X i68 )( per uno che se ne trovi che commeîta _ un delitto reo di ...

X i68 )(
per uno che se ne trovi che commeîta _
un delitto reo di morte, se ne trovano
cento che fanno délie iniquità degne d'
un remo, quantunque ci voglia manco
ad astenersi dal commettere un delitto reo
di morte, che uno meritevole délia galera
solamente.
Volto la pagina (a) e vi trovo subito
' un nuovo equivoco, ed è corne segue .•
La pena di morte fa un' impressione, che
colla sua for%a non supplisce alla pronta
dimenùcanzanatuvale ail' uomo, ancbenelle
cose plu essen^jali, ed accellerata dalle
passioni. Ho chiamato cotesto un equivoco
, perché nulla importa che 1' uomo
non ritenga continuamente présente alla
memoria la pena dovuta ai scellerati,
perché basta che vi rifletta allorchè sentesi
tentato a commettere qualche delitto
. Per altro c' insegnano tanto la ragione
che 1' esperienza, che ci raffrena
più dal commettere un delitto la memoria
e la rappresentazione délia morte
infâme, che avremo veduto eseguita
contro di qualche reo, anche vent' anni
indietro , che la vista continua dello
stento e délia miseria di mille carcerati,
e di mille schiavi. Ma e non
ha egli scritto il N. A. (b) che la for^a
sempre %>iva délie passioni fa , cbe dopo
ce-nt' ami di crudeli supplicj la Ruota
spa-

X 1*9 X
spaventi tanto, quanto prima la prigionia
?
Commentiamo adesso l'Articolo seconde)
délia stessa pagina, perché mi sembra
anche più equivoco, e più seducente dell'
altro. La pana di morte ( cosl comincia
l'articolo ) diviene uno spettacolo per la
maggior parte, e un oggetto di compassione
muta di sdegno per alcuni ; ambedv.e
questi sentiment! occupano più /' anima
degli spettatori, cbe non il salutare
terrore, cbe la legge prétende ispirare .
Quindi riflette , che nelle penc moderato ,
e continue il sentiments dominante è l'ultime,
perché il solo. *4wienc nel primo
caso ( conclude I' A. ) cib che succède in
un Dramma y torna l' avaro al suo scrigno
; torna il tiranno a far piangere la
•vedova , e P orfano .
Ma, o qui l'A. ha voluto fare illusione,
o è illuso egli stesso. E 1 vero che
pel tempo dello spettacolo si resta più
occupati da certa compassione mista di
sdegno, che dal salutare terrore, che la
legge prétende ispirarci ; ma dopo lo stesso
resta il terrore, e più non si sente
ne la compassion ne lo sdegno. La pena
di morte dunque ottiene il suo effètto, e
1' ottiene assai più délie perte moderate,
quantunque inquesta il sentimento dominante
sia il terror salutare ; il quale non

)( 17° )(
dimeno non è solo, corne si pensa l'A.
ma accompagnato ancor questo da proporzioiuto
sentimento di compassione e
di sdegno. Quindi concludo, che se avviene
nel primo caso cio che succède in
un Dramma, ( corne scherzando dice 1'
A.)cioè che P avaro torna al suo scv'igno
ec. con assai minor ripugnanza vi tornerà
nel secondo.
Voglio credere nondimeno, che abbia
scritto tutto quell'Articolo per ischerzo ,
corne penso che faccia ancor nel seguen-
Pj 5 te (a) dove dice, che se le passioni o la
nécessita ciella gucrra banno insegnato a
spargere il sangv.e umano, le Leggi moderatrici
délia condotta degli uomini non
dovrebbono aumentare il fiero esempio tanto
piîi funesto, qtninto la motte légale i
data con istudio, e con formalità. Âttribuisco
a voglia di scherzare anche quelle
akre sue parole con cui, corne ho già
riportato, dice che gli Pare un assurdc-,
cbe le Leggi che sono P espressione délia
pubblica -volontà, cbe detestano e puniscono
/' omicidio, ne commettano tmo esse
medesime, e per allontanare i Cittadini
dalf lAssassinio ordinino un ptibblicoassassin
io .
Io chiamo scherzi ancor questi, perché
non posso persuadermi che il N. A. non
sappia che le Leggi, puniscono con pena
di

)( i7i )(
di morte appunto per 1' orrore che hanno
le medesime per se stesse ali'omicidio,
e per desiderio che 1' abbiano ancora
gli altri ; e di questa verità la persuasione
è comune più che non convengaprovarlo
.
Bisogna riflettere che tutto il punto
consiste qui ; cioè se sia sperabile e possibile,
crie gli uomini lascino di commettere
degli omicidj, e di turbare con altri
misfatri la Società -sçnza l'esempio délia
pena di morte. Se ci\> non è possibile ,
converrà, e conviene in fatti lo stesso
N. A. che la pena di morte è necessaria
ed indispensable. Ma tutte le Nazioni di
tutti i Secoli, e di tutti i tempi, e la
ragione altresi e la sperienza hanno
sempre fatto vedere, che nulla puô raffrenare
gli uomini da turbare la So.ietà,
se non la sola pena di morte ; converrà
dunqueconfessare, che la pena di morte
è necessaria e giusta ; e che pero se 1'
A. non iscrive l'opposto perpura bizzarria
di scherzare , si deve giudicare per
un uomo capricciosamente ostinato. Egli
dice che gli sembra un assurdo, che
leLeggi cbe detestano l'omicidio, l'ordinino
ad ogni modo pv.bblicamente. Ma io
replico che questo si è uno scherzo puérile,
perché cosa importa che ordinino
un pubblico omicidio, quando questo sia
giu-

)( m )(
giusto e necessario, e che ottetiga il suo
tine, quello cioè, che non si commettano
degli ingiusti omicidj, e dell' akre scelleratezze?
La distruzione del maie è un
bene dei più reali e dei più perfetti .
Ma se quanto abbiamo or ora veduto
si puô passare ail' A. per uno scherzo,
non si deve fare altrettanto di ciô che avanza
nel ragionamento che fa nella pagina
seguente (a) : Quali sono le vere e le
più utïli Leggi ( comincia qui a doma' -
dare? ) e risponde: Qjtci patti e quelle
condition!, cbe tutti vorribbêro osservare
e proporre, mentre tace lu voce sempre
ascoltata delP intéresse pri-vato, o si
Combina con quello del pubblico . Ma domando
ancor io s'è possibile, che tutti
gli uomini di tutti i Cliini e di tutte le
Nazioni si accordino a giudicare una
stessa cosa dove si tr-atta di Leggi e di
Doveri ? E quando mai potrà cessar di
parlare nel cuore umano la voce semfre
ascoltata deW intéresse privato ! Quando
mai potrà riuscire che l'intéresse privato
si a da tutti gli uomini combinato con
quello del pubblico? Corne mai quest'Aurore
ardisce di proporlo e di sperarlo, Egli
ch' ha protestato (b), che cbiv.nqv.e leg»
gerà con occbio Jilosofico i Codici délie 2V.7x'toni
e i loro Jfnnati, troverà quasisempre
i nomi di Vi^jo e diVirth, di buon
Cit-

i )( m )ï
Cittadino o di reo cangiarsi colle r!vô~
luriom dei Secoli, non in ragione délie
mutazjoni che accadono aile circostanredei
Paesi, e per conseguen^a sempre con-formi
aW interesse comune, ma in ragione
délie passioni e degli errori che succès*
sivamente agitarono i différent! Legislatori
? Corne combinera il N. A. questo
suo discorso colP altro ! Ma ritorniamo
al primo.
Dopo quella fa quest' altra interrogazione.'
Qjtali sono i sentiment! di ciascuuo
sulla pena di morte} e risponde. - Leggiamoli
negli atti d'indegna-^ione e di
dispre^o, con cui ciascuno guarda il car*
nejice, che è pure un innocente esecutoyedélia
pubblica ziolontà, un buon Cittadino
, che contribuisce al ben pubblico la
stromento necessario. alla pubblica sicure^-
%a al di deiitro, corne i valorosi soldati
aldifuari: cosl l'Autore. Ma non si puà
lesistere a tante impertinenti sciocchezze..
Quel disprezzo e quell'indegnazione sono
bensl naturali, ma non atti rifiessi ,
corne sono quelli con cui tutti gliuomini
giudicano gmsto e necessario l'cffetto di
quell'atto, non estante la loro indegna-?
zione ed il loro disprezzo , cha torno a,
dire, sono bensl moti ed atti naturali ,.
ma irragionevoli. Che poi anchs un.Caroefice
non possa essere un buon Cittadino,

)( 174 )(
no, io non m'oppongo ; dico bensi che
fa stomaco il N. A. dando un simile epiteto
ad un Carnefice , e che equivoca ridicolosamente,
aftermando che i carnefici
contribuiscono al ben pttbblico lo stromento
necessario alla pubbhca siïureçga ; siccome
confesso, che mi sembra un eccesso
d' abuso quello, con cui lo stesso A. dice,
che il Carnefice contribtùsce alla pubblica
sicure^a al di tientro, corne i -valorosi
solda ti al di faori. Non è egli questo
un giusto ed obbligante complimento,
che fa ai generosi Militari? Avanti
ancora.
Aggiugne una terza demanda, ed esclamando
dice : Qnale è dtmque P origine di
questa contraddi^jone ? e subito risponde ,
che ciô nasce perche è indélébile negli
uomini questo sentimento, ad onta délia
ragione. Ma TA. dovea riflettere prima
di scrivere tutte coteste cose, eh' esse si
oppongono ugualmente anche contro la
pena di perpétuaSchiavitù, ch'egli stesso
suugerisce per buona e per utile al pubblico
bene ; di più, che tutto ciô che si
fa ad onta délia ragione è necessariamente
irragionevole, e che pero dev'essere
condannato corne taie da tutte le persone
ragionevoli, per timoré di non passât 1
per un uomn privo di ragione lodando
e sostenendo l'irragionevolezza , ad onta
del-

)( 175 )(
délia conosciuta ragione ; le contraddizinni
finalmente che scnrge e confessa lo
stesso N. A. che si trovano nel cuore umano
, sono una prova évidente , che non
ci dobbiamo fidare d' una ragione, che
contraddice a se stessa . SI la nostra ragione
si trova spesso in contraddizione
con se medesima, e l'origine di cotesto
terribile inconveniente, giacchè l'A. desidera
di saperlo, gli dico essere stato il
peccato originale dei nostri primi Parenti,
corne insegnano quelle Scritture, che
Egli mostra di credere altrettante imposture,
e che nondimeno non lascia di lodare
.
L' A. produce quest' altra ragione dell'origine
délia detta contraddizione, ed è la
seguente: E perche gli uomini ( dice ) (ii)witi,
nel più secreto dei loro attirai, parte che
pi h d'ogni altra conserva ancora la formel
uriginale tlella vecchia natura, hanno sempre
creduto non essere la vita propria in
potestà di alcuno, fuori che délia nécessita,
che col snoScettro di ferro regge /'.'•niverso.
Qui per dare un peso maggioRaile
sue doglianze contro 1' uso délia pe«
aa di morte, accenna di credere li cattivi
effètti dei peccato originale ; ma se egli
crede sinceramente simil dottrina, perché
dunque non dubita piuttosto che J'
indegrjawone ed il disprezzo che mostra-

X i7« X
strano gli uomini contro il Carnefice ,
che eseguisce un ordine giusto, non siano
un effetto délia corrotta nostra forma
originale; tanto più che secondo lo
stesso N. A. quel dispre^a segtie ad onta
délia ragione} Se la forma délia nostra
vecchia ed originaria natura era buona,
conforme sembra chelo supponga perfino
il N. A., io sostengo essere più conforme
ad un tal dogma il credere, che la
propria vita dev' essere sotto la podestà
di quelli che rappresentano la Società,
ehe l'opposto; perché quella si è unaretta
credenza e necessaria pel buon governo
degli uomini, e per la maggior skarezza
di tutti.
Mi si permetta che aggiunga su la
stesso proposito quest'altra ben importante
riflessione. Il nostro Autore ammette
la vecchia originale natura, e perô
anche la dottrina del peccato originale,
Domando ora io allô stesso perché crede
e suppons vera cotesta dottrina? Risponderà
che la crede , perché lo insegna
la Sacra Scrittura, Libro tenuto e provato
per divino da tutto ilCristianesimo ;.
perché certo che la ragion naturale non
lo insegna ; perché altrimenti bisognerebbe
credere che Iddio ci abbia fatti maie»
lo che é contrario ail' idea che noi abbiamo
dell' Essere sommamente perfetto ..
Noi..

)( in )(
Noi vediamo, e tdcchiamo con mano
che la nostra natura è fattamale, perché
siamo soggetti a moltissimi mali naturali,
taoto di corpo che di spirito , e questa
è torse l'unica verità che conosciamo
, e délia quale noi siamo persuasi più
che d'ognialtra. Noi conosciamo dipiù,
e non ci potiamo persuadere, che un Essere
sommamenre perfetto, ci abbia vo-
Ijti, o poruti creare maie ; perché ciô ripugna
all'idea chiârissima che abbiamo
délia sua bontà ; dunque, non pu6 essere
altro, che la rivelazione, quella che possa
insegnare, e che realmente c'insegni,
che la nostra natura ha patito, per colpa
del peccato originale ; e cosi abbiamo
detto, che crede lo stesso nostro Autore ,
il quale mostra di più d' essere persuaso ,
che quello che insegna la Sacra Scrittura,
non sia soggetto ad errore; perché ecco
corne lo stesso si esprime nella pagina
sessantanove. Non è ancorg'nmta l'Epoca
jortunata, in eut la •verità, corne fin ora
Perrore, appartenga al più gran numéro,
e da questa Legge universale, non ne sono
andate e senti fin ora, che le sole verità
, che la Sapimpa infinita ha voluto d'tvidere
dalle altre col r'fuelarle. Benissimo;
Ma la stessa Sacra Scrittura, che c'
insegna la dottrina del peccato originale,
c' insegna altresi, che i scellerati devono
Tomo III, M es-

X 178 X
e^ere puniti con pena di morte; Ellaordina
che si facciano morire i perturbatori
dtlle Società ; vuole che si ubbidisça aile
Leggi, e che si rispettino i Sovrani, exiandio
che questi fossero cattivi, purchè
non ci comandino cose contrarie alla
Legge di Dio ; e ci raccomanda la modestia
, e T umiltà. Ora ecco quello che voglio
dire , e per cui ho premessa la data
«iottrina . Se il nostro Autore crede alla
Sacra Scrittura quando gli parla del pec-.
cato originale ; dunque deve creder alla
medesima anche quando gP insegna che
la pena di morte è giusta e necessana ,
c che si devono rispettare le Leggi ed i
Sovrani. Con quai fronte pertanto ardisce
di mettere in dubbio se la pena di
morte sia giusta o no, e di trattar da
crudeli Tiranni tutti i Principi e tutti
i Sovrani del Secolo ed i Savj délia Chiesa,
perché condannano alla morte i scellerati?
Ma è impossibile che certi scrit*
tori non cadano in simili contraddizioni,
Del resto per finir quest 1 articolo dico,
che il N. A. parlando specialmente
di Pêne e di Delitti non doveva cercare
ne aver riguardo quale sia stata la
forma délia veccbia or'tpjtuile natura deW
nomo ; ma quella che si è la présente. I
Legislatori devono guardare gli uomini
corne sono e corne possono essere,.ç,
non

X M9 X
non quello che sono stati ; perche tutti
quelli che non hanno atteso a questa dottnna
sono caduti in grandissimi errori ;
ed afferme), che tutta la confusione che
si trova nella nostra Metafisica specialmentê,
ed in tutte le altre Scienze respettivamente
parlando, deve la sua origine
alla poca avvertenza, che è stata fatta su
tali distinzioni, di vecchia, e di présente
natura. L'uomo poi, che è corne deve
essere, e ch 1 è quello di più , secondo i
lumi del quale si deve giudicare di tutte
le cose umane; un taie uomo, dico, secondo
la interessantissima scoperta, che
ha fatta ultimamente quel profondissimo
Filosofo Inglese, o Chinese, salvo il vero,
è quello, che in tutte le sue parti,
tanto di corpo che di spirito, rassomiglia
alla maggiof parte degli uomini presentr
e passati.
Tutto quello che piacerebbe e che stimerebbe
un taie uomo sarebbe buono , e
vero ; e vice versa, tutto quello che gli
dispiacesse sarebbe cattivo. Se la nostra
présente natura è guasta, dunque naturalmente
non la potremo mai raggiustare
ne raddrizzare, perché con una riga storta,
non si puô rigar dritto . Se poi la
supponiamo sana, perché dunque confondersi
coll' Ipotesi d' una vecchia e guasta
natura ? In tanto perô, secondo la natura
M s pre-

)( As X
présente, la pena di Morte è giusta , e
necessaria. Ma per conoscere quale sia
veramente la natura dell' uomo, bisogna
essere qualcosa di più che semplici Metafisici,
o lasciar di parlare di ciô che conviene
agli uomini.
Il nostro A. tutto ciô non ostante pensa
l'opposto , ed intestato, che la pena di
morte decretata dai Sovrani sia ingiusta,
ed un vero Assassinio pubblico, perô fa
parlare i scellerati in questa maniera (a) l'
t/fssassinio che ci Sien predicato corne un
terrièile misfatto, lo -veggiamo pure sen-
•%a ripugnanza, e sen^a furore adoperato,
Prevagîiamoci delï 1 esempio. Ci pareva la
morte violenta una scena terribile nelle descri-^ioni,
che ci venivan jatte, ma lo vediamo
un affare di un momento. Quanto
lo sarà mena in chi, non aspettandola, ne
risparmia quasi tntto cià, che ha di doloroso.
E conclude cosi. Tait sono i funesti
para/ogismi, che se non con cbiare^a,
confusamente almeno, fanno gli uomini disposti
ai delitti, nei quali V abusa dcUa
Religione, pub pih che la Religione medesima.
Perdono volontieri al N. A. tutte coteste
studiate espressioni, e bir/ari pensieri,
perché so ch' è valoroso Poeta , e
gli dirô solamente, che poco importa ,
che gli uomini disposti a commettere délit-

)( ISI )(
litti, facciano simili paralogismi ; purché
non siano addottati dalle persone savie,e
scienziate; questo si che sarebbe funeste,
ma nondimeno non potrebbero mai persuadere
a tutti gli uomini che la pena di'
morte sia ingiusta, ed inutile; onde sempre
più scandolezza il N. A. vantandosi
(/>) che i pochi saggt, che sono sparsi („•) Pag,
tulla faccia délia terra, gli faranno eco,"'*"nelf
intimo de''loro cuori; per a ver insegnata
simil dottrina. Se per quei pochi
saggi, intende i fanatici, e gli uomini amanti
di novità, dice bene/ ma le persone
sagge veramente guarderanno sempre
simili novità, con occhio di disprezzo,
e le giudicheranno parti d'uomini indispettiti
; corne appunto s'è mostrato l'A.
in quello ch' ha scritto in quelle pagine
del suo libro che abbiamo sin qui ricapitolate
; onde io concludo ancor qui che la.
pena di morte è giusta, e necessaria.
E" facile prevedere che il N. A. ch'ha/v/»
condannato per crudele, e per inutile la «»»«•
pena di morte, non si sarebbe mostrato
manco nemico di tutto ciô, che si pratica
contro i delinquenti, prima di condannarli
a quella pena. In fatti ecco corne
scrive dell' uso délia Cattura (a). Un er- ...
rare non meno comune, che contrario al ,0.
fine Sociale, ch' è P opinione délia propria
fleurera, e lasciare arbitro il Mdgistra-
M 3 to

X i8» )(_
1» esecutore délie Leggi eï mpïigionare
tin Cittadino , di togliere la libertà ad un
ncmico per frivoli pretesti, e di lasciare
impunho un amico ad onta degli indir^j
pin fort! di verità.
Si potrebbe qui far notare l'intrepidezza
colla quale il N. A. inaligna contrôla
giustizia dei Magistrat!, supponendoli tutti
capaci di lasciare impunito uno scellerato
perché amico, e d'imprigionare un
uorno onesto perché loro nemico ; ma
perché queste per esso non sono chesemplici
bizzarrie e scherzi di parole, osservero
piuttosto, che qui egli condanna piii
i Giudtci che le Leggi, e che perô avrebbe
dovuto scrivere prima dei progetti ,
délie regole per riformare la Ratura delP
uorno, che in-veire infruttuosamente contro
le Leggi, conforme ha fatto . Ma tanti
oggetti 1'avrebbero confuso , lo confesso;
egli dunque si è appigliato al partito di
sfogare il suo cattivo umore, tanto contre
le Leggi , quanto contro gli esecutori
délie medesime, ma sempre indiscretamente.
Quanto a me sono ancor io di quelli
che pensano esser ottime le Leggi, e che
ad esse non manchi altro che la forza di
farsi ubbidire. Ma le Leggi sono opéra
dei Giudizio , e la loro esecuzion è opéra
délia volontà . Ritorniamo .
Si lagna, e chiama errore comune e
con-

)( *3 )(
contrario al fine sociale l'uso di lasciare
all'arbitrio dei Magistrat! 1' imprigionare
i Cittadini. Ma che? Vorrebbe per avventura
che s'istituisce un Magistrato a
parte per le Interlocutorie e per le Catture?
Se prétende questo, prétende una
cosa inutile, difficile, e per i luoghi piccoli
impossibile ; ed anche allora si potria
trovare quaiche malcontento, il quale corne
il N. A. direbbe, che i Magistrati
tolgono la libertà ad un nemico per frivoli
pretesti, e che lasciano impunito un
nemico ad onta degli indi^j pih forti di
reità. Ma sappia che la Sentenza di Cattura
noa istà nell' arbitrio dei Magistrati
, perché anche per queste cose vi sono
le sue regole , moltissime ordinazioni
e prescrizioni, e che in fatti i Magistrati
non procedono alla Cattura di nessuno,
che secondo il prescritto délie Leggi, dopo
molto esame, moite considerazioni, e
forse anche troppe.
Tutto cio è ordinato ed eseguito appunto
conforme l'A. vorrebbe, e perô ha
scritto inutilmente (a) quanto qui a mia (,i Vs *maggiore
giustihcazione riporterô : La
pubblica fama ( dice ) cbe accusa il reo ,
una costante inimici^ia con /' offeso, il
corpo dei delitto, e simili indi^j, sono
prove bastanti per catturare un Cittadino
j ma queste prove devono stabilirsi
M 4 dal-

X i«4 X _
dalla Legge , e non dai Giudici, t décret i
dei quai: sono sempre opposti alla libmtà
polittca , quando non sienoproposition! particolari
di una massima générale, esistente
nelpubblico codice. Cosî superfluamente
l'A. il quale sembradi più , che in cio
uon sappia neppur quel che si dica. La
Legge accenna i sospetti, e le cagioni per
cui uno dev'essere catturato, ed i Giudici
eseguiscono coerentemen.te alla Jettera
tlella stessa Legge ; Ma le Leggi non possono,
ne fissare, ne prevedere tutto, e
porta il caso assai spesso, che il Giudice
è costretto arbitrare, ma sempre giustamente,
e sempre secondo lo spirito dtlle
I.eggi, e secondo 1' esigenza délie date cir-
CQStanze.
Non è manco superfluo ne manco irvgiurioso
ai Magistrat!, quello che ha v.oluto
aggiugnere nellamedesima pagina che
qui notiamo.

X &•> X
mfami a . Quanti Romani atctisati di gra-
•vissimi delilti, trovati poi innocent!, fitrono
dal popolo riveriti, e di Magistrature
onorati ; ma per quai ragione è cosi
diverso «' tempi nostri f esito d' un innocente
? Perche semer a che nel présente sistema
criminale , secondo /' opinione degli
vomi ni-, prevalga l'idea délia for^a, e délia
prepotenxa,- a quel/a délia giustizja ;
perche si gettano confusamente nella stessa
caverna gli accusât!, e i convint! ; perche
la prigione è piuttosto un supplicio ,
che una custsdia del reo.
Qui P A. per troppa compassione verso
i scellerati, s'è mostrato crudele contro
tutti gli uomini. L'impegno ch' ha
preso di censurare le Leggi, ea i Legislatori,
gli ha fatto scrivere coteste cosecon
troppa indiscretezza, ed anche con moka
falsità perché aon é vero, che la prigionia
cagioni certa specie d'infamia, che
dentro le sole famiglie Religiose, e ciô
perche si suppone, che la carcerazione sia
sempre giusta. Se poi non si vedono più
tra di noi degli uomini già carcerati, riveriti
dal Popolo, ed onorati di Magistrature,
ciô segue, perché adesso le accuse
false, e le ingiuste Carcerazioni non
sono tanto frequenti, .quanto lo sono staro
tra i Romani, che il N. A. ci propose
per modello con tanta ponipa. E' una
ma-

X is« )(
manifesta calunnia finalmente, che adesso
si gettino confusatnente, come dice l'A.,
nella stessa ca-verna gli accusait e i con-
•uinti. Pretenderebbe fbrse che si fabbricassero
tante priginni, quanti sono i différend
delitti e i diffèrent! Accusati ?
Una pretensione del N. A. assai più
stravagante di quello sembri che sia l'accennata
si è quella, con cui non vorrebbe
che i scellerati fossero puniti dovunque
commettono qualche delitto, ma solamente
nel luogo dove sono sudditi. Ma
è meglio ascoltare lo stesso A. */fhuni
ig« hanno sostenuto ( dice (a) ) che in qv.alunqi'.e
Itwgo commettasi un delitto, cioè un'
a~ione contraria aile Leggi, possa esser e
punito; quasi che il carattere di suddito
fosse indélébile, cioè sinonimo, an^i peggiore
di quello di Scbiavo; quasi che uno
potesse esser suddito di un Dom'niio, ed
abitare in un altro, e che le di lui a^ioni
potessero sen%a contraddixjone esser subord/nate
a due Sovrani e a due codici
sovente contradditorj. McuHt credono parimente
(seguita a dir l'A.) cbe urf a?7tfne
crudité-, fatta per esempio aC.ostantinopoli,
possa esser punit a a Parigi per /'
astratta ragione, che cbi offende /' umanità
mérita di avère tutta /' umanità initnica
e /' esecra^jone universale ; quasi che
Ciudici vindici fossero delta sensibilità
de-

)( i87 )(
degli uomini, e non piuttostodei patti che
li legatio tra di loro. Il luogo délia pena
è il luogo del delitto, perche ivi solaniente,
e non altrove, gli uomini soxo sfor^ati
offendere un prtvato pet prevenire F
offesa pubblica. Uno scellerato, ma che
non ha rot ri i patti di una Società, di
cui non era membro, puo essere temuto ,e
pero dalla for^a sitperiore délia Società esiliato
ed escluso, ma non punito colle
fonnalità délie Leggi -vindici dei patti, e
non délia mali~ia tntrinseca délie a^ioni.
M'immngino adesso che il mio Lettore
siasi nauseato délie franche sciocchezze,
che si trovano in cotesto lungo Articolo,
quanto mi sono annojato ancor io
in trascriverlo . Non vorrebbe qui 1' A.
che fosse punito uno scellerato perqualunque
suo delitto se non dal suo proprio
Sovrano, e non considéra che facendogli
buona questa sua pretensione si aprirebbe
la strada ad infinité iniquità , e
che nessuna Società potrebbe più viver
sicura. In verità che seinbrerà a tutti
impossibile, che il N. A. abbia potuto avanzare
una massima cosl falsa e cosl
rovinosa. Io ho riletto più volte il suo
passaggio temendo d' averlo maie inteso,
e tutti farebbero altrettanto , secondo cotesta
massima tutti potrebbero rare impunemente
tutto il maie che vogliono, pur-

)( 188 X
chè non lo facciano nel proprio Paese ;
ed uno Stato dovrebbe soffrir la propria
rovina senza potersi riparare dalle altrui
imquità, perché non sono suoi sudditi
quelli che 1' offendono. Si puô egli dire
una cosa peggiore di questa?
Ma le ragioni, che porta l'A. perprova
di taie errore, sono peggiori ancora
délie sue proposizioni. E' vero primieramente,
che il carattere di suddito non è
indélébile, né infenore a quello di schiavo
; Ma un malfattore , non s: punisce ,
né perché è suddito, né perché è schia-
•vo, ma bensl perché è un 1 uomo dannoso
aile Società, ed alla Gente. Quando un
uomo quantunque privato, si vede assalito
ingiustamenre da un'altro uomo, F
assalito, se puo, si vendica subito dell'
aggressore, senza star a considerare se questi
sia libero, oschiavo^ suddito d'un Stato
o d'un altro; e penso che farebbe altrettanto
lo stesso N. A. Ora quello che
credono d 1 aver diritto di fare, e che fano
ogni giorno i privati, si negherà che lo
possa fare un intiera Nazione? Questo è
un eccesso d'irragionevolezza.
Non è perô meno irragionevole, chia-
Hiare astratta quella ragione, per cui si
giudica, che cbi offende /' umamtà, mérita
d\ivere tutta V umanità inimica , e i'
e-sscra^jone universels. E che? vorrebbe
for

)( i8P )(
Forse che gli uomini chiamino, e trattino
d' amici tutti quelli dai quaJi vengono offesi,
e danneggiati} I Giudici poi appunto
perché sono vindici dei patti, sono tenuti
a punire tutti quelli, che offèndono
la Società; perché il principale di tutti
questi patti, è quello d'invigilare aiia sicurezza
di tutti i Socj. Non dico niente
poi circa quell'ultime parole dell'A. ma
non punito colle formalità délie Leggi vindici
dei patti, e non délia mali^ja intï'.nseca
délie auront ; perché confesso che non
le capisco. Se per mali^ja tntrinseca délie
azjoni, intende la deformità d'un'azione
relativamente alla ragione eterna, corne
la chiamano i Maestri , in tal caso
egli ha detta una cosa ridicola appunto
perché ha troppa ragione; se poi perwa-
Hzja tntrinseca, intende la realtà deldanno
d'm'axjone in tal caso avrebbe negato
a torto aile Società il diritto di poter punire
un Malfattore, benchè non suddito .
La proposizione che le Leggi sono vindici
dei patti e non delta mali^ia tntrinseca
délie axjoni, o è contradditoria, o é ridicola,
e tutta propria d'un uomo affàscinato
dallo Spirito d' indipendenza, e
dell' amore di Libertà.
Chi bramasse adesso d'avère una prova
assai convincente, che il N. A. ha scritto
questoLibro, non già peramor deU'umani-

X «po X
nità, ma soiamente per isfogar la sua bile
contro la comune maniera di giudicare
délie pêne e dei delitti , legga il lungo
Articolo délia pagina sessantesima terza
del medesimo libro, e ne restera persuaso.
Si duole qui perché * rei di delitti
più leggieri sogliono esser punit': o neh'
esçurità cC' una prigione, o mandat i a dure
esimpio con una lotit ana , epeio qvasi inutile
schia-vitt:, a JSazjoni, che non hanno
offese. Si puô trovare una doglianza più
ingiusta di cotesta ? Corne vorrebbe dunque
che fossero pumti tali delitti, colla
morte, o colla perpétua schiavitù ? Ma
se i delinquenti non fossero atti a certo
travaglio , cosa si dovrebbe fare, violentarli,
ed esporli ad una morte sicura? L'
uso poi dell esilio è antichissimo , ed in
molrissimi casi questo si è il gastigo il
più spediente contro certa specie di perturbatori
dello Stato.
Ma egli si duole anche più ingiustamente
dell'uso rli liberar qualcuno dalla pena
di qualche non grave delitto , quando vien
condonato dalla parte offèsa ; uso introdotto
per prudentissimi motivi, e che fa
molto onore all'umanità, ed al'e Leggi.
Con tutto ci P A. biasima un tal costume,
e lo trova dannoso : ^ïlcuni liberano
dalla pena di un picco/o delitto ( egli scria'.
Ve (a) ) quando la parte offesa lo perdant j
at-

X '9' )(
alto conforme alla benefi'cen^a ed alT v.manità,
ma contrario al benpubblicoy quasi
che un Cittadino privato potesse egualmente
togliere colla sua remissione la nécessita
delP esempio, corne pub condonare
il risarcimento dell' offesa : E poi segue ad
equivocare cosi.- Il diritto dt far punir e
non è d' un solo, ma di tutti i Cittadini,
o del Sotnano. Egli non pub cke rinunciare
alla sua por^wne, ma non annullare
quella degli altri. Quel quasi cbe importa
un equivoco, perché non è l'orîèso
che tolga l'esempio, ma i Sovrani che si
contentano cosi, e ciô per giusti motivi
e rarissiinamente, e pero finge dei vani
timori 1' A. dove dice , che in tal caso 1'
offeso potrebbe annullare il diritto délia
Société, o quello dei Sovrani.
Veggo ancor io che coteste sono minucie
; ma è bene che comparisca sempre
più l'incostanza del nostro Scrittore, ed
il vero fine e motivo per cui ha voluto
scrivere di simili matene. Vediamo adesso
qualcosa di piu grave .
Dove discorre dei processi e délie prescrizioni
scrive in maniera, che mostra
d'aver dato ai nostri Legislatori ed ai
nostri Giudici un consiglio ed un suggerimento
utilissimo e nuovo. Questo mai
più escogitato suggerimento è il seguente,
cioè che le Leggi dtvono fissare un certo
spa-

X ipï X
spa\io di tempo, si alla di fessa deî ,
che iiIle [.ro-ce dei délit/: e rifiette senzà
che s' intenda cio che si voglia dire che
il Giudice diverrebbe Législature, se egli
''" dcvesse decidere del tempo necessario per
g. provare un delitto (a) Ma in verità , che
se 1' A. si fosse astenuto di darci un siînil
consiglio, avrebbe risparmiato a se
stesso, P onta di comparire poco canuto
tra gli eruditi, e poco pratico circa 1'
impossibilité dell' esecuzione del suo progetto,
ed in oltre non si sarébbe fatto
conoscere per tanto poco pénétrante, sino
a non vedere, che il suo suggerimento
posto in pratica, riuscirebbe un rimedio
peggiore del maie.
Sin dal 1667. in un Regno più Setten*
trionale, che Occidentale del nostroEmisfero
è stato promulgato un Regolamento,
corne qui lo desidera, e )o propone il N.
A. ed m tutte le Religioni si trova ch'
hanno giàpensato, e proveduto lo stesso;
ma il N. A. non s'è preso la per altro
onorata briga d'informârsi, se tali Regolamenti
siano stati eseguiti, e con quale
buon esito. Non lo voglio mortificar di
vantaggio ; dirô bensi che nella stessa pagina,
e su lo stesso proposito si trova
quest' altra sua nuova dottrina, 0 per dir
meglio del suo gran Maestro.
Ecco quale sia questa nuova dottrina .
Qtu;

X m X
Quel delitti atroci ( dice l'A. ) if quall
lunga resta lamemoria negli uomini,quando
sieno provati, non meritano alcuna prescririons
in favore del reo che si è sottratto
colla fuga ; ma i delhti minori ed
oscuri dei'ono togliere colla prescrizione
/' incertexx a délia sorte ad un Cittadino ;
perché r oscv.rhà , in cui sono stati involti
per lungo tempo i delhti, toglie l' esempio
deW impunità, e lascia il potere al reo di
divertir* migliore, Vuol dire dunque l'A.
€>in questa mai più escogitata regola e
criminale, che qualunque volta, e dopo
qualunque tempo un uomo reo d'atroci
delitti cada nelle mani délia Giustizia,
non gli si dovrà perdonare ; ma che cadendo
nelle mani délia medesima Giustizia
un altfo uomo reo diquakhe piccolo
delitto, gli si dovrà perdonare, e non ricercarlo.
Ma questa notissima regola è
tanto générale, che perla pratica non serve
a niente, perché conveniva aver accennato
quale debba essere quel grado d'
atrocità d' un delitto, che non deve godere
di nessuna prescrizione, e quale il
grado di tenuità dei piccoli delitti, che
devono aver prescrizione ; ed in oltre
tanto a riguardo dei delitti attroci, che
dei più leggeri bisogna fare parecchie
considerazioni, perché si trova qualche
specie di delitti atrcci, che in dirfèrenti
Torno III. N tir-

X m X
circostanze e per varj riflessi meritano
ancor questi godere délia favorevole prescrizione,
ed anche di qualche decoroso
invito agli stessi rei perché ritornino nello
Stato, in caso che questo abbia gran
bisogno délie loro persone; e vice versa,
si danno certe specie di delitti, benchc
îeggeri, che non meritano nessuna prescrizione,
se non inaltro caso, in quello
àlmeno ? quando si dubitasse che una tal
prescrizione potesse essere di pernizioso
esempio alla Société.
Oltre a tutto ciô si trova nelle date
Regole del N. A. un' altra difficoltà, cioè
l'assegnamento del tempo preciso di prescrizione
che mérita ciascun delitto, e del
tempo che si deve assegnar per leprove.
Si è accorto

)( 195 X
si péril eguali a delitti disuguali, -ualutando
il tempo délia carcere o délia prescrixjone
précèdent! la senten^a corne una
pena. Temendo poi l'A. di non essersi
bene spiegato, prosegue a parlar cosi .-
Per ispiegare al Lettore la mia idea, distinguo
due classi di delitti, La prima è
quella dei delitti atroci , e questa cotnincia
dall' omicidio, e comprende tutie le
ulterieri scelleraggini. La seconda è quella
dei delitti minori. Questa distinxjone
( continua l'A. ) ha il suo fondamento
nella natura umana. La sicure^a délia
propria vita è un diritto di natura ; la
sicnrtxx a dei béni è un diritto di Société
. Il numéro dei motivi, che spingçn
gli ttomini cltre il naturale sentiment
o di pi et à , è di gran lunga miflore
al numéro de' motivi, che per la naturale
avidità di user felici li spingono
a violare un diritto, che non trqvano nei
loro cuori, ma-nelle conven^joni délia Sotietà.
Quindi viene a condudere > che la
massima differtnxa di probabilità di queste
due classi esige, che si regolino coït
diversi principj. Net delitti pih atroci,
perché p'ni rari, deve sminuirsi il tempo
delf esame per ïaccrescimento délia probabilité
dell' innocenta dei reo, e deve crescere
il tempo délia prescri?ione, perché
dalla definitiva sentenra délia innocenta,
N 2 o

)( ipô )C
« rcità d' un uomo dipende il tûgliere là
lusinga délia impunité, di cui il danno
ertsce coil' atrocità del delitto} ma nei delitti
minori scemandosi la probabilità dell'
innocenta del reo, deve crescere il tempo
delP esame, e scemandosi il danno dell'
impunit à, deve diminuirsi il tempo délia
prescrizjone . Una tal distinxjone di délitti
in due classi dovrebbe ammettersi, se
ftltrettanto scemasse il danno dell' impunita,
quanta cresce la probabilità del delitto.
Cosl l'A. matutto maie, e tuttoper
astrazioni.
E' detto maie e troppo astrattamente
in primo luogo, che la probabilità det
delitti è in ragione inversa délia lero atrocità,
perché la probabilità e la verità
d' un delitto sono afïàtto indipendenti dalla
suamaggiore, o minore atrocità: il più
atroce delitto potrà essere più probabile e
jl più certo di qualunque delitto minore ; e
se si parla délia probabilità relativamente
ai Giudici che inquiriscono di qualche delitto,
affermo che questi devono credere
più probabile un delitto atroce, che un
delitto minore; perché in fatti è più facile
si trovi un calunniatore che accusi
un innocente d'un piccolo delitto, ched'
un fatto grande ed atroce; e si vede che
si \'erificano più le nuove di fatti strepitosi,
che quelle dei fatti piccoli e cornuai,

)( 197 K
ni, perché anche per. inventare un' atroce
calunnia vi si richiede un ingegno non
comune. AfFermo pero che la probabilité
dei delitti atroci sta piuttosto in ragione
diretta, che inversa ; e se la probabilité
dei delitti atroci stesse in ragione inversa,
corne prétende l'A., cioè in una ragione
tanto minore quanto è più grande
l'atrocità d'un delitto, bisognerebbe dire
che tutti i delitti atroci sono impossibili
; e che difficilissimamente si possono
provare.
Ho detto in oltre che quella proposizione
dei N. A. è troppo astratta , e la
ragione si è, perché in pratica si puô trovare
uguale, o di.suguale facilita e difficoltà
respettivamente in provare un delitto
atroce, che un delitto minore ; e
perô quand' anche la probabilità dei delitti
atroci stesse veramente in ragione inversa,
o duplicata, o semplice corne si
voglia, nd ogni modo una tal regola non
si potrebbe mai ridurre in pratica, né
anche se i Giudici fossero più abili Calcolatori
dell' Hetilero. lo prego dunque il
nostro singolarisshno A. che in avvenire
non voglia più abusarsi in questa maniera
dei termini matematici ; perché pur troppo
sicomincia aspariaredi questa utilissi-
Kia Scienza dei pochi, ed accusarla dei difetti
tanto abborriti e dilcggiati délia Scolastica.
N j In

)( i*8 )(
In secondo luogo, dato ancora che la
probabilità dei delitti stia in ragione inversa
délia loro atrocità, nego che si
debba scemare il tempo délie prove e
crescere quello délia prescrizione, come
vorrebbe l'A. ,e sostengo che anzi il tem*
po délie prove dev'essere prolungato ed
accresciuto di vantaggio, appunto perché
si suppone, che il tempo délie prove
non deve avère altra misura che quella
délia difficoltà di poter provare un dato
delitto, e l'importanza che vi puô essere
nella sua scoperta e nella sua verificazione.
Quanto poi ail' accrescimento dellâ
prescrizione , nego che i delitti atroci
abbiano o meritino veruna prescrizione ,
toltone quella che potrebbe far godere ai
medesimi la grazia e la clemenza dei
Principe; ed allora non si potrebbe chiamare
prescrizione, se non abusivamente.
In terzo luogo non è vero, che la sicurera
dei béni non sia un diritto di
natura, ma solo di Società. I béni in
certo grado ci sono egualmente necessarf
che la vita , perché senza certa porzione*
di béni si morirebbe di famé o di freddo
; dunque s' è narurale il diritto alla sicurezza
délia propria vita, lo sarà dei pari
quello délia propria roba. Di più, re^
lativamente alla Società , tanto potrà esser*
nostra la roba che la vita.
E'

)( W X
E' falso finalmente ciô che dice V A.
che gli uomini non trovino ugualmente net
Ino cuori il sentimento, che non si devc
toccare la roba altrui, e queilo che non
si deve loro levar la vita . Non sono
le leggi délia Società che ci vietino P
abusarci dei béni altrui, ma la Legge di
Natura ; la Società non è che la custode
d' una tal Legge. Se P uomo non avesse
un diritto naturale aile proprie sostanze,
dunque un uomo che viva separato da
qualunque Società , potrà essere spogliato
impuneinente ed impeccabiimente di tutto
il suo. Questa si è una conseguenza
drittissima di quel principio del N. A.,
principio per altro chemenato ancor buono
non proverebbe, ne che la probable
lità dei delicti sia in ragione délia loro atrocita,
ne che a simili delitti si àebb'i
scemare il tçmpo délie prove, ed accrescere-
quello dell' abusivamente chiamata
prcsci';/.ii)ne degli stessi delitti atroci:
Vediamo adesso le pessime e scandalo»
se coflseguenze, che il N. A. h& dedotte
dai soprannotati. suoi principj, là dove
paria dei delicti di prova difficile, tfi sono
alcuni delitti ( comincia a dire ) cbe^f'Jfr'ô:
sono nel medesimo tempe fréquent'/ ntllavatiSiii-,
Società e difficile a provarsi, e in que- 1 ''
sti la diffcoltà délia prova tien luogo
délia probabilità dell? innocenta,' ed &
N 4 dan-

danno delP impimità essendo lanto mens
Variabile , quanto la fréquenta di questi
delitti , dipende da principj divers! t
dali' tmpumtà medesima ; il tempo dell' esaine
e il tempo délia prescrizjone de-
Pas- vono d'rminuirsi egualmente (a).
¥." dunque d' opinione 1' A. che la difficoltà
délia prova debba tener luogo délia
probabilità dell' innocenta dove si tratta
di delitti frequenti, per quanto esser
possano dannosi al ben pubblico ; e pero
si maraviglia, che gli adulterii e la Prêta
libidine, che sono delitti di difficile
prova, siano quelli che seconda i principj
ricevuti ammettano le tiranniche presunxjoni,
l-e quasi prove, le semi-prove ( quasi
che un uomo potesse essere semi-innocente,
e semi-reo, cioè semi-punibile, e
semi-assolvibile ) dove la tortura esercita
il suo crudele impero nella persona delP
accusato , nei testtmonii, e per sino in tutta
la famiglia di un infelice, corne con
iniqua fredde^a insegnano alcuni Dottori,
che si danno ai Giudici per narrna
e per Legge.
Io non diro niente qui délia rnassima
rovinosa del N. A. che nei delitti frequenti
la difficoltà délia prova deve tener
luogo délia probabilità dell' innocenta ,
perché bisognerebbe discender ad esaminar
troppi esempj, e perche si vede ch' egli
con-

^ X MI X
confonde il minor rigore, con cui si devono
punire i delitti frequenti , colla probabilità
dell' innocenza, o délia reità di
questa sorte di delitti ; onde o dice una
Ofisa inutile, o avança una cosa falsa.
Ma non posso pero a meno di non avère
Iiietà di lui che déride le quasi proie , e
e semi-pyove, e che non sa capire corne
possano trovarsi dei serni-rei, e d& seraiivmocenti,
e che non abbia riflettuto , che
i Criminalisti si servono di quei termini
per esprimere le prove di reità, o d'innocenza
, soltanto relativamente aile notizie
che puè avère il Giudice délia reità
o dell' innocenza d' un reo , e non già rispetto
al reo od ail' innocente. Questa
si è una disattenzione tanto meno perdoîiabile
nel N. A. quanto ch'egli stesso insegna,
che la difficoltà délia prova debba
tener luogo délia probabilité dell' inuocen-
K a -
Il fine per cui 1'A. ha premessa la
detta massima è stato, corne apparisce,
per dar del colore a quello che volea scrivere
per raddolcir 1' orrore dell' adulterio ,
ed effèttivamente dice délie gravissimeco -
se in commiserazione di questo delitto ;
ma vi frammette délie proteste tanto scaltre,
che non si sa cosa dirgli ; solo notera
, che la fa perfino da Nevvtoniano,
dicendo (a) che l'adulterio è un delitto il'
si~

)( 202 )(
simile in molti casi alla gravita motrice'
dell' uni-verso , perché corne essa diminuisce
colle distante , e se f una modifient
tutti i movimenti dei corJ>i, cosi Paîtra
quasi tutti quelli dell' animo finebh durail
di lui periodo . Quest' idea nondimeno ,
e questo paragone tra J'adulterio, e 1'
attra^ione tmiversale ha 1'unico difetto,
che suppone, che l'animo umano sia simile
ad un sasso inerte, e che non si verifica
che negli uomini brutali soJamenre
e nei libertinr; siccome é faJsa anche iri
quella parte ove afferma, che la fotza
dell' adulterio è dissimile dalla Legge di
gravita in quanto che questa fi mette i»
equilibrio cogli ostacoli ; ma cbe quella perla
pih prende for^a, e vigore dagli os ta*
coli medesimi ; falsa diceva ancor cotesta
eccezione, perché se gli ostacoli che incontrera
un adultero saranno veri e forti,
faranno perder la forza ed il vigore al
desiderio di commetrerlo.
Un'altra cosa afferma 1' A. (b) cioè che
la jedeltà conjugale è sempre propor^iona'
ta al numéro ed alla libertà de' Matrimoitj.
Ma questa bel la proposizione tanto
simile a quella del che ha tenta
bell' aria d'evidenza , e che veramente è
creduta taie poco men che da tutti i
moderni Politici, bene esaminata perde
subito tutto il suo bel colore, e se si
a-

)( m X
analizzerà , si troverà anche falsa ; perché
non vogliodire se la fedeltà conjugale sia
minore in Italia, dovc il numéro e.lalibertà
de'Matrimonj sonoassai scarsi , che
in altri Regni, dove ed il numéro dei
Matrimonj, e la libertà dei medesimi sono
pieni ed universali . Siccome non voglio
neppur star a cercare se questa. fedeltà
sia stata minore v. gr. in Roma ai v
tempi di Giulio Cesare, che al tempo di
Clémente XIII. e molto manco ricercherù
se siano in maggior numéro gli adulrerj
che si commectono ordinariamente
da 10. Conjugati , o da 10. Liberi. Se
poi l'esamino coli'altro metodo , veggo
che si dovrà dire, che siccome gli uomini
hanno maggipre incitamento, e desideno
di fare un buon trattamento nelle Città
dove più régna il lusso, che altrove ;
e siccome parimente è più facile che commetta
un furto un uomo avvezzo ai ladronecci,
che quello che non ha mai rubato
; e siccome in oitre dal maggior desio
di varj divertimenti ne misce il maggior
uso dei medesimi, cosl dal maggior numéro
dei Matrimonj. A parlarsi più chiaro,
Padulterio non si commette permancanza
di Matrimonio ; ma per desiderio
di quello d' altrui ; ora è certo che il maggior
desiderio dell' altrui nasce dal maggior
possesso dei proprio, perché più de-
si-

)( ao4 )(
sidéra chi più ha, corne segue in tutte
Paître cose. Si dica dunque cosi i. verità
fisica, che è più disposto all'Adulterio,
e ne ha più desiderio un conjugato,
che un non conjugato: 2. verità pratica,
che i conjugati si annojano délia
propria conjuge 3. verità metafisicamente
évidente, che se dieci conjugati mancheranno
in un paese, dove tutti sono conjugati
, faranno più adulterj, che non
commetterebbero in un paese dove si trovano
délie Donne libère.
A tutto ciô va aggiunto la minor gelosia
che resta nel maggior numéro dei
conjugati, cosa che facilita Padulterio:
il pregio in cui è tenuto il celibato: la
stima délia bella virtù délia Castità : la
forza delP esempio : la repression che cagiona
la vera Religione : la maggior tranquillità
che si trova nella vita celibe :
e si \ edrà cosi, che la detta proposizione
non si trova vera, che soiamente per
una ragioi>e astratta ; talchè penso che sia
più certo che „ la fedeltà conjugale è
,, sempre proporzjonata alla qualità de*
„ âlimi, alla stima che si ha fer la iiir-
„ tu délia Castità , ed alla força délia
„ Religione. „
Si sa che Padulterio è un peccato,
che si oppone aile Leggi di satura ; certo
essendo , che se fosse un' azione lecita presto

X m )(
sto presto le Donne cesserebbero didir
tlella proie, e che le Società resterebber»
prive d'uomini; si sa parimente, che 1'
adulterio è la cagione dei più gran disordini,
e dei più gran mali che si deplorano
in tutte leFamiglie, odio tra i conjugati,
trascuratezza dei proprj figliuoli e
délia propria casa, impegni e risse con
tutti; contuttocio, ecco corne ha scritto
il N. A. di questo peccato, per levarne
1' odiosità e la gravita : se io avessi a
parlare ( dice(a) ) a Na^/oni ancora pri-t'î P«î.
ne délia Itice délia Religione, direi, cbe''
•vi è ancora un' altra differenxa considerabile
fia questo- e gli altri delitti ; Egli
nasce dall' abv.so di un bisogno costante
ed universale a tutta l' umanttà, bisogno Di „„
( aggiugne con un'indegna lepidezza) an*w«: c
teriore, an-^i fondatore délia Società me- larl %
détint» ; laddove gli altri delitti distrut- ""'"' •
toi di essa hanno un' origine più déterminât
a da passioni momentanée, cbe daim
bisogno naturale. Ma è falso che tutti i
delitti non nascano da un bisogno naturale,
benchè non tanto générale quanto il
primo; è falso ancora, che perché l'adur
terio nasce da un bisogno naturale e générale
, perciô non si debba gravemente
punire ; perché lo stesso N. A. ha insegnato,
e prétende che la misurs délie pene
debba essere il danno^che si f.i alla
Se»

Società ; P abuso dei più costanti e dei
più generali bisogni è quello che più distrugge
le Società, tanto è vero, che la
natura dell'uomo è guasta e sconcertata.
Passiamo adesso ad esaminare un Articolo
di quest'A.che io lo giudico il peggiore
di tutti gli altri, ed una cosa che
trovo più degna di nota nel Libretto che
abbiamo esaminato sin qui, e la quale è
una viva pennellata dove si vede manco
equivocamente il mal talento dell'Autor
suo, fors'anche il primario fine e motivo,
che ha mosso lo stesso Autore a scrivere
un tal Libretto, e questa consiste in
ciô che scrive nel lungo Articolo délia
pagina 92. in cui si scatena in verità enormemente
contro le pêne, con cui i
Principi Cattolici puniscono i delitti d'
Eresia ; e quel che più mostra Panimosuo
cattivo è dove parla altresi di queste père
, esorbitantemente esagerandone la per
altro giusta atrocità, nello stesso tempo
che si protesta di non volerne parlare.
Ecco pertanto 1' odiosissimo Articolo.
Cbiunque leggeràyuesto scrilto( diceP A. )
accorgerassi, che 10 ho emmesso un génère
di delitti, che ha coperto /' Europa distingue
, e che ha alxate quelle funeste catastc,
oi

)( :o7 )(
cieca tnoltittidine, l'udire i sovdi confiai
gemiti dei miser*, cbe uscivano dai vortic't
di nero fuma, fumo di membre uma*
ne , frai h stridore delP ossa incarbonite e
il friggersi délie viscère ancor palpitant!.
Ma gli uomini ragionevoli vearanno (avverte
lo stesso ) cbe il Itwgo, il tempo ,
il Secolo, e la materia non mi permettano
ai esaminare la natura di un tal dclitto.
Troppo lungo, e fuori del mio soggetto
sarebbe il provare corne debba essere necessaria
una perfetta unijormità di peutieri
in uno Stato , contre l'esempio di
moite Na%ioni j corne opinion i, cbe distano
tra di loro solamente per alcune sottilissime
ed oscure différence, troppo lontane
dall' umana capacifà , pure possano scon-
•volgere il ben pubblico , qtiando una non
sia autori^ata a preferen~a délie ait) e ;
e corne la natura délie opinion! sia composta
a segno , cbe mentre alcune col, contrasto
fermentando , e combattendo insieme
si risebiarano, e soprannotando le vere ,
Je false si sommergano nelPobblio ; attre
mal fièvre, per la mu/a loro costanzji,
debbano esser vestite di autorité e di
foi\a. Troppo lungo sarebbe il provare ,
corne, quantunque odioso sembri V impero
délia for%a suîle menti umane, del quale
le sole conquiste sono la dissimulaxjone,
jndi l' avviUmento • quantunque sembri
con-

)( 2û8 )(
contrario allô spirito di mansuetudine ?•
fraternité comandato dalla ragione e dall*
autorità che p'ih veneriamo; pure si* ne-
Ct'ssario ed tndispensabile. Tutto cib deve
credersi evidentemente provato, e conforme
ai veri interessi degli uomini, se
?>' è chi con riconosciuta autorità /' eserci"
ri. Io non parlo che dei Delitti ec.
Ma quanto saria stato meglio per 1*
Autore, torno qui a dire ancor io , se avesse
lasciato di parlare di questa materia.
Avrebbe almeno cos) risparmiato ase
stesso la confusione di venir giudicato
da tutto il Mondo ragionevole, per un»
nemico del Cristianesimo, per un cattivo
Filosofo, e per un cattiv' 1 uomo ; perché
realmente questo , benchè brève suo ragionamento,
è pieno di velenosa amarezza,
di calunniosa mordacità, di perfida dissimulazione,
di malignaoscurità, e di vergognose
contraddizioni. Io non gli fo il
menomo aggnvio. Dopo ch'egli ha trattato
d 1 ingiusto e cl'inumano il gastigo,
che si dà ai delitti contro la Religione ;
dopo aver chiamati sottigliez%e ed osçurità
i Dogmi più sublimi del Cattolicismo,
anzi dopo averli trattati da semplici
opinion!, mal sicure-, e false ; dopo tutto
ciô, dico , confessa o vergognosamente ,
o maliziosamente che quantunque od'wso
sémbri Pimpero. délia for^a ( délia Reli-

)( aoj» )(
gione ) sulle menti umane, e qv.ammique
sembri contrario allô spirito ai mansnetuiline,
e fraternità comandato dalla ragiotie
e dair aiitorità cbc più veneriamo ; ad
modo SIA NECESSARIO ed INDI­
SPENSABLE; e che tutto ciè deve credersi
EVIDENTEMENTE PROVATO ; e
CONFORME AI VERI INTERESSI DE-
GLI UOMINI. Confessa quest'A utore che
il metodo di punire i Delitti contro la
Religione è necessario ed indispensable,
e che ciô deve credersi evidentemente provato
e conforme ai feri interessi degli
nomini ; e non di meno inveisce furiosamente
contro questo giusto, e necessario
rigore, peggio che se fosse affatto inutile,
ingiusto, e contrario alla ragione.
Ma se le sue arrabbiate invettive sono un
efte.tto délia sua sacrilega awersione ai
giudicj.délia Chiesa, e ai dogmi del Cristianesimo
; qucsta sua confessione è l'effetto
délia forza dell' efficacissima verità,
anzi délia permissione dell' Altissimo, che
ha sempre saputo estrarre dalla stessa bocca
de'suoi più ciechi nemici k p'iii terfibili
verità.
Io ho dovuto kggere moite délie più
celebri Opère di Storia e di Controversie
Ecclesiastiche scritte dagli antichi e
moderni Protestanti, di tutte leNazioni,
e di tutte le Sette. Questa spcck di O-
Tomo III. O pe-

)( no )(
père sefnbra che siâno state scritte dai
ro Autori più per isfogare il furore, che
gli animava contro Roma, e contro il
Tribunal dell'Inquisizione, che per raccontarci
dei fatti , o per esaminare e
rischiarar délie quistioni ; Onde è facile 1'
immaginarsi quanto debbano essere frequenti
5 patetiche, ed esagerate le di costoro
Invetrive contro la detta Corte, c
contro 1' accennato Tribunale • con tutto
ciô è vero il dire, che non se ne trova
pur una tra tante, che sia scritta con più
odiosi, e più neri colori, e con più sacrilegâ
impostura di quella del N. A.
perché in nessuna ho potuto osservare ,
che vi si dicfl con tafita asseveranza coin'
egli fa quasi che fossero semplici abbellimenti
dell'Arte, che il sangue degli Eretici
condanuati aile flamme abbia coperto
l' Etiropa di sangue utnano : e che
sia statro un giocondo spettacolo ed una
grata armonia per la cieca molthudïne
( Cattolica ) /' udire i sordi confusi gemiti
dei miseri ec.
Se io non mi fossi fatta la Jegge di
voler notare il libro del N. A. senza ser*
virmi d' altre armi che délie sue proprie,
e délie sole ragioni che si chiamano
naturali, ed in oltre di trascurar ogni
sorte d'autorit.à e di erudizione, anche
la più necessaria e la più opportuna a
que*

X w< )(
queste mie Osservazioni ; se io non mi
t'ossi fatta questa legge, diceva, avrei qui
potuto far vedere, con quanto apparato
d'erudizione potrebbe dimostrare un zelante
Cattolico contro il N. A. i. Quanto
poco considerabili siano le pêne fatte
soff'rir dai Cattolici agli empj ed agit
Eretici in confronto dei crudelissimi ed
iniquissimi tormenti, che le Nazioni Pagane
e le Sette di tutti i tempi hanno
fatte eseguire o contro i Cristiani , o
contro gli Eretici , o contro gli avversarj
Settarj. 2. Quale sia stata la esatta, e perfetta
giustizia con cui hanno proceduto i
Giudici Ecclesiastici alla condanna degli
Eretici, e con quale eccesso di clemenza
gli abbian trattati prima di farla eseguire
affine che si riconoscessero, che si ravvedessero,
ed evitassero il meritato supplicie
5. Quali -siano state le dimostrazioni
e gli atti di vera comp^ssioue , di
commiserazione, e di rincrescimento, che
hanno fatte vedere i Popoli Gattolici ,
che si sono trovati ad essere spettatori
délia funesta, ma giustissima morte degli
Eretici e degli Empj . 4. E quanta sia
l'ignoranza , e l'ingratitudine con cui alcuni
moderni Scrittori, i quali corne il
N. A. esagerano Je stragi che sono state
occasîonate dalle verità del Vangelo ,
tacendo sempre i béni ed i vantaggi in-

)( tai )(
rîiiiti, grandissimi, apportati a turto il génère
umano dalla luce dell' Evangeliche
Verità, dalla morale Cristiana, e dalla
dottrina , dall' industfia , e dalia perfezione
dei costumi de' suoi veri seguaci. Io
âvrei potuto portare e provare tutte coreste
verità, ripeto, per dimostfare, che
la più manifesta e la più atroce calunnia
che si possa invcntare è quella dell'
Autore, che ha scritto , che la Sista
ddh cataste ove si bruciavano 'vixn gli
Eretici ëra per la molthudine cattolica uno
spettacolo giocendc, ed una grata armonia
; Ma 10 Tion amo di far pompa d'erudizione,
e d' altronde 1' impostura è
tanto evidenfemente contraria a' fatti, che
sarebbe superfluo il confutarla,
La stupidezza poi va del pari coll' impostura
nel ragiofiamento del N. A. Dite
che sarebbe troppo lungo il provare
corne possa esser necessaria una perfetta
uniformità di pensieri ( cioè di Religione )
contro P esempio di moite Na^ioni. Come
mai troppo lungo soltanto il provare se
uno Stato viverà più tranqpillo politicamente,
se avrà una sola Religione, che
se le ammetrerà tutte J Poi quai cecità
parlare délia Religione come se questa
fosse una semplice niassima di politica ,
e domandare se debba conformarsi coll'
esempio délie akre Nazioni ? Se una Re»

ligione è vera , sarà sola , e chiunque crede
che la sua è 1' unica e sola vera Religione,
sarebbe uno stolido se demandasse
, se in materia di Religione si debba
uniformare ail' uso délie altre Nazioni ?
che se poi la crede falsa non è da Filojofo
esitare....
Se la Religione rappresenta un uomo
che tocchi colla testa il nostro Globo, e
che abbia le sue piante appoggiate in Cielo
; tutta quella parte délia figura di quest'
uomo, che potrebbe esser veduta da noi,
stando sul nostro Globo, sarebbe quella
parte, seconde» me, che rappresenta la
più perfètta politica per governare gli
uomini. Se la nostra Politica non è una
parte visibile délia vera Religione non
sarà mai buona Politica, ma una vaga,e
guasta Filosofia ; e la nostra Politica sarà
ranto più sana quanto più corrisponderà
ad una parte più grande délia figura immaginana
di quest' uomo.
Ma se la Politica corrisponde a quello
che si chiama corpo umano ; allora sicco-
•me questo non puô viver sano, se quella
che n'è l'anima, non è sana e tranquilla
, si veda quindi se non sia da forsennato
il cercare, se la Religione sia una
cosa da doversi adattare ail' esempio délie
altre Nazioni? Anche il più célèbre
fra i Politici Ateisti ha scritto, che la Re-
O j li-

X "4 X
ligione si deve far trionfare in tutte le
occasion!. Ma come pensera di farlo cbi
dubita se in questa materia possa esser
meglio l'accomodar le Massime délia propria
Religione a quelle délie altre Nazioni
? Trattanto pur troppo noi siamo assicurati,
ed impariamo daH'alrrni esempio
quanto sia funesta la tolleranza di
tutte le diffèrenti Religion!; e sappiamo
di più quanti Regni siansi trovati costretti
ad erigere una specie di Tribunale con-
.tro i Libertini ed i Spiriti Forti, il quale
sarà anche 1' unico cbe li potrà libe-
.rare dalla tempesta che lor sovrasta • e
non bisogna confidare perché sin qui la
tolleranza non abbia ancora avuto più funeste
conseguenze. Anche le nuvole più
nere e le più gravi restan sospese in a-
. ria per qualche spazio di tempo ; ed io
.non sono ne fanatico, ne visionario.
Afrinchè poi apparisca seinpre più o
il disprezzo che ha il N. A. per le Dotfrine
del Cristianesimo, o la sua imperizia
circa quelle per cui siam separati da
• tutte le Sette, notero qui di nuovo ch'
• ej>li chiama queste Dottnne semplici, sotttlissime
, ed oscure différence .
Immediatamenre dopo coteste parole,
conforme le ho rjportate di sopra^vi sono
le seguenti : Troppo lungo sarebbeesaminare....
come la natura délie opinion!
sia

X tis X
sia composta a segno, cbe mentre akune
col contrasto fermentando e combattendo
insieme si rischiarano, e sopratmuotando le
vere, le false si sominetgono nelf ablio •
altre mal si cure per la nuda loro costan-
%a debbano esser vestite di autorità e di
/EWO. Coteste parole sembrano oscure ;
ma danno un senso assai cbiaro, e tutta
la loro oscurirà è voluta ed affèttata dall'
Autore, perché veramente il loro senso è
pcrverso ; perché ecco come io le interpreto.
Sarebbe troppo lungo jl provare
come i Dogmi délia religione Cristiana
dopo qualche esame, parte di essi sono
creduti per veri, e parte vengono rigettati
come falsi : e perché segua, che alcun'altre
délie stesse dottrine, benchè false
e ridicole, e che non hanno altro merito,
che quello di essere credute buone
dai Cattolici ostinati, siano perô dai medesimi
Cattolici sostenute, sino a far abbrugiare
chi le volesse negare. Cosi intendo
io quelle parole, e non dubito punto
che questo non sia il loro vero senso
; nondimeno perché potrebbero avère
un senso manco odioso per conto délia
scaltrezza colla quale sono ordinate, perciô
io mi dichiaro, che non intendo si
debba stare alla mia interpretazione. So
sino a quai segno si possa penetrare nello
spirito d'un Autore; e. so cosa pre-
O 4 scri-

)( »* X
îcnvono le buone regole di Crinca da
osservarsi nell' interpretar gli aitrui detti,
e gli aitrui sensi.
Io non ardisco pertanto d'assicurare,
che il vero sentimento di quel passaggio
dell' Autore vada interpretato conforme
l'intendo io ; dico bensl che se il senjo
che io gli do fosse quello del suo Autore,
( de! che quanto a me non ne dubito
niente ) allora comparirebbe sempre
più rea la contraddizione, con cui 1* A.
dà fine al suo discorso intorno ai delitti
contro la Religione ; perché quale più
rea e più esecrabile incoerenza, quanto
scrivere che le Dottrine più auguste ,
più venerabili, e più interessanti deile
Sacre Scntture non sono che semplici opinioni
umane, che queste chiamate opi^
nioni possono accomodarsi con quelle
délie altre Nnzioni, e che di più possono
essere vere e false, e poi confessare
che sia cosa necessaria il punire col più
orribile supplicio quelli che rigettano simili
opinioni , o che non differiscono
dalle stesse che in alcune sottilissime ed
oscui'e différence, e protestare che tutta
cio deve credersi evidentemente prov.no,
e conforme ai vert inieressi degli uomitiiî
Se quitta non è debolezza di spirito, quai
sarà mai? E se questa è la forza degli
Spirità Forti dei nostri di, quai debolezza

)( m x
za maggiore di quella dei nostri Spiriti
Forti ?
L'Articolo che abbiamo notato sin qui
k quello che da fine alla materia dei Delitti
e délie Pêne, conforme l'ha trattata
il N. A. perché si affretta a terminare il
suo Libro con toccare assai leggermente
i secando il suo costume, gli altri Artico]i
ch'ha voluto aggiugnere. Tra queçti
il primo si è quello dove parla délie
fake idée d'utilità, che si formano i Legislatori
; e dice qui (a) che è una fa!fa [f Pag "
tftca d' utilità quella che trasatra i moti~ Deiu !•
•vi présent] per dar for^a ai tentant ; Ùiiiiii.
che chiama di debole impressione. Intendtrebb'egli
qui per avventura, che sia
una falsa idea d' utilità pensare più aile
cose spettanti alla Religione ed eterne,
che aile temporali e presenti? Sappia che
si puô far J'uno e l'altro : sappia che
chi non ha cura délie prime trascurerà
e riuscirà maie anche in tutte Je altre ;
sappia finalmente che la Politica disgiunta
dalla Religione non ha mai ben sussis*ito,
ne mai potrà sussistere. La Religione
è quella che fa che i sudditi siano
ubbidienti, ed i Sovrani giusti. Se la
Religione non è compatible colla Politica
d' un Ministro si dovrà dire, che non
Jo sarà neppur con quella dei sudditi e
dei nemici dello Stato ; che sarebbe un
fu-

)( M8 )(
funesto, e rovinoso principio. La più
gran félicita di questo Mondo sarà sempre
un punto, se si considérera come
staccata dall' Eterna. Pensare più a quella
che a questa, è lo stesso , che far più
conto délia parte che del tutto. E v tanto
naturale ail' uomo la Religione, quanto
•lo sono il timoré e la speranza, e P idea
di bene e di maie.
Nella stessa pagina dice che /' uomo so-
•ciabile è qualcbe -volta mosso dalle maie
Leggi a offender ait ri : Ma io non se>
quali siano coteste maie Leggi. Tutte le
Leggi délie pulite Nazioni ad altro non
tendono che a riunire e tener ben legate
le Société per il loro maggior vantaggio;
ed è una franchezza inaudita l'afp»s.
fermare, come ha fatro (a), che » wc^ri
impiegati fin' ora per rendere felici gli
Stati siano per lo più falsi ed opposti al
fine proposto . Ci mostri dunque 1' A,
quali sono i migliori mezzi per conseguire
una taie félicita. Tutto quello che
ha chiamato cattivo, abbiamo veduto ch'
è buono ; e tutto quello che ha dato per
•buono, l'ahbiamo trovato cattivo. Non
è ancora ben dererminato in che consista
la vera félicita d' uno Staro. Certo
che quand'anche una Nazione giugnessea
possedere le maggiori possibili, Popolazione,
Ricchezza, Sicurezza ec. ad ogni
mo-

)( »? X
modo non sarebbe felice, perché è Iddio
solo quello che ci puô rendere , e che ci
rende felici ; e di più, se ad una tal Nazione
se ne troveranno vicine délie altre,
più popolate, più ricche, ec. questa
wfà sempre in pericolo, ne mai abbastanza
sicura. Tutto è relazione.
Si avanza V A. nella stessa pagina 0) £
J art
e dice, che siccome le costant/ esemplicissiine
Leggi délia Natura non impediscono
che i Pianetti non si turbino nei 4oro
moviment't, .cosi nelle Infinité ed opposasshne
attrazjoni del piacere e det dolore
non posscno impedirsene dalle Legg't uma-
}ie i turbamenti ed il disordine. Ma dice
una cosa opposta a quanto ha scritto
su la costanza del bene e del maie, e
•ai più tutti sanno esser impossibile 1'
impsdire tutti i disordini, ma non per
questo dobbiam tralasciar d'impedirlijanzi
questo è lo scopo délie Leggi e dei
Legislatori.
Non ardirei decidere se I* A. parli da
senno nella pagina 96. (b) dove dice, che m «t
se la probxbilità dei delitti èproporrjonata *•
.al numéro dei motivi, /' ampliare la sfe-
,ra dei delitti è un cvescere la probabilité
di commetterli : ciù che so di certo
è ch' egli equivoca orrendamente. Quanào
anche le azioni cattive fossero d' un
numéro infinitamente grande, devonotutte

)( w> X
te e c ser punite a proporzione che farrno
danno allô otato. Non è la pena che
accresce il numéro dei delitti, ma sono i
delitti che meritano gastigo. Che ha che
fare il numéro dei. delitti colla loro gravezza?
Giammai un Governo severo per
sua narura e costituzione è, stato cagione
che si commettesse un maggior numéro
di delitti ; anzi è seguito sempre
tutto l'opposto. Il timoré conserva i Regni.
E* più viva e più générale negh
uomini l'avversione al dolore, che 1' mclinazione
al piacere.
Di sopra si lamentava che le pêne e>
le leggi sono troppe in numéro ; e nelU
rt
' stessa pagina 00 si lagna, che la mag-
io/- parte délie Leggi siano privilegi .
f e ciô non è coutraddittorio, per lo meno
è falso ; siccome è vano il pretendeig.
re (è) corne fa V Autore , che gli uornini
temano solamente le Leggi e non altro,
nello stesso tempo che crede incompatibile
la Religione col buon governo d'un»
Sta'o, e collo Spirito délie sue Leggi. La
Filosofia umana non ha mai avuto forza
di far che gli uomini temano le sole Leggi
e non altro; ne mai l'avrà. L' A.
nondimeno suppone vero il contrario; e
•s- per6 afferma \è) senza fire nessuna equazione,che
gli uomini scbiavi sono pi h -vo-
Ititttwi, pih lièertsm, e pw, erudeli de-

)( »1 )(
gli uom'mi liberi ; ma taie proposizione
nel Secolo corrente è contraria ail' esperienza
; e poi non è sperabile, che tutti
possano diventar liberi e ricchi ; là disuguaglianza
délia libertà e délie ricchezie
è tanto fondata su la natura dell'uomo,
corne lo è, che uno abbia naturalmente
una forza di corpo e di spirito
maggiore degli altri. Ci vuole del
giudizio per essere buoni Cittadini, e non
la libertà e le ricchezze, quantunque sia
vero che la troppa schiavitù e la troppa
miseria producano lo stesso effetto,
che la troppa libertà e le troppo grandi
opulenze.
Dopo cio ripiglia , («) non si sa a quai ^ p *s;
proposito, a parlare dei cattivi effetti ,
che rfeve produrre l'incertezza délie Leggi
nelle Nazioni di clima différente, ma
t-utto metafisico , tutte cose, che per mille
combinazioni possono avère un effetto
différente, ed anche contrario. In seguito
poi avanza proposizioni cosl strane
che non gli si puo tener dietro. Voleté
prevenire i dditti ? ( dice ) {b) Fate che (/•) Pagi
lurii accompagnino la libertà . I mali slc "'
che nascono dalle cogni^loni sono in raione
inversa délia ' loro diffusione, e i
eni sono nella dlretta. Cosl l'A. ma io
penso che l'uomo di venta peggiore aproporzione
che diventa più libero. La sperien-

)( 1* )(
rienza dei moderni libertini, e delle Nazioni
selvaggie ne sono la prova . E" lo
stesso dire maie, che libertà di poterlo fare,
ed i lumi precipitano spesso in maggiori
e più dannosi mali . Non tutti poi
sono buoni per le scienze ; ne so se tor»
nerebbe bene che tutti fossero tali. La
maggior parte degli uomini più che stu*
dia, manco impara . Il talento per le
Scienze è una casa da se . I gran lumi
sono rarissimi, ma tutti possono osservare
le Leggi. Se tutti gli uomini si applicassero
aile Scienze, nel génère umano vi
si troverebbero maggior dottrina, e maggiori
lumi ; ma sempre nella stessa proporzione,
che si rrovano di présente. L'
inclinaziûne degli uomini al mal tare non
sarà mai superata dai soli lumi naturali.
Anzi i maggiori lumi, perche ci fanno
più superbi > ci faranno anche più arditi
nel trasgredire le Leggi . Un uomo cattivo
con molto talento farà più mali d^
•uno che n' abbia poco. Del resto e 1 suppone
maie che dalle cognizioni e dalle
Scienze possa sortirne delmale: dovea dire
dall'abuso delle cognizioni; ed i mali
di quest' abuso sono anzi in ragione proporzionale
delle stesse cognizioni; ed ha
inutilmente applicato, l'inversa; e la d\rctta
; perché tutto quel maie delle cogni»
zioni è una niera supposizione.
lui-

x "Oc
Immediatamente dopo k riportate parole,
l'Autore vi aggiugne le seguenti (a), M^e-
Un aràito impostore , che è sepipre un uov
mo non volgare, ha le adoration! d' un
pepolo ignorante, e le fischiate d' un il~
luminato. A questo nspondo, che delP
impostore va bene; ma un uomo iniquo
inganna tanto il popolo , che le persone
illuminai*; ed anzi più queste, che quel-
Jo ; supposto che per uomo illuminato
J'A. non intenda il furbo ed il malizioso.
Quando tutto il génère umano sarà
assai più illuminato di quello che lo è
di présente , saranno più illuminati anche
gl' impostori ed i fùrbi ; e cosi saremo
sempre nello stesso caso . Bisogna
dunque trovar la maniera di accrescere la
buona volontà di far bene, e non il numéro
délie cQgnizioni. Del resto se gli
uomini i più illuminati sono quelli che
osservano le Leggi più degli aJtri, questo
sarebbe un segno évidente, che le Leggi
sono buone.
Notiamo un' altra cosa di quajche rilievo.
Nella stessa pagina {h) parla cosi. La W r '*
moltiplicayone deli'Htnan génère sulla }accia
délia terra introdusse le art! più rc%_-
^e, le prime Leggi, che erano patti mumentanei,
che nascevano colla nécessita, e
con essa peri-vano. Questa ( segue a dire )
fit la prima filosofia degli uomini, i di

-4 X
| ochi iicir.mù erano giusti, perché U
loro indolen^a e poca sagacità li preser-
•uava dalf'trrore, Ora non sembra qui
che si contraddica? Se quei pochi lumi
erano giusti, perché la poca sagacità dei
primi uommi li preservava dall' errore ,
sarà vero per l'opposto, che la moka sagacità
li dovrà corrompere sempre più.
Sarà vero in oltre, che quanto più gli
uomini s'allontaneranno da quei primi lumi
, da quella prima ïiiosofïa , tanto peggiori
diventeranno. Ma come puo questo
stare colla superiore asserzione del N. A.
dove con molto sfoggio di eloquenza ha
scritto, che le cogni^icni facilitando i par
agoni degli oggetti, e -moltiplicandone i
punti di vista, contrappongono molti sentiment!
gli uni agli chri, che si mcdificano
11;cendevolmeme, tanto pih jacUmente,
quanto si prefcggono negli al tri h
medesime l'iste e le medesime resisten^e :
e che perô m faccia ai lumi sparsi ton
profusione nella Uairione taee la calun?
niosa ignoran^a j perché non vi è t'.onio
illuminato, che non ami i pv.bblici, chiari,
ed utili patti délia ccmv.ne sicurez^a
ec. (a).
Nella pagina seguente (h) dopo aver insegnato,
come abbiamo veduto, che in
quei primi rempi vi era di bisogno d'
irupressioni forti e durcvoli, che à 15,10»

)f 2tj K
gîiessero gli uomini dai replicati ritorni
nel primo stato if insociabitità ; soggiugne
cosl : Fecero dunque un gran bene politico
ail' umanità quel primi errori, cbe popolarono
la terra di false divinità , e cbe
crearono un universo invisibile regolatore
delnostro. Ma primieramente la consegtienza
vien poco a proposi'to. Secondo ;
saria .stata meglio per la Società se avesse
creduto sempre una soja Divinirà. Ter-
%o~ nego che il Mondo invisibile sia un'.
invenzione nata solamente nel tempo délie
false divinità ; perché la credenza d'
un Mondo invisibile è coetanea dell' esistenza
dsgli uomini.. Tutti quelli, che ci
danno la Storia dei primi uomini, ce li
drinno per gente che credeva un Dio, e
per conseguenza un Mondo invisibile. Avanzo
di vanraggio. E' più naturale ail'
uomo credere un Mondo invisibile, che:
conoscere quello che vede. Quell' ardito
Sccittore che ha preteso ultimamente dimostrare,
che. il Deisrno sia posteriore al
Folireismo,. ha parlato coerentemente a*
suoi principj, perché ha supposto che il
génère umano nella sua origine sia stato.
più barharo e più ignorante ,. che nel progresso
dei tempo; Ma il. N.. A. chesuppone.
eue la forma originale délia, vecchia,
natura (a)- sia- stata più perfetta délia- pre-GO'fcR.
ssnte ,, si dovrebbe vergognare d? aver. ""
Tome UI„ E chia,-

X "6 )(
chiamata la credenza di moite false divinité
primi errori dell' v.nmnità ; siccome è
degna di censura anche quest' altra sua proa
s- posizione, con cui afferma (a) che ptro*
no benefattori degli ttomini quelli, che o~
sarono sorprenderli, e strascinarono agit
altari la docile ignorança.
Continuando l'A. 1' incominciato discorso
viene a fare questa eccezione. Ma
non parlo ( die' egli ) di quel popolo eletto
da Dio, a cui i miracoli pih straord'rnarj,
e le gracie piîi segnalate tennero
luogo delï 1 umma politica, Non sembra
qui che il N. A. abbia voluto imitare ,
anche circà. il metodo di contraddirsi, i
due Filosofi unicamente lodati in questo
suo libro? Ma se crede sinceramente che
il Popolo Cristiano sia il popolo eletto
da Dio ugualmente, che quell'antico di
cui l'A. qui parla, corne dunque ha potuto
censurarne con tanta atrocità le Leggi,
i costumi, e la Politica ? Se il Cristianesimo
è opéra di Dio, perché dunque
afrermare che la Religione di questo
"Popolo non influisce niente negli Stati,
ec. Cosa mai ( di grazia ) vogliono significare
simili incoerenze di questo Scrittore
?
Fatta quella protesta segue incontanentc
cosl. Ma corne è proprietà deW errera
di sottodividers't ell'infinito , cosi le s-cien-

)( 2Î7 )(
~e, che ne nacquero , fecero degli uomini
una fanatica moltitudine di ciechi, che in
im chiuso labirinto si urtano e si scompigliano
di modo, che alcune anime sensibili
e fjosoficbe regretarono per sino /' antico
stato selvaggw. Lascio giudicare al
prudente Lettore, se il N. A. parli qui
dei primi Cristiani o degli antichi Gentili,
e che quella sua parola regretarono
mi ha fatto discoprire il Plagiato, e de*
terminare sul vero senso ed intenzione,
con cm l'A. ha scritre tali parole.
Ma è anche più malizioso il primo Articok)
delta pagina che segue (a). Qui do-00
po aver detto, che la seconda Epoca dell'
ignoranza e dei disordini del génère umano
è seguita nel difficile e terribil
pêstaggio dagli ivrori alla verità, dall*
oscurità non aonosciuta alla lace : décide ,
e domanda cosi. Ma quando calmati g/i
(inimi, td estinto /' incendia, che ha pr.vgata
la Na^ione dai malt che /' opprrr-wno,
la verità, i di cui progressi prima
sono lenti, e poi accellerati siede compagna
su i Treni de'' Monarchi, ed ha culto
ed ^4ra nei Parlamenti délie Repubbliche
, chi potrà mai asserrre , che la tuée
che illumina la moltitudine sia pin
•daunosa dti/e ténèbre , e che i -vert e
lemp/ici rapport! délie cose ben conesciuti
dagli uomini, 1er sien funesti? Vuole or-a
P 2 sa-

X "8 X
îapere il N. A. chi ha potuto asserire rig
mile paradosso ? M.Rousseau, quel grand'
uomo, che illumina t 1 umamtà che lo perseguita
, (a) quel Filosofo cb' ebbe il coraggio
dalT oscuro , e dispre-^ato sao Gabinetto
di gettare nella moltitudine i prirni
semi htngamente infruttuosi délie utili
•verità. (b)..
Notiam qualcos 1 altro : Se la cieca ignoran^a
( dice l'A. ) (c) è meno fatale , che
il médiocre e confuso sapere, porche questi
aggïugne aï mal! délia prima qv.elli
deW errore inevitabile da chi ha una vista
ristretta al di qua dei confini del "nero
; l'uomo illummato è il dono pih pre-
?joso , che faccia alla Na^ione ed a se
Stesso il Sowano ,. che lo rende depos'ttario
délie santé Leggi, Ma io replico ancor
qui, che se quest' uomo- illuminato
non sarà nello stesso tempo uomo d'onore
e di buona religione, riuscirà funestissimo
alla Nazione, eome sappiamo
ch' è sempre seguito - Se poi è vero che
la mediacrità è nociva ; affermo,. che siccorne-
saremo sempre mediocri,, relativamente
al molto. che ci resta da sapere ,,
cosl che si deve dire, che le scierrze ed i
lumi gioveranno a poco per l'osservanza
délie Leggi. Certo che sin qui quelli
che hanno più- cousiderate e trattate
k Leggi j. corne se fossero. ragnateli, sono.

*
)( «J> %
no state Je persone più illuminâtes, prive
di religione. I più gran taJenci delP Antichità
sono stati gli uomini che hanno
fatto maggiori mali ai génère umano.
Ma sennamo una buona riflessione. Un
ultra me^z° di prevenire i Delitti ( scrive
l'A.) (a) è quello di ricomptnsare la'
Virtù. Su di questo propos'to ( continua
lo stesso A. ) osservo un sihnxjo universale
in tut te h Na^ioni de! di d'oggi.
Se i premj proposti -dalle lAccademie
ai discopritori délie utili -verità hanno
mohiplicato e le cogni-Aoni^ e i buoni Libri
; perché i premj distribuiti dalla
èertefica mano del Sovrano non moltiplicherebbero
altresi le a^joni virtuose ? L-t
moneta del? onore è sempre inesausta e
fruttijera nelle mani del saggio distributore.
Replico qui nuDyamente che.cotesta
è un'ottirna riflessione, benchè. s'.ppponga
aH'opinione di quell' Autore che
prétende, stranamente al suo solito, che
i premj accademici impediscano l'avanzamento
délie Arti e délie Scienze ; ma
simil riflessione ha il difetto d'essere appoggiata
sulla falsa supposizione di quel
disperati Pedanti, che suppongono nffàtto
spenta la razza dei Mecenari ; quando a
loria di questo Secolo certissima cosa
f , che appena si potrebbero trovare dieci
sole Città in tutta l'Europa, che non
P 3 ab-

)( *y»3i
abbiano presentemente qualche Protettor
délie Lettere, e più dotto, e più generoso,
e più amante dei Letterati del tanto
nojosamente decantato Mecenate ; e perciô
confesso che mi fa pena, in vedere
che il N. A. il quale si mostra tanto parziale
de' preg di questo nostro Secolo ,
siasi lasciato trasportare dalla corrente dei
malcontenti sino a dire, che uelle Leggi
di tutte le Na^ioni del d) d' oggi si
osserva un silen^jo imi-versale ; perché cosa
importa che le Leggi non abbiano stabiliti
espressamente dei premj per le azioni
virtuose, qir ndo è certo che rutte le
Leggi ad altro non sono dirette, che a
rendere i Sùdditi Virtiipsi osservatori délie
medesime, affine che i Cittadini si
possano acquistare la grazia e le N ricompense
dei Sovrani i
Si rifletta di vantaggio a questo stesso
proposito, che non si è mai trovato un
Secolo, in cui, come nel nostro, lavirtù
dei Cittadini sia stata più sicura di trovare
onori e ricompense. Nei tempi più
felici e più illuminati délia Romana Repubblica
non v'era niente di fisso, ne
per la virtù, ne per le Arti, ne per le
Scienze ; presentemente più d 1 un terzo
délie rendite di quasi tutti gli Stati di
Europa sono destinate per gli uomini di
merito, e j?er tutti quelli, che sono capa>

)( «i X
• paci di servire il Pubblico ; ed è certo
che da tutti si esige l'onestà e la virtù
prima d'ogni altra cosa, quantunque in
moJti il difetto di onestà e di Religione
siano compatibili coi differenti talenti di
ciascuno. Certo che i maggiori premj e
le più grandi ricompense, che diano gJi
Ecclesiastici, sono destinate ai più santt
ed ai più virtuosi. E' lo stesso di quelli
che destinano i Principi del Secolo a qualche
Governo . La probità, e la Religione
sono sempre le prime considerate da tutti,
e perfiao dai Ministri manco virtuosi.
Per le Arti poi, per le Scieuze, e
pel Militare, giammai vi sono stati tant!
onori e tante pensioni, quanto presentemente.
Gli Sacri Oratori, i Professori
Pubblici di Scienze, i Medici, gli Avvocati,
i bravi Artefici, tutti sono sicuri
d'una pensione , o di buoni onorarj .
Quando mai vi sono state tante Cattedre
e tante Università, quante ne ammiriamo
presentemente ? Quando mai si sono
trovari tant» Principi e tanti gran Persomggi
, che abbiano tanto onorata e premiata
la Virtù e la Dottrina, quanto nel
Secolo in cui viviamo ? Ha fatto dunque
torto a se stesso il N. A. ed al Secolo
présente a scrivere quel suggerimento .
Noi non abbisogniamo ne di maggiori premj,
ni di p;ù grandi onori, ma solo i
P 4 da

X *jO(
da desiderare che siano sempre ben distribuiti.
L'ultimo Articolo del Libro clie abbiamo
percorso, è destinato dal suo A. per
dire corne colla buona educazione délia
nostra Cioventù si possono prevenire i
Delitti. Siccome quest' Articolo non è
molto lungo, e d' altronde contiene qualche
cosa degna d' osservazione , cosl stimo
bene di trascriverlo qui tutto intiero . Eç-
'*h, colo . Finalmente il pih sicuro, ma prit
w-difficii rne^zo di prevenire i Delitti ( aice
!" dunque l'A.) ri è di perfe^ionare l'educa-
": r^ione, oggetto troppo vasto , e che eccedt i
i '. confini che mi sono jprescritto , oggetto
oso anche dirlo, che tiene troppo intrinsecamente
alla natura del Governo, perché
non sia sempre fino ai piîi retnoti secoli
dt la pubbltca félicita un campo stérile,
e solo coltivato qua, e làdapochi Saggi.
Un grand'vomo, che illumina Pumanità
che lo perscguita, ha fatto nedere in dettaglio
qtiali siano le principali massime di
educazione •ueramente utile agli nom i ni,
cioè consiste! meno in una stérile moltitudine
di oggetti, che nella scelta e precisione
di essi ; t:el sostituire gti origmali
aile copie net fenomeni si »'"•,.', h: ,isici,
che il caso o V indus> : p etenta ai
novelli attirai dei nello spin^ere
alla viftk pe, :,. facile strada del senti'
me»-

mento, e ne! deviarli dal maie per la mfallibde
dcl/a nécessita, e delP inconiKniçnte,
e non colla incerta del comando
che non ottiene, che una simulata, e momentanea
ubb'dien^a, Sin qui l'Autore.
Ma io convengo bensi con esso lui ,
che la più sicura strada di prevenire i de-
Iitti, sia quella di perfezionare l'Educazione
délia Gioventù; ma non posso non
disapprovare la stima che fa Io stesso , e
le lodi che comparre al nuovo metodo di
Educazione di Rousseau., Io ho esaminato
un ta] Metodo con tutta la possibile
riflessione, e ardisco dire anche colla più
filosofica imparzialità ; ma confesso d'averlo
trovato impraticabile, e taie , che
quando anche si potesse mettere in esecu-
-zione, un giovine, educato con quel metodo
tra di noi, sarebbe l'uomo il più inutile
, e più disprezzato del Mondo. Assolutamente
è più facile trovare un Einilio,
cbe un Precertore dello stesso Emilio
corne lo vorrebbe Rousseau. Tutto
quello che si legge di nuovo nei quattro
Torai riel detto piano di Educazione, o
è inutile, o non fa a! proposito, o è
trasceiidc'iitilmc.ite cattivo . Noi non avremo
mai un perfetto Trattato dt educazione
, sini che non sarà procurato di
cjualche Sovrano; perché dove non inrervicie
la mano del Principe, non si f»

)( «4 X
.iente di perfetto . Iddio benedrce
spécial mente le intenzioni, ed i volen dei
Sovrani . Ma gran fatto : Je tre cose , che
più interessano il génère umano, sono le
pjù trascurate , e senza 1' assistenza dî un
Magistrato particolare; e queste sono 1'
Edijcazione délia Gioventù, i Matrimonj,
ed il tremendo passo délia Morte. lo
torno a confessare, che ci vuole un intiero
Concilio d'uomini dotti, ed isperiîTientati,
che siano assistiti dalla mano di
qualcbe Principe, perché si possa avère
un Piano di perfetta Educazione; diro non
di meno che primieramente si dovrebbe
pensare, non tanto corne ben educare un
Giovine, ma vedere , che si togliessero
tutti gli ostacoli, che impediscono, che i
Bambini non nascano sani, e bene organizzati,
e poi aver sempre in mira d'allevare
, e di perfezionare il corpo, il
cuore, e lo spirito dei giovini, conforme
esigono la loro età, la loro condizione ,
lo Stato e la Religione in cui vivono, e
sopra tutto il loro temperamento, la loro
capacità, ed il loro genio , e piacere.
Quanto sarebbe utile un Libro, che c' insegnasse
dei mezzi e dei ritrovati per ottenere
che i ragazzi, ciascuno secondo il
suo temperamento, studiassero volentieri,
e quale sia il tempo, e l'ora più a
proposito per far istudiare i Scolari, sic-
co-

X »i X
corne anche quanto tempo convenga Jîtr
impiegare a; medesimi nello studio , avendo
sempre riguardo al temperamento d'
ogni ragazzo ; perché siccome v' è il troppo
net mangiare, cosi ancor segue dello
studio; e temo, che i ragazzi che si mandant)
a scuola si facciano effettivamente
studiare piuttosto troppo, che poco. Ottima
cosa sarebbe parimente un' opéra
che conrenesse gli elementi di tutte ie
Scienze ; ma la perfezione di quest'Opéra
non dovrebbe consistere in darci delJe
Analisi di tutte Je Scienze, ne dei semplici
aridi compendj délie medesime ; il
pregio, ed il merito d'una tal' opéra deve
consistere in darci gli elementi délie
Scienze, in quella maniera che sia la
-. più adattata alla capacità dei ragazzi,
anzi anche alla différente tenera loro età
di sei, di otto, di dieci, e di dodici anni
; di modo che dovendo insegnare ad
un Ragazzo gli elementi di qualche
Scienza, o di qualche Lingua, per eserapio
quelli délia Geometria, e délia Lingua
Latina, in tal caso altre devono essere le
regole di tali Elementi, che si dovrebbero
insegnare ad un giovinetto d 1 una data
capacità nella sua età di sei anni, ed
altre quelle da fargli apprendere, quando
il ragazzo sarà giunto ail' età sua d' anni
dieci : in una parola , inïendo , che ci do-

)( *J6 X
-vrebbero essere tand libri différend cfegll
elemend digeometriae délie altreScienze,
quante sono le dirîèrenti età e capacità dei
différend ragazzi. Sento che una taie opéra
è difficile a potersi eseguire , ma penso
non di meno , che non sia impossibile.
Le Scienze poi si devono jnsegnare
non solo nella Lingua del Paese, ma in
quel Dialetto, ch' è il piunaturale, ed il
più ben inteso nel paese del nostro allievo;
di modo che ad un giovine Milanese,
per cagiton d'esempio, non basterebbe
insegnargli la Lingua Latina in Italiano
coimine; ma in quell' Italiano, che
parlano i Milanesi.
Un'altr' opéra utilissima alla gioventù,
sarebbe un buon trattato per ben insegnare
le Scienze alla stessa gioventù e per
istruirla perfettameute nella Filosofia dei
costumi, e délia Religione ; ma io intendo
qui un trattato per rammaestraroento
degli Istitutori délia gioventù., e non per
USO'délia gioventù stessa. In un ta] trattato
bisognerei che vi si trovasse unà
buona Dtssertazîone, in eu; qualche Filosolb
deU'oro.i'e i G./li/eo, del Descartes,
del I\ wtom del Leiùuit^, ci pariasse
délia difterenza dei ralenti, e délie
condizioni e qualità , che questi devono
avère per meglio riuscire nelle différend
Scienze, e nelle Arti. Nella stessa opéra
vi

»i potrebbe aver luogo un altro trattato,
jn cui s'insegnasse la maniera di far
che i ragazzi si applichino con piacere a
qualche cosa, qualunque ella fosse, purchè
questa li avvezzasse, e li obbligasse
ad applicar colla mente . Tutti i ragazzi
si applicano volentieri per qualche tempo
a certa specie di cose anche difïicili.
• Mi pare che sarebbe utile alla buona educazicne
délia gioventù un Libro altresi
dei Caratteri dei costumi, e délie vir-
Tù , e dei difetti dei ragazzi, fatto per i
ragazzi, ma scritto col buon gusto d[
quelli dei la Rrouyere. Soprattutto perd'
la cura principale nell' educare la gioventù
deve essere quella di far che temano
Iddio, e che abbiano Religione ;
perché quand' inche non si potesse da un
giovuie ortener altro, se non che diventi
un uomo onesto, timorato di Dio, e religioso
, avressimo guadagnato tutto ad ogni
modo ; perché la strada più evidentemente
facile, e più evidenremente sicura
per vivere più felicemente che sia pos-
*ibile in questO' Mondo, e di addivenire
un buon Gittadino, si è quella d'-averun
huon cuore,. ed una coscienza religiosa ;
né io scrivo questo, solo perché mi è
stato infinité hâte nsuonaco negli orecchi,
né senza riflessione; ma perché lo>
credj.una verità dimostrabile , e dimostra-
ta»

)( aj8 X
ta, ed un affàre di scmplice calcolo ; menîre
costa per isperienza, che di dieci mill'
uomini che menano una vita scellerata ,
appena_se ne troveranno dieci solamenre,
che siano vissuti felici sino alla morte ;
quando all'opposto di dieci mila persone
sinceramente timorate diDio, neppur dieci
viveranno scontente, o travagliate , sen-
7.a reale vantaggio e soddisfazione. Tutto
questo è délia più convincente certezza.
Ma con tutto ciô la maggior parte
ahbandonano l'importantissimo affare dell'
Educazione dei proprj figliuoli in mano,
ed all'arbitrio di quelle persone, le
quali benchè volessero, è impossibile che
la possano dare corne si conviene, e nessuno
riflette, che ogni pianta esige un.
Ghrdiniere a parte, e che in quest» maniera
avressimo di più Tawantaggio di
moltiplicare nelle Società il numéro dei
buoni Giardinieri, e quello ancora délie
ottime piante .
In somma il miglior piano d'educare la
gioventù, e quello che stimo il piu art
pace di prevenire i delitti e le trasgressioni
délie Leggi dello Stato, seconda me
sarà quello, in cui si potranno mettere
in pratica universalmente, e nella maggiore
loro estensione le regole ed i metodi
seguenti.
I. Applicare tutti i Giovini a quella
so-

sois specie di srudj, che più corivengono
a ciascuno individualmente, attesetutte
le sue circostanze, e destinarli a quel
solo génère di vita, che fra tutti i possibili,
sarà quelio, che li potrà condurre
più facilmente e più sicuramente alla più
grande félicita, délia quale saranno capaci
; ma ci vuole un Filosofo Calcolatore
per poter determinare quai génère di
vita condurrà un uomo alla sua più
grande félicita, dati da una parte il temperamento
e la capacità d'un taie uomo,
cqn tutte l'altre sue circostanze; e dall*'
aitra il clima, e la specie del Governo,
e délia Religione in cui vive.
II. Avvezzare i giovani ad una vita la
più frugale e la più dura, ch'essi possano
fare e tollerare, purche la medesima
non arrechi pregiudizio alla loro sanità,
ne quanto al présente, ne quanto ail' avvenire.
Il vantaggio di quesra massima è
tanto grande e tanto évidente, quanto b
certo, che con stoltissima politica si pratica
da tutti l'opposto.
III. Tenerli in continui esercizj, o di
corpo, o di spirito, senza mai frapporre
un solo giorno di vacanza; ma io intendo
di quejla specie d'esercizj, che giovano
alla sanità del corpo e dello spirito
défia stessa gioventù, e che la conduce
piu drittamente ail'acquisto di quel fine,

X Mo X
al quale si dirigono. L'uomo par che
sia fatto per muoversi, e per riposare : e~
gli non puo muoversi bene, se ben noa
riposa; ne puô ben riposarsi, se non ha
fatto il moto cbe gli conviene ; ma chi
saprà determinare la giusta quantità del
moto e del riposo, che conviene a ciascun'individuo
in panicolare per conseguire
tutto il bene di cui è capace, o che
ci prefighiamo di. fargli conseguire l
IV. Procurare che la gioventù nostra
apprenda quelle cose, nel consegunnento
délie quali puô ajutarsi cogli oeçhi e colle
mani ; e pei'ô converrà istruixla praticamente
più che sarà possibile, e speeialmente
col condurla in tutte le faboriche,
ed in tutte le officine délie arti differenti,
e dei diffèrenti mestieri, affinchè
coll' assisrenia dei proprj: precetton apprendano
non solo i nomi £ i' uso di
tutti gli stroinenti meccanici, nra eziandio.
le regole ed i segreti di tutte le art:
di tutti i mestieri. Questo rnetodo io lo
credo egualmente facile a poter esser eseguito,,
che vantaggioso , tanto al bene
dello spirito che del corpo dei giovinet-»ti,
di qualunque condi/ione si possan es*sere.
V.. Obbligare tutti i ragazzi sih dall*
più tenera loro infanzia a rifiettere soi
j»ra tutto queiio che veggono, e. spécial-»
mea-

)( Z4I )(
mente sopra se stessi, e perfin sopra ie
mcdcsime loro riflessioni. Se un giovine'-'-o
Bon è affatto stupido, riuscirà immancabiiaiente
un buon pensatore, purchè
si «sercia continuamente nelle chique
prime opeeazioni dell' Aritmetica , voglio
dire nel numerare, nel rapportare.,
nel coiiibinare, nel separare, e nel riflcttere
alla forza che abbiamo di fare simili
•operazioni , per rilevarne qualche utile
conseguenw.
VI. Si devra insegnare a' medesimi a
buon' ora i sistemi politici, morali ed economici
di tutte le ^âzioni, e prima
quelli délia nostra ; ma il tutto non per
la via dei semplici avvertimenti, ma per
quella dei metodi regolati, e Scolastici.
Quanti sono arrivati sino alla loro età più
avanzata, senz' aver cognizione d' akri
IVfcmdi, che dei Fisico , e dei Metafisico ,
e pero sempre inutili a se stessi ed alla
Sociçrà.
VIT. Quanto poi agli Istitutori, i quali
bisogna, che siano di quelli che sembrano
nati apposta per istruire la gioventù,
questi dovranno accomodare le ore,
ed il tempo dello studio, e dell'applicazione,
non a quella, od a quell'altra parte
dei giorno, o délia notte, ma al bisogir>,
al piacere, ed ail'opportunità dei
loro allievi ; aitrimenti seguirà. corne a.
Tomo III. Q. quel-

quelli che mangiano quando non hanno
.ippeti'o , o che mancano di cibo quando
hanno finie. Allora ne patisce tanto il
loro corpo , che il loro spirito .
VIII. Finalmente noi daremo alla nostra
gioventù la più perfetta Educazione,
se adopreremo tutta la nostra mdustria
per fare cbe i nostri allievi restino persuasi,
che la virtuosa bontà di cuore, e
1' amore e V osservanza di tutto ciô che
ci prescrive la Religione , sono , conforme
ho detto di sopra, il massimo di tutti i
béni di quaggiù, e la più sicura, e più
facile strada per vivere felici in questo
Mondo, con buona speranza di godere
felicemente nelFaltro, che è il vero Paese
delPuorno. Il solo desiderio, e ricerca
di simili virtù rendono più contenti,
e più virtuosi, che qualunque altra umana
virtù , e qualunque altro bene del
Mondo che vediamo. Quando noi giugneremo
a poter educar tutta la nostra gioventù
colla pratica di simili Metodi, il
che per mistenosa nostra fatalità non seguirà
mai, ( sebbene siano egualmente vantiggiosi,
che facili a mettersi in pratica )
allora spererei, che si avrebbero dei Cittadini
amanti del buon ordine, e nemici
di tutte le trasgrcssioni che otfendono la
Societcà , e vedressimo degli allievi infini-
Umente più perfctti e più utili a se stes-

)( *4Î )(
si, ed aile medesime Sdchetà di quelli di
Rousseau , che il N. A. non si vergogna
di proporre a tutti per modelli, e per
esemplari . Ma Iddio solamente vi potrà
dar compimento , ed il Mondo anderà
sempre corne deve andare , conforme lo
ripetono spesso. molti , fors'anche senza
che comprendano il vero difficilissimo senso
di tali parole. Io domando scusa adesso
se mi sono troppo lungamente trattenuto
sopra un taie Articolo, e passo tosto
a mostrare quale sia la Condusione del libro
che vado a finir di notare.
Il N. A. dunque conclude il suo libro
dei Delitti, e de/le Paie con questa grau
riflessione; cioè, cht la grtttiat^ja délie
Pêne dev' essere rel.ztiva .;!lo Siafo délia
Naçione medesïmâ • senza pero cheeglicî
sappia dire niente di più preciso circata!
riflessione, e tal massima. Dopo cio ci
regala d'un Teorema , prima pero d'avère
premesso colla sua impégnata mordacità,
che il Législature il pih evdinario
délie Na\ioni} è l'Use. Il Teorema poi
è il seguente. PeYcbè ogni p-ena non sia
tma wvlen~a di ttno, o di molti contro un
frrvatà C htadno , de-v' essere tssenrialmente
pubblica, p.oatu , necctsaria , la
tirnima délie j.o

)( *44 )(
Io non ho già riportato cotesto Teorema,
perché lo çreda qualche cosa di utile
, o di pellegrino; ma anzi per far osservare,
che il N. A. ha voluto chiudere
il suo libro , conforme lo ha cominciato ;
vale a dire, con una proposizione falsa,
astratta , ed offènsiva aile Leggi ed ai
Legislatori; falsa perché insegna che ogni
pena dev'essere essenzjalmente pvbblica ,
quando è certo quanto la stessa certezza,
che si dannp mille casi in cui la pena deve
farsi eseguire essenzjalmente in privato,
e colla maggior possibile segretezza;
e PafFermare il contrario si è una vera
ed ingiusta offesa, che si fa a' Sovrani
ed ai Legislatori, che con ottime ragioni
giudicano l'opposto del N. A. Ho asserito
di più che taie proposizione , siccome
anche tutte le parti di quel Teorema,
sono troppo astratte, perché veramente
nuUa ci dicono di preciso e d' utile per
la pratica ; mentre ci resta ancora da saper
determinare, quale sia la vera misura
délia prontezX'^ cou cui si deve punire ,
quale la pena assolutamente nccessaria , e
quale la minima tra tutte le possibili ec.
Simili asserzioni non sono manco indeterminate,
né manco astratte, e vaghe, di
quei tanto celebri comuni Dettati, che si
deve far tutto natur aiment e : che non
si deve far nulla troppo : che dobbia-
mo

)( *4S )(
mo astenerci, e soffrhe, che la virtù consiste
neîmezx 0 d< tut te le cosej e d' altri
niiile, tutti i quâîi non ostanti, ignoriaino
tuttavia in che consista il vero naturah
ed il veromezxp, in eut consistono
le virrù . Tutte le cose sono per noi infinitamente
grandi, e da noi înfinitamente
discanti . Noi ci troviamo come sopra
le Mngenti dell'immensa sfera del sapere;
i più illuminati sono quelti che si possono
avvicinar più degli altri al punto, e
centro del contatto ; ma nessuno ha mai
potuto toccar simile sfèra di più che in un
sol punto . Tutti gli uomini vrssuti sin
qui non hanno potuto avanzare neppur un
passo più in là. Come dunque prétende
il N. A. esser giunto dove non è stato
lecito arrivare a nessuno? Io mi vantera
sempre di non esser di quelli che credonO,
che Ntto-uo sia sinonimo di Cattivo,
e d'hnpossibile ; ma sostengo con tutto
ciô , che il' riportato Teorema, con cui
ha voluto chiudere il Suo Libro l'A. N.
non contiene niente, di nuovo, ma solo
cose inutili, ed astrafte, e tali, che già
che non è stato capace di spiegarcele, avrebbe
fatto meglio a non iscriverle, e
dovreï dire altrettanto di tutto quello
ch' ha sparso in questo stesso suo Libro
, perché tutto vi è scritto colla
stessa audacia, e collo stesso tuono deci-
Q. 3 sivo

s-ivo délia riportata Conclusione del suo
Libro .
Ma quale sarà adesso la conclusione délie
mie Note y t délie mie Osscrzuv^ioni sul
Libro esaminato sin qui ? la non credo
poter dare aile medesime una fine miT
sliore, quanto con dire cio che giudico
in générale dello stesso Libro, e con rijiiïttere
alla discretezza dei Saggi Lettori
questo mio tenuissimo scritto .
Quanto al Libro del N. A. il suo Arepmento
è buono, ed utile, ma parecchj
sono di parère, che dopo quello che ha
scritto circa la stessa materia.il célèbre
Barone di M*** il maggior merito che
si possa uno fare in trattarlo, non possa
consistere in altro che in quello di comparée
un buon Plagiario di quel grand'
Uomo. Noi ci troviamo in una stagione,
in cui per poter iscrivere cose nuove,
buone, e tali che dopo averle scntte,
e pubblicate si possa dire in coscienza
: Sono contenta e r'tngraxjo Dio di aver
fotuto scri-jere quanto bo scrhto, io lo
credo vicinissimo ail' impossibile . La iVo-
•vità è un frutto, che sembra che non
maturi che dopo Secoli molti.
Quanto poi aile materie, che il N. A.
ha preso ad esaminare, oltrechè le ha disposte
arbitrariamente, e con un ordine
mverso e perturbato , massime per riguar-
,

)( 247 )(
guardo del Titolo del suo Libro ; di più
ha scelte quelle , che non abbisognavano
del suo esame, e ne ha ommesse dell' altre,
che saria stato più utile discutere,
e rischiarare ; ed in oltre non ha fatt' altro,
che mostrare, ed esaggerare il maie ,
sfchza saperci accennare il rimedio, anzi
con dare lo stesso maie per disperato .
Molti moderni Scrittori, ed appunto quelli,
che fanno più strepito tra il volgo,
non sanno far altro che gridare disperatamente,
che il Génère Umano è un infermo
pieno di mali, e di piaghe incurabili,
ma nessuno di simili Autori si degna
ricercare la cagione dei tanti mali che soffte,
ed a cui è soggetta l'umanità; ed i
rimedj che propongono per la sua guarigione
sono tutti violenti, e peggiori degli
stessi rr.ali ; perché gli stessi Medici sono
del numéro degli infermi, ed anche più
impiagati, e più rovinati degli altri ; il
che tanto è vero, che s'è trovato alcuno
di costoro, che per disperazione ha frescamente
sostenuto, che tai malanni sono
necessarj, buoni, ed utili alla natura dell'
uomo, avanzando anche con più empia
ignoranza, che gli uomini sono sortit!
dalle mani dell' Essere sapientissimo ed otti
mo cosi guasti, corne si trovano, e di
più che tali quali si veggono di présente,
sono perfetti a segno, che Iddio stesso
non

X 248 X
non gli poteva formare migliori, talchè
m'aspetto, che venga presto qualcun'altro,
il quale affermi, che in questo Mondo
non si trova niente ne di buono , ne
di cattivo, ma che tutto sia indifférents-.
Quasi tutto quello che avanza il N. A,
in questo suo Libro, non è appoggiato
©ne su i due falsi ed assurdi principj,
che tutti gli uomini nascano liberi, e siano.
naturalmente uguali> e che le Leggi
non sono, ne debbano esser altro, che Patti
liberi di tali uomini, fatti nell' atto , che
per motivo di metter la propria vita in
maggior sicurezza, si uniscono- inSocietà.
Ma 1' Autore non ha tranquillamente riflettuto,
«he benchè 1' uomo sia un' animale
socievole, corne si deduce, e dalle
sue indigenze , e dalle sue inclinazioni, e
tlaU'effetto; ed anche perché è délia specie
di quelli, che moltiplicano assai ; ad
ogni modo è naturalmente cosi superbo,
e cosl portato alla libertà ed all'indipendenza
, che non è concepibile, che voglia
spontaneamente assoggettarsi ad ubbidire
ad altri uomini ; tanto più che per sua
natura ricusa d'ubbidire alla propria ragtone
, e sovente si trova in contraddizione
con se medesimo. Io confessera di me
stesso, che quantunque mi conosca incapace
di guidare e governare ne anche una
sola tesiuggtne , ad ogni modo mi sceglierei

X *4P X
rti piuttosto di vivere indipendente nel
hosco il più rimoro ed il più déserte,
che soggettarmi ail' arbitrio di chicchessia,
e con qualunque patto. Il primo
denominatore di Roma ammazzo il
proprio fratello per restar solo a dominare
; e dentro le stesse Comunita Religiose
le piu santamente istituite, e benchè
si governino colla più perfetta specie
d'Aristocrazia; con tuttociô vi si sono
trovati dei Dionisj e dei Cromvvelli,
e délie più ingiuste e più cruJeli atrocità.
Io deduco da tutto ciô , che quei
due principj dei N. A. sono falsi ed insostenibili.
Egli nondimeno , quasi che
questi fossero due verità rnconrrastabili, e
ricevute da tutti, fonda sopra gli stessi con
terribile audacia tutto quello che avanza
contro la nécessita délie Accuse e délie
condanne segrete , contro l'uso di torturare
i rei per rilevare la loro confessione a
pubblica giustificazione e cautela , e contro
la giustizia e l'utilità délia Pena di
Morte, con cui si puniscono i scellerati
ed i perturbatori délia Società.
Sono cotesti gli Articoli principali , a
cui l'Autore ha data qualche estensione ;
tutte le altre materie le ha toccate assai
leggerrnente , e solo per motivo di trame
occasione di censurare la più comune Legislazione
Europea. Ma corne poteva fare

X 2Î0 )(
re altrimenti ? Il Libretto del N. A. nort
comprende che sole cento e quattro pagine
d' un piccolo Ottavo , stampato con
caratteri piuttosto grandi. Questo Libro
di cosl piccola mole, e pieno nondimeno
di inutili invettive contro i Legislatori
e contro i Principi , tanto Ecclesiastki
che Secolari, e spécial mente contro il Sagro
Tribunale dell' Inquisizione , conj
tiene tutti gli errori più enormi e più sediziosi
bestemmiati sin qui contro le
Sovranità, e contro la Religione Cristiana
da tutti i più emp> Eretici , e da
tutti gl' Irreligionarj Antichi e Moderni.
Consideri dunque ogn'uno, quanto riscrettamente
ha potuto in esso trattare la vastissima,
e scabrosissima materia dei Delitti,
e délie Pêne. In fatti egli ha scritto
su tali soggetti più da semplice censore
e dedamatore, che da Pubblicisra e
àa Critico ; talchè si vede manifestamente
che 1' A. ha composto il suo Libro,
non per âmore dell' umanità, e del Pubblico
bene, ma per avère una maschera
imponente, con cui poter più franco, e
con migliore eftetto scaricar la sua bile,
ed il suo furore contro tutto ciè che si
trova di più rispettabile tra di noi.
Per cio poi che risguarda lo stile di
questo Libro , à netto , nobile , e proprio
del suo argomento; se. non che si conosce,

X *5« X
sce, che affètta quello di certi troppo ce-
Jebrati Scrittori dei nostri di, per i mi tare
i quali si è mostrato troppo libero censure
, e troppo amante délie figure de'
Vecchi . Nelle sue antitesi è uguale, e
niente pédante ; ma solo qualche poco
violento . Ha voluto imitare i moderni
CQII far uso di certi termini, e di certi
modi geometrici, ma 1' ha fatto infelicemente,
perché se n' è servito fuor di luogo,
e troppo spesso; quindi ha reso il
suo dire in molti luoghi troppo astratto,
e perd poco ovvio , e molt' oscuro . Scrive
per altro coll' ultima esattezza, e si è
servito délia Lingua Italiana la più ricevuta
, benchè non abbia potuto trattenersi
di far uso di molti francesismi, ma di
quelli che sono comuni e quasi inevitabili
a moltissimi Scrittori Italiani, quanto
appunto certe monete straniere . Ma quanto
è commendabile considerato dalla parte
délie belle Lettere, altrettanto è da biasimarsi
corne Filosofo, e corne Politico.
Sarebbe forse riuscito meglio se avessc
scritto dei Premj, e degli Onori. Ma egli
che si vede che ambisce di voler essere
creduto il Rousseau degli Italiani, ha
durato moltissima fatica, corne colui, per
non dirci altro di nuovo, che délie grandi
impertinenze, ne altro di buono, che
«telle scandaJose ed empie lepidezze, e ve-

ificare cosl sempre più 1' osservazione «ti
quel savio vivente Letterato, cioè, che i
Spiriti Forti, i più rinomati, ed i più
ammirati dal uostro Secolo, per nostra
grau confusione, sono quelli, che non
hanno saputo scoprire , e scrivere niente
di utile, e di vantaggioso pel génère umano
; bensi moite cose, che ad altro
non hanno servito , e non servono, che
a turbare e guastare le Società . Io non
posso per tanto non detestare quell' uomo
indegno e sfacciato, che ha voluto stampare
in Livorno con iniquo contrabbando
il Libretto del N. A. Ma non me ne maraviglio
punto , perche taie Editore in
quella. Città vi fa la figura di Buffbne e
di Simioxto dei Letterati di Toscana, corne
là fà nello Stato Veneta certo non
Yeneziano , vile , ignorante , ed impertinente
faccitore di periodici Fogli Letterarj.
Ma ci possiam consolare, che la faim
ed il credito dei Scrittori simili al
Nostro, quanto hanno più di superficie ,
tanto avranno manco di profondità neLla
durata dei tempo.
Del resto sembra che il N. A. abbia
scritto solamente per mostrare la crudeltà
, e l'inutilità di alcune Pêne, lusingandosi
in questa guisa di fàre cosa grata al
Pubblico , e di trovare cotnpatimento , attesa
la dilicatezza, e la mollezza del nostro

X i;j )(
itr.o Secolo ; ma gli è succeduto corne a
quel moderuo Scritcore Protestante, che ha
scritto un Libro contro l'Eternità dellc
Peue deW Inferno , del quale è stato detto,.che
non ha levate le pêne infernali,
ed ha provatp che puô esistere quel Furgatorio
a cui non crede ; cosl il N. A.
non ha provato che la Pena délia Morte
e délia Tortura siano inutili, ed ha mostrato,
che "vi staria bene un Purgatorio
anche qui in terra. Quanto poi al suo
animo, a giudicarne da quanto scnve in
questo Libro , è veramente da Spirito Forte
, e perô perverso in materia di Religione,
ma non guasto per debolezza, ma
per fierezza, e per bizzarria ; e per ques"to
si è servito di soffismi > di paralogismi,
di falsi lumi, di tuono dominante,
ed in somma, dirô con sincero ed onorato
rincrescimento, che in un piccolo volumetto
di vuote pagine ha voluto scrivere
tutti gli errori, e tutti i paradossi,
che si trovano nelle Opère dei più empj
Scrittori del nostro Secolo . Tutto ciô
nondimeno forma il maggior merito del
suo Libro per esser letto, corne anchu
perché in molti Stati cV Italia è stato providamente
soppresso. Certo rango di persone
vede con più piacere, e con piùcuriosa
ammirazione quelli che ballano in
su la corda, e gli uomini più mostruosi,

che i più bravi Maestn di Ballb su] piano ,
e le più avvenenti, e più perfetce Créature
. Quello poi che mi fa più specie si
è, che adesso si trovano moltissimi di
quelli, che si mosrxano pienamente persuasi
di essere profondissimi Metahsici e
bravissimi Politici, solamente perché hanno
Jetto cinque o sei Opérette del carattere
di quella del N. A. e diventanocosl
disprezzanti di tutti gli altri Autori non
Pirronisti, e non Libertini, che sono insofïribili
veramente ; e questo è stato il
motivo, per cui ho creduto bene di scrivere
queste mie Note contro il Libro si a'
qui analizzato .
Ed appunto per ciô che si aspetta aile
mie Note non ho da dir altro, se non
che siccome le ho scritte semplicemenre
per puro amore délia bella verità, cosl
non entro maHe'vadore che di questa ; e
che siccome di più ho voluro imitare il N.
A. che non ha fatto verun uso di erudizione,
ne di Autorità/ perciô la lettura
délie mie Note non potrà mai riuscir troppo
grata; tanto più che devo confessare
che nello scrivere contro il Libro del N.
A. mi è sempre sembrato di far la figura
d'un timidoChirurgo, mentre taglia qualche
postema , o che scarnifica qualche cancrena.
Protesto poi , che non ho scritto per
ve-

verun odio particolare, e che aflzj risperto
molto i talenti del nostro Autore ; e
se mi sono servito con esso lui di termini
duri ed aspri , 1' ho fatto con tutta la
riflessione , e con tutta la padronanza di
me stesso, e non trasportato dalla passione
contro un nemico non particolare, ma
comune, e contro uno, che attacca la
Religione, e tutte le Leggi Umane, e Divine
. Non credo che sia ne inciviltà ,
ne indiscretezza chiamare le cose tali, quali
sono . Pure se altri giudica V opposto ,
io mi rassegno ; perché torno a replicare
che non ho scritto , ne per essere stimato,
perche- conosco la mia tenuità ; ne per odio
contro 1' A. perché non so di certo
chi egli si sia; né per interesse, perché
non sono tanto vile ; ma per puro amore
délia bella verità.
F I N E .
NOI

X »J« )(
N O I
RIFORMATOR I
Ddlo Studio di Padova .
/^Oncediamo Licenza alla Dita Gitifeppe
^-^ Remondini, e F'. Stampatori di Vene-
Zja di poter riftampare il Libra intitolato :
Noté , ed Oiserva?jeni sul Libro intitolato
nù Deiitt!, e de'.le Pêne et. ristampa , osservando
gli ordini soliti in materia di Stampc,
e presentando le Copie aile Pubbliche
Librerie di Venézia, e di Padova.
Dat. li 28. Maggio 1789.
( Piero Farbarigo Rlf.
'( GiroLuno^tscanio Ginstinian Cav. Rif.
Regiftrato in Libro a Carte 292. al
Num. 2739.
Marcantoni» Sanfermo Segr.

DEI DELITTI
E
DELLE P E N *
EDIZIONE NOVISSIMA
Di nuovO coiretta ed accresciuta
TOMO QUARTO
CHE CONTŒNB
OPUSCOLI SCELTI
Di Ltgisltizionc Crimin/ile, di Giuris-
prudenza i e di PoUtica .
BASSANO, MDCCLXXXIX.
A SPESE REWONDINI DI VENEZIA.
Cott Licettw de' fvptricri, e Pïivilfsio •
/

DISCORSO
Sopra la nécessita ed i mei\i di
sopprimere le pêne capitali.
DEL SIGNOR
DE LA MADALEJNE.
E< jGli era una sorta di bene ciô, che
eccitava i desiderj del Romano Oratore ,
ed al quale s'inalzano i voti miei.
Quai gloria per il mio Consolato, esclamava
Cicérone O), se l'epoca ei fosse
in cui Roma vedesse spanre dalle sue
mura questi Patiboli, queste Croci, questi
Carnefici, che fanno délie nostre publiche
piazze teatri di srrage. Io non ho
ne il genio ne l'autorità di quel grand'
uo-
(a) Quid enim optari potest, quod ego mallem,
quam me in Consulatu meo carnificem de
ioro , crucem de campo sustulisse ? ... Carnifex vero
& obduftio capitis , & nomen ipsum crucis ,
rtbsit non modo a corpore uvium Romauorum ,
sed etiam a cogitatione, oculis, aunbus. Harutn
enim omnium rerum , non solum eventus atque perpessio,
sed etiam conditio, expeftjtio, mentio
ipsa denique, indigna cive Romano, atque homine
libero est ... Cicero Orat. ? pro Rabirio.
A 2

X4)(
uomo, ma ho un cuore al par di lui sensibile,
e bramai sovente che la pena di
morte bandita fosse dalla nostra giurisprudenza
criminale.
Celebri Scrittori (,?) già udir si fecero
su questo suggetto ; ma siccome un'utile
verità non è mai ripetuta abbastanza, ed
essi non si sono spiegati che con passeggiere
riflessioni, e che molto più resta
da dirsi su cio ch' essi ne dissero, crederô
che permesso mi sia d'alzar dopo di
loro la mia voce. Se il rispetto per le
traccie segnate da un grand' uomo împe-
•dir dovesse di volgere i passi a quella parte
, il Vespucci non avrebbe dato il suo
nome ail'America, ne esisterebbe un nuovo
mondo per noi. Quando 1' Autor benefico,
che tentô di ristabilire l'equilibrio
(a) Invito gli umani letton che leg£erannq
tjucsto debole scritto a meditare il libro 6. dello
Spirito délie Lcge.i , i primi capitoli delLib. Iz. ,
il Cap. 17. del'Lib. 14., il Trattato de» deljtti e
pêne, finalmente l'éloquente discorso pronunziato
innanzi al Parlamento di Grenoble suH'amministrazione
délia Giustizia Criminale. Posso dire a
riguardo di quest' opère cio, che 1'autore dei déliai
e pêne dice a riguardo t'ell' immortale Montesquieu
. Cercando la veriti, sono stato ohbligato
a séduire le traccie di questo grand'uomo ; ma
quelli che sanno pensare, e per i quali io sciivo,
s.ipranno distinguere i rnieî passi dai suoi.

X jX
brio tra i delitti e le pêne, esamina i
fondamenti e gli eftètti del supplizio délia
morte, si contenta di addimostrare rapidamente
che quello non è ne giusto ne
utile , che non è autorizzato d' alcun diritto
, ne seguito da alcun vantaggio.
Ma basta ciô forse? Non doveva egli
dipingercelo come uno de' flagelli distruttori
délia Società, la di cui conservazione
(a) è senza dubbio 1' unico oggetto d'
ogni legislazione ? Se non v' è più società
, a che serviranno le leggi ?
E pure quai sanguinosa ferita non finno
ogni giorno le leggi alla società ! Da
Pechin, ove il reo è tagliato in mille
pezzi (/>), sino a Londra, ove gli è strappa-
t' i i i
(a) Constat profefto, ad salutem civium civitatumque
incolumitatem , vitamque hominum
quietam & beatam, conditas efle leges. Cic. de
legib.
(b) Li tre generi di supplizio di morte sono
il laccio, il taglio délia testa, ed il far in pezzi.
Con quest* ultimo si puniscono i ribelli ed i reî
di lésa Maesta, gli assassini àd loro padrone, e ï
ladri crudeli . Il Carnefice attacca il reo ad un
palo , gli scortica il capo , gli frange e sloga tutte
le parti del corpo, estancodi questo harbaro esercizio
lo abbandona alla crudeltà délia plèbe ed alli
spettatori._ Istoria délia China del Padre Duiald.
Quis talia fando, temperet a lacrymis î
A î

X4)(
uomo, ma ho un cuore al par di lui sensibile,
e bramai sovente che la pena di
morte bandita fosse dalla nostra giurisprudenza
criminale.
Celebri Scrittori (a) già udir si fecero
su questo suggetto; ma siccome un'utile
verità non è mai ripetuta abbastanza, ed
cssi non si sono spiegati the con passeggiere
rifiessioni, e che molto più resta
da dirsi su cio ch'essi ne dissero, crederô
che permesso mi sia d'alzar dopo di
loro la mia voce. Se il rispetto per le
traccie segnate da un grand' uomo împe-
•dir dovesse di volgere i passi a quella parte,
il Vespucci non avrebbe dato il suo
nome ail'America, ne esisterebbe un nuovo
mondo per noi. Quando 1' Autor benefico,
che teutô di ristabilire l'equilibrio
(a) Invito gli umani lcttori che leggeranno
«jucsto debole scritto a meditare il libro û. dello
Spirito délie Leggi, i primi capitoli delLib. 12. ,
il Cap. 17. del Lib. 14., il Trattato dei delitti e
pêne, fiiialmente l'éloquente discorso pronunziato
innanzi al Parlamento di Grenoble suH'amminJstrazione
délia Giustizia Criminale. Posso dire a
riguardo di quest' opère cio , che f autore dei delitti
e pêne dice a riguardo dejl' immortale Montesquieu
. Cercando la verità, sono stato obbligato
a seguire le traccie di qucsto grand' uomo ; ma
quelli che sanno pensare, e per i quali io scrivo,
sapranno distinguëre i miei passi dai suoi.

)( s )(
brio tra i delitti e le pêne, esamina i
fondamenti e gli effetti del supplizio délia
morte, si contenta di addimostrare rapidamente
che quéllo non è ne giusto ne
utile , che non è autorizzato d' alcun diritto
, ne seguito da alcun vantaggio.
Ma basta ciô forse? Non doveva egli
dipingercelo come uno de' flagelli distruttoi-i
délia Società, la di cui conservazione
f>) è senza dubbio J' unico oggetto d'
ogni legislazione ? Se non v' è più società
, a che serviranno le leggi >
E pure quai sanguinosa ferita non fanno
ogni giorno le leggi alla società ! Da
Pechin, ove il reo è tagliato in mille
pezzi {b), sino a Londra, ove gli è strappa-
00 Constat profefto, ad salutem civium cîvitatumque
incolumitatem , vitamque hominum
quietam & beatam, conditas effe leges. Cic. de
legib.
(b) Li tre generi di supplizio di morte sono
il laccio, il taglio délia testa, ed il far in pezzi.
Con quest' ultimo si puniscono i ribelli ed i rei
di lésa Maestà, gli assassini d^l loro padrone, e i
ladri crudeli . Il Carnefice attacca il reo ad un
palo , gli scortica il capo , gli frange e sloga tutte
le parti del corpo, estancodi questo barbaro esercizio
lo abbandona alla crudeltà délia plèbe ed alli
spettatori._ Istorii Jella China del Padre Duhali.
Quis talia fando, temperet ,1 lacrymis î
A î

pato il cuore e battutogli sulle guaticie ,
girate lo sguardo su questa terra più baanata
dal sangue de' suoi figliuoli, che dalla
rugiada del Cielo . Quai orribile spettacolo
! Qui ad un segnale délia Giustizia
cade un infelice (

)(7)(
divorava i suoi figli? Non avreste voi uniti
in società gli uomini che per indebolire
e distruggere il génère umano? Quella
peste che copri l'Âtticadi morti e moribondi
non fece già più strage di quelle
atroci leggi che punivano indistintamente
ogni colpa colla perdita délia vira, e che
rimproveravasi a Dracone di averle scritte
col sangue (

)(8)(
Se il suolo che lo porta s'aprisse, non
inghiottirebbe giammai tanti uomini ,
quanti ne distrugge una sola délie sue leggi.
Se non c'ingannano i calcoli diKempfer
(a), quella che proibisce l'introduzione
di certe merci fa perire più di duemila
persone in ogni generazione. Io non
iscuso già la loro colpa, poichè lo Stato
la proscrive ; ma non è cosa orribile che,
per sostenere una legge nociva talvolta ad
ogni buon governo , il Monarca di quelle
Isole sia ridotto a fare un cimiterio de'
suoi stati ? Non è cosa orribile , che per
condurre al suo tesoro qualche porzione
d'un Oro, di cui i suoi Ministri s'appropriano
la maggior parte, sia costretto
a formare un fiume di sangue de' suoi
Vassalli ?
E
(a) La pena per il Contrabbandiere era irremissibiîmente
la morte, e colpiva il reo e li suoi
complici ancora , ma non già le loro famiglie. I
Giapponesi sono cosi inclinât! al contrabban.io ,
«he si sono contate 300 persone eondannate alla morte
in sei o sette anni, per aver defraudata la Dogana
coi Chinesi. Ora estendete, o limitate coi
naturalisti la durata di ciascheduna generazione a
33 anni , e prendete lo spaiio medio tra li 6 , o
7 anni, de'quali parla Kempfer, ve ne risulteranno
1650 persone eondannate a morte; vi aggiungo
altri 350 per contrabbando con gli Olandesi ;
e certamente (juesto mimera non è eccessivo. Quale
strag» !

)( 9 X
E quante altre victime non rrovansi
immolate dalle altre leggi penali 1 Kempfer
{a) ci assicura che la minima contravvenzione
aile leggi del paese è un delitto
capitale, ed il supplizio non solo si estende
sul colpevole, ma sopra i suoi complici
e tutte-le loro famiglie. Ecco quai
vasto sepolcro âpre ail' umana natura la
severità délie leggi del Giappone. Mi sembra
di veder discendere l'Umanità licrimante.
Ascolto dal fondo di quella tomba
le di lei grida che eccheggiar dovriano
sull' anima di tutti i Sovrani, intenerirli,
o farli tremare , poichè fatalmente
non è già necessario andare ai confini del
mondo pervedere la pena di morte inflitta
alla maggior parte délie trasgressioni
del-
^.... • • • • • I . . . ! • — • • - . • • ! ••!»
(a) II rîgore délie leggi del Giappone consiste
principalrnente in ciô : Che alcun delitto non è
punitocon pen.i pecuniaria solamente . Non s* infliggono
che pêne corporali o la morte , senza speranza
di perdono o di sospension d' esecuzione per ogni
contravvenzione ai comandi delP Imperatore . Niuno
pub scusarsî coll 1 ignoranza délia pena attaccata
alla contravvenzione délie leggi , ne lamentarsî
che gli venga fatto alcun torto in un paese ove
tutti î delitti sono punit! coll* ultimo rigore , e
dove la minima frazione délie leggi del paese è
un delitto capitale, senza che s 1 abSia un ininiino
riguardo al grado d' atrocïta dei delitti , ne aile
circostanze che favorir possono il caso particolare
del reo . --•> Supp temtmo alV îstoria Ml Giappone,

)( io X
délia legge . La Giurisprudenza ordinaria
délia nostra Europa novera presso quaranta
delitti principali, tutti lavati col
sangue del colpevole, e questi ne rinchiudono
moite specie («) particolari, che si
puniscono col medesimo rigore. Questi
sono altrettanti ramoscelli che gettano 1'
ombre loro micidiali sopra un' incredibile
multitudine di cittadini . Non sarebbe
difficile calcolar presso a poco quanti uomini
sono annualmente in Europa sacrificati
al rigor délie leggi . Dimostrerebbe
questo calcolo ad un tempo e la vigilanza
de' magistrati, ed il vizio délie leggi.
Direi che in dieci anni ho veduto nella
sola Città di Lione (b) perire coU'ultimo
supplizio cento due persone quasi tutte
nel flore dell'età; ciè, che importa trecento
trentasei per generazione. Direi che
nel corso dei suddetti dieci anni il Parlamento
di Digione ne condanno a morte
tren-
(a) Per esempio non è punito di morte cht
fabbrica moneta faisa , ma bensi quello che ne fabbrica
di buona, unitamente a quelli che la introducono,
che la distribuiscono, che fabbricano gli
istromenti propri alla stessa ; quelli che alterano
la specie loro di fautori e complici .
(b) Dal primo Gennaro 1760 sino al primo
Gennaro 1770. Il cletaglio è preso da legittimi registri
e calcoli.

X H X
trentasei, quello di Aix 172., quello di
Grenoble 58.,. il Senato di Chambery 22.
la Commissione stabilita a Valenza^ô. Lo
che importa ancora in un ben picciolo
numéro di Provincie quasi 1100. persone
per generazione. Direi.... ma stilla il
sangue dal cuore a quest' orrido calcolo •
Forse ne risulterebbe che i colpi che si
scagliano ogni giorno inEuropa dalle leggi
penali, sono più funesti al génère umano
di quei terribili flagelli, che ordinariamente
non vengono a desolar la Terra
che dopo una rivoluzione di molti secoli
. E non si considérera ancora l'impossibilità
in cui sono le leggi rigorose di
riparare il torto ch' esse possono fare ail'
innocentel Invano cercherebbe l'amor proprio
di dissimularlo a se sresso. Tutti gli
uomini sono condannati a bere nel calice
dell' errore , e quelli che giudicano in terra
sono uomini. Non v' è secolo, non v*
è nazione, che non abbia dovuto piangere
l'innocenza consegnata dalla Giustizia aile
mani di un carnefice . Non è già che
sotto a leggi più miti essa ritrovar non
si potesse coll' apparenza del delitto, e
che l'apparenza non potesse ingannar il
giudice . Ma sotto queste leggi, che non
sono continuamente armate dalla falce délia
Morte, non si tosto è riconosciuta 1*
innocenza, che restituendo l'accusato alla
su*

)( n X
sua famiglia, a' suoi amici, ail'opinion publica,
l'error d'un momento à pienamente
riparato .
Puossi farlo con leggi sanguinarie? Cosa
giovô ail' ombra di Calas 1' onore che
un Principe umano e giusto restitui solennemente
alla di lui mémorial 1 Cosagli
giovarono le lagrime di cui 1' Europa bagnô
la sua tomba? E le liberalità che consolarono
la sua vedova ed i suoi figli ?
Effetto crudele, ma necessario, délie pêne
capitali. Quando cadute sono sull' innocente
, tutte le riparazioni possibili non
potrebbero rianimar le sue ceneri. Un
altro vizio è proprio di queste specie di
pêne. Esse non esercitano il loro rigore
che sul popolo . L' uomo che la fortuna
colle sue ali ricopre, quasi sempre le sfugge.
Queste sono quelle tele di Ragno di
cui parlava Anacarsi. La mosca vien presa
, la Rondine le squarcia (a). Mi guardi
il Cielo d'accusar di parzialità i dispensaton
délia Giustizia Criminale . Io
credo ch'essi siino incorruttibili corne le
leggi, e che le passioni non li seducano.
Ma dipende forse da essi l'esercizio del
loro ministère ? Di quante persone hanno
bisogno per essere informati del delitto ,,
.
(a) Plutarco in vita Solonjs.
as-

)( n X
assicurarsi del reo, unir le prove contro
di lui, costruire il suo processo , fer eseguire
la sua condanna ? E quale è su questa
moltitudine l'impero del rango, dell'
opulenza, délie promesse, délie minaccie,
délie sollecitazioni, e délie liberalità? Rare
volte la spada délia Giustizia puô coglier
colui che sa nascondersi dietro queste
mura. Quanti uomini, dice uno scrittore
moderno (a), col favore del credito
e délie ricchezze sono scappati al castigo
dovuto ai loro delitti ? Si perviene a un
punto , grida il Panegirista di Sully (b),
nel quale 1' oro medesimo ch'è la sorgente
dei delitti serve a coprirli, e per mezzo
(a) Quanti col favore del credito e deile ricchezze
fuçgirono al rigore dovuto ai loro misfatti
/ lo non ne citero che un esempio. Si sa che
reux e la Voisin che sotto pretesto d' Astrologia
facevano e vendevano veleno , accusarono
moire persone distinte d'esser loro complici e
che Penautier ricevitore générale del Clero itnplicato
nel processo délia Voisin , non era innocente
. Era egli amico di Brinvilliers , e fu acçusato
d'aver partecipato de' secieti di questa avvelenatrice.
Si scolpô con 100 mila scudi e colla
protezione del Cardinal de' Bonzi Arcivescovo di
N.irbona . V è chi assicura che ciô a lui costè la
tnetà de' suoi béni. Convien ben dire che il pubblico
riguardasse .Penautier corne reo. Disci : nota
S-
(b) Opus. di M. Thomas elogio di Sully p. 3.

X H )(
zo di cui con essere colpevole si divierte
innocente. Ecco la conseguenza délia severità
délie pêne. E' cosa di fatto, e
quanto prima passera a dimostrarlo, che
le leggi estreme non sono atte a raffrenare
i scellerati. Che ne segue? L'uomo
potente che non terne di commettere il
delitto , raduna tutte le sue forze per sfuggire
al castigo, e si potrebbe perciô dire,
che quanto più severa sarà la pena, tanto
maggiori saranno i suoi sforzi p«r fuggirla.
Amici, parenti, alleati, protettori,
dipendenti, tutto si muove, tutto s'agita,
tutto s'adopra per allontanar da lui il
fulmine , o per formare un riparo onde non
possa coglierlo (a) . Si farebbero fbrse
giocar tante macchine, se il castigo fosse
un
(a) Io non cerco esempj dieappoggino si triste
verità, ma la nécessita di prevenire i sospetti

)( 15 X
un esilio, una prigione perpétua, o qualche
altra simile pena? Non vediamo anzi
al contrario, che una famiglia è la prima
ad implorare questi castighi dalla Giustizia
per gl' individu! che la disonorano?
In Russia dove il reo va ad espiare i suoi
delitti nei deserti délia Siberia, la nascita,
il favore, la fortuna non vagliono a
toglierlo alla pena; ella alza indistintamente
il suobraccio infkssibile sopra qualunque
l'ha provocata .
La sola legislazione di sangue potè dare
origine al proverbio, che non sono puniti
che i piccoli ladri. Lo cerco nei Governi
moderati, e non lo trovo che nel-
Ie contrade soggette a leggi crudeli . A
Bénin, e sopra tutta la costa dell' oro ,
dove la legge danna 1' omicida alla morte,
il reo è sicuro di fuggir al supplizio,
se puô frapporre fra lui e la Giustizia il
credito o il danaro. Al Giappone, dove
la legge ha sempre armata la mano di
ferrea verga, i ricchi ed i grandi, al dire
di Kempfer (a), sono al coperto dall' estre-
(a) Appendice o supplemento . L'Autore aggiunge,
essere ingiustissimo che le leggi fosserçt
tatte solamente per il povero, e che i ricchi avendo
danari a sufficienza per togliersi alla pena ,
fossero in liberta di commetter tutti i delitti che
volessero.

)( là )( _
strema sua severkà. Si direbbe che la pena
di morte è collocata alla porta de'Tribunali,
corne il Cerbero délia favola aile
porte dell'Inferno. Egli non spaventa che
l'ombra, e quando Enea fa brillare agli
occhj suoi il ramo d'oro, quando vede
Ja Clava d' Ercole, o che Teseo fa suonar
al suo orecchio il nome si tenero e
si potente dell' amicizia, ei perde la sua
collera e la sua voce .
Voleté voi risparmiar questa taccia O)
ail'
(.1) Perché mai la legge è in ciô d'accordo coll'
nbuso? Apprtsso i Romani loschiavo spirava sulla
croce , ed il padrone non andava che in esilio .
Apprtsso i nostri antichi una multa castigava il
nobile dello stesso delitto per il quale si cundannava
il villano al flagello o alla morte. Distinzione
che non è in natura, poichè essa non mise
aïcuna diversità nel fango di cui formô le diverse
classi degli uomini. Distinzione elle ancora è
ineno conforme alla ragione . Se essa permettesse
alla Giustizia d'avère una misura ed una inisura
per niisuiare gli sttssi delitti , ciô non sarebbe
the autorizzarla a punire i colpevoli con pili rigochè
sono assisi ne' primi ranghi de
cietà . Alla China se succeiie qualche sedizione in
una ProVincia, il ManJarino che la governa è
principalmente castigato. Lo stesso nel Giappone
rapporto ai Commissarj delli Quartieri , o Capi
di straJa se vengono commessi disordini . Voile
Solone ciie i falli e i delitti dei Magistrati f'osscro
puniti senza rit.irdo, ma che le pene dovute

)( v,
air esecuzione délie vostre leggi? N
fliggete che pêne moderate (a), abbastanza
pero severe per spaventare il delitto,
ma non troppo rigorose per interessare si
fortemente la famiglia del colpevole a salvarlo.
Anzi chi osera dmunziarlo, se si
saprà che conducendolo ail' altare délia
Giu-
a|la plèbe fossero tarde e lente . Décréta la pena
di morte contro 1' Arcunte che obliasse la sua dignita
a segno di comoarire ebrio in pubblico .
(a) Per un buon Législature, dice molto bene
Montesquieu, tutto puo servir di castigo. Non è
strano che a Sparta uno de' principali fosse di
non poter presiar la propria moglie, nô ricever
ad imprestito 1' altrui . L' esperienza fa conoscere
che nei paesi, ove le pêne sono dolci , lo spirito
del Citt.idino n' è spaventato come lo è per le
grandi in un altro paese . Spirito délieLeggi,. Taï
Isong aveva proibito ai Magistrat]' sotto pena de!~
la vita di ricever regali . Nell'anno se^uenteaino
de' pili gran Mandarini di guerra ricevè un abito
di seta che gli fu regalato. L'Imperatore che ne
fu .ivvertito, gl'inviô subito quantità di stoffe di
Seta . I cortigiani che ne furono testimonj non
flo frenare la loro indignazione, ed esclamarôno,
che il Mandarino meritava là pena delta
ion una ricompensa . La confusione di cui
si coprir;i, rispose l'Imperatore , saià per lui una
pena pib sensibiledel piU crudele supplizio. Quelle
stoffe che gli manda lungi dalF onorarlo , gli
rimprovereranno continuamente la sua colpa . htor,j
tètUt China del P. Duhtld .
Tomo IV". B

X 18 )( _
Giustiziasarà sicuramente immolato? Niur»
uomo ha cuore di trarre il suo simile agli
orrori del supplizio e defla morte. Taie
sentimento non è in natura. Giammai 1'
odio verso del delitto s'estende a voler la
perdita del colpevole, anzi per lui s'intéressa
sevede in pericolo la sua vita GO.
Che sarà poi allorchè al suo quasi irresisCÎbile
impulso, si aggiungano i scrupoli
si possenti délia Rehgione? Allora l'eccesso
délie leggi penali ne annienterà 1'
effetto . Esse mancheranno di vittime ,
senza che il delitto manchi d'istromenti.
[o iioi parlo già solamente di quegli asili
che le Chiese del Dio délia vita e del
pecdono tenBOflO aperti ai malf.ittori, e
che togliendoli al supplizio autorizzano
necessariamente i progressi del maie. Parlo
di que' casi giornalieri, ove senza strappar
un reo dal mezzo d'un Santuario, è
facile di restituirlo ai vendicatori délia
Legge, e dico che sotto il dominio délie
pêne capitali non verra restituito. Se non
sarà la natura che ciô impedisca, lo sari
la Religione.
(a) A questo proposito è st.ito riflettutoprima
di nie , che di tutti quelli che corrono avidamente
per vedere il supplizio del reo, non ve n'
è alcunoche, sepotesse, non gli salvasse la vita.
La Storia conferai-Tcon mille esemujquesta verità .
Il

)( r? )(
Il zelo dell 1 umanità accese il cuore cfe'
suoi Pontefïei. Essi fulminarono contro
quelli che denunziano e consegnano, se la
sua colpa è degna di morte. Voi ne siete
gli assassini, loro grida Latanzio, ed
il suo sangue ricaderà sopra di voi , e
corne se essi ne fossero veramente coperti,
il Concilio d' Elvira GO ricusa di riunirli
alla comunione de' fedeli anco in
punto di morte. Indi ne dériva il pio timoré
(b) di concorrere alla perdita d'un
accusato ; indi la premura di toglierio alla
publica vigilanza.
Più d'una volta pii personaggi traviarono
dal sentiero délia verirà (c) per condur-
(3) Delatorsi quis extiterit fidelis, Se per delàtionemejus
aliquis fiierit proscriptus vel interfeiSus,
placuit eum nec in fine accipere communionem .
(b) So bene che questo timoré quando si*
portato all'estremitù non è pili nei principj dell*
religione, mentre essa non autorizza i disordini ,
ne Fa un delitto di cio che la Societa fa un dovere.
Ma basta il sentimento di cui ne mostro
gli effetti su tutte le anime timorate., perche non
conviene esporre le leggi penali a rompere le lora
forze contro questo scoglio. Non v'è alcun giu.dice
destinato ail* istruzione de'processi criminali,
che non abbia più volte veduti questi scrupoli di
religione e questi moti d'una compassion naturale
, togliergli una parte délie prove .
(c) Tutti hanno sentito parlare délie restriîioni
mentali, delk bugie, o equivoci ofïiciosi,
B z

X « )(
durre la Ginstizia nëlla via dell' errore
onde perseguitare un colpevole. Dop.o di
ciô che devesi sperare dal vigor délie legg;,
allorchè questa severità le mette in
contraddiziane con la religione e la natura?
Puossi dubitare che la compassione e
la carità di queste non prevalgano sempre
contro gli sfoiv.i di quelle? La loro
pietà divenuta industriosa, corne la prudetiza
di Ulisse, coprirà piuttosco il reo
colla pelle dell'innocente agnello, che lasciàrlo
in preda a! Ciclope che vuol di-
1\" u il vediamo tutto giorno .
Dacchè il sangue del ladro domestico de-
\ e scosrere alla porta del suo padrone ,
: latro:inio di questa specie è punico.
Non crediategià che non si commettario
tai furti, ma vi vorrebbe un'anima
di bronzo per sostenere la vista d'un patibolo
eretto sotto le proprie finestre, e
le grida d'un i ifelice che lotta con una
morte infâme. L'idea sola di questospettacolo
fa fremere. Bereiô la notte del si-
'enzio copre délie infedeltà, che sarebbe
troppo pericoloso di svelare. Basta licenijre
il domestico, e queîto incoragqito
diirimpunità, va a spogliare altre case.
Una pena men grave arresterebbe meglio
il disordine. La pietà non parlerebbe tanto
in favore del reo, se il denunziarlo
non'l'esponesse alla morte. Inabile coltiva-

)( » )(
vatore, invece di gettar un argine a traverse)
d' un torrente che distrugge Je tue
messi, pensa a riparare e serrare il suo
letto, poichè egli s'aprirà sotto il tuo
argine e sotto i tuoi campi stessi délie
uscite tanto più dannose , che tu non ne
vedrai il pericolo. Io potrei attaccare le
pêne capitali per un' altra parte e portar
la scure aile radici di questa pianta pericolosa.
Domanderei : cos' è la pena nell'
ordine délie leggi? Ella è, mi rispondono
Grozio e Puftendorf (a), un maie che si
fa sofFrire ad alcuno, a cagione del maie
ch'éHi ha commesso. Soggiungerei : perché
lisciar la morte nel numéro dei castighi!
Le angoscie che la precedono possono
ben esser una pena. La morte non
è un maie. AU'aspetto del maie e délia
pena io veggo impallidire l'uomo il più'
intrepido. Ogn'essere sensibile s'agita e
inorndisce al nome solo del dolore. Cou
tutto cio il saggio contempla la morte
con indiffërenza, l'infelice la desidera, 1'
Urone la riceve cantando, ed il furioso
giunge a sacrifiear se stesso. Ah! piaccia
a quel Dio, che uni la morte aile miserie
délia vita corne nascose la speranza
nel
(a) Dri'tto délia guerra e délia pace. Li'b. 2.
Cap. 12. Dritto délia natura e délie genti. i. 8.
Cap. }.
B 3

)( M )(
nel fondo del vaso di Pandora , piaccia ail'
infinita sua bontà, che tutti i miei simili
non riguardino nella morte che una pena e
un maie : il suicidio sarebbe meno fréquente .
Per la maggior parte ciegli uomini la
vita è un carico ben pesante. Per diminuire
il peso 1' empio gira lo sguardo alla
colpa. Egli non ruba ne commette assassinj
che per procurarsi i comodi e 1'
abbondanza che sono i sostegni délia vita
. Quai maie gli si fa coll' inviarlo al
supplizio? (,?). Voi lo sollevate colla morte
da un peso ch'egli cercava di rendere
sopportabile col delitto. E quai è 1'altra
contraddizione di pretendere di punirlo
senza farlo sofFrire ? La morte non ha d'
orribile che i suoi forieri. Nei soli momenti
che la precedono ella è tremenda
(Zi). E" una pena per chi la teme e 1'
attende, per chi la riceve è un niente .
Con-
(a) S'invieranno i Legislatori alla scuola de'
Tiranni ? Svetonio nella vita di Tiberio" fa dire
da questo Imperatore ad un carcerato che lo pregava
di sollecitare il suo supplizio: Credi tu d*
cssere rientrato nella mia grazia ? Io non m'ingegno
di forzar a vivere quelli che delirano per
niorire. La più dura crudeltà , dice Seneca il filosofo,
è quello che fa prorogare la pena. E' un»
specie di pietà far morire prontamente, perché 1'
ultimo tormento termina tutti i tormenti .
(b) Abbate Saint Real. Tom. z. délie sue Opere.
Riflesbioni sulla Morte.

X *3 )(
Contutrociô non s' annunzia al condannato
la sentenza che ha posto il limite alla
sua vita, che un'ora o due avanti 1'esecuzione.
Gli si permette in oltre d'impiegare
questo brève intervallo a mangiare
, bevere, edarendersi insensibileal suo
destino. Santa umanità, sembra che a te
si debba quest' uso ; il mio cuore non saprebbe
biasimarti.
Io voglio solamente dimostrare, che la
mortt, ne per se stessa, ne per il modo
con cui si fa soffrire, non essendo un
rnezzo proprio a bilanciare il solktico de'
delitti, è da stupirsi che le pêne capitali
disonorino ancora la nostra legislazione.
Ma sento la malignità gridarmi, che sotto
la maschera délia bontà nascondo un'
anima crudele, e che sostituendo il dolore
ad un castigo che secondo me non e
pena, sono più barbare délia legge. Io
rispondo che ragionando qui da Legislatore,
devo più considerare 1' utilità générale
che il particolare vantaggio, e più il bene
délia specie che il desiderio dell' individuo.
Cosl quantunque una pronta morte
sia preferibile per un reo che si punisce
(a), il dolore utilmente prorogato è
più
(a) Dulce mori miseris ... Morte mori melius,
quam vitam ducere mortis. Corneli».
B 4

)( *4 )(
più utile allô Stato. Invano il condannato
troverebbe più dolce l! uscir di vita .
La natura e la società ricercano che il
sangue umano sia rispanniato . Conservar
più sudditi lasciando meno malfattori, è,
la grand' arte d' ogni buona legislazione ,
ed è viziosa quella che non sa diminuir i
scellerati se non che minorando il numéro
degli uomini. Ecco la mia risposta .
S' essa non soddisfa, ritratto volentieri ciô
che ho detco.
La pena di morte si considéra dalla
maggior parte per un gran castigo . Confesserô
ch' essa è il più rigoroso di tutti.
Ma diro come quell' Ateniese che doveva
dire il suo parère sopra la pena dovuta
ad alcuni ribelli. Concedo che siino colppvolissimi,
nonostaiite non saprei condannarli
alla morte, iquando non vedessi
qualche utilità. Non irakiamo nel bruto
F istinto che lo précipita o arresta , e obbedendo
ad un urto meccanico si slància
contro 1' oggetto da cui ricevette un' impressione
doîorosa . L'uomo dee proporsi
un oggetto allorchè punisce . Secondo i
publicisti le leggi penali non hanno che tre
oggetti. L' emenda di colui che fece il
maie , il risarcimento di chi lo softn , e
l'intéresse délia società. A quale di questi
tre rapporti mi si dimostrerà che la
pena di morte sia necessaria? Certamente
non

)( 25 )(
non si corregge il reo, ne si rende mîgliore
togliendogli la vita . Il dire che non
snprebbe emendarsi, sarebbe calunniar la
natura , e smentir 1' esperiâiza . I primi
cittadini di Roma erano fûorusciti . La
Spagrw popolô le sue colonie , spopoiando
le sue prigioni, e qucsto rifiuto dello
stato è divenuto torse il flagello de' suoi
nuovi stabilimenti ? Un uomo nella felice
impossibilità di mal tare , è divenuto buon
suddito , buono sposo, buon p.idre , chcsotto
un' altra legislazione sarebbe stato
perduto per la società . Voi che credete
si difficile il suo ritorno alla virtù , non
siete giammai discesi nel cuore umano .
Radunate d'intorno ad un uomo dabbene
cio che pur troppo comunemente si vede
; da una parte de' pressanti bisogni ,
dall' altra deîla crudeltà ne'suoi simili,
açgiuncetevi l'esempio e la speranza di
ère scoperfo-, e, non mi fo garante
che voi nol facciate divenir scelerato. Al
contrario allontanate tutte queste circostanze
e vi rispondo, che del più scelerato
degli uomini potrete lare un cittadino
sommesso alla legge (

)( >6 )(
trreglio délia nostra specie. Una felicecircostanza
puo ricondurre al bene colui che
una funesta combinazione trascinà verso
il maie. Narrano gli annali délia China,
che Tai Jsong nel settimo anno del suo
regno visita le publiche carceri allorchè
la terra con alte grida chiedea agricoltori.
Esse vomitavano schiavi. Ve ne erano
390. chiusi per delitti capitali. Il Principe
toise loro le catene, comanda"
venire a riprenderle dopo le messi . Essi
il promisero, ne un solo mancô alla promessa
.(a). L'Imperatore in premio délia
loro fedeltà, donô ad essi la libertà con
la vira. La storia non aggiunge ch 1 egli
abbia avuto a pentirsi délia sua clemenza.
Non è dunque immenso l'intervallo
che sépara il cittadino cui vien rubato ,
dal miserabile che ruba. Perché questi non
po-
aumont autrice di questo Romanzo morale, narra
o suppone che un Religioso a Sciamberi fu chiamato
per disponere un reo alla morte . In vece di
ascoltare la sua confeflione, lo ajuto a fuggire .
Trent'anni dopo traversando la foresta nera incontro
un certo contadino che lo invita a riposarsi
délia sua capanna . Cola giunto il suo ospite pore
a'suoi piedi una femminaesei figliuoli che lo
chiamarono loro liberatore e loro padre . Egli era
quello stesso reo che dopo la sua fuga era andato
al servizio d' un ricco contadino, a cui divenne
ïuo genero e suo erede.
(b) Iimis Ml» Ctint de! Vtdrt Dnitld.

)( *7 )(
potrebbe levar questo spazio ritornando
alla virtù con tanta facilita con quanta si
condusse al maie? Impegnarlo e costringerlo
, questo deve essere il primo oggetto
d'ogni legge pénale. Che direste d'
uno scudiere violento, che per correggere
un cavallo vizioso, lo stendesse morto a
suoi piedi? Questo scudiere è la vostra
legislazione criminale. Il più santo de'
nostri Sovrani riconobbe meglio 1' oggetto
de' castighi. Egli non puniva un primo
furto (

)( 28 )(
sibile che questa pena produca giammai
la correzione e 1' emenda del colpevole ?
Ne segue ad evidenza che le pêne capitali
sono -ben lungi dal primo oggetto délia
buona legislazione. Incontrano esse il secondo
? L'interesse délia persona oflèsa puo
giammai esigere ta morte del reo ? Sarebbe
un domandare se il sangue dell' ass.issino
farà circolare là vita nelle vene dell'
assassinato ; se il ricco, che 1' audacia o
1' astuzia priva de' suoi tesori, li ritroverà
nelle ceneri e nell' ossa del ladro ; se a
piedi di quel patibolo, ove l'infamia strangolo
il rapitore, ritroverà il padre di famiglia
l'onore di sua figlia oltraggiata.
L 1 onore , la vita , e le sostanze sono i tre
oggetti per cui i delitti possono offendere
un particolare, e siccome egli ha l'interesse
più grande a prévenir il colpo, cosi
confesso ch' egli o i suoi hanno il più
grande interesse a ricercarne la riparazione.
Ma la ragione in che fa consistere
questa riparazione ch'è l'oggetto délie leggi
penali ? Se vi fosse qualche sciagurato
che non cercasse nella punizione del reo
che il piacere délia vendetta, la natura
arrossendo di avergli data la vita, gli destinerebbe
fra dirupi la sua dimora . Il
particolare ofièso non puiS avère altro interesse
che di ricuperare o in ispecie o in
équivalente quanto il reo gli ha rapito .
Ciô

)( ip X
Cio supposto quai sarà il caso in cui la
morte dello scelerato possa divenirela restituzione
propria o équivalente délia vil'onore,
o délie sostanze ch' ei toise?
Parlo délie sostanze; ma non è sornte
che la pena di morte punisca
al di d'oggi il furto in Europa, mentre
gli antichi lo tolleravano? Fu autorizzato
in Egitto, incoraggito da Licurgo,. onorato
nella Colcliide, e sino ricompensato
anco nel giorno d'oggi sulle coste dell'
Affrica. E non è ancor più sorprendente
che per far equilibrio a qualche pezzo di
métallo si osi metter nella bilancia il sangue
dell' uomo ? Popoli, che calpestate
ballando queste stesse terre, ove i Romani
s'occuparono per flire délie grandi a-
, prendereli per modello. Essi si
• ivano di togliere dai béni particolari
del ladro il doppio o il quadruplo di
ciin ch'egli aveva rubato . Altre nazioni
i il loiro pisarcknento da'suoi parenti
e da' Stioi amici, che sono senza
dubbio degni di qualche castigo, per non
aver prevenuta o arrestata la sua dissolurezza.
Fatelo piuttosto, corne nel regno
di Suida, vostro schiavo, forzatelo a restituirvi
in lavoro cio che vi rubô in salario.
Se voi non ricuperate la cosa, vi
restera almeno l'équivalente. Ma il suo
san-

X 3* X
nizioni (

)( n x
da quel primitive contratto che è la base
d'ogni governo. Nel primo caso 1' uomo
non ricevendo dalla natura che il diritto
di difendersi (a), le leggi che lo rappresentano
non hanno il diritto di togliere
la vita al suo uccisore. Molto meno lo
fcmno nel secondo caso . Cos' è in fatti
questo primitivo contratto? L'atto col
quale gli uomini hanno rinunziato a' loro
diritti particolari per concentrarli nel pubblico
potere. Ma ben si vede ch'essi
non potevano cedere a questo, che cio
ch' essi medesimi possedevano . Ora prima
dello stabilimento délia società essi non
avevano ne il diritto di abbreviare i loro
giorni, ne il diritto di attentare agli altrui.
Dunque trasfonder non potevano ne
1'uno ne 1' altro alla legislazione che istituirono
. S' obbietta a questi lilosofi , che
lo scellerato che uccide si sottometre avanti
d' esser ucciso egli stesso . Essi repli-
(a) Questo risponde al paralogismo del S;'g.
Linguet che comparando il corpo idéale délia società
ad un essere fisico e sensibile dice : se un
iadro mi assale posso legittimamente ucciderlo ;
cosi la società uccide un malfattore per non eiier
uccisa. La prima proposizione è fajsa . La natura
non dà che il diritto di mettere l'aggressore fuor
di stato di nuoeere, non quello di uccideie .
Tomo IV. C

X 54 X
plîcano costantemente, che non avend>
sulla sua propria vira alcun diritto, è
impossibile ch'egli vi rinunzj e lo trasmetta
. Egli s' assoggetta ad una pena ,
ma non sottoscrive alla sua morte. Si oppone
loro che il colpevole è tratto al suppiizio
presso poco, corne si précipita tin
animale arrabbiato in un fiume per prevenire
i suoi morsi. Rispondono che questa
ragione sarebbe burina , se altri mezzi
non vi fossero per arrestare il corso dei
delitti. Ma essendovi altri mezzi per im*
pedirgli di nuocere: per e?empio tenendolo
chiuso per sempre, allora , essi dicono,
la sua morte diviene ingiusta non essendo
più necessaria. La più forte obbiezione
che lor si faccia è quella che risulta
dall'esempio. Vedete, lor si dice, qu.il
orrore nasca ne' cuori allorchè le grida dei
reo feriscono l'orecchio , e l'occhio lo
mira lottando con la morte tra mezzo il
dolore e Tinfamia! Lo spettacolo d'una
pena più dolce farebbe si profonda l'impressione
negli astanti, ed i semi dei ri»
spetto aile leggi , dell'odio ai .lisordini ,
germoglierebbero con tanto frutto ? Per
quanto forte Sia P obbiezione, essi non si
persuadono. Convien bene, rispondono »
che queste commozioni non abbiano la
forza che si décanta, poichè una mol»
titudine di malfattori coglie precisamen-
te

)( H )(
te il punto d' una esecuzione per ht il
maie.
Rimarcano in seguito che una morte
che niente ha di ornbile per colui che la
soffre, non ha niente di spaventevole per
colui che la mira , e che un Chinese che
vede il suo complice correre allegramente
al supplizio, cantar, ridere co'suoi amiei
e bevere il vino che gli presentano nel
camtnino (a) non ha da tremare d'una simile
sorte. Aggiungono non esservi che
due sorta d'impressioni capaci di lasciar
vestigi sullo spirito umano. Quelle che
sono assai vive, e quelle che Sono frequenti.
Le prime penetrano molto innan-
/i , ma cedendo ben presto ail'elasticita
délie fibre del cervello, l'impressione s'
altéra a poco a poca, ed in fine Pitnma-.
gine si cancella. Le seconde al contrario,
meno attive nel primo sforzo, lasciano
nondimeno délie traccie più durevoli, perché
esse agiscono continuamente. Vi sono
(a) Il reo clie fi vede conJanruto a morte
scaglia talvolta délie ingiurie e de' rimproveri verfo
quelli che lo hanno condannato ; ma va poi il
pacibolo cantando e bevendo allegramente il vint»
che gli vien ofl'erto da' suoi nmici, che !o attendono
sulle strade per dargli quest'ultima prov.i d'
amieizia . P. Duhakl.
C 2

x ?

)( Î7 X
trovando che la pena, annunziando a' suoi
simili che la vendetta arriva tosto o tardi
al delitto, e ch'essa aggiunge alla vita
maggior peso di quello sia I' alleggerimento
che darle potrebbe il delitto. L' esempio,
credetemi, produrrebbe allora un effetto
ben più sicuro. Si precipitano molti
uomini nelle braccia délia morte, ma
nessuno nel pungente seno délia pena .
Cesare diceva in Senato (a) : guardatevi
di far morire i complici di Catilina. Voi
non li punireste, voi non spaventereste
quelli che tentati sono d' imitarli. La
morte è il fine de' mali. Ella è 1' oggetto
de' voti di chi sofFre. Se i vostri Dei 1'
avessero posta nel fondo dell'inferno, 1?
inferno non ispaventerebbe più l'empio .
Legislatori troppo severi, voleté conoscere
apertamente quai' è l'azione délie vostre
pêne capitali sulla società ? Consultate
i fatti, interrogate l'istoria. Dal seno
di quelle vaste" rovine, ove i Regni e le
Città, gli usi e le leggi, le generazioni e
i secoli dormono l'un sopra 1' altro, P
esperienza, ch' è sempre P organo délia
verità, si alza e vi condanna. Strabone
mette a' piedi del Caucaso nazioni che
non
(a) Cicérone in Catilina.
C i

X 3« )(
non conoscevano castigo più rigoroso dell*
esilio del colpevole e de' suoi figli . Contuctociô
il delitto non si accostava a quei
popoli tranquilli. Ail' ombra d' una legge
dolce, germogliava tra loro 1' amor délia
pace e délie virtù, ed intanto li disordmi
accorrevano in folla tra i Derbiciani loro
vieilli, che aftidando al terrore la cura di
preservarli, punivano colla morte ogni
contravvenzione all'ordine publico . Se mai
1'Egitto godé d 1 una buona pulizia e conobbe
la félicita , cio fu sotto il regno di
Sabacos, o Sabacon (a) chç ne bandl la
pena capitale. Il gran Sesostri tinto del
sangue délie Nazioni, comparl forse con
minor fiducia avanti l' essere eterno> Potea
dirgli corne dirgli pote va il primo Padre
degli uomini. Io t' ho rispettato ne'
tuoi figli : quei giorni che m' avevi loro
numerato, non furono da me abbreviati.
Se ve ne furono di quelli i di cui delitti
O) L'Autor dell* origine délie leggi, Libro
primo, parla cosl di Sabacos. Si puô ben ginstamente
poner Sabacos nel numéro dei Legislatori
dell'Egitto. Questo Principe nato affnbile e umano
aboli la pena di morte e comand6 che s'imyiegassero
i rei ai lavori pubiici , sostenendo che
i'Egitto ritrarrehhe mnggior profitto e vantaggio
da questo génère di supplizio , che da quello ch*
era imposto sulla vita; e Io manifestava opportun
no a punire e a reprimere le colpe.

)( tf X _
tî li rendevano indegni di vivere, seppi
costringerli a meritare con utile travaglio
1' esistenza ch' essi avevano ricevuta dalla
tua bontà. E* una perpétua osservazione
degli autori Chinesi, dice Montesquieu^),
che quanto più s'accrescevano nel loro
Impero i supplizj, tanto più era prossima
la riv'oluzione. Uno dei migliori loro
Principi (£>) cosl si esprimeva in un
atto publico : Le leggi severe furono abolit
e sotto il T. Cbeoa, e sotto il reg no di
Pang. Vang. Il numéro dei rei fit si piccolo,
che fer lo spa^io di quàranta anni
le carceri rimasero vuote. L' uso di qv.esti
supplizj ricomincib sotto i T. Sing. Questi
fecero stragi orribili, e non diminmrono
il numéro dei delitti. Péri un' infinit à
di gente ne i>i si pub pensare sen^a orrore
e compassione. Quai lezione nella bocca
d' un Sovrano ! Moderatori de' Popoli,
dispensatori di leggi, non è più questo il
vo-
(a) li supplizj arrcstano moite conseguenze
dei mal générale, ma non correggono il inafe.
(b) L' Imperator Vou-Ti cjuinto Imperator
délia quinta dinastia che viveva circa 117. anni
avanti G. C. cosl s? esprimeva in una di quelle
dichiarazîoni ove i Principi délia China si fanno
un uregio di dar avvisi a' loro popoli sopra Tarte
ai renderfi felici. Istoria D. Hardion.
C 4

X40 )(
voto d'un oscuro cittadino, ma è la riflessione
d' un gran Monarca, e il grido
dell'esperienza.
Quai fu la sorte di Atene sotto il governo
di quel Dracone che non diede altro
scettro alla legge che la scure d 1 un
carnefice ? Da per tutto s' offriva 1' apparecchio
de' supplizj col fantasma délia
morte, e da per tutto l'estrema licenza e
lo sfrenato disordine. Venne Solone e toise
aile leggi ciô che avevano d' orribile .
Cessa il disordine, ne più vacilla lo Stato.
Osservo i medesimi effetti sulle rive
del Tevere e la stessa cagione li produce.
Roma ebbe pochi delitti a punire ,
sinchè rispettô la legge Valeria e Porzia
(«) che proibiva alla Giustizia di condannar
a morte un cittadino. Le sue mura
non si riempirono di malfattori che
allora quando il Litore ri mise ne'suoi fasci
la scure che Publicola ne aveva le vala
(è). Rimontiamo al principio. La misura
del delitto non è altro che l'intéresse
di quello che lo commette. Ove cessa
il suo bisogno, là la sua mano s'arresta.
Un
(a) Çortia lex memorabilis . Hotomanus in
Oratio . Ciç. pro Cajo Rabirio.
La legge Valeria era piti antica, maconteneva
presso a poco lo stesso oggetto .
(b) Vit» di Pubikola.

)( 41 )(
Un delitto inutile non ha solletico, e siccorne
il bisogno si contenta di poco, egli
non vuole che delitti leggeri. Ciô che
spinge loscellerato all'eccesso del delitto,
è bene spesso l'eccesso délia pena . Si
commette sempre il maggiore, perché non
si arrischia meno a fare il minore. Cosl
il latrocinio alla strada è comutremente
seguito dall' assassinio ; perché il castigo è
eguale per il ladro che assassina e per quello
che non assassina, e la speranza di non
essere scoperto è assai ineguale ne'duecasi.
Legge imprudente, esclama un rragistrato
prudente e setisibile (

X 4*)C
litto capitale è il maltrattare il padre, rare
volte la società ed il buon ordine sono
turbati. Lo furono cosl sotto il regno
brillante e virtuoso di quel Giovanni Coinneno
che non permise alla giustizia d'
inrliggere alcuna pena corporale. Lo stesso
fu in Russia finchè lo scettro d'Elisabetta
ne tenne lontana la pena di morte,
e lo sono attualmente sotto' allô stesso
clima, ove Caterina chiudendo a migliaja
d'infelici le porte délia morte, âpre
quella délia vita ad innumerabili gênerazioni,
che non nasceranao che per benedirla
. Ogni Sovrano che vorrà imitarla ,
è sicuro dell'eterno omaggio de'Secoli.
Forse si prevede qualche pencolo a bandire
intieramente da' Tribunali le pêne capitali
1 Cosa impedisce almeno il non
mettervi degli ostacoli ? In Inghilterra niuno
è condannatQ a morte, quando il Re
non abbia sottoscritta la sua sentenza .
Alla China tre volte si esamina H processo,
e tre volte si présenta alPImperatore.
Giammai si aprono gli occhj miei
sul codice pénale di certi popoli, che non
creda di vedere quella série fatale di proscrizioni
che riempi Roma di stragi senza
veder migliore il suo governo . La
maggior parte délie Nazioni non puniscono
colla morte che l'omicidio, e questa
fu la sola délie severe leggi di Dracone

X « X
che Solone ritenne. Da cio io conoscour»
Legislatore illumiiiato. Meno impiegata
a far scavar fosse che ad appianar il terrent)
, egli coraggiosamente cancella d.il
numéro dei delitti le azioni che ne ricevono
il nome da'pregiudizj, e dali'opinione
d'un paese. Egli non colloca ia
questo numéro che i misfatti per tali riconosciuti
da tutte le Nazioni. Accrescerne
il cataiogo non fu sovente che invitare
a commetterli.
Un Législature illuminato s 1 applica principalmente
a formare i costumi; le leggi
a questi non suppliscono ; essi tenevano il
luogo di queste fra i Jciti, de'quali Giustino
fa quest' elogio, che V ignoranza del
maie era per essi una guardia ben sicura
dell' ardire publico , quanto la conoscenza
ed il timor délie pêne. I Germani, le
virtù ed il valore de' quali fecero stupire
Io stesso Germanico, non avevano altra
legislazione, e solo punivano di morte la
vilrà ed il tradimento. Iviaggiatori conoscono
( dice il Cavalier di Jancourt ) in
Polonia, che i buoni costumi vagliono
più délie leggi . La quantité, de' boschi, la
lontananza délie abitazioni, il costume di
viaggiar di notte corne di giorno, l'indolenza
de' starosti nella, sicurezza délie strade,
tutto favorisce il latrocinio e V assassinio.
E pure dieci anni appena ne danno

)( 44 )(
un esempio. Un Législature illuminato si
occupa meno ad infligger pêne che a prevenirne
l'oggetto . Pochi disordini deve
punire s' egli bandisce 1' ozio che ne è 1'
origine . Amasi obbligava ciascuno de' suoi
sudditi di dichiarare ogn'anno al Governatore
délia sua Provincia il suo nome,
la sua professione, e d'onde ritraeva la
sua sussistenza . Colui che non soddisfàceva
alla legge o faceva una falsa dichiarazione,
o dimostrar non poteva di ritraere
la sua sussistenza da mezzi onesti, era
punito di morte. L'Areopago più umano
1' obbligava al lavoro , e l'Inghilterra lo
fa passare nelle sue Colonie. Un Legislatore
illuminato rende lavirtù più attraente
che il vizio spaventevole (a). Il timor
del castigo non puô che allontanar dal
maie. La speranza délia ricompensa conduce
al bene. Questa crearebbe un' anima
a chi non ne avesse. A quai segno non
giunse il coraggio degli avventurieri seguaci
di Romolo alla vista délie corone ossi-
•
dio-
(a) E v veramente da stupirsi che 1' uomo essendo
egualmente sensibile alla speranza ed al timoré
, alla lusinga délia ricompensa ed alla paura
del castigo, la legge abbia preferito il condurlo
per la piu scabrosa délie due strade . Perché si
scarsi i premj aile buone azioni, e si gran castighi
aile cattive ? Se tu vuoi far crescere ilmerito, setnina
le ricompense.

)( 45 )(
dionali e civiche ? Poche foglie di Quercia
e poc' erba fecero gli eroi. I castighi non
avrebbero fatti che dei schiavi. Castighi!
Quai vergogna ch' essi abbiano sopra di
nui più potere che le voci délia coscienza
e lo sguardo delF essere degli esseri ! Dire
quel che penso . Le vostre leggi penali
non sono debitrici forse di cio che hanno
di odioso , che al vizio délia nostra educazione.
Convien ben dire che il Legislatore
s'armi contro l'uomo adulto délia
scure, o délia spada , poichè gl' istitutori
délia nostra fanciullezza non la dirigono
che colla sferza e colla verga . Essi avviliscono
1' anima storpiando il corpo . Le
nostre scuole aile quali dovrebbe sempre
presedere un magistrato, risuonano di gemiti,
o se vi régna il silenzio, egli è
quello dello spavento. La severità vi risveglia
la diligenza, la minaccia induce
ail' opéra, ed- il castigo divien 1' appostolo
délia virtù. Ecco ci6 che rende in seguito
i supplizj necessarj. Come condurre
diversamente che col timoré délia ruota
chi è avvezzo dall' infanzia a non agire
che col timoré délia sferza !
Una riforma alla nostra maniera d'educare
i fanciulli sarebbe la miglior base
délie nostre leggi penali. Esse forse sarebbero
inutili. Ma finalmente è necessano
di fbrmar un argine ail' interesse générale
con-

: 4* )(
contrôla furia del!' intéresse particolare l
Oh voi che costruite questa barriera, ditridatevi
di quel zelo che riscalda si facilmente
una bell' anima contro il delitto .
Perseguitando l'iniquità (»i) non offendete
la natura . Siate penetrati da questa gran
verità, che la società non ha diritto di
castigareuno de' suoi membri , che in quan^
to abbia fatto alla società qualche offesa ,
e che liella riparazione di questa offesa
tleve consistere principalmente la pena, e
che il toglier la vita ad un uomo niente
risarcisce; se il colpevole non è taie ehe
per aver fatto del maie, voi il punireté
meglio , e rneglio vendicherete la società ,
obbligandolo a far del bene . Qualunque
sia questo bene, egli risarcirà sempre il
danno causato . A che servir possono quegli
schiri avanzî che la carità va a staccar
dal patibolo? Il Sig. de Maupertuis
impiega il supplizio de' rei a perfezionar
1'
(a) Scriveva il Vescovo d' Ippona al Co:
Marcellinot Impie, christiane J udex , pii p.urisofficium.
Sic succense iniquitati ut considère humanitati
memineris . Nec in pectatorum atrocitatibus
exerceas ulciscendi libidinem, sed pectatorum
vulneribas cur.indi adhibeas voluntatem & caus.
2j. Gon piacere trascvivo quest' espressioni di un
grande e santo Vescovo . Esse mostrano che la reiigione
e la natura sollecitauo 1' abolizione dqlle
penc capital] .

X 47 X
Y arte che conserva Ja nostra vita. Vuole
che sopra 1' uno si fàccia la prova dei divers!
generi di veleno ; che ail' altro si
kvi aJcuna di quelle parti riputate essenzuli
aU'economia animale; e ad un terzo
si cerchi nel cervello quei legami delicati
che uniscono 1' anima col corpo . Vuole
in seguito che la vira e la libertà siino il
premio dell' operazioiie sostenuta con coraggio
e fatta con successo. Quest' idea
puo esser buona. Nonvorrei pertanto che
trasformassero in patiboli i nostri anfireatri
di Chirurgia, ed in carnefici i mini»
stri délia salute,
Dali' altra parte questa prova necessariamente
eseguita lontano da ogni sguardo
, quai terrore spargerebhe nella inoltitudine?
Cosa si guadagnerebbe a restituire
alla società corpi privi di membri e
di fotzei Se tolgoun reo âUa morte, voglio
che la sua vita sia utile (s). Roraa
li precipitava in quelle cave profonde formate
dalla avarizia, d'onde la terra vide
con orrore sortire i delitti ed il métallo .
Essa liobbligava di trar per lo Stato quell'
oro
(a) L'esperîmento dell'estrazione délia pietra
fatta sopra un reo sotto il re°no di Luigi XI. lia
chiuso ai posteri una via délie piii fréquentât* al
iolore ed alla morte. Parla la stessa esperienza in
faVore .

)( 4« )(
orô ch' essi avevano per loro cercato ta»
il discrdine ed i misfatti. Cosi Tantale»
ardente di sete in mezzo aile acque, vendicava
nell' inferno la sobrietà insultata,
I Siciliani destinavano i loro rèi al lavoro
délie piètre. I Portoghesï l'impiegavano
nelle scoperte che per noi apportarono
piu vasti confini al mondo. LaRussia
ne popola i suoi deserti, l'Inghilterra
le sue Colonie. La Germania gl' impiega
a strascinar le sue carrette, o galère
da terra , e gli Affricani li cambiano
con mercanzia. Saremo noi i soli a toglier
loro la vita in publico, e ad espor-
!i ad infettare le publiche strade? Per me,
se innalzato fossi al nobile uffizio di Législature
, ne richiamar potendo il buon
ordine, ne per il solletico délia ricompensa
ne per quella de 1 buoni costumi, dovessi
cornpocre un codice criminale, co-
Bf)incierei dal penetrar ben avanti nel cuor
umano. Ivi cercherei di scoprire tra la
mole délia sua organizzazione quali sieno
quelle che imprimono ail' anima maggior
energia e maggior attività, ed avendole
una volta scoperte, vi attaccherei come
a punto fisso il primo anello délie mie
lcggi. O m'inganno d'assai, o il timor
dell' obbrobrio è il punto ch' io cerco .
Osservo infatti che la Iode men ci piace,
che il disprezzo ci offende} che molti veg'
go-

)( 4? X
gono senza scuotersi crollare 1' edifizio
délia loro fortuna: che un gran numéro
mira imperturbabilrnente il sepolcro, e mira
senza impallidire le catene, purchè non
sia l'infamia che le presenti.
• Ma quai uomo résiste alla vergogna ed
all'avviliinento? Con pari ardore con cui
il Giapponese si squarcia il ventre per non
divenirne la vittima; l'Inglese ail' altra
estremità délia terra li previene col veleno
o colla pistola. Scorrete tutti i paesi,
consultate tutti i governi non ve n'è alcuno
in cui 1' obbrobrio non getti la natura
in strane convulsiôni. Questa scoperta
è un raggio di luce per il Législature
. Questa è la nuvoletta che I' attento
Piloto vede formarsi ail'orizzonte. Poni
sul timone un braccio vigoroso, Tai vêle
son presso a gonfiarsi, il vento è vicino
a condurre in porto la tua Nave .
SI poichè è di fatto. L'ignominia che
opprime Puomo, e porta il timoré in
tutto il suo essere, non ha bisogno che
di raccogliere ciô che ella ha di piu orrido,
e con questo perseguitare il delitto .
Lo prometto . Il Législature lo vedrà fuggire
d'innanzi a lui, corne la mobil sabbia
al soffio degli Aquiloni. Ne do un esempio.
Perché il numéro de' disertori si considérable
tra di noi era si scarso nelle an-
Tomo IV. D ti-

)( 50 X
tiche Republiche? Perché col timor del
disonore elle tenevano i soldati aile loro
insegne, e noi col timor délia morte. Atene
escludeva un disertore dalle assemblée
del popolo, e gli chiudeva le porte de'
Tempj . I Tunani li condannavano a coinparire
in publico con abiti da Donna. In
Roma li vendevano corne schiavi : in altri
luoghi veniva loro tagliata il naso e
le orecchie. E" visibile, corne dice ottimamente
l'immortal Montesquieu , che
per un soldato accostumato a disprezzar-
Ja, la morte è una pena più leggera.
Non deve dunque sorprendere ch' essa faccia
poco effetto. Anzi non ne fa alcuno,
che in quanto 1' obbrobrio le comunica la
sua azione . Togliete l'infamia al patibolo,
niuno- temerâdi salirlo. Forse Jamaggior
parte si crederà onorata di perire pec
una di quelle cagioni che nobilita la publica
opinione. Lungi dunque dal diminuire
la forza di questa gran molla, niente
oblierei per accrescere la sua élasticité.
Che non puote il timor del disonore! Esso
induce quella donzella, che un istante
di debolezza rese madré, a sacrificar la
natura. La freni dunque il timor d'un
disonore più- grande. Le legçi che noa
sanno che strascinar alla morte, vi condannano
quest'inf'elice . Non sarebbe ella
assai più punita, se per un certo numéro
di

)( ji )C
di giomi si esponesse nel mezzo aile nostre
publiche piazze caricata di tutto il peso
délia publica esecrazione, tenendo strectamente
abbracciato il cadavere- ch' ella
privé di vita, la bocca appressata sulle
livide labbra,. sforzata di respirare l'odore
infetto e di pascere i suoi sguardi dtllo
spettacolo il più crudele che possa offrirsi
ad una madré. Gli Egizj non avevnno
altro supplizio per i padri eu' uccidevano
i loro figli. La morte senza dubbio sarebbe
stata per loro più dolce, maloStato
avrebbe avuto un uomo di merro. Dopo
la perdita dell' onore, la più spaventevole
è quella délia liberfà. L'essere sensibile
e fiero che si crede nato percomandar
al mondo,. ama meglio non essere,
che vivere per portar le catene. Erode
presso i Giudei, pressée noi le leggi Salica
e Ripuaria, avevano conosciuto il secreto
del poter coartivo. Il primo faceva
vendere fuori del suo Regno il reo di furto
con fratura. Le seconde dichiaravano
schiavo délia famiglia del defunto 1' uccisore
che non pagava il compenso fissato.
Felice umanità, se Je catene délia schïavitù
non fossero giammai state formate che
dalla giustizia e dalla legge. Ma che! Intanto
che ne' deserti la Tigre rispetta il
suo simile, 1'uomo sulle rive del Sénégal
traffica del suo simile? Vascelli si riem-
D 2 pio-

X 5> X
piono di questa strana mercanzia, e vanno
a spargerla corne un vil concime sulle
campagne dell' America ? Oh miei concittadini.'
se il zucchero, il cacao, il cafre
non possono maturarsi che due mila leghe
da roi lontano, e venir poi a scacciar
la frugalité dalle vostre famiglie che
nutriti e gonfi d'umana sostanza, aprite
le vostre prigioni, trasportate di là da'
mari quei malfattori che per l'abuso délia
loro libertà hanno mentato la schiavitù
; P umanità saprà rasciugare le loro lagrime
e vi applaudira la ragione. La difficulté
di vegliare su di essi non vi trattenga.
Vi costerà meno a custodirli che i
vostri Negri ; pevchè questi non tenteranno
mai di scuotere il vostro giogo, corne
quelli, riflettendo su' loro diritti e
sulla vostra ingiustizia. La cognizione de'
loro delitti ed una pena ben dovuta lipiegherà
facilmente al vostro servigio . Se
abbisognate d'estremi rimedj per contenerli,
la legge v' indica la mutilazione .
Gli Egizj giudicavano questo supplizio
maggior délia morte, perché il sentimento
del dolore si propaga per un tempo
maggiore, e lo impiegavano a preferenza
corne men funesto alla société. Essi tagliavano
le due mani alli monetarj fàlsi ,
e falsificatori dicaratteri, di pesi e di misure.
In ciô io non gl'imiterei. Che rare

X 5? )(
re d' un uomo che non ha braccia ; ma atf
esempio loro punirei le violazioni e la rapina
con un taglio che renda l'esistenza
peggio di niente. Come essj strappar la
lingua al traditore che rivela il secreto
dello Stato, sarebbe a mio parère conciliar
abbastanza l'interesse délia legge , e
quello delP umanità . Proviamo un altro
mezzo ancora per conciliare questi due
grandi interessi.
Immaginiamo un castigo col quale la
Società sia egualmente al coperto dagli
eccessi délia scelleraggine che la disturba,
e dei trasporti del zelo che la vendica .
L'esperienza ci dimostra che 1'ozio fa lo
scellerato. Nel suo seno si concepiscono i
misfatti. Vi sono degli uomini avidi df
béni altrui, per non essere inclinati a procurarsegli
col loro travaglio. E' loro più
molesta l'idea délia fatica che il timor
del castigo . L'esperienza c' insegna in seguito
che nulla v' è più proprio ad infonder
timoré in un' anima, che l'immagine
dell'obbrobrio e del disonore. Dunque
spaventar conviene il delitto con ciô che
la yergogna e la fatica hanno di più orribile.
Nel mio piano sarebbero sempre
tra ferri i piedi dei reo, perché non mi
fuggisse. Le sue braccia non resterebbero
libère che per divenir i'istrumento délia
pena. Sulle sue guancie sarebbero impres-
D 3 si

X 54 )(
si a segni indelebili caratteri distintivi
délia colpa. Per questa via non potrebbe
ingannare la mia vigilanza. Gli sarebbe
impossibile di nascondersi a 1 suoi simili,
e se a divider andasse 1' asilo dell' Orso e
del Lupo, non avrei da temerlo . Con
questo mezzo egli spargerebbe di continuo
dinanzi a lui 1' orror dei delitti ed il
rispetto per le leggi. Sarebbe pure facile
di rendere questa impressione più efficace
. Sceglierei perciô quei giorni di solennità
e di riposo, in cui la tranquillité
, il vino, P allegria ristorano il coltivatore
e V artigiano, e di questi io ne
farei per le vittime délia publica vendetta
giorni d' afflizione e d'ignominia . Li
colocherei aile porte de 1 tempj del Dio di
giustizia. Ivi colla faccia lorda di quei
obbrobriosi caratteri impressi dalla man
del cnrnefice, legati ad un palo guarnito
di punte di ferro con pesanti catene, esposti
ai caldo dell'estate ed al gelo dell'
inverno , eccitando l'indignazione degli
uoinini e la rabbia degli animali, mostrati
con orrore corne bestie feroci caricati
di maledizioni che loro procaçcierebbe 1'
idea sempre présente de' loro delitti bevendo
a sorso a sorso a vista di tutti il
calice délia vergogna e del dolore . Essi
ecciterebbero ben meglio l'amor délia virtù,
che lo spettacolo de'nostri patiboli e

X 55 X
délie nostre ruote. E pli altri giorni non
nascerebbe per cssi il Sole che per far loro
provare in lavori penosi un nuovo
génère di supplizio . Le opère publiche ,
i Molini, le Fontane , le Saline, le Perrière
diverrebbero tanti generi di pena .
Coll' ubbidire al dovere che mi ordina di
punirli, avrei la soddisfazione di conservare
quella moltïtudine di lavoranti cbe
noi impieghiamo, e che l'eccesso délia
fatica o la corruzione dell' aria rapiscono
alla società. Ma chi compiangerebbe il
reo allorchè andasse acavar il sale, i marmi,
i metalli nel fondo di quelle cave d-i
cui r occhio spaventato non osa misurare
la profondità? Chi lo compiangerebbe allorchè
lo sforzassi a lavar co' suoi sudori
quelle strade ch'egli infestava co'suoi assassin)^
S'alza un gemito universale ntl
mezzo délie campagne. Perché quell'aratro
non compie 1' incominciato solco >
Perché è guidato dalle deboli rnani d'un
contadino che puo appena sostenerlo? Veào
la moglie piangente correr dietro al
suo sposo che la forza toglie al lavoro ,
ma lungi d'esser ammollito dal suo pianto,
il soldato divenuto più crudele li strascina
entrambi sopra una publica strada
per consumarsi le forze che le campagne
richiedono . Quai cuore' non ne sarebbe
commosso? Quai buon cittadino non de-

)( $6 )(
siderô la soppressione di tali angarie ?
Questo sospirato momento non è lontano.
Adoperate i rei alla costruzione e adattazione
délie strade, e cosl allontanerete
il flagello dalle campagne e ricondurrete
ne'yillaggi Tallegria e la fertilità .
Le strade anzi saranno migliori. L' opéra
del villano che non è continua dev'essere
estremamente ineguale, ed anco difettosa,
poichè la buona o cattiva adattazione non
ha ne premio ne pena. Dali' altra parte
perché obbligarlo al Iavoro, corne s' obbligherebbe
un reo sopra del quale i suoi
delitti ne danno il diritto? Osservate nelle
pianure di Memfi quelle Piramidi che
fermano il viaggiatore attonito e lo persuadono
che i figli délia terra hanno realmente
tentato di ascendere al Cielo. Osservate
quei laghi immensi che difendevano
un popolo agricoltore dai capriccj del
suo fiume. Osservate quei sepolcri ove
più che sul loro trono scorgevasi la grandezza
de'Faraoni. L'immaginazione attonita
dubita se di tali prodigi è debitore 1'
Egitto a'suoi abitanti o a'suoi numi ; essi
si fecero sotto gli ordini délia giustizia
da braccia che il travaglio purifica dalle
macchie del delitto. Simili istromenti sono
a nostra disposizione; perché non al'
impieghiamo ? L' attaccamento a' vecchj
usi vede da per tutto degli ostacoli ai nuo-

)( 57 )(
vi. Io mi aspetto già di sentir esagerare
la difficoltà di custodire e di render docile
una turba di rei. Ma l'imbarazzo di
custodir un uomo sarà una ragione per
ucciderlo? Tal difficoltà si era resa forse
insuperabile a' popoli, di cui vi ho perorato
? Propongo un' idea.
Racconta Erodoto che gli Egizj, che
furono i maestri delle Nazioni, avevano
un costume singolare per i cadaveri abbandonati.
La città vicina era obbligata
d' imbalsamarli con grande spesaefar loro
celebrare magnifiche esequie. Gl' impegnavano
cosi col mezzo del gran mobile delP
onore a mantenere la sicurezza sul loro
territorio. Ciô che io voglio tende allô
stesso oggetto, e non è di tanta spesa .
Incaricherei lacomunità, ne'confini délia
quale si fosse commesso il delitto, delP
esecuzione délia pena del reo. Il capo di
quell' anno mi risponderebbe , personalmente
e se la signoria del luogo non potesse
soccombere alla spesa del vitto e
délia custodia, la diyiderei sul corpodegli
abitanti. L'esçnzione délia fazion personale
sarebbe per loro un abbondante ri-
'• sarcimento. Sarebbe facile senza dubbio
d'immaginar mezzi più semplici emigliori
per l'esecuzione dei castighi che hoindicati,
e sarebbe egualmente facile di supplire
meglio aile pêne capitali che proscn-

X 58 )(
scrivo. Un'Accademia che proponesse per
soggetto d'eloquenza la migiior maniera
di nmpiazzare la pena di morte, meriterebbe
di aver al >concorso tutti gli uomini
che sanno sentire e pensare . Possano
questi uomini, che il genio accende del
suo fuoco, rivolgere a questa parte i loro
sguardi ! lo non invidierô loro la gloria
di difendere con esito piu felice la causa
dell'umanità. Chi desidera sinceramente il
bene, non è geloso d'esser solo a farlo .
Per me sarô contento e ricompensato, se
pria che l'Angelo délia morte mi apra
sotto a 1 piedi la tomba , potrô veder libéra
la nostra Legislazione dalla tirannia
délie pêne capit.ili.
Oh Dio ! gettari corne alla cieca in mezzo
allô spaz.io, noi non occupiamo che
aicuni momenti deU'eternità. Jeri non eravamo
veduti, domani saremo ricercati,
e quando le passioni, le malattie, il lusso,
l'indigenza e la perfidia gareggiano
tra loro per toglierci quest' esistenza di
pochi istanti, la spada délia giustizia ancora
s'alzerà per abbreviarli? Custodirà
dunque il pastore il suo gregge divoran-r
done una parte? Guai a me perô se pretendessi
censurare la severità di cui si gloriano
i ministri délie nostre leggi criminali
! Confesso che queste leggi, che non
sono opéra loro, sono un deposito affida-

X 19 )(
to nelle Ioro mani da una autorità superiore,
ch' essi non possono alterarla senza
colpa ; che il loro inerito è di far eseguire
la legge, corne il nostro dovere è di
obbedirla, e che il rendersi men rigidi
nella ricerca e nella ptinizion del delitto
sarebbe per loro una prevaricazione. Lo
confesso e con tutto il cuore lo ripeto ,
terminando la protesta, che in pari circostanze
sostiene un magistrato (

DISCORSO
SUIXA
UMANITA 1 DE' GIUDICI
NELL' AMM1NISTRAZI0NE
D E L L A
GIUSTIZIA CRIMINALE .
L'umanitè est un sixiem Sens.
Servi».

D I S C O R S O
••^T-i—r^
Sulla Umanità de' Ghtdici nell' amministr^-
•^jone délia Gtusti^ia Criminelle.
VJE la Giustizia è il primo dovere del
Magistrato, 1' umanità ne dev'essere la
prima virtù . Egli dev' essere senza passione
corne la legge, ogni quai volta pronunzierà
la sua sentenza tra il potence ed
il debole, tra il ricco accreditato ed il
povero senz' appoggio ; ma en' egli si guardi
di confondere questa impassibilità morale
con quella durezza di caraccere che
scaccia dal cuore il sentimenro d' umanità
corne una debolezza, e che sempre mira
l'ingiustrzia allato délia pietà . Se il suo
cuore non si è mai scosso ail' aspetto délia
virtù sventurata, se non ha mai sparse
lagrime allô spettacolo dell' innocenza
oltraggiata , se non ha ricevuto dalla natura
quella dolce sensibilité che sorïre ne'
mali altrui , fugga lontano dai tribunal)
di Giustizia, e porti altrove la sua fredda
e tranquilla virtù. La spada délie leggi
puo facilinente divenir un' arma rea
nelle- sue mani ; e sarà tanto più degno
di compassione , quanto che, colpevole
senza rimorso, non saprà ne pure bagnar

)( 64 )(
di lagrime le ceneri délie sue vittime.
Cosi è . La virtù stessa è pericolosa sen;
za Pumanità, e si devono temere i suoi
eccessi. Il Magistrato dunque che ama la
giusù'.ia non si scordi giammai che bisogna
amare gli uomini, s'evitar vuole 1'
errore nel giudicarli. Questo sentimento
prezioso deve mischiarsi con tutti i suoi
sentimenti ed unirsi alla ragione per prevenire
gli eccessi. Soprattutto usar deve
di questo sentimento allorchè errando negli
oscuri sentieri délia giurisprudenza criminale
cerca in mezzo ail' ombra délia
notte il colpevole che teme la luce, o 1*
innocente che la desidera.
Io mi propongo oggi di parlarvi di
questa parte importante dell' amministrazione
che vi è confidata , Voglio distruggere
i pregiudizj, combattere i vizj, richiamare
i doveri. Fortunato nel non trovare
, occupandomi in questi differenti oggetti,
che un' occasione preziosa di render
un omaggio publico alla vostra virtù. A
Roma l'accusa d' un cittadino era considerata
corne un grande avvenimento. La
Patria che connsceva tutta 1' estensione de'
suoi diritti, non glieli toglieva che con
dispiacere, e se qualche volta era sforzata
d'immolarlo alla sua vendetta, 1' apparecchio
del sacrifizio faceva vedere la
gran-

)( 6S K
grandezza délia vitnma. Cosl non è tra
di noi. Il cittadino accusato non puô più
difendersi nelle assemblée del popolo , ne
innanzi lo sguardo délia libertà . Solo colla
sua innocenza o colla sua colpa non
gli è permesso di servirsi dell'altrui eloquenza
per sottrarsi alla pena, o ripulsar
la calunitia. Appena denunziato , il silenzio
délie leggi lo circonda , la giustizia
lo riçopre colle sue ombre, ne h i per difensore
che lo stesso magistrato che dev"
essere il suo giudice. Cosl la nostra legislazione,
diminuendo l'asilo al delitto,
sarebbe forse fatale ' ail' innocenza s' ella
non gli avesse préparât! de'protettori vigilant)
in quei ch' ella ha scelti per essere
i depositarj délia sua autorità; ed in
questo momento giudicar dovrete Si tutta
T importanza e di tutta - la difficortà del
vostro ministero. Appresso gli amichi i
costumi publia sosfenerano il magistrato
. L'amor délia parria , il fanatismo délia
lihertà facevano nascere in lui tutte le
v irtu del suo posto, e per degnamente
occuparlo non aveva bisogno che d'essere
cittadino, e di detestare i tiranrri. Nelle
nostre costituzioni moderne le funzionî
del magistrato 30no meno Iuminose e di
maggior fatica. I nostri costumi, asscltitamente
indipendenti dalle nostre leg-
Tomo IV. E gi

)( te X
gi (a), non gli danno tanta gloria, mentre
ha dei doveri egualmente preziosi di
adempire. Che farà egli dunque per adempir
questi doveri? In luogo del fanatisme!
qualche volta cieco délia libertà ,
sostituirà l'amore sempre illuminato délia
virtù. Soprattutto egli nulla lascierà
per sviluppare nel fondo del suo cuore
quel sentimento d'umanità col quale tutti
nasciamo, e che dobbiamo riguardare
corne il più utile de'doni che la natura
ci ha fatti. Questo sarà, se oso dirlo ,
tutta la sua coscienza. Quanto più questa
coscienza sarà delicata e sensibile, tanto
meno temerà egli d'ingannarsi abbandonandosi
aile sue leggi. In fatti voglio
anco darvi le prove di questa gran venta.
Non v 1 e che l'amore dell' umanità
che possa far acquistare al magistrato le
cognizioni df cui ha bisogno per giudicare
gli uomini, come non vi è che questa
stcssa virtù che possa garantirlo dall'
er-
(a) Ciù ha bisogno di spiegazione. I eostumi
si mudificana a piacere del governo, anzi puô
dirsi che sono 1' effetto necessario délie leggi politichediciascuno
stato . Qiieste leggi sono quelle
che detcrminano il rapporto degli uomini tra di
loro ; in seguito di questi rapporti diversamente
combinat!, nascono le affezioni, le abitudini dei
pregiudizj che lj uniscono.

)( 67 )(
errore de' suoi giudizj. Di tutte le cognizioni
necessarie al magistrato, la più indispensabile
senza dubbio è quella dell'uorao.
Senza di essa vana sarebbe la sua
saggezza. La sua scienza non serve che
ad indurlo all'errore, ed i principj con
cui carica la sua memoria non gli offrono
che délie pericolose precauzioni contro
il delitco che fugge alla loro vigilanza,
o l'innocenza che si. nasconde alla
loro severità..
Il Filosofo che vuol acquistare questa
cognizione difficile spoglia l'uomo prima
di tutto quello ch' egli deve aile istituzioni
sociali , e nducendolo ail' originaria
semplicità, cerca scoprire nelP analisi délie
prime facoltà délia sua anima i principj
nascosti délie sue differenti operazioni.
Con un picciolo numéro di sensazioni e
di hisogni voi lo vedrete successivamente
componere tutte le parti del suo ente morale
y concatenar le sue idée, sviluppar le
tue inclinazioni, crear le sue passioni, determinar
i suoi rapporti, e dopo' aver
combiaato i diversi démenti di forze che
agiscono sopra di lui, spiegare i fenomem
che ne dipendono, e ritrovar gli effetti
ch'esse devono produrre. Cosi il magistrato
deve studiar l'uomo. Lungi dal
separarlo dalla società, nella società stessa
considerar lo deve. Giudice délie di lui
E z azio

)( 68 )(
azioni, corne ne comprenderebbe i motivi
, corne disringuerebbe in esse ciô cas
parte dalla passione da ciô che proviens
dal c-arattere ? Cio che è il frutto deh" abitudine
da cio che attribuir si deve aile
eircostanze? Ciô che è l'effetto de' eostumi
partkolari da ciô che dériva da'costumi
generali? Corne inaoltre in mezzode'suoi
nascondigli, délie sue fughe , de'suoi
raggiri, de'suoi errori, troverebbe egli la
strada sovente oscura e sempre sécréta del
cuor umano, se ponendo 1' uomo in tutte
le possibili cognizioni non lo subordinasse
a tutti gli avvenimenti da' quali e»
gli puô dipendere? Il Filosofa nelle suerieerche
non si propone che la cognizione
dell'uomo in générale. L'oggetto del
îmgistrato è più particolare. Egli vuol
conoscere gli uomini. L' uno deve dunque
più riflettere, e l'altro più osservare.
Il primo j?uô far un sistema, egli
non nuocerà che a' progressi délie scien 1 -
ze. Il secondo deve temere tutto ciô che
s' avvicina ail' errore ; egli affliggerebbe 1'
umanità. Tutte le situazioni dell' anima
non sono già egualmente vantaggiose a
chi vuol acquistare questa importante cognizione.Quello
che vede gli uomini cou
occhio d' indifferenza non li conoscerà
mai. Messo in troppo grande distanza
«tell* oggetto ch'egli deve osservare , na
scor-

scorgerà forse i tratti principali; ma le
ombre délicate che li avvicinano , le differenze
leggere che li separano, i punti
d'onde essi si dividono o si confondono,
fuggiranno sempre alla sua sagacità. La sua
fredda ragione conoscerà 1' uomo ogni voira
che una causa unica e semplice l'avrà
determinato . Ma allorchè queste cause
saranno composte, ma allorchè una di es
se non sarà sensibile che per la sua unione
colle altre , tutte si celeranno alla goffaggine
délie sue operazioni, e sarà ridotto
a servirsi di congetture in luogo del
vero , a cui non avra potuto arrivare.
Quello, per cui gli uomini sono un oggetto
di disprezzo o di odio, è men atto
a conoscerli . f! disprezzo è duro , 1' odio
è crudele ne' suoi giudizj, e corne la verità
loro non piace che in quanto ella è
odiosa, cosi rare volte la ritrovano. So
bene ch 1 è difficile incontrar esseri si neinici
délia loro specie per aver si funeste
inclinazioni ; ma forse è men raro di
quello che non si pensa, trovar degli uomini
nati con inclinazioni felici, che posti
lungo tempo in penose circostanze abbiano
contratto una involontaria abitudine
di non vedere gli' altri uomini che nella
figura odiosa, nella quale una volta la
fortuna li ha loro mostrati. Quanto compiango
questi tali, se la società ha lor
E j con-

)( 7° X
confidato il pericoloso deposito délie sue
vendette .' Quanto rei saranno resi dai loro
pregiudizj ! Corne si cangeranno agli
occhj loro i menomi sospetti in certezze
crudeli ! Corne le più leggere verisimiglianze
diverranno terribili venta.? Quanta
pena avranno a distinguere 1' intervalla
qualche volta si debole che sépara 1' imprudenza
dall'errore, l'error dal delitto,
il delitto dall'innocenza ! Oh DioJ Non
è che troppo facile il confondere tutte
queste cose allorchè non si ha la ragione
per guida e la verità per oggetto . Vogliamo
non ingannarci giainmai, o se 1'
errore è il necessario frutto délia nostra
debolezza, vogliamo che almeno non ci
costi ne lagrime ne dispiaceri? Amiamo
gli uomini prima di cercar di conoscerli.
Non vi è che 1' umanità che ce li
possa far vedere quali sono, perché non
v' è che dessa che li veda senza passione
e senza pregiudizio, perché non v' è che
dessa che sappia ispirarci quell' utile diffidenza
di noi medesimi che coglie nel vero
con tanta maggior certezza , quanto
più ella è in guardia contro le illusioni
delPamor proprio, ed i freddi sofismi délia
ragione, perché ella sola puô mettere
nelle nostre ricerche quel grado d'interesse
che fa nascere e sostiene 1' attenzione
che produce e scioglie i dubbii, e che non

lascia al verisimile se non ciô che un esame
severo puô togliere. Anco l'intéresse
è non solo la misura délie nostre conoscenze,
ma ancora délie nostre azioni.
Se la natura non è la stessa per lo spettatore
distratto dalle sue meraviglie come
per 1' osservatore curioso de' suoi fenomeni,
s'ella non eccita in uno che una commozion
passeggiera e stérile, intanto che
1' altro immerso in riflessioni profonde
cerca a scoprire il secreto délie sue operazioni
e rimontare aile cause di cui egli
ha gli effetti sotto gli occhj, cio è perché
il primo non vede che un oggetto di divertimento
e piacere , dove il secondo
scopre un oggetto di piacere, di meditazione
e di gloria.
Ora il magistrato che ama gli uomini,
quanto sarà egli interessato a conoscerli ;
Ch' egli esamini solamente che un errore
leggero bastô più d' una volta a sacrificar
l'innocenza . Ch' egli rifletta sui mali irreparabili
che puô strascinar seco quest'
errore. Un padre piangente in silenzio
sopra le ceneri d' un figlio immolato sotto
i suoi occhj, accusando gli uomini imprudent!
e crudeli che il condannarono,
attendendo nel seno délia miseria una morte
ormai troppo lenta che termini i suoi
giorni consacrati ail' ignominia ; una madré
furiosa nel suo dolore interessando tut-
E 4 ta

X 7* )(
ta la natura nella sua disperazione : calunniando
le leggi e la virtù , alzandosi contro
un Dio ch' ella crede sordo aile sue
grida, e bestemmiando per attirare i suoi
fulmini e sollecitar la sua vendetta . Una
sposa sventurata strascinando sulla tomba
di suo marito i pegni infelici délia sua
tenerezza, ivi stringendoli al suo seno agitato,
e mischiando le sue lagrime a
quelle che sgorgano dai loro occhj, ora
riguardandoli con aria turbata e lor dicendo
con profondo sentimento d' amarezza
: Egli morl quai reo, e voi vivrete
nell'obbrobrio.
Quanto terribili e forti son questi oggetti.
Se mal grado l'atroce frivolezza
de' nostri costumi non v' è fra noi alcuno
si indifférente per non esser commosso,
quai sentimenti di terrore e dipietà,quale
interesse potente non ecciterebbero nel
inagistrato, di cui l'anima sensibile obbedisce
senza sforzo aile dolci impressioni
dell' umanità ! Allora quali precauzioni
non prenderà per assicurarsi délia verità
nelle sue ricerche? Quai confini metrerà
alla sua curiosità? E chi osera fissar un
termine aile sue cognizioni, raccogliere i
pregiudizj di tutte le condizioni , istruirsi
délie massime di tutti gli stati, studiare
il carattere di tutte 1' età , osservar la differenza
morale dei sessi, trovar la maniera