L'Architettura del Paesaggio Rurale - Dipartimento di Urbanistica e ...

O. Niglio. L’Architettura del Paesaggio Rurale, Corso di Architettura Vernacolare , Università di Pisa, 2004
L’Architettura del Paesaggio Rurale
Santa Maria a Vico in Terra di Lavoro
Olimpia Niglio
Introduzione: Brevi cenni storici
Alle pendici dei monti Longano e Sauculo,
della catena dei Monti Tifatini, a circa 85 metri
sul livello del mare sorge la cittadina di
S.Maria a Vico, importante centro agricolo del
casertano, distante quindici chilometri dalla
città di Caserta e poco piu' di cinque dai centri
di Maddaloni ed Arienzo. Il nome della citta'
trae le sue origini dalla Vergine Maria di Vico
gia' molto venerata nella valle sin dal XIV
secolo 1 . Sorge sulle rovine di un antico borgo
romano e ne era testimonianza la Mutatio ad
Novas, un edificio munito di stalle per il
cambio dei cavalli e di deposito per le derrate
alimentari. Costituiva un luogo di riposo per i
viandanti, per i funzionari dello Stato e i
magistrati che si spostavano da Roma a
Brindisi. Sui ruderi di tale Mutatio, in epoca
imprecisata, sorse la piu' importante taberna,
detta, poi, Taverna dell'Olmo, un centro di
ristoro di proprieta' degli Abatemarco,
venduta, nel 1931, al notaio De Lucia e
definitivamente demolita nel 1955 per
consentire l'apertura dell'attuale Viale della
1 PIETRO MIGLIORE, Ad Novas e S. Maria a Vico, tra
cronaca e storia, Napoli 1978, p.5. Durante il
Cristianesimo, nella valle di Arienzo, in localita' Vicus sorse
un umile luogo di culto con l'immagine della Madonna.
1
Liberta'. Del rudere non rimane alcuna traccia
se non una lapide in suo ricordo. In epoca
imprecisata, nella valle di Arienzo, in
prossimita' della Mutatio sorse un Vicus, detto
anch'esso ad Novas, una sorta di ufficio
postale, che in eta' medioevale prese il nome di
Novanensis da cui il nome di Sancta Maria ad
Vicum Novanensem 2 . A partire dai primi anni
del nostro secolo nel borgo di S.Maria a Vico
sono stati effettuati numerosi ritrovamenti,
quali iscrizioni latine, tombe romane,
oggettistica in creta e terracotta ed i resti
dell'acquedotto Giulio (alcune sue parti sono
conservate in Via Rosciano) 3 .
Le vicende della citta' di S.Maria a Vico sono
strettamente legate a quella del vicino centro
di Arienzo. Lo storico Lettieri asserisce che le
origini di Arienzo sono collegate alla
distruzione della citta' di Suessola, oggi
Cancello 4 . Nel 343 a.C. in occasione della
prima guerra sannitica, Suessola fu teatro della
battaglia tra sanniti e romani, ed essendo
questi ultimi vittoriosi, la citta' divenne colonia
romana e sottomessa alla vicina Capua. Tra il
324 ed il 337 il Samnium si divise dal resto del
territorio campano, dunque diventa una
regione a se stante e Benevento fu eletta la
caput ditissima del Samnium 5 In quest'ultima
2 Ibidem, p.33
3 AMEDEO MAIURI, Passeggiate campane, Milano 1938
4 N. LETTIERI, Istoria dell'antichissima citta' di Suessola e
del vecchio e nuovo castello di Arienzo, Napoli 1772
5 VERA VON FALKENHAUSEN, La Campania tra Goti e
Bizantini, in AA.VV. "Storia e Civilita' della Campania: Il
Medioevo" Napoli 1992, p.7

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provincia trovarono sede i Goti, popolo
particolarmente assente nel territorio campano
eccetto che per la valle del Sannio. Difatti con
la caduta dell'impero romano (476d.C.) l'area
fu assediata dai Goti e poi dai Longobardi 6 .
Nel IX secolo nel territorio campano si pote'
assistere ad un ulteriore scissione: il ducato
longobardo si divise nel ducato di Salerno e in
quello di Benevento (849d.C.) Nonostante cio'
le scorrerie ed i saccheggi non terminarono,
tant'e' che i numerosi gruppi di saraceni
assoldati e rimasti disoccupati si trincerarono
in alcune citta' quali: Agropoli, Cetara, Sepino
e non mancarono di compiere numerose
scorrerie espugnando e distruggendo molti
centri abitati ed in particolare la zona sannitica
da Montecassino al basso Volturno 7 . Cosi'
nell'880 Suessola fu completamente distrutta
dai saraceni. I suoi abitanti, i suessolani,
trovarono rifugio nella Valle di Arienzo, sulla
collina di Cancello e sul Monte S.Angelo.
Proprio in queste alture edificarono castelli e
fortezze; in particolare il castello di Arienzo fu
edificato sui resti di un tempio, pare dedicato a
Diana 8 . L'intera valle, fin dall'epoca tardo
romana, fu attraversata da due importanti
strade: l'Appia e la Latina, uniche vie di
collegamento tra Roma e l'Italia Meridionale 9
6Ibidem, p.8
7BRUNO FIGLIUOLO, Longobardi e Normanni, in
AA.VV. "Storia e Civilta' della Campania: Il Medioevo"
Napoli 1992, p.42
8MARCO MAURO, La valle dei suessolani, Napoli 1977,
pp.129-159
9VERA VON FALKENHAUSEN, op. cit., p.7
2
Tra i documenti cartografici piu' antichi, utili
per poter risalire ad una visione completa del
sistema stradale in epoca romana, ricordiamo
la Carta Teodosiana, meglio nota come
Tabula Peutingeriana, (XV sec.) in cui si
evidenziano le principali strade: la Latina, la
Trajana, la Domiziana, l'Appia. Quest'ultima,
partendo da Roma, costeggiava il Tirreno e
per Formia, Itri, Sineussa, Capua,
Montesarchio e Benevento, giungeva fino a
Brindisi. Proprio tra Capua e Montesarchio, in
corrispondenza della Valle di Arienzo si
trovavano stazioni di sosta e di ristoro e cui
nomi erano ad Novas, oppure Tabernolae,
luoghi precedentemente citati 10 . Tra il IX e il
X secolo, l'area fu caratterizzata da numerose
scorrerie ed in particolare, il castello di
Arienzo fungeva non solo da fortezza ma
anche da cittadella fortificata. Nel 860, in
epoca longobarda, nei pressi di S.Maria a Vico
sorse il santuario di S.Angelo a Palombara, poi
divenuto abbazia e la cui configurazione
architettonica, ancora oggi, fa pensare piu' ad
una fortezza che ad un'abbazia, proprio a
testimonianza delle numerose incurisioni dei
popoli barbari e, poi, dei saraceni 11 . Nel
1135, il castello di Arienzo fu distrutto dal re
normanno Ruggero II; fu proprio la sua
dinastia che tra l'XI ed il XII secolo diede vita
alla nuova citta' di Arienzo, detta anche Terra
Murata (1154), costruita secondo i canoni
10 MARCO MAURO, op. cit.
11 PIETRO MIGLIORE, op. cit., pp.175-180

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urbanistici ed architettonici normanni. La
Terra Murata sorse ai piedi del castello
diroccato ed era caratterizzata da numerosi
casali posti fuori le mura; tra questi ricordiamo
San Felice, Cancello e S.Maria a Vico. La
presenza dei casali era tipica della
pianificazione longobarda; difatti tra il X e l'XI
secolo in Campania si diffusero gli
insediamenti strutturati a villaggi, detti anche
casali, curtes o villae, cioe' abitazioni sparse,
isolate sui fondi, facenti capo ad un ampio
quanto indeterminato locus. La maggior parte
di detti territori appartenevano all'Abbazia di
Montecassino e all'Abbazia di S.Vincenzo al
Volturno 12 . La nuova citta' di Arienzo sorse,
cosi', in una amena vallata circondata da alte
catene di monti le quali si inclinano a formare
un angolo, che poi non si toccano al vertice,
ed evvi il passaggio della strada nuova da
Napoli a Benevento 13 La Terra Murata,
planimetricamente, si presentava a forma di un
rettangolo con mura merlate, torri e bastioni
con due porte d'ingresso alla citta' 14 . Alla
dinastia normanna segui', sotto Federico II, re
svevo, il nobile tedesco Bertoldo Hoemburch
sotto il quale sorsero numerosi complessi
religiosi. All'Hoemburch, in epoca angioina,
12 BRUNO FIGLIUOLO, op. cit., p.62. Tale insediamento a
casali era tipico, anche, della Costiera Amalfitana, quanto
Cilentana.
13 LORENZO GIUSTINIANI, Dizionario Geografico
Ragionato del regno di Napoli, Napoli 1804, (Ristampa
anastatica, Bologna 1970), Vol.I, p.280
14 Ibidem
SEBASTIANO TILLIO, S.Maria a Vico, ieri ed oggi, Napoli
1966
3
sotto Carlo I d'Angio', segui' la dinastia di
Guglielmo Stendardo (1307-1528), guerriero
del re e senatore di Roma. In epoca aragonese,
sotto il re Ferdinando, nel 1460, cosi' come
afferma lo storico Lettieri, la Terra Murata fu
riedificata e le mura normanne abbattute.
Nello stesso periodo nella Valle di Arienzo si
costitui' l'Universitas come corporazione di
cittadini, un parlamento e nacquero chiese e
complessi conventuali. Tra questi ultimi, in
particolare in S.Maria a Vico, ricordiamo il
Convento Domenicano fondato nel 1450 e la
Basilica dell'Assunta edificata sul finire del XV
secolo 15 . Nel XVI secolo, sotto il regno di
Carlo V, Arienzo fu saccheggiata e bruciata
dai francesi e venduta a Massimo Montalto
che a sua volta mise in vendita la citta', poi,
acquistata dal conte di Maddaloni Diomede
Carafa la cui dinastia duro' ben due secoli: dal
1556 al 1778 16 . I continui contatti tra Arienzo
ed i casali di S. Felice e S.Maria a Vico con la
citta' di Napoli, nel 1656, favorirono il
contagio della terribile peste che colpi' la
capitale del Regno con piu' di 450.000
15 PIETRO MIGLIORE, op. cit. Per quanto concerne la
Basilica dell'Assunta, edificata sul finire del XV secolo, era
in stile gotico. Nel 1732, in seguito ad un terribile terremoto
la chiesa subi' dei rifacimenti barocchi; ulteriori lavori di
ricostruzione furono compiuti dopo la caduta della cupola,
avvenuta in seguito al terremoto del 1805. Nel 1930 un
"restauro" libero' la basilica dalla sua veste barocca,
riportando in luce cio' che rimaneva della sua struttura
originaria. Nel 1945 l'ingegnere Grassi provvide ad
effettuare alcuni lavori di restauro sulla facciata lasciando
inalterato soltanto il portale settecentesco ed una bifora
gotica.
16 MARCO MAURO, op. cit.

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morti 17 e non meno dolorose furono le
vicende che colpirono i suddetti casali che per
tutto il XVIII secolo furono, anche, interessati
da violente scosse telluriche che apportarono
danni ad importanti palazzi quanto alle
chiese 18 . Intanto sul finire del XVII secolo, la
citta' di Arienzo, come ricorda lo storico
Giustiniani, contava ben 23 casali. Anche
S.Maria a Vico era uno dei casali di Arienzo e
che se ne separo' 19 . Difatti fino al 1740 la
citta' di Arienzo ed i suoi casali costituivano
un'unica Universita'. A partire dal 1742 i casali
di Figliarino e di S. Maria a Vico si
distaccarono dando vita ad un'amministrazione
autonoma. Nel 1791 si separarono anche i
casali di San Felice e Cancello. Ottenuta
l'autonomia amministrativa la citta' di S.Maria
a Vico fu dotata anche di una propria
parrocchia. Dopo il Congresso di Vienna
(1814-15), con il ritorno dei Borboni, i comuni
di Arienzo , San Felice e S.Maria a Vico
furono riuniti in un unico Mandamento
(circoscrizione giudiziaria) aggregato al
circondario di Nola, mentre dopo l'Unita'
d'Italia furono riuniti nel circondario di
Caserta. Nell'ottobre del 1866, in base
all'art.717 della legge sulle opere pubbliche del
20 maggio 1865, l'amministrazione comunale,
presieduta dal sindaco Gabriele Iadaresta, si
occupo' della redazione di un importante
17 G. DE RENZI, Napoli nell'anno 1656, Napoli 1968
18 PIETRO MIGLIORE, op. cit., pp. 45-52.
19 LORENZO GIUSTINIANI, op. cit., Vol.VIII, p. 257
4
stradario sul quale furono indicate le strade
piu' importanti del borgo, i cui nomi risalgono
alle contrade abitate da antiche famiglie o ad
eventi storici documentati: e' il caso di via
Novarese, di via Diana, di piazza Aragona o di
via Cementara, cosi' detta per la presenza di
cave di tufo 20 . In epoca fascista i comuni di
Arienzo, San Felice e Cancello furono riuniti
sotto un unico comune con la denominazione
di Arienzo-San Felice, mentre S. Maria a Vico
mantenne la sua autonomia con un suo
Podesta'. Sempre in epoca fascista, con la
soppressione della provincia di Caserta, detti
comuni passarono alla provincia di Napoli e
soltanto nel 1947 tornarono a far parte di
quella casertana ed in piu' Arienzo, San Felice
e Cancello riacquistarono la loro
indipendenza.
Terra di Lavoro
La Terra di Lavoro, come si puo' evincere
dall'antica cartografia. confina a nord con le
provincie dell'Aquila e di Campobasso, ad est
con quelle di Benevento e di Avellino, a sud
con Salerno e ad ovest con Napoli. La
provincia di Terra di Lavoro e' bagnata da due
importanti fiumi: il Liri e il Volturno. Proprio
la presenza di questi importanti corsi d'acqua,
ha reso tale zona, sin dall'antichita',
particolarmente interessante dal punto di vista
agricolo, per la fertilita' delle terre, a tal punto
che dal termine Campania Felix, adottato dai
20 PIETRO MIGLIORE, op. cit., pp. 27-31

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romani per designare tale provincia, deriva il
nome che contrassegna l'intera regione 21 .
Case a Botte a S. Maria a Vico, borgata Papi
L'interesse agricolo dell'area e' contrassegnato,
fin dal XV secolo, da un notevole numero di
masserie, la cui ubicazione ed una loro
dettagliata descrizione ci e' fornita da una
mappa del 1531, redatta da Jan Vaguer che si
occupo' di tale censimento in seguito ad
un'inchiesta fiscale causata da una rivolta anti-
spagnola dei baroni napoletani 22 . E' con
Pedro de Toledo (1532-1553) che si da' avvio
alla lotta anti-baronale, il cui esito fu alquanto
negativo per l'economia rurale campana. Il
notevole degrado e la "miseria" raggiunta nelle
campagne indusse al fenomeno
dell'emigrazione dall'entroterra alle citta'. Ad
ogni modo non va dimenticato che e' con
Pedro de Toledo che si cominciano i lavori di
bonifica del Regi Lagni, lavori terminati nel
1616. Bisognera' aspettare soltanto i Borboni
21 GIO BATTISTA PACICHELLI, Il Regno di Napoli diviso
in dodici provincie, Napoli 1703, Vol.I, p.75.
22 BENEDETTO GRAVAGNUOLO, Architettura rurale e
casali in Campania, NA 1994, p.11
5
la cui politica espansionistica comporto' un
rinnovato slancio produttivo della Provincia di
Terra di Lavoro, il tutto favorito da
interessanti progetti di pianificazione e
coordinamento della produzione agricola,
industriale, quanto edilizia. La ricca
produttivita' della Terra di Lavoro, a partire
dal XVI secolo, fu determinata da tre diversi
tipi di produzione: feudale, mercantile e
patriarcale 23 . Nel primo caso il contadino
lavorava le terre del feudatario al quale
garantiva parte del prodotto, poi venduto
presso i mercati locali. Al semplice rapporto
contadino-barone, con la formazione delle
Universitas, si sostitui' quello piu' complesso
barone-universita'-contadino, fondamentale nel
modo di produzione del Mezzogiorno. A
differenza della produzione di tipo feudale,
quella mercantile non escludeva il contadino
dal mercato, anzi questi alimentarono un
commercio di prodotti locali di notevole
intensita'. Infine alle forme di produzione
feudale e mercantile si affiancava quella
patriarcale la cui cellula fondamentale era data
dalla famiglia contadina e dall'inserimento di
quest'ultima all'interno di villaggi o casali.
Fondamentale, nel tipo di produzione
patriarcale era tanto la gerarchizzazione
presente all'interno dei casali, utile per una
migliore suddivisione dei poteri, quanto
23 AURELIO LEPRE, Terra di Lavoro nell'eta' moderna,
Napoli 1978, pp. 1-17

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l'organizzazione interna alle singole famiglie o
"fuochi" 24 .
Interno di una Casa a botte
Per quanto concerne il tipo di coltivazione piu'
diffuso, sul finire del XVIII secolo la valle
d'Arienzo era famosa per l' abbondanza di
piante di ulivo. Cio' e' quanto e' testimoniato
anche dallo storico Giustiniani che afferma che
in tutto l'agro di Arienzo si scarseggia di
acqua. (..) Tutti i suoi monti sono piantati di
olivi e danno buon olio 25 . Fino alla fine del
XIX secolo la Provincia di Terra di Lavoro era
divisa in cinque circondari: Caserta, Nola,
Sora, Piedimonte d'Alife e Formia 26 . E' al
circondario di Caserta che apparteneva la valle
di Arienzo, che a differenza dell'intera
provincia, tutt'oggi si caratterizza in quanto
zona arida in cui mancano fiumi e sorgenti.
24 Nell'analizzare la civilta' contadina e' piu' giusto parlare di
"fuoco" e non di famiglia. Il "fuoco" costituisce
un'aggregazione piu' ampia e piu' complessa: al numero di
persone, vengono annoverati, anche, i beni immobili
(terreni, case), gli animali e il profitto annuo. La struttura
del "fuoco" muta a secondo del mestiere.
Per approfondimenti Cfr. AURELIO LEPRE, op. cit., pp.
67-95.
25 LORENZO GIUSTINIANI, op. cit., Vol.I, p. 280
6
Cio' ha reso, fin dall'antichita', tale area,
particolarmente adatta alla coltura dell'olivo.
L' economia dell'intera valle di Arienzo, e'
tuttora prevalentemente a carattere agricolo ed
artigianale. Predominano la coltura della
patata, del pomodoro, ma soprattutto arance,
noci ed olivo. Tra gli anni '60 e gli anni '80 si
e' assistito ad un elevato decremento del tasso
di ruralita' a cui non ha fatto riscontro una
trasformazione della struttura economica.
Anche le strutture industriali sono inesistenti.
In particolare a S.Maria a Vico, negli anni '80
si e' registrato un'unita' operativa industriale
con poco piu' di 100 dipendenti 27 . Il tutto e'
legato ad una struttura produttiva contadina
notevolmente radicata ma debole specialmente
sotto il profilo innovativo e dunque
organizzativo. Proprio l'immutabilita' delle
condizioni lavorative e della cultura contadina
locale ha favorito, soprattutto in S.Maria a
Vico, la permanenza di tipologie abitative
rurali di antica origine storica che brevemente
ci accingiamo a descrivere.
Tipologie rurali
Il tipo costruttivo piu' diffuso nella Provincia
di Terra di Lavoro e' la casa monocellulare 28 .
Essa e' caratterizzata da un semplice impianto
26 GIOCONDO GUERRIERO, Caserta e la provincia, in
"Le cento citta' d'Italia" supplemento del quotidiano Il
Secolo, Anno XXXI, n°10990, Milano 1896
27 PIETRO MIGLIORE, op. cit., pp.23-26
28 BENEDETTO GRAVAGNUOLO, op. cit., p.9

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rettangolare, limitato da quattro muri
perimetrali e copertura a doppia falda o, piu'
raramente, a volta estradossata. Questo tipo di
alloggio puo' esser annoverato tra le dimore
temporanee, quale traduzione in pietra della
capanna realizzata con elementi vegetali e nota
con il nome di pagliara.
Sezione tipo di una casa a Botte
Tale tipologia, particolarmente in uso
nell'Italia meridionale ed insulare, nell'area del
Basso Volturno si caratterizza in quanto
struttura in pietra, messa in opera a secco e
quasi sempre collegata ad un oliveto o ad un
vigneto 29 . Spesso nell'Italia meridionale è
frequente l'uso simultaneo di vigneto ed
oliveto e cio' deriva dal fatto che la vite
comincia a dare una resa produttiva con molto
anticipo rispetto all'olivo. Esaurita la
produzione della vite, sullo stesso fondo si
inizia la fruttificazione dell'olivo con una
efficiente continuita' del reddito fondiario.
29 OSVALDO BALDACCI, Dimore temporanee nell'Italia
Peninsulare e nelle isole, in AA.VV. "La casa rurale in
Italia" a cura di Giuseppe Barbieri e Lucio Gambi, CNR, FI
1970, Vol.29, pp. 347-352.
7
Alla tipologia monocellulare, definita anche
come "tipo elementare", segue il modello
pluricellulare caratterizzato dalla sommatoria
di vani opportunamente collegati tra loro,
mediante passaggi interni, quanto esterni e
differenziati per le singole funzioni che questi
accolgono: alloggio e servizi, quali depositi,
stalle, pollai, ecc.. Quest'ultima tipologia,
infine si caratterizza per la diversa possibilita'
di aggregazione delle cellule.
Aggregazione cellulare della Casa a Botte
Certamente la piu' semplice e' quella composta
per aggregazione orizzontale, in cui i vari
ambienti sono disposti tutti su di uno stesso
livello, collegati tra loro mediante passaggi
interni, coperti con tetti a spiovente o con
volte estradossate. Gli ambienti, inoltre, dotati
di piccole finestre sono adibiti alcuni ad
abitazione, gli altri a ricovero animali,
deposito attrezzi o legnaia 30 . Questo tipo
abitativo corrisponde soprattutto a rifugi
temporanei, realizzati in pietra e con tecniche

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costruttive alquanto semplici. Tale tipologia e'
particolarmente diffusa nelle zone pianeggianti
del basso e medio Volturno. Ma
l'aggregazione piu' diffusa nella Provincia di
Terra di Lavoro e' quella verticale delle
singole cellule o la composizione, piu'
complessa, degli ambienti intorno ad una corte
centrale, tale da definire il "tipo a corte", da
cui le "masserie", tipologia certamente piu'
interessante, ma sulle quale non poniamo la
nostra attenzione, in quanto il nostro studio si
rivolge specificamente al tipo pluricellulare ad
aggregazione orizzontale.
Anche Roberto Pane individua, in Terra di
Lavoro, quale tipologia rurale piu' diffusa,
quella della masseria o della casa a corte 31 .
Ma la grande varieta' delle tipologie rurali
presenti nel territorio campano sono la
conseguenza della varieta' geografica e dunque
delle colture, per cui in Terra di Lavoro non
troviamo soltanto la masseria, ma anche
tipologie piu' semplici, quali aggregazioni
pluricellulari verticali quanto orizzontali.
Elemento caratteristico e' la copertura di
questi ambienti, che soprattutto nel casertano
e' definita da un tetto a doppio spiovente, ma
non mancano esempi di copertura a volta
estradossata. Certamente il tipo di copertura e'
dettato dalle condizioni atmosferiche della
zona, ad ogni modo, nelle zone piu' aride,
30 LUIGI PEDRESCHI, La casa rurale nella provincia di
Caserta, in AA.VV. "La casa rurale in Campania", CNR
Firenze 1964, p.90.
8
quali appunto l'area compresa tra Maddaloni e
Arienzo, non mancano esempi di costruzioni
agricole con copertura a volta o a terrazzo.
Afferma il Pane che l'introduzione di questa
copertura a volta e' da attribuirsi all'influenza
araba che si sarebbe esercitata sin dal tempo
dell'emirato arabo in Sicilia. Probabilmente la
diffusa esecuzione di tali coperture, non solo
era favorita dalle buone condizioni
atmosferiche, ma anche dall'abbondanza di
materiali costruttivi, presenti in situ, che ne
permettevano una facile realizzazione 32 . Tale
tipologia e' particolarmente diffusa, tuttora,
lungo la costa amalfitana, sorrentina, sulle
isole di Capri e Procida ed in modo particolare
in alcuni paesi dell'entroterra ed in particolare
della Valle Caudina. Mentre e' vero che la
volta va diradando man mano che ci si
allontana dal mare - scrive Roberto Pane -
fanno eccezione un gruppo di paesi della
Valle Caudina come S. Maria a Vico, Airola,
Arienzo, dove le case piu' antiche sono
coperte con volte a botte per cui dette
comunemente dai contadini "case a botte" 33 .
Tali volte coprono ambienti disposti uno
accanto all'altro e ad un solo piano; dietro tali
case gruppi di ulivi o viti definiscono il
paesaggio agreste. Nell'area del casertano
sono frequenti costruzioni a pianta circolare
31ROBERTO PANE, Campania, la casa e l'albero, Napoli
1961, p.57
32ROBERTO PANE, Architettura rurale campana, Firenze
1936, pp. 8-10
33Ibidem, p.14

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con tetto a cono e diametro non superiore ai
dodici metri. La diffusione di questo tipo di
ricovero temporaneo e' molto ristretto e gli
esemplari non sono numerosi, tant'e' che alcuni
studiosi affermano che si tratta della forma
originaria delle case oggi costituite da tetti a
padiglione 34 La particolarita' dell'uso della
volta estradossata in un'area cosi' interna e
lontana dal mare e' alquanto ingiustificata e lo
stesso Pane afferma di non saper dare alcuna
valida risposta a questo uso e che anche il tipo
di copertura seguito, la volta a tutto sesto,
con quasi esclusione della volta a padiglione,
contribuisce ad individuare un caso
probabilmente unico 35 . Probabilmente
possiamo avanzare l'ipotesi che la copertura a
volta estradossata sia stata introdotta da alcuni
abitanti della costa trasferitisi nelle zone piu'
interne, in epoca a noi molto lontana,
probabilmente nell'alto medioevo, al fine di
trovare un luogo piu' sicuro e lontano dalle
invasioni barbariche; oppure la risposta va
ricercata nei documenti d'archivio, nei
possedimenti terrieri dei numerosi monasteri
soppressi, probabilmente complessi
conventuali che possedevano appezzamenti di
terreni sulla costa quanto nell'interno del
territorio campano e per cui si sono trasferite
tecniche costruttive tipiche della costiera
amalfitana quanto sorrentina in aree
dell'entroterra quali appunto la Valle Caudina.
34 LUIGI PEDERESCHI, op. cit., pp.43-46.
9
Tecniche costruttive
Nell'analizzare le tecniche costruttive della
casa rurale non si puo' prescindere dal
considerare l'influenza dei caratteri
morfologici e climatici del luogo in esame.
Con riferimento a S.Maria a Vico, l'area si
presenta alquanto arida ed il prolungarsi della
stagione asciutta rende necessaria la raccolta
delle acque da cui si puo' giustificare la
presenza di tetti a terrazza e a volta,
quest'ultima, certamente, elemento della
dimora rurale che maggiormente si adatta al
clima arido. La raccolta delle acque avviene
mediante condotti di terracotta inseriti nella
muratura e terminanti in apposita cisterna. Per
una maggiore difesa dal caldo estivo, in queste
zone particolarmente aride, le case, quanto le
dimore temporanee, non presentano finestre,
oppure la' dove esistono queste sono di
dimensione molto ridotte 36 .
Stabilito che la tipologia rurale varia a seconda
delle zone considerate, in relazione alla
morfologia del terreno e alle specifiche
esigenze ambientali e culturali, lo stesso vale
per le tecniche costruttive adoperate nella
realizzazione dell'edificato. Carattere comune
alla casa rurale campana e' la presenza di ampi
spazi esterni che favoriscono la vita all'aperto,
il tutto caratterizzato anche da ampi porticati,
35 ROBERTO PANE, Architettura rurale campana., Firenze
1936, p.15

O. Niglio. L’Architettura del Paesaggio Rurale, Corso di Architettura Vernacolare , Università di Pisa, 2004
terrazze, pergolati che tendono a movimentare
la statica geometricita' della costruzione
rurale 37 . Spesso questi spazi esterni,
opportunamente lastricati, ospitano anche
alcune attivita' domestiche, quali: lavaggio del
bucato, cottura dei cibi e luogo di riposo, da
cui la presenza di vasche e poggi in pietra
all'esterno della casa. Questo e' il motivo per
cui gli ambienti interni sono poco curati,
muniti dello stretto necessario ed adibiti
soprattutto a deposito. Tali ambienti interni,
generalmente, non sono pavimentati, ma
semplicemente definiti da un battuto di terra.
Particolare dell’imposta di un portale ad arco.
I materiali costruttivi variano a seconda delle
peculiarita' geologiche del terreno e della
facilta' di estrazione di detti materiali locali.
Nel caso della Campania va segnalato l'uso
costante del tufo soprattutto nelle zone a clima
mite e poco piovose. Nel caso di S.Maria in
36 FRANCA CANIGIANI, La casa, il clima ed il rilievo, in
AA.VV. "La casa rurale in Italia" a cura di G.Barbieri ed L.
Gambi, CNR Firenze 1970, pp. 17-20
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Vico frequente e' l'uso di pietra calcarea o di
lava vesuviana per le murature, generalmente,
realizzate a sacco, mentre le strutture di
contenimento sono definite da muri a secco,
sempre in pietra locale. Gli ambienti a pianta
rettangolare o quadrata, nel caso specifico dei
paesi della Valle Caudina, appaiono
caratterizzati da copertura a volta
estradossata. Le volte sono per lo piu' a
padiglione, ma non mancano anche quelle a
vela e a crociera; soprattutto nei rustici e nelle
dimore temporanee tipico e' l'uso della volta a
botte. L'uso di diverse volte, all'interno di una
stessa costruzione, e' spesso motivato dalla
presenza di dislivelli, dalla diversita'
planimetrica degli ambienti interni da coprire
o, ancora, dal modo opportuno di raccogliere
e convogliare l'acqua piovana all'interno di
cisterne. Le volte vengono meno la' dove la
possibilita' di procurarsi, facilmente, delle travi
di legno consentiva la costruzione di coperture
a terrazza, molto utili per essiccare frutti o
altro prodotto agricolo 38 .
La volta, nel gergo popolare detta anche
lamia, e' costruita con pietrisco o scorie
laviche impastate con malta di pozzolana e
battute sino a diventare assai compatte e
resistenti; su di esse si estende uno strato di
lapillo al fine di costituire un manto esterno
piu' forte ma soprattutto impermeabile. Cio' e'
37 FRANCESCO LA REGINA, Architettura rurale,
problemi di storia e conservazione della civilta' edilizia
contadina in Italia, Firenze 1980, p.34

O. Niglio. L’Architettura del Paesaggio Rurale, Corso di Architettura Vernacolare , Università di Pisa, 2004
quanto si evince anche dai libretti d'apprezzo
redatti dai Regi Tavolari a partire dal XVII
secolo, i quali ci hanno fornito interessanti
descrizioni delle case rurali, dei materiali da
costruzione impiegati e delle colture
praticate 39 .
Case a Botte a S. Maria a Vico.
Disegno di Roberto Pane
38ROBERTO PANE, Campania, la casa..., op. cit., pp.57-
58
39FRANCO STRAZZULLO, Edilizia ed urbanistica a
Napoli dal '500 al '700, Napoli 1968, pp.31-67. Per
approfondimenti consultare le Platee custodite presso
l'Archivio Storico del Monastero di S.Agostino, Comune di
Arienzo.
11
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diviso in dodici provincie,
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dell’Architettura Vernacolare Mediterranea: la “casa
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O. NIGLIO, Architettura del paesaggio: un problema
etico, in ArChIteTTurA’, La Spezia, Giugno 2004,
N°9/10, pp. 72-74
Le illustrazioni grafiche sono dell’autore