COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Numeri: simboli e realtà NUMERI: SIMBOLI E REALTÀ Franco Brezzi Professore di Analisi matematica IUSS - Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia Il ruolo del Numero nel<strong>la</strong> nostra civiltà è più complesso di quanto non si possa pensare a prima vista. Per cominciare, il numero riveste ancora un carattere cabalistico e misterioso. In generale, l’uomo del<strong>la</strong> strada si trova in imbarazzo se gli si chiede di definire cosa sia un numero. Tutti capiscono benissimo il significato di “tre caramelle” o di “tre pere”. Non tutti capiscono a fondo il significato di “tre”. Forse anche questa sottile elusività ha contribuito, nel tempo, a far sì che al numero venissero attribuiti arcani significati simbolici (ad esempio il 3 o il 7) e misteriosi poteri (ad esempio, in modi diversi, il 17 o il 666). Ma anche al di là degli aspetti cabalistici, è tutto il rapporto con gli aspetti quantitativi che riesce difficile, spesso antipatico, a volte totalmente repulsivo. Con <strong>la</strong> stessa scienza, ed in partico<strong>la</strong>re con tutte le discipline che praticano con serietà il metodo scientifico, <strong>la</strong> nostra società ha un rapporto di amore-odio quasi schizofrenico. Basta guardare <strong>la</strong> nostra pubblicità per notare come <strong>la</strong> scienza e <strong>la</strong> stessa ragione vengano, a seconda dei casi, esaltate o disprezzate. La stessa schizofrenia si manifesta nelle discipline che pur avvalendosi del nome di Scienze, hanno col metodo scientifico rapporti Centro di Ateneo per <strong>la</strong> Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II ancora saltuari. Ma mentre <strong>la</strong> medicina, da un <strong>la</strong>to, tende a fare un uso sempre maggiore di strumenti che danno risposte quantitative, ed in generale ad avere rapporti sempre più stretti col metodo scientifico, dall’altro <strong>la</strong>to sembrano in controtendenza <strong>la</strong> sostituzione dei vecchi voti con giudizi del tipo “sufficiente, discreto, buono, ottimo”, ed innovazioni pedagogiche simili. L’aspetto più ostico del rapporto tra cittadini e numeri si trova però nell’uso che viene fatto dei numeri per quantificare i rischi. Indubbiamente tale quantificazione è a volte proibitiva. La probabilità di beccarsi il c<strong>la</strong>ssico vaso da fiori in testa camminando sul marciapiede potrebbe, almeno teoricamente, essere misurata (ma il risultato dovrebbe dipendere da molti fattori come il tipo di strada, <strong>la</strong> stagione, l’ora, etc.). Ma <strong>la</strong> probabilità che il Vesuvio esploda, o che un meteorite rada al suolo Pavia sarebbe molto, molto più difficile da misurare. E <strong>la</strong> stima del<strong>la</strong> probabilità di trovare, nei prossimi mille anni, nel<strong>la</strong> nostra ga<strong>la</strong>ssia, omini con pelle zebrata verde e gial<strong>la</strong> avrebbe margini di errore assolutamente ridicoli. Il problema più grave, però, non è tanto <strong>la</strong> stima delle probabilità: è, piuttosto, l’uso che <strong>la</strong> nostra ragione tende a farsene. <strong>Come</strong> l’esigenza, di cittadini e politici, di avere sempre e solo situazioni “a rischio zero” (che ovviamente sono del tutto impossibili) o l’ingannevole valutazione istintiva delle probabilità, che rende i numeri ritardatari tanto appetibili e i venditori di schemi sicuri (per vincere a Lotto, Roulette e Superenalotto) tanto ricchi. Di tutto questo parleremo. Molto spesso scherzando, ma sempre con qualche sottofondo di verità: è matematica, perbacco!! 9
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