Lino Rossi Partigiano Cristiano - Associazione Partigiani Cristiani
Lino Rossi Partigiano Cristiano - Associazione Partigiani Cristiani
Lino Rossi Partigiano Cristiano - Associazione Partigiani Cristiani
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
Mario Costantini<br />
partigiano cristiano<br />
dirigente provinciale, regionale e nazionale dell’A.P.C.<br />
A cura del Comitato Provinciale di Frosinone<br />
dell’ASSOCIAZIONE PARTIGIANI CRISTIANI
In ricordo <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>.<br />
a cura di Mario Costantini<br />
Me lo ricordo negli ultimi mesi della sua vita, affaticato e più curvo del solito, la<br />
voce incerta ma lo sguardo e la mente ben lucidi. Presagendo quello che di lì a<br />
poco sarebbe accaduto ci guardava intensamente, e con quello sguardo ci invitava a<br />
non lasciar cadere l’impegno per il quale aveva speso la sua vita.<br />
Quindi diceva: “adesso tocca a voi raccontare, testimoniare! Noi siamo vecchi,<br />
adesso tocca a voi!”.<br />
Aveva voluto portare a termine le sue ricerche presso l’Archivio Centrale dello<br />
Stato di Roma, anche se la cosa gli era costata enorme fatica. La sua ultima<br />
missione: documentare le vicende del campo di concentramento delle Fraschette.<br />
Voleva far luce su una storia importante ma sulla quale non si era mai indagato.<br />
Tutti ricordavano le vicende successive di quel campo, quello che aveva preso a<br />
funzionare dopo la guerra, accogliendo profughi. Ma del primo uso del campo<br />
nessuno ricordava o, forse, nessuno voleva ricordare. <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> voleva che su<br />
quella storia si facesse una buona volta piena luce. Non ammetteva che si<br />
perpetuasse il silenzio su quella tragica pagina di storia locale (perché vissuta in<br />
una contrada di Alatri) ma con implicazioni ben più ampie se solo si pensa alle<br />
migliaia di persone di varia nazionalità che furono internate al campo Le<br />
Fraschette dal 1942 al 1944 in condizioni davvero drammatiche.<br />
Aveva fretta ogni volta di farci vedere i nuovi documenti che avvaloravano<br />
quello che lui già sapeva e voleva si conoscesse. Era questo il suo modo di<br />
continuare la Resistenza, rimanendo ancorato a quei valori professati da giovane e<br />
mai dimenticati!<br />
<strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> era una persona discreta, concreta e dai modi sempre gentili. Il suo<br />
stile era sempre improntato ad un profondo rispetto per l’altro e per le Istituzioni.<br />
Era un innamorato della libertà. L’aveva desiderata quando non c’era, aveva lottato
per affermarla e non aveva mai smesso di sostenerla negli anni difficili del dopo-<br />
guerra. Libertà, democrazia, valori da professare sempre con onestà intellettuale,<br />
da vero partigiano cristiano formato alla scuola della Gioventù cattolica.<br />
E’ stato un personaggio della Ciociaria protagonista della Resistenza, quella nata<br />
durante il fascismo e mai più conclusa. La sua lotta è durata l’intero arco della vita.<br />
L’ATTIVITA’ GIOVANILE<br />
Era nato ad Alatri il 25 ottobre 1922 da Domenica Nafra e dal prof. Angelo<br />
<strong>Rossi</strong>, consigliere comunale ed esponente socialista. Conseguì il diploma<br />
magistrale e proprio durante gli anni dello studio si avvicinò al gruppo di giovani<br />
del circolo “Giosuè Borsi” guidato da don Angelo Menicucci.<br />
Questo sacerdote fu la guida spirituale e politica per numerosi giovani ai quali<br />
non fece mai mancare intense riflessioni sulla dottrina sociale della Chiesa. Per<br />
quei giovani diventò quasi naturale passare dallo studio della Rerum Novarum<br />
all’azione antifascista che si concretizzò attraverso la manifestazione di idee<br />
nuove, sia pure attraverso un foglio che iniziò a circolare clandestinamente.<br />
Mancavano però i mezzi e quei giovani si rivolsero ad un altro sacerdote giovane<br />
che potesse comprendere. Si rivolsero a don Antonio Sarandrea, molto ben visto<br />
dal vescovo mons. Edoardo Facchini. Fu così che riuscirono a sondare<br />
l’orientamento del vescovo che accolse favorevolmente l’iniziativa di stampare il
giornale. L’unica raccomandazione fu quella di agire con intelligenza e prudenza.<br />
Iniziò così l’avventura del giornale “Libertà” che è stata ricostruita in diverse<br />
pubblicazioni. Quel che interessa è segnalare la composizione di quel gruppo<br />
composto da <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>, Francesco Isola, Giovanni Santucci, Carlo Costantini,<br />
Pietro Di Fabio.<br />
L’avventura del giornale proseguì per ben nove numeri, tutti pubblicati tra mille<br />
cautele e preoccupazioni, finchè un fatto grave mise in crisi l’intera<br />
organizzazione: l’arresto il 27 marzo 1944 di <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>.<br />
Appena venuto a conoscenza di questa notizia, il vescovo consigliò di far sparire<br />
immediatamente qualsiasi traccia del materiale stampato e delle attrezzature usate.<br />
La tipografia clandestina finì sotto l’altare della chiesa di San Gennaro, complice<br />
don Andrea Pietrobono, allora vicario vescovile, per riemergere solo a guerra<br />
finita.<br />
Il gruppo era controllato. Varie voci circolavano sul coinvolgimento di don<br />
Angelo Menicucci nella redazione del giornale clandestino. Nella perquisizione<br />
avvenuta la sera del 27 marzo, fu rinvenuta nella stanza di <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> una copia<br />
del quotidiano “L’Unità”, lettura non propriamente consigliata dal fascismo ai<br />
giovani dell’epoca.<br />
Assieme ad altri giovani arrestati in quello stesso giorno, <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> fu tradotto<br />
nel carcere di Alatri, in piazza Regina Margherita, dove fu sottoposto ai primi
interrogatori. Così ricordò quei giorni lo stesso <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>, in un articolo<br />
pubblicato sul giornale “Libertà” il 14 novembre 1944, pochi mesi dopo la<br />
liberazione di Alatri.<br />
“I tedeschi (come è ben noto) la sera si ubriacavano regolarmente e andavano<br />
girando per il paese: non era quindi igienico riunirsi dopo il tramonto. Libertà veniva<br />
stampato alla luce del sole, e tutte le settimane ci si riuniva, e quando ci lasciavamo,<br />
ciascuno di noi portava sotto il cappotto le copie da distribuire, ancora fresche e<br />
untuose, nate così, come per mistero. Poi un giorno mi arrestarono insieme a due<br />
amici: non sapevano probabilmente neppure loro perché ci avessero arrestati:<br />
avevano forse bisogno di qualcuno sottomano che giustificasse il loro grasso<br />
stipendio…<br />
La camera di sicurezza di Alatri, tutto sommato, non è brutta: c’è solo umidità, una<br />
grande umidità che ti afferra, ti penetra nelle carni, ti si insinua nelle giunture, nelle<br />
ossa, lasciandoti lì, inebetito e rattrappito: si aggiungeva a ciò una tristezza, una<br />
sofferenza morale. E il Professore ci diceva: “Bè! Ragazzi, non dovevate interessarvi<br />
di politica!”. Tacevamo, pensando: “i ragazzi no, e chi allora se gli anziani<br />
dormivano?”… Il capitano Gargiulo, l’avresti detto un buon borghese, se…se non<br />
avesse portato la divisa fascista e la camicia nera con le M. Che non fosse<br />
propriamente un brav’uomo, lo dimostrò subito, vigorosamente, urlandomi in faccia<br />
tutta la sua ira e la sua stizza, e operando successivamente sui miei amici con un<br />
certo…ritmo: sull’uno, sbattendolo contro il muro, sull’altro afferrandolo per la<br />
collottola, e puntandogli in faccia quella maledetta pistolaccia… Facemmo il verbale,<br />
e, d’accordo, imbrogliammo alquanto la matassa…Poi ci portarono a Fiuggi alta,<br />
nella caserma dei Carabinieri e ci spinsero in una cella già abitata da altri tre o quattro<br />
inquilini…Per ben 32 giorni, in tre metri quadrati sono riuscito a dormire, incredibile<br />
a dirsi, ben 11 persone!<br />
Uscivamo di rado: solo quando qualcuno veniva a trovarci, quando giungeva<br />
(sempre tardi per noi!) la donna che portava i pasti, e quando ci spettava l’oretta di<br />
“libera uscita” (libera uscita dentro la Caserma, s’intende).
Per ammazzare il tempo si giocava spesso; 15 persone in una cella. E fumo,<br />
bruciante, penetrante, opprimente. Era quasi sempre così: a meno che i giocatori non<br />
passassero nell’altra cella: allora c’era pace, allora si era in carcere!...<br />
Leggevamo e scrivevamo, per divertirci in stile trecentesco… E i compagni in<br />
cella? Quando ripenso a quei giorni, me li rivedo tutti dinanzi agli occhi: Scarduso,<br />
Silas, Collepardo… Tutti condannati politici, badate bene, perché i ladri, i grassatori,<br />
gli omicidi, i contrabbandieri, uscivano regolarmente, previo rilascio di barili di vino,<br />
di “vettine” di olio: i reati comuni non erano contemplati dalla legge della Repubblica<br />
Sociale. Con loro, cari e indimenticabili compagni di sventura, abbiamo passato i<br />
momenti più tristi, quando sembrava che ci volessero portare a Paliano, o addirittura<br />
a Forte Bravetta, e i momenti più lieti quando…per esempio, capitava alle ore più<br />
impensate la donna che portava da mangiare e ci buttavamo materialmente sulla<br />
minestrina e sul pezzo di pane che splendidamente la repubblica ci passava…<br />
E ci portarono ad Alatri, nel convento dei Cappuccini, sede della Guardia nazionale<br />
repubblicana. Ci dispiacque lasciare i compagni di 32 giornate e ci dispiacque<br />
lasciare la nostra…”stanzetta” i cui muri avevamo farcito di scritte, di frasi o<br />
disegni…<br />
Ci buttarono in una stanzaccia, senza alcuna finestra, buia, lurida. In tre giorni<br />
fummo ridotti in uno stato tale che il medico della compagnia fu costretto a<br />
comandare che fossimo lasciati all’aria aperta dalla mattina alla sera. Sapemmo dopo<br />
che se ne era interessato anche mons. Vescovo. Ma l’inchiesta andava per le lunghe e<br />
finirono per ricacciarci in una cella strettissima, ma questa volta fornita di finestre.<br />
Poi cominciò la ritirata dei tedeschi ed il rombo del cannone si avvicinava;<br />
cominciavano i bombardamenti e cominciavano pure a squagliarsi le guardie… Come<br />
uscimmo non lo sappiamo, a dire il vero, neppure noi. Ci vennero a dire soltanto che<br />
eravamo liberi…Ci guardammo, ci abbracciammo. La rapida discesa dai Cappuccini<br />
non ci sembrò mai tanto lunga… “<br />
Era il 20 maggio 1944, quando i giovani riacquistarono la libertà. La sig.ra<br />
Domenica Nafra, madre di <strong>Lino</strong>, nei giorni della reclusione al Convento dei
Cappuccini quotidianamente si recò da suo figlio per portargli un po’ di cibo e ,<br />
soprattutto, conforto morale, non lesinando consigli al proprio amato figlio.<br />
Il 22 maggio 1944, a firma del Comandante provinciale della Guardia Nazionale<br />
Repubblicana, T.Col. Alberto Ghislanzoni, venne rilasciata una dichiarazione nella<br />
quale testualmente si affermava: “A richiesta dell’interessato sig. <strong>Rossi</strong> <strong>Lino</strong> fu<br />
Angelo, classe 1922, si certifica che lo stesso dal 27 marzo al 20 maggio 1944 è<br />
stato fermato a disposizione di questo Comando”.<br />
Le esperienze giovanili influenzarono decisamente tutta la vita di <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>. Il<br />
suo impegno di partigiano non terminò con la fine del fascismo, perché era<br />
cosciente che bisognava vigilare costantemente per tutelare quei valori di<br />
democrazia e libertà per i quali tanti giovani avevano sacrificato la propria vita.
Una preghiera accompagnò tutta la sua vita, la Preghiera del Ribelle, composta da<br />
Teresio Olivelli, partigiano, Medaglia d’oro al Valor militare, Servo di Dio:<br />
Signore, che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce segno di contraddizione,<br />
che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito contro le perfidie e gli interessi<br />
dominanti, la sordità inerte della massa,<br />
a noi, oppressi da un giogo numeroso e crudele che in noi e prima di noi ha<br />
calpestato Te fonte di libera vita,<br />
dà la forza della ribellione.<br />
Dio che sei Verità e Libertà, facci liberi e intensi:<br />
alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà, moltiplica le nostre forze, vestici<br />
della Tua armatura.<br />
Noi ti preghiamo, Signore.<br />
Tu che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocifisso,<br />
nell'ora delle tenebre ci sostenti la Tua vittoria: sii nell'indigenza viatico, nel<br />
pericolo sostegno, conforto nell'amarezza.<br />
Quanto piú s'addensa e incupisce l'avversario, facci limpidi e diritti.<br />
Nella tortura serra le nostre labbra.<br />
Spezzaci, non lasciarci piegare.<br />
Se cadremo fa' che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente e a quello dei nostri<br />
Morti a crescere al mondo giustizia e carità.<br />
Tu che dicesti: ``Io sono la resurrezione e la vita'' rendi nel dolore all'Italia una<br />
vita generosa e severa.<br />
Liberaci dalla tentazione degli affetti: veglia Tu sulle nostre famiglie.<br />
Sui monti ventosi e nelle catacombe della città, dal fondo delle prigioni, noi Ti<br />
preghiamo: sia in noi la pace che Tu solo sai dare.<br />
Signore della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la<br />
preghiera di noi ribelli per amore.
LA TESTIMONIANZA DEL DOTT. ANGELO MENICUCCI<br />
In una lettera dell’11 marzo 1975 indirizzata a <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>, ricostruisce i<br />
delicati momenti dell’opposizione al nazifascismo il dott. Angelo Menicucci. Il<br />
documento è importante perché indica le fasi che portarono alla costituzione del<br />
C.L.N. ciociaro, riconoscendo all’interno del Comitato un ruolo di preminenza ai<br />
cattolici. Assegna, inoltre, un ruolo importante nella storia del movimento proprio<br />
a <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>.<br />
Così scrisse il dott. Menicucci:<br />
“Carissimo <strong>Lino</strong>, mi chiedi di ricordare e riassumere le fasi attraverso le quali si<br />
realizzò in Ciociaria nel 1943 e 1944 il nostro movimento clandestino di<br />
liberazione. te lo riassumo brevemente, sulla sola scorta dei miei ricordi personali,<br />
non disponendo più di alcun documento di quel periodo.<br />
Una prima fase, dall’ottobre 1943 al gennaio 1944, fu caratterizzata dal sorgere<br />
spontaneo di un movimento del tutto autonomo; dovuto soprattutto all’esigenza di<br />
non poter rimanere del tutto inattivi e passivi dinanzi alla drammatica e tragica<br />
situazione determinatasi in dipendenza dei fatti successivi all’8 settembre.<br />
Esigenza avvertita vivamente soprattutto fra i giovani (e qui non posso non<br />
ricordare, in particolare, oltre a te, il prof. Francesco Marinucci, don Pietrino Di<br />
Fabio, allora seminarista, e Carlo Costantini), efficacemente incoraggiati e<br />
sostenuti da esponenti ecclesiastici, in primo luogo dal Vescovo di Alatri, Mons.<br />
Facchini.<br />
Privi in questa prima fase, come è ovvio, di qualsiasi collegamento fuori zona, ci<br />
definimmo e presentammo quale “Movimento Ciociaro di Liberazione”, come fu<br />
anche precisato nel sottotitolo del nostro ciclostilato clandestino, cui demmo<br />
significativamente il titolo di “Libertà!”.<br />
La seconda fase, dinanzi al protrarsi contro ogni aspettativa della situazione<br />
militare sul fronte di Cassino, fu determinata sia dai contatti (piuttosto saltuari ed<br />
incerti, naturalmente) con gli amici di Roma (e in particolare con l’on. Angelucci e
con vari esponenti dell’Azione Cattolica e più precisamente della Gioventù di<br />
A.C.) nonché dall’ampliarsi dei contatti nella zona, giacché intorno al nucleo<br />
originario giovanile di Alatri confluirono via via numerosi altri elementi, sia della<br />
stessa esplicita ispirazione cristiana (primo fra tutti l’indimenticabile Prof. Raffaele<br />
Conti, allora a Fiuggi, il Geom. Mario Culla di Torre Cajetani, il Dott. Spampanato<br />
del Ministero dell’Interno e già Commissario al Comune di Alatri, oltre a Don<br />
Carlo e Don Andrea di Alatri), sia di estrazione militare (come il gen. Padovani,<br />
allora nella zona di Fiuggi, l’allora Ten. Giacinto Minnocci e l’Aviere Giovanni<br />
Vinci), sia di altre ispirazioni ideologiche (quali il Geom. Giovannino Culla, di<br />
ispirazione socialista, il Sig. Spilabotte di Frosinone, dichiaratamente comunista,<br />
oltre ad un militante dell’apparato comunista , forestiero, rimasto bloccato nella<br />
zona). Tale ampliamento da un lato ci portò a prendere l’iniziativa di costituirci in<br />
Comitato di Liberazione Nazionale (C.L.N.) per la Provincia di Frosinone e<br />
dall’altro a meglio definire la nostra posizione politica, che non esitammo a far<br />
confluire in quella di “democratici cristiani”, che ci risultava validamente presente<br />
in sede centrale nel C.L.N. di Roma e che trasferimmo nel sottotitolo del<br />
ciclostilato clandestino.<br />
In questa fase, che si protrasse fino al giugno 1944, e cioè fino alla cosiddetta<br />
“Liberazione” da parte degli Alleati, nello svolgimento dell’attività esterna, in<br />
proprio ed in comune con gli altri, fummo portati a seguire questa duplice direttiva:<br />
- evitare, di proposito ed accuratamente, collegamenti e contatti con persone<br />
politicamente già “sospette” o “sospettabili”, in quanto appartenenti a suo tempo al<br />
Partito Popolare, e ciò sia per una nostra maggiore libertà di azione, sia per evitare<br />
loro, almeno per quanto poteva dipendere da noi, facili rappresaglie e fastidi;<br />
- attendere a che rimanesse sempre ben chiara, pur nell’impegno e nell’azione in<br />
comune del momento, la nostra specifica qualificazione, anche ad evitare, almeno<br />
per la nostra zona, che la “resistenza” potesse divenire un giorno monopolio di<br />
qualcuna delle altre componenti del nostro C.L.N.
Va anzi ricordato, proprio a questo riguardo, che furono proprio i “democratici<br />
cristiani ciociari” ad essere occasione in quel periodo del primo “incidente”<br />
sollevato da parte comunista nel C.L.N., giacché nel nostro foglio clandestino ci<br />
eravamo permessi di pubblicare anche un estratto di una lettera enciclica di Pio XI<br />
concernente il “comunismo ateo”… Ebbe così conclusione l’avventura del periodo<br />
clandestino ed iniziò la nuova realtà politica.<br />
Carissimo <strong>Lino</strong>, ti sono vivamente grato per avermi dato così occasione di<br />
rivivere nel ricordo quella meravigliosa avventura, anzi di avermi dato sin da allora<br />
l’occasione di viverla nella realtà, giacché fosti proprio tu, in quei giorni, a<br />
sognarla ed a sollecitarmela, per primo! Un caro saluto, estensibile naturalmente<br />
anche a quanti possono gradirlo.<br />
Affettuosamente. Angelo Menicucci”.
NEL DOPO GUERRA<br />
Politicamente <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> è stato sempre iscritto alla Democrazia Cristiana dal<br />
1943 fino allo scioglimento di quel partito, rivestendo la carica di componente del<br />
Comitato provinciale in qualità di Delegato del Movimento reduci di guerra. Ma la<br />
sua attività si indirizzò subito verso il movimento sindacale e poi verso<br />
l’organizzazione dei servizi per i lavoratori.<br />
Nel campo sindacale seguì le vicissitudini nazionali che videro la nascita l’8<br />
giugno 1944 della CGIL unitaria a seguito della firma del Patto di Roma. Le anime<br />
comunista, socialista e cattolica cercarono di convivere in un unico sindacato e<br />
molti scelsero l’esperienza della cosiddetta “coabitazione forzata”. Osservò<br />
attentamente le vicende della lacerazione sindacale culminata con la nascita<br />
dell’esperienza della Libera Confederazione Generale Italiana del Lavoro, primo<br />
timido tentativo di organizzazione autonoma della corrente sindacale cattolica.<br />
Aderì anche lui nel 1948 alla LCGIL e, quando nell’aprile 1950 l’esigenza di<br />
contrastare compiutamente l’egemonia comunista portò alla nascita della CISL,<br />
<strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> aderì prontamente alla nuova organizzazione e ne fu convinto<br />
sostenitore e promotore nella provincia di Frosinone.<br />
Intanto svolgeva la propria attività lavorativa presso il Servizio contributi<br />
unificati in agricoltura, esperienza che gli permise di affinare la conoscenza delle<br />
problematiche di questo importante settore produttivo.<br />
Ma è nel campo dei servizi che <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> ha speso la propria vita, dapprima<br />
istituendo ad Alatri il Patronato per l’assistenza ai lavoratori, e successivamente<br />
rivestendo a lungo la carica di Direttore della Cassa Mutua provinciale degli<br />
Artigiani. Intese sempre la Cassa come un utile strumento per garantire la crescita<br />
delle aziende artigiane e, in ossequio ai principi di trasparenza e di correttezza, non<br />
mancò mai di informare i propri associati su tutte le opportunità di finanziamento<br />
che la stessa poteva offrire. Propose altri servizi sempre molto apprezzati dagli
associati, quali il patronato e l’assistenza fiscale, avendo sempre un occhio di<br />
riguardo per il sostegno e l’affermazione delle esperienze di cooperazione.<br />
Non dimenticò mai l’impegno resistenziale divenendo segretario provinciale<br />
dell’<strong>Associazione</strong> <strong>Partigiani</strong> <strong>Cristiani</strong>, organizzazione di cui divenne anche<br />
dirigente nazionale.<br />
In questa veste, nel 1964 fece parte della delegazione dell’A.P.C. ricevuta dal<br />
Presidente Giuseppe Saragat al Quirinale.<br />
L’IMPEGNO NELL’ASSOCIAZIONE PARTIGIANI CRISTIANI<br />
Convinto fin nel profondo che l’evoluzione civile di una nazione non possa<br />
progredire senza memoria storica e che questa è costituita dal patrimonio di idee<br />
nelle quali il popolo si riconosce, <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> aderì entusiasticamente<br />
all’<strong>Associazione</strong> <strong>Partigiani</strong> <strong>Cristiani</strong> fondata da Enrico Mattei nel 1947. Compito<br />
istituzionale dell’associazione, aderente alla Federazione Italiana Volontari della<br />
Libertà, è quello di evidenziare l’attualità degli ideali della Resistenza da<br />
trasmettere ai giovani al fine di irrobustire la democrazia nel Paese. L’esperienza<br />
partigiana intessuta di sacrificio, di lotta, di adesione incrollabile ai valori della<br />
democrazia e della libertà, deve essere trasmessa attraverso la testimonianza,<br />
attraverso la conoscenza delle idee e della storia.<br />
Da tutto questo nasceva l’avversione di <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> verso certi facili revisionismi<br />
che tutto tendono oggi a confondere e a conciliare. Il suo antifascismo convinto lo<br />
portava sempre a puntualizzare le distanze che lo dividevano da una destra troppo<br />
frettolosamente ammessa tra le forze autenticamente democratiche del nostro<br />
sistema politico. Ma ancor di più lo amareggiavano certe ricostruzioni storiche che<br />
non considerano le profonde differenze ideologiche delle forze politiche in lotta nel<br />
periodo resistenziale e mettono in dubbio la linea storica che nel Risorgimento e<br />
nella Resistenza pongono l’origine e la base della nostra democrazia repubblicana.
Per questo realizzò per i soci dell’A.P.C. una costante attività di conoscenza<br />
storica attraverso i tanti pellegrinaggi compiuti nei luoghi sacri della nostra<br />
memoria. Si inquadrano in questo contesto le visite a Vallerotonda, a Mignano, a<br />
Monte Lungo, al sacrario di Redipuglia (nella foto).<br />
Molto commoventi le visita alle Fosse Ardeatine e a Porta San Paolo.<br />
Nel 1992 la visita a Sulmona ove i partecipanti deposero una corona d’alloro al<br />
Monumento alle Vittime civili della guerra e incontrarono i superstiti della Brigata<br />
partigiana “Maiella”.<br />
Altro doveroso omaggio si compì al Sacrario dei Caduti d’oltremare a Bari, ove i<br />
soci dell’APC di Frosinone resero omaggio ai militari italiani caduti a Cefalonia in<br />
un episodio ricco di eroismo reso successivamente famoso per l’importante visita<br />
del Capo dello Stato nella stessa isola greca e per la ricostruzione che dell’episodio<br />
fu fatta in forma cinematografica.<br />
Partecipò attivamente a molti Congressi dell’APC, ma in particolare ricordava i<br />
giorni del XIV Congresso Nazionale di Piacenza durante il quale fu riaffermata<br />
l’attualità dei valori della Resistenza e la necessità di trasmettere ai giovani i giusti<br />
insegnamenti ed il bagaglio ideologico sviluppato dall’APC negli anni. Al ritorno<br />
da Piacenza ci tenne a rinnovarci l’invito a proseguire il cammino<br />
dell’<strong>Associazione</strong>.<br />
Rimase particolarmente colpito dalla visita al Museo storico della Liberazione di<br />
Roma, il Museo di Via Tasso, realizzato nel famigerato carcere nazista gestito<br />
dalla Gestapo. Sui muri, incisi con le punte dei chiodi o con le unghie, sono rimasti<br />
i messaggi di tanti condannati a morte. Questi segni gli ricordarono la sua
esperienza di prigioniero. Ne parlava sempre come di un luogo davvero sacro, da<br />
far visitare alle giovani generazioni perché capissero. In quelle tristi stanze erano<br />
passati quasi tutti i Martiri delle Fosse Ardeatine, di Forte Bravetta e la totalità dei<br />
caduti della Storta. Di questo Museo fu per anni consigliere d’amministrazione<br />
sotto la prestigiosa Presidenza dell’on. Taviani.<br />
Ma la sua attività in seno all’APC ebbe importanti risvolti sociali. Infatti nel 1958<br />
istituì un Centro di Addestramento professionale che nel 1963 divenne Centro<br />
professionale INIAP “Don Morosini” e successivamente IAL Roma e Lazio.<br />
Ogni anno cercò di riproporre la celebrazione degli anniversari della Costituzione<br />
e della Festa della Repubblica, anche quando con il passare degli anni queste due<br />
ricorrenze rischiavano di veder affievolito il proprio valore intrinseco. Per lui non<br />
erano assolutamente celebrazioni esteriori, ma occasioni per ripensare ciascuno<br />
alla propria storia inserita in una Storia più grande. Negli ultimi tempi, quando il<br />
Parlamento aveva deciso l’istituzione della “Giornata della Memoria” pensò che<br />
era giunto il momento di proporre una nuova riflessione sulla nostra storia. Fu così
ealizzata la mostra storica che, sui due livelli nazionale e locale, ripropose fatti,<br />
avvenimenti e protagonisti degli anni dall’avvento del Fascismo alla conclusione<br />
della II Guerra mondiale. La mostra realizzata in due momenti successivi ebbe un<br />
importante successo soprattutto nel mondo della scuola. I giovani potevano<br />
finalmente avvicinarsi alla propria storia, riconoscendo le immagini dei paesi della<br />
Ciociaria, leggendo documenti che riguardavano il proprio passato.<br />
A latere delle due mostre nacquero iniziative importanti, come il convegno sul<br />
campo di concentramento Le Fraschette che apriva finalmente, dopo sessanta anni,<br />
uno squarcio su una storia da troppo tempo rimossa e su cui proprio <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong><br />
svolse un importante attività di documentazione.<br />
CULTORE DELLA MEMORIA STORICA<br />
Con una puntigliosa attività di ricerca, <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> riuscì a documentare l’attività<br />
svolta dalle Autorità italiane nel campo di internamento Le Fraschette negli anni<br />
1942/1944. Brevemente ed in rapida sequenza riassumerò il contenuto di alcuni<br />
documenti riemersi dall’Archivio di Stato di Roma e dall’Archivio Centrale dello<br />
Stato, frutto della passione di vero ricercatore di <strong>Lino</strong>. La malattia aveva già<br />
iniziato a minare il suo fisico; nonostante ciò si recò a Roma più e più volte per<br />
completare in tempo la sua ricerca. Tralascio le segnature archivistiche e le<br />
ulteriori annotazioni che ben si applicherebbero ad una pubblicazione interamente<br />
dedicata all’argomento.<br />
I documenti sono stati tutti fotocopiati e sono conservati nell’importante archivio<br />
che anno dopo anno <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> ha costituito e che ora è custodito dalla figlia<br />
Corinna. Sarebbe ora assai interessante realizzare con questo materiale<br />
documentario una pubblicazione con il duplice scopo di rendere finalmente<br />
giustizia dei fatti accaduti in quegli anni alle Fraschette, onorando al tempo stesso<br />
la memoria di <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>.
La documentazione prende il via dal settembre del 1942, anche se i campi di quel<br />
genere furono istituiti con decreto del 4 settembre 1940, n.439. Più in generale,<br />
questi luoghi dovevano essere luoghi ove internare cittadini stranieri dei paesi<br />
belligeranti con l'Italia, ma finirono ben presto per ospitare anche ebrei stranieri,<br />
slavi, oppositori politici. Dovevano esserne realizzati circa 40 in tutta Italia, ma si<br />
arrivò ben presto a superare i 200 campi di internamento.<br />
Pochi storici si sono occupati di queste realtà, e per questo assume ancor più<br />
rilevanza il lavoro svolto da <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>. Non furono campi per l'eliminazione fisica
dei reclusi (se si esclude la Risiera di San Sabba), ma nei campi del centro-nord,<br />
prima dell'arrivo delle truppe alleate, gli internati furono prelevati e deportati in<br />
Germania per la soluzione finale.<br />
1942<br />
27 settembre - Promemoria dell’Ispettorato per i servizi di guerra del Ministero<br />
dell’Interno.<br />
Dal 1° ottobre avrà inizio l’attività del campo con l’arrivo dei primi internati. La<br />
Prefettura di Frosinone comunica i nominativi degli internati in 3 elenchi. Gli<br />
internati arriveranno a scaglioni di 60 a giorno. La precedenza sarà data agli<br />
elementi isolati. Per il 12 ottobre le operazioni dovranno essere concluse. Si<br />
prevede l’arrivo di 780 persone, successivamente saranno inviate 2300 persone,<br />
attualmente raggruppate nell’isola di Melada, in Dalmazia, suddivise in gruppi di<br />
250 ogni 3 giorni.<br />
10 ottobre - Telegramma dei Carabinieri del Gruppo di Frosinone al Ministero<br />
dell’Interno.<br />
Dal 1° al 3 ottobre sono giunti 188 Libici sfollati<br />
19 novembre - Appunti al Duce del Sottosegretario Buffarini.<br />
E’ necessario provvedere all’internamento di 50.000 sloveni sgombrati dai<br />
territori della frontiera orientale a seguito di operazioni di polizia. Si consiglia<br />
l’internamento nei campi del centro nord ed in località ove siano presenti<br />
Carabinieri. Ad Alatri sono stati già avviati circa 2.000 elementi tra cui 1000<br />
anglo-maltesi. Questi nuclei di sfollati finirebbero col costituire altrettanti focolai<br />
d’infezione che non sarà facile neutralizzare in pieno.<br />
26 novembre - Decreto del Ministero dell’Interno di organizzazione del campo<br />
Le Fraschette di Alatri.
Ritenuto che per assolvere al compito si è resa necessaria, fra l’altro, la<br />
costruzione e la gestione di un campo di concentramento per settemila profughi,<br />
genericamente sospetti, nella località Fraschette di Alatri, il Ministro<br />
DECRETA<br />
l’assunzione in servizio di personale per il funzionamento del campo.<br />
(Schema da seguirsi per l’invio al campo degli internati:<br />
- foglio di via con l’obbligo di presentarsi alla Questura<br />
- avvio nel Comune prefissato<br />
- se persone indigenti dovranno essere corrisposti i mezzi di trasporto gratuiti, il<br />
sussidio giornaliero e £ 50 per l’alloggio.<br />
1943<br />
8 febbraio - Comunicazione del Comando Gruppo CC. di Frosinone alla<br />
Prefettura di Frosinone.<br />
La vigilanza è stata rafforzata e i CC. ora da 20 sono 80. Persiste la difficoltà di<br />
non far evadere gli internati perché non c’è recinzione ed il terreno è accidentato.<br />
Manca l’illuminazione e il perimetro del campo è di 2 km, cosicché 20 carabinieri<br />
per turno controllano ciascuno 100 metri e di notte la situazione si fa difficile. La<br />
Direzione del campo si oppone alla realizzazione del reticolato.<br />
26 febbraio - Relazione del Questore al Prefetto di Frosinone.<br />
A tuttoggi sono internate 3.500 persone. E’ necessario rafforzare la recinzione del<br />
campo e assegnare un maggior numero di carabinieri e soldati. Solo come<br />
possibilità estrema è consentito far fuoco su eventuali fuggitivi, ma solo dopo tutti<br />
gli avvertimenti del caso. Molto farebbe l’illuminazione periferica del campo.<br />
5 aprile - Dal Direttore del campo alla Prefettura di Frosinone.
Si segnala che il vescovo di Alatri, mons. Edoardo Facchini, ha elargito la somma<br />
di £.15.000 al cappellano perché questi aiuti e sostenga le famiglie bisognose,<br />
“quelli che – come afferma il vescovo - nulla posseggono”. Non c’è contrasto con<br />
le disposizioni in vigore.<br />
18 aprile - Comunicazione dalla Legione dei Carabinieri di Frosinone alla<br />
Prefettura.<br />
Il Distaccamento di Fraschette è stato informato verbalmente dalla Direzione del<br />
campo che il Ministero dell’Interno ha autorizzato i carabinieri impiegati nel<br />
servizio di vigilanza a far fuoco contro gli internati che tenteranno la fuga.<br />
20 aprile - Circolare dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Venezia Giulia.<br />
E’ necessario porre termine al traffico di lettere e missive affidate dagli internati<br />
di Cairo Montenotte e Fraschette ad amici per la consegna ai propri familiari.<br />
“Permettendo ciò si darebbe la sensazione che i campi di concentramento siano<br />
luoghi di villeggiatura, la qualcosa annullerebbe il fine per il quale questo<br />
Ispettorato Speciale di Polizia provvede all’internamento dei famigliari dei ribelli,<br />
che è di ottenere così la costituzione di coloro che fra essi sono fortemente attaccati<br />
alla famiglia e la successiva costituzione anche dei recalcitranti, quando saranno<br />
venuti a conoscenza che alla costituzione dei loro compagni è seguito il ritorno<br />
immediato dei congiunti internati. Insomma i luoghi di concentramento debbono<br />
essere luoghi di severa punizione morale ed economica, e la liberazione dei<br />
famigliari dei ribelli, ritornati tra noi, un premio ed una leva per indurre gli altri,<br />
rimasti con i ribelli, a costituirsi”.<br />
Firmato: l’Ispettore Speciale di Polizia Giuseppe Guoli<br />
3 maggio - Comunicazione dalla Prefettura di Frosinone al Ministero<br />
dell’Interno.
Internate slave portavano intrecciati tra i capelli piccoli nastrini rossi. Tra di esse<br />
una giovane dalmata che si era fregiato il petto di una coccarda rossa. Le donne,<br />
interrogate, hanno dichiarato di essere solite adornarsi ogni 1° maggio di nastrini<br />
rossi per celebrare la festa dei lavoratori. Si raccomanda maggiore vigilanza.<br />
22 maggio - Disposizioni del Ministero dell’Interno - Direzione Generale Servizi<br />
di Guerra al Prefetto di Frosinone.<br />
· Sorveglianza del campo. Intimare “alto-là” all’internato che abbia superato<br />
la staccionata e fare fuoco contro l’internato se non si dovesse fermare<br />
immediatamente. Il tutto in attesa che si proceda alla costruzione del muro di cinta;<br />
· Donne ed uomini privi di congiunti da collocare il più lontano possibile tra<br />
loro;<br />
· Isolamento di donne di cattiva condotta morale e trasferimento presso altro<br />
campo;<br />
· Al copri fuoco (imbrunire) divieto di uscire dalle baracche;<br />
· Poteri disciplinari conferiti al Direttore del campo;<br />
· Isolamento di rigore per colpe gravi;<br />
· Isolamento semplice per colpe meno gravi;<br />
· Miglioramento del regime alimentare per l’infanzia;<br />
· Asilo tenuto da suore che con l’ausilio dell’autorità ecclesiastica sarà<br />
reclutato;<br />
· L’ordine morale e disciplinare del Campo deve essere assicurato con ogni<br />
mezzo applicando un regime punitivo giusto ma in pari tempo inflessibile.<br />
23 maggio - Comunicazione del Direttore del campo al Questore di Frosinone.<br />
Accertamento in flagranza di un agente sorpreso il 19 c.m. da una pattuglia ad<br />
indugiarsi in luogo recondito in atteggiamenti sconvenienti con minorenne croata.<br />
Si chiedono provvedimenti.
5 giugno - Dal Prefetto di Frosinone al Ministero dell’Interno.<br />
Si lamenta l’insufficienza della recinzione scarsamente efficace vista la presenza<br />
al momento di circa 5.000 internati nel campo.<br />
27 giugno - Nota dell’Ispettore generale di P.S. al Prefetto di Frosinone<br />
“Sono 4300 gli internati al momento. Prego l’Eccellenza Vostra di voler<br />
prospettare al Superiore Ministero – Direzione Generale Servizi Guerra e<br />
Direzione Generale di P.S. - l’opportunità che per il momento si soprassieda<br />
dall’ulteriore destinazione a questo Campo di altri contingenti di internati e<br />
confinati”.<br />
2 luglio - Nota del Ministero dell’Interno alla Direzione Generale dei Servizi di<br />
guerra e Direzione Generale di . P.S. - per conoscenza la missiva è indirizzata al<br />
Prefetto di Frosinone.<br />
4500 unità internate al momento al campo. Si tratta di anglo-maltesi sgombrati<br />
dall’Africa Settentrionale che hanno manifestato sentimenti ostili all’Italia; sloveni<br />
e croati rastrellati a seguito di operazioni di polizia dai territori annessi ed occupati<br />
della frontiera orientale e dalla provincia della Venezia Giulia; elementi sospetti in<br />
linea politica provenienti da altri campi (Ustica). A questi fra breve si aggiungerà<br />
anche un centinaio di internati per reati annonari.<br />
Il Campo è stato amministrato finora dalla Direzione Generale per i Servizi di<br />
guerra. La gestione del campo deve passare alla Direzione Generale di Pubblica<br />
Sicurezza che finora ha fornito il personale occorrente per la direzione e i servizi di<br />
vigilanza. Si dispone che entro il 31 luglio la gestione del campo passi a quella<br />
Direzione Generale di Pubblica Sicurezza.<br />
3 luglio - Nota del Direttore del campo al Prefetto di Frosinone<br />
Il campo ospita 4300 internati e non può accogliere più alcuno. La ragione<br />
consiste nel fatto che il campo è stato costruito dalla Ditta Pasotti che ha realizzato
174 baracche delle quali solo un centinaio sono attrezzate a dormitorio e 8 sono da<br />
completare. Chiede la sospensione di ulteriori invii di internati.<br />
9 luglio - Comunicazione del Prefetto al Ministero dell’Interno. La nota è inviata<br />
per conoscenza al Direttore del campo.<br />
Dopo la visita, l’ispezione del Vice prefetto e la relazione del Direttore del campo<br />
si propongono:<br />
- la sostituzione del consegnatario;<br />
- un impiegato di gruppo C in aiuto del rag. Spampinato per il servizio viveri-<br />
trasporto-economato;<br />
- l’eliminazione del reparto militare dell’81^ Reggimento Fanteria impiegato<br />
nelle 18 cucine e l’affidamento delle stesse ai capi delle baracche;<br />
- l’assegnazione di personale sanitario e para-sanitario;<br />
- l’organizzazione del servizio di pubblica sicurezza.<br />
Il prefetto precisa di far proprie tutte le indicazioni contenute nella relazione<br />
ispettiva eseguita dal vice prefetto.<br />
10 luglio - Dal Direttore del Campo di concentramento al Ministero dell’Interno<br />
Si segnala l’arrivo di un centinaio di elementi pericolosi “confinati politici”<br />
sfollati da Ustica, tra cui persone che hanno manifestato propositi di attentare alla<br />
vita del Duce. Le Fraschette non sono luogo sicuro per l’internamento di persone<br />
così pericolose. (è allegato a questo documento l’elenco delle persone).<br />
16 luglio - Dal Prefetto di Frosinone al Ministero dell’Interno<br />
Sarebbe conveniente il trasferimento in altra sede dei confinati politici per la<br />
presenza di internati “comunisti” croati e sloveni e il conseguente rischio di<br />
commistione per la scarsa possibilità di controllo del campo.<br />
18 luglio - Dal Direttore del Campo al Prefetto di Frosinone.
Si segnala che l’agente di P.S. Michele Drekonia approfitta della sua posizione<br />
per accompagnarsi con donna del campo. Si propongono provvedimenti<br />
disciplinari.<br />
26 luglio - Telegramma del Direttore del Campo al Prefetto<br />
Nonostante i gravi fatti nazionali tutto si svolge normalmente alle Fraschette.<br />
12 agosto - Il Direttore del Campo invia un telegramma a Prefetto<br />
Visita della delegazione svizzera al Campo. Esame della situazione degli anglo-<br />
maltesi.<br />
Sono giunte al Campo 84 internate provenienti dalla Venezia Giulia.<br />
23 agosto - Il vescovo di Gorizia, Carlo Marbotto, invia una nota al gen.<br />
Badoglio – Capo del Governo<br />
“Chiedo un gesto generoso verso le popolazioni di origini e lingua slovena che<br />
formano la maggioranza della diocesi di Gorizia: sfollamento dei campi di<br />
concentramento e ritorno di molte braccia al lavoro delle campagne ormai quasi<br />
abbandonate e ripresa della vita famigliare in troppe case su cui è piombato il<br />
dolore e la desolazione con la lontananza forzata del padre e della madre. Giusto<br />
rigore nell’applicazione delle leggi penali per i delinquenti sorpresi in flagrante.<br />
Queste due grazie chiedo”.<br />
26 agosto - Telegramma del direttore del Campo di concentramento al Prefetto di<br />
Frosinone<br />
In data odierna visita al campo di mons. Riberi, Vice nunzio apostolico,<br />
accompagnato dal vescovo di Alatri e altri prelati.<br />
9 novembre - Nota del Ministero dell’Interno
Sono 2570 internati gli internati al campo Le Fraschette: 1615 dalmati e 955<br />
anglo-maltesi.<br />
Il controllo è effettuato solo da 11 agenti di P.S. Difficilissima è la situazione<br />
alimentare. Le alternative sono o sciogliere il campo o rimettere il campo in<br />
relativa efficienza. Per far questo occorrono 100 agenti, vitto, fondi, divise per gli<br />
agenti di P.S.. E’ necessario continuare i lavori di recinzione e portarli a<br />
completamento.<br />
18 novembre - Nota del direttore del Campo.<br />
Si stabiliscono nel campo i militari dell’officina automobilistica germanica.<br />
30 novembre - Promemoria del Ministero dell’Interno<br />
Dopo il 25 luglio e l’8 settembre ordine ed approvvigionamenti non possono<br />
essere più garantiti.<br />
Situazione insostenibile dopo che il Comando tedesco, finora rispettoso della<br />
Convenzione di Ginevra che prevede che i campi di internamento e<br />
concentramento siano considerati zone di rispetto, si è addirittura insediato nel<br />
campo. Hanno requisito baracche, magazzini ed alloggi. Gli internati sono nel<br />
terrore e molti si sono rifugiati presso i contadini delle vicinanze, rientrando solo<br />
per prendere il pane.<br />
Proposte: gli internati siano portati ad Alatri con tessere di alimentazione; il<br />
campo e i beni mobili ed immobili siano affidati alla custodia del Vice<br />
commissario di Polizia dott. Silvio Sangiorgi.<br />
In calce al documento si trova apposta la seguente indicazione:<br />
“la soluzione appare buona e l’unica possibile. Si attui. Firmato: il Vice Capo<br />
della Direzione Generale della Pubblica Sicurezza”.<br />
Novembre - Promemoria del Ministero dell’Interno.
L’Autorità militare italiana, nel corso delle operazioni contro i ribelli delle<br />
province di Lubiana, Fiume e Dalmazia, dispose per motivi protettivi che gran<br />
parte della loro popolazione fosse internata in sei grandi campi di concentramento.<br />
Lo scorso mese di agosto, cessato il governo fascista, venne riconosciuta l’inutilità<br />
del provvedimento che tanto gravava l'erario e rendeva nelle nuove province<br />
sommamente odioso il nome italiano e conseguentemente dispose che gli internati<br />
fossero lasciati liberi. Comunicando al vescovo di Gorizia, il Ministro della Guerra<br />
Antonio Sorice ebbe a dire “Come avrete appreso dalla stampa la questione degli<br />
internati civili croati e sloveni è stata risolta nel senso da Voi auspicato”. Gli<br />
internati sono rimasti dov’erano tra indicibili stenti. Si rinnova la supplica di poter<br />
rientrare a casa loro.<br />
Segue l’elenco di 6 campi e l’indicazione del numero di internati ospitati in<br />
ciascuno di essi:<br />
Campo di Alatri 4.500 internati<br />
Anghiari Renicci di Arezzo 5.000 internati<br />
Chiesa Nuova di Padova 3.800 internati<br />
Monigo di Treviso 1.400 internati<br />
Visco di Udine 2.000 internati<br />
Gonars di Udine 2.500 internati.<br />
9 dicembre - Dal direttore del Campo promemoria per il capo della polizia.<br />
Le truppe tedesche hanno occupato 5 padiglioni in muratura e varie baracche.<br />
Nelle ore notturne hanno tentato di accedere alle baracche delle donne, delle suore<br />
e del cappellano reclamando donne ed esplodendo colpi di pistola. Il nucleo anglo-<br />
maltese mantiene un contegno corretto diversamente dagli ex iugoslavi. Molti<br />
hanno abbandonato il campo. Un’ordinanza del IX Comando Militare incarica il<br />
Comando provinciale di assicurare la sorveglianza degli internati e del campo, ma<br />
ciò non è avvenuto.
1944<br />
12 gennaio - Relazione del Commissario di P.S. sulla visita resa al Capitano<br />
Wuth della Polizia germanica.<br />
Il Commissario fornisce notizie sul campo delle Fraschette e spiega perché gli<br />
internati non sono stati trasferiti in campo del nord reputati più sicuri. Fornisce dati<br />
sul numero di internati presenti ancora al campo: 972 anglo-maltesi e circa<br />
duecento slavi. Per questi al nord non ci sono strutture ritenute idonee e fa presenti<br />
le difficoltà che si incontrerebbero per l’eventuale trasporto di un numero così<br />
ingente di persone. Il ministero a suo tempo ha deciso il trasferimento ad Alatri di<br />
queste persone anche in presenza di alloggi poco idonei.<br />
Il Capitano Wurth, nel corso del colloquio, ribadisce l’urgenza del trasferimento<br />
al nord, operazione di competenza delle autorità italiane. Contemporaneamente<br />
chiede con forza che siano trasferiti gli ebrei delle province di Frosinone, Aquila,<br />
Pescara e Teramo.<br />
14 gennaio - Nota del Ministero dell’Interno al Prefetto di Frosinone.<br />
Gli internati delle Fraschette devono assolutamente essere trasferiti entro il 25<br />
gennaio al campo di Carpi per imprescindibili esigenze di guerra. Si chiedono<br />
assicurazioni circa il vitto e l’organizzazione del viaggio.<br />
19 gennaio - Telegramma ministeriale ai capi delle province di Teramo e<br />
Frosinone<br />
Gli internati e gli ebrei delle due province devono essere trasferiti nel campo di<br />
concentramento di Servigliano (Ascoli Piceno).<br />
20 gennaio - Fonogramma del Capo della Polizia al Questore di Roma<br />
1300 internati di Fraschette sono avviati al campo di concentramento di Carpi. Si<br />
chiede di provvedere a incrementare la scorta con 7 agenti della Questura di Roma.
15 febbraio - Dal Campo di Concentramento al ministero dell’Interno<br />
Relazione sul bombardamento aereo del campo avvenuto lo stesso giorno. Si<br />
comunica il numero dei morti e feriti.<br />
16 febbraio - Nota del Ministero dell’Interno all’Ufficio Trasporti di Roma<br />
Si richiedono 10 autocarri il mattino del 21.2.1944 al campo le Fraschette per il<br />
trasporto di persone e masserizie. I mezzi dovranno restare a disposizione nei<br />
giorni 21-22-23.2.1944. Il movimento è richiesto con insistenza dalle autorità<br />
germaniche.<br />
23 febbraio - Nota del direttore del Campo al Ministero dell’Interno<br />
Relazione sul nuovo bombardamento aereo del campo avvenuto il 22 febbraio. Si<br />
elencano i 7 morti e i diversi feriti. Gli internati non hanno voluto rimanere al<br />
campo e sono stati trasportati ad Alatri.<br />
24 febbraio - Dal direttore del Campo al Ministero dell’Interno<br />
Necessità di realizzare il trasporto delle persone non con vagoni merci, ma con<br />
vagoni viaggiatori, perché il trasporto riguarda soprattutto donne incinte, vecchi e<br />
bambini. Dopo il primo tentativo di partenza, fallito per il bombardamento di<br />
Ferentino, gli internati non avrebbero più voluto partire. Partono solo obbedendo<br />
ad atto di forza. Dal campo sono partiti i militari dell’officina germanica e si sono<br />
insediate al loro posto altre truppe tedesche.<br />
Le Ditte Igliozzi e Mangili hanno intrapreso il lavoro di smontaggio delle<br />
baracche ormai disabitate e del materiale mobile, onde evitare probabili<br />
devastazioni, sottrazioni e saccheggi.<br />
25 febbraio - Telegramma del Ministero dell’Interno al Questore di Roma
Gli internati di origine croata devono essere avviati verso Venezia, mentre un<br />
migliaio di anglo-maltesi saranno trasportati al campo di concentramento di Carpi.<br />
Si dettano istruzioni sulla sorveglianza e composizione del convoglio, nonché sui<br />
tempi del trasferimento.<br />
26 febbraio - Nota del direttore del Campo alla Direzione del Campo di Carpi.<br />
Si da notizia del trasferimento. Gli internati saranno accompagnati da agenti di<br />
P.S., da guardie e militari dell’Esercito al comando del Capitano Scandone, del<br />
Capitano medico Muscariello e del personale religioso del campo.<br />
27 febbraio - Telegramma del Ministero dell’Interno al Questore di Roma<br />
Sono in arrivo 400 internati da Alatri alla Stazione Tiburtina. Altri 100 arrivano<br />
in autopullman. 200 arriveranno da Valle Giulia. Tutti e 700, una volta ricongiunti,<br />
partiranno per Carpi dalla Stazione Tiburtina.<br />
28 febbraio - Dal direttore del Campo alla Questura di Roma<br />
Due camioncini di viveri sono partiti per gli internati in sosta alla Stazione<br />
Tiburtina. Si comunica che altre 300 persone che si erano allontanate in precedenza<br />
dal campo, ora vi hanno fatto ritorno e premono per raggiungere gli altri già in<br />
viaggio per Carpi.<br />
28 marzo - Dal Campo di concentramento di Fraschette a Ministero dell’Interno<br />
Sono trasferiti altri 40 sudditi britannici destinati al campo di concentramento di<br />
Carpi.<br />
5 aprile - Da Campo di concentramento di Fraschette a Ministero dell’Interno<br />
Trasferiti 97 tripolini destinati a Carpi.<br />
7 aprile - Da Campo di concentramento di Fraschette a Ministero dell’Interno
Trasferiti ulteriori 66 internati tripolini destinati a Carpi. Sono gli ultimi partenti.<br />
E’ così completato il trasferimento degli internati delle Fraschette.<br />
17 aprile - Da Campo di concentramento di Fraschette a Ministero dell’Interno<br />
Elenco internati sudditi britannici trasferiti negli ultimi tempi da Alatri in altri<br />
campi:<br />
334 si trovano a Roma nella caserma La Marmora;<br />
4 famiglie sono a Fiuggi per impossibilità a viaggiare a causa delle contingenze<br />
belliche;<br />
1 famiglia si è resa irreperibile.<br />
Segue elenco nominativo.<br />
21 aprile - Dal direttore del Campo di Fraschette al Ministero dell’Interno<br />
Il 30 marzo il campo ha subito un ulteriore bombardamento. I tedeschi hanno<br />
lasciato il campo. I contadini che abitano nei pressi del campo hanno incendiato<br />
baracche e distrutto quel che potevano al fine di evitare così che lo stesso<br />
continuasse ad essere obbiettivo di azione aerea nemica con conseguente pericolo<br />
per le case vicine.
16 maggio - Nota del Ministero dell’Interno al Gabinetto dell’onorevole Ministro<br />
La comunicazione scritta a mano assicura che appena possibile gli internati<br />
sudditi britannici saranno trasferiti da Roma a Carpi, ove raggiungeranno altro<br />
gruppo colà avviato nel mese di febbraio.<br />
29 maggio 1944 - Relazione conclusiva del rag. Spampinato del campo di<br />
Fraschette alla Direzione Generale di P.S.<br />
Internati: dei 1600 che erano rimasti al campo delle Fraschette, 604 internati sono<br />
stati liberati, 358 sono stati trasportati a Roma presso la Caserma La Marmora, 638<br />
trasportati al campo di Carpi. Per le residue baracche e i relativi materiali, giusta<br />
disposizione ministeriale del 10.4.1944 n.999, si è provveduto alla vendita a<br />
trattativa provata. L’acquirente è risultata essere la ditta Igliozzi per £.725.000<br />
complessive, prezzo reso congruo dall’Ufficio del Genio Civile di Frosinone.<br />
Alcuni contadini individuati per il saccheggio del campo hanno pagato per il<br />
risarcimento £.89.000, somma poi utilizzata per il trasporto a Carpi degli internati.<br />
Quest’ultimo documento precede di soli 3 giorni la liberazione di Alatri da parte<br />
delle truppe Alleate. L’ultimo tassello della ricerca riguardava la sorte degli<br />
internati trasferiti nel campo di concentramento di Carpi. Quel campo era passato<br />
da qualche mese sotto la gestione tedesca. Molti degli internati furono<br />
precipitosamente trasferiti più a nord, nei lager nazisti di tristissima notorietà.<br />
Anche gli internati delle Fraschette, da poco giunti in quel campo, seguirono la<br />
stessa sorte?
IN RICORDO DI LINO ROSSI<br />
<strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> si è spento il 16 ottobre 2001 in una stanza dell’Ospedale di<br />
Frosinone, amorevolmente assistito dalla moglie Giuseppina Vinciguerra e dalle<br />
figlie Corinna ed Anna. In questi anni sono giunte alla famiglia e all’APC di<br />
Frosinone tante testimonianze di persone che hanno conosciuto ed apprezzato il<br />
suo impegno. Questo mio breve ricordo di <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> si conclude riportando<br />
alcune testimonianze che mi appaiono ancor oggi particolarmente significative.<br />
In occasione dell’inaugurazione della mostra sulla II guerra mondiale e la<br />
Resistenza in Ciociaria realizzata nell’aprile 2002, scriveva Giacinto Minnocci:<br />
“Poiché sono il più vecchio tra i superstiti di quell’esiguo manipolo di cittadini di<br />
Alatri che, subito dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, senza distinzioni di<br />
carattere ideologico e con la vigile e protettiva comprensione del Vescovo Mons.<br />
Facchini decisero di contribuire come potevano al tentativo di riscattare l’Italia da<br />
un ventennio di soppressione della libertà e, contemporaneamente, di sforzarsi di<br />
attenuare con il loro impegno le conseguenze disastrose di una guerra incautamente<br />
intrapresa e rovinosamente perduta, spetta a me (e lo considero come un privilegio)<br />
complimentarmi con gli organizzatori della mostra dedicandola al nostro carissimo<br />
<strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>, per tanti anni dirigente provinciale dell’<strong>Associazione</strong> dei <strong>Partigiani</strong><br />
<strong>Cristiani</strong> ora affidata alle cure di Carlo Costantini e senza le cui appassionate,<br />
pazienti e lunghe ricerche archivistiche sarebbe certamente assai meno ricca di<br />
preziose e inedite documentazioni.<br />
Questa mostra <strong>Lino</strong> la voleva e la preparava da molti anni e il motivo per il quale,<br />
principalmente, la desiderava risulta chiaramente dalle parole con le quali lui per<br />
l’APC e io per l’ANPI accompagnammo nel 1997 la diffusione degli “Atti del<br />
Convegno sul 50° Anniversario della costituzione in Alatri del C.L.N. clandestino<br />
nel novembre 1943” e il mio “Guerra e Resistenza in Ciociaria” che vale la pena in<br />
questa occasione rileggere: - In un periodo della nostra Patria nel quale viene posta<br />
in discussione la stessa unità nazionale e si richiede da più parti una revisione del
giudizio finora dato su alcuni controversi o ancora oscuri episodi della Resistenza<br />
che nessuno respinge, a condizione che con essa non si pongano in discussione gli<br />
ideali e i valori che la ispirarono, <strong>Rossi</strong> e Minnocci ritengono opportuno diffondere<br />
queste due pubblicazioni, testimonianze di quanti lutti e sacrifici è costata in questa<br />
plaga del Lazio la riconquista della libertà e della pace, nella fiducia che i volumi<br />
vengano accolti come un modesto contributo per ricordare un’epoca della storia<br />
recente del nostro Paese triste e perigliosa, ma anche riboccante di quel senso del<br />
dovere e di quelle speranze che ancor oggi debbono animare chiunque vuole che<br />
l’Italia abbia un avvenire di democrazia -.<br />
Sono certo che se <strong>Lino</strong> non fosse stato così repentinamente strappato all’affetto<br />
dei suoi familiari, alla nostra forte amicizia e alla stima di quanti ebbero con lui<br />
dimestichezza, queste parole le sottoscriverebbe di nuovo assieme a me, perché<br />
oggi esse sono purtroppo ancora più attuali di quando le scrivemmo. Consentimi,<br />
infine, di auspicare che la Mostra ed il contributo ad essa dato da <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>, sia di<br />
sprone a chi sarà tentato di approfondire con serie ricerche il tema di essa, giacché<br />
nella mia personale esperienza di ogni volta che mi sono interessato sia della<br />
Guerra che della Resistenza in Ciociaria, sempre ho scoperto fatti, sventure ed<br />
eroismi ancora malauguratamente sconosciuti”.<br />
Gigino Minnucci così scrisse sul quotidiano “Ciociaria Oggi”:<br />
“Una settimana fa è morto <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>. Fu attento organizzatore degli artigiani,<br />
una categoria molto numerosa nella provincia di Frosinone. Il suo nome però<br />
ricorre spesso leggendo le cronache degli ultimi giorni di guerra, quando, a ridosso<br />
del Fronte di Cassino, si cercò di organizzare la Resistenza. Ad Alatri un gruppo di<br />
giovani, e tra questi <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>, potettero fare solo alcuni piccoli atti di sabotaggio<br />
come lo spostamento di cartelli stradali e lancio di chiodi a tre punte nelle strade<br />
durante il passaggio di autocolonne tedesche; danneggiamento agli automezzi,<br />
interruzione di linee telefoniche, rovesciamento di fusti di carburante, sottrazione<br />
di gomme, pezzi di ricambio e medicinali. L’attività però si accentrò sulla
propaganda clandestina antifascista ed antinazista. Nacque così il foglio<br />
Libertà…<strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> ci chiedeva in una sua lettera di sollecitare il Comune a<br />
ripristinare il Parco delle Rimembranze…Il Parco è una cosa seria. Serve a<br />
ricordare i cittadini di Alatri caduti per la Patria che furono 243 nella Prima Guerra<br />
Mondiale e 153 nella Seconda. I loro nomi potrebbero essere incisi su una lapide a<br />
perenne memoria”.<br />
Bruno Olini, Vice presidente nazionale dell’APC così lo ha ricordato:<br />
“Quando l’amico Carlo Costantini mi ha invitato a stendere una pur breve<br />
testimonianza su <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>, confesso di essere stato preso da una non comune<br />
emozione, non disgiunta da una contemporanea meditazione. Perché <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>, più<br />
di quanto non possano le parole e le celebrazioni verbali, appartiene a quella gloriosa<br />
schiera di uomini che hanno vissuto in maniera diversa, rischiando la vita, in un<br />
periodo particolarmente tragico che ha visto l’Italia oppressa dal nazi-fascismo.<br />
La memoria di quel periodo, non si è mai offuscata in <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>. Per questo, anche<br />
negli ultimi anni della sua esistenza, rappresentava ancora, soprattutto per chi lo<br />
conosceva, un sicuro punto di riferimento. Non soltanto era stimato per la sua ben<br />
nota coerenza e per l’indiscussa onestà morale e civile, ma apprezzato per la sua<br />
umanità, per la sua disponibilità al dialogo ed al confronto, per il suo costante<br />
richiamo a valori che non siamo certi di aver saputo onorare sino in fondo.<br />
Qualunque fosse l’incarico o il mandato affidatogli, sapeva assolverlo con capacità<br />
e passione, interpretandoli come un servizio alla società. Nelle nostre conversazioni,<br />
nei nostri incontri a convegni e riunioni, sempre constatavo di trovarmi in presenza di<br />
una persona ricca di saggezza e di acuto intuito, di un uomo dalla cui semplicità<br />
emanavano atteggiamenti dalla interpretazione non sempre facile, comunque sempre<br />
riconducibile al bene comune. E, se contraddetto o impedito, si ritirava in silenzio,<br />
senza però mai ammainare la propria bandiera, pronto a riprendere con rinnovato<br />
slancio il suo impegno.
Nella valutazione della figura di <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> e, in particolare, della sua sofferta<br />
opposizione al nazi-fascismo, di combattente per la libertà e, successivamente, di<br />
attivo dirigente della Federazione Italiana Volontari per la libertà (FIVL) e<br />
dell’<strong>Associazione</strong> <strong>Partigiani</strong> <strong>Cristiani</strong> (APC) è importante quello che ci ha trasmesso<br />
come insegnamento. E la lezione che ci ha lasciato dovrebbe indurci, oggi, a<br />
chiederci con chi, con quali prospettive ed obiettivi, egli opererebbe, in questo<br />
momento, se fosse ancora in vita. Certamente, sarebb qui con noi per affermare che la<br />
nostra resistenza deve continuare, come impegno rinnovato a difendere quei principi<br />
e quegli ideali per i quali abbiamo lottato. Principi ed ideali che ci sorressero nella<br />
conquista della libertà e della democrazia e che ebbero nei valori cristiani la fonte di<br />
ispirazione e la spinta determinante della nostra azione e che ancor oggi ci<br />
sorreggono per andare avanti e progredire”.<br />
Il Segretario nazionale dell’APC, Felice Ziliani ricorda:<br />
“Con lui e grazie a lui ho potuto riorganizzare l’associazione nel centro Italia. Era<br />
anima e corpo per l’associazione pur con tutti gli altri impegni che lo hanno<br />
mobilitato fino agli ultimi giorni della sua vita. Fu prezioso custode di documenti e<br />
di memoria, motore di mille iniziative, modesto e generoso. Innamorato degli<br />
ideali di Libertà e Democrazia alimentati da una vita esemplare. Non dimenticherò<br />
l’ultima sua telefonata, il suo pianto sommesso e la sua preoccupazione per<br />
l’APC”.<br />
Franco Franchini, presidente dell’ANPI, in occasione del funerale inviò un<br />
messaggio nel quale, tra l'altro, si legge:<br />
“Ricordiamo <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong>, un uomo che si è sempre adoperato con intelligenza e<br />
tenacia per portare avanti e realizzare importanti iniziative “per non dimenticare” e<br />
per far conoscere alle nuove generazioni la storia di un Movimento che ha portato,<br />
attraverso il sacrificio di molti, alla liberazione dell’Italia e all’affermazione dei
valori sui quali è basata la Costituzione repubblicana e la vita democratica del<br />
nostro Paese”.<br />
Carla Roncati, dirigente nazionale dell’APC, così concluse il suo intervento in<br />
occasione del convegno di studi “Il campo di concentramento Le Fraschette di<br />
Alatri”:<br />
“La scomparsa di <strong>Lino</strong> <strong>Rossi</strong> è stata certamente per tutti noi una grande perdita,<br />
ma, come lui avrebbe desiderato, dobbiamo cercare di portare a compimento i<br />
progetti che con tanto entusiasmo e dedizione stava realizzando”.<br />
E’ l’impegno di quanti oggi continuano la sua opera.