03 Musica strumentale barocca - Fabiosartorelli.Net
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La musica <strong>strumentale</strong><br />
nel XVII secolo
Girolamo Frescobaldi (1583– 1643) è il primo compositore<br />
di rilievo ad aver legato la propria fama ad una produzione<br />
quasi esclusivamente <strong>strumentale</strong> (la sua prima<br />
pubblicazione, però, consistette in un volume di madrigali<br />
polifonici, secondo le consuetudini dell’epoca).<br />
Gli impieghi stabili da lui ricoperti lo videro sempre alla<br />
tastiera dell’organo: organista a Ferrara, poi a Roma dove<br />
nel 1608 venne assunto come organista della Cappella<br />
Giulia in San Pietro, incarico che mantenne fino alla morte.<br />
La produzione di Girolamo Frescobaldi per strumenti a<br />
tastiera si distribuisce su tre versanti:<br />
a) quello più strettamente contrappuntistico (fantasie,<br />
canzoni, ricercari), riconducibile a quello della prima<br />
pratica;<br />
b) quello toccatistico, ovvero improvvisativo,<br />
c) quello basato su bassi ostinati (sopra i quali Frescobaldi<br />
costruisce affascinanti serie di variazioni, chiamate<br />
Partite) o forme di danza, riconducibili entrambi alla<br />
seconda pratica.
L’apporto più decisivo di Frescobaldi è stato però nel<br />
genere della toccata, al quale Frescobaldi dedicò<br />
due libri: il primo del 1615 (Toccate e partite<br />
d’intavolatura di cimbalo), il secondo del 1627.<br />
Con le Toccate il progetto di Frescobaldi era quello<br />
di ricreare con uno strumento a tastiera quei<br />
molteplici “affetti cantabili” che i “madrigali<br />
moderni” producevano con tanta efficacia e varietà;<br />
in altre parole si trattava di introdurre la rivoluzione<br />
monteverdiana della “seconda prattica” anche<br />
all’interno della musica <strong>strumentale</strong>.
Avvertimenti alla seconda edizione del Primo<br />
Libro di Toccate (1616)
Ecco gli<br />
“Avvertimenti”<br />
completi
Audio
La prima edizione (1615) delle Toccate di Frescobaldi<br />
comprendeva, oltre a dodici Toccate, otto Partite sopra Rugiero e<br />
dodici sopra la Romanesca e sei sopra la Monicha. Si tratta di<br />
serie di variazioni in cui affiora una peculiarità frescobaldiana<br />
nell’uso della tecnica variativa: ossia non più semplice<br />
arricchimento melodico del tema (addizione) ma struttura<br />
cumulativa in cui ciascuna comparsa del tema è funzionale a un<br />
progetto architettonico più ampio.<br />
Tale concezione si concretizzerà compiutamente con le Cento<br />
partite sopra gli passacagli uno dei vertici della letteratura<br />
clavicembalistica di ogni tempo.<br />
Frescobaldi sembra essere il primo autore ad aver basato<br />
interamente una composizione <strong>strumentale</strong> autonoma su bassi<br />
ostinati.
L’ultima delle raccolte complete pubblicate durante la vita di<br />
Frescobaldi fu quella dei Fiori <strong>Musica</strong>li (1635).<br />
Si tratta di un compendio di tutti i generi di musica tastieristica<br />
che il ferrarese aveva coltivato lungo l’intera vita: toccata,<br />
canzone, capriccio, ricercare e versetti per organo.<br />
I Fiori contengono musiche organistiche destinate all’uso<br />
liturgico distribuite in tre messe: della domenica, degli apostoli<br />
e della Madonna.<br />
Lo schema che segue mostra il contenuto e la collocazione<br />
liturgica delle composizioni comprese nella Messa degli<br />
apostoli.<br />
Nelle sezioni Kyrie/Christe di ciascuna delle tre messe l’autore<br />
utilizza le melodie gregoriane relative o come cantus firmus a<br />
valori lunghi, oppure come fonte del materiale tematico<br />
imitativo (vedi schema seguente).
Altri generi di musica <strong>strumentale</strong><br />
Abbiamo visto come la musica <strong>strumentale</strong> del Cinquecento fosse tendenzialmente<br />
legata a quella vocale.<br />
Già però nel corso dello secolo vediamo numerosi esempi svincolati da questa, quali<br />
le Danze e la Sonata.<br />
<strong>Musica</strong> per la danza<br />
Per secoli la musica per la danza era stata trasmessa oralmente, essendo affidata a<br />
esecutori che improvvisavano su moduli musicali tradizionali.<br />
Nel corso del Cinquecento si fa strada la tendenza ad abbinare danze lente e veloci,<br />
come nel caso della pavana e della gagliarda.<br />
Questa tendenza si acutizzò nel corso del Seicento fino alla nascita di vere e proprie<br />
Suites ossia “successioni” di danze (generalmente tre o più), alternativamente lente<br />
e veloci o viceversa, unificate dall’uso di una medesima tonalità.
Fino a pochi anni fa si attribuiva al compositore tedesco, allievo di Frescobaldi,<br />
Johann Jakob Froberger (Stoccarda, 18 maggio 1616 – Héricourt, 7 maggio 1667) il<br />
merito di aver ordinato le danze della Suite nello schema divenuto classico:<br />
Allemanda<br />
Corrente<br />
Sarabanda<br />
Giga<br />
In realtà oggi sappiamo che non è così: basti dire che nelle sue trenta Suites solo in<br />
una l’organista tedesco ha disposto le quattro danze nell’ordine che abbiamo visto.<br />
Lo schema si affermerà solo dopo la morte del compositore.<br />
L’altro fattore importante è che nel corso del Seicento la Suite iniziò a suscitare<br />
l’interesse dei più importanti compositori : in tal senso è indicativo l’interesse<br />
dimostrato nei suoi confronti da Frescolbadi e Froberger.<br />
Ciò si spiega col fatto che in epoca <strong>barocca</strong> anche le classi più elevate si<br />
dimostravano interessate alla musica di danza. Il loro interesse, però, non si<br />
fermava alla sola musica scritta in funzione delle danze ma era esteso anche un uso<br />
più astratto della Suite, limitato cioè al solo ascolto. Nacque allora la suite artistica,<br />
svincolata cioè da un uso pratico ma in funzione di un nobile passatempo.
Cenni storici sulle principali danze della Suite<br />
ALLEMANDA Danza di probabile origine tedesca, di carattere processionale (il<br />
termine viene probabilmente dal tedesco Alewandler, “tutti marciano”), in tempo<br />
pari e moderato. In età <strong>barocca</strong> entrò a far parte della suite, della partita e della<br />
sonata da camera.<br />
L’allemanda viene solitamente danzata da una o più coppie (fino a quattro) in<br />
quadrato.<br />
COURANTE o CORRENTE Danza di origine italiana, in voga nei secoli XVI e XVII. Di<br />
carattere vivace, dapprima era in tempo binario, poi ternario, ed entrò a far parte<br />
della suite e della partita <strong>strumentale</strong>.<br />
Si distinsero un tipo di corrente francese, più contenuto nell’andamento, e uno<br />
italiano, di carattere più rapido ed impetuoso.
SARABANDA Danza di probabile origine orientale, apparsa in Spagna e poi diffusasi in<br />
Europa alla fine del secolo XVI.<br />
In tempo ternario, ebbe dapprima carattere sfrenato e licenzioso ed era ballata da sole<br />
donne, ma nel secolo XVII venne stilizzandosi in Francia e in Germania in una danza<br />
d’andamento lento e severo, sopra un caratteristico ritmo ternario che finì per imporsi<br />
come uno dei tempi della suite <strong>strumentale</strong>. Il carattere lento di questa danza favorì la<br />
nascita del double, ossia ripetizione fiorita di una stessa danza.<br />
GIGA o JIG Danza in tempo ternario e di andamento veloce, in uso nei secoli XVII e XVIII.<br />
Di origine forse irlandese (celtica), ebbe larga diffusione in tutta Europa, entrando a far<br />
parte della suite <strong>strumentale</strong>, di cui costituiva il tempo mosso finale.<br />
Dal tempo originale di 3/8 veloce derivarono in seguito le gighe nei tempi composti di<br />
6/8 e 12/8, i cui peraltro rimase caratteristica la suddivisione ternario del tempo.<br />
Una danza popolare denominata giga - e che non ha nulla a che fare con la forma colta -<br />
era diffusa nell’Appennino settentrionale, e sopravvive sporadicamente nell’Appennino<br />
pavese e bolognese.
A seconda dei Paesi la Suite venne denominata in modi diversi: in Germania è<br />
detta partiten (da "forma divisa in sezioni" oppure forma "ripartita") o anche<br />
partien; in Francia la Suite è detta anche ordre; in Inghilterra si parla di lessons o<br />
suites of lessons; in Italia sovente coincide con la Sonata da camera.<br />
In Francia prevalgono le suites di danze destinate a uno strumento solista: liuto o<br />
clavicembalo.<br />
Il più antico compositore di rilievo fu Champion de Chambonnières (1602 ca.-<br />
1672) al quale seguiranno alcuni tra i più brillanti clavicembalisti del tempo,<br />
come Louis Couperin (1626-1661) e Jean-Henri d'Anglebert (1628 ca. - 1691).<br />
François Couperin (1668-1733) fu il massimo compositore francese. L'originalità<br />
di Couperin (che con Rameau e Daquin (1694-1772) resero grande la fama della<br />
scuola clavicembalistica francese) risiede nelle opere per clavicembalo. In questo<br />
campo acquistò fama immediata. Couperin ha scritto in tutto 27 ordres, ossia<br />
raccolte assai estese di pezzi, che, accanto alle danze tradizionali della Suite,<br />
presentano brani descrittivi, riccamente ornati di appoggiature, trilli ecc. uniti dal<br />
vincolo dell'unica tonalità.
F. Couperin<br />
Premier livre (1713): Ordres 1 - 5<br />
1er ordre, sol m/sol M: Allemande L’auguste; Première courante; Seconde<br />
courante; Sarabande La majestueuse; Gavotte; La Milordine, gigue;<br />
Menuet (et double); Les silvains; Les abeilles; La Nanète; Les sentimens,<br />
sarabande; La pastorelle; Les nonètes (Les blondes, Les brunes); La<br />
bourbonnoise, gavotte; La Manon; L’enchanteresse; La fleurie, ou La<br />
tendre Nanette; Les plaisirs de St Germain en Laÿe<br />
2e ordre, re m/re M: Allemande La laborieuse; Premiere courante;<br />
Seconde courante; Sarabande La prude; L’Antonine; Gavote; Menuet;<br />
Canaries (avec double); Passe-pied; Rigaudon; La Charoloise; La Diane;<br />
Fanfare pour la suitte de la Diane; La Terpsicore; La Florentine; La Garnier;<br />
La Babet; Les idées heureuses; La Mimi; La diligente; La flateuse; La<br />
voluptueuse; Les papillons<br />
3e ordre, do m/do M: La ténébreuse, allemande; Premiere courante;<br />
Seconde courante; La lugubre, sarabande; Gavotte; Menuet; Les pélerines;<br />
Les laurentines; L’Espagnolète; Les regrets; Les matelotes provençales; La<br />
favorite, chaconne; La lutine
Audio
Couperin – Ascolti<br />
Baricades Mysterieuses pdf<br />
Audio Tharaud pf<br />
Le Tich– Toch – Choc pdf<br />
Video Sokolov
In Germania durante tutto il XVII secolo si produce molta musica per danza.<br />
Una delle più importanti raccolte di danze fu il Banchetto musicale di J.H.<br />
Schein (1586-1630) pubblicato a Lipsia nel 1617. Il Banchetto <strong>Musica</strong>le<br />
contiene venti suites in cinque parti: ogni suite consiste di una padouana,<br />
una gagliarda, una corrente e una allemanda con una tripla (una variazione<br />
in ritmo ternario dell'allemanda).<br />
Alcune Suite sono costruite su un'idea melodica che ricorre in ogni danza in<br />
forma variata; in altre suite invece, l'idea melodica vi compare solo come un<br />
accenno.<br />
Tutte le danze di una Suite sono legate fra loro dal vincolo della tonalità.<br />
Altri compositori: Isaac Posch compone Suites di 4 e 5 danze; Neubaur<br />
adotta invece una Suite a 6 movimenti, oltre al già citato Froberger.
La Sonata<br />
Fin dal 1500 il termine Sonata s’impone per tutto quel repertorio musicale<br />
destinato agli strumenti.<br />
Un brano da “sonar” è, nello specifico, un brano la cui destinazione esula<br />
completamente dall’ambito vocale. Paradossalmente, però, questo termine<br />
risulta interscambiabile con l’espressione – per noi più ambigua – di canzona<br />
o canzone da sonar.<br />
Verso il 1600 – 1630, però, canzona da sonar e Sonata, andarono sempre più<br />
differenziandosi poiché divennero appannaggio di due diverse categorie di<br />
compositori: la canzona da sonar era preferita dai compositori organisti,<br />
mentre la Sonata dai compositori violinisti. Sicché la canzona da sonar, pur<br />
nella sua declinazione <strong>strumentale</strong>, mantenne contatti con la polifonia<br />
<strong>barocca</strong>, diventando un diretto antecedente della fuga per via della sua<br />
trama polifonica.<br />
La Sonata, invece, proprio perché libera da vincoli compositivi forti, divenne<br />
terreno privilegiato per lo sviluppo del virtuosismo <strong>strumentale</strong> con<br />
particolare riguardo alle tecniche violinistiche.
Nel corso del Seicento prende particolarmente piede la Sonata a tre, così<br />
chiamata in quanto scritta su tre pentagrammi: due per le parti acute, uno per il<br />
basso continuo.<br />
Di solito queste Sonate erano destinate a due violini e a una viola da gamba, che<br />
poteva essere raddoppiata o sostituita da uno o più strumenti per il basso<br />
continuo (arciliuto, cembalo ecc). Sappiamo tuttavia che non solo i tre archi<br />
potevano essere sostituiti da flauti, cornetti, oboi e fagotti ma che le singole<br />
parti potevano essere raddoppiate fino a prevedere una destinazione per<br />
piccola orchestra di questi brani.<br />
A fianco della Sonata a tre si sviluppa parallelamente la Sonata a due, ossia per<br />
strumento solo e basso continuo, detta anche Sonata a solo. Soprattutto questo<br />
tipo di Sonata diverrà terreno d’approfondimento del virtuosismo <strong>strumentale</strong>.<br />
Fra i primi compositori di Sonate all’inizio del Seicento ricordiamo Giovanni<br />
Paolo Cima e Biagio Marini che attraverso la loro produzione hanno sottolineato<br />
l’importanza della Lombardia e del Veneto nello sviluppo di questo genere.<br />
Più tardi (intorno alla metà del Seicento), avranno un ruolo guida le città di<br />
Modena e Bologna con Cazzati, Vitali, Bononcini, Torelli e soprattutto Arcangelo<br />
Corelli.
Verso la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, si affermano due modelli di<br />
Sonata, distinti sulla base di una diversa destinazione sociale:<br />
la Sonata da chiesa<br />
la Sonata da camera<br />
La Sonata da chiesa e quella da camera si distinguono, oltre per il fatto d’essere<br />
destinate rispettivamente alla chiesa e alla corte, anche per il numero di<br />
movimenti, per l’organico e per le tecniche compositive impiegate.<br />
Numero di movimenti<br />
La Sonata da chiesa è in quattro movimenti:<br />
a) un movimento lento<br />
b) un movimento veloce<br />
c) un movimento lento<br />
d) un movimento veloce<br />
esempio: Grave – Allegro – Adagio – Allegro
La Sonata da camera, invece, è in un numero variabile di movimenti, e questi<br />
movimenti ricalcano, assai liberamente, la struttura della Suite.<br />
Esempio: Allemanda– Corrente – Giga<br />
oppure: Allemanda – Gavotta – Giga<br />
o altri schemi possibili<br />
Organico<br />
L’organico varia soprattutto nello strumento impiegato per il basso continuo: nelle<br />
Sonate da chiesa questo strumento è l’organo, mentre in quelle da camera è di<br />
norma il clavicembalo.<br />
Tecniche compositive<br />
Le Sonate da chiesa presentano generalmente una scrittura più severa rispetto a<br />
quelle da camera. Le Sonate da chiesa mostrano infatti una ricchezza di spunti<br />
contrappuntistici assenti in quelle da camera. Va però sottolineato che, a dispetto<br />
della maggior severità di quelle da chiesa su quelle da camera, non è infrequente<br />
trovare anche nelle prime, dei veri e propri movimenti di danza non dichiarati<br />
(per es. dei rapidi movimenti finali in tempo composto, indicati con Presto o<br />
Allegro ma che nella realtà sono vere e proprie gighe).
Arcangelo Corelli (1653– 1713) costituisce un punto di riferimento imprescindibile<br />
sia riguardo al repertorio della sonata, sia per ciò che concerne il concerto grosso.<br />
La sua produzione è numericamente limitata e molto regolare nella sua<br />
organizzazione interna.<br />
1. sonate da chiesa op.1 1681<br />
2. sonate da camera op.2 1685<br />
3. sonate da chiesa op.3 1689<br />
4. sonate da camera op.4 1694<br />
5. sonate a violino e violone o cembalo op.5 1700<br />
6. concerti grossi op.6 1714
Sonata op. 2 n. 6
Audio
Audio
Corelli Sonata da chiesa op. 3 n. 2 Audio
Audio
Adagio
Allegro
Audio<br />
Corelli, Sonata op. 2 n. 1<br />
Gavotta finale (la variazione è implicita)
Audio – Folia<br />
Corelli op. V n 12 Spartito completo
I Concerti Grossi<br />
E’ a Roma che vanno rintracciate le origini di un altro genere che dominò a<br />
fianco della sonata fra Sei e Settecento: il concerto grosso.<br />
Forse la sua origine va ricondotta alla pratica di eseguire gli oratori con<br />
compagini strumentali sempre più ampie, fin dal 1670. Gli oratori del<br />
compositore Alessandro Stradella, ci mostrano una divisione dell’organico in<br />
concertino (soli) e concerto grosso (tutti). Gli strumenti del concertino sono i<br />
medesimi di quelli della Sonata a tre, ovvero due violini e basso continuo; il<br />
concerto grosso, invece, ha una struttura a quattro parti destinate a violino,<br />
viola contralto, viola tenore e basso continuo.<br />
Al gruppo del concertino, polarizzato sulla tessitura più acuta, spettarono<br />
sempre più compiti virtuosistici. Inoltre, proprio la diversa consistenza numerica<br />
dei due gruppi, determinava un contrasto dinamico del tipo forte – piano già<br />
applicato alle canzoni policorali di Gabrieli.
Fra i più importanti compositori del tempo figura<br />
anche Arcangelo Corelli i cui dodici concerti grossi<br />
op. VI rispecchiano altresì la divisione sociologica<br />
imperante nella sonata a tre: i primo otto, infatti,<br />
sono da chiesa (con movimenti di carattere fugato),<br />
mentre gli ultimi quattro sono da camera (con<br />
movimenti in ritmo di danza).
Corelli, concerto grosso op. 6 n 3<br />
1. Largo – 2. Allegro – 3. Grave<br />
4. Vivace – 5. Allegro
La musica <strong>strumentale</strong> nell’età del barocco<br />
VIVALDI E IL CONCERTO SOLISTICO
Antonio Vivaldi (Venezia, 4 marzo 1678 – Vienna, 28 luglio 1741)<br />
La vita di Vivaldi è scarsamente documentata poiché nessun biografo si è<br />
occupato di ricostruirne gli episodi salienti prima del XX secolo. Numerose<br />
lacune ed inesattezze falsano ancora la sua biografia; alcuni periodi della sua<br />
vita rimangono completamente oscuri, come i molti viaggi supposti o<br />
realmente intrapresi in Italia e in Europa. Si è fatto riferimento dunque alle<br />
rare testimonianze dirette dell'epoca, in particolare quelle di Charles de<br />
Brosses, di Carlo Goldoni, dell'architetto tedesco Johann Friedrich Armand<br />
von Uffenbach che incontrarono il compositore.<br />
Altre notizie biografiche provengono da alcuni manoscritti e dai documenti di<br />
altra natura ritrovati in diversi archivi in Italia e all'estero. Per dare due<br />
esempi concreti: è soltanto nel 1938 che si è potuta determinare con<br />
esattezza la data della sua morte, sull'atto ritrovato a Vienna e nel 1963,<br />
quella della sua nascita identificando il suo atto di battesimo (prima, l'anno di<br />
nascita 1678 era soltanto una stima dedotta dalle tappe conosciute della sua<br />
carriera ecclesiastica).
All'età di dieci anni era stato indirizzato verso la vita ecclesiastica frequentando la<br />
scuola della sua parrocchia. Da questo momento in poi non abbiamo più notizie del<br />
giovane Antonio fino al 18 settembre 1693, quando raggiunse l'età minima per<br />
avere la tonsura (rito tramite il quale il fedele diventava chierico) per mano del<br />
Patriarca di Venezia Cardinal Badoaro. Iniziò quindi a studiare teologia nella chiesa<br />
di San Geminiano e nella chiesa di San Giovanni in Oleo; in questo periodo viveva<br />
con la sua famiglia nella parrocchia di San Martino.<br />
Non abbandonò la musica; anzi l'abilità con cui suonava il violino fece sì che già nel<br />
1696 fosse violinista soprannumerario durante le funzioni natalizie presso la<br />
cappella della basilica di San Marco; questa fu la sua prima apparizione in pubblico<br />
come violinista. Contemporaneamente faceva parte del gruppo Arte dei sonadori. Il<br />
4 aprile 1699 ebbe gli ordini minori del suddiaconato nella chiesa di San Giovanni<br />
in Oleo, e il 18 settembre 1700 il diaconato. Il 23 marzo 17<strong>03</strong> fu ordinato sacerdote<br />
e fu subito soprannominato il prete rosso per il colore della sua capigliatura;<br />
continuò a vivere con la sua famiglia ed a lavorare strettamente con il padre. Nel<br />
1704 ottenne una dispensa per motivi di salute dalla celebrazione della Santa<br />
Messa; soffriva infatti di quella forma d'asma della quale aveva presentato i sintomi<br />
sin dalla nascita.
Anonimo: Ritratto di Antonio<br />
Vivaldi (1700 circa) - Bologna,<br />
Museo Bibliografico <strong>Musica</strong>le
L’attività presso l’Ospedale della Pietà<br />
Benché giovane la sua fama iniziava a diffondersi e nel settembre 17<strong>03</strong><br />
fu ingaggiato come maestro di violino dalle autorità del Pio Ospedale<br />
della Pietà, dove iniziò la sua attività il 1° dicembre 17<strong>03</strong> con uno<br />
stipendio di 60 ducati annuali; qui rimase sino al 1740. Fondato nel<br />
1346 era il più prestigioso dei quattro istituti religiosi veneziani dove, a<br />
somiglianza degli ospedali napoletani, trovano assistenza per lo più<br />
gratuita orfani, figli illegittimi, bambini di famiglie molto povere,<br />
bambini malati. I ragazzi imparavano un mestiere e lasciavano l'istituto<br />
all'età di 15 anni, mentre le ragazze ricevevano un'educazione<br />
musicale; quelle dotate di maggior talento rimanevano e diventavano<br />
membri dell'ospedale.<br />
Vi era una gerarchia fatta dalle differenti capacità tra le ragazze<br />
musicanti, dalle inferiori figlie di coro, alle più esperte dette privilegiate<br />
di coro, fino alle maestre di coro che svolgevano attività<br />
d’insegnamento.
Gabriele Bella: La cantata delle putte delli Ospitali (1720 circa) -<br />
Venezia, Palazzo Querini Stampalia
L’Ospedale della Pietà sulla Riva degli Schiavoni
Impresario d’opera al Teatro S. Angelo<br />
Nella Venezia del primo XVIII secolo l'opera era l'intrattenimento musicale più<br />
popolare e più redditizio per i compositori. C'erano parecchi teatri in concorrenza fra<br />
loro. Vivaldi iniziò la sua carriera operistica in sottotono: il suo primo lavoro teatrale,<br />
Ottone in villa (RV 729), fu rappresentato al Teatro delle Grazie di Vicenza nel maggio<br />
del 1713. L'anno seguente Vivaldi divenne sia impresario che direttore delle musiche<br />
al Teatro Sant'Angelo di Venezia, dove allestì la sua seconda opera, l'Orlando finto<br />
pazzo (RV 727). Tuttavia il dramma sembra non aver avuto il successo sperato e per<br />
"salvare" la stagione Vivaldi presentò l' Orlandodi Giovanni Alberto Ristori, già dato<br />
l'anno precedente, con ulteriori ritocchi e aggiunte di propria mano. Nel 1715 mise in<br />
scena un pasticcio, il Nerone fatto Cesare (RV 724, perduto), con le musiche di vari<br />
compositori e 11 arie dello stesso Vivaldi. Il lavoro ebbe successo e per la stagione<br />
seguente Vivaldi pianificò di rappresentare un'opera completamente scritta di suo<br />
pugno: Arsilda, regina di Ponto (RV 700). Però il censore di stato bloccò la messa in<br />
scena dello spettacolo; la causa della censura fu l'oggetto della trama: Arsilda, il<br />
personaggio principale, s'innamora di un'altra donna, Lisea, la quale finge di essere<br />
un uomo. Vivaldi riuscì comunque ad allestire il dramma l'anno successivo mentre il<br />
Teatro San Moisè gli commissionava un'altra opera, La costanza trionfante degli amori<br />
e degl'odii (RV 706).
In quanto rappresentante più in vista del moderno stile operistico, Vivaldi fu<br />
uno dei bersagli del pamphlet satirico Il teatro alla moda, pubblicato<br />
anonimo nel 1720 ma notoriamente scritto dal musicista e letterato<br />
Benedetto Marcello. Benedetto Marcello, patrizio e magistrato veneziano,<br />
nonché musicista stimato da molti suoi contemporanei (incluso Johann<br />
Sebastian Bach), era sostenitore di una visione aristocratica ed elitaria della<br />
musica, ed era poco incline ad apprezzare gli aspetti più "popolari" della<br />
produzione operistica della sua epoca. L'unico riferimento esplicito a Vivaldi<br />
nel Teatro alla moda, peraltro, è nascosto nel frontespizio, dove una serie di<br />
anagrammi celano i nomi di personaggi ben noti all'epoca: fra questi,<br />
"ALDIVIVA" si riferisce chiaramente a Vivaldi. Nello stesso frontespizio è<br />
rappresentato un gruppo di personaggi su una peata, e la figuretta alata che<br />
indossa un cappello da prete e suona il violino potrebbe essere una<br />
caricatura di Vivaldi. Per il resto, l'opera si propone di criticare e ridicolizzare<br />
aspetti del teatro musicale che erano estremamente diffusi all'epoca (come<br />
attestato, ad esempio, dalle Memorie di Carlo Goldoni) e non sono<br />
specificamente riconducibili all'attività di Vivaldi.
Frontespizio del Teatro alla Moda di<br />
Benedetto Marcello
La vita di Vivaldi, come quelle di molti compositori del suo tempo, finì con non<br />
poche difficoltà finanziarie. Le sue composizioni non venivano più particolarmente<br />
stimate a Venezia; i veloci cambiamenti dei gusti musicali lo posero fuori moda e<br />
Vivaldi, in risposta a tutto questo, scelse di vendere un considerevole numero dei<br />
suoi manoscritti a prezzi insignificanti per finanziare una sua migrazione a Vienna.<br />
È alquanto probabile che Vivaldi andò a Vienna per mettere in scena alcune sue<br />
opere al Kärntnertortheater. Ma l’esplodere della Guerra di successione austriaca,<br />
oltre ad aver portato all'immediata chiusura di tutti i teatri viennesi sino all'anno<br />
successivo, lasciò il compositore senza protezione reale e fonte di reddito.<br />
Forse perché troppo malato e troppo povero, Vivaldi decise di non tornare a<br />
Venezia e di rimanere a Vienna. Per tirare avanti dovette quindi svendere altri suoi<br />
manoscritti e infine tra la notte del 27 e il 28 luglio 1741 morì d' infezione<br />
intestinale (o forse a causa di asma bronchiale, forma della quale aveva sempre<br />
sofferto) nell'appartamento affittato presso la vedova Maria Agate Wahlerin. La<br />
casa, situata strategicamente vicino al Kärntnertortheater, era conosciuta anche<br />
come Satlerisch Haus; fu distrutta nel XIX secolo.<br />
Il 28 luglio fu sepolto in una fossa comune al Spettaler Gottesacker di Vienna
Il catalogo delle opere di Vivaldi<br />
Il catalogo delle opere di Vivaldi è particolarmente vasto e complesso. La grande fama di<br />
cui godette in tutta Europa portò alla dispersione dei suoi manoscritti fino agli angoli più<br />
remoti del vecchio continente. Non è quindi raro che, in seguito al riordino delle<br />
collezioni di manoscritti di una biblioteca si rintraccino composizioni inedite delle quali si<br />
era persa notizia da secoli, come accaduto recentemente a Dresda.<br />
Altro elemento di confusione è l'esistenza di diversi cataloghi delle sue opere, del tutto<br />
discordanti fra loro per ciò che riguarda la numerazione e la cronologia delle opere, fra i<br />
quali, solo di recente il Catalogo Ryom (contraddistinto dalla sigla RV) sembra aver<br />
raggiunto lo status di riferimento universale. Non è tuttavia raro imbattersi tuttora in<br />
pubblicazioni musicali che fanno riferimento ad una catalogazione diversa.<br />
Il "corpus" delle composizione vivaldiano consta in circa 600 fra concerti e sonate, quasi<br />
300 dei quali per uno o più violini, 30 circa per violoncello, 39 per fagotto, 25 per flauto,<br />
25 per oboe etc. fino a toccare strumenti come il liuto, il mandolino ed altri strumenti<br />
molto raramente utilizzati in funzione concertistica, all'epoca.<br />
Alle composizioni strumentali, si affianca una notevole produzione di musica sacra, che<br />
consta di poco meno di un centinaio di composizioni; notevole anche la produzione di<br />
musica vocale, comprendente oltre cento cantate ed arie.<br />
Infine la sua attività di operista è stata recentemente riscoperta. Essa si compone di circa<br />
45 titoli, di molti dei quali, purtroppo, si è perduta la parte musicale.
Opere<br />
Attualmente di Vivaldi ci giungono, parziali o complete, 21 opere, tutti drammi per musica, le quali<br />
dal punto di vista drammatico seguono i tipici canoni dell'opera seria dell'epoca. Inoltre non è raro<br />
trovare in alcuni "pasticci" della tarda maturità del Prete Rosso arie di altri compositori<br />
contemporanei, come Leonardo Leo, Geminiano Giacomelli, Johann Adolf Hasse e Giovanni<br />
Battista Pergolesi.
Antonio Vivaldi<br />
I CONCERTI E LA FORMA A<br />
RITORNELLO
Il rapporto tematico tra il "solo" e il "tutti" può assumere una varietà di soluzioni formali che si<br />
possono riassumere nei seguenti punti:<br />
1. il solista introduce un'idea totalmente nuova senza alcun rapporto con i temi proposti nel<br />
ritornello<br />
2. la parte solistica espone un'idea totalmente nuova, ma torna poi ai motivi del gruppo principale<br />
3. il solista ripropone il motivo iniziale, spesso ornato, del ritornello e quindi lo sviluppa liberamente<br />
Inoltre: aumenta, con Vivaldi, il contrasto fra i tempi veloci e tempi lenti (i tempi veloci sono più<br />
veloci di quelli della media del suo tempo, mentre i tempi lenti sono più lenti); impiego sistematico<br />
del processo detto Fortspinnung; impiego di effetti violinistici (sordina, pizzicato ecc.) soprattutto<br />
nei concerti delle Stagioni.
Estro Armonico op. III n.2 – Primo movimento
Vivaldi, Concerto op. III (Estro Armonico) n. 8
Vivaldi, Concerto op. III (Estro Armonico) n. 8<br />
Partitura completa<br />
Allegro 1<br />
Larghetto 2<br />
Allegro 3
Concerti delle Stagioni: La Primavera<br />
Audio
<strong>Musica</strong> <strong>strumentale</strong> nel XVIII secolo<br />
LA SONATA CLAVICEMBALISTICA IN<br />
ITALIA
La musica clavicembalistica italiana<br />
In Italia il campo della musica clavicembalistica è dominato (sino agli anni Venti), dalle<br />
personalità di Alessandro Scarlatti e di Bernardo Pasquini. Alessandro Scarlatti<br />
predilesse il genere della toccata.<br />
Il principale protagonista resta comunque Domenico Scarlatti (1685-1757), figlio di<br />
Alessandro, attivo prevalentemente in Spagna e Portogallo. Scarlatti è per eccellenza il<br />
compositore di sonate per cembalo: 555 ne conta il suo catalogo, ma stranamente<br />
poche furono stampate ai suoi tempi. Il problema capitale dell'esegesi scarlattiana è il<br />
problema della forma. E' fatto rilevante che il musicista eserciti la propria fantasia quasi<br />
a contatto con un'unica dimensione formale: la sonata bipartita in un sol movimento,<br />
nell'ambito della quale Scarlatti persegue il principio della sistemazione delle idee in<br />
zone tonali ben precise. Fattore emergente in questa sensibilità delle relazioni tonali è<br />
l'arco della modulazione dalla tonica alla dominante e del successivo ritorno alla tonica.<br />
Se le sonate bipartite in un solo tempo costituiscono la norma, non per questo si deve<br />
pensare alla mancanza di idee formali. Ma è sorprendente, ad esempio, che Scarlatti<br />
scarti il principio della variazione, così diffuso ai suoi tempi. Non mancano esempi di<br />
rondò né esempi di sonate in più movimenti.<br />
L'elemento coloristico ha importanza determinante; frequentissimi sono l'impiego di<br />
maniere proprie del folklore spagnolo, l'imitazione di strumenti popolari e non, gli<br />
effetti di eco, le note ribattute ecc.
La sonata scarlattiana può essere così riassunta:<br />
Questo schema corrisponde alla caratterizzazione tonale della struttura compositiva settecentesca. La<br />
fusione tonica-dominante si prospetta, in quel tempo, come una conquista dialettica, ma è soltanto<br />
con Scarlatti che questo tipo di organizzazione s'impone superando i limiti di un rigido schematismo;<br />
basta prestare attenzione all'inizio della seconda parte, dal momento che quanto viene esposto dopo<br />
il segno di replica è cosa nuova e svolge un'idea nuova o presenta un'elaborazione del tema iniziale<br />
talmente libera da introdurre l'ascoltatore in un'atmosfera del tutto diversa. E' proprio questo il<br />
momento di maggiore tensione della sonata di Scarlatti: si sviluppa qui un ampio giro di modulazioni<br />
che riconducono il movimento alla tonalità fondamentale. Naturalmente non si parla di un vero e<br />
proprio sviluppo, né il processo può essere avvicinato a quelle tecniche della progressione,<br />
dell'espansione, della sequenza tipiche dei suoi predecessori, bensì si tratta di una trasformazione<br />
tematica, ed espressiva, che se da un lato rivela il gusto per la bizzarria, dall'altro lato è l'immagine di<br />
un profondo ripensamento che conduce alle soglie del sonatismo moderno.