L'emozione e l'emotività come protagoniste dell'apprendimento ...

tornaba la cabeça i estábalos cantando.
Vio puertas abiertas e uços sin cañados,
alcándaras vazias sin pielles e sin mantos
e sin falcones e sin adtores mudados. (Anónimo 1990, p. 64)
Il Cid bambino si scontra con la realtà della morte del nonno e non la accetta, o meglio non accetta
la morte in generale. Allora la sua fantasia immagina che l’uomo sia esiliato in un mondo
imperfetto, capitato agli esseri umani per un banale errore all’inizio dei tempi. La frase con cui
chiudevo, «quizás, nos hemos equivocado de mundo», non la scorderò tanto facilmente. Con quella
frase e con quel testo da me immaginato mi sono avvicinato, per la prima volta, al mondo fantastico
e profondamente rivoluzionario dei bambini.
3.3 2002-2003. El vuelo de la imaginación
La Mancha. Gli ambienti rurali. L’eterogeneità dei paesaggi spagnoli. Don Chisciotte e Sancho
Panza: due figure universali racchiuse in due volumi troppo lunghi per essere letti. Poi sicuro
saranno complicati come la nostra Divina Commedia. Invece inizio a leggere qualche pagina e
Cervantes mi intrappola nei meccanismi intriganti del suo testo. Rimango affascinato dalla scrittura
ironica, comica, dal gioco di parole, l’ambiguità, il doppio senso, la ricchezza dei dialoghi e,
soprattutto, delle descrizioni fisiche. Leggo, rileggo e cerco di farle mie.
Detrás de los tristes músicos comenzaron a entrar por el jardín adelante hasta cantidad de doce dueñas
[…]. Tras ellas venía la condesa Trifaldi, a quien traía de la mano el escudero Trifaldín de la Blanca
Barba, vestida de finísima y negra bayeta por frisar, que a venir frisada, descubriera cada grano del
grandor de un garbanzo de los Buenos de Martos. La cola, o falda, o como llamarla quisieren, era de
tres puntas, las cuales se sustentaban en las manos de tres pajes, asimesmo vestidos de luto, haciendo
una vistosa y matemática figura con aquellos tres ángulos acutos que las tres puntas formaban, por lo
cual cayeron todos los que la falda puntiaguda miraron que por ella se debía llamar la condesa Trifaldi,
como si dijésemos la condesa de las Tres Faldas […]. (Cervantes 2001, p. 11)
Giocare con le parole. Dedichiamo molte ore di lavoro agli scioglilingua: Los cojines de la reina, los
cajones del sultán. ¿Qué cojines? ¿Qué cajones? ¿En qué cajonera están? Sì, perché la pronuncia
spagnola, francamente, è una bella gatta da pelare per noi italiani. Imparo l’importanza di riscaldare
i muscoli del viso per ottenere una pronuncia corretta. Imparo a scandire meglio le parole, a regolare
il volume della mia voce. Il personaggio che interpreto è Sancho. La paura. La ricerca di serenità e
agiatezza a volte in contrasto con la sua voglia o con il suo imperativo morale di essere giusto e
buono, di non avere rimorsi di coscienza per non aver ascoltato una richiesta di aiuto. Finto sereno,
ingenuo bambino che si dichiara concreto e realista ma che sogna e spera di diventare governatore
(seppur umile) di un’intera isola. La sua voglia di dialogare, di confrontarsi, il suo odio verso il
silenzio (così prezioso per Don Chisciotte) che gli produce paura, angoscia, soprattutto in mezzo a
boschi oscuri. È proprio questo aspetto che decido di rubare a Sancho, o di provarci almeno, questa
sua insistenza nel voler mantenere sempre aperta la discussione; un atteggiamento che gli permette
di far crescere il rapporto di complicità e amicizia con il suo padrone e compagno di viaggio. Nello
spettacolo alcuni miei disegni vengono proiettati come scenografia, e la cosa trasforma un mio
passatempo in un lavoro utile.