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L'emozione e l'emotività come protagoniste dell'apprendimento ...

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L’emozione e l’emotività<br />

<strong>come</strong> <strong>protagoniste</strong> dell’apprendimento<br />

linguistico<br />

Chadi Monti<br />

1. Le lingue si imparano all’estero<br />

«Eh ma… per imparare una lingua bisogna andare nel paese dove si parla»: con questa frase, da anni<br />

diffusissima nel linguaggio comune, viene spesso liquidata la complessa questione<br />

dell’apprendimento delle lingue straniere. Neanche la presenza sempre più frequente di insegnanti<br />

madrelingua nelle università e nelle scuole è riuscita a modificare questa idea. Sul versante, invece,<br />

delle ‘esperienze di insegnamento tramite immersione’, dove tutte le materie scolastiche vengono<br />

affrontate in una lingua straniera, va detto che nel territorio italiano queste continuano ad essere<br />

molto poco diffuse, oltre al fatto che, ovviamente, vengono proposte all’interno di scuole private.<br />

Per chi, <strong>come</strong> il sottoscritto, ama insegnare le lingue straniere, questi dubbi, assolutamente leciti, si<br />

trasformano spesso in vocine assillanti che mettono continuamente in dubbio l’efficacia del lavoro<br />

portato avanti. Tuttavia, pur essendo indubbio che qualsiasi insegnante auspicherebbe per i propri<br />

alunni dei lunghi periodi di soggiorno all’estero, quando questo non è possibile esistono<br />

metodologie che, se affiancate da una forte motivazione (spontanea o anche stimolata), offrono<br />

molti aspetti propri dell’esposizione naturale.<br />

In queste pagine tenterò di raccontare la mia intensa esperienza universitaria di apprendimento<br />

dello spagnolo tramite il teatro. Il lavoro svolto nel laboratorio teatrale in maniera inconscia è stato<br />

poi oggetto di una riflessione conscia e approfondita nel mio lavoro di tesi. Tale riflessione inoltre,<br />

continua anche adesso, a più di quattro anni dalla laurea, non avendo potuto fare a meno di<br />

raccogliere gli stimoli di questa esperienza per trasferirli nel mio campo professionale, dove continuo<br />

la ricerca con progetti nelle scuole e nelle semplici ore di lezione quando lavoro <strong>come</strong> insegnante.<br />

2. All’università si va per studiare, non per…<br />

«All’università si va per studiare e non per perdere tempo dietro a laboratori proposti dalle<br />

associazioni universitarie e da docenti bizzarri». Ecco un altro pensiero, forse meno comune rispetto<br />

all’idea sull’apprendimento delle lingue straniere e i soggiorni all’estero, ma che solleva comunque


una discussione molto importante: in ballo non ci sono più semplicemente i dubbi sulle<br />

metodologie di insegnamento/apprendimento, ma la riflessione si sposta necessariamente sul<br />

concetto più basilare di formazione, su cosa è opportuno che entri a far parte del percorso formativo<br />

di uno studente.<br />

Per non dilungarmi su discorsi teorici, che fra l’altro non mi competono, dirò subito che all’interno<br />

del mio percorso formativo l’attività laboratoriale di teatro in spagnolo, che potrebbe essere<br />

considerata una attività supplementare, parallela ma non necessaria, ha contribuito sia ad accelerare<br />

i tempi della mia carriera accademica, sia quelli della mia maturazione personale. Durante le lezioni<br />

in aula ho studiato le caratteristiche della lingua spagnola, durante gli incontri di teatro ho invece<br />

vissuto la lingua, l’ho osservata farsi oggetto e dare voce alla cultura da cui proviene. I due percorsi si<br />

sono dimostrati complementari: il teatro ha amplificato e fissato definitivamente nella memoria le<br />

scoperte dello studio.<br />

Sotto l’aspetto invece della maturazione personale, il laboratorio teatrale è stata l’attività che mi ha<br />

permesso di alzare la testa dal libro senza dover smettere di studiare, concedendomi il tempo per<br />

esplorare e riconoscere le mie aspirazioni e predisposizioni. Da questo punto di vista la mia storia è<br />

emblematica, visto che direttamente da quegli stimoli è nata la mia passione per i mestieri di<br />

educatore, educatore teatrale e insegnante di lingue straniere, che costituiscono la mia occupazione<br />

attuale.<br />

Parallelamente al lavoro sulle predisposizioni caratteriali, l’esperienza mi ha permesso anche un<br />

lavoro molto più intimo su quella serie di blocchi psicologici che spesso limitano il nostro agire,<br />

<strong>come</strong> ad esempio nel campo dei rapporti umani e della comunicazione interpersonale. Si è trattato,<br />

in questo caso, di un percorso educativo nel senso ancora più stretto del termine, di una crescita<br />

personale passata sia attraverso le storie e i personaggi interpretati, sia attraverso il continuo e<br />

intenso confronto con i colleghi di università e di palcoscenico.<br />

I paragrafi che seguono saranno dedicati ai singoli spettacoli di teatro in lingua spagnola a cui ho<br />

partecipato: con questa carrellata di immagini, raccontate sotto forma di diario o di flusso di<br />

coscienza, vorrei rendere l’idea della molteplicità degli stimoli ricevuti, per fornire esempi concreti<br />

che spieghino meglio quello che finora ho cercato descrivere con parole forse troppo astratte e<br />

vuote. Senza seguire un ordine preciso, cercherò di evidenziare il tragitto storico, letterario e<br />

linguistico che ho potuto percorrere attraverso le opere messe in scena, nonché quello di<br />

maturazione personale di cui ho parlato. All’interno di tali percorsi, sono riuscito a rubare<br />

insegnamenti preziosi dall’animo dei personaggi interpretati e dalle soddisfazioni derivate dai ruoli<br />

ricoperti all’interno del gruppo teatrale.<br />

3. L’esperienza dei laboratori di teatro in lingua spagnola<br />

3.1 1999-2000. La busca de Averroes<br />

Un Borges scrittore è alla ricerca poetica del filosofo ispano-musulmano Averroè che, a sua volta, è<br />

alla ricerca esistenziale di un altro filosofo, il greco Aristotele. Un tuffo nella Spagna araba del XII<br />

secolo. Contrasto fra le sanguinose battaglie di cui fu testimone il fiume Guadalquivir e la dolcezza<br />

che suggeriscono i suoni tenui dei giardini arabi, con il rumore lento e costante delle loro fontane.<br />

Escribía con lenta seguridad, de derecha a izquierda. […] En el fondo de la siesta se enroquecían<br />

amorosas palomas; de algún patio invisibile se elevaba el rumor de una fuente; algo en la carne de<br />

Averroes, cuyos antepasados procedían de los desiertos árabes, agradecía la constancia del agua. (Borges<br />

1971, p. 94)<br />

Imparo le parole jarra e gotas, poi bienestar, goce, felicidad, jardín, huerta, patio e fuente. Il racconto<br />

da cui estrapoliamo l’opera, La busca de Averroes, è una narrazione nella narrazione: Borges racconta


sé stesso mentre cerca di raccontare in forma poetica un momento della vita di Averroè e degli altri<br />

personaggi. Sono testimone del suo sforzo poetico-linguistico per trovare le parole giuste. Assisto in<br />

diretta alla costruzione di una descrizione poetica ed evocativa. Miglioro la mia scrittura con un<br />

maestro d’eccezione: Borges mi istruisce a riconoscere l’importanza delle sfumature connotative.<br />

Trovo nel testo parole arabe, che mi portano a riflettere sulla radice araba di tante parole spagnole di<br />

uso comune. Mi addentro nelle preoccupazioni filologiche di Averroè, nel suo mondo fatto di<br />

scrittura lenta, di lettura, di riflessione, di discussioni con altri intellettuali, di amore per le parole e<br />

per i libri che le contengono. Imparo copiar, manuscrito, describir, registrar, letra, hoja, escritura,<br />

exponer, idioma, signos, <strong>come</strong>ntar, contar, referir, incomunicable, dirigir, ponderar, perorar, dictamen,<br />

metáfora, elocuencia, argumento, proposición, equiparar, eludir, lenguaje, cifrado, caligrafía, sentido,<br />

significado, revelar, narrar, redactar, mencionar. Il personaggio che interpreto è descritto nel racconto<br />

<strong>come</strong> «un espejo de íntimas cobardías». Il suo nome è Abulcasim: insicuro, vigliacco, cerca di<br />

sfruttare alcune sue capacità retoriche e un po’ di furbizia per fare bella figura di fronte a una cerchia<br />

di saggi, vuole stupire per non subire sconfitte verbali, attacchi o giudizi. Viaggiatore instancabile,<br />

diceva di aver raggiunto i lontani regni dell’impero cinese. La sua insicurezza è la mia insicurezza di<br />

fronte a colleghi di laboratorio più grandi e di fronte a insegnanti che da me si aspettano già una<br />

disinvoltura verbale che mi sembra lontana almeno quanto i regni che Abulcasim dice di aver visto.<br />

Nel dire le mie battute mi muovo e gesticolo in continuazione per il nervosismo, perdendo di vista<br />

proprio la pacatezza che sembrerebbe suggerire il contesto di una riunione di intellettuali abituati a<br />

riflettere nel pieno silenzio. Con Abulcasim rompo il ghiaccio, parlo in spagnolo di fronte a un<br />

pubblico di centinaia di persone, sono costretto a lottare e a vingere condro i probblemi di dizione di<br />

un calabbrese ancora molto legato al proprio dialetto, alla propria parlata, problemi che si riversano<br />

inesorabilmente nella lingua straniera. Da questa lotta decisamente non esco vincitore.<br />

3.2 2000-2001. Pez luna con cafetera<br />

«Per i prossimi incontri portate qualcosa di vostro sul tema dell’esilio. Cercheremo di scrivere un<br />

copione interamene con i vostri testi». «Aspetta... eh… aspetti, professoressa, parliamone. Io<br />

dell’argomento non so niente, per me è un tema lontano, non mi appartiene». «Prenditi tempo,<br />

ascolta gli altri, aspetta di vedere i filmati e di ascoltare la musica che vi porterò, e pensaci su,<br />

esistono vari tipi di esilio». Francisco Franco e la resistenza repubblicana. Buñuel e altri artisti<br />

costretti a partire per il Messico. L’esilio dei repubblicani in Francia. Neruda. Esilio. Parola attuale<br />

che riapre ferite. Parola importante nella cultura spagnola. Pronunciandola non passa certo<br />

inosservata e in un secondo evoca immagini vivide. Ad essa sono legate una serie di termini che<br />

descrivono sentimenti e concetti universali e che, nel contesto di questa tematica, assumono una<br />

speciale intensità e connotazione: imparo tristeza, soledad, abandono, orgullo, amor, derecho (tenerlo y<br />

quitarlo), goce, sufrimiento, querer, desear, odiar, extrañar, olvido, añoranza, dictadura, violencia.<br />

Inseguo sensazioni e comincio ad avere idee per il mio testo. Quest’anno abbiamo la possibilità di<br />

partecipare a due laboratori inseriti all’interno del nostro consueto laboratorio: prima ospitiamo<br />

Elena Moratò, una pittrice di Barcellona che ci guida nella realizzazione di una scenografia fatta di<br />

colori caldi che rispecchiano perfettamente i sentimenti descritti nel materiale drammaturgico che si<br />

va accumulando. Poi accogliamo Sara Rojo, attrice e pedagoga cilena che ci introduce<br />

nell’affascinante mondo delle tecniche teatrali di Augusto Boal. Con il teatro statua di Boal le parole<br />

si fanno corpo e, quando per memorizzarle non mi basta solo sentirle, io finalmente le posso vedere.<br />

Rintraccio un’idea per il mio testo, la scrivo e trovo il coraggio di farla conoscere agli altri. Ricevo<br />

un applauso sentito. Nello spettacolo sarò il Cid Campeador da bambino, il protagonista delle<br />

primissime parole della letteratura spagnola che, guarda caso, descrivono proprio un esilio:<br />

De los sos ojos tan fuertemiente llorando,


tornaba la cabeça i estábalos cantando.<br />

Vio puertas abiertas e uços sin cañados,<br />

alcándaras vazias sin pielles e sin mantos<br />

e sin falcones e sin adtores mudados. (Anónimo 1990, p. 64)<br />

Il Cid bambino si scontra con la realtà della morte del nonno e non la accetta, o meglio non accetta<br />

la morte in generale. Allora la sua fantasia immagina che l’uomo sia esiliato in un mondo<br />

imperfetto, capitato agli esseri umani per un banale errore all’inizio dei tempi. La frase con cui<br />

chiudevo, «quizás, nos hemos equivocado de mundo», non la scorderò tanto facilmente. Con quella<br />

frase e con quel testo da me immaginato mi sono avvicinato, per la prima volta, al mondo fantastico<br />

e profondamente rivoluzionario dei bambini.<br />

3.3 2002-2003. El vuelo de la imaginación<br />

La Mancha. Gli ambienti rurali. L’eterogeneità dei paesaggi spagnoli. Don Chisciotte e Sancho<br />

Panza: due figure universali racchiuse in due volumi troppo lunghi per essere letti. Poi sicuro<br />

saranno complicati <strong>come</strong> la nostra Divina Commedia. Invece inizio a leggere qualche pagina e<br />

Cervantes mi intrappola nei meccanismi intriganti del suo testo. Rimango affascinato dalla scrittura<br />

ironica, comica, dal gioco di parole, l’ambiguità, il doppio senso, la ricchezza dei dialoghi e,<br />

soprattutto, delle descrizioni fisiche. Leggo, rileggo e cerco di farle mie.<br />

Detrás de los tristes músicos <strong>come</strong>nzaron a entrar por el jardín adelante hasta cantidad de doce dueñas<br />

[…]. Tras ellas venía la condesa Trifaldi, a quien traía de la mano el escudero Trifaldín de la Blanca<br />

Barba, vestida de finísima y negra bayeta por frisar, que a venir frisada, descubriera cada grano del<br />

grandor de un garbanzo de los Buenos de Martos. La cola, o falda, o como llamarla quisieren, era de<br />

tres puntas, las cuales se sustentaban en las manos de tres pajes, asimesmo vestidos de luto, haciendo<br />

una vistosa y matemática figura con aquellos tres ángulos acutos que las tres puntas formaban, por lo<br />

cual cayeron todos los que la falda puntiaguda miraron que por ella se debía llamar la condesa Trifaldi,<br />

como si dijésemos la condesa de las Tres Faldas […]. (Cervantes 2001, p. 11)<br />

Giocare con le parole. Dedichiamo molte ore di lavoro agli scioglilingua: Los cojines de la reina, los<br />

cajones del sultán. ¿Qué cojines? ¿Qué cajones? ¿En qué cajonera están? Sì, perché la pronuncia<br />

spagnola, francamente, è una bella gatta da pelare per noi italiani. Imparo l’importanza di riscaldare<br />

i muscoli del viso per ottenere una pronuncia corretta. Imparo a scandire meglio le parole, a regolare<br />

il volume della mia voce. Il personaggio che interpreto è Sancho. La paura. La ricerca di serenità e<br />

agiatezza a volte in contrasto con la sua voglia o con il suo imperativo morale di essere giusto e<br />

buono, di non avere rimorsi di coscienza per non aver ascoltato una richiesta di aiuto. Finto sereno,<br />

ingenuo bambino che si dichiara concreto e realista ma che sogna e spera di diventare governatore<br />

(seppur umile) di un’intera isola. La sua voglia di dialogare, di confrontarsi, il suo odio verso il<br />

silenzio (così prezioso per Don Chisciotte) che gli produce paura, angoscia, soprattutto in mezzo a<br />

boschi oscuri. È proprio questo aspetto che decido di rubare a Sancho, o di provarci almeno, questa<br />

sua insistenza nel voler mantenere sempre aperta la discussione; un atteggiamento che gli permette<br />

di far crescere il rapporto di complicità e amicizia con il suo padrone e compagno di viaggio. Nello<br />

spettacolo alcuni miei disegni vengono proiettati <strong>come</strong> scenografia, e la cosa trasforma un mio<br />

passatempo in un lavoro utile.


3.4 2003-2004. Un piano sin manos<br />

Ci speravo proprio di poter vivere sul palcoscenico le sue parole. Il corso di letteratura si era<br />

soffermato a lungo sulle sue opere ma non era abbastanza. Federico García Lorca. Pochi spagnoli<br />

non conoscono a memoria qualcuno dei suoi versi. Ha lasciato una serie di immagini che fanno<br />

parte integrante della cultura spagnola. Ha cercato di rintracciare l’identità della Spagna, il cuore<br />

degli spagnoli e le radici della loro arte.<br />

Todas las artes, y aun los países, tienen capacidad de duende, de ángel, y de musa, y así como Alemania<br />

tiene, con excepciones, musa, y la Italia tiene permanentemente ángel, España está en todos tiempos<br />

movida por el duende. Como país de música y danzas milenarias donde el duende esprime limones de<br />

madrugada, y como país de muerte. Como país abierto a la muerte. (García Lorca 1986, p. 311)<br />

Pezzo fondamentale della letteratura e della storia spagnola. La sua amicizia e il suo amore per<br />

Salvador Dalì. “La Generación del 27” con Dámaso Alonso, Rafael Alberti, Gerardo Diego, Jorge<br />

Guillén. “La Barraca” e le “Missioni Pedagogiche”. La Seconda Repubblica e la Guerra Civile. La<br />

sua morte ignobile ad opera dei franchisti. Leggo con passione le sue parole. Poesie, teatro,<br />

conferenze, lettere, racconti. Studio i suoi disegni perché ho l’incarico di riprodurli per la<br />

scenografia. Mi chiedo <strong>come</strong> sarà possibile mettere in scena una personalità così traboccante.<br />

Imparo sangre, lágrima, dolor, fuerza, cuchillo, llama, rocío, rosa, violeta, azucena, sierra, estrella,<br />

caracol, cementerio, calavera, sombra, oscuro, cruz, aceitunas, gitano, azufre, alma, bofetada, espada,<br />

guitarra, muñeco, títeres, hondo, eterno, huella, huir. La scrittura poetica in spagnolo. La scrittura<br />

teatrale concisa e metaforica:<br />

NOVIO: (Entrando) Madre.<br />

MADRE: ¿Qué?<br />

NOVIO: Me voy.<br />

MADRE: ¿Adónde?<br />

NOVIO: A la viña (Va a salir).<br />

MADRE: Espera.<br />

NOVIO: ¿Quieres algo?<br />

MADRE: Hijo, el almuerzo.<br />

NOVIO: Déjalo, <strong>come</strong>ré uvas. Dame la navaja.<br />

MADRE: ¿Para qué?<br />

NOVIO: (Riendo) Para cortarlas.<br />

MADRE: (Entre dientes y buscándola) Las navaja, la navaja… malditas sean todas y el bribón que las<br />

inventó. (García Lorca 1985, p. 93)<br />

Quest’anno ci sono alcune sovvenzioni e riusciamo a fare un laboratorio sulla voce e sul linguaggio<br />

non verbale, tenuto da Monica Giovinazzi, sperimentatrice vocale, regista e attrice romana. Parlare<br />

con il corpo. Imparare a non contraddire con il corpo quello che la nostra voce sta dicendo e<br />

viceversa. Sembra una stupidaggine ma sono convinto che non lo è. “La Barraca”. Lorca amava dire<br />

che quella era l’esperienza che più lo interessava, la più importante. Allora noi scegliamo <strong>come</strong><br />

costume di scena proprio la tuta blu in stile operaio usata da quei ragazzi della nostra età che<br />

scelsero di far parte delle “Missioni Pedagogiche” nate in seno alla Seconda Repubblica, nel 1931. Si<br />

trattava di teatro universitario, proprio <strong>come</strong> quello che stiamo facendo noi, in un contesto<br />

decisamente diverso, è ovvio. Mi entusiasma l’entusiasmo con cui Lorca parla di quella esperienza<br />

così rivoluzionaria di animazione teatrale e diffusione culturale e quelle parole, pronunciate in<br />

riferimento a “La Barraca”: «Es nuestra hora. Hay que ser jóvenes y vencer». Con questo monito


Lorca si insinua nei più intimi timori propri dei miei studi e nelle mie paure di affrontare questo o<br />

quel docente, consegnandomi una vittoria di fronte a queste difficoltà – una vittoria che consiste<br />

nell’entusiasmo con cui le vivi e nel fascino che tale entusiasmo conferisce alla tua persona agli occhi<br />

degli altri. Indosso la tuta blu dello spettacolo e mi sento Federico García Lorca.<br />

3.5 2004-2005. El viaje de Colón<br />

«¿Qué buscas, Colón?» La “leyenda negra”. Un tema scottante per spagnoli e ispanoamericani: si<br />

deve parlare di scoperta o di invasione dell’America? Per qualcuno questa non è solo una sfumatura<br />

linguistica ma l’occasione per ribadire, con qualche rancore ancora vivo, che Colombo non ha<br />

scoperto nulla, visto che quei territori erano già abitati. Ci addentriamo nella storia della Spagna<br />

<strong>come</strong> potenza imperiale. Le strategie dei re spagnoli. Decidiamo di trarre lo spettacolo da un testo<br />

completamente in versi, El Nuevo Mundo descubierto por Cristóbal Colón di Lope de Vega.<br />

Prendiamo confidenza con la musica della lingua spagnola per cercare di non tradirla. Sento il<br />

bisogno di approfondire la geografia attuale dell’America Latina. Un mondo immenso e variegato<br />

sul quale a lezione avevo già lavorato molto. Cominciare a riflettere in maniera concreta e farmi<br />

un’opinione più chiara e propositiva sul tema dell’incontro di razze, sull’interculturalità e poi, più in<br />

generale, sul tema della giustizia delle azioni politiche e umane. Temi attuali che richiedono<br />

proposte urgenti nel territorio in cui vivo, dove esistono difficoltà di integrazione. Cose su cui vale<br />

la pena lavorare, magari proprio attraverso il teatro.<br />

4. Fattore affettivo e apprendimento delle lingue straniere<br />

Spero traspaia chiaramente dalle descrizioni dei laboratori che vi è per i partecipanti un<br />

coinvolgimento affettivo molto alto. Tale coinvolgimento non nasce necessariamente in maniera<br />

spontanea ma fa parte di una serie di strategie didattiche portate avanti dall’insegnante che guida<br />

l’esperienza, le quali fanno riferimento a specifici studi nel campo della glottodidattica.<br />

Proprio su questi aspetti si è concentrato il mio lavoro di tesi, un progetto sperimentale dal titolo Il<br />

fattore affettivo nell’apprendimento dello spagnolo <strong>come</strong> seconda lingua straniera nel primo ciclo della<br />

scuola primaria italiana: uno studio sperimentale attraverso il teatro.<br />

All’interno di questo studio ho presentato, innanzitutto, un quadro generale dei fattori affettivi che<br />

sono in grado favorire od ostacolare l’apprendimento linguistico: l’ansietà, l’autostima, l’inibizione,<br />

la motivazione (integrativa, strumentale e intrinseca), i processi interculturali e l’empatia.<br />

Nel secondo capitolo mi sono concentrato sulla descrizione di quelle tendenze della glottodidattica<br />

moderna che cercano di dare una soluzione alla problematica delle variabili affettive, soprattutto<br />

proponendo che l’alunno svolga un ruolo più attivo. Inoltre, ho analizzato approfonditamente il<br />

modo in cui la ricerca psicolinguistica e neurolinguistica favorisce lo sviluppo di strategie che<br />

implicano una partecipazione globale (cognitiva, fisica ed affettiva) dell’apprendente e che stimolano<br />

sentimenti di autorealizzazione.<br />

Nel terzo capitolo ho spiegato il concetto di “intelligenza emotiva” e ho descritto quali sono le<br />

caratteristiche delle strategie definite umanistico-affettive.<br />

Il quarto capitolo è dedicato a osservare <strong>come</strong> il teatro può costituire un contenitore ideale per un<br />

tipo di glottodidattica che tenga in alta considerazione le dinamiche affettive degli alunni e che miri,<br />

allo stesso tempo, ad offrire un’opportunità di crescita personale, obiettivo importante per le<br />

strategie umanistico-affettive. Dopo aver distinto la mia proposta di sperimentazione dalle tecniche<br />

drammatiche già utilizzate in glottodidattica, ho descritto i criteri del laboratorio che intendevo<br />

svolgere.<br />

Il quinto, sesto e settimo capitolo presentano la descrizione del progetto, realizzato con una classe di<br />

25 bambini di dieci anni, comprendendo le varie fasi di sviluppo e i dati sperimentali raccolti.


Questi ultimi confermano che la metodologia proposta nella sperimentazione porta ad un<br />

apprendimento efficace.<br />

5. Conclusioni<br />

In queste pagine ho voluto offrire un breve quadro degli stimoli e delle opportunità che può offrire<br />

l’applicazione, nell’ambito della glottodidattica, di un progetto creativo complesso quale un<br />

laboratorio per l’allestimento teatrale di opere in lingua straniera. Questa testimonianza ci porta a<br />

riflettere sul modo in cui un laboratorio teatrale può offrire risposte alla richiesta sempre più<br />

insistente di un tipo di insegnamento più marcatamente olistico e attento alla sfera affettiva.<br />

Per quanto riguarda l’affermazione iniziale relativa alla necessità di viaggiare per imparare una lingua<br />

straniera, credo traspaia dalla descrizione della mia esperienza di teatro universitario che è<br />

effettivamente possibile trasformare esperienze intense in veri e propri viaggi di esplorazione di<br />

culture altre. Sta all’insegnante, al facilitatore, fornire una molteplicità di stimoli che facciano<br />

nascere passione, curiosità e producano il pieno assorbimento delle nozioni proposte. L’alunno si<br />

ritroverà immerso nella musica, nella poesia, nella storia e nelle immagini della lingua che ha scelto<br />

di studiare. Vivrà la lingua in prima persona, la vedrà, l’ascolterà, la toccherà, l’annuserà e ne sentirà<br />

il sapore.<br />

Bibliografia<br />

Anónimo (1990), Cantar de mío Cid, Madrid: Alhambra Longman.<br />

Borges, Jorge Luis (1971), La busca de Averroes, en El Aleph, Madrid: Alianza Editorial.<br />

Cervantes, Miguel de (2001), Segunda parte del Ingenioso Caballero Don Quijote de la Mancha,<br />

Madrid: Cátedra.<br />

García Lorca, Federico (1985), Bodas de sangre, Madrid: Cátedra.<br />

García Lorca, Federico (1986), Obras completas, Tomo III. Madrid: Aguilar.

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