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L'evoluzione dei poteri della Banca d'Italia dall'Unità ... - Delpt.unina.it

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Introduzione<br />

L’evoluzione <strong>dei</strong> <strong>poteri</strong> <strong>della</strong><br />

<strong>Banca</strong> d’Italia dall’Un<strong>it</strong>à al 1936<br />

di<br />

Giuliana Veltri 1<br />

Il presente lavoro, in modo sintetico considerata l’ampiezza dell’argomento<br />

trattato, evidenzia le principali tappe che hanno segnato le molteplici trasformazioni<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, dall’Un<strong>it</strong>à sino alla riforma bancaria del<br />

1936, alla luce delle recenti ricerche effettuate da A. Polsi, P. Pecorari, F.<br />

Bonelli, F. Balletta, F. Belli, G. Guarino e G. Toniolo 2.<br />

Il percorso che abbiamo deciso di intraprendere non vuole essere solo una<br />

rassegna di fatti storici quanto, piuttosto, la valutazione attenta di quelli che<br />

sono i fattori che hanno determinano il passaggio <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, come<br />

banca di emissione tra le altre banche, a banca centrale. Primo, fra tutti questi<br />

fattori, è l’ist<strong>it</strong>uzione <strong>della</strong> Vigilanza come comp<strong>it</strong>o specifico <strong>della</strong> <strong>Banca</strong><br />

d’Italia.<br />

Siamo part<strong>it</strong>i dal tentativo di ricostruire i rapporti tra banca centrale ed<br />

autor<strong>it</strong>à di governo, in una prospettiva ist<strong>it</strong>uzionale al fine di comprendere<br />

attraverso quale strada si è formata quella tradizione di autorevolezza e di<br />

1 Giuliana Veltri, dottoranda di Storia Economica, dipartimento di Analisi <strong>dei</strong> Processi<br />

Economico-Sociali, Linguistici, Produttivi e Terr<strong>it</strong>oriali, facoltà di Economia [Federico<br />

II] di Napoli.<br />

2 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia. Il governo <strong>della</strong> moneta e del sistema bancario<br />

dall’Ottocento ad oggi; P. Pecorari, La fabbrica <strong>dei</strong> soldi. Ist<strong>it</strong>uti di emissione e questioni<br />

bancarie in Italia 1861-1913; F. Bonelli, La <strong>Banca</strong> d’Italia dal 1894 al 1913 e<br />

La crisi del 1907: una tappa dello sviluppo industriale in Italia; F. Balletta, Storia economica<br />

secoli XVIII-XX e Un colpo mancino assestato al mezzogiorno d’Italia: l’unificazione<br />

dell’emissione di cartamoneta nel 1926; F. Belli, Legislazione bancaria <strong>it</strong>aliana 1861-<br />

2003; G. Guarino e G. Toniolo, La <strong>Banca</strong> d’Italia e l’economia di guerra. 1914-<br />

1919.<br />

109


accumulo di <strong>poteri</strong> su di una ist<strong>it</strong>uzione, che per molti versi «cost<strong>it</strong>uisce un<br />

qualcosa di unico nel panorama ist<strong>it</strong>uzionale ed amministrativo del paese» 3.<br />

Dobbiamo considerare che l’originaria rilevanza <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> di emissione,<br />

in termini di pol<strong>it</strong>ica monetaria, era strettamente connaturata alla sua tendenza<br />

a divenire “centrale”. La riflessione è che tale sviluppo si trova in linea<br />

con la tradizione storica <strong>della</strong> semplice banca, <strong>della</strong> banca ordinaria. Si tratta,<br />

cioè, di un processo che inizia con l’emissione di t<strong>it</strong>oli rappresentativi di<br />

depos<strong>it</strong>i, circolanti soprattutto con final<strong>it</strong>à di sostegno del funzionamento e<br />

dell’efficienza <strong>dei</strong> pagamenti. Tuttavia, a questo ruolo originario si affianca<br />

una funzione tipicamente cred<strong>it</strong>izia. Questo elemento è il primo passo importante<br />

per l’attribuzione, all’Ist<strong>it</strong>uto di emissione, di specifiche responsabil<strong>it</strong>à<br />

monetarie in senso stretto.<br />

Storicamente, infatti, le notevoli responsabil<strong>it</strong>à monetarie assegnate alla<br />

<strong>Banca</strong> d’Italia, scaturirono da questa nuova concezione: all’incombenza iniziale<br />

di provvedere al supporto del circu<strong>it</strong>o <strong>dei</strong> pagamenti – con la diffusione <strong>dei</strong><br />

biglietti di banca, solo rappresentativi dell’unica “vera moneta”, ossia l’oro coniato<br />

– si sost<strong>it</strong>uì la missione di assicurare la convertibil<strong>it</strong>à <strong>della</strong> moneta rappresentativa.<br />

In questo contesto, però, la <strong>Banca</strong> d’Italia si trovò sempre in una posizione<br />

secondaria: l’influenza primaria, infatti, era ancora rappresentata dalla<br />

moneta aurea emessa dallo Stato o dalla banca per concessione statale. Tuttavia,<br />

l’esperienza maturata nell’esercizio di questo ruolo secondario, consentirà<br />

di eludere il confl<strong>it</strong>to tra la pol<strong>it</strong>ica monetaria <strong>della</strong> banca centrale, tanto che<br />

giunge a precludere ogni possibil<strong>it</strong>à di una sua concezione 4.<br />

Nei regimi monetari che adottarono il sistema aureo bastava attenersi alle<br />

«regole del gioco» di un meccanismo automatico in cui l’oro si «prende[va]<br />

cura di se stesso: travalica[va] liberamente […] le frontiere e con ciò materialmente<br />

restringe[va] o allarga[va] la circolazione monetaria di cui [era] l’unico<br />

componente» 5, potendo essere tramutato da moneta a merce e viceversa,<br />

con estrema facil<strong>it</strong>à. Ora, però, si verifica che l’emissione <strong>dei</strong> biglietti e la concezione<br />

cred<strong>it</strong>izia degli stessi farà in modo che, all’originaria rappresentativ<strong>it</strong>à<br />

del biglietto, si accompagni una «rappresentativ<strong>it</strong>à cred<strong>it</strong>izia del biglietto» 6,<br />

corrispondente solo in parte, (precisamente per l’ammontare <strong>della</strong> “riserva fra-<br />

3 A. Polsi, Introduzione a Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia. Il governo <strong>della</strong> moneta e del<br />

sistema bancario dall’Ottocento ad oggi, Ed<strong>it</strong>ori Laterza, Roma-Bari 2001, pag. VIII.<br />

4 Cfr. J.H. Williams, Monetary Stabil<strong>it</strong>y and the Gold Standard, ristampato in Post<br />

war Monetary Plans and other Essays, New York 1945, pag. 183.<br />

5 A. Ferrari, Pol<strong>it</strong>ica monetaria, evoluzione e aspetti odierni, Giuffrè, Milano 1959, pag.<br />

21.<br />

6 Ibidem, pag. 22.<br />

110


zionale”), alla moneta metallica. Perciò il cr<strong>it</strong>erio <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à delle riserve<br />

avrà, ovviamente, l’assenso dello Stato poiché consente allo stesso, in cambio<br />

di concezioni di privilegi sull’emissione, di poter richiedere alla banca,<br />

anche senza l’effettivo depos<strong>it</strong>o del metallo corrispondente, l’emissione di<br />

biglietti convertibili in oro.<br />

Lo Stato, infatti, non avrebbe avuto nessuna convenienza a rinunciare all’aiuto<br />

delle banche di emissione. Ecco come si spiega perché il potere monetario<br />

si presenti originariamente come un potere che, pur derivando da una<br />

concessione dello Stato, tende naturalmente alla banca centrale.<br />

Tale concessione, nella fase iniziale dello sviluppo <strong>della</strong> banca centrale,<br />

cost<strong>it</strong>uirà la base per una coesistenza di una pol<strong>it</strong>ica monetaria dello Stato<br />

accanto ad una propria <strong>della</strong> “banca centrale”.<br />

Inoltre, il ricorso all’Ist<strong>it</strong>uto di emissione, da parte delle autor<strong>it</strong>à statali,<br />

si giustificava con l’incapac<strong>it</strong>à dello Stato, deb<strong>it</strong>ore <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> per esigenze di<br />

bilancio, di generare autonomamente quel clima di fiducia necessario alla realizzazione<br />

di proprie e dirette emissioni fiduciarie.<br />

Abbiamo scelto di partire dall’Un<strong>it</strong>à Nazionale, poiché fu in segu<strong>it</strong>o alla<br />

pol<strong>it</strong>ica bancaria post-un<strong>it</strong>aria del governo del Regno che si registrò la presenza,<br />

nel sistema bancario del tempo, di un primo embrionale nucleo <strong>della</strong><br />

moderna banca centrale.<br />

L’espressione “banca centrale” comparve per la prima volta, in uno scr<strong>it</strong>to<br />

dell’economista genovese Boccardo 7. Essa designava il vertice dell’assetto, teoricamente<br />

primordiale, che avrebbe dovuto assumere il sistema cred<strong>it</strong>izio. Un<br />

assetto che attribuiva alla “banca centrale” la moderna funzione di “banca<br />

delle banche”, cioè di prestatore di ultima istanza, tram<strong>it</strong>e il risconto, per le<br />

banche minori 8.<br />

Le tappe più rilevanti di questo processo sono identificabili nelle vicende<br />

riguardanti il monopolio delle emissioni, le relazioni intercorrenti tra ist<strong>it</strong>uto<br />

centrale e banche ordinarie, nei rapporti instaurati tra banca centrale ed autor<strong>it</strong>à<br />

governative, le leggi bancarie del 1926 e del 1936. In particolare ci siamo<br />

soffermati sul ruolo del monopolio e sulle evoluzioni delle normative <strong>della</strong><br />

vigilanza. Attraverso il riconoscimento del monopolio dell’emissione si assiste<br />

alla defin<strong>it</strong>iva realizzazione del concetto di banca centrale. La funzione qualificante<br />

del monopolio nei confronti <strong>della</strong> banca centrale è, del resto, supportata<br />

dalla importanza dottrinale <strong>della</strong> cosiddetta teoria del “central banking”. La<br />

fase storica in cui viene attribu<strong>it</strong>o alla <strong>Banca</strong> d’Italia il monopolio delle emis-<br />

7 Cfr. A. Gigliobianco, Tra concorrenza e collaborazione: considerazioni sulla natura <strong>dei</strong><br />

rapporti fra “<strong>Banca</strong> centrale”e sistema bancario nell’esperienza <strong>it</strong>aliana (1844-1918), in S. Cardarelli,<br />

Ricerche per la storia <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, vol. I, Laterza, 1990.<br />

8 Cfr. M.H. De Kock, Central Banking, Londra 1954, pagg. 26 e ss.<br />

111


sioni cost<strong>it</strong>uisce, infatti, il momento in cui viene ufficialmente riconosciuto,<br />

sia sul piano normativo che sul piano dottrinale, il prestigio <strong>della</strong> propria funzione.<br />

Ed è anche il momento in cui la <strong>Banca</strong> d’Italia acquista la “fiera<br />

coscienza” <strong>della</strong> propria autor<strong>it</strong>à, che le consentirà, nel prosieguo del suo cammino,<br />

di affermarsi come una delle più prestigiose ed autorevoli ist<strong>it</strong>uzioni<br />

<strong>della</strong> storia <strong>it</strong>aliana.<br />

Per la funzione di vigilanza <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, abbiamo cercato di svilupparne<br />

la parabola storica, i cambiamenti che ha prodotto ed i suoi obiettivi<br />

nel sistema finanziario <strong>it</strong>aliano. Ci siamo trattenuti, a tal fine, sulle leggi<br />

del ’26 e del ’36, poiché è a partire da esse che la vigilanza affronta pos<strong>it</strong>ivamente<br />

i cambiamenti che hanno reso la finanza e gli scambi continuativamente<br />

dinamici su qualunque asse temporale e spaziale.<br />

1. Banche di emissione senza banca centrale<br />

«Vi sono banche di emissione che sono alimentate e sostenute dalla ricchezza<br />

nazionale. Esse rispecchiano, in tal caso, la prosper<strong>it</strong>à di un paese che,<br />

come la Francia, abbonda di mezzi monetari metallici, oppure, come l’Inghilterra,<br />

possiede strumenti di cred<strong>it</strong>o perfezionati e un commercio mondiale tra<br />

i più cospicui. Ve ne sono altre, invece, che per l’attiv<strong>it</strong>à che svolgono sono<br />

chiamate a risanare e a migliorare l’ambiente economico in cui vivono» 9.<br />

«L’autonomia decisionale <strong>della</strong> banca centrale, in un paese e in un sistema<br />

economico e sociale come il nostro, caratterizzato da una debole accumulazione<br />

di cap<strong>it</strong>ale, è molto lim<strong>it</strong>ata. Quando la pol<strong>it</strong>ica monetaria e cred<strong>it</strong>izia è<br />

una delle poche leve, probabilmente l’unica, di cui il governo disponga per<br />

adattare la propria pol<strong>it</strong>ica economica, questo non accresce il potere <strong>della</strong><br />

banca centrale. Al contrario: lo condiziona e lo diminuisce fortemente […].<br />

Da noi […] la banca si deve far carico di responsabil<strong>it</strong>à che in altri paesi non<br />

incombono sulle autor<strong>it</strong>à monetarie» 10.<br />

La <strong>Banca</strong> d’Italia è una delle ist<strong>it</strong>uzioni che, in Italia, gode di grande<br />

autorevolezza. È stato l’ist<strong>it</strong>uto di emissione che ha svolto funzioni di banca<br />

centrale (fino alla fine del ’900), di monopolio <strong>della</strong> vigilanza sul sistema cred<strong>it</strong>izio,<br />

di ant<strong>it</strong>rust sul sistema bancario. «Uomini provenienti dal suo interno<br />

hanno occupato e occupano cariche di primo piano in organi ist<strong>it</strong>uzionali<br />

9 M. Luzzatti, B. Stringher, C. Vivante, Consultation pour la Banque Nationale de<br />

Roumanie, Roma 1915, trad. It. a cura di F. Bonelli, La <strong>Banca</strong> d’ Italia dal 1894 al 1913,<br />

Roma-Bari 1991, pag. 60.<br />

10 G. Carli, Intervista sul cap<strong>it</strong>alismo <strong>it</strong>aliano, a cura di E. Scalari, Roma-Bari 1977,<br />

pagg. 45 e 46.<br />

112


ed amministrativi, secondo un processo di osmosi che non ha uguale negli<br />

altri paesi più avanzati» 11.<br />

Come sostiene Polsi, in Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia, le banche centrali<br />

nascono in relazione ad una esigenza di pol<strong>it</strong>ica monetaria: esse devono garantire<br />

sufficiente elastic<strong>it</strong>à al mercato monetario. Pertanto, alla base del potere<br />

straordinario acquis<strong>it</strong>o in Italia dal sistema bancario sta, fondamentalmente,<br />

l’innestarsi di una scelta pol<strong>it</strong>ica di fare <strong>della</strong> manovra monetaria lo strumento<br />

principale e, in talune circostanze, unico regolatore dell’intervento dello<br />

Stato in economia, su di una s<strong>it</strong>uazione già preesistente di marcata dissociazione<br />

tra risparmiatori ed invest<strong>it</strong>ori.<br />

«Nella stessa direzione di questa scelta, più o meno consapevole, ma<br />

comunque volontaria, delle forze pol<strong>it</strong>iche che hanno governato l’Italia nel<br />

dopoguerra e fondamentalmente <strong>della</strong> DC, hanno operato gli effetti di una<br />

progressiva perd<strong>it</strong>a di controllo <strong>della</strong> spesa corrente nel settore pubblico e la<br />

insufficienza dello Stato nel reperimento delle entrate fiscali» 12. Si è venuto a<br />

creare per la banca centrale, soprattutto a partire dagli anni ’60, una specie di<br />

stato privilegiato e, allo stesso tempo, di forte stato di necess<strong>it</strong>à che l’ha indotta<br />

a fuoriuscire dai suoi comp<strong>it</strong>i ist<strong>it</strong>uzionali.<br />

La genesi delle banche centrali è legata alla diffusione <strong>della</strong> carta moneta,<br />

mentre l’acquisizione delle loro attuali funzioni è relativamente recente. Storicamente<br />

la coniazione <strong>della</strong> moneta era una prerogativa regia e simbolo <strong>della</strong><br />

sovran<strong>it</strong>à. L’uso <strong>della</strong> carta moneta e la cost<strong>it</strong>uzione delle prime banche di<br />

emissione si ebbe fra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo come privilegio<br />

che il sovrano concede ai privati in cambio di prest<strong>it</strong>i alle finanze dello<br />

Stato.<br />

Si cominciò a comprendere che per l’espansione del commercio fosse<br />

necessario un incremento <strong>della</strong> quant<strong>it</strong>à di moneta e del cred<strong>it</strong>o bancario, che<br />

proprio i nuovi ist<strong>it</strong>uti, di sol<strong>it</strong>o forme di società anonima, potevano garantire.<br />

Così, all’inizio dell’800, «quando si diff[use] in Europa l’economia pol<strong>it</strong>ica,<br />

si pens[ò] che la stabil<strong>it</strong>à <strong>della</strong> moneta e la sua efficienza come mezzo di<br />

pagamento dipend[evano] dall’aggancio del segno monetario all’oro e al<br />

rispetto di norme prudenziali nella emissione. Le banche di emissione [furono]<br />

r<strong>it</strong>enute necessarie […] ma la loro azione [venne] rivest<strong>it</strong>a da numerose<br />

lim<strong>it</strong>azioni per ev<strong>it</strong>are pericolosi eccessi nella emissione di banconote, tali da<br />

mettere in pericolo il valore stesso <strong>della</strong> moneta» 13.<br />

11 A. Polsi, Introduzione a Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia. Il governo <strong>della</strong> moneta e del<br />

sistema bancario dall’Ottocento ad oggi, Ed<strong>it</strong>ori Laterza, Roma-Bari 2001, pag. VIII.<br />

12 L. Barca e G. Vanghetti, L’Italia delle Banche, Ed<strong>it</strong>ori Riun<strong>it</strong>i, Roma 1976,<br />

pag. 21.<br />

13 Ibidem.<br />

113


Alla metà dell’800, la banca di emissione era nei paesi più avanzati, allo<br />

snodo di due mercati: quello monetario e quello cred<strong>it</strong>izio, su cui agiva con le<br />

proprie operazioni dirette ed alla cui stabil<strong>it</strong>à contribuiva attraverso il cosiddetto<br />

cred<strong>it</strong>o di ultima istanza. Nasceva, pertanto, la consapevolezza che la<br />

banca di emissione era un’ist<strong>it</strong>uzione che dominava il resto del sistema bancario,<br />

pur continuando ad agire in concorrenza con le altre banche.<br />

All’indomani del disordine monetario <strong>dei</strong> primi anni ’20 del ’900 e del<br />

faticoso processo di ricostruzione del sistema monetario, si cominciò a teorizzare<br />

la posizione delle banche di emissione come banche centrali. Se questo<br />

non portò a cambiamenti giuridici delle imprese che, infatti, continuarono ad<br />

essere private, tuttavia le arricchì di comp<strong>it</strong>i e responsabil<strong>it</strong>à tanto da trasformarle<br />

in organismi ist<strong>it</strong>uzionali volti a salvaguardare la stabil<strong>it</strong>à monetaria<br />

interna ed internazionale.<br />

La grande crisi del 1929 ed il crollo del sistema monetario del 1931<br />

inflissero un duro colpo al prestigio delle banche centrali ed alla loro indipendenza.<br />

Si avvertì l’esigenza di forme di controllo e regolamentazione del mercato<br />

monetario e cred<strong>it</strong>izio per garantire un maggiore interesse generale e<br />

prese avvio, negli anni ’30, la stagione delle grandi leggi bancarie, che, in un<br />

decennio finirono per attirare le banche di emissione nella sfera delle ist<strong>it</strong>uzioni<br />

pubbliche e per sottoporre i sistemi bancari ad un insieme di regole e<br />

controlli a volte affidati alla stessa banca centrale, a volte ad apparati governativi<br />

14. Fu questo anche il periodo <strong>della</strong> collaborazione fra banche centrali e<br />

governi durata fino all’inizio degli anni ’70, cioè fino a quando lo shock petrolifero<br />

e le sempre crescenti spese <strong>dei</strong> sistemi di welfare misero di nuovo in<br />

‘forse’ l’obiettivo <strong>della</strong> stabil<strong>it</strong>à monetaria con le pol<strong>it</strong>iche di spesa <strong>dei</strong> governi,<br />

evidenziando come le principali determinanti <strong>della</strong> stabil<strong>it</strong>à monetaria<br />

siano, a pari t<strong>it</strong>olo, il bilancio statale e la pol<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> banca centrale.<br />

Si accesero, di conseguenza, nuovi dibatt<strong>it</strong>i: il tema dell’autonomia delle<br />

banche centrali rispetto ai governi e pol<strong>it</strong>iche di bilancio r<strong>it</strong>enute non sempre<br />

affidabili per il mantenimento <strong>della</strong> stabil<strong>it</strong>à monetaria; il tema <strong>della</strong> possibil<strong>it</strong>à<br />

di un sistema bancario libero o, quanto meno, un sistema monetario senza<br />

banca centrale 15.<br />

L’Italia seguì con tempi propri questi cicli ist<strong>it</strong>uzionali: la <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

nacque solo nel 1893 e bisognerà attendere il 1926 per stabilire il monopolio<br />

dell’emissione. Tuttavia, prima che altrove, nacque, in Italia, la consapevolez-<br />

14 Cfr. M. De Cecco, Introduzione a L’Italia e il sistema finanziario internazionale<br />

1918-1936, Ed<strong>it</strong>ori Laterza, Roma-Bari 1993, pagg. 3-19.<br />

15 Sono importanti per la trattazione di quest’ultimo tema gli studi di Walter<br />

Bagehot in Lombard Street e di Vera Sm<strong>it</strong>h in The Rationale of Central Banking.<br />

114


za che una banca di emissione fosse anche un’ist<strong>it</strong>uzione orientata ad utilizzare<br />

i propri strumenti operativi per favorire la cresc<strong>it</strong>a economica del paese.<br />

All’indomani <strong>della</strong> proclamazione del Regno d’Italia, nel 1861, furono<br />

Francia ed Inghilterra i principali Stati europei che definirono gli standard<br />

monetari accettati dagli altri paesi. Essi erano dotati di una “cost<strong>it</strong>uzione<br />

monetaria” ben defin<strong>it</strong>a: l’Inghilterra usava un regime di circolazione basato<br />

sull’oro e già nel 1844 attribuì il monopolio dell’emissione di banconote alla<br />

<strong>Banca</strong> d’Inghilterra, richiudendo il privilegio entro rigidi lim<strong>it</strong>i; la Francia<br />

manteneva un regime di circolazione bimetallico (argento ed oro), mentre l’emissione<br />

di banconote era monopolio <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> di Francia dal 1848.<br />

Per l’Italia l’atto legislativo di maggior rilievo fu la legge organica 24<br />

agosto 1862, più nota come legge Pepoli. Essa faceva <strong>della</strong> lira <strong>it</strong>aliana l’un<strong>it</strong>à<br />

monetaria legale per i pagamenti e l’un<strong>it</strong>à di conto per le contabil<strong>it</strong>à pubbliche<br />

e private. Per quel che riguarda il “metallo”, pur in presenza di una s<strong>it</strong>uazione<br />

internazionale favorevole al monometallismo aureo, la legge Pepoli ebbe<br />

accesso allo standard bimetallico francese, escludendo il monometallismo aureo,<br />

ma anche altre soluzioni come la carta moneta inconvertibile ed il monometallismo<br />

argenteo. Diversamente dal settore metallico, l’ordinamento dell’emissione<br />

cartacea non si ispirò a cr<strong>it</strong>eri di un<strong>it</strong>à e ciò dipese da un confl<strong>it</strong>to<br />

interno all’equilibrio tradizionale le cui prime avvisaglie erano avvertibili nel<br />

contrasto tra le prospettive centralistiche del Cavour e le spinte privatistiche<br />

<strong>dei</strong> più importanti ist<strong>it</strong>uti bancari di Torino, Firenze e Bologna, «sommatisi<br />

alle resistenze derivanti dalla natura “semipubblica” degli ist<strong>it</strong>uti meridionali<br />

e dagli stretti rapporti tra interessi economici locali ed esigenze <strong>della</strong> finanza<br />

statale, il che indu[sse] a legare “la soluzione <strong>dei</strong> problemi <strong>della</strong> emissione e del<br />

cred<strong>it</strong>o a quella del pubblico” e a protrarre “le scelte defin<strong>it</strong>ive”» 16. L’emissione<br />

fu r<strong>it</strong>enuta un’iniziativa privata, ancorché sottoposta a vincoli di statuto e<br />

subordinata al controllo del governo. A monte di queste ragioni, stava la<br />

carenza di volontà pol<strong>it</strong>ica nei confronti di un problema a torto r<strong>it</strong>enuto meno<br />

urgente, se non meno essenziale, di quello metallico 17.<br />

Degli ist<strong>it</strong>uti che, nel marzo 1861, avevano la facoltà di emettere carta<br />

moneta al portatore, dotata di potere liberatorio legale, il maggiore era la<br />

<strong>Banca</strong> Nazionale degli Stati Sardi, nata nel 1849, dalla fusione <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> di<br />

Genova con la <strong>Banca</strong> di Torino. Con l’annessione dell’Italia centrale, essa<br />

incorporò la <strong>Banca</strong> per le Quattro legazioni e la <strong>Banca</strong> Parmense con l’obiet-<br />

16 P. Pecorari, La fabbrica <strong>dei</strong> soldi. Ist<strong>it</strong>uti di emissione e questioni bancarie in Italia<br />

1861-1913, Patron Ed<strong>it</strong>ore, Bologna 1994, pagg. 16-20.<br />

17 Cfr. V. Sannucci, Molteplic<strong>it</strong>à delle banche di emissione: ragioni economiche ed effetti<br />

sull’efficacia del controllo monetario, 1860-1890, in «Ricerche per la storia…», I, pagg.<br />

181-218.<br />

115


tivo di pervenire al più presto all’accorpamento di tutte le banche d’emissione<br />

del paese. Ma tale processo trovò non poche difficoltà ed opposizioni. Le<br />

difficoltà erano oggettive, perché i diversi regimi <strong>della</strong> circolazione monetaria<br />

fra Nord ed ex Regno delle Due Sicilie – bimetallica ed ancorata all’area del<br />

franco la circolazione piemontese, argentea al Centro Sud – rendevano difficoltosa<br />

l’operos<strong>it</strong>à <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Nazionale, che prese il nome di <strong>Banca</strong> Nazionale<br />

nel Regno d’Italia. «Nel periodo che seguì l’Un<strong>it</strong>à, il sistema bancario<br />

[…] si trovò di fronte a tre comp<strong>it</strong>i principali: favorire l’integrazione delle<br />

realtà economiche locali in un unico sistema nazionale; porre delle solide basi<br />

per il supporto dello sviluppo dell’agricoltura; sostenere – qualche anno più<br />

tardi – il processo di industrializzazione che appariva sempre di più l’unica via<br />

da seguire per la modernizzazione del paese. Estremamente complesso risultava<br />

il primo scopo, per il raggiungimento del quale il governo contava anche<br />

sullo strumento monetario che avrebbe dovuto essere gest<strong>it</strong>o da un unico ist<strong>it</strong>uto<br />

di emissione» 18. Tuttavia le opposizioni interne, soprattutto toscane e<br />

meridionali, impedirono il processo di unificazione nell’emissione <strong>dei</strong> biglietti<br />

di banca e così, negli anni immediatamente successivi alla formazione dello<br />

stato un<strong>it</strong>ario, erano cinque gli ist<strong>it</strong>uti che operavano in Italia oltre la <strong>Banca</strong><br />

Nazionale: due enti toscani, la <strong>Banca</strong> Toscana e la <strong>Banca</strong> Toscana di cred<strong>it</strong>o;<br />

due storici ist<strong>it</strong>uti meridionali quali il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia<br />

e, dal 1870, la <strong>Banca</strong> dello Stato Pontificio (che assume il vecchio nome di<br />

<strong>Banca</strong> Romana). «Questi elementi – un<strong>it</strong>i alle preferenze espresse da alcuni<br />

economisti all’epoca <strong>della</strong> scuola liberista, come Francesco Ferrara, che sostenevano<br />

la valid<strong>it</strong>à di un sistema con plural<strong>it</strong>à di banche di emissione – non<br />

impedirono tuttavia alla <strong>Banca</strong> Nazionale di assumere di fatto una forte preminenza<br />

[…]» 19; basti tener presente che la <strong>Banca</strong> Nazionale deteneva, nel<br />

1873, i due terzi del cap<strong>it</strong>ale sociale degli ist<strong>it</strong>uti di emissione ed il sessanta<br />

per cento <strong>della</strong> circolazione 20.<br />

Ma facciamo un breve passo indietro. Nella prima parte degli anni ’60 si<br />

verificò in Europa, un momento di cresc<strong>it</strong>a economica e di sviluppo di ist<strong>it</strong>uzioni<br />

bancarie e finanziarie. Stando così le cose, in Francia ed in Inghilterra,<br />

ampi settori del mondo bancario cominciarono a contestare le posizioni di privilegio<br />

delle rispettive banche di emissione. In Francia, il caso <strong>dei</strong> fratelli<br />

Pereire, che riuscirono ad ottenere dal Parlamento una commissione per inda-<br />

18 C. Bremond, Una rassegna del pensiero degli storici dell’economia su banche e cred<strong>it</strong>o<br />

negli stati preun<strong>it</strong>ari e nell’Italia liberale, 1815-1926, in «Rivista di Storia Finanziaria»,<br />

Napoli-Arte Tipografica, Napoli Luglio-Dicembre 2002, n. 9, pagg. 26 e 27.<br />

19 Ibidem.<br />

20 Cfr. C. Supino, Storia <strong>della</strong> circolazione cartacea in Italia dal 1860 al 1928, Sei,<br />

Milano 1929, pag. 61.<br />

116


gare sull’operato <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> di Francia, inflisse a quest’ultima un duro colpo<br />

alla sua autorevolezza.<br />

Alla luce di ciò, si comprende come in Italia, all’inizio del 1865, le argomentazioni<br />

a favore del monopolio dell’emissione e del conferimento <strong>della</strong><br />

tesoreria alla banca unica, si trovassero a fronteggiare una contestazione dottrinaria<br />

da parte <strong>dei</strong> teorici di forme di free banking, ma soprattutto un clima<br />

pol<strong>it</strong>ico ed emotivo dell’opinione pubblica avverso alle ist<strong>it</strong>uzioni bancarie<br />

monopolistiche.<br />

La s<strong>it</strong>uazione cambiò a partire dalla primavera del 1866: in previsione<br />

<strong>della</strong> guerra fra Austria e Prussia, i mercati finanziari europei vennero attraversati<br />

da forti turbolenze che provocarono un rialzo <strong>dei</strong> tassi di sconto e, nel<br />

caso dell’Italia, il r<strong>it</strong>iro di ingenti cap<strong>it</strong>ali esteri invest<strong>it</strong>i in Italia.<br />

La breve, ma intensa crisi, finanziaria del maggio-giugno 1866 ebbe conseguenze<br />

di lunga durata sugli assetti cred<strong>it</strong>izi continentali. Essa si tradusse, a<br />

Londra, nel fallimento <strong>dei</strong> tentativi delle clearing house 21 di svincolarsi dalla tutela<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Inghilterra che riprese il suo ruolo centrale di banca di emissione;<br />

in Francia, nella fine del caso Pereire a favore <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> di Francia.<br />

«In Italia le conseguenze sulle banche furono più gravi, in quanto il<br />

paese, alla vigilia di una nuova guerra con l’Austria, con i cred<strong>it</strong>i esteri non più<br />

rinnovati e la caduta delle quotazioni <strong>dei</strong> t<strong>it</strong>oli del deb<strong>it</strong>o pubblico, fu costretto<br />

ad una misura traumatica e lesiva dell’orgoglio nazionale appena ristabil<strong>it</strong>o,<br />

quale la proclamazione del corso forzoso <strong>dei</strong> biglietti <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Nazionale.<br />

Agli altri ist<strong>it</strong>uti di emissione fu prescr<strong>it</strong>to l’obbligo <strong>della</strong> convertibil<strong>it</strong>à <strong>dei</strong><br />

biglietti in moneta metallica o in biglietti <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Nazionale» 22.<br />

La misura potrebbe far pensare al monopolio dell’emissione a favore <strong>della</strong><br />

<strong>Banca</strong> nazionale, ma, a ben vedere, il corso forzoso portò conseguenze rilevanti<br />

anche per le altre banche e, soprattutto, per i banchi meridionali, che videro<br />

equiparare la loro circolazione di fedi di cred<strong>it</strong>o alle banconote. L’emissione<br />

diventò così la fonte principale di risorse anche per le banche di emissione<br />

minori. Certo esisteva il vincolo di cambiare a vista i propri biglietti con quelli<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Nazionale, ma la pol<strong>it</strong>ica <strong>dei</strong> governi e lo stesso interesse <strong>della</strong><br />

<strong>Banca</strong> Nazionale incrementarono al massimo tale operazione.<br />

La dichiarazione del corso forzoso provocò l’espansione <strong>della</strong> moneta cartacea,<br />

ponendo come urgente «la necess<strong>it</strong>à di una regolazione legislativa <strong>della</strong><br />

delicata materia dell’emissione di moneta, non più affidabile a provvedimenti<br />

parziali adottati sotto la spinta dell’emergenza» 23.<br />

21 Le clearing houses sono ist<strong>it</strong>uti bancari specializzati nello sconto di cambiali.<br />

22 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> in Italia… op. c<strong>it</strong>., pagg. 7 e 8.<br />

23 Ibidem, pag. 9.<br />

117


Tuttavia il dibatt<strong>it</strong>o sugli ist<strong>it</strong>uti di emissione cambiò: non era più possibile<br />

avere come obiettivo l’unificazione dell’emissione che appariva, ormai,<br />

difficilmente realizzabile, in quanto la forte liquid<strong>it</strong>à immessa nel sistema<br />

economico e la moderata inflazione che ne seguì, svolgevano una non debole<br />

funzione di stimolo per l’attiv<strong>it</strong>à economica, inoltre forte era l’avversione<br />

verso la prospettiva di un monopolio dell’emissione non solo da parte degli<br />

operatori economici del Mezzogiorno, ma anche dal principale centro finanziario<br />

del paese, ossia Genova, un<strong>it</strong>a alle posizioni teoriche <strong>dei</strong> fautori <strong>della</strong><br />

libertà di emissione. All’espansione <strong>della</strong> creazione <strong>della</strong> moneta premeva,<br />

però, un vincolo esterno che non si poteva trascurare: il rapporto di cambio<br />

con il franco francese che, nei primi anni ’70, diede segni di deterioramento.<br />

Alla luce di queste considerazioni r<strong>it</strong>eniamo importante fare alcune valutazioni<br />

sulla circolazione monetaria. Come sostiene Pecorari, essa può essere<br />

distinta in due periodi. Nel primo (fino al ’66) la “carta bancale” non svolgeva<br />

veramente la funzione <strong>della</strong> moneta ma, concorreva allo sviluppo <strong>dei</strong> commerci<br />

e del cred<strong>it</strong>o. Il suo aumento avvenne in modo graduale conformemente<br />

alla cresc<strong>it</strong>a <strong>della</strong> pubblica ricchezza 24.<br />

Nel secondo periodo (dal ’67 al ’73), la circolazione raddoppiò quasi. L’aumento<br />

si rivelò eccezionalmente rapido tra il ’71 e il ’73, interessando soprattutto<br />

la <strong>Banca</strong> Nazionale.<br />

L’incremento <strong>della</strong> circolazione è meglio spiegabile se consideriamo il<br />

fatto che accanto alle emissioni legali ve ne erano anche di abusive 25. Le<br />

responsabil<strong>it</strong>à maggiori sono da attribuire alle banche ordinarie di depos<strong>it</strong>o e<br />

sconto, le banche popolari, gli ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o agrario.<br />

«La cresc<strong>it</strong>a debordante ed in molti casi abusiva <strong>della</strong> circolazione bancaria,<br />

la diversa copertura <strong>dei</strong> biglietti nei vari ist<strong>it</strong>uti, l’esigenza di controlli<br />

più adeguati, la carente normativa in materia di rapporti interbancari, l’importanza<br />

sempre maggiore assunta dalla <strong>Banca</strong> Nazionale, più volte chiamata<br />

a far fronte a richieste di prest<strong>it</strong>i da parte del governo e sempre più temuta dai<br />

fautori del regime concorrenziale, l’inasprimento dell’aggio, l’urgenza di bloccare<br />

la spirale inflazionistica, l’assenza di segni distintivi per i biglietti a corso<br />

forzoso, e insieme le interconnessioni di ciascuno di questi elementi con gli<br />

altri re[sero] indilazionabile un riordino <strong>della</strong> complessa materia» 26.<br />

È necessario a questo punto richiamare alcuni fatti. Nel 1870-71 si ebbe<br />

il passaggio <strong>della</strong> cap<strong>it</strong>ale a Roma con conseguenti spese straordinarie e l’assunzione<br />

del deb<strong>it</strong>o pubblico relativo al Lazio, che incrementarono il defic<strong>it</strong><br />

24 P. Pecorari, La fabbrica <strong>dei</strong> soldi….op. c<strong>it</strong>., pagg. 42 e 43.<br />

25 De Mattia, I bilanci degli ist<strong>it</strong>uti di emissioni…., pagg. 467-469 (tav. 7).<br />

26 P. Pecorari, La fabbrica <strong>dei</strong> soldi… op.c<strong>it</strong>., pag. 52.<br />

118


delle finanze statali, tenuto sotto controllo, fino al ’71, ma aggravatosi nel<br />

’72-73. Nel dicembre 1871, Sella (andato al governo nel 1870) espose alla<br />

Camera un piano finanziario per il quinquennio 1872-76, che nelle sue previsioni<br />

avrebbe consent<strong>it</strong>o l’eliminazione del disavanzo. Il piano prevedeva: a)<br />

un nuovo prest<strong>it</strong>o di 300 milioni con la <strong>Banca</strong> Nazionale, autorizzata ad<br />

emettere una somma corrispondente di biglietti; b) la sospensione dell’ammortamento<br />

del deb<strong>it</strong>o verso lo stesso ist<strong>it</strong>uto; c) la cessione del servizio di<br />

tesoreria ai quattro maggiori ist<strong>it</strong>uti di emissione (Nazionale nel Regno d’Italia,<br />

Nazionale Toscana, Banco di Napoli e Banco di Sicilia) 27. Per ottenere<br />

l’approvazione del piano, Sella accettò alcune modifiche richieste dalla Commissione,<br />

tra le quali la rinuncia a trasferire il servizio di tesoreria.<br />

Nel 1872, con la cresc<strong>it</strong>a dell’inflazione e <strong>della</strong> speculazione, Sella elaborò<br />

un progetto di legge volto a porre freno alla circolazione cartacea. Il progetto<br />

non andò a buon fine e, nel giugno 1873, la base pol<strong>it</strong>ica dell’esecutivo cadde,<br />

aprendo la via a Minghetti che, tra l’estate del ’73 e la primavera del ’74, sottoposto<br />

a molteplici pressioni di uomini d’affari e speculatori che volevano<br />

l’aumento <strong>della</strong> circolazione, ma consapevole che tale concessione avrebbe<br />

aggravato le condizioni di v<strong>it</strong>a <strong>dei</strong> più deboli e scatenato la borghesia agraria<br />

ed industriale, oltre che i gruppi economici del Centro-Sud ostili ad ogni<br />

rafforzamento <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Nazionale, presentò al Parlamento un progetto di<br />

legge bancaria detto <strong>della</strong> “plural<strong>it</strong>à disciplinata”. Lo scopo era quello di regolare<br />

la circolazione «nel solo periodo del corso forzoso» 28, ed allo stesso tempo<br />

ridurre il «regionalismo <strong>dei</strong> biglietti e [a] pareggiare le condizioni degli ist<strong>it</strong>uti<br />

fra di loro e dirimpetto allo Stato» 29.<br />

Il progetto, diventato legge il 30 aprile 1874, ist<strong>it</strong>uì un Consorzio formato<br />

da sei banche di emissione (<strong>Banca</strong> Nazionale nel Regno di Italia, <strong>Banca</strong><br />

Nazionale Toscana, <strong>Banca</strong> Toscana di Cred<strong>it</strong>o, <strong>Banca</strong> Romana, Banco di Napoli<br />

e Banco di Sicilia), cui si affidò il comp<strong>it</strong>o di emettere biglietti circolanti<br />

per conto dello Stato nel lim<strong>it</strong>e massimo di un miliardo. Ai biglietti consortili<br />

non fu attribu<strong>it</strong>o il corso forzoso, ma solo il corso legale. Ogni banca poteva<br />

emettere biglietti nei lim<strong>it</strong>i del triplo del patrimonio posseduto e del cap<strong>it</strong>ale<br />

versato alla data del 14 dicembre 1873. I sei ist<strong>it</strong>uti non potevano variare<br />

il saggio di sconto senza autorizzazione governativa. Venne sanc<strong>it</strong>o il divieto<br />

a privati, società o enti di emettere biglietti per tutta la durata del corso<br />

forzoso 30.<br />

27 Ibidem.<br />

28 M. Minghetti, Discorsi parlamentari, raccolti e pubblicati per deliberazione <strong>della</strong><br />

Camera <strong>dei</strong> deputati, Roma 1890, pag. 408.<br />

29 Ibidem, pag. 409.<br />

30 P. Pecorari, La fabbrica <strong>dei</strong> soldi…, op. c<strong>it</strong>., pag. 52.<br />

119


Sebbene la legge sulla “plural<strong>it</strong>à disciplinata” regoli, per la prima volta,<br />

dopo l’Un<strong>it</strong>à, l’attiv<strong>it</strong>à di emissione e, talvolta venga considerata la prima legge<br />

bancaria <strong>it</strong>aliana, essa rappresentò una soluzione di compromesso in quanto<br />

se diede un certo ordine al regime dell’emissione, riuscendo sia a lim<strong>it</strong>are<br />

la circolazione per conto dello stato, sia ad influire pos<strong>it</strong>ivamente sul mercato<br />

<strong>dei</strong> cambi e a sopprimere la carta moneta abusiva, risultò però inadeguata<br />

sotto altri profili. Lasciava irrisolto il problema del monopolio dell’emissione<br />

come concreta alternativa al regime <strong>della</strong> concorrenza 31; non soddisfaceva l’esigenza<br />

di conferire elastic<strong>it</strong>à di offerta al circolante cartaceo; non affrontava il<br />

nodo <strong>della</strong> vigilanza preventiva e non poneva le premesse per il r<strong>it</strong>orno <strong>della</strong><br />

convertibil<strong>it</strong>à metallica.<br />

2. La regolazione del mercato monetario dopo il 1874<br />

Dopo l’entrata in vigore <strong>della</strong> legge sulla “plural<strong>it</strong>à disciplinata”, iniziò la<br />

lenta liquidazione <strong>della</strong> crisi internazionale verificatasi nel 1873, le cui ripercussioni<br />

si avvertirono anche in Italia, dove si verificò la caduta <strong>dei</strong> prezzi,<br />

specie nel settore delle materie prime industriali e <strong>dei</strong> prodotti fin<strong>it</strong>i per l’industria.<br />

Per la circolazione <strong>dei</strong> biglietti del Consorzio non si apprezzarono<br />

incrementi di rilievo grazie anche al raggiungimento del pareggio nel bilancio<br />

dello Stato che, dal 1875 al 1881, presentò degli avanzi.<br />

Quest’ultimo dato è importante da considerare, poiché la cessazione del<br />

disavanzo eliminava una delle cause che incidevano sulla cresc<strong>it</strong>a <strong>della</strong> circolazione<br />

cartacea. Infatti, «rispetto ai lim<strong>it</strong>i fissati dalla legge bancaria del ’74,<br />

non si [ebbero] in tali anni veri e propri sforamenti, ove si eccettuavano il caso<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Romana e, per un’unica volta, <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Nazionale» 32. Sulla<br />

base <strong>dei</strong> progressi economici del Paese, (quali gli avanzi degli ultimi bilanci<br />

dello Stato, l’aumento <strong>dei</strong> risparmi, i più favorevoli rapporti di cred<strong>it</strong>o e deb<strong>it</strong>o<br />

con l’estero, il rafforzamento <strong>della</strong> finanza pubblica e la migliorata s<strong>it</strong>uazione<br />

monetaria nazionale), il 15 novembre 1880 il ministro delle Finanze<br />

Agostino Migliani presentò, alla Camera, un progetto di legge per l’abolizione<br />

del corso forzoso. Ciò nonostante, vi era una fragil<strong>it</strong>à di fondo del sistema<br />

di cui Migliani non era consapevole. Sebbene molti siano gli elementi di<br />

31 La legge sembrava venire incontro alla preoccupazione di incrementare la concorrenza<br />

fra gli ist<strong>it</strong>uti di emissione a vantaggio del mondo del commercio, ma non teneva<br />

presente che proprio una concorrenza esasperata fra gli ist<strong>it</strong>uti, rischiava di compromettere<br />

la r<strong>it</strong>rovata stabil<strong>it</strong>à <strong>della</strong> moneta e poteva anche portare le banche, impegnate alla<br />

ricerca <strong>dei</strong> clienti, ad una cattiva valutazione <strong>dei</strong> rischi.<br />

32 P. Pecorari, La fabbrica <strong>dei</strong> soldi …op. c<strong>it</strong>., pag. 52.<br />

120


ipresa economica, continuavano a permanere motivi di preoccupazione: i problemi<br />

legati all’agricoltura che, specie per i cereali, il riso e la seta, non riuscivano<br />

a fronteggiare la concorrenza europea; l’aumento del deb<strong>it</strong>o per l’esercizio<br />

statale delle ferrovie sia dell’Alta Italia sia di quelle Romane. Insomma,<br />

l’inversione di trend non eliminava la debolezza di fondo del sistema che, anzi,<br />

si accentuò con la recessione del 1883-84, la quale, in Italia, si accompagnò<br />

con l’epidemia di colera e con la successiva crisi del 1887-88.<br />

È facile intuire come il progetto di Migliani non trovò consenso da parte<br />

di tutti; tuttavia, superata l’opposizione parlamentare, esso divenne legge il 7<br />

aprile 1881(n. 133).<br />

Venne pertanto abol<strong>it</strong>o il corso forzoso: «il Consorzio degli ist<strong>it</strong>uti di<br />

emissione [doveva] essere sciolto entro il 30 giugno 1881 e i biglietti in circolazione<br />

[dovevano] diventare deb<strong>it</strong>o diretto dello Stato. [Fu] rinviata la fissazione<br />

del terminus a quo per l’apertura del cambio, come pure per la sost<strong>it</strong>uzione<br />

<strong>dei</strong> biglietti di piccolo taglio con moneta divisionaria» 33.<br />

Con l’abolizione del corso forzoso l’aggio scomparve, il potere di acquisto<br />

<strong>della</strong> lira si rafforzò e ricominciarono ad affluire i cap<strong>it</strong>ali stranieri in Italia.<br />

Migliani, infatti, organizzò un grosso prest<strong>it</strong>o estero, rimborsabile in oro, di<br />

644 milioni di lire, in gran parte raccolto a Londra sotto gli auspici <strong>della</strong><br />

Hambro & Co. e <strong>della</strong> Baring Brothers 34. La maggior disponibil<strong>it</strong>à di danaro<br />

invogliò le banche a concedere più facilmente prest<strong>it</strong>i e lo Stato ad aumentare<br />

le proprie spese.<br />

Negli anni 1885-93, le cose peggiorarono sotto l’aspetto monetario. I<br />

problemi economici più gravi erano due: la concorrenza <strong>dei</strong> prodotti agricoli<br />

dell’America settentrionale portò ad una riduzione <strong>della</strong> prosper<strong>it</strong>à dell’agricoltura<br />

<strong>it</strong>aliana; a segu<strong>it</strong>o di prest<strong>it</strong>i bancari sconsiderati si verificò un boom<br />

edilizio a Roma e a Napoli, che poi si interruppe. Queste difficoltà lasciarono<br />

le maggiori banche con prest<strong>it</strong>i che i deb<strong>it</strong>ori non furono in grado di rimborsare.<br />

Invece di dichiararli cred<strong>it</strong>i irrecuperabili, le banche li trasformarono in<br />

cred<strong>it</strong>i ipotecari a lungo termine e crearono sezioni di cred<strong>it</strong>o ipotecario, sul<br />

modello Créd<strong>it</strong> Foncier, cui li trasferirono, oltre a concederne di nuovi, finanziati<br />

con l’emissione di obbligazioni e con fondi delle maggiori banche 35.<br />

Una s<strong>it</strong>uazione di particolare vulnerabil<strong>it</strong>à, tra le sei banche di consorzio,<br />

l’aveva la <strong>Banca</strong> Romana, che oltre ad avere un’eccessiva espansione <strong>dei</strong> suoi<br />

prest<strong>it</strong>i, soffriva di saldi sempre più negativi nel reciproco rimborso <strong>dei</strong> biglietti.<br />

Avviò, così, una campagna per essere sollevata dalle proprie obbligazioni<br />

di rimborso, nuovamente appoggiata dal governo che non solo manten-<br />

33 Ibidem, pag. 69.<br />

34 T. Canovai, Le Banche di emissione in Italia, Casa Ed<strong>it</strong>rice Ital., Roma 1912, pag. 48.<br />

35 Ibidem, pagg. 62-70.<br />

121


ne la segretezza dell’operazione ma, nel 1891, la sollevò ufficialmente dall’obbligo<br />

di rimborsare i suoi biglietti.<br />

Così, mentre la <strong>Banca</strong> Nazionale concedeva grossi prest<strong>it</strong>i alla <strong>Banca</strong> Romana<br />

non presentando i suoi biglietti per il rimborso, «la <strong>Banca</strong> Romana, che [era]<br />

già in una s<strong>it</strong>uazione disastrosa, si [gettò] a capof<strong>it</strong>to sulla via <strong>della</strong> rovina» 36.<br />

Il tutto avvenne per mano di un economista, Maffeo Pantaloni, che ottenne<br />

una copia del rapporto dell’ispezione alla <strong>Banca</strong> Romana, completato nel 1889 –<br />

mantenuto segreto – e che rese pubblico nel 1893. Si rivelò per la <strong>Banca</strong> Romana<br />

l’esistenza di un vuoto di cassa di 20 milioni di lire e la stampa di biglietti<br />

con un numero di serie duplicato. Ma gravi irregolar<strong>it</strong>à vennero alla luce anche<br />

presso la <strong>Banca</strong> Nazionale, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia, che emisero<br />

una quant<strong>it</strong>à di biglietti superiore ai lim<strong>it</strong>i legali, cambiali di comodo, e un<br />

numero eccessivo di cambiali in sofferenza 37. Queste rivelazioni, assieme alle crisi<br />

di altre banche, portarono al collasso tutto il sistema bancario 38.<br />

3. La nasc<strong>it</strong>a <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Centrale in una s<strong>it</strong>uazione di emergenza<br />

Giol<strong>it</strong>ti, come capo del governo dal maggio 1893, fu costretto in tempi<br />

rapidissimi a formulare una proposta di riforma delle banche di emissione, in<br />

un clima avvelenato dalle polemiche su presunti episodi di corruzione e dalla<br />

collusione di vertici pol<strong>it</strong>ici con le banche di emissione. Lo stesso Giol<strong>it</strong>ti<br />

venne travolto dallo scandalo e, quindi, costretto a dimettersi nel novembre<br />

1893. La s<strong>it</strong>uazione di emergenza non impedì, comunque, di varare la legge<br />

10 agosto 1893, che ist<strong>it</strong>uì la <strong>Banca</strong> d’Italia. «Una legge nata in un clima di<br />

forte sospetto e sfiducia verso le passate banche di emissione, contenente<br />

disposizioni molto dure per gli azionisti <strong>della</strong> nuova società e una pesante<br />

tutela dell’esecutivo su di essa» 39.<br />

Vennero stipulate due “convenzioni”: la prima riguardava la fusione tra la<br />

<strong>Banca</strong> Nazionale nel Regno, la <strong>Banca</strong> Nazionale Toscana e la <strong>Banca</strong> Toscana di<br />

Cred<strong>it</strong>o; la seconda riguardava la fusione fra le prime tre e la <strong>Banca</strong> Romana e<br />

la liquidazione di quest’ultima.<br />

Si giunse così alla legge 10 agosto 1893, che diede v<strong>it</strong>a alla <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

40 prodotto <strong>della</strong> fusione di tre ist<strong>it</strong>uti. La facoltà di emettere biglietti,<br />

36 Ibidem, pag. 108.<br />

37 F. Balletta, Storia economica secoli XVIII-XX, Arte Tipografica, Napoli 1991,<br />

pag. 201.<br />

38 Ibidem.<br />

39 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 18.<br />

40 P. Pecorari, La fabbrica <strong>dei</strong> soldi….., op. c<strong>it</strong>., pagg. 115 e 116.<br />

122


attribu<strong>it</strong>a dalla legge al nuovo ist<strong>it</strong>uto (art. 2) fu riconosciuta, per un periodo<br />

di vent’anni, anche ai banchi di Napoli e di Sicilia. Il lim<strong>it</strong>e massimo normale<br />

<strong>della</strong> circolazione <strong>dei</strong> tre ist<strong>it</strong>uti di emissione fu stabil<strong>it</strong>o in 908 milioni di<br />

lire <strong>dei</strong> quali 660 alla <strong>Banca</strong> d’Italia, 200 al Banco di Napoli e 48 al Banco di<br />

Sicilia. Ai biglietti dichiarati convertibili in moneta metallica fu concesso il<br />

corso legale per la durata di un quinquennio nelle province in cui ciascun ist<strong>it</strong>uto<br />

em<strong>it</strong>tente disponeva di una sede, di una succursale o di una rappresentanza.<br />

Norme rigorose furono fissate per la fabbricazione <strong>dei</strong> biglietti, cui partecipò<br />

anche lo Stato, che ad ogni biglietto appose un proprio contrassegno. Le<br />

operazioni che i tre ist<strong>it</strong>uti erano autorizzati a compiere riguardavano, in particolare,<br />

lo sconto a non più di quattro mesi, le anticipazioni a non più di sei mesi<br />

e la compravend<strong>it</strong>a, in contanti di tratte e assegni sull’estero e di cambiali sull’estero,<br />

il ricevimento di depos<strong>it</strong>i in conto corrente fruttifero. Erano vietate<br />

nuove operazioni di cred<strong>it</strong>o fondiario, come pure tutte le operazione in conto<br />

corrente allo scoperto. Le variazioni nel saggio di sconto venivano subordinate<br />

ad approvazione del Ministero del Tesoro. Al governo spettava l’autorizzare<br />

all’apertura o chiusura di sedi e succursali ed agenzie. Gli ist<strong>it</strong>uti erano sottoposti<br />

alla vigilanza del Ministero dell’Agricoltura, industria e commercio, di concerto<br />

con il Tesoro, ed un rappresentante del governo poteva intervenire alle riunioni<br />

degli elettivi, con la facoltà di sospendere le deliberazioni non conformi<br />

alla legge. La nomina del direttore generale fu affidata al Consiglio superiore<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, ma sottoposto ad approvazione del governo.<br />

Pur mantenendo una plural<strong>it</strong>à di banche di emissione, la preminenza<br />

<strong>della</strong> nuova <strong>Banca</strong> d’Italia sui due banchi meridionali fu tale da non dare più<br />

ad<strong>it</strong>o a forme di concorrenza: ad essa si sost<strong>it</strong>uì una sostanziale collaborazione<br />

fra le banche di emissione. La <strong>Banca</strong> d’Italia restò una società privata, ma il<br />

condizionamento posto dai pubblici <strong>poteri</strong> fu molto forte e ciò era riscontrabile<br />

dagli eventi che seguirono sub<strong>it</strong>o dopo l’entrata in vigore <strong>della</strong> legge.<br />

4. Il rapporto tra governo e <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

La riforma del 1893 e la nasc<strong>it</strong>a <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, mutarono profondamente<br />

i termini del governo <strong>della</strong> moneta. La <strong>Banca</strong> fu obbligata a realizzare<br />

il risanamento <strong>dei</strong> propri conti senza gravare sul bilancio dello Stato ed, al<br />

tempo stesso, dovette permettere una certa flessibil<strong>it</strong>à nella circolazione senza<br />

indebolire il cambio. In effetti, le condizioni del bilancio <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> erano<br />

difficili per la presenza delle immobilizzazioni <strong>dei</strong> passati ist<strong>it</strong>uti e <strong>della</strong><br />

<strong>Banca</strong> Romana. Ciò determinava una pesante dipendenza dell’ist<strong>it</strong>uto di emissione<br />

dalle direttive del Tesoro. All’inizio, vi fu una forte contrapposizione tra<br />

123


governo ed azionisti <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>, soprattutto quando, nel dicembre 1893,<br />

divenne ministro del Tesoro Sidney Sonnino.<br />

Ma facciamo un breve salto indietro per determinare le cause che sono all’origine<br />

di questo scontro, a tal fine valuteremo la s<strong>it</strong>uazione economica e monetaria<br />

dell’estate 1893. Nelle settimane successive al varo dell’Atto bancario, la<br />

s<strong>it</strong>uazione economica e monetaria <strong>it</strong>aliana peggiorò: il cambio su Parigi, crebbe 41.<br />

Come conseguenza del ribasso <strong>della</strong> rend<strong>it</strong>a, da una parte si verificò un forte rientro<br />

<strong>dei</strong> t<strong>it</strong>oli, essendo più alte le quotazioni in Italia per il sostegno ricevuto attraverso<br />

le banche di emissione 42, dall’altra parte si ebbe una preoccupante esportazione<br />

di moneta metallica. Le banche dovettero fronteggiare un massiccio r<strong>it</strong>iro<br />

di depos<strong>it</strong>i e molte vennero travolte dalle crisi. I casi più clamorosi furono quelli<br />

<strong>della</strong> Società Generale di Cred<strong>it</strong>o Mobiliare Italiano e <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Generale.<br />

5. Tra pubblico e privato<br />

Dopo la riforma del 1893, la <strong>Banca</strong> d’Italia continuò a mantenere la sua<br />

natura di società privata, ma subì la forte presenza dello Stato: «era tenuta a<br />

una contemperazione fra interesse degli azionisti e interesse pubblico, in cui il<br />

secondo aveva ormai una certa preminenza grazie a pochi ma efficaci strumenti<br />

di controllo sulle principali decisioni dell’ist<strong>it</strong>uto» 43. Il mantenimento<br />

<strong>della</strong> struttura privatista <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> fu necessario per garantire sia l’efficacia<br />

nella conduzione economica <strong>della</strong> società, sia a preservare il governo <strong>della</strong> moneta<br />

da un’ingerenza troppo pressante del potere pol<strong>it</strong>ico. La facoltà del governo<br />

di nominare il direttore mise in ombra gli azionisti ma, a ben vedere, la<br />

norma non modificò quelli che erano i loro <strong>poteri</strong> all’interno <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> poiché,<br />

dalle sue origini, si era affermata nella <strong>Banca</strong> Nazionale una tradizione di<br />

guida autocratica sempre attenta ai rapporti con il governo.<br />

Dopo il 1893, il r<strong>it</strong>orno economico degli azionisti risultò fortemente indebol<strong>it</strong>o,<br />

tuttavia essi, nonostante episodiche proteste, non seppero organizzare<br />

un’opposizione efficace alla direzione di Giuseppe Marchiori (nuovo direttore<br />

generale <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia), né furono capaci di assumere iniziative di<br />

rilievo o posizioni di forza all’interno <strong>della</strong> società. «Storicamente gli organismi<br />

dirigenti <strong>della</strong> banca <strong>it</strong>aliana non esprimevano una vera él<strong>it</strong>e nazionale<br />

<strong>della</strong> ricchezza e degli affari, ma tendevano a rappresentare geograficamente<br />

gli interessi delle varie parti del paese» 44. Questa debolezza strutturale dell’a-<br />

41 P. Pecorari, La fabbrica <strong>dei</strong> soldi..., op. c<strong>it</strong>., pag. 119.<br />

42 Ibidem, pag. 120.<br />

43 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 20.<br />

44 Ibidem, pagg. 21 e 22.<br />

124


zionarato e del cap<strong>it</strong>alismo <strong>it</strong>aliano, esaltò il ruolo mediatore fra pubblico e<br />

privato <strong>della</strong> dirigenza <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>, che del rapporto con il governo fece anzi<br />

uno <strong>dei</strong> propri punti di leg<strong>it</strong>timazione. Ci fu, soprattutto dopo il 1893, una<br />

maggiore consapevolezza del ruolo pubblico dell’ist<strong>it</strong>uzione, organismo centrale<br />

per garantire l’equilibrio <strong>della</strong> circolazione monetaria, ma anche degli<br />

assetti finanziari del paese. L’azionarato non riuscì ad eserc<strong>it</strong>are un peso nelle<br />

scelte di fondo <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica e organizzazione dell’ist<strong>it</strong>uto.<br />

Con una legge del 1895, il nuovo ist<strong>it</strong>uto assunse il servizio di tesoreria<br />

per conto dello Stato; era questo un passo da non sottovalutarsi nel cammino<br />

verso la banca centrale unica. Tutta questa materia giunse a maturazione<br />

prima nel 1910 con il testo unico sugli ist<strong>it</strong>uti di emissione e sulla circolazione<br />

<strong>dei</strong> biglietti di banca, che determinava il quadro ist<strong>it</strong>uzionale defin<strong>it</strong>ivo<br />

ed, in un secondo momento, nel 1926, quando la <strong>Banca</strong> d’Italia ottenne il<br />

monopolio dell’emissione 45. «In fase di rodaggio l’asimmetria tra forma privatistica<br />

e comp<strong>it</strong>i pubblicistici si f[ece] sentire in maniera evidente: appar[ì]<br />

inev<strong>it</strong>abile lo scontro fra il Tesoro, che si muove[va] nel senso <strong>della</strong> subordinazione<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, e la <strong>Banca</strong> medesima, che in prima battuta [r<strong>it</strong>enne]<br />

di potersi configurare senza sostanziali soluzioni di continu<strong>it</strong>à come erede<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> nazionale nel regno» 46.<br />

Alla guida <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia venne posto l’ex direttore <strong>della</strong> <strong>Banca</strong><br />

Nazionale Giacomo Grillo. Un uomo che aveva l’ab<strong>it</strong>udine di schierarsi sul<br />

fronte degli interessi degli azionisti e quindi poco sensibile ai nuovi comp<strong>it</strong>i<br />

affidati all’ist<strong>it</strong>uto ed ai vincoli e ai sacrifici dell’interesse privato che le scelte<br />

di risanamento imponevano. D’altra parte, il governo aveva il coltello dalla<br />

parte del manico. A dispetto <strong>della</strong> natura privatistica <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, il<br />

condizionamento pubblico era consistente; «basti considerare quanto segue: 1)<br />

le variazioni del saggio ufficiale di sconto [furono] sottoposte all’approvazione<br />

del Tesoro; 2) l’apertura o chiusura di sedi o succursali [necess<strong>it</strong>ò] dell’autorizzazione<br />

governativa; 3) la <strong>Banca</strong> [fu] sottoposta a vigilanza governativa,<br />

accentrata presso il Tesoro dal 1895 in avanti; 4) un rappresentante del governo<br />

interv[enne] alle riunioni degli organi <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> ed [ebbe] facoltà di<br />

sospendere le deliberazioni non conformi alla legge; 5) la nomina del direttore<br />

generale, per quanto di spettanza interna, [fu] assoggettata ad approvazione<br />

del governo» 47. La <strong>Banca</strong> era tenuta, inoltre, a risanare i propri conti senza<br />

pesare sul bilancio dello Stato; in una s<strong>it</strong>uazione del genere era difficile avere<br />

spazi di autonomia.<br />

45 Ibidem.<br />

46 Ibidem, pag. 104.<br />

47 Ibidem.<br />

125


Appena la <strong>Banca</strong> mosse i primi passi, Grillo si dimise e fu sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da<br />

un pol<strong>it</strong>ico, Giuseppe Marchiori. Se questa sost<strong>it</strong>uzione placò lo scontro tra<br />

direttore generale <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> e Tesoro, lo spostò all’interno <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> stessa,<br />

cioè fra direttore e consiglio di amministrazione dell’ist<strong>it</strong>uto. Gli azionisti<br />

pertanto si lamentavano: «se per un verso lo statuto <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> [anda]va a<br />

detrimento <strong>della</strong> ripartizione degli utili e a favore <strong>della</strong> cost<strong>it</strong>uzione di riserve,<br />

per altro verso, il livello stesso degli utili si colloca[va] assai al di sotto di<br />

quello a cui erano avvezzi gli azionisti <strong>della</strong> vecchia Nazionale» 48. Gli stessi<br />

azionisti furono chiamati a «metter mano al portafoglio per rimpinguare il<br />

cap<strong>it</strong>ale <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>» 49.<br />

Fu in questo clima di confronto fra gli organi dell’Ist<strong>it</strong>uto che prese le<br />

mosse l’opera di risanamento e rafforzamento, di precisazione ed ampliamento<br />

<strong>dei</strong> comp<strong>it</strong>i <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia e di prima determinazione <strong>dei</strong> rapporti con il<br />

governo. Marchiori morì nel novembre 1900; lo sost<strong>it</strong>uì una figura di grandissimo<br />

spicco, Bonaldo Stringher, ex direttore generale del Tesoro. In precedenza<br />

aveva percorso la carriera all’interno dell’amministrazione finanziaria,<br />

fino a ricoprire, dal 1893 al 1898, la carica di direttore generale del Tesoro.<br />

Era stato, quindi, l’interlocutore ist<strong>it</strong>uzionale diretto <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>, incaricato<br />

di vigilare su di essa nei primi anni di attuazione <strong>della</strong> legge ist<strong>it</strong>utiva.<br />

6. Bonaldo Stringher<br />

La trasformazione <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia da ist<strong>it</strong>uto di emissione fra ist<strong>it</strong>uti di<br />

emissione, seppure in posizione di supremazia, a “banca centrale” fu opera in<br />

massima parte di Stringher. Fu Stringher che gettò le basi e costruì una rete di<br />

rapporti banca-stato capace di salvaguardare l’autonomia di giudizio <strong>della</strong> banca<br />

medesima. «Per me fra <strong>Banca</strong> e Stato non può esservi dissidio, – rilev[ò] Stringher<br />

– comune dove[va] essere l’intento di migliorare le condizioni dell’attiv<strong>it</strong>à<br />

nazionale e rialzarne le sorti. Ma comunione di intenti non significa minimamente<br />

rinunziare all’autonomia nostra nell’esercizio del cred<strong>it</strong>o entro i confini<br />

segnati dalle leggi e dagli ist<strong>it</strong>uti» 50. Il messaggio è chiaro: fine <strong>della</strong> contrapposizione<br />

con il governo, ma anche riconquista dell’autonomia dell’ist<strong>it</strong>uto, lim<strong>it</strong>ato<br />

notevolmente durante il mandato Marchiori. Stringher non fu solo direttore<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, ma svolse anche un importante ruolo in organismi consultivi<br />

<strong>della</strong> pubblica amministrazione ed in associazioni private, appoggiando<br />

molte iniziative in materia cred<strong>it</strong>izia e monetaria. «Si [mosse] innanz<strong>it</strong>utto<br />

48 Ibidem, pag. 105.<br />

49 Ibidem.<br />

50 Cfr. F. Monelli, La <strong>Banca</strong> d’Italia dal 1894 al 1913, op. c<strong>it</strong>., pag. 811.<br />

126


come il capo di un’importante ist<strong>it</strong>uzione pubblica, strettamente collegata all’amministrazione<br />

statale, e non più tanto e solo come il direttore <strong>della</strong> principale<br />

banca di emissione su mandato <strong>dei</strong> propri azionisti» 51.<br />

Questa era la nuova immagine che emerge dalle attiv<strong>it</strong>à pubbliche di<br />

Stringher e testimoniava il cambiamento di ruolo che la <strong>Banca</strong> d’Italia stava<br />

progressivamente subendo a partire dall’inizio del secolo, e questo soprattutto<br />

per opera di Stringher. «Egli si f[ece] promotore di rilevanti modificazioni<br />

dello statuto <strong>della</strong> banca, che rafforza[rono] i <strong>poteri</strong> <strong>della</strong> direzione […]. [Fu]<br />

Stringher che compre[se] il ruolo essenziale <strong>della</strong> moral suasion, come linea di<br />

condotta basata sulla autorevolezza, sulla capac<strong>it</strong>à di intessere rapporti leali<br />

con le banche e con lo Stato e sull’autonomia di giudizio. [Fu] infine Stringher<br />

che [colse] con chiarezza la necess<strong>it</strong>à per una banca centrale di porsi per<br />

così dire al di fuori “<strong>della</strong> mischia”, come “potere neutro” e capace di vedere<br />

con occhio più lungo» 52.<br />

Prima di affrontare il tema del processo di formazione <strong>della</strong> banca centrale,<br />

è necessario chiarire il rapporto tra banche miste e <strong>Banca</strong> d’Italia. La banca<br />

mista rappresentò un interlocutore scomodo sia per i governi che per l’ist<strong>it</strong>uto<br />

di emissione. <strong>Banca</strong> Commerciale e Cred<strong>it</strong>o Italiano nacquero su basi d’indipendenza<br />

dal potere pol<strong>it</strong>ico, cosa che creò un certo disagio nella classe pol<strong>it</strong>ica<br />

dirigente ab<strong>it</strong>uata, sin dal Cavour, ad intrattenere strette relazioni con i<br />

maggiori organismi bancari del paese. Inoltre le banche miste dimostrarono<br />

una notevole indipendenza anche dalla <strong>Banca</strong> d’Italia. Come sia possibile questo<br />

è facile intuirlo se si considera un aspetto fondamentale, ossia la vasta rete<br />

di relazioni internazionali di cui le banche miste godevano, rete che permise<br />

di sostenere gran parte del lavoro bancario e di investimento senza ricorrere al<br />

rifinanziamento <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia. «Vi fu sempre una certa diffidenza fra le<br />

due ist<strong>it</strong>uzioni: da Milano Stringher e la <strong>Banca</strong> d’Italia venivano percep<strong>it</strong>i<br />

come troppo vicini al governo, troppo “pol<strong>it</strong>ici”, mentre viceversa le iniziative<br />

delle due banche miste venivano segu<strong>it</strong>e con qualche preoccupazione per la<br />

tenuta complessiva del sistema e per una non palese, ma convinta diffidenza<br />

di fondo verso la grande finanza internazionale, potenzialmente destabilizzante»<br />

53. Sicché, mentre <strong>Banca</strong> Commerciale e Cred<strong>it</strong>o Italiano continuarono a<br />

crescere, la <strong>Banca</strong> d’Italia acquisì un atteggiamento benevolo e quasi di protezione<br />

verso quegli ist<strong>it</strong>uti concorrenziali alle due banche. Tra questi il Banco<br />

di Roma, che fu l’ist<strong>it</strong>uto a godere di maggiori favori di ampi settori del<br />

51 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 23.<br />

52 F. Belli, Legislazione bancaria <strong>it</strong>aliana 1852-2003, G. Giappichielli Ed<strong>it</strong>ore, Torino<br />

2004, pag. 105.<br />

53 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 24 ed in particolare D.<br />

Forsyth, The crisis of liberal Italy Monetary and Financial Policy 1914-22.<br />

127


mondo pol<strong>it</strong>ico e la Società <strong>Banca</strong>ria Italiana, poi <strong>Banca</strong> Italiana di Sconto.<br />

Verso quest’ultima Stringher fu benevolo. Essa nacque a Milano per fusione di<br />

case private minori e fu sub<strong>it</strong>o protagonista di una rapida cresc<strong>it</strong>a, perciò rappresentò<br />

una reale possibil<strong>it</strong>à di concorrenza per le altre due grandi banche<br />

miste. Inoltre, essendo un organismo prettamente nazionale, era maggiormente<br />

controllabile dalla <strong>Banca</strong> d’Italia.<br />

Il ruolo di supremazia <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia si esplicò nel 1907, quando una<br />

breve, ma intensa, crisi finanziaria originatasi dagli Stati Un<strong>it</strong>i provocò un<br />

repentino aumento <strong>dei</strong> saggi di interesse internazionali e mise in grave difficoltà<br />

la Società <strong>Banca</strong>ria Italiana, divenuta ormai il terzo ist<strong>it</strong>uto del paese. «L’intervento<br />

deciso <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia permise, per la prima volta nella storia d’Italia<br />

e caso quasi unico nella storia secolare <strong>della</strong> finanza <strong>it</strong>aliana, di procedere a un<br />

salvataggio bancario di imponenti dimensioni senza dover ricorrere a denaro<br />

pubblico. Utilizzando […] la propria forza di persuasione morale (moral suasion),<br />

la <strong>Banca</strong> indusse il resto del sistema bancario a intervenire per garantire, anche<br />

nel proprio interesse, la sopravvivenza di un importante ist<strong>it</strong>uto in difficoltà» 54.<br />

Con la gestione <strong>della</strong> crisi, la <strong>Banca</strong> d’Italia ebbe una posizione sovraordinata<br />

alle altre banche: «attorno al 1907 si s<strong>it</strong>u[ò] […] il punto di svolta per cui la<br />

<strong>Banca</strong> [uscì] dalla s<strong>it</strong>uazione di tutela da parte del Tesoro e ott[enne] sempre<br />

maggior autonomia» 55. Da quel momento la <strong>Banca</strong> «cominciò ad operare come<br />

centro autonomo di decisioni, destinatario di sempre più ampie deleghe da parte<br />

del governo per l’espletamento di comp<strong>it</strong>i in campo monetario, per interventi<br />

sul cambio, per assicurare la stabil<strong>it</strong>à del sistema finanziario» 56.<br />

Con il salvataggio del 1907 e con la legge dello stesso anno, che consentì<br />

ufficialmente interventi sul mercato <strong>dei</strong> cambi attraverso l’acquisizione di valute<br />

estere, la <strong>Banca</strong> cominciò a collocarsi nella posizione di una vera banca centrale.<br />

È importante valutare, inoltre, quanto osserva Pecorari a propos<strong>it</strong>o <strong>della</strong> nov<strong>it</strong>à<br />

del ruolo svolto dalla <strong>Banca</strong> d’Italia che travalicò la funzione di prestatore di ultima<br />

istanza ed operò interventi presso altre banche e presso il governo. Per l’azione<br />

sul governo, va osservato che Stringher non utilizzò il cr<strong>it</strong>erio del salvataggio<br />

«puro e semplice <strong>della</strong> speculazione borsistica che era stata responsabile delle<br />

instabil<strong>it</strong>à del mercato <strong>it</strong>aliano <strong>dei</strong> valori mobiliari» 57; operò, invece, <strong>dei</strong> distinguo<br />

tra s<strong>it</strong>uazioni e s<strong>it</strong>uazioni, cercando di regolare le immissioni di liquid<strong>it</strong>à, di<br />

rafforzare nel contempo i margini di autonomia gestionale dell’Ist<strong>it</strong>uto 58.<br />

54 Ibidem, pag. 25.<br />

55 Ibidem.<br />

56 F. Bonelli, La <strong>Banca</strong> d’Italia dal 1894 al 1913 op. c<strong>it</strong>.., pag. 293.<br />

57 F. Bonelli, La crisi del 1907: una tappa dello sviluppo industriale in Italia, Fondazione<br />

Luigi Einaudi, Torino 1971, pag. 163.<br />

58 Ibidem, pag. 164.<br />

128


Ciò ebbe effetto non solo a livello finanziario ma anche “prospettico”, nei<br />

tempi medio-lunghi, ossia negli anni ’20-30, che porteranno al defin<strong>it</strong>ivo<br />

strutturarsi <strong>della</strong> banca centrale e all’assunzione di quelli che saranno i suoi<br />

comp<strong>it</strong>i ist<strong>it</strong>uzionali: 1) l’accentramento delle risorse metalliche e valutarie<br />

del paese, che andranno cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e e mantenute in misura rapportabile “agli<br />

eventuali saldi passivi <strong>della</strong> bilancia <strong>dei</strong> pagamenti”; 2) l’operativ<strong>it</strong>à come<br />

“organo esecutivo <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica monetaria, cred<strong>it</strong>izia e valutaria dello Stato”;<br />

3) l’impegno volto al raggiungimento dell’equilibrio finanziario del pubblico<br />

erario; 4) la vigilanza e il controllo sul sistema bancario nazionale 59.<br />

Dopo il 1907, dunque, aumentò la presenza ist<strong>it</strong>uzionale <strong>della</strong> <strong>Banca</strong><br />

nella gestione <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica economica. In particolare aumentarono le richieste<br />

di interventi a favore di settori industriali in difficoltà, in primo luogo<br />

l’industria siderurgica. Interventi in materia di pol<strong>it</strong>ica industriale non erano<br />

certo di competenza <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>, ciononostante Stringher si adoperò a ricercare<br />

una s<strong>it</strong>uazione finanziaria di tutto il comparto, culminata nella riorganizzazione<br />

degli assetti proprietari dell’industria siderurgica nel 1911 e nel 1914.<br />

Nel 1912, poi, Stringher venne nominato presidente dell’INA. La nomina<br />

non rispose a nessuna logica di tipo economico visto la mancanza di legami fra la<br />

società di assicurazione e la <strong>Banca</strong>, ma attestò il riconoscimento <strong>della</strong> posizione di<br />

Stringher, considerato ormai uomo di Stato e figura dotata di tale prestigio da<br />

rendere facilmente comprensibile la sua nomina a capo dell’ente pubblico.<br />

Del comp<strong>it</strong>o “pubblicistico” che la <strong>Banca</strong> d’Italia andò assumendo Stringher<br />

era ben consapevole, basti pensare a quanto scrisse in una relazione del<br />

1913, per rispondere ad una richiesta del governo rumeno, che chiese alle<br />

principali banche di emissione europee consigli per impiantare la banca centrale<br />

in quel paese. Stringher scrisse che, in alcuni paesi in difficoltà, le banche<br />

centrali erano chiamate a «risanare e migliorare l’ambiente economico in<br />

cui viv[evano], allo scopo di agire favorevolmente sui corsi <strong>dei</strong> cambi e di rimborsare<br />

i loro biglietti in specie metalliche» 60. A questo ruolo attivo <strong>della</strong><br />

banca di emissione doveva corrispondere «una solida struttura che ispir[asse]<br />

fiducia nel modo più assoluto. Infatti queste ist<strong>it</strong>uzioni, obbligate come<br />

[erano] nei momenti di difficoltà […] a scontare valori in cui [avrebbe potuto]<br />

celarsi un certo carattere di immobilizzazione, [dovevano] moltiplicare le<br />

loro riserve sia ordinarie che straordinarie, il che si [poteva] fare soltanto lim<strong>it</strong>ando<br />

al massimo consent<strong>it</strong>o la quota del dividendo da distribuire» 61. La lim<strong>it</strong>azione<br />

<strong>dei</strong> dividendi aveva un profondo significato: oltre che richiesta di sa-<br />

59 P. Pecorari, La Fabbrica <strong>dei</strong> soldi… op. c<strong>it</strong>., pagg. 165 e 166.<br />

60 F. Bonelli, La <strong>Banca</strong> d’Italia dal 1894 al 1913: momenti <strong>della</strong> formazione di una<br />

banca centrale, op. c<strong>it</strong>., pag. 60.<br />

61 Ibidem.<br />

129


crifici agli azionisti privati, sottolineava anche la funzione di interesse generale<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong>. La pol<strong>it</strong>ica <strong>dei</strong> dividendi e la sua accettazione da parte degli<br />

azionisti segnò un graduale avvicinamento del t<strong>it</strong>olo <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> alle caratteristiche<br />

<strong>dei</strong> t<strong>it</strong>oli pubblici.<br />

Nel 1909 venne approvato un nuovo statuto <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>, che riconosceva<br />

una ridistribuzione <strong>dei</strong> <strong>poteri</strong> all’interno dell’ist<strong>it</strong>uto, con un ruolo maggiormente<br />

accentuato <strong>della</strong> direzione e del direttore generale e una riduzione <strong>della</strong><br />

presenza del Consiglio superiore nella gestione corrente, dovuta alla soppressione<br />

del suo Com<strong>it</strong>ato in precedenza incaricato di partecipare a tale gestione 62.<br />

Un altro episodio che va considerato è l’ist<strong>it</strong>uzione, nel 1914, presso la<br />

<strong>Banca</strong>, di un ufficio studi dipendente dal gabinetto del direttore generale:<br />

misura organizzativa che riconosceva l’importanza di un centro di raccolta di<br />

informazioni e dati a supporto <strong>della</strong> direzione generale e un altro passo per la<br />

costruzione <strong>della</strong> banca centrale. Le informazioni economiche non erano più<br />

monopolio <strong>dei</strong> ministeri economici, ma anche <strong>della</strong> banca di emissione.<br />

7. <strong>Banca</strong> e governo durante la prima guerra mondiale<br />

Nel corso del primo confl<strong>it</strong>to mondiale aumentò l’importanza degli ist<strong>it</strong>uti<br />

di emissione nel complesso del sistema bancario europeo, a causa dell’espansione<br />

<strong>della</strong> circolazione monetaria da essi generata per finanziare la spesa pubblica 63,<br />

così come aumentò il ruolo finanziario svolto dalle banche di cred<strong>it</strong>o ordinario,<br />

che sostennero l’eccezionale cresc<strong>it</strong>a <strong>della</strong> produzione industriale del paese.<br />

Ernesto Cianci in Nasc<strong>it</strong>a dello stato industriale in Italia, osserva in propos<strong>it</strong>o:<br />

«La <strong>Banca</strong> Commerciale Italiana, il Cred<strong>it</strong>o Italiano, la <strong>Banca</strong> Italiana di Sconto,<br />

il Banco di Roma cost<strong>it</strong>uivano un quadrunvirato bancario onnipotente, in<br />

ogni zona dell’economia <strong>it</strong>aliana. Esse stavano dietro ad ogni impresa e a ogni<br />

speculazione. Gli azionisti, i depos<strong>it</strong>anti, i clienti delle quattro banche erano<br />

così inconsciamente divenuti soci di una serie svariatissima di aziende» 64.<br />

Le dinamiche produttive e finanziarie che si realizzarono nel corso <strong>della</strong><br />

guerra portarono ad un mutamento nei rapporti di controllo tra le quattro<br />

grandi banche miste e le principali imprese del paese 65.<br />

62 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…op. c<strong>it</strong>., pag. 27.<br />

63 Cfr. G. Toniolo, La <strong>Banca</strong> d’Italia e l’economia di guerra. 1914-1919, Il Mulino,<br />

Roma-Bari 2003, pagg. 9-18.<br />

64 E. Cianci, Nasc<strong>it</strong>a dello Stato imprend<strong>it</strong>ore <strong>it</strong>aliano, Mursia, Milano 1977, pag. 20.<br />

65 Se nel periodo giol<strong>it</strong>tiano era venuta maturando una sostanziale subordinazione <strong>dei</strong><br />

gruppi industriali ai migliori ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o, dipendenza che era continuata nei primi<br />

anni di guerra, nella fase terminale del confl<strong>it</strong>to tale rapporto venne capovolgendosi.<br />

130


Lo scoppio <strong>della</strong> guerra vide impegnata la <strong>Banca</strong> d’Italia, assieme a Stringher,<br />

a collaborare allo sforzo bellico aiutando il governo nel reperimento di<br />

prest<strong>it</strong>i all’estero e agevolando in ogni modo la sottoscrizione <strong>dei</strong> prest<strong>it</strong>i<br />

interni. Quello che è interessante notare è che, nel periodo <strong>della</strong> grande guerra,<br />

la <strong>Banca</strong> d’Italia si configurò come banca centrale.<br />

Dal punto di vista ist<strong>it</strong>uzionale la scelta più rilevante fu la cost<strong>it</strong>uzione di<br />

un nuovo organismo il CSVI, ossia il Consorzio Sovvenzione Valori Industriali<br />

ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o nel 1914, che iniziò ad operare il 22 febbraio 1915, pochi mesi<br />

prima dell’entrata in guerra dell’Italia. Esso venne cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dagli ist<strong>it</strong>uti di<br />

emissione e da altri ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o, in particolare casse di risparmio, con<br />

comp<strong>it</strong>i di erogazione di prest<strong>it</strong>i alle industrie e di rifinanziamento al sistema<br />

bancario. Inizialmente, fu concep<strong>it</strong>o come «ist<strong>it</strong>uto provvisorio, contingente<br />

alle vicende belliche, e si pensò di farne una sorta di rete di sicurezza per gli<br />

ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o, che potevano scontarvi cambiali mun<strong>it</strong>e anche di una sola<br />

firma. L’organo si finanziava dalle banche di emissione che ne riscattavano le<br />

cambiali, e la <strong>Banca</strong> d’Italia era, di fatto, l’ist<strong>it</strong>uto che ne controllava la gestione»<br />

66. Presidente del CSVI fu lo stesso Stringher. Dopo pochi anni dalla sua<br />

creazione, il CSVI fu invest<strong>it</strong>o da un altro progetto: ossia farne non solo un<br />

ente di rifinanziamento per le imprese industriali, ma anche una seconda linea<br />

di cred<strong>it</strong>o una volta esaur<strong>it</strong>e le possibil<strong>it</strong>à del cred<strong>it</strong>o ordinario.<br />

In realtà, durante la guerra, il CSVI ebbe un’importanza lim<strong>it</strong>ata sia per l’abbondante<br />

liquid<strong>it</strong>à creata dalla <strong>Banca</strong> d’Italia, sia per i generosi pagamenti concessi<br />

alle industrie impegnate nello sforzo bellico, che permisero all’apparato<br />

industriale <strong>it</strong>aliano di godere di tranquill<strong>it</strong>à finanziaria e di accumulare ingenti<br />

prof<strong>it</strong>ti.<br />

Un’altra considerazione va fatta sul rapporto tra <strong>Banca</strong> e Tesoro. Durante<br />

la guerra, la <strong>Banca</strong> d’Italia si affiancò alla conduzione <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica monetaria<br />

gest<strong>it</strong>a dal Tesoro. L’intesa fra i due organismi divenne forte ma, non mancarono<br />

momenti di tensione, specie verso la fine del confl<strong>it</strong>to.<br />

Uomo chiave del governo fu, in quel periodo, il ministro del Tesoro N<strong>it</strong>ti,<br />

«ben deciso a diventare il nuovo “animatore” dello sforzo bellico» 67. Una delle<br />

prime misure adottate da N<strong>it</strong>ti fu l’ist<strong>it</strong>uzione del monopolio statale <strong>dei</strong> cambi:<br />

nel 1917 la lira andò incontro ad una progressiva svalutazione ed attraverso<br />

il monopolio, N<strong>it</strong>ti credette di poter contenere tale svalutazione.<br />

Rispetto al mercato <strong>dei</strong> cambi, la <strong>Banca</strong> d’Italia era stata, fino a quel<br />

momento, in una posizione marginale, sopravanzata sia dalla <strong>Banca</strong> Commerciale<br />

che dal Banco di Napoli. La creazione dell’ente di gestione <strong>dei</strong> cambi<br />

avrebbe dovuto favorire la <strong>Banca</strong> d’Italia, tuttavia fu aspramente avversato da<br />

66 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 29.<br />

67 Ibidem, pag. 30.<br />

131


Stringher. «Durante la guerra la <strong>Banca</strong> aveva accentuato le proprie funzioni di<br />

banca centrale, proponendosi come guida morale e rete di sicurezza di tutto il<br />

sistema cred<strong>it</strong>izio, e referente privilegiato se non unico del Tesoro. La preoccupazione<br />

di Stringher era stata quella di favorire in ogni modo i rapporti di<br />

collaborazione fra le banche, gli ist<strong>it</strong>uti di emissione e il governo, l’ist<strong>it</strong>uzione<br />

del CSVI ne era stato un pos<strong>it</strong>ivo esempio, garantendo a ognuno la propria<br />

sfera di autonomia e accrescendo la posizione di mediazione e guida del sistema<br />

cred<strong>it</strong>izio dell’ist<strong>it</strong>uto. L’iniziativa di N<strong>it</strong>ti invece veniva a rompere quel<br />

quadro di collaborazione ed equilibrio costru<strong>it</strong>o da Stringher con molta perseveranza<br />

fin dall’inizio <strong>della</strong> sua direzione» 68.<br />

L’Ist<strong>it</strong>uto Nazionale Cambi con l’Estero (INCE) venne cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o nel<br />

1917 e fu composto dal consorzio delle tre banche di emissione a cui si<br />

aggiunsero le quattro banche del paese e gli ist<strong>it</strong>uti che vennero aggregati<br />

in base ad accordi con la <strong>Banca</strong> d’Italia. Presidente fu lo stesso direttore<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia. All’Ist<strong>it</strong>uto si attribuì non solo il monopolio <strong>dei</strong> cambi<br />

ma anche una potestà ispettiva nei confronti delle banche, per quanto<br />

riguarda la materia valutaria. Si trattò <strong>della</strong> prima attribuzione di facoltà<br />

ispettive ad un ente statale «dai tempi del cessato sindacato di controllo<br />

sulle società commerciali» 69.<br />

La <strong>Banca</strong> d’Italia svolse il ruolo di cassiere dell’INCE. «Con la cost<strong>it</strong>uzione<br />

dell’ist<strong>it</strong>uto la <strong>Banca</strong> si trovava in una posizione ambigua: veniva ist<strong>it</strong>uzionalmente<br />

coinvolta nella gestione <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica del cambio, arricchendo<br />

le proprie funzioni di banca centrale ma si trovava in una posizione di<br />

servizio rispetto ad un ente dotato di vasti <strong>poteri</strong>» 70. Infatti, nonostante la<br />

presidenza fosse attribu<strong>it</strong>a alla stesso Stringher, il vero referente <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica<br />

<strong>dei</strong> cambi restò il ministro del Tesoro, simbolo evidente <strong>della</strong> volontà<br />

del governo di riappropriarsi <strong>della</strong> gestione di una parte <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica<br />

monetaria.<br />

Alla fine del confl<strong>it</strong>to, la posizione <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia era ormai chiara:<br />

«<strong>Banca</strong> centrale nel senso pieno del termine, cioè al vertice del mercato monetario<br />

e cred<strong>it</strong>izio interno, nonché gestore del mercato <strong>dei</strong> cambi. La part<strong>it</strong>a ora<br />

si giocava sul piano <strong>dei</strong> <strong>poteri</strong> e dell’autonomia <strong>dei</strong> governi all’interno di un<br />

amb<strong>it</strong>o, la determinazione <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica monetaria e, in qualche misura, la<br />

pol<strong>it</strong>ica economica nel suo complesso, che entrambi i soggetti intendevano<br />

occupare» 71.<br />

68 Ibidem, pag. 31.<br />

69 Ibidem.<br />

70 Ibidem.<br />

71 Ibidem, pag. 32.<br />

132


8. Il dopoguerra<br />

Al momento dell’entrata in guerra, i sintomi di deterioramento del rapporto<br />

banca-industria cominciarono a farsi evidenti. La guerra attenuò, o<br />

quantomeno mascherò, la crisi che, tuttavia, riesplose in maniera pesante a<br />

confl<strong>it</strong>to concluso. «La riconversione economica da un’economia di guerra ad<br />

un’economia di pace e le rilevanti tensioni sociali connesse al forte incremento<br />

<strong>della</strong> disoccupazione, [fecero] riaffiorare in maniera pesante ed aggravata la<br />

crisi <strong>della</strong> banca mista. L’intreccio banche-industrie si [fece] man mano più<br />

innaturale ed intricato con i tentativi di scalata delle industrie alle banche, le<br />

misure d’intervento e di sostegno <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia e degli altri ist<strong>it</strong>uti di<br />

emissione si dimostra[rono] non più sufficienti o, quantomeno, ri[uscirono]<br />

solo a fatica ad ev<strong>it</strong>are crack generalizzati, pagando, di converso, cari prezzi per<br />

quanto riguarda il ruolo e l’autonomia di scelta, in particolare dal lato del<br />

controllo <strong>della</strong> moneta, degli ist<strong>it</strong>uti di emissione» 72.<br />

Per chiarire il ruolo <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia bisogna analizzare l’episodio più rilevante<br />

di questi anni: le scalate delle banche miste e la loro crisi a partire dai<br />

primi anni Venti, nonché i salvataggi <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia. Come sostiene Belli, il<br />

discorso sulle scalate «è una matassa molto difficile da sbrogliare» 73, noi concentreremo<br />

l’attenzione soprattutto sulla <strong>Banca</strong> Italiana di Sconto e la <strong>Banca</strong> Romana.<br />

Gli ultimi mesi <strong>della</strong> guerra ed i primi anni Venti furono un momento molto<br />

ag<strong>it</strong>ato per la comun<strong>it</strong>à finanziaria: grazie alla grande liquid<strong>it</strong>à creata dalla <strong>Banca</strong><br />

d’Italia per sostenere il Tesoro, e fin<strong>it</strong>a nelle casse <strong>dei</strong> grandi gruppi industriali,<br />

si verificarono episodi di scalata ai principali ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o da parte <strong>dei</strong> gruppi<br />

industriali e finanziari. La <strong>Banca</strong> Italiana di Sconto era un ist<strong>it</strong>uto legato al<br />

gruppo Ansaldo <strong>dei</strong> fratelli Perrone, imprend<strong>it</strong>ori genovesi. L’intreccio Ansaldo-<br />

BIS fu un esempio di «mostruosa fratellanza siamese» 74 poiché fin dai primi anni<br />

di guerra l’Ansaldo possedeva il 40 per cento del cap<strong>it</strong>ale <strong>della</strong> BIS, e dava illusione<br />

di poter disporre di risorse finanziarie illim<strong>it</strong>ate e capaci di sostenere anche<br />

i più ambiziosi progetti di espansione. Nei primi mesi del 1918, quando il confl<strong>it</strong>to<br />

era ancora in corso, l’Ansaldo-BIS tentò la scalata <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Commerciale<br />

Italiana, legata alle acciaierie Terni. Contemporaneamente, però, i Perrone lanciarono<br />

la scalata alla Fiat, mentre quest’ultima, da parte sua, si alleò al finanziere<br />

piemontese Riccardo Gualino e partì all’assalto del Cred<strong>it</strong> 75. Questo primo<br />

scontro si concluse con una tregua: la cost<strong>it</strong>uzione del “cartello bancario”, stipu-<br />

72 F. Belli, Legislazione bancaria <strong>it</strong>aliana 1861-2003…, op. c<strong>it</strong>., pag. 113 e 114.<br />

73 Ibidem.<br />

74 Ibidem.<br />

75 N. De Ianni, Gli affari di Agnelli e Gualino 1917-1927, Prismi, Napoli 1998,<br />

pag. 48.<br />

133


lato nel 1918, che aveva lo scopo di lim<strong>it</strong>are la concorrenza fra i quattro maggiori<br />

ist<strong>it</strong>uti. Tuttavia si trattò di una tregua che non durerà a lungo, visto che nel<br />

1920 assisteremo a quelle che Belli definisce “guerre parallele”. Guerre che scoppiarono<br />

all’indomani <strong>della</strong> cost<strong>it</strong>uzione <strong>dei</strong> “consorzi” da parte di talune banche<br />

miste che volevano collocare le loro azioni. Esempi erano la Com<strong>it</strong>, che cost<strong>it</strong>uì il<br />

Consorzio Mobiliare finanziario (Comofin) e il Cred<strong>it</strong> che cost<strong>it</strong>uì la compagnia<br />

finanziaria nazionale (Cofina). Lo scopo <strong>dei</strong> consorzi era «un escamotage per aggirare<br />

il divieto di acquisto delle proprie azioni contenute nel codice di commercio»<br />

76. Fatto sta che la BIS non ebbe un proprio consorzio e fu la prima a cadere,<br />

nel dicembre del 1921; anche il Banco di Roma non ebbe un proprio consorzio e<br />

venne salvato “per un pelo” tra il 1922-23. L’esposizione <strong>della</strong> BIS nei confronti<br />

dell’Ansaldo fu amplissima, ma anche la s<strong>it</strong>uazione del Banco di Roma non fu<br />

delle migliori.<br />

A fine novembre 1921 la <strong>Banca</strong> d’Italia si fece promotrice di un consorzio<br />

di salvataggio <strong>della</strong> BIS, alla quale vennero concessi 600 milioni di lire che,<br />

però, sub<strong>it</strong>o si rivelarono insufficienti e quindi sembrò non restare altra strada<br />

che la liquidazione, anche se la <strong>Banca</strong> Italiana di Sconto riuscirà a rimborsare il<br />

100 per cento <strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>i. In altro modo fu risolta la vicenda del Banco di<br />

Roma pur se il punto di partenza non fu tanto diverso da quello <strong>della</strong> BIS.<br />

Quando, nel 1922, si insediò il governo Mussolini, si avviò un’operazione di salvataggio<br />

tram<strong>it</strong>e la cost<strong>it</strong>uzione di una finanziaria ad hoc, la Società Finanziaria<br />

Industriale (SFI). Alla SFI furono confer<strong>it</strong>e le partecipazioni dell’ist<strong>it</strong>uto, cosicché<br />

anche il Banco di Roma ebbe il proprio “consorzio”. Il controllo <strong>della</strong> <strong>Banca</strong><br />

venne assunto da un pool bancario cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dalla Com<strong>it</strong>, dal Cred<strong>it</strong> e dalla<br />

<strong>Banca</strong> Nazionale di Cred<strong>it</strong>o. Il salvataggio comportò il sostenimento di perd<strong>it</strong>e<br />

forse più elevate di quelle derivate dalla liquidazione <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Italiana di<br />

Sconto e impose un allargamento consistente <strong>della</strong> circolazione, che non potè<br />

essere estraneo alla fiammata inflazionistica che si verifica a partire dal 1924 77.<br />

La crisi delle banche miste degli anni Venti fu diversa da quella di inizio<br />

secolo. La sua natura non fu solo bancaria o finanziaria ma possiamo definirla<br />

“industriale”. Anche la tipologia degli interventi differì da quelli attuati nel<br />

1907, infatti riguardò la sostanziale diversa organizzazione <strong>dei</strong> rapporti bancaindustria/industria-banca.<br />

Basti pensare al CSVI che nacque come uno “sportello”<br />

speciale <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, strumento straordinario e temporaneo con<br />

cui si doveva far fronte a una esigenza parimenti straordinaria e temporanea, e<br />

che a guerra fin<strong>it</strong>a intervenne sia nella liquidazione <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Italiana di<br />

Sconto sia nel salvataggio del Banco di Roma.<br />

76 Ibidem, pag. 115.<br />

77 Ibidem, pag. 116.<br />

134


Ma quale fu il ruolo <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia? La tripartizione dell’emissione<br />

restò vigente sino al 1926 anche se, soprattutto negli anni <strong>della</strong> guerra, il<br />

ruolo <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia si ampliò fortemente sia sul terreno del cred<strong>it</strong>o, sia<br />

su quello del controllo <strong>della</strong> moneta. Se durante la guerra la <strong>Banca</strong> d’Italia non<br />

potè tener allentati i cordoni <strong>della</strong> borsa, altra fu la s<strong>it</strong>uazione nella temperie<br />

<strong>della</strong> crisi post-bellica 78. Dopo il confl<strong>it</strong>to, la <strong>Banca</strong> d’Italia fu divisa tra la<br />

necess<strong>it</strong>à di ev<strong>it</strong>are probabili catastrofi bancario-industriali e la necess<strong>it</strong>à di<br />

non “spuntare” il proprio ruolo di “prestatore di ultima istanza” ed i propri<br />

strumenti di intervento (anticipazioni e risconti) in un uso “a pioggia” o, in<br />

ogni modo, in un uso non rigorosamente vagliato 79.<br />

In sintesi se per un verso le crisi post-belliche non interruppero – anzi<br />

accelerarono – il processo di cost<strong>it</strong>uzione <strong>della</strong> “banca centrale”, per un altro<br />

verso finirono per indebolire il ruolo <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia mettendo in forse le<br />

sue stesse capac<strong>it</strong>à di tenere sotto controllo il “sistema” cred<strong>it</strong>izio.<br />

I “salvataggi” <strong>dei</strong> primi anni Venti mostrarono come la <strong>Banca</strong> d’Italia, ma<br />

anche il regime fascista appena insediato, scongiurassero una crisi bancaria di<br />

grandi proporzioni che si sarebbe innescata con la caduta di un grande ist<strong>it</strong>uto<br />

di cred<strong>it</strong>o quale il Banco di Roma. La <strong>Banca</strong> indicò come, nella s<strong>it</strong>uazione<br />

eccezionale del tempo, i suoi interventi traessero giustificazione anche dall’esigenza<br />

di contenere una complessiva instabil<strong>it</strong>à economica e sociale. La precarietà<br />

e sovente l’indecisione <strong>dei</strong> governi del tempo indussero a interventi in<br />

qualche modo “di supplenza” 80.<br />

Gli es<strong>it</strong>i delle operazioni di salvataggio furono più complessi e pericolosi di<br />

quelli del 1893. La <strong>Banca</strong> d’Italia si trova nuovamente “immobilizzata” ma, ancora<br />

di più, fu invest<strong>it</strong>a di responsabil<strong>it</strong>à nella gestione di imprese manifatturiere<br />

e bancarie, andando contro l’esigenza di mantenere una neutral<strong>it</strong>à allocativa. Le<br />

crisi bancarie <strong>dei</strong> primi anni Venti accentuarono il carattere oligopolistico del<br />

sistema bancario che la <strong>Banca</strong> d’Italia aveva per due decenni tentato di allentare 81.<br />

9. I primi progetti diretti a regolare l’attiv<strong>it</strong>à delle banche<br />

I provvedimenti del 1926, che possono essere considerati la prima legge<br />

generale bancaria, sono int<strong>it</strong>olati alla “tutela del risparmio”. Il tema <strong>della</strong><br />

tutela del risparmio segna una svolta nella legislazione bancaria, ed è un tema<br />

78 Ibidem, pag. 119.<br />

79 Ibidem.<br />

80 G. Guarino e G. Toniolo, La <strong>Banca</strong> d’Italia e il sistema bancario. 1919-1936,<br />

Ed<strong>it</strong>ori Laterza, Roma-Bari 1993, pagg. 37 e 38.<br />

81 Ibidem.<br />

135


che r<strong>it</strong>roviamo nei primi anni del secolo, basti pensare a quanto il noto giurista<br />

Cesare Vivante afferma nel 1902: «Si lasciano senza difesa i depos<strong>it</strong>anti che<br />

non possono eserc<strong>it</strong>are alcun controllo e alcun privilegio sulle riserve delle<br />

banche che pur si alimentano con i loro depos<strong>it</strong>i; perciò si videro e si vedranno<br />

portar via di nuovo con periodiche razzie i loro risparmi» 82.<br />

Le crisi <strong>dei</strong> primi anni Venti riproposero il problema <strong>della</strong> stabil<strong>it</strong>à del<br />

sistema bancario e <strong>dei</strong> singoli intermediari. Divenne indispensabile, per i<br />

governi tutelare «per quanto [era] possibile mediante l’applicazione di regole<br />

generali e obbiettive, il pubblico risparmio» 83.<br />

L’ordinamento vigente si ispirava a principi di free banking, almeno per<br />

quanto riguarda gli ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o privati. Il Codice di Commercio del<br />

1882 omologava la banca alla normale impresa commerciale, anche se erano<br />

state introdotte norme che regolavano aspetti dell’attiv<strong>it</strong>à bancaria. Ma ecco<br />

quanto scriveva uno studioso del tempo: «sull’efficacia di questa pubblicazione<br />

[…] benché avvalorata da sanzioni penali, l’esperienza insegn[ò] che non vi<br />

[era] da fare molto assegnamento pel modo come spesso bilanci e s<strong>it</strong>uazioni<br />

mensili [venivano] compilati» 84. Tali preoccupazioni, un<strong>it</strong>e ai fallimenti bancari,<br />

fornirono argomentazioni solide per rivedere tale principio. Ecco quindi<br />

che la questione <strong>della</strong> “tutela del risparmio” venne ripresa nel 1908 in uno<br />

schema di disegno di legge presentato dal ministro di Agricoltura, Industria<br />

e Commercio, recante provvedimenti per la riforma degli ordinamenti del cred<strong>it</strong>o.<br />

Si trattava del progetto Coccu-Orto.<br />

Nel 1913, nel quadro <strong>della</strong> presentazione di un progetto di riordino <strong>dei</strong> servizi<br />

del ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, venne proposta l’estensione<br />

di alcune norme sulle casse di risparmio alle società commerciali bancarie,<br />

allorquando la raccolta avesse superato il triplo dell’ammontare del cap<strong>it</strong>ale delle<br />

riserve. Se questo ammontare scendeva sotto il decimo <strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>i a risparmio,<br />

due terzi degli utili andavano destinati a riserva, pena la liquidazione <strong>della</strong><br />

società. Fu N<strong>it</strong>ti a presentare tale proposta che, tuttavia, non andò in porto.<br />

Il progetto Coccu-Orto venne poi riproposto, nel 1918, dal ministro dell’Industria,<br />

Commercio e Lavoro Giuffelli (progetto Giuffelli). Questa nuova<br />

proposta prevedeva il divieto di omologare gli atti cost<strong>it</strong>utivi, gli statuti e le<br />

modificazioni statutari concernenti società di cred<strong>it</strong>o che si proponevano di raccogliere<br />

depos<strong>it</strong>i; se a tali atti non veniva un<strong>it</strong>o un certificato del ministro di<br />

Agricoltura Industria e Commercio che attestava la regolar<strong>it</strong>à legale e tecnica<br />

82 Tratto da F. Belli, La legislazione <strong>Banca</strong>ria in Italia1861-2003…., op. c<strong>it</strong>., pag.<br />

122. 83 B. I., Adunanza per il 1927, pag. 55.<br />

84 G. Miraulo, Ordinamento bancario e tutela del risparmio, Tipografia delle Mantellate,<br />

Roma 1927, pag. 22.<br />

136


dell’ordinamento statutario di tali servizi. «Siamo davanti ad una sorta di regime<br />

autorizzativo surrettizio» 85. Anche questo progetto non andò a buon fine.<br />

Di autorizzazione vera e propria si parlò nella proposta di legge Chiesa,<br />

presa in considerazione dalla Camera nel 1920. Vennero assoggettati ad autorizzazione<br />

tutti gli enti e privati che intendevano eserc<strong>it</strong>are il commercio del<br />

cred<strong>it</strong>o e <strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>i ed anche nuove sedi e succursali; la vigilanza spettò al<br />

Ministero del Tesoro di concerto con quello di Agricoltura industria e commercio.<br />

Queste innovazioni rientrarono nella proposta di riforma elaborata,<br />

sempre nel 1920, da un’appos<strong>it</strong>a commissione ministeriale che si lim<strong>it</strong>ò a prevedere<br />

l’ist<strong>it</strong>uzione di un privilegio per i depos<strong>it</strong>i a risparmio, stavolta individuati<br />

in base alla remunerazione.<br />

Le vicende bancarie del 1921-23, tuttavia, rafforzarono il peso degli argomenti<br />

di coloro che r<strong>it</strong>enevano necessario introdurre regole e controlli nel<br />

mercato del cred<strong>it</strong>o, tanto che, appena dopo il crollo <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Italiana di<br />

Sconto, il part<strong>it</strong>o popolare votò un ordine del giorno con il quale auspicò che<br />

la <strong>Banca</strong> d’Italia, trasformata in <strong>Banca</strong> di Stato, potesse svolgere un’opera<br />

direttrice e di controllo sugli ist<strong>it</strong>uti privati di cred<strong>it</strong>o, a tutela <strong>della</strong> pubblica<br />

economia. Sicuramente «[Fu] dall’onda emotiva susc<strong>it</strong>ata dalle vicende del<br />

Banco di Roma che trasse origine un progetto di decreto avente quale oggetto<br />

“norme per la tutela del risparmio”» 86.<br />

Si trattava del progetto di legge del 1923, l’ultimo, abort<strong>it</strong>o prima del varo<br />

delle norme del 1926. Esso era caratterizzato dalla completezza degli strumenti<br />

di vigilanza predisposti e dalla previsione di un sistema sanzionatorio severo e<br />

ben articolato: introduceva l’autorizzazione ministeriale per le società che intendevano<br />

ricevere depos<strong>it</strong>i fiduciari; ist<strong>it</strong>uiva un com<strong>it</strong>ato di sorveglianza; poneva<br />

lim<strong>it</strong>i alla concentrazione <strong>dei</strong> rischi; ist<strong>it</strong>uiva una specie di “riserva obbligatoria”,<br />

pari ai due decimi <strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>i, da investirsi in t<strong>it</strong>oli di Stato depos<strong>it</strong>ati presso gli<br />

ist<strong>it</strong>uti di emissione; si attribuiva al ministro delle Finanze il potere di commissariare<br />

gli enti cred<strong>it</strong>rici. Per la vigilanza bancaria, il progetto del 1923 prevedeva<br />

che essa venisse gest<strong>it</strong>a da un “com<strong>it</strong>ato di vigilanza”, composto dai direttori<br />

generali <strong>dei</strong> tre ist<strong>it</strong>uti di emissione, incaricato di esaminare i bilanci e di assicurarne<br />

la conform<strong>it</strong>à alle disposizioni di legge; al com<strong>it</strong>ato era concesso il “dir<strong>it</strong>to<br />

di fare procedere da personale proprio alle verifiche di controllo che r<strong>it</strong>errà opportune”<br />

(è questo l’unico accenno, generico e proprio per questo onnicomprensivo,<br />

a <strong>poteri</strong> ispettivi) 87. Probabilmente, il governo che non si sentiva abbastanza forte<br />

per imporre provvedimenti così radicali, ed anche il progetto del 1923 venne<br />

posto in cassetto.<br />

85 F. Belli, La legislazione bancaria <strong>it</strong>aliana 1861-2003…, op. c<strong>it</strong>., pag. 124.<br />

86 Ibidem, pag. 19.<br />

87 Ibidem, pagg. 49 e 50.<br />

137


10. La legge bancaria del 1926<br />

A partire dal 1° luglio del 1926 si attuò l’unificazione dell’emissione<br />

<strong>della</strong> carta moneta 88. Questo provvedimento che completa un processo iniziato<br />

sin dall’Un<strong>it</strong>à d’Italia, non sortì particolare enfasi o impatto, poiché si<br />

trattò di poco più che <strong>della</strong> registrazione di una s<strong>it</strong>uazione di fatto, per cui la<br />

<strong>Banca</strong> d’Italia aveva ormai la gestione autonoma <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica monetaria del<br />

paese, lim<strong>it</strong>andosi le altre due banche a seguire le direttive di Stringher. «Era<br />

un provvedimento che la <strong>Banca</strong> d’Italia aspettava dall’Un<strong>it</strong>à, ma la resistenza<br />

degli economisti liberisti e degli ist<strong>it</strong>uti meridionali, forti di una tradizione<br />

più che secolare […] ne aveva imped<strong>it</strong>o la realizzazione» 89<br />

In agosto, Mussolini annunciò, a Pesaro, la decisione di arrestare la svalutazione<br />

interna ed esterna <strong>della</strong> lira. Nello stesso mese venne perfezionato il<br />

testo finale <strong>della</strong> legge bancaria. Il legame tra il “risanamento monetario” e la<br />

“tutela del risparmio”, venne stabil<strong>it</strong>o dallo stesso Mussolini. Con il decreto<br />

del settembre 1926 (Provvedimenti per tutela del risparmio) e del novembre dello<br />

stesso anno (Norme regolamentari per la tutela del risparmio) 90 si posero le basi per<br />

la regolamentazione dell’attiv<strong>it</strong>à cred<strong>it</strong>izia e del servizio di vigilanza sull’attiv<strong>it</strong>à<br />

bancaria. Al controllo furono assoggettate tutte le banche, esclusi gli ist<strong>it</strong>uti<br />

di cred<strong>it</strong>o agrari, tutti gli enti o ist<strong>it</strong>uti che per leggi speciali operavano<br />

sotto la vigilanza del Ministero dell’Economia nazionale, nonché le casse di<br />

risparmio ed i monti di pietà.<br />

A partire dal 1926, l’attiv<strong>it</strong>à bancaria divenne “attiv<strong>it</strong>à riservata”. L’autorizzazione<br />

ad aprire aziende di cred<strong>it</strong>o, osserva Belli, riguardava tre diverse<br />

s<strong>it</strong>uazioni. La prima era data dall’inizio delle operazioni bancarie: «Le aziende<br />

di cred<strong>it</strong>o che [intendevano] iniziare la propria attiv<strong>it</strong>à nel Regno o nelle<br />

Colonie, [dovevano] richiedere l’autorizzazione» 91. La seconda concerneva l’apertura<br />

di sedi o di filiali. La terza riguardava i procedimenti di fusione tra le<br />

banche 92. Un’altra nov<strong>it</strong>à apportata nel 1926, fu il cap<strong>it</strong>ale minimo iniziale:<br />

per la prima volta si fissarono i lim<strong>it</strong>i di cap<strong>it</strong>ale per le banche di nuova cost<strong>it</strong>uzione,<br />

diversificati a seconda <strong>della</strong> forma giuridica prescelta e dell’amb<strong>it</strong>o<br />

geografico di attiv<strong>it</strong>à.<br />

88 R. D. L. 26. 5. 1926, n. 812, convert<strong>it</strong>o nella L. 25. 6. 1926, n. 1326 e successive<br />

convenzioni tra Governo e banche di emissione.<br />

89 F. Balletta, Prefazione a Un colpo mancino assestato al mezzogiorno d’Italia: l’unificazione<br />

dell’emissione di cartamoneta nel 1926, Arte Tipografica Napoli, Napoli 2002, pag. 8.<br />

90 Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 settembre 1926, n. 210.<br />

91 Regolamento per la tutela del risparmio in G. U. del 16 dicembre 1926, n. 289,<br />

art. 5.<br />

92 Ibidem, art. 6.<br />

138


Le autorizzazioni erano rilasciate dal ministro delle Finanze di concerto con<br />

quello dell’Economia «sent<strong>it</strong>o l’Ist<strong>it</strong>uto di emissione» 93, ossia la <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

diventata l’unico ist<strong>it</strong>uto di emissione. Tutte le banche venivano iscr<strong>it</strong>te in un<br />

appos<strong>it</strong>o “albo”, tenuto dal ministro delle Finanze ed erano obbligate a comunicare<br />

alla <strong>Banca</strong> d’Italia le s<strong>it</strong>uazioni contabili ed i bilanci annuali. Le aziende<br />

dovevano compilare il bilancio e il rendiconto annuale, da trasmetterne in copia,<br />

con le relative relazioni, all’ist<strong>it</strong>uto di emissione 94.<br />

L’albo era una nov<strong>it</strong>à, mentre la “vigilanza informativa”, un<strong>it</strong>amente a<br />

quella “ispettiva”, aveva radici ottocentesche. La vigilanza ispettiva fu imputata<br />

con chiarezza alla <strong>Banca</strong> d’Italia.<br />

Altro controllo riguardò il rispetto di una data proporzione fra il patrimonio,<br />

i depos<strong>it</strong>i ed il congelamento, sub specie di conti vincolanti presso la<br />

<strong>Banca</strong> d’Italia o d’investimento in t<strong>it</strong>oli di Stato o da esso garant<strong>it</strong>i di quota<br />

parte <strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>i in eccedenza: «Il patrimonio (cap<strong>it</strong>ale versato a riserva) delle<br />

aziende di cred<strong>it</strong>o non [poteva] essere inferiore ad un ventesimo dell’importo<br />

<strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>i comunque cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i […]. Le aziende di cred<strong>it</strong>o, le quali [avevano]<br />

una somma di depos<strong>it</strong>i superiore a venti volte l’ammontare del patrimonio<br />

[dovevano] investire l’eccedenza in t<strong>it</strong>oli di Stato o garant<strong>it</strong>i dallo Stato,<br />

da depos<strong>it</strong>arsi presso l’Ist<strong>it</strong>uto di emissione, o versarla in conto corrente fruttifero<br />

presso l’Ist<strong>it</strong>uto medesimo […]» 95. Questo primo esempio di “coefficiente”<br />

non [era] altro che la riserva bancaria obbligatoria. Tale riserva nasceva<br />

finalizzata alla tutela <strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>anti.<br />

In secondo luogo, va posta l’attenzione sul meccanismo del lim<strong>it</strong>e degli<br />

affidamenti. Si determinò il lim<strong>it</strong>e massimo di fido nel 20 per cento del patrimonio<br />

di una banca. Tale fido poteva essere superato solo dietro autorizzazione<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia.<br />

In conclusione con l’unificazione dell’emissione presso la <strong>Banca</strong> d’Italia e<br />

con il riassetto bancario attraverso la legge del 1926, si segnò una essenziale<br />

ma non conclusiva metamorfosi <strong>della</strong> “<strong>Banca</strong> d’Italia in banca centrale”, organo<br />

interno di governo <strong>della</strong> moneta e del cred<strong>it</strong>o ed organo “internazionale” di<br />

collegamento delle pol<strong>it</strong>iche economiche.<br />

11. L’ist<strong>it</strong>uzione <strong>della</strong> vigilanza bancaria<br />

Il punto essenziale <strong>della</strong> legge bancaria del 1926, fu il fatto che la <strong>Banca</strong><br />

d’Italia, anche se agiva in nome e per conto del Ministero delle Finanze,<br />

93 Ibidem, art. 9.<br />

94 Ibidem, art. 13.<br />

95 Ibidem, art. 15.<br />

139


acquisì vasti <strong>poteri</strong> di controllo e di ispezione, nel sistema cred<strong>it</strong>izio <strong>it</strong>aliano.<br />

Per svolgere tali comp<strong>it</strong>i essa organizzò un proprio “ufficio di vigilanza” 96.<br />

Intanto si ebbe la rivalutazione <strong>della</strong> lira per favorire l’apertura del mercato<br />

<strong>it</strong>aliano ai prest<strong>it</strong>i esteri, soprattutto americani, «che avrebbero dovuto<br />

rappresentare l’occasione per rafforzare l’apparato industriale, in particolare la<br />

grande industria, che in quel momento era considerata come il settore che andava<br />

sviluppato maggiormente» 97. La rivalutazione implicava uno stretto controllo<br />

del mercato cred<strong>it</strong>izio e monetario, per impedire allargamenti eccessivi<br />

<strong>della</strong> circolazione in grado di mettere in pericolo la stabil<strong>it</strong>à del cambio, ma<br />

richiese anche una pol<strong>it</strong>ica cred<strong>it</strong>izia accorta e selettiva.<br />

Nell’ottocento solo le casse di risparmio mantennero una vigilanza pubblica<br />

in virtù <strong>della</strong> loro natura di enti di previdenza e beneficenza. Alla fine<br />

<strong>della</strong> prima guerra mondiale, tranne pochi ist<strong>it</strong>uti (il Monte <strong>dei</strong> Paschi di<br />

Siena, l’ist<strong>it</strong>uto bancario San Paolo, l’ist<strong>it</strong>uto di accred<strong>it</strong>o per la cooperazione<br />

e i monti di pietà), era il Ministero dell’Agricoltura che continuava ad eserc<strong>it</strong>are<br />

una qualche forma di vigilanza, «tutto il resto del sistema era libero da<br />

qualsiasi controllo da parte dell’apparato centrale dello Stato» 98.<br />

Durante e dopo la guerra non si fecero molti cambiamenti, tranne qualche<br />

rilevazione statistica da parte dell’associazione fra le banche popolari. Solo<br />

gli annuari economici privati e quelli dell’Associazione <strong>Banca</strong>ria Italiana<br />

(ABI) fornirono informazioni su numero e presenza delle società. Dopo ogni<br />

grave crisi bancaria, si avanzarono proposte per introdurre forme di vigilanza<br />

sulle aziende di cred<strong>it</strong>o. «Nelle discussioni e nei progetti di legge segu<strong>it</strong>i alla<br />

crisi del 1907, si pensava a uffici dell’amministrazione statale. Ancora nel<br />

1909 quando si stabilì il principio dell’autorizzazione governativa per le banche<br />

estere che volessero insediarsi nel nostro paese, la pratica istruttoria veniva<br />

affidata a uffici statali» 99.<br />

L’evento che determinò, sia nell’opinione pubblica che nel governo, un<br />

largo consenso alla creazione di una struttura amministrativa permanente<br />

incaricata di vigilare sul sistema bancario, fu il crollo <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Italiana di<br />

Sconto nel dicembre 1921. Le soluzioni possibili erano due: affidare nuovamente<br />

le funzioni di vigilanza all’apparato statale, oppure individuare un<br />

nuovo soggetto, nelle banche di emissione, allora ancora in numero di tre 100.<br />

Comunque, l’ist<strong>it</strong>uzione <strong>della</strong> vigilanza ebbe luogo solo nel 1926 dopo che la<br />

<strong>Banca</strong> d’Italia ottenne il monopolio dell’emissione e quando le pressioni inter-<br />

96 F. Belli, Legislazione <strong>Banca</strong>ria Italiana 1861-2003…, op. c<strong>it</strong>., pag. 130.<br />

97 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag 42.<br />

98 Ibidem, pag. 44.<br />

99 Ibidem.<br />

100 Ibidem, pag. 46.<br />

140


nazionali spinsero per il potenziamento <strong>dei</strong> <strong>poteri</strong> e dell’autonomia <strong>della</strong><br />

banca centrale.<br />

Come fa notare Guarino, il decreto del 1926 «contiene alcune norme di<br />

carattere effettivamente regolamentare, dirette a precisare o completare i precetti<br />

dell’antecedente D.L. n. 1511. […] esse danno ingresso alla <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

in tutte le procedure di tipo applicativo. Si introduce il concetto che il<br />

risparmio tutelato è quello raccolto tra il pubblico. Si indicano la parte <strong>della</strong><br />

disciplina, comprensiva di tutte le disposizioni più importanti, applicabile<br />

anche alle Casse di Risparmio, ai Monti di Pietà, agli Ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o agrario,<br />

alle Casse rurali, ist<strong>it</strong>uti soggetti antecedentemente alla sola e distinta<br />

vigilanza del ministro dell’Economia. Anche le fusioni sono soggette ad autorizzazione.<br />

L’autorizzazione (art. 9) comporta una valutazione di “util<strong>it</strong>à” e<br />

“convenienza”. Le comunicazioni vanno fatte dalle banche al direttore <strong>della</strong><br />

filiale dell’Ist<strong>it</strong>uto di emissione nel capoluogo di provincia. Agli ispettori<br />

<strong>della</strong> vigilanza vanno forn<strong>it</strong>i tutti gli atti e documenti richiesti. La <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

riferisce in mer<strong>it</strong>o alle infrazioni e alle violazioni di legge al solo ministro<br />

delle Finanze (art. 18) […]» 101.<br />

L’attribuzione <strong>della</strong> vigilanza alla <strong>Banca</strong> d’Italia dimostra com’è cambiata<br />

la prospettiva rispetto a pochi anni prima: all’idea ottocentesca che lo Stato<br />

dovesse controllare un’attiv<strong>it</strong>à strategica come l’attiv<strong>it</strong>à bancaria per tutelare<br />

gli interessi <strong>dei</strong> risparmiatori, si sost<strong>it</strong>uisce la concezione che comp<strong>it</strong>o dello<br />

Stato fosse quello di fissare principi e regole di ordine generale la cui attuazione<br />

e sorveglianza fossero demandate ad organismi esterni, dotati di autonomia<br />

e potere discrezionale, ma anche capace di svolgere funzioni amministrative<br />

nuove ed altamente specializzate. Come rileva Polsi, questa tendenza rappresenta<br />

la fine del ciclo amministrativo giol<strong>it</strong>tiano, «imperniato sull’apertura<br />

degli apparati amministrativi all’esterno grazie alla creazione di innumerevoli<br />

consigli presso i ministeri, incaricati di fornire pareri alla normale attiv<strong>it</strong>à<br />

legislativa e amministrativa» 102.<br />

La <strong>Banca</strong> d’Italia, con l’affidamento <strong>della</strong> vigilanza, svolse una nuova funzione<br />

che diede una svolta pubblicistica all’ist<strong>it</strong>uzione. L’affidamento di parte<br />

di queste funzioni alla <strong>Banca</strong> fu un fatto quasi scontato, essendo la <strong>Banca</strong> l’unica<br />

ist<strong>it</strong>uzione presente capillarmente nel paese, mentre una struttura statale<br />

avrebbe richiesto un largo dispendio di uomini e strutture e la formazione di<br />

un personale specializzato che all’interno <strong>della</strong> pubblica amministrazione probabilmente<br />

non esisteva.<br />

101 G. Guarino, Il profilo giuridico in G. Toniolo, La <strong>Banca</strong> d’Italia e il sistema bancario<br />

1919-1936, op. c<strong>it</strong>., pagg. 120 e 121.<br />

102 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 46.<br />

141


L’esame <strong>dei</strong> documenti dimostra che, in brevissimo tempo, la <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

seppe darsi un modello di organizzazione, ancora in vigore, che ne attesta<br />

la valid<strong>it</strong>à. Senza tale organizzazione, la riforma bancaria si sarebbe risolta<br />

in un nulla di fatto ed, inoltre, è grazie ad essa che la funzione <strong>della</strong> vigilanza<br />

non venne defer<strong>it</strong>a ad altri uffici diversi dalla <strong>Banca</strong> d’Italia.<br />

Due sono le funzioni principali di controllo sanc<strong>it</strong>e dai decreti del ’26:<br />

una autorizzativa ed un’altra ispettiva. Le autorizzazioni interessavano la cost<strong>it</strong>uzione<br />

di nuove aziende, la fusione fra società esistenti e l’apertura di nuovi<br />

sportelli. Tale facoltà faceva capo al Ministero delle Finanze che ist<strong>it</strong>uiva un<br />

appos<strong>it</strong>o albo delle aziende di cred<strong>it</strong>o, il quale si serviva <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

per le pratiche istruttorie e per ottenere pareri. L’attiv<strong>it</strong>à ispettiva era frammentata<br />

fra più soggetti: le casse di risparmio, i monti di pietà e gli ist<strong>it</strong>uti<br />

di cred<strong>it</strong>o agrario erano di competenza del Ministero dell’Economia nazionale,<br />

gli ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o pubblico (Banco di Napoli, Banco di Sicilia, Crediop)<br />

erano sottoposti al Ministero delle Finanze, mentre le società ordinarie, le cooperative<br />

e le casse rurali ricadevano nella sfera <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia. Alla <strong>Banca</strong><br />

d’Italia, inoltre, faceva capo la raccolta periodica <strong>dei</strong> bilanci di tutte le aziende<br />

di cred<strong>it</strong>o.<br />

Durante la preparazione del regolamento, redatto dagli uffici <strong>della</strong> <strong>Banca</strong><br />

d’Italia e poi presentato al ministro Volpi, le spinte del mondo bancario si<br />

dirigevano verso la necess<strong>it</strong>à di dare adeguato tempo alle aziende di mettersi<br />

in regola con le nuove norme patrimoniali e verso la necess<strong>it</strong>à di lasciare alla<br />

<strong>Banca</strong> d’Italia un ampio spazio discrezionale nel valutare la posizione delle<br />

aziende. Ecco quanto si legge in un appunto per Volpi del suo capo di gabinetto<br />

Iginio Brocchi: «Il comm. Bianchini desidera richiamare l’attenzione di<br />

V. E. sull’assoluta necess<strong>it</strong>à di ev<strong>it</strong>are che i depos<strong>it</strong>anti abbiano la sensazione<br />

che, nei riguardi di un numero considerevole di banche ed Ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o,<br />

viene fatta la contestazione ufficiale <strong>della</strong> loro condizione anormale o perlomeno<br />

<strong>della</strong> mancanza di quelle garanzie e di quel giusto equilibrio fra il cap<strong>it</strong>ale<br />

sociale ed i depos<strong>it</strong>i, che il regolamento stesso dovrebbe al caso determinare.<br />

Qualora il regolamento mettesse in evidenza queste deficienze di alcuni<br />

ist<strong>it</strong>uti e rendesse obbligatoria la confessione delle stesse facendole pubbliche,<br />

sarebbe da temersi che i depos<strong>it</strong>anti perdano la fiducia necessaria per la conservazione<br />

<strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>i […]» 103.<br />

Da parte <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> si insisteva, invece, nel rendere più penetrante la<br />

funzione di vigilanza, evidenziando l’obbligo per gli ist<strong>it</strong>uti di presentare<br />

tutti i documenti richiesti dagli ispettori. Entrambe le esigenze furono accolte,<br />

come abbiamo visto, nel decreto 6 novembre 1926 n. 1830, che obbligava<br />

le aziende ad esibire atti e documenti ai funzionari dell’Ist<strong>it</strong>uto di emissione,<br />

103 Archivio Centrale dello Stato, Carte Volpi, cart. 4, fasc. 32, s. fasc. 139.<br />

142


ma concedeva pure alle aziende, un tempo di quattro anni per poter regolarizzare<br />

la loro posizione.<br />

L’organizzazione <strong>della</strong> vigilanza si ispirava essenzialmente a due principi:<br />

specializzazione e decentramento. Presso la sede centrale <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>, fu cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o<br />

un appos<strong>it</strong>o ufficio di vigilanza, con un proprio nucleo di ispettori. Il<br />

decentramento portò ad attribuire funzioni ai dirigenti delle filiali. Ognuno<br />

doveva rispondere delle aziende di cred<strong>it</strong>o <strong>della</strong> propria circoscrizione. La vigilanza<br />

divenne il mezzo attraverso il quale si affermò il ruolo guida, oltre che<br />

di controllo, dell’intero sistema, da parte <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia. Ecco perché<br />

Stringher spese tutte le sue forze non solo nell’organizzazione in sé <strong>della</strong><br />

<strong>Banca</strong>, ma anche nella direzione di riconoscimento <strong>dei</strong> suoi <strong>poteri</strong>. Uno <strong>dei</strong><br />

primi problemi da risolvere era quello <strong>della</strong> presentazione <strong>dei</strong> documenti da<br />

parte di tutte le aziende di cred<strong>it</strong>o. Bisognava far capire che le attribuzioni<br />

inerenti alla vigilanza non erano una facoltà ma un dovere: «Tutte, indistintamente<br />

tutte, le aziende di cred<strong>it</strong>o avrebbero dovuto essere ispezionate» 104.<br />

Certo, anche in passato indagini approfond<strong>it</strong>e erano state fatte in momenti di<br />

crisi e salvataggio, adesso, però, le ispezioni erano divenute ist<strong>it</strong>uzionali. Era<br />

comp<strong>it</strong>o delle filiali controllare periodicamente e continuamente le aziende<br />

<strong>della</strong> propria giurisdizione. Ignorare la s<strong>it</strong>uazione di una qualsiasi azienda,<br />

anche la più piccola, e farsi cogliere in una condizione di inadempienza era,<br />

per il dirigente <strong>della</strong> filiale, una grave mancanza. «La vigilanza era una potestà<br />

propria <strong>della</strong> banca, che non poteva essere delegata» 105.<br />

Altre conseguenze <strong>dei</strong> decreti del 1926, come ci fa notare Guarino, furono<br />

conquiste sul piano <strong>dei</strong> principi. Innanz<strong>it</strong>utto, si affermò il principio dell’autonomia<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia. Molti erano i fattori che determinavano questa<br />

condizione: lo stato di debolezza in cui versavano le aziende di cred<strong>it</strong>o,<br />

specie quelle maggiori che, legate da gravosi impegni verso il sistema industriale,<br />

temevano l’interferenza del governo; le figure di Stringher e <strong>dei</strong> suoi<br />

collaboratori, uomini responsabili e provenienti da ambienti culturali lontani<br />

dal fascismo; la presenza, in quegli anni, al Ministero delle Finanze, al quale<br />

la <strong>Banca</strong> d’Italia era collegata, di un uomo come Volpi, che «condivideva indirizzi<br />

e idee <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia e né apprezzava le capac<strong>it</strong>à […]» 106; lo stesso<br />

Mussolini, consapevole <strong>dei</strong> propri lim<strong>it</strong>i, avvertiva la necess<strong>it</strong>à di affermare il<br />

principio dell’autonomia.<br />

I decreti del 1926 affermavano non solo l’autonomia <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia,<br />

ma anche la sua autor<strong>it</strong>à. In precedenza, la <strong>Banca</strong> aveva assunto una posizione<br />

di supremazia, specie per i salvataggi delle due gravi crisi bancarie <strong>della</strong> <strong>Banca</strong><br />

104 Vedi Lettera al Direttore <strong>della</strong> filiale di Torino del 25. 11. 1927.<br />

105 G. Guarino, Il profilo giuridico, op. c<strong>it</strong>., pag. 124.<br />

106 Ibidem, pag. 125.<br />

143


Italiana di Sconto e del Banco di Roma. Ed è interessante notare come sia la<br />

<strong>Banca</strong> d’Italia a proporre: basti notare la corrispondenza con il ministro delle<br />

Finanze, ma va anche notato come Stringher tenesse a sottolineare come la<br />

<strong>Banca</strong> d’Italia stava lavorando con il pieno consentimento del governo. Ecco<br />

cosa si legge nella lettera di Stringher a Peano, del 6 maggio 1922, nella sintesi<br />

<strong>dei</strong> rapporti fra Banco di Roma e <strong>Banca</strong> d’Italia: «[…] sempre con l’intesa<br />

del R. Governo, la <strong>Banca</strong> d’Italia fu costretta a raddoppiare, nei confronti<br />

del Banco di Roma, il proprio rischio […]» 107.<br />

Autor<strong>it</strong>à ed autonomia si legavano al concetto che la <strong>Banca</strong> d’Italia fosse<br />

un organo portatore di interessi generali come il governo ma, allo stesso<br />

tempo, un’autor<strong>it</strong>à non pol<strong>it</strong>ica pertanto una garanzia per il mondo del cred<strong>it</strong>o.<br />

La <strong>Banca</strong>, scriveva Stringher in una lettera del 1922, si muoveva «per<br />

motivi di interesse pubblico, e contro ogni tornaconto proprio […]» 108.<br />

Fondamentale era il rapporto tra vigilanza e depos<strong>it</strong>anti. «Uno <strong>dei</strong> principali<br />

argomenti usati dagli oppos<strong>it</strong>ori <strong>della</strong> riforma [era] che, in caso di dissesto,<br />

la vigilanza avrebbe coinvolto la responsabil<strong>it</strong>à non solo morale, ma<br />

anche giuridica <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>» 109. A queste opposizioni, Stringher, nella relazione<br />

annuale <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia del 1927, la prima dopo l’entrata in vigore<br />

<strong>della</strong> riforma, così rispondeva: «con queste disposizioni non si è inteso certamente<br />

di ev<strong>it</strong>are ogni pericolo e ogni inconveniente, e di dare, comunque, una<br />

sicura garanzia ai depos<strong>it</strong>anti; perché questa garanzia […] è da trarre, soprattutto,<br />

dalla capac<strong>it</strong>à, dal vigile accorgimento nell’operare e dalla rett<strong>it</strong>udine<br />

degli uomini […]. Il nuovo provvedimento […] vuole e deve avere, soprattutto,<br />

la portata di mon<strong>it</strong>o, il quale risvegli la coscienza delle proprie responsabil<strong>it</strong>à<br />

in chiunque sia chiamato ad amministrare il risparmio del popolo <strong>it</strong>aliano»<br />

110.<br />

Da un lato, la vigilanza aveva il comp<strong>it</strong>o di controllare che le regole stabil<strong>it</strong>e<br />

dal legislatore fossero osservate ma, dall’altro lato, doveva essere cura<br />

<strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>anti valutare il grado di affidabil<strong>it</strong>à delle aziende. Gli amministratori<br />

delle aziende di cred<strong>it</strong>o, non avrebbero potuto ripararsi sotto la tutela<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia. Su di loro ricadevano per intero la responsabil<strong>it</strong>à per il<br />

modo in cui era gest<strong>it</strong>a l’azienda. Sino al 1926 le aziende di cred<strong>it</strong>o non erano<br />

107 ASBI, Lettera di Stringher a Peano. Sintesi <strong>dei</strong> rapporti fra Banco di Roma e <strong>Banca</strong> d’Italia.<br />

Roma 6 maggio. Direttorio-Stringher, cart. 13, fasc. 1. – Bozza autografa di lettera<br />

in partenza.<br />

108 ASBI, Lettera di Stringher a Peano. Ulteriori somministrazioni urgenti al Banco di<br />

Roma; Vicentini è stato inviato a chiarire la posizione del Banco. Direttorio-Stringher, cart. 13,<br />

fasc. 1, Roma 10 aprile 1922.<br />

109 G. Guarino, La <strong>Banca</strong> d’Italia e il sistema <strong>Banca</strong>rio…. op. c<strong>it</strong>., pag. 129.<br />

110 B. I., Adunanza per il 1926, pag. 71.<br />

144


assoggettate ad altra regola al di fuori di quelle generali del Codice di Commercio.<br />

«Le pratiche contabili e gestionali delle aziende erano le più varie, il<br />

sistema si era sviluppato in misura spropos<strong>it</strong>ata e in modo irrazionale. Apparve<br />

sub<strong>it</strong>o chiaro a Stringher che la nuova disciplina non andava trattata come<br />

normativa che si potesse lim<strong>it</strong>are ad una automatica applicazione ma, fosse da<br />

considerare una rete con la quale ricondurre il sistema a pratiche uniformi e a<br />

una maggiore razional<strong>it</strong>à. La funzione <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia sarebbe stata in<br />

primo luogo quella di spiegare e istruire, bisognava elaborare regole e prassi<br />

cui le condotte delle aziende avrebbero dovuto confrontarsi anche al fine di<br />

poter disporre di dati omogenei» 111. «Stringher, complessivamente, concepì la<br />

riforma del 1926 anche come uno strumento di cui la <strong>Banca</strong> d’Italia avrebbe<br />

dovuto avvalersi per gradualmente passare da uno stato di anarchia alla formazione<br />

di un sistema coerente. A questo effetto si dovevano ostacolare le tendenze<br />

eccessivamente espansionistiche di alcuni ist<strong>it</strong>uti, ev<strong>it</strong>are la concentrazione<br />

in una medesima zona, opporsi a ogni forma di elusione delle norme,<br />

ridurre complessivamente il numero degli sportelli e delle banche. Stringher<br />

avvertì che quanto più fosse allargata l’area del potere autorizzativo, tanto più<br />

la <strong>Banca</strong> d’Italia avrebbe potuto operare efficacemente per il conseguimento di<br />

questi risultati» 112.<br />

Dall’autunno del 1926 le autor<strong>it</strong>à monetarie adottarono una pol<strong>it</strong>ica degli<br />

sportelli fortemente restr<strong>it</strong>tiva. Dopo l’emanazione <strong>della</strong> legge vi era stata<br />

un’immediata sospensione dell’apertura di nuovi sportelli ed il controllo<br />

capillare <strong>della</strong> legal<strong>it</strong>à delle aperture verificatesi pochi giorni prima <strong>della</strong><br />

legge. La sospensiva cessò nel 1927, ma riprese nel 1928 e 1929, ancora nel<br />

marzo del 1930 fino al 1932, e poi con successive proroghe fino al 1935.<br />

Attuata la sospensiva sui nuovi sportelli, la <strong>Banca</strong>, in accordo con i ministeri,<br />

adottò ulteriori restrizioni per le richieste di assorbimento di aziende in liquidazione<br />

o dissestate da parte <strong>dei</strong> grandi ist<strong>it</strong>uti. Così facendo la <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

finì per detenere un reale potere discrezionale di decisione, vincolando fortemente<br />

ai propri pareri l’azione dell’esecutivo. Nel 1927 e nel 1928, furono<br />

compiute 668 ispezioni, soprattutto sulle banche di piccole dimensioni, che<br />

ebbero es<strong>it</strong>i pos<strong>it</strong>ivi «nel senso di indurre le amministrazioni responsabili a<br />

mettersi sulla retta via o di contestare loro le deficienze riscontrate, con inv<strong>it</strong>o<br />

a porvi riparo, e in guisa tale da rendere le amministrazioni stesse responsabili<br />

di fronte alla legge nel caso di sospensione di pagamenti» 113.<br />

111 G. Guarino, La <strong>Banca</strong> d’Italia e il sistema <strong>Banca</strong>rio…. op. c<strong>it</strong>., pagg. 131 e 132.<br />

112 Ibidem, pag. 138.<br />

113 ASBI, Carte Stringher, 402/2. 01/33, riprodotto da Guarino-Toniolo, La<br />

<strong>Banca</strong> d’Italia e il sistema bancario 1919-1936, op. c<strong>it</strong>., pag. 125.<br />

145


La <strong>Banca</strong>, pur insistendo sulla necess<strong>it</strong>à di tutelare le piccole aziende sane<br />

e v<strong>it</strong>ali, r<strong>it</strong>enne comunque più valido assecondare il concentramento in ist<strong>it</strong>uti<br />

più solidi di organismi minori. In quest’opera di riorganizzazione, la <strong>Banca</strong><br />

fu aiutata da una pol<strong>it</strong>ica monetaria restr<strong>it</strong>tiva, adottata dall’estate del 1926,<br />

che mise in difficoltà molti ist<strong>it</strong>uti diventati più consenzienti, diversamente<br />

dalle banche cattoliche, che poterono contare sull’aiuto del governo Mussolini<br />

e che riuscirono, pertanto, a sottrarsi alle pressioni di Stringher e Volpi.<br />

Nella relazione del bilancio del 1929, Stringher affermò con soddisfazione<br />

che erano 435 le aziende le cui operazioni erano state sospese. «La vigilanza<br />

però servì alla <strong>Banca</strong> in primo luogo per migliorare la propria posizione sul<br />

mercato cred<strong>it</strong>izio. Tale attiv<strong>it</strong>à […] si concentrò nelle ispezioni al sistema<br />

minore, che cost<strong>it</strong>uiva il principale cliente delle sedi» 114. Dallo studio delle<br />

ispezioni (dal 1927 al 1935 furono compiute dai funzionari dell’Ist<strong>it</strong>uto 3281<br />

ispezioni) risultò sub<strong>it</strong>o evidente che prevalsero le ispezioni agli ist<strong>it</strong>uti locali,<br />

mentre furono rarissime quelle verso le grandi banche. Quello che premeva<br />

all’ist<strong>it</strong>uto di emissione era controllare i mercati del cred<strong>it</strong>o locali, «le grandi<br />

banche non furono toccate dalla nuova vigilanza per varie ragioni. Vi era certamente<br />

la preoccupazione di non urtare ist<strong>it</strong>uti che […] sopravanzavano la<br />

<strong>Banca</strong> d’Italia per cap<strong>it</strong>ale, sedi e personale» 115. Inoltre, l’ispezione, soprattutto<br />

nei primi anni, rivestì un carattere eccezionale e potè perciò sollevare dubbi<br />

tra la pubblica opinione nei confronti dell’ist<strong>it</strong>uto sottoposto al provvedimento<br />

amministrativo. Ecco perché la vigilanza fu da un lato un servizio di primaria<br />

importanza, dall’altro da trattare con prudenza. La <strong>Banca</strong> d’Italia scelse,<br />

infatti, di agire innanz<strong>it</strong>utto sulle banche locali di cui si sapeva ben poco ed i<br />

cui dissesti erano più frequenti. Da questa azione sarebbe derivata, successivamente,<br />

la leg<strong>it</strong>timazione alla <strong>Banca</strong> ad allargare la propria sfera di vigilanza<br />

anche agli ist<strong>it</strong>uti maggiori. La vigilanza, dunque, nei primi anni, venne utilizzata<br />

prevalentemente «ai fini di una razionalizzazione del sistema bancario<br />

minore, mentre non [fu] neppure presa in considerazione l’idea di farne lo<br />

strumento per una pol<strong>it</strong>ica di controllo <strong>della</strong> qual<strong>it</strong>à del cred<strong>it</strong>o erogato dal<br />

sistema, e quindi <strong>della</strong> saldezza delle ist<strong>it</strong>uzioni cred<strong>it</strong>izie» 116.<br />

Tuttavia la s<strong>it</strong>uazione venne a modificarsi quando, a segu<strong>it</strong>o <strong>della</strong> grande<br />

crisi, il quadro globale del sistema bancario incominciò a farsi molto cr<strong>it</strong>ico.<br />

La <strong>Banca</strong> fu accusata di essere responsabile delle precarie condizioni del sistema<br />

bancario, rese palesi dall’ampia opera di salvataggio condotta all’inizio<br />

degli anni Trenta. Ma ecco cosa il nuovo governatore Azzolini scrisse nella<br />

relazione del marzo 1932 in difesa <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>: «La provvìda ist<strong>it</strong>uzione <strong>della</strong><br />

114 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…. op. c<strong>it</strong>., pag. 55.<br />

115 Ibidem, pag. 56.<br />

116 Ibidem, pag. 57.<br />

146


vigilanza ha introdotto una disciplina nel campo cred<strong>it</strong>izio, eserc<strong>it</strong>ando un<br />

freno ad alcune concezioni di megalomania bancaria, e [ha reso] possibile, in<br />

molte evenienze, di ev<strong>it</strong>are cadute e dissesti […] quando gli organi responsabili<br />

delle aziende vigilate si mostrano sollec<strong>it</strong>i di accogliere suggerimenti e<br />

consigli amministrativi e tecnici e inv<strong>it</strong>i a intervenire con rimedi efficaci e<br />

tempestivi. Né si deve pensare da alcuno […] alla possibil<strong>it</strong>à di interventi<br />

finanziari risanatori, solo per il fatto che gli è demandata la vigilanza […]. È<br />

dunque evidente che le disposizioni di legge, che si riferiscono alla tutela del<br />

risparmio, mentre tendono ad accrescere il senso del dovere in chi amministra<br />

l’altrui, non diminuiscono nei singoli depos<strong>it</strong>anti l’obbligo di rendersi conto<br />

[…] <strong>della</strong> solid<strong>it</strong>à degli enti ai quali credono affidare i loro averi» 117.<br />

12. Lo statuto <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia del 1928<br />

Il 28 giugno 1928 la <strong>Banca</strong> d’Italia riformò gli statuti precedenti. Essendo<br />

in passato i <strong>poteri</strong> ripart<strong>it</strong>i fra direzione (direttore generale e vicedirettore),<br />

da un lato, e Consiglio superiore, dall’altro, ora si rafforzò in maniera significativa,<br />

la direzione con la creazione di una nuova figura, il governatore, che<br />

rappresentò l’Ist<strong>it</strong>uto di fronte a terzi, a cui seguivano, in via gerarchica, il<br />

direttore generale ed il vicedirettore. Questi venivano nominati dal Consiglio<br />

superiore e la loro nomina era sottoposta ad approvazione dal governo. Poi dal<br />

Consiglio superiore veniva creato un nuovo organismo, il Com<strong>it</strong>ato del Consiglio,<br />

composto dal governatore, dall’ufficio di presidenza del Consiglio e da<br />

sei consiglieri.<br />

Anche le competenze vennero ridistribu<strong>it</strong>e 118. Tutte le decisioni di pol<strong>it</strong>ica<br />

monetaria e le decisioni relative al personale vennero sottratte al Consiglio<br />

superiore ed affidate al governatore, che potè nominare gli alti gradi del personale,<br />

mentre la nomina e la revoca degli impiegati intermedi rimase al Consiglio.<br />

Polsi scrive: «Con questo statuto si formalizza quella separazione di competenze<br />

fra direzione o “amministrazione centrale <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>” […] e Consiglio<br />

superiore, che troverà sanzione netta negli statuti del 1936 e successivi, fino ad<br />

oggi» 119.<br />

Al governatore spettarono ormai comp<strong>it</strong>i di interesse pubblico, quali<br />

decisioni di pol<strong>it</strong>ica monetaria, la vigilanza e la definizione <strong>dei</strong> rapporti con le<br />

117 B. I., Adunanza generale degli azionisti tenuta in Roma il giorno 31 marzo 1932,<br />

Roma 1932, pag. 57.<br />

118 Per una migliore valutazione delle singole competenze, vedere art. 48 R. D. 28<br />

giugno 1928 n. 1404.<br />

119 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 50.<br />

147


altre ist<strong>it</strong>uzioni; al Consiglio spettarono decisioni di organizzazione interna.<br />

Divenne primo governatore Bonaldo Stringher e direttore generale Vincenzo<br />

Azzolini, allora direttore generale del Tesoro. A Niccolò Introna andò la vicedirezione.<br />

Altro aspetto determinante da considerare è la discussione susc<strong>it</strong>ata, a<br />

partire dal 1926, <strong>della</strong> posizione <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia tra il pubblico ed il privato.<br />

Dopo la riforma del ’26 e con l’assunzione delle nuove competenze, infatti,<br />

l’Ist<strong>it</strong>uto di emissione si configurava come un ente pubblico, pur conservando<br />

la sua base azionaria privata. La <strong>Banca</strong> d’Italia regolata da norme<br />

legislative, ma organizzata su base privata, si collocava al confine tra la società<br />

privata e l’ente pubblico, e perciò difficile da classificare. «La posizione <strong>della</strong><br />

<strong>Banca</strong>, per la natura delle sue funzioni, era inev<strong>it</strong>abilmente in bilico fra la<br />

società privata e l’ente pubblico, e la difesa <strong>della</strong> propria autonomia, pur in un<br />

quadro di piena collaborazione con il governo, era la difesa <strong>della</strong> propria capac<strong>it</strong>à<br />

amministrativa dall’ingerenza di influssi pol<strong>it</strong>ici contingenti» 120.<br />

Durante il regime fascista c’era la volontà di assoggettare la <strong>Banca</strong> ad un<br />

più stretto controllo del governo, anche come conseguenza <strong>della</strong> delega di funzioni<br />

amministrative compiuta dalla legge del 1926. Tuttavia, negli anni che<br />

seguirono lo svolgimento di queste funzioni, la capac<strong>it</strong>à con le quali esse vennero<br />

svolte, portarono ad esaltare, da un lato, la crescente natura pubblicistica<br />

che la <strong>Banca</strong> venne assumendo e, dall’altro, si consolidò il modello <strong>della</strong> separazione<br />

rispetto all’operato amministrativo dello Stato 121.<br />

13. Il governatore Azzolini<br />

Bonaldo Stringher morì nel dicembre 1930, nel mezzo <strong>della</strong> crisi economica<br />

mondiale. Per i possibili successori tre alternative sembravano possibili:<br />

un uomo legato al regime, la nomina di un personaggio “indipendente” di<br />

prestigio, oppure la scelta di un “interno”. Secondo Azzolini, candidati al governatorato<br />

erano l’ex ministro delle Finanze De Stefani, «due ministri in carica<br />

e altre personal<strong>it</strong>à fasciste» 122. Sempre Azzolini sostenne che Stringher,<br />

poco prima di morire, aveva segnalato a Mussolini il suo nome e che «circa la<br />

metà <strong>dei</strong> membri del Consiglio Superiore non era iscr<strong>it</strong>ta al part<strong>it</strong>o fascista e<br />

un quinto di essi erano ebrei» 123. Al di là di ciò, è facile capire come sia stato<br />

120 Ibidem, pag. 52.<br />

121 Cfr. G. Guarino, La <strong>Banca</strong> d’Italia e il sistema <strong>Banca</strong>rio…., op. c<strong>it</strong>.<br />

122 ASBI, VA al Cardinale Federico Cattani, 31 maggio 1940, Direttorio-Azzolini,<br />

cart. 16.<br />

123 Memoriale Azzolini, pagg. 1 e 2.<br />

148


possibile arrivare alla nomina di Azzolini. Scegliere un uomo legato al regime<br />

appariva un’alternativa poco praticabile, perché poco opportuna in un<br />

momento in cui la «<strong>Banca</strong> e il paese erano impegnati nella regia di importanti<br />

accordi internazionali come la cost<strong>it</strong>uzione <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> <strong>dei</strong> Regolamenti<br />

Internazionali, sempre più compromesso dall’aggravarsi <strong>della</strong> crisi internazionale»<br />

124. Altri personaggi potevano essere De Stefani o Beneduce. Si trattava<br />

di due uomini agli antipodi: liberista il primo, pratico tess<strong>it</strong>ore dell’economia<br />

il secondo; di posizione pol<strong>it</strong>ica fascista De Stefani, agnostico pol<strong>it</strong>icamente<br />

Beneduce. Su De Stefani, però, pesava l’avversione degli ambienti industriali<br />

e finanziari, che lo r<strong>it</strong>enevano colpevole <strong>della</strong> crisi del 1925 e <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica<br />

cred<strong>it</strong>izia restr<strong>it</strong>tiva che ne seguì; dall’altra parte, sembra che Beneduce non<br />

fosse incline a ricoprire la carica di governatore preferendo conservare il suo<br />

ruolo di consigliere economico del duce e di tess<strong>it</strong>ore dell’economia internazionale.<br />

Luigi Einaudi scrisse, al momento <strong>della</strong> nomina di Azzolini, che il governo<br />

ed il Consiglio superiore <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>, «avevano con evidenza avvert<strong>it</strong>o la<br />

necess<strong>it</strong>à di tener fuori la <strong>Banca</strong> financo dal semplice sospetto di interferenze<br />

pol<strong>it</strong>iche» 125; De Felice sostenne che in Mussolini sarebbe prevalsa «la tendenza<br />

[…] a servirsi per l’attuazione delle sue direttive, più che di uomini<br />

pol<strong>it</strong>ici di un certo prestigio, di personal<strong>it</strong>à che […] considerava <strong>dei</strong> “puri tecnici”,<br />

capaci ma privi di peso pol<strong>it</strong>ico proprio, meno legati ai grandi “giri”<br />

economici e sostanzialmente meno portati a sconfinare dai propri settori di<br />

competenza nella “grande pol<strong>it</strong>ica”» 126.<br />

Effettivamente Azzolini era una personal<strong>it</strong>à che, nel delicato momento<br />

economico, rispondeva all’esigenza di nominare un governatore che fosse competente,<br />

personal<strong>it</strong>à conosciuta e con relazioni all’estero, che avesse una buona<br />

conoscenza <strong>della</strong> <strong>Banca</strong>, buone relazioni internazionali ed una dichiarata<br />

fedeltà pol<strong>it</strong>ica.<br />

In precedenza Azzolini aveva percorso una lunga carriera all’interno del<br />

Ministero del Tesoro, così come aveva fatto Stringher; fu direttore generale del<br />

Tesoro ed in quella veste è interlocutore diretto di Stringher. I due collaborano<br />

nell’INCE e, nel 1928, in occasione <strong>della</strong> riorganizzazione statutaria <strong>della</strong><br />

<strong>Banca</strong>, Azzolini diventò direttore generale, in sost<strong>it</strong>uzione di Stringher, poi<br />

venne nominato governatore nel gennaio 1931. Il suo primo atto «fu l’elogia<br />

124 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 59.<br />

125 R. Marchionatti, From Our Italian Correspondent. Luigi Einauidi’s Articles in<br />

«The Economist», Fondazione L. Einaudi-Olschki, Firenze 2000, vol. II, pagg. 517 e<br />

518. 126 R. De Felice, Mussolini il duce: gli anni del consenso 1929-1936, Einaudi, Torino<br />

1974, pagg. 174 e 175.<br />

149


del suo predecessore davanti ai governatori delle principali banche centrali<br />

presso la <strong>Banca</strong> <strong>dei</strong> regolamenti internazionali di Basilea» 127. Di Stringher si<br />

professò “discepolo devoto” e volle ricordare i principi ai quali si era ispirato<br />

ed ai quali anche lui sarebbe rimasto fedele: «concordanza fra gli interessi dell’economia<br />

nazionale e gli interessi dell’ist<strong>it</strong>uto di emissione, autonomia operativa<br />

dell’ist<strong>it</strong>uto, deferenza verso lo Stato» 128.<br />

14. La crisi del 1929-32<br />

La crisi economica del 1929-33 fu di ampiezza senza precedenti, poiché<br />

non solo interessò tutti i grandi paesi europei che ormai erano legati tra loro<br />

da relazioni economiche e finanziarie, ma anche tutti i settori dell’economia.<br />

Scoppiata nell’autunno del 1929 ebbe il suo apice in Europa dopo la caduta<br />

Cred<strong>it</strong> Anstalt nel maggio 1931, mise a dura prova il sistema cred<strong>it</strong>izio nazionale,<br />

ma permise l’inizio di una grande opera di riorganizzazione dello stesso<br />

sistema. Le più colp<strong>it</strong>e furono le banche miste.<br />

Per poter chiarire le cause che stanno alla base di ciò, dobbiamo tener presente<br />

il rapporto ormai “patologico” fra banche miste e industrie. Prima del<br />

1926, la <strong>Banca</strong> d’Italia si era posta come principale ist<strong>it</strong>uto finanziatore del<br />

sistema bancario, sia delle grandi banche miste che degli ist<strong>it</strong>uti minori.<br />

Dopo la rivalutazione <strong>della</strong> lira, pur riducendo il rifinanziamento al sistema,<br />

l’azione di sostegno alle banche minori, anche quelle che appaiono in difficoltà,<br />

non mancò. A partire dagli anni Venti, le grandi banche miste di “tipo<br />

tedesco” «concentrarono nel proprio portafoglio una tale quant<strong>it</strong>à di partecipazioni<br />

azionarie di maggioranza in imprese manifatturiere e di servizi da<br />

finire per configurarsi come vere e proprie “capogruppo”. A ciò si aggiungevano<br />

cospicue linee di cred<strong>it</strong>o immobilizzate nel finanziamento a lungo termine<br />

delle medesime imprese e il possesso, appena mascherato, di importanti<br />

quant<strong>it</strong>à di azioni proprie» 129. I grandi ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o furono estremamente<br />

vulnerabili nei confronti degli shock che colpirono l’economia a partire dal<br />

1929: caduta <strong>della</strong> domanda e <strong>dei</strong> prof<strong>it</strong>ti delle imprese industriali, crollo <strong>dei</strong><br />

valori azionari, “deflazione <strong>dei</strong> deb<strong>it</strong>i”, r<strong>it</strong>iro <strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>i. Nell’autunno del<br />

1930 iniziò l’emergenza: divenne chiaro che numerosi ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o<br />

minori ma anche una grande banca come il Cred<strong>it</strong>o Italiano, non avrebbero<br />

potuto superare da sole le difficoltà del momento, e si rese così necessario l’in-<br />

127 A. Roselli, Il governatore Vincenzo Azzolini. 1931-1944, Ed<strong>it</strong>ori Laterza, Roma-<br />

Bari 2001, pag. 4.<br />

128 ASBI, Commemorazione, Direttorio-Azzolini, cart. 37.<br />

129 G. Toniolo, La <strong>Banca</strong> d’Italia e il sistema bancario. 1919-1936, op. c<strong>it</strong>., pag. 70.<br />

150


tervento del Governo. Quest’ultimo, con un decreto non pubblicato sulla<br />

«Gazzetta Ufficiale», e perciò in gran segreto, si apprestò tram<strong>it</strong>e la <strong>Banca</strong><br />

d’Italia, «ancorché sotto il velo dell’Ist<strong>it</strong>uto di Liquidazioni» 130, a disporre<br />

interventi finanziari a favore del «Banco di S. Spir<strong>it</strong>o, Ist<strong>it</strong>uto S. Paolo di<br />

Torino, <strong>Banca</strong> Popolare di Novara, <strong>Banca</strong> Nazionale dell’Agricoltura, <strong>Banca</strong><br />

Agricola Provinciale di Rovigo, Consorzio delle casse di risparmio veneto,<br />

<strong>Banca</strong> delle Marche e degli Abruzzi, <strong>Banca</strong> Toscana, <strong>Banca</strong> Agricola Italiana<br />

per più di 150 milioni di lire, altri 50 milioni erano concessi a mutuo all’Ist<strong>it</strong>uto<br />

centrale di cred<strong>it</strong>o delle Banche Cattoliche, e ben 330 milioni alla<br />

Società Finanziaria Italiana, società non ancora fondata […] ma già concep<strong>it</strong>a<br />

per rilevare le partecipazioni industriali del Cred<strong>it</strong>o Italiano» 131.<br />

L’Ist<strong>it</strong>uto di Liquidazioni fu finanziato dalla <strong>Banca</strong> d’Italia, per cui questa<br />

si r<strong>it</strong>rovò di nuovo sulla strada <strong>dei</strong> salvataggi bancari. Il fatto che il decreto<br />

non venne reso pubblico dimostrava la grav<strong>it</strong>à del momento ed il tentativo di<br />

ev<strong>it</strong>are fenomeni di panico e turbative al mercato monetario.<br />

Nell’estate del 1931, a segu<strong>it</strong>o <strong>della</strong> caduta del Cred<strong>it</strong> Anstalt, fu la<br />

<strong>Banca</strong> Commerciale a rischiare la crisi. Il suo salvataggio fu possibile grazie ad<br />

una convenzione firmata il 31 ottobre 1931 dallo stesso Mussolini. L’impegno<br />

finanziario che la <strong>Banca</strong> d’Italia dovette sostenere ne immobilizzò gran parte<br />

dell’attivo e portò una restrizione cred<strong>it</strong>izia verso le banche minori. Con il<br />

R.D. 31 gennaio 1932, anche questo non pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale»,<br />

fu ufficialmente autorizzato il salvataggio <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Commerciale.<br />

Il crollo <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> Commerciale mostrò la necess<strong>it</strong>à di radicali riforme<br />

ed interventi nel sistema bancario nazionale. In realtà, non ci troviamo di<br />

fronte a qualcosa di nuovo, anzi, sembra di rivedere il medesimo copione: «di<br />

fronte ad un grave shock esogeno le autor<strong>it</strong>à sono costrette a intervenire per<br />

ev<strong>it</strong>are il fallimento a catena di banche e imprese industriali» 132. L’intervento,<br />

tuttavia, ha alcune caratteristiche innovative rispetto al passato. Coloro che<br />

gestirono i salvataggi del 1931 avevano ben chiaro che la crisi non avrebbe<br />

avuto nessuna possibil<strong>it</strong>à di soluzione se non «mediante la netta separazione<br />

fra banca ed industria, perché lì era la radice del male» 133. La convenzione del<br />

20 febbraio 1931, con la quale si stabilirono le condizioni per l’erogazione <strong>dei</strong><br />

330 milioni al Cred<strong>it</strong>o Italiano, impegnò quest’ultimo a compiere, da quel<br />

momento, solo operazioni di “cred<strong>it</strong>o ordinario”; analogo impegno dovette<br />

assumere la Com<strong>it</strong>. In pratica, si individuò, inizialmente solo in modo strumentale<br />

alle esigenze immediate e poi in modo sistematico, nel legame banca-<br />

130 Ibidem, pag. 71.<br />

131 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 61.<br />

132 G. Toniolo, La <strong>Banca</strong> d’Italia e il sistema bancario. 1919-1936, op. c<strong>it</strong>., pag. 71.<br />

133 Ibidem, pag. 72.<br />

151


industria il nodo da sciogliere per ridare stabil<strong>it</strong>à al sistema finanziario <strong>it</strong>aliano.<br />

Si intese sciogliere questo nodo scindendo le responsabil<strong>it</strong>à <strong>dei</strong> banchieri<br />

da quelle degli industriali. Volendo definire con il termine “disegno” questa<br />

soluzione si può dire che esso partì dal 1931 ad opera, soprattutto, di Alberto<br />

Beneduce.<br />

Mentre l’attiv<strong>it</strong>à bancaria avrebbe dovuto lim<strong>it</strong>arsi al cred<strong>it</strong>o a breve, il<br />

cred<strong>it</strong>o industriale avrebbe dovuto essere gest<strong>it</strong>o da ist<strong>it</strong>uti specializzati, di<br />

cui il primo esempio fu l’IMI, l’Ist<strong>it</strong>uto Mobiliare Italiano, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o con<br />

decreto del 13 novembre 1931. L’ist<strong>it</strong>uto, dopo una prima fase di estrema<br />

prudenza, si specializzò nell’erogazione di cred<strong>it</strong>o industriale a medio-lungo<br />

termine, divenendo, dopo il 1936, uno <strong>dei</strong> pilastri del sostegno finanziario del<br />

regime ed assorbendo il Consorzio Sovvenzioni sui valori Industriali 134.<br />

Nel 1933, Mussolini affidò a Beneduce la realizzazione di un’operazione<br />

consistente nel raggruppare tutte le banche che erogavano finanziamenti<br />

all’industria in un nuovo organismo, l’IRI. L’ist<strong>it</strong>uto è presieduto da Beneduce<br />

e diretto da Donato Menichella, che vi rimase fino al 1943 e divenne governatore<br />

<strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia nel 1947. «L’IRI non [era] più solo un tentativo di<br />

ripristinare un canale di finanziamento industriale, scrive Polsi, ma ambi[va]<br />

a sistemare tutta la part<strong>it</strong>a degli immobilizzi bancari e permettere un profondo<br />

rimo<strong>della</strong>mento del sistema industriale» 135.<br />

L’IRI fu, in origine, diviso in due sezioni: una per gli smobilizzi, che<br />

subentrò all’Ist<strong>it</strong>uto di Liquidazioni, ed una di finanziamento industriale.<br />

La sezione smobilizzi doveva realizzare l’integrale acquisizione delle partecipazioni<br />

detenute dalle ex banche miste e dalle finanziarie controllate,<br />

assumendosene tutti gli oneri. Il disegno si completò con le convenzioni<br />

del 1934 fra IRI e Banco di Roma, Cred<strong>it</strong>o Italiano e <strong>Banca</strong> Commerciale.<br />

In tali convenzioni le tre grandi banche si impegnarono a mantenere il<br />

carattere di banche di cred<strong>it</strong>o commerciale e ad astenersi dal porre in essere<br />

per l’avvenire acquisizioni di nuove partecipazioni industriali. «L’operazione<br />

portata ad effetto dall’IRI nel febbraio 1934 (cioè lo smobilizzo<br />

delle banche miste) fu una riforma e non un salvataggio e neppure un risanamento<br />

[…]. Si sarebbe avuto salvataggio se l’IRI si fosse lim<strong>it</strong>ato a<br />

coprire le perd<strong>it</strong>e delle banche […]. L’operazione avrebbe invece potuto<br />

definirsi risanamento se anziché lim<strong>it</strong>arsi alla copertura delle perd<strong>it</strong>e sub<strong>it</strong>e<br />

dalle banche, l’IRI si fosse fatto trasferire le partecipazioni che le banche<br />

stesse possedevano nelle imprese in utile oltre che nelle imprese in perd<strong>it</strong>a»<br />

136.<br />

134 F. Belli, Legislazione <strong>Banca</strong>ria <strong>it</strong>aliana 1861-2003…, op. c<strong>it</strong>., pag. 146.<br />

135 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 65.<br />

136 F. Belli, Legislazione <strong>Banca</strong>ria <strong>it</strong>aliana 1861-2003…, op. c<strong>it</strong>., pag. 148.<br />

152


Il vero dato nuovo, però, in questo contesto, risiedeva nella parallela e<br />

conseguente espulsione <strong>della</strong> banca mista dalla scena economica <strong>it</strong>aliana.<br />

Infatti, con la cost<strong>it</strong>uzione dell’IRI, con lo smobilizzo del 1934 e con la sua<br />

stabilizzazione nel 1937 si chiuse una prima rilevantissima tappa del processo<br />

formativo dell’economia pubblica <strong>it</strong>aliana.<br />

Si trattò di una nuova “cost<strong>it</strong>uzione economica” che produsse un completo<br />

dislocamento di funzioni e di <strong>poteri</strong> nel sistema bancario e nelle autor<strong>it</strong>à<br />

monetarie. «Ne usciva in primo luogo sminu<strong>it</strong>o il ruolo imprend<strong>it</strong>oriale <strong>della</strong><br />

dirigenza bancaria, di cui venivano fortemente ridotti i margini operativi<br />

[…]. Si cre[ò] un circu<strong>it</strong>o finanziario gest<strong>it</strong>o da IRI, IMI e Tesoro separato dal<br />

circu<strong>it</strong>o monetario gest<strong>it</strong>o dalla <strong>Banca</strong> d’Italia, in cui Tesoro ed enti pubblici<br />

godevano di un certo margine di manovra per fissare i tassi di interesse a<br />

lungo termine» 137.<br />

Il ruolo <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, infatti, risultò ridimensionato in questo tipo<br />

di mercato cred<strong>it</strong>izio diviso a metà, in cui chi raccoglie risparmio era poi separato<br />

dalla decisione su come investirlo. Un altro problema che si pose fu il<br />

rapporto tra la <strong>Banca</strong>, t<strong>it</strong>olare <strong>della</strong> vigilanza, e le banche sotto il controllo<br />

IRI, e perciò di fatto pubbliche. Anche i rapporti fra IRI e Tesoro risultarono<br />

mutati nel segno di una profonda separatezza, poiché la preoccupazione primaria<br />

<strong>dei</strong> progettisti dell’IRI era quella di tenere lontano l’IRI dagli influssi<br />

pol<strong>it</strong>ici, al fine di garantire efficienza nelle gestioni industriali e bancarie che,<br />

infatti, continuarono ad operare in regime di dir<strong>it</strong>to privato 138.<br />

«La profonda rivoluzione degli assetti ist<strong>it</strong>uzionali del mondo industriale<br />

e bancario <strong>it</strong>aliano fu sanc<strong>it</strong>a dal processo legislativo del 1936 in cui, da un<br />

lato, l’IRI fu reso ente pubblico permanente, mentre tutto il sistema bancario,<br />

a iniziare dalla <strong>Banca</strong> d’Italia fu regolamentato da una nuova legge bancaria»<br />

139.<br />

15. La nuova legge economica. La legge bancaria del 1936<br />

La legge bancaria del 1936 comprendeva un ciclo di provvedimenti legislativi<br />

emanati fra il 1936 ed il 1938. Con la locuzione “legge bancaria del<br />

1936” o “del 1936-38” o “riforma bancaria”, si intendeva un aggregato normativo<br />

compos<strong>it</strong>o che prende le mosse dal R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375 successivamente<br />

modificato dal R.D.L. 17 luglio 1937, n. 1400. I due decreti<br />

vennero poi convert<strong>it</strong>i, rispettivamente, nelle leggi 7 marzo 1938, n. 141 e 7<br />

137 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 66.<br />

138 Ibidem, pag. 67.<br />

139 Ibidem.<br />

153


aprile 1938, n. 636 (identiche nel contenuto). La legge 10 giugno 1940, n.<br />

933, che apportò qualche modificazioni, completò il quadro originario <strong>della</strong><br />

legge generale bancaria.<br />

Nel processo formativo <strong>della</strong> legge si rilevano due storie: una palese ed<br />

una segreta. Quest’ultima è quella che si ricava dai documenti predisposti<br />

delle riunioni <strong>della</strong> corporazione <strong>della</strong> Previdenza e del Cred<strong>it</strong>o, dai successivi<br />

dibatt<strong>it</strong>i ed ordini del giorno, dagli atti parlamentari. «La “storia segreta”,<br />

antecedente e parallela alla prima, è stata ricostru<strong>it</strong>a soprattutto a partire da<br />

appunti e documenti elaborati per lo più in amb<strong>it</strong>o IRI di Beneduce, Menichella,<br />

Saraceno, De Gregorio che vengono considerati i padri, “segreti”<br />

appunto, <strong>della</strong> legge […]» 140.<br />

Non è certo se la genesi <strong>della</strong> legge bancaria risentisse direttamente <strong>dei</strong><br />

procedimenti di riforma che, nel medesimo periodo, investirono gran parte<br />

degli ordinamenti delle banche centrali <strong>dei</strong> paesi sviluppati. C’era, comunque,<br />

alla metà degli anni Trenta, la tendenza a rimettere in qualche modo sotto controllo<br />

pol<strong>it</strong>ico l’azione delle banche centrali ed a riconoscere come sfera di<br />

interesse pubblico la gestione <strong>della</strong> moneta 141.<br />

La legislazione bancaria degli anni Trenta tradusse due tipi di esigenze in<br />

qualche modo diverse e forse opposte tra di loro: da un lato, la grande crisi<br />

rese necessario una regolazione pubblica del settore bancario dell’economia,<br />

tanto che molte furono le cr<strong>it</strong>iche rivolte alle stesse banche centrali che si<br />

dimostrarono impotenti a contenere gli effetti <strong>della</strong> crisi; dall’altro lato, le<br />

banche centrali si presentarono come gli unici organismi tecnicamente più<br />

capaci di mettere in pratica le nuove misure che si andavano predisponendo.<br />

Tuttavia, dal 1928, si rilevò, sia all’interno del governo che <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia,<br />

l’opportun<strong>it</strong>à di rivedere le norme del 1926. Mosconi, infatti, inv<strong>it</strong>a Stringher<br />

a designare un esperto quale membro di un gruppo di lavoro incaricato<br />

di studiare «eventuali r<strong>it</strong>occhi ed aggiunte alla vigente legislazione sulla tutela<br />

del risparmio» 142. Un’altra prova, a testimonianza di ciò, è un documento<br />

nel quale Azzolini, nell’agosto del 1933, trasmise a Jung la bozza di un nuovo<br />

decreto sulla tutela del risparmio. Da tale documento, molto accurato, appare<br />

chiaro che la <strong>Banca</strong> intendeva fare tesoro dell’esperienza accumulata dal 1926.<br />

L’articolo 2 <strong>della</strong> bozza, che consta di 32 articoli, assoggettava alla legge non<br />

solo le aziende che regolavano depos<strong>it</strong>i direttamente dal pubblico, ma anche<br />

quelle che «amministra[vano], concentra[vano], utilizza[vano] o comunque<br />

dispongono <strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>i raccolti delle aziende consorziate, federate, od asso-<br />

140 G. Toniolo, La <strong>Banca</strong> d’Italia e il sistema bancario. 1919-1936, op. c<strong>it</strong>., pag. 95.<br />

141 A. Polsi, Stato e <strong>Banca</strong> Centrale in Italia…, op. c<strong>it</strong>., pag. 67.<br />

142 ASBI, Vigilanza, cart. 78A/2, Lettera del ministro delle Finanze Antonio Mosconi al<br />

governatore <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia Bonaldo Stringher, Roma 21 dicembre 1928.<br />

154


ciate, per dare direttive o per compiere operazioni nell’interesse proprio o di<br />

queste ultime» 143. Per il resto, gli altri articoli che componevano la bozza<br />

riflettevano l’esperienza <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> in materia di vigilanza. Il progetto era<br />

importante, perché «stabilisce una specie di automatismo nella revoca dell’autorizzazione<br />

alla raccolta di depos<strong>it</strong>i qualora venga meno il cap<strong>it</strong>ale minimo<br />

richiesto; estende il campo delle autorizzazioni; allarga i <strong>poteri</strong> dell’organo di<br />

vigilanza; disciplina le società di mutuo soccorso; introduce un vero e proprio<br />

regime di riserva obbligatoria […] con l’obbligo di investire in t<strong>it</strong>olo di Stato<br />

almeno un quinto <strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>i e l’intero ammontare di quelli eccedenti il<br />

decuplo del cap<strong>it</strong>ale […]. Il documento del 1933 rappresenta il maggior sforzo<br />

di elaborazione e il principale contributo tecnico <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> alla preparazione<br />

<strong>della</strong> legge […]» 144.<br />

Con gli interventi e le normative introdotte negli anni 1931-34, il sistema<br />

cred<strong>it</strong>izio prese, nella sostanza, la sua conformazione defin<strong>it</strong>iva, ossia: la<br />

netta separazione tra banca ed industria, la concentrazione <strong>dei</strong> pieni <strong>poteri</strong> di<br />

vigilanza e di guida nella <strong>Banca</strong> d’Italia. Ma cosa aggiungevano effettivamente<br />

i 106 articoli del R.D.L. n. 375? Guarino parla di tre fattori: 1) molti progetti<br />

<strong>della</strong> legge 1926 erano imprecisi: per capirne il contenuto si era dovuti<br />

ricorrere alla prassi; adesso il contenuto del R.D.L. 1936 derivava da una prassi<br />

ormai consolidata; 2) il R.D.L. n. 375/36 introduceva cap<strong>it</strong>oli che cost<strong>it</strong>uiscono<br />

il completamento delle norme già in vigore, quasi la loro continuazione;<br />

3) le disposizioni del R.D.L. n. 375/36, che sembravano corollari <strong>della</strong><br />

legge precedente presentarono invece aspetti completamente nuovi ed originari.<br />

Vediamo quali:<br />

– l’“invenzione” del modulo organizzativo Com<strong>it</strong>ato <strong>dei</strong> ministri/ent<strong>it</strong>à<br />

od ente operativo che avrebbe trovato gran segu<strong>it</strong>o in particolare negli anni<br />

’50 e ’60: il modello affidava il comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong> vigilanza alla <strong>Banca</strong> d’Italia,<br />

attraverso un organismo creato apposta, ossia l’Ispettorato per la difesa del<br />

risparmio e l’esercizio del cred<strong>it</strong>o;<br />

– nel complesso organizzativo Com<strong>it</strong>ato <strong>dei</strong> ministri-Ispettorato venivano<br />

concentrati tutti i <strong>poteri</strong> che prima spettavano ai ministri in relazione alle<br />

aziende di cred<strong>it</strong>o; in pratica vennero unificati i <strong>poteri</strong> di direzione, vigilanza<br />

e controllo nei confronti di tutte le banche, indipendentemente da quale fosse<br />

stata la loro forma giuridica: casse di risparmio, monti di pietà, casse rurali ed<br />

agrarie, banche estere, cred<strong>it</strong>o edilizio, cred<strong>it</strong>o fondiario IMI, Crediop, Icippu,<br />

cred<strong>it</strong>o navale, cred<strong>it</strong>o per il lavoro <strong>it</strong>aliano all’estero 145;<br />

143 ASBI, Direttorio-Introna, 13/1/63, Bozza di decreto preparata dalla <strong>Banca</strong> d’Italia,<br />

Roma 8 dicembre 1933.<br />

144 G. Toniolo, La <strong>Banca</strong> d’Italia e il sistema bancario. 1919-1936, op. c<strong>it</strong>., pag. 98.<br />

145 Cfr. artt. 40 e 41 del R. D. L. n. 375/36.<br />

155


– venne defin<strong>it</strong>o l’assetto <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia: «la <strong>Banca</strong> d’Italia […] [fu]<br />

dichiarata Ist<strong>it</strong>uto di dir<strong>it</strong>to pubblico» 146, se ne determinarono gli azionisti e<br />

gli organi, si vietarono alla <strong>Banca</strong> le operazioni di risconto diretto che poterono<br />

«essere fatte solamente nei confronti delle aziende di cred<strong>it</strong>o, sia di dir<strong>it</strong>to<br />

pubblico che di dir<strong>it</strong>to privato, sottoposte al controllo dell’Ispettorato» 147; «il<br />

Consiglio Superiore <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> si compo[se] del governatore e di quindici<br />

consiglieri, <strong>dei</strong> quali dodici da nominarsi nelle assemblee generali <strong>dei</strong> soci<br />

[…] e tre da designarsi dalla corporazione <strong>della</strong> previdenza e del cred<strong>it</strong>o» 148.<br />

Circa il governatore la legge non diceva niente, in mer<strong>it</strong>o alla cui nomina<br />

avrebbe disposto lo statuto 149.<br />

Il nuovo statuto <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> venne approvato con il R.D. 11.6.1936, n.<br />

1067. «In esso si confermava (art. 19) la norma anteriormente vigente, che<br />

attribuiva al Consiglio superiore la nomina, come la revoca del governatore, al<br />

cui mandato non era assegnato alcun termine» 150. Come rileva Guarino, queste<br />

disposizioni sono importanti poiché con esse si affermò, in modo “ist<strong>it</strong>uzionalizzato”,<br />

il principio di autonomia e di indipendenza <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia.<br />

Il governo non aveva nessun mezzo giuridico per influenzare la nomina <strong>dei</strong><br />

consiglieri superiori e, di conseguenza, non poteva neanche intervenire sulla<br />

nomina o revoca del governatore in carica.<br />

La legge del 1936 racchiudeva una innovazione importante negli articoli<br />

31-35. La legge precedente conteneva molte incertezze «circa i rapporti<br />

tra patrimonio, ammontare <strong>dei</strong> depos<strong>it</strong>i, destinazione degli utili, lim<strong>it</strong>e<br />

alla concentrazione <strong>dei</strong> fidi, natura e ripartizione degli investimenti. Con la<br />

nuova legge, negli art. 31-35, tutta la materia [venne] sottratta alla legge<br />

ed affidata al Com<strong>it</strong>ato <strong>dei</strong> ministri ed all’Ispettorato. Ad essi non [vennero]<br />

solo affidati gli oggetti in questione ma altri ancora, come «i lim<strong>it</strong>i <strong>dei</strong><br />

tassi, attivi e passivi, le condizioni delle operazioni di depos<strong>it</strong>o e di conto<br />

corrente, la distribuzione terr<strong>it</strong>oriale delle aziende, la sistemazione degli<br />

immobilizzi».<br />

La struttura finanziaria del 1936 fu molto differente da quella del 1926:<br />

era avvenuta la separazione tra banche ed industrie le grandi banche persero<br />

ogni capac<strong>it</strong>à di autonomia e di contrapposizione alla banca centrale e vennero<br />

inquadrate nell’IRI. Gli articoli 31-35 possono, per questi motivi, sembrare<br />

soltanto una manovra tecnica, tuttavia «i <strong>poteri</strong> così accordati avrebbero in<br />

segu<strong>it</strong>o concorso in modo rilevante alla trasformazione dell’intero ruolo <strong>della</strong><br />

146 Cfr. art. 20.<br />

147 Cfr. art. 23.<br />

148 Cfr. art. 22.<br />

149 Cfr. art. 24.<br />

150 G. Guarino, Il profilo giuridico, op. c<strong>it</strong>., pag. 157.<br />

156


<strong>Banca</strong> d’Italia, da guida e controllo del sistema bancario sino alla piena regolazione<br />

<strong>della</strong> liquid<strong>it</strong>à del paese» 151.<br />

Ma quale fu il fine principale <strong>della</strong> riforma del 1936? Fu la separazione<br />

<strong>della</strong> banca mista dalle banche ordinarie. Eppure è singolare che la sconfessione<br />

<strong>della</strong> banca mista e <strong>della</strong> banca d’affari, il vincolo <strong>della</strong> separatezza tra<br />

banca ed industria e la distinzione tra il cred<strong>it</strong>o ordinario ed i cred<strong>it</strong>i speciali,<br />

compresi quelli a medio e lungo termine, non abbiano trovato nessuna esplic<strong>it</strong>a<br />

enunciazione nella legge bancaria. In realtà chi aveva voluto questo piano,<br />

sin dal 1915, era Beneduce, che «silenziosamente e tenacemente aveva cercato<br />

di realizzarlo ed ora lo poneva a premessa e a risultato <strong>della</strong> grande riforma<br />

bancaria» 152. Erano state le tre convenzioni del 1934 ad estromettere le banche<br />

da tutte le posizioni industriali e, soltanto in segu<strong>it</strong>o a questi eventi, era<br />

stato possibile, per Beneduce ed i suoi collaboratori, concepire la riforma bancaria.<br />

La <strong>Banca</strong> d’Italia che ruolo ebbe nell’elaborazione <strong>della</strong> legge e nella cost<strong>it</strong>uzione<br />

del sistema cred<strong>it</strong>izio? L’Ist<strong>it</strong>uto entrò solo nella fase finale di questi<br />

eventi. Il vero protagonista fu Beneduce. Egli fu l’ispiratore dell’IMI; egli<br />

inventò l’IRI nella forma defin<strong>it</strong>iva che esso assumerà; fu Beneduce a sottoporre,<br />

nel 1933, al governo un rapporto sui problemi del risanamento bancario<br />

e sulla «impostazione che [doveva] avere in un paese come l’Italia, l’esercizio<br />

del cred<strong>it</strong>o mobiliare» 153; e fu sempre Beneduce che, avuta l’approvazione<br />

del rapporto, predispose le convenzioni, convocò le banche ed impose,<br />

senza possibil<strong>it</strong>à di discussione, la sottoscrizione <strong>dei</strong> testi. «Quando in sede<br />

IRI [maturò] l’idea <strong>della</strong> legge bancaria l’apporto <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia [fu]<br />

pressoché inesistente» 154. Nonostante ciò, l’ist<strong>it</strong>uto che uscì rafforzato dalla<br />

riforma fu la <strong>Banca</strong> d’Italia. Vediamo come ciò è stato possibile.<br />

La vera modificazione ed innovazione <strong>della</strong> legge n. 375/36, fu l’ist<strong>it</strong>uzione<br />

dell’Ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del cred<strong>it</strong>o. Tutti<br />

i <strong>poteri</strong> eserc<strong>it</strong>ati in passato dalle più varie amministrazioni si unificarono. A<br />

tale scopo non ci si sarebbe potuti avvalere <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia, «che non [era]<br />

in senso stretto un’amministrazione <strong>della</strong> Stato» 155. La soluzione migliore<br />

apparve, dunque, l’invenzione del combinato organizzatorio Com<strong>it</strong>ato <strong>dei</strong><br />

ministri-ispettorato. Infatti, ciò consentì di sost<strong>it</strong>uire i ministri con una auto-<br />

151 Ibidem, pag. 158.<br />

152 Ibidem, pag. 159.<br />

153 ACS, ASIRI, Relazione dell’IRI sul bilancio per il 1935, serie nera, cart. 18, Roma<br />

27 marzo 1935.<br />

154 Guarino G., Il profilo giuridico, op. c<strong>it</strong>., pag. 160.<br />

155 ASBI, Lettera del governatore <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia Vincenzo Azzolini al ministro delle<br />

Finanze Guido Jung, Direttorio- Azzolini, cart. 44, fasc. 2, Roma 28 luglio 1932.<br />

157


<strong>it</strong>à più alta, il Com<strong>it</strong>ato appunto, e divenne così possibile utilizzare per i<br />

comp<strong>it</strong>i attuativi un ufficio specializzato, quale fu l’Ispettorato. «La <strong>Banca</strong><br />

d’Italia non veniva esclusa, ma anzi associata alle decisioni in quanto lo stesso<br />

governatore veniva preposto all’Ispettorato e veniva ammesso, fatto del tutto<br />

eccezionale, a partecipare alle sedute del Com<strong>it</strong>ato <strong>dei</strong> ministri» 156.<br />

L’Ispettorato, in realtà, non operò mai come un organismo distinto dalla<br />

<strong>Banca</strong> d’Italia. Esso continuò ad avvalersi <strong>dei</strong> direttori di sede <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

e, a livello centrale, la direzione per la vigilanza ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a in <strong>Banca</strong> d’Italia,<br />

consolidò esperienze ed autor<strong>it</strong>à. Non c’erano motivazioni per cui si sarebbe<br />

dovuto sost<strong>it</strong>uire un ufficio che, fino a quel momento, aveva funzionato<br />

perfettamente. «Ci si continuò ad avvalere dunque degli ispettori <strong>della</strong> <strong>Banca</strong><br />

d’Italia. L’ist<strong>it</strong>uzione di un ufficio distinto sarebbe stata in segu<strong>it</strong>o anche formalmente<br />

abbandonata» 157.<br />

Con la riforma del 1936 si ebbe la sost<strong>it</strong>uzione diretta <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

a tutti i ministeri nell’esercizio <strong>dei</strong> <strong>poteri</strong> in materia cred<strong>it</strong>izia ed inoltre,<br />

sin dalla t<strong>it</strong>olar<strong>it</strong>à <strong>dei</strong> <strong>poteri</strong> di vigilanza, si venne ad affermare, come conseguenza,<br />

la prassi che il governatore dovesse sottoporre all’organo collegiale le<br />

proposte di delibere. «La concentrazione di tutti i <strong>poteri</strong> in materia cred<strong>it</strong>izia<br />

nella <strong>Banca</strong> d’Italia con estensione a <strong>poteri</strong> nuovi di vigilanza e controllo<br />

avrebbe consent<strong>it</strong>o gradualmente di estendere le funzioni <strong>della</strong> <strong>Banca</strong> all’integrale<br />

governo <strong>della</strong> liquid<strong>it</strong>à e <strong>della</strong> moneta» 158.<br />

La legge bancaria nacque in periodo fascista ma restò praticamente uguale<br />

fino al 1993. Da che cosa dipende questa resistenza? Da cosa deriva questa<br />

adattabil<strong>it</strong>à a varie stagioni pol<strong>it</strong>iche e a varie congiunture economiche nazionali<br />

ed internazionali? «La legge era caratterizzata da flessibil<strong>it</strong>à e duttibil<strong>it</strong>à,<br />

sottolinea Tarantola-Ronchi, in quanto non dettava vincoli o norme puntuali<br />

cui il sistema bancario doveva attenersi, ma linee-guida abbastanza ampie,<br />

delegando all’organo di vigilanza il comp<strong>it</strong>o-potere di regolatore di aspetti<br />

tipici dell’attiv<strong>it</strong>à bancaria. In virtù di tale caratteristica la legge bancaria, pur<br />

rimanendo invariata nel tempo, ha consent<strong>it</strong>o alle autor<strong>it</strong>à di adattare la regolazione<br />

secondaria alle diverse esigenze del momento» 159.<br />

La domanda sull’attual<strong>it</strong>à <strong>della</strong> legge bancaria del 1936 viene posta ormai<br />

da quarant’anni ed essa ha, per lo più, risposte pos<strong>it</strong>ive. Cominciò a porsela la<br />

commissione economica del Ministero per la Cost<strong>it</strong>uente nel 1945-46, «giungendo<br />

alla conclusione che sia la scelta in ordine alla pol<strong>it</strong>ica degli sportelli e<br />

156 G. Guarino, Il profilo giuridico, op. c<strong>it</strong>., pag. 162.<br />

157 Ibidem.<br />

158 Ibidem.<br />

159 A. Tarantola Ronchi, La vigilanza sulle e sui gruppi bancari, il Mulino, Bologna<br />

1996, pag. 35.<br />

158


alla specializzazione funzionale, sia la loro successiva gestione, erano, nel complesso,<br />

da valutarsi pos<strong>it</strong>ivamente» 160.<br />

Nel 1975, il gruppo di lavoro di Monti e di Padoa Schioppa giunse alla<br />

valutazione che si potesse migliorare il funzionamento <strong>della</strong> “struttura del sistema<br />

cred<strong>it</strong>izio”, ma l’assetto normativo complessivo fu comunque soddisfacente.<br />

«Più tardi, nel 1979, al convegno dell’Associazione per il progresso sul “nuovo<br />

ruolo per le banche”, Savona affermava che la legge bancaria non deve essere<br />

modificata. Occorre, anzi, tornare al suo dettato originario, ripristinando la specializzazione<br />

degli ist<strong>it</strong>uti e degli strumenti ad essi attribu<strong>it</strong>i» 161.<br />

Altri esempi pos<strong>it</strong>ivi sulla legge del ’36 possiamo farne, ma il punto che<br />

va sottolineato è un altro. Come sostiene Cassese, noi r<strong>it</strong>eniamo che la domanda<br />

circa l’attual<strong>it</strong>à e la valid<strong>it</strong>à <strong>della</strong> legge bancaria è posta in modo troppo<br />

sintetico da risultare sbagliata. «La legge bancaria del 1936 è, infatti, solo la<br />

punta di un ice-berg, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da almeno cinquecento altre leggi, statuti e atti<br />

normativi di varia natura. Essa definisce, e a grandi linee, solo una piccola<br />

parte dell’ordinamento bancario […]. Per questi motivi, piuttosto che chiedersi<br />

se sia ancora attuale la legge bancaria, occorre chiedersi se tutte queste<br />

varie parti che rappresentano la “cost<strong>it</strong>uzione” del cred<strong>it</strong>o siano tra loro congruenti<br />

e se esse poi, nel complesso, siano congruenti con la realtà del sistema<br />

cred<strong>it</strong>izio» 162.<br />

Cassese ci fa notare come, in realtà, la legge bancaria sia viva e morta allo<br />

stesso tempo. «Se si guarda alla lettera <strong>della</strong> norma, essa sopravvive. Era,<br />

infatti, una norma elastica, adatta a più s<strong>it</strong>uazioni. Non codificava la banca<br />

“pura” […], né la separazione <strong>dei</strong> tipi di cred<strong>it</strong>o, né regole circa le dimensioni<br />

terr<strong>it</strong>oriali delle banche […]. Se si guarda, ai presupposti su cui la legge<br />

bancaria era fondata […] e alle altre componenti del quadro normativo, si può<br />

dire che la legge bancaria è superata. Né l’assetto terr<strong>it</strong>oriale, né il reparto<br />

funzionale, sono ancora vigenti» 163.<br />

L’assetto del sistema bancario dopo la legge del 1936, non è vero sia rimasto<br />

invariato fino ad oggi, «sia a causa di mutamenti di singole parti, sia per<br />

effetto di addizioni successive» 164. Cosa si è andato modificando?<br />

In primo luogo, la specializzazione funzionale, rispettata rigidamente dal<br />

1936 al 1944, venne, fino al 1970, interpretata in maniera flessibile ed in<br />

segu<strong>it</strong>o, con ancor maggiore larghezza (si pensi alla legge n. 23 del 1981).<br />

160 S. Cassese, È ancora attuale la legge del 1936? Stato, banche e imprese pubbliche dagli<br />

anni ’30 agli anni ’80, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1987, pag. 33.<br />

161 Ibidem.<br />

162 Ibidem, pag. 34.<br />

163 Ibidem, pag. 36.<br />

164 Ibidem.<br />

159


In secondo luogo, a mutare fu la regolamentazione <strong>della</strong> distribuzione terr<strong>it</strong>oriale,<br />

rispettata rigidamente sino al 1947, poi resa progressivamente più elastica<br />

fino alla delibera Cicr del 19 luglio 1984, che modificò le aree terr<strong>it</strong>oriali di operativ<strong>it</strong>à,<br />

riducendole a tre (interprovinciale, interregionale e nazionale) 165. In terzo<br />

luogo, ebbe un grande sviluppo, nel dopoguerra, il cred<strong>it</strong>o speciale, nella forma di<br />

cred<strong>it</strong>o agevolato, che era ist<strong>it</strong>uto marginale durante gli anni Trenta. Un quarto<br />

fatto nuovo fu l’internazionalizzazione dell’attiv<strong>it</strong>à bancaria che produsse prima il<br />

“concordato” 1975, poi la sua revisione del maggio 1983, «nonché crescenti iniziative<br />

congiunte delle autor<strong>it</strong>à di vigilanza, dirette ad ampliare le possibil<strong>it</strong>à di<br />

controllo domestico e di quello nel paese osp<strong>it</strong>ante, possibilmente su base di bilanci<br />

consolidati, in modo da tener d’occhio l’attiv<strong>it</strong>à bancaria indiretta» 166.<br />

I mutamenti successivi <strong>della</strong> legge bancaria vennero indirizzati, da un<br />

lato, verso una maggiore concorrenza, dall’altro, verso una maggiore disciplina.<br />

È giusto pensare che tutti gli interventi apportati alla legge bancaria siano<br />

interventi di deregulation. «Bisogna, sottolineare la storic<strong>it</strong>à e, quindi, la variabil<strong>it</strong>à<br />

<strong>dei</strong> campi sui quali si eserc<strong>it</strong>a la disciplina pubblica» 167.<br />

Gli anni Trenta rappresentarono uno spartiacque importante <strong>della</strong> storia<br />

amministrativa <strong>dei</strong> paesi sviluppati. Non ci troviamo più nella s<strong>it</strong>uazione in<br />

cui il potere pubblico interveniva in maniera neutrale, come garante <strong>della</strong><br />

pace sociale, ma ha inizio un’epoca nuova, nella quale «al cap<strong>it</strong>alismo privato<br />

si affianca un consistente settore pubblico, il potere pubblico afferma una sua<br />

pol<strong>it</strong>ica economica, da imporre – se necessario – ai privati» 168. Inizia un “moto<br />

di lunga durata”, caratterizzato dallo spostamento <strong>dei</strong> <strong>poteri</strong> decisionali dall’area<br />

privata a quella pubblica, dalla conseguente cresc<strong>it</strong>a degli apparati pubblici<br />

e da una notevole concentrazione di <strong>poteri</strong> pubblici nello Stato.<br />

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165 Ibidem, pag. 35.<br />

166 Ibidem.<br />

167 Ibidem.<br />

168 Ibidem, pag. 42.<br />

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162

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