La faccia come provocazione. Dal ritratto alla carne: Opalka e Orlan
ingraziamento indirizzata al pittore Francesco Francia nel 1511 consacra la pratica di “imbellettare”: “havendovi vui cum l’arte vostra facta assai più bella che non mi ha fatto natura”. Come non rintracciare in questa dama cinquecentesca un’antesignana del mo<strong>della</strong>mento facciale e dell’ “artefatto” contemporanei? Non solo, venticinque anni dopo Tiziano ritrae la D’Este ultrasessantenne con le fattezze di una ventenne e sembra già di essere in una recente fenomenologia <strong>della</strong> cosmesi e <strong>della</strong> mistificazione <strong>della</strong> vecchiaia. Una immagine “Arcidishonestamente imbelletata” inveiì con foga allora l’Aretino. Una falsificazione ante litteram che ci riporta alle ragioni più attuali di James Hillman contro le modificazioni <strong>della</strong> chirurgia estetica su una faccia che invecchia, perchè “la faccia del vecchio è un bene per il gruppo” e perchè sulla faccia è plasmato il mio carattere dato che sono io che la “faccio” con quello che ho costruito, inseguito, creduto tutta la vita. Annullare la faccia del vecchio con la chirurgia è “un crimine contro l’umanità”, significa privare una società di valori fondanti, sincerità e pietas per esempio, un togliere valore etico alla vecchiaia (il cui fine è quello “di svelare il nostro carattere”), per sostituirlo con un mito idiota di giovinezza Questa la premessa necessaria per inquadrare il lavoro decennale, o per meglio dire l’opera unica che si sviluppa in decenni di attività, di un artista come Roman Opalka che ha lavorato sul tempo con il tempo stesso, fino a renderne l’ astrattezza come un materiale solido che agisce sulla tela. Una strategia artistica che prevede oltre ai numeri, ai colori, e alla voce l’utilizzo del proprio volto per catturare il tempo: ogni giorno dal 1972. Operazione matematica: dipingere ogni giorno su una tela di 196 x 135 un numero in serie progressiva iniziando dall’uno verso l’infinito.. Quasi una pratica mistica la cui meta è irraggiungibile e lo scacco già implicito in partenza. Eppure precisione maniacale e serietà assoluta nel portare avanti il lavoro: stessa ora, stessa millimetrica posizione e posa, stessa camicia, stessa espressione. Con studiata disciplina ogni quadro <strong>della</strong> serie numerale viene accompagnato da un ritratto fotografico a fine lavoro, tutte le sere, nell’ “imperiosa necessità di non perdere nulla per carpire il tempo”. Nel guardare le foto in modo distanziato nella loro sequenza cronologica, l’effetto è impressionante. Quanti anni occorrono per studiare le incisioni del tempo (categoria invisibile) su una faccia? Dettagli infinitesimali che si accumulano in migliaia di istanti quotidiani. Dettagli impietosamente documentati, grazie al lavoro affascinante e cerebrale di Opalka. E soprattutto esemplarità del Work in progress quale processo artistico. Al fondo nero iniziale delle tele viene aggiunto ogni giorno un centesimo di colore bianco in modo che pian, piano, con il trascorrere del tempo le tele vadano sbiadendo insieme all’immagine di accompgnamento del suo ritratto fotografico che documenta il logoramento dell’invecchiamento. Opalka stesso è consapevole dell’eccezionalità di testimoniare e catturare l’ istante: “Tremando per la tensione davanti alla follia di una simile impresa, immergevo il pennello in un vasetto e, sollevando leggermente il braccio, lasciavo il primo segno, 1, in alto a sinistra, all’estremità <strong>della</strong> tela, perchè non rimanesse nessuno spazio fuori dall’unica struttura logica che mi ero dato.” Urgenza di specchiare la metamorfosi biologica in atto. <strong>Il</strong> cambiamento. Ma nell’arte contemporanea la ritrattistica va oltre e diventa organica, suoi strumenti la carne, il sangue, la sofferenza. Un esempio: Orlan e la sua faccia post-umana e mutante. InSistenze La faccia come provocazione. Dal ritratto alla carne: Opalka e Orlan L’artista francese fa del proprio corpo un “teatro operatorio” e documenta gli interventi chirurgici svoltesi in anestesia locale e tutti finalizzati alla realizzazione di un progetto artistico. L’impianto di protesi di zigomo per ricreare la 11