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Un ritorno dimenticato 2000numero 93 94 95 96 97 98 99 100 101 ...

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aquila<br />

La regina<br />

delle vette<br />

Massimo Campora<br />

ornitologo<br />

In un bar dell’Alta Valle di Susa espongono<br />

una vecchia, ma bella, immagine<br />

in bianco e nero di aquila reale<br />

in volo che trasporta tra gli artigli un<br />

giovane ungulato (probabilmente un<br />

camoscio). Risale sicuramente ad un<br />

epoca in cui le aquile non erano particolarmente<br />

numerose lungo la catena<br />

alpina ed altrettanto sicuramente non<br />

erano ben viste dalle popolazioni locali.<br />

Attualmente invece, uno tra i più<br />

imponenti rapaci diurni italiani, pare<br />

abbia con successo conquistato un notevole<br />

rispetto per se stesso, tanto che<br />

tra i principali nemici dell’aquila reale<br />

figurano raramente bracconieri e<br />

cacciatori, mentre il disturbo più frequente<br />

proviene da fotografi, videoamatori<br />

e rocciatori.<br />

ORNITOLOGIA<br />

Il numero di coppie presenti sulla catena<br />

alpina pare sia soddisfacente (si<br />

stimano dalle 250 alle 300 coppie), un<br />

po’ meno piacevole è la situazione appenninica,<br />

discreta la presenza sulle<br />

isole, soprattutto in Sardegna.<br />

I greci consideravano l’aquila l’uccello<br />

più caro a Zeus; Eschilo ne fa lo<br />

strumento della vendetta degli dei su<br />

Prometeo, inviata a fare “un nero pasto”<br />

del suo fegato. Talmente cara a<br />

Giove che il padrone dell’Olimpo ne<br />

assume le forme, nelle Metamorfosi di<br />

Ovidio, per rapire Ganimede. Plinio<br />

chiama l’aquila percnoptero, latinizzandone<br />

il nome greco, “la sola che<br />

porta in volo i cadaveri delle sue prede”.<br />

I popoli dell’India hanno sfruttato<br />

questa sua capacità addestrandola,<br />

con altri rapaci, alla caccia delle lepri<br />

e delle volpi. In molte fonti greche e la-<br />

tine si vanta l’attaccamento delle aquile<br />

a coloro che le allevano. Nei testi antichi<br />

sovente viene riportata la loro capacità<br />

di guardare “Febo”, ossia fissare<br />

il sole. <strong>Un</strong>a dote presunta che<br />

viene ripresa dagli autori cristiani per<br />

cui l’aquila divenne il simbolo dell’Evangelista<br />

Giovanni, capace di guardare<br />

la Luce della Verità, oltre a “volare<br />

più in alto, e quindi più vicino a<br />

Dio”. Plinio il vecchio, inoltre, racconta<br />

che alla schiusa delle uova l’aquila<br />

rivolge gli implumi verso oriente: quelli<br />

che reggono lo sguardo sono degni<br />

di essere allevati, gli altri verranno abbandonati.<br />

Vista acuta per scorgere da altezze elevate<br />

prede anche piccole. Insomma,<br />

l’aquila ha tutti i numeri per essere un<br />

animale-simbolo. Ed infatti la sua effigie<br />

è stata per secoli l’insegna militare<br />

più diffusa: iniziarono i Persiani, poi<br />

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