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proteggere il paesaggio naturale. Scabra,<br />
rocciosa, selvaggia, oggi è in<br />
pratica disabitata. I ponzesi hanno<br />
cercato d’abitarla scavando nella roccia<br />
i “vricci”, le case-grotta, e addomesticarla<br />
all’agricoltura, fino a qualche<br />
decennio fa, con i terrazzamenti e<br />
i camminamenti a secco, ma senza<br />
grandi risultati, l’hanno quindi lasciata<br />
a se stessa.<br />
Infatti, a parte i mesi estivi, quando il<br />
mare si colora tra il turchese e lo smeraldo,<br />
Palmarola è scostante e si offre<br />
solo agli amanti veri, che accettano la<br />
sua ritrosia e che sanno quando corteggiarla:<br />
dal mare, protegge le sue<br />
coste con scogli affioranti che la rendono<br />
accessibile solo con piccole imbarcazioni<br />
e, giunti a terra, la perlustrazione<br />
è faticosa ed impegnativa<br />
lungo vecchi sentieri tracciati dai coloni.<br />
Ma confermano quanto la bellezza<br />
e l’armonia siano il frutto di sacrificio,<br />
di ricerca e di tempo, per l’uomo come<br />
per la natura: categorie cui siamo disabituati<br />
e che abbiamo cancellato ormai<br />
dalla vita quotidiana e Palmarola,<br />
inconsapevole, offre da sempre. Infatti<br />
l’isola è stato l’eremo negli ultimi anni<br />
di vita di papa Silverio, Santo e Patrono<br />
di Ponza, esiliato nelle isole ponziane<br />
dalle famiglie patrizie romane<br />
dopo le prime incursioni barbariche:<br />
una piccola cappella a lui dedicata è<br />
in cima all’omonimo faraglione che divide<br />
e domina la cala principale, quella<br />
del Porto, dove si trova anche la<br />
pietra degli uomini preistorici, l’ossidiana.<br />
La sua stessa conformazione a<br />
nord ha creato una cattedrale gotica a<br />
picco sul mare con archi e colonnari<br />
di basalto, squadrati e geometrici. A<br />
ricordarci, appunto, che l’anima abita,<br />
da sempre, a Palmarola.<br />
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