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all’improvviso quell’elastico e liberare tutti quei ricci, per vedere come sarebbe diventata Gi<strong>ad</strong>a.<br />

Ma non si sarebbe mai azzardato a farlo.<br />

Perché Gi<strong>ad</strong>a era sì scema, come tutte le femm<strong>in</strong>e, ma non COSI’ TANTO.<br />

Per esempio, non era fissata con i voti, come quelle che si mettevano a piangere se non<br />

prendevano dieci. Non si metteva collan<strong>in</strong>e e braccialett<strong>in</strong>i di plastica, perlomeno non troppi. E<br />

stava spesso zitta, a pensare agli affari suoi, senza rompere come le altre.<br />

Magari era anche simpatica, ma di questo Saverio non era sicuro, perché Gi<strong>ad</strong>a, e questo era il<br />

terzo problema, non gli aveva mai detto una parola, né simpatica né antipatica. Per lei, Saverio<br />

era come una delle bottiglie di aranciata <strong>sul</strong> tavolo o una scheda della play, o un cusc<strong>in</strong>o del<br />

divano. Non ci faceva proprio caso.<br />

Invece lui non la perdeva mai di vista. A scuola durante l’<strong>in</strong>tervallo, all’uscita, quando passava nel<br />

corridoio per andare <strong>in</strong> palestra. A casa cont<strong>in</strong>uava a pensarla, se la vedeva davanti anche quando<br />

spegneva la luce la sera, e chiudeva gli occhi. Allungava una mano nel buio e immag<strong>in</strong>ava di<br />

passare le dita fra quei capelli così misteriosi. Di sentirne l’odore, che poteva solo immag<strong>in</strong>are,<br />

perché non si era mai trovato abbastanza vic<strong>in</strong>o a lei da sentirlo davvero, ammesso che avesse<br />

poi un odore. Ma lui era sicuro che fosse così.<br />

Mai come quell’anno Saverio avrebbe voluto che il 29 febbraio non esistesse. E che non arrivasse<br />

il compleanno <strong>in</strong> coppia con sua cug<strong>in</strong>a.<br />

Invece, anno bisesto, era arrivato. Un <strong>in</strong>significante mercoledì pomeriggio, Susanna scema come<br />

sempre con il suo complet<strong>in</strong>o di Hello Kitty, e tutte le altre gall<strong>in</strong>e petulanti dietro, le prime <strong>ad</strong><br />

arrivare alla festa, con il loro carico di Barbie e W<strong>in</strong>ks. Dovevano <strong>esser</strong>e arrivati anche i suoi tre o<br />

quattro compagni di scuola, ma a quel punto lui era già al sparito dalla circolazione. Al sicuro da<br />

una festa che NON VOLEVA, e basta. Tanto, prima che l’av<strong>esser</strong>o trovato… Questo era il<br />

vantaggio di avere dei nonni con una grande casa di campagna, piena di stanze e di arm<strong>ad</strong>i.<br />

Forse qualcuno si era accorto della sua mancanza ma credevano che prima o poi sarebbe<br />

ricomparso, quando gli fosse passata “la luna per traverso”, come diceva la nonna. E <strong>in</strong>vece<br />

questa volta si sbagliavano. Lui non sarebbe tornato.<br />

Stava cercando di ricavare un po’ di spazio per i suoi lunghi piedi <strong>in</strong>filati nelle tennis, augurando<br />

<strong>in</strong>tanto ai suoi familiari, quando fosse stato trovato senza vita con un Raid alla lavanda <strong>in</strong>filato su<br />

per il naso, anni di rimorsi e castighi, per non aver capito <strong>in</strong> tempo l’<strong>in</strong>giustizia della situazione.<br />

E fu <strong>in</strong> quel momento che sentì i passi avvic<strong>in</strong>arsi, e le voci. Una la conosceva, era quella della zia<br />

Giovanna:<br />

- Vieni, entriamo qui.<br />

Saverio si immobilizzò. I passi si erano fermati. La porta si era aperta.<br />

- E’ la camera di Saverio. E lì c’è il bagno – cont<strong>in</strong>uò la zia.<br />

Attraverso una fessura, lui vide un’ombra attraversare la stanza.<br />

- Torno giù – disse la zia, richiudendo la porta.<br />

Quando fu sicuro che nella stanza non ci fosse nessuno, Saverio socchiuse le ante dell’arm<strong>ad</strong>io e<br />

avvic<strong>in</strong>ò il viso. Soliti rumori dal bagno. Sciacquone, rub<strong>in</strong>etto, ronzio del ventilatore, <strong>in</strong>terruttore<br />

della luce.<br />

Trattenne il respiro e si morse le labbra. Ferma <strong>sul</strong>la soglia c’era Gi<strong>ad</strong>a. L’ultima persona che<br />

avrebbe voluto vedere lì. Nella sua camera, nel suo bagno. Cosa le era venuto <strong>in</strong> mente, alla zia<br />

Giovanna?<br />

Gi<strong>ad</strong>a com<strong>in</strong>ciò a girare per la stanza, guardandosi <strong>in</strong>torno e mettendo le mani dappertutto.<br />

Sfogliò uno dei Geronimo Stilton appoggiati <strong>sul</strong> comod<strong>in</strong>o, osservò <strong>sul</strong>la parete il poster di Di Vaio<br />

e il qu<strong>ad</strong>retto a punto croce della nonna. Quando si fermò davanti alla sua foto a sei mesi, nudo <strong>sul</strong><br />

<strong>letto</strong>ne, si sentì diventare paonazzo per la vergogna.<br />

F<strong>in</strong>ito il suo giro, lei venne verso l’arm<strong>ad</strong>io. Saverio aveva l’impressione che lo fissasse negli occhi,<br />

attraverso la fessura fra le ante. La vedeva bene ora. Aveva una tuta di velluto viola e sembrava<br />

ancora più alta. Il suo viso era così vic<strong>in</strong>o che allungando una mano avrebbe potuto toccarle il neo<br />

vic<strong>in</strong>o alle labbra.<br />

Allora si ricordò dello specchio esterno dell’arm<strong>ad</strong>io. E capì. Era se stessa che Gi<strong>ad</strong>a guardava,<br />

non certo lui. Un marmocchio che legge Geronimo Stilton e si fa fotografare con il pisello di fuori<br />

<strong>sul</strong> <strong>letto</strong> di mamma.<br />

Non vedeva l’ora che se ne andasse, non sarebbe mai più uscito di lì. Anzi non voleva vederla mai<br />

più. Chiuse gli occhi. Li avrebbe aperti solo quando fosse stato sicuro che lei era sparita per<br />

sempre, dalla stanza, dalla casa e dalla faccia della Terra.<br />

Ma non ce la fece. Non l’aveva mai avuta così vic<strong>in</strong>a. Chissà quando gli sarebbe capitato un’altra<br />

volta.<br />

Riaprì gli occhi. Gi<strong>ad</strong>a era sempre lì, che si osservava allo specchio.

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