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Lino Rossi Partigiano Cristiano - Associazione Partigiani Cristiani

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Per ammazzare il tempo si giocava spesso; 15 persone in una cella. E fumo,<br />

bruciante, penetrante, opprimente. Era quasi sempre così: a meno che i giocatori non<br />

passassero nell’altra cella: allora c’era pace, allora si era in carcere!...<br />

Leggevamo e scrivevamo, per divertirci in stile trecentesco… E i compagni in<br />

cella? Quando ripenso a quei giorni, me li rivedo tutti dinanzi agli occhi: Scarduso,<br />

Silas, Collepardo… Tutti condannati politici, badate bene, perché i ladri, i grassatori,<br />

gli omicidi, i contrabbandieri, uscivano regolarmente, previo rilascio di barili di vino,<br />

di “vettine” di olio: i reati comuni non erano contemplati dalla legge della Repubblica<br />

Sociale. Con loro, cari e indimenticabili compagni di sventura, abbiamo passato i<br />

momenti più tristi, quando sembrava che ci volessero portare a Paliano, o addirittura<br />

a Forte Bravetta, e i momenti più lieti quando…per esempio, capitava alle ore più<br />

impensate la donna che portava da mangiare e ci buttavamo materialmente sulla<br />

minestrina e sul pezzo di pane che splendidamente la repubblica ci passava…<br />

E ci portarono ad Alatri, nel convento dei Cappuccini, sede della Guardia nazionale<br />

repubblicana. Ci dispiacque lasciare i compagni di 32 giornate e ci dispiacque<br />

lasciare la nostra…”stanzetta” i cui muri avevamo farcito di scritte, di frasi o<br />

disegni…<br />

Ci buttarono in una stanzaccia, senza alcuna finestra, buia, lurida. In tre giorni<br />

fummo ridotti in uno stato tale che il medico della compagnia fu costretto a<br />

comandare che fossimo lasciati all’aria aperta dalla mattina alla sera. Sapemmo dopo<br />

che se ne era interessato anche mons. Vescovo. Ma l’inchiesta andava per le lunghe e<br />

finirono per ricacciarci in una cella strettissima, ma questa volta fornita di finestre.<br />

Poi cominciò la ritirata dei tedeschi ed il rombo del cannone si avvicinava;<br />

cominciavano i bombardamenti e cominciavano pure a squagliarsi le guardie… Come<br />

uscimmo non lo sappiamo, a dire il vero, neppure noi. Ci vennero a dire soltanto che<br />

eravamo liberi…Ci guardammo, ci abbracciammo. La rapida discesa dai Cappuccini<br />

non ci sembrò mai tanto lunga… “<br />

Era il 20 maggio 1944, quando i giovani riacquistarono la libertà. La sig.ra<br />

Domenica Nafra, madre di <strong>Lino</strong>, nei giorni della reclusione al Convento dei

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