La leadership nell'imprenditoria femminile - Paolo Baffi Centre
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Tuttavia, permangano stereotipi e limiti che contribuiscono al mantenimento dei ruoli di genere<br />
tradizionali che limitano ed ostacolano le possibilità delle donne non solo di crescere nell’esperienza<br />
professionale, ma anche di partecipare alla vita economica della società. Spesso ciò accade sin dal livello<br />
micro, all’interno della famiglia attraverso il mancato riconoscimento del lavoro <strong>femminile</strong>, sia domestico<br />
sia extradomestico, come ‘lavoro vero’: il contributo al reddito famigliare da parte della donna è spesso<br />
inteso come un surplus accessorio, indipendentemente dall’effettiva entità della retribuzione percepita,<br />
mantenendo così il modello del male breadwinner.<br />
I vincoli legati alla differenza di genere che ostacolano la realizzazione professionale della donna si<br />
manifestano attraverso fenomeni come:<br />
- la segregazione orizzontale, che indica la distribuzione, maschile e <strong>femminile</strong>, non omogenea nelle<br />
diverse attività produttive e si manifesta con l’ingresso e la concentrazione delle donne nel mondo del<br />
lavoro in alcuni ambiti lavorativi (sex typing);<br />
- la segregazione verticale, che indica una disomogeneità nella distribuzione gerarchica tra donne e<br />
uomini;<br />
- lo svantaggio retributivo, che vede un trattamento economico differente per eguale mansione svolta<br />
da uomini e donne;<br />
- la segregazione intraoccupazionale, che rappresenta una segregazione informale delle mansioni<br />
effettivamente svolte, per esempio l’assegnazione di compiti più o meno prestigiosi.<br />
Particolare attenzione merita il fenomeno della segregazione verticale, identificato anche con<br />
l’espressione anglosassone glass ceiling, che indica quell’insieme di barriere invisibili contro cui, al pari di<br />
un soffitto di vetro, le donne si scontrano quando intendono sviluppare le proprie prospettive di carriera,<br />
salendo la scala gerarchica all’interno di un’organizzazione, e che quindi blocca la loro mobilità verso l’alto<br />
(Davidson e Cooper, 1992).<br />
A. Cancedda e L. D’Andrea (1996) identificano cinque categorie di fattori segreganti:<br />
1. Fattori antropologici, derivanti dall’incompatibilità tra carriera professionale e alcuni tratti radicati<br />
nella storia del genere <strong>femminile</strong>, come l’orientamento alla cura familiare e l’attenzione alle relazioni<br />
umane. Si possono distinguere fattori endogeni, come l’estraneità alla concezione culturale maschile di<br />
potere, la riluttanza a rinunciare al tempo dedicato a sé e alla propria famiglia, e fattori esogeni, tra cui<br />
spiccano le limitazioni derivanti dalla difficoltà di conciliazione famiglia-lavoro: orari inadeguati,<br />
mancanza di servizi, elevate responsabilità in entrambi gli ambiti.<br />
2. Fattori socio-culturali, che nascono dalla presenza di stereotipi o pregiudizi sulle donne dirigenti<br />
(come la presentazione della donna manager in chiave caricaturale, sottolineandone nevrosi e<br />
insoddisfazione verso la vita privata) che tendono a scoraggiarle o escluderle dai percorsi di carriera. Si<br />
rileva inoltre la presenza di reti di relazione informali necessarie per accedere a posizioni di alto livello e<br />
dalle quali le donne tendono ad essere escluse. Da sottolineare anche la scarsa solidarietà <strong>femminile</strong><br />
all’interno delle medesime professioni o organizzazioni.<br />
3. Fattori socio-economici, relativi all’accessibilità a risorse e opportunità materiali ed immateriali<br />
necessarie per intraprendere un itinerario sociale ascendente, come l’accesso al credito, alle informazioni, al<br />
capitale sociale e la tendenza ad incanalare le risorse intellettuali delle giovani generazioni in base al<br />
genere: le ragazze vengono maggiormente orientate agli studi umanistici, i ragazzi verso quelli scientificotecnologici.<br />
4. Fattori psicologici, che originano atteggiamenti di auto-limitazione da parte delle donne stesse in<br />
presenza di opportunità di carriera o in seguito a stress psicologico. Tra i fattori rilevanti si registra un<br />
diffuso senso di colpa, nella maggior parte dei casi connesso con la sensazione di delegare le proprie<br />
responsabilità familiari e materne, e una frequente carenza di auto-legittimazione all’esercizio di potere.<br />
5. Fattori fisiologici, circoscrivibili alla maternità, identificata come fattore fortemente vincolante in<br />
virtù dell’allontanamento dal lavoro che esso comporta.<br />
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