Eterogestione e responsabilita` nella riforma societaria fra ... - Ipsoa
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n NUMERO MONOGRAFICO .RIFORMA DELLE SOCIETÀ<br />
Società per azioni<br />
<strong>Eterogestione</strong> e responsabilità<br />
<strong>nella</strong> <strong>riforma</strong> <strong>societaria</strong><br />
<strong>fra</strong> aperture ed incertezze:<br />
una prima riflessione<br />
di MATTEO RESCIGNO (*)<br />
Ordinario di diritto commerciale internazionale nell’Università CattolicadelSacroCuore<br />
Le regole sulla responsabilità da eterogestione si collocano su quattro livelli, attinenti: a) alla responsabilità<br />
del socio che abbia deciso o autorizzato una atto gestorio dannoso; b) a qualsiasi soggetto che<br />
eserciti una attività di direzione e controllo; c) sempre nell’ambito della responsabilità da eterogestione<br />
di gruppo, a chi, pur non esercitando direttamente l’attività di direzione e controllo, abbia preso parte o<br />
tratto vantaggio dall’atto lesivo; d) all’amministrazione di fatto, nei termini tradizionali nei quali oggi<br />
si identifica l’istituto.<br />
1. La responsabilità per la gestione delle società<br />
L’<br />
approvazione della <strong>riforma</strong> delle società di capitali,<br />
nel testo oggi noto del 30 settembre 2002,<br />
comporterebbe, certamente, significative e importanti<br />
novità - che, va subito detto, debbono apprezzarsi<br />
positivamente - nelle regole sulla responsabilità per<br />
la gestione delle società, anche con riferimento a ipotesi<br />
di responsabilità a carico di soggetti diversi dagli amministratori.<br />
La prima lettura del progetto, però, nonpuò<br />
non lasciare nell’interprete l’impressione che le scelte<br />
del legislatore finiscano per delineare un sistema incompiuto<br />
nell’individuazione dei presupposti della responsabilità<br />
e <strong>nella</strong> indicazione delle regole applicative: il che,<br />
indubbiamente, lascerà a giurisprudenza e dottrina un<br />
non lieve compito di supplenza, specie se si intenda valorizzare<br />
e non deprimere il significato delle novità legislative.<br />
Di queste aperture congiunte a incertezze si vuol<br />
brevemente dar conto in questo intervento.<br />
Come è noto, l’attuale diritto delle società di capitali regola<br />
espressamente solo la responsabilità degli amministratori<br />
per negligente gestione: il modello normativo è<br />
fissato negli artt. 2392 ss., che si applica anche alle altre<br />
società di capitali e si riferisce ai comportamenti dei soli<br />
amministratori legittimamente nominati. L’esperienza<br />
dottrinale e giurisprudenziale ha affrontato il tema della<br />
responsabilità per fatti di gestione in capo a soggetti diversi,<br />
con esiti differenti. Così, di recente, la Cassazione<br />
è giunta ad affermare l’estensione agli amministratori di<br />
fatto (e dunque con i limiti che derivano dalla rigorosa<br />
sussistenza dei presupposti della figura) degli artt. 2392<br />
ss.; ancora, con riferimento all’esercizio dei poteri di direzione<br />
unitaria, l’elaborazione della dottrina e della giurisprudenza<br />
- alla luce anche degli interventi normativi<br />
in tema di amministrazione straordinaria delle grandi<br />
imprese in crisi - ha ricostruito forme di responsabilità<br />
(e corresponsabilità) per la capogruppo e i suoi amministratori<br />
per le ingiustificate lesioni al patrimonio delle<br />
controllanti, volta a volta fondate sulla teorica dell’induzione<br />
all’inadempimento da parte degli amministratori<br />
della controllate (e conseguente responsabilità di quest’ultima<br />
ex art. 2049 c.c.), ovvero sulla costruzione di<br />
una responsabilità da controllo o da abuso di direzione<br />
unitaria a matrice legale.<br />
D’altro canto, la struttura proprietaria delle società italiane<br />
è caratterizzata, nelle imprese piccole, ma anche<br />
medio-grandi, da una rilevante concentrazione del pacchetto<br />
di controllo in genere di tipo familiare, e, comunque,<br />
anche nelle società a maggior diffusione del<br />
capitale, ricorrenti sono i patti di sindacato nei quali si<br />
formano spesso le decisione strategiche, anche attinenti<br />
alla gestione; altrettanto consueta è la notazione della<br />
diffusione della struttura di gruppo, in particolare a carattere<br />
piramidale, e così del fenomeno della gestione di<br />
Nota:<br />
(*) Intervento al Convegno di Alba del 23 novembre 2002, La <strong>riforma</strong><br />
delle società: corporate governance, principi imperativi ed autonomia statutaria.<br />
Il testo del decreto attuativo della <strong>riforma</strong> è stato, nelle more della stampa,<br />
approvato e pubblicato (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in G.U. 22<br />
gennaio 2003, n. 17, suppl. ord.).<br />
LE SOCIETA’ N. 2bis/2003 331
NUMERO MONOGRAFICO .RIFORMA DELLE SOCIETÀ n<br />
una società tramite l’esercizio, in forme diverse, della<br />
c.d. direzione unitaria.<br />
In una parola può dirsi frequente nell’attuale situazione<br />
un’allocazione del potere di assumere le scelte di gestione,<br />
quantomeno di quelle strategiche, sintetizzabile - è<br />
stato osservato - nell’aforisma inverso a quello che dovrebbe<br />
descrivere la realtà delle società a capitale diffuso:<br />
«strong owners, weak managers».<br />
È evidente dunque che la posizione di regole sulla responsabilità<br />
per mala gestio dei soggetti che, senza essere<br />
amministratori, concorrono alle scelte di amministrazione<br />
di una società è un problema che deve essere affrontato<br />
in modo esplicito ed efficiente in una <strong>riforma</strong> complessiva<br />
del diritto delle società di capitali: tanto più<br />
che uno dei segni forti della <strong>riforma</strong> che si annuncia è<br />
l’abolizione di ogni ostacolo sostanziale alla fruizione del<br />
beneficio della responsabilità limitata, anche da parte<br />
dei soci unici, sia per le società per azioni, sia per le società<br />
a responsabilità limitata. Ne viene dunque accresciuta<br />
l’esigenza che le regole sulla responsabilità, tassello<br />
di ultima istanza, ma non per questo meno importante,<br />
di un efficiente equilibrio <strong>fra</strong> sicurezza e controllo<br />
della gestione, abbiano la capacità di assicurare, <strong>nella</strong> situazione<br />
di ingiusta lesione patrimoniale alla società, alla<br />
società, aisocidiminoranzaeaiterzi(inparticolarei<br />
creditori), uno strumento efficace e indirizzabile verso<br />
tutti i soggetti che effettivamente abbiano «gestito»<br />
non correttamente e non diligentemente la società.<br />
2. L’eterogestione della società<br />
Il progetto di <strong>riforma</strong> ha il merito di affrontare in<br />
due luoghi esplicitamente il problema dell’eterogestione<br />
della società: il che rappresenta già un guadagno<br />
ermeneutico di non poco momento. La fattispecie<br />
esce, infatti, dall’ambito della ricostruzione derivante<br />
dai principi generali per acquisire una dignità specifica<br />
nell’ambito del diritto societario, aprendo così la strada<br />
a ricostruzioni interpretative più attente alla realtà degli<br />
assetti organizzativi societari e più vicine alle esigenze di<br />
tutela che la normativa sulla responsabilità è chiamata<br />
ad assolvere. Nel contempo, però, gli specifici interventi<br />
del legislatore appaiono, almeno a prima vista, non<br />
coordinati <strong>fra</strong> loro, inducendo alla tentazione di leggerli<br />
come interventi settoriali, applicabili solo nello specifico<br />
ambito di operatività e privi di una valenza sistematica<br />
generale: valenza che, per converso, credo debba esser<br />
riconosciuta, in linea di principio, alle regole che fissano<br />
parametri di responsabilità.<br />
I due luoghi dove il progetto di <strong>riforma</strong> prende in considerazione<br />
l’eterogestione sono:<br />
a) l’art. 2476, quinto comma, in tema di responsabilità<br />
limitata, ove si prevede che «sono solidalmente responsabili<br />
con gli amministratori, ai sensi dei precedenti commi, i<br />
soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento<br />
di atti dannosi per la società, isocioiterzi»;<br />
b) l’art. 2497 (ma, in realtà, l’intero capo IX) in tema<br />
332 LE SOCIETA’ N. 2bis/2003<br />
di direzione e coordinamento di società, che prevede<br />
che «Chi, esercitando a qualsiasi titolo attività di direzione e<br />
coordinamento di società, agisce in violazione dei principi di<br />
corretta gestione <strong>societaria</strong> e imprenditoriale di queste, è direttamente<br />
responsabile nei confronti dei loro soci per la lesione<br />
cagionata al diritto all’utile ed al diritto alla valorizzazione<br />
della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei<br />
creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio<br />
della società». Viene inoltre specificato che l’azione<br />
così descritta «non pregiudica il diritto della società al risarcimento<br />
del danno ad essa cagionato e non è pregiudicata<br />
dalla rinuncia o transazione da parte della società».<br />
Le due norme pongono, con chiarezza, regole di responsabilità<br />
da (cattiva) gestione a carico di soggetti diversi<br />
dagli amministratori delle società; la prima, addirittura,<br />
fissa una regola di responsabilità solidale dei soci con gli<br />
amministratori. Naturalmente le due norme non coprono<br />
la stessa fattispecie, ed anzi il loro coordinamento sistematico<br />
è già una prima sfida per l’interprete; peraltro<br />
se un trait d’union vuol ravvisarsi sta appunto nel fatto<br />
che esse offrono un importante spunto per la ricostruzione<br />
di un sistema generale della responsabilità di gestione<br />
a carico dei soggetti che, non essendo amministratori,<br />
influiscono però sulla gestione della società.<br />
Conviene dunque, pur nei limiti di una prima riflessione,<br />
svolgere anzitutto qualche considerazione sulle due<br />
disposizioni isolatamente considerate, per poi provare a<br />
svolgere qualche ipotesi di ricostruzione sistematica.<br />
3. Responsabilità deisocidis.r.l.chepartecipano<br />
alla gestione<br />
L’<br />
art. 2476, quinto comma, si inserisce certamente<br />
nel quadro generale della <strong>riforma</strong> del tipo<br />
s.r.l.: non è infatti difficile ravvisare <strong>nella</strong> disposizione<br />
un ideale pendant della possibile apertura, in via<br />
statutaria, a competenze di tipo gestorio affidate ai soci,<br />
sia intesi collettivamente e così in sede assembleare (v.<br />
art. 2479, n. 5), sia per virtù dell’attribuzione di diritti<br />
particolari ex art. 2468. Peraltro tale collegamento non<br />
deve essere sopravvalutato: infatti, la regola di responsabilità<br />
funziona anche in assenza dell’esercizio dell’autonomia<br />
statutaria nell’ambito dell’allocazione in capo ai<br />
soci di poteri in tema di amministrazione della società.<br />
Ciò impone di attribuire alla norma una valenza più generale<br />
e così - se proprio si vuol ravvisare una spiegazione<br />
tipologica al suo inserimento - di riconoscerle il ruolo<br />
di risposta generale ad un fenomeno, comune e sentito<br />
nelle piccole e medie imprese, costituito dall’ingerenza<br />
dei soci nelle scelte gestionali; ingerenza sistematica<br />
nell’ipotesi di società unipersonali, di cui si è già rammentata<br />
l’assoluta liberalizzazione in sede di costituzione.<br />
In realtà, la regola appare come la prima chiara espressione<br />
normativa dell’esistenza di un dovere fiduciario<br />
del socio verso la società intuttiicasiincui,difatto,<br />
eserciti un’influenza <strong>nella</strong> gestione; dovere fiduciario - e
n NUMERO MONOGRAFICO .RIFORMA DELLE SOCIETÀ<br />
questo è altro dato chiaro contenuto <strong>nella</strong> norma - assimilato<br />
a quello degli amministratori, con i quali sono<br />
solidalmente responsabili. Di poi la norma è sufficientemente<br />
netta nel fissare il presupposto della responsabilità<br />
nel fatto che il socio abbia assunto la decisione dell’atto<br />
dannoso ovvero l’abbia autorizzata: mentre l’avverbio<br />
«intenzionalmente» appare del tutto pleonastico<br />
nell’identificazione del presupposto della fattispecie (essendo<br />
una decisione o un’autorizzazione sempre intenzionale<br />
e non potendosi seriamente, pena la vanificazione<br />
della norma, intendersi l’intenzionalità come riferita<br />
ad un animus nocendi), la norma non richiede alcuna serialità<br />
o sistematicità dell’attività gestoria del socio, potendo<br />
la sua responsabilità essere ricollegata anche ad<br />
un solo atto dannoso. Un primo risultato che può,<br />
quindi, trarsi dal tenore della norma sta nel fatto che<br />
oggi appare del tutto superfluo ricorrere alla figura dell’amministratore<br />
di fatto per attrarre il socio nell’ambito<br />
della responsabilità da mala gestio, potendo l’attore in responsabilità<br />
limitarsi a dimostrare che il socio decise o<br />
autorizzò l’atto dannoso.<br />
Va, per converso, subito segnalato che la norma non<br />
chiarisce una serie di punti rilevanti per la concreta applicazione<br />
della regola. E così:<br />
a) non è espressamente estesa alla responsabilità del socio<br />
la disciplina sulla legittimazione prevista per l’azione<br />
sociale di responsabilità verso gli amministratori. La solidarietà<br />
<strong>nella</strong> responsabilità elasostanzialeassimilazione<br />
<strong>fra</strong> socio e amministratore con riguardo ai presupposti<br />
della responsabilità impone a mio avviso l’estensione<br />
della regola della legittimazione individuale del singolo<br />
socio alla proposizione dell’azione di responsabilità contro<br />
il socio: altrimenti detto il socio potrà certamente<br />
agire in responsabilità, per far valere la loro responsabilità<br />
risarcitoria verso la società, congiuntamente contro<br />
gli amministratori e il socio (o i soci) che abbiano deciso<br />
o autorizzato l’atto dannoso;<br />
b) non sono previste regole in tema di prescrizione ovvero<br />
di onere probatorio gravante sull’attore in responsabilità.<br />
Èprevedibile il futuro affannarsi degli interpreti<br />
sulla tradizionale querelle in ordine alla natura contrattuale,<br />
legale o extracontrattuale della responsabilità del<br />
socio; l’elemento della solidarietà è significativo ma non<br />
decisivo ai fini della qualificazione della responsabilità<br />
del socio come contrattuale, conoscendo i principi civilistici<br />
la possibilità della solidarietà a diverso titolo nell’obbligazione<br />
risarcitoria; conduce invece alla qualificazione<br />
in chiave contrattuale della responsabilità l’accenno<br />
sopra svolto ad una sorta di dovere fiduciario del socio<br />
che partecipi, a qualsiasi titolo, alla gestione come<br />
fonte della responsabilità prevista dalla norma, che dunque<br />
troverebbe le sue radici nel contratto di società e<br />
nel fascio di diritti e obblighi che fanno capo al socio<br />
in ragione della sua partecipazione alla società, enon<br />
tanto ad una sua veste di «terzo» il cui comportamento<br />
potrebbe esser qualificato solo come illecito civile. Se<br />
questa dovesse esser la ricostruzione preferibile potrebbe-<br />
ro certamente applicarsi l’art. 2949 c.c. e le regole sull’onere<br />
della prova in materia di responsabilità; piùproblematico<br />
sarebbe il coordinamento con le regole sulla sospensione<br />
e sull’esercizio in sede fallimentare di tale<br />
azione di responsabilità, anche se mi sembra indubbio<br />
che se anche il legislatore non coordinasse l’art. 146<br />
l.fall. con le nuove regole in tema di responsabilità degli<br />
amministratori il trasferimento integrale in capo al curatore<br />
della legittimazione al promuovere tali azioni dovrebbe<br />
essere affermato dall’interprete.<br />
4. Responsabilità per l’esercizio di attività<br />
di direzione e coordinamento<br />
La regola dell’art. 2497 pone anch’essa una previsione<br />
volta a sancire la responsabilità da eterogestione<br />
nell’ambito del gruppo di società. Laformulazione<br />
della norma è opportunamente ampia quanto<br />
ai presupposti soggettivi di applicazione: essa infatti<br />
non pone alcun limite soggettivo all’estensione della responsabilità<br />
riferendosi a chiunque e a qualsiasi titolo<br />
eserciti una attività di direzione e coordinamento di società.<br />
Da questo punto di vista può immediatamente osservarsi<br />
come il legislatore mostri di voler superare una nozione<br />
di responsabilità ancorata allo status di «controllante»,<br />
per concentrarsi sull’effettivo compimento di una<br />
attività di direzione e controllo. I soggetti «controllanti»<br />
ex art. 2359, o i soggetti tenuti al consolidamento vengono<br />
presi in considerazione solo ai fini della posizione<br />
di una presunzione relativa di esercizio di attività di direzione<br />
e coordinamento, ma non esauriscono certo il<br />
novero dei soggetti suscettibili di ricadere <strong>nella</strong> responsabilità<br />
in questione.<br />
Ciò implica anzitutto che la relazione di partecipazione,<br />
diretta o indiretta, al capitale della società eterodiretta o<br />
coordinata non è affatto un presupposto della responsabilità<br />
fissata nell’art. 2497; che non v’è alcuna limitazione<br />
della ricorrenza di tale figura alle sole persone giuridiche,<br />
ma che essa può esser ravvisata anche in capo a<br />
soggetti persone fisiche; che non v’è alcuna ragione per<br />
postulare una necessaria - mi sia passato il brutto termine<br />
- «solitarietà» dell’esercizio di tale attività lasciando<br />
invece la formulazione della norma intendere che la<br />
stessa possa esser congiuntamente esercitata da più soggetti.<br />
Ipotesi questa che, intuitivamente, è suscettibile<br />
di trovare applicazione a fattispecie di estremo interesse,<br />
come ad esempio la possibilità di ravvisare esercizio di<br />
attività di direzione e coordinamento in capo ai partecipanti<br />
di un patto di sindacato di controllo di una società<br />
(questodatoègià stato sottolineato in un recente intervento<br />
dell’economista Messori), ovvero in capo a<br />
amministratori o anche grandi manager della società<br />
controllante preposti appunti all’attività di direzione e<br />
coordinamento delle controllate o di taluna di esse, potendo<br />
coesistere responsabilità <strong>nella</strong> società controllante<br />
LE SOCIETA’ N. 2bis/2003 333
NUMERO MONOGRAFICO .RIFORMA DELLE SOCIETÀ n<br />
e del soggetto suo amministratore che materialmente<br />
ponga in essere tale attività.<br />
Insomma, almeno stando alla formulazione letterale della<br />
norma non si ravvede alcun limite soggettivo alla responsabilità<br />
in questione, se non quella della prova per<br />
cui quel soggetto abbia effettivamente esercitato (ovvero<br />
si presuma abbia esercitato nei casi previsti dall’art.<br />
2497 sexies) l’attivitàdi direzione e coordinamento.<br />
Del resto se mai qualche dubbio potesse residuare nell’interprete<br />
su una lettura così allargata dei soggetti nei<br />
cui confronti può essere esperita l’azione di responsabilità,<br />
esso viene fugato subito dal secondo comma della<br />
norma che pone la responsabilità solidale di chiunque<br />
abbia preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio<br />
conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio:<br />
formula questa che rivela l’intenzione ferma del<br />
legislatore di coinvolgere <strong>nella</strong> responsabilità chiunque<br />
abbia, in modo lesivo per la società, partecipato all’eterogestione<br />
di gruppo.<br />
Naturalmente la portata della regola di responsabilità da<br />
eterogestione di gruppo si misurerà proprio sulla lettura<br />
che in sede applicativa verrà data a questa locuzione: se<br />
l’ormai inequivoca posizione di una regola di responsabilità<br />
non indurrà aletturepiùrestrittive, essa non necessariamente<br />
dovrà ravvisarsi in una sorta di gestione<br />
di fatto estesa ad ogni momento dell’amministrazione<br />
della società, ma si identificherà con l’assunzione delle<br />
scelte decisionali strategiche nei settori chiave della gestione<br />
sociale; con l’aggiunta, a mio avviso, che la responsabilità<br />
potrà concretizzarsi anche in caso di esercizio<br />
di direzione e coordinamento a carattere settoriale<br />
(penso ad esempio alla centralizzazione delle funzioni di<br />
tesoreria o finanziarie di gruppo) ovviamente legando la<br />
valutazione della violazione dei principi di corretta gestione<br />
<strong>societaria</strong> ed imprenditoriale allo specifico settore<br />
incuisièconcretizzata l’attività di direzione e coordinamento<br />
di società.<br />
Inconsueta, inoltre, sempre per restare ai presupposti del<br />
promuovimento di tale responsabilità l’identificazione<br />
della violazione sanzionata e cioè «la violazione dei<br />
principi di corretta gestione <strong>societaria</strong> ed imprenditoriale».<br />
A parte la notazione evidente ma significativa che<br />
la regola fuga ogni dubbio sul, peraltro già riconosciuto<br />
in giurisprudenza, principio del Konzernleitungspflicht, necessario<br />
corollario di una scelta legittimante l’attività di<br />
direzione e coordinamento spinta al punto di dare dignità<br />
normativa ed esimente da responsabilità ai c.d.<br />
vantaggi compensativi, vi è da chiedersi se tale locuzione<br />
- con una innovazione che sarebbe invero assai significativa<br />
- rappresenti qualcosa di differente dal tradizionale<br />
presupposto della responsabilità da negligente<br />
gestione, se cioè l’interprete oggi abbia a che fare con<br />
(e correlativamente abbia il dovere di ricostruire i termini<br />
di) una responsabilità da «scorretta» gestione che<br />
sia qualitativamente diversa dalla negligente gestione e<br />
che conservi, tale nuova espressione, l’eco dell’ormai<br />
334 LE SOCIETA’ N. 2bis/2003<br />
antica presunzione di «conflitto di interessi» delle scelte<br />
di gruppo<br />
Infine va notato che le norma sulla direzione e coordinamento<br />
di società sono trasversali a tutti i tipi di società,<br />
non essendo probabilmente lecita neppure una limitazione<br />
del soggetto leso alle società di capitali, potendo<br />
- ove accadesse per ipotesi remota - ipotizzarsi che soggetto<br />
leso da una non corretta gestione <strong>societaria</strong> e imprenditoriale<br />
sia una società di persone, o una società<br />
cooperativa o un consorzio.<br />
La norma, inoltre, si segnala per la pluralità di soggetti<br />
legittimati a far valere la responsabilità in questione e<br />
per la pluralità di presupposti che, a quanto pare, a seconda<br />
dei soggetti legittimati ad agire, varia. E così, se<br />
mal non si intende la lettera della norma abbiamo:<br />
a) l’azione promovibile dalla società la cui esistenza è<br />
indubbiamente scolpita nell’art. 2497, terzo comma,<br />
ove si precisa che l’azione individuale dei soci e dei creditori<br />
sociali non pregiudica il diritto al risarcimento del<br />
danno ad essa cagionato e non è pregiudicata dalla rinuncia<br />
o transazione della società. Formula <strong>nella</strong> quale,<br />
pur tacendosi della legittimazione formale alla promuovibilità<br />
di tale azione di responsabilità, sembra abbastanza<br />
chiaro che chi, esercitando a qualunque titolo attività<br />
di direzione e coordinamento di società, agiscein<br />
violazione dei principi di corretta gestione <strong>societaria</strong> ed<br />
imprenditoriale di queste è tenuto al risarcimento del<br />
dannocheadessaneconsegue;<br />
b) l’azione promuovibile da ogni singolo socio, con gli<br />
stessi presupposti di quelli previsti per l’azione sociale,<br />
ma limitata al recupero del danno derivante dalla lesione<br />
del diritto all’utile e al diritto alla valorizzazione della<br />
partecipazione sociale;<br />
c) l’azione dei creditori sociali, sempre basata sugli<br />
stessi presupposti e riferita ai danni derivanti dalla lesione<br />
cagionata all’integrità del patrimonio della società<br />
(con regole che difficilmente riesco a distinguere<br />
dal risarcimento che potrebbe chiedere la stessa società).<br />
La norma tace su una serie di problemi applicativi, peraltro<br />
già in parte richiamati trattando della responsabilità<br />
del socio di società a responsabilità limitata. Silente,<br />
ed ovviamente, sulla natura della responsabilità da direzione<br />
e coordinamento, la norma nulla dice sull’allocazione<br />
dell’onere della prova, sulla prescrizione, sull’esercitabilità<br />
in sede fallimentare di questa azione, specie<br />
con riguardo all’azione del singolo socio di cui potrebbe<br />
postularsi una permanente legittimazione individuale<br />
(così come oggi si afferma per la responsabilità per le<br />
obbligazioni sociali verso il diretto creditore da parte<br />
dell’amministratore che contravviene al divieto di compiere<br />
nuove operazioni), alla luce del fatto che l’ultimo<br />
comma dell’art. 2497 rende esplicito il trasferimento in<br />
capo al curatore solo per l’azione dei creditori della società<br />
soggetta ad altrui direzione e coordinamento. Pure<br />
si è detto sul silenzio del legislatore sulla legittimazione<br />
ad agire per l’azione sociale di responsabilità. Silenzidal
n NUMERO MONOGRAFICO .RIFORMA DELLE SOCIETÀ<br />
cui riempimento, è facile comprenderlo, può derivare<br />
l’effettività reale delle nuove regole di responsabilità da<br />
eterogestione.<br />
5. Conclusioni<br />
Se l’analisi delle due norme prese in considerazione<br />
ne ha rivelato principalmente i segni di apertura<br />
e novità, i silenzi appena menzionati vanno<br />
annoverati <strong>fra</strong> le incertezze del legislatore; e, pervero,<br />
queste non si arrestano a tali silenzi.<br />
In particolare deve considerarsi l’assenza di una norma<br />
identica all’art. 2476, terzo comma, per le società per<br />
azioni, quasi a voler dire che il socio di s.r.l. che decida<br />
o autorizzi una atto dannoso per la società è responsabile<br />
in solido con gli amministratori e il socio di s.p.a.<br />
che faccia altrettanto vada esente da ogni responsabilità.<br />
Di poi, unito al silenzio sulla legittimazione ad agire per<br />
responsabilità da eterogestione, deve rammentarsi che<br />
<strong>nella</strong> s.r.l. scompare l’azione di responsabilità, anche<br />
verso gli amministratori, ad opera dei creditori sociali<br />
(oltre alla segnalazione sul piano generale dell’asimmetria<br />
<strong>fra</strong> legittimazione individuale del socio all’azione di<br />
responsabilità e transigibilità o rinunziabilità con il voto<br />
che non abbia la contrarietà del dieci per cento del capitale<br />
sociale).<br />
Infine va registrata, sempre sul piano generale, la possibile<br />
attenuazione del parametro generale di responsabilità<br />
per violazione del divieto di nuove operazioni in caso<br />
di scioglimento della società dovuto alla congiunta considerazione<br />
dell’ambigua formulazione della norma in tema<br />
di operatività delle cause di scioglimento di cui è<br />
dubbia la sopravvivenza del principio dell’efficacia di diritto<br />
e dell’apertura del concetto di nuove operazioni<br />
ammissibili, principi la cui attuale importanza nel sistema<br />
delle azioni di responsabilità, specie in sede fallimentare,<br />
incentrati quasi sistematicamente sulla violazione<br />
dell’art. 2449 c.c., è appena il caso di sottolineare.<br />
Naturalmente, anche le incertezze generali rifluiscono<br />
sulla portata delle regole sulla responsabilità da eterogestione,<br />
specie nel caso in cui questa venga costruita come<br />
responsabilità solidale con gli amministratori.<br />
Credo peraltro - e naturalmente con l’apoditticità eproblematicità<br />
che può caratterizzare un intervento di prima<br />
riflessione - che qualche interessante spunto di riempimento<br />
dei silenzi delle incertezze del legislatore possa<br />
proprio venire da una considerazione sistematica delle<br />
due ipotesi di responsabilità da eterogestione sopra brevemente<br />
tratteggiate. In particolare va rilevato che:<br />
a) in entrambe le ipotesi la relazione <strong>fra</strong> socio «gestore»<br />
esocietàesoggettocheesercital’attivitàdi direzione e<br />
coordinamento di una società esce dal piano della relazione<br />
extracontrattuale per entrare a pieno titolo dell’ambito<br />
di una responsabilità anaturacontrattualee<br />
comunque basata sulla sussistenza di un dovere fiduciario<br />
dei soggetti responsabili allorquando essi valichino<br />
la soglia della partecipazione alle scelte di gestione, vuoi<br />
come socio vuoi nell’esercizio di direzione e coordinamento<br />
di una società di non compiere atti lesivi della<br />
società o contrari alla corretta gestione <strong>societaria</strong> e imprenditoriale.<br />
Mi sembra cioè che si assista della presa<br />
d’atto da parte del legislatore del fatto che il socio o chi<br />
esercita l’attività di direzione e coordinamento di società<br />
non possano esser considerati, <strong>nella</strong> connotazione della<br />
struttura e delle regole di responsabilità come un «accidente»<br />
esterno paragonabile ad un qualunque comportamento<br />
illecito di un terzo; nel momento in cui, con<br />
sicurezza lecitamente per l’ipotesi di direzione e coordinamento,<br />
ma in realtà anche per quel che concerne la<br />
partecipazione del socio, l’attività gestoria venga svolta<br />
o influenzata da questi soggetti dagli stessi si esige lo<br />
stesso standard di comportamento degli amministratori<br />
ecosìlo stesso trattamento in chiave di responsabilità.<br />
Venga essa qualificata responsabilità contrattuale ovvero<br />
responsabilità «legale» credo che essa comunque discenda<br />
dal rapporto sociale, inteso in senso allargato alla<br />
realtà di gruppo;<br />
b) la veloce riflessione ora svolta credo possa avere non<br />
trascurabili conseguenze sul piano interpretativo. Credo,<br />
così, che tale riflessione che possa rappresentare una solida<br />
base per affermare che non v’è ragione di non<br />
estendere anche alle società per azioni la regola dell’art.<br />
2476, terzo comma, non riuscendosi a ravvisare alcuna<br />
ragione giustificativa della differenza di trattamento <strong>fra</strong><br />
un socio di s.r.l. e un socio di s.p.a. e del fatto che <strong>nella</strong><br />
s.p.a. non debba ravvisarsi l’insorgere di un dovere fiduciario<br />
del socio verso la società nelmomentoincuisia<br />
il socio a decidere o autorizzare un atto di gestione che<br />
si riveli dannoso e suscettibile di comportare responsabilità<br />
in capo agli amministratori. Il tutto senza contare<br />
che la generale regola dell’art. 2497 si applica certamente<br />
anche ai soci della società sottoposta a direzione e<br />
coordinamento così che il socio di s.p.a risponderebbe<br />
della violazione della sua attività gestoria compiuta nell’ambito<br />
dell’attività di direzione e coordinamento, ma<br />
non degli specifici atti di gestione da lui decisi o autorizzati;<br />
ciò invece graverebbe sul socio di s.r.l.;<br />
c) se è corretta la ricostruzione delle regole sull’eterogestione<br />
sopra indicata ritengo possa discenderne l’applicabilità<br />
anche a tale azione di responsabilità delle stesse<br />
regole di legittimazione ad agire previste per l’azione sociale<br />
di responsabilità verso gli amministratori. E così la<br />
legittimazione individuale o dei soci di minoranza a seconda<br />
del caso che si tratti di atto di gestione deciso o<br />
autorizzato da socio di s.r.l. o di s.p.a., ovvero a seconda<br />
chelasocietàsoggetta ad attività di direzione e coordinamento<br />
sia una s.r.l. o una s.p.a;<br />
d) la ricostruzione in termini di responsabilità derivante<br />
dal contratto sociale in capo al gestore esterno nei casi<br />
ora evidenziati consente una allocazione degli oneri probatori<br />
coerente con i parametri della responsabilità contrattuale.<br />
L’attore dovrà provare il comportamento previsto<br />
dalla norma perché si abbia responsabilità (decisio-<br />
LE SOCIETA’ N. 2bis/2003 335
NUMERO MONOGRAFICO .RIFORMA DELLE SOCIETÀ n<br />
ne o autorizzazione dell’atto dannoso; violazione dei<br />
principi di corretta gestione <strong>societaria</strong> e imprenditoriale<br />
nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento;<br />
danno conseguente alla violazione); spetterà al convenuto<br />
offrire la prova dell’assenza di colpa e soprattutto<br />
per quel che riguarda la responsabilità da eterogestione<br />
di gruppo la prova della presenza del c.d. vantaggio<br />
compensativo che esclude la responsabilità. Non può<br />
non sottacersi, comunque, che specie <strong>nella</strong> responsabilità<br />
di direzione e coordinamento sarebbe (stato) opportuna<br />
utilizzare esplicitamente una regola ampia di inversione<br />
dell’onere della prova nel senso che dimostrata la<br />
derivazione di un danno da una operazione avvenuta in<br />
costanza di esercizio di attività di direzione e coordinamento<br />
spetti alla società che esercita tale attività dimostrare<br />
che la stessa corrisponde a principi di corretta gestione<br />
<strong>societaria</strong> e imprenditoriale. Quanto alla prescrizione<br />
credo debba essere applicata analogicamente la<br />
sua sospensione fintanto che il socio resti tale ovvero il<br />
soggetto eserciti l’attività di direzione e coordinamento.<br />
Sotto il profilo della legittimazione post-fallimentare<br />
credo sia indubbio che essa spetti in via esclusiva al curatore;<br />
e) la coordinata lettura delle norme qui brevemente<br />
tratteggiate mostra come oggi le regole sulla responsabilità<br />
da eterogestione si collochino su quattro livelli:<br />
– il primo attinente alla responsabilità del socio che abbia<br />
deciso o autorizzato una atto gestorio dannoso: responsabilità<br />
che non richiede alcuna sistematicità dell’intervento,<br />
che può ricollegarsi anche ad una attività<br />
episodica di partecipazione alla gestione e che può, ovviamente,<br />
coinvolgere contemporaneamente più soci<br />
che concordemente abbia deciso o autorizzato l’atto di<br />
gestione rivelatosi dannoso;<br />
336 LE SOCIETA’ N. 2bis/2003<br />
– il secondo esteso a qualsiasi soggetto che eserciti una<br />
attività di direzione e controllo, non necessariamente<br />
identificantesi con una sorta di amministrazione sistematica<br />
di fatto ma riscontrabile anche <strong>nella</strong> costante<br />
avocazione o nell’indirizzo delle scelte strategiche nei<br />
settori chiave per l’attività della società, ogni qualvolta<br />
che tale attività sfoci in una non corretta gestione imprenditoriale<br />
o <strong>societaria</strong>;<br />
– il terzo, sempre nell’ambito della responsabilità da eterogestione<br />
di gruppo, che tocca anche chi, pur non<br />
esercitando direttamente l’attività di direzione e controllo<br />
abbia preso parte o tratto vantaggio dall’atto lesivo;<br />
– il quarto quello relativo all’amministrazione di fatto,<br />
nei termini tradizionali nei quali oggi si identifica l’istituto<br />
e che peraltro si fa fatica a distinguere da una responsabilità<br />
da eterogestione da direzione e coordinamento,<br />
volta che l’amministratore di fatto ha una intromissione<br />
<strong>nella</strong> gestione della società di portata che trascende<br />
ampiamente la direzione e coordinamento della<br />
società. Uno spazio autonomo di rilevanza della figura<br />
potrebbe però esser ritrovato nel fatto che comunque<br />
l’amministratore di fatto si sostituisce, in realtà, all’amministratore<br />
e non si affianca allo stesso nell’esercizio di<br />
una attività di direzione e coordinamento: dunque, per<br />
fare un esempio, non sarebbe, a mio avviso meritevole<br />
di fruire dell’esenzione da responsabilità in nome della<br />
sussistenza di vantaggi compensativi che presuppongono<br />
appunto una partecipazione della società ad una direzione<br />
e coordinamento istituzionali e non già ad una mera<br />
eterogestione meramente usurpativa o sostitutiva degli<br />
organi gestori, la cui responsabilità non può che essere<br />
misurata secondo le attuali regole della responsabilità civile<br />
dell’amministratore di fatto.