Capitolo 9 – L'Italia Fascista
Capitolo 9 – L'Italia Fascista
Capitolo 9 – L'Italia Fascista
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nessi<br />
!<br />
Fascistizzazione<br />
della società<br />
<strong>Capitolo</strong> 9, Lltalia fascista<br />
cietà italiana sul modello della nazificazione varata da Hitler dopo la presa del potere;<br />
il dirigismo economico fondato sul protezionismo assoluto; una nuova politica<br />
estera imperniata sull'alleanza con il nazismo e sulla scelta imperialista.<br />
Esaminiamoli uno per volta.<br />
Il fascismo italiano negli anni trenta<br />
Svolta totalitari~ _I<br />
~.= •<br />
Dirigismo economico Nuova politica estera<br />
verifica breve<br />
o Quali furono le ripercussioni sul piano internazionale dell'affermazione del fascismo italiano? e Quali erano i caratteri dei regimi<br />
autoritari europei negli anni venti? e Quale fu l'effetto dell'istituzione del nazismo in Germania sui fascismi europei? O Quali tre<br />
aspetti presentò la svolta totalitaria del fascismo italiano negli anni trenta?<br />
Il fascismo italiano<br />
crea organizzazioni<br />
nel mondo del lavoro<br />
e in quello giovanile per<br />
garantirsi il consenso<br />
La fascistizzazione della società<br />
[organizzazione del consenso<br />
Fino alla fine degli anni venti il progetto autoritario del regime aveva mirato al controllo<br />
della società combinando la creazione di un vero e proprio stato di polizia, con il compito<br />
di colpire ogni fonna di dissenso politico, con la costituzione di diversi organismi di<br />
massa attraverso i quali organizzare il consenso al fascismo. Già nel 1925 venne istituita<br />
l'Opera nazionale dopolavoro con il compito di controllare il tempo libero dei lavoratori<br />
delle industrie, che costituivano il gruppo sociale più tetragono ad accettare l'ideologia fascista,<br />
attraverso una complessa rete di iniziative sportive e culturali. Nello stesso anno<br />
venne creato dal Partito nazionale fascista l'Istituto nazionale fascista di cultura, presieduto<br />
dal filosofo Giovanni Gentile, con lo scopo esplicito di sviluppare una politica culturale<br />
espressamente fascista e di condizionare la libertà intellettuale degli studiosi, trasformandoli<br />
in strumenti della propaganda del regime. Uno sforzo specifico fu indirizzato al<br />
controllo dell'istruzione pubblica, che trovò il suo acme nella sostituzione nelle scuole<br />
elementari e poi nelle medie dei libri di testo con il testo unico di stato (1928) i cui contenuti<br />
erano vagliati e selezionati scrupolosamente dal ministero della Pubblica istruzione.<br />
Un processo analogo riguardò il mondo giovanile con la fondazione nel 1926 dell'Opera<br />
nazionale Balilla, dedicata alla fonnazione delle giovani generazioni - reclutava i giovani<br />
dagli otto ai diciotto anni - secondo i dettami dell'ideologia fascista: esaltazione<br />
della guerra e della prestanza fisica, adesione incondizionata al mito di Mussolini, duce<br />
della nazione, esaltazione nazionalistica.<br />
A queste iniziative se ne unirono altre, come l'Opera maternità e infanzia, volte a organizzare<br />
l'assistenza sociale nei confronti delle fasce più deboli della popolazione. La fascistizzazione<br />
rappresentò un ulteriore salto di qualità nella politica, mirante a realizzare<br />
la subordinazione totale della società al fascismo.<br />
317
UdA3<br />
.\ Balilla schierati a piazza San Pie-<br />
Jtro a Roma. Le associazioni giovanili<br />
furono da subito uno strumento<br />
essenziale del disegno di fascistizzazione<br />
della società. Affiancandosi all'azione<br />
della scuola, Leorganizzazioni<br />
giovanili si occupavano di formare le<br />
nuove generazioni ai valori di vigore fisico<br />
e di pronta obbedienza, funzionali<br />
alla conservazione del regime e alla<br />
preparazione militare dei cittadini.<br />
Con la stipula dei Patti<br />
lateranensi i rapporti fra<br />
stato e chiesa vengono<br />
regolati, garantendo<br />
ulteriore consenso<br />
al regime<br />
RICORDA CHE<br />
Le relazioni fra lo stato italiano e<br />
la chiesa durante l'età liberale erano<br />
state condizionate dalla reazione<br />
del papa all'istituzione di Roma<br />
capitale<br />
318<br />
Nelle elezioni<br />
plebiscitarie del 1929<br />
Mussolini raccoglie i<br />
frutti del consenso<br />
Il fascismo e la chiesa<br />
Uno dei passaggi-chiave in questa direzione fu la pacificazione con la chiesa cattolica,<br />
sancita dai Patti lateranensi, sottoscritti l'Il febbraio 1929 da Mussolini e dal cardinale<br />
Gasparri, segretario di stato vaticano, e costituiti da tre documenti distinti: il trattato,<br />
la convenzione finanziaria e il concordato. Il trattato garantiva l'assoluta indipendenza<br />
alla Santa sede, riconosciuta come soggetto di diritto internazionale: sui territori circostanti<br />
la basilica di San Pietro, noti come Città del Vaticano, il pORtefice esercitava la<br />
piena sovranità e, a sua volta, riconosceva lo stato italiano con capitale Roma, nel quale<br />
la religione cattolica era la sola religione di stato. Con la convenzione finanziaria venne<br />
pagata un'indennità a risarcimento dei beni espropriati con la presa di Roma. Ilconcordato<br />
imponeva inoltre ai vescovi di giurare fedeltà allo stato italiano, contemporaneamente<br />
assicurava importanti privilegi alla chiesa cattolica: lo stato italiano infatti riconosceva<br />
gli effetti civili del matrimonio religioso e si impegnava a far impartire nelle<br />
scuole pubbliche l'insegnamento della dottrina cattolica, resa obbligatoria nelle scuole<br />
elementari e medie, mentre i preti colpiti da censura ecclesiastica erano esclusi da tutti<br />
gli impieghi pubblici. Questo risultato rafforzò il consenso dell'opinione pubblica al regime<br />
e il prestigio del duce uscì accresciuto dalla "conciliazione", cui fu simbolicamente<br />
intitolato il largo rettilineo che, in seguito a un massiccio sventramento del vecchio<br />
tessuto urbano, unì la basilica di San Pietro alla riva del Tevere.<br />
Non a caso nelle elezioni del 1929, dette plebiscitarie perché i cittadini potevano soltanto<br />
approvare o respingere una lista di nomi predisposta dal Gran consiglio del fascismo,<br />
i "sì" furono la stragrande maggioranza. Mussolini fu salutato dal pontefice Pio Xl,<br />
all'indomani dei Patti, come "l'uomo della provvidenza". Ma, nonostante il concordato,<br />
il rapporto con la chiesa rimase non sempre pacifico, perché quest'ultima non intendeva<br />
rinunciare al suo magistero educativo nei confronti delle giovani generazioni, che<br />
invece il regime cominciò in quel periodo a ritenere dovesse essere interamente avocato<br />
al partito e allo stato. Questo contrasto degenerò in scontro quando, nel 1931,<br />
Mussolini impose di sciogliere tutte le organizzazioni cattoliche giovanili e inviò ai prefetti<br />
l'ordine di chiudere le sedi dell'Azione cattolica, la più grande organizzazione di<br />
massa della chiesa, perché la sua azione era considerata contraria al regime. Nonostante<br />
questo conflitto, però, la pace religiosa favorì il fascismo, che poté dispiegare la sua<br />
azione di fascistizzazione della società italiana potendo contare per lo meno sulla neutralità,<br />
quando non sull'aperto consenso, della più imponente organizzazione di formazione<br />
culturale esistente nel paese.
Le organizzazioni<br />
giovanili del Partito<br />
fascista vengono<br />
potenziate e riunite<br />
nella Gioventù italiana<br />
del Littorio<br />
Le organizzazioni<br />
universitarie fasciste<br />
vengono rivitalizzate<br />
e danno luogo<br />
a un'intensa produzione<br />
artistica e culturale<br />
Il progetto totalitario<br />
investe anche la scuola<br />
e le organizzazioni<br />
preposte alle attività<br />
ricreative dei lavoratori<br />
322<br />
UdA 3, tetà dei totalitarismi<br />
Le organizzazioni giovanili SI<br />
Con lo scioglimento dell'associazionismo cattolico il dominio fascista sulla formazione<br />
dei giovani divenne totale. Per realizzare questo obiettivo di completa fascistizzazione<br />
delle giovani generazioni, il regime riorganizzò completamente gli organismi di massa<br />
fondati negli anni venti. Nel 1937 tutti gli organismi giovanili fino ad allora creati - i<br />
Balilla, gli Avanguardisti, i Figli della lupa, le Piccole e le Giovani italiane - vennero<br />
unificati nella Gioventù italiana del Littorio (Gil) che alla vigilia della Seconda guerra<br />
mondiale inquadrava oltre il 50% di tutti i maschi e le femmine nelle rispettive fasce<br />
d'età. Una struttura imponente con milioni di iscritti, posta sotto la diretta responsabilità<br />
del partito, che secondo un codice rigorosamente militaresco non solo si occupava<br />
di educazione e di svago, ma anche di prevenzione e cura delle malattie che ancora assillavano<br />
i bambini delle classi povere. Tra campi premilitari, colonie marittime e montane,<br />
gite e spettacoli teatrali e cinematografici il regime si incaricò dunque di riempire<br />
interamente il tempo libero delle giovani generazioni per finalizzarlo alla loro politicizzazione:<br />
una politicizzazione passiva ovviamente che non prevedeva la libera circolazione<br />
delle idee e il dibattito critico, ma l'adesione coatta ed esaltata ai miti del regime,<br />
attraverso la propaganda martellante promossa dai funzionari politici preposti alle attività<br />
della GiL<br />
La fascistizzazione dei giovani comportò anche la rivitalizzazione dei Gruppi universitari<br />
fascisti (GuD, nati anch'essi negli anni venti, ma progressivamente ridimensionati,<br />
per la disaffezione dei giovani universitari a questa organizzazione. Negli anni<br />
trenta il regime fece un poderoso investimento economico e politico per mobilitare<br />
gli studenti universitari proponendo una vasta gamma di attività culturali e di svago<br />
che ebbero notevole successo. «Tra le varie iniziative - ha scritto la storica Ruth Ben-<br />
Ghiat - sono da ricordare i teatri sperimentali, molti dei quali si trasformarono in<br />
compagnie itineranti; le dozzine di riviste dei Guf che diedero a scrittori esordienti,<br />
giornalisti, disegnatori e fotografi l'opportunità di esordire nel mondo del lavoro; i<br />
Littoriali della cultura e dell'arte che [. .. ] fornirono [agli studenti] una sorta di vetrina<br />
su scala nazionale in cui esibire le rispettive capacità di dibattito e di lavoro intellettuale<br />
e creativo.» Un'intera generazione di scrittori e artisti che sarebbe stata attiva<br />
nel dopoguerra e su posizioni politiche antifasciste fece le sue prime esperienze nei<br />
circuiti culturali: da scrittori come Vittorini e Prato lini, da registi come Lattuada a<br />
Comencini, a intellettuali come Bruno Zevi, a futuri dirigenti del Partito comunista<br />
come Mario Alicata.<br />
La scuola e le attività ricreative 5 I<br />
Questa pressione sulle giovani generazioni coinvolse direttamente la scuola, che<br />
sempre più il regime tese a trasformare in una cassa di risonanza della propria ideologia<br />
e delle proprie scelte politiche, imponendo agli insegnanti di diventare dei pedagoghi<br />
al servizio del fascismo, secondo i dettami della Carta della scuola promulgata<br />
nel 1937. Essa infatti individuava nell'esaltazione del fascismo il principio fondamentale<br />
dell'istruzione di stato, a cui materie e discipline dovevano essere subordinate<br />
e funzionalizzate.<br />
Il controllo sul tempo libero, perché fosse interamente permeato dal dominio totalitario<br />
sulla società civile, non si limitò ai giovani ma riguardò l'intera società. A questo fine<br />
venne potenziata l'attività dell'Opera nazionale dopolavoro, diffusa capillarmente<br />
nelle fabbriche e negli uffici. Attraverso gite di massa e viaggi organizzati, spettacoli e<br />
attività ricreative, gli italiani venivano messi in contatto con le opere pubbliche realizzate<br />
dal fascismo, oppure erano ammessi al contatto con il duce, che nel corso degli anni<br />
trenta subì un processo di vera e propria mitizzazione. Al motto "il duce ha sempre<br />
ragione" venne costruita !'immagine di un capo carismaticoinfallibile e preveggente cu:<br />
era affidato il compito di realizzare la grandezza della nazione.
<strong>Capitolo</strong> 9, t1talia fascista<br />
Nel 1937 viene posata la prima<br />
pietra della nuova sede dell'Istituto<br />
Luce, tramite il quale il regime<br />
controllava i notiziari cinematografici.<br />
Dopo una prima fase di disinteresse, il<br />
regime si rese pienamente conto del<br />
valore che la cinematografia poteva<br />
avere nella sua azione di propaganda e<br />
di ricerca del consenso, dedicando<br />
grande attenzione al controllo anche di<br />
questo settore dei mezzi di comunicazione<br />
di massa.<br />
Il regime stabilisce un<br />
rigido controllo su<br />
stampa, cinematografia<br />
e radiofonia<br />
La politicizzazione<br />
delle masse si affianca<br />
alf attività repressiva<br />
esercitata dalla polizia<br />
segreta e dal Tribunale<br />
speciale<br />
La propaganda 5(<br />
In questo quadro un ruolo decisivo venne giocato anche dai mezzi di comunicazione<br />
di massa. La fascistizzazione della stampa fu attuata in modo graduale ma intransigente<br />
e curata direttamente da Mussolini: i diretLOlidelle testate non allineati furono allontanati<br />
e sostituiti; l'iscrizione all'albo professionale dei giornalisti fu subordinata alla<br />
presentazione di un certificato di buona condotta politica rilasciato dal prefetto, l'agenzia<br />
di stampa nazionale, la Stefani, doveva fornire ai quotidiani le "veline" delle notizie<br />
sulla base delle indicazioni provenienti dall'Ufficio stampa e propaganda (divenuto nel<br />
1937 ministero della Cultura popolare). Sulla produzione cinematografica fu esercitata<br />
una stretta censura e solo in un secondo tempo fu favorita la produzione cinematografica<br />
nazionale; dal 1925 fu statalizzato l'Istituto Luce, che deteneva il monopolio<br />
dell'informazione cinematografica Anche le trasmissioni radio foniche erano monopolio<br />
dell'agenzia di stato, l'Eiar, che cercò di realizzare la massima diffusione degli apparecchi<br />
radiofonici; tuttavia, data la perdurante compressione dei consumi cui era sottoposta<br />
la popolazione italiana, la diffusione di questo bene non raggiunse mai i livelli<br />
desiderati.<br />
Emerge qui uno dei tratti salienti del progetto totalitario, vale a dire la creazione del<br />
consenso al regime attraverso la mobilitazione permanente della società: una politicizzazione<br />
di massa ma del tutto passiva (perché escludeva qualsiasi libera dialettica politica),<br />
interamente diretta dal partito unico e concentrata sulla figura mitizzata del duce.<br />
L organizzazione del consenso, peraltro, non andava mai disgiunta dall'esercizio della<br />
repressione, attraverso l'azione capillare degli organi di polizia, le iniziative dell'Ovra<br />
(la polizia segreta) e le sentenze del Tribunale speciale per la difesa dello stato (istituito<br />
nel 1926) che accentrò su di sé, sottraendoli alla magistratura ordinaria, i processi<br />
di natura politica<br />
verifica breve<br />
o Con quali strumenti associativi il regime cercò di organizzare il consenso degli italiani? e Quali materie vennero discipLinate con<br />
i Patti lateranensi? e Come si svolsero le elezioni definite dal regime «plebiscitarie»? O Come furono riorganizzate le formazioni<br />
giovanili nel corso degli anni trenta? Ci) Come si comportò il regime nei confronti di stampa e cinematografia?<br />
323
In Italia gli effetti della<br />
crisi si inseriscono<br />
in un quadro<br />
di rallentamento<br />
complessivo della vita<br />
economica<br />
RICORDA CHE<br />
t:obiettivo di "quota 90", vale a<br />
- dire della rivalutazione della lira<br />
sulla sterlina, era stato deciso da<br />
Mussolini nel 1926<br />
Il regime reagisce<br />
alla crisi cercando<br />
di rompere i legami<br />
di dipendenza<br />
economica dall'estero<br />
QUESTIONI E PROBLEMI<br />
Un caso<br />
di modernizzazione<br />
autoritaria<br />
n fascismo non ha rappresentato<br />
solo una reazione autoritaria<br />
alle istanze di partecipazione<br />
delle masse popolari, ma<br />
anche una delle forme<br />
possibili di gestione della<br />
modemizzazione della società<br />
italiana. In che modo ha svolto<br />
questa funzione?<br />
324<br />
UdA 3, tetà dei totalitarismi<br />
Tra dirigismo e autarchia<br />
Gli effetti della crisi degli anni trenta<br />
In Italia, le conseguenze della crisi economica mondiale si intrecciarono con gli effetti<br />
dell'operazione di stabilizzazione della lira, che si tradussero in un rallentamento complessivo<br />
della crescita economica. "Quota 90" aveva infatti riportato lo stato al centro<br />
del sistema economico e riproposto i tradizionali contrappesi alle debolezze strutturali<br />
dell'industria italiana protezionismo, deflazione, sostegno alla produzione, spesa<br />
pubblica. In sostanza, si confermava il modello di sviluppo centrato sulla triangolazione<br />
fra stato, grandi gruppi industriali e banche che aveva caratterizzato l'Italia liberale.<br />
La particolare natura reazionaria del regime fece ricadere il costo della stretta deflazionistica<br />
sui salari dei lavoratori dipendenti e in particolare degli operai industriali, determinando<br />
un ulteriore indebolimento del mercato interno.<br />
A questa situazione di stagnazione si aggiunse il terremoto causato dalla grande crisi<br />
del 1929, determinando una spirale depressiva Negli anni 1929-32 il calo della produzione<br />
industriale oscillò mediamente tra il 15% e il 25%, toccando punte ancor più<br />
elevate nell'industria tessile (tra 25% e 34%), metallurgica (tra 25% e 35%) e meccanica<br />
(32%)<br />
Come negli Stati Uniti, anche in Italia dunque tutto lo sforzo del mondo imprenditoriale<br />
fu orientato a sostenere i prezzi e i profitti, con il risultato di alimentare la disoccupazione<br />
che, nel 1932-33, il peliodo più cupo dell'intero ciclo depressivo, superò il<br />
milione di unità solo nel settore secondario. La disoccupazione e la riduzione degli stipendi<br />
ebbero l'effetto di deprimere ulteriormente i consumi e il mercato interno, mentre<br />
la paralisi del commercio mondiale colpì le esportazioni italiane e inaridì i flussi di<br />
capitali internazionali.<br />
In questo contesto il regime tentò di superare la crisi piegando l'intero sistema economico<br />
all'interno dei confini nazionali e rompendo i legami di dipendenza dell'economia<br />
italiana con gli altri paesi capitalistici.<br />
Lagricoltura fu prevalentemente finalizzata a soddisfare i consumi intemi e dovette<br />
pertanto rinunciare alle esportazioni, che costituivano gran parte del suo potenziale<br />
• Fascismo e modernizzazione<br />
La nuova storiografia del fascismo ha<br />
messo al centro della sua proposta interpretativa<br />
il tema della modernità. La domanda<br />
a cui bisogna cercare di dare una<br />
risposta non consiste soltanto nel definire<br />
in che senso si può affermare che il<br />
fascismo ha modernizzato l'Italia, ma<br />
anche nell'individuare il tipo di modernizzazione<br />
generato dalla politica fascista<br />
sul versante economico e sociale. La<br />
modernizzazione infatti sintetizza i processi<br />
di cambiamento che consentono a<br />
una determinata società di raggiungere<br />
quell'insieme di condizioni materiali, sociali<br />
e culturali che comunemente vengono<br />
definite con i tennini moderno/modernità.<br />
><br />
Il rapporto tra fascismo e modernizzazione<br />
presenta molteplici sfaccettature.<br />
Alcuni partono dal presupposto che<br />
autoritarismo e totalitarismo si siano<br />
configurati come fenomeni politici interamente<br />
iscritti nelle dinamiche delle società<br />
di massa industrializzate. In quest'ottica<br />
la politica economica del fascismo,<br />
che ruota sulle tre coordinate del<br />
corporativismo, dell'autarchia e dell'espansionismo<br />
imperialista, esprimeva<br />
un modello economico e sociale che si<br />
proponeva esplicitamente come una<br />
"via" alla modernizzazione, alternativa<br />
al capitalismo e al comunismo. Altri presupposti<br />
discendono dalla sociologia<br />
della modernizzazione, secondo la quale<br />
i fascismi hanno costituito un'espe-
[apparato industriale<br />
si riorganizza<br />
e aumenta<br />
la dipendenza<br />
dalle banche<br />
<strong>Capitolo</strong> 9, TItalia fascista<br />
rienza politica propria di paesi che hanno<br />
conosciuto un processo di modernizzazione<br />
dotato di caratteri specifici.<br />
Il fascismo quindi non è stato soltanto<br />
l'artefice di un determinato processo<br />
di modernizzazione, ma è stato anche il<br />
frutto di un modello di modernizzazione<br />
di lunga durata che ha caratterizzato la<br />
storia degli stati-nazione nei quali quel<br />
sistema politico si è imposto.<br />
• Che cos'è la modernizzazione<br />
Per cogliere appieno quest'ultima<br />
questione è necessario confrontarsi con<br />
le molteplici implicazioni del concetto di<br />
modernizzazione. Con questo termine<br />
infatti si intendono sintetizzare i caratteri<br />
e la direzione del mutamento sociale al-<br />
economico. Ne fecero le spese i settori più dinamici dell'agricoltura, con il tracollo delle<br />
produzioni olearie e vinicole meridionali, della zootecnia padana, delle colture specializzate<br />
ortofrutticole, a vantaggio della cerealicoltura estensiva a bassa produttività<br />
favorita dal regime protezionistico promosso dal governo. Assistito dai finanziamenti<br />
pubblici previsti dal piano della bonifica integrale, il settore agricolo non riuscì a modernizzare<br />
le sue tecniche produttive. Molti dei lavori pubblici previsti si limitarono a<br />
promuovere interventi a vantaggio della grande proprietà tradizionale e si verificò piuttosto<br />
un ritorno a forme economiche arretrate, spesso basate sull'autoconsumo. La piccola<br />
proprietà diretto-coltivatrice, oberata dai debiti e svantaggiata da una caduta dei<br />
prezzi delle derrate agricole molto superiore a quella dei prezzi industriali, venne travolta<br />
dalla crisi o sopravvisse solo grazie alla contrazione dei consumi delle famiglie<br />
contadine.<br />
Dallo stato regolatore della vita economica<br />
allo stato imprenditore e banchiere<br />
Gli effetti sul sistema industriale di questo ripiegamento strategico verso il mercato interno<br />
furono molto più complessi. Nei settori più legati ai consumi privati - l'agroalimentare,<br />
il tessile e il meccanico - si verificò una riorganizzazione produttiva che<br />
marginalizzò produzioni di grande tradizione, come quella della seta o delle paste alimentari,<br />
mentre irrobustì quelle che avevano conosciuto una più intensa innovazione<br />
tecnologica, come quella cotoniera e delle fibre artificiali.<br />
Parallelamente la crisi accentuò la dipendenza della grande industria dall'erogazione<br />
dei prestiti delle banche, che rapidamente si trovarono a dover risolvere il grave problema<br />
di immobilizzi di capitale giganteschi, confluiti nei finanziamenti alla grande industria.<br />
Le dimensioni inusitate della crisi industriale, infatti, resero impraticabile la<br />
consueta strategia di salvataggio, consistente nella "pubblicizzazione" delle perdite, ossia<br />
nell'assunzione dei debiti delle imprese da parte dello stato.<br />
In questo quadro il tradizionale intervento dello stato nella vita economica, che il fascismo<br />
aveva ereditato dallo stato liberale e che aveva potenziato negli anni venti, si trasformò<br />
in una vera e propria svolta dirigista, che modificava radicalmente i rapporti e<br />
le relazioni tra stato, imprese e sistema bancario.<br />
l'interno di un determinato paese nella<br />
fase di passaggio tra una società tradizionale<br />
e una pienamente moderna. Gli<br />
elementi salienti del processo chiamano<br />
in causa non soltanto fenomeni di ordine<br />
economico, che pure sono compresi - e<br />
per questo non è sinonimo di sviluppo o<br />
di crescita -, ma si dispiegano a misurare<br />
e valutare l'intreccio tra la crescita economica,<br />
il miglioramento delle condizioni<br />
generali di esistenza della popolazione<br />
e le capacità del sistema politico e delle<br />
istituzioni statali di recepire i mutamenti<br />
strutturali sul piano del funzionamento<br />
della macchina amministrativa e su quello<br />
dei meccanismi e dei canali della partecipazione<br />
politica. Da ciò deriva il fatto<br />
che gli indicatori solitamente utilizzati<br />
per analizzare i processi di modernizzazione<br />
afferiscano non solo all'economia<br />
(prodotto interno lordo, reddito pro capite,<br />
produttività, distribuzione delle forze<br />
di lavoro nei settori produttivi), ma anche<br />
ad ambiti sociali (scolarizzazione, livelli<br />
della mortalità e dinamiche demografiche,<br />
speranza di vita alla nascita, grado<br />
di urbanizzazione, tipologie alimentari) e<br />
politici (livelli di centralizzazione dell'amministrazione,<br />
grado e forme della<br />
partecipazione politica, dimensioni e natura<br />
dei fenomeni associativi).<br />
Dalla combinazione di questa somma<br />
di variabili quantitative e qualitative discende<br />
la possibilità di superare<br />
ogni ottica economicista nella valutazione<br />
degli stadi dello sviluppo<br />
325
UdA 3, tetà dei totalitansmi<br />
Colata d'acciaio nelle fonderie di<br />
'emi, negli anni trenta. Il settore<br />
siderurgico, e in generale l'industria<br />
pesante, fu uno dei campi in cui più<br />
imponente fu il ruolo di imprenditore<br />
assunto dallo stato attraverso I1ri. l'intero<br />
comparto si trovò a essere gestito<br />
dallo stato, aggravando così Quella dipendenza<br />
della grande industria dalle<br />
commesse statali che era da sempre il<br />
difetto fondamentale del modello italiano<br />
di industrializzazione.<br />
Attraverso fIstituto<br />
per la ricostruzione<br />
industriale lo stato<br />
assume il diretto<br />
controllo di interi settori<br />
industriali e delle<br />
maggiori banche<br />
328<br />
La svolta dirigista<br />
Attraverso una serie di interventi venne nel tempo smantellata la ~ banca mista, nata dopo<br />
la riforma bancaria del 1894. Essa era caratterizzata dalla commistione tra funzioni<br />
ordinarie (raccolta di risparmio e credito a breve termine) e funzioni di finanziamento<br />
alle imprese attraverso l'erogazione di prestiti a lungo termine (gli immobilizzi), che, in<br />
caso di mancata restituzione, venivano compensati con l'acquisizione, da parte delle<br />
banche miste, di quote azionarie delle imprese debitrici. La strategia seguita puntò invece<br />
a scindere tale commistione, separando le funzioni di credito ordinario, che rimasero<br />
di competenza delle banche, da quelle di prestito a lungo termine. Queste, insieme<br />
al portafogli di partecipazione azionaria alle imprese, vennero attribuite ad appositi enti<br />
economici pubblici, assorbiti poi nel 1933 dall'lri, l'Istituto per la ricostruzione industriale.<br />
In questo istituto, di cui fu primo presidente Alberto Beneduce, si trovò concentrato<br />
un impero industriale costituito dall'intera industria siderurgica bellica (Terni e<br />
Ansaldo), da quella estrattiva e cantieristica (Odero-Terni-Orlando, Cantieri riuniti<br />
dell'Adriatico), dalla quasi totalità delle società di navigazione marittima e delle imprese<br />
costruttrici di locomotive, da parte dell'industria automobilistica, con l'acquisizione<br />
dell'Alfa Romeo, oltre che da partecipazioni azionarie cospicue in settori strategici come<br />
l'industria elettrica, la siderurgia civile, le fibre artificiali. A questo patrimonio industriale<br />
l'Iri, durante il 1933, aggiunse la proprietà delle tre principali banche miste, il<br />
Credito italiano, la Banca commerciale (Comit) e il Banco di Roma. Attraverso questo<br />
istituto, cui si affiancò l'Imi, Istituto mobiliare italiano (finalizzato al finanziamento delle<br />
attività industriali a medio e lungo termine attraverso l'emissione di obbligazioni), lo<br />
stato si trovò ad assumere una funzione del tutto nuova, quella di principale "imprenditore"<br />
italiano e di centro dell'intermediazione finanziaria, al posto delle grandi banche<br />
d'affari. Nel crogiuolo della crisi erano nate due istituzioni originali che avrebbero segnato<br />
l'organizzazione economica del paese fino ai nostri giorni: !'industria di stato o a<br />
~ partecipazione statale e la banca pubblica. A uno stato promotore e regolatore della vita<br />
economica nazionale si sostituì insomma lo stato imprenditore e lo stato banchiere.
<strong>Capitolo</strong> 9, TItalia fascista<br />
nessi Il dirigismo economico<br />
~imento<br />
Industria siderurgica<br />
rorganizzazione<br />
corporativa regolamenta<br />
il mercato interno<br />
eliminando<br />
la concorrenza fra<br />
produttori e<br />
perseguendo fobiettivo<br />
delfautosufficienza<br />
Industria estrattiva<br />
e cantieristica<br />
Iri Funzione economica ~ .. Imi<br />
"'--- dello stato<br />
delle banche miste<br />
Corporativismo e autarchia<br />
Credito industriale<br />
Parallelamente a questo processo si verificò il definitivo consolidamento dello stato corporativo<br />
le quattordici corporazioni riunite nel 1934 nel ministero delle Corporazioni,<br />
diretto dallo stesso Mussolini, erano chiamate a disciplinare !'intera vita economica con<br />
l'obiettivo di porre sotto un rigido controllo gli interessi contrapposti tra lavoratori e<br />
datori di lavoro, nella convinzione che il conflitto sociale causasse una dispersione di<br />
energie produttive e la concorrenza del mercato. La concorrenza era ritenuta la causa<br />
principale del collasso economico del 1929 e per combatterla le uniche armi ritenute<br />
efficaci erano da un lato la regolamentazione del mercato interno attraverso la creazione<br />
di consorzi tra i produttori, sottoposti al controllo delle corporazioni, e dall'altro<br />
la dilatazione delle politiche protezionistiche fino a raggiungere l'autosufficienza rispetto<br />
al mercato internazionale. Era la politica economica dell'autarchia, che venne<br />
lanciata nel 1936, quando 1'Italiavenne sottoposta a sanzioni economiche dalla Società<br />
delle nazioni per aver invaso l'Etiopia. Oltre ad accentuare l'indirizzo protezionistico<br />
della politica economica, nello sforzo di potenziare le imprese nazionali sostituendo le<br />
importazioni con le merci di produzione italiana, l'autarchia assunse una forte valenza<br />
ideologica, diventando uno strumento di mobilitazione dell'opinione pubblica a favore<br />
del fascismo, paladino della nazione impegnata in questa impari lotta contro le altre<br />
potenze industriali<br />
verifica breve<br />
'}o Quali furono le ripercussioni della crisi del 1929 in Italia? f) Con quale politica economica il regime affrontò la crisi? 11Come si<br />
attuò la svolta dirigista del 1933? O In che cosa consisteva l'organizzazione corporativa dell'economia~Che cosa indica~a la pa-<br />
rola d'ordine dell'autarchia?<br />
glossario<br />
Banca mista Istituto finanziario<br />
che pratica sia il credito<br />
a breve termine sia il finanziamento<br />
a lungo termine di attività<br />
industriali. Il modello della<br />
banca mista si affermò dapprima<br />
in Germania, dove consentì<br />
di finanziare il decollo<br />
industriale. In Italia le banche<br />
miste si diffusero dopo la riorganizzazione<br />
del mercato finanziario<br />
seguita agli scandali<br />
del 1893. Nel 1936 tuttavia<br />
un'apposita legge distinse il<br />
finanziamento alle imprese<br />
dal credito a breve termine,<br />
affidando il primo compito a<br />
istituti specializzati.<br />
Partecipazione statale La<br />
partecipazione statale consiste<br />
nel diretto controllo di<br />
pacchetti azionari di società<br />
private da parte dello stato.<br />
Inaugurata dal fascismo con<br />
il salvataggio delle banche<br />
miste e l'incorporazione dei<br />
relativi pacchetti nazionali,<br />
la politica di partecipazione<br />
statale proseguì nel dopoguerra,<br />
anche con l'istituzione<br />
dell'Eni (Ente nazionale<br />
idrocarburi, 1953). Trail1956<br />
e il1993 è esistito in Italia un<br />
apposito ministero delle Partecipazioni<br />
statali.<br />
I<br />
32",
UdA3<br />
Manifesto celebrativo della fon-<br />
dazione dell'impero. Voluta da<br />
Mussolini per incrementare ilprestigio<br />
internazionale dell'Italia, la conquista<br />
dell'Etiopia, oltre a essere un'ingiusti-<br />
fica bile aggressione a uno stato sovrano,<br />
si collocava in un periodo in cui ilcolo-<br />
nialismo europeo si avviava al tramon-<br />
to. Anche dal punto di vista economico<br />
i benefici dell'impresa furono ben lon-<br />
tani da quelli propagandati dal regime.<br />
Utalia conquista<br />
fEtiopia, spinta da<br />
motivazioni ideologiche<br />
ma anche dalfobiettivo<br />
di ampliare il mercato<br />
nazionale<br />
330<br />
[imperialismo<br />
e la nuova politica estera<br />
La scelta imperialista<br />
Lautarchia prefigurava in una certa misura un mondo in guerra: una guerra che si<br />
manteneva, almeno fino ad allora, sul piano economico, ma che avrebbe potuto rapidamente<br />
degenerare in uno scontro militare. In effetti dall'ottobre del 1935, quando<br />
era iniziata l'invasione dell'Etiopia, !'Italia era un paese belligerante, impegnato<br />
nell'ultima guerra coloniale europea. La guerra fu avviata prendendo a pretesto alcuni<br />
incidenti avvenuti alla frontiera dei possedimenti italiani in Somalia e in Eritrea. Il<br />
maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani, a capo di un imponente spiegamento di mezzi<br />
e di uomini, la portò a termine in pochi mesi (maggio 1936), distinguendosi per la<br />
ferocia con cui condusse le operazioni militari: egli utilizzò armi chimiche bandite<br />
dagli accordi internazionali stipulati al termine della Prima guerra mondiale e coinvolse<br />
nel conflitto le popolazioni civili. La Somalia italiana, l'Eritrea e l'Etiopia formarono<br />
l'Aoi (Africa orientale italiana), parte integrante dell'impero proclamato il 9 maggio<br />
dal duce.<br />
La guerra d'Africa rispondeva a ragioni di politica economica, volte ad allargare i confini<br />
del mercato nazionale nel quadro della scelta autarchica; ma rispose anche all'obiettivo<br />
di rianno dare i fili del consenso popolare, che il peggioramento delle condizioni<br />
economiche dei ceti meno abbienti aveva notevolmente indebolito. La retorica imperiale<br />
era parte integrante dell'ideologia del regime e si saldava con l'autarchia per propagandare<br />
un'immagine dell'Italia come nazione contadina, prolifica e operosa, impegnata<br />
nella ricerca di un "posto al sole", indispensabile per sostenere la propria espan-
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La posizione<br />
internazionale delrltalia<br />
si avvicina a quella<br />
tedesca, abbandonando<br />
raspirazione a fungere<br />
da elemento<br />
di equilibrio europeo<br />
<strong>Capitolo</strong> 9, TItalia fascista<br />
o c e a n o<br />
Indiano<br />
La conquista dell'Etiopia<br />
Pianificata fra il 1932 e il 1934, la conquista<br />
dell'Etiopia (1936) rappresentò il<br />
culmine di un progetto di espansione co-<br />
loniale a lungo perseguito dall'Italia (nel<br />
1896 la sconfitta di Adua aveva posto<br />
termine a un analogo tentativo). L'impresa<br />
italiana si collocava tuttavia in un I<br />
periodo che vedeva ormai il declino del<br />
colonialismo: la resistenza etiope conti-,<br />
nuò a manifestarsi<br />
glia durante tutta<br />
sotto forma di guerri-<br />
l'occupazione, mentre I<br />
l'opinione pubblica mondiale, ormai con-<br />
traria al colonialismo, condannò unani-<br />
memente l'Italia.<br />
confini dell'Africa<br />
orientale italiana (1936-1941)<br />
-----+- direttr1c1di invasione<br />
delle truppe italiane<br />
sione demografica. Il mito dell'impero veniva lanciato non solo come un ritorno alle<br />
antiche glorie romane, di cui l'ltalia fascista si sentiva erede, ma anche come una concreta<br />
risposta alla perdurante disoccupazione, aggravata dalla recessione economica e<br />
dal blocco dell'emigrazione transoceanica per la chiusura delle frontiere da parte degli<br />
Stati Uniti<br />
La nuova politica estera<br />
La guerra d'Etiopia rappresentava un cambiamento nei tradizionali indirizzi della politica<br />
estera fascista. Infatti fino alla ~conferenza di Stresa dell'aprile del 1935, nella quale i<br />
vincitori della Grande guerra avevano condannato il riarmo tedesco in nome degli accordi<br />
di Versailles, Mussolini era riuscito ad accreditarsi presso le grandi potenze come<br />
uno dei garanti della pace europea, mentre nei confronti dei movimenti e dei governi<br />
di stampo nazionalista e di ispirazione fascista nell'area balcanica e nell'Europa centroorientale<br />
e mediterranea aveva cercato di assumere un ruolo di primo piano nel processo<br />
di costruzione di un nuovo ordine europeo.<br />
La commistione tra i fini di eversione e quelli di conservazione della politica estera fascista<br />
venne messa a dura prova dall'avvento del nazismo. [irruzione sulla scena di una<br />
potenza quale la Germania, dichiaratamente orientata a scardinare l'ordine di Versailles,<br />
lidusse i margini di manovra del fascismo, che inizialmente, preoccupato delle mire<br />
espansionistiche della Germania nei confronti dell'Austria, accentuò il suo sforzo di<br />
diventare "ago della bilancia", facendosi mediatore tra la Germania nazista da un lato e<br />
la Francia e la Gran Bretagna dall'altro, affinché si giungesse a una revisione consensuale<br />
dei trattati di pace e in particolare della spinosa questione dei crediti di guerra [edeschi.<br />
Ma l'irriducibilità del nazismo nel negare ogni legittimità all'ordine europeo favorì<br />
le spinte interne al regime orientate a promuovere un'alleanza con la GeI1Il.al'!ia~<br />
ad adottare una più aperta politica di potenza
Il regime stringe con<br />
la Germania un' alleanza<br />
nella quale è destinato<br />
a svolgere un ruolo<br />
subordinato<br />
UdA 3, tetà dei totalitansmi<br />
[Asse Roma-Berlino<br />
Con la guerra d'Africa, dunque, il fascismo scelse una via di aperta rottura dell'equilibrio<br />
internazionale le sanzioni economiche che la Società delle nazioni inflisse<br />
all'Italia per aver aggredito uno stato membro - l'Etiopia - e che rimasero in vigore per<br />
tutta la durata del conflitto, se ebbero scarso esito sul piano materiale (l'Italia si avvalse<br />
infatti di rifornimenti presso stati estranei alla Società, come gli Stati Uniti 6 la<br />
Germania), ebbero però l'effetto di peggiorare le relazioni diplomatiche dell'Italia con<br />
le due grandi democrazie europee e nel contempo determinarono un inevitabile avvicinamento<br />
alla Germania nazista, caldeggiato del resto dal nuovo ministro degli<br />
Esteri italiano Galeazzo Ciano, dichiaratamente filotedesco, che aveva sostituito nel<br />
1936 il più prudente Dino Grandi. LAsse Roma-Berlino, stabilito con gli accordi diplomatici<br />
dell'ottobre del 1936, che prevedevano un comune indirizzo di politica estera<br />
nello scacchiere europeo, sanciva la fine del sistema di equilibri che faticosamente si<br />
era venuto formando nella seconda metà degli anni venti e !'inizio di una nuova fase<br />
fondata sulla costituzione di un blocco degli stati fascisti, desiderosi di imporre la loro<br />
egemonia sull'intero continente.<br />
ralleanza poté subito concretizzarsi con il sostegno alle truppe nazionaliste del generale<br />
Francisco Franco nella guerra civile, scoppiata nel giugno del 1936 in Spagna, dove<br />
Mussolini inviò uomini e mezzi, e si rafforzò l'anno successivo con l'adesione dell'Italia<br />
al patto anti Comintern che già univa Germania e Giappone. Questa alleanza si fondava<br />
su una marcata mobilitazione ideologica in senso antidemocratico e anticomunista,<br />
anche se in realtà si tradusse rapidamente in una sempre più evidente subordinazione<br />
dell'Italia fascista al nazismo hitleriano.<br />
date e fatti La politica internazionale fascista<br />
1935<br />
1935-36<br />
l Alla conferenza di Stresa Mussolini si propone come garante<br />
I Il regime si impegna nella conquista dell'Etiopia<br />
dell'equilibrio europeo<br />
1936<br />
1937<br />
I Viene sottoscritto l'Asse Roma-Berlino<br />
I malia aderisce al patto anti Comintern, insieme a Germania e Giappone<br />
verifica breve<br />
~n quali mezzi venne condotta la campagna per la conquista dell'Etiopia? e Quale fu in una prima fase l'atteggiamento del re-<br />
gime nei confronti della Germania sul piano internazionale?~ome si svilupparono le relazioni fra Italia fascista e Germania nazi-<br />
sta? ~n occasione di quale conflitto iniziò la cooperazione di Italia e Germania a sostegno dei regimi fascisti in Europa?<br />
glossario<br />
Conferenza di Stresa Incontro<br />
(11-14 aprile 1935) fra rappresentanti<br />
di Francia, Gran<br />
Bretagna e Italia (i vincitori<br />
del primo conflitto mondiale)<br />
per discutere delle violazioni<br />
di Hitler nei confronti delle<br />
clausole del trattato di pace<br />
di Versailles, che in particolare<br />
proibiva il riarmo della na-<br />
zione tedesca. t:incontro si<br />
concluse con una semplice<br />
dichiarazione d'intenti. Il cosiddetto<br />
fronte di Stresa che<br />
si formò in questa occasione<br />
si spezzò poco dopo con l'aggressione<br />
fascista all'Etiopia.