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Scarica il romanzo pdf - SG Associati

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Sedette per qualche momento su un paracarro, lanciò lo sguardo sulla<br />

corona di alpi che correvano tutto intorno all’orizzonte verso nordest.<br />

La mente trovò un varco nel s<strong>il</strong>enzio e le portò un pensiero nuovo.<br />

- Chissà com’era mia nonna, che non ho conosciuto ma che mi ha<br />

lasciato <strong>il</strong> suo nome in eredità, e come troppe contadine di Langa ha<br />

patito la vita fino a morirne in un’età in cui una donna dovrebbe invece<br />

fiorire ed essere felice. Morì giovane, forse di troppe gravidanze, o<br />

troppo lavoro, troppa ignoranza troppa religione che imponeva <strong>il</strong> sacrificio<br />

e non contemplava la ribellione, né la fuga, ma solo <strong>il</strong> ruolo triste<br />

e la postuma glorificazione dell’essere una vittima.<br />

Mi ricordo quando sentii parlare di lei la prima e forse unica volta della<br />

mia infanzia.<br />

Gli zii erano soliti venire a vegliare a casa nostra in città nelle sere<br />

d’inverno, quando i lavori in campagna erano fermi, e in quelle occasioni<br />

gli uomini si radunavano in cucina per giocare a carte: le donne<br />

invece, e io con loro, si riunivano in una stanzetta e lavoravano a<br />

maglia, o all’uncinetto, mentre facevano i loro discorsi.<br />

Di solito mi sdraiavo sul sofà, e mi r<strong>il</strong>assavo al suono del loro cicaleccio,<br />

respiravo <strong>il</strong> loro odore di femmine godendomi <strong>il</strong> contatto<br />

caldo delle schiene, come un cucciolo di cane, come un vitellino.<br />

Zia Caterina una volta aveva detto che sembravo al vitellino piccolo<br />

della Rossa, e io ero stata contenta, perché amavo le sue tre mucche,<br />

le chiamavo per nome, e a volte aiutavo lo zio a preparare <strong>il</strong><br />

loro pasto, mescolando <strong>il</strong> mangime e l’acqua col bastone di legno<br />

nei secchi moplen, dove loro impazienti tuffavano <strong>il</strong> grande muso<br />

umido. Le mucche mi piacevano perché avevano la faccia mansueta,<br />

erano lente e calde e sapevano di buono, e a volte mi permettevano<br />

di stare in groppa al loro collo possente, o mi portavano in giro<br />

appollaiata sul rabastu, <strong>il</strong> carretto senza ruote che trasportava <strong>il</strong><br />

fieno strisciando per terra.<br />

Anche la cugina Giovanna, quando mi affidavano a lei che era già<br />

grandicella, mi portava nella stalla e voleva che fingessi di essere <strong>il</strong><br />

vitellino piccolo, e le succhiassi le mammelle come quelle della<br />

mucca; io lo facevo perché avevo paura che per vendicarsi dei miei<br />

rifiuti lei dicesse che ero stata cattiva, ma chiudevo <strong>il</strong> naso e non respiravo<br />

perché le sue mammelle puzzavano. Da allora, mi fido o diffido<br />

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