capito subito dov’eri nascosto. L’anta era accostata, non chiusa a chiave. Allora sono<br />

c<strong>ad</strong>uta <strong>in</strong> g<strong>in</strong>occhio. Senza di te non potevo vivere, solo questo sapevo e te l’ho giurato. Tu sei venuto fuori e mi hai abbracciata. Non hai aggiunto altro, però mi hai perdonata, lo so. Lo spero. E<br />

<strong>ad</strong>esso vuoi comporre una canzone su quel giorno. Bravo, fai bene. Saverio Bortolotti non si fa<br />

<strong>in</strong>vischiare <strong>in</strong> astratte fantasie, lui si ispira alla realtà. E’ stato così anche col <strong>tuo</strong> primo successo,<br />

Senza p<strong>ad</strong>re. Dunque riassumo, hai otto anni, non ti senti ricambiato nel <strong>tuo</strong> amore e questo non è<br />

vero, non ti senti amato abbastanza e questo è vero. Perché meriti di più, molto di più di quanto<br />

sappia fare la stupida ragazza che ti ha generato.<br />

Lo vedi? Alla f<strong>in</strong>e hai preso l’aereo al posto mio. Dove posso rannicchiarmi io <strong>ad</strong>esso? Chi mi<br />

troverà? Ah, dimenticavo. L’uomo che voleva portarmi <strong>in</strong> California, quello che ho chiamato l’ultimo<br />

della serie, beh, lo conosci f<strong>in</strong> troppo bene. Ti è stato vic<strong>in</strong>o dai qu<strong>in</strong>dici anni <strong>in</strong> su, è il <strong>tuo</strong> idolo, il<br />

<strong>tuo</strong> maestro. Nella canzone puoi chiamarlo col suo nome, sono certa che la rima per lui la troverai,<br />

tu sei un poeta, no?


ELISABETTA MALDINA<br />

“Osmosi”<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui Mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Ce ne erano almeno altrettanti per cui la mamma voleva che Saverio uscisse immediatamente da<br />

lì.<br />

Uno: doveva f<strong>in</strong>ire i compiti. Due: doveva farsi il bagno. Tre: era quasi ora di cena.<br />

Nonostante ciò, non si risolveva <strong>ad</strong> aprire le ante dell’arm<strong>ad</strong>io e a tirare fuori Saverio, con le buone<br />

o con le cattive.<br />

Era spiazzata.<br />

Saverio non aveva mai manifestato una simile ost<strong>in</strong>azione.<br />

Perciò, come se stesse maneggiando una patata bollente o qualcosa di estremamente fragile,<br />

decise di affrontare l’emergenza con cautela e con una strategia decisamente diversa da quello<br />

che di solito avrebbe fatto. Due urli.<br />

Si sedette <strong>sul</strong> <strong>letto</strong> sospirando e chiese a suo figlio come avrebbe potuto resistere senza<br />

mangiare.<br />

-Ho preso con me una confezione di pane , il vasetto della Nutella, tre mele e due bottiglie<br />

d’acqua- fu la risposta un po’ cavernosa di Saverio.<br />

- E quando tutta quell’acqua vorrà venire fuori?- Chiese lei allora.<br />

- Ho l’imbuto e la rimetto nella bottiglia vuota.<br />

Il ragionamento non faceva una piega.<br />

-Ripetimi un po’ perché vuoi rimanere lì dentro, al buio.<br />

-Ho la torcia e non è buio. E poi luce o buio per me non fa più differenza.<br />

-Ah no? Strano, perché per andare a dormire ti devo sempre accendere la luc<strong>in</strong>a..<br />

-Prima. Ora niente ha più importanza.<br />

- Saverio!<br />

-Sì mamma. Lei ama un altro. E’ come se <strong>in</strong>torno fosse tutto <strong>in</strong>sipido.<br />

- Insipido?<br />

- Sì come quando cuc<strong>in</strong>a la nonna. Non sa di niente.<br />

Fu questa frase e il modo tranquillo <strong>in</strong> cui venne pronunciata che la sconvolse e le fece sentire<br />

l’urgenza di escogitare un sistema per tirare fuori suo figlio da..qualsiasi cosa <strong>in</strong> cui si fosse<br />

rifugiato. Non era più sicura che si trattasse di un arm<strong>ad</strong>io.<br />

Per cui si diresse <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a e cuc<strong>in</strong>ò con tutto l’amore possibile f<strong>in</strong>o a quando la casa <strong>in</strong>tera si<br />

riempì di <strong>in</strong>vitanti ed accoglienti profumi.<br />

gniic<br />

Alle otto fu la volta del papà, appena rientrato dal lavoro.<br />

Magro e allampanato, si diresse <strong>in</strong> camera da suo figlio, che avvertì i suoi passi strasc<strong>in</strong>ati<br />

avvic<strong>in</strong>arsi all’arm<strong>ad</strong>io e fermarsi <strong>in</strong> attesa. Dalla fessura <strong>in</strong> basso Saverio riusciva pers<strong>in</strong>o a<br />

vedere un ricciolo di polvere penzolare dal bordo delle ciabatte.<br />

-Ciao papà.<br />

-Ciao. Come va?<br />

- Insomma.<br />

-Mmm..Ti va una partita alla Wii?<br />

- No. Grazie. Non posso uscire.<br />

-Ah. Serve aiuto?<br />

-Sì. Funzionano i termosifoni?<br />

-Certo, perché?<br />

-Non so. Ho freddo, ma sono coperto. Il freddo è come nella pancia.<br />

-Capisco.<br />

E il papa’ com<strong>in</strong>ciò a leggere le storie che raccontava ogni sera a Saverio f<strong>in</strong>o a qualche anno<br />

prima. Quella del Gallo Cristallo, quella dell’orco, quella del sarto, tutte quelle che scaldavano il<br />

cuore.<br />

cric<br />

Alle otto e mezza suonò il campanello.


Saverio, dal suo angol<strong>in</strong>o buio, fra trapunte e lenzuola sentiva, come lontano, spezzoni di frasi.<br />

-..C’è Saverio?....vedere….cosa importante…<br />

Dopo poco faceva il suo <strong>in</strong>gresso <strong>in</strong> camera il suo amico Paolo.<br />

Si capiva che era lui da come tirava su col naso. Paolo era allergico.<br />

-C’è nessuuuuno?! – chiese Paolo con l’<strong>in</strong>tonazione di una nota pubblicità.<br />

- Spiritoso. – rispose Saverio<br />

-Sei lì dentro per colpa di Susanna?<br />

- Già.<br />

-Ma è solo una femm<strong>in</strong>a. Non sei venuto neanche al parco, oggi pomeriggio. Per colpa di u-na<br />

fem-mi-na!<br />

-Non puoi capire.<br />

-No, sei tu che non capisci! Oggi Carlo era <strong>in</strong> buona. Ha scambiato un mucchio di carte dei<br />

Pokemon. Guarda!<br />

E dalla fessura sotto le ante fece passare una carta. Una delle carte che sia lui che Saverio<br />

cercavano da tempo.<br />

Saverio la stropicciò delicatamente tra il pollice e l’<strong>in</strong>dice, poi la “sputò” di nuovo fuori come un<br />

bancomat.<br />

-Non m’<strong>in</strong>teressa!<br />

Carlo fece una faccia stupita e non fece commenti.<br />

Com<strong>in</strong>ciò <strong>in</strong>vece a raccontare quello che era successo ai giard<strong>in</strong>i nel pomeriggio. La zuffa fra Luca<br />

e Carlo. La c<strong>ad</strong>uta di Sofia trasc<strong>in</strong>ata dal suo cane. La partita a calcio contro quelli della terza B.<br />

Quando <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e se ne andò, lasciò Saverio avvolto da un vago odore di erba nuova, chew<strong>in</strong>gum e<br />

scarpe da tennis.<br />

criic<br />

Saverio era sprofondato nella sua <strong>in</strong>felicità quando la porta si riaprì. Dalla fessura fra le ante non si<br />

vedeva più di tanto ma… “ la mamma….papà, di nuovo Paolo. Sofia e Carlo, forse” immag<strong>in</strong>ò.<br />

Tutti si muovevano con circospezione per paura di fare rumore. Qualcosa veniva steso <strong>sul</strong><br />

pavimento.<br />

Erano venuti a dormire lì.<br />

Cullato dai bisbigli, dai respiri caldi e pesanti e da qualche russata, f<strong>in</strong>almente anche Saverio si<br />

<strong>ad</strong>dormentò.<br />

criiic<br />

Al suo risveglio un filo di luce entrava dalla fessura. Sul pavimento dell’ arm<strong>ad</strong>io un piccolo biglietto<br />

con la scritta “ A DOPO”.<br />

La mamma era <strong>in</strong> casa e stava facendo pulizia. La f<strong>in</strong>estra aperta portava il c<strong>in</strong>guettio degli<br />

uccell<strong>in</strong>i e un refolo di aria fresca.<br />

Sentendo rumori provenire da dentro l’arm<strong>ad</strong>io chiese: - Buongiorno. Vuoi fare colazione?-<br />

-Non ho fame. Grazie mamma.<br />

-Come vuoi. Hai dormito bene?<br />

- Ho dormito.<br />

Nessuno dei due accennò al “bivacco” della sera prima.<br />

Suonò il telefono. Era la nonna.<br />

-Metto il vivavoce così puoi parlare con lei.- disse la mamma.<br />

-Ciao Saverio! - Esclamò la nonna con voce garrula e pimpante. -Tienti pronto a partire. Il nonno<br />

sta organizzando una giornata di pesca ai laghetti di Castrola. –<br />

E senza neanche attendere la risposta mise giù il telefono. Veloce e irriducibile come una scossa<br />

elettrica.<br />

crac<br />

Saverio percepì qualcosa che si <strong>in</strong>cr<strong>in</strong>ava.<br />

Una m<strong>in</strong>uscola falla si aprì nel muro di solitud<strong>in</strong>e senza speranza dietro cui si era nascosto.<br />

Si accorse che doveva <strong>esser</strong>e ormai passato il mezzogiorno a causa della fame e di un improvviso<br />

animarsi della str<strong>ad</strong>a. Voci, risate e scalpiccii. Era f<strong>in</strong>ita la scuola e tutti tornavano verso casa.<br />

“Oh, no! Verso quale casa? Non la sua, si spera!”<br />

E <strong>in</strong>vece, eccoli tutti lì e c’era pure la maestra!<br />

-Basta!-<br />

All’improvviso le ante dell’arm<strong>ad</strong>io si spalancarono e ne uscì un Saverio scarmigliato e confuso.<br />

Un sorriso storto aleggiava <strong>sul</strong>le sue labbra.


-Grazie. A tutti. Ho capito. F<strong>in</strong>chè ci siete voi Susanna non è poi così <strong>in</strong>dispensabile. Ma devo dirvi<br />

che avete rov<strong>in</strong>ato tutto. Volevo stare solo. Ero arrabbiato col mondo. E il mondo improvvisamente<br />

si è ritrovato tutto qui. Sempre più vic<strong>in</strong>o. Mamma, dobbiamo aggiustare l’arm<strong>ad</strong>io. Non chiude<br />

bene.


CRISTINA ORLANDI<br />

DI 28 CE N’E’ UNO.<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Susanna era rov<strong>in</strong>osamente la più bella della classe. E’ noto quanto una donna affasc<strong>in</strong>ante, di<br />

qualsiasi età, ceto, condizione, possa provocare disastri di vario genere.<br />

Susanna, alunna di terza elementare, non faceva eccezione. Anzi, aveva l’enorme potere di<br />

condizionare l’atmosfera della classe. Quel che più comunemente si dice “fare il bello e il cattivo<br />

tempo”.<br />

Con 8 maschi perdutamente <strong>in</strong>namorati di lei, bastava uno sguardo, un sorriso, un battito di ciglia<br />

per provocare malumori, <strong>in</strong>vidie, rivalità. O viceversa, causare gioia, emozione, gratitud<strong>in</strong>e. Per<br />

non parlare delle compagne. Le ragazze facevano a gara per assomigliare a Susanna, cercando<br />

di competere con lei nella scelta dell’abbigliamento, nelle espressioni di vanità e civetteria. Ma non<br />

c’era nulla da fare. A presc<strong>in</strong>dere dai costosi abit<strong>in</strong>i, acquistati nei negozi più chic della città,<br />

Susanna possedeva un’eleganza naturale che faceva di lei una vera, piccola signora. Solo lei non<br />

aveva mai un capello fuori posto e sapeva correre senza scatenarsi, mangiare senza sporcarsi e<br />

arrivare sempre a f<strong>in</strong>e giornata senza sbucciarsi le g<strong>in</strong>occhia o sgualcire gli abiti.<br />

Cercare di competere con lei era <strong>in</strong>utile, Susanna era sempre perfetta <strong>in</strong> ogni occasione. Ben<br />

presto, le ragazze si erano rese conto di quanto fosse meglio compiacerla che cercare di<br />

superarla e, pur detestandola, facevano a gara per dimostrarle amicizia e lealtà.<br />

Poteva qu<strong>in</strong>di bastare una penna prestata a una ragazz<strong>in</strong>a piuttosto che <strong>ad</strong> un’altra, l’<strong>in</strong>tensità di<br />

un sorriso, un saluto ricambiato o meno per causare gioia o tormento. Tutto era nelle mani di<br />

Susanna, anche le <strong>in</strong>segnanti dovevano <strong>in</strong>graziarsi qu<strong>in</strong>di quella piccola smorfiosa, che diventava<br />

ogni giorno più tirannica. Bastava una sua lacrima versata al momento giusto, per motivi il più<br />

delle volte <strong>in</strong>ventati, per suscitare un tale f<strong>in</strong>imondo da far sì che occorresse un’ora buona per<br />

riprist<strong>in</strong>are la tranquillità.<br />

Un giorno, l’<strong>in</strong>segnante di italiano, durante il ricevimento dei genitori, disse alla mamma di<br />

Susanna che la bamb<strong>in</strong>a avrebbe dovuto sforzarsi di usare un l<strong>in</strong>guaggio un po’ più <strong><strong>ad</strong>atto</strong><br />

all’apprendimento scolastico.<br />

Qualche tempo prima, <strong>in</strong>fatti, la maestra aveva <strong>letto</strong> <strong>in</strong> classe alcuni passi de “I Promessi Sposi”,<br />

assegnando come compito per casa una breve relazione su quanto i ragazzi ricordassero della<br />

lettura. Lo scritto di Susanna diceva, più o meno:<br />

“Allora Don Abbondio dice a Renzo ke, cioè, quel giorno nn si poteva fare il matr.mon. Disse ke,<br />

cioè, siccome sn malato nn posso lav.<br />

Qu<strong>in</strong>di Renzo va da Lucia a dire di smettere di pett<strong>in</strong>arsi e q.altro xchè, cioè, il Don nn li sposava<br />

+.<br />

Lucia allora dice a Renzo di fare q.cosa e di nn aver paura.”<br />

A dire il vero, quello stupido esercizio non era stato fatto da Susanna. Figurarsi se lei si sarebbe<br />

mai data la pena di svolgere un compito di cui non le sarebbe potuto importare meno. Per queste<br />

cose, c’era Flora, la baby-sitter. Un po’ rozza forse, ma buona. Tanto da accompagnare Susanna<br />

negli stores fighi come H & M e lasciarle provare i vestiti da grandi. A volte Flora le metteva lo<br />

smalto <strong>sul</strong>le unghie e le spruzzava <strong>ad</strong>dosso un po’ del suo profumo.<br />

Susanna si sorbì tutti i rimproveri della mamma, guardandosi bene dal confessare che il<br />

“capolavoro” che tanto aveva fatto agitare la maestra fosse <strong>in</strong> realtà opera della tata.<br />

Susanna pensò di chiedere aiuto al primo della classe: Bortolotti Saverio, <strong>in</strong>namorato di lei, come<br />

tutti gli altri. Dall’emozione, a Saverio c<strong>ad</strong>de il pan<strong>in</strong>o al salame che si era portato per merenda,<br />

quando Susanna, per la prima volta, gli sorrise.<br />

Diventò rosso, senza riuscire a decidere se ricambiare il sorriso o ch<strong>in</strong>arsi a raccogliere le fette di<br />

pane e salame sparse vergognosamente per terra, a testimoniare quanto lui fosse goffo e<br />

maldestro. Susanna parve non b<strong>ad</strong>arci, anzi, per il resto della matt<strong>in</strong>ata, cont<strong>in</strong>uò a osservarlo,<br />

lanciandogli di tanto <strong>in</strong> tanto qualche sorriso a sorpresa. Saverio credette di impazzire dalla felicità<br />

quando Susanna, dopo il suono della campana di f<strong>in</strong>e lezioni, lo avvic<strong>in</strong>ò di nuovo, rivolgendogli<br />

<strong>ad</strong>dirittura la parola:


- Saverio, scusami, volevo chiederti… <strong>in</strong>somma, non è che potrei venire a casa tua a fare i<br />

compiti domani pomeriggio? Tu sei molto bravo, e io credo di aver bisogno di aiuto.<br />

Saverio non sarebbe mai stato <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o, di ricordare cosa avesse detto, o meglio, farfugliato a<br />

titolo di risposta. Due cose riusciva a realizzare: La prima era che Susanna aveva parlato con lui,<br />

<strong>ad</strong>dirittura chiamandolo per nome; la seconda che lei gli aveva chiesto di poter andare a trovarlo a<br />

casa.<br />

Non era possibile. Era un sogno: da lì a poco, il ragazzo si sarebbe svegliato, poi sarebbe andato<br />

a scuola e Susanna l’avrebbe ignorato, come sempre. Saverio si pizzicò, più e più volte, ma non<br />

acc<strong>ad</strong>de niente, lui era sempre lì, nell’aula ormai vuota, davanti a Susanna che gli sorrideva.<br />

Allora forse lui non era una nullità, era un figo. Al punto da suscitare <strong>in</strong>teresse nientemeno che <strong>in</strong><br />

Susanna.<br />

Mentre la fantasia di Saverio galoppava attraverso improbabili fantasticherie riguardante un loro<br />

futuro <strong>in</strong>sieme, Susanna aveva preso a fargli mille mo<strong>in</strong>e, per assicurarsi <strong>in</strong> pianta stabile il suo<br />

aiuto nei compiti, che avevano preso a fare <strong>in</strong>sieme, almeno 2 volte la settimana.<br />

F<strong>in</strong>o a quel maledetto mercoledì 29 febbraio, giorno dell’ottavo compleanno di Saverio. Che<br />

strano giorno per nascere: il 29 febbraio qualche volta c’è, qualche altra no. Da quando era nato,<br />

era la seconda volta che Saverio festeggiava il compleanno nel giorno giusto. Il ragazzo sentiva<br />

che questo evento gli avrebbe portato fortuna. Quel giorno ci sarebbe stata una vera festa,<br />

durante la quale Saverio, davanti a un bicchiere di Coca dalle mille bollic<strong>in</strong>e, avrebbe chiesto a<br />

Susanna di fidanzarsi con lui, e lei avrebbe accettato.<br />

Saverio non aveva preannunciato nulla all’amichetta, nell’<strong>in</strong>tento di fare una sorpresa che, era<br />

certo, lei avrebbe gr<strong>ad</strong>ito.<br />

- Saverio, che significa “oggi niente compiti?” E io che sarei venuta qui a fare, di grazia?<br />

- Oggi è il mio compleanno! Guarda, ho appeso i pallonc<strong>in</strong>i e la nonna mi ha preparato la<br />

torta! C’è anche la Coca!<br />

- Vedo, vedo… Puah, i pallonc<strong>in</strong>i! Roba da bamb<strong>in</strong>i piccoli. E la torta, proprio non posso<br />

mangiarla. Il dentista ha detto di stare lontana dai dolci. E la coca te la bevi tu: scommetto<br />

che non è neanche ben ghiacciata, qu<strong>in</strong>di vedrai che fa schifo pure quella. Vuoi smetterla<br />

con questa pagliacciata e andare a prendere i libri di scuola, per favore?<br />

- Ma, Susanna, non mi fai nemmeno gli auguri? Io avevo preparato la festa per te!<br />

- E secondo te, che mi potrebbe mai importare del <strong>tuo</strong> compleanno? Ma davvero sei nato il<br />

29 febbraio?<br />

- Sì!<br />

- Hai mai sentito la filastrocca che serve a imparare quanti giorni hanno i mesi? “Di 28 ce n’è<br />

uno”, dice, a proposito di febbraio. Ventotto, capito? Non 29. Il 29 febbraio non esiste.<br />

Qu<strong>in</strong>di anche tu non esisti, tranne che una volta ogni tanto!<br />

- Ma perché mi tratti così? Non siamo amici?<br />

- Amici? Guarda, non hai proprio capito niente. Tu sei bravo a scuola. Io ho bisogno<br />

del <strong>tuo</strong> aiuto, perché non ho voglia di fare i compiti, e la mia baby-sitter, a quanto pare, è<br />

un po’ as<strong>in</strong>a. Non ho detto alla mamma che quelle schifezze di cui si è lamentata la<br />

maestra erano opera della tata, così lei non verrà mandata via. Mi fa comodo se rimane, è<br />

una tosta, mi <strong>in</strong>segna a truccarmi e a camm<strong>in</strong>are con i tacchi. Comunque oggi guarda, mi<br />

hai stufato. Chiamo subito la tata, e le dico di venirmi a prendere!<br />

Saverio, sconvolto, senza neppure attendere l’arrivo di Flora, scappò nella sua camera,<br />

accecato dalle lacrime. Susanna lo aveva umiliato e ferito. L’amore della sua vita voleva solo<br />

copiare i compiti. Tutto era una beffa, anche quel ridicolo compleanno che arrivava solo una<br />

volta ogni quattro. Saverio desiderò sparire. Aprì un’anta dell’arm<strong>ad</strong>io e vi si rifugiò dentro.<br />

Nessuno lo avrebbe cercato lì, e lui si sarebbe lasciato morire di fame. Il c<strong>ad</strong>avere si sarebbe<br />

decomposto, f<strong>in</strong>o a dissolversi del tutto, come si conveniva <strong>ad</strong> un nulla.<br />

Nell’arm<strong>ad</strong>io non si stava neppure troppo scomodi. Nel ripiano sotto gli abiti appesi, Saverio<br />

riusciva anche a sdraiarsi. Ora che aveva f<strong>in</strong>ito le lacrime, <strong>in</strong> attesa della morte poteva<br />

mettersi a dormire.<br />

Fu la voce della mamma, rientrata dal lavoro, a svegliarlo.


- Ma dov’è Saverio? – stava chiedendo alla nonna.<br />

La nonna, dopo aver servito la merenda ai ragazz<strong>in</strong>i, si era ritirata <strong>in</strong> camera con un lavoro a<br />

maglia. Si era qu<strong>in</strong>di assopita e ora non era <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di dare alcuna spiegazione. La voce della<br />

mamma saliva sempre più di tono. Ormai era diventata un grido isterico, quando Saverio decise di<br />

rimandare il suicidio e uscire dall’arm<strong>ad</strong>io.<br />

- Caro! Ma che ci facevi lì dentro?<br />

- Niente … giocavo a nascond<strong>in</strong>o con Susanna, poi la sua baby-sitter è venuta a prenderla e<br />

io mi sono <strong>ad</strong>dormentato.<br />

La mamma sospirò. Il sollievo aveva disperso la nube di angoscia che l’aveva avvolta f<strong>in</strong>o a un<br />

attimo prima. Abbracciò il figlio, sollevandolo da terra.<br />

- E ora, vieni a vedere il regalo che ti ho portato! Gli disse, stampandogli un bacio su una<br />

guancia.<br />

In quell’<strong>in</strong>credibile compleanno, Saverio apprese, una volta per sempre, che, a dispetto di<br />

qualsiasi cosa avesse sentito dire a proposito, le donne non sono affatto tutte uguali. Nel giro di<br />

pochissime ore, una donna lo aveva r<strong>in</strong>negato, ma un’altra si disperava solo perché non sapeva<br />

dove fosse. Una denigrava il suo compleanno, l’altra gli aveva portato un regalo. Una voleva solo<br />

copiare i compiti, l’altra lo riempiva di baci.<br />

Susanna rimaneva comunque la più bella. L’<strong>in</strong>domani, Saverio le avrebbe portato un fiore. E lei lo<br />

avrebbe scusato per tutte le nefandezze di cui si era macchiato: era nato il 29 febbraio, non<br />

sapeva che Susanna non potesse mangiare dolci, e nemmeno aveva capito che lei non avesse<br />

tempo da perdere <strong>in</strong> <strong>in</strong>fantili feste di compleanno.


FABIANA TRAVERSI<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Tornato da scuola aveva poggiato lo za<strong>in</strong>o-trolley dei gormiti all’<strong>in</strong>gresso, appeso la giacca a vento<br />

all’attaccapanni, salutato i genitori e r<strong>in</strong>tanato nella camera divisa con Davide, il fratello maggiore.<br />

In apparenza era un giorno uguale agli altri, <strong>in</strong> realtà le c<strong>in</strong>que ore trascorse nell’aula della“<br />

Falcone e Borsell<strong>in</strong>o” si potevano riassumere <strong>in</strong> pochi caratteri: “ oggi la scuola era paragonabile a<br />

una puntata di - the walk<strong>in</strong>g de<strong>ad</strong>-“.<br />

Saverio aveva riassunto il tutto <strong>in</strong> un tweet trascritto prima di chiudere la porta del suo nascondiglio<br />

preferito: l’arm<strong>ad</strong>io. Un piccolo spazio ove erano racchiusi tutti segreti e sogni.<br />

Le due ante contenevano vestiti, biancheria, biscotti, succhi di frutta, fumetti e videogiochi:<br />

un’<strong>in</strong>tera esistenza.<br />

Il bamb<strong>in</strong>o provò a rivivere mentalmente le scene quotidiane mangiucchiano un cracker.<br />

Il cortile era affollato, i più grandi si allenavano a basket. Il momento giusto per dichiararsi a<br />

Susanna.<br />

Doveva solo avvic<strong>in</strong>arla con una scusa e far c<strong>ad</strong>ere il regalo nel suo za<strong>in</strong>o.<br />

Aveva impiegato quasi un mese per decidere le canzoni giuste: né smielate, né banali.<br />

Voleva che la compilation fosse orig<strong>in</strong>ale e trasmettesse il messaggio <strong>in</strong> modo chiaro: “Susy, ti<br />

amo!”.<br />

Si era con<strong>sul</strong>tato con Davide per la decisione f<strong>in</strong>ale, era più ferrato e conosceva bene l’<strong>in</strong>glese.<br />

Elemento basilare considerando che la futura signora Bortolotti era per metà americana.<br />

I suoi occhi chiari e capelli biondi lisci erano identici a quelli della mamma Newyorkese. Quando<br />

discutevano all’uscita di scuola, parlavano sempre <strong>in</strong> americano.<br />

Saverio rimaneva <strong>in</strong>cantato e <strong>in</strong>curiosito da quello strano modo di stroncare parole sconosciute ed<br />

accompagnarle con espressioni per lui dolci e uniche.<br />

Si era trasferita da pochi mesi e dal primo istante aveva capito di aver <strong>in</strong>contrato la donna della<br />

sua vita.<br />

Per questo la osservava <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uazione e studiava i suoi gusti. Dopo pochi giorni sapeva che<br />

odiava la carne, mangiava soprattutto frutta e verdura, non beveva bevande gassate ma solo<br />

acqua e frutti di frutta. Aveva provato a imitarla per attirare la sua attenzione, evitando i petti di<br />

pollo ed i bastonc<strong>in</strong>i f<strong>in</strong>dus, ma la verdura proprio non la sopportava. La <strong>ad</strong>orava ed emulava da<br />

lontano. Il suo più grande desiderio era confessarle i suoi sentimenti.<br />

“ Fratell<strong>in</strong>o se fossi più grande mi preoccuperei”, scherzò Davide, accompagnandolo a comprare la<br />

chiavetta usb di hello kitty ed <strong>in</strong>serendovi: “One” degli u2, “Thank you” di Dido, “Always” di J.Bon<br />

Jovi, “Time After Time “di C<strong>in</strong>dy Lauper, “Everyth<strong>in</strong>g i do i do it for you” di B. Adams.<br />

Una lista strumentale e sentimentale <strong>in</strong>ternazionale e senza tempo.<br />

Saverio aveva pensato molto <strong>sul</strong> quando e dove fare la sorpresa alla sua amata.<br />

Ore trascorse a ricordare ogni secondo condiviso nello spazio scolastico e <strong>in</strong>terrogarsi <strong>sul</strong>la<br />

consegna.<br />

Poi f<strong>in</strong>almente la decisione: il cortile, un terreno neutrale e pieno di persone impegnate <strong>in</strong> mille<br />

attività.<br />

Nessuno avrebbe b<strong>ad</strong>ato a lui, forse neanche Susanna stessa.<br />

La avrebbe urtata per caso e scusandosi avrebbe <strong>in</strong>filato la chiavetta nella sua borsa.<br />

“Un piano perfetto” aveva esclamato Davide quando glielo aveva illustrato.<br />

Rimaneva solo da fissare la data. E trovare il coraggio.<br />

“Quest’anno è bisestile, magari…”, il fratello maggiore stava ragionando a alta voce, talmente<br />

concentrato da non sentire l’<strong>in</strong>genua domanda fraterna: “Che vuol dire bisettile?”.<br />

“Si, è geniale!”, aveva urlato entusiasmo della sua idea. Saverio aveva sorriso, grato della<br />

folgorazione del fratello ma ancora <strong>in</strong>certo. Come se gli avesse <strong>letto</strong> nella mente, Davide spiegò:<br />

“Quest’anno è particolare fratell<strong>in</strong>o. Agirai il 29 Febbraio!”, attendendo <strong>in</strong>vano una reazione, “è una<br />

data che c<strong>ad</strong>e solo negli anni divisibili per quattro, si tratta di un anno solare bisestile, <strong>in</strong> cui<br />

avviene una periodica <strong>in</strong>tercalazione di un giorno aggiuntivo nell’anno stesso, che qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong>vece di<br />

365 giorni ne avrà 366”, spiegò.<br />

“Ok”, rispose Saverio felice per la decisione ma poco conv<strong>in</strong>to della spiegazione.<br />

Così quella matt<strong>in</strong>a si era avvic<strong>in</strong>ato a Susy.<br />

In realtà tra loro c’erano almeno c<strong>in</strong>que persone che ostacolavano l’azione.


Il giovane <strong>in</strong>namorato sudava dall’emozione, ma era deciso a non mollare, si concentrò <strong>sul</strong> sole<br />

che splendeva sui suoi capelli rendendoli ancor più chiari, mentre scioglieva la coda di cavallo.<br />

Traendo un gran respiro si fece largo goffamente nel gruppetto di quarta elementare e<br />

silenziosamente tirò fuori la chiavetta dalla tasca dei pantaloni, deciso <strong>ad</strong> <strong>in</strong>serirla nella borsa della<br />

ragazza.<br />

A pochi metri dall’obiettivo però... un compagno gli c<strong>ad</strong>de <strong>ad</strong>dosso bofonchiando uno strim<strong>in</strong>zito<br />

“Scusa” e facendo c<strong>ad</strong>ere <strong>in</strong> terra l’usb rosa. Come <strong>in</strong> un film tutti i presenti si sono voltati.<br />

Prima di rendersi conto dell’acc<strong>ad</strong>uto, Saverio sentì più ragazzi che <strong>in</strong>tonavano cori che andavano<br />

da”Saverio Kitty” a “Bertolotti rosa”.<br />

Il bamb<strong>in</strong>o <strong>in</strong>namorato ed imbarazzato fuggì e si rifugiò <strong>in</strong> bagno.<br />

Ne uscì solo allo squillo dell’ultima campanella per tornare a casa.<br />

Uscendo dal portone vide la m<strong>ad</strong>re <strong>in</strong> doppia fila nella Smart e le fu grato di non <strong>esser</strong>e venuta <strong>in</strong><br />

bicicletta.<br />

Non avrebbe sopportato quell’ennesima umiliazione.<br />

Decise di far f<strong>in</strong>ta di nulla s<strong>in</strong>o all’arrivo di Davide, solo lui avrebbe potuto capire e aiutarlo.<br />

Nel frattempo si sarebbe rifugiato nella sua tana, al riparo dal mondo esterno.<br />

“Saverio, Saverio è pronto..”, Davide scuoteva il fratell<strong>in</strong>o r<strong>in</strong>chiuso nelle due ante dell’arm<strong>ad</strong>io.<br />

“Dai bell’<strong>ad</strong>dormentato”, cont<strong>in</strong>uò ridendo, senza ricevere risposta.<br />

”Va bè io v<strong>ad</strong>o”, disse dirigendosi verso il salotto dove i genitori erano già seduti a tavola.<br />

“E Save?”, domandò il p<strong>ad</strong>re.<br />

“Dorme nell’arm<strong>ad</strong>io”, provò a giustificarlo il maggiore mentre l’altro si dirigeva verso la sua<br />

camera.<br />

Davide lo seguì silenziosamente pregustando il momento del risveglio improvviso del piccolo di<br />

casa.<br />

“Savé dai su, stiamo aspettando solo te”, pregò il genitore provando a svegliare il figlio.<br />

“Piccolo?”, chiese dolcemente sollevandolo.<br />

Il Fratello maggiore osservava la scena con tenerezza ed un nodo allo stomaco. Qualcosa non<br />

tornava negli occhi lucidi paterni.<br />

“Savé!!!!!”, urlò con tutto il fiato che aveva <strong>in</strong> corpo.<br />

“Ma da quanto tempo era lì dentro?”, chiese fuori di sé a Davide che cont<strong>in</strong>uava <strong>in</strong>credulo a<br />

fissare il corpic<strong>in</strong>o del fratello.<br />

“Un’ambulanza!”, <strong>in</strong>citò la m<strong>ad</strong>re, accorsa per le urla del marito, avvic<strong>in</strong>andosi al suo piccolo<br />

bamb<strong>in</strong>o che non respirava più.


ROBERTA NALDI<br />

Bignè alla crema<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si trovava<br />

chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

A dire il vero, Saverio ci stava stretto nell’arm<strong>ad</strong>io. Avrebbe preferito chiudersi <strong>in</strong> bagno, ma non l’aveva<br />

fatto per due motivi:<br />

1) già suo zio si era barricato nei bagni pubblici di un c<strong>in</strong>ema, qu<strong>in</strong>di non sarebbe stato orig<strong>in</strong>ale;<br />

2) cosa più importante, il bagno era già occupato da sua sorella Stefania, che si stava preparando per<br />

uscire con la sua amica Susanna.<br />

Brontolio dello stomaco, ma non era fame: era amore. Dall’alto dei suoi otto anni, Saverio ne era certo.<br />

Il primo brontolio risaliva a tre mesi prima, quando aveva <strong>in</strong>crociato per la prima volta Susanna (ancora<br />

brontolio) nel corridoio di casa sua: il doppio dei suoi anni, quasi mezzo metro più alta di lui e con degli<br />

short più corti di quasi mezzo metro dei suoi pantaloni, che lasciavano scoperte le gambe foderate <strong>in</strong> calze<br />

color melanzana, una chioma arruffata di capelli rosso-ciliegia di Vignola, occhi verde menta, il volto<br />

panneo spruzzato di lentigg<strong>in</strong>i e un odore di bignè alla crema. No, niente alluc<strong>in</strong>azione olfattiva, sapeva<br />

proprio di crema, un po’ odorosa di anice: Susanna (sempre brontolio) era compagna di scuola, anzi, di<br />

banco di Stefania alla scuola alberghiera ed era stata appena piantata da Nicola, futuro cuoco di due anni<br />

più grande di lei, famoso per i suoi amori che duravano il tempo di una spaghettata ai frutti di mare al<br />

chiaro di luna e che lasciavano un <strong>in</strong>digesto peso <strong>sul</strong> cuore della ragazza di turno. Stessa sorte era<br />

toccata a lei, che aveva frequentato l’aspirante cuoco mentre si preparava a una prova di abilità dolciaria.<br />

Ora, di quella storia, a Susanna (già, brontolio…) era rimasto il profumo della crema all’anice e il sapore<br />

delle lacrime. Non immag<strong>in</strong>ava di certo che il suo cuore spezzato aveva un compagno di camm<strong>in</strong>o, quello<br />

<strong>in</strong>namorato di Saverio.<br />

“Lo sistemerei io quello lì e i suoi 130 chili di muscoli” era arrivato a pensare Saverio la volta che aveva<br />

sbirciato Nicola <strong>in</strong> una foto <strong>sul</strong> tavolo della sorella . Poi il suo cuore gli aveva suggerito un’altra idea per<br />

riportare <strong>sul</strong>la bocca a fragola dell’amata il sorriso. Si era chiuso <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a e ne era uscito un’ora dopo con<br />

un vassoio di bignè alla crema.<br />

Con quello <strong>in</strong> mano aveva bussato con trepidazione alla camera della sorella.<br />

“Avanti”. Le due amiche erano lì, come ogni pomeriggio, a fare i compiti ascoltando canzoni di amori falliti,<br />

giusto per concentrarsi meglio.<br />

“Merenda!” era riuscito a spiaccicare Saverio.<br />

“Grazie Sav, cosa?”<br />

“Bignè!”<br />

Un nome, composto da c<strong>in</strong>que lettere, che aveva avuto il potere di far risalire tutte le lacrime dell’umanità,<br />

anche quella già defunta, negli occhi di Susanna (certo, brontolio!).<br />

Terrorizzato, <strong>in</strong>capace di riconoscersi autore di quella tragedia, Saverio si era ritirato <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a col vassoio<br />

<strong>in</strong>tatto e aveva spolverato tutti i bignè, sperando di trovare <strong>in</strong> essi il segreto per capire le donne. Invano.<br />

“Non hai speranza” gli aveva detto <strong>in</strong> ascensore Stefania la matt<strong>in</strong>a dopo.<br />

“Cosa?” aveva fatto lui, f<strong>in</strong>gendo di non aver capito.<br />

“Con Susanna. A lei piacciono alti e slanciati”.<br />

Forse avere una sorella non è poi così bello.<br />

Era rimasto immobile, nell’ascensore, assieme al suo brontolio, a rimirarsi nello specchio e lo sguardo era<br />

f<strong>in</strong>ito lì, <strong>sul</strong>la poco aitante “ciambella” che usciva dai jeans. Aveva sorriso, con quel sorriso che piaceva<br />

tanto alla mamma e alla maestra, si era passato una mano tra i capelli castani tendenti al biondo…”Un po’<br />

di pettorali e diventerò l’uomo della sua vita!”.<br />

Aveva com<strong>in</strong>ciato quello stesso giorno.<br />

“Guido, viene con me a fare un giro <strong>in</strong> bicicletta?”.<br />

“Si, ma mamma dice che devo fare merenda, altrimenti deperisco”.<br />

Guido era il suo compagno di banco e, <strong>in</strong> effetti, non aveva bisogno di perdere peso. I compagni, per<br />

canzonarli, li chiamavano “I figli di mastro Fornaio: Griss<strong>in</strong>o e Pagnottella” e lui non era Griss<strong>in</strong>o.<br />

“Va bene,ci fermiamo alla pasticceria del signor Ciro”.<br />

“quello che viene da Napoli e sa fare i babà?”.<br />

“Si”.<br />

“E anche i bignè?”.<br />

“Sì”.<br />

“E anche…”.


“Si, andiamo…”.<br />

La pasticceria del signor Ciro distava 67 pedalate dalla casa di Saverio, lui le contò tutte.<br />

“Dev’<strong>esser</strong>e la rugg<strong>in</strong>e che si è accumulata <strong>sul</strong>la catena quest’<strong>in</strong>verno” aveva detto davanti a un bignè alla<br />

crema, seduti al tavol<strong>in</strong>o con le gambe doloranti.<br />

“Già” – aveva assentito Guido <strong>ad</strong>dentando il secondo babà.<br />

Avevano cont<strong>in</strong>uato per un mese la pedalata-pasticceria-bignè alla crema. Ri<strong>sul</strong>tato: la ciambella, come gli<br />

raccontava ogni matt<strong>in</strong>a, lo specchio dell’ascensore, svettava immutata e impert<strong>in</strong>ente sopra la c<strong>in</strong>ta dei<br />

pantaloni.<br />

In compenso aumentavano i brontolii di stomaco.<br />

“Possibile, possibile che non ci sia un’ode, nemmeno una poesia corta, di tre righe, che parli dei sospiri<br />

dello stomaco ?– si ripeteva – Possibile che a Dante e Petrarca non fosse successo con le loro Laura e<br />

Beatrice? E Paolo e Francesca? E Tristano e Isotta? E Giulietta e Romeo? Ah, no, questi non si amavano<br />

proprio, altrimenti Romeo avrebbe udito il brontolio dello stomaco di Giulietta, non l’avrebbe creduta<br />

morta!”.<br />

Intanto nell’arm<strong>ad</strong>io com<strong>in</strong>ciava <strong>ad</strong> <strong>esser</strong>ci troppo caldo e i brontolamenti di stomaco non erano più amore,<br />

ma fame.<br />

La tragedia era acc<strong>ad</strong>uta il giorno prima, senza nessun preavviso: c’era stato un temporale, di quelli che<br />

lasciano nell’aria l’odore di primavera, per cui Guido e lui non erano riusciti a fare il loro solito giro.<br />

Susanna era arrivata (si, sempre brontolio), ma non era più Susanna: gli short avevano lasciato il posto a<br />

una gonna variop<strong>in</strong>ta lunga f<strong>in</strong>o ala caviglia, i capelli erano raccolti <strong>in</strong> una coda di cavallo e f<strong>in</strong>almente gli<br />

occhi non luccicavano più di lacrime, ma di riso e mancava…mancava l’odore di bignè alla crema,<br />

soppiantato da un odore poco noto, lo stesso che Saverio sentiva quando andava con la mamma <strong>in</strong><br />

erboristeria.<br />

”Adesso Susanna sta con Carlo – le aveva annunciato Stefania la matt<strong>in</strong>a dopo <strong>in</strong> ascensore – anche lui è<br />

un cuoco, appassionato di macrobiotica”.<br />

“Da domani prendo le scale” aveva concluso Saverio.<br />

Non si ricordava molto altro di quella giornata, se non di <strong>esser</strong>e tornato a casa accompagnato da una<br />

struggente voglia di lasciare questo mondo…ed eccolo lì nell’arm<strong>ad</strong>io, seduto sui maglioni assieme<br />

all’odore di lavanda e naftal<strong>in</strong>a.<br />

Il suo orologio con le lancette fosforescenti dei Pokemon gli diceva che era chiuso lì da poco più di<br />

mezz’ora. “Un tempo più che onorevole per una pena d’amore…”com<strong>in</strong>ciò a riflettere.<br />

Ascoltò i rumori all’esterno: sua sorella che canticchiava, anche lei ancora chiusa <strong>in</strong> bagno, i campanelli<br />

delle biciclette dei suoi compagni, la signora di sopra che stendeva la sfoglia…il mondo, <strong>in</strong>grato, non si era<br />

accorto della sua fuga.<br />

“Ogni mese sbocciano 5.000 amori e solo 10 riescono a sopravvivere all’estate” si ritrovò a pensare. O<br />

erano 5000 romanzi al mese, di cui solo 10 arrivavano alla pubblicazione?<br />

Il caldo, <strong>in</strong> quello spazio angusto, stava diventando <strong>in</strong>sopportabile, come i morsi della fame, così si decise<br />

<strong>ad</strong> aprire l’anta e l’aria fresca si portò via la f<strong>in</strong>e della sua prima storia d’amore.<br />

“Adesso telefono a Guido e ce ne andiamo <strong>in</strong> pasticceria. Io prendo un bignè. Anzi, due. Questa volta al<br />

cioccolato”.


MARINELLA LOMBARDI<br />

AMORE BISESTO, CORRI VIA LESTO!<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio,<br />

Saverio Bortolotti di anni otto, si trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si<br />

chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

-Saverio, dove sei?, - trillò mamma Simona dalla cuc<strong>in</strong>a; - la pasta è pronta! -<br />

Silenzio.<br />

- Save’ i maccheroni li mangio tutti io – squittì Stefania, la sorella.<br />

- SAVERIOOOO – <strong>tuo</strong>nò ancora mamma Simona: - Ma proprio stasera, che t’è preso? – si<br />

doleva fra sé e sé <strong>ad</strong> alta voce.<br />

- Lascialo stare, Simo’, – concluse babbo Simone, - ché di fame non muore! – e <strong>in</strong>gurgitò una<br />

forchettata di pasta.<br />

Saverio accese la torcia, sedette su una coperta e con un pennarello graffiò il legno dell’anta:<br />

S&S<br />

29 febbraio<br />

Amore bisesto, corri via lesto!<br />

Nella famiglia Bortolotti regnava la tr<strong>ad</strong>izione dell’omofonia dei nomi. E una regola: donna<br />

<strong>in</strong>traprendente, matrimonio splendente, con garanzia di successo e amore perfetto!<br />

Sergio&Sergia, i nonni: 40 anni di matrimonio e 5 figli. Lei aveva avvic<strong>in</strong>ato lui all’ufficio postale.<br />

Simona&Simone, mamma e babbo: 16 anni all’attivo e 2 figli (con possibilità di altri ancora). Lei<br />

aveva avvic<strong>in</strong>ato lui dal tabaccaio.<br />

Stefania&Stefano, la sorella maggiore e il fidanzato. Lei aveva avvic<strong>in</strong>ato lui, scontrandosi <strong>in</strong><br />

pisc<strong>in</strong>a.<br />

Saverio&….<br />

Lui, il più piccolo, si arrovellava su quel nome farlocco e demodè, arroccato come un maniero<br />

dec<strong>ad</strong>ente, imparisillabo e stridulo… dove l’avrebbe trovata una Saveria zuccher<strong>in</strong>a, solare,<br />

armoniosa e saporita come una liquirizia? Accidenti a quel nome che lo marcava stretto. Come un<br />

cattivo odore! Questi, all’<strong>in</strong>circa, erano i pensieri di Saverio di anni otto; per cui, nell’attesa di<br />

<strong>in</strong>contrare la metà S-omofona, aveva deciso di esplorare l’universo femm<strong>in</strong>ile delle sibilanti “S”.<br />

Partendo dall’alto. Su. Come “Susanna”. La bamb<strong>in</strong>a dai boccoli simili a cavatappi, gli occhi di<br />

cioccolata, il nas<strong>in</strong>o arricciato: non appariscente ma dist<strong>in</strong>ta. Susanna sedeva due file davanti a lui,<br />

a scuola. E gli piaceva tanto tanto. Bastava, <strong>in</strong>fatti, che si girasse e dicesse: Saveio!, con la “erre”<br />

arrotolata e arrochita perché lui si sentisse sfrigolare lo stomaco. Con un gorgoglio imbarazzato e<br />

imbarazzante.<br />

Un colpo di fulm<strong>in</strong>e!, per dirla come i grandi.<br />

Primo amore, unico amore. Come pensava lui.<br />

E quel giorno, durante l’<strong>in</strong>tervallo, Saverio si era avvic<strong>in</strong>ato a Susanna per regalarle metà della sua<br />

merenda (una crostat<strong>in</strong>a del Mul<strong>in</strong>o Bianco). Era impacciatissimo. Ma mentre cercava la formula<br />

giusta per attaccare discorso (Ti va un po’ di merenda? Hai fame? Ti piace la crostat<strong>in</strong>a<br />

all’albicocca?), qualcuno l’aveva preceduto.<br />

- Susanna, ecco per te, i biscotti cioccolato e cocco, più buoni del mondo!, - aveva urlato Silvano, il<br />

compagno di banco di Saverio. Un bamb<strong>in</strong>o strabico e saccente. E aveva posato <strong>sul</strong> banco di<br />

Susanna un sacchetto ricolmo di delizie.<br />

- Grazie, sono i miei preferiti, - aveva c<strong>in</strong>guettato lei, r<strong>ad</strong>iosa, mentre sbocconcellava i dolcetti.<br />

E Saverio, confuso e resp<strong>in</strong>to, era rimasto <strong>in</strong> silenzio per tutto il pomeriggio; e la sera si era<br />

r<strong>in</strong>tanato nell’arm<strong>ad</strong>io a gemere e a far gemere il legno.<br />

Primo amore, ultimo amore.<br />

Correva l’anno 1984.


L’esplorazione dell’universo S-femm<strong>in</strong>ile era proseguito. Una lista che Saverio accompagnava con<br />

una breve annotazione.<br />

Silvia: ridente e fuggitiva.<br />

Simona: alla larga, di mamma ce n’è una sola!<br />

Sandra: dim<strong>in</strong>utivo di Alessandra. Non conta!<br />

Seraf<strong>in</strong>a: avvolgente e <strong>in</strong>v<strong>ad</strong>ente.<br />

Samantha: <strong>in</strong>cantevole e diabolica.<br />

Sara: misteriosa, serafica, <strong>in</strong>domita.<br />

Sarah (con l’”h”): misteriosa e selvatica.<br />

Selvaggia: occhi strabici, un gorgo dove smarrirsi.<br />

Serpent<strong>in</strong>a: ruvida e spigolosa.<br />

Sigismonda: rotonda e morbida.<br />

………..<br />

Ma di Saveria… nemmeno l’ombra.<br />

Forse per questo la sua vita sentimentale andava alla deriva.<br />

Mentre Stefania si era felicemente sposata (e moltiplicata) con Stefano.<br />

Saverio, ricorda, che sia un ragazza seria, onesta, timorata e mi raccomando, che com<strong>in</strong>ci per<br />

“essse”….<br />

- Professore, permesso– risuonò una voce; - sono il geometra Frabetti - .<br />

Saverio ebbe un sus<strong>sul</strong>to pensando a mamma Simona e batté il capo contro l’anta<br />

dell’arm<strong>ad</strong>io. “Ancora una visita, è l’acquirente giusto”, pensò. Ma per un istante, ebbe la<br />

tentazione di sparire e r<strong>in</strong>tanarsi dentro l’arm<strong>ad</strong>io. Come quella volta, da bamb<strong>in</strong>o. Quando<br />

Susanna aveva preferito a lui un’altra “esse”, spezzandogli il cuore. Primo amore, ultimo<br />

amore. Sorrise al ricordo.<br />

- Professore dov’è? – <strong>in</strong>calzò <strong>in</strong>dispettita la voce.<br />

Saverio si massaggiò la tempia e <strong>in</strong>filò la testa dentro l’arm<strong>ad</strong>io. Da tanto non ripensava a<br />

mamma Simona. Alle sue fisime.<br />

Saverio, la “S” non mente! Dimentica l’omofonia, era una fissazione di nonna Sergia. Il <strong>tuo</strong><br />

nome… l’ho voluto io, per rompere la regola. Lasciati guidare dall’ist<strong>in</strong>to e sarà lei a trovarti! La<br />

S giusta per te! Sembrava una premonizione.<br />

- Professor Bortolotti, le presento l’Architetto Lorenzi, - riprese il geometra Frabetti; - è<br />

<strong>in</strong>teressato all’acquisto… -<br />

- Saveio – fece l’Architetto.<br />

- Tu? – sibilò Saverio, per coprire la pancia che ribolliva. Per la sorpresa di trovarsi di fronte,<br />

dopo più di vent’anni, una bionda elegante, curata, con lo sguardo odoroso come la<br />

cioccolata, dove sarebbe affogato ancora, di nuovo, come quando era bamb<strong>in</strong>o.<br />

- Susanna, che piacere vederti – articolò Saverio, dopo aver ripreso fiato.<br />

- Vi conoscete già? – azzardò il geometra.<br />

- Eravamo compagni alle elementari – c<strong>in</strong>guettò Susanna.<br />

L’occhio di Saverio scivolò <strong>sul</strong>l’anulare di lei e si <strong>in</strong>franse <strong>in</strong> un diamante lum<strong>in</strong>osissimo.<br />

“Fidanzata e che, uno schianto simile, vuoi che resti a spasso?”, pensò.<br />

- Così questa è casa dei <strong>tuo</strong>i, Saveio – riprese Susanna.<br />

- Architetto, come può vedere dalla planimetria - riprese il geometra.<br />

- Saveio, allora la vendete? – fece lei.<br />

Come ridestandosi da un sogno: - Sì, questa volta sì. Anzi.. perché… - e più cercava di <strong>esser</strong>e<br />

semplice più di <strong>in</strong>garbugliava. Mamma e babbo erano mancati. Stefania volata altrove. E lui?<br />

- Sì, la vendiamo, è <strong>in</strong> buone condizioni, impianti a norma, riscaldamento autonomo. Terzo<br />

piano, silenzioso e lum<strong>in</strong>oso, con ascensore. Le spese condom<strong>in</strong>iali… -<br />

- Saveio, è la tua camera? – riannodò il discorso Susanna.


Lui annuì.<br />

- Letto, scrivania, arm<strong>ad</strong>io…- riprese lei; - uno scarabocchio cont<strong>in</strong>uo, come un qu<strong>ad</strong>erno –<br />

e scoppiò a ridere, una risata frizzante e contagiosa. – Ho <strong>letto</strong> tutti i <strong>tuo</strong>i romanzi, sai? –<br />

- Sul serio? – si stupì lui.<br />

- Pieni di immag<strong>in</strong>azione, divertenti! Come ti sono venuti <strong>in</strong> mente? – cont<strong>in</strong>uò lei.<br />

- Architetto - si <strong>in</strong>tromise il geometra Frabetti, – tornando all’immobile… -<br />

- Stiamo parlando d’altro, Frabetti – <strong>in</strong>tervenne Saverio.<br />

- Le case attendono, geometra, - sbuffò Susanna; - la richiamo nei prossimi giorni, -<br />

concluse seccamente; poi, mutando tono: - Dimmi, Saveio, è qui che hai ambientato<br />

“Quanti segreti nasconde il suo arm<strong>ad</strong>io?” -<br />

- Sì – fece lui.<br />

La porta sbatté, Saverio e Susanna si zittirono. Un silenzio carico di presagi. Susanna si avvic<strong>in</strong>ò<br />

all’arm<strong>ad</strong>io vuoto, sbirciò all’<strong>in</strong>terno ed esclamò:<br />

- Ecco il segno: S&S. I due Spiriti. Come nel libro. Saveio, sei tu il bamb<strong>in</strong>o S <strong>in</strong>namorato di<br />

un’altra S? -<br />

- Vuoi saperlo? – rise lui.<br />

- Certamente! Allora, siamo arrivati al capitolo <strong>in</strong> cui S & S si <strong>in</strong>contrano – riprese Susanna.<br />

- Nel romanzo, sono Stefania e Stefano, come mia sorella e suo marito. Nella realtà erano… -<br />

riprese lui.<br />

- Voglio sapere tutto – cont<strong>in</strong>uò lei; poi guardando l’orologio – è tardi, mi aspettano… –<br />

- Ah, devi andar subito? - sospirò lui.<br />

- In macch<strong>in</strong>a, c’è Samuele… mio figlio – disse lei.<br />

- Tuo figlio? –<br />

- Una storia lunga. Silvano, il <strong>tuo</strong> compagno di banco? -<br />

Saverio ebbe un flash: Silvano e i biscotti cioccolata e cocco.<br />

- Vi siete sposati? - le chiese.<br />

- Tanto tempo fa…. Dài, vieni con noi – e lo prese per un braccio, ammiccando.<br />

- Posso rifiutare? – cercò d’opporsi lui, mentre la pancia ribolliva per l’emozione. Sarà lei a<br />

trovarti, gli diceva l’ist<strong>in</strong>to. Ed eccola, f<strong>in</strong>almente!<br />

- Ti racconterò una storia avv<strong>in</strong>cente, come la trama di un nuovo romanzo - sorrise lei; - dài,<br />

andiamo. Oggi è il compleanno di Samuele. Vogliamo festeggiare! –<br />

- Gli regalerò il mio ultimo romanzo, con dedica. Amore bisesto, corri via lesto! – rise lui.<br />

Primo amore, ultimo amore. È scritto nel nome. Purché com<strong>in</strong>ci con “esse”.


ELISA BRAGA<br />

Le Regole dell’Amore<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

A voler <strong>esser</strong>e pignoli il problema <strong>in</strong> realtà era soltanto uno, ma Saverio era un tipo preciso e<br />

amava catalogare tutto, anche i suoi sentimenti. In questo modo aveva l’impressione di avere un<br />

m<strong>in</strong>imo di controllo <strong>sul</strong>la sua vita, anche se a otto anni sapeva di <strong>esser</strong>e quasi totalmente <strong>in</strong> balia<br />

degli eventi.<br />

Si era <strong>in</strong>namorato di Susanna a prima vista, il settembre scorso, quando la maestra l’aveva<br />

presentata alla classe. Lei veniva dalla Liguria; suo p<strong>ad</strong>re, maresciallo dell’aeronautica, era stato<br />

trasferito a Bologna e tutta la famiglia l’aveva seguito.<br />

Il primo giorno di scuola <strong>in</strong> una classe di terza elementare già molto affiatata è sempre<br />

drammatico, ma Susanna l’aveva affrontata coraggiosamente. Pur se rapito dai lunghi capelli neri<br />

della nuova arrivata, Saverio aveva notato lo sguardo mal<strong>in</strong>conico dei grandi occhi grigi, velato da<br />

lacrime trattenute appena, e <strong>in</strong> quella tristezza era affogato.<br />

Il suo cuore era perduto.<br />

La signor<strong>in</strong>a Car<strong>in</strong>i aveva sistemato Susanna proprio <strong>in</strong> banco con Saverio, che così aveva ogni<br />

giorno tutto l’agio di osservare il bel profilo della nuova compagna. Ormai lo conosceva così bene<br />

che avrebbe potuto disegnarlo <strong>ad</strong> occhi chiusi.<br />

Saverio sopportò stoicamente le sofferenze del primo amore per qualche mese, ma a dicembre<br />

stabilì che il suo giovane cuore era ancora troppo piccolo per un sentimento tanto grande, e che gli<br />

serviva un aiuto esterno. Si rivolse a suo p<strong>ad</strong>re.<br />

Il signor Bortolotti, un ragioniere che amava mettere <strong>in</strong> riga con precisione millimetrica le lunghe<br />

colonne di numeri a lui affidate ogni giorno, affrontò la questione col pragmatismo e la serietà che<br />

lo contr<strong>ad</strong>dist<strong>in</strong>guevano. Ebbe la buona creanza di non deridere l’<strong>in</strong>nocente amore di Saverio e,<br />

togliendosi gli occhiali dal naso e lucidandoli con cura, dette questo responso:<br />

“Bisogna affrontare la situazione con lucidità, figliolo. Siete entrambi estremamente giovani e<br />

l’amore che si vive a otto anni è diverso da quello che proverai quando ne avrete… diciamo,<br />

sedici”.<br />

Saverio amava le spiegazioni di suo p<strong>ad</strong>re, sempre precise e accurate, qu<strong>in</strong>di lo corresse:<br />

“Papà, quando vedo Susanna o anche solo penso a lei, il mio cuore batte così forte che mi pare<br />

stia per scoppiare. Non potrebbe trattarsi di un amore da dodici anni almeno? Senti qui”.<br />

Così dicendo si appoggiò la grossa mano paterna <strong>sul</strong> petto.<br />

Il signor Bortolotti annuì con gravità:<br />

“Sì, è possibile, perché no? Qu<strong>in</strong>di Saverio devi <strong>esser</strong>e ancora più cauto e paziente. Potresti<br />

com<strong>in</strong>ciare col fare piccoli regali a Susanna, penso a dei disegni colorati <strong>ad</strong> esempio, piccole cose.<br />

In fondo lei si sta ambientando, la farai sentire meglio, più accettata. Cosa ne dici?”<br />

Saverio era d’accordo e com<strong>in</strong>ciò col regalare a Susanna un disegno colorato a settimana. Ma<br />

questo stratagemma paterno non servì a calmare le palpitazioni di Saverio né, tanto meno, a<br />

sciogliere il cuore della sua bella. Così Saverio, nei primi giorni di febbraio, si rivolse alla mamma.<br />

La signora Bortolotti era un’impiegata part-time, romantica e sognatrice, che si emozionò molto <strong>ad</strong><br />

ascoltare le confidenze amorose di Saverio. Quando lui le chiese consiglio, con le lacrime agli<br />

occhi e lo sguardo sognante perso da qualche parte <strong>sul</strong> soffitto, gli disse:<br />

“Il 14 febbraio è san Valent<strong>in</strong>o, la festa <strong>in</strong> cui gli <strong>in</strong>namorati trovano il coraggio per dichiararsi. In<br />

questi giorni la scuola è chiusa per neve. Potresti approfittarne per preparare una regalo speciale<br />

per Susanna. Ad esempio potresti prendere quel vecchio barattolo porta penne e ricoprirlo con<br />

tanti cuori colorati da <strong>in</strong>collarci sopra. Io posso aiutarti nel pomeriggio, se hai bisogno. Poi scrivi un<br />

bel biglietto e lo dai a Susanna <strong>in</strong>sieme al <strong>tuo</strong> regalo. Che ne dici?”


Saverio lavorò duro per una settimana, ma alla f<strong>in</strong>e il porta penne era proprio come lo voleva lui:<br />

un volo di cuori rossi, rosa e bianchi che non potevano non ispirare amore nei grandi occhi grigi di<br />

Susanna. Sul biglietto scrisse semplicemente: “Alla più bella del mondo” ma, senza dir nulla alla<br />

mamma, decise di non firmarlo. Voleva mantenere il mistero e non esporsi troppo.<br />

Il giorno di san Valent<strong>in</strong>o Saverio rientrò nella classe svuotata dall’<strong>in</strong>tervallo, stando ben attento a<br />

non farsi vedere da nessuno, e sistemò il suo regalo <strong>sul</strong> banco di Susanna, col bigliett<strong>in</strong>o accanto.<br />

Poi uscì di nuovo e raggiunse i suoi amici.<br />

Quando la campanella segnò la f<strong>in</strong>e della ricreazione il suo capolavoro creò un bel trambusto: i<br />

maschi sghignazzavano cercando di capire chi fosse il novello Casanova e le femm<strong>in</strong>e trillavano<br />

eccitate per la novità della situazione.<br />

Susanna divenne rossa come un peperone e tenne gli occhi bassi, nascondendo subito nella<br />

cartella il portapenne e il biglietto.<br />

Dal canto suo la signor<strong>in</strong>a Car<strong>in</strong>i ne approfittò per un dettato a sorpresa <strong>sul</strong>la festa degli<br />

<strong>in</strong>namorati.<br />

Saverio rimase <strong>in</strong> fibrillazione per tutto il 14 e il 15 di febbraio: si aspettava una reazione, o<br />

comunque un nuovo sviluppo alla situazione.<br />

Il 25 febbraio capì che non sarebbe acc<strong>ad</strong>uto nulla e il suo cuore straziato lo fece stare ancora<br />

peggio di prima. Credeva di soffrire a settembre e ottobre, quando il profilo di Susanna lo faceva<br />

sospirare, ma ora si rendeva conto che le cose, per quanto brutte, potevano sempre peggiorare.<br />

Dopo qualche giorno di profonde riflessioni, decise che così non si poteva più andare avanti e volle<br />

fare a modo suo.<br />

Il 29 febbraio si presentò <strong>in</strong> classe risoluto e, senza b<strong>ad</strong>are ai compagni che sbatacchiavano i libri<br />

<strong>sul</strong> banco e alla signor<strong>in</strong>a Car<strong>in</strong>i che rileggeva gli appunti della lezione di storia, si piazzò davanti<br />

al banco di Susanna a gambe larghe e le disse:<br />

“Susanna, penso che tu sia la più bella bamb<strong>in</strong>a della scuola. Anche se non vuoi mai giocare con<br />

me ti ho regalato un sacco di disegni e per san Valent<strong>in</strong>o ti ho pure fatto il porta penne coi cuori.<br />

Sì, sono io che ti ho fatto il regalo, anche se non ti ho firmato il biglietto. Mi vergognavo un po’, ma<br />

ora vorrei sapere se ti piaccio come tu piaci a me e se vuoi <strong>esser</strong>e la mia fidanzata.”<br />

Susanna lo guardava <strong>ad</strong> occhi e bocca spalancati, così come tutti gli altri presenti, ma mentre il<br />

resto della classe scoppiava <strong>in</strong> grosse risate e la signor<strong>in</strong>a Car<strong>in</strong>i si prodigava a riportare l’ord<strong>in</strong>e,<br />

la carnagione lattea di Susanna si t<strong>in</strong>se di un rosso violento.<br />

Il chiasso generale racchiudeva entrambi come <strong>in</strong> un bozzolo e, mentre Saverio la fissava<br />

impietrito col cuore che cercava di uscirgli dalle orecchie, Susanna gli disse le parole che non<br />

avrebbe mai dimenticato:<br />

“Saverio, ma sei matto? Mi parli così davanti a tutti? Che vergogna! A me piace Francesco e sono<br />

la sua fidanzata già da novembre. Mi ha regalato un CD di Francesco Renga con un biglietto<br />

stampato a computer. Adesso siediti e sta zitto!”<br />

Saverio non ricordava il resto della giornata, se non con un mortificante imbarazzo che gli pesava<br />

<strong>ad</strong>dosso come il macigno di Will Coyote.<br />

Si chiuse nell’arm<strong>ad</strong>io perché aveva bisogno di digerire la cosa a modo suo, con una delle liste più<br />

dolorose della sua vita.<br />

Quando ebbe ripensato all’<strong>in</strong>tera vicenda almeno una vent<strong>in</strong>a di volte, stabilì <strong>sul</strong>l’amore le seguenti<br />

regole: primo, l’amore fa sempre un male cane, ma di più se lei si fidanza con un altro; secondo,<br />

meglio non chiedere consigli a nessuno; terzo, i CD hanno più successo dei regali fatti <strong>in</strong> casa con<br />

la mamma. E quarto: per fortuna il 29 febbraio capita solo una volta ogni quattro anni.


MARIA PAOLONI<br />

UNA STORIA BISEST<strong>IL</strong>E<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna. In quest'ord<strong>in</strong>e.<br />

Verrebbe spontaneo pensare che la creatura amata fosse Susanna. Invece no. Susanna era la<br />

creatura malvagia che aveva fatto morire di vergogna Saverio. L'amore della sua giovanissima vita<br />

si chiamava Melissa ed era <strong>in</strong> quarta, con Susanna, amiche per la pelle. Saverio era <strong>in</strong> terza<br />

elementare, <strong>in</strong> quella scuola a tempo pieno, <strong>in</strong> coll<strong>in</strong>a. Ci si arrivava con l'autobus scolastico su per<br />

una str<strong>ad</strong>a tutte curve, che a Saverio faceva venire come m<strong>in</strong>imo mal di testa, a volte anche<br />

nausea e il terrore, allora, di vomitare. Quando si arrivava, però, a dest<strong>in</strong>azione, era proprio bella<br />

quella scuola <strong>in</strong> mezzo a spazi aperti così grandi, senza asfalto, dove correre, giocare, scatenarsi<br />

durante le lunghe ricreazioni, a metà matt<strong>in</strong>a, dopo pranzo e a merenda, prima di ridiscendere <strong>in</strong><br />

città. A volte arrivavano, vic<strong>in</strong>i vic<strong>in</strong>i, piccoli animali selvatici, scoiattoli, lepri, che li guardavano seri<br />

seri e poi scappavan via.<br />

I compagni tutti nuovi, i due maestri un po' severi, ma pazienti. F<strong>in</strong> dalla prima elementare era<br />

successo che Saverio fosse riconosciuto dai maschi della sua classe come il le<strong>ad</strong>er del cortile. Un<br />

gol rubato all'ultimo momento, un canestro fortunato, una gara qualunque v<strong>in</strong>ta per una sua dritta,<br />

un <strong>in</strong>tervento pacificatore tra due contendenti ed altre piccole grandi cose così lo avevano reso<br />

affidabile. E siccome non si vantava, anche i più grandi, ogni tanto, gli rendevano onore al merito.<br />

Le femm<strong>in</strong>e, lo san tutti, giocano diversamente, si divertono a parlarsi fitto fitto, a raccontarsi, a<br />

spettegolare, a far drammatizzazione di situazioni familiari, dove sentimenti ed emozioni la fa da<br />

p<strong>ad</strong>roni, recitati alla perfezione. Eran poche quelle che facevano giochi di movimento per tutto il<br />

tempo della ricreazione. E comunque stavan separate dai maschi, guardandoli con aria di<br />

superiorità, anche quando si vedeva lontano un miglio che avrebbero voluto far comunella con<br />

loro.<br />

Susanna si era accorta presto di Saverio, del suo ruolo di piccolo capo e gli aveva ronzato attorno,<br />

aveva attenzioni solo per lui, qualche regal<strong>in</strong>o, parol<strong>in</strong>e dolci. Saverio, però, non aveva raccolto e<br />

alla f<strong>in</strong>e Susanna, ferita nell'orgoglio, aveva r<strong>in</strong>unciato, tuffandosi <strong>in</strong> un rapporto stretto stretto con<br />

Melissa, la bimba più vivace e coraggiosa f<strong>in</strong>o all'imprudenza. Un vero maschiaccio.<br />

Melissa passava dai giochi con le bamb<strong>in</strong>e <strong>ad</strong> avvic<strong>in</strong>amenti guard<strong>in</strong>ghi al settore maschi, a cui<br />

non rivolgeva la parola, li osservava, ripetendo ogni loro esibizione di coraggio, resistenza,<br />

destrezza, <strong>in</strong>coscienza. E poi, come si era avvic<strong>in</strong>ata, se ne andava. Non chiedeva mai nulla. I<br />

maschi la ignoravano.<br />

Saverio si accorse di lei <strong>in</strong> seconda, la tenne d'occhio per un anno <strong>in</strong>tero, con diffidenza ed<br />

ammirazione.<br />

All'<strong>in</strong>izio della terza la diffidenza non c'era più, solo ammirazione. E una strana debolezza alle<br />

gambe, un bisogno di andar piano, di star calmo, come per raccogliere le forze prima di una<br />

grande prova.<br />

Vedeva Melissa confabulare sempre con Susanna e non guardare mai dalla sua parte. Susanna,<br />

<strong>in</strong>vece, cont<strong>in</strong>uava a lanciargli delle occhiate, ma eran brutte, cattive, gli facevan venire freddo, un<br />

po'. Che fossero così tanto amiche lo faceva star male. Forse Susanna lo metteva <strong>in</strong> ridicolo agli<br />

occhi di Melissa.<br />

Avrebbe voluto trovare la forza per parlare alla creatura che lo <strong>in</strong>deboliva così piacevolmente e che<br />

lo rendeva distratto a tutto. Invece sentiva l'impossibilità di avvic<strong>in</strong>arsi a lei, gli pareva<br />

irraggiungibile, tenuta lontana da Susanna, come custodita <strong>in</strong> una fortezza.<br />

Dopo le vacanze di natale, <strong>in</strong> cui aveva sofferto di nostalgia acuta, non riusciva più a stare con i<br />

compagni, a studiare, <strong>in</strong> autobus stava sempre peggio. Poi pensò che quel febbraio era di 29<br />

giorni, succedeva una volta ogni quattro anni, era qu<strong>in</strong>di un anno speciale e doveva rischiare.<br />

Scrisse a Melissa un biglietto semplice, rosa, <strong>in</strong> busta viola, senza cuoric<strong>in</strong>i, fiorell<strong>in</strong>i, stell<strong>in</strong>e,<br />

senza “tvb” o complimenti per la sua bellezza e cose del genere. Scrisse solo: “Cara Melissa,<br />

come stai? Mi piaci tanto e vorrei parlare un po' con te, se ti va. Magari alla festa di compleanno di<br />

Giovanni mercoledì 29. Ci sarai? Spero di vederti là. Ciao. Saverio”.<br />

Si sentì cret<strong>in</strong>o, ci pensò tanto, stava per strappare quel biglietto stropicciato dalla tensione, poi<br />

fece un respiro profondo e lo <strong>in</strong>filò nella tasca aperta dello za<strong>in</strong>o di Melissa, mentre salivano


<strong>sul</strong>l'autobus. Le guardò le spalle tutto il tempo del viaggio, per paura che il biglietto scivolasse via<br />

e, alla f<strong>in</strong>e, si sentì debole debole. Ormai il danno era fatto.<br />

Melissa non rispose, ma fece qualcosa di terribile per Saverio: ne parlò con Susanna. E quella<br />

malvagia creatura, alla festa di compleanno, sventolando il biglietto rosa, a voce alta disse:<br />

- Saverio ama Melissa! E Melissa nooo! - e lo ripetè a cantilena un'<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ità di volte.<br />

Melissa si sentì a disagio e diede uno sp<strong>in</strong>tone a Susanna, che sembrò rendersi conto solo allora<br />

di quello che aveva fatto e le vennero gli occhi lucidi, i compagni presenti alla festa<br />

sghignazzarono. Saverio sbiancò, afferrò il cappotto e corse via, corse corse f<strong>in</strong>o a casa, suonò,<br />

entrò e, senza dire una parola, si chiuse <strong>in</strong> camera sua e si nascose nell'arm<strong>ad</strong>io. Quando i suoi<br />

genitori lo trovarono, rannicchiato lì dentro e lo tirarono fuori dolcemente, spaventati, non<br />

riuscirono a fargli raccontare niente. Lo misero a <strong>letto</strong>, un febbrone da cavallo, che gli durò a lungo.<br />

Non ci sono antibiotici per il cuore spezzato, lo sanno tutti.<br />

Lo andarono a trovare compagni di classe e di cortile, che non accennarono assolutamente<br />

all'acc<strong>ad</strong>uto del 29 febbraio, gli raccontarono cose di scuola e di giochi e lo fecero sorridere. Alcuni<br />

lo guardavano con una sorta di rispetto per il coraggio che aveva dimostrato nel dire i suoi<br />

sentimenti a soli otto anni. A una di nove, poi! E per di più un vero maschiaccio. Non è roba da tutti.<br />

Melissa gli scrisse una letter<strong>in</strong>a, lui non la lesse, ma la ripose <strong>in</strong> una scatola tra i suoi segreti e<br />

tesori.<br />

Susanna gli scrisse una letter<strong>in</strong>a, lui non la lesse e la fece <strong>in</strong> mille pezzi.<br />

Quando tornò a scuola, Saverio era dimagrito e cresciuto <strong>in</strong> altezza. Non solo. Era diventato più<br />

serio, più grande, faceva anche un po' soggezione ai più piccoli. Fu accolto calorosamente.<br />

Riprese il suo ruolo di le<strong>ad</strong>er, ignorò le due bamb<strong>in</strong>e, non si sentì più debole nelle gambe, si<br />

appassionò alla cura della piccola biblioteca di classe e si fece una cultura precoce. In autobus<br />

non ebbe più alcun disturbo.<br />

Vorrei poter scrivere che, da grandi, Melissa e Saverio si ritrovarono, si <strong>in</strong>namorarono e vissero<br />

felici e contenti.<br />

Mi piacerebbe anche poter scrivere che, da grandi, Susanna e Saverio si ritrovarono, si dissero:<br />

scusa – lei, e di che – lui e poi si <strong>in</strong>namorarono e vissero felici e contenti.<br />

In verità, <strong>in</strong>vece, non so più nulla di loro tre e un po' mi dispiace.


SABRINA VENEZIA<br />

DONI D’A(L)MARE<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

- Non è tornato, disse asciutto Saverio.<br />

- Forse il post<strong>in</strong>o ti porterà una sua lettera.<br />

- Susanna non ci credo più. Ormai papà si è dimenticato di me.<br />

Aveva aspettato con ansia l’ultimo giorno di febbraio e sognato grandi cose: avrebbe riabbracciato<br />

il p<strong>ad</strong>re e festeggiato con lui il suo compleanno. Ma non era andata così, il traghetto era appena<br />

approdato senza l’amata figura paterna. Quanto tempo era passato dal giorno <strong>in</strong> cui suo papà era<br />

partito? Tanto, troppo. Ricordava bene quella matt<strong>in</strong>a: suo p<strong>ad</strong>re Gaetano era salito <strong>sul</strong>la nave che<br />

andava a Napoli, si era affacciato <strong>sul</strong> parapetto con una mano alzata, una valigia di cartone<br />

nell'altra, due grandi baffi seri e neri come la sabbia della loro isola. Nel suo sguardo la promessa<br />

di trovare fortuna nel cont<strong>in</strong>ente. Saverio era rimasto <strong>in</strong> piedi, immobile e silenzioso <strong>sul</strong>la riva, con<br />

la mamma accanto, gli occhi di entrambi fissi <strong>sul</strong>la nave che lentamente perdeva i contorni f<strong>in</strong>o a<br />

sparire dietro l'orizzonte. Anche il mare, il vento e il vulcano si erano zittiti, rispettosi. Solo i<br />

gabbiani avevano cont<strong>in</strong>uato il loro stridulo vociare, <strong>in</strong>differenti alla sofferenza muta di quel<br />

doloroso commiato. Quando erano rientrati a casa, il bamb<strong>in</strong>o era corso a rifugiarsi nell'arm<strong>ad</strong>io,<br />

dove aveva dato sfogo al pianto s<strong>in</strong>o a quel momento soffocato. Era stato proprio <strong>in</strong> quell’angolo<br />

protetto, che aveva <strong>in</strong>contrato Susanna. Il suo viso e la sua voce immag<strong>in</strong>ari erano comparsi per<br />

portargli conforto: era paffuta e sorridente come nel carosello che Saverio guardava la sera col<br />

papà. Dal giorno della partenza, ogni volta che Saverio si chiudeva nel suo rifugio segreto, lei<br />

riappariva: era la sorell<strong>in</strong>a con cui condividere la solitud<strong>in</strong>e, la stella polare che illum<strong>in</strong>ava i suoi<br />

momenti bui.<br />

Era stata la stessa Susanna <strong>ad</strong> aver avuto l’idea dei messaggi <strong>in</strong> bottiglia: Saverio <strong>in</strong>iziò a<br />

mandare per mare il dent<strong>in</strong>o c<strong>ad</strong>uto, pezzetti di torrone, un disegno, il ciuffo dei capelli tagliati, i<br />

capperi appena raccolti tra le rocce, un po’ di sabbia dell'isola, la coda di un geco trovata tra le<br />

pietre, due rametti gialli di una g<strong>in</strong>estra <strong>in</strong> fiore. Dentro le bottiglie accompagnava i suoi doni con<br />

pensieri scritti con tratto ancora <strong>in</strong>certo.<br />

Mi manchi papà.<br />

Stanotte ho sognato che ti era cresciuta la barba.<br />

Dove sei?<br />

Mi vuoi ancora bene?<br />

All’<strong>in</strong>izio aveva com<strong>in</strong>ciato quel gioco con entusiasmo, poi però si era lasciato prendere dallo<br />

sconforto: il mare non restituiva niente, il suo papà non voleva rispondergli. E lo spazio <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito<br />

<strong>in</strong>torno stava diventando solo vuoto e assenza, una barriera <strong>in</strong>visibile che aveva spezzato i legami<br />

e lo teneva conf<strong>in</strong>ato <strong>sul</strong>l’isola.<br />

- Stanotte parto, Susanna. Ho deciso.<br />

- Partire, per dove?<br />

- V<strong>ad</strong>o a cercare papà... Vuoi venire con me?<br />

Saverio aveva preso la sua decisone. Uscì dall’arm<strong>ad</strong>io e raccolse <strong>sul</strong> <strong>letto</strong> tutte le cose che<br />

potevano <strong>esser</strong>e utili per il viaggio: una corda, un po’ di pane, alcune mandorle, una candela, dei<br />

cer<strong>in</strong>i, tre monete da venti lire. Fece un fagotto con il lenzuolo, aprì la f<strong>in</strong>estra e sgattaiolò<br />

silenzioso nel cuore di quella notte illum<strong>in</strong>ata solo da uno spicchio di luna. Passò tra le case<br />

furtivo, scivolando leggero e veloce tra i vicoli stretti, accompagnato dagli occhi fluorescenti degli<br />

uccelli notturni e dal sibilo del vento tra i cespugli. Andava via spedito, non vedeva i pericoli e le


paure, ma solo il desiderio profondo e immenso di riabbracciare suo p<strong>ad</strong>re. Imboccò il sentiero<br />

ripido ed impervio che scendeva verso la baia di Purtusu. Avvolto dalle ombre della notte<br />

raggiunse la caletta protetta dalle rocce sporgenti, dove alcune barche dormivano tirate a secco.<br />

Tra queste <strong>in</strong>dividuò immediatamente quella di suo p<strong>ad</strong>re: la luce era fioca, ma Saverio ne<br />

riconobbe i contorni e il richiamo. La barca era lì, silenziosa, <strong>ad</strong> aspettarlo. Facendo leva con un<br />

remo <strong>sul</strong> fianco riuscì a ribaltarla, poi caricò il suo fagotto e com<strong>in</strong>ciò a sp<strong>in</strong>gerla verso l’acqua.<br />

Non era facile, la barca era pesante e Susanna cont<strong>in</strong>uava a pregarlo di desistere: aveva paura,<br />

era pericoloso. Ma Saverio aveva trovato il coraggio di affrontare il mare e sp<strong>in</strong>gersi verso un<br />

mondo sconosciuto. Sentiva che doveva andare. Così, con un ultimo sforzo mise la barca <strong>in</strong><br />

acqua, ci saltò dentro e <strong>in</strong>iziò a remare. All’<strong>in</strong>izio non fu difficile allontanarsi dalla riva, ma non<br />

appena fu un po’ più al largo, le onde com<strong>in</strong>ciarono a farsi più <strong>in</strong>tense e il vento più potente. La<br />

corrente era forte e le mani bruciavano per il cont<strong>in</strong>uo sfregamento con il legno ruvido. Man mano<br />

che la barca si allontanava dalla costa, i contorni dell’isola si facevano sempre più sbi<strong>ad</strong>iti. Il freddo<br />

era pungente, la barca sbandava saltando <strong>sul</strong>le creste, mentre gelidi spruzzi ferivano i suoi occhi.<br />

Quando un'onda più alta lo travolse, non ebbe la forza di resistere e c<strong>ad</strong>de <strong>in</strong> mare. Fu sommerso<br />

da un'acqua nera come il catrame. Dopo pochi istanti non sentiva più di avere braccia e gambe, e<br />

veniva scosso da tremiti cont<strong>in</strong>ui.<br />

- Susanna ho paura, gemette. Ma anche Susanna stava annegando con lui.<br />

Stava per <strong>esser</strong>e sommerso def<strong>in</strong>itivamente dal mare, quando un’ombra emerse dalle acque<br />

impe<strong>tuo</strong>se. Saverio immag<strong>in</strong>ò fosse un delf<strong>in</strong>o o un drago mar<strong>in</strong>o mandato dal p<strong>ad</strong>re per salvarlo.<br />

Una luce improvvisa illum<strong>in</strong>ò il volto dell’animale sconosciuto che lo stava aiutando: il bamb<strong>in</strong>o<br />

riconobbe due occhi umani, e per un attimo pensò di aver ritrovato suo papà. Sorrise debolmente<br />

e, stremato dalla stanchezza, si abbandonò all’abbraccio.<br />

Si risvegliò sotto una coperta <strong>in</strong> una stanza illum<strong>in</strong>ata da un lume a petrolio. La luce creava strane<br />

ombre <strong>sul</strong>le pareti scalc<strong>in</strong>ate. Nel silenzio della notte, contro la luce della lanterna si stagliava la<br />

sagoma di un uomo scuro come la terra del vulcano, alto e molto magro, quasi secco, la barba<br />

grigia e crespa come il groviglio di un filo sp<strong>in</strong>ato.<br />

- Dove sono... questa è Napoli?<br />

L'uomo guardò a lungo Saverio, poi con un accento straniero gli chiese quanti anni avesse.<br />

- Otto, signore.<br />

- Cosa fare, notte, solo <strong>in</strong> mare, tu potere annegare.<br />

Le parole erano serie, pacate e gravi. Nel suo sguardo c’era una profonda tristezza.<br />

- Stavo andando da mio papà.<br />

- Questa non <strong>esser</strong>e Napoli, ragazzo. Napoli grande città lontana, troppo lontana per bamb<strong>in</strong>o e<br />

piccola barca.<br />

L'uomo si voltò verso il mare e con voce <strong>in</strong>termittente come la luce della lanterna com<strong>in</strong>ciò a<br />

raccontare.<br />

- Anche io cercare mio amore, mio figlio. Due anni fa mare preso con sé. Noi barca <strong>in</strong>sieme. Lui<br />

piccolo come te. Grande tempesta, barcone troppo pesante. Noi tanti, tantissimi. Lasciata nostra<br />

terra, volere futuro. Ma mare agitato. Mio figlio c<strong>ad</strong>uto dentro acqua. Onde mangiato lui. Io cercato<br />

tutto Mediterraneo. Cercare figlio e cercare mia pace. Io trovare figlio e pace solo qui, su questo<br />

scoglio.<br />

L’uomo si voltò nuovamente verso Saverio, gli occhi umidi e mal<strong>in</strong>conici eppure sereni. Ruotò la<br />

testa f<strong>in</strong>o a fermare lo sguardo su una mensola di legno della stanza, <strong>in</strong>dicando qualcosa di molto<br />

importante per lui.<br />

- Io qui trovato figlio mio. Figlio parlare con me. Questi doni portati dal mare per me.<br />

Sopra la mensola, una fila di bottiglie, perfettamente <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e, conteneva i messaggi e i regali che<br />

Saverio aveva preparato per suo papà. Una delusione profonda colse il ragazz<strong>in</strong>o e gli str<strong>in</strong>se con<br />

violenza lo stomaco.


- Vita non facile per uomo che lascia sua terra, sua casa. Tu, piccolo uomo coraggioso, avere<br />

fiducia e speranza, p<strong>ad</strong>re <strong>tuo</strong> pensare te, p<strong>ad</strong>re <strong>tuo</strong> amare te.<br />

Dopo l’<strong>in</strong>iziale delusione, l’animo di Saverio si riaprì: ecco perché il suo papà non aveva risposto…<br />

non aveva mai ricevuto i suoi messaggi. Il mare aveva scelto di portare i suoi doni <strong>ad</strong> un altro<br />

p<strong>ad</strong>re, una persona che aveva un disperato bisogno di consolazione. Si alzò lentamente e guardò<br />

fuori. Riconobbe la sua isola, una grande montagna <strong>in</strong> mezzo al mare. Sotto la debole luce della<br />

luna, le case di Stromboli sembravano zollette di zucchero. Dalla bocca del cratere lapilli<br />

<strong>in</strong>candescenti esplodevano come fuochi d’artificio. Capì di <strong>esser</strong>e dentro il faro <strong>sul</strong>lo scoglio di<br />

Strombolicchio, a poche cent<strong>in</strong>aia di metri dal suo piccolo villaggio. La distanza che aveva<br />

percorso era stata molto breve e il viaggio non lo aveva portato dove aveva sperato. Eppure aveva<br />

ritrovato una cosa importante: nel suo cuore era tornata la fiducia, anzi, la certezza dell’amore<br />

paterno. Sentì il bisogno di tornare e riabbracciare la mamma. Prese l’uomo per mano e, <strong>in</strong>dicando<br />

la sua casa, gli chiese di <strong>esser</strong>e riaccompagnato <strong>sul</strong>la sua isola.<br />

Quella notte, Saverio prima di <strong>ad</strong>dormentarsi guardò dalla f<strong>in</strong>estra della sua camera la luce del<br />

faro. Disteso <strong>sul</strong> <strong>letto</strong>, sognò di <strong>esser</strong>e <strong>in</strong> barca, con le reti piene di pesci, mentre il sole rosso<br />

sbucava prepotente dal mare e il baffo folto di suo papà sorrideva soddisfatto e felice. La matt<strong>in</strong>a<br />

dopo si alzò e mise nell’acqua una nuova bottiglia. Sapeva che presto il messaggio sarebbe<br />

arrivato a dest<strong>in</strong>azione: c’era un p<strong>ad</strong>re <strong>ad</strong> aspettarla. Sorrise tranquillo: un giorno, <strong>in</strong> cima al<br />

vulcano, sotto un tetto di stelle, accanto <strong>ad</strong> una colata di fuoco, suo papà gli avrebbe raccontato di<br />

posti lontani. E <strong>in</strong>sieme avrebbero chiuso gli occhi per ascoltare il sibilo potente del vento, i ruggiti<br />

della montagna e la voce <strong>in</strong>cessante del mare. La melodia di una grande orchestra tutta per loro.


SIMONA CASTELLAN<br />

LA PRINCIPESSA E <strong>IL</strong> RANOCCHIO<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Saverio era <strong>in</strong> classe con Susanna Montello dalla prima elementare, sezione C. Senza rimorso,<br />

lei lo aveva guardato da subito con i suoi grandi occhi verdi come avrebbe potuto guardare una<br />

scimmia allo zoo, un <strong>in</strong>sieme di simpatia e di ribrezzo. Lui era <strong>in</strong> banco con Giacomo Solieri, lei<br />

con Monica Triest<strong>in</strong>i ma, entrambi, <strong>sul</strong> lato esterno della fila, così da <strong>esser</strong>e comunque vic<strong>in</strong>i. Solo<br />

alcuni giorni dopo, d'ist<strong>in</strong>to, le aveva parlato per la prima volta, chiedendole <strong>in</strong> prestito il temper<strong>in</strong>o<br />

che non trovava più nel suo astuccio. Non c'erano stati dubbi che il rifiuto andasse oltre l'aspetto<br />

possessivo dell'oggetto, perché un attimo dopo lo aveva consegnato tra le mani di Massimo<br />

V<strong>in</strong>cenzi, seduto dietro di lei, con il sorriso più dolce che si fosse mai visto. Saverio era rimasto a<br />

bocca aperta con la matita rossa a mezz'aria, e per il resto della giornata si era chiesto cosa ci<br />

fosse di tanto orribile <strong>in</strong> lui e di tanto celestiale <strong>in</strong> Massimo V<strong>in</strong>cenzi. A pranzo sua m<strong>ad</strong>re si era<br />

accorta che qualche cosa non andava, perché Saverio aveva lasciato nel piatto quasi tutta la<br />

porzione di lasagne che, di solito, faceva sparire <strong>in</strong> un attimo. Tuttavia non aveva <strong>in</strong>dagato,<br />

conosceva suo figlio, di certo le avrebbe parlato dopo lunga riflessione, come era solito fare,<br />

quando aveva domande a cui da solo proprio non trovava risposta. Si era ritirato nella sua<br />

cameretta con passo mogio; <strong>in</strong>vece di allenarsi a scrivere la lettera B dell’alfabeto, aveva aperto<br />

l'anta dell'arm<strong>ad</strong>io, quella di destra, a cui c'era attaccato un grande specchio. Era sua m<strong>ad</strong>re<br />

quella con la mania della specchiata, lo obbligava a guardarsi e riguardarsi ogni volta che gli<br />

comprava qualche vestito nuovo; per lui era solo una tortura, non gli <strong>in</strong>teressava che la maglietta<br />

gli stesse bene di spalle o che i pantaloni non fossero troppo lunghi o troppo stretti, sicché non si<br />

era mai soffermato veramente <strong>sul</strong>la sua immag<strong>in</strong>e. Sentiva che era arrivato il momento, doveva<br />

pur <strong>esser</strong>ci qualche differenza notevole tra lui e Massimo V<strong>in</strong>cenzi, non si spiegava altrimenti<br />

l'atteggiamento di Susanna.<br />

Dopo aver <strong>in</strong>dagato se stesso nel riflesso, era uscito dalla stanza <strong>in</strong> lacrime, correndo verso le<br />

braccia calde e rassicuranti della sua <strong>ad</strong>orata mamma. Purtroppo le parole della signora Isabella<br />

non furono capaci di sciogliere il groppo che Saverio aveva <strong>in</strong> gola. A nessuno <strong>in</strong>teressava se lui<br />

era simpatico e dolce, tantomeno a Susanna: Massimo V<strong>in</strong>cenzi aveva gli occhi di una grandezza<br />

normale, non come i suoi, che apparivano enormi dietro le spesse lenti, non aveva le orecchie a<br />

sventola e soprattutto, a lui i pantaloni stavano benissimo, perché il suo sedere non era alto e<br />

tondo come la conchiglia di una chiocciola.<br />

Era com<strong>in</strong>ciata così la storia sentimentale più importante della vita di Saverio Bortolotti. Oggi, <strong>in</strong><br />

terza elementare, ancora non era riuscito a conquistare Susanna Montello, sempre pronta a un<br />

sorriso per Massimo V<strong>in</strong>cenzi e a uno sguardo pietoso per lui: a nulla era servito sostituire gli<br />

occhiali di vetro con quelli di res<strong>in</strong>a e mettere <strong>in</strong> mostra le proprie doti atletiche nella squ<strong>ad</strong>ra di<br />

calcio dei pulc<strong>in</strong>i.<br />

Saverio non sapeva più che fare e sua m<strong>ad</strong>re si disperava con lui, com<strong>in</strong>ciava a sentire una<br />

certa antipatia per questa Susanna, che neanche si accorgeva del suo bamb<strong>in</strong>o: se f<strong>in</strong>o a quel<br />

momento non era <strong>in</strong>tervenuta, era solo perché pensava a una simpatia passeggera, ma <strong>ad</strong>esso,<br />

dopo due anni, aveva deciso che doveva fare qualcosa. E se av<strong>esser</strong>o <strong>in</strong>vitato tutta la classe, a<br />

casa loro, per una festa di carnevale? Forse <strong>in</strong> un ambiente più giocoso, quella smorfiosa avrebbe<br />

aperto f<strong>in</strong>almente gli occhi.<br />

Saverio aveva accolto l'idea con allegria, fidandosi delle parole di sua m<strong>ad</strong>re, che gli aveva<br />

promesso un vestito degno di lui, confezionato con le sue mani. Si era deciso per mercoledì 29<br />

febbraio alle tre del pomeriggio. Saverio e sua m<strong>ad</strong>re, avevano decorato biglietti di <strong>in</strong>vito per tutti,<br />

e tutti accettarono l'<strong>in</strong>vito con entusiasmo. Lui non aveva più pensato al vestito, solo trascorreva le<br />

ore a sognare di Susanna, di come l'avrebbe portata a spasso per la casa, mostrandole la sua<br />

cameretta, l’album delle figur<strong>in</strong>e e il poster gigante di Roberto Baggio, il suo calciatore preferito.<br />

Quel mercoledì, Saverio era arrivato da scuola elettrizzato per il pomeriggio che lo attendeva.<br />

Aveva mangiato poco e aiutato la m<strong>ad</strong>re <strong>ad</strong> apparecchiare i grandi tavoli per il r<strong>in</strong>fresco: le<br />

tovaglie bianche e profumate facevano da sfondo a bibite di tutti i colori, vassoi di ciambelle fritte,


pasticc<strong>in</strong>i e salat<strong>in</strong>i; il giorno prima si era anche impegnato <strong>ad</strong> <strong>ad</strong>dobbare la casa con catene di<br />

stelle filanti, era tutto pronto, mancava solo il suo vestito.<br />

Isabella lo aveva tratto dall'arm<strong>ad</strong>io emozionata come uno stilista alla sua prima sfilata ma<br />

Saverio, dopo averlo guardato e rimirato, si rifiutò con tutta l'energia che aveva <strong>in</strong> corpo, di<br />

<strong>in</strong>dossare quella cosa orribile. Sua m<strong>ad</strong>re aveva cercato di conv<strong>in</strong>cerlo con parole semplici:<br />

“Amore mio, non puoi non <strong>in</strong>dossarlo, è l'unico che hai, i <strong>tuo</strong>i compagni stanno per arrivare. Non<br />

fare i capricci, è bellissimo e vedrai che con questo Susanna non potrà non notarti”.<br />

Saverio l'aveva <strong>in</strong>dossato tra lacrime e s<strong>in</strong>ghiozzi, avrebbe voluto urlare alla m<strong>ad</strong>re tutto l'odio<br />

che <strong>in</strong> quel momento provava per lei, ma aveva perso anche la voce, trattenuta da qualche parte<br />

nel suo corpo. Poi si era guardato nel grande specchio, non poteva farsi vedere <strong>in</strong> quello stato da<br />

tutti i suoi compagni e, soprattutto, da Susanna Montello, meglio r<strong>in</strong>chiudersi nell'arm<strong>ad</strong>io e<br />

rischiare di morire soffocati: tutto tranne che presentarsi <strong>in</strong> pubblico conciato a quel modo.<br />

Ecco il campanello. Come per un ord<strong>in</strong>e celeste, un’orda di pirati- zorro- fat<strong>in</strong>e- pagliacci e<br />

fantasmi, era entrata urlante nel salotto. Diciannove bamb<strong>in</strong>i di otto anni erano pronti a mangiare,<br />

giocare e forse distruggere tutto ciò che avrebbero toccato. Giacomo Solieri, il compagno di<br />

banco, chiese subito di Saverio e la m<strong>ad</strong>re non poté evitare di confessare la verità: “Non gli piace<br />

il vestito che ho fatto per lui, si vergogna e non vuole uscire dall'arm<strong>ad</strong>io. Susanna, perché non<br />

provi a parlarci tu? Ha tanta simpatia per te...”.<br />

Susanna Montello, immersa nel suo abito da pr<strong>in</strong>cipessa delle rose e <strong>in</strong>coronata da un<br />

di<strong>ad</strong>ema degno di una miss, si era accostata all'anta, un po' timida un po' perplessa.<br />

Saverio, sono Susanna, perché non vuoi uscire?<br />

Mi vergogno!<br />

Siamo tutti curiosi di vedere il <strong>tuo</strong> vestito, dai esci!<br />

No!<br />

Ma scusa, ci <strong>in</strong>viti a una festa a casa tua e non ti fai vedere? Non <strong>esser</strong>e maleducato, esci!<br />

In effetti, Saverio non aveva preso <strong>in</strong> considerazione quell’aspetto della faccenda: se si faceva<br />

vedere sarebbe arrossito dalla vergogna, ma se rimaneva r<strong>in</strong>chiuso avrebbe fatto una pessima<br />

figura con i suoi compagni.<br />

Nel momento <strong>in</strong> cui l'arm<strong>ad</strong>io si aprì, tutti rimasero sbalorditi: ne uscì un grande e gonfio<br />

ranocchio verde con la testa di Saverio. Nessuno fiatò. Il bamb<strong>in</strong>o voltò loro le spalle, e <strong>sul</strong>la<br />

schiena apparve una scritta color oro: SE UN BACIO MI DARAI, IN PRINCIPE MI<br />

TRASFORMERAI.<br />

Allora grosse risate <strong>in</strong>ondarono la casa e tutti si dispersero tra i tavoli per la merenda. Solo<br />

Susanna rimase a guardare il povero Saverio arrossire come un peperone.<br />

Per la prima volta <strong>in</strong> due anni, lei lo guardò con i suoi grandi occhi verdi e un sorriso mieloso, e<br />

avvic<strong>in</strong>andosi stampò un sonoro bacio <strong>sul</strong>la guancia <strong>in</strong>candescente di Saverio Bortolotti. Grazie a<br />

una magica cerniera, il ranocchio verde si trasformò <strong>in</strong> un pr<strong>in</strong>cipe con tanto di corona, che per<br />

tutto il pomeriggio portò a spasso la sua pr<strong>in</strong>cipessa delle rose, sotto lo sguardo <strong>in</strong>vidioso di<br />

capitan unc<strong>in</strong>o- Massimo V<strong>in</strong>cenzi.


CARLA COLONNELLI<br />

SE OTTO ANNI VI SEMBRAN POCHI<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

La Susanna <strong>in</strong> questione era <strong>in</strong> quel momento sdraiata <strong>sul</strong> suo <strong>letto</strong>. Non suo proprio, ma suo di<br />

Saverio Bortolotti, appunto. Al di là di quell’arm<strong>ad</strong>io. Di fronte, un altro <strong>letto</strong> dove sedeva fumando<br />

l’Arianna, sorella di Saverio.<br />

Seduto tra il completo da sci e quello blu con cui la domenica successiva avrebbe fatto la prima<br />

comunione, cercava di respirare più piano possibile per non farsi sentire dalle due ragazze che<br />

parlavano tra di loro, anche loro a bassa voce: - Allora, ci andiamo o no alla festa?- stava<br />

chiedendo l’Arianna tra una tirata di cicca e l’altra. – Ma, non so – rispondeva laconicamente<br />

Susanna ,- io alle feste mi rompo, poi se non c’è l’Ale…-<br />

Saverio sentì una punta di dolore dritto <strong>in</strong> pancia, ma ormai sapeva di cosa si trattava.<br />

- Sì, <strong>in</strong> effetti ..non è che ci sia granchè, sono tutti c<strong>in</strong>ni di vent’anni!.<br />

- Sono piccoli quelli di vent’ anni?- pensava Saverio imprecando tra sé e sé. – E io? Piccolo<br />

sgorbio nano come dice l’Arianna? Che se avesse saputo che lui era lì dentro, r<strong>in</strong>tanato<br />

nell’arm<strong>ad</strong>io, lo avrebbe reso una poltiglia a forza di botte.<br />

- Certo però….saranno pure piccoli..ma tu il Civa non te lo sei mica fatto! – Saverio si<br />

dimenticò improvvisamente del mal di schiena provocato da quella scomoda posizione. L’unica<br />

cosa che gli <strong>in</strong>teressava era il significato del term<strong>in</strong>e “fatto”. Forse aveva a che fare con “fare” i<br />

compiti al posto di qualcuno. Sicuramente sua sorella i compiti se li “faceva fare”. Seduto là dentro<br />

non poteva certo vedere l’espressione assente di Susanna a cui quel participio passato, di cui<br />

conosceva f<strong>in</strong> troppo bene il significato, stava evocando precisi ricordi e non certo meno dolorosi<br />

della posizione di Saverio nell’arm<strong>ad</strong>io.<br />

Susanna aveva <strong>in</strong>iziato a frequentare l’Arianna all’<strong>in</strong>izio dell’anno. Il primo anno di farmacia lo<br />

aveva frequentato a Trieste. Sua m<strong>ad</strong>re separata da sua p<strong>ad</strong>re era voluta a tornare nella sua città<br />

e lei aveva seguito il genitore più sopportabile, cont<strong>in</strong>uando gli studi nell’Ateneo bolognese<br />

All’università aveva conosciuto Arianna. Avevano legato subito. L’Arianna parlava sempre ed era<br />

proprio quello che serviva a Susanna. Non conosceva nessuno e non voleva dire a nessuno chi<br />

fosse: - Ma che sei parente a…? – le chiedevano i ragazzi man mano che scoprivano come<br />

facesse di cognome.<br />

Mentiva ormai con molta dis<strong>in</strong>voltura.<br />

Presto aveva conosciuto l’Ale che di calcio non capiva niente e non sapeva neanche che la<br />

ragazza con cui si sarebbe messo <strong>in</strong>sieme <strong>in</strong>dossava un cognome molto famoso. Probabilmente<br />

era stata proprio quella la ragione per cui si era fidanzata con lui.<br />

Poi un giorno era andata a studiare dall’Arianna e aveva conosciuto quel bamb<strong>in</strong>o che la<br />

guardava <strong>in</strong> modo strano. Un po’ <strong>ad</strong>ulto e un po’no. Che aveva otto anni, tanti quanto gli ultimi<br />

terribili otto anni della sua vita.<br />

A lei dell’Arianna non importava un fico secco e neanche dell’Ale che sembrava non<br />

preoccuparsi troppo dei suoi rifiuti. Forse perché se lo “facevano” le altre ragazze, <strong>in</strong>tuì<br />

improvvisamente la Susanna nel momento <strong>in</strong> cui l’Arianna stava confessando per l’ennesima<br />

volta che si “faceva” qualche ragazzo.<br />

A Susanna importava <strong>in</strong>vece di quel ragazz<strong>in</strong>o che era nell’arm<strong>ad</strong>io. Anzi, era preoccupata che<br />

non fosse ancora comparso <strong>sul</strong>la soglia della camera.<br />

Era la prima volta che era <strong>in</strong> quella casa e lui no. Immag<strong>in</strong>ò che fosse per via di quello che era<br />

successo a cena la sera prima. Doveva parlarci prima possibile.<br />

- Ma Saverio dov’è ?- chiese all’improvviso<br />

- Soccia, te sei proprio fissata col nano però!-<br />

- Sì, sì, lei è fissata! E io?- rispose silenziosamente Saverio. Dal primo giorno, da quando lei<br />

le aveva sorriso. Non gli sembrava che qualcun altro le avesse mai sorriso così. Il p<strong>ad</strong>re e la<br />

m<strong>ad</strong>re no di certo. Anzi. A pensarci bene, non sorridevano proprio. L’Arianna poi, neanche a<br />

pensarci, visto che lo odiava con tutto il cuore. Anche la maestra non sorrideva. Lei era proprio<br />

triste.Le era morto un figlio piccolo, qu<strong>in</strong>di. Anche a sua m<strong>ad</strong>re quell’estate era morto un figlio, però


quando era ancora nella pancia. Però non è che la pancia fosse tanto cresciuta. Saverio si era<br />

chiesto spesso quanto fosse stato piccolo quel fratell<strong>in</strong>o mai nato. D’altronde <strong>in</strong> casa erano tutti<br />

veramente molto bassi. Insomma, da un po’ di mesi a quella parte, Susanna era l’unica a sorridere<br />

<strong>in</strong> quella casa. E soprattutto a lui. E parlavano pure con lui. Qualche volta lo aveva aiutato a fare i<br />

compiti, pers<strong>in</strong>o!<br />

Una sera fatidica avevano visto un film d’amore. Così lo aveva def<strong>in</strong>ito l’Arianna e Saverio non<br />

aveva capito che cosa significasse quella parola. Poi, scena dopo scena, gli si era aperto un<br />

mondo: aveva visto altre volte attori baciare le attrici, ma non gliene era mai importato nulla. A dir<br />

la verità, la cosa gli aveva fatto pure un po’ schifo. Ma <strong>ad</strong>esso. Arianna guardava il monitor della tv<br />

senza espressione, sembrava stesse pensando <strong>ad</strong> altro. Così le aveva potuto guardare gli occhi,<br />

le labbra e anche le gambe. Sì, quella sera aveva pensato che le gambe della Susanna erano<br />

proprio lunghe lunghe. E non capiva perché la lunghezza facesse così differenza. L’Arianna le<br />

aveva corte. Certo, piccola com’era. Decise che a lui piacevano quelle alte, magre e con le gambe<br />

lunghe. E bionde. Insomma, a lui piacevano le “Arianne”.<br />

Lei era arrivata mezz’ora prima e lui si era scaraventanto nell’arm<strong>ad</strong>io. Si vergognava troppo<br />

per via della sera prima. Intorno al tavolo avevano cenato lui, la sorella, i genitori, la Susanna e<br />

l’Ale. Quella cret<strong>in</strong>a dell’Arianna se n’era uscita con : - Oh, ma avete notato come Saverio guarda<br />

la Susi. E’ cotto e stracotto. - Lui, improvvisamente, aveva creduto che non avrebbe più respirato,<br />

che non ne sarebbe più stato capace. L’Ale rideva divertito, <strong>in</strong>sieme all’Arianna che, secondo lui,<br />

voleva proprio far colpo <strong>sul</strong>l’Ale. Il p<strong>ad</strong>re cont<strong>in</strong>uava a fissare il tg. E la mamma? Lei si era irrigidita<br />

<strong>sul</strong>la sedia e il suo sguardo oscillava tra i due figli, improvvisamente, dopo tanto ma tanto tempo,<br />

attenta a quello che succedeva <strong>in</strong>torno a lei. E Susi? Lei parlò, subito, senza esitare: - Ma che dici!<br />

E’ un bamb<strong>in</strong>o e io gli voglio bene come…come…un fratell<strong>in</strong>o! E poi non si dicono ste cose così,<br />

anche i bamb<strong>in</strong>i hanno una sensibilità da rispettare!- Gli altri due <strong>ad</strong>olescenti la guardarono<br />

sbigottiti: non aveva mai pronunciato una frase così lunga con loro!<br />

E lui? Scappò, fuggì più lontano possibile, cioè <strong>sul</strong> terrazzo. A piangere, dalla vergogna, dalla<br />

rabbia, dalla tristezza. Venne sua m<strong>ad</strong>re a riprenderlo, abbracciandolo e baciandolo a lungo, come<br />

un tempo. Si sentì meglio, anzi contento, anzi felice. Ma non sarebbe mai più riuscito a guardare la<br />

Susanna negli occhi.<br />

Eccolo lì, <strong>in</strong>fatti. R<strong>in</strong>chiuso stupidamente <strong>in</strong> quell’arm<strong>ad</strong>io consapevole dell’amore che provava<br />

proprio come aveva rivelato sua sorella la sera prima.<br />

Susanna <strong>ad</strong> un certo punto si alzò e se ne andò, visto che Saverio non si vedeva.<br />

- Tanto domani torno e ci parlo, - pensava mentre scendeva le scale per raggiungere Ale.<br />

Giorno dopo giorno, il tempo passava e lei cont<strong>in</strong>uava a negare di <strong>esser</strong>e figlia di uno dei più<br />

famosi allenatori di calcio d’Italia che se ne stava lontano da lei, per fortuna. In un’altra città. Non<br />

voleva più <strong>esser</strong>e figlia di chi l’ aveva allontanata da quel bamb<strong>in</strong>o. – Non è <strong>tuo</strong>! Non è di<br />

nessuno!- le aveva gridato disperato. Crescerà con qualcuno che non sa niente. –<br />

Otto anni prima, quando qualcuno se l’era “fatta” suo malgr<strong>ad</strong>o, quando le giornate <strong>in</strong>iziarono<br />

<strong>ad</strong> <strong>esser</strong>e qualcosa di <strong>in</strong>sopportabile da vivere. Quando tutte le matt<strong>in</strong>e, vestendosi faticosamente,<br />

pensava: - Ce la posso fare <strong>ad</strong> arrivare a stasera.- Quando, f<strong>in</strong>almente, poteva rimettersi a<br />

dormire.<br />

Voleva vedere Saverio, parlare con Saverio. Voleva anche cercare quel bamb<strong>in</strong>o perduto,<br />

vederlo, parlare con lui. E magari prenderlo con sé perché era suo. E magari sarebbe diventato<br />

amico di Saverio. Tornò <strong>in</strong>dietro, speranzosa. Pensò che il fatto che quel giorno fosse il 29 febbraio<br />

e che non ce ne sarebbero stati altri per i prossimi quattro anni voleva pur dire qualcosa. Suonò il<br />

campanello e Saverio aprì la porta. E lei si accucciò, scese alla sua altezza, occhi negli occhi e gli<br />

sorrise. Senza tristezza, stavolta.


FRANCESCO CENTAZZO<br />

Il sapore salato delle lacrime<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti, di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Se ne stava ranicchiato <strong>in</strong> quel piccolo spazio buio, il mento poggiato <strong>sul</strong>la g<strong>in</strong>occhia nude e piene<br />

di croste. Le braccia lunghe e sottili si str<strong>in</strong>gevano forte attorno alla pancia, tentando di soffocare<br />

quel dolore che gli prendeva e attorcigliava lo stomaco.<br />

Nell'oscurità del suo arm<strong>ad</strong>io Saverio non faceva altro che rivivere l’umiliazione di quel giorno. La<br />

dolce facc<strong>in</strong>a rosea di Susanna prendeva forma nella sua mente. Aveva i capelli neri e lisci la sua<br />

Susanna, il naso sottile e delicato, grandi occhi marroni tempestati di m<strong>in</strong>uscoli smeraldi che<br />

brillavano attorno alle pupille nere. Saverio le si avvic<strong>in</strong>ava lentamente, con piccoli passi <strong>in</strong>eleganti,<br />

resi ancora più scomposti dal timido imbarazzo che provava ogni volta che tentava di parlarle.<br />

Nella sua mente guardava la scena dall’esterno, chiedendosi come poteva <strong>esser</strong>e stato tanto<br />

stupido da dare ascolto a quell’antipatico di Marco Pont<strong>in</strong>i. «Mia sorella più grande è sempre felice<br />

quando un ragazzo le dice: ti amo» spiegava agli altri bamb<strong>in</strong>i seduti <strong>in</strong> cerchio attorno a lui<br />

durante la ricreazione. Nessuno aveva dubbi <strong>sul</strong> fatto che Marco Pont<strong>in</strong>i fosse il maggiore esperto<br />

di questioni cosiddette "da grandi", quando parlava, gli altri bamb<strong>in</strong>i pendevano dalle sue labbra e,<br />

un po’ per <strong>in</strong>genuità e un po’ per speranza, credevano a tutto ciò che diceva. Mentre Saverio<br />

cont<strong>in</strong>uava a maledirsi per aver creduto alle parole di Marco, la sua mente lo poneva nuovamente<br />

davanti a Susanna. Si avvic<strong>in</strong>ava all’orecchio di lei e le sussurrava:<br />

«Devo dirti una cosa»<br />

«Ok» rispondeva <strong>in</strong>curiosita Susanna, tenendo gli occhi fissi nei suoi, come fosse alla ricerca di<br />

una qualche verità nascosta.<br />

«Però dobbiamo <strong>esser</strong>e solo io e te, da soli» aggiungeva Saverio che, nel frattempo, si stava<br />

perdendo negli occhi di lei, contando i m<strong>in</strong>uscoli smeraldi che ne contornavano le pupille colme di<br />

lucente ed <strong>in</strong>fantile curiosità.<br />

Le prendeva la mano e la trasc<strong>in</strong>ava, correndo, verso uno degli angoli del cortile.<br />

Il corpo di Saverio, che, nel frattempo, era rimasto chiuso nell’arm<strong>ad</strong>io, com<strong>in</strong>ciava a tremare<br />

seguendo il ritmo spezzato dei s<strong>in</strong>ghiozzi che gli sfuggivano dalla bocca e dal naso. A queste<br />

prime note scomposte si sarebbero aggiunte, poco dopo, le lacrime.<br />

Saverio fissava Susanna negli occhi, ma, ogni volta che lo sguardo distratto della bamb<strong>in</strong>a<br />

<strong>in</strong>crociava il suo, si girava da un lato e guardava altrove, si concentrava su un cespuglio, un ramo,<br />

una nuvola, o sui lacci delle scarpe, attendendo il momento giusto per tornare a spiarla.<br />

Sapeva che il momento <strong>in</strong> cui Susanna si sarebbe voltata verso di lui e, con fare impaziente, gli<br />

avrebbe chiesto: «Allora? Cos’è che volevi dirmi?» sarebbe arrivato presto. Sapeva anche ciò che<br />

sarebbe successo dopo: si sarebbe voltato di scatto, preso alla sprovvista, <strong>in</strong>fastidito da come la<br />

bamb<strong>in</strong>a aveva <strong>in</strong>terrotto quell’attimo perfetto, che gli sembrava dest<strong>in</strong>ato a durare per sempre;<br />

l’avrebbe presa per mano e, guardandosi la punta delle scarpe, le avrebbe sussurrato: «Ti amo<br />

Susanna».<br />

Le lacrime avevano com<strong>in</strong>ciato a scendere copiose. Davano armonia a quel corpo sgraziato,<br />

chiuso nella pancia buia di un pesante arm<strong>ad</strong>io <strong>in</strong> noce. Legavano i s<strong>in</strong>ghiozzi, i tremolii e il rumore<br />

secco dei pugni di Saverio che battevano forte contro il legno <strong>in</strong> un unico, statuario ed elegante<br />

monumento al dolore, alle pene amorose, <strong>in</strong> un golem fatto di rabbia e umiliazione, di domande e<br />

rimpianti. In quel buio soffocante un immenso groviglio di sentimenti si amalgamava <strong>in</strong> qualcosa di<br />

mastodontico e pulsante di vita; combatteva con Cupido <strong>in</strong> persona <strong>in</strong> una lotta titanica, violenta,<br />

logorante.<br />

L’<strong>in</strong>domani Saverio si svegliò nel suo <strong>letto</strong>, tra le amorevoli braccia di sua m<strong>ad</strong>re. Si coprì gli occhi<br />

tentando di abituarsi alla luce che filtrava dalle persiane. La m<strong>ad</strong>re gli poggiò le labbra <strong>sul</strong>la fronte<br />

e, dalla faccia che fece dopo, Saverio <strong>in</strong>tuì di avere la febbre alta. Non si era ancora reso conto<br />

che il suo arm<strong>ad</strong>io <strong>in</strong> noce giaceva ora <strong>in</strong> pezzi <strong>sul</strong> pavimento della stanza. Ripensò a quando si<br />

era chiuso lì dentro e, improvvisamente, ricordò tutto: ricordò il dolore, il buio, la lotta e il sapore<br />

salato delle sue lacrime. Sorrise, aveva v<strong>in</strong>to.


Saverio Bortolotti, di anni otto, quella matt<strong>in</strong>a aveva almeno tre buoni motivi per sorridere. Il primo<br />

era di aver compreso, il secondo di aver accettato, il terzo di <strong>esser</strong>e pronto <strong>ad</strong> andare avanti.


MASSIMO FOGLIARDI<br />

MA CON TUTTE LE MAMME CHE CI SONO...<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

PRIMO (L'AMORE)<br />

Ecco...se fosse una fotografia io sarei quello con la palla <strong>in</strong> mano e la faccia da cret<strong>in</strong>o.<br />

Più precisamente con la palla fra le mani tese <strong>in</strong> stile re magio.<br />

Susanna sarebbe quella con i capelli scomposti dal vento, un sorriso pieno di denti di un bianco<br />

che più bianco non si può, e orecch<strong>in</strong>i nuovi che non glieli avevo mai visti prima, lo giuro.<br />

Ma torniamo <strong>in</strong>dietro. Prima della foto e soprattutto della faccia da cret<strong>in</strong>o.<br />

Ore dieci e trenta alle scuole S. Gregorio.<br />

Facce timide da meteorologi <strong>in</strong> erba scrutano le pieghe grigie del cielo. Dal tetto della palestra<br />

pendono i ghiaccioli più grandi che si siano mai visti.<br />

A terra, là dove il sole fatica <strong>ad</strong> arrivare, rimane una sottile pellicola che non è né ghiaccio né<br />

acqua, ma un <strong>in</strong>vito gratuito per il reparto ortopedia.<br />

Dall'alto com<strong>in</strong>cia a scendere qualcosa.<br />

Pall<strong>in</strong>e di ghiaccio...piccole.<br />

Perfetto!!Non ci si bagna!!!<br />

Sembra pensare Tambroni che con un gran calcio butta <strong>in</strong> alto la palla.<br />

Giornata ideale per la prima di campionato. Una massa di mar<strong>in</strong>es <strong>in</strong>v<strong>ad</strong>e, urlando, il cortile.<br />

Più <strong>in</strong> alto, oltre le nuvole, Santa Sbucciata, protettrice delle g<strong>in</strong>occhia, dal suo ufficio <strong>in</strong>via il<br />

proprio curriculam vitae sognando nuovi sbocchi professionali.<br />

Non è calcio quel che si vede, assomiglia più al pasto delle trote da lago, una massa univoca a<br />

<strong>in</strong>seguire la palla di pastone.<br />

Non è calcio...eppure noi siamo felici come Ronaldo quando entra nel Santiago Bernabeu.<br />

E ridiamo come matti.<br />

Anche se un po' <strong>in</strong> ritardo, perché bisogna sempre vedere se chi ha fatto il luzzo si rialza.<br />

Insomma, siamo lì, spensierati <strong>sul</strong>l'uno a uno; ogni palla può <strong>esser</strong>e decisiva.<br />

Piccola deviazione negata da Cagnolati che è gran maestro di ruberie calciofile, imperatore del<br />

<br />

Non passa, non ci casco e mi impongo anche davanti ai giuramenti <strong>sul</strong>le teste di svariati nonni<br />

(già morti tra l'altro).<br />

In port<strong>in</strong>eria la bidella buona che si chiama Lucia ci segnala con l'<strong>in</strong>dice <strong>sul</strong> qu<strong>ad</strong>rante<br />

dell'orologio che è ora di rientrare.<br />

Quella cattiva che si chiama Zoe ed è sua sorella, ma non le somiglia neanche un po' ha già la<br />

mano <strong>sul</strong> pulsante della campanella e la faccia di una che non vede l'ora di vedere spegnersi le<br />

nostre.<br />

Ultima azione, ce la possiamo fare.<br />

Prendo la palla, la alzo sopra alla testa e mi preparo <strong>ad</strong> una rimessa satellitare.<br />

Proprio <strong>in</strong> quel momento sento urlare cose decisamente poco car<strong>in</strong>e, non capisco e mi giro.<br />

Vedo Susanna che mi sta passando davanti; mi devo fermare.<br />

Lei va piano come a fare un dispetto calcolato non si gira verso chi la <strong>in</strong><strong>sul</strong>ta, mi guarda e<br />

sorride.<br />

Io non ci capisco più niente.<br />

Mi sentivo Rambo con la mitragliatrice <strong>in</strong> mano e <strong>ad</strong>esso mi tremano le gambe.<br />

Ma cos'è sta roba?<br />

Che se f<strong>in</strong>o a c<strong>in</strong>que m<strong>in</strong>uti fa mi av<strong>esser</strong>o chiesto di dist<strong>in</strong>guere la Susanna dalla traversa non<br />

sarei stato capace...


Adesso <strong>in</strong>vece...senza avere ricordo di averlo pensato mi viene da prendere la palla decisiva e<br />

allungargliela come fanno gli <strong>in</strong>namorati nelle telenovelas della mamma.<br />

Uguale uguale.<br />

A parte il dettaglio che loro usano diamanti e non oggetti <strong>in</strong> cuoio.<br />

E niente...Click!!!!<br />

Foto.<br />

A casa sotto le coperte ho raccontato questa cosa a mia mamma.<br />

Le ho chiesto se lei ci capiva qualcosa.<br />

Si è messa a ridere.<br />

Si è fermata.<br />

E poi ha ricom<strong>in</strong>ciato più forte di prima, come avevano fatto i miei amici a scuola e mi stavo<br />

arrabbiando.<br />

Se ne è accorta, si è messa seria e mi ha detto > Le ho chiesto io...<br />

ha risposto lei e ha fatto per uscire.<br />

Sulla porta l'ho fermata e le ho chiesto se potevo farle un altra domanda.<br />

Ha detto lei.<br />

Ho detto io.<br />

<br />

<br />

<br />

Mi aspettavo che ridesse ancora.<br />

Invece si è rimessa seria ed è andata via.<br />

Forse aveva riso troppo prima ed era stanca.<br />

Oppure non è vero che gli <strong>ad</strong>ulti sanno tutto, anche se fanno f<strong>in</strong>ta che sia così.<br />

SECONDO (NON RICAMBIATO)<br />

Lo scatto della foto aveva fatto il rumore della campanella. Ma io mi ost<strong>in</strong>avo a rimanere lì con<br />

le braccia tese mentre Susanna si portava via lo sguardo che mi aveva pietrificato come un<br />

gargoyle.<br />

I miei amici me ne dicevano di tutti i colori, ma sarà stata la campanella o il fatto che avere i<br />

timpani di pietra non aiuta, io neanche li sentivo.<br />

Vedevo dietro ai vetri la Lucia che sorrideva e la Zoe che urlava e mul<strong>in</strong>ava il braccio facendo<br />

segno di entrare, mi sembrava un pescecane quando <strong>ad</strong>denta la gabbia dove si <strong>in</strong>fila il<br />

sommozzatore per studiarlo.<br />

Ho anche pensato


Sono <strong>in</strong>evitabilmente rientrato e mentre mi sedevo al banco ho pensato che “non ricambiato”<br />

forse è quando vanno via tutti ma noi ci sentiamo tristi per la mancanza di una persona sola.<br />

TERZO (SUSANNA)<br />

F<strong>in</strong>o a ieri non avrei saputo cosa dire.<br />

C'erano la scuola, il calcio e le merende fantastiche di mia mamma.<br />

Oggi non ho molto da aggiungere perché sono nuovo di queste questioni, non ho molta<br />

esperienza e comunque meno di Bozzi che ha spiato sua sorella col moroso.<br />

F<strong>in</strong>o a ieri Susanna era una che veniva nella scuola dove andavo io.<br />

Adesso <strong>in</strong>vece se penso a lei mi viene una roba alla pancia tipo quando è il mio compleanno e<br />

so che da qualche parte c'è il mio regalo.<br />

Ma più forte di così e meno...meno...<br />

Meno protetto!!!<br />

Che a casa ci sono la mia mamma e il mio papà, e se qualcosa non va io la dico a loro e loro mi<br />

consolano e dopo mi sento meglio.<br />

Quello che è acc<strong>ad</strong>uto ieri <strong>in</strong>vece, anche se non lo so spiegare bene, capisco che è una cosa<br />

solo mia che mica la puoi fregare con la consolazione di nessuno.<br />

Una roba che ti ci devi arrangiare da solo perché si <strong>in</strong>fila così nel profondo che neanche l'affetto<br />

di una mamma può arrivare <strong>ad</strong> accarezzarla.<br />

Susanna...mica c'entra come è fatta.<br />

Non è che ci si <strong>in</strong>namora degli occhi come dicono nei film...<br />

Se una si mette gli occhiali da sole cosa fai? La lasci f<strong>in</strong>ché non se li toglie?<br />

Susanna è un pensiero tutto nuovo, che <strong>ad</strong>esso c'è e solo ieri niente.<br />

Come le case nel paese della nonna.<br />

Che ogni tanto arriviamo e ce n'è una mai vista. E a noi ci viene <strong>in</strong> mente cosa c'era prima <strong>in</strong><br />

quel posto lì.<br />

Una siepe, un albero di ciliegie o... un pallone da rimettere <strong>in</strong> gioco.<br />

Quando penso a lei mi viene <strong>in</strong> mente la matt<strong>in</strong>a della domenica che non si va a scuola.<br />

Quando c'è il sole e si può andare a giocare a pallone f<strong>in</strong>o a quando quello scompare dietro alle<br />

coll<strong>in</strong>e.<br />

Quando non ci sono compiti da fare e sei libero di perderti nell'<strong>in</strong>ventarti il <strong>tuo</strong> divertimento.<br />

Ma è molto più grave di così...<br />

Oggi, che grand<strong>in</strong>ava <strong>sul</strong>la mia bicicletta nuova e dovevo andare a scuola senza avere fatto i<br />

compiti di matematica ho pensato a Susanna e mi sembrava domenica matt<strong>in</strong>a.<br />

Lo so che è complicato da credere, ma vi giuro che è così.<br />

E' difficile da spiegare.<br />

Bisogna avere molta molta fiducia...per credermi.<br />

Mi rendo conto.<br />

Dovete fare uno sforzo.<br />

EP<strong>IL</strong>OGO<br />

Ma con tutte le mamme che ci sono, alla mia doveva proprio stare simpatica quella di Susanna?<br />

Non ne <strong>in</strong>vita mai nessuna e <strong>ad</strong>esso è lì che mette su il bollitore.<br />

Ma daiiii.... Se non le piace neanche il the, che non lo fa mai.<br />

Queste qui si sono messe d'accordo per rov<strong>in</strong>armi il pomeriggio.<br />

E allora io scappo dove scappo sempre.<br />

Dentro l'arm<strong>ad</strong>io, sopra alla cassettiera dove ci stanno i vestiti e le giacche di mamma.<br />

C'è un odore buonissimo di non so che nafta e una morbidezza <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita.<br />

Mi metto <strong>in</strong> piedi e mi lascio andare tanto lo spazio è stretto e non c<strong>ad</strong>o. Mi faccio accarezzare il<br />

viso e sostenere il corpo come se fossi su una nuvola che si muove piano.<br />

E odoro.<br />

Per tanto tempo.<br />

Lento.


Come dice di fare la maestra a scuola nell'ora di g<strong>in</strong>nastica.<br />

Mi sembra quasi che il profumo ed il senso di estrema pulizia che rilascia mi entri dentro e mi<br />

cambi, mi renda migliore.<br />

Quando faccio qualche sciocchezza grossa come quella volta che ho dato fuoco al mucchio<br />

delle foglie <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o, scappo qui.<br />

Inspiro...espiro...<strong>in</strong>spiro...espiro...<br />

Mi purifico.<br />

E se prima di entrare mi consegnerei da solo alla volante dei carab<strong>in</strong>ieri, quando esco da lì<br />

sono una roba che Cagnolati <strong>in</strong> confronto sembra Don Alb<strong>in</strong>o.<br />

Lì mi sono rifugiato e nessuno f<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> ora mi aveva mai trovato.<br />

Ma mai porre limiti alle possibilità di una bamb<strong>in</strong>a a cui una mamma ha fatto capire che per<br />

un’ora abbondante sarà presa da noiose chiacchiere.<br />

Sento la porta che si apre.<br />

Passi leggeri.<br />

Il silenzio di chi aspetta un passo falso altrui.<br />

Poi un dito, l'<strong>in</strong>dice credo, seguito dai fratelli <strong>in</strong> cerca di vestiti da signora.<br />

Una leggera rotazione dell'anta e ci troviamo lì a specchiare l'uno nell'altra due espressioni<br />

colpevoli e sorprese.<br />

Uno a uno...<br />

Sono lì, abbracciato al cappotto col collo di pelliccia di mia mamma che la vedo...e ci ricasco.<br />

Devo farmi una gran violenza per non darle anche quello.<br />

Due a uno per lei.<br />

Riesco a darmi un po' di contegno tenendomi stretto con la destra al bastone appendiabiti.<br />

Sembro Napoleone dei libri di storia.<br />

dice lei.<br />

dico io<br />

chiede lei.<br />

rispondo io.<br />

<br />

><br />

<br />

<br />

<br />

Susanna sale.<br />

Fischio f<strong>in</strong>ale dell’arbitro.<br />

Pareggio casal<strong>in</strong>go, si rov<strong>in</strong>a la media <strong>in</strong>glese ma poteva andarmi peggio.<br />

Si appende come me al bastone e com<strong>in</strong>cia a parlarmi come fanno le signore che vanno <strong>in</strong><br />

centro.<br />

Io sono stordito dalle cavolate che dice, ma mi sembra che non ci sia niente di più bello che<br />

starla <strong>ad</strong> ascoltare.<br />

Così tanto da sentire un fastidio al petto al pensiero che tra un po' la sua mamma la chiamerà<br />

per andare via.<br />

Ma è una fatica boia questa storia dell'amore se quando ce l'hai non riesci neanche a godertelo<br />

temendo se ne v<strong>ad</strong>a.<br />

Forse è per questo che i grandi sono così seri.<br />

Io, se deve <strong>esser</strong>e sempre così... spero che mi passi presto.<br />

O di riuscire a capirci qualcosa di più...<br />

Va beh...Intanto io e Susanna andiamo <strong>in</strong> centro <strong>sul</strong>l'autobus più profumato del mondo.<br />

E di questo forse si tratta.<br />

Di saper prendere un autobus che non si sa dove ti porta, piuttosto che guardarlo passare per<br />

paura di perdersi.


Questa sera… lo chiedo alla mia mamma.


GIULIO PIANCASELLI<br />

PUNTO CIECO<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna. Una mente meno analitica avrebbe potuto considerarli un unico<br />

motivo – Susanna non mi ama – ma Saverio si era abituato a seguire il precetto divide et impera,<br />

imparato a scuola tra le schiere di banchi <strong>in</strong> un’aula poco illum<strong>in</strong>ata.<br />

Fuori dall’arm<strong>ad</strong>io si distendeva l’usuale disord<strong>in</strong>ato paesaggio della sua stanza. Saverio<br />

evitava di riassettare, e di riflettere sup<strong>in</strong>o <strong>sul</strong> <strong>letto</strong> con lo sguardo fisso su un punto neutro del<br />

soffitto, per sfuggire alla sensazione che gli oggetti, ognuno al proprio posto, lo st<strong>esser</strong>o<br />

osservando – ai loro occhi di materia <strong>in</strong>animata, Saverio doveva ri<strong>sul</strong>tare più <strong>in</strong>teressante di<br />

quanto fosse per Susanna. Per concentrarsi aveva bisogno di escludere il mondo esterno.<br />

Silenzio, <strong>in</strong>nanzitutto: niente amici vocianti, scorribande <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o, giochi organizzati. E poi<br />

nessuna distrazione alimentare proveniente dai manicaretti preparati per celebrare l’odierna<br />

ricorrenza. Al cibo, <strong>in</strong> verità, Saverio non aveva fatto molto caso. I suoi sensi erano stati<br />

concentrati su Susanna, f<strong>in</strong>o a quando non era divenuto chiaro anche a lui che le attenzioni della<br />

compagna di classe si orientavano <strong>in</strong> un’altra direzione.<br />

Susanna era una bamb<strong>in</strong>a come tante altre, e di certo Saverio lo avrebbe notato se avesse<br />

smesso per un attimo di guardare solo lei. Mediamente frivola, si dist<strong>in</strong>gueva per un paio di enormi<br />

occhi color nocciola e un naso a essi proporzionato, per il quale veniva spesso presa <strong>in</strong> giro, anche<br />

a causa dello stridente contrasto con il fisico segaligno. Abilissima a nascond<strong>in</strong>o, riusciva a<br />

diventare pressoché <strong>in</strong>visibile, magra com’era, rannicchiandosi <strong>in</strong> anfratti <strong>in</strong>accessibili ai comuni<br />

mortali. Non lo lasciava mai v<strong>in</strong>cere, come <strong>in</strong>vece era capitato di fare a lui giocando a<br />

rubabandiera, anche se lei <strong>in</strong> seguito era riuscita a primeggiare per meriti propri: era spietata, o<br />

semplicemente <strong>in</strong>differente. Sembrava <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di eccellere <strong>in</strong> ogni attività, dal disegno al dettato,<br />

f<strong>in</strong>anche alla matematica – no, va bene, la matematica decisamente no. Comunque, erano state<br />

queste apparenze a conquistarlo, e ora avrebbe potuto descrivere quello che provava per Susanna<br />

solo come un misto di attrazione, ammirazione, e voglia di rotolarsi nell’erba <strong>in</strong>sieme a lei.<br />

Protetto dalle ante, Saverio considerava che l’assenza di reciprocità poteva <strong>esser</strong>e cont<strong>in</strong>gente<br />

anziché, come temeva, una condanna eterna: quante storie aveva <strong>letto</strong> di persone che si erano<br />

ignorate e poi unite nelle circostanze più disparate. Se era scritto <strong>in</strong> un libro, andava creduto: tutto<br />

poteva ancora acc<strong>ad</strong>ere. Quando Saverio gliene aveva parlato, anche il dottore si era compiaciuto<br />

di una visione talmente aperta del mondo, se non altro perché contrastava la tendenza, mostrata<br />

dal bamb<strong>in</strong>o tempo <strong>ad</strong>dietro, a lasciarsi risucchiare da <strong>in</strong>spiegabili crisi di panico. A Saverio <strong>ad</strong>esso<br />

mancava l’aria come durante una di quelle crisi, ma stavolta la causa era un groppo alla gola che<br />

lui stava cercando di sciogliere attraverso una rigorosa analisi, come quando si slacciava le scarpe<br />

e il nodo, <strong>in</strong>vece di districarsi, si str<strong>in</strong>geva ancora di più: allora Saverio si rifiutava di tirare i lacci o<br />

di agire <strong>sul</strong> grumo di tessuto prima di avere compreso gli effetti di ogni possibile azione.<br />

Se Susanna non ricambiava i suoi sentimenti <strong>ad</strong>esso, sarebbe potuto succedere più avanti. Ma<br />

come farla <strong>in</strong>namorare? Dapprima, Saverio aveva fantasticato di un salvataggio eroico, ma per<br />

giorni e giorni le aveva visto correre il solo pericolo di sbrodolarsi con la marmellata delle<br />

merend<strong>in</strong>e portate da casa. Qu<strong>in</strong>di, era passato <strong>ad</strong> atti più concreti per tentare di attrarre la sua<br />

attenzione: le lasciava bigliett<strong>in</strong>i nel sussidiario, condivideva i beni più preziosi <strong>in</strong> suo possesso –<br />

liquirizia, pr<strong>in</strong>cipalmente – e cercava di aiutarla nei giochi dove la vedeva ancora impacciata.<br />

Eppure, nessuno di quei gesti veniva ricambiato. Saverio non era neanche sicuro che lei avesse<br />

<strong>letto</strong> uno dei libri che le aveva suggerito, l<strong>ad</strong>dove lui si era divorato le pag<strong>in</strong>e di qualsiasi titolo<br />

fosse passato anche solo casualmente <strong>sul</strong>le sue labbra. Nonostante questo, Susanna gli rimaneva<br />

ignota, una forma di vita aliena dotata di un terzo braccio <strong>in</strong>visibile che usava per tenerlo sempre a<br />

distanza.


Per riuscire nel suo <strong>in</strong>tento, Saverio si conv<strong>in</strong>se della necessità di capire cosa fosse l’amore. Si<br />

trattava di una silenziosa sopportazione dei difetti altrui? Al suo sguardo imbambolato, Susanna<br />

appariva dotata esclusivamente di qualità. Era forse la costruzione di una confortevole rout<strong>in</strong>e<br />

quotidiana? Saverio non sapeva cosa fare oltre a ritrovarsi <strong>in</strong> classe tutti i giorni. Oppure, gli<br />

<strong>in</strong>namorati erano persone che si tenevano compagnia percorrendo un tratto di str<strong>ad</strong>a <strong>in</strong>sieme?<br />

Non era sicuro che le rispettive m<strong>ad</strong>ri avrebbero acconsentito a lasciare che fosse lui a portare<br />

Susanna a casa dopo la scuola. Non restava che il confronto con il rapporto tra i suoi genitori: i<br />

sottili abusi reciproci, le pungenti provocazioni che cercavano di spacciargli come giocose, e la<br />

generale atmosfera che si respirava <strong>in</strong> casa erano l’esempio di una relazione da aborrire,<br />

qualunque fosse il nome usato per def<strong>in</strong>irla. E così, Saverio non riusciva a trovare una via d’uscita:<br />

né dal rovello, né tantomeno dall’arm<strong>ad</strong>io.<br />

Se questa fosse una pubblicità anziché un racconto, un familiare di Saverio lo conv<strong>in</strong>cerebbe a<br />

venire fuori blandendolo con una pietanza a base di uno specifico <strong>in</strong>grediente le cui doti di<br />

riconciliatore verrebbero decantate da un terzo personaggio a chi avesse lo stomaco di ascoltare il<br />

suo f<strong>in</strong>to accento locale. Ma Saverio non ha fratelli né sorelle; e la m<strong>ad</strong>re si trova <strong>in</strong> sala, al piano<br />

di sotto, le unghie laccate di blu di prussia della mano s<strong>in</strong>istra strette attorno a un telefono su cui è<br />

<strong>in</strong>ciso il logo di un frutto morsicato, la destra aggrappata a un calice di v<strong>in</strong>o. Dice: «Lo sta facendo<br />

di nuovo.» L’uomo a cui si rivolge all’altro estremo della conversazione trae un profondo sospiro,<br />

mentre il suo sguardo <strong>in</strong>dugia <strong>sul</strong> declivio di un’anca femm<strong>in</strong>ile a pochi passi da lui. «È il suo<br />

compleanno, e si comporta così. Mi sono dovuta scusare con i bamb<strong>in</strong>i e i loro genitori. È stato<br />

umiliante.» Neanche il p<strong>ad</strong>re può <strong>in</strong>tervenire, perché, dice la m<strong>ad</strong>re, è «via per lavoro» e di solito le<br />

sue assenze si protraggono per più giorni alla volta. Quando il figlio chiede di lui, la m<strong>ad</strong>re assume<br />

un atteggiamento colpevole, immag<strong>in</strong>ando che il bamb<strong>in</strong>o senta la mancanza di una figura<br />

maschile di riferimento come è capitato a lei durante la propria <strong>in</strong>fanzia, ma dietro la domanda<br />

Saverio cela la speranza di sentirsi rispondere che il p<strong>ad</strong>re non tornerà più. Si vede bene, dunque,<br />

come l’arm<strong>ad</strong>io sia dest<strong>in</strong>ato a rimanere chiuso ancora a lungo.<br />

L’unico amico che poteva venirgli <strong>in</strong> soccorso <strong>in</strong> tali ambasce era Pordenone Maestranzi, ma col<br />

cavolo che si faceva vedere, quel maledetto. Pordenone aveva l’abitud<strong>in</strong>e di comparirgli davanti<br />

nei momenti più imprevedibili: <strong>in</strong> mezzo alla ricreazione impedendogli di rimirare Susanna;<br />

all’uscita da scuola, prima di arrivare alla macch<strong>in</strong>a della m<strong>ad</strong>re; sotto la doccia, <strong>in</strong> pisc<strong>in</strong>a, dopo il<br />

nuoto prescritto dal medico; quando si lavava i denti, e pers<strong>in</strong>o mentre si trovava seduto <strong>sul</strong>la<br />

tazza a sganciare – come diceva l’amico – il carico da undici. A volte Pordenone si rivelava utile,<br />

come quando gli aveva suggerito la soluzione di alcuni complicati esercizi di matematica, a volte<br />

piacevole, ma ultimamente i due avevano litigato spesso perché <strong>in</strong> disaccordo su troppe cose, e<br />

Saverio com<strong>in</strong>ciava a trovarlo <strong>in</strong>v<strong>ad</strong>ente. Dopo un contrasto, Pordenone era solito sparire per<br />

qualche giorno. Forse non era l’amico che chiunque avrebbe voluto al suo fianco, ma a Saverio<br />

riusciva impossibile immag<strong>in</strong>arne uno migliore, o pers<strong>in</strong>o diverso.<br />

Sprofondato nel buio dell’arm<strong>ad</strong>io come <strong>in</strong> una comoda poltrona, Pordenone gli avrebbe detto:<br />

Bortolotti – lo chiamava sempre per cognome, lui – hai un quarto problema. Si chiama Paride. Lo<br />

vedi anche tu come lei gli sta sempre appiccicata. Vic<strong>in</strong>i di banco, vic<strong>in</strong>i <strong>in</strong> mensa, ci manca solo<br />

che v<strong>ad</strong>ano <strong>in</strong>sieme pure <strong>in</strong> bagno – per fortuna lei si porta ancora dietro le amiche. E qui Saverio<br />

lo avrebbe <strong>in</strong>terrotto, <strong>in</strong>fastidito dall’ultima rozza osservazione, ma soprattutto perché, questa volta,<br />

l’amico aveva ragione. Eppure, quella <strong>in</strong>tesa gli ri<strong>sul</strong>tava <strong>in</strong>spiegabile: che cosa aveva Paride più di<br />

lui? Un sacco di cose, certo: era agile, estroverso, biondo e ben pett<strong>in</strong>ato, sicuro di sé; ma a parte<br />

questo? Forse, erano gli <strong>in</strong>teressi <strong>in</strong> comune a legarli: loro discutevano di vestiti, Saverio si<br />

appassionava ai modell<strong>in</strong>i di autobus; nei loro cartoni animati preferiti robot e supereroi erano<br />

assenti; lui seguiva gli sport, loro le star multiformi della musica pop. Soprattutto, Susanna e Paride<br />

volevano <strong>esser</strong>e due maghi, lui un corsaro – non un pirata, c’era una bella differenza, come era<br />

sempre costretto a spiegare – e proprio non gli riusciva di immag<strong>in</strong>are due dest<strong>in</strong>i più diversi, più<br />

lontani nel tempo e nello spazio. Forse era questo l’amore: desiderare la stessa vita, fare <strong>in</strong>sieme<br />

le stesse cose, senza separarsi mai.


Questa consapevolezza calò su Saverio <strong>in</strong>esorabile come un genitore <strong>in</strong>furiato. Ebbe la<br />

sensazione di aver girato <strong>in</strong> tondo, senza risolvere nulla. La testa gli faceva male. Senza motivo, si<br />

ricordò di aver <strong>letto</strong> un aforisma di qualcuno che aveva sentenziato: “Dio non gioca a d<strong>ad</strong>i.” Ma agli<br />

occhi di Saverio, gonfi non solo di stanchezza, il mondo ora somigliava proprio a un cubo che,<br />

scosso da eventi imprevedibili, disponeva arbitrariamente le persone ancorate <strong>sul</strong>la sua superficie<br />

secondo i punti segnati <strong>sul</strong>le facce esterne. A lui era toccata la faccia con un punto solo. Da ogni<br />

lato provenivano le grida delle allegre brigate di tre, quattro, c<strong>in</strong>que bamb<strong>in</strong>i, e poco più <strong>in</strong> là<br />

Saverio <strong>in</strong>tuiva gli sguardi che, <strong>sul</strong> numero due, Susanna e Paride si scambiavano <strong>in</strong> silenzio, uno<br />

di fronte all’altra.


ROBERTO COSTANTINI<br />

DATE SCOMPARSE ED AFFETTO NEGATO<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua.<br />

Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna.<br />

Analizzando con maggior esattezza la realtà del fatto, è forse meglio precisare che l’età effettiva<br />

del ragazzo corrisponde però, a ben trecento e ottantaquattro mesi, essendo una di quelle rare<br />

persone nate il 29 febbraio.<br />

Oh Dio, a dirla tutta, la storia di questo particolare compleanno, non è che Saverio l’abbia mai<br />

compresa bene e tanto meno digerita.<br />

E’ qu<strong>in</strong>di cresciuto tra fantomatici chiarimenti e vaporosi concetti, alquanto complicati.<br />

F<strong>in</strong>ché ha potuto, ha seguito le varie teorie scior<strong>in</strong>ategli di volta <strong>in</strong> volta dai componenti della<br />

sua famiglia poi, di fronte all'<strong>in</strong>conciliabile evidenza dell'assurdità del caso, ha sbroccato miseramente.<br />

Non uno che gli raccontasse la stessa versione dell’arcana faccenda.<br />

Il nonno cercava di <strong>in</strong>cantarlo con leggendarie vicende di gnomi e fonti della giov<strong>in</strong>ezza.<br />

La nonna paterna lo lus<strong>in</strong>gava con facezie tipo “predest<strong>in</strong>ato, scelta div<strong>in</strong>a ed un<strong>tuo</strong>sità del Signore”.<br />

La mamma gli decantava i risvolti positivi che triplicavano le sue giornate di festa, facendo consumare<br />

d'<strong>in</strong>vidia ogni suo amico.<br />

Il p<strong>ad</strong>re lo affabulava con <strong>in</strong>sostenibili concetti di co<strong>in</strong>cidenza propiziatoria, cara alle più lungimiranti<br />

civiltà del passato, f<strong>in</strong>endo per barcamenarsi su mitici eldor<strong>ad</strong>i e santi graal.<br />

La sorella maggiore, eccelsa pragmatica, lo terrorizzava dicendogli che sarebbe morto giovane<br />

e, comunque, avrebbe rischiato di non vedere mai un film vietato ai m<strong>in</strong>ori...<br />

Tralasciando <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, le ottuse affermazioni degli zii e le <strong>in</strong>solenti cattiverie dei cug<strong>in</strong>i...<br />

Già alla scuola materna, alla festa del suo primo ed unico compleanno, aveva <strong>in</strong>iziato <strong>ad</strong> annotarsi<br />

<strong>in</strong> quali giorni c<strong>ad</strong>eva la ricorrenza della sua nascita.<br />

Il compleanno seguente, <strong>in</strong> seconda elementare, per un comprensibile ist<strong>in</strong>to di auto conservazione<br />

e nel pieno delle sue facoltà mentali, scelse di vivere tutte le età che pareva possedere.<br />

Ragione per cui ripercorse con scrupolo esagerato, le varie date comprese tra il 28 febbraio e<br />

l'1 marzo, dal fatidico 29 febbraio del 1980, provando a ricostruire le proprie evoluzioni temporali.<br />

Tutt'altro che semplice!<br />

Considerando che ogni anno lo celebravano con un giorno di anticipo o uno di ritardo, rispetto<br />

allo sfuggente vent<strong>in</strong>ove, la matematica diventò presto la sua materia preferita.<br />

La maldestra abitud<strong>in</strong>e dei genitori di dedicare una giornata alla festa <strong>in</strong> famiglia ed un'altra con<br />

i parenti o gli amichetti, gli aveva dato il colpo di grazia.<br />

Alla soglia del terzo compleanno, <strong>in</strong> prima media, <strong>in</strong>curiosito dai battibecchi <strong>in</strong> classe sui segni<br />

zodiacali, si avvic<strong>in</strong>ò perf<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> approfonditi studi astrofisici, <strong>ad</strong>dentrandosi nei meandri delle molteplici<br />

dottr<strong>in</strong>e e sui possibili ascendenti.<br />

Nel corso dell'anno scolastico, tal Alberto Faraco, consolidatosi poi quale suo <strong>in</strong>sostituibile amico<br />

del cuore, gli evitò farrag<strong>in</strong>ose elucubrazioni algebriche, <strong>in</strong>dirizzandolo verso l'oroscopo<br />

c<strong>in</strong>ese... ma gli amletici <strong>in</strong>terrogativi, <strong>in</strong>sediatisi nella mente, m<strong>in</strong>arono le sue confuse capacità cerebrali.<br />

Asserragliato nell'arm<strong>ad</strong>io, <strong>in</strong> verità una cab<strong>in</strong>a guardaroba di ampia metratura e contenente un<br />

ottima attrezzatura multimediale Saverio, <strong>in</strong> preda <strong>ad</strong> una folle crisi esistenziale, dava i numeri, <strong>in</strong><br />

senso letterale del term<strong>in</strong>e.<br />

Agli autentici otto anni compiuti, sommava i quarantotto delle diverse giornate <strong>in</strong> cui gli avevano<br />

spostato la festa per esigenze di calendario, ottenendo un poco giovanile c<strong>in</strong>quantasei che si<br />

scontrava con gli effettivi trent<strong>ad</strong>ue anni anagrafici.<br />

Amava qu<strong>in</strong>di, con l'impe<strong>tuo</strong>so slancio fisico ed ist<strong>in</strong>tivo dell'uomo trentenne al culm<strong>in</strong>e del proprio<br />

vigore ormonale.<br />

Si <strong>in</strong>caponiva testardamente <strong>sul</strong>l'<strong>in</strong>differenza dell'amata nei propri confronti, sfogandosi <strong>in</strong> scenate<br />

capricciose con urla e pianti classici della fanciullezza.<br />

E Susanna, la nonn<strong>in</strong>a del qu<strong>in</strong>to piano di cui si era disgraziatamente <strong>in</strong>vaghito da buon ottuagenario<br />

e l'unica <strong>in</strong> gr<strong>ad</strong>o di farlo ragionare, era stata ricoverata per i postumi di una defaillance respiratoria.


Le nuove conoscenze degli specialisti della salute mentale hanno battezzato questo disagio <strong>in</strong>validante<br />

DDI, disturbo dissociativo di identità, term<strong>in</strong>e che sostituisce il superato DPM, disturbo da<br />

personalità multipla.<br />

Lo psicoterapeuta Edoardo De Gesualdi, al corrente delle problematiche che affliggevano il proprio<br />

assistito, prevalentemente durante gli anniversari degli anni bisestili, si era tenuto libera la<br />

matt<strong>in</strong>ata per un'eventuale <strong>in</strong>tervento di soccorso.<br />

Esperto conoscitore della materia <strong>in</strong> questione e degli spor<strong>ad</strong>ici casi di preveggenza, rilevati<br />

nelle fissazioni di quel genere di pazienti, il solerte De Gesualdi non mancava di trascriversi ogni<br />

numero e possibili sue varianti, esternati dal borderl<strong>in</strong>e.<br />

A visita conclusa e con la diligenza che lo dist<strong>in</strong>gueva,<br />

avrebbe poi trascritto le cifre <strong>sul</strong>le dist<strong>in</strong>te della ricevitoria del lotto presso il proprio studio, giocandosele<br />

su tutte le ruote.<br />

Era sua ferma conv<strong>in</strong>zione che presto sarebbe riuscito a svoltare ed abbandonare quella manica<br />

di matti!<br />

Intanto però, a fianco degli stremati coniugi Bortolotti, doveva risolvere l’emergenza del momento,<br />

contenendo la disperazione di Saverio ed attirandolo fuori dall’arm<strong>ad</strong>io.<br />

L’uomo stava impersonando solo tre fasi delle sue consuete alterazioni:l’<strong>in</strong>fantile, la matura e la<br />

senile.<br />

Forse per stanarlo, avrebbe dovuto concentrarsi su fasce di età solitamente più pacate, preludio<br />

dell’andropausa.<br />

Aveva a disposizione i quaranta, i quarantotto ed i c<strong>in</strong>quantasei anni:quest’ultima pareva <strong>esser</strong>e<br />

l’esca perfetta!<br />

Dall’<strong>in</strong>terno del guardaroba Saverio mescolava i propri stati d’animo alternando bizze stizzite,<br />

pulsioni sessuali e sclerosi del cuore, <strong>in</strong> un disord<strong>in</strong>e spiazzante.<br />

All’esterno si controbilanciava premendo <strong>sul</strong> lato ipocondriaco del c<strong>in</strong>quantaseienne:richiamandolo<br />

all’ord<strong>in</strong>e per il ritardo con cui sarebbe arrivato all'esame per il PSA, m<strong>in</strong>acciandolo di tramutargli<br />

la colonscopia virtuale <strong>in</strong> quella ord<strong>in</strong>aria e redarguendolo <strong>in</strong> merito all'ipotesi di posticipargli<br />

il<br />

prepensionamento.<br />

Mentre le rispettive posizioni non si sbloccavano di una virgola, l’arrivo della sorella Eleonora<br />

alimentava le tensioni della famiglia ai loro apici senza apportare alcun progresso, come al solito.<br />

Questa volta <strong>in</strong>vece, la provvidenziale idea di contattare il fratello su <strong>in</strong>ternet tramite un falso<br />

profilo facebook della svenente nonn<strong>in</strong>a, poteva realmente avere chance di successo.<br />

Se qualcosa accomunava i due fratelli, la si poteva trovare solo <strong>sul</strong> web.<br />

Entrambi esperti <strong>in</strong>ternauti:turbolenta smanettona reg<strong>in</strong>a del free downlo<strong>ad</strong> lei, hacker di tutto rispetto<br />

nei suoi <strong>in</strong>numerevoli avatar, lui.<br />

Perciò dalle mentite spoglie del nickname “Pitupitum-pa”,<br />

la fraudolenta Susanna Tuttapanna lo tempestava di ammiccanti <strong>in</strong>viti tra un'immag<strong>in</strong>e e l'altra<br />

del formagg<strong>in</strong>o Milione.<br />

Dal compulsivo cliccare proveniente dall'arm<strong>ad</strong>io, il<br />

fratello sembrava aver abboccato all'amo.<br />

Chattando ai conf<strong>in</strong>i del proibito, l'<strong>in</strong>fida Eleonora, stava <strong>in</strong>staurando un primario rapporto con<br />

Saverio carpendone la fiducia.<br />

Il professore seguiva estasiato il procedere della comunicazione, raccomandandosi di<br />

sperimentarla alla prossima occasione.<br />

Bortolotti senior, rifletteva amaramente <strong>sul</strong>le qualità<br />

<strong>in</strong>tellettive dei propri discendenti.<br />

La m<strong>ad</strong>re Gisella, cercava effimere giustificazioni nella marijuana fumata nel corso della<br />

gravidanza.<br />

Per la sorella, penetrare le <strong>in</strong>genue difese di Saverio burlandosi delle sue limitate capacità, era<br />

alquanto gratificante ma poi, la consapevolezza di tr<strong>ad</strong>ire quel povero <strong>esser</strong>e, la lasciava<br />

mortificata.<br />

Tra subdoli ricatti ed illusorie promesse, la resistenza del consangu<strong>in</strong>eo era messa a dura<br />

prova.<br />

Al terzo “dai amor<strong>in</strong>o accontentali, esci da lì, f<strong>in</strong>gi di non <strong>in</strong>teressarti più a me, che quando mi<br />

dimettono andiamo al mare...su, fallo per me” impostato <strong>sul</strong>la sua pag<strong>in</strong>a facebook, il fratello si<br />

arrendeva.<br />

Alle h.21.36 esatte, dopo nove ore e dodici m<strong>in</strong>uti di estenuanti trattative, il chiavistello <strong>in</strong>terno<br />

dell'anta


scorrevole del guardaroba scattava ed un <strong>in</strong>torpidito Saverio si affacciava tra il sollievo<br />

generale.<br />

In uno slancio <strong>in</strong>naturale d'affetto, Eleonora lo abbracciava commossa per la prima volta <strong>in</strong><br />

trent<strong>ad</strong>ue anni.<br />

Gli <strong>in</strong>creduli genitori e<strong>sul</strong>tavano <strong>in</strong>torno al discreto De Giusberti, mentre il fratello confessava tra<br />

le lacrime:<br />

-C'e l'ho fatta Ele, ti ho fregato, mi hai toccato...hai provato qualcosa...per me!-


VIVIANA VIVIANI<br />

Re Savio<br />

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si<br />

trovava chiuso dentro l’arm<strong>ad</strong>io di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non<br />

ricambiato, il terzo Susanna.<br />

O almeno, da quel matt<strong>in</strong>o, Saverio aveva <strong>in</strong>iziato a sospettare che il suo amore per Susanna<br />

non fosse ricambiato. Prima non si era mai posto il problema, <strong>in</strong> realtà. Ogni giorno a scuola lui e<br />

Susanna facevano merenda <strong>in</strong>sieme, durante l'<strong>in</strong>tervallo, poi percorrevano <strong>in</strong>sieme metà della<br />

str<strong>ad</strong>a del ritorno verso casa, f<strong>in</strong>o al bivio dell'edicola, e tre pomeriggi a settimana si ritrovavano<br />

per giocare e fare i compiti. Tutto questo gli era sempre bastato, non si era mai posto troppe<br />

domande. D'altra parte, <strong>in</strong> quali altri modi ci si può amare, a otto anni?<br />

Quel matt<strong>in</strong>o però, nell'ora di g<strong>in</strong>nastica, quando la maestra li aveva <strong>in</strong>vitati a mettersi a coppie,<br />

un maschio e una femm<strong>in</strong>a, per fare tre giri di palestra affiancati, Susanna era sfuggita al suo<br />

sguardo d'<strong>in</strong>tesa per cogliere quello di Daniele, che non capiva i problemi di matematica, però era<br />

il più alto della classe e correva più forte di tutti, ed erano partiti <strong>in</strong>sieme, mano nella mano, per<br />

quei tre giri di corsa che a Saverio erano parsi <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abili. Forse anche perché a lui era toccata<br />

Agata, quella del banco <strong>in</strong> fondo, pallida come una morta, che ogni tanto stava a casa da scuola<br />

perché le trovavano i pidocchi <strong>in</strong> testa e più di una volta gli aveva detto che Saverio è un nome da<br />

vecchio. Poi al term<strong>in</strong>e della corsa Susanna gli aveva sorriso come sempre, come se nulla fosse<br />

cambiato, e si erano dati appuntamento per il pomeriggio.<br />

Così ora Saverio, chiusa la porta scorrevole <strong>sul</strong>l'ultimo filo di luce, stava immobile nel buio<br />

dell'arm<strong>ad</strong>io di sua m<strong>ad</strong>re, <strong>in</strong> attesa che Susanna lo trovasse. A lui non piaceva giocare a<br />

nascond<strong>in</strong>o e poi <strong>in</strong> casa sua i nascondigli erano sempre i soliti tre o quattro, ma non sapeva dire<br />

di no a Susanna. D'altra parte mamma gli diceva che con le ragazze bisogna <strong>esser</strong>e sempre<br />

gentili, mentre papà sosteneva che bisogna anche saper dir loro di no, e Saverio non sapeva più, o<br />

non sapeva ancora, chi dei due avesse ragione.<br />

Sentiva da lontano la voce di Susanna che lo chiamava, Saveeerioooo, mentre gli occhi, ormai<br />

abituati al buio, <strong>in</strong>iziavano a dist<strong>in</strong>guere i contorni degli abiti appesi alle grucce. Scostò una gonna<br />

lunga di sua m<strong>ad</strong>re che gli faceva il solletico e sp<strong>in</strong>se con il piede <strong>sul</strong> fondo dell'arm<strong>ad</strong>io la pila di<br />

asciugamani. Ecco, ora stava comodo, bastava respirare piano e non farsi sfuggire sternuti o colpi<br />

di tosse. La voce di Susanna era ancora lontana, al piano di sotto, dove mamma stava preparando<br />

la merenda. Saverio sperò che fosse la sua preferita, la crema di zabaione, e non il solito latte e<br />

biscotti dei giorni qualunque.<br />

D'altra parte quello non era un giorno qualunque, lo aveva spiegato la maestra quel matt<strong>in</strong>o,<br />

prima della maledetta ora di g<strong>in</strong>nastica. Era il vent<strong>in</strong>ove febbraio di un anno bisestile, ed anche se<br />

non si ricevevano regali come a Natale e non era vacanza era comunque un giorno particolare,<br />

poiché esisteva solo ogni quattro anni. E poi così aveva imparato una parola nuova, bisestile, e<br />

l'avrebbe messa subito alla prova la domenica successiva giocando all'impiccato con suo cug<strong>in</strong>o,<br />

che si chiamava Gaspare, perché per qualche motivo nella loro famiglia i bamb<strong>in</strong>i avevano tutti<br />

nomi da vecchi.<br />

Gaspare era un po' come Daniele, era alto e correva forte, ma non sapeva molte parole, tanto<br />

che già la domenica precedente Saverio lo aveva battuto con “ornitor<strong>in</strong>co”, appena imparata su un<br />

libro di scienze della biblioteca, ed ora, con “bisestile”, si profilava una nuova, schiacciante vittoria.<br />

Sì, l'impiccato era il suo gioco preferito, ma a Susanna piaceva giocare a nascond<strong>in</strong>o e lui<br />

l'accontentava sempre, perché l'amava. Non gli importava quello che dicevano gli altri, che solo gli<br />

<strong>ad</strong>ulti amano, e che un bamb<strong>in</strong>o può dire solo “mi piace”, tuttalpiù “le voglio bene”, oppure, come<br />

diceva Gaspare, “le v<strong>ad</strong>o dietro”, che non si capiva bene cosa volesse dire. Lui no, Susanna<br />

l'amava proprio, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, perché aveva gli occhi grandi e ii capelli<br />

lunghi lunghi che odoravano di caramella, e poi <strong>in</strong>sieme ridevano sempre. Per questo aveva<br />

sentito quella fitta tra le costole, vedendola correre a fianco di Daniele.<br />

Ogni tanto sognava un futuro <strong>in</strong> cui erano grandi, e siccome lui era il più bravo della classe nelle<br />

operazioni matematiche e lei era la più brava a coniugare i verbi, vivevano <strong>in</strong>sieme risolvendo<br />

operazioni e coniugando verbi per tutti, e quello era il loro lavoro. Ripensò a quel film che avevano<br />

visto con la scuola, dove un bamb<strong>in</strong>o entra <strong>in</strong> un arm<strong>ad</strong>io e ci trova un altro mondo, pieno di


pericoli e prove da affrontare, che poi, aveva spiegato la maestra, voleva dire crescere, diventare<br />

<strong>ad</strong>ulti, e lui aveva voglia di crescere presto, per poter dire a Susanna che l'amava, come lo<br />

dicevano gli <strong>ad</strong>ulti.<br />

Ora la voce di Susanna sembrava sempre più lontana, Saveeeerioooo. Eppure non era così<br />

grande la sua casa. Che fosse uscita <strong>in</strong> cortile? Il buio <strong>in</strong>iziava a conciliargli <strong>in</strong> sonno, quando sentì<br />

bussare alla porta dell'arm<strong>ad</strong>io. Toc, toc, toc. Ecco, Susanna mi ha trovato, pensò. Aprì, ma non<br />

c'era nessuno. Toc, toc, toc. Si accorse allora che il battito non proveniva dalla porta, ma dal lato<br />

<strong>in</strong>terno dell'arm<strong>ad</strong>io, dalla parte del muro, e dal basso. Un filo di luce filtrava dallo spigolo <strong>in</strong>terno e<br />

c'era una nuova porta scorrevole, parallela alla prima, spuntata dal nulla.<br />

Prese coraggio, aprì una fessura e una raffica di vento gli <strong>in</strong>vestì il viso. Lì, dove avrebbe<br />

dovuto <strong>esser</strong>ci la sua stanza, si estendeva un grande spazio aperto, una terra arida che si faceva<br />

più rigogliosa <strong>in</strong> lontananza, nel verde dei boschi e delle montagne, f<strong>in</strong>o <strong>ad</strong> un cielo immobile, a<br />

strisce azzurre e rosa.<br />

“Ti sei deciso f<strong>in</strong>almente!”<br />

Un grosso topo dal becco d'anatra, piedi palmati e voce starnazzante lo guardava dal basso.<br />

“Tu...tu ...tu sei un...”<br />

“Piacere, Kant”<br />

“Sei un ornitor<strong>in</strong>co!”<br />

“Un...cosa?” disse stupito l'<strong>esser</strong>e, sgranando gli occhi neri e m<strong>in</strong>uscoli “Davvero, non ricordo<br />

cosa sono. Da troppo tempo qui non c'è nessun altro uguale a me. So solo che mi chiamo Kant. E<br />

che tu sei Saverio, e che oggi è il <strong>tuo</strong> giorno.”<br />

E' identico alla foto <strong>sul</strong> libro, pensò Saverio, poi disse, un po' spaventato: “Il mio giorno?<br />

Per...cosa?”<br />

“Per diventare Re! Guarda!” disse Kant, <strong>in</strong>dicando le montagne <strong>in</strong> lontananza “Tutto questo può<br />

<strong>esser</strong>e <strong>tuo</strong>”<br />

“E...che dovrei fare?”<br />

“Innanzitutto saltare già da quell'arm<strong>ad</strong>io e venire con me. Ti farò da guida, ma solo f<strong>in</strong>o a un<br />

certo punto, dopo ti dovrai arrangiare. Ma per un po' posso aiutarti <strong>ad</strong> imparare quello che ti serve.<br />

Le parole <strong>ad</strong> esempio!”<br />

“Ah, a me piace tanto imparare nuove parole! Ne so già un mucchio!” disse Saverio.<br />

“Bravo! Ad esempio, dovrai diventare bravo nella cammicorsa!”<br />

“La... cammicorsa?”<br />

“Certo, è una particolare andatura che si usa solo qui. Ti fa sembrare lento quando <strong>in</strong> realtà vai<br />

veloce. Serve <strong>ad</strong> <strong>in</strong>gannare i <strong>tuo</strong>i nemici!”<br />

“Io ho...dei nemici?”<br />

“Certo, quelli che non vogliono che tu diventi Re, gli alleati di Re Daniel <strong>ad</strong> esempio, oppure altri<br />

aspiranti al trono. Poi dovrai imparare a usare i <strong>tuo</strong>i retrocchi.”<br />

“Io ho dei...retrocchi?”<br />

“Certo! Hai presente quando la maestra dice che ha gli occhi anche dietro la testa? Beh, lei non<br />

li ha, ma tu qui puoi averli! Devi solo imparare a usarli! Guarda me!”<br />

E così dicendo contrasse il muso <strong>in</strong> una smorfia tale da portare i suoi piccoli occhi neri <strong>sul</strong><br />

dorso peloso.<br />

“Che impressione...io... non credo di riuscirci...” disse Saverio, sempre più preoccupato.<br />

“Imparerai! Ho tante cose da <strong>in</strong>segnarti. Ti porterò f<strong>in</strong>o ai limiti del bosco, ma da lì dovrai trovare<br />

da solo la str<strong>ad</strong>a. Potrai chiedere <strong>in</strong>formazioni ai campalieri!”<br />

“I... campalieri?”<br />

“Sì, viaggiano a cavallo e conoscono tutte le str<strong>ad</strong>e, ma dovrai farti capire a gesti, perché sono<br />

sordi come campane. Devi però stare attento ai furbanti, i furbi furfanti, che si travestono da<br />

campalieri. Quelli <strong>in</strong>vece ci sentono benissimo, solo che poi ti <strong>in</strong>dicano sempre la str<strong>ad</strong>a sbagliata,<br />

che di solito porta a morte sicura!”<br />

“A...morte sicura..?”<br />

“Sì, e quando <strong>in</strong>contri un furbante, l'unica cosa da fare è lanciarti <strong>in</strong> una cammicorsa e sperare<br />

di <strong>in</strong>contrare un nasconiglio!”<br />

“Un...coniglio che mi nasconde?”<br />

“Bravo, vedi che già <strong>in</strong>izi a capire le parole? I nasconigli sono grandi conigli che ti possono<br />

nascondere tra le zampe o tra le orecchie. Sono <strong>tuo</strong>i alleati...beh...quasi tutti...a parte quelli che<br />

vogliono mangiarti...”


“Come...mangiarmi?”<br />

“Credo ci sia ancora qualche coniglio alleato di Daniel <strong>in</strong> giro, ma forse no, non saprei, beh non<br />

posso sapere tutto, non credi? Comunque potrai chiedere consiglio <strong>ad</strong> Agata la Pallida, la Maga<br />

dei Pidocchi!”<br />

“E...dove la trovo?”<br />

“Nel bosco, poco lontano dalla grotta del Grande Kaspar, lo stregone degli enigmi. Se non li<br />

risolvi f<strong>in</strong>isci impiccato!”<br />

“Il grande Kaspar... ma...è più bravo di mio cug<strong>in</strong>o?”<br />

“E che ne so io di <strong>tuo</strong> cug<strong>in</strong>o? Ah ah ah! Kaspar è quasi imbattibile! E se supererai il suo<br />

enigma potrai sfidare nella corsa Re Daniel, conquistare il suo regno e la tua Reg<strong>in</strong>a.”<br />

“Ma...proprio nella corsa? Non posso sfidarlo nei problemi di matematica? Ma...c'è anche una<br />

Reg<strong>in</strong>a qu<strong>in</strong>di?”<br />

“Sì, si chiama...mi pare...Sus<strong>in</strong>a? Sì, qualcosa del genere...”<br />

“Si chiama per caso... Susanna?”<br />

“Il nome davvero non lo ricordo...ma quando sarai Re potrai darle il nome che vuoi! A quel punto<br />

tutti gli ostacoli affrontati ti avranno reso saggio, e non sarai più Saverio, ma Re Savio!”<br />

Re Savio, pensò Saverio, e sentì di nuovo la voce di Susanna che lo chiamava, Saveeeriooooo,<br />

<strong>in</strong> lontananza.<br />

“Presto, presto prima che qualcuno ti trovi! Questa è un'opportunità che capita a pochissimi, e<br />

solo il vent<strong>in</strong>ove febbraio degli anni bisestili! Salta giù da quell'arm<strong>ad</strong>io! Salta! Salta! Salta!”<br />

Saverio guardò <strong>in</strong> basso, erano solo una dec<strong>in</strong>a di centimetri. Sentì di nuovo la voce di<br />

Susanna, sempre più lontana. In un attimo decise. Afferrò la porta scorrevole e la chiuse di colpo<br />

<strong>sul</strong> becco d'anatra dell'ornitor<strong>in</strong>co. No, no, no, Susanna è qui, non <strong>in</strong> quello strano mondo pieno di<br />

pericoli. E anche i miei genitori, la scuola, il libro di scienze, mio cug<strong>in</strong>o, la palestra, il c<strong>in</strong>ema. Si<br />

rannicchiò di nuovo nel buio dell'arm<strong>ad</strong>io, premendo forte la porta contro lo spigolo, mentre Kant<br />

cont<strong>in</strong>uava a bussare. Vattene mostriciattolo, vattene!<br />

Rimase così per un tempo <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ito, f<strong>in</strong>ché arrivò Susanna.<br />

“Saveeeriooooo!! Oplà, trovato! Ah ah ah! Ti eri <strong>ad</strong>dormentato!”<br />

L'odore di caramella dei capelli di Susanna si mescolava a quello di crema di zabaione che<br />

proveniva dal piano di sotto. Era tutto come prima.<br />

L'anno dopo i genitori di Susanna si trasferirono, così lei cambiò scuola e città. Per qualche<br />

mese cont<strong>in</strong>uarono a telefonarsi ogni tanto, poi più niente. Dopo le elementari vennero le medie e<br />

le superiori, per Saverio ci furono altri compagni, altri libri ed altre Susanne, ma mai nessuna come<br />

lei.<br />

Quattro anni dopo, a dodici anni, di nascosto da tutti, il vent<strong>in</strong>ove febbraio tornò a rannicchiarsi<br />

<strong>in</strong> quell'arm<strong>ad</strong>io, ma non acc<strong>ad</strong>de nulla. Provò <strong>ad</strong> <strong>ad</strong>dormentarsi, ma non ci riuscì.<br />

Lo fece di nuovo a sedici anni, poi, con un po' più di vergogna, a venti. Poi sua m<strong>ad</strong>re decise di<br />

buttare l'arm<strong>ad</strong>io, perché ormai era troppo vecchio e fuori moda.<br />

Saverio si conv<strong>in</strong>se che non poteva <strong>esser</strong>e stato altro che un sogno di bamb<strong>in</strong>o, ma non smise<br />

mai di domandarsi cosa sarebbe successo se, almeno <strong>in</strong> sogno, avesse avuto il coraggio di<br />

spiccare quel salto di pochi centimetri che avrebbe potuto fare di lui un Re, un Re Savio.

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