1° Rapporto sullo Stato dell'Ambiente del Comune di ... - PUCG

1° Rapporto sullo Stato dell’Ambiente
del Comune di Colleferro
2006
(Revisione 1)

COORDINAMENTO PROGETTO
Dr. Enrico Martini
COORDINAMENTO DEL RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE
Dr.ssa Lucia Naviglio
COMITATO SCIENTIFICO
Dr. Ing. Andrea Festuccia
Dr. Augusto Peruzzi
Dr. Chim. Alessandro Zocchi
GRUPPO DI LAVORO
Dr. Federico Antimiani
Dr.ssa Simona Bernardini
Dr.ssa Ivana Capozzi
Dr.ssa Francesca Del Giudice
Dr.ssa Rossella Gabriele
Dr. Ing. Luca Giannicchi
Dr. Giovanni Maiolo
Dr. Ing. Roberto Oliverio
Dr.ssa Daniela Raimondi
Dr.ssa Maria Cecilia Sassi
Dr.ssa Francesca Sconosciuto
CON LA COLLABORAZIONE DI
UFFICIO AGENDA 21 LOCALE DEL COMUNE DI COLLEFRRO
Dr. Mario Del Prete – Consigliere delegato alle tematiche ambientali
Ing. Claudio Pallotta – Dirigente Responsabile del Progetto
Ing. Alessandro Priori – Coordinamento Tecnico
Dr.ssa Ludovica Iarussi – Coordinamento Amministrativo
Ing. Mauro Casinelli – Responsabile interazione con il PUCG
Sig. Paolo Pelacci – Supporto tecnico-operativo
Dr. Mauro Mallone – Segreteria Amministrativa
Rag. Marina Foltran – Responsabile contabilità e rendicontazione
Sig.ra Laura Barbona – Responsabile comunicazione e sito web
SI RINGRAZIANO
Ministero delle Comunicazioni - Direzione Generale per le Concessioni e le Autorizzazioni
Corpo Forestale dello Stato – Coordinamento distrettuale di Segni
Autorità di Bacino Liri Garigliano Volturno
Regione Lazio – Sistema Informativo Regionale Ambientale
Regione Lazio – Sistema Informativo Regionale Difesa del Suolo
ARPA Lazio - Sezione di Roma
Provincia di Roma – Assessorato Ambiente - Servizio “Tutela dell’Aria ed Energia”
Provincia di Roma - Servizio Sistema Informativo Geografico
Provincia di Roma – Ufficio Caccia
ASL Roma G, Area Igiene Pubblica e Ambiente - Colleferro
Camera di Commercio, dell’Industria, dell’Artigianato e dell’Agricoltura della Provincia di
Roma

INDICE
INTRODUZIONE 1
1 - PARTE PRIMA – CARATTERIZZAZIONE GENERALE
1.1 GENERALITA’ SULLE CARATTERISTICHE DEL TERRITORIO 10
1.2 L’AMBIENTE NATURALE 12
1.2.1 Paesaggio e uso del territorio 12
Percentuale di copertura dell’uso del suolo 12
1.2.2 Geologia, Idrogeologia e Idrologia 17
1.2.3 Clima e caratteristiche vegetazionali 20
Percentuale di copertura dell’uso del suolo 12
Clima e fitoclima 20
Caratteristiche vegetazionali 24
1.2.4 La Fauna 28
Gestione della fauna 30
1.3 - L’UOMO E IL TESSUTO SOCIO-ECONOMICO 34
1.3.1 La popolazione di Colleferro 34
Densità abitativa 35
Rapporto fra sessi 37
Distribuzione per età 38
Indici di vecchiaia e di dipendenza 38
Famiglie 40
Popolazione straniera 41
1.3.2 Livello di istruzione 42
1.3.3 Criminalità 45
1.3.4 Economia e mercato del lavoro 48
Linee guida per il Piano di Sviluppo Socio Economico 50
1.4 - L’URBANIZZAZIONE, LE STRUTTURE E I SERVIZI 51
1.4.1 La Pianificazione territoriale 51
Il quadro normativo di riferimento 51
Pianificazione di Bacino (PAI) 51
Il Piano Territoriale Regionale Generale (PTRG) 52
Il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) 54

Il Piano Territoriale Paesistico (PTP) 56
Il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Roma (PTCP) 57
Il Piano Territoriale Provinciale Generale (PTPG) 57
Piano Regolatore Generale (PRG) 58
1.4.2 L’urbanizzazione di Colleferro 64
L’abusivismo edilizio 67
1.5 - LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE 68
Struttura produttiva 68
Tipologia delle attività produttive 71
Presenza di istituzioni pubbliche e no profit 75
Natalità e mortalità delle imprese 76
1.5.1 Il turismo 80
Tipologia e capacità ricettiva delle infrastrutture turistiche 80
Presenze turistiche e arrivi 81
1.5.2 Le attività agro-silvo-pastorali 82
Tipologia della struttura agricola 83
Utilizzazione dei terreni a fini agricoli 88
Entità degli allevamenti 92
Uso di fitofarmaci o antiparassitari 94
Prelievo di acqua per scopo irriguo 98
1.5.3 L’industria 100
Normativa comunitaria o internazionale volontaria 100
Normativa nazionale 100
Normativa regionale del Lazio 101
1.5.4 Il commercio e l'artigianato 105
Commercio e piano degli insediamenti commerciali 105
Struttura della rete distributiva 106
Artigianato 110
1.5.5 Le attività estrattive 114
1.5.6 Diffusione dei sistemi di gestione ambientale d’impresa 115

2 - PARTE SECONDA – LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE,
SOCIALE ED ECONOMICA
2.1 - PAESAGGIO E USO DEL TERRITORIO 117
2.1.1 Normativa 118
2.1.2 Il paesaggio di Colleferro 120
Frammentazione degli ecosistemi 120
Tipologie di Paesaggio 121
Habitat standard 125
Diversità 127
2.2 - SUOLO E SOTTOSUOLO 128
2.2.1 Sensibilità del territorio al dissesto idrogeologico 129
Numero dei siti e degli eventi di frana e d’inondazione 129
Densità dei siti e degli eventi di frana e d’inondazione 133
Probabilità degli eventi di frana e d'inondazione 136
Delimitazione delle aree in frana 138
2.2.2 Contaminazione dei suoli 140
La situazione a Colleferro: siti ad alta priorità 142
Siti con necessità di approfondimento 143
Analisi per il Termovalorizzatore 145
2.3 - ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE 150
2.3.1 Normativa 151
2.3.2 La qualità delle Acque Superficiali 152
Indice Biotico Esteso (IBE) 152
Livello di Inquinamento da Macrodescrittori (LIM) 153
Stato Ecologico del Corso d’Acqua (SECA) 154
Inquinamento da Betaesaclorocicloesano 156
2.3.3 La qualità delle acque sotterranee 160
Stato chimico delle acque sotterranee 160
Inquinamento da Betaesaclorocicloesano 162
2.3.4 Qualità Acque potabili 164
2.3.5 Carico inquinante totale per la risorsa idrica 169
Carico organico potenziale 169
Carico trofico 170
Scarichi idrici per corpo recettore 172

Depurazione acque reflue 174
2.3.6 I fabbisogni idrici 175
Risorse idriche captate 175
Risorse idriche non captate 176
Prospetti dei fabbisogni idrici al 2015 176
2.4 – LA QUALITA’ DELL’ARIA 179
2.4.1 Normativa 182
Normativa nazionale e comunitaria sull’atmosfera 182
Normativa regionale 185
La rete di monitoraggio atmosferico nel Lazio 186
2.4.2 La qualità dell’aria nella Provincia di Roma 188
2.4.3 La qualità dell’aria a Colleferro 190
Concentrazione degli inquinanti 190
2.4.4 Le emissioni 192
Emissioni nel comune di Colleferro 192
Le emissioni di gas serra a livello provinciale 194
2.4.5 Le politiche del Comune di Colleferro in materia di tutela dell’aria 196
2.5 - INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO 200
2.5.1 Normativa 202
2.5.2 Stazioni Radio Base (SRB) 204
2.5.3 Sviluppo delle linee elettriche sul territorio 205
2.5.4 Numero degli esposti presentati dai cittadini per fonte 206
2.6 - RUMORE E INQUINAMENTO ACUSTICO 207
2.6.1 Normativa 209
2.6.2 Pianificazione e stato di attuazione delle normative 212
2.6.3 Il parco veicolare e l’inquinamento acustico 216
Numero di veicoli e tipologia 216
2.7 - LA MOBILITÀ E I TRASPORTI 217
2.7.1 Normativa 218
Convenzioni Internazionali e Normativa Comunitaria 218
Normativa Nazionale 218
Normativa Regionale del Lazio 218
2.7.2 Infrastrutture e servizi per la mobilità e il traffico 219
La rete stradale e ferroviaria 219

2.7.3 Consistenza del parco veicolare 221
Indice di motorizzazione 222
Numero di autovetture rispetto alla superficie territoriale 223
Tipologie di carburante 223
2.7.4 Il trasporto pubblico 225
La domanda di trasporto 225
Spostamenti giornalieri 225
2.7.5 Incidenti stradali 227
2.7.6 Progetti del Comune di Colleferro 229
2.8 – ENERGIA 232
2.9 – RIFIUTI 236
2.9.1 Normativa 238
La raccolta differenziata dei rifiuti 240
Gli ATO 242
Le discariche 243
2.9.2 Produzione di Rifiuti Urbani (RU) 245
2.9.3 Raccolta Differenziata (RD) 246
2.9.4 Influenza del Comune nell’autosufficienza gestionale a livello di ATO 248
2.9.5 Rifiuti urbani smaltiti in discarica 249
2.9.6 Infrastrutture presenti per la gestione rifiuti 251
Discarica di Colle Fagiolara 251
Impianto di recupero: termovalorizzatore di Colleferro 252
Attrezzature di servizio per la raccolta dei RD 256
2.9.7 Interventi per la valorizzazione del ciclo di gestione dei rifiuti 258
2.9.8 Attività di sensibilizzazione ed informazione 259
2.10 - RISCHI NATURALI E ANTROPICI 260
2.10.1 Rischio sismico 261
2.10.2 Radon 264
2.10.3 Amianto 266
2.10.4 Aziende a rischio di incidente rilevante 267

3 - LE POLITICHE SOCIALI
3.1 – I SERVIZI SOCIALI, CULTURALI, SANITARI E DEL TEMPO LIBERO 269
3.1.1 Istruzione 270
3.1.2 Cultura 273
Musei 273
Biblioteca comunale 274
Teatro e cinema 275
3.1.3 Sanità 277
3.1.4 Servizi di assistenza sociale 279
Interventi per i disabili 279
Interventi per gli anziani 281
Interventi per gli immigrati 282
Politiche del volontariato 282
3.1.5 Sport 284
3.1.6 Manifestazioni ed eventi 286
3.1.7 Interventi per la promozione e la sostenibilità del territorio 288
Parco Archeologico 288
Parchi, zone verdi e giardini pubblici 289
BIBLIOGRAFIA E DOCUMENTAZIONE DI RIFERIMENTO 290
SCHEMI SINTETICI

Introduzione
Lo Sviluppo Sostenibile e l’Agenda 21 Locale
Il concetto di sviluppo sostenibile sintetizza un tema di grande complessità: come rendere
compatibili, a livello planetario, le esigenze dell'economia con le ragioni dell'ambiente.
Le riflessioni intorno a questo dilemma sono scaturite dalla consapevolezza, emersa nel corso degli
anni Settanta, di una "…sostanziale contraddizione tra la crescita continua del prodotto lordo
materiale dei diversi paesi e la limitatezza delle risorse, nonché della capacità dell'ambiente di
assorbire i rifiuti e le emissioni inquinanti…" (Bresso M., 1995).
I prodromi della presa d'atto della nuova situazione risalgono alla pubblicazione, a cura del Club di
Roma, del rapporto intitolato “I limiti dello sviluppo” (Meadows D., 1972).
E’ sintomatico della cultura dominante di allora, oggi alla ribalta in veste neoliberista, che nella
traduzione italiana del titolo il termine “growth” sia stato tradotto con sviluppo, piuttosto che con
crescita, come era nelle intenzioni degli autori.
Oggi non è più possibile usare come sinonimi i termini crescita e sviluppo: con il primo ci si
riferisce, infatti, soltanto ad un aumento puramente quantitativo degli indicatori economici; con il
secondo, invece, si fa riferimento all'evoluzione di un organismo complesso, con particolare
attenzione alla dimensione qualitativa.
Lo sviluppo sostenibile rappresenta una visione globale di una forma di sviluppo non solo
economico, ma anche sociale, in cui la crescita economica avviene entro i limiti delle possibilità
ecologiche degli ecosistemi e della loro capacità di soddisfare i bisogni delle generazioni future.
Tutti gli esseri umani, infatti, indipendentemente dalla loro
struttura sociale, politica ed economica, hanno bisogno di materie
prime naturali per le proprie necessità (alimentazione, abitazione,
energia, medicinali) e per raggiungere un buon livello di qualità
della vita.
Poiché lo sviluppo economico dipende dallo stock di risorse
naturali della terra, mantenerne la riproducibilità rappresenta la
chiave per la sostenibilità. Tale riproducibilità può essere
mantenuta solo attraverso un uso razionale delle risorse, che tenga
conto dei meccanismi di funzionamento degli ecosistemi e delle
capacità di carico di questi ultimi. Se, infatti, l’uomo “consuma”
più di quanto l’ambiente in cui vive gli può fornire o se rende inutilizzabili le risorse a causa
dell’inquinamento in breve non ci sarà più alcuna possibilità né di sviluppo né di vita.
La prima definizione sintetica ed esaustiva del concetto di sviluppo sostenibile, tanto da diventare,
nel tempo, anche la più famosa, compare nel rapporto redatto dall'UNEP (United Nations
Environment Programme) nel 1987, noto come “Rapporto Brundtland” dal nome della sua
coordinatrice (pubblicato in Italia con il titolo "Il futuro di noi tutti").
In esso si afferma che per sviluppo sostenibile si deve intendere quello sviluppo capace di
"…assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la
possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni. Il concetto di sviluppo sostenibile
implica dei limiti, non limiti assoluti, ma quelli imposti dal presente stato dell'organizzazione
tecnologica e sociale nell'uso delle risorse ambientali e dalla capacità della biosfera di assorbire
gli effetti delle attività umane".
In tal senso, lo sviluppo sostenibile si concretizza attraverso la conservazione dell'equilibrio
generale della Terra e del suo patrimonio naturale, la ridefinizione dei criteri e degli strumenti di
analisi costi/benefici nel breve, medio e lungo periodo al fine di rispecchiare le reali conseguenze
dei prelievi e dei consumi di risorse da parte dell’uomo, la distribuzione e l’uso equo del capitale
naturale fra tutti i paesi e le regioni del mondo.
1

A proposito di quest’ultimo aspetto non è un mistero che i paesi sviluppati, che rappresentano solo
il 26% della popolazione del pianeta, siano responsabili dell'80% del totale dei consumi di energia e
di minerali e di circa il 40% dei consumi alimentari.
Dalla pubblicazione del Rapporto Brundtland le definizioni di sviluppo sostenibile si sono
moltiplicate: il dibattito, ancora oggi, ruota intorno al significato da dare al termine sostenibilità.
Herman Daly, uno dei padri dell’economia ecologica, scrive:
"Per la gestione delle risorse ci sono due ovvi principi di
sviluppo sostenibile. Il primo è che la velocità del prelievo
dovrebbe essere pari alla velocità di rigenerazione (rendimento
sostenibile). Il secondo, che la velocità di produzione dei rifiuti
dovrebbe essere uguale alle capacità naturali di assorbimento
da parte degli ecosistemi in cui i rifiuti vengono immessi. Le
capacità di rigenerazione e di assorbimento debbono essere
trattate come capitale naturale, e il fallimento nel mantenere
queste capacità deve essere considerato come consumo del
capitale e perciò non sostenibile".
Un elemento è però unanime, lo sviluppo è sostenibile quando è “self-reliant”, cioè quando non
dipende dalla presenza di un continuo input finanziario ed assistenziale dall'esterno, ma è pensato e
implementato attraverso la partecipazione locale, rispetta la cultura e le tradizioni della gente ed è
adatto all'area a cui si applica in quanto tiene conto dei suoi particolari problemi e delle sue
potenzialità.
Con il termine sviluppo sostenibile, quindi, si intende lo
sviluppo compatibile con il mantenimento delle risorse
necessarie alla vita dell’uomo e degli altri organismi del Pianeta,
la qualità dell’ambiente e la qualità della vita dell’uomo. Ne
consegue che è necessario un approccio globale e preventivo,
piuttosto che settoriale e curativo: non basta una buona
normativa, in cui i singoli provvedimenti devono comunque
essere coerenti tra loro e rispecchiare un comune disegno
strategico, ma occorrono anche la volontà politica e la capacità
culturale di coinvolgere e di convincere le popolazioni verso la costruzione di nuovi stili di vita.
Tale approccio si concretizza nei progetti di sviluppo sostenibile definiti a livello internazionale e
riuniti nell'Agenda 21, documento di propositi ed obiettivi programmatici su ambiente, economia e
società sottoscritto da oltre 170 paesi di tutto il mondo durante la Conferenza su Ambiente e
Sviluppo (UNCED), svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992.
L'Agenda 21 internazionale è costituita da una piattaforma programmatica divisa in 40 capitoli in
cui, partendo dai problemi globali che investono la Terra, viene indicato un programma operativo
per una transizione verso uno sviluppo sostenibile, includendo obiettivi, responsabilità e stima dei
costi.
I temi più importanti possono essere schematizzati, a grandi linee, nel modo seguente:
1) The Prospering World: come armonizzare lo sviluppo economico del Sud con la sostenibilità
ambientale;
2) The Just World: come affrontare i problemi demografici e la povertà;
3) The Habitable World: come affrontare i grandi problemi degli insediamenti urbani;
4) The Desert Fertile World: come combattere l'erosione del suolo;
5) The Shared World: come affrontare i problemi del cambiamento globale;
6) The Clean World: come gestire nella maniera migliore il problema dei rifiuti tossici e dei
prodotti radioattivi;
7) The People's World: come combattere l'analfabetismo, come affrontare il ruolo delle
minoranze.
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Per raggiungere lo sviluppo sostenibile, il documento sottolinea con vigore la necessità di integrare
le considerazioni ambientali in tutte le strutture dei governi centrali e in tutti i livelli di governo
locale per assicurare la necessaria coerenza tra le politiche settoriali, anche mediante
l’implementazione di un sistema di pianificazione, controllo e gestione in grado di sostenere tale
integrazione.
Il capitolo 28 dell’Agenda 21, elaborato e promosso fin dal 1991 dall’International Council for
Local Environmental Initiatives (ICLEI) fino alla sua integrazione nel documento sottoscritto a
Rio, sottolinea che le autorità locali possono e devono giocare un ruolo fondamentale nel passaggio
al nuovo modello di Sviluppo Sostenibile. A Rio de Janeiro si è focalizzato con maggiore
attenzione l’ambito locale ed in particolare le problematiche dell’ambiente urbano.
E’ alla scala locale, infatti, che è stato riconosciuto un ruolo decisivo nel favorire progressi graduali
in campo ambientale e ad essi viene attribuito un ruolo strategico nel definire un modello
sostenibile di sviluppo per l’intero pianeta.
A tal fine le Pubbliche Amministrazioni possono agire da volano per un nuovo sviluppo territoriale,
essendo più vicine ai problemi e riuscendo, quindi, a comprenderne la specificità e l’urgenza. Non
va dimenticato, infatti, che gli enti locali sono responsabili della programmazione e pianificazione
territoriale, orientando le politiche per le attività produttive, adottando le politiche ambientali
predisposte a livello nazionale, promuovendo interventi di carattere sociale e culturale secondo i
bisogni locali. Le Pubbliche Amministrazioni, dunque, si trovano in una posizione strategica per
favorire iniziative di innovazione e cambiamento volte ad orientare verso lo Sviluppo Sostenibile i
modelli di produzione, di consumo e di gestione delle risorse.
L’Agenda 21 Locale del Comune di Colleferro
Sono ormai alcuni anni che il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio stimola le
pubbliche amministrazioni ad intraprendere, insieme ai propri cittadini, un percorso virtuoso verso
lo sviluppo sostenibile del territorio attraverso l’adesione al processo di Agenda 21 Locale.
Con il 2° Bando di cofinanziamento di programmi di attivazione e attuazione di Agende 21 Locali
del 2002, infatti, il Ministero ha messo a disposizione delle amministrazioni locali e degli enti
parco 13,1 milioni di euro (pari a circa 25 miliardi di lire), che hanno permesso il cofinanziamento
di 97 progetti, su 705 presentati, distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Il Comune di Colleferro ha voluto cogliere questa occasione per innovare le modalità di gestione
del territorio al fine di ottenere migliori risultati sia per quel che riguarda la qualità della vita dei
cittadini, sia per quanto concerne la qualità dell’ambiente. Nel 2002, infatti, l’Amministrazione
comunale ha presentato una propria iniziativa progettuale che, con decreto Direttoriale
DEC/RAS/944/2004 del 4 giugno 2004, è stata ritenuta idonea all’ottenimento del
cofinanziamento, classificandosi 7 a (su 97 progetti approvati) e ottenendo un contributo di
145.758,97 euro.
Con tali economie il Comune di Colleferro ha così avviato il proprio percorso di Agenda 21 Locale,
teso a favorire lo sviluppo sostenibile del proprio territorio.
L’obiettivo principale dell’Amministrazione comunale è quello di raggiungere lo sviluppo
sostenibile attraverso la più ampia partecipazione della popolazione nei processi decisionali, al fine
di:
− definire una strategia e delle azioni a lungo termine condivise ed orientate alla sostenibilità;
− favorire l’integrazione degli strumenti di gestione e pianificazione territoriale;
− favorire l’integrazione delle politiche ambientali, sociali ed economiche in un ottica di
sostenibilità;
− favorire il coinvolgimento e la responsabilizzazione degli stakeholder (portatori di interesse) nei
processi decisionali.
All’interno di questo contesto, il progetto di Agenda 21 Locale di Colleferro, che è stato avviato ad
ottobre 2004 e che si sviluppa lungo un arco temporale di 18 mesi, si articola nelle seguenti fasi
operative:
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creazione di una visione condivisa, sia interna all’Amministrazione comunale che diretta a chi
vive nel territorio comunale, avente come obiettivo quello di sensibilizzare, informare e formare
la popolazione rispetto ai temi dello sviluppo sostenibile e di come questo, oggi più che mai,
rappresenti un passaggio fondamentale per il nostro futuro;
redazione del 1° Rapporto sullo Stato dell’Ambiente (RSA) del Comune di Colleferro quale
fondamentale momento conoscitivo dell’attuale situazione del Comune. Tale documento,
definito anche “rapporto diagnostico”, serve a garantire quella conoscenza “che è la base e lo
strumento per operare scelte corrette e consapevoli da parte degli Amministratori locali”.
Attraverso il RSA, infatti, è possibile avere una maggiore consapevolezza circa la natura e la
rilevanza dei problemi ambientali evidenziati a livello cittadino, le relazioni causa - effetto fra
stato delle risorse e fattori di pressione, le priorità di intervento, i soggetti da coinvolgere nella
predisposizione di specifiche linee d’azione, ecc.;
attivazione e gestione di un Forum Locale quale luogo preposto alla condivisione e
concertazione delle idee da parte di tutti i portatori di interesse presenti a Colleferro. In questa
fase, anche attraverso la costituzione di tavoli tematici, si proporranno progetti tesi alla
soluzione delle problematiche che gli abitanti di Colleferro vivono tanto da un punto di vista
ambientale, quanto economico e sociale. Tale attività di tipo partecipativo, che dimostra
l’impegno dell’Amministrazione comunale di Colleferro “ad avere un dialogo aperto con la
cittadinanza per identificare le questioni che la preoccupano”, sfocerà nel Piano d’Azione
Locale per Colleferro sostenibile.
Come funziona Agenda 21 locale
Il processo di Agenda 21 locale si sviluppa con una serie di passaggi che devono portare alla
individuazioni di quali siano le iniziative, le azioni e i comportamenti che ognuno, per quanto di
propria competenza e in base alle proprie capacità, può intraprendere per contribuire ad un percorso
collettivo indirizzato al miglioramento ambientale (dell’ambiente naturale, sociale ed economico).
Si tratta di una impostazione molto diversa da quella a cui siamo abituati. Secondo l’Agenda 21
locale è fondamentale creare le sinergie tra soggetti pubblici e privati, condividere degli obiettivi
comuni e fare in modo che ognuno si prenda le sue responsabilità nei confronti del bene collettivo.
Non più, quindi, un ente locale che detta solo regole, ma scambio di idee e partecipazione,
condivisione di una politica ambientale, di obiettivi e traguardi e attivazione delle iniziative che
ognuno può intraprendere.
Il primo passo, fondamentale, è affrontare il confronto tra amministrazione e i cittadini basandosi
su problematiche e criticità concrete, alla cui soluzione tutti possano contribuire. Serve quindi
un’analisi dello stato dell’ambiente e dei problemi che offra gli elementi conoscitivi per la
discussione stessa. Ciò è concretizzato con il Rapporto sullo Stato dell’Ambiente.
I dati vengono poi analizzati e discussi da tutte le Parti Interessate, cioè cittadini che rappresentano
le varie categorie di interesse e i rappresentanti degli enti pubblici, all’interno di un Forum, che può
essere organizzato per tavoli tematici a seconda delle competenze e degli interessi.
Dal Forum deve uscire una strategia comune e condivisa e devono emergere le proposte per
migliorare la qualità dell’ambiente e la qualità della vita. Si tratta di elaborare un Piano di Azione
Locale in cui si definiscono obiettivi, modalità di intervento, tempi di realizzazione e soggetti
attuatori, cioè chi si prende la responsabilità di portare avanti un determinato progetto o azione.
Il percorso dell’Agenda 21 locale non si conclude, come qualsiasi progetto, in breve tempo con un
prodotto finito. Si tratta di un processo a lungo termine, che deve instaurare u nuovo modo di
affrontare i problemi e scegliere le soluzioni, uno nuovo modo di pensare e di creare sinergie.
La definizione delle Strategie comuni, la stesura del Rapporto sullo stato dell’ambiente e il Piano di
Azione Locale sono solo gli strumenti per dare l’avvio al vero e proprio processo di Agenda 21.
Dovrà seguire, non solo l’attuazione delle iniziative previste nel Piano, ma il monitoraggio dei
risultati via via raggiunti e dei parametri che hanno motivato la scelta delle priorità.
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Il miglioramento (o il peggioramento) della situazione ambientale si verifica nel tempo ed è solo
tenendo sotto controllo quei parametri che sono in grado di fornire le giuste informazioni
qualitative e quantitative (gli indicatori) che si potrà verificare se gli interventi di miglioramento
hanno sortito l’effetto desiderato. Il Forum, in questo contesto, diventa un mezzo di lavoro aperto
ed elastico, ma permanente che dovrà verificare di tanto in tanto i risultati ottenuti, adattare le
proprie strategie alle esigenze che man mano si presentano e riprogrammare e riprogettare
interventi sempre più efficaci.
Il Rapporto sullo Stato dell’Ambiente
Il principale obiettivo del Rapporto sullo Stato dell’Ambiente (RSA), quindi, è quello di fornire un
adeguato sistema di informazione, accessibile e comprensibile.
La redazione del Rapporto può e deve essere intesa come un’azione che si spinge oltre la raccolta e
l’interpretazione dei dati, l’analisi delle criticità, l’individuazione delle lacune conoscitive.
Il Rapporto è un documento descrittivo dello stato del territorio e delle sue risorse e delle pressioni
esercitate dalle trasformazioni indotte dalle attività umane.
Esso viene costruito mediante la selezione, definizione, identificazione e valutazione di opportuni
indicatori ambientali, individuati e definiti a livello nazionale e internazionale, ritenuti
rappresentativi della realtà territoriale locale.
Un importante risultato del Rapporto è quello di riunire insieme, secondo una logica finalizzata
all’individuazione e superamento delle criticità ambientali, le informazioni esistenti sul territorio.
Lo sforzo di raccolta dei dati e la loro restituzione grafica cerca, quindi, di mettere in evidenza
quali siano le informazioni ancora carenti o da acquisire al fine di rispondere sempre di più, nei
Rapporti successivi, all’esigenza di mettere in relazione lo stato dell’ambiente e la qualità della vita
dei cittadini con le pressioni che sono causa di problemi o di degrado.
Il Rapporto sullo Stato dell’Ambiente non pretende di avere carattere di completezza ed esaustività,
ma ha il pregio di cominciare ad organizzare le informazioni esistenti, spesso sparse e scoordinate,
evidenziando cosa, in futuro, andrà monitorato o ricercato.
Il Rapporto potrà costituire al tempo stesso uno strumento per la definizione di una politica
ambientale (in quanto permetterà di valutare con maggiore coerenza gli effetti degli interventi sul
territorio e i risultati delle azioni di governo) e un’occasione di divulgazione e di sensibilizzazione
a vasto raggio.
Il grande sforzo per la redazione del Primo Rapporto consiste nell’individuare le fonti dei dati utili,
spesso non riconosciute come tali dagli stessi interessati, e normalmente si riesce a disporre solo di
dati raccolti da soggetti diversi per i più svariati motivi, con metodi spesso non comparabili. Né è
pensabile organizzare campagne di raccolta dati specifiche per far partire il processo di Agenda 21
locale.
L’evidenziare le maggiori criticità e le priorità di intervento, pur in presenza di dati parziali,
permette di fare delle scelte su cosa, in futuro vale la pena effettivamente di aggiornare, di
identificare quali sono le informazioni indispensabili per le quali organizzare campagne di raccolta
dati, di stabilire quali informazioni è più urgente aggiornare e così via.
Tutto ciò può trarre un grande vantaggio dall’utilizzo di metodi logici di aggregazione e analisi dei
dati che permettano di evidenziare le connessioni e le sinergie esistenti tra i dati stessi. In altre
parole, per ogni argomento non serve mettere insieme tutto lo scibile umano, ma vanno raccolte le
informazioni che possono avere delle relazioni dirette con gli obiettivi dell’Agenda 21 locale, cioè
il miglioramento della qualità dell’ambiente e della qualità della vita dei cittadini. Talvolta, però, ci
si deve accontentare di “ciò che si trova”, anche se le informazioni non riescono ad essere
complete. Purtroppo in Italia non esistono standard seguiti da tutti per la raccolta e la gestione dei
dati ambientali. Organismi diversi raccolgono informazioni sugli stessi temi aggregandoli secondo
logiche differenti o riferendoli a scale temporali e spaziali non comparabili. In attesa che vengano
definiti criteri comuni per la gestione dei dati e la consultabilità da parte del pubblico si cerca di
trarre il meglio dai dati che si riesce a raccogliere.
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La metodologia del Rapporto sullo Stato dell’Ambiente
Il percorso logico che si è scelto di seguire per la redazione del Rapporto sullo Stato dell’Ambiente
consiste nell’applicazione dell’ormai diffusissimo modello Determinanti-Pressioni-Stato-Impatti-
Risposte, o DPSIR.
Tale modello è un’evoluzione dell’originario schema Pressioni-Stato-Risposte, o PSR, proposto
dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), ormai affermato
universalmente ed applicato in numerosi studi internazionali (World Resource Institute, ONU,
Unione Europea) e nazionali (Ministero dell'Ambiente, ISTAT). Esso si articola in una struttura che
cerca di esprimere la sequenza causale esistente tra azioni antropiche (Pressioni), impatti sulle
condizioni ambientali (Stato) e risposte della società per mitigare gli impatti (Risposte).
Il modello dell'OCSE, pur essendo quello più diffuso, non è stato esente da critiche a causa della
sua linearità: la scarsa flessibilità e l’incapacità nel descrivere fenomeni ambientali uniti da
complessi legami retroattivi non lineari sono state le caratteristiche maggiormente contestate.
Proprio in seguito al riconoscimento dell'incapacità del modello PSR di identificare quei fattori
legati alle attività umane, poco controllabili e difficilmente quantificabili, che presentano
un'incidenza rilevante ed indiretta nel determinare le condizioni ambientali, è nato il modello
"Determinanti-Pressioni-Stato-Impatti-Risposte" (DPSIR), concepito dall'Agenzia Europea
dell'Ambiente durante la redazione del primo Rapporto sullo Stato dell'Ambiente europeo.
In conformità al modello DPSIR (vedi schema allegato), l'informazione ambientale è acquisita
attraverso l’identificazione di:
- Determinanti, che identificano i fattori sottesi e connessi al trend di sviluppo e che influenzano
le condizioni ambientali. Sono utili per individuare le relazioni esistenti tra i fattori responsabili
delle pressioni e le pressioni stesse, per aiutare i decisori nell'identificare le fonti di esternalità
negative su cui intervenire per ridurre le problematiche ambientali. I determinanti, sono, di fatto
le attività antropiche che hanno relazioni con le tematiche ambientale, quali l’urbanizzazione, la
popolazione, l’agricoltura, l’industria e così via;
- Pressioni, che individuano le variabili che possono essere responsabili del degrado ambientale.
Servono per individuare e quantificare le cause che comportano cambiamenti nello stato
ambientale. Ogni determinante può esercitare pressioni diverse sull’ambiente. Ad esempio
l’urbanizzazione porta con sé la riduzione degli spazi naturali, l’impermeabilizzazione dei suoli
con conseguenze sulle falde freatiche, il consumo di risorse idriche per la disponibilità di acqua
potabile, la produzione di acque reflue, la produzione di rifiuti, le emissioni in atmosfera
conseguenti all’uso di combustibili per il riscaldamento e così via;
- Stato, i cui indicatori sono descrittivi e delineano le condizioni in cui versa l'ambiente naturale e
sociale all'istante considerato e servono per valutare il grado di compromissione dell'ambiente;
- Impatti, la cui principale funzione è quella di rendere esplicite le relazioni causa-effetto tra
pressioni e stato. Non basta sapere, ad esempio, che un fiume è inquinato, è necessario capire
quali sono le responsabilità relative delle varie fonti di pressioni nel determinare la criticità.
Solo così sarà possibile individuare degli interventi mirati ed efficaci per la riduzione
dell’inquinamento;
- Risposte, che esprimono gli sforzi operativi compiuti dalla società (politici, decisori,
pianificatori, etc.) per migliorare la qualità di vita e dell'ambiente. Le risposte si possono
indirizzare a migliorare lo stato dell’ambiente, ad esempio attraverso opere di riqualificazione
ambientale o di bonifiche, ma possono incidere sulle pressioni, cercando di diminuirne l’entità.
La diffusione di buone pratiche, di innovazioni di processo o anche di semplici comportamenti
più sostenibili possono ridurre il “peso” dell’attività umana sull’ambiente. La risposta può
indirizzarsi anche verso il determinante, attraverso l’adozione di politiche, regolamenti, leggi o
la diffusione di nuovi modi di operare per quel determinato tipo di attività. Il passaggio
dell’agricoltura da intensiva e biologica o a lotta integrata, ad esempio, modifica il modo di
esercizio delle attività agricole, con conseguente riduzione delle pressioni sull’ambiente.
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DETERMINANTI
• agricoltura
• industria
•urbanizzazione
•trasporti ecc.
•
generano
regolano
PRESSIONI
IMPATTI
• consumi idrici
• sull’ambiente sociale
•scarichi di reflui
•sulla salute
• emissioni
• sugli ecosistemi
•uso del territorio ecc.
• sull’economia
•
STATO
alterano • qualità dell’aria
si manifesta negli
• qualità dell’acqua
• qualità del suolo
•biodiversità
RISPOSTE
• leggi
• prescrizioni
• piani e progetti ecc.
mitigano
richiedono
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Gli indicatori
Per indicatore si intende un parametro che permette di avere una sintetica rappresentazione di un
fenomeno complesso.
Un indicatore deve essere facilmente rilevabile, basarsi su una metodologia nota e ben codificata, in
modo che chiunque rilevi il dato, a parità di condizioni, ottenga lo stesso risultato.
Gli indicatori, quindi, devono essere semplici, efficaci, ripetibili e confrontabili.
Devono, soprattutto, dare delle conformazioni che possano essere collegate tra loro.
Ciò che è difficile, in un piano di monitoraggio, è proprio scegliere, tra tutti, gli indicatori più
rappresentativi.
Sarà comunque l’esperienza e i poter approfondire le tematiche e le criticità evidenziate dai primi
studi, che permetterà, nel tempo, di selezionare gli indicatori più idonei.
Le concentrazioni delle diverse sostanze chimiche misurate in atmosfera, ad esempio, così come
l’indice biotico che misura la qualità delle acque superficiali sono indicatori di stato, ovvero
descrivono la situazione dello stato della componente analizzata. Gli indicatori di pressione sono
quelli che descrivono i fattori che influenzano tale stato. Ad esempio i quantitativi di acqua
consumata per fini agricoli, o civili o industriali sono un indicatore di quanto queste attività
possono incidere sulla riserva di acqua di falda. Sono indicatori di risposta quelli che quantificano
le azioni volte a ridurre le pressioni o a migliorare lo stato dell’ambiente, ad esempio il crescere
delle superficie agricole convertite a colture biologiche o che utilizzano lotta integrata o
l’incremento degli utenti dei servizi per la cultura o il tempo libero.
Tra i vari indicatori utili a descrivere e monitorare l’evoluzione della qualità dell’ambiente e della
qualità della vita dei cittadini l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha fatto uno sforzo per individuare
dei macroindicatori utili a confrontare il livello di sostenibilità delle città europee. Sono gli
Indicatori Comuni Europei, che sarebbe bene che ogni amministrazione riuscisse a misurare per
confrontare la propria sostenibilità nel tempo e con le altre città di simili dimensioni dell’Europa.
Purtroppo tali indicatori richiedono informazioni di partenza non facilmente disponibili.
Gli indicatori di sostenibilità sono utilizzati con due scopi principali:
- diagnostico, nel senso che gli indicatori servono a rappresentare sinteticamente realtà complesse
e sono utili per confrontare tra loro politiche per la sostenibilità adottate da diversi enti, anche
collocati in contesti territoriali diversificati (ad esempio due comuni in diversi Stati dell'Unione
Europea);
- comunicativo, nel senso che una delle funzioni più importanti degli indicatori è quella di
orientare le politiche degli enti locali e i comportamenti dei cittadini verso la sostenibilità
(educazione alla sostenibilità).
Per far ciò, i valori degli indicatori vanno comunicati in modo semplice, chiaro e calibrato rispetto
ai destinatari del messaggio.
L’organizzazione del Rapporto sullo Stato dell’Ambiente
Il presente Rapporto sullo Stato dell’Ambiente è stato strutturato in modo tale da mettere a
disposizione dell’Amministrazione e delle Parti Interessate quante più informazioni possibili che
possano diventare una chiave di lettura che contribuisca a definire il livello di qualità della vita e
dell’ambiente del Comune.
Per la stesura del Rapporto, in linea con le procedure stabilite a livello internazionale,sono state
seguite le seguenti fasi operative:
individuazione delle informazioni da raccogliere;
selezione delle fonti dove reperire tali informazioni;
raccolta e la verifica della bontà dei dati;
analisi e l’elaborazione di questi ultimi;
redazione del documento finale.
Il Rapporto, quindi, è stato suddiviso in due parti, la prima di caratterizzazione generale e di
illustrazione delle caratteristiche dei “determinanti”, cioè della popolazione, dell’urbanizzazione e
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delle attività economiche. Nella seconda parte è stato illustrato lo “stato” delle matrici ambientali
(biodiversità e paesaggio, suolo, aria, acqua) e delle problematiche ambientali (gestione dei rifiuti,
dell’energia, dell’inquinamento elettromagnetico, rischi naturali e antropici) cercando di mettere in
evidenza, dove disponibili i dati relativi alle “pressioni” che le differenti attività umane esercitano
su tali matrici ambientali.
Alla fine del testo, per facilitare la comprensione delle relazioni tra qualità dell’ambiente e della
vita, le pressioni che possono causare degli impatti e le “risposte” già avviate sono state elaborate
delle schede sintetiche, che possono costituire un documento di autonoma lettura.
In ogni capitolo, dopo una trattazione generale che illustra il perché dell’importanza di affrontare il
tema specifico e quale sia il contesto normativo di riferimento, sono esaminati gli indicatori che è
stato possibile elaborare.
Si ritiene doveroso mettere l’accento sulla possibilità che i dati possano sembrare inspiegabilmente
non aggiornati. Sono stati utilizzati i dati più aggiornati reperiti su quell’argomento. Spesso gli
unici dati disponibili si riferiscono a campagne di misura anche di molti anni fa. Pur nella loro
limitatezza forniscono delle informazioni e, soprattutto sono un riferimento di confronto per
eventuali futuri nuovi rilevamenti. I dati possono apparire anche in contrasto tra loro e non univoci.
Il problema nasce dal fatto che non tutte le informazioni riportate si riferiscono ad una stessa fonte
e ad una stessa campagna di raccolta dati. Non solo, uno stesso tipo di dato, se raccolto da soggetti
diversi per finalità differenti e, quindi, con metodi non comparabili, può presentare differenze
anche notevoli.
Tutto ciò è, ad esempio, evidente nei dati resi disponibili dall’Istituto Nazionale di Statistica
(ISTAT), la più autorevole fonte ufficiale di dati a livello nazionale, spesso l’unica fonte esistente e
la più aggiornata, nonostante non tutte le informazioni vengano raccolte ogni anno. E’ quindi
possibile che per alcuni argomenti i dati più recenti siano quelli del censimento della popolazione
del 2001, per altri quelli del censimento dell’agricoltura del 2000 o, ancora, per alcuni siano
disponibili aggiornamenti del 2003 o del 2004. Per quanto riguarda le differenze metodologiche, si
può osservare che per la raccolta dei dati sulle imprese la metodologia usata dall’ISTAT è molto
diversa da quella della Camera di Commercio, così come è diversa la classificazione delle imprese
stesse nelle diverse tipologie di attività. Tutto ciò comporta dati che possono sembrare
contraddittori o con errori.
E’ bene sapere, però, che seppure tali dati non sempre possano essere confrontati tra loro, uno
stesso tipo di dato, monitorato nel tempo e rilevato sempre con la stessa metodologia, offre
comunque delle informazioni sugli andamenti del parametro che ci interessa.
Se si vuole evidenziare se la popolazione di un comune è in crescita o meno e, quindi, se ha
bisogno di sempre maggiori servizi o no, entro certi limiti, ha poca importanza se i cittadini sono
20.000 o 20100: ciò che è rilevante è la differenza esistente (a parità di metodo) tra un anno e
l’altro tra il numero degli abitanti.
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1 - PARTE PRIMA – CARATTERIZZAZIONE GENERALE
1.1 GENERALITA’ SULLE CARATTERISTICHE DEL TERRITORIO
Il comune di Colleferro è situato nell’entroterra laziale ad un’altitudine di circa 218 m s.l.m.;
confina a Nord Ovest con il comune di Valmontone, a Nord Est con quello di Paliano, a Est con
il comune di Segni, ad Ovest con il comune di Artena.
Il territorio comunale, la cui un’estensione è di circa 27 km 2 , è attraversato dal fiume Sacco che
nasce dall’unione del fosso della Valle con il fosso Palombara a Colle Cero sui monti Prenestini;
ha una lunghezza di 87 km e al termine del suo corso si unisce, presso Ceprano, al fiume Liri del
quale è affluente di destra.
La nascita del Comune di Colleferro è sancita dalla Legge XIII n. 1147 del 13 giugno 1935 e
comprende la frazione "Colleferro", fino a quel momento territorio di Roma e parte dei Comuni
di Valmontone e Genazzano: è quindi una città giovane, con meno di 70 anni di storia.
Nel suo territorio sono comunque evidenti i segni di una presenza di comunità che risalgono ad
oltre 500.000 anni fa, con siti archeologici ancora oggi in fase di ampliamento e studio; sono
infatti presenti cospicui reperti di età preromana e romana e case e palazzi medievali di
considerevole valore artistico. Risalendo lungo l’arteria principale che attraversa la cittadina, è
possibile ammirare il Duomo, la cui origine risale al secolo XI.
La nascita di Colleferro è da far risalire comunque ad un modesto castello proprietà dei Conti del
ramo di Poli. Devastato nel 1431 dai Colonna fu in seguito feudo delle famiglie Salviati, poi
Borghese e infine dei Doria Pamphilj.
La prima comunità "moderna" si insediò nell'ambito del territorio colleferrino all’inizio del
secolo XX, nei dintorni della stazione ferroviaria di Segni-Paliano. Qui vennero costruiti gli
alloggi dei ferrovieri e delle maestranze dello zuccherificio Valsacco e la scuola elementare
(1908).
L’evoluzione da borgo a centro industriale iniziò nel 1912, anno in cui la Società Bombrini
Parodi Delfino, installando uno stabilimento per la produzione di polveri da lancio e scoppio,
avviò il processo di industrializzazione.
La città si sviluppò velocemente grazie all'ing. Leopoldo Parodi Delfino, il quale si rese conto
che il territorio in cui nasceva il centro industriale non offriva conforto per la sopravvivenza
delle maestranze impegnate nelle fabbriche e per i loro familiari giunti da ogni parte d’Italia.
Il nuovo centro abitativo si identificò inizialmente con il Villaggio industriale di Colleferro di
Roma, della società Bombrini Parodi Delfino.
Accanto agli appartamenti sorsero gli edifici a carattere sociale, come lo spaccio aziendale, la
farmacia, la scuola elementare, il cinematografo, il tempietto dedicato a Santa Barbara ed il
dormitorio.
Il villaggio si sviluppò di pari passo con gli stabilimenti e l’azienda continuò ancora per anni,
anche dopo la costituzione del Comune, ad influenzare lo sviluppo e le sorti della città.
La crisi dell’industria bellica ha, infatti, avuto delle ripercussioni sulla città che, spinta dalla
necessità di reagire alle difficoltà economiche emergenti, ha cominciato negli ultimi decenni ad
emanciparsi dall’industria da cui ha avuto origine per cercare una diversa identità.
Parallelamente allo sviluppo industriale, la città è andata incontro ad un rilevante incremento
demografico con una popolazione che attualmente raggiunge i 21.262 abitanti.
Oggi Colleferro costituisce il più grande complesso industriale del Lazio ed è, con Torino, sede
dell'industria spaziale europea che produce il razzo Ariane per cui è membro dell'Associazione
Internazionale delle città che partecipano all’omonimo programma.

Fig. 1.1.1 – Veduta della città di Colleferro
Fonte – Sito web
Fig1.1.2 – Localizzazione del Comune di Colleferro
Fonte – Sito web
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1.2 - L’AMBIENTE NATURALE
1.2.1 Paesaggio e uso del territorio
Il comune di Colleferro si trova in una zona pianeggiante della Ciociaria compresa tra i Monti
Prenestini, i Colli Albani e i Monti Lepini. E’ attraversato dall’Autostrada A1 e dall’asse
ferroviario che collega Roma a Napoli. Queste importanti e trafficate vie di comunicazione
dividono il territorio in due parti: lo sviluppo del centro urbano e dell’area industriale sono
avvenuti nella parte a Sud, mentre quella a nord dell’asse ferroviario è rimasta isolata, dedita
soprattutto all’agricoltura, anche se vi si trova la discarica per Rifiuti Solidi Urbani (RSU).
La recente storia di questo centro ha prodotto come risultato finale una cittadina costruita intorno
alle realtà industriali che le hanno dato vita.
Il paesaggio, allontanandosi dalla città, è quasi esclusivamente agricolo, ad eccezione di un’area
boscata a ridosso dell’area industriale e di sporadiche fasce di vegetazione spontanea presenti
lungo i corsi d’acqua, come lungo la valle S. Ilario.
L’area coperta da boschi di maggior estensione si trova nell’appendice più meridionale del
territorio comunale, in una zona chiamata appunto Selva del Principe. Un'altra zona coperta da
boschi sembra ritagliata nelle coltivazioni a nord-est dell’autostrada, in una collinetta in località
Piombinara. Questo bosco, sorto come rimboschimento su una cava dismessa di pozzolana, versa
in condizioni di degrado avanzato dovuto ai sistematici disboscamenti e ad una cintura di rovi
che ne delimita il perimetro e ne impedisce l’accesso. La discarica sorge a due chilometri da
quest’area.
Percentuale di copertura dell’uso del suolo
L’analisi che segue è finalizzata a fornire un quadro generale dell’uso del suolo nel comune di
Colleferro attraverso una elaborazione dei dati provenienti dalla banca dati del progetto Corine
Land Cover del 2000 del SINAnet (Rete Nazionale d’Informazioni in Campo Ambientale).
Questo progetto ha lo scopo di fornire una base di “Carta di uso del suolo” per tutto il territorio
nazionale (vedi approfondimento).
Dal grafico (Fig. 1.2.1) sono si evince che il 70,3 % è coperto da aree a seminativi non irrigui,
cosa che sembrerebbe smentire la vocazione industriale del territorio, definendone per contro una
agricola. In realtà, come descritto all’inizio di questo paragrafo, la zona industriale è strettamente
connessa all’area urbana e, di fatto, la maggior parte delle attività economiche sono legate
all’industria.
Dalle foto aeree emerge che l’agricoltura è esercitata su appezzamenti estesi e continui.
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Fig. 1.2.1 - Distribuzione delle tipologie di uso del suolo del comune di Colleferro secondo la classificazione Corine
Land Cover 2000
12,0%
5,6%
7,3% 0,6%4,1%
Seminativi in aree non irrigue
Boschi di latifoglie
70,3%
Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali importanti
Tessuto urbano discontinuo
Aree a pascolo naturale e praterie d'alta quota
Aree industriali o commerciali
Fonte - SINAnet Rete Nazionale d’Informazioni in Campo Ambientale
Confrontando la Carta di uso del suolo del 2000 con una Carta Agroforestale della Provincia di
Roma del 1974 (Fig. 1.2.2) troviamo una sola differenza sostanziale: la scomparsa dei pascoli,
sia semplici che cespugliati e arborati. Dalla carta del 2000 sembra che siano stati sostituiti dalla
coltivazione dei seminativi.
Poiché la carta di uso del suolo Corine non riporta la Discarica per RSU sita in zona Colle
Fagiolara, per calcolare la reale estensione delle aree agricole bisogna sottrarre dal totale i 10,6
ha della discarica, ottenendo che essa copre lo 0,39 % del territorio e le aree agricole il 69,91 %.
13

Fig. 1.2.2 - Uso del suolo secondo la classificazione Corine Land Cover 2000 (scala 100.000) e ingrandimento
della Carta Agroforestale della Provincia di Roma (scala 1:25.000) del comune di Colleferro
Uso del suolo 2000 Carta agroforestale 1974
LEGENDA
Seminativi
Pascoli semplici
Pascoli arborati
Boschi di latifoglie
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Il Programma CORINE (Coordination of Information on the Environment)
Il programma CORINE (COoRdination de l' INformation sur l' Environnement), varato dal Consiglio delle
Comunità Europee nel 1985, ha lo scopo primario di verificare dinamicamente lo stato dell'ambiente nell'area
comunitaria, al fine di orientare le politiche comuni, controllarne gli effetti, proporre eventuali correttivi.
Obiettivi secondari, ma non per questo meno validi, sono la formazione e la diffusione di standard e metodologie
comuni e la promozione di contatti e scambi internazionali, per facilitare la realizzazione di iniziative
intercomunitarie.
Il Programma CORINE, oltre a raccogliere i dati geografici di base in forma armonizzata (coste, limiti
amministrativi nazionali, industrie, reti di trasporto ecc.), prevede l’analisi dei più importanti parametri ambientali
quali la copertura e uso del suolo (CORINE Land cover), le emissioni in atmosfera (Corineair), la definizione e
l’estensione degli ambienti naturali (CORINE Biotopes), la mappatura del rischi d’erosione dei suoli (CORINE
Erosion).
Dal 1991 il Programma è stato esteso anche ai paesi dell’Europa Centrale e dell’est europeo.
Il progetto CORINE-Land Cover e' specificamente destinato al rilevamento e al monitoraggio, ad una scala
compatibile con le necessita' comunitarie, delle caratteristiche del territorio, con particolare attenzione alle esigenze
di tutela.
L'azione relativa ha preso le mosse nel 1986, con un intervento pilota sul Portogallo, nel corso del quale sono state
individuate e messe a punto esigenze strumentali e metodologie.
Il progetto e' attualmente in corso di completamento nell'ambito dell'Unione Europea, e si è esteso anche a Paesi
dell'Est europeo e del bacino mediterraneo non appartenenti all'Unione
IL PROGETTO CORINE Land Cover
Il progetto CORINE-Land Cover intende principalmente fornire al programma CORINE e ad ogni possibile
utilizzatore interessato informazioni sulla copertura del suolo e sui suoi cambiamenti nel tempo. Grazie all’utilizzo
della fotointerpretazione da immagini satellitari (Landsat 5 e 7) i costi del progetto sono divenuti sostenibili e
attualmente vi aderiscono 31 paesi dell’area europea compresi alcuni stati del Nord Africa. I prodotti finali devono
essere costituiti da informazioni quanto più possibile:
− omogenee
− compatibili e comparabili per tutti i paesi interessati
− suscettibili di aggiornamento periodico
− di costo sostenibile
Il progetto è inoltre finalizzato a fornire agli operatori locali gli strumenti culturali e metodologici necessari per la
prima elaborazione e per i successivi aggiornamenti.
Il progetto prevede la realizzazione di una cartografia della copertura del suolo alla scala di 1:100.000, con una
legenda di 44 voci su 3 livelli gerarchici e fa riferimento ad unità spaziali omogenee o composte da zone elementari
appartenenti ad una stessa classe, di superficie significativa rispetto alla scala, nettamente distinte dalle unità che le
circondano e sufficientemente stabili per essere destinate al rilevamento di informazioni più dettagliate.
La carta finale risultante, in formato numerico, costituisce la base di riferimento geografico e tematico del Sistema
Informativo CORINE.
IL PROGETTO CORINE Land Cover IN ITALIA: I&CLC 2000
L’obbiettivo principale del progetto è l’aggiornamento del database CORINE Land Cover con una rappresentazione
all’anno 2000. Il progetto I&CLC2000 è un iniziativa congiunta dell’Agenzia Europea dell’Ambiente e della
Commissione Europea che interessa 26 paesi. L’iniziativa è cofinanziata dai paesi partecipanti e dalla Commissione
Europea. Per ogni paese è stata identificata una National Authority che provvede alla realizzazione del progetto e
alla diffusione dei prodotti ottenuti. Per l’Italia la National Authority è stata identificata nell’Agenzia per la
Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT).
La stesura della prima carta di copertura del suolo all’interno dello stesso progetto è avvenuta con riferimento
all’utilizzo del suolo nell’anno 1990 ed è stata redatta da soggetti diversi rispetto a quelli coinvolti nella nuova carta
dell’anno 2000.
Per l’ottenimento di informazioni sui cambiamenti sull’uso e copertura del suolo tra il 1990 e 2000 si è resa
necessaria un’operazione di correzione geometrica e di contenuti tra il CORINE Land Cover (CLC) 1990 e il 2000.
In primo luogo si è resa necessaria l’acquisizione di una nuova copertura di immagini LANDSAT 5 riferibili al 1990
definita IMAGE90. E’ stato quindi completamente rivisitato il CLC 90 riconducendolo agli standard previsti dal
progetto (minima unità cartografabile, nomenclatura, accuratezza ecc.).
Tale operazione è stata fondamentale per evitare di confondere come cambiamento di uso del suolo ciò che in realtà
era una distorsione geometrica tra i due strati presi in considerazione.
I prodotti vettoriali ottenuti con il progetto CORINE LAND COVER in Italia sono rappresentati da:
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• Corine Land Cover 90 vettoriale rivisto sulla base delle Immagini Landsat 5 TM (IMAGE 90);
• Corine Land Cover 2000 vettoriale;
• Corine Land Cover Change vettoriale con i cambiamenti di copertura del suolo tra il 1990 e il 2000.
La Carta di uso del suolo Corine Land Cover 2000 rappresenta la base dell’elaborazione dei dati riportata nei
capitoli che trattano le tematiche specifiche di uso del suolo e paesaggio.
Fonte - www.clc2000.sinanet.apat.it
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1.2.2 Geologia, Idrogeologia e Idrologia
Il territorio di Colleferro rientra all’interno del sottobacino imbrifero del fiume Sacco che va
dalla confluenza con il fosso Savo a quella con il fosso della Valle d’Inferno, come può vedersi
dalla figura seguente.
Fig. 1.2.3 - Sottobacino del fiume Sacco dalla confluenza con il fosso Savo a quella con il fosso della Valle
d’Inferno
Fonte - Ugo Ventriglia, Idrogeologia della provincia di Roma – III Volume Regione Vulcanica dei Colli Albani – a
cura dell’Amministrazione Provinciale di Roma Assessorato LL.PP Viabilità e Trasporti. 1989
Dal punto di vista geologico, il territorio è caratterizzato per la maggior parte da terreni di
origine vulcanica (tufi) riconducibili sia all’attività del Vulcano Laziale che al vulcanismo della
valle Latina.
Affiorano i terreni sedimentari marini del Cretaceo Superiore e del Cretaceo Inferiore (Fig.
1.2.4) ed i terreni vulcanici. In tutto il settore meridionale del versante destro del bacino
affiorano i calcari con alternanza di calcari dolomitici e dolomie del Cretaceo Inferiore ed i
calcari con intercalazioni di calcari dolomitici del Cretaceo Superiore. Complessivamente i
calcari cretacei occupano circa il 40% dell’area totale del bacino.
17

Sul fondovalle del fiume Sacco e dei suoi affluenti sono presenti le alluvioni fluviali recenti,
limose e sabbiose, che occupano circa il 5% dell’area del bacino.
Su tutta la rimanente parte affiorano le vulcaniti costituite da tufi rimaneggiati che coprono circa
il 55% della superficie.
Fig. 1.2.4 – Le Ere Geologiche
Fonte - sito internet www.zoneumidetoscane.it
La continua ed incessante opera modellatrice delle acque superficiali ha consentito prima
l’erosione e poi la messa in posto dei materiali di natura fluviale (terreni di tipo limoso e
sabbioso) che oggi ricoprono il fondovalle del fiume Sacco.
I terreni rientranti nel bacino sono mediamente permeabili per porosità (ovvero per effetto dei
vuoti presenti tra le particelle di terreno).
In questo tratto il fiume Sacco si dirige, nell’insieme, verso sud-est, ricevendo sulla sinistra il
fosso di Valle d’Inferno e sulla destra il fosso di Valle Mola ed il fosso Gavozza, con confluenza
rispettivamente a m 205 s.l.m. ed a m 200 s.l.m.
Il bacino imbrifero ha forma molto irregolare, le sue dimensioni massime sono di ventitrè
chilometri in direzione est ovest e di quattordici chilometri in direzione nord sud.
Esso occupa una regione di media montagna ed alta collina con versanti più o meno acclivi nel
settore occidentale (alto bacino) e per il resto una regione collinare con versanti mediamente o
poco acclivi.
Il limite del bacino imbrifero, procedendo dalla sezione più a valle, in senso orario, si dirige per
ovest sud-ovest fino alla contrada La Nuvoletta; va poi verso sud fino a M. Puzzo (m 1172
18

s.l.m.), passando per contrada Le Macerie (m 664 s.l.m.) e per M. Fosse (m 1048 s.l.m.); si dirige
quindi verso nord-ovest passando per il paese di Rocca Massima (m 700 s.l.m.), Colle Illirio ( m
727 s.l.m.), Piano della Civita (m 630 s.l.m.), M. Casalicchio (m 291 slm), per Colle Tre Are (m
364 s.l.m.), Colle della Strada (m 351 s.l.m.), Colle Sacco (m 254 s.l.m.), confluenza del fosso
Savo con il fiume Sacco e contrada Il Quartaccio (m 269 s.l.m.); infine va verso sud fino alla
confluenza del fiume Sacco con il fosso di Valle d’Inferno.
Numerosi monti e colli si elevano nell’interno del bacino tra i quali si segnalano M. La Croce (m
1110 s.l.m.) e M. della Melozza (m 1084 s.l.m.). Al suo interno oltre al comune di Colleferro
rientra anche il comune di Artena; al suo limite è sito il paese di Rocca Massima.
La superficie del bacino è di 103 km 2 ; la sua altitudine media è di m 439 s.l.m. ed il suo fattore
di forma è 0,6 (quanto più questo fattore è vicino ad uno e tanto più raccolta è la forma del
bacino). La lunghezza d’asta del fiume Sacco nel tratto considerato è di km 6 e la sua pendenza
media è dello 0,2%.
19

1.2.3 Clima e caratteristiche vegetazionali
Clima e fitoclima
La vegetazione potenziale di un determinato territorio è quella che si svilupperebbe, in
assenza di disturbi esterni, sulla base del clima e del suolo. I popolamenti vegetali, infatti,
tendono ad insediarsi, in successione nel tempo, secondo determinati stadi che evolvono
spontaneamente verso la maturità, caratterizzata da un insieme di specie in equilibrio tra di
loro e stabile nel tempo: tale stadio di maturità è detto climax.
La vegetazione potenziale dell'area in esame è riferibile all'unità fitoclimatica che si estende
lungo la valle del fiume Sacco da Zagarolo ad Equino (Blasi, 1994), caratterizzata da piogge
piuttosto costanti durante l'inverno e scarse nel periodo estivo, durante il quale si verificano
periodi di aridità della durata di circa due mesi.
Il sito in esame ricade nella Regione xeroterica (sottoregione mesomediterranea) e presenta
termotipo collinare inferiore o mesomediterraneo umido medio e ombrotipo umido inferiore
(Fig. 1.2.7).
La vegetazione forestale prevalente è rappresentata da querceti a cerro (Quercus cerris),
farnia (Q. robur), roverella (Q. pubescens), con elementi della flora mediterranea e un
progressivo aumento di farnetto (Q. frainetto) procedendo verso sud.
L'area è potenzialmente favorevole per la diffusione di castagneti e boschi misti di orniello
(Fraxinus ornus), carpino nero (Ostrya carpinifolia) e carpino orientale (Carpinus orientalis).
Gli alberi guida dell’ecosistema forestale sono: cerro (Quercus cerris), farnia (Q. robur),
roverella (Q. pubescens), farnetto (Q. frainetto), carpino bianco (Carpinus betulus), carpino
orientale (C. orientalis), nocciolo (Corylus avellana), castagno (Castanea sativa), albero di
Giuda (Cercis siliquastrum), carpino nero (Ostrya carpinifolia), olmo minore (Ulmus minor),
acero oppio (Acer campestre).
Gli arbusti guida sono: ginestra comune (Spartium junceum), biancospino (Crataegus
monogyna), ilatro comune (Phillyrea latifolia), terebinto (Pistacia terebinthus), salsapariglia
nostrana (Smilax aspera), rosa selvatica comune (Rosa canina), bossolo (Staphylea pinnata),
sambuco nero (Sambucus nigra), corniolo sanguinello (Cornus sanguinea), corniolo maschio
(C. mas).
Il clima è definito come l’insieme delle condizioni atmosferiche caratterizzate dagli stadi ed
evoluzioni del tempo in una determinata area; è quindi uno dei fattori ecologici più importanti
che influenza le componenti biotiche degli ecosistemi, sia naturali che antropici (compresi quelli
agricoli), poiché agisce direttamente come fattore discriminante per la vita di piante ed animali,
nonché sui processi pedogenetici, sulle caratteristiche chimico fisiche dei suoli e sulla
disponibilità idrica dei terreni.
I dati pluviometrici, per la zona di indagine esaminata, si riferiscono alla stazione termpluviometrica
di Frosinone e sono relativi ad un arco temporale compreso tra il 1951 ed il 1999.
Nel diagramma in Fig. 1.2.5 sono sintetizzati i valori relativi a piogge e temperature; in questi
diagrammi vengono riportati su un sistema di assi cartesiani i valori medi delle temperature e
delle precipitazioni riscontrate nei mesi dell'anno. Nelle ordinate sono rappresentate le
temperature e le precipitazioni in una scala in cui ad un centimetro corrispondono 10 mm di
pioggia (a destra) e 5 gradi di temperatura (a sinistra) e nelle ascisse i mesi dell'anno.
Dalla lettura del diagramma si evidenzia un periodo di aridità compresa tra i mesi di giugno ed
agosto.
Inoltre i valori medi di piovosità mensile indicano un massimo di precipitazione nel mese di dicembre
con 167 mm, mentre il minimo si registra nel mese di luglio con 29 mm, andamento tipico del
clima mediterraneo; nell'ambito territoriale di Frosinone si riscontrano 1115 mm di pioggia caduta
annualmente.
20

La temperatura media annua nel periodo dal 1951 al 1999 è di circa 15 °C con valori medi del
mese più freddo (gennaio) di 6,31 °C e del mese più caldo (luglio) di circa 24 °C.
Fig. 1.2.5 – Termopluviogramma
Fonte – Elaborazione di dati da Studio d’impatto Ambientale 2002
Per la descrizione dei caratteri anemometrici dell’area si è fatto ancora riferimento alla stazione
metereologica di Frosinone.
Nella figura 1.2.6 sono sintetizzati i valori relativi alla velocità ed alla direzione dei venti
misurati al suolo.
21

Fig. 1.2.6 – Velocità media annua del vento al suolo
W
NW
SW
N
3,00
2,50
2,00
1,50
1,00
0,50
0,00
Fonte – Elaborazione di dati da Studio d’impatto Ambientale 2002
S
Media anno 1992 Media anno 1993 Media anno 1994
L’area è caratterizzata dalla prevalenza di venti dei quadranti NW ed in particolare il settore
nord-occidentale registra da solo quasi il 35% delle condizioni di ventosità. Ciò significa che è di
particolare rilevanza il monitoraggio della qualità dell’aria proveniente da questo settore.
NE
SE
Media anno 1995 Media anno 1996
E
22

Fig. 1.2.7 – Carta fitoclimatica (Fonte – SIRA della Regione Lazio)
23

Caratteristiche vegetazionali
Nel tentativo di sfruttare la natura, l'uomo ha spesso operato profonde trasformazioni sugli
ambienti naturali, attuando uno stato di "semplificazione ecologica" caratterizzato dalla
sistematica pianificazione dei disboscamenti, dettati dalla ricerca di una sempre più spinta
produttività sia agricola che industriale.
All’interno del comune di Colleferro possono essere distinte le seguenti aree con caratteristiche
vegetazionali differenti:
- Rive del Fiume Sacco;
- Bosco della Piombinara;
- Aree adibite a pascolo e ad uso agricolo.
Corso del Sacco
La valle del Sacco in condizioni naturali sarebbe stata ricoperta da una vegetazione boschiva
rappresentata dalle formazioni di querce sempreverdi (leccio) miste a caducifoglie (cerro,
roverella, farnia, castagno).
Queste formazioni costituivano, nei secoli passati, le antiche foreste planiziali (cioè di pianura)
che coprivano la valle Latina.
A causa dell'antropizzazione, oggi la copertura boschiva è fortemente discontinua, ma, anche se
parzialmente ed in modo frammentato, le formazioni boschive assicurano al complesso
idrografico una funzione protettiva di primaria importanza.
Nelle aree più influenzate dall'azione dell'uomo, invece, la vegetazione arborea ed arbustiva
declina in favore delle formazioni erbacee e delle coltivazioni, mentre lungo i corsi d'acqua sono
presenti le specie tipiche della vegetazione ripariale, più o meno stratificate, in relazione alla
dimensione degli spazi disponibili lasciati dalle zone agricole.
Sulle rive del fiume crescono prevalentemente salici (Salix alba, S. purpurea in Fig. 1.2.11), che
occupano le rive in modo discontinuo.
La componente erbacea associata è quantitativamente molto variabile: spesso, laddove il corso
d'acqua è costretto e delimitato, è quasi assente e sono presenti solo rampicanti come la
dulcamara (Solanum dulcamara) e la brionia comune (Bryonia dioica in Fig. 1.2.10).
Frequentemente le specie di greto vanno a consociarsi con quelle di riva come la forbicina
comune (Bidens tripartita), la fienarola comune (Poa trivialis) e gli equiseti (Equisetum sp.).
Nella fascia immediatamente a ridosso del fiume si trovano i pioppi, che prediligono terreni
sciolti, umidi ed areati, ma non tollerano immersioni prolungate, poiché le radici non sono in
grado di sopportare periodi di asfissia.
Comunque, a causa sia delle manomissioni dirette delle rive che delle immissioni di inquinanti,
l'assetto delle associazioni vegetazionali lungo il Sacco appare piuttosto degradato.
Alla vegetazione preesistente si va via via sostituendo una fitocenosi nitrofila, costituita da
specie quali il sambuco comune (Sambucus nigra), la canna (Arundo donax) ed il vilucchio
(Convolvulus sp.), nonché essenze avventizie esotiche come la robinia (Robinia pseudoacacia),
l'acero americano (Acer negundo) ed il gelso da carta (Broussonetia papyrifera in Fig. 1.2.9)
che si consolidano in ambienti il cui substrato è arricchito artificialmente da composti azotati.
Una vera fascia vegetazionale erbacea igrofila si sviluppa solo nelle situazioni non disturbate ed
è caratterizzata, in particolare, dalla cannuccia di palude (Phragmites australis), dalla tifa (Typha
sp.) e dalla mestolaccia comune (Alisma plantago aquatica in Fig. 1.2.8).
24

Fig. 1.2.8 - Alisma plantago acquatica
Fonte – Sito web
Fig.1.2.9 - Broussonetia papyrifera
Fonte – Sito web
Fig. 1.2.10 - Bryonia dioica
Fonte – Sito web
Fig. 1.2.11 - Salix purpurea
Fonte – Sito web
25

Bosco della Piombinara e la Selva del Principe
Il Bosco della Piombinara e la Selva del Principe sono aree a gestione privata che, pur
presentando elementi di forte degrado, costituiscono un’interessante emergenza naturalistica
in quanto rispecchiano a grandi linee la potenzialità dell'area.
Il profilo strutturale della vegetazione presente è schematizzato in Tab. 1.2.1.
Tab. 1.2.1 – Profilo strutturale della vegetazione del Bosco della Piombinara
Strato arboreo Cerro (Quercus cerris), olmo minore (Ulmus minor), carpini
(Carpinus sp.), pero selvatico (Pyrus pyraster), nocciolo (Corylus
avellana)
Strato arbustivo Olmo minore (Ulmus minor), biancospino (Crataegus monogyna), rovo
(Rubus ulmifolius), pero silvatico (Pyrus pyraster), pruno selvatico
(Prunus spinosa), ginestra comune (Spartium junceum), sambuco
(Sambucus nigra), corniolo sanguinello (Cornus sanguinea),
corniolo maschio (C. mas), rosa canina (Rosa canina), pungitopo
(Ruscus aculeatus)
Strato erbaceo Viola mammola (Viola odorata), favagello (Ranunculus ficaria), erba
trinità (Hepatica nobilis), pulsatilla anemone (Pulsatilla vulgaris),
ciclamino (Cyclamen europaeum), polmonaria maggiore (Pulmonaria
officinalis), falsa-ortica macchiata (Lamium maculatum), gigari (Arum
sp. pl.), cardi (gen. Carduus e Cirsium.)
Su arbusti ed alberi cresce abbandondante l’edera (Hedera helix) che si mescola alla clematide
(Clematis vitalba), una liana che si arrampica facilmente.
Un elemento di disturbo è rappresentato da una cintura di rovi che delimita il perimetro
esterno del bosco, la cui diffusione è ulteriormente accelerata dai sistematici disboscamenti,
che sono probabilmente compiuti per estendere le superfici agricole circostanti.
Aree adibite a pascolo ed a uso agricolo
In queste aree la vegetazione è rappresentata da raggruppamenti indotti dalle attività
antropiche (il pascolo e l'utilizzo agrario) che comportano il dissodamento e il
rimaneggiamento dei terreni.
Si tratta di flora prevalentemente erbacea in cui si evidenziano fasce arbustive costituite
prevalentemente da ginestra comune (Spartium junceum in Fig. 1.2.13), biancospino
(Crataegus monogyna in Fig. 1.2.12), olmo minore (Uulmus minor in Fig. 1.2.14 ), pero
selvatico (Pyrus pyraster), pruno selvatico (Prunus spinosa), rovo (Rubus ulmifolius).
Lo strato erbaceo dei pascoli e degli incolti ha scarsa valenza naturalistica; le specie più
diffuse sono rappresentate dal dente di cane (Agropyron repens), l’avena maggiore (Avena
sterilis), la malva selvatica (Malva sylvestris), il bupleuro granaiolo (Bupleurum
lancifolium), l’altea comune (Althaea officinalis), la cicoria comune (Cichorium intybus), la
tossilaggine comune (Tussilago farfara), la piantaggine (Plantago sp.), l’ortica comune
(Urtica dioica), la vetriola comune (Parietaria offìcinalis), la vetriola lusitanica (Parietaria
lusitanica), l’euforbia (Euphorbia sp. p.l.), il finocchio comune (Foeniculum vulgare),
l’incensaria comune (Pulicaria dysenterica), l’asfodelo mediterraneo (Asphodelus
microcarpus), la gramigna rampicante (Cynodon dactylon), i trifogli (Trifolium sp. pl.), ecc.
Nei seminativi le specie coltivate sono leguminose e crocifere alternate a graminacee, cerealicole
e colture di girasole.
26

Fig.1.2.12 - Crataegus monogyna
Fonte – Sito web
Fig. 1.2.14 – Ulmus minor
Fonte – Sito web
Fig. 1.2.13 – Spartium junceum
Fonte – Sito web

1.2.4 – La Fauna
Poiché il territorio di Colleferro è fortemente antropizzato le specie animali presenti nella zona
sono solo quelle più adattabili a tutte le situazioni.
Il cinghiale (Sus scrofa) è presente con un discreto numero di esemplari e la volpe (Vulpes
vulpes) è rilevabile dalle numerose tracce presenti nella zona. Tra gli insettivori vanno citati il
riccio (Erinaceus europaeus in Fig. 1.2.15) e la talpa (Talpa romana in Fig. 1.2.16), abbastanza
comuni.
Tra gli uccelli stanziali o migratori è possibile osservare una grandissima quantità di specie di
passeriformi, come il pettirosso (Erithacus rubecola) e di corvidi, come la cornacchia grigia
(Corvus corone cornix).
La fauna erpetologica riveste un ruolo di notevole interesse per la presenza di varie specie di
ofidi tra cui la vipera comune (Vipera aspis) e diversi colubridi come il biacco (Coluber
viridiflavus), il colubro di Esculapio (Elaphe longissima in Fig. 1.2.17), il colubro europeo
(Coronella austriaca) o la biscia dal collare (Natrix natrix). La classe degli anfibi è rappresentata
principalmente dal rospo comune (Bufo bufo).
Questi sono solo alcuni dei vertebrati che si possono osservare nell'area descritta, ma un
elevatissimo numero di specie di Insetti, Aracnidi, Miriapodi, Molluschi, contribuisce ad
incrementare il numero di specie faunistiche presenti.
Per quanto riguarda la fauna ittica, il fiume Sacco ospita specie essenzialmente ciprinicole; in
particolare sono presenti: carpe (Cyprinus carpio), cavedani (Leuciscus cephalus in Fig. 1.2.18 ),
tinche (Tinca tinca), barbi (Barbus barbus in Fig. 1.2.19) e scardole (Scardinius
erythrophtalmus); sono presenti anche anguille (Anguilla anguilla).
L'anguilla era una delle specie più comuni nelle acque italiane; ha un comportamento
spiccatamente migratorio con riproduzione e fase larvale in acque marine e fase di
accrescimento nei corsi d'acqua dolce. Può spostarsi su terreni umidi grazie alla possibilità di
chiudere ermeticamente le fessure branchiali; talvolta entra nelle acque sotterranee, fino a
raggiungere grotte allagate, pozzi o raccolte di acque termali.
In novembre-dicembre gli adulti di anguilla cominciano a scendere lungo le aste fluviali fino
a portarsi sulle coste del Mar Tirreno e da qui nuotare fino al Mar dei Sargassi (Oceano
Atlantico) dove si riproducono in primavera.
II Cavedano è invece una specie indigena del bacino del Liri-Garigliano, diffusa in tutti i
principali corsi d'acqua della Regione.
28

Fig. 1.2.15 - Erinaceus europaeus
Fonte – Sito web
Fig. 1.2.17 - Elaphe longissima
Fonte – Sito web
Fig. 1.2.19 - Barbus barbus
Fonte – Sito web
Fig. 1.2.16 - Talpa romana
Fonte – Sito web
Fig. 1.2.18 - Leuciscus cephalus
Fonte – Sito web
29

Gestione della fauna
Il Consiglio Provinciale di Roma ha approvato, ai sensi della L. 157/92 e della L. R. 17/95, il
Piano Faunistico Venatorio con Deliberazione n. 268 il 10 giugno 1997.
La pianificazione faunistico-venatoria ha il fine di programmare la tutela e la salvaguardia della
fauna selvatica, sia stanziale che migratoria, del suo habitat e di quant'altro contribuisce a
migliorare l'equilibrio ecologico compromesso per la continua attività dell'uomo.
Attraverso una serie di programmi aspira ad attuare una conservazione non solo difensiva, ma
anche una tutela costruttiva fondata sulla razionale e previdente amministrazione di tutte le
risorse dell'ambiente, nel quadro più generale del rispetto e del supporto dell'economia agricola.
Il Piano prevede una collaborazione attiva e sistematica tra il mondo venatorio, il mondo
naturalistico, il mondo protezionistico ed il mondo agricolo.
Se infatti il primo obiettivo della programmazione è la massima valorizzazione ed utilizzazione
delle risorse naturali ed umane, dalla pianificazione devono emergere anche gli strumenti con i
quali le forze sociali, comunque interessate alla tutela della fauna ed alla disciplina
venatoria, possono realizzarli.
Nel Piano viene esaltato il principio che la fauna selvatica, patrimonio indispensabile per la
collettività, costituisce un bene del territorio e che la caccia delle specie consentite deve essere
strettamente legata, oltre che a corrette tecniche di prelievo, alla conservazione attiva ed al
miglioramento dell'ambiente naturale.
E' infatti noto che il dissesto faunistico è soprattutto prodotto dalle modificazioni sempre più
gravi cui il territorio provinciale è soggetto (bonifiche, disboscamenti irrazionali, nuove pratiche
agricole, nuovi insediamenti abitativi, industrializzazioni, inquinamenti idrici ed atmosferici).
Oltre a definire i criteri concernenti la localizzazione e la gestione degli istituti venatori ed a
pianificare le opere di miglioramento ambientale e gli interventi di immissione di fauna selvatica
ai fini del ripopolamento e cattura, il Piano indica gli ambiti territoriali di caccia della Provincia
di Roma (A.T.C.) (Fig. 1.2.20-1.2.21).
Il comune di Colleferro ricade all’interno dell’A.T.C. RM2 il cui territorio agro-silvo-pastorale
comprende a nord i Colli Albani e all’estremità orientale le catene appenniniche di natura
prevalentemente calcarea con frequenti fenomeni di tipo carsico.
La presenza di numerosi centri abitati (91 comuni) situati nel comprensorio dell’A.T.C. RM2,
nonché il suo andamento orografico, influenzano le caratteristiche del territorio,
condizionandolo, a volte, sia sotto l'aspetto ambientale sia faunistico.
Al fine di procedere ad un’analisi della qualità e quantità del territorio e delle risorse faunistiche
di interesse venatorio e naturalistico, nel Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Roma
sono state descritte inizialmente le principali caratteristiche del territorio, attraverso
l’individuazione di zone omogenee riferite alle seguenti tipologie:
- Zone di pianura e bassa collina intensamente coltivate;
- Zone di collina e montagna coltivate in modo più o meno intensivo;
- Zone di collina e montagna in cui prevalgono boschi e pascoli;
- Zone umide.
Successivamente sono state riportate le schede relative allo stato attuale degli “istituti faunisticovenatori”
presenti sul territorio provinciale suddivise in:
- Parchi e Riserve Nazionali e Regionali;
- Zone militari;
- Oasi di protezione;
- Zone di rifugio;
- Zone di ripopolamento e cattura;
- Bandite demaniali;
- Fondi chiusi;
30

- Aziende faunistico-venatorie;
- Zone di addestramento dei cani;
- Appostamenti fissi di caccia.
31

Fig. 1.2.20 – Carta dell’esercizio venatorio

Fig. 1.2.21 – Piano Faunistico Venatorio
33

1.3 - L’UOMO E IL TESSUTO SOCIO-ECONOMICO
1.3.1 La popolazione di Colleferro
Nei censimenti della popolazione effettuati nel 1921 e nel 1931, Colleferro compariva fra le
frazioni rurali di Roma. I dati, forniti dalla Provincia di Roma, confermano una vera e propria
realtà “di frontiera”: nel 1921 erano 787 le persone che vivevano nell’insediamento colleferrino;
appena 943 quelle censite nel 1931, cioè ben dieci anni dopo.
Le vicende della II Guerra Mondiale impediscono di avere statistiche attendibili sul numero di
abitanti della nuova città, ufficialmente sorta nel 1935.
La guerra, giunta con la sua recrudescenza anche nella valle del Sacco, spinse comunque molti
sfollati e rifugiati a trovare ricovero nei paesi fuori Roma.
Questo spiega perché, in base ai dati censuari in possesso della Provincia, la popolazione di
Colleferro, nel 1951, ammontava a 10.088 individui: un numero dieci volte maggiore rispetto a
quello del 1931.
Di seguito (Fig. 1.3.1) si riporta l’evoluzione storica del numero di abitanti di Colleferro ottenuta
consultando i dati provinciali.
Fig. 1.3.1 - Evoluzione storica del numero di abitanti di Colleferro.
25.000
20.000
15.000
10.000
5.000
0
10.088
15.016 18.071
20.660
20.392
20.723
1951 1961 1971 1981 1991 2001
Fonte – Elaborazione da dati della Provincia di Roma
Il trend della Fig. 1.3.1 è lo stesso che caratterizza la maggior parte dei Comuni, delle Province e
delle Regioni d’Italia: una forte crescita che, dall’immediato dopoguerra, corre ininterrotta fino
ai primi anni ’80, in coincidenza con l’aumento dei redditi, la crescita industriale, la diffusione
dei servizi sanitari di base su tutto il territorio, lo sviluppo tecnologico, l’emancipazione delle
donne, le conquiste sociali, il raggiungimento di un elevato grado di benessere.
L’appiattimento della curva nel periodo 1981-2001, invece, riflette la generalizzata diminuzione
delle nascite verificatasi in Italia, le cui cause sono riconducibili a fattori diversi, spesso in
contrasto fra di loro. Se da un lato, infatti, nel periodo considerato ha iniziato a pesare l’emergere
sempre più frequente di difficoltà economiche dovute ad un sistema produttivo ormai maturo e
privo di slanci innovativi, dall’altro l’eccessivo benessere ha favorito la diffusione di stili di vita
che hanno sconvolto i modi e i tempi delle tradizionali tappe dell’esistenza umana come,
appunto, quella della costituzione di un nucleo familiare con prole.
34

La dimensione delle 20.000 presenze, in ogni caso, sembra un dato ormai consolidato per il
Comune di Colleferro, che si pone intorno al 20° posto, per numero di abitanti, fra i Comuni
della Provincia di Roma.
I dati sugli abitanti di Colleferro relativi agli ultimi 15 anni, raccolti dagli Uffici dell’Anagrafe
dei Comuni del Distretto sociosanitario Rm G6, coincidono con quelli della Provincia di Roma
per il 1991, ma si discostano da questi ultimi per gli anni più vicini ai giorni nostri.
Tali rilevazioni sono state effettuate ad intervalli di 4 anni e sono riportate nella Fig. 1.3.2.
Fig1.3.2 - Evoluzione storica del numero di abitanti di Colleferro.
25.000
20.000
15.000
10.000
5.000
0
20.392
21.472 21.377 21.262
1991 1995 1999 2003
Fonte – Elaborazione da dati degli Uffici Anagrafe Comunali del Distretto sociosanitario Rm G6
La diversa entità numerica della popolazione di Colleferro censita dall’Ufficio Anagrafe
Comunale, rispetto a quella della Provincia (peraltro in anni diversi, e quindi non direttamente
confrontabili), evidenzia un ammontare complessivo di abitanti leggermente superiore, oscillante
fra le 500 e le 1.000 unità in più.
Rispetto al dato del Comune, relativo al 1991, la crescita percentuale della popolazione
colleferrina si è attestata, al 31/12/2003, intorno al 4%, anche se, come si può notare nella Fig.
1.3.2, dal 1995 in poi è in atto un lento decremento delle presenze.
Densità abitativa
In base ai dati ISTAT relativi al Censimento della popolazione del 2001, la densità abitativa di
Colleferro è pari a 754 abitanti per chilometro quadrato, superiore di oltre 60 unità a quella
calcolata sull’intera Provincia di Roma (Fig. 1.3.3).
35

Fig1.3.3 – Confronto dei dati nazionali, regionali, provinciali e comunali relativi alla densità abitativa (2001).
Italia
Lazio
Provincia di Roma
Colleferro
189
297
0 100 200 300 400 500 600 700 800
Densità (ab/km 2 )
Fonte – Elaborazione da dati del Censimento della popolazione 2001 - ISTAT
Il dato è particolarmente significativo in quanto, per densità abitativa, il Comune di Colleferro
figura al 16° posto fra i 120 Comuni della Provincia, mentre, per estensione, si posiziona solo al
52° posto (la superficie territoriale di Colleferro rappresenta appena lo 0,5% del totale
provinciale). Ciò sta a significare che il Comune ha assunto, oggi, le dimensioni di una cittadina
sovrappopolata, con tutti i problemi che ne conseguono in termini di sostenibilità dello sviluppo:
maggiori consumi, maggiore inquinamento, maggiore sfruttamento delle risorse, minore qualità
della vita.
Poiché il calcolo della densità abitativa pone in rapporto una variabile, rappresentata
dall’ammontare della popolazione residente, e una costante, data dalla superficie territoriale del
Comune, il valore della densità risulterà variabile in funzione del numero di abitanti residenti in
ogni momento nel Comune.
Pertanto, sulla base dei dati dell’Ufficio Anagrafe, è possibile tracciare un andamento del dato
relativo alla densità abitativa di Colleferro per il periodo 1991-2003 al solo scopo di
evidenziarne la tendenza ed il valore attorno al quale esso sembra essersi stabilizzato.
Tale andamento è rappresentato in Fig. 1.3.4.
691
754
36

Fig1.3.4 - Evoluzione della densità abitativa media numero di abitanti di Colleferro.
800
700
600
500
742
781
1991 1995 1999 2003
Fonte – Elaborazione da dati degli Uffici Anagrafe Comunali del Distretto sociosanitario Rm G6
Rapporto fra sessi
Il rapporto fra i sessi, in valore assoluto, appare leggermente sbilanciato in favore delle donne,
che contano 11.008 unità contro le 10.254 degli uomini. Le prime, infatti, sebbene siano in
numero inferiore rispetto ai maschi al momento della nascita, in virtù di una maggiore longevità
recuperano il gap iniziale e finiscono per sopravanzare numericamente la categoria maschile. Si
tratta di una tendenza più che nota in campo demografico, che viene confermata anche a
Colleferro.
Fig. 1.3.5 – Distribuzione per sesso e per classe di età della popolazione al 2001
250
200
150
100
50
0
1 7 13 19 25 31 37 43 49 55 61 67 73 79 85 91 97
Maschi Femmine
Fonte – Elaborazione da dati del Censimento della popolazione 2001 - ISTAT
778
774
37

Distribuzione per età
La distribuzione della popolazione per fasce d’età al 31/12/2003, sempre sulla base dei dati
elaborati dagli Uffici Anagrafe Comunali del Distretto sociosanitario Rm G6, è quella descritta
nella Tab. 1.3.1.
Tab. 1.3.1 - Distribuzione per fasce d’età della popolazione di Colleferro al 31/12/2003.
Fasce d’età 0 - 14 15 - 64 Oltre i 65 TOTALE
n° abitanti 2.892 14.598 3.772 21.262
Fonte - Uffici Anagrafe Comunali del Distretto sociosanitario Rm G6
La preponderanza della componente ultrasessantacinquenne su quella giovanile (Tab. 1.3.1), per
quanto abbastanza modesta, avvicina Colleferro alla situazione riscontrata nei paesi limitrofi
della zona di montagna del Distretto Rm G6, come Carpineto Romano, Gavignano, Gorga,
Montelanico e Segni. Il fatto appare degno di rilevanza in quanto Colleferro, per posizione
geografica, appartiene invece ai Comuni della zona di pianura del Distretto, come Artena, Labico
e Valmontone, che denotano una minore incidenza di anziani rispetto alla popolazione totale e
una nutrita presenza di giovani.
Tale “ambiguità” può essere spiegata dalla maggiore vicinanza di Colleferro alla zona di
montagna che, peraltro, determina un flusso consistente di persone che dai paesi limitrofi si
sposta in direzione della cittadina colleferrina, dando vita ad un vero e proprio fenomeno di
pendolarismo interno.
Indici di vecchiaia e di dipendenza
La suddivisione della popolazione di Colleferro nelle tre fasce di età riportate in Tab. 1.3.1 è
funzionale anche al calcolo di alcuni indici statistici significativi.
Il primo è l’Indice di vecchiaia, dato dal rapporto, moltiplicato per 100, fra il numero di
ultrasessantacinquenni e il numero di giovani al di sotto dei 14 anni. Il valore di tale indice, per
Colleferro, è pari al 130,4%; ciò significa che, anche se non di molto, sono preponderanti le
persone anziane rispetto a quelle in giovane età: più precisamente vi sono 1,3 anziani per ogni
giovane colleferrino.
Un altro indice interessante è l’Indice di dipendenza, che misura il livello del carico sociale di
una comunità. Esso viene calcolato moltiplicando per 100 il rapporto fra l’ammontare della
popolazione al di fuori dei limiti dell’età lavorativa (sotto i 14 anni e oltre i 65) e il numero di
individui che si presume debbano sostenerli con la loro attività. Per Colleferro tale indice
ammonta al 45,6%, che significa che per ogni individuo inattivo ve ne sono almeno due che,
attraverso il loro lavoro, possono aiutare il primo nel suo sostentamento.
In Fig. 1.3.6 si riporta il confronto dei suddetti indici calcolati per Colleferro, per la Regione
Lazio e per l’Italia.
38

Fig. 1.3.6 – Principali indici demografici relativi alla popolazione di Colleferro
160%
140%
120%
100%
80%
60%
40%
20%
0%
134% 133% 130,4%
50%
48% 45,6%
Indice di vecchiaia Indice di dipendenza strutturale
Italia Lazio Colleferro
Fonte – Elaborazione da dati del Censimento della popolazione 2001 - ISTAT
L’Indice di dipendenza può essere scomposto per evidenziare il grado di dipendenza, rispetto
alla popolazione in età lavorativa, delle singole fasce “deboli”. Da tale scomposizione nascono
l’Indice di dipendenza giovanile e l’Indice di dipendenza degli anziani, che per Colleferro sono
pari, rispettivamente, al 19,8% e al 25,8%. Tali valori rispecchiano la maggiore dipendenza degli
anziani rispetto ai giovani proprio in virtù della loro maggiore numerosità.
Fig. 1.3.7 – Principali indici demografici relativi alla popolazione di Colleferro
140%
120%
100%
80%
60%
40%
20%
0%
130,4%
45,6%
Indice di vecchiaia Indice di
dipendenza
25,8%
Indice di
dipendenza degli
anziani
Fonte – Elaborazione da dati del Censimento della popolazione 2001 - ISTAT
19,8%
Indice di
dipendenza
giovanile
39

Famiglie
La definizione data dall’ISTAT parla di “…un insieme di persone legate da vincoli di
matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi
dimora abituale nello stesso comune (anche se non sono ancora iscritte nell'anagrafe della
popolazione residente del comune medesimo). Una famiglia può essere costituita anche da una
sola persona. L'assente temporaneo non cessa di appartenere alla propria famiglia sia che si
trovi presso altro alloggio (o convivenza) dello stesso comune, sia che si trovi in un altro
comune italiano o all’estero”.
A Colleferro, il Censimento del 2001 ha rilevato 7.719 famiglie, con un numero medio di
componenti pari a 2,68, di poco superiore al valore provinciale (2,50 componenti per famiglia).
Quest’ultimo dato emerge sulla base delle informazioni contenute nella Tab. 1.3.2, relative ai
componenti delle famiglie di Colleferro distinti per classi di numerosità.
Tab. 1.3.2 - Distribuzione delle famiglie di Colleferro per numero di componenti (2001).
1 persona 2 persone 3 persone 4 persone 5 persone
6 o più
persone
Totale
N°
famiglie
1.576 2.102 1.832 1.759 366 84 7.719
Fonte – Censimento della popolazione 2001 - ISTAT
Dalla tabella emerge chiaramente come la moda della distribuzione corrisponda alla classe con
due soli componenti, ma sono significative anche le numerosità riferite alle classi con tre o
quattro persone, tanto da comportare una media più vicina ai tre che ai due componenti per
famiglia.
Diverso è il discorso che riguarda i nuclei familiari, definiti dall’ISTAT come “…l’insieme delle
persone che formano una relazione di coppia o di tipo genitore-figlio. Si intende la coppia
coniugata o convivente, senza figli o con figli mai sposati, o anche un solo genitore assieme ad
uno o più figli mai sposati. Il concetto di nucleo familiare è normalmente più restrittivo rispetto
a quello di famiglia; infatti nell’ambito di una famiglia possono esistere uno o più nuclei
familiari. Può non esservene nessuno come è nel caso ad esempio delle famiglie unipersonali”.
Le tipologie di nucleo familiare censite a Colleferro nel 2001 mettono in luce una forte disparità
fra i nuclei composti dal padre e dai figli rispetto a quelli composti dalla madre e dai figli, con
una netta prevalenza di quest’ultimi rispetto ai primi. Non essendo in possesso di ulteriori
informazioni, è possibile attribuire la causa di tale differenza soltanto alle separazioni fra
coniugi, che normalmente si risolvono con l’affidamento dei figli alle madri.
Tab. 1.3.3 - Distribuzione dei nuclei familiari di Colleferro per tipologia (2001).
Coppie
senza figli
Coppie
con figli
Padre con
figli
Madre con
figli
Totale
N° nuclei
familiari
1.660 3.609 135 650 6.054
Fonte – Censimento della popolazione 2001 - ISTAT
Le coppie con figli costituiscono il 59,6% del totale, percentuale leggermente superiore a quella
della Provincia (54,3%); la percentuale di coppie non coniugate di Colleferro, invece, è la metà
di quelle censite in Provincia, ma entrambe presentano valori modesti, rispettivamente il 2,4% e
il 4,7%.
40

Popolazione straniera
Gli stranieri residenti nel Comune di Colleferro al 31/12/2003 si attestano sulle 730 unità, cifra
che rappresenta lo 0,34% della popolazione totale. Si tratta di una percentuale molto bassa se
confrontata con il 3% del Lazio o il 3,5% della Provincia di Roma (dati relativi al Censimento
2001 dell’ISTAT), che sono gli ambiti territoriali di riferimento per Colleferro.
Nella Tab. 1.3.4 è riportato il numero di stranieri presenti a Colleferro per Paese di provenienza.
Come evidenziato dai dati, le aree geografiche più rappresentate sono quelle dell’Est Europa e
dell’Africa.
Tab. 1.3.4 - Numero di stranieri residenti a Colleferro per Paese di provenienza (31/12/2003).
Albania 108 Colombia 5 Guinea 1 R. Dominicana 1
Algeria 6 Congo R. Dem. 8 Honduras 2 Romania 57
Argentina 7 Congo R. Pop. 7 India 5 Russia 5
Australia 3 Cuba 2 Iran 2 Serbia 14
Bangladesh 1 Danimarca 1 Iraq 8 Siria 3
Belgio 1 Ecuador 4 Lituania 1 Slovacchia 2
Benin 4 Egitto 5 Macedonia 15 Spagna 1
Bosnia 1 El Salvador 1 Marocco 66 Togo 4
Brasile 13 Etiopia 3 Messico 2 Tunisia 18
Bulgaria 181 Francia 4 Moldavia 1 Ucraina 7
Camerun 2 Ghana 1 Nigeria 47 U.S.A. 6
Croazia 1 Gran Bretagna 1 Olanda 3 Uzbekistan 3
Canada 1 Germania 4 Perù 15 Venezuela 7
Capo Verde 1 Giappone 1 Polonia 31 Yemen 4
Cina 17 Grecia 3 Rep. Ceca 1 APOLIDE 1
Fonte - Provincia di Roma
Le analisi del “fenomeno stranieri” fanno risalire a circa 10 anni fa l’ondata migratoria di prima
generazione, cioè quella riguardante uomini in età lavorativa e richiedenti asilo politico. Ad essa
è poi seguita l’ondata migratoria di seconda generazione, riguardante i congiungimenti familiari,
che ha comportato una maggiore presenza sul territorio colleferrino di donne e bambini stranieri.
In tema di stranieri, come è noto, la maggiore criticità è quella legata all’integrazione degli stessi
nel tessuto socioeconomico del territorio di destinazione. A tal proposito, appare utile citare le
parole contenute nel “XII Rapporto Caritas-Migrantes sull’immigrazione”, edito nel 2002:
“…la popolazione che accoglie si sente fragile ed in pericolo di fronte a diversità sociali,
culturali e religiose dei movimenti e tende a trasformare il diverso/straniero in un capro
espiatorio delle sue ansie. E’ una questione complessa, che si pone a diversi livelli
(antropologico, educativo, politico, religioso) ma che invece, a livello operativo, può essere
riequilibrata attraverso un utilizzo più accorto dei mezzi di comunicazione di massa…”
41

1.3.2 Livello di istruzione
Parlando del livello di istruzione della popolazione di Colleferro il primo dato che salta agli
occhi è quello relativo al numero di soggetti che hanno risposto al Censimento dell’ISTAT del
2001: tale ammontare è infatti inferiore a quello complessivo, fin qui utilizzato per l’analisi.
La discrepanza, che si aggira intorno ai 1.000 individui, dovrebbe essere attribuibile in parte ai
cittadini stranieri residenti, fra i quali gli istruiti risultano in possesso di titoli di studio spesso
non equiparabili ai titoli di studio italiani, e in parte alle mancate risposte dei cittadini italiani
consultati.
Tab. 1.3.5 – Distribuzione della popolazione residente di Colleferro per grado di istruzione (2001).
Laurea
Diploma di
scuola
secondaria
superiore
Licenza di
scuola
media
inferiore
Licenza di
scuola
elementare
Alfabetizzati
privi di titolo
di studio
Analfabeti Totale
1.613 6.498 5.529 4.323 1.603 120 19.686
Fonte – Censimento della popolazione 2001 - ISTAT
I dati della Tab. 1.3.5, espressi in valore assoluto, acquisiscono maggior significato se ripartiti
percentualmente rispetto al totale e confrontati con quelli emersi a livello provinciale (Fig.
1.3.8).
42

Fig. 1.3.8 – Distribuzione percentuale della popolazione residente di Colleferro e della Provincia di Roma per
grado di istruzione (2001).
22%
19%
Laurea
8%
28%
1%
Diploma di scuola secondaria superiore
8%
Licenza di scuola media inferiore o di avviamento professionale
Licenza di scuola elementare
Alfabetizzati privi di titoli di studio
Analfabeti
Laurea
28%
8%
1%
Diploma di scuola secondaria superiore
12%
Licenza di scuola media inferiore o di avviamento professionale
Licenza di scuola elementare
Alfabetizzati privi di titoli di studio
Analfabeti
Fonte – Elaborazione da dati del Censimento della popolazione 2001 - ISTAT
33%
32%
Colleferro
Provincia
di Roma
Appare evidente la sostanziale uguaglianza fra le due ripartizioni, con l’unica differenza che,
rispetto al contesto provinciale, Colleferro manifesta una distribuzione leggermente spostata
verso i livelli di istruzione più bassi, anche se, come detto, si tratta di differenze minime, che nel
complesso riguardano appena il 4% del totale. Si può notare, infatti, come la disuguaglianza fra
le due torte sia rappresentata dalla maggior presenza di persone in possesso della licenza
elementare e del diploma di scuola secondaria superiore nel territorio colleferrino
(rispettivamente +3% e +1%) a scapito dei laureati (-4%). Il motivo potrebbe essere ricercato
nella vocazione industriale di Colleferro e nella forte cultura del lavoro radicatasi nel corso degli
43

anni sul territorio. In un contesto operaio, composto per la maggior parte di salariati, le
opportunità di lavoro per i giovani non mancano, soprattutto nei periodi di congiuntura
economica favorevole. La prospettiva dell’emancipazione in giovane età, soprattutto quando il
quadro nazionale manifesta una tendenza di senso opposto e i segni evidenti della stagnazione e
del declino della produzione industriale, può influire sulla decisione di non proseguire gli studi e
di cogliere al volo l’occasione per garantirsi occupazione e reddito.
44

1.3.3 Criminalità
Dal monitoraggio condotto dall’Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza della Regione
Lazio nel 2003, emerge il quadro relativo all’ordine e alla sicurezza pubblica nel Comune di
Colleferro. I dati, riferiti al periodo 1999-2002 (I° semestre), sono riportati nella Tab. 1.3.6.
Tab. 1.3.6 – Tipologia di delitti denunciati a Colleferro nel periodo 1999-2002 (I° semestre).
Fonte – “Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza”, Regione Lazio, 2003
Per analizzare meglio il fenomeno della criminalità espresso dai dati dell’Osservatorio regionale,
si è proceduto, anzi tutto, a calcolare il totale dei reati contro la persona e il patrimonio
45

denunciati a Colleferro nel periodo in esame, al fine di ottenere una immediata lettura
dell’andamento generale (Fig. 1.3.9).
Fig. 1.3.9 – Numero totale di delitti denunciati a Colleferro nel periodo 1999-2002 (I° semestre).
800
700
600
500
400
300
200
100
0
457
726
667
367
1999 2000 2001 2002 (I°
semestre)
Fonte – Elaborazione IGEAM S.r.l. su dati dell’Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza, Regione Lazio,
2003
Il 2000, in rapporto al triennio 1999-2001, è stato senz’altro l’anno peggiore in fatto di reati, in
quanto ha fatto registrare un aumento, rispetto all’anno precedente, del 58,8%. La leggera
diminuzione manifestata nel 2001, però, non trova riscontro nei dati del I° semestre del 2002, in
quanto la previsione per la fine del periodo, basata sul semplice raddoppio dell’entità dei reati
dei primi 6 mesi, stima in 734 delitti il consuntivo finale, valore che supera il massimo registrato
nel 2000.
Sulla base dei dati del Censimento ISTAT relativo al 2001, è possibile calcolare il numero di
delitti denunciati ogni 1000 abitanti, che a Colleferro ammonta a 32. delitti /1000 ab.
La mancanza di altrettanti indicatori Provinciali e Regionali e dei dati più recenti, non ci
consente, attraverso confronti diretti, di comprendere quanto i valori sopracitati siano realmente
rivelatori di una condizione più o meno rischiosa del luogo.
Una valutazione può essere condotta a livello regionale e provinciale in maniera indiretta e
comunque indicativa sulla base di quanto emerso dal “Rapporto 2003 sullo stato delle Province
del Lazio” pubblicato dall'EURES Ricerche Economiche e Sociali 1 .
Da tale rapporto è, innanzitutto, risultato che l’incremento del numero dei reati
complessivamente denunciati nel Lazio nel 2002 è stato significativo rispetto all’anno precedente
(+4,2%) e in controtendenza rispetto al dato nazionale (+3,1%). Con ciò intendendosi che è
aumentato il peso della criminalità regionale sui reati complessivamente denunciati in Italia
(12,6%).
1 EURES Ricerche Economiche e Sociali 1 è un istituto di ricerca impegnato nella realizzazione di attività di studio,
di formazione e di analisi applicata in campo economico, sociale e culturale.
46

In secondo luogo, andando ad analizzare i risultati del Rapporto circa la particolare situazione
della Regione Lazio è emerso che, sempre nello stesso anno, la Provincia di Roma, con un
incremento di denunce del 3,6% si è posizionata dietro la Provincia di Latina (+19,5%) e quella
di Viterbo (+4,5%) nella classifica delle Province che hanno registrato il maggior incremento di
denunce.
Considerando, invece, il volume dei crimini denunciati nel corso del 2002, è Roma, fra le
Province laziali, quella che si fa carico del maggior numero assoluto di denunce.
Fig. 1.3.10 – Delitti denunciati a Colleferro nel periodo 1999-2002 (I° semestre) suddivisi per tipologia.
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
1999 2000 2001 2002 (I° semestre)
Atti di violenza Furti semplici e aggravati Rapine ed estorsioni Altri delitti
Fonte – Elaborazione IGEAM S.r.l. su dati dell’Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza, Regione Lazio,
2003
E’ evidente che si tratta di un andamento che desta preoccupazione, ma se si scende nel dettaglio
dell’analisi è possibile notare come la gran parte dei reati denunciati sia legata ai furti, allo
spaccio di stupefacenti e a categorie di delitti non meglio specificate, ma che comprendono
senz’altro la truffa, la falsificazione, l’ubriachezza molesta e così via. Sembra, insomma, che i
delitti compiuti a Colleferro siano riconducibili in larga misura all’area dell’emarginazione e del
degrado sociale, più che a forme di criminalità organizzata.
Il luogo comune che vuole i cittadini immigrati colpevoli di ogni delitto compiuto sul territorio
potrebbe trovare conferma in base alle considerazioni espresse sopra, in quanto, spesso e
volentieri, la condizione economica, la diversità culturale, la solitudine e, in generale, la
difficoltà ad integrarsi nel tessuto sociale italiano spingono molti stranieri nel disagio e
nell’emarginazione, ma i dati relativi alla popolazione extracomunitaria, abbondantemente
inferiore a quella provinciale e regionale, non sembrano suffragare il pregiudizio di partenza.
In tal senso, infatti, potrebbero non esserci distinzioni di sorta fra cittadini italiani e stranieri
nella perpetrazione di crimini che sembrano avere, come causa principale, le difficoltà
economiche e la mancata realizzazione dell’individuo nella società.
Tali considerazioni possono essere utili per orientare le politiche sociali del Comune in modo
tale da prevenire alla radice quei fenomeni particolarmente sentiti dalla società civile come il
furto, la truffa e la dissipazione dei giovani fra alcol e stupefacenti.
47

1.3.4 Economia e mercato del lavoro
La base di dati analizzata è quella del Censimento della popolazione del 2001 dell’ISTAT. Nella
ridda di fonti più o meno ufficiali relative agli aspetti economici e occupazionali locali,
disponibili a livello regionale, provinciale e locale, si è preferito, in considerazione delle diverse
metodologie di rilevazione dei dati applicate e della parzialità delle analisi svolte in un ambito
nel quale la conflittualità è uno degli elementi caratteristici, sacrificare l’attualità del dato al fine
di privilegiarne l’attendibilità.
Dalle informazioni disponibili è pertanto emerso che, nel territorio comunale di Colleferro, sono
presenti 7.331 occupati, dei quali 4.587 maschi, pari al 62,5% del totale, e 2.744 femmine, per il
rimanente 37,5%.
La suddivisione degli occupati nei tradizionali macrosettori dell’economia, e cioè agricoltura,
industria e servizi, è riportata in Fig. 1.3.11 evidenziando la componente maschile e quella
femminile. Dalla figura appare evidente la sostanziale condizione di parità nell’occupazione fra
uomini e donne raggiunta nel settore dei servizi dovuta ad una lunga serie di concause, fra le
quali le principali sono senza dubbio il tipo di lavoro, prevalentemente d’ufficio e quindi poco
dispendioso in termini di sforzo fisico, l’orario di lavoro, spesso limitato a mezza giornata, il
grado di istruzione richiesto per alcune attività, che favorisce la maggiore propensione delle
donne a raggiungere i livelli di istruzione più elevati, nonché specifiche norme del settore
pubblico che impongono l’assunzione di dipendenti nel rispetto della parità dei sessi.
Fig. 1.3.11 – Numero di occupati maschi e femmine di Colleferro suddivisi per macrosettore economico (2001).
5000
4500
4000
3500
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
26
56
419
2.025
2.299
2.506
Agricoltura Industria Servizi
Maschi Femmine
Fonte – Elaborazione IGEAM S.r.l. su dati del Censimento della popolazione 2001 - ISTAT
Il tasso di occupazione, definito dall’ISTAT come “…il rapporto percentuale avente al
numeratore la popolazione di 15 anni e più occupata e al denominatore il totale della
popolazione della stessa classe di età”, è risultato essere pari al 41,07%, inferiore al valore
calcolato per la Provincia di Roma di oltre il 3%.
Il tasso di occupazione deve poi essere confrontato con il tasso di attività, definito dall’ISTAT
come “…il rapporto percentuale avente al numeratore la popolazione di 15 anni e più
48

appartenente alle forze di lavoro e al denominatore il totale della popolazione della stessa
classe di età”, allo scopo di ricavare la percentuale di coloro che, in base alla definizione di
“forza di lavoro”, sono alla ricerca di un’occupazione.
Sempre secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, infatti, le forze di lavoro sono “…l’insieme
degli occupati e delle persone in cerca di occupazione”, perciò è immediato calcolare
quest’ultime, in termini percentuali, come la differenza fra tasso di attività e tasso di
occupazione. Per Colleferro, essendo il tasso di attività pari al 47,95%, è evidente che la quota di
coloro che sono in cerca di occupazione ammonta al 6,88%.
Per contro, il tasso di disoccupazione, che l’Istituto Nazionale di Statistica definisce come “…il
rapporto percentuale avente al numeratore la popolazione di 15 anni e più in cerca di
occupazione e al denominatore le forze di lavoro della stessa classe di età”, è stato calcolato
pari al 14,34%, superiore di circa 2 punti percentuali a quello dell’intera Provincia di Roma.
La Tab. 1.3.7 riepiloga gli aggregati utilizzati nel calcolo dei tassi considerati, mentre la Fig.
1.3.12 mostra il confronto fra Colleferro, Provincia di Roma e Regione Lazio relativamente a
quest’ultimi.
Tab. 1.3.7 – Aggregati utilizzati per il calcolo dei tassi di attività, occupazione e disoccupazione di Colleferro in
base alle definizioni dell’ISTAT (2001).
Popolazione di 15
anni e più
Popolazione
appartenente alle
forze di lavoro
Popolazione occupata
di 15 anni e più
Popolazione in cerca
di occupazione
17.850 8.559 7.331 1.228
Fonte – Elaborazione IGEAM S.r.l. su dati del Censimento della popolazione 2001 - ISTAT
Fig. 1.3.12 – Confronto fra tassi di attività, occupazione e disoccupazione di Colleferro, Provincia di Roma e
Regione Lazio in base alle definizioni dell’ISTAT (2001).
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
49,14%
50,44%
47,95%
44,25%
42,80%
41,07%
12,90% 14,34%
12,28%
Tasso di attività Tasso di occupazione Tasso di disoccupazione
Lazio Provincia di Roma Colleferro
Fonte – Elaborazione IGEAM S.r.l. su dati del Censimento della popolazione 2001 - ISTAT
49

Linee guida per il Piano di Sviluppo Socio Economico
Con Deliberazione di C.C. n°29 del 21/10/2004, il Comune di Colleferro ha tracciato le linee –
guida e gli obiettivi di sviluppo economico integrato sulla base dello studio ASP Finance di
Piano di Sviluppo Socio Economico (P.S.S.E.) 2 , al fine di individuare gli obiettivi ed il percorso
attuativo che legano il governo della città con il potenziamento delle attività produttive, con gli
interventi nel campo dei servizi e della qualità urbana per la piena individuazione del modello di
sviluppo dell’identità locale di Colleferro.
L’obiettivo strategico è quello di valorizzare le opportunità territoriali, sulla base delle specifiche
vocazioni dell’area, e di rimuovere le condizioni di criticità all’ulteriore sviluppo del territorio
comunale.
La previsione di dinamiche di crescita saranno fondate sul concetto di comunità territoriale
sostenibile, dove l’industria rappresenta ancora un fattore primario di sviluppo.
Le scelte della Pubblica Amministrazione, i progetti infrastrutturali ed i servizi da esse promosse,
avranno la finalità di promuovere l’attività imprenditoriale ed il mercato dell’occupazione in
sede locale attorno alle attività del comparto manifatturiero e della logistica, funzionalmente
connesse al sistema industriale. Le linee-guida del P.S.S.E. perseguono l’obiettivo di sviluppare
il sistema locale di Colleferro valorizzandone l’identità economica e sociale, ovvero agendo sui
fattori alla base della generazione del valore, rappresentati nel quadro contestuale storico,
geografico e socio-culturale in cui viene a svilupparsi il processo produttivo.
2 redatto in attuazione del mandato ricevuto con deliberazione della Giunta Comunale di Colleferro del 9 agosto
2004.
50

1.4 - L’URBANIZZAZIONE, LE STRUTTURE E I SERVIZI
1.4.1 La Pianificazione territoriale
Il quadro normativo di riferimento
I Comuni, in base alla L. 142/90, sono l’unità amministrativa territoriale più piccola con
responsabilità di gestione, pianificazione e programmazione territoriale. Ovviamente l’operato
dei Comuni fa riferimento agli atti di programmazione definiti a livello superiore, provinciale,
regionale e statale (vedi approfondimento).
Si riportano di seguito le caratteristiche degli strumenti che dettano le regole d'uso del territorio
di competenza dello Stato, come il Piano di Bacino, della Regione, come il Piano Territoriale
Paesistico Regionale Generale (PTPRG) ed il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR),
della Provincia, come il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) e del Comune, come il
Piano Regolatore Generale (PRG) o il Piano Urbanistico Comunale Generale (PUCG).
Pianificazione di Bacino (Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico, PAI)
Il Piano di Bacino rappresenta lo strumento fondamentale di programmazione e pianificazione
territoriale ed ambientale volto ad assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la
fruizione e la gestione del patrimonio.
Per il conseguimento di tali finalità la L. 183/89 ha istituito le Autorità di Bacino che, in
concorso con le pubbliche amministrazioni interessate, hanno il compito di svolgere ogni
opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi
strutturali e non strutturali e di dare loro esecuzione.
Per quanto riguarda la tutela delle acque il Comune di Colleferro ricade all’interno del territorio
di competenza dell’Autorità di Bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno.
I principali contenuti del Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI, aprile 2001) sono i
seguenti:
1. l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico, le norme di
attuazione, le aree da sottoporre a misure di salvaguardia e le relative misure;
2. la suddivisione delle aree a rischio idrogeologico perimetrate sulla base dell’analisi di
elementi quali l’intensità, la probabilità di accadimento dell’evento, il danno e la
vulnerabilità. Tali aree sono state classificate come riportato in Tab. 1.4.1.
51

Tab. 1.4.1 – Classificazione delle aree a rischio idrogeologico
A1 aree di moderata attenzione
A2 aree di media attenzione
A3 aree di medio - alta attenzione
A4 aree di alta attenzione
Apa aree di attenzione potenzialmente alta
Apb aree di attenzione potenzialmente bassa
C1 aree di possibile ampliamento dei fenomeni franosi
C2 aree di versante nelle quali non è stato riconosciuto un livello di rischio o di
attenzione significativo
R1 aree a rischio idrogeologico moderato
R2 aree a rischio idrogeologico medio
R3 aree a rischio idrogeologico elevato
R4 aree a rischio idrogeologico molto elevato
Rpa aree a rischio idrogeologico potenzialmente alto
Rpb aree a rischio idrogeologico potenzialmente basso
al aree inondabili da fenomeni di sovralluvionamento
Fonte – Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino Liri_Garigliano e Volturno
La carta degli Scenari di rischio di frana allegata al Progetto di Piano Stralcio mostra come il
territorio di Colleferro sia compreso principalmente all’interno della zona C1, vale a dire in
un’area di possibile ampliamento dei fenomeni franosi di primo distacco, all’interno del quale è
possibile rinvenire ambiti nei quali si riconoscono limitate aree a rischio moderato (R2) o di
media/moderata attenzione (A2/A1).
Il Piano Territoriale Regionale Generale (PTRG)
La Regione Lazio ha adottato con deliberazione della Giunta Regionale n.2581 del 2000 il Piano
Territoriale Regionale Generale (PTRG).
Le finalità del Piano sono individuate dalla L. 431 del 1985 e dalla L. R. 46 del 1977:
• per la prima “le disposizioni…per la tutela delle zone di particolare interesse
ambientale…costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della
Repubblica”;
• per la seconda “nell’ambito della politica diretta al miglioramento delle condizioni di vita
delle comunità locali interessate….l’istituzione di parchi e riserve” è finalizzata alla
conservazione delle risorse naturali, alla difesa del paesaggio e dell’ambiente e concorre alla
corretta fruizione del territorio per scopi sociali, ricreativi, scientifici e culturali.
La finalità dei provvedimenti citati è duplice: tutela e valorizzazione, sviluppo economico e
fruizione sociale.
In Tab. 1.4.2 è riportato un quadro sintetico degli obiettivi e delle azioni del PTRG.
52

Tab. 1.4.2 - Quadro sintetico degli obiettivi e delle azioni del PTRG del Lazio
QUADRO ECONOMICO
OBIETTIVI GENERALI OBIETTIVI SPECIFICI
1. Migliorare l'offerta insediativa per le attività 1.1. Potenziare/razionalizzare l'attività turistica regionale
portanti dell'economia
1.2. Razionalizzare e incentivare la localizzazione delle
funzioni direzionali di alto livello
1.3. Potenziare le attività di ricerca
1.4. Sviluppare la formazione superiore
1.5. Potenziare le funzioni culturali
1.6. Potenziare le attività congressuali espositive
2. Sostenere le attività industriali 2.1. Razionalizzare gli insediamenti esistenti
3. Valorizzare le risorse agro-forestali 3.1. Integrare le attività agro-forestali con le altre attività
produttive
3.2. Salvaguardare i paesaggi agro-forestali
3.3. Assecondare le attività volte a migliorare la qualità
ambientale
SISTEMA AMBIETALE
OBIETTIVI GENERALI OBIETTIVI SPECIFICI
1. Difendere il suolo e prevenire le diverse forme di 1.1. Valorizzare le vocazioni e limitare il consumo di suolo
inquinamento e dissesto
1.2. Salvaguardare il ciclo delle acque
1.3. Difendere i soprassuoli forestali e agrari
1.4. Prevenire le diverse forme di inquinamento
1.5. Riequilibrare i geosistemi elementari instabili
2. Proteggere il patrimonio ambientale, naturale, culturale 2.1. Proteggere i valori immateriali e le identità locali
2.2. Proteggere i valori ambientali diffusi
2.3. Proteggere i reticoli ambientali
2.4. Proteggere gli ambiti di rilevante e specifico interesse
ambientale
3. Valorizzare e riqualificare il patrimonio ambientale 3.1. Ampliare e orientare la partecipazione alla
4. Valorizzare il turismo, sostenere lo sviluppo economico
valorizzazione del patrimonio ambientale del Lazio
3.2. Valorizzare le identità locali
3.3. Valorizzare i beni diffusi ed i reticoli ambientali
3.4. Valorizzare gli ambiti di interesse ambientale
4.1. Valorizzare i centri
e incentivare la fruizione sociale
4.2. Ampliare la ricettività e potenziare le attrezzature
ricreative
4.3. Incentivare la fruizione turistica delle aree e dei beni di
interesse ambientale
SISTEMA RELAZIONALE
OBIETTIVI GENERALI OBIETTIVI SPECIFICI
1. Potenziare e integrare le interconnessioni della Regione 1.1. Potenziare/integrare i nodi di scambio per passeggeri e
con il resto del mondo e con le reti regionali
merci del mondo e le reti regionali
1.2. Potenziare e integrare la rete ferroviaria regionale
1.3. Completare la rete stradale interregionale
1.4. Rafforzare le reti stradali regionali e locali
1.5. Incentivare il trasporto marittimo
SISTEMA INSEDIATIVO - ATTIVITÀ STRATEGICHE: SERVIZI SUPERIORI E RETI
OBIETTIVI GENERALI OBIETTIVI SPECIFICI
1. Indirizzare e sostenere i processi di sviluppo e di 1.1. Sostenere lo sviluppo di nuove funzioni di eccellenza,
modernizzazione delle funzioni superiori
migliorare e riadeguare i modelli organizzativi di quelle
esistenti
2. Indirizzare e sostenere i processi di decentramento e di 2.1. Dilatare spazialmente il nucleo delle funzioni di
sviluppo locale delle funzioni superiori in tutto il eccellenza
territorio regionale
2.2. Integrare in una rete regionale unitaria di centralità
urbane le funzioni rare (di livello regionale ed
interregionale), superiori (di livello provinciale) ed
intermedie (di livello sub-provinciale)
3. Indirizzare e sostenere i processi di integrazione e di 3.1. Riorganizzare i collegamenti tra le sedi delle funzioni di
scambio tra le funzioni superiori all'interno e con il resto eccellenza in un sistema interconnesso alle grandi reti
del mondo
transnazionali
3.2. Riorganizzare i collegamenti tra le sedi delle funzioni
rare, superiori e intermedie, in un sistema regionale
reticolare connesso a quello delle funzioni di eccellenza
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SISTEMA INSEDIATIVO - ATTIVITÀ STRATEGICHE: SERVIZI SUPERIORI E RETI
OBIETTIVI GENERALI OBIETTIVI SPECIFICI
1. Indirizzare e sostenere sul territorio regionale i processi 1.1. Portare a "sistema competitivo" l'offerta di sedi
in corso di rilocalizzazione, ristrutturazione e industriali di interesse regionale
modernizzazione delle sedi industriali e delle relative 1.2. Riorganizzare, aggregare e qualificare i comprensori
reti di trasporto
produttivi regionali in "Parchi di Attività Economiche"
con interventi differenziati in rapporto alle esigenze
SISTEMA INSEDIATIVO: MORFOLOGIA INSEDIATIVA, SERVIZI, RESIDENZA
OBIETTIVI GENERALI OBIETTIVI SPECIFICI
Rafforzare e valorizzare le diversità ed identità dei sistemi 1.1. Rafforzare l'organizzazione urbana provinciale e
insediativi locali e di area vasta e le diverse regole di dell'area centrale metropolitana valorizzando
costruzione urbana del territorio
l'articolazione, i caratteri e le regole dei sistemi
insediativi componenti
1.2. Limitare la dispersione insediativa
Migliorare la qualità insediativa in termini funzionali e 2.1. Promuovere la diffusione di attività e di servizi nei
formali
tessuti urbani, la valorizzazione delle specificità
morfologiche, il recupero del degrado urbano e delle
periferie
2.2. Migliorare la qualità edilizia diffusa
Migliorare la qualità e la distribuzione di servizi 3.1. Migliorare/integrare
sovracomunali
la distribuzione dei servizi
3.2. Migliorare la distribuzione delle attrezzature sanitarie
sul territorio
3.3. Migliorare la distribuzione delle attrezzature per
l'istruzione superiore sul territorio
3.4. Migliorare
all'ingrosso
la grande distribuzione commerciale
3.5. Migliorare la distribuzione al dettaglio e renderla
compatibile con le diverse forme di vendita
QUADRO AMMINISTRATIVO E NORMATIVO
OBIETTIVI GENERALI OBIETTIVI SPECIFICI
1. Riorganizzare l'amministrazione del territorio 1.1. Individuare dimensioni demografiche e territoriali
congrue per la soluzione unitaria dei problemi di
pianificazione territoriale e di gestione dei servizi
1.2. Riavvicinare i cittadini all'amministrazione del territorio
2. Assicurare un'idonea gestione agli strumenti di 2.1. Razionalizzare strumenti, le strutture e le procedure di
programmazione e pianificazione (PRS e QRT)
Fonte – PTRG Regione Lazio
gestione
2.2. Potenziare le attività di informazione, documentazione,
analisi
Lo Schema di Piano definisce gli obiettivi generali e specifici delle politiche regionali per il
territorio, dei programmi e dei piani di settore aventi rilevanza territoriale, nonché degli
interventi di interesse regionale. Gli obiettivi suddetti (vedi Quadro Sinottico degli obiettivi e
delle azioni) costituiscono un riferimento programmatico per le politiche territoriali delle
Province, dei Comuni e degli altri enti locali per i rispettivi Piani territoriali e urbanistici, nonché
per i rispettivi programmi e piani di settore.
Lo Schema di Piano fornisce direttive (in forma di precise indicazioni) e indirizzi (in forma di
indicazioni di massima) che devono essere obbligatoriamente rispettati nella formazione degli
strumenti urbanistici sottordinati (provinciali e comunali) e di quelli settoriali di competenza
propria e di altri enti sottoposti al proprio controllo, nonché nella formulazione dei propri pareri
(come in sede di conferenze dei servizi) in ordine a piani e progetti di competenza dello Stato e
di altri enti incidenti sull’assetto del territorio regionale.
Il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR)
Il 6 luglio 1998 il Consiglio regionale ha approvato le LL. R. 24 (“Pianificazione paesistica e
tutela dei beni e delle aree sottoposte a vincolo paesistico”) e 25 (Modificazione alla
deliberazione legislativa approvata dal Consiglio regionale nella seduta del 6 maggio 1998,
54

ovvero L.R. 24 del 6.7.1998", riguardante: "Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree
sottoposti a vincolo paesistico").
Esse introducono il criterio della tutela omogenea, sull'intero territorio regionale, delle aree e dei
beni dichiarati di notevole interesse pubblico, da perseguire anche attraverso la redazione di un
nuovo strumento di pianificazione, il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR).
Con le LL. R. 24 e 25 sono stati:
a) approvati i Piani Territoriali Paesistici (PTP) relativi ad Ambiti territoriali sub-regionali, in
precedenza adottati limitatamente alle aree ed ai beni dichiarati di notevole interesse pubblico ai
sensi della 1497/39 (Decreti Ministeriali e provvedimenti regionali) e a quelli sottoposti a
vincolo paesistico ai sensi dell’articolo 1 della L. 431/85 quali fasce costiere marine, fasce
costiere lacuali, corsi delle acque pubbliche, montagne sopra i 1200 m. s.l.m., parchi e riserve
naturali, aree boscate, aree delle università agrarie e di uso civico, zone umide, aree di interesse
archeologico;
b) disciplinate le modalità di tutela dei beni sopra elencati;
c) determinati i criteri, procedure e tempi per la redazione adozione e approvazione del nuovo
Piano Territoriale Paesistico Regionale;
d) individuate le norme di salvaguardia e le procedure di attuazione dei PTP e PTPR;
e) individuati ulteriori funzioni da delegare ai Comuni.
Il PTPR, attualmente in corso di elaborazione, è unico per l’intero ambito regionale, viene
predisposto dalla struttura amministrativa regionale competente in materia di pianificazione
paesistica e ha come obiettivo l’omogeneità delle norme e dei riferimenti cartografici.
Dopo la sua definitiva approvazione sostituirà tutti i Piani Territoriali Paesistici attualmente
vigenti.
La redazione del nuovo PTPR si articola in due principali operazioni:
- definizione dell'impianto normativo
- elaborazione dell'impianto cartografico
Definizione dell'impianto normativo:
Il Piano si propone di definire, ai fini della tutela, le aree disciplinate dai 27 piani territoriali
paesistici attualmente vigenti, distinguendo 6 principali "categorie di paesaggio" (Tab. 1.4.3) a
cui sono stati associati 4 livelli di tutela (Tab. 1.4.4).
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Tab. 1.4.3 - Categorie di paesaggio previste dal PTPR
PAESAGGI NATURALI Paesaggi caratterizzati da un elevato valore di naturalità e
seminaturalità in relazione a specificità geologiche,
geomorfologiche e vegetazionali. Tale categoria riguarda
principalmente aree interessate dalla presenza di beni elencati
nella L. 431/85
PAESAGGI AGRARI Paesaggi caratterizzati dall'esercizio dell'attività agricola. La
destinazione agricola produttiva risulta componente essenziale
PAESAGGI DEGLI INSEDIAMENTI
STORICO – ARCHEOLOGICI
PAESAGGI DEI CENTRI STORICI ED
AREE DI RISPETTO
per la costituzione della specifica un'unità di paesaggio
Paesaggi caratterizzati dalla presenza di elementi puntuali,
lineari o areali di carattere storico archeologico che hanno avuto
incidenza nella definizione della struttura territoriale o
costituiscono testimonianza di civilizzazione
Paesaggi costituiti dai centri urbani e/o da nuclei di formazione
non recente, intesi quali luoghi di testimonianza e memoria di
determinate collettività, anche in rapporto alle caratteristiche
fisiche e culturali di un territorio, intese a garantirne la
conservazione e la percezione
PAESAGGI DEGLI INSEDIAMENTI Paesaggi degli insediamenti urbani di recente formazione su
URBANI
aree totalmente o parzialmente edificate
AREE DI CONTINUITA' PAESAGGISTICA Aree che si caratterizzano per essere elemento di connessione
tra i vari tipi di paesaggio o per garantirne la fruizione visiva
AREE CON CARATTERI SPECIFICI Aree che non hanno una connotazione autonoma; esse
comprendono la aree o punti di visuale e le aree compromesse o
degradate
Tab. 1.4.4 - Livelli di tutela previste dal PTPR
I ° livello di tutela - Conservazione e
valorizzazione dei paesaggi di rilevante pregio
II ° livello di tutela - Mantenimento e
valorizzazione dei caratteri peculiari dei
paesaggi
III ° livello di tutela - Trasformabilità
condizionata dalla compatibilità d'uso
IV ° livello di tutela - Compatibilità delle
previsioni urbanistiche
è il più elevato grado di tutela; può avere carattere statico,
quando sono consenti interventi volti unicamente al restauro e
recupero dei paesaggi, o dinamico quando sono consentiti
interventi ed usi connessi alla loro valorizzazione e fruizione
sono consentite attività ed interventi coerenti con il valore
d'insieme e la tradizionale destinazione d'uso di paesaggi di
valore generalizzato
sono consentite le attività e gli interventi della precedente tutela
ed ulteriori usi connessi con le previsioni urbanistiche, ma
condizionati da specifiche prescrizioni riferite a parametri
edilizi
la disciplina d'uso e le relative prescrizioni contenute negli
strumenti urbanistici generali sono compatibili con i valori del
paesaggio. Possono essere previste ulteriori prescrizioni
riguardanti il carattere estetico dei manufatti
Il Piano Territoriale Paesistico (PTP)
Il Comune di Colleferro rientra nell’Ambito territoriale “Subiaco, Fiuggi, Colleferro” (Piano
Territoriale Paesistico n. 8), in cui sono presenti norme che dettano parzialmente o integralmente
la disciplina di salvaguardia e tutela ambientale e paesaggistica del territorio.
Il Piano Paesistico stabilisce:
- le zone di rispetto;
- il rapporto tra aree libere ed aree fabbricabili;
- le norme per i diversi tipi di costruzioni;
- la distribuzione ed il vario allineamento dei fabbricati;
- i criteri per la scelta e la varia distribuzione della flora.
Il PTP è costituito:
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- dalle norme tecniche modificate ed integrate dalle norme di tutela previste dalle LL. R. 24 e
25/98 e L. R. 6 del 7 giugno 1999;
- da alcuni elaborati grafici quali:
1) le tavole in scala 1:25.000 contenenti la graficizzazione dei vincoli in base alle LL.
1497/39 e 431/85;
2) le tavole in scala 1:25.000 contenenti le classificazioni ai fini della tutela dei sistemi
territoriali di interesse paesaggistico;
3) le tavole in scala 1:10.000 di dettaglio del Piano Paesistico del Comune.
Il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Roma (PTCP)
La pianificazione territoriale provinciale ha assunto un ruolo molto importante, oltre che in
campo urbanistico, anche per le funzioni di difesa del suolo, di tutela e valorizzazione
dell’ambiente e del territorio, di prevenzione delle calamità, di valorizzazione dei beni culturali,
di viabilità e di trasporti.
La Provincia di Roma ha adottato, con Decreto del Consiglio Provinciale n.335 del 26 marzo
1998, il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), nel quale il sistema ambientale
è inteso sia come vincolo di conservazione e tutela sia, in senso più lato, come elemento di
fruizione e qualificazione del territorio provinciale.
L'obiettivo del PTCP é quello di non disperdere le potenzialità dei singoli ambiti, oggi tutti
univocamente relazionati a Roma attraverso l'attuale sistema infrastrutturale, ma di connetterli
sinergicamente "in rete", anche attraverso la riorganizzazione del sistema viario supportato dalla
grande viabilità autostradale, asse portante al quale si relazionano le aree "marginali" che trovano
così un ambito di riferimento e di scambio posto a distanza più ravvicinata rispetto al Comune di
Roma.
Le norme di indirizzo per la pianificazione comunale costituiscono un elemento di raccordo tra
la pianificazione provinciale (PTCP) e quella comunale (PRG).
Il Piano Territoriale Provinciale Generale(PTPG)
Attualmente è in fase preliminare la stesura del Piano Territoriale Provinciale Generale (PTPG),
il cui Documento di Indirizzo è stato approvato dal Consiglio Provinciale di Roma il 26 luglio
2001.
Obiettivo prioritario dell’azione di pianificazione del PTGP è stata la definizione di un modello
istituzionale di governo del territorio capace di valorizzare (a diverse scale) lo sviluppo
sostenibile delle realtà locali presenti.
Il PTPG ha definito una nuova concezione delle politiche e delle decisioni che hanno come
oggetto piani e programmi in coerenza con gli obiettivi dello sviluppo in atto (domanda/offerta
territoriale), accettando che la tematica ambientale non sia solo uno degli “oggetti” del Piano, ma
svolga un ruolo fondamentale come aspetto trasversale dei diversi settori di investimento oggetto
della pianificazione.
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Nel box qui di seguito viene riportato uno schema di sintesi del PTGP della Provincia di Roma.
Stato di elaborazione del Piano
- Schema di Piano concluso nel giugno 2002
Normativa di riferimento
- L. R. 38/99
- L. 267/99
- Testo Unico 265/00
Obiettivi:
- salvaguardare l’integrità e l’interazione egli ecosistemi, intesa come capacità di
mantenimento delle relazioni tra elementi naturali ed umani;
- pervenire ad un modello di efficienza dell’economia, intesa come costituzione di
regole di produzione e consumo che evitino la distruzione di risorse non riproducibili;
- realizzare azioni che garantiscano opportunità di vita per tutta la popolazione,
comprese le generazioni future.
Temi: Attraverso il PTGP la Provincia di Roma intende aprire la discussione e la verifica
di ammissibilità su temi di grande interesse collettivo quali:
- localizzazione e rilocalizzazione dei sistemi produttivi e recupero dei valori socioeconomici;
- reti ed infrastrutture di trasporto e verifica degli impatti ambientali e sociali;
- controllo dei mutamenti degli standard di vita e della capacità reddituale dei luoghi
come riferimento per la programmazione economico-finanziaria.
Metodologia
La metodologia ipotizza di trattare il piano territoriale come un progetto d’opera di cui,
premettendo ad esso l’analisi ambientale, sia possibile stimarne l’impatto sull’ambiente,
valutando il grado o la capacità del contesto territoriale di riporsi in equilibrio a seguito
dell’intervento di Piano stesso.
Piano Regolatore Generale (PRG)
Il PRG vigente è stato adottato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 92 del 28.5.1979 ed
approvato con deliberazione della Giunta Regionale n. 4719 del 17.07.1984 quale variante
generale al PRG approvato con DPR del 18 marzo 1963.
Il Piano del 1979 nacque dall'idea di attribuire a Colleferro il ruolo naturale di "cerniera" tra i
Comuni dell'area romana e quelli contermini dei Monti Lepini.
A livello urbano il Piano ha cercato di delineare un assetto articolato in tre grossi ambiti:
1) Zona Nord
2) Colleferro Centro a cui è agganciata una modesta espansione a Sud
3) Quarto Chilometro
Zona Nord: il Piano prevedeva la creazione di una nuova zona industriale in accoglimento
delle indicazioni della programmazione regionale dell'epoca che aveva individuato, lungo la
direttrice della Valle del Sacco, la localizzazione di tali attività.
L'idoneità della localizzazione era avvalorata, sotto il profilo dell'accessibilità, dalla
prossimità del casello autostradale, nonché dalla presenza di altre infrastrutture viarie e
ferroviarie di carattere regionale. Tali previsioni espansive si sono rivelate in gran parte
infondate in quanto è entrato in crisi il modello economico incentrato sulla grande industria, per
cui si è assistito a una progressiva dismissione di aree occupate dalla stessa.
58

Nella stessa zona Nord si sviluppa il corso del fiume Sacco rispetto al quale il Piano riservava
una certa attenzione tutelando una fascia di territorio da destinare a zone verdi di "rispetto dei
corsi d'acqua". Tali prescrizioni sono state successivamente adeguate a seguito dell'emanazione
della L. 431/85 che riguardava disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare
interesse ambientale (Legge Galasso).
Sempre nella zona Nord è presente l'abitato di "Colleferro Scalo" le cui condizioni igienico
ambientali, allora giudicate intollerabili, data la vicinanza agli stabilimenti industriali,
suggerivano un processo di graduale e progressiva sostituzione delle residenze con attività di tipo
artigianale. Anche tale previsione non ha trovato concreta attuazione.
Colleferro Centro: comprende la parte antica dell'abitato, tutta edificata nel giro
dell’ultimo secolo. Il Piano, rispetto a tale ambito, puntava alla sua sostanziale
riorganizzazione consistente in:
- disciplina delle zone di completamento già sufficientemente urbanizzate (edificazione
delle aree libere ed eventuale sostituzione dell'edilizia esistente da attuarsi con intervento
diretto);
- disciplina delle zone residenziali di espansione da attuarsi con l'obbligo dell'intervento
preventivo su una dimensione prefissata e con indici di fabbricabilità territoriale
differenziati;
- creazione di nuovi poli di interesse civico e socio-economico individuati in due assi
viari, per rompere il modello monocentrico rappresentato dalla concentrazione di
attrezzature e servizi nell'area dove ha sede l'Amministrazione Comunale;
- previsione di una zona di espansione a Sud, di modeste dimensioni, articolata in
comparti, con contestuale realizzazione di attrezzature urbane.
Quarto Chilometro: è una frazione situata sulla Via Latina. Per tale ambito le previsioni di
ampliamento e di espansione sono a basso indice di fabbricabilità. Il Piano si poneva il
problema della viabilità locale differenziando quest'ultima dalla viabilità veloce di scorrimento.
Nella seconda metà degli anni novanta il Comune di Colleferro ha puntato su strumenti
innovativi quali i Programmi Complessi per rivitalizzare e riqualificare consistenti parti urbane,
in diversa misura carenti sotto il profilo della dotazione di infrastrutture e servizi, ma anche
per il soddisfacimento di una vivace domanda abitativa. Il ricorso a tali strumenti è stato
dettato anche dall'opportunità di poter convogliare finanziamenti privati nella realizzazione di
opere pubbliche importanti per la collettività.
Negli ultimi anni si è fatto ricorso a diversi strumenti di pianificazione, in variante al PRG
vigente, per far fronte a una domanda economico-sociale mutata rispetto alla quale le
previsioni contenute nello strumento generale avevano perso attualità ed efficacia.
Di seguito sono riportati gli strumenti urbanistici succedutisi nel tempo e che hanno costituito
varianti parziali al PRG vigente
- Il Piano di edilizia popolare (PEEP) in località "Bracchi": adottato con deliberazione del
Consiglio Comunale n. 16 del 28.02.1980 ed approvato con deliberazione della Giunta
Regionale n. 6070 del 25.10.1983 (in variante al PRG del 1963);
- Il Piano di edilizia popolare (PEEP) "Quarto chilometro": adottato con deliberazione del
Consiglio Comunale n. 88 del 13/11/96;
- Programma costruttivo (art. 51 L. 865/71) - localizzato e indicato nell'ambito del PEEP con
deliberazione del C.C. n. 32 del 29 luglio 1999;
- Progetto SLOI, (Sistema Logistico di Offerta Integrato):
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- riconversione dell'area industriale dimessa ex BPD - SECOSVIM e relativo Piano
Particolareggiato reso vigente con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 51 del 29
luglio 1998;
- variante "Area industriale SLOI”: approvata, quale ampliamento del progetto SLOI, con
deliberazione della Giunta Regionale n. 99 del 20 febbraio 2004. Si tratta di un
complesso produttivo attrezzato dove poter concentrare le attività di magazzinaggio,
imballaggio, trasporto, produzione intermedia e finale e servizi correlati in corrispondenza
di un'adeguata accessibilità (nodi stradali, ferroviari e relative infrastrutture).
- Programma di riqualificazione urbana "Polis" : approvato con Accordo di Programma del 8
marzo 2000 tra Ministero LL. PP., Regione Lazio e Comune di Colleferro e ratificato con
deliberazione del Consiglio Comunale n. 23 del 4 aprile 2000. Il Programma è stato
ammesso a finanziamento, da parte del Ministero LL.PP., per la realizzazione di un
importante intervento infrastrutturale quale il recupero della Via Romana. Gli interventi
dei privati, concertati con l'Amministrazione comunale, riguardano varie funzioni:
ricreative, ricettive, artigianali commerciali, spazi per la sosta e relative infrastrutture;
- Programma integrato d’intervento "Fontana dell'Oste": approvato con deliberazione della
Giunta Regionale n. 852 del 28 giugno 2001. Riguarda una zona periferica della città
parzialmente edificata negli anni ‘70 e ‘80. Oltre alla realizzazione di edifici a
destinazione abitativa e commerciale, il Programma prevede la ristrutturazione ed
ampliamento dell'asse viario di via Fontana dell'Oste, le necessarie opere infrastrutturali e la
dotazione di attrezzature e servizi.
A causa della necessità di una rilettura degli attuali strumenti urbanistici, il Comune di
Colleferro sta elaborando il nuovo Piano Urbanistico Comunale Generale (PUCG), che
sarà basato su dinamiche di sviluppo sostenibile, quale necessario presupposto per la
realizzazione di una nuova competitività sociale ed economica. Solo in questo modo, infatti,
si possono trasformare le risorse e le potenzialità del territorio in occasioni di sviluppo
ammissibile e trovare le opportune risorse finanziarie, ma anche, creare la coerenza sussidiaria
con i diversi strumenti legislativi a livello provinciale, regionale, nazionale e europeo.
In Tab. 1.4.5 viene riportata schematicamente la zonizzazione del Comune di Colleferro secondo
il PRG vigente.
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Tab. 1.4.5 – Zonizzazione del Comune di Colleferro
Zone di uso pubblico ed
interesse generale
Zone
residenziali
Zone produttive
Zone
vincolate
Zone ferroviarie
Zone d’acqua
Parcheggi
Zone a verde pubblico
Zone per attrezzature urbane
Zona omogenea A
Zone di completamento (B1, B2)
Zone di ristrutturazione (B3)
Zone di espansione (C1, C2)
Zone agricole
Comuni
Generali
Tecniche e tecnologiche
Cimiteriali
Normali
Di valore paesistico
Agropastorali e boschive
Zone industriali
Di completamento
Di espansione
Di completamento
autorizzazione preventiva
soggette ad
Zona industriale SLOI Insediamenti industriali
Logistica merci
Servizi privati
Zone artigianali Di completamento
Vincolo di rispetto dell’abitato
Vincolo cimiteriale
Vincolo di rispetto panoramico ed ambientale
Vincolo di rispetto dei corsi d’acqua
Di espansione
Zone a vincolo speciale Parco privato
I Comuni e i riferimenti normativi in materia urbanistica
La normativa nazionale che definisce le competenze in materia urbanistica fa riferimento a:
- il D.P.R. 616/77 (attuazione della delega di cui all’art. 1 della L. 382/75) che ha stabilito per primo quali
competenze dovessero passare dall’Amministrazione centrale alle Regioni;
- la L. 142/90 (ordinamento delle autonomie locali) che ha definito ruoli e competenze degli Enti Locali;
- il D. Lgs. 112/98 (conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti
Locali, in attuazione del capo I della L. 59/97) che, a seguito della Riforma “Bassanini”, ha ulteriormente
ampliato il quadro delle competenze degli Enti Locali.
Articolazione delle competenze e strumenti in materia urbanistica
Le competenze sono suddivise tra i diversi organi di governo secondo il seguente schema:
Lo Stato: l’articolazione delle competenze in materia, ha subito diverse modifiche e semplificazioni, soprattutto in
riferimento al decentramento dei poteri decisionali. Rientrano in tali modifiche le norme che hanno
progressivamente trasferito competenze dal livello centrale ai livelli più decentrati: regioni, province e comuni.
61

La Regione a valle delle deleghe e delle autonomie sempre crescenti che le sono state conferite, ha il compito di
elaborare numerosi atti programmatici che sono il riferimento per tutta la programmazione degli enti locali
subordinati ed ha competenze in materia di:
- elaborazione del Quadro di Riferimento Regionale, strumento normativo attraverso il quale le Regioni,
compongono e ad aggiornano l’insieme delle disposizioni fondamentali, riguardanti l’assetto del territorio;
- definizione delle Norme Urbanistiche Regionali e Coordinamento della Pianificazione sott’ordinata, verifica dei
Piani e degli Interventi sotto il profilo urbanistico, paesistico-naturalistico e della V.I.A: (Valutazione di
Impatto Ambientale);
- istituzione di parchi ed aree protette;
- gestione e tutela della risorsa del suolo, carta geologica, consolidamento dei versanti e degli abitati ai sensi della
L. 445/1908;
- tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche;
- pronto intervento per cause idrogeologiche;
- gestione delle competenze degli ex Geni Civili;
- gestione integrata dell’area costiera e delle opere marittime.
La Regione elabora il Piano Territoriale Regionale Generale (PTRG) con cui definisce gli obiettivi generali e
specifici delle politiche regionali per il territorio, dei programmi e dei piani di settore aventi rilevanza territoriale,
nonché degli interventi di interesse regionale.
Questi obiettivi costituiscono un riferimento programmatico per le politiche territoriali delle Province, dei Comuni e
degli altri enti locali e per i rispettivi programmi e piani di settore.
Il PTRG fornisce direttive (in forma di precise indicazioni) e indirizzi (in forma di indicazioni di massima) che
dovranno essere obbligatoriamente recepiti dagli strumenti urbanistici sottordinati (provinciali, comunali, ecc.) e da
quelli settoriali di competenza regionale, nonché nella formulazione dei pareri relativi a piani e progetti incidenti
sull’assetto del territorio regionale.
Il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) è unico per l’intero ambito regionale, viene predisposto dalla
struttura amministrativa regionale competente in materia di pianificazione paesistica e ha come obiettivo
l’omogeneità delle norme e dei riferimenti cartografici.
Le norme del PTPR sono finalizzate alla tutela e valorizzazione dei beni ambientali nelle componenti naturalistiche,
storico-archeologiche e paesistiche che caratterizzano l’ambito, in attuazione degli obiettivi generali della L.
431/185.
Nel Lazio la L.R. 14/99, in attuazione delle L. 142/90, 112/98 e successive modifiche, ha definito l’organizzazione
delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo ed in particolare
individua i compiti conferiti alle Province.
La Provincia ha il ruolo di:
- promuovere e coordinare le proposte degli enti locali ai fini della determinazione degli obiettivi generali della
programmazione economico-sociale e della pianificazione territoriale regionale, nonché degli eventuali obiettivi
settoriali;
- adottare il Piano territoriale di coordinamento e i propri programmi economico-sociali generali e settoriali;
- verificare la compatibilità degli strumenti urbanistici comunali con il Piano territoriale di coordinamento,
nonché degli strumenti di programmazione economico-sociale comunali con i propri programmi economicosociali
generali e settoriali, ove esistenti;
- approvare il Piano pluriennale di sviluppo socio-economico delle Comunità Montane, previa verifica di
compatibilità con il Piano territoriale di coordinamento, nonché con i propri programmi economico-sociali
generali e settoriali.
La Provincia, in collaborazione con i comuni interessati e sulla base di programmi, realizza opere di rilevante
interesse provinciale, sia nei settori economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quelli sociale, culturale e
sportivo.
La Provincia provvede quindi alla pianificazione territoriale provinciale indicando:
- gli obiettivi e gli elementi fondamentali dell’assetto del territorio provinciale, con particolare riguardo alle sue
caratteristiche geomorfologiche ed ambientali, agli elementi costitutivi del paesaggio storico, al sistema delle
infrastrutture ed alla localizzazione delle attrezzature di livello provinciale, ai principali insediamenti produttivi,
al sistema insediativo, al sistema dei beni culturali ed ambientali;
- gli obiettivi generali, la strategia di tutela e di trasformazione del territorio e le relative azioni di competenza
provinciale volte alla loro realizzazione, nonché gli specifici interventi di competenza provinciale previsti nei
programmi e nei piani regionali, nazionali e dell’Unione Europea;
- i sistemi delle infrastrutture, le attrezzature, gli impianti e gli interventi complessi di interesse pubblico di
rilevanza provinciale mediante l’individuazione di precise localizzazioni.
62

Per quanto riguarda la pianificazione territoriale d’area vasta, la Provincia deve definire e predisporre il Piano
Territoriale Provinciale di Coordinamento (PTCP), in cui vengono determinati gli indirizzi generali di assetto del
territorio in attuazione della legislazione e dei programmi regionali che riguardano:
- le diverse destinazioni del territorio in relazione alla vocazione prevalente delle sue parti;
- la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione;
- le linee di intervento per il consolidamento del suolo e per la regimazione delle acque;
- le aree nelle quali si renda opportuno istituire parchi o riserve naturali.
Con riferimento alla protezione civile ed alla difesa del suolo, è competenza della Provincia elaborare le Carte
dell’inventario del dissesto e delle frane con relative banche dati e perimetrazione dei siti a rischio geologico e
idrogeologico avvalendosi della collaborazione del SIT (Sistema Informativo Territoriale); inoltre la Provincia
individua le aree su cui predisporre i piani di emergenza ed aggiorna gli strumenti di pianificazione sulla base degli
studi geologici ed idrogeologici elaborati, con l’ausilio del Servizio di Protezione Civile.
Il Comune, infine, esercita funzioni di programmazione attraverso la predisposizione dei relativi strumenti di
pianificazione, quali il PRG (Piano Regolatore Generale), Piani di recupero urbano, ecc.
Tra gli strumenti di programmazione di competenza comunale, quelli di maggiore rilevanza riguardano la
pianificazione territoriale, la protezione civile, la difesa del suolo e l’urbanistica.
Gli strumenti urbanistici di competenza comunale più importanti sono:
- il Piano regolatore generale (PRG), il Piano Regolatore esecutivo (PRE) e loro varianti con i quali viene
definito il regime d’uso delle varie aree del territorio. E’ il Piano regolatore che indica dove è possibile
costruire, quali sono le aree industriali, le aree agricole e così via;
- gli strumenti urbanistici attuativi di iniziativa pubblica e privata come i Piani Particolareggiati (PP), i Piani di
Lottizzazione (PL), i Piani per l’edilizia economica e popolare (PEEP), i Piani per gli Insediamenti Produttivi
(PIP), i Piani di recupero urbano(PR);
- I Programmi di recupero urbano.
63

1.4.2 L’urbanizzazione di Colleferro
Colleferro, “Città di Fondazione” riconosciuta dalla L.R. 27 del 20/11/2001, presenta le
caratteristiche evolutive tipiche di una città-fabbrica, cioè di un agglomerato urbano sorto intorno
al polo di attrazione rappresentato dagli stabilimenti produttivi.
Il nucleo abitativo originario, sviluppato secondo le influenze della cultura metafisica, si
integrava perfettamente con il paesaggio collinare circostante seguendone le linee di curvatura.
L’espansione che dal dopoguerra proseguì ininterrotta per tutti gli anni ’60, invece, stravolse
l’impianto primitivo per via di una distribuzione urbanistica poco razionale, di un’architettura
semplice e di una carenza infrastrutturale discendenti da una spinta del tutto spontanea alla
crescita e allo sviluppo. Malgrado ciò, la connotazione dell’abitato poteva considerarsi ancora “a
misura d’uomo”.
E’ a partire dagli anni ’70 che la fisionomia di Colleferro vide aumentare gli edifici di scarsa
qualità e scarsa rappresentatività del contesto territoriale e culturale, sebbene inquadrati in
programmi di espansione ben definiti. Tale situazione di disagio può essere espressa attraverso il
paradosso che vede la città identificarsi fortemente con gli stabilimenti produttivi
dell’Italcementi, che costituiscono, ormai, l’orientamento principale per identificare il profilo
cittadino.
Fig. 1.4.1 – Piazza Italia, Colleferro
Fonte - www.comune.colleferro.rm.it
Il Comune di Colleferro, in base ai dati del Censimento 2001 forniti dall’ISTAT, conta sul
proprio territorio 2.031 edifici complessivi; di questi il 91,6%, pari a 1.860 unità, è destinato ad
uso abitativo, mentre l’1,5% è completamente inutilizzato.
Come già accennato, focalizzando l’attenzione sui 1.860 edifici abitati, la maggior parte dei
manufatti è stata realizzata nel dopoguerra; da allora, la curva che indica il numero assoluto di
costruzioni realizzate per decennio è andata progressivamente riducendosi (Fig. 1.4.2).
64

Fig. 1.4.2 – Ripartizione del numero di edifici ad uso abitativo per periodo di costruzione.
N° edifici ad uso abitativo realizzati
700
600
500
400
300
200
100
0
61
Prima del
1919
214
Dal 1919
al 1945
665
Dal 1946
al 1961
375
Dal 1962
al 1971
264
Dal 1972
al 1981
Fonte - Elaborazione Igeam S.r.l. su dati del Censimento 2001 dell’ISTAT.
164
Dal 1982
al 1991
117
Dopo il
1991
Un dato interessante riguarda il tipo di materiale utilizzato per realizzare la struttura portante
degli edifici destinati ad uso abitativo: nel 48,3% dei casi la struttura è in muratura, nel 36,5%,
invece, in calcestruzzo armato. Si tratta di percentuali piuttosto significative, in quanto
rispecchiano l’evoluzione storica delle costruzioni. La metà di esse risale infatti ad un’epoca in
cui le tecniche di costruzione, la manodopera e la reperibilità dei materiali erano diverse e la
conoscenza, in particolare, della sismicità del territorio, peggiore. Queste case corrispondono
approssimativamente a quel 48,3% di edifici la cui struttura portante è stata realizzata in
muratura, tecnica apprezzabile dal punto di vista ambientale sia per la contenuta altezza del
manufatto finale, che difficilmente supera il piano di altezza, sia per il microclima che produce
negli ambienti, cioè caldo d’inverno e fresco d’estate. Le costruzioni in muratura, però, sono
diventate ben presto impraticabili a causa dell’ingente quantità di materiale che esse richiedono
per la loro realizzazione, dei costi che tali quantitativi comportano, del grande utilizzo di spazio
che le caratterizza, compreso quello per le fondamenta, nonché della loro inadeguatezza nel
contenere gli effetti di un eventuale evento sismico. Ragioni di razionalità degli spazi,
economicità dei materiali e del lavoro, modernità delle tecniche ed elevata elasticità dei
manufatti hanno comportato, già a partire degli anni ’60, la costruzione di edifici abitativi con
struttura portante in calcestruzzo armato.
Un’ulteriore conferma del tipo di evoluzione sperimentata a Colleferro viene dalle cifre
contenute nella Tab. 1.4.6, relativa al numero di piani degli edifici censiti. Nel 55,6% dei casi,
infatti, le palazzine sono ad uno o a due piani, percentuale che corrisponde approssimativamente
a quella dei palazzi con struttura portante in muratura (48,3%) e a quella degli edifici realizzati
fino agli inizi degli anni ’60 (50,5%).
Tab. 1.4.6 - Ripartizione in valore assoluto e in percentuale degli edifici ad uso abitativo occupati da cittadini
residenti per numero di piani fuori terra.
N° piani 1 2 3 4 e più Totale
N° edifici 315 718 394 433 1860
% 17 38,6 21,2 23,2 100
Fonte - Elaborazione Igeam S.r.l. su dati del Censimento 2001 dell’ISTAT.
65

Erano 8.444 le abitazioni censite nel 2001 dall’ISTAT a Colleferro; di queste, soltanto l’8,6%,
pari a 729 appartamenti, era occupato da persone non residenti nel Comune.
Mediamente ogni edificio ospitava fra le 4 e le 5 abitazioni; tale dato, proprio perché
omogeneizza situazioni estremamente diverse, suggerisce, per il suo valore elevato, una
distribuzione fortemente sbilanciata delle abitazioni fra il nucleo originario e le aree di
espansione più recente, il che conferma quanto detto in precedenza riguardo lo sviluppo storico
di Colleferro: le case del centro storico erano state pensate e costruite per ospitare comodamente
una o due famiglie, quando al posto della futura cittadina vi erano ancora colline erbose e spazi
estesi, mentre le case delle moderne aree di sviluppo insediativo sono state realizzate in
ottemperanza a vincoli più stringenti, che hanno portato a moltiplicare per 3 o per 4 il numero di
appartamenti da inglobare in un unico manufatto.
Ipotizzando di “congelare” i dati ISTAT sulle abitazioni censiti nel 2001 e di metterli in rapporto
con l’ammontare dei cittadini residenti a Colleferro nel 2003, emerge che ogni appartamento è
occupato, in media, da circa 3 persone. Anche in questo caso il dato va letto in rapporto a quanto
espresso dalle statistiche demografiche, che indicano che 3 è anche il numero medio dei
componenti i nuclei familiari.
Le statistiche permettono di raffigurare, per grandi linee, le caratteristiche dell’abitazione media
di un residente di Colleferro: si tratta, anzi tutto, di un appartamento di proprietà: delle 7.715
abitazioni occupate da residenti, infatti, l’80% appartiene ai cittadini, mentre solo il 14% viene
affittata e il 6% occupata ad altro titolo.
L’abitazione tipo ha una superficie di 92,8 m 2 , che consente di stimare in circa 31 m 2 la
disponibilità di spazio abitativo pro capite (sulla base dei 3 occupanti medi) e in circa 10 m 2 la
differenza di superficie rispetto alle case dei non residenti, che misurano, appunto, 82,5 m 2 .
Sulla base delle 33.841 stanze censite, è poi possibile calcolare un numero medio di 4 camere per
appartamento (ad esclusione del bagno), che rappresenta anche il valore modale della
distribuzione delle 7.715 abitazioni per numero di stanze riportata in Fig. 1.4.3.
Fig. 1.4.3 - Ripartizione del numero di abitazioni occupate da cittadini residenti per numero di stanze possedute.
N° abitazioni
3500
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
63
459
1762
3069
1827
1 2 3 4 5 6 e più
N° stanze
Fonte - Elaborazione Igeam S.r.l. su dati del Censimento 2001 dell’ISTAT.
535
66

Per completare il quadro, si può affermare che l’abitazione media di Colleferro dispone
senz’altro di acqua potabile (come riscontrato nel 98,6% dei casi), la quale proviene
dall’acquedotto 97 volte su 100. Il 99,4% delle abitazioni è riscaldata; rispetto a tale percentuale,
il 91% si serve di un impianto di riscaldamento autonomo, contro il 2,7% che utilizza un
impianto di riscaldamento centralizzato e il 6,3% che utilizza apparecchi in grado di riscaldare
tutta o solo una parte della casa. Il 99,2% delle abitazioni occupate da residenti dispone di acqua
calda, fornita, per l’88,1% dei casi, dallo stesso impianto che provvede al riscaldamento della
casa. Ciò indica una condizione mediamente buona di vivibilità delle abitazioni di Colleferro.
L’abusivismo edilizio
Non è stato possibile, per quanto riguarda l’abusivismo edilizio, fornire una descrizione
indicativa dell’attuale situazione di Colleferro a causa della mancanza di dati utili.
Le poche informazioni reperite sono eccessivamente generiche e non disaggregabili, impedendo,
di fatto, un’analisi significativa del fenomeno. E’ chiaro, infatti, che non tutti gli abusi edilizi
perpetrati sul territorio presentano la stessa rilevanza in termini di impatto ambientale.
Ai fini di un’analisi volta a descrivere lo stato di qualità dell’ambiente è più importante
conoscere gli abusi consistiti nella costruzione di nuovi edifici a scapito dell’ambiente naturale,
poiché si tratta di attività il cui impatto è significativo; minore interesse suscitano, invece, gli
abusi relativi a modifiche di ciò che già esiste, poiché tali opere non penalizzano, di fatto, il
rapporto fra superficie edificata e superficie naturale.
Il problema dell’abusivismo edilizio, oltretutto, è uno dei più importanti indicatori della
mancanza di pianificazione: il ritardo decennale nell’approvazione e nell’adozione dei Piani
Regolatori Generali ha provocato uno stato di necessità abitativa, dovuto ad una popolazione in
forte crescita fino a 15-20 anni fa, che ha costretto, da un lato, a realizzare comunque abitazioni
in numero sufficiente a dare un tetto ai cittadini, dall’altro, a “regolarizzare” in qualche modo la
posizione giuridico-amministrativa dei nuovi manufatti e dei loro possessori. Tutto ciò ha
determinato, nel primo caso, uno sviluppo degli abitati al di fuori di ogni logica (urbanistica,
estetica, architettonica, ambientale, ecc.), ingenerando comportamenti miopi, egoistici e
predatori; nel secondo caso, l’assenza di pianificazione ha richiesto l’utilizzo di sanatorie che, in
alcuni casi, hanno reso giustizia alle necessità della popolazione, ma in molti altri hanno
permesso indebiti arricchimenti a scapito di un ambiente naturale devastato e di un’etica
pubblica ridotta a barzelletta.
Emerge, poi, il problema del controllo del territorio e della vigilanza degli abusi, che sono
attività praticate spesso in misura insufficiente, vuoi per mancanza di risorse, vuoi per volontà
politica. Nella buona parte dei casi, anche laddove scoperti, raramente gli abusi vengono
affrontati con le ruspe per ripristinare, almeno visivamente, il paesaggio naturale deturpato. Tale
comportamento appare ancora più grave se si considera che molti dei manufatti realizzati sono
solo scheletri di ciò che si vorrebbe edificare e che, spesso per mancanza di risorse economiche
adeguate, non è possibile completare.
67

1.5 - LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE
Nel presente capitolo sono esaminati gli aspetti più importanti relativi alle attività produttive che
costituiscono uno dei principali fattori di pressione sulle componenti ambientali (aria, acqua,
suolo).
Per fornire un quadro il più possibile completo delle attività del Comune di Colleferro sono stati
utilizzati, oltre ai dati forniti dal Comune, anche quelli, su base comunale, del 5° Censimento
Generale dell'Agricoltura dell'ISTAT del 2000, dell'8° Censimento Generale dell'Industria e dei
Servizi dell'ISTAT del 2001 e quelli forniti dalla Camera di Commercio dell’Industria e
dell’Artigianato di Roma del 2003 e dall’Ente Bilaterale del Turismo di Roma e del Lazio del
2002.
È da notare che i dati raccolti da queste istituzioni non sono spesso confrontabili tra loro in
quanto sono diverse le modalità di raccolta delle informazioni, i tipi di aggregazione delle
imprese e così via.
Essi hanno, comunque, un valore relativo per eseguire dei confronti, anche nel futuro, tra dati
della stessa fonte raccolti in periodi diversi e, così, seguire l’andamento del fenomeno
considerato.
Questi dati consentono di conoscere il numero delle imprese e delle istituzioni con le relative
unità locali e addetti.
Per “impresa” si intende l’unità giuridico-economica che produce beni e servizi destinabili alla
vendita. Tra le imprese sono comprese: le imprese individuali, le società di persone, le società di
capitali, le società cooperative e le aziende speciali dei comuni. Sono considerate imprese anche
i lavoratori autonomi e i liberi professionisti.
Per “istituzione” si intende il centro elementare di decisione economica caratterizzato da
uniformità di comportamento e da autonomia di decisione nell'esercizio della sua funzione
principale. Esse si dividono in “istituzioni pubbliche” e “istituzioni non profit”.
L'unità locale, così come definita dall'ISTAT, è il luogo fisico nel quale l'impresa esercita una o
più attività economiche. Una impresa può avere più sedi operative e, quindi, più unità locali.
Questo è il motivo per cui spesso il numero delle unità locali è superiore a quello delle imprese.
Gli addetti sono coloro che lavorano nelle imprese/istituzioni e sono classificati in base
all’attività economica principale svolta dall’impresa/istituzione.
I dati ISTAT derivano dall’elaborazione dei questionari distribuiti in occasione dei censimenti e
non sempre il numero degli addetti corrisponde alla realtà. Sfuggono, infatti, tutte quelle
situazioni in cui l’impresa si serve di personale non regolarizzato e denunciato. Pur conoscendo i
limiti dei dati, però, le informazioni rese disponibili dall'ISTAT costituiscono comunque il
principale riferimento per analisi e confronti.
Struttura produttiva
L’analisi della struttura produttiva del Comune di Colleferro, in termini di numero di imprese e
addetti, consente di mettere in luce le principali caratteristiche del territorio.
In base ai dati dell'8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi dell'ISTAT, nel 2001 le
imprese del Comune di Colleferro (Tab. 1.5.1) erano 1.203 e le istituzioni 58, pari entrambe allo
0,4% del totale provinciale.
68

Tab. 1.5.1 - Numero di imprese, istituzioni, unità locali e addetti
Imprese Istituzioni
pubbliche
e non
profit 3
Unità locali delle
Imprese
Unità locali delle
Istituzioni
pubbliche e non
profit
Totale
N. Addetti N. Addetti N. Addetti
Colleferro 1.203 58 1.350 6.461 101 1.792 1.451 8.253
Provincia
Roma
269.986 12.989 285.663 1.030.537 17.412 338.507 303.075 1.369.044
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell’Industria e dei Servizi del 2001
Analizzando il numero delle unità locali (Fig. 1.5.1), il 93% era costituito da unità locali delle
imprese e il restante 7% da quelle delle istituzioni, in linea con quanto avveniva nella Provincia
di Roma (Fig. 1.5.2).
Fig. 1.5.1 - Percentuale di unità locali delle imprese e delle istituzioni nel Comune di Colleferro
7%
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell’Industria e dei Servizi del 2001
Fig. 1.5.2 - Percentuale di unità locali delle imprese e delle istituzioni nella Provincia di Roma
6%
93%
94%
Unità locali delle Imprese
Unità locali delle Istituzioni
Unità locali delle imprese
Unità locali delle
istituzioni
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell’Industria e dei Servizi del 2001
3 Le istituzioni non profit considerate in questo contesto sono solo quelle riconosciute.
69

Il 78% degli addetti totali era impiegato nelle unità locali delle imprese e il 22% nelle unità locali
delle istituzioni (Fig. 1.5.3 e 1.5.4).
Fig. 1.5.3 - Percentuale di addetti alle unità locali delle imprese e delle istituzioni nel Comune di Colleferro
22% Addetti alle unità locali
delle Imprese
78%
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell’Industria e dei Servizi del 2001
A livello provinciale, invece, il 75% degli addetti totali era impiegato nelle unità locali delle
imprese e il 25% nelle unità locali delle istituzioni.
Fig. 1.5.4 - Percentuale di addetti alle unità locali delle imprese e delle istituzioni nella Provincia di Roma
75%
Addetti alle unità locali
delle Istituzioni
25% Addetti alle unità locali
delle imprese
Addetti alle unità locali
delle istituzioni
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell’Industria e dei Servizi del 2001
L’analisi delle imprese per classe di addetti fornisce informazioni sulla dimensione delle stesse
(Tab. 1.5.2).
In un territorio fortemente industrializzato saranno numerosi gli addetti di ogni impresa, invece,
dove il numero medio di addetti è basso ci si troverà di fronte a piccole imprese, magari di tipo
familiare.
Questo fenomeno caratterizza il tessuto sociale e la dinamica economica.
Se si analizza la dimensione delle imprese, si nota che nel 2001 il 92% delle stesse rientrava
nelle classi di addetti 1, 2 e 3-5 a dimostrazione della prevalenza nel Comune di Colleferro di
imprese di piccole dimensioni.
70

Tab. 1.5.2 - Numero di imprese per classe di addetti
Classe di
addetti
1 2 3-5 6-9 10-15 16-19 20-49 50-99 100-249 250 e più Totale
Colleferro 722 203 177 62 21 2 11 2 1 2 1.203
Provincia
Roma
177.137 42.140 31.600 9.447 4.708 1.235 2. 280 693 430 316 269.986
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi del 2001
Tipologia delle attività produttive
Ai fini dell’analisi di questo indicatore è opportuno precisare che il settore di attività economica
“Agricoltura e pesca”, così come definito nell’8° Censimento Generale dell’Industria e dei
Servizi dell’ISTAT, comprende esclusivamente:
- le attività dei servizi connesse all'agricoltura e zootecnia non rientranti nel campo di
osservazione del 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000;
- la caccia e la cattura di animali per allevamento e ripopolamento di selvaggina e i servizi
connessi;
- le aziende di utilizzazione di foreste e di boschi, i consorzi di forestazione e di
rimboschimento e i servizi connessi;
- la pesca, la piscicoltura e i servizi connessi.
Di conseguenza le considerazioni sulle tipologie delle attività produttive riportate di seguito
devono essere considerate al netto dei dati del 5° Censimento Generale dell’Agricoltura
dell’ISTAT del 2000, che sono, invece, utilizzati nel paragrafo sulle attività agro-silvo-pastorali.
Al 2001 nel Comune di Colleferro la realtà imprenditoriale era incentrata sui settori del
“Commercio e riparazioni” e degli “Altri servizi” che insieme rappresentavano il 70% delle
imprese totali (Fig. 1.5.5).
Seguiva il settore della “Industria manifatturiera” con il 9% delle imprese totali.
Fig. 1.5.5 - Percentuale di imprese per settore di attività economica nel Comune di Colleferro
35%
3%
4%
6%
0% 0%
9% 0% 7%
36%
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi del 2001
Agricoltura e pesca
Industria estrattiva
Industria
manifatturiera
Energia, gas e
acqua
Costruzioni
Commercio e
riparazioni
Alberghi e pubblici
esercizi
Trasporti e
comunicazioni
Credito e
assicurazioni
Altri servizi
Come mostra la figura seguente (Fig. 1.5.6), gli stessi due settori del “Commercio e riparazioni”
e degli “Altri servizi” prevalevano anche a livello provinciale, ma con percentuali diverse, pari
rispettivamente al 29% e al 42% delle imprese totali.
71

A differenza, invece, di quanto avveniva nel Comune di Colleferro, a livello provinciale il terzo
settore prevalente era quello delle “Costruzioni”, pari al 10% del totale.
Fig. 1.5.6 – Percentuale di imprese per settore di attività economica nella Provincia di Roma
42%
2%
4%
0%
6%
0%
7% 0%
10%
29%
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi del 2001
Agricoltura e pesca
Industria estrattiva
Industria
manifatturiera
Energia, gas e
acqua
Costruzioni
Commercio e
riparazioni
Alberghi e pubblici
esercizi
Trasporti e
comunicazioni
Credito e
assicurazioni
Altri servizi
Per esaminare al meglio i caratteri assunti dalla struttura produttiva del nostro territorio , è utile
considerare la distribuzione delle unità locali per settore di attività economica (Fig. 1.5.7).
Nel 2001 nel Comune di Colleferro, a fronte di 1.203 imprese totali, si contavano 1.350 unità
locali, pari allo 0,47% del totale delle unità locali della Provincia di Roma (Fig. 1.5.8).
Sia a livello comunale che provinciale, la ripartizione delle unità locali per settore di attività
economica rispecchiava quella delle imprese stesse.
72

Fig. 1.5.7 - Percentuale di unità locali per settore di attività economica nel Comune di Colleferro
34%
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi del 2001
Fig. 1.5.8 – Percentuale di unità locali per settore di attività economica nella Provincia di Roma
40%
3%
4%
3%
6%
4%
0%
0%
6%
0%
10% 0% 6%
0%
7% 0%
10%
37%
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi del 2001
Coerentemente con i dati sul numero delle imprese, erano i settori della “Industria
manifatturiera” con il 37% degli addetti, degli “Altri servizi” con il 26% e del “Commercio e
riparazioni” con il 18% ad offrire le maggiori possibilità di occupazione (Fig. 1.5.9).
30%
Agricoltura e pesca
Industria estrattiva
Industria
manifatturiera
Energia, gas e
acqua
Costruzioni
Commercio e
riparazioni
Alberghi e pubblici
esercizi
Trasporti e
comunicazioni
Credito e
assicurazioni
Altri servizi
Agricoltura e pesca
Industria estrattiva
Industria
manifatturiera
Energia, gas e
acqua
Costruzioni
Commercio e
riparazioni
Alberghi e pubblici
esercizi
Trasporti e
comunicazioni
Credito e
assicurazioni
Altri servizi
73

Fig. 1.5.9 - Percentuale di addetti alle unità locali per settore di attività economica nel Comune di Colleferro
2%
7%
4%
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi del 2001
A livello provinciale, invece, erano i settori degli “Altri servizi” con il 34% degli addetti e del
“Commercio e riparazioni” con il 20% ad offrire le maggiori opportunità lavorative (Fig. 1.5.10).
Fig. 1.5.10 - Percentuale di addetti alle unità locali per settore di attività economica nella Provincia di Roma
34%
6%
26%
14%
18%
0%
0%
0% 0%
10% 1% 8%
20%
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi del 2001
7%
1%
5%
Agricoltura e pesca
Industria estrattiva
Industria
manifatturiera
Energia, gas e
acqua
Costruzioni
Commercio e
riparazioni
Alberghi e pubblici
esercizi
Trasporti e
comunicazioni
Credito e
assicurazioni
Altri servizi
Per valutare l’impatto occupazionale prodotto dall’apparato produttivo si può prendere in
considerazione il rapporto fra il numero di addetti e la popolazione residente con riferimento
all’aggregato delle unità locali.
Il valore medio provinciale del rapporto è significativamente aumentato, tra il 1996 e il 2001,
passando da 224 addetti per 1.000 abitanti a 265.
Anche nel Comune di Colleferro si è riscontrato un aumento intercensuario rilevante del rapporto
in esame e al censimento del 2001 il valore di tale rapporto (303) era anche superiore alla media
provinciale (265) (Tab. 1.5.3).
37%
Agricoltura e pesca
Industria estrattiva
Industria
manifatturiera
Energia, gas e
acqua
Costruzioni
Commercio e
riparazioni
Alberghi e pubblici
esercizi
Trasporti e
comunicazioni
Credito e
assicurazioni
Altri servizi
74

Tab. 1.5.3 – Rapporto addetti /popolazione. Confronto intercensuario 1996-2001
Popolazione
al
31/12/1996
1996 2001
Addetti
censimento
Addetti
ogni 1000
abitanti
Popolazione
al
01/01/2002
Addetti
censimento
Addetti
ogni 1000
abitanti
Colleferro 21.547 4.666 217 20.712 6.275 303
Provincia
Roma
3.781.792 847.263 224 3.704.396 981.341 265
Fonte - Elaborazioni su dati ISTAT
Presenza di istituzioni pubbliche e non profit
Per “istituzione pubblica” si intende l'unità giuridico-economica la cui funzione principale è la
produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita e/o la ridistribuire il reddito e la
ricchezza.
Costituiscono esempi di istituzione pubblica: la Camera di commercio, il Comune, il Ministero,
la Provincia, la Regione, l'Università, ecc.
Nel Comune di Colleferro le unità locali delle istituzioni pubbliche censite dall'ISTAT nel 2001
erano 36, pari allo 0,9% del totale provinciale (Tab. 1.5.4).
Tab. 1.5.4 – Numero di unità locali delle istituzioni pubbliche per forma istituzionale
Ministero o
organo
costituzionale
Ente locale Ente
sanitario
pubblico
Ente di
previdenza
Altra
istituzione
pubblica
Totale
Colleferro 17 11 6 1 1 36
Provincia
Roma
2.166 1.020 209 97 541 4.033
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi del 2001
Gli addetti a queste unità locali erano 1.685, pari allo 0,6% degli addetti totali della Provincia
(Tab. 1.5.5).
Tab. 1.5.5 – Numero di addetti alle unità locali delle istituzioni pubbliche per forma istituzionale
Ministero o
organo
costituzionale
Ente locale Ente
sanitario
pubblico
Ente di
previdenza
Altra
istituzione
pubblica
Totale
Colleferro 720 154 790 19 2 1.685
Provincia
Roma
147.551 40.212 44.114 13.290 42.808 287.975
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi del 2001
Per “istituzione no profit” si intende l'unità giuridico-economica dotata o meno di personalità
giuridica, di natura pubblica o privata, che produce beni e servizi destinabili alla vendita e che
non ha facoltà di distribuire, anche indirettamente, profitti o altri guadagni diversi dalla
remunerazione del lavoro prestato ai soggetti che l'hanno istituita o ai soci.
75

Sono esempi di istituzione no profit: le associazioni, riconosciute e non riconosciute, le
fondazioni, le organizzazioni non governative, le organizzazioni di volontariato, le cooperative
sociali e le altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), i partiti politici, i
sindacati, gli enti ecclesiastici.
Nel Comune di Colleferro le unità locali delle istituzioni non profit censite dall'ISTAT nel 2001
erano 65, pari allo 0,5% del totale provinciale (Tab. 1.5.6).
Tab. 1.5.6 – Numero di unità locali delle istituzioni non profit per forma istituzionale
Associazione
riconosciuta
Fondazione Associazione
non
riconosciuta
Cooperativa
sociale
Altra
istituzione
non profit
Totale
Colleferro 11 1 49 4 _ 65
Provincia
Roma
2.586 288 9.322 327 856 13.379
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi del 2001
Gli addetti alle unità locali delle istituzioni pubbliche erano 107, pari allo 0,2% degli addetti
totali della Provincia (Tab. 1.5.7).
Tab. 1.5.7 – Numero di addetti alle unità locali delle istituzioni non profit per forma istituzionale
Associazione
riconosciuta
Fondazione Associazione
non
riconosciuta
Cooperativa
sociale
Altra
istituzione
non profit
Totale
Colleferro 18 8 18 63 _ 107
Provincia
Roma
13.789 1.982 13.542 5.505 15.714 50.532
Fonte - ISTAT - 8° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi del 2001
Natalità e mortalità delle imprese
Questo indicatore fornisce una idea della dinamicità imprenditoriale del settore economico di un
determinato territorio.
Al 2003 il tessuto imprenditoriale della Provincia di Roma era connotato dalla presenza di
numerose attività commerciali (35% del totale, al netto delle imprese non classificate) (Fig.
1.5.12).
Le stesse considerazioni valevano per il Comune di Colleferro dove, accanto alle attività
commerciali, con il 34% delle imprese registrate, assumevano rilevanza anche gli altri servizi e
le industrie, con rispettivamente il 23% e il 20% delle imprese registrate (Fig. 1.5.11).
76

Fig. 1.5.11 - Percentuale delle imprese registrate per sezione di attività economica nel Comune di Colleferro al
31/12/2003
23%
6%
3%
Fonte - Elaborazione dati Infocamere
Fig. 1.5.12 - Percentuale delle imprese registrate per sezione di attività economica nella Provincia di Roma al
31/12/2003
22%
14%
23%
4%
Fonte - Elaborazione dati Infocamere
4%
20%
34%
20%
27%
Agricoltura, caccia,
silvicoltura e pesca
Industria
Commercio
all'ingrosso e la
dettaglio
Alberghi e ristoranti
Altri servizi
Non classificate
Agricoltura, caccia,
silvicoltura e pesca
Industria
Commercio all'ingrosso, al
dettaglio;
Alberghi e ristoranti
Altri servizi
Non classificate
77

Nella tabella seguente (Tab. 1.5.8) si riporta il quoziente di natalità delle imprese (Qn), dato dal
rapporto fra le iscrizioni del 2003 e le imprese registrate alla fine dell’anno precedente e il
quoziente di mortalità (Qm), dato dal rapporto fra le cessazioni del 2003 e le imprese registrate a
fine anno precedente.
Sia a livello provinciale che comunale il quoziente di natalità (7) era superiore a quello di
mortalità (4,5) a conferma del maggior numero di iscrizioni rispetto alle cessazioni.
Tab. 1.5.8 - Consistenza al 31/12/2003 e movimento al 2003 delle imprese
Registrate Iscritte Cessate Qn Qm
Colleferro 1.656 113 73 7,0 4,5
Provincia
Roma
387.828 27.456 16.475 7,3 4,4
Fonte - Elaborazione dati Infocamere
La dinamica imprenditoriale nel Comune di Colleferro, misurata dal saldo fra iscrizioni e
cessazioni, conferma la vivacità del tessuto produttivo in quanto positiva (+ 40) (Tab. 1.5.9).
Tab. 1.5.9 - Saldo tra imprese iscritte e cessate per sezione di attività economica al 31/12/2003
Agricoltura,
caccia,
silvicoltura
e pesca
Industria …di cui
costruzioni
Sezioni di attività economica
Commercio
all’ingrosso,
al dettaglio;
riparazione
beni
personali e
Alberghi
e
ristoranti
Altri
servizi
Non Totale
classificate
Colleferro 3 -3 -1
per la casa
4 -5 1 40 40
Provincia
Roma
-32 138 492 99 -176 -204 11.156 10.981
Fonte - Elaborazione dati Infocamere
Nella Tab. 1.5.10 sono indicati i valori della dotazione imprenditoriale e dell’indice di nuova
imprenditorialità nel 2003.
La dotazione imprenditoriale può essere messa in relazione al livello di “nuova
imprenditorialità” ed al valore aggiunto pro capite al fine di esplorare le connessioni fra la
“vitalità” imprenditoriale locale e il livello di ricchezza economica prodotta.
La dotazione imprenditoriale è misurata dal rapporto fra il numero delle imprese registrate al
31/12/2003 e la popolazione residente alla stessa data, mentre l’indice di nuova imprenditorialità
è dato dal rapporto fra le iscrizioni negli anni 2002-2003 e le imprese registrate al 31/12/2003.
Il Comune di Colleferro nel 2003 aveva un valore della dotazione imprenditoriale, corretta
dall’influenza fuorviante delle imprese agricole e delle attività connesse, più basso (7,79) rispetto
a quello della provincia; lo stesso vale per l’indice di nuova imprenditorialità (14,19) (Tab.
1.5.10).
78

Tab. 1.5.10 - Dotazione imprenditoriale, nuova imprenditorialità e reddito pro capite
Dotazione
imprenditoriale
al 31/12/2003
Dotazione
imprenditoriale al
31/12/2003(agricoltura,
caccia, pesca,
silvicoltura escluse)
Indice di nuova
imprenditorialità
Reddito pro capite
in migliaia di euro
(anno 2000)
Colleferro 8,02 7,79 14,19 17,00
Provincia
Roma
10,32 9,90 14,42 25,00
Fonte dati: Elaborazione su dati Infocamere
79

1.5.1 Il turismo
Il turismo è stato inserito fra i settori chiave nel Quinto Programma di Azione Ambientale
dell’Unione Europea perché, pur essendo un settore trainante per molte Regioni dal punto di
vista economico, è anche una fonte di rischio per il suo intenso consumo di risorse.
Il turismo è un’attività che comporta benefici sia in termini economici, per la disponibilità di
posti di lavoro, sia socio-culturali, grazie al contatto tra i turisti e la cultura e le tradizioni locali.
Un turismo esercitato in maniera corretta deve basarsi, come richiesto dalla Carta Mondiale per il
Turismo Sostenibile, sulla tutela delle risorse naturali, il recupero di beni storici e culturali e lo
scambio di conoscenze fra i turisti e la popolazione locale.
La concentrazione di turisti in determinati periodi dell’anno provoca una serie di impatti e
pressioni sul territorio che si aggiungono a quelli causati dalle altre attività economiche e dalla
presenza stessa dei cittadini residenti.
L’incremento nei consumi di acqua e di energia, l’aumento della produzione di rifiuti e delle
emissioni inquinanti in atmosfera, la congestione dovuta al maggior traffico, la perdita di
territorio destinato ad accogliere le infrastrutture sono solo alcuni esempi di impatti
sull’ambiente naturale.
Occorre quindi che il turismo si sviluppi coerentemente con i principi di “sostenibilità” ovvero in
modo da rispondere ai bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la capacità delle
generazioni future di rispondere ai propri.
Le strutture ricettive che operano sul territorio regionale sono regolamentate, per la parte di
competenza regionale, dalle seguenti leggi e dai seguenti regolamenti:
- L. 29 marzo 2001, n. 135–Riforma della legislazione nazionale del turismo;
- L. R. 10 novembre 1997, n. 36–Norme in materia di agriturismo;
- L.R. 29 maggio 1997, n. 18–Norme relative alla disciplina ed alla classificazione degli
esercizi di affittacamere, degli ostelli per la gioventù e delle case per ferie;
- L.R. 03 maggio 1985, n. 59–Disciplina dei complessi ricettivi campeggistici.
Il Comune di Colleferro non ha una vocazione turistica propriamente detta.
Di conseguenza, così come indicato anche nelle Linee di Indirizzo del Piano di Sviluppo Socio
Economico (P.S.S.E.) per la riqualificazione del sistema produttivo, il Comune intende
potenziare e qualificare l’offerta ricettiva.
Sii tratta di aumentare il numero di posti letto realizzando nuove strutture o qualificando quelle
esistenti.
L’offerta ricettiva potrà essere collegata agli attrattori di nuova realizzazione sia di Colleferro,
sia del territorio circostante, come il Polo Turistico Integrato di Roma-Valmontone, nonché alla
fruizione del patrimonio ambientale e storico culturale esistente nella montagna lepina.
Il Polo Turistico Integrato di Roma-Valmontone, che è ubicato interamente nel territorio di
Valmontone e quindi nelle vicinanze di Colleferro, è stato progettato sulla scorta di varie
esperienze internazionali con l’obiettivo di realizzare una struttura di alto livello qualitativo e
prestazionale e di contribuire anche a completare l’offerta turistica per tutto il Centro Italia.
Tipologia e capacità ricettiva delle infrastrutture turistiche
Le strutture ricettive, a seconda della loro tipologia, possono incidere diversamente sia sulla
qualità del territorio, in termini di pressioni sulle risorse naturali, sia sull’economia locale. Esse
si dividono in due categorie: alberghiere ed extralberghiere.
Negli esercizi alberghieri rientrano gli alberghi dalla 5° alla 1° categoria e le residenze turistico
alberghiere.
Negli esercizi extralberghieri, che dall’ISTAT vengono denominati complementari, rientrano: i
campeggi e i villaggi turistici, gli alloggi dati in affitto e iscritti negli appositi registri delle
80

Camere di Commercio, gli alloggi agro-turistici e country-houses, gli ostelli per la gioventù, le
case per le ferie, i rifugi alpini e gli altri esercizi ricettivi.
La prevalenza dell’una o dell’altra tipologia ricettiva fornisce indicazioni utili a definire
l’impatto che i flussi turistici hanno sul territorio.
Un altro parametro che caratterizza l'offerta turistica è la quantità di posti letto disponibili.
Al 2002 nel Comune di Colleferro erano presenti due alberghi, uno a tre stelle ed uno ad una
stella, con una disponibilità di 71 posti letto. (Tab. 1.5.11).
Tab. 1.5.11 – Numero di esercizi alberghieri. Anno 2002
Esercizi alberghieri Colleferro Provincia Roma
Alberghi a 3 stelle Esercizi 1 Esercizi 423
Letti 55 Letti 3.689
Camere 25 Camere 18.213
Bagni 25 Bagni 18.207
Alberghi a 1 stella Esercizi 1 Esercizi 154
Letti 16 Letti 3.572
Camere 9 Camere 1.911
Bagni 2 Bagni 1.378
Totale Esercizi 2 Esercizi 577
Letti 71 Letti 7.261
Camere 34 Camere 20.124
Bagni 27 Bagni 19.585
Fonte - ISTAT
Attualmente, però, l’unica struttura alberghiera ancora in esercizio è l’albergo a tre stelle.
Presenze turistiche e arrivi
Per “presenze” si intende il numero di notti trascorse dai clienti negli esercizi ricettivi e per
“arrivi” si intende il numero di clienti, italiani e stranieri, ospitati negli esercizi ricettivi nel
periodo considerato.
Questo indicatore fornisce informazioni per comprendere il trend del fenomeno e capire se le
infrastrutture sono adeguate alle richieste della domanda turistica.
L’analisi della domanda turistica è stata realizzata sulla base dei dati relativi al movimento
turistico (arrivi e presenze) degli esercizi ricettivi relativi al 2002.
Nel 2002 la provenienza dei turisti di Colleferro era quasi esclusivamente nazionale: oltre l’84%
delle presenze erano di provenienza italiana.
La presenza media (P.M.) è il rapporto tra il numero di notti trascorse (presenze) e il numero di
clienti arrivati (arrivi) nelle strutture ricettive.
Come mostra la Tab. 1.5.12, nel 2002 i turisti, sia italiani sia stranieri, hanno trascorso a
Colleferro in media circa due giorni.
Tab. 1.5.12 – Domanda turistica alberghiera - anno 2002
Comune Popo Sup. in Italiani Stranieri Totale
lazio
ne
kmq
Arri Presen Presenza Arri Presen Presenza Arri Presenze Presenza
vi ze Media vi ze Media vi
Media
Colleferro 20.025 27 4.955 10.284 2,1 944 2.018 2,1 5.89
9
12.302 2,1
Fonte – Ente Bilaterale per il Turismo (EBT)
81

1.5.2 Le attività agro-silvo-pastorali
Un Rapporto sullo Stato dell'Ambiente non può prescindere da una analisi approfondita del
settore agricolo per le sue importanti relazioni con l'ambiente sia in termini positivi sia negativi.
L'agricoltura, che nel Comune di Colleferro è marginale rispetto alle attività produttive
dominanti (industria e servizi), è una attività che risente negativamente dell'inquinamento
ambientale causato da varie attività antropiche. In particolare, l'inquinamento atmosferico dovuto
all'utilizzo di combustibili fossili nel settore industriale e nei servizi può provocare cali di resa e
alterazioni nella qualità dei prodotti a causa dei residui di elementi e composti tossici.
L'urbanizzazione crescente riduce la superficie delle aree destinate alla produzione agricola.
L'acqua inquinata dei fiumi, dei torrenti o delle falde acquifere può condizionare la qualità dei
prodotti o la possibilità di esercitare alcune produzioni.
Ne sono testimonianza i recenti episodi di inquinamento delle acque del fiume Sacco, che hanno
causato ingenti danni economici agli allevatori della zona il cui bestiame è stato avvelenato e i
cui prodotti sono stati contaminati da sostanze chimiche tossiche.
Anche l’abbassamento delle falde freatiche per gli eccessivi prelievi di acqua può ridurre le
capacità produttive dei terreni.
L'urbanizzazione crescente, invece, riduce la superficie delle aree destinate alle coltivazioni.
L'agricoltura, però, oltre ad essere minacciata dal cattivo stato dell'ambiente, può, a sua volta,
essere causa di problemi e di danni.
Ad esempio, nel caso di intensi prelievi di acqua a scopo irriguo, può incidere negativamente
sulla disponibilità della risorsa idrica per altri scopi. Può influenzare la qualità delle acque
superficiali a causa dello spargimento sui campi dei concimi che, una volta dilavati dalle piogge,
provocano l'eutrofizzazione dei fiumi e dei laghi, o essere all'origine di inquinamenti della falda
freatica, da cui attingono i pozzi, a causa sia dell'eccessiva distribuzione di sostanza organica, sia
di prodotti chimici.
L'agricoltura fa anche uso di pesticidi, con rischi per l'ambiente e la salute degli addetti ed è
all'origine di una notevole quantità di rifiuti.
Inoltre, può condizionare la qualità dell'aria per l'emissione di polveri, di gas di scarico dei mezzi
meccanici o per le emissioni di gas dagli allevamenti zootecnici.
L'agricoltura, però, se ben gestita ed esercitata nel rispetto delle risorse ambientali, oltre ad
essere una buona fonte di reddito e a produrre beni alimentari, contribuisce al contenimento
dell'espansione edilizia, alla conservazione della biodiversità, alla difesa del territorio, alla tutela
del paesaggio, alla valorizzazione delle specificità locali e alla produzione di materie prime per
l'industria.
Nella società odierna l'agricoltura sta assumendo un ruolo radicalmente diverso rispetto al
passato.
Per lungo tempo l'Unione Europea, attraverso lo strumento del sostegno dei prezzi, ha destinato
una parte del proprio bilancio all'agricoltura.
Tale sostegno, invece di garantire il legame tra l'agricoltore e il proprio territorio mantenendone
viva la cultura e la professionalità, ha provocato un eccessivo aumento delle produzioni,
l'impoverimento dei suoli agricoli e l'inquinamento degli stessi a causa dell'uso abnorme di
composti chimici.
Oggi, con la nuova Politica Agricola Comunitaria (PAC), l'Unione Europea incentiva le tecniche
di agricoltura integrata e biologica e riconosce un nuovo ruolo, multifunzionale, all'azienda
agricola.
Tra gli interventi più innovativi e direttamente connessi ai temi ambientali vi sono il
Regolamento CEE del 1992 n. 2078, che introduce un regime di incentivi per gli agricoltori che
si impegnano ad utilizzare metodi di produzione compatibili con le esigenze di protezione
82

dell'ambiente e con la cura dello spazio naturale, e il n. 2080 sulle misure forestali nel settore
agricolo.
L'agricoltura, da settore che tradizionalmente aveva funzione produttiva, si è vista riconoscere
anche altri ruoli: ambientale, turistico-ricreativa (agriturismo), di conservazione delle tradizioni e
educativa-sociale.
In Italia, il D.Lgs. 228/2001 "Legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo" e
gli interventi di attuazione del Regolamento CE n. 1257/99, espressi nei Piani di Sviluppo
Rurale, riconoscono proprio questo carattere multifunzionale alle imprese agricole attraverso
l'incentivo di comportamenti eco-compatibili e il sostegno finanziario per una diversificazione
economica delle imprese.
Ad essi si aggiunge la "Strategia di Azione Ambientale per lo Sviluppo Sostenibile In Italia",
elaborata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ed approvata con Delibera
CIPE 2/8/02, n. 57 che, oltre la multifunzionalità, promuove la minimizzazione delle pressioni
ambientali, la promozione della qualità e dell'agricoltura biologica, la valorizzazione dei prodotti
tipici, l'orientamento verso i mercati locali e l'allevamento estensivo.
Tipologia della struttura agricola
Indicatori ambientali utili per descrivere la situazione dell'agricoltura nel Comune di Colleferro,
sono il numero di imprese che operano nel settore agro-silvo-pastorale e le loro caratteristiche.
L’azienda agricola, forestale e zootecnica è l'unità tecnico-economica costituita da terreni, anche
in appezzamenti non contigui, ed eventualmente da impianti ed attrezzature varie, in cui si attua
la produzione agraria, forestale e zootecnica ad opera di un conduttore, cioè persona fisica,
società od ente che ne sopporta il rischio sia da solo (conduttore coltivatore e conduttore con
salariati e/o compartecipanti), sia in associazione ad un mezzadro o colono parziario.
In base ai dati del 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000 le aziende
agricole, zootecniche e forestali del Comune di Colleferro erano 130, pari al 4,6% del totale
provinciale (Tab. 1.5.13).
Tab. 1.5.13 - Numero di aziende, Superficie Totale e Superficie Agricola Utilizzata (SAU)
Numero Superficie Superficie Agricola Utilizzata
aziende Totale
(SAU)
Colleferro 130 1.692,04 1.492,37
Provincia
Roma
59.950 287.544,42 193.092,35
Lazio 214.665 1.070.474,32 724.324,80
Fonte - ISTAT - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura del 2000
Per caratterizzare l’attività agricola e valutarne il rapporto con le problematiche ambientali o
socioeconomiche, oltre al numero delle aziende si deve considerare l’estensione della superficie
effettivamente destinata all’agricoltura.
La Superficie Totale è l’area complessiva dei terreni dell'azienda formata dalla superficie
agricola utilizzata, da quella coperta da arboricoltura da legno, da boschi, dalla superficie agraria
non utilizzata, nonché dall'area occupata da parchi e giardini ornamentali, fabbricati, stagni,
canali, cortili situati entro il perimetro dei terreni che costituiscono l'azienda.
La Superficie Agricola Utilizzata (SAU) è l’insieme dei terreni effettivamente investiti a
seminativi, coltivazioni legnose agrarie, orti familiari, prati permanenti e pascoli e castagneti da
frutto. La Superficie agraria non utilizzata è, invece, l’insieme dei terreni dell'azienda non
utilizzati a scopi agricoli per una qualsiasi ragione (di natura economica, sociale od altra), ma
83

suscettibili di essere utilizzati a scopi agricoli mediante l'intervento di mezzi normalmente
disponibili presso un'azienda agricola. Sono compresi gli eventuali terreni abbandonati facenti
parte dell'azienda ed aree destinate ad attività ricreative. Sono esclusi i terreni a riposo.
I dati sull’agricoltura elaborati in questo capitolo non sono confrontabili con i dati relativi all’uso
del suolo (par 1.2.1) poiché siccome provengono da fonti diverse sono stati ottenuti da
elaborazioni differenti. Il censimento Generale dell’Agricoltura ricava il valore della SAU
dall’analisi di questionari compilati direttamente dagli agricoltori. La Corine Land Cover è una
carta di uso de suolo in scala 1:100.000 redatta in base alla fotointerpretazione la cui minima
unità cartografabile è pari a 25 ha (vedi approfondimento nel paragrafo 1.2.1). Siccome la
maggior parte delle aziende agricole posseggono una SAU inferiore a questa superficie i due dati
non sono sovrapponibili. Inoltre numerose classi della CLC fanno riferimento ad un uso del
suolo agricolo insieme a “spazi naturali importanti” o a pascoli, che potrebbero rientrare nella
SAU, insieme a praterie che non rientrano nella superficie agricola.
Al 2000 il territorio di Colleferro era coltivato intensamente in quanto la Superficie Agricola
Utilizzata era pari all’88% della Superficie Totale (Fig. 1.5.13), a differenza di quanto avveniva
a livello provinciale dove la Superficie Agricola Utilizzata (SAU) era pari al 67% della
Superficie Totale (Fig. 1.5.14).
Fig. 1.5.13 - Superficie Agricola Utilizzata (SAU) e Superficie agraria non utilizzata nel Comune di Colleferro
88%
12%
Fonte - ISTAT - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura del 2000
Superficie agraria non
utilizzata
Superficie Agricola
Utilizzata (SAU)
84

Fig. 1.5.14 – Superficie agricola utilizzata (SAU) e Superficie agraria non utilizzata nella Provincia di Roma
67%
Fonte - 5° Censimento Generale dell'Agricoltura dell’ISTAT del 2000
L’attività agricola locale è tale da non riuscire, mediamente, a produrre un reddito sufficiente a
sostenere una famiglia e spesso si configura come una attività aggiuntiva ad altre forme di
reddito familiare.
Infatti, su un totale di 130 aziende nel 2000, il 39% delle stesse rientrava nella classe di
Superficie Totale inferiore ad un ettaro (Fig. 1.5.15) analogamente alla situazione provinciale
(Fig. 1.5.16).
Fig. 1.5.15 – Percentuale di aziende per classe di Superficie Totale nel Comune di Colleferro
7%
16%
8% 3% 4% 2%
16%
Fonte - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000
5%
33%
39%
Superficie Agraria non
utilizzata
Superficie Agricola
Utilizzata (SAU)
Senza superficie
Meno di 1 ha
1_2 ha
2_5 ha
5_10 ha
10_20 ha
20_50 ha
50_100 ha
100 ha e oltre
85

Fig. 1.5.16- Percentuale di aziende per classe di Superficie Totale nella Provincia di Roma
4%
13%
20%
Fonte - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Il dato è confermato se si analizza il numero di aziende per classi di Superficie Agricola
Utilizzata (SAU) la cui distribuzione al 2000 mostrava come il settore agricolo del Comune di
Colleferro fosse caratterizzato dalla presenza di piccole aziende.
Non considerando le aziende senza SAU, pari al 5% del numero censito, il 43% delle aziende
aveva meno di 1 ettaro di SAU (Fig. 1.5.17).
Fig. 1.5.17 - Percentuale di aziende per classe di Superficie Agricola Utilizzata (SAU) nel Comune di Colleferro
7%
15%
2%
15%
1%
1%
7% 2% 4% 2%
Fonte - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000
5%
0%
1%
58%
43%
Senza superficie
Meno di 1 ha
1_2 ha
2_5 ha
5_10 ha
10_20 ha
20_50 ha
50_100 ha
100 ha e oltre
Senza superficie
Meno di 1 ha
1_2 ha
2_5 ha
5_10 ha
10_20 ha
20_50 ha
50_100 ha
100 ha ed oltre
A livello provinciale, invece, accanto ad un 65% di aziende con meno di un ettaro di Superficie
Agricola Utilizzata, vi erano un 16 % e un 11% rientranti rispettivamente nelle classi di SAU 1-2 e
2-5 (Fig. 1.5.18).
86

Fig. 1.5.18 - Percentuale di aziende per classi di SAU nella Provincia di Roma
16%
11%
0%
1%
2%
4%
Fonte - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000
0%
1%
65%
Per quanto riguarda il titolo di possesso dei terreni, la quasi totalità delle aziende agricole (77%)
nel 2000 gestiva terreni esclusivamente di proprietà, a conferma del ruolo delle coltivazioni
nell’economia familiare (Tab. 1.5.14). Il numero totale di queste aziende, 124, differisce da
quello totale riportato in Tab. 1.5.13, 130, poiché 6 aziende di queste non rientrano in nessuna
tipologia di possesso dei terreni.
Tab. 1.5.14 - Numero di aziende per titolo di possesso dei terreni
Titolo di possesso dei terreni
Proprietà Affitto Uso Parte Parte Parte Parte Totale
gratuito in in in affitto e in
proprietà proprietà parte in proprietà,
e parte e uso parte
in affitto parte in gratuito in affitto e
uso
parte in
gratuito
uso gratuito
Colleferro 100 4 2 8 8 _ 2 124
Provincia
Roma
55.155 1.606 885 1.230 901 43 88 59.908
Fonte - 5° Censimento Generale dell'Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Senza superficie
Meno di 1 ha
1_2 ha
2_5 ha
5_10 ha
10_20 ha
20_50 ha
50_100 ha
100 ha ed oltre
La conduzione diretta del fondo agricolo da parte del proprietario, con ricorso quasi esclusivo
alla manodopera dello stesso coltivatore o dei suoi familiari (95%), era l'unica modalità di
gestione diffusa, come per la Provincia di Roma (Fig. 1.5.19 e 1.5.20).
87

Fig. 1.5.19 - Percentuale di aziende per forma di conduzione nel Comune di Colleferro
Fonte - 5° Censimento Generale dell'Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Fig. 1.5.20 - Percentuale di aziende per forma di conduzione nella Provincia di Roma
5%
2%
2%
5%
2% 0%
0%
93%
91%
Fonte - 5° Censimento Generale dell'Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Conduzione con solo
manodopera
familiare
Conduzione con
manodopera
familiare prevalente
Conduzione con
salariati
Conduzione con solo
manodopera familiare
Conduzione con solo
manodopera familiare
Conduzione con
manodopera familiare
prevalente
Conduzione con
salariati
Conduzione a colonia
parziaria appoderata
Altre forme di
conduzione
In conclusione, a Colleferro, come in gran parte dei comuni dove l’attività economica è
principalmente imperniata sull’industria e sul terziario, l’agricoltura ha carattere residuale.
Utilizzazione dei terreni a fini agricoli
Il suolo agricolo può essere destinato a diversi tipi di coltura:
- seminativi: cereali, granoturco, piante industriali, ortive e foraggiere avvicendate;
- colture legnose agrarie: vite, olivo, agrumi e fruttiferi;
- prati permanenti e pascoli;
88

- boschi.
Ognuna di queste coltivazioni ha esigenze diverse in termini di consumo di risorse, ad esempio
di acqua e di esigenze di concimazioni, uso di diserbanti, pesticidi, ecc.
Tutto ciò è in diretto rapporto con le pressioni che l’agricoltura può esercitare sull’ambiente.
Nel Comune di Colleferro, in base al Censimento dell’Agricoltura dell’ISTAT, nel 2000 i terreni
erano utilizzati prevalentemente per i seminativi (51%) e per i prati permanenti e pascoli (36%) a
differenza di quanto avveniva a livello provinciale dove accanto ai seminativi con il 31% della
superficie aziendale prevalevano i boschi con il 23% della stessa (Fig. 1.5.21 e 1.5.22).
Fig. 1.5.21 – Percentuale della superficie aziendale secondo l’utilizzazione dei terreni nel Comune di Colleferro
36%
0%
4% 2% 6%
1%
51%
Seminativi
Fonte - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Colture legnose agrarie
Prati permanenti e
pascoli
Arboricoltura da legno
Boschi
Superficie agraria non
utilizzata
Altra superficie
89

Fig. 1.5.22 – Percentuale della superficie aziendale secondo l’utilizzazione dei terreni nella Provincia di Roma
23%
1%
4% 5%
21%
15%
31%
Fonte - 5° Censimento Generale dell'Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Fra i seminativi, i cereali al 2000 interessavano il 63% della superficie ed erano coltivati dal 22%
delle aziende con seminativi.
Meno rilevante l’apporto in termini di superficie investita delle foraggiere avvicendate (37%)
coltivate dal 30% delle aziende.
Fig. 1.5.23 - Percentuale di superficie investita a seminativi in ettari nel Comune di Colleferro
Fonte - 5° Censimento Generale dell'Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Seminativi
Coltivazioni legnose
agrarie
Prati permanenti e
pascoli
Arboricoltura da legno
Boschi
Superficie agraria non
utilizzata
Altra superficie
37% Superficie investita a
cereali
63%
Superficie investita a
foraggiere avvicendate
90

I dati comunali si differenziavano da quelli provinciali dove ben il 45% della superficie era investita
a foraggiere avvicendate e il 6% anche ad ortive. Le colture orticole sono, in genere, quelle a
maggior impatto sia per le esigenze d’acqua sia per l’uso di concimi e prodotti fitosanitari.
Fig. 1.5.24 – Percentuale di superficie investita a seminativi in ettari nella Provincia di Roma
45%
Fonte - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Per quanto riguarda le coltivazioni legnose agrarie, i fruttiferi occupavano il 70% della superficie
e interessavano il 77% delle aziende mentre l’olivo il 29% della superficie e il 39% delle aziende
(Fig. 1.5.25).
Fig. 1.5.25 - Percentuale di superficie investita a coltivazioni legnose agrarie in ettari nel Comune di Colleferro
70%
6%
Fonte - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000
0%
49%
29%
Superficie investita a
cereali
Superficie investita a ortive
Superficie investita a
foraggiere avvicendate
1%
Superficie investita a vite
Superficie investita ad
olivo
Superficie investita ad
agrumi
Superficie investita a
fruttiferi
91

La situazione comunale si differenziava da quella provinciale dove fra le coltivazioni legnose
agrarie prevalevano quella dell’olivo con il 54% della superficie investita e quella della vite con
il 26% della superficie investita (Fig. 1.5.26).
Fig. 1.5.26 – Percentuale di superficie investita a coltivazioni legnose agrarie in ettari nella Provincia di Roma
0%
20%
54%
26%
Fonte - 5° Censimento Generale dell'Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Superficie investita a
vite
Superficie investita a
olivo
Superficie investita ad
agrumi
Superficie investita a
fruttiferi
Entità degli allevamenti
L’allevamento può essere condotto in forma estensiva o intensiva, ovvero tenendo gli animali al
pascolo allo stato brado o allevandoli in stalla. Ognuna delle due forme di allevamento provoca
pressioni diverse sull’ambiente. Quando gli animali sono in stalla esiste il grande problema della
gestione degli escrementi e dei liquami.
La stabulazione degli animali, con il loro allontanamento da condizioni naturali di pascolo, ha
come conseguenza che le deiezioni, non più utilizzate come risorsa, divengono un rifiuto da
smaltire.
I liquami, infatti, devono essere raccolti in vasche che evitino le infiltrazioni in falda freatica,
devono essere distribuiti sul suolo quando non piove e utilizzati solo per colture che possono
beneficiarne.
Quando gli animali sono lasciati a pascolare liberamente ciò a cui si deve badare è che il numero
di capi immessi nei pascoli non superi la “capacità di carico” del pascolo stesso, cioè la capacità
di continuare a produrre materiale vegetale in maniera adeguata. Qualora vi fosse un
sovraccarico dei pascoli si assisterebbe al depauperamento delle specie presenti e alla perdita di
biodiversità nonché alla compromissione della struttura del suolo a causa del calpestio degli
animali. Delle aree a adibite a pascolo bisogna conoscere la struttura geologica perché qualora i
suoli fossero molto permeabili, l’eccessivo apporto di nitrati con gli escrementi potrebbe
provocare l’inquinamento della falda freatica e, quindi, dell’acqua captata dai pozzi, magari per
fini civili.
In base al Censimento dell’Agricoltura del 2000 nel Comune di Colleferro le aziende dedite
all’allevamento di bestiame erano 76, pari al 0,7% del totale provinciale (Tab. 1.5.15).
92

Tab. 1.5.15 – Numero di aziende con allevamenti
Totale Aziende
Colleferro 76
Provincia Roma 10.422
Fonte - 5° Censimento Generale dell'Agricoltura dell’ISTAT del 2000
La pressione ambientale degli allevamenti zootecnici, oltre al carico di bestiame, varia in
funzione delle specie allevate. Ad esempio, l’eutrofizzazione delle acque, dovuta alla presenza di
un’elevata percentuale di azoto e di fosforo, tende ad essere più frequente nelle aree dove vi è
una più alta concentrazione di suini, mentre la degradazione del suolo è più frequente nelle zone
con una presenza più accentuata di ovi-caprini. La ripartizione degli allevamenti secondo la
specie allevata consente di evidenziare la pressione ambientale associata alle differenti razze.
Al 2000 gli allevamenti più diffusi erano quelli degli ovini (96%) e quelli dei bovini e avicoli
(entrambi 2%) (Fig. 1.5.27).
Fig. 1.5.27 - Percentuale di capi allevati nel Comune di Colleferro
0%
0%
2%
96%
2%
0%
0%
Bovini
Bufalini
Fonte - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Anche nella Provincia di Roma, sebbene con percentuali diverse gli allevamenti prevalenti erano gli
stessi: gli allevamenti avicoli erano pari al 61% del totale dei capi allevati e gli ovini al 24% (Fig.
1.5.28).
Suini
Ovini
Caprini
Equini
Allevamenti avicoli
93

Fig. 1.5.28 - Percentuale di capi allevati nella Provincia di Roma
61%
11%
0%
2%
1%
1%
24%
Bovini
Bufalini
Fonte - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Uso di fitofarmaci o antiparassitari
Per questo indicatore, la cui relazione con lo stato dell’ambiente è rilevante, non esistono dati
disaggregati a livello comunale.
Per ora, quindi, è possibile solo fare un confronto tra i dati delle varie Province del Lazio
auspicando, per il futuro, la raccolta di dati specifici per il Comune.
I fitofarmaci e gli antiparassitari sono sostanze di origine inorganica o organica, naturali o di
sintesi, tossiche per i nemici delle piante, costituiti dal principio attivo rappresentato dalla
sostanza tossica, da sostanze inerti per uniformare la distribuzione e per veicolare il principio
attivo e da sostanze coadiuvanti come emulsionanti, umettanti, ecc. Fanno parte dei fitofarmaci:
- fungicidi, la sostanza che ha la proprietà di distruggere i funghi e le loro spore o di inibirne la
crescita;
- insetticidi, la sostanza la cui tossicità verso gli insetti è tale da provocarne la morte;
- erbicidi, la sostanza che ha una azione tossica su specifiche vegetazioni infestanti.
Il maggiore impatto generato dal loro impiego si esercita sul suolo (che subisce modifiche delle
proprietà chimiche, fisiche e biologiche), sulle risorse idriche, superficiali e profonde, sugli
equilibri biologici (microfauna, flora e fauna), nonché sulla salute umana.
I fertilizzanti minerali utili per il nutrimento delle piante, possono causare degradazione del
suolo, inquinamento delle risorse idriche e problemi di instabilità degli ecosistemi acquatici
(eutrofizzazione e perdita di biodiversità). Il consumo per unità di superficie permette di avere
indicazioni sulla potenziale pressione ambientale della fertilizzazione.
L’utilizzo di fertilizzanti minerali viene regolato dal decreto legislativo 152/99 che recepisce la
direttiva europea 91/676/CEE e dalla L. 748/84 e successive modifiche. Il D.M.P.A. del 19/04/99
“Approvazione del Codice di Buona Pratica Agricola” ne definisce inoltre le procedure d’uso.
Nella Provincia di Roma, dal 1999 al 2002, si è registrato un aumento delle quantità di prodotti
fitoiatrici venduti a conferma di una lentezza nella diffusione delle pratiche colturali
maggiormente sostenibili (Tab. 1.5.16).
Suini
Ovini
Caprini
Equini
Allevamenti avicoli
94

Tab. 1.5.16 - Fitofarmaci vendute nelle province laziali - Anni 1999-2002 (t)
Province Totale 1999 Totale 2000 Totale 2001 Totale 2002 Differenza %
Viterbo 981 925 902 889 -9,35%
Rieti 146 167 222 207 41,80%
Roma 2.221 2.245 1.880 2.318 4,38%
Latina 3.054 2.729 2.746 3.276 7,27%
Frosinone 520 560 626 620 19,18%
Lazio 6.921 6.627 6.376 7.310 5,61%
Fonte – Rapporto sullo stato dell’ambiente della Regione Lazio
Il rapporto con la SAU fornisce indirettamente una indicazione del grado di rischio di
contaminazione del suolo dovuta all’applicazione dei prodotti fitoiatrici.
Nel 2000 i kg di fitofarmaci venduti per ettaro di SAU nella Provincia di Roma (11,63 kg/ha di
SAU) sono stati superiori a quelli venduti nel Lazio (9,14 kg/ha di SAU) anche se questo dato
dipende dal tipo di coltivazioni più o meno intensive (Tab. 1.5.17).
Tab. 1.5.17 - Fitofarmaci venduti distinti per categoria-Anno 2000 (kg/ha di SAU) 1
Province Fungicidi Insetticidi
e acaricidi
Erbicidi Vari Biologici Totale
fitofarmaci
SAU 2000
(ha)
Viterbo 2,30 0,99 0,97 0,18 0,001 4,44 209.966
Rieti 1,10 0,19 0,23 0,05 _ 1,57 105.172
Roma 6,80 1,90 1,41 1,47 0,053 11,63 193.092
Latina 11,30 7,26 6,21 4,56 0,020 29,35 92.936
Frosinone 3,20 0,62 0,53 0,18 0,003 4,53 123.584
Lazio 4,60 1,86 1,58 1,07 0,017 9,13 724.752
Fonte – Rapporto sullo stato dell’ambiente della Regione Lazio
1 I valori nella colonna “Totale fitofarmaci” differiscono al secondo decimale da quelli riportati nella fonte
95

Fig. 1.5.29 - Fitofarmaci venduti nelle province del Lazio-Anno 2000
fitofarmaci venduti (kg/ha di SAU)
35,00
30,00
25,00
20,00
15,00
10,00
5,00
0,00
Fonte - ISTAT
4,44
1,57
11,63
29,35
I concimi minerali sono i fertilizzanti più utilizzati in agricoltura.
Nella Provincia di Roma nel triennio 2000-2002 si è osservata una riduzione complessiva della
vendita di concimi minerali pari al 12,70% (Tab. 1.5.18 e Fig. 1.5.30 e 1.5.31).
Tab. 1.5.18 - Tonnellate di concimi minerali vendute nelle province laziali - Anni 2000-2002
Province 2000 2001 2002 Differenza %
Viterbo 55.493 56.134 51.708 -6,82%
Rieti 10.195 7.841 6.752 -33,77%
Roma 34.296 33.002 29.940 -12,70%
Latina 50.462 54.812 53.075 5,18%
Frosinone 17.785 17.708 15.576 -12,42%
Lazio 168.230 169.496 157.052 -6,64%
Fonte – ISTAT
4,53
9,13
Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone Lazio
96

Fig. 1.5.30 – Differenza % tra il 2000 e il 2002 delle tonnellate di concimi minerali vendute nelle province laziali
differenza %
10,00%
5,00%
0,00%
-5,00%
-10,00%
-15,00%
-20,00%
-25,00%
-30,00%
-35,00%
-40,00%
Fonte – ISTAT
Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone Lazio
Fig. 1.5.31 - Concimi minerali venduti nelle province del Lazio - Anno 2000
concimi venduti (kg/ha di SAU)
600,00
500,00
400,00
300,00
200,00
100,00
0,00
Fonte - ISTAT
264,29
96,93
177,62
542,97
143,91
232,12
Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone Lazio
Considerando l’importanza del tema sarebbe utile che venissero annualmente effettuati dei
monitoraggi sui quantitativi di concime e altri prodotti chimici usati in agricoltura, sui modi di
impiego e sui tempi di utilizzazione.
Il monitoraggio dovrebbe riguardare anche eventuali patologie degli addetti all’agricoltura, da
mettere in relazione con l’uso dei prodotti chimici.
97

Prelievo di acqua per scopo irriguo
L'acqua è una risorsa essenziale affinché il suolo possa esprimere le sue potenzialità e per
permettere a varietà di piante e animali di qualità superiore di raggiungere il massimo
rendimento agricolo. Grazie all'incremento della produttività, la gestione idrica sostenibile
(soprattutto se combinata con un'attenta amministrazione del suolo) contribuisce a garantire una
produzione agricola di qualità superiore sia per il consumo diretto che per la vendita
commerciale, generando surplus economici che sono necessari a sostenere le economie rurali.
La superficie irrigabile è la superficie aziendale che nel corso dell'annata agraria potrebbe essere
irrigabile in base alla potenzialità degli impianti a disposizione dell'azienda ed alla quantità di
acqua disponibile.
La superficie effettivamente irrigata, invece, è la superficie aziendale che nel corso dell'annata
agraria di riferimento viene irrigata almeno una volta.
L'approvvigionamento dell'acqua irrigua è considerato:
- in forma autonoma od indipendente, quando l'azienda si approvvigiona per derivazione
diretta da corsi d'acqua superficiali, senza essere soggetta a vincoli per quanto riguarda le
modalità di presa e di utilizzazione dell'acqua o mediante pozzi, fontanili, ecc. situati nel
proprio fondo;
- da consorzi di irrigazione e bonifica, quando l'azienda si approvvigiona di acqua attraverso
consorzi di irrigazione e bonifica che servono per lo più un complesso organizzato di
aziende;
- da altre aziende agricole;
- in altra forma, quando l'azienda si approvvigiona d'acqua attraverso imprese private non
agricole.
In base al Censimento dell’Agricoltura nel 2000 nel Comune di Colleferro la superficie irrigata
era il 38% di quella irrigabile (Tab. 1.5.19).
Tab. 1.5.19 – Territorio, superficie irrigabile e superficie irrigata nel Comune di Colleferro
Classe di
SAU
Superficie
irrigabile
Totale superficie
irrigata
3-5 3 1
5-10 5 5
10-20 13 10
50-100 111 34
Totale 131 50
Fonte - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Come mostra la tabella seguente (Tab. 1.5.20) fra le fonti di approvvigionamento irriguo
prevaleva quella da corsi d’acqua superficiali.
98

Tab. 1.5.20 – Numero di aziende per fonti di approvvigionamento idrico
Approvvigi Approvvigi Approvvigi Approvvigi Approvvigi Approvvigi
onamento onamento onamento onamento onamento onamento
da da acque da corsi da laghi diretto da raccolta
acquedotto sotterranee d'acqua naturali e impianti di acque
superficiali laghetti depurazion pluviali
artificiali e
Colleferro _ 2 4 2 _ _
Provincia
Roma
1.344 5.126 900 144 24 903
Regione Lazio 10.585 23.860 8.657 541 86 4.544
Fonte - 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT del 2000
Un obiettivo della sostenibilità consiste nella riduzione del consumo d’acqua per l’irrigazione
adottando le migliori tecniche possibili per evitare di sprecare la risorsa per evaporazione. Altro
obiettivo, considerando l’importanza dei corsi d’acqua per l’agricoltura, è fare ancor più in modo
che le acque superficiali abbiano una qualità adeguata. Se i corsi d’acqua sono inquinati, infatti,
le sostanze nocive contaminano le colture e, quindi, l’uomo e gli animali.
99

1.5.3 L’industria
Le attività industriali esercitano pressioni sull’ambiente in quanto consumano le risorse naturali,
quali materie prime, acqua ed energia e possono inquinare l’ambiente emettendo in atmosfera i
prodotti della combustione o delle lavorazioni, reflui nei corsi d’acqua acque reflue e
producendo rifiuti di vario tipo.
Il livello delle pressioni ambientali dipende da diversi fattori: il tipo di materie prime impiegate
(rinnovabili o non rinnovabili), la tecnologia utilizzata nel processo di trasformazione,
l’eventuale confezionamento del prodotto.
Anche se quasi tutte le attività industriali causano qualche tipo di pressione ambientale, l’OCSE
seleziona sei tipologie di industrie con rilevanza ambientale:
- l’industria legata alla fabbricazione della pasta di carta, della carta e dei prodotti di carta;
- le raffinerie di petrolio;
- l’industria chimica;
- l’industria siderurgica e metallurgica;
- l’industria legata alla produzione di macchine elettriche;
- l’industria legata ai mezzi di trasporto.
L’Agenzia Europea per l’Ambiente propone di considerare con maggiore attenzione i seguenti
sottosettori dell’industria:
- fabbricazione della pasta di carta, della carta e dei prodotti di carta;
- fabbricazione di prodotti petroliferi raffinati;
- fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali;
- fabbricazione di cemento; vetro e ceramica;
- produzione di ferro, di acciaio e di ferroleghe;
- produzione di metalli non ferrosi;
- industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari.
Lo sviluppo del settore industriale dovrebbe realizzarsi, quindi, in concomitanza con l’adozione
di misure rivolte alla tutela ambientale.
Di seguito si riportano i principali riferimenti normativi in materia di rapporti tra industria e
ambiente.
Normativa comunitaria o internazionale volontaria
- Norma UNI EN ISO 9000 ed. 2000, Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti;
- Norma UNI EN ISO 14001:2004 sui sistemi di gestione ambientale;
- Regolamento CEE 761/2001 EMAS - Sistema di eco-gestione ed audit.
Normativa nazionale
- D. Lgs. 17 agosto 1999, n. 334: “Attuazione della direttiva 96/82/CEE relativa al controllo
dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose” – Direttiva
Seveso Bis e s.m.i.;
- D. Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 "Testo aggiornato del decreto legislativo 11 maggio 1999, n.
152, recante: "Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della
direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva
91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati
provenienti da fonti agricole", a seguito delle disposizioni correttive ed integrative di cui al
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258";
- D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22: "Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti,
91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio";
100

- D. Lgs. 19 settembre 1994, n. 626: “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE,
89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti
il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro” e successive
modificazioni;
- D.P.R. 203 del 1988 sulla qualità dell’aria e sull’inquinamento prodotto dagli impianti
industriali.
Normativa regionale del Lazio
- L.R. 31 luglio 2003, n. 24: modifiche alla L. R. 29 maggio 1997, n. 13, recante disposizioni
sui consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale;
- L.R. 02 luglio 1998, n. 22: modifica della L. R. 29 maggio 1997, n. 13 (Consorzi per le aree
ed i nuclei di sviluppo industriale);
- L.R. 29 maggio 1997, n. 13: consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale;
- L.R. 22 maggio 1985, n. 79: modifiche ed integrazioni alla L. R. 22 settembre1978, n. 60:
agevolazioni e provvidenze per la realizzazione di aree attrezzate per insediamenti produttivi,
artigianali ed industriali.
La vocazione industriale di Colleferro si sviluppa già all’inizio del XX secolo.
Come già illustrato, la città è nata intorno ad un complesso produttivo: gli alloggi degli operai
dello zuccherificio Valsacco, costruito nel primo decennio del 1900, rappresentano il primo
nucleo abitativo del territorio.
A partire dal 1912, anno dell’insediamento a Colleferro della società BPD Bombrini Parodi
Delfino, il borgo diviene rapidamente centro industriale di primaria rilevanza strategica.
Questa realtà ha richiamato molte maestranze, giunte con le loro famiglie da ogni parte d’Italia,
specializzate nella fabbricazione di materie chimiche ed esplosive.
Nel dopoguerra, Colleferro conferma la propria specializzazione nel settore dell’industria bellica,
ma si sviluppano anche altri settori (le produzioni meccaniche, il cementificio, ecc.).
La vera crisi si manifesta sul finire degli anni ’80, con il ridimensionamento della domanda nel
settore militare, in concomitanza con il mutato quadro strategico internazionale.
L’economia locale, dovendo fare i conti con la crisi della grande industria e della produzione
bellica, che aveva offerto in altri tempi campo fertile per lo sviluppo di tutta la Valle del Sacco,
ha dovuto necessariamente andare in cerca di nuovi sbocchi e nuove risorse.
L’avanzare costante della piccola e media impresa, a fronte del processo di dismissione della
grande industria della BDP, è la caratteristica peculiare dello sviluppo economico colleferrino.
Negli ultimi anni il processo di riconversione industriale, con la previsione del recupero di larghe
fette del territorio industriale dismesso, si è reso più veloce e tangibile.
Sono comunque rimasti insediamenti industriali di notevole importanza come riportato nel
Documento Preliminare di Indirizzo (L. R. n. 38/39, art. 32, luglio 2005) del Comune di
Colleferro, che confermano la sua vocazione industriale e produttiva, tra cui:
- il Cementificio ITALCEMENTI, che occupa circa 200 persone e produce componenti per
l’edilizia;
- la ALSTOM Ferroviaria, società del gruppo ALSTOM, che occupa circa 250 persone e i cui
prodotti sono destinati al mercato ferroviario e al settore militare delle stazioni mobili di
energia;
- l’A.R.C., società di diritto statunitense attiva nella produzione di componenti e prodotti
destinati al settore aerospaziale, automobilistico e chimico;
- la BREED ITALIAN OPERATION, società statunitense che occupa 376 impiegati e svolge
attività di produzione di sistemi air-bag e di componenti per autoveicoli;
101

- la BAG, società che impiega circa 200 persone e allestisce l’”inflator” dell’air-bag per
autovetture, cioè la parte che provoca il rigonfiamento del palloncino;
- la MOBILSERVICE e la E.P. Sistemi S.r.l., che posseggono i due impianti di
termovalorizzazione presso la località Colle Sughero di Colleferro con 60 addetti;
- il Consorzio GAIA, azienda pubblica che si occupa della gestione integrata dei rifiuti solidi
urbani ed impiega circa 1000 dipendenti. Opera in molti comuni del Lazio, nelle province di
Roma e Frosinone;
- la SIMMEL DIFESA, unico produttore italiano di munizioni che impiega circa 200 persone;
- la AVIO S.p.A., leader nazionale nella motoristica spaziale che impiega circa 700 persone.
Lo sviluppo degli elementi di maggiore innovazione nel sistema industriale di Colleferro risale
agli anni ’90.
In questo periodo inizia l’inversione di tendenza che ha trasformato Colleferro da città satellite
della grande industria a polo strategico del terziario e si impone un nuovo modello di sviluppo.
La dinamica di crescita delle imprese vede l’incremento del tessuto di piccole e medie imprese
rispetto alla grande impresa che aveva da sempre caratterizzato lo sviluppo del territorio.
Negli anni più recenti, l’area di Colleferro ha visto consolidarsi anche una nuova attrattività
connessa alla propria peculiare posizione geografica ed all’ottima connessione con le reti delle
grandi infrastrutture della mobilità.
La vicinanza al mercato romano e la lunga tradizione industriale fanno di Colleferro un polo di
sicuro interesse per la creazione di nuove attività logistiche, tra le quali una posizione di assoluto
rilievo è assegnata alla realizzazione del Sistema Logistico Integrato Multimodale (SLIM).
Oggi, il territorio di Colleferro è individuato quale area industriale specializzata nel settore
industriale dell’alta tecnologia e nel settore della logistica, data la particolare posizione
geografica nei flussi della mobilità delle merci e la relativa strategia di sviluppo orientata a
promuovere la infrastrutturazione del territorio, come si può leggere nel capitolo sulla mobilità.
Un essenziale elemento strategico allo sviluppo del sistema industriale è dato dal sostegno
all’innovazione e alla qualificazione delle attività manifatturiere e terziarie grazie al Patto
Territoriale delle Colline Romane, al quale il Comune di Colleferro ha aderito assieme a più di
trenta comuni del quadrante sudorientale della Provincia di Roma.
L’obiettivo del Patto è quello di promuovere e sostenere un Patto Territoriale tra tutti i soggetti
pubblici e privati del territorio ricadenti nell’area dei Castelli Romani, Monti Prenestini e Monti
Lepini, promuovendo la costituzione di un ente promotore attraverso una società consortile a
responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico.
Per "Patto Territoriale" deve intendersi l’accordo tra più soggetti per l’attuazione di un
programma d’interventi nei settori dell’agricoltura, industria, servizi, turismo ed in quello
dell’apparato infrastrutturale, tra loro integrati, per la promozione dello sviluppo locale in ambito
subregionale, compatibile con uno sviluppo ecosostenibile. I Patti Territoriali rappresentano uno
strumento efficace per l’individuazione e l’attuazione di un complesso coordinato d’interventi di
sviluppo locale di tipo produttivo e promozionale, ai quali concorre il finanziamento pubblico
accanto alla presenza di imprenditori che investono e rischiano risorse finanziarie proprie.
Gli obiettivi specifici del Patto Territoriale Colline Romane sono:
Servizi Turistici: il turismo come strumento primario di sviluppo socio-economico dell’area;
Agricoltura: produzione vitivinicola e altre colture dell’area;
Il sistema produttivo della piccola e media impresa sia artigiana che individuale;
Valorizzazione del patrimonio storico – culturale ed edilizio;
Servizi ed infrastrutture.
Dal 2002 tutti i Comuni del Patto hanno pubblicato numerosi avvisi che consentono la
presentazione di progetti definitivi delle opere, corredati da un piano di fattibilità che metta in
luce le modalità di copertura finanziaria dell’investimento, l’occupazione che si prevede di
102

creare, gli impatti sull’ambiente per avviare uno sviluppo socioeconomico sostenibile con le
risorse del territorio e di innalzare la qualità della vita delle popolazioni residenti.
Nel 1999 è stato inaugurato l’Incubatore di Colleferro, a completamento di un programma,
voluto e gestito dal Comune di acquisizione e riconversione di aree dismesse dalla grande
industria (una parte della zona destinata alla vecchia produzione degli esplosivi).
La struttura è di oltre 1.200 mq coperti, di cui circa 1.000 destinati all’ospitalità delle imprese in
fase di start-up (8 moduli da 75 a 140 mq).
Un incubatore di imprese è un centro al servizio delle nuove imprese e di quelle piccole e medie
già esistenti in fase di diversificazione o innovazione, specializzato innanzitutto
nell'accompagnamento alla creazione e allo sviluppo dell’attività attraverso l’offerta di spazi e
servizi insediativi (allaccio luce, telefono, acqua, gas e fognatura, vigilanza notturna,
illuminazione pubblica, utilizzo del parcheggio e di tutta l'area comune), l’assistenza alla
redazione di piani di impresa, l’assistenza nell'accesso agli strumenti di finanza agevolata, la
formazione imprenditoriale. L'incubatore, quindi, ha la funzione di fare da "incubatrice", ossia di
consentire un avvio d'impresa il meno traumatico possibile, con la possibilità per l'imprenditore
di lanciare la propria iniziativa con costi contenuti e senza dover sostenere sforzi particolari
legati alle problematiche organizzative (ristrutturazione del locale, realizzazione o rifacimento
degli impianti, allaccio utenze, abitabilità, per fare alcuni esempi).
L’incubatore è gestito da BIC Lazio, Business Innovation Center. Questa società nasce nel 1990
come centro di creazione d'impresa e di sostegno all'innovazione e allo sviluppo locale.
Promosso dalla Commissione Europea - DG XVI Direzione Generale Politiche Regionali, è stato
istituito dalla Regione Lazio con la L. R. 35/90. E' una società per azioni, soggetta a direzione e
coordinamento da parte di Sviluppo Lazio S.p.A.
BIC Lazio ha provveduto a pubblicare un Bando per il reclutamento delle imprese che fissa le
regole per l'accesso agli spazi e ai servizi.
Finora l'incubatore di Colleferro ha ospitato otto aziende legate ai settori i più disparati: dalla
piccola industria, all'artigianato, al terziario avanzato, con esclusione delle attività commerciali
difficilmente ammissibili, per loro natura, in un incubatore.
L’Amministrazione Comunale di Colleferro è, inoltre, impegnata presso la Regione Lazio per il
riconoscimento di Colleferro come polo per la produzione motoristica aerospaziale nell’ambito
del Distretto Tecnologico Aerospaziale del Lazio (DTA), grazie alla presenza sul territorio della
Avio Holding S.p.a. del gruppo Finmeccanica, dove vengono progettati e costruiti i motori del
vettore spaziale Arianne.
Il “Distretto Tecnologico”, anche definito Distretto High-Tech, è individuato in ambito
istituzionale europeo e nazionale quale nuovo modello di sviluppo e competitività dei sistemi
industriali territoriali.
Infine, l’Amministrazione Comunale si è proposta, come soggetto promotore di un’ipotesi
distrettuale ( Distretto Industriale/sistema produttivo locale integrato del Comune di Colleferro)
ai sensi della L.R. n. 36 del 19 dicembre 2001 e ha promosso la realizzazione di uno Studio di
Fattibilità da presentare alla Regione Lazio ai fini della formale identificazione del sistema
produttivo locale.
Attualmente nel Comune di Colleferro sono presenti due aree esclusivamente interessate da
attività industriali e prive di insediamenti abitativi: un’ampia zona industriale a nord, contenente
anche la zona P.I.P. (Piano per Insediamenti Produttivi) e la cava di pozzolana di proprietà Caver
ed Italcementi e un’altra vicina alla zona Piombinara ed al Colle di Montarozzo.
Dai dati del censimento dell’ISTAT del 2001 emerge l’elevata presenza di attività manifatturiere
rispetto al totale delle attività economiche.
Le attività di maggiore specializzazione nell’ambito dell’attività manifatturiera sono costituite
dalle tre classi di divisione economica ISTAT:
103

- fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici; installazione e riparazione;
- fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi;
- fabbricazione di altri mezzi di trasporto.
Nel 1997 il Comune ha voluto attrezzare nuove aree per insediamenti produttivi per localizzarvi
un Sistema Logistico di Offerta Integrata (SLOI) costituito da un insieme di piccole e medie
imprese organizzate in una struttura integrata di servizi ed attrezzature comuni ad alto livello
tecnologico e qualitativo.
A questo scopo ha avviato un vasto programma di rinnovamento e rilancio produttivo basato su
un “Piano d’Area per la riconversione di parte della zona industriale ex-BPD e la riqualificazione
dell’adiacente centro storico di Colleferro”, approvato con Delibera della Giunta Comunale n.
657 del 30/12/97.
Il Comune ha individuato l’area che si trova a ridosso dello svincolo dell’Autostrada Roma-
Napoli tra la S.S. Casilina e la SP. Palianese, ha una superficie di 83 ha dei quali circa 18
destinati a zona industriale e circa 65 destinati a zona agricola secondo il PRG vigente del
Comune.
Nella tabella seguente (Tab. 1.5.21) si riportano le informazioni relative alla localizzazione, alle
dotazioni infrastrutturali e di servizio e ai parametri territoriali dell’area SLOI.
Tab. 1.5.21 - Scheda dell’area produttiva Colle Montarozzo (S.L.O.I.)
LOCALIZZAZIONE DOTAZIONI INFRASTRUTTURALI PARAMETRI TERRITORIALI
Denominazione S.L.O.I. Distanza SS n in km 1 Sup. tot. in mq 181.433
Provincia Roma Distanza casello A1 in km 1,5 Sup. fond. in mq 105.946
Comune Colleferro Distanza ferrovia in km 4 Superficie libera in
mq
105.946
Località Colle Montarozzo Distanza aeroporto in km 78 N. lotti di progetto 40
TIPOLOGIA
INTERVENTO
P.I.P. Distanza discarica in km: Sup. parcheggi in mq 14.472
MODELLO ORGANIZZATIVO Distanza cap. provinciale
in km
40 Sup. strade in mq 24.479
Modello Comune Sup. verde in mq 36.242
organizzativo
Numero lotti 40
TIPOLOGIA AREA Artigianale
STRUMENTI Artigianale
URBANISTICI
Approvazione PRG Del. G.R.
4719-17/7/84
Approvaz. adozione PdF
Adozione PP Del. G.C. 378-
12/8/99
Fonte – Bic Lazio
104

1.5.4 Il commercio e l'artigianato
A differenza delle attività industriali, il commercio produce effetti sull’ambiente legati
principalmente alla conservazione e al trasporto dei prodotti venduti, soprattutto rifiuti e
imballaggi, ma anche all’uso d'energia per la refrigerazione, all’esigenza di aree commerciali con
relative infrastrutture, ad esempio i parcheggi, e condiziona la concentrazione e la distribuzione
del traffico nelle ore di punta e in determinati giorni della settimana.
La tipologia distributiva del commercio è un indicatore della vivibilità del territorio.
In seguito alla riforma del commercio, l’Assessorato alle Attività produttive della Regione Lazio
ha istituito l’Osservatorio Regionale sul Commercio composto dai rappresentanti degli enti
locali, delle associazioni di categoria del commercio fisso e di quello su aree pubbliche, dei
sindacati e delle camere di commercio.
La L. R. n. 33/1999 sul commercio affida all’Osservatorio il compito di monitorare la rete
distributiva, rilevando le caratteristiche strutturali e merceologiche della rete stessa e i problemi
derivanti dalla programmazione commerciale ed urbanistica.
Commercio e piano degli insediamenti commerciali
La L. R. n. 33/1999, all’art. 22, impone l’adeguamento degli strumenti urbanistici generali ed
attuativi e i regolamenti di polizia locale.
Sotto il profilo urbanistico tale legge esaurirà presto la sua funzione di adeguamento per
diventare parte integrante della pianificazione urbanistica regolata dalla nuova L. R. n. 38/1999.
I nuovi piani urbanistici comunali generali (PUCG) nasceranno già “adeguati” rispetto alla
funzione commerciale, entro il 31 dicembre 2004. Ciò che resterà della L.R. n. 33/99 è, invece,
la programmazione commerciale che dovrà svolgersi ogni tre anni; una sorta di piano pluriennale
di attuazione del settore commerciale condotto sulla guida e sulle disposizioni emanate dalla
Regione in un documento programmatico per l’insediamento delle attività commerciali (art. 11).
Il Documento programmatico è stato adottato dal Consiglio Regionale del Lazio con
Deliberazione n. 131 del 6/11/2002.
Per l’art. 56 comma 2 della L. R. n. 33/1999, decorso inutilmente un anno dalla entrata in vigore
della L. n. 33/99, i comuni possono, entro i successivi sei mesi procedere autonomamente alla
definizione dell’assetto della rete distributiva e procedere al rilascio delle autorizzazioni per
l’esercizio di medie e grandi strutture di vendita.
Il comune di Colleferro ha provveduto a predisporre il prescritto adeguamento che sotto il titolo
di Piano degli insediamenti commerciali è stato adottato con Delibera del Consiglio Comunale n.
28 dell’11 aprile del 2001.
Il piano degli insediamenti commerciali di Colleferro rappresentata la traduzione, in termini
pianificatori, dello “Studio preliminare alla programmazione della rete distributiva e piano degli
esercizi di vicinato” redatto in applicazione delle direttive del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 114.
Il Piano è stato preceduto da uno “Studio preliminare” e considera il commercio parte integrante
del piano degli insediamenti industriali.
Il Piano coniuga, quindi, due diversi aspetti in uno: adegua gli strumenti urbanistici vigenti e
programma per il prossimo triennio, l’assetto della rete distributiva:
Il Piano di Colleferro coniuga, quindi, due diversi aspetti in uno: adeguamento degli strumenti
urbanistici vigenti e programmazione per il prossimo triennio dell’assetto della rete distributiva.
Lo “Studio preliminare” ha tracciato una idea-guida articolata in due aspetti fondamentali:
• far compiere alla struttura commerciale un salto di qualità che la porti non solo a migliorare
l’offerta, ma a farla diventare concorrenziale contribuendo a realizzare, come sintesi di
105

diverse funzioni (commerciale, direzionale, ludica, mediatico-culturale, servizi generali etc.),
il nuovo sistema territoriale;
• dall’informe trarre una forma per la città che sia effettivamente a misura d’uomo in modo che
il commercio diventi fattore di qualificazione della stessa.
Struttura della rete distributiva
Nella tabella seguente (Tab. 1.5.22) si riportano i dati relativi alla rete distributiva al dettaglio nel
Comune di Colleferro e nella Provincia di Roma.
I dati a disposizione sono molto parziali in quanto si riferiscono unicamente a due anni (2000 e
2001) e sono aggiornati a semestri diversi. Nel loro insieme, quindi, indicano una leggera
diminuzione del numero di esercizi per 1000 abitanti nella Provincia di Roma, nel giro di un
anno e mezzo.
Nel Comune di Colleferro, invece, non si sono registrate variazioni nel corso dei due anni
considerati e il numero medio di esercizi per 1.000 abitanti si è attestato a quota 17,3.
Tab. 1.5.22 - Distribuzione degli esercizi di commercio al dettaglio nel 2000 e 2001
I°
semestre
2000
II°
semestre
2001
Colleferro Provincia di Roma
Popolazione
residente
1999
Totale
esercizi
Numero
di esercizi
per 1.000
abitanti
I°
semestre
2000
Popolazione
residente
1999
Totale
esercizi
Numero
di esercizi
per 1.000
abitanti
21.377 370 17,3 3.817.133 51.245 13,4
Popolazione
residente
2000
Totale
esercizi
Numero
di esercizi
per 1000
abitanti
II°
semestre
2001
Popolazione
residente
2000
Totale
esercizi
Numero
di esercizi
per 1000
abitanti
21.386 371 17,3 3.849.487 50.885 13,2
Fonte - C.C.I.A.A. di Roma
Di seguito, invece, si riportano i dati dell’Osservatorio sul Commercio della Regione Lazio.
In base al D. Lgs. del 31 marzo 1998, n. 114 per esercizi di vicinato si intendono gli esercizi la
cui superficie di vendita non supera i 150 m 2 nei comuni con popolazione residente inferiore ai
10.000 abitanti e i 250 m 2 nei comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti.
La superficie di vendita si riferisce all'area destinata alla vendita, compresa quella occupata da
banchi, scaffalature e simili. Non costituisce superficie di vendita quella destinata a magazzini,
depositi, locali di lavorazione, uffici e servizi.
L'attività commerciale può essere esercitata con riferimento ai settori merceologici alimentare e
non alimentare.
Al 2002 nel Comune di Colleferro erano presenti 346 esercizi di vicinato (Tab. 1.5.23) con una
maggiore prevalenza nel settore non alimentare (88%) (Fig. 1.5.32).
106

Tab. 1.5.23 - Esercizi di vicinato
Anno 2002
Settore prevalente Esercizi
Colleferro Alimentare 41
Non alimentare 305
Provincia
Roma
Totale 346
Alimentare 4.490
Non alimentare 12.721
Totale 17.181
Fonte - Osservatorio sul Commercio della Regione Lazio
Fig. 1.5.32 - Esercizi di vicinato nel Comune di Colleferro nel 2002
Fonte - Osservatorio sul Commercio della Regione Lazio
Anche nella Provincia di Roma gli esercizi di vicinato nel settore non alimentare erano
prevalenti, ma con percentuali differenti (Fig. 1.5.33).
Fig. 1.5.33 - Esercizi di vicinato nella Provincia di Roma nel 2002
74%
88%
12%
26%
Alimentare
Fonte - Osservatorio sul Commercio della Regione Lazio
Non alimentare
Alimentare
Non alimentare
107

Per medie strutture di vendita si intendono gli esercizi aventi superfici maggiori di quelle degli
esercizi di vicinato e fino a 1.500 m 2 nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000
abitanti e a 2.500 m 2 nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti.
Fra le medie strutture di vendita nel 2002, su 23 esercizi presenti nel Comune di Colleferro 7
erano supermercati che insieme ai 3 esercizi alimentari occupavano 3.466 m 2 di superficie (Tab.
1.5.24).
Tab. 1.5.24 - Medie strutture di vendita
Anno 2002
Settore prevalente Esercizi Superficie (m 2 )
Colleferro Alimentare 3 3.466
Supermercati 7
Non alimentare 13 12.732
Provincia
Roma
Totale 23 16.198
Alimentare 338 313.446
Non alimentare 567 195.592
Totale 905 509.038
Fonte - Osservatorio sul Commercio della Regione Lazio,2002
Per grandi strutture di vendita si intendono, infine, gli esercizi aventi superfici superiori ai limiti
delle medie strutture di vendita.
Al 2002 dei 10 centri commerciali sorti nella Provincia di Roma, 1 era situato proprio a
Colleferro lungo la via Casilina km 49.700 località “Ponterotto” e occupava 5.950 m 2 di
superficie (Tab.1.5.25).
Tab. 1.5.25 - Grandi strutture di vendita
Anno 2002
Settore prevalente Esercizi Superficie (m 2 )
Colleferro Alimentare 0 0
Non alimentare 0 0
Centri commerciali 1 5.950
Provincia
Roma
Totale 1 5.950
Alimentare 4 12.986
Non alimentare 15 77.818
Centri commerciali 10 55.417
Totale 29 146.221
Fonte - Osservatorio sul Commercio della Regione Lazio, 2002
Successivamente al 2002, nella zona già interessata dal Centro Commerciale IPERCOOP della
Società COOP Toscana Lazio è stato realizzato il nuovo Centro Commerciale “La Piazza”, un
edificio di due piani fuori terra e uno interrato adibito a parcheggi e magazzini (Tab. 1.5.26).
108

Tab. 1.5.26 - Centro Commerciale “La Piazza”
SUPERFICIE DI VENDITA (SV) – Spazio utile commerciale
ALIMENTARE m 2 802,87
NON ALIMENTARE m 2 1807,61
Superficie di vendita totale m 2 2.610,48
SUPERFICIE INTEGRATIVA – (Spazio utile coperto aperto al pubblico e destinato ad
altre attività connesse)
Piano Terra
- Agenzia di viaggi m 2 29,61
- Sport. bancario m 2 57,57
- Gall. Comm. m 2 251,11
Piano Primo
- Bar m 2 112,40
- Ristorante m 2 120,67
- Gall. Comm. m 2 419,4
Totale superficie integrativa m 2 1.312,62
Parcheggio privato sia a quota terreno che interrato
- Superficie m 2 6.541,57
- N. posti auto 206
Parcheggio pubblico
- Superficie m 2 1.958
- N. posti auto 56
Totale parcheggi m 2 8.491,58
Fonte – Comune di Colleferro
Con la realizzazione del nuovo centro si è giunti alla costituzione di un unico nucleo
commerciale.
Tale complesso commerciale può essere raggiunto attraverso una viabilità principale che utilizza
il casello autostradale di Colleferro della Roma – Napoli A2 e da una viabilità secondaria che
utilizza la SS. n° 6 Casilina, oltre che da strade interne che attraversano il nucleo industriale di
Colleferro Scalo.
Per quanto riguarda la circolazione viaria, il flusso maggiore del traffico proviene dal casello di
Colleferro della Autostrada del Sole, per cui per evitare ingorghi sulla strada statale, l’accesso
principale del nucleo commerciale è con senso unico su Via Romana I° traversa, in modo tale
che gli utenti possano utilizzare i parcheggi pubblici su Via Romana ed il parcheggio privato
esistente nel piano interrato del nuovo centro commerciale sempre con un percorso a senso
unico.
L’obiettivo è stato quello di creare un flusso veicolare “canalizzato” sia proveniente dalla
direzione di Frosinone che da Roma.
I parcheggi non sono intersecati da altre direttrici in quanto per l’uscita veicolare viene utilizzata
la strada esistente sul retro dell’IPERCOOP che conduce alla strada provinciale di Via Romana
II° traversa e quindi di nuovo sulla Via Casilina tramite lo svincolo a raso esistente, o per gli
abitanti di Colleferro il percorso attraversante Colleferro scalo che attraverso il Ponte Sabotino
conduce al centro della città.
Nei casi in cui l’incremento degli utenti dei centri Commerciali si rende consistente, ad esempio
nei giorni delle festività, per evitare ingorghi di traffico è possibile utilizzare la strada realizzata
sul retro del Centro “La Piazza” che permette di raggiungere la Via Romana I° traversa e di
109

conseguenza la strada sul retro dell’edificio IPERCOOP, realizzando così una importante
deviazione del flusso viario per la zona e per la scorrevolezza del traffico su Via Casilina nelle
due direzioni.
Oltre alla descrizione della distribuzione relativa al commercio in sede fissa, si riportano i dati
relativi alla tipologia distributiva dei mercati quotidiani.
Al 2002 nel Comune di Colleferro si svolgeva un mercato settimanale con 195 posteggi occupati,
di cui 17 alimentari, 150 non alimentari e 28 di produttori agricoli (Tab. 1.5.27).
Tab. 1.5.27 - Consistenza mercati settimanali - Anno 2002
Numero Numero dei posteggi occupati
Alimentari Non Produttori Totale
alimentari agricoli
Colleferro 1 17 150 28 195
Provincia
Roma
138 1.212 5.805 435 7.452
Fonte - Osservatorio sul Commercio della Regione Lazio
Artigianato
Alcune attività artigianali possono provocare impatti notevolmente superiori a quelli del
commercio per gli scarichi e le emissioni prodotte in quanto comprendono attività tintorie,
officine di riparazione meccanica, carrozzieri, verniciatori.
Le imprese artigianali rappresentano, però, anche una componente fondamentale dell’economia
perché sono in grado di coniugare sviluppo economico e tutela ambientale, valorizzando le
risorse del territorio e facendosi portatrici di elementi culturali e sociali rappresentativi della
comunità locale.
Con la L. n. 860 del 1956 è stato introdotto l’Albo delle imprese artigiane.
La L. R. n. 7 del 1998 disciplina, in armonia con gli indirizzi della programmazione nazionale e
regionale, gli interventi della Regione diretti alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato, nonché
alla valorizzazione delle produzioni artigiane nelle loro espressioni territoriali, artistiche e
tradizionali, anche a tutela degli utenti e dei consumatori.
L’art. 11 dice che “la Regione, in armonia con le disposizioni comunitarie, nazionali e regionali
in materia di tutela ambientale, promuove il risanamento degli ambienti di lavoro ed il controllo
e l'abbattimento delle emissioni inquinanti delle imprese artigiane”.
Nel giugno del 2000 è stata adottata la Carta Europea delle piccole imprese, che riconosce la loro
importanza nel creare occupazione e nel contribuire allo sviluppo economico e sociale di un
Paese.
Soprattutto negli ultimi anni, anche grazie al ricorso a fondi della comunità europea si è assistito
al rilancio delle attività artigianali locali.
In base ai dati ISTAT nel 2001 a Colleferro erano presenti 295 imprese artigiane, pari al 24,5%
del totale delle imprese, che occupavano 707 addetti, cioè l’8,6% del totale degli addetti (Tab.
1.5.28).
110

Tab. 1.5.28 – Numero di imprese artigiane, unità locali e addetti
Imprese
artigiane
Unità locali Addetti
alle unità
locali
Colleferro 295 308 707
Provincia
Roma
48.760 49.609 88.411
Fonte - 8° Censimento Generale dell’Industria e dei Servizi dell’ISTAT del 2001
Informazioni sulla consistenza delle imprese artigiane negli anni successivi (2002 e 2003) sono
disponibili solo da una fonte diversa da quella dell’ISTAT, l’Infocamere (Tab. 1.5.29). La
situazione del settore ha presentato una sostanziale stabilità sia a livello provinciale che
comunale.
Nel 2003 a Colleferro le imprese artigiane registrate costituivano il 23,2% del totale, valore
superiore a quello medio provinciale (16,8%).
Tab. 1.5.29 – Consistenza delle imprese artigiane registrate nel Comune di Colleferro
Imprese artigiane Totale imprese % imprese artigiane su
totale
2002 2003 2002 2003 2002 2003
Colleferro 385 385 1.610 1.656 23,9 23,2
Provincia
Roma
63.745 65.226 376.638 387.828 16,9 16,8
Fonte - Elaborazione su dati Infocamere
Da notare che il numero delle imprese fornito da Infocamere per il 2002 e 2003 è molto
superiore al dato ISTAT del 2001. Ciò potrebbe essere interpretato come un brusco aumento
delle imprese ma può, più probabilmente, essere dovuto al diverso modo di classificare le
imprese e di eseguire i censimenti da parte delle due istituzioni.
Il Comune di Colleferro è interessato dal Piano di Insediamento Produttivo (P.I.P.) Valle
Settedue.
L’area, localizzata in prossimità del centro abitato, si trova nei pressi dei due assi di
comunicazione quali l’Autostrada Milano–Napoli (casello di Colleferro) e la linea ferroviaria
Roma-Napoli e quindi ha grande accessibilità rispetto al territorio circostante la stessa Roma
(Tab 1.5.30).
Tab. 1.5.30 - Scheda riassuntiva dell’area produttiva Valle Settedue
Superficie territoriale mq 202.709
Superficie fondiaria mq 121.919
Superficie libera mq 2020
Indice di saturazione 98,33%
N. lotti di progetto 61
N. lotti occupati 60
N. lotti liberi 1
Indice di saturazione 98,36%
Fonte – BIC Lazio
111

Le attività delle imprese insediate riguardano i settori dell’edilizia, della meccanica, degli
impianti, quello elettronico e quello chimico (Tab. 1.5.31).
Tab. 1.5.31 - Scheda dell’area produttiva Valle Settedue
LOCALIZZAZIONE DOTAZIONI
INFRASTRUTTURALI E DI
SERVIZIO
Denominazione P.I.P. Valle
PARAMETRI
TERRITORIALI
Distanza SS n in km 1 Sup. totale.
Settedue
in m2 Provincia Roma Distanza casello A1 in km 3,5 Sup.
fondiaria. in
Comune Colleferro Distanza ferrovia in km 1 Sup.
parcheggi in
Località Valle Settedue Distanza aeroporto in km 80 Sup. strade
in m2 TIPOLOGIA P.I.P. Distanza discarica in km: Sup. verde in
INTERVENTO
m2 MODELLO ORGANIZZATIVO Distanza cap. provinciale in 45 Sup. servizi
km
in m2 Modello
organizzativo
Comune Allacciamento rete fognaria si
Numero lotti 34 Impianto di depurazione si
TIPOLOGIA
AREA
Artigianale Raccolta RSU si
STRUMENTI URBANISTICI Allaccio rete telefonica si
Approvazione PRG Del. G.R.
4719-17/7/84
Allaccio rete telematica si
Approvaz. adozione Piano di Fab
Adozione PP Del. G.C. 644-
1/08/96
Fonte – BIC Lazio
m 2
m 2
120.000
71.240
6.433
26.229
18.193
6.445
Destinata alle piccole e medie imprese tale area è stata recentemente ampliata per consentire
un’espansione in grado di raddoppiare il numero di insediamenti produttivi già presenti e
programmati dal vecchio piano particolareggiato (Tab. 1.5.32).
112

Tab. 1.5.32 - Scheda dell’ampliamento dell’area produttiva Valle Settedue
LOCALIZZAZIONE DOTAZIONI
INFRASTRUTTURALI E DI
SERVIZIO
PARAMETRI
TERRITORIALI
Denominazione Ampl. Valle Distanza SS n in km 1 Sup. totale.
in m2 Provincia Roma Distanza casello A1 in km 3,5 Sup.
fondiaria. in
Comune Colleferro Distanza ferrovia in km 1,5 Sup.
parcheggi in
Località Valle Settedue Distanza aeroporto in km 80 Sup. strade in
TIPOLOGIA Ampliamento Distanza discarica in km: Sup. verde in
INTERVENTO P.I.P.
m2 MODELLO ORGANIZZATIVO Distanza cap. provinciale in 45 Sup. servizi
km
in m2 Modello
organizzativo
Comune Allacciamento rete fognaria si
Numero lotti 27 Impianto di depurazione si
TIPOLOGIA
AREA
Artigianale Raccolta RSU si
STRUMENTI URBANISTICI Allaccio rete telefonica si
Approvazione PRG Allaccio rete telematica si
Approvaz. adozione PdF
Adozione PP Del. G.C. 644-
1/08/96
Fonte – BIC Lazio
m 2
m 2
m 2
92.080
50.534
10.124
13.297
16.916
1.209
Nel dicembre 2002 è stato costituito il Consorzio Area P.I.P. di Colleferro tra il Comune ed un
insieme di 32 imprese industriali, artigianali e di servizi, operanti nell’area ubicata in Località
Valle Settedue. Oggi le imprese associate sono 40.
La Società, che non ha fini di lucro, si propone un’ampia e diversificata serie di attività, tutte
finalizzate alla valorizzazione, promozione e gestione del complesso produttivo costituito dalle
imprese e dalle infrastrutture ivi presenti.
Il sostegno all’attività della Società Consortile è assicurato dai contributi annuali dei soci e da un
contributo straordinario erogato dal Comune di Colleferro che detiene la maggioranza delle
quote associative.
113

1.5.5 Le attività estrattive
La diversità geologica del Lazio dà origine ad estesi giacimenti di materiali da cava. Nel Lazio il
settore estrattivo è caratterizzato da circa 376 insediamenti, oltre 2.000 addetti, un indotto che
fornisce lavoro ad altre 10.000 unità, 16 milioni di metri cubi di materiale estratto all’anno ed un
giro di affari, escluso l’indotto, di poco superiore ai 350 milioni di euro.
Le cave laziali vengono raggruppate in 3 classi, in funzione della loro prevalente destinazione
d’uso:
- pietre ornamentali;
- materiali industriali;
- materiali da costruzione.
Allo stato attuale l’attività in materia di cave e torbiere è disciplinata dalla L. R. n.17 del 6
dicembre 2004 “Disciplina organica in materia di cave e torbiere e modifiche alla L. R. 6 agosto
1999, n. 14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del
decentramento amministrativo) e successive modifiche” che ha abrogato la precedente L. R. n.
27 del 5 maggio 1993 “Norme per la coltivazione delle cave e torbiere della Regione Lazio”.
La nuova legge persegue quattro obiettivi: garantire agli imprenditori certezza di diritto,
semplificazione e trasparenza amministrativa; incentivare lo sviluppo e l’innovazione
tecnologica delle imprese; contribuire al recupero ambientale ed innalzare il livello di sicurezza
negli ambienti di lavoro.
Nel Comune di Colleferro sono presenti tre cave regolarmente autorizzate:
- la cava di proprietà dell’Italcementi S.p.A. in località Colle Quarticcioli;
- la cava di proprietà dell’Italcementi S.p.A. in località Colle Girifalco;
- la cava di proprietà della Furlan S.r.l. in località Colle Montarozzo.
Quest’ultima cava è esaurita e le attività attualmente in corso si riferiscono alla sagomatura della
scarpata al disotto del bosco, previste nei progetti inseriti nel programma di Riqualificazione
urbana ed espressamente autorizzati dalla Regione e dal Comune.
114

1.5.6 Diffusione dei sistemi di gestione ambientale d’impresa
Una misura delle risposte del mondo industriale ai temi della sostenibilità è la presenza di
aziende che hanno adottato sistemi di gestione ambientale.
Il Quinto Programma d’Azione in materia Ambientale dell’Unione Europea ha introdotto il
principio della responsabilità condivisa secondo il quale si richiede una ridistribuzione delle
responsabilità ambientali tra i diversi attori sociali con il coinvolgimento attivo nella politica
ambientale dei vari soggetti regolati, siano essi cittadini, consumatori o imprese. Vi è il
superamento del rapporto autorità controllante/soggetto controllato in favore di sistemi di
controllo alternativi basati, ad esempio, sull'autocontrollo e sulla certificazione.
Per perseguire il miglioramento continuo delle proprie attività aziendali, le imprese possono
scegliere di adottare diversi schemi di certificazione, sia propriamente ambientali (Certificazione
ISO 14001 e Registrazione EMAS) sia orientati alla soddisfazione del cliente (Certificazione
ISO 9001).
L'introduzione in azienda di un Sistema di Gestione per la Qualità (ISO 9001) ha come scopo
l'organizzazione e il controllo delle attività aziendali con un duplice obiettivo:
- assicurare nel tempo il livello qualitativo dei prodotti/servizi in modo da soddisfare le attese
dei Clienti;
- individuare e ridurre le inefficienze aziendali ed eliminarne i costi.
L’adozione volontaria di un Sistema di Gestione Ambientale (ISO 14001 e EMAS) consente alle
imprese di migliorare il loro comportamento nei confronti dell’ambiente, cioè di ridurre le loro
pressioni sul territorio.
La certificazione del Sistema di Gestione Ambientale (SGA), secondo lo Standard Internazionale
ISO 14001 è ottenuta sottoponendo il proprio sistema di gestione all’esame di un ente di
certificazione accreditato da un organismo competente. Le aziende hanno a disposizione anche
uno strumento europeo, il Regolamento EMAS (Ecomanagement and Audit Scheme) n. 761/01
che comprende il sistema di gestione ambientale come previsto dalla ISO 14001 che porta alla
iscrizione dell’azienda in un registro europeo.
Il sistema di gestione ambientale è uno strumento di analisi e controllo delle prestazioni
ambientali dell'azienda e si inserisce nel sistema di gestione complessivo di quest'ultima. Il
prerequisito obbligatorio è la conformità legislativa, l'obiettivo è il miglioramento continuo. Con
la certificazione le imprese possono utilizzare la qualità ambientale come elemento di
competizione, migliorando la propria immagine agli occhi del consumatore.
Il Sesto Programma d'Azione in materia di ambiente dell'Unione Europea prevede non solo lo
studio di misure per accrescere la diffusione dei sistemi di etichettatura ecologica dei prodotti
(Ecolabel) e di ecogestione/audit (EMAS), ma anche la promozione del Green Public
Procurement (acquisti sostenibili) come ulteriore strumento con cui perseguire l'attuazione della
Politica Integrata di Prodotto (IPP).
Poiché il degrado ambientale è conseguenza non solo dell'attività produttiva delle imprese, ma
anche del comportamento dei consumatori che, con le loro scelte, possono orientare il mercato
verso la diffusione di prodotti più rispettosi dell'ambiente, gli enti pubblici possono giocare un
ruolo fondamentale nell'attivazione di acquisti sostenibili e nella promozione delle aziende
insignite dell'Ecolabel o registrate EMAS, introducendo nei loro bandi criteri ecologici.
In base ai dati Sincert, l’organismo nazionale di accreditamento, al 2005 nel Comune di
Colleferro le aziende certificate ISO 9001 erano 45 e quelle certificate ISO 14001 solo 5 (Tab.
1.5.33).
115

Tab. 1.5.33 - Certificazioni ISO 9001 e ISO 14001. Anno 2005
Colleferro Provincia Roma
ISO 9001 45 6.766
ISO 14001 5 146
Totale 50 6.912
Fonte - Sincert
A giugno 2005, il Cementificio ITALCEMENTI ha sottoscritto un Protocollo d’intesa con
l’amministrazione comunale di Colleferro proprio per garantire una maggiore attenzione
all’ambiente.
Gli interventi previsti riguardano un sistema di monitoraggio continuo delle emissioni ai camini
delle linee di cottura e la certificazione ambientale del sito secondo la norma ISO 14001.
La sicurezza e l'ambiente sono due aspetti importanti su cui anche le altre industrie a rilevanza
ambientale dovrebbero investire in un'ottica di continua attenzione al territorio e rispetto delle
esigenze della popolazione e di chi opera all'interno degli impianti.
116

2 - PARTE SECONDA – LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE,
SOCIALE ED ECONOMICA
2.1 - PAESAGGIO E USO DEL TERRITORIO
Parlare di paesaggio oggi significa affrontare una disciplina non ancora canonizzata. Nonostante
i numerosi studi, leggi, convenzioni, l’approccio al paesaggio non è univoco. Sulle stesse
definizioni ci sono diversi punti di vista. In quello estetico-percettivo il paesaggio è funzione
dell’osservatore, che ne percepisce le varie forme, geomorfologiche e vegetazionali; è l’uomo
quindi il soggetto creatore del paesaggio che con le sua capacità astrattive ne coglie le
caratteristiche estetiche. Da un altro punto di vista, la funzione dell’uomo come creatore del
paesaggio passa attraverso l’opera materiale dello stesso; le trasformazioni che esso compie sul
territorio modificano il paesaggio e sono il segno tangibile della sua presenza.
In senso più generale il paesaggio si può definire come l’oggetto nel quale si materializza la
memoria storica collettiva di una società o di una popolazione. E’ soggetto a trasformazioni
continue dettate sia da necessità di ordine socio-economico che si concretizzano
immediatamente, sia mediate da necessità di controllo delle trasformazioni e dello sviluppo,
attraverso strumenti urbanistici e di pianificazione economica; “Se il paesaggio è di grande
valore estetico sottende un’armonia molto più sostanziale dei fenomeni, che solo una sottile ed
attenta indagine può rilevare e valutare in termini quantitativi” (Giacomini, 1967).
Nella Convenzione Europea del Paesaggio (redatta a Firenze il 20 ottobre 2000 dal Consiglio
d’Europa) il paesaggio è definito come “una determinata parte di territorio, così come è percepita
dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro
interazioni”. I due caratteri fondamentali, natura e uomo, vengono considerati nella loro
interazione, trasformazione, dipendenza. La Convenzione afferma che il paesaggio ha un ruolo di
interesse pubblico dal punto di vista culturale, ecologico, ambientale e sociale. È una
componente fondamentale del patrimonio naturale e culturale dell’Europa. Possiede un valore
economico ed è visto come una risorsa, fonte di benessere e profitto che va gestito secondo i
principi dello sviluppo sostenibile.
La Convenzione sottolinea l’importanza della partecipazione pubblica nel processo decisionale
sulla protezione del paesaggio, specialmente al livello locale ed ha come obiettivo l’integrazione
della componente “paesaggio” nelle politiche giuridiche, economiche, sociali e pianificatorie
degli enti locali. Le misure specifiche di attuazione di questo obiettivo, previste all’art. 6,
passano attraverso attività di sensibilizzazione, di formazione ed educazione, di individuazione e
valutazione dei paesaggi presenti e applicazione delle politiche di salvaguardia, di gestione e di
pianificazione degli stessi.
L’art. 11 della Convenzione istituisce il “Premio del Paesaggio Consiglio d’Europa” per autorità
locali, regioni, associazioni non governative che abbiano attuato politiche volte alla salvaguardia,
alla gestione e/o alla pianificazione sostenibile dei loro paesaggi che dimostrino un’efficacia
durevole e possano servire da modello per le altre collettività.
117

2.1.1 Normativa
La Costituzione Italiana recita all’art. 9 “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la
ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
L’aspetto polivalente della componente paesaggio, uomo-natura-interazioni, è sancito però anche
dalle prime leggi che si occupano di paesaggio, prima della moderna Costituzione Italiana del
1946. La L. 29 giugno 1939, n. 1497 “Protezione delle bellezze naturali” si basa sulla necessità
di preservare, insieme alle memorie e alle testimonianze del passato, anche le più importanti
componenti a valenza ambientale e paesistica.
Negli anni ottanta si è aggiunta la L. 8 agosto 1985, n. 431 (Legge Galasso) che prevede
disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. Le due leggi sono
state compendiate nel D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 “Testo unico delle disposizioni legislative
in materia di beni culturali e ambientali”. Oggi tutta la normativa a tutela dei beni culturali e del
paesaggio fa capo ad un unico riferimento legislativo: D.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 “Codice dei
beni culturali e del paesaggio”. Secondo l’art. 2 i beni paesaggistici costituiscono, insieme a
quelli culturali, un patrimonio del paese, e vengono tutelati dalla stessa normativa. L’art. 131
definisce il paesaggio come una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura,
dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni. Le Regioni devono assicurare che il
paesaggio sia adeguatamente tutelato e valorizzato. A tal fine devono disporre la realizzazione di
Piani Paesistici, all’interno dei quali vengono definite le possibili trasformazioni dei valori
paesaggistici, le azioni di recupero, riqualificazione e valorizzazione. Il Piano ripartisce il
territorio in ambiti omogenei, da quelli di elevato pregio fino a quelli significativamente
compromessi o degradati. Il Piano ha contenuto descrittivo, prescrittivo e propositivo (art. 143).
Il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) della Regione Lazio è in fase di realizzazione e
per il momento sul territorio regionale sono in vigore dei Piani Territoriali Paesistici (PTP)
suddivisi per ambiti territoriali, ovvero porzioni più ristrette del territorio regionale. Il PTPR
della regione Lazio sarà costituito dall’unione coordinata e omogeneizzata dei vari PTP per
ambiti. I PTP sono stati approvati con LL. R. 6 luglio 98 nn. 24 e 25.
Il Comune di Colleferro ricadono nell’ambito territoriale n. 8 “Subiaco, Fiuggi, Colleferro”.
Colleferro è inserito nello stesso ambito di altri comuni della Valle del Sacco per omogeneità
geografica, anche se la storia degli insediamenti è molto diversa tra loro. Mentre i primi
insediamenti dei centri storici di Fiuggi, Subiaco, Anagni, Segni risalgono a tempi antichi e
mostrano una struttura romana e medioevale Colleferro è una città estremamente recente. E’ già
stato descritto nella prima parte, infatti, come si sia originata da un piccolo insediamento
funzionale all’area industriale localizzata nel fondo valle. L’origine di Colleferro ha
condizionato fortemente oltre alle tipologie abitative anche l’utilizzo del territorio e, di
conseguenza, il paesaggio.
Al livello provinciale, coerentemente con quanto voluto dalla legislazione nazionale e regionale
(L.R. 38/99), la Provincia di Roma attraverso il Piano Territoriale Provinciale Generale (PTPG)
deve farsi carico delle competenze sussidiarie. Con il Piano Territoriale Provinciale Generale la
Provincia di Roma ha intenzione di dimostrare concretamente come sia possibile perseguire gli
obiettivi che ne hanno mosso in questi anni l’azione: lo sviluppo sostenibile dei sistemi locali e
complessi che la compongono, il perseguimento della coesione sociale ed economica, l’offerta di
soluzioni perequative e sussidiarie alla domanda di governo socioeconomico e territoriale.
Nello studio per la redazione del Piano al livello provinciale i centri storici sono considerati
elementi fondamentali nel riconoscimento di aree di uniformità paesaggistica. Sono stati così
individuati gli ambiti con caratteristiche di continuità storico-identitaria dei centri storici. Le
unità individuate da PTPG della Provincia di Roma sono comunità intermunicipali di comuni
118

metropolitani e rappresentano una possibile base di lettura per la gestione del paesaggio al livello
locale.
119

2.1.2 Il paesaggio di Colleferro
Lo scopo che ci prefiggiamo in questo paragrafo è quello di individuare all’interno del territorio
del Comune di Colleferro delle “tipologie di paesaggio” attraverso una lettura dello stesso, cioè
delle aree con caratteristiche paesaggistiche di base uniformi.
Basandoci su quanto prodotto per la redazione del Piano Territoriale Provinciale Generale per
l’individuazione dei sistemi paesistici a livello provinciale si è proceduto analizzando i seguenti
aspetti territoriali
• la tipologia di uso del suolo;
• la morfologia del territorio;
• le fisionomie vegetazionali.
Gli strumenti principali, quindi, sono stati la carta di uso del suolo Corine Land Cover 2000, le
carte del Piano Territoriale Provinciale Generale e le foto aeree.
Frammentazione degli ecosistemi
Il primo carattere analizzato è stato l’omogeneità. A tal fine, sulla base della carta di uso del
suolo Corine Land Cover 2000, sono state accorpate quelle tipologie di uso del suolo che
presentano omogeneità paesaggistica:
• aree urbane e industriali
• aree agricole
• aree naturali
Nella Fig. 2.1.1 viene riportata la distribuzione percentuale delle superfici per tipologie
omogenee
Fig. 2.1.1 - Superfici di uso del suolo per tipologie omogenee di utilizzo in %
13%
76%
11%
aree antropizzate
aree rurali
aree naturali
Fonte - Elaborazione IGEAM S.r.l. da Corine Land Cover 2000
La distribuzione spaziale di queste aree ha una forte continuità. Le aree rurali e quelle
antropizzate si presentano praticamente ognuna come un’unica porzione di territorio.
Una stessa tipologia di uso del suolo, a parità di superficie, può essere più o meno frammentata,
cioè costituita da un numero maggiore o minore di parti inframmezzate ad altri tipi di uso del
suolo. La frammentazione dà una idea di quanto un territorio abbia subito trasformazioni. Boschi
molto frammentati, e magari con frammenti molto piccoli, ad esempio, non è detto che
permettano una adeguata sopravvivenza alle specie forestali, che hanno bisogno di una
120

estensione adatta a garantire la disponibilità di rifugi e alimentazione e tali da permettere la vita
ad una popolazione sufficientemente numerosa da garantire la riproduzione e la sopravvivenza
della specie.
La tipologia più frammentata è quella delle aree naturali che si trova suddivisa, alla scala di
1:100.000, in tre frammenti singoli. Il territorio del Comune di Colleferro quindi è, di fatto,
molto omogeneo, poco frammentato e con una forte pressione antropica. Le aree naturali
rappresentano solo il 13 % circa dell’intera superficie comunale.
Tipologie di Paesaggio
Le interazioni tra gli elementi naturali e quelli antropici che contribuiscono alla definizione di
paesaggio possiamo desumerli dalle carte del Piano Territoriale provinciale Generale della
Provincia di Roma (2002). Dalla “Carta del rischio di compromissione dell’armonia delle
configurazioni naturali” e dalla “Carta della Qualità paesistica per classi di compresenza di
elemento di pregio” (Fig. 2.1.2 – 2.1.3) emerge quanto segue:
• la zona a maggior sensibilità e qualità è quella boscata della Selva del Principe;
• le altre aree naturali ricadono in zone a sensibilità alta e qualità media
• le aree antropizzate insistono su aree a sensibilità e qualità diversa, comprendendo tutti i
gradi delle scale
• la aree agricole coprono il restante territorio a sensibilità “alta “o “scarsa “ e, per una
porzione minima “debole”, mentre la qualità risulta in genere “media”.
Praticamente da queste carte emerge che l’elemento naturale è di valore paesistico non
trascurabile anche se è inserito in un contesto di scarso rilievo.
L’effetto dell’azione dell’uomo la desumiamo invece dalla carta di “Classificazione unità
storiche di relazione” e dalla “Mappa delle Unità morfologiche territoriali per classi di qualità”
dal PTPG (Fig. 2.1.4 – 2.1.5). Le uniche aree a valore consistente, cioè con elementi di criticità
alta e media sono quelle dell’area urbanizzata in senso stretto, ovvero il centro urbano vero e
proprio. Il resto del territorio presenta una criticità debole, scarsa o trascurabile.
121

Fig. 2.1.2 - Rischi di compromissione dell’armonia
delle configurazioni naturali(Rischio alto = rosso
intenso – rischio basso = verde)
Fonte - Piano territoriale Provinciale Generale
Provincia di Roma, 2002
Fig. 2.1.4 - Classificazione unità storiche di
relazione (Pregio elevato = blu intenso – Pregio
basso = giallo)
Fonte - Piano territoriale Provinciale Generale
Provincia di Roma, 2002
Fig. 2.1.3 - Qualità paesistica per classi di
compresenza di elementi di pregio (Qualità elevata =
blu intenso – Qualità basso = verde)
Fonte - Piano territoriale Provinciale Generale
Provincia di Roma, 2002
Fig. 2.1.5 - Mappa unità morfologiche territoriali per
classi di qualità (Qualità elevata = rosso intenso –
Qualità basso = verde)
Fonte - Piano territoriale Provinciale Generale
Provincia di Roma, 2002
122

Quello che emerge da questa analisi qualitativa è l’individuazione di tre tipologie di paesaggio,
coincidenti, per l’uniformità rilevata, con le tre aree individuate dalle classi di uso del suolo:
Paesaggio del centro abitato e dell’adiacente, estesa, area industriale: questa zone trae il suo
valore paesaggistico dall’identificazione, da parte della popolazione, degli elementi che l’hanno
portata a vivere qui: il lavoro e l’industria. Si legge in uno “Studio di Riqualificazione del Fiume
Sacco” del 1999, nel quale si proponeva l’istituzione di un Parco fluviale, a proposito del
paesaggio “Vi sono però alcuni elementi estranei al parco ma molto visibili, che contribuiscono a
determinare una specifica immagine: uno, il più importante è il cementificio che con la sua
imponente mole domina per alcuni chilometri il panorama di tutta la città e che nel bene e nel
male ne ha caratterizzato la conformazione. E’ un elemento dalla perentoria bellezza ed ormai
costituisce il simbolo della storia e dell’archeologia industriale di Colleferro, città recente, per
altro priva di altri elementi di pregio estetico”.
Paesaggio della Selva del Principe: è l’unica area naturale, collegata con altre a ridosso di
un’importante gruppo montuoso: i Monti Lepini. La bellezza di questo paesaggio ha destato per
primo l’interesse dei regnanti dei tempi passati, dai quali deriva il nome e che ha rappresentato la
salvezza di quest’area.
Tutte le altre aree naturali sono frammentate e disconnesse tra di loro. Esistono degli elementi
che le dividono, rendendo difficile la continuità biologica per le specie animali e vegetali ivi
presenti. Gli individui che vivono in un area, difficilmente potrebbero entrare in contatto con
quelli delle stessa specie presenti in un’area diversa. La frammentazione ecologica porta ad un
problema, noto come “deriva genetica” e ad una diminuzione della biodiversità dell’area in
oggetto. Gli ambienti dove la biodiversità è molto bassa sono quelli più fragili, poiché le risorse,
in termini di “possibilità di affrontare una difficoltà” sono legate alla diversità: maggiore
diversità, maggiore possibilità che fra tutti gli individui ce ne sia uno in grado di sopravvivere
alla difficoltà e tramandare il proprio patrimonio genetico più adatto alle nuove condizioni.
Quando la diversità diminuisce l’habitat è a rischio, perché le sue capacità di mantenere la
propria identità e i propri equilibri di fronte ai cambiamenti sono scarse.
Le cause della frammentazione tra le aree naturali sono:
• l’autostrada A1 Roma-Napoli
• la ferrovia
• l’area industriale
• le aree coltivate
Paesaggio agricolo: dalle foto aeree l’immagine che emerge è quella di una coltura uniforme e
piatta. Su queste ampie distese di seminativi non si rinviene alcun elemento né di stacco, né di
pregio visivo.
Fig. 2.1.6 - Rappresentazione del territorio comunale con l’indicazione delle diverse tipologie di paesaggio
elaborate sulla base della Carta di uso del suolo Corine Land Cover 2000 (pagina seguente)
123

(Colle della Piombinara)
Aree naturali e
Selva del Principe
Aree
agricole
Aree urbane ed industriali
Aree naturali
Aree rurali
Discarica di
Colle Fagiolara
Centro abitato e
adiacente area industriale
124

Habitat standard
Il confronto dell’indicatore habitat standard nel tempo consente di valutare la pressione
dell’aumento di popolazione; infatti l’HS è uno standard ecologico che mette in relazione lo
spazio territoriale realmente utilizzato dall’uomo per l’espletamento delle sue funzioni vitali con
il numero di individui che utilizzano quello spazio.
Tale indicatore parte dal presupposto che la capacità di un territorio di ospitare una popolazione
sia limitata e, quindi, sia necessario trovare degli strumenti di misura che permettano di capire
qual è il carico antropico ammissibile di una certa unità territoriale. L’HS, quindi, mette in
relazione lo spazio utilizzato dall’uomo per vivere con il numero di individui che lo utilizzano,
misurando il carico che insiste effettivamente su di una certa area; si esprime in m 2 /ab. Per tale
elaborazione l’HS non considera tutto lo spazio disponibile di un certo ambito territoriale, ma
solo l’habitat umano, cioè quel territorio realmente occupato dall’uomo per l’espletamento delle
sue funzioni vitali (residenza, cultura e ricreazione, produzione di cibo e materiali necessari alle
attività lavoro, spostamenti e utilizzo dei servizi tecnologici, miglioramento del microclima e
della qualità ambientale); sono escluse le aree dell’habitat naturale e seminaturale dove l’uomo si
inserisce più di rado utilizzando al minimo l’energia prodotta. L’habitat umano HU viene
analizzato articolandolo in quattro parti, corrispondenti ai quattro apparati funzionali:
1. Abitativo (AB) è il sistema di elementi dell’apparato abitativo ed è caratterizzato da funzioni
insediative residenziali e di servizio. Sono compresi ville e fabbricati isolati, compresi i piccoli
orti e i giardini di casa (abitativo rado) e il verde di arredo urbano e sportivo. L’apparato
abitativo dipende quasi totalmente da energia artificiale.
2. Sussidiario (SS) comprende le aree e gli elementi con funzione industriale, trasformazione dei
materiali, produzione di energia, infrastrutture territoriali e di grande mobilità (strade non
agricole e residenziali) come ferrovie, autostrade e aeroporti, grandi depositi e aree estrattive.
Anche questo, come l’abitativo, dipende esclusivamente da energia artificiale.
3. Produttivo (PD) è il sistema degli elementi del paesaggio con funzione agricola: orticola,
seminativa, foraggiera e zootecnica, frutticola e vinicola, vivaistica, ecc. Sono compresi anche
gli elementi specialistici come le fattorie, le stalle e i granai. L’apparato produttivo dipende in
larga parte da energie naturali, ma è interessato anche da energia esterna (arature, semine,
fertilizzanti, diserbi, ecc.).
4. Protettivo (PT) sono le aree con funzione protettiva capaci di influire sulla regolazione
microclimatica, sull’isolamento acustico, sulla protezione dei coltivi agricoli, sulla ricreazione
della popolazione. Si tratta quindi del sistema di giardini, parchi, siepi, filari, rimboschimenti,
boschi cedui. L’apparato protettivo è costituito da elementi che utilizzano prevalentemente
energia naturale (acqua e sole) e solo in parte sono condizionati da apporto energetico artificiale
(cure culturali).
È necessario che i quattro apparati dell’habitat umano siano presenti sul territorio in modo
equilibrato per non consumare quantitativi di energia e di suolo sproporzionati alle effettive
esigenze del paesaggio.
I valori di habitat standard riportati nello schema di seguito sono stati presi dal “Rapporto sullo
Stato dell’Ambiente in Umbria” e sono di riferimento generale ma possono variare da regione a
regione e da zona a zona. Le caratteristiche territoriali dell’Umbria e del Lazio, specialmente
nella zona considerata, permettono l’utilizzo degli stessi parametri di valutazione (Fig. 2.1.7).
125

Fig. 2.1.7 – Valori di riferimento per l’habitat standard in relazione alle tipologie di paesaggio
Valori di Habitat standard
RURALE
Fonte – RSA in Umbria, 2004
Il valore dell’Habitat standard di Colleferro è stato calcolato sulla base della Carta di uso del
suolo Corine Land Cover 2000 ed offre indicazioni di riferimento di massima che potranno
essere affinate in futuro. La scala di tale carta è 1:100000 e, quindi, poco precisa.
L’Habitat Standard di Colleferro è 1067 m 2 /ab e corrisponde al Paesaggio Suburbano (Fig.
2.1.8). La tipologia di “Paesaggio Suburbano” indica che a Colleferro l’energia prodotta
all’interno del territorio comunale non è sufficiente al consumo quindi necessita di un apporto di
energia dalle aree circostanti. Questo significa che la produzione delle materie prime necessarie
al sostentamento e all’attività dei cittadini del comune coinvolge altro territorio extra-comunale.
Fig. 2.1.7 – Valori di riferimento per l’habitat standard in relazione alle tipologie di paesaggio
Valori di Habitat standard
RURALE
6700 2600 1640 780 500 260
RURALE
PRODUTTIVO
Tipologia di paesaggio
6700 2600 1640 780 500 260
RURALE
PRODUTTIVO
Tipologia di paesaggio
RURALE
POVERO
RURALE
POVERO
SUBURBANO URBANO
RADO
Colleferro
SUBURBANO URBANO
RADO
URBANO
URBANO
In altre parole, il sostentamento della popolazione del Comune di Colleferro avviene
convogliando flussi di energia dall’esterno, poiché al suo interno la produzione di materie prime
è praticamente assente ed il settore produttivo, pur occupando un’area minore rispetto a quella
agricola è dedicato a produzione secondaria.
URBANO
DENSO
URBANO
DENSO
126

Diversità
L’indice di Shannon (H) esprime la probabilità di incontrare elementi diversi in un certo areale.
È un indice che dipende dal rapporto tra la superficie occupata dell’elemento paesaggistico e
l’area considerata e precisamente
H = - Σi (Pi log (Pi))
dove:Pi è il rapporto tra la superficie occupata dall’elemento iesimo e l’area considerata.
L’aumento del valore di H è legato a un numero maggiore di elementi paesistici e a una minor
differenza tra le quantità di superficie dei vari elementi. La diminuzione di diversità comporta,
nel caso del paesaggio, una omogeneizzazione sinonimo di appiattimento. Un aumento eccessivo
di elementi diversi può causare la perdita di struttura e dell’equilibrio del sistema paesistico.
Una valutazione del semplice valore di H non è sufficiente a valutare nel tempo le dinamiche che
interessano il paesaggio nel territorio. È importante piuttosto valutare il rapporto
H/ HMax
dove HMax è il valore massimo della diversità ovvero quando tutti gli elementi sono presenti in
uguale quantità. In questa situazione il sistema è privo di struttura e in particolare non è possibile
individuare la matrice del paesaggio. Quanto più questo rapporto è vicino ad 1, tanto più il
sistema si sta avvicinando allo stato di destrutturazione.
Il range di valori per l’indice di diversità H ha come limite superiore il valore di HMax. in
generale sono considerati ottimali valori di H/HMax compresi tra 0,50 e 0,70 per i paesaggi
prevalentemente antropici (RSA in Umbria, 2004).
L’indice di Shannon (Tab. 2.1.1) è stato calcolato su tutto il territorio comunale e sulla base della
Carta di uso del suolo Corine Land Cover 2000. Nella tabella di seguito sono riportati i valori
riscontrati di H, HMax e il loro rapporto per il territorio nella sua totalità, per le componenti
antropiche e naturali.
Tab. 2.1.1 - Valori dell’indice di diversità per il territorio del Comune di Colleferro
COLLEFERRO H HMax H/HMax
Totale 0.52 1.08 0.48
Naturale 0.18 0.70 0.26
Antropico 0.33 0.85 0.40
I valori del rapporto tre H e HMax presentano una situazione di disequilibrio. La diversità di
paesaggio è lontana dalla capacità ottimale. In particolare il valore assoluto della diversità della
componente naturale insieme alla considerazione qualitativa relativa alla connessione delle
diverse aree, delinea uno scenario di forte criticità perchè le aree naturali sono poche, non
collegate e non tutelate.
127

2.2 SUOLO E SOTTOSUOLO
Nel sistema Geosfera sono compresi sia il suolo senso strictu, cioè la parte superiore della
crosta terrestre, sia il sottosuolo, cioè la parte di crosta che va dalla base della roccia sino a
qualche centinaio-migliaio di metri di profondità.
In molte aree europee il suolo è soggetto a processi degradativi gravi e irreversibili, che sono
il risultato della domanda crescente e, spesso, conflittuale da parte di quasi tutti i settori
economici. Le pressioni sul suolo derivano dalla concentrazione, in aree localizzate, della
popolazione e delle attività economiche, dai cambiamenti climatici e dalle variazioni di uso
del suolo stesso.
Se il sistema di coltivazione è quello che maggiormente influisce sulla qualità del suolo nelle
aree agricole, l’incremento dei consumi e del settore industriale ha contribuito ad aumentare il
numero delle potenziali sorgenti di contaminazione e gli impianti di smaltimento dei rifiuti.
L’azione combinata di queste attività influenza la qualità dei suoli e ne limita molte
importanti funzioni, inclusa la capacità di rimuovere i contaminanti dall’ambiente attraverso i
processi di filtrazione e assorbimento. Proprio questa capacità, assieme alla resilienza del
suolo, cioè alla capacità di reagire agli influssi esterni, fanno sì che spesso i danni vengano
evidenziati solo quando sono in stato molto avanzato, a volte molto vicini alla fase di non
reversibilità. A ciò va aggiunto che la composizione del suolo è molto complessa e le
conoscenze sugli equilibri chimico-fisici, che presiedono alla sua formazione ed evoluzione e
delle interazioni con gli altri agenti naturali, resta tuttora limitata sia in termini qualitativi sia
quantitativi.
I maggiori problemi che interessano i suoli sono: l’erosione, soprattutto idrica, la
contaminazione locale e diffusa, la perdita di suolo per impermeabilizzazione, la diminuzione
della biodiversità delle comunità che vivono nel sottosuolo stesso, il rischio geologico
evidenziato dalle frane e dalle inondazioni. Per quanto riguarda i siti contaminati, gli attuali
strumenti legislativi, in particolare il DM 471/99, hanno permesso l’emersione del problema e
hanno fornito gli elementi di base per affrontarlo; i miglioramenti della legislazione, da tutti
auspicati, dovrebbero facilitare il reperimento delle risorse, anche tra i capitali privati,
necessarie per risolvere in modo sostanziale il problema.
128

2.2.1 Sensibilità del territorio al dissesto idrogeologico
Per dissesto idrogeologico s’intendono quei processi che vanno dall’erosione contenuta e
lenta alla forma più consistente della degradazione superficiale e sottosuperficiale dei versanti
fino alle forme imponenti delle frane.
Rientrano quindi nei dissesti idrogeologici tutte quelle situazioni di disordine prodotti
prevalentemente dall’acqua, compresi anche gli eventi di alluvione.
I lavori esistenti, a livello locale e nazionale, che hanno studiato questa problematica a
Colleferro sono in particolar modo:
• progetto AVI, sviluppato dal Gruppo Nazionale per la Difesa delle Catastrofi
Idrogeologiche (GNDCI) del CNR, nato nel 1989, con l’obiettivo di censire gli eventi di
frana e di inondazione su tutto il territorio nazionale e quello di determinare la sensibilità
del territorio al dissesto geomorfologico basandosi sulla considerazione che la
predisposizione al dissesto di un’area è tendenzialmente proporzionale al numero di
dissesti verificatosi nell’area stessa;
• Piano stralcio dell’Assetto Idrogeologico (PAI) dell’Autorità di Bacino dei Fiumi Liri-
Garigliano e Volturno.
Di seguito sono riportati gli indicatori elaborati dal GNDCI a partire dai dati censiti.
Va ricordato che il progetto AVI ha utilizzato come fonte di censimento i quotidiani e le
pubblicazioni con date che vanno dal 1918 al 1994. Questa tipologia di fonte, presenta molti
limiti, primo fra tutti il fatto che in questo modo risultano censiti solo gli eventi che hanno
avuto una rilevanza tale da essere riportati su quotidiani, sebbene a tiratura locale.
Numero dei siti e degli eventi di frana e d’inondazione
La Tab. 2.2.1 riporta il numero dei siti e degli eventi di frana e d'inondazione noti per
Colleferro. Per convenzione, una "località" è rappresentata da un singolo sito, contraddistinto
da una coppia di coordinate geografiche (un punto). In ogni località (o sito) possono essersi
verificati uno o più "eventi" di frana o d'inondazione.
La Tab. 2.2.1 è stata realizzata contando il numero d'eventi di frana e d'inondazione nonché il
numero di siti colpiti da frane o da inondazione presenti sul territorio comunale. Il numero
d'eventi censiti o di siti colpiti è indicato in 5 classi riportate nel seguente specchietto:
Colore Numero di siti o
eventi
0
1 – 5
6 – 20
21 – 50
> 50
129

Tab. 2.2.1 - Numero dei siti e degli eventi di frana e di piena censiti per Colleferro
EVENTI
di Frana
EVENTI
di Piena
EVENTI
totali
SITI di
Frana
SITI di
Piena
Colleferro 3 9 12 3 6 9
Fonte - Progetto AVI – GNDCI
SITI
totali
Dalle Fig. 2.2.1 e 2.2.2, in cui si riportano il numero degli eventi di frana e di piena, e dalle
Fig. 2.2.3 e 2.2.4 in cui si riportano il numero di siti colpiti da eventi di frana e di piena, si
osserva che tali fenomeni sono dislocati tutti lungo il corso del fiume Sacco, delineando
questa come la zona maggiormente sensibile al dissesto.
130

Fig. 2.2.1 - Numero degli eventi di frana
Fonte - Progetto AVI - GNDCI
Fig. 2.2.2 - Numero degli eventi di piena
Fonte - Progetto AVI - GNDCI
131

Fig. 2.2.3 - Numero dei siti colpiti da eventi di frana
Fonte - Progetto AVI - GNDCI
Fig. 2.2.4 - Numero dei siti colpiti da eventi di piena
Fonte - Progetto AVI - GNDCI
Un altro censimento degli eventi connessi al rischio idrogeologico è riportato dal SIRDIS
(Sistema Informativo Regionale Difesa Suolo), che costituisce il contenitore unico in cui la
Regione Lazio fa confluire tutti i dati e le informazioni inerenti le attività di elaborazione e
132

edazione di piani e direttive per la salvaguardia del territorio regionale dai dissesti
idrogeologici svolte dalle Autorità di Bacino Nazionali, Interregionali e Regionali.
I dati sono riportati in Tab. 2.2.2.
Tab. 2.2.2 - Dati dissesti e vincoli idrogeologici
Comune Colleferro
km altissimo rischio o pericolosità idraulica 2.146 km (lungo il fiume Sacco)
m 2 altissimo rischio o pericolosità idraulica 846690 m 2
n. di dissesti puntiformi 1
tipo di dissesti puntiformi Dissesto gravitativo
m 2 vincolo idrogeologico 1654682 m 2
km alta pericolosità inondazioni ---
m 2 medio-basso rischio per inondazione ---
m 2 alto rischio per frana 9.881 m 2
m 2 medio-basso rischio per frana ---
Fonte: Elaborazione Igeam su dati del SIRDIS
Densità dei siti e degli eventi di frana e d’inondazione
La densità dei siti e degli eventi di frana e d’inondazione è stata calcolata (sempre nell’ambito
del progetto AVI) contando il numero di siti colpiti da frana e da inondazione e dividendo il
totale per l'area del Comune.
Allo stesso modo, la densità degli eventi è stata calcolata contando il numero d'eventi di frana
o d'inondazione e dividendo il totale per l'area del Comune.
La densità degli eventi censiti o dei siti colpiti è indicata in 5 classi riportate nello specchietto
di seguito e la Tab. 2.2.3 riporta i valori per il Comune di Colleferro.
Colore Densità
n.c.
0 - 0,2 (Bassa)
0,2 - 0,5 (Media)
0,5 - 1,0 (Alta)
> 1 (Molto alta)
Tab. 2.2.3 - Densità dei siti e degli eventi di frana e di Piena
Densità
degli eventi
di Frana
Densità
degli eventi
di Piena
Densità
degli eventi
totali
Densità dei
Siti colpiti
da Frana
Densità dei
siti colpiti
da Piena
Densità dei
siti totali
Colleferro 0.11 0.33 0.45 0.11 0.22 0.33
Fonte - Progetto AVI – GNDCI
133

Fig. 2.2.5: Densità degli eventi di frana
Fonte : Progetto AVI - GNDCI
Fig. 2.2.6: Densità degli eventi di piena
Fonte : Progetto AVI - GNDCI
134

Fig. 2.2.7 - Densità dei siti colpiti da eventi di frana
Fonte - Progetto AVI - GNDCI
Fig. 2.2.8 - Densità dei siti colpiti da eventi di piena
Fonte - Progetto AVI - GNDCI
Sia la densità che il numero degli eventi di frana è classificabile come Bassa, mentre per
quanto riguarda le alluvioni risulta densità Media.
135

Probabilità degli eventi di frana e d'inondazione
Le probabilità degli eventi di frana e di inondazione sono stati calcolati in base ai dati storici
censiti per tre diversi periodi di ritorno (5, 10 e 25 anni).
I risultati sono stati prodotti a partire dal numero d'eventi di frana e d'inondazione censiti
sempre nell’ambito del progetto AVI, nel periodo 1900 - 2001 (102 anni). Per ogni Comune è
stata quindi calcolata la ricorrenza attesa degli eventi di frana e d'inondazione (Ricorrenza =
Periodo di Tempo / Numero di Eventi). Adottando un semplice modello probabilistico (di
Poisson) ed assumendo che la ricorrenza degli eventi misurata per il passato rimanga costante
nel futuro, è stato possibile calcolare per diversi intervalli di tempo la probabilità che in
ciascun Comune si verifichino eventi di frana, d'inondazione o, in generale, di rischio geoidrologico
(frane ed inondazione cumulate).
Ai Comuni con tre o più eventi di data ignota è stato convenuto di assegnare una ricorrenza di
136 anni (un evento ogni 136 anni).
Ai Comuni aventi solamente uno o due eventi, e di data ignota, è stato convenuto di assegnare
una ricorrenza di 204 anni (un evento ogni 204 anni).
Le probabilità sono indicate in 5 classi illustrate nello specchietto di seguito, esclusa quella
relativa alle situazioni prive di dati e nella Tab.2.2.4 sono riportati i valori censiti per il
Comune di Colleferro.
Colore Densità
n.c. (0)
0.001 - 0,2
0,2 - 0,4
0,4 – 0,6
0,6 – 0,8
> 0,8
Tab. 2.2.4 - Probabilità degli eventi di frana ed inondazione
Probabilità
Frane a
5 anni
Probabilità
Frane a
10 anni
Probabilità
Frane a
25 anni
Probabilità
Piene a
5 anni
Probabilità
Piene a
10 anni
Probabilità
Piene a
25 anni
Colleferro 0.14 0.25 0.52 0.36 0.59 0.89
Fonte - Progetto AVI - GNDCI
Nelle figure seguenti (Fig. 2.2.9, 2.2.10 e 2.2.11) si riporta la probabilità totale degli eventi di
frana e di inondazione per il Comune di Colleferro, per tre periodi di ritorno (5, 10, 15 anni); i
pallini indicano gli eventi noti, nei tre periodi successivi e i colori, che corrispondono alle
probabilità, si intensificano perché nel tempo aumenta il rischio di ricorrenza degli eventi.
Dal confronto tra la previsione a 5 anni e quella a 25 anni si nota che il territorio del Comune
di Colleferro ha una probabilità maggiore che si verifichi un evento di piena piuttosto che un
evento di frana. Infatti la probabilità che nei prossimi anni si verifichi una piena passa dal
valore di 0,36 per 5 anni (seconda classe), al valore di 0,89 (quinta classe) per i 25 anni.
Invece la probabilità di un evento di frana va da 0,14 (prima classe) per i 5 anni al valore di
0,52 (terza classe) per i 25 anni.
136

Fig 2.2.9 - Probabilità totali (frane e inondazioni) a 5 anni
Fonte - Progetto AVI - GNDCI
Fig 2.2.10 - Probabilità totali (frane e inondazioni) a 10 anni
Fonte - Progetto AVI - GNDCI
137

Fig 2.2.11 - Probabilità totali (frane e inondazioni) a 25 anni
Fonte - Progetto AVI - GNDCI
Delimitazione delle aree in frana
Limitatamente alle frane, oltre ai dati già citati, si dispone di informazioni di maggior
dettaglio. Il decreto legge Sarno (180/98) e la successiva legge di conversione 267/88, infatti
hanno previsto, tra le misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico,
l'approvazione, da parte delle Autorità di Bacino, di piani straordinari diretti a rimuovere le
situazioni a rischio più elevato.
Per assicurare, relativamente al rischio di frana, su tutto il territorio regionale, uno strumento
operativo omogeneo ed avanzato, la Regione Lazio ha realizzato la "Carta Inventario delle
frane" che rappresenta un documento unitario di valutazione dello stato attuale di dissesto per
frana del territorio regionale ed una preliminare stima delle condizioni di rischio a cui sono
sottoposte le persone ed il patrimonio edilizio ed infrastrutturale.
Per il comune di Colleferro le aree individuate sono riportate in Fig. 2.2.12.
138

Fig. 2.2.12 - Frane presenti sul territorio di Colleferro.
Fonte – Carta inventario delle frane – Regione Lazio
139

2.2.2 Contaminazione dei suoli
II problema relativo alla gestione e bonifica delle aree inquinate ha una dimensione rilevante
nel nostro Paese. Il D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 ha sottolineato l’importanza del problema e
sono state emanate linee guida e direttive riguardanti le metodologie con cui affrontarlo.
Il D.M. 471/99 attuativo del art. 17 del D.Lgs. 22/97 riguarda ogni tipo di sito: questo
significa che la tipologia e la dimensione delle aree da sottoporre a bonifica e, in generale a
procedure tecnico-amministrative, può variare dal distributore di benzina (punto vendita) a
vaste aree industriali.
II criterio con cui si attribuisce ad un'area la qualifica di sito inquinato è esplicitato dal D.Lgs.
22/97 nell'Art. 17: “è inquinato quel sito in cui la concentrazione nel suolo, sottosuolo, acque
superficiali e acque sotterranee di una o più sostanze inquinanti supera il valore di
concentrazione stabilito in funzione dell'uso finale del sito”. L'allegato 1 del D.M. 471/99
stabilisce per ogni sostanza ritenuta contaminante il valore di concentrazione limite
accettabile (CLA) per il suolo e il sottosuolo.
Le aree contaminate si possono differenziare in diverse tipologie di seguito specificate:
• le aree produttive dismesse;
• le discariche di RU (Rifiuti Urbani), RAU (Rifiuti assimilabili agli urbani), RS (Rifiuti
speciali), RT (Rifiuti Tossici), RNT (Rifiuti tossici e nocivi) seguendo la classificazione del
DPR 915/82;
• le discariche dismesse;
• le aree inquinate a causa di sversamenti volontari o accidentali che possono arrecare
danno all'ambiente o alla salute umana.
Il Piano delle Bonifiche dei siti contaminati della Regione Lazio, parte integrante del Piano
dei Rifiuti approvato con Deliberazione n.112, del 10 luglio 2002, raccoglie i dati e le
informazioni presenti presso gli uffici competenti della Regione e delle Province e contiene le
schede delle situazioni rilevate che, nell'insieme, costituiscono l'anagrafe dei siti contaminati.
Tali informazioni sono costituite dalla documentazione relativa alle autodenunce (art.9 D.M.
471/99), alle ordinanze comunali o alle azioni intraprese dalle autorità competenti (art.8 D.M.
471/99), comprese quelle di censimento dei siti di discariche pubbliche avviate nel tempo.
II Piano delle Bonifiche è uno strumento essenziale per la Regione Lazio, finalizzato a
definire un sistema di controllo ambientale del territorio, ormai lacerato e ferito da continui
sfruttamenti che possono arrecare danni alla salute dell'uomo sia in modo diretto sia indiretto
a causa dell'ingresso nella catena alimentare di sostanze che possono essere altamente
pericolose. Si tratta infatti di uno strumento dinamico di programmazione che tiene conto
delle situazioni in evoluzione e quindi dovrà essere continuamente aggiornato, in conseguenza
del modificarsi delle situazioni e dell'acquisizione di nuove conoscenze, non solo in relazione
ai siti conosciuti, ma anche alla caratterizzazione degli impatti e degli effetti prodotti
sull'ambiente e sulla salute umana. È cura della Regione e degli Enti locali preposti, arricchire
la conoscenza sulla possibile esistenza di nuovi siti potenzialmente inquinati e l'accertamento
della migliore caratterizzazione dei siti conosciuti mediante un'azione di ricerca costante.
Il Piano delle Bonifiche fornisce, inoltre, indicazioni preliminari sulla priorità degli interventi
da attuare per i siti contaminati censiti, secondo una priorità stabilita nell’ambito dello stesso
Piano. Qui di seguito si riportano i parametri che sono presi a riferimento nel modello per la
definizione dell’indice di rischio, dal quale si ricava il livello di priorità:
• tipologia dei rifiuti;
• eventuali interventi eseguiti sul sito;
• accertamento mediante procedure di caratterizzazione atte a determinare le situazioni
di contaminazione in atto negli ecosistemi;
140

• dimensioni dell'area contaminata o le dimensioni dei volumi di suolo inquinati;
• condizioni dei rifiuti nel sito (abbancamento, disposizione etc);
• utilizzo del suolo;
• distanza da centri abitati;
• pericolosità intrinseca della sorgente;
• presenza di vincoli nell'area e nelle immediate vicinanze;
• presenza di corpi idrici superficiali;
• relazione del sito con le acque sotterranee.
In funzione degli indici di rischio ottenuti mediante modelli matematici è possibile stilare una
graduatoria su quattro livelli:
• livello 1 (bassa priorità o siti marginali) con indice di rischio 1-4;
• livello 2 (media priorità) con indice di rischio 4-7.5;
• livello 3 (alta priorità) con indice di rischio 7.5-10;
• livello 4 (altissima priorità) con indice di rischio > 10.
SITI MARGINALI O A BASSA PRIORITÀ (INDICE DI RISCHIO 1-4) :
In questa classe generalmente ricadono:
• i siti già oggetto di bonifica, anche se non completamente validata;
• i siti di discarica di soli materiali inerti, di cava;
• i siti marginali di scarico abusivo di ingombranti, materiali di demolizione, rifiuti
domestici; considerando siti marginali quelli con volumi inferiori ai 500 mc e
superficie inferiore ai 500 mq .
SITI A MEDIA PRIORITÀ (INDICE DI RISCHIO 4-7.5) :
In questa classe ricadono generalmente:
• i siti di discarica con soli rifiuti solidi urbani, per i quali non sono state eseguite
bonifiche o per i quali è stata effettuata solo una ricopertura superficiale del sito;
• i siti soggetti a contaminazione di grandi volumi di terreno con idrocarburi o sostanze
di origine organica;
• i siti con stoccaggio di rifiuti, anche liquidi, pericolosi ma non sversati direttamente,
principalmente provenienti da attività industriali petrolifere.
SITI AD ALTA PRIORITÀ (INDICE DI RISCHIO 7.5-10):
Appartengono a questa classe generalmente:
• i siti di discarica, senza evidenza di contaminazione, con presenza di rifiuti «industriali
assimilabili agli urbani»;
• aree industriali dismesse, senza evidenze di contaminazione e senza presenza di
rifiuti accertata, con attività produttive della categoria di rischio bassa;
• siti di discarica con rifiuti non conosciuti.
SITI AD ALTISSIMA PRIORITÀ (INDICE DI RISCHIO >10)
Sono inserite, ovviamente, in questa classe di priorità:
• i siti di discarica senza evidenza di contaminazione, con presenza di rifiuti «industriali
speciali o non classificati»;
• le aree industriali dismesse, senza evidenze di contaminazione e senza presenza
accertata di rifiuti interni, con cicli produttivi appartenenti alla categoria di rischio media e
141

aree minerarie per le quali non siano noti casi di contaminazione o presenza di rifiuti
potenzialmente tossici e nocivi;
• le aree industriali dismesse appartenenti a cicli produttivi non identificati;
• i siti di discarica con presenza di rifiuti potenzialmente tossici e nocivi o con evidenza
di contaminazione;
• le aree industriali dismesse con evidenza di contaminazione o con presenza accertata
di rifiuti potenzialmente tossici e nocivi o con attività produttive ad alto rischio.
Sono stati inoltre individuati siti ritenuti dalle amministrazioni, in via informale, in ogni caso
potenzialmente pericolosi, che necessiterebbero di ulteriori accertamenti per una definitiva e
corretta classificazione.
All’interno del Piano regionale sono state infine considerate anche aree particolari, che sono
state elencate sotto la voce “siti con necessità di ripristino ambientale”, cioè aree dove sussiste
la necessità di un intervento atto a riportare il sito a condizioni compatibili con l'ambiente
circostante e comunque atto a consentire il mantenimento delle condizioni di sicurezza, ma
che per il suo relativo impatto (dovuto ai limitati volumi e alle difficili condizioni di
caratterizzazione) non rappresenta una realtà ad elevato rischio per la collettività e per gli
ecosistemi. E' da sottolineare comunque che nella maggior parte dei casi, per tali aree è stata
già approntata, se non realizzata, la messa in sicurezza richiesta dalla normativa.
Per sito con necessità di ripristino ambientale si intende esplicitamente un'area interessata da
incidenti che coinvolgono mezzi di trasporto come autocarri, treni o quelli dovuti a
malfunzionamenti o rotture di impianti industriali come punti vendita di carburante o di
infrastrutture come gasdotti, oleodotti o punti di trasformazione di energia.
La situazione a Colleferro: siti ad alta priorità
Nel territorio di Colleferro sono presenti delle aree, all’interno dell’area industriale di
proprietà della SE.CO.SV.IM S.r.l., ex B.P.D., denominate ARPA 1 e ARPA 2, le quali sono
state oggetto, negli anni antecedenti al 1982, di discarica incontrollata di rifiuti tossici e nocivi
prodotti negli stabilimenti.
Nelle due aree, di una estensione complessiva di circa 2 ettari, sono presenti rifiuti speciali
tossici contenuti in fusti per un quantitativo di circa 75.000 – 80.000 mc.
Le analisi svolte negli anni 1990 -1992 avevano evidenziato la presenza nei terreni, misti a
materiale vario, di alcuni metalli pesanti e di altri elementi con concentrazioni superiori ai
limiti previsti dal D.M. 471/99 e che hanno contaminato la falda freatica superficiale.
Le aree furono sottoposte a sequestro da parte della Magistratura (sino al 1994) e furono
oggetto di ulteriori perizie tecniche da parte dell’Istituto Superiore di Sanità. E’ stato dato
corso ad un iter giudiziario che però non ha individuato il responsabile dell’inquinamento.
Peraltro la stessa società proprietaria dell’area, a suo tempo B.P.D ha subito nel tempo diverse
trasformazioni e scissioni societarie.
Stante la particolarità dell’intervento, il perdurare dei potenziali rischi ambientali, è ferma
volontà dell’Amministrazione voler bonificare i siti inquinati in tempi più brevi possibili, nel
rispetto dei vincoli normativi, tecnici ed ambientali, escludendo che l’area possa essere
interessata a forme diverse di intervento se non quello della bonifica.
E’ cronaca purtroppo recente la presenza nel fiume Sacco, che attraversa Colleferro, di un
componente chimico (esaciclocloroesano – beta HCH), un pesticida utilizzato dai coltivatori
fino al 2000 e successivamente messo fuori commercio in Italia. Considerato che tale
componente, identificato in alcuni quantitativi di latte ( inquinamento causato da irrigazione
dei campi attraverso le acque del fiume), è uno dei componenti rintracciato a suo tempo nei
fusti tossici interrati nelle aree industriali suddette, di concerto con la protezione civile di
142

Roma ed il Ministero dell’Ambiente, l’Amministrazione Comunale sta cercando di accelerare
le operazioni di rimozione e bonifica dei siti in questione.
Siti con necessità di approfondimento
All’interno del territorio comunale di Colleferro ricade un unico sito citato nel Piano dei
Rifiuti, denominato “Caffaro”, dal nome della società proprietaria del terreno interessato che
rientra nei siti con necessità di approfondimento, mentre non sono stati censiti nel suddetto
Paino siti a Bassa e Media priorità.
L’autodenuncia del sito, ai sensi dell’art. 9 del DM 471/99, è avvenuta nel 2001 con la
presentazione di una relazione di indagine preliminare ed un piano di caratterizzazione.
In data 7 giugno 2005 con ordinanza sindacale è stato ordinato alla Caffaro di dare seguito
alla comunicazione effettuata adottando i necessari interventi di messa in sicurezza.
L’amministrazione comunale sta adempiendo alle procedure previste dal D.M. 471/99
relativamente all’approvazione degli interventi di messa in sicurezza ed alla successiva
approvazione del Piano della caratterizzazione presentato dalla Caffaro.
Nella tabella seguente sono indicati alcuni dettagli relativi al sito, così come censiti nel Piano
di gestione rifiuti elaborato dalla Regione Lazio.
Tab 2.2.5 - Siti con necessità di approfondimento
Comune Località Proprietà Tipo di rifiuto
Colleferro Corso
Garibaldi
20/22
CAFFARO Produzione di
chetoni
feniglicina. In
passato detersivi,
resine,
cloroparaffine
etc...
Fonte - Piano di gestione rifiuti – Regione Lazio
Distanza dalla
falda
presenza di falde
sospese (da 2 m a
15-20 m di
profondità). Falde di
maggiore importanza
da 5 a 20-25 m dal
piano campagna per
uso idropotabile e
industriale.
Destinazione
d’uso
zona ad uso
industriale
In particolare tra il 12 ed il 14 febbraio 2001 nell’area di pertinenza dello stabilimento Caffaro
sono stati effettuati 11 sondaggi; in particolare 6 nell’area dello stabilimento definita
Benzoino/derivati e 5 nell’area Chetoni/Feniglicina.
Le analisi effettuate sui campioni prelevati hanno evidenziato i risultati riportati nelle Fig.
2.2.13 e 2.2.14 (Dati: Arpalazio).
143

Fig. 2.2.13 - Area Benzoino/derivati – Sondaggi che hanno riscontrato presenza di fitofarmaci
(α e β Esacloroesano)
in concentrazioni superiori ai limiti del D.M. 471/1999
n. sondaggi
7
6
5
4
3
2
1
0
Fonte – Arpalazio 2001
6
totale sondaggi eseguiti sondaggi dentro i limiti sondaggi fuori i limiti
1
Fig. 2.2.14 - Area Chetoni/Fenilglicina – Sondaggi che hanno riscontrato presenza di fitofarmaci
(α e β Esacloroesano)
in concentrazioni superiori ai limiti del D.M. 471/1999
n. sondaggi
6
5
4
3
2
1
0
Fonte – Arpalazio 2001
5
totale sondaggi eseguiti sondaggi dentro i limiti sondaggi fuori i limiti
4
5
1
144

Analisi per il Termovalorizzatore
Uno studio sulla qualità dei suoli di Colleferro è stato condotto dall’ICQ, Istituto per il
Controllo dell’Acqua, anche in funzione all’installazione dell’impianto per la produzione di
energia elettrica alimentato con Combustibile Da Rifiuto (CDR). Nello studio sono stati presi
in considerazione i seguenti contaminanti:
- metalli pesanti;
- PCDD e PCDF (Diossine e Furani);
- IPA (idrocarburi policiclici aromatici).
Le analisi del terreno sono state effettuate tra il 2002 e il 2004 su 4 punti di campionamento:
- P1: Colle Fagiolara (in prossimità della discarica);
- P2: Via Coste Vicci (in prossimità della cava);
- P3: Via del Pantanaccio (in prossimità del Centro anziani);
- P4: Via del Castello Vecchio.
I rilievi sono stati ripetuti in 5 differenti campagne :
- campagna zero (dic 2002 – gen 2003)
- I campagna (dic 2003 – gen 2004)
- II campagna (mar – apr 2004)
- III campagna (lug 2004)
- IV campagna (ott 2004)
Metalli pesanti
Per metalli pesanti si intendono gli elementi inorganici caratterizzati dall’essere presenti in
natura come ioni con singola o doppia carica positiva e dall’avere un peso atomico abbastanza
elevato (>50). L’origine dei metalli pesanti, che alterano la qualità dell’ambiente, è
riconducibile a fonti sia naturali, quali il substrato pedogenetico, sia antropiche, quali le
attività industriali, civili e agricole.
Nelle Tab. 2.2.6, 2.2.7, 2.2.8, 2.2.9 sono riportati i valori misurati nei differenti punti di
campionamento e nelle varie campagne di rilievo e i valori limite previsti dalla legge.
Tab. 2.2.6 - Valori delle concentrazioni di metalli pesanti nel punto P1 e limiti legislativi
mg/kg s.s. Campagna
zero
Campagna
I
Fonte - Controlli ambientali sulla qualità del suolo – ICQ
P1 LIMITI LEGISLATIVI
Campagna
II
Campagna
III
Campagna
IV
Suoli ad uso di
verde pubblico,
privato e
residenziale
Suoli ad uso
commerciale
o industriale
Antimonio 1,2 1,1 2,2 1,6 3,3 10 30
Arsenico 4,7 2,1 3,1 2,6 1,7 20 50
Cadmio 0,2 0,2 0,4 0,5 0,4 2 15
Cobalto 11,4 11,1 18,3 11,6 17,7 20 250
Cromo 9,7 11,9 40,5 24,2 22 150 800
Manganese 1451 838 943 789 785
Mercurio 0,042 0,044 0,139 0,089 0,115 1 5
Nichel 13 14,8 33,7 18,5 26,4 120 500
Piombo 52,9 48,7 85 88,6 87,1 100 1000
Rame 31,3 42,3 65,5 99 69,2 120 600
Stagno 1,7 1,2 0,7 0,6 0,7 1 350
Tallio 0,5 0,5 0,9 0,8 0,6 1 10
Vanadio 76,7 86,4 95,2 88,5 75,4 90 250
Zinco 97,4 79,6 81,5 106,8 144,9 150 1500
145

Tab. 2.2.7 - Valori delle concentrazioni di metalli pesanti nel punto P2 e limiti legislativi
mg/kg s.s.
Fonte - Controlli ambientali sulla qualità del suolo – ICQ
Campagna
P2 LIMITI LEGISLATIVI
Campagna Campagna Campagna Campagna
zero I
II III IV
Suoli ad uso
Verde pubblico,
privato e
residenziale
Suoli ad uso
Commerciale
o industriale
Antimonio 1,7 1,3 2,7 2,4 1,9 10 30
Arsenico 5,2 2,9 2,9 1,6 1,4 20 50
Cadmio 0,2 0,1 0,8 0,8 0,5 2 15
Cobalto 7,7 6 6,4 15 8,2 20 250
Cromo 8,1 14,5 16,5 18,7 18,9 150 800
Manganese 875 699 770 1104 610
Mercurio 0,022 0,047 0,127 0,13 0,122 1 5
Nichel 9,3 11,8 13 16,8 17 120 500
Piombo 31,1 61,6 78 91,4 98,7 100 1000
Rame 24,1 28,8 23,3 73,5 32,9 120 600
Stagno 2,8 1,8 0,7 0,5 0,6 1 350
Tallio 0,3 0,6 0,7 0,5 0,5 1 10
Vanadio 87 63,1 88,4 95,6 84,3 90 250
Zinco 63,9 87,7 72 94,9 111,3 150 1500
Tab. 2.2.8 - Valori delle concentrazioni di metalli pesanti nel punto P3 e limiti legislativi
mg/kg s.s.
Fonte - Controlli ambientali sulla qualità del suolo – ICQ
Campagna
P3 LIMITI LEGISLATIVI
Suoli ad uso
Suoli ad uso
Campagna Campagna Campagna Campagna Verde pubblico,
Commerciale
zero I
II III IV privato e
o industriale
residenziale
Antimonio 1,9 1,2 1,4 2,2 0,8 10 30
Arsenico 3,6 2,1 0,9 1,9 1,5 20 50
Cadmio 0,3 0,2 0,6 0,7 0,4 2 15
Cobalto 6,4 7,6 3,9 9,2 13,3 20 250
Cromo 3,6 22,6 10,9 19,3 33,5 150 800
Manganese 795 556 374 902 821
Mercurio 0,017 0,041 0,072 0,075 0,143 1 5
Nichel 5,9 15,9 8 11,5 25,3 120 500
Piombo 46,8 36,5 30,2 75 57,2 100 1000
Rame 12,6 31,7 15 81,4 41,2 120 600
Stagno 2,2 1,4 0,3 0,5 0,8 1 350
Tallio 0,3 0,4 0,7 0,6 0,7 1 10
Vanadio 29,4 96,9 69,6 82 91,6 90 250
Zinco 54,5 87,1 41 80 129,8 150 1500
146

Tab. 2.2.9 - Valori delle concentrazioni di metalli pesanti nel punto P4 e limiti legislativi
mg/kg s.s.
Fonte - Controlli ambientali sulla qualità del suolo – ICQ
Campagna
P4 LIMITI LEGISLATIVI
Campagna Campagna Campagna Campagna
zero I
II III IV
Suoli ad uso
Verde pubblico,
privato e
residenziale
Suoli ad uso
Commerciale
o industriale
Antimonio 1,5 1,4 3,3 1,9 3,5 10 30
Arsenico 4,9 2,9 1,8 1,8 2,2 20 50
Cadmio 0,1 0,3 1 0,6 0,6 2 15
Cobalto 15,2 10,2 18,3 7,5 16,5 20 250
Cromo 7,4 17 28,1 25,4 25,2 150 800
Manganese 1072 937 1229 637 773
Mercurio 0,013 0,052 0,509 0,065 0,17 1 5
Nichel 9,7 15 27,1 22,1 28,4 120 500
Piombo 29 67,3 75,3 40,3 99 100 1000
Rame 18,3 39,2 71,7 46,2 70,1 120 600
Stagno 3,4 1,6 0,4 0,5 0,4 1 350
Tallio 0,2 0,8 0,8 0,8 0,5 1 10
Vanadio 80 131,6 129,4 57,5 87,5 90 250
Zinco 67,1 123,1 143,9 85 104,7 150 1500
Come si può osservare dai valori riportati, le situazioni sono tutte ampiamente sotto i valori
limite più restrittivi imposti per le are ad uso verde pubblico, privato e residenziale. Per
nessuno dei metalli o dei siti è individuabile un trend che faccia supporre un peggioramento
nel tempo.
L’unico elemento, messo in evidenza nelle tabelle precedenti, che ha presentato valori intorno
alla soglia legislativa è il vanadio di cui si riporta in Fig 2.2.15 il grafico con i valori nelle 4
stazioni di monitoraggio.
Fig. 2.2.15 - Valori delle concentrazioni di VANADIO nei punti P1, P2, P3 e P4.
Concentrazione di Vanadio(mg/kg s.s.)
150
120
90
60
30
0
Valore-limite per suoli ad uso verde
pubblico, privato e residenziale (DM 471/99)
P1 P2 P3 P4
punti di campionamento
Fonte - Controlli ambientali sulla qualità del suolo – ICQ
campagna 0
campagna I
campagna II
campagna III
campagna IV
147

Anche per il vanadio non si può, comunque individuare alcuna tendenza nei valori misurati
che sono abbastanza allineati tra di loro, salvo che nelle campagne I e II nel punto P4, dove i
valori superanno di molto il valore limite legislativo.
PCDD/PCDF
Le diossine (PCDD) e i furani (PCDF) sono due dei dodici inquinanti organici persistenti
(POP) riconosciuti a livello internazionale. I POP sono composti estremamente persistenti
nell'ambiente e in grado di essere trasportati per lunghe distanze.
A causa delle loro caratteristiche tossiche, queste sostanze rappresentano una minaccia per la
salute umana e per l'ambiente.
Le diossine non vengono prodotte deliberatamente, ma sono sottoprodotti indesiderati di una
serie di processi chimici e di combustione. Tali sostanze permangono nel suolo e nei
sedimenti, che diventano veri e propri serbatoi inquinanti. La via principale di esposizione dei
soggetti umani alle diossine è l'alimentazione, che contribuisce per oltre il 90% all'esposizione
complessiva. I prodotti della pesca ed altri prodotti di origine animale rappresentano circa
l'80% delle fonti di contaminazione.
Nella Tab. 2.2.10 sono riportati i valori misurati negli stessi punti P1-P4 nelle differenti
campagne e i valori limite indicati dalla legge.
Tab. 2.2.10 - Valori delle concentrazioni di diossine e furani (come somma) nei punti P1, P2, P3 e P4 e limiti
legislativi (ng/kg s.s.)
Campagna
0
Campagna
I
Campagna
II
Campagna
III
Campagna
IV
Suoli ad
uso verde
pubblico,
privato e
residenziale
Suoli ad uso
commerciale
ed
industriale
P1 0.94 1.03 0.67 0.54 0.67 10 100
P2 2.85 0.72 0.52 0.58 0.87 10 100
P3 0.78 0.80 0.57 0.76 0.58 10 100
P4 2.16 0.91 0.49 0.59 0.63 10 100
Fonte - Controlli ambientali sulla qualità del suolo – ICQ
Come si evince dai valori riportati, la concentrazione è stata ovunque minore del limite più
stringente imposto dalla normativa vigente.
IPA
Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono dei contaminanti organici presenti
diffusamente nell’ambiente che si formano per combustione incompleta di materiali organici,
in particolare il legno ed i combustibili fossili, come il carbone e il petrolio. Le molecole degli
IPA sono costituite da tre o più anelli benzenici. Alcune di queste molecole sono costituite
solo da idrogeno e carbonio, altre contengono anche atomi di altra natura, come l’azoto e lo
zolfo. Appartengono alla famiglia degli IPA alcune centinaia di composti molto eterogenei tra
loro. Allo stato attuale delle conoscenze le sostanze più tossiche sono le molecole che hanno
da quattro a sette anelli. Il componente più studiato è il benzo(a)pirene (BaP), un composto a
cinque anelli, diffuso nell’ambiente a concentrazioni significative e dotato della più elevata
tossicità, tanto da venire utilizzato per rappresentare l’inquinamento ambientale dell’intero
gruppo degli IPA.
Nella Tab. 2.2.11 sono riportati i valori misurati nelle differenti campagne e i valori limite
indicati all’interno della legge.
148

Tab 2.2.11 - Valori delle concentrazioni di IPA (come somma) nei punti P1, P2, P3 e P4 e limiti legislativi
Campagna
0
Campagna
I
Campagna
II
Campagna
III
Campagna
IV
Suoli ad
uso verde
pubblico,
privato e
residenziale
Suoli ad uso
commerciale
ed
industriale
P1 21.57 19.36 14.21 25.81 25.92 10000 100000
P2 170.43 146.61 160.65 96.73 57.55 10000 100000
P3 23.64 9.53 37.73 105.13 35.48 10000 100000
P4 14.35 62.54 69.41 79.83 59.75 10000 100000
Fonte - Controlli ambientali sulla qualità del suolo – ICQ
Anche in questo caso non si evidenziano situazioni particolari. I valori riscontrati sono stati
tutti abbondantemente inferiori ai limiti normativi e nel punto P2 hanno anche un apparente
trend negativo.
149

2.3. - ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE
Le acque occupano i due terzi della superficie terrestre e rappresentano il punto di scambio di
sostanze ed energia tra tutti gli ecosistemi.
L’acqua che raggiunge la terra attraverso i fenomeni meteorici si distribuisce nei diversi corpi
idrici, che sinteticamente possono essere raggruppati all’interno delle seguenti categorie: corsi
d’acqua superficiali quali fiumi e torrenti, laghi ed invasi, acque di transizione dove esiste
un’interazione tra acque dolci e acque salate, acque marine e acque sotterranee.
Ciascuno di questi corpi idrici rappresenta un sistema composto da animali e vegetali che,
attraverso scambi continui tra le acque, il sottosuolo, l’aria e i sedimenti ne consentono la
funzionalità del corpo idrico come in un “organismo” vivente.
Le dinamiche consentono al corpo idrico di tollerare moderate modifiche chimico-fisiche, di
rispondere adeguatamente e di ripristinare le condizioni che permettono l’equilibrio del
sistema.
Qualora l’apporto esterno sia superiore a determinate soglie, si innesca un sistema
irreversibile che determina uno scadere della qualità ambientale del corpo idrico stesso. Tale
deterioramento non solo pregiudica le capacità autodepurative dell’ambiente, ma altera la
biodiversità locale, condiziona la disponibilità della risorsa stessa e, soprattutto, può generare
situazioni di pericolosità per l’uomo, a causa della presenza di sostanze tossiche.
150

2.3.1 Normativa
L’attuale legislazione italiana identifica nel D.lgs. 152/99 le norme di riferimento per la tutela
della acque, in attuazione delle direttive comunitarie 91/271/CEE e 91/676/CEE concernenti
rispettivamente il trattamento delle acque reflue urbane e la protezione delle acque
dall’inquinamento provocato da nitrati di origine agricola.
Questo decreto ha anticipato i contenuti della Direttiva Quadro per l'azione comunitaria in
materia di acque (2000/60/CE), la quale prevede che per i bacini e per i distretti idrografici
debbano essere predisposti ed attuati piani di gestione integrata per la tutela della risorsa
idrica. Lo Stato Italiano ad oggi non ha ancora recepito questa direttiva e deve ancora
individuare anche la delimitazione dei distretti idrografici.
Novità fondamentali del nuovo quadro normativo rispetto alla disciplina ed alla gestione
amministrativa precedente, sono riconducibili a due fondamentali elementi:
- il capovolgimento del punto di vista e dell’approccio del governo del sistema acqua. Si è
passati dal controllo e dalla regolazione della fonte di inquinamento (limitatamente
peraltro alle fonti puntuali: gli scarichi) alla salvaguardia della qualità ambientale del
corpo idrico superficiale e sotterraneo tenendo conto delle sue caratteristiche chimiche,
biologiche e quantitative. Per qualità ambientale si intende, quindi, la sintesi delle
caratteristiche qualitative e delle condizioni di disponibilità quantitativa della risorsa
acqua nel corpo idrico;
- la diversa interpretazione dell’ambito di pianificazione, programmazione e governo del
sistema idrico, che si deve basare su delimitazioni proprie non direttamente ed
univocamente riconducibili a delimitazioni amministrative. Il Piano di tutela delle acque,
pertanto, è un Piano che si applica a scala di bacino, all’interno del quale esercita la sua
azione.
Gli obiettivi prefissati all’interno del D. Lgs. 152/99 individuano il raggiungimento della
classe di qualità SUFFICIENTE per il 2008 e quella di BUONO per il 2016 per tutti i corpi
idrici significativi monitorati, in relazione allo stato di qualità attuale.
151

2.3.2 La qualità delle Acque Superficiali
La tutela della qualità delle acque si basa su quattro obiettivi:
1) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
2) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed predisporre adeguate protezioni per
quelle destinate a particolari usi;
3) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;
4) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di
sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.
L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di
mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali
ampie e ben diversificate; l'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato
dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e
dei molluschi.
Di seguito sono descritti i singoli indicatori necessari per definire lo stato quali-quantitativo
delle acque del fiume Sacco nel tratto interno al territorio comunale di Colleferro.
I dati a cui si riferiscono gli indicatori di qualità delle acque superficiali sono quelli rilevati da
Arpalazio.
Indice Biotico Esteso (IBE)
L’IBE è un indice che rileva lo stato di qualità di un determinato tratto di corso d’acqua
integrando nel tempo gli effetti di differenti cause di alterazioni fisiche, chimiche, biologiche.
E’ stato introdotto attraverso il D.lgs. 152/99.
Si basa sull’analisi della struttura della comunità di macroinvertebrati che colonizzano le
diverse tipologie fluviali. La presenza o assenza di questi permette di qualificare il corso
d’acqua assegnandogli un certo valore di qualità (Tab. 2.3.1).
Tab. 2.3.1 - Valori I.B.E. e classi di qualità
Classe di qualità
Valore di
I.B.E.
Giudizio di qualità Colore tematico
I 10-11-12 Ambiente non inquinato azzurro
II 8-9 Ambiente leggermente inquinato verde
III 6-7 Ambiente inquinato giallo
IV 4-5 Ambiente molto inquinato arancione
V 1-2-3 Ambiente fortemente inquinato rosso
Fonte - Allegato 1 D.lgs. 152/99
Per la valutazione dell’IBE sono disponibili dati del 2002, 2003 e 2004 riferiti solo a un punto
di campionamento all’interno del Comune di Colleferro.
Per un adeguato confronto sono stati presi in considerazione anche valori misurati nella
stazione che ricade nel Comune di Valmontone, ma che si riferisce sempre al fiume Sacco a
monte di Colleferro.
Nel 2004, ulteriori misure dell’indice IBE sono state eseguite dall’Arpalazio, nel tratto di
fiume Sacco interessato dal Parco Fluviale (Tab. 2.3.2).
152

Tab. 2.3.2 – Classi di qualità dell’I.B.E. delle stazioni di Colleferro e Valmontone
Comune Località 2002 2003 2004
Colleferro
Confluenza Fosso
III
Savo
IV IV
Colleferro
Ingresso area
giochi bambini
III
Area fitness,
Colleferro altezza percorso
V
Valmontone
attrezzato
Via Casilina km
---
47
V ---
Fonte - Arpalazio
Analizzando i valori risultanti si evidenzia che il Fiume Sacco mostra più che evidenti segni
di alterazione. Oltre ad aver delle Classi di qualità pessime, presenta anche un peggioramento
nel corso degli anni, essendo passati da III del 2002 a IV del 2004. Particolarmente grave è la
presenza di aree “rosse”, cioè altamente inquinate.
Livello di Inquinamento da Macrodescrittori (LIM)
Il LIM è un indice sintetico di inquinamento introdotto dal D.lgs. 152/99 e successive
modifiche. È rappresentabile in cinque livelli (1 = ottimo; 5 = pessimo).
Il valore si ottiene sommando il 75° percentile per i parametri riportati in Tab 2.3.3,
individuando la colonna in cui ricade il risultato ottenuto. In tale modo si ottiene un livello di
inquinamento per ciascun parametro e un suo punteggio. Si ripete tale operazione per tutti i
parametri della tabella e si sommano i punteggi ottenuti.
Tab. 2.3.3 - Tabella per il calcolo del LIM
Parametro LIVELLO 1 LIVELLO 2 LIVELLO 3 LIVELLO 4 LIVELLO 5
100-OD (%sat.) ≤ 10 ≤ 20 ≤ 30 ≤ 50 > 50
BOD5 (O2 mg/l) > 2,5 ≤ 4 ≤ 8 ≤ 15 > 15
COD (O2 mg/l) < 5 ≤ 10 ≤ 15 ≤ 25 > 25
NH4 < 0,03 ≤ 0.10 ≤ 0,50 ≤ 1,5 >1, 50
NO3 < 0,3 ≤ 1,5 ≤ 5 ≤ 10 > 10,0
Fosforo totale < 0,07 ≤ 0,15 ≤ 0,30 ≤ 0,60 > 0,60
Escherichia coli < 100 ≤ 1.000 ≤ 5.000 ≤ 20.000 > 20.000
Punteggio da attribuire per ogni 80 40 20 10 5
parametro analizzato
LIVELLO DI
INQUINAMENTO DAI
MACRODESCRITTORI
Fonte - Allegato 1 D.lgs. 152/99
480-560 240-475 120-235 60-115 < 60
Anche per l’indice LIM i dati disponibili sono quelli relativi alle stazioni decise
dall’Arpalazio per il monitoraggio dell’IBE e sono riportati nella Tab. 2.3.4:
- per il 2002, 2003 e 2004 si dispone dei dati relativi ad un punto di campionamento
all’interno del comune di Colleferro;
- per il 2003 si hanno i dati della stazione di Valmontone, riferiti al fiume Sacco a monte di
Colleferro;
153

- per il 2004 si dispone delle misure effettuate nei tratti di fiume Sacco che ricadono
all’interno del Parco Fluviale.
Tab.2.3.4 - Valori LIM per le stazioni di Colleferro e Valmontone
Comune Località 2002 2003 2004
Colleferro
Confl. Fosso
Savo
4 3 3
Colleferro
Ingresso, area
giochi bambini
4
Colleferro
Spazio spettacoli
anfiteatro
Area fitness,
5
Colleferro altezza percorso
attrezzato
5
Valmontone
Via Casilina km
47
--- 5 ---
Fonte: Arpalazio
I dati a disposizione per i tre anni 2002-2003-2004 sembrano mostrare un leggero
miglioramento della situazione di Colleferro, che è passata da un livello 4 a un livello 3.
Nelle altre stazioni, invece la situazione è sempre grave, ben 3 casi con il livello peggiore.
Stato Ecologico del Corso d’Acqua (SECA)
Il SECA è un indice sintetico che definisce lo stato ecologico dei corpi idrici superficiali come
espressione della complessità degli ecosistemi acquatici e della natura chimica e fisica delle
acque, considerando prioritario lo stato degli elementi biotici dell’ecosistema.
Il calcolo dell’indice si effettuata incrociando i dati risultanti dai macrodescrittori (LIM) con
quelli dell'IBE, come da Tab. 2.3.5. Alla sezione del corpo idrico in esame viene attribuita la
classe che emerge dal risultato peggiore dei due indici.
Tab. 2.3.5 - Tabella per il calcolo dell’indice SECA
CLASSE 1 CLASSE 2 CLASSE 3 CLASSE 4 CLASSE 5
I.B.E ≥ 10 8-9 6-7 4-5 1-2-3
LIM 480-560 240-475 120-235 60-115 < 60
SECA Ottimo Buono Sufficiente Scarso Pessimo
Fonte - Allegato 1 D.lgs. 152/99
Anche per l’indice SECA i dati disponibili sono del 2002, 2003 e 2004 per il punto di
campionamento all’interno del comune di Colleferro. Il punto di monitoraggio a Valmontone
esiste sempre solo il dato del 2003.
Utilizzando i valori del monitoraggio eseguito nell’area del Parco Fluviale è stato possibile
elaborare i valori del SECA anche per altri due punti del fiume Sacco.
154

Tab. 2.3.6 - Valori SECA per le stazioni di Colleferro e Valmontone
Comune Località 2002 2003 2004
Colleferro
Confluenza
Fosso Savo
Ingresso, area
4 4 4
Colleferro giochi
bambini
Spazio
4
Colleferro spettacoli
anfiteatro
5
Valmontone
Via Casilina
km 47
--- 5 ---
Fonte - Arpalazio
Dato che l’indice nasce dai due indici precedenti, anche in questo caso non si può che
evidenziare una situazione particolarmente critica delle acque del Fiume Sacco nel tratto che
scorre all’interno del Comune di Colleferro.
E’ ovvio che tutto ciò non è compatibile con un uso corretto del corso d’acqua e con uno
sviluppo sostenibile del territorio per cui il Comune dovrà adoperarsi per eliminare quante più
fonti di inquinamento possibile all’interno del suo territorio, ma anche, e soprattutto, per
influenzare le altre amministrazioni pubbliche responsabili della cattiva qualità delle acque
del Sacco già a monte di Colleferro.
155

Fig. 2.3.1 - Rete di monitoraggio delle risorse idriche
Fonte - Regione Lazio “ Rapporto sullo stato dell’Ambiente della Regione Lazio” – 2004
Colleferro
Inquinamento da Betaesaclorocicloesano
È stato già anticipato che nel territorio comunale di Colleferro è stata verificata la presenza di
un composto chimico particolarmente tossico: il Betaesaclorocicloesano.
Il Betaesaclorocicloesano (b-HCH) è un composto che deriva dal ciclo di produzione del
lindano, insetticida organoclorurato utilizzato abbondantemente in Italia fino agli anni ottanta
sulle colture e come antiparassitario sugli animali.
Il b-HCH è una sostanza attiva non più ammessa nei prodotti fitosanitari.
Tra gli isomeri dell’esaclorocicloesano, l’isomero beta è il più persistente alla degradazione
batterica e il meno volatile. Può essere considerato un contaminante ambientale universale.
Le Schede Internazionali di Sicurezza Chimica riportano che la sostanza può determinare
effetti sul sistema nervoso centrale e può avere effetto su sangue, fegato, reni.
Il Betaesaclorocicloesano è stato rilevato la prima volta nel dicembre del 2004 in un campione
di latte bovino in un’azienda locale dal servizio veterinario della ASL Rm G.
Il latte conteneva 0,05 mg/kg della sostanza tossica. Anche i prelievi effettuati
successivamente ed inviati all’Istituto di Zooprofilassi mostrarono lo stesso risultato, in
quanto anche nel latte ovino esaminato fu riscontrata una concentrazione molto elevata della
sostanza tossica, pari a 5,91 mg/kg.
Successivamente a queste analisi fu disposto il divieto di utilizzo sia dei prodotti agricoli
locali sia di quelli degli allevamenti di bestiame.
Il problema era trovare l’origine della diffusione nell’ambiente di questa sostanza, che
causava l’inquinamento dei prodotti agricoli, con danno all’economia degli allevatori e degli
agricoltori.
156

L’Arpa riscontrò, nell’ambito dei suoi controlli, una concentrazione particolarmente elevata
della sostanza nelle acque del fiume Sacco; venne, allora, elaborata una mappa che seguendo
la dislocazione delle aziende coinvolte e, soprattutto, il percorso del fiume, portò a dedurre
che il problema fosse generato dalle acque di scarico provenienti dalla zona industriale di
Colleferro.
Esiste una precedente segnalazione di problemi di inquinamento di circa quindici anni fa,
quando in alcuni controlli effettuati in un terreno non lontano dal fiume, all’interno dell’area
industriale del Comune di Colleferro, fu riscontrata in quantità elevate, insieme ad altre
sostanze nocive, la presenza del Betaesaclorocicloesano. Quei prelievi portarono alla scoperta
di una discarica, estesa per circa 2 ettari nella quale furono rinvenuti fusti interrati e scarti
della lavorazione dell’industria proprietaria del terreno. Nel corso degli anni, nonostante i
diversi progetti presentati dall’Azienda proprietaria delle aree in questione, la
caratterizzazione e la bonifica del terreno contaminato non è mai stata avviata a causa di
diversi intralci burocratici e della mancata individuazione del responsabile dell’inquinamento.
L’Arpalazio nei mesi di agosto-settembre 2005 ha eseguito una serie di indagini volte alla
determinazione delle concentrazioni del β-esaclorocicloesano nei punti di prelievo di seguito
indicati:
• fosso Cupo: altezza ponte ferrovia nel comune di Colleferro;
• canale di raccolta delle “acque bianche”: area industriale Consorzio Servizi Colleferro,
altezza ferrovia;
• vasca sedimentazione Consorzio Servizi Colleferro: scarico nel fosso Cupo delle
“acque bianche” in uscita dalla vasca di sedimentazione gestita dal Consorzio Servizi
Colleferro.
Le indagini svolte, come può evincersi dalla Fig. 2.3.2, hanno riscontrato in tutti i campioni
analizzati valori di concentrazione del β−esaclorocicloesano superiori ai limiti fissati nella
tabella 1.8 dell’allegato A del Decreto del Ministero dell’Ambiente n.367 del 06/11/03.
Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 19 maggio 2005 (pubblicato nella
G.U. del 27 maggio 2005, Serie Generale n. 122) recante “Dichiarazione dello stato di
emergenza nel territorio tra le province di Roma e Frosinone, in ordine alla situazione di
crisi socio-economico-ambientale”, il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza ambientale
nella Valle del fiume Sacco.
Successivamente, con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3441, del 10
giugno 2005, che definisce i primi interventi urgenti diretti a fronteggiare la situazione di
criticità nel bacino del fiume Sacco, il Presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, è stato
nominato Commissario delegato per il superamento dell’emergenza ambientale, prevedendo
che possa avvalersi anche di un Soggetto attuatore al fine di adottare le necessarie ed urgenti
iniziative volte a rimuovere le situazioni di pericolo.
I Comuni interessati all’emergenza sono diversi: Colleferro, Segni Gavignano, in provincia di
Roma; Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino in provincia di Frosinone.
In seguito alla conclusione degli accertamenti effettuati da parte delle Commissioni operanti
sul territorio, sono iniziate le erogazioni dei primi indennizzi per le aziende agricole e
zootecniche colpite dall’emergenza ambientale.
Immediatamente si è anche provveduto alla messa in sicurezza di emergenza ed all’avvio
della caratterizzazione di alcune aree industriali nelle quali è stata accertata la
contaminazione, al fine di poter avviare in pochi mesi la predisposizione del necessario piano
di bonifica per l’area industriale del comprensorio di Colleferro.
157

Nell’ambito delle Conferenze di Servizi convocate, ai sensi del D.M. n. 471/99, nella sala
consiliare del Comune di Colleferro, l’Ufficio Commissariale per l’emergenza Valle del
Sacco, l’Amministrazione comunale di Colleferro e le Aziende dell’area industriale,
destinatarie di Ordinanze Sindacali per la messa in sicurezza delle suddette aree, hanno
concordato sulla necessità di effettuare un percorso comune che vada nella direzione della più
rapida risoluzione della problematica, attraverso la creazione di un’iniziativa di tipo
consortile, la quale, ai fini della bonifica del territorio contaminato, prevede una serie di
attività tra le quali l’immediata messa in sicurezza d’emergenza, da effettuare a cura delle
aziende, e la caratterizzazione dei siti, anch’essa a cura dei proprietari o fruitori degli stessi.
Il supporto tecnico dell’Ufficio Commissariale ha iniziato, inoltre, una serie di attività ed
indagini mirate a caratterizzare le aree di proprietà comunale, attigue al comprensorio
industriale, ricadenti all’interno del perimetro individuato come potenzialmente inquinato da
contaminazione passiva.
Il dato rilevante che occorre sottolineare è che la Legge 2 dicembre 2005, n. 248, di
conversione del decreto-legge 30/09/05 n. 203, recante “ misure di contrasto all’evasione
fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, al comma 15, dell’art. 11quaterdecies,
ha inserito l’area del territorio del Bacino del fiume Sacco tra i siti di interesse
nazionale, predisponendo i contributi necessari alla bonifica ed all’indennizzo degli allevatori
della zona sottoposta a contaminazione passiva.
158

Fig. 2.3.2 – Risultati dell’indagine eseguita dall’Arpalazio (verifica campioni entro i limiti fissati dalla tabella
1.8 dell’allegato A del Decreto del Ministero dell’Ambiente n.367 del 6.11.03, rispetto al β-esaclorocicloesano)
n. campioni
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
4
totale campioni analizzati campioni dentro i limiti campioni fuori i limiti
Fonte – Elaborazione Igeam su dati di Arpalazio, 2005
0
4
159

2.3.3 La qualità delle acque sotterranee
Le acque sotterranee che sono ad elevate profondità possono rimanere indisturbate da effetti
antropici per migliaia di anni, ma la maggior parte delle falde freatiche si trova a profondità
minori e quindi entrano a far parte, lentamente, ma in misura costante, del ciclo
idrogeologico. L’acqua può raggiungere il piano campagna attraverso le sorgenti o essere
prelevata tramite pozzi.
L'acqua sotterranea è di fondamentale importanza in quanto rappresenta per l'uomo la più
grande riserva di acqua potabile e la sua alterazione può comportare effetti negativi enormi.
Se un fiume, eliminata la fonte di inquinamento, può “autodepurarsi” e tornare a correre
limpido e ad ospitare gli organismi vegetali e animali suoi caratteristici, le falde freatiche
hanno tempi di ricambio lunghissimi. Una falda freatica inquinata, anche dopo l’eliminazione
delle cause di contaminazione, può impiegare anche centinaia di anni per perdere le tracce di
un eventuale inquinamento. E’ per questo motivo che le falde freatiche devono essere tutelate
con particolare attenzione. I danni di oggi, infatti, possono avere conseguenze e rendere
inutilizzabile l’acqua di falda, per molte generazioni.
Le acque sotterranee possono essere soggette a due tipi di problemi che influenzano la loro
qualità e quantità:
- inquinamento dovuto a scarichi, rifiuti, distribuzione di sostanze tossiche ecc. sulla
superficie e che raggiungono le acque sotterranee insieme alle acque piovane che
penetrano attraverso le rocce;
- sovrasfruttamento delle falde con conseguente riduzione della disponibilità idrica,
abbassamento della falda e, lungo le coste, intrusione salina per effetto della penetrazione
nella falda dell’acqua marina.
Nella normativa attualmente in vigore in Italia (D.lgs.152/99) si identificano come
“significativi gli accumuli d'acqua contenuti nel sottosuolo permeanti la matrice rocciosa,
posti al di sotto del livello di saturazione permanente”, cioè tutti quelli in cui è possibile
identificare una zona sotterranea di accumulo dell’acqua permanente nel tempo.
Stato chimico delle acque sotterranee
L'art.43, comma 1, del D.lgs.152/99 prevede che le Regioni elaborino programmi per la
conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque sotterranee
all'interno di ciascun bacino idrografico. Per raggiungere questo obiettivo è necessario
individuare una rete di punti d'acqua significativi e rappresentativi delle condizioni
idrogeologiche e antropiche, su cui compiere un periodico monitoraggio chimico e
quantitativo.
La sovrapposizione dello stato quantitativo e dello stato chimico definisce lo stato ambientale
del corpo idrico sotterraneo. La Tab. 2.3.7 illustra la classificazione dei corpi idrici
sotterranei.
160

Tab. 2.3.7 - Classificazione dei corpi idrici sotterranei
CLASSE CONDIZIONI
1 Impatto antropico nullo o trascurabile con pregiate caratteristiche
idrochimiche;
2 Impatto antropico ridotto e sostenibile sul lungo periodo e con
buone caratteristiche idrochimiche;
3 Impatto antropico significativo e con caratteristiche idrochimiche
generalmente buone, ma con alcuni segnali di compromissione;
4 Impatto antropico rilevante con caratteristiche idrochimiche
scadenti;
0 Impatto antropico nullo o trascurabile ma con particolari facies
idrochimiche naturali in concentrazioni al di sopra dei valori della
classe3
Fonte - Allegato 1 D.lgs. 152/99. Classificazione cromatica APAT
La Regione Lazio con DGR del 18 aprile 2003 n°355 ha definito una prima rete di
monitoraggio quali-quantitativa delle acque sotterranee, costituita da 73 sorgenti distribuita
all’interno del territorio regionale così come rappresentato in Fig. 2.3.3. All’interno del
Comune di Colleferro non ricadono punti di monitoraggio della predetta rete per cui non
esistono dati rilevati regolarmente nell’area di nostro interesse.
I dati chimico fisico batteriologici delle acque di falda prelevate per uso potabile sono quelli
disponibili per inquadrare la situazione qualitativa dei corpi idrici sotterranei e sono trattati
nel par. 2.3.3 “Qualità acque potabili”.
Per quanto riguarda la situazione quantitativa si rimanda al par. 2.3.5 “I fabbisogni idrici”.
Fig. 2.3.3 – Reticolo dei punti di monitoraggio delle acque sotterranee
Fonte - Piano di Tutela delle acque della Regione Lazio
Colleferro
161

Inquinamento da Betaesaclorocicloesano
Come già riscontrato e ampiamente trattato per le acque superficiali, il problema
dell’inquinamento da β−esaclorocicloesano ha comportato l’esecuzione di una serie di
investigazioni nelle acque sotterranee captate ad uso potabile ricadenti all’interno del
territorio di Colleferro.
In particolare nel mese di Giugno 2005 la società Italcogim Reti (gestore dell’acquedotto di
Colleferro) ha eseguito una serie di analisi sui pozzi facenti parte dell’impianto idrico di
Colleferro alla ricerca di eventuali tracce di β-esaclorocicloesano, i risultati di tale indagine
sono riassunti nella Fig.2.3.4.
Fig. 2.3.4 - Risultati indagine eseguita da Italcogim Reti (verifica campioni entro i limiti del D.lgs31/2001,
rispetto al β-esaclorocicloesano)
n. campioni
7
6
5
4
3
2
1
0
6 6
totale campioni analizzati campioni dentro i limiti campioni fuori i limiti
Fonte – Elaborazione Igeam su dati di Italcogim Reti - Giugno 2005
I risultati su tutti i campioni d’acqua prelevati non hanno riscontrato valori del predetto
composto superiori ai limiti del D.lgs 31/2001.
Contemporaneamente l’Arpalazio (Giugno 2005) ha eseguito una serie di indagini volte alla
determinazione delle concentrazioni del β-esaclorocicloesano nei punti di prelievo qui di
seguito riportati:
• Pozzo Sacco 1(Utilizzo potabile per la città di Colleferro):insediamento industriale
Area SECOSVIM;
• Pozzo Sacco 2 (Utilizzo potabile per la città di Colleferro):insediamento industriale
Area SECOSVIM;
• Pozzo n.3 denominato Tamini (utilizzo industriale): area industriale Caffaro
• Pozzo n.5 (Utilizzo potabile per la città di Colleferro in caso di emergenza idrica):
Villaggio nuovo città di Colleferro;
0
162

• Pozzo n.10 denominato Colle Sughero o Stendaggi (Utilizzo potabile per le aziende
del comprensorio industriale): area industriale località Colle Sughero
Le indagini effettuate, come riportate in Fig. 2.3.5, non hanno riscontrato valori di
concentrazione di β−esaclorocicloesano superiori ai limiti riportati nell’allegato 1 del DM
471/99 per le acque sotterranee.
Fig. 2.3.5 - Risultati indagine eseguita dall’Arpalazio (verifica campioni entro i limiti dell’allegato 1 del D.M.
471/99 per le acque sotterranee, rispetto al β-esaclorocicloesano)
n. campioni
6
5
4
3
2
1
0
5 5
totale campioni analizzati campioni dentro i limiti campioni fuori i limiti
Fonte – Elaborazione Igeam su dati di Arpalazio, Giugno 2005
0
163

2.3.4 Qualità Acque potabili
Per definizione è detta “potabile”, l’acqua che può essere bevuta o impiegata nella
preparazione degli alimenti senza pregiudizio alcuno per la salute. I danni alla salute possono
derivare da contaminanti, di natura chimica o microbiologica, che l’acqua può raccogliere
durante il suo ciclo; contaminanti che possono essere naturalmente presenti nell’ambiente o
perché dispersi dalle attività umane.
L’acqua è considerata potabile se presenta i requisiti di qualità, riportati in apposite norme
(D.P.R. 236 del 24 /05/ 1988 e D. Lgs. 31/01), che stabiliscono i limiti massimi ammissibili
per le sostanze che possono essere presenti nell’acqua destinata al consumo umano.
I limiti sono stati stabiliti tenendo conto dell’assunzione massima giornaliera su lunghi
periodi, della natura del contaminante e della sua eventuale tossicità.
Le sostanze che comunemente troviamo disciolte nell’acqua sono i sali, che provengono dal
naturale processo di dissoluzione dei minerali costituenti le rocce ed i suoli normalmente
attraversati dall’acqua.
La solubilizzazione di questi sali avviene ad opera dell’acqua piovana che è poverissima di
sali ma è “aggressiva” a causa della sua acidità dovuta all’anidride carbonica che ha “raccolto
dall’aria".
Il contenuto salino di un’acqua dipende dal tipo di roccia attraversata e dal tempo di contatto.
In certi casi esso rimane pressoché costante nel tempo per qualità e quantità ed è tipico di
quell’acqua.
Allo scopo di garantirne la salubrità, le acque fornite dalla rete di distribuzione devono essere
sottoposte a controlli sia da parte dei gestori del servizio idrico (controlli interni) che da parte
dell’Azienda Sanitaria Locale territorialmente competente (controlli esterni).
I controlli esterni sono articolati su due livelli:
il controllo di routine eseguito con maggiore frequenza mira a fornire un quadro
generale delle qualità organolettiche e microbiologiche dell’acqua e dell’efficacia dei
trattamenti di disinfezione;
il controllo di verifica prevede l’analisi di tutti i parametri previsti dal Decreto 31/01.
Tale qualità deve essere garantita alla captazione, nei serbatoi e nelle reti di distribuzione, fino
al consumo.
Le Aziende USL elaborano ed effettuano un programma annuale di ispezioni e di prelievi dei
campioni da sottoporre ad analisi. I Dipartimenti Provinciali ARPA effettuano le
determinazioni analitiche chimiche e batteriologiche sui campioni prelevati dai tecnici delle
Aziende USL. In particolare, le informazioni utilizzate si basano sui risultati delle analisi
effettuate dalla USL ROMA G nei pozzi e nei depositi di acque prelevate per uso
acquedottistico.
Il D.Lgs. 31/01 prevede che il giudizio di qualità e di idoneità d’uso delle acque destinate al
consumo umano, fondato sulle risultanze dell'esame ispettivo e dei controlli analitici, sia
emesso dalla AUSL territorialmente competente.
Le seguenti tabelle (Tab. 2.3.8, 2.3.9, 2.3.10) mettono a confronto i limiti previsti dalla
precedente normativa, il DPR. 2365/88, dall’attuale normativa europea (98/83/CE) e dalla
normativa italiana in vigore (D.lgs. 31/01) che recepisce quella europea. Le tre tabelle
riportano la suddivisione del decreto 31/01 in parametri microbiologici, chimici ed indicatori.
I parametri indicatori sono definiti tali perché non si tratta di inquinanti chimici, bensì di
parametri che indicano le qualità organolettiche e le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua,
perciò a volte essi non hanno valori limite specificati. Alcuni parametri, in corrispondenza dei
quali i limiti del DPR. 236/88 presentano una casella vuota, sono di nuova adozione; altri
164

parametri del vecchio decreto sono stati abbandonati dalla nuova normativa, che prevede
l’analisi di 47 parametri anziché dei 56 del precedente decreto.
Tab. 2.3.8 - Confronto tra valori limite per i parametri microbiologici in acque ad uso umano
Fonte - http://www.arpa.veneto.it/acqua/docs/interne/potabili/valori_limite.pdf
L’Amministrazione di Colleferro, con deliberazione di Consiglio Comunale n. 24 del 4 aprile
2000, ha approvato la convenzione di cooperazione regolante i rapporti tra gli enti locali
nell’ambito territoriale ottimale Lazio Centrale – Roma:
• con deliberazione di C.C. n. 36 del 30 luglio 2003 è stata approvata la convenzione di
Gestione;
• la gestione del Servizio Idrico Integrato è stata affidata alla società ACEA ATO 2 S.p.a.
Nel mese di Ottobre del 2004 sono iniziati gli incontri con i rappresentanti dell’ACEA per
fornire loro tutta la documentazione tecnica ed amministrativa al fine di formalizzare uno
stato di consistenza delle opere da consegnare entro il 2005, anno previsto per il trasferimento
del servizio idrico integrato.
165

Tab. 2.3.9 - Confronto tra valori limite per i parametri chimici in acque ad uso umano
Fonte - http://www.arpa.veneto.it/acqua/docs/interne/potabili/valori_limite.pdf
166

Tab. 2.3.10 - Confronto tra valori limite per i parametri indicatori in acque ad uso umano
Fonte - http://www.arpa.veneto.it/acqua/docs/interne/potabili/valori_limite.pdf
167

Per quanto riguarda il comune di Colleferro sono disponibili i referti analitici relativi ai
campioni d’acqua potabile del periodo che va da Maggio 2005 ad Agosto 2005.
Nella Fig. 2.3.6 sono riassunti i risultati delle analisi di conformità dei campioni d’acqua
prelevati dall’ASL ROMA G nei suddetti periodi.
Fig. 2.3.6 - Conformità dei campioni di acqua potabile ai limiti dell’Allegato I del D.lgs 31/01
nel periodo Maggio 2005 – Agosto 2005
n. campioni
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
43 42
totale campioni
analizzati
Fonte – Elaborazioni Igeam su dati Asl Roma G, 2005
campioni conformi campioni non confomi
Dalle analisi effettuate in un solo campione, prelevato presso “via Carpineta Nord (P.7) Sacco
2”, sono stati riscontrati valori di manganese non conformi ai limiti fissati dal D.lgs 31/01.
1
168

2.3.5 Carico inquinante totale per la risorsa idrica
Il rischio di inquinamento della risorsa idrica è legato alle attività umane.
Le pressioni esercitate dai prelievi di acque superficiali e sotterranee, dagli sversamenti di
carichi organici e inorganici, dalle emissioni di nutrienti (azoto e fosforo), dalla produzione di
effluenti zootecnici, dall’uso di fertilizzanti e fitofarmaci, incidono in maniera determinante
sulla qualità dell’acqua appartenente ai corpi idrici.
Per valutare opportunamente la pressione antropica sono stati individuati due indicatori:
- carico organico potenziale
- carico trofico.
Per meglio analizzare la pressione antropica ed individuare le cause di eventuali situazioni
critiche i due indicatori sono stati differenziati in differenti tipologie:
- civile, industriale e zootecnico per il primo
- civile, industriale, agricolo e zootecnico per il secondo
Carico organico potenziale
Per poter valutare l’impatto degli scarichi diretti sul corpo idrico che li riceve è stato adottato
il parametro Abitante Equivalente (AE), convenzionalmente riconosciuto e definito dalla
normativa nazionale e comunitaria, come “il carico organico giornaliero biodegradabile
avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni pari a 60 grammi di ossigeno”.
Le tipologie di contributo possono essere suddivise in tre classi:
- civile, il numero di Abitanti Equivalenti coincide con il numero dei residenti aumentato di
1/12 degli abitanti fluttuanti
- industriale, il numero di AE si calcola utilizzando dei moltiplicatori da applicare al
numero di addetti delle industrie presenti, differenziati per settore produttivo.
- zootecnici, per calcolare gli AE si utilizzano dei coefficienti da moltiplicare al numero di
animali, differenziati per specie.
I coefficienti sono stati elaborati dal CNR-IRSA e, nel caso delle industrie, i ricercatori hanno
individuato solo i coefficienti per quelle idroesigenti, ossia che utilizzano acqua nel ciclo
produttivo. Sono quindi escluse tutte le attività del settore terziario.
I dati, elaborati a partire dagli ultimi censimenti ISTAT, sono elencati in Tab. 2.3.11,
suddivisi tipologia.
In Fig. 2.3.7 sono invece rappresentati i carichi organici per km 2 in modo da facilitare il
confronto tra i valori calcolati. Risulta evidente come a Colleferro l’apporto del comparto
zootecnico e civile sia preponderante, mentre è del tutto trascurabile la componente
industriale. Ciò è dovuto alle tipologia di industrie presenti nel Comune.
Tab. 2.3.11 - Carichi organici potenziali calcolati in AE
COMUNE AE CIVILI AE
INDUSTRIALI
AE
ZOOTECNICI
AE TOTALI
Colleferro 20258 1733 20570 42561
Fonte – Elaborazioni Igeam su dati ISTAT, 2000-2001
169

Fig 2.3.7 - Carichi organici potenziali per km 2
AE equivalenti / kmq
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
Colleferro Provincia di Roma Regione Lazio
Fonte – Elaborazioni Igeam su dati ISTAT, 2000-2001
AE Zootecnici
AE Industriali
AE Civili
Carico trofico
I carichi dei nutrienti sono un importante fattore di pressione esercitato sui corpi idrici. Sono
stati quindi calcolati i carichi teorici di azoto e fosforo a livello comunale, utilizzando i
coefficienti individuati dal CNR-IRSA elencati in Tab. 2.3.12.
Tab. 2.3.12 - Coefficienti CNR-IRSA per il calcolo del carico trofico
ORIGINE PARAMETRO Coeff. AZOTO Coeff. FOSFORO MISURA
Civile Popolazione residente 4.5 0.67 kg ab / anno
1/12
fluttuante
Popolazione 4.5 0.67 kg ab / anno
Industriale Addetti industrie
10.0 10% della kg ab / anno
idroesigenti
popolazione
Agricola Suolo coltivato 56 34 kg ab / anno
Suolo incolto 2.0 0.1 kg ab / anno
Zootecnica Bovini 54.8 7.4 kg / capo / anno
Equini 62.0 8.7 kg / capo / anno
Ovo-caprini 4.9 0.8 kg / capo / anno
Suini 11.3 3.8 kg / capo / anno
Pollame 0.48 0.17 kg / capo / anno
Fonte - Piano di tutela della Acque – Regione Lazio
Utilizzando i dati degli ultimi censimenti ISTAT disponibili, sono stati calcolati i carichi di
azoto e fosforo per tipologia di origine (Tab 2.3.13 e 2.3.14).
Tab 2.3.13 - Carico potenziale di azoto per origine (espresso in kg/anno)
170

Popolazione Industria SAU Incolto Agricoltura Zootecnia Totale
Colleferro 91163 25310 83552 400 83952 100252 300676
Fonte – Elaborazioni Igeam su dati ISTAT, 2000-2001
Tab 2.3.14 - Carico potenziale di fosforo per origine (espresso in kg/anno)
Popolazione Industria SAU Incolto Agricoltura Zootecnia Totale
Colleferro 13573 1357 50728 2 50730 14479 80140
Fonte – Elaborazioni Igeam su dati ISTAT, 2000-2001
I valori sono stati suddivisi per la superficie del Comune, per ottenere il valore per chilometro
quadrato e sono rappresentati in Fig 2.3.8 e 2.3.9, insieme ai valori relativi alla Provincia e
alla Regione di appartenenza.
Analizzando i risultati si evince che i quantitativi di azoto e fosforo prodotti sono entrambi
superiori alle medie provinciali e regionali.
I carichi di l’azoto sono attribuibili in prevalenza al comparto zootecnico, mentre per il
fosforo ha maggiore rilevanza l’agricoltura.
Fig 2.3.8 - Carico potenziale di azoto per origine.(espresso in kg/kmq* anno)
kg di N / km 2 * anno
12000
10000
8000
6000
4000
2000
0
Colleferro Provincia di Roma Regione Lazio
Fonte – Elaborazioni Igeam su dati ISTAT, 2000-2001
Zootecnia
Agricoltura
Industria
Popolazione
171

Fig 2.3.9: Carico potenziale di fosforo per origine (espresso in kg/kmq* anno)
kg di P / km 2 * anno
3500
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
Colleferro Provincia di Roma Regione Lazio
Fonte – Elaborazioni Igeam su dati ISTAT, 2000-2001
Zootecnia
Agricoltura
Industria
Popolazione
Scarichi idrici per corpo recettore
Col termine "scarico" si intende qualsiasi immissione diretta, tramite condotta, di acque reflue
liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel
sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte
a preventivo trattamento di depurazione. Le autorizzazioni agli scarichi possono essere
concesse dalla Provincia o dai Comuni.
Competono ai Comuni:
l’allaccio e lo scarico in pubblica fognatura di tutte le acque reflue domestiche e/o
assimilabili.
gli scarichi sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo di acque reflue
esclusivamente domestiche e/o meteoriche di dilavamento provenienti da insediamenti
con numero di abitanti equivalenti inferiore o uguale a 50.
Competono alla Provincia:
tutti gli scarichi di acque reflue (domestiche e assimilabili, urbane e industriali) su
corpo d’acqua superficiale, a prescindere dal numero di abitanti equivalenti e
dall’esistenza o meno di impianti di depurazione;
gli scarichi sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo di acque reflue
domestiche provenienti da insediamenti con numero di abitanti equivalenti superiore a
50;
gli scarichi di acque reflue diverse dalle domestiche, sia recapitanti in fognatura
urbana che sul suolo e nel sottosuolo;
gli scarichi di acque reflue industriali in fognatura;
le attività di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento quando questi, in
relazione ai criteri stabiliti dalla legge, non risultano assimilabili alle acque reflue
domestiche e sono pertanto da considerarsi acque reflue industriali.
172

Il D.Lgs. 152/99 prevedeva che gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti (A.E.)
superiore a 15.000 fossero provvisti di reti fognarie per acque reflue urbane entro il
31/12/2000, mentre quelli con un numero di A.E. compreso tra 2.000 e 15.000 avrebbero
dovuto provvedere entro il 31/12/2005.
In funzione della tipologia di acqua reflua scaricata possiamo avere diverse tipologie di
scarico, come definito nell’art.2 del D.lgs. 152/99:
«Acque reflue domestiche»: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo
residenziale e da servizi, derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da
attività domestiche. Tali acque generano “scarichi civili o domestici”.
«Acque reflue industriali»: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o
istallazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse
dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento. Tali acque
generano “scarichi industriali”.
«Acque reflue urbane»: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue
domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento, convogliate
in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerati. Tali acque originano
“scarichi urbani”
Nel comune di Colleferro la copertura della rete fognaria copre il 75 % degli Abitanti
Equivalenti. Per il restante 25 % si possono considerare le seguenti ipotesi:
le acque nere vengono trattate in fosse Imhoff, che spesso non sono in grado di
garantire il rispetto dei limiti tabellari previsti dal D.lgs 152/99, soprattutto se non
sottoposte a manutenzione periodica;
è possibile che alcuni di questi scarichi avvengono su suolo, sottosuolo o in un corpo
idrico senza subire nessun tipo di trattamento.
Conoscere il numero di scarichi per corpo idrico recettore può dare un’idea di quale, tra i
corpi idrici recettori si trovi nelle peggiori condizioni.
La situazione del territorio comunale di Colleferro è riassunta in Fig. 2.3.10:
Fig. 2.3.10 - Scarichi idrici autorizzati (e in itinere) per corpo idrico recettore
n° di scarichi
16
14
12
10
8
6
4
2
0
fosso Valle
Dentro
Fonte - Provincia di Roma
fosso Gavozza fosso delle
Pantanelle
fosso Cupo fiume Sacco
173

In particolare, per quanto riguarda gli scarichi industriali, nel Comune di Colleferro sono
presenti 3 scarichi, tutti aventi come recettore finale il fiume Sacco (Dati: Regione Lazio –
“Piano di Tutela delle Acque della regione Lazio”).
Depurazione acque reflue
La presenza di impianti di depurazione delle acque reflue è essenziale al fine di preservare la
qualità del corpo idrico recettore.
Nel comune di Colleferro esiste un impianto di trattamento delle acque reflue che copre il 90
% degli AE del Comune.
Il 25% delle utenze domestiche non è servito da pubblica fognatura, in tal caso è ipotizzabile
che si tratti di utenze dislocate al di fuori del centro urbano e quindi difficilmente collettabili e
trattabili attraverso l’impianto comunale.
Nella Tab. 2.3.15 sono riportati i valori relativi alle capacità depurative dell’impianto e i dati
relativi alla fognatura presente nel comune.
Come si può notare, la quantità di acqua collettata è inferiore al quantitativo di AE che il
depuratore può trattare.
Tab. 2.3.15 - Capacità degli impianti di depurazione e copertura della rete fognaria
Popolazione Numero
impianti
Potenzialità
depurative
(AE)
AE serviti
dalla
fognatura
km
fognatuara
% AE serviti
dalla
fognatura
Colleferro 20025 1 18000 15000 50 75%
Fonte - Piano di tutela della Acque – Regione Lazio
174

2.3.6 I fabbisogni idrici
La proposta di adeguamento del Piano Regolatore Generale degli Acquedotti, elaborato dalla
regione Lazio e dall’Università La Sapienza di Roma, ha definito i fabbisogni idrici del
territorio regionale.
L’obiettivo di tale studio è stato quello di riuscire a valutare il fabbisogno al 2015
individuando, di conseguenza, le azioni da intraprendere per poter preservare la risorsa idrica
in funzione dei diversi scenari possibili di mutamento dell’uso di tale risorsa.
L’idea di base che emerge da questo lavoro è di programmare e progettare una rete di
interconnessione tra comuni appartenenti allo stesso comprensorio in modo da poter
bilanciare meglio gli squilibri dei carichi di picco, che più difficilmente vengono gestiti a
livello locale.
Questo approccio permetterebbe infatti di utilizzare una minore quantità di risorsa idrica in
quanto, allo stato attuale, il dimensionamento dei serbatoi di accumulo viene fatto per
sopperire alle richieste di picco del singolo comune e può costituire un inutile accumulo della
preziosa risorsa.
Risorse idriche captate
La definizione del numero delle risorse idriche disponibili, ed in particolare delle loro entità,
costituisce il punto di partenza per poter elaborare lo studio sul fabbisogno idrico futuro.
Sono state censite sia le sorgenti che i pozzi che ricadono sul territorio comunale o che
servono ad alimentare il comune interessato. Nella Tab. 2.3.16 sono riportate, per ciascuna
fonte, le informazioni censite di seguito descritte:
- comune di ubicazione, ossia dove fisicamente è posizionata;.
- comune alimentato, ossia il comune che usufruisce delle sue acque;
- la tipologia di risorsa, distinta tra pozzo e sorgente;
- la denominazione della risorsa con cui è riconosciuta la fonte;
- la portata da riservare (Q da riservare): è la quantità di acqua necessaria a soddisfare i
fabbisogni idrici della popolazione residente ed utilizzata per calcolare il bilancio idrico
del singolo comune;
- la portata accertata (Q accertata): è la quantità di acqua censita attraverso ricognizione e
accertamento presso le autorità competenti.
Tab. 2.3.16 - Censimento sorgenti presenti e loro portata
Comune
Ubicazione
Comune
Alimentato
Tipologia
risorsa
Denominazione
risorsa
Q da
Riservare
Colleferro Colleferro Pozzo Pozzo 1 8 8
Colleferro Colleferro Pozzo Pozzo 2 5 5
Colleferro Colleferro Pozzo Pozzo 3 6 6
Colleferro Colleferro Pozzo Pozzo 4 11 11
Colleferro Colleferro Pozzo Pozzo 5 13,3 13,3
Colleferro Colleferro Pozzo Pozzo 6 6 6
Colleferro Colleferro Pozzo Pozzo 7 22 22
Fonte - Aggiornamento del Piano Regolatore Generale degli Acquedotti- Regione Lazio e
Università La Sapienza di Roma
(l/s)
Q accertata
(l/s)
175

L’acqua che alimenta il comune di Colleferro è interamente estratta da pozzi, tutti ricadenti
all’interno del territorio comunale.
Aggregando i valori ed esprimendoli in m 3 si ottengono i m 3 di acqua prelevati all’anno,
indicati in Tab. 2.3.17.
Tab. 2.3.17 - Quantità d’acqua idropotabile utilizzata
Comune Q da Riservare
m 3 /anno
Q accertata
m 3 /anno
Colleferro 2248517 2248517
Fonte - Aggiornamento del Piano Regolatore Generale degli Acquedotti - Regione Lazio e Università La
Sapienza di Roma
Risorse idriche non captate
Il Piano ha individuato anche tutte le risorse idriche non ancora utilizzate, ma che potrebbero
essere captate per fini idropotabili. All’interno del territorio di Colleferro è presente una
sorgente con una significativa portata che andrebbe preservata per un suo possibile utilizzo
come risorsa idrica.
In Tab 2.3.18 sono indicati i dettagli di tale sorgente.
Tab. 2.3.18 - Risorse idriche non captate
Tipologia risorsa Denominazione
Sorgente
Fiume Sacco
(quota 245)
Comune
ubicazione
Colleferro 200,0
Q da riservare
(l/s)
Fonte - Aggiornamento del Piano Regolatore Generale degli Acquedotti - Regione Lazio e Università La
Sapienza di Roma
Prospetti dei fabbisogni idrici al 2015
Per poter programmare la gestione della risorsa idrica, nello studio citato, attraverso
elaborazioni statistico – demografiche, è stata avanzata una stima del probabile fabbisogno al
2015.
E’ stata calcolata la differenza fra i valori del fabbisogno idrico medio e di punta per ogni
singolo comune all’orizzonte temporale del 2015 rispetto agli stessi valori accertati nel 1996.
Laddove questa differenza è risultata positiva è stato indicato un incremento di dotazione
idrica comunale. Se invece la differenza è risultata negativa vuol dire che il fabbisogno
previsto al 2015 è inferiore a quello censito nel 1996.
In Tab. 2.3.19 sono indicati i valori elaborati, in particolare nelle ultime due colonne sono
riportati i valori delle portate da riservare e quelle accertate per ogni singolo comune,
intendendo con questi termini quanto espresso precedentemente.
176

Tab. 2.3.19 - Prospetto dei fabbisogni e delle disponibilità idriche al 2015 (Q = portata; Δ = differenza)
Comune
Popolazione Fabbisogno
idrico prevedibile
Residenti
al 1996
Fluttuanti
totali al
1996
Residenti
equivalenti
al 2015
al 2015
Qmedia
al 2015
(l/s)
Qpunta
al 2015
(l/s)
Integrazione
fabbisogno al 2015
rispetto al 1996
Δ
2015-
1996
Qmedie
(l/s)
Δ 2015-1996
Qpicco (l/s)
Disponibilità idrica
al 2015
Q da
riservare
(l/s)
Q
accertata
(l/s)
Colleferro 20000 3000 21038 73,0 82,3 28,7 -3,7 76,30 76,30
Fonte - Aggiornamento del Piano Regolatore Generale degli Acquedotti-Regione Lazio e Università La
Sapienza di Roma
Dai dati elaborati risulta evidente la previsione di un aumento demografico nei prossimi anni,
che si rispecchia nella necessità di prevedere nuove disponibilità idriche per la portata media,
mentre è stata valutata una variazione della portata di picco negativa, per la quale si prevede
una compensazione attraverso le opere di interconnessione.
La fase complementare allo studio dei fabbisogni idrici ad uso potabile è costituita dalla
definizione delle portate da riservare ad ogni singolo punto di captazione, sia esso una
sorgente oppure un pozzo.
A tal fine, in Tab. 2.3.20 sono elencate le risorse idriche che nel Piano si propone di riservare
per il soddisfacimento dei fabbisogni idropotabili di Colleferro all’orizzonte temporale del
2015, corredate del dettaglio di informazioni relative al quantitativo di portata complessiva
accertata e da riservare.
In questo contesto, con portate accertate ci si riferisce a quelle necessarie alla chiusura del
bilancio idrico all’orizzonte temporale del 2015, mentre con portate da riservare sono indicati
i valori che effettivamente si ritiene debbano essere riservati per ogni singola risorsa (quasi
sempre questi valori coincidono).
Tab 2.3.20 - Risorse idriche da preservare al 2015
Comune Tipologia
Alimentazione risorsa
Denominazione
risorsa
Comune
Ubicazione
risorsa
Q da
Riservare
(l/s)
Q accertata
(l/s)
Colleferro Pozzo Pozzo 2 Colleferro 5,0 5,0
Colleferro Pozzo Pozzo 3 Colleferro 6,0 6,0
Colleferro Pozzo Pozzo 4 Colleferro 11,0 11,0
Colleferro Pozzo Pozzo 5 Colleferro 13,3 13,3
Colleferro Pozzo Pozzo 6 Colleferro 6,0 6,0
Colleferro Pozzo Pozzo 7 Colleferro 22,0 22,0
Colleferro Pozzi Tufano Anagni 5,0 5,0
Fonte - Aggiornamento del Piano Regolatore Generale degli Acquedotti -Regione Lazio e Università La
Sapienza di Roma
A conferma della previsione di utilizzare opere di interconnessione di comprensorio,
nell’elenco delle risorse idriche da preservare, oltre a non comparire il pozzo n.1 (è quello con
la portata minore) compare anche Tufano, serie di pozzi ubicati nel comune di Anagni e non
in quello di Colleferro. Non è stata invece inclusa nella previsione delle fonti da utilizzare la
sorgente non ancora captata.
177

Considerazioni più dettagliate sono da ricercare considerando i valori e i dettagli relativi a
tutto il comprensorio di cui fanno parte i comuni della valle in quanto, come già anticipato,
l’obiettivo del nuovo Piano è integrare le esigenze e rispondere ad esse attraverso una
gestione non solo comunale della risorsa idrica.
178

2.4. – LA QUALITA’ DELL’ARIA
L’aria rappresenta il fluido nel quale ci troviamo immersi praticamente per tutta la nostra vita
e del quale non possiamo fare a meno. Chimicamente l’aria è una miscela di gas con una
composizione percentuale costante fino a circa 100 km di altezza (Tab. 2.4.1) ed è il frutto di
un processo lungo quanto la storia del pianeta, il cui risultato possiede le caratteristiche idonee
alla permanenza della vita sulla terra.
Tab. 2.4.1 - Composizione percentuale dell’atmosfera priva di vapore acqueo
Composto Formula chimica Percentuale nell’aria secca (%)
Azoto N2 78,03
Ossigeno O2 20,98
Argon Ar 0,94
Anidride carbonica CO2 0,03
Idrogeno H2 0,01
Neon Ne 0,0012
Altri gas 0,0088
Oltre all’azoto, l’ossigeno, l’argon, l’anidride carbonica, l’idrogeno e il neon, nell’atmosfera è
presente una porzione variabile di acqua (al massimo 4%) la cui quantità e stato (vapore o
liquido) dipendono dalle condizioni di temperatura e pressione. Al vapore acqueo presente
nell’atmosfera, ai suoi movimenti e alle sue trasformazioni si devono i processi meteorologici
che influenzano la vita di tutti i giorni: la pioggia, la nebbia, una giornata di sole.
La vita sulla terra, così come la conosciamo, è possibile solo in presenza di un ben preciso
rapporto tra i suoi componenti naturali.
L’alterazione della composizione dell’aria può compromettere la salubrità della stessa per
l’uomo e per gli ecosistemi (inquinamento).
Ci sono molecole presenti nell’aria in percentuali bassissime, ma che rappresentano delle
componenti fondamentali nei processi biologici. Senza l’anidride carbonica (0,03 % dell’aria),
ad esempio, non sarebbe possibile la fotosintesi clorofilliana principale fonte di produzione
dell’ossigeno. La presenza nell’atmosfera di altre molecole molto importanti per la vita sulla
terra, come biossido di zolfo e biossido d’azoto, è normale in percentuali minime. Quando
queste concentrazioni superano i valori normali ci troviamo di fronte ad un fenomeno di
inquinamento e possiamo anche correre dei rischi per la salute
Gli inquinanti possono essere classificati secondo la loro origine in:
• naturali, l’inquinamento è causato da processi naturali quali eruzioni vulcaniche e
decomposizione della sostanza organica,
• antropici, l’inquinamento è causato dalle attività dell’uomo.
Quando un inquinante svolge la sua azione tossica nella forma in cui viene emesso
direttamente dalla fonte si parla di inquinante primari. Gli inquinanti possono anche essere
originati da trasformazioni chimiche tra le sostanze emesse in atmosfera e quelle già presenti
nell’aria e allora in questo caso si parla di inquinante secondario. E’ il caso ad esempio
dell’ozono che non viene emesso in modo diretto da una fonte, ma si origina dalla
trasformazione in atmosfera del biossido di azoto e di altri inquinanti primari.
Il livello di inquinamento atmosferico non si valuta misurando le concentrazioni di tutte le
sostanze presenti nell’aria, ma solo degli inquinanti considerati “principali” perché fonte di
danni alla salute in modo diretto o perché precursori di altri inquinanti.
179

L'inquinamento atmosferico è causato principalmente dalle emissioni prodotte dalle attività
industriali, dall’utilizzo di combustibili fossili e carburanti, dalle produzione di sostanze
chimiche, dall'estrazione dei minerali, dall'incenerimento dei rifiuti e dall'attività agricola e di
allevamento.
I principali inquinanti di natura antropica sono:
• il biossido di zolfo (SO2): la fonte principale è la combustione di combustibili fossili
contenenti zolfo, quindi impianti termici (soprattutto se alimentati a gasolio, carbone e
olio combustibile) e in parte dagli autoveicoli. Il biossido di zolfo a contatto con l’acqua
forma l’acido solforico generando il fenomeno delle piogge acide con conseguenze
negative sugli ecosistemi, sui suoli, sulle acque e sul patrimonio artistico. L’acido
solforico, inoltre, è estremamente irritante per le vie respiratorie, per la pelle e per gli
occhi;
• gli ossidi di azoto (NOX): il monossido di azoto è un gas incolore che reagisce con
l'ossigeno a temperatura ambiente per formare biossido di azoto. Questi ossidi
contribuiscono alla produzione dello “smog fotochimico” e, a contatto con l’acqua,
formano l’acido nitrico con conseguenze simili a quelle dell’acido solforico. Gli ossidi di
azoto sono prodotti in tutti i processi di combustione in presenza di aria, in particolare
dagli autoveicoli e dagli impianti industriali indipendentemente dal combustibile usato;
• il monossido di carbonio (CO): è il tipico inquinante del traffico veicolare poiché è un
prodotto della combustione incompleta del carburante. Inoltre è presente negli scarichi
industriali, viene prodotto negli incendi boschivi e nella bruciatura degli scarti agricoli.
Possiede effetti negativi sugli scambi di ossigeno al livello degli alveoli polmonari
risultando quindi particolarmente dannoso per i soggetti che presentano insufficienza
respiratoria;
• l'ozono (O3): l’inquinamento da ozono alle quote dell’atmosfera dove l’uomo respira
(troposfera) è dovuta soprattutto alla reazione di trasformazione del biossido di azoto e di
numerosi altri composti in presenza della luce ultravioletta dei raggi del sole. Queste
reazioni sono numerose e portano alla formazione di molti prodotti definiti in genere come
“smog fotochimico”. Gli effetti dell’inquinamento da ozono sull’uomo sono
principalmente a carico dell’apparato respiratorio e degli occhi. Svolge inoltre un’azione
nociva anche nei confronti della vegetazione;
• il benzene: le principali fonti di inquinamento da benzene sono le emissioni dei veicoli a
motore e le esalazioni durante la lavorazione di prodotti petroliferi, colle, vernici, cere e
detergenti. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato il
benzene come un agente cancerogeno accertato per l’uomo. Sembra ormai evidente che un
effetto dell’esposizione cronica (esposizioni prolungate nel tempo a basse concentrazioni)
al benzene sia l’insorgere della leucemia mieloide o di altre forme di cancro.
L’esposizione al benzene è stata anche collegata al danno ai cromosomi, la parte delle
cellule responsabile dello sviluppo delle caratteristiche ereditarie e a danni a livello degli
organi riproduttivi;
• gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA): si formano in tutti i processi dove si verifica
una combustione incompleta dei materiali a base di carbonio come il carbone, il petrolio,
il legno e il gas. Indicativamente si può affermare che maggiore è il fumo prodotto nella
combustione, maggiore è il quantitativo di IPA liberato. La IARC classifica la
cancerogenicità degli IPA tra possibile e probabile, a seconda della molecola specifica
considerata. Sembrano abbastanza certi però i danni a livello ematico, in particolare
l’immunosopressione e vari danni al sistema polmonare;
180

• le polveri: sono particelle solide volatili derivate da insediamenti industriali, impianti
termici e traffico. Le polveri possono essere misurate in quanto tali, come polveri sospese
totali (PTS, ovvero tutte le particelle con diametro tra i 5 mm e i 0,2 milionesimi di metro)
oppure prendendo in considerazione le frazioni più fini (PM10 il particolato avente
diametro inferiore a 10 milionesimi di metro e PM2,5 quello con diametro inferiore a 2,5
milionesimi di metro) che, raggiungendo più facilmente i polmoni, possono essere causa
di danni maggiori in quanto, essendo l’apparato respiratorio un sistema a fondo chiuso,
non è possibile una semplice rimozione delle sostanze tossiche. La tossicità delle polveri
dipende soprattutto dal fatto che possono trasportare attaccate sulla loro superficie altre
molecole di sostanze acide o cancerogene, come benzene, IPA, metalli;
• il piombo (Pb): la maggioranza delle emissioni di piombo derivava, fino alla totale
eliminazione della benzina con piombo, dai trasporti. Attualmente tali emissioni sono
praticamente azzerate e i maggiori contributi alle emissioni di piombo a livello nazionale
derivano da attività industriali, quali produzione di acciaio, zinco e vetro, facendo
dell’inquinamento da piombo un problema di esposizione professionale. I possibili danni
all’uomo riguardano soprattutto il sistema nervoso centrale (saturnismo).
181

2.4.1 Normativa
Normativa nazionale e comunitaria sull’atmosfera
Come la maggior parte della normativa in campo ambientale, le leggi italiane discendono
dalle Direttive europee e la componente atmosfera non fa eccezione. La Comunità europea ha
emanato Direttive, Regolamenti e Decisioni riguardo alla salvaguardia della qualità dell’aria
da oltre venti anni.
L’attenzione negli anni ottanta e novanta era rivolta a singole tipologie di inquinanti, piombo,
anidride solforosa, particelle sospese, ozono oppure a singole tipologie di fonti di
inquinamento, impianti industriali e inceneritori di rifiuti. Le direttive fissano dei valori limite
e valori guida per la qualità dell’aria e per le emissioni dagli impianti. Questa prima parte di
legislazione europea è stata recepita in Italia dal Decreto del Presidente della Repubblica 24
maggio 1988, n. 203 “Attuazione delle direttive CEE nn. 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203
concernenti norme in materia di qualità dell’aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e
di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell’art. 15 della l. 16 aprile 1987,
n. 183”.
La novità importante di questo Decreto è stata l’introduzione di un sistema autorizzatorio per
le attività pericolose per la salubrità dell’atmosfera. Infatti tutti gli impianti industriali
esistenti dovevano richiedere in sanatoria l’autorizzazione alle emissioni. Gli impianti nuovi
devono ottenere l’autorizzazione all’emissione prima di iniziare l’attività. Inoltre
nell’autorizzazione sono indicati i limiti alle emissioni che gli impianti hanno l’obbligo di
rispettare.
La prima Direttiva in materia di “valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente” è
arrivata nel 1996 (Direttiva 96/62/CE) ed è stata recepita in Italia dal D.Lgs. 4 agosto 1999, n.
351. In questo Decreto la componente aria veniva valutata in relazione alla salute dell’uomo e
dell’ambiente. Il primo passo quindi è quello di valutare la qualità dell’aria sul territorio
nazionale, per poi adoperarsi nel mantenimento della qualità laddove è buona e migliorarla
negli altri casi. Sono stati fissati quindi degli obiettivi al fine di evitare, prevenire o ridurre gli
effetti dannosi degli inquinanti. Inoltre si dispose la pubblicità dei dati sulla qualità dell’aria,
con particolare riferimento al superamento delle soglie d’allarme.
La Comunità Europea tornò a definire in modo categorico i valori limite di qualità dell’aria
per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle, il piombo, il
benzene ed il monossido di carbonio in due direttive nel 1999 e 2000 (Direttiva 1999/30/CE e
Direttiva 2000/69/CE) che sono state recepite simultaneamente dalla legge italiana con il
Decreto 2 aprile 2002 n. 60, riferimento per la tutela della qualità dell’aria ovvero il rispetto
dei limiti di concentrazione degli inquinanti. Il decreto stabilisce i valori limite delle
concentrazioni, i tempi e i modi per raggiungerli e inoltre indica la soglia di valutazione
superiore ed inferiore e i criteri di verifica della classificazione delle zone e degli agglomerati.
Fissa anche le soglie di allarme e le modalità di comunicazione dei dati.
Per concludere questa carrellata sintetica sul complesso quadro normativo teso a garantire la
qualità dell’atmosfera consideriamo il fatto che negli ultimi anni la Comunità europea ha
completato lo scenario normativo emanando la direttiva 2002/3/CE “relativa all’ozono
nell’aria” e portando l’attenzione del legislatore sulle emissioni dei veicoli a motore. Lo stato
italiano ha recepito la direttiva sull’ozono con il D. Lgs. 183 del 21 maggio 2004 e ha puntato
l’attenzione sulla qualità dei carburanti e sulla pianificazione e programmazione delle
zonizzazioni per la qualità dell’aria.
Di seguito, nella Tab. 2.4.2 vengono riportati i valori limite degli inquinanti previsti dal D. M.
del 2 aprile 2002 n. 60.
182

Tab. 2.4.2 - Valori limite previsti per l’anno 2005 o 2010 dal D.M. n. 60 del 2002
Inquinate
(formula chimica)
Periodo di
mediazione
Valore limite
(concentrazione
che non deve
essere superata in
un anno per il
numero di volte
indicato tra
parentesi)
Margine di
tolleranza
(tra parentesi è
indicata la data a
partire dalla quale
il margine deve
progressivamente
Termine per il
raggiungimento
graduale del
valore limite
Biossido di zolfo 1 ora 350 μg/m
ridursi)
(SO2)
3
150 μg/m
(24)
3 1 gennaio 2005
(1 gennaio 2001)
24 ore 125 μg/m 3
(3)
nessuno 1 gennaio 2005
Biossido d’azoto 1 ora 200 μg/m
(NO2)
3 100 μg/m 3 1 gennaio 2010
(1 gennaio 2001)
Anno civile 40 μg/m 3 20 μg/m 3
(1 gennaio 2001)
1 gennaio 2010
Ossidi
(NOX)
d’azoto Anno civile 30 μg/m 3 nessuno 19 luglio 2001
PM10 24 ore 50 μg/m 3
25 μg/m
(35)
3 1 gennaio 2005
(1 gennaio 2001)
Anno civile 40 μg/m 3 8 μg/m 3
(gennaio 2001)
1 gennaio 2005
Benzene (C6H6) Anno civile 5 μg/m 3 5 μg/m 3
1 gennaio 2006
1 gennaio 2010
Monossido di Media mobile 10 mg/m
carbonio (CO) massima
giornaliera su 8
ore
3 6 mg/m 3
1 gennaio 2005
1 gennaio 2003
Fonte - D.M. n. 60/2002
183

I valori limite per l’ozono del D. Lgs. 183 del 21 maggio 2004 sono riportati in Tab. 2.4.3.
Tab. 2.4.3 - Valori limite per l’ozono
Parametro
Valore bersaglio per il 2010 per la Media massima giornaliera su 120 µg/m
protezione della salute umana 8 ore
3 da non superare
per più di 25 giorni per
anno civile come media su 3
anni
Valore bersaglio per il 2010 per la AOT40
protezione della vegetazione
1 (Accumulated 18 000 µg/m
exposure Over a Trashold of
40 ppb): Si intende la somma
della parte di concentrazioni
orarie eccedenti gli 80
microg/m3 (= 40 ppb) in un
dato periodo di tempo,
utilizzando solo i valori
rilevati ogni giorno tra le 8:00
e le 20:00, ora dell'Europa
centrale
3 h come media
su 5 anni
Obiettivo a lungo termine per la Media massima giornaliera su 120 µg/m
protezione della salute umana 8 ore nell'arco di un anno
civile
3
Obiettivo a lungo termine per la AOT40, calcolato sulla base 6 000 µg/m
protezione della vegetazione dei valori di 1 ora da maggio
a luglio
3 h
Soglia di informazione Media di 1 ora 180 µg/m 3
Soglia di allarme Media di 1 ora 240 µg/m 3
Fonte- (D. Lgs. 183 del 21 maggio 2004)
1 AOT40 (Accumulated exposure Over a Trashold of 40 ppb. Si intende la somma della parte di concentrazioni
orarie eccedenti gli 80 microg/m3 (= 40 ppb) in un dato periodo di tempo, utilizzando solo i valori rilevati ogni
giorno tra le 8:00 e le 20:00, ora dell'Europa centrale
184

Un po’ di definizioni
Secondo il D.Lgs. 351/1999 e il D. Lgs. 183/2004 si intende per:
- agglomerato: zona con una popolazione superiore a 250.000 abitanti o, se la popolazione è pari o inferiore a
250.000 abitanti, con una densità di popolazione per km 2 tale da rendere necessaria la valutazione e la
gestione della qualità dell'aria ambiente a giudizio dell'autorità competente;
- aria ambiente: l’aria esterna presente nella troposfera, ad esclusione di quella presente nei luoghi di lavoro;
- composti organici volatili (COV): tutti i composti organici, diversi dal metano, provenienti da fonti
antropogeniche e biogeniche, i quali possono produrre ossidanti fotochimici reagendo con gli ossidi di azoto
in presenza di luce solare (D. Lgs. 183/2004);
- inquinante: qualsiasi sostanza immessa direttamente o indirettamente dall’uomo nell’aria ambiente che può
avere effetti dannosi sulla salute umana o sull’ambiente nel suo complesso;
- livello: concentrazione nell'aria ambiente di un inquinante o deposito di questo su una superficie in un dato
periodo di tempo;
- margine di tolleranza: la percentuale del valore limite nella cui misura tale valore può essere superato alle
condizioni stabilite dal presente decreto;
- obiettivo a lungo termine: concentrazione di ozono nell'aria al di sotto della quale si ritengono improbabili,
in base alle conoscenze scientifiche attuali, effetti nocivi diretti sulla salute umana e/o sull'ambiente nel suo
complesso. Tale obiettivo deve essere conseguito, salvo quando ciò non sia realizzabile tramite misure
proporzionate, nel lungo periodo al fine di fornire un'efficace protezione della salute umana e dell'ambiente
(D. Lgs. 183/2004);
- precursori dell'ozono: sostanze che contribuiscono alla formazione di ozono a livello del suolo (D. Lgs.
183/2004);
- soglia di allarme: livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve
durata e raggiunto il quale si deve immediatamente intervenire a norma del Decreto Legislativo 4 agosto
1999, n. 351;
- soglia di informazione: livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana in caso di esposizione di
breve durata per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione e raggiunto il quale sono
necessarie informazioni aggiornate (D. Lgs. 183/2004);
- soglia di valutazione inferiore: un livello al di sotto del quale è consentito ricorrere soltanto alle tecniche di
modellizzazione o di stima oggettiva al fine di valutare la qualità dell'aria ambiente;
- soglia di valutazione superiore: un livello al di sotto del quale le misurazioni possono essere combinate
con le tecniche di modellizzazione al fine di valutare la qualità dell'aria ambiente;
- valore bersaglio: livello fissato al fine di evitare a lungo termine effetti nocivi sulla salute umana e/o
sull'ambiente nel suo complesso, da conseguirsi per quanto possibile entro un dato periodo di tempo (D.
Lgs. 183/2004);
- valore limite: livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli
effetti dannosi sulla salute umana o per l'ambiente nel suo complesso, tale livello deve essere raggiunto
entro un dato termine e in seguito non superato;
- valore obiettivo: livello fissato al fine di evitare, a lungo termine, ulteriori effetti dannosi per la salute
umana o per l'ambiente nel suo complesso; tale livello deve essere raggiunto per quanto possibile nel corso
di un dato periodo;
- valutazione: impiego di metodologie per misurare, calcolare, prevedere o stimare il livello di un inquinante
nell'aria ambiente;
- zona: parte del territorio nazionale delimitata ai fini del presente decreto.
Normativa regionale
L’azione di tutela della qualità dell’aria della Regione Lazio ha riguardato la messa a punto di
metodiche per il contenimento di situazioni a maggior criticità e la valutazione della qualità
dell’aria ed eventuali piani d’intervento.
In particolare l’azione a livello regionale si articola nei seguenti punti:
• redazione del “piano di zonizzazione” per identificare le aree omogenee per
l’inquinamento atmosferico;
• ottimizzazione della funzionalità della rete di monitoraggio attraverso la collaborazione
con enti locali e Arpalazio;
185

• stesura di “piani d’azione” per le aree ad elevata criticità;
• promozione di studi e ricerche per ottimizzare i programmi d’azione.
Con la legge regionale n. 48 del 17/07/1989 la Regione Lazio ha delegato alle Province le
funzioni amministrative degli artt. 6 e 12 del DPR 203/88 (sistema autorizzatorio e controllo
alle emissioni da impianti industriali che possono inquinare l’aria). Le leggi regionali 142/90
e 14/99 definiscono le funzioni e i compiti delle Province. A queste va il compito della
vigilanza e controllo sulle emissioni atmosferiche, la tenuta del catasto delle emissioni e
l’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi concernenti le autorizzazioni per le
costruzioni di nuovi impianti industriali.
Riassunto delle competenze in materia di tutela dell’aria
La normativa riguardo alla tutela dell’aria da parte degli enti pubblici è molto complessa e porta
all’articolazione delle competenze schematizzata come segue.
Stato ⇒ Funzioni d’indirizzo:
• definisce i criteri generali per il monitoraggio, per le analisi dei dati rilevati e per l’elaborazione dei diversi
Piani
• fissa Valori limite, Valori guida, Livelli di attenzione e Livelli d’allarme
• redige il Piano d’Azione nazionale per raggiungere i livelli fissati dall’Unione Europea
Regioni ⇒ Funzioni Amministrative:
• rilascio delle autorizzazioni
• controllo del rispetto della normativa
• eventuale introduzione di una normativa più restrittiva rispetto a quella nazionale
⇒ Attività di coordinamento:
• coordinamento del sistema di monitoraggio
• programmazione degli interventi
⇒ Competenze specifiche
• redazione del Piano di tutela e risanamento dell’inquinamento atmosferico
Provincia ⇒ Funzione di programmazione
• redazione del Piano d’intervento operativo
⇒ Gestione
• gestione delle reti di monitoraggio
• raccolta e elaborazione dei dati
• redazione dell’“Inventario provinciale delle emissioni”
⇒Funzione di vigilanza
Comune ⇒ Competenze d’intervento
• provvedimenti limitativi della circolazione degli automezzi
• definizione di accordi da stipulare con soggetti pubblici o privati al fine di ridurre la mobilità.
La rete di monitoraggio atmosferico nel Lazio
La rete di rilevamento dell’inquinamento atmosferico della Regione Lazio è costituita da 39
stazioni dislocate su tutto il territorio regionale, collegate a 5 centri provinciali di gestione e
validazione dati (presso le sedi ARPA) a loro volta collegati al Centro regionale di
coordinamento, raccolta, elaborazione e diffusione dati. Le stazioni di monitoraggio dei soli
inquinati atmosferici sono 34 e sono distribuite in 22 comuni, mentre sono presenti altre 5
stazioni di rilevamento dei parametri climatici quali vento, pioggia, temperatura, una per ogni
provincia presso le sedi dell’Arpalazio.
Le stazioni di monitoraggio dell’inquinamento sono dotate di strumentazioni differenti, in
base alle esigenze locali di monitoraggio. Questa differenziazione è finalizzata alla
186

ilevazione delle situazioni di inquinamento atmosferico prodotte dalle diverse tipologie di
sorgente, quindi possiamo avere stazioni per la rilevazione dell’inquinamento industriale o da
traffico urbano o da attività rurale.
A Colleferro sono presenti due stazioni di rilevamento dell’inquinamento atmosferico
appartenenti alla rete di monitoraggio dell’Arpalazio (Tab. 2.4.4).
Tab. 2.4.4 - Caratteristiche delle stazioni di rilevamento dell’inquinamento atmosferico nel comune di
Colleferro.
Stazione Tipo di stazione Posizione
Colleferro
Oberdan
Colleferro
Europa
CO
SO2
Inquinanti rilevati
Industriale Urbana (Largo Oberdan) r r r r r r r
Industriale Urbana (Viale Europa) r r r r r
Fonte - Arpalazio “Relazione sulla qualità dell’aria nella regione Lazio”
Secondo quanto previsto dalla normativa, la Regione Lazio ha realizzato la zonizzazione del
territorio della Regione. La valutazione preliminare della qualità dell’aria e la conseguente
individuazione di aree omogenee hanno permesso di costruire un quadro di riferimento su
tutto il territorio regionale. A seconda della qualità dell’aria rilevata è stata assegnata una
classificazione al territorio comunale. Alla Classe 1 appartengono i comuni con la qualità
dell’aria peggiore e così via fino alla Classe 4 che denota la qualità migliore per la
componente aria.
Dalla zonizzazione regionale relativa alla qualità dell’aria risulta che in Classe 1 sono presenti
solo due comuni: Roma e Frosinone, mentre il comune di Colleferro appartiene alla Classe 2,
il che significa che le concentrazioni di almeno un inquinante atmosferico tra tutti quelli
presenti, sono comprese tra il limite di legge aumentato del margine di tolleranza e il limite di
legge stesso.
Nella Tab. 2.4.5 seguente si riportano le caratteristiche delle 5 Classi di qualità.
Tab. 2.4.5 – Classi di qualità dell’aria
CLASSE 1 Comuni nei quali almeno un inquinante è stato valutato superiore al limite
di legge aumentato del margine di tolleranza
CLASSE 2 Comuni nei quali almeno un inquinante è stato valutato tra il limite di
legge aumentato del margine di tolleranza e il limite di legge
CLASSE 3 Comuni nei quali gli inquinanti sono compresi tra il margine di valutazione
superiore e il limite di legge
CLASSE 4 Comuni nei quali gli inquinanti sono stati valutati inferiori al margine di
valutazione superiore
Fonte - Arpalazio “Relazione sulla qualità dell’aria nella regione Lazio”, 2004
NO
NO2
NOX
O3
187
Polveri

2.4.2 La qualità dell’aria nella Provincia di Roma
I dati di seguito illustrati sono relativi ai dati raccolti dall’Arpalazio nel territorio della
Provincia di Roma dal 1999 al 2003. L’obiettivo che ci si pone è di confrontare la situazione
dell’inquinamento nel Comune di Colleferro con il resto della Provincia. In questa analisi
sono stati esclusi dal confronto i dati sulla qualità dell’aria del Comune di Roma poiché l’area
metropolitana rappresenta una situazione del tutto a sé stante.
Le stazioni di rilevamento nella Provincia di Roma sono situate nei seguenti comuni:
• Allumiere;
• Civitavecchia;
• Colleferro, largo Oberdan;
• Colleferro, viale Europa;
• Guidonia;
• Segni.
Dato che nel comune di Segni non sono presenti fonti di inquinamento atmosferico rilevanti,
(es. attività industriali o traffico intenso), l’Arpalazio ha deciso di considerare le
concentrazioni rilevate in questa stazione come il cosiddetto “fondo ambientale”, ovvero
come una situazione di riferimento priva di inquinamento antropico.
La Fig. 2.4.1, dove sono riportate le concentrazioni medie annue di NO2 nelle 6 stazioni della
provincia, mette in evidenza una situazione critica per Colleferro.
Fig.2.4.1 - Valori medi annui delle concentrazioni di NO2 rilevate nelle stazioni della provincia di Roma
Concentrazione NO 2 (Πg/m 3 )
6 0
5 0
4 0
3 0
2 0
1 0
0
Allumiere
Civitavecchia
C.Oberdan
Fonte - Arpalazio “Relazione sulla qualità dell’aria nella regione Lazio”
La situazione relativa all’inquinamento da ozono sembra essere in contrasto con quanto
evidenziato per l’NO2. Si confrontando i dati di Colleferro e di Segni, che rappresenta il fondo
C.Europa
S ta z io n i
Guidonia
Segni
1 9 9 9
2 0 0 0
2 0 0 1
2 0 0 2
2 0 0 3
188

ambientale, per capire quanto la situazione del Comune di Colleferro sia alterata rispetto a un
Comune privo di fonti di inquinamento. Come si nota dalla Fig. 2.4.2 dove è riportato il
numero di superamenti dei limiti di protezione per la salute umana (120 μg/m 3 ) e i
superamenti della soglia di informazione (180 μg/m 3 ) di Ozono nelle stazioni di Colleferro
Oberdan e Segni, per gli anni dal 1999 al 2003, il comune di Segni sembrerebbe sottoposto ad
un livello di inquinamento maggiore rispetto a quella di Colleferro. Ciò è spiegabile con la
dinamica degli inquinanti in atmosfera, infatti, come illustrato in precedenza l’ozono è un
inquinante secondario e, ora che arrivano a Segni, spinti dai venti dominanti, gli ossidi di
azoto prodotti nelle zone più inquinate, hanno avuto il tempo di combinarsi chimicamente e di
produrre ozono.
Fig 2.4.2 - Numero di superamenti dei limiti di protezione per la salute umana (120 μg/m 3 ) e i superamenti della
soglia di informazione (180 μg/m 3 ) per l’ozono
numero superamenti
3 0 0
2 5 0
2 0 0
1 5 0
1 0 0
5 0
0
C . O b e rdan S egni C . O b erdan S e g ni
180 1 2 0
Fonte - Arpalazio “Relazione sulla qualità dell’aria nella regione Lazio”
Una ulteriore conferma del quadro fino ad ora descritto la troviamo in un recente studio della
Provincia di Roma (2005) finalizzato alla valutazione della qualità dell’aria. La
classificazione dei comuni proposta in questo studio, pur essendo stata elaborata mediante
l’utilizzo di una metodica diversa rispetto a quella della Regione, ha comunque prodotto
risultati analoghi. Anche in questo caso, il comune di Colleferro mostra una situazione di
criticità ambientale prossima ai valori limite previsti dalla legge per le concentrazioni dei
parametri NO2, PM10 e benzene. Colleferro appartiene al gruppo dei comuni più a rischio con
esclusione del solo Comune di Roma.
È importante evidenziare che a Colleferro il parametro PM10 non viene misurato dalla rete di
monitoraggio dell’Arpalazio, nonostante si tratti di un parametro fondamentale e che, come
prescritto dal D.M. 60/2002, in caso di superamento del limite della concentrazione media
annua per il PM10 (40 μg/m 3 ), deve essere redatto un Piano di risanamento atmosferico.
189
1 9 99
2 0 00
2 0 01
2 0 02
2 0 03

2.4.3 La qualità dell’aria a Colleferro
Dopo aver analizzato la situazione dello stato della qualità dell’aria nel territorio di Colleferro
rispetto al contesto provinciale di riferimento, e aver analizzato il particolare fenomeno
dell’inquinamento da ozono su scala locale, il presente paragrafo affronta l’insieme degli
indicatori di qualità dell’aria maggiormente significativi.
Concentrazione degli inquinanti
I dati utilizzati sono stati forniti dall’Arpalazio e dalla Provincia di Roma, Servizio Tutela
dell’Aria ed Energia. In particolare i dati sulle polveri sottili, PM10 sono tratti da una recente
(giugno-dicembre 2004) campagna di monitoraggio condotta dalla Provincia di Roma nel
territorio del Comune.
Nella tabella seguente sono illustrati i dati sintetici relativi agli indicatori di concentrazione
degli inquinanti.
190

Tab. 2.4.5 - Indicatori di stato della qualità dell’aria di Colleferro
Concentrazione
SO2
(μg/m 3 )
Concentrazione
CO
(mg/m 3 )
Concentrazione
NO2
(μg/m 3 )
Concentrazione
NOX
(μg/m 3 )
Concentrazione
O3
(μg/m 3 )
Concentrazione
PM10
(μg/m 3 )
Anno Conc. minima
oraria
Conc. massima
oraria
Conc. media 2
Numero
superamenti
Commento
2002 0,0018 17,0814 1,0879 0 POSITIVO
2003 0,0277 4,3256 1,0609 0
2004 0,0251 3,3424 0,6697 0
Le concentrazioni sono
molto più basse dei limiti di
legge (350 μg/m 3 )
2003 0,0978 2,1718 0,7360 0 POSITIVO
Le concentrazioni sono
molto più basse dei limiti di
legge (10 mg/m 3 2004 0,1300 2,0105 0,6956 0
2002 0,6589 245,7350 49,0212 Il limite
)
orario POSITIVO
viene superato solo Il limite della media annua
5 volte nel 2002. Il di 40 μg/m
limite per la media
annua viene
rispettato entro il
margine
tolleranza
di
3 2003 14,8898 72,1170 45,8752
2004 9,8817 75,2740 40,7571
deve essere
raggiunto entro il 2010
2002 0,8614 1194,9720 102,7252 Il limite per la
media annua (30
μg/m 3 NEGATIVO
Il limite di 30 μg/m
) viene
sempre superato
3 2003 18,0941 363,8543 94,7637
è in
2004 13,6931 288,5532 85,8539
vigore dal 2001
2003 0,9789 177,3625 43,5331 60 (limite per la
protezione della
salute umana, 120
μg/m 3 NEGATIVO
Il dato preoccupante giunge
dalle aree limitrofe prive di
)
fonti d’inquinamento
2004 2,3571 86,6302 37,2272 Dati disponibili
non confrontabili
con i livelli di
giugnodicembre
2004
legge 3
14,00 96,50 42,53 23 su 50 giorni di
misure
NEGATIVO
Il dato non è monitorato
secondo i parametri di
legge
2 Le concentrazioni medie considerate sono quelle riferite al limite di legge confrontato: per SO2, PM10 sono medie orarie; per NOX e NO2 è la media annua; per CO e
O3 si tratta di medie mobili (per il dettaglio vedi Tab. 2.4.2)
3 Per l’anno 2004 sono state fornite le concentrazioni medie mensili
191

Dall’analisi dei dati emerge un quadro di inadempienza ai limiti di legge per:
• le medie annue degli ossidi di azoto;
• concentrazioni di ozono;
• polveri sottili (PM10).
La situazione della qualità dell’aria di Colleferro quindi presenta diverse criticità. La soluzione
di queste passa attraverso più azioni differenti e mirate per ciascun problema. Mentre per ossidi
di azoto e ozono si dispone di un sistema di monitoraggio, il rilevamento delle polveri totali non
permette che una conoscenza superficiale del problema. Soprattutto non è possibile mettere in
relazione i limiti di legge con le concentrazioni rilevate.
Siccome i problemi di NOX e ozono sono strettamente legati, il passo successivo per risolvere
questa criticità pare quello di promuovere azioni di riduzione delle emissioni di ossidi di azoto.
191

2.4.4 Le emissioni
Emissioni nel comune di Colleferro
Di seguito vengono riportate le emissioni per il Comune di Colleferro da sorgenti puntuali,
diffuse o lineari. A seconda della quantità di inquinante emessa e delle modalità di emissione una
sorgente può essere puntuale, diffusa o lineare.
È’ puntuale quando è possibile individuare e caratterizzare singolarmente le fonti di emissione e
localizzarle sul territorio, come nel caso di stabilimenti industriali e grandi impianti di
riscaldamento.
È diffusa quando le sorgenti di emissione non possono essere individuate singolarmente a causa
della loro ampia distribuzione sul territorio, come nel caso delle emissioni derivanti dall'uso di
impianti domestici.
È lineare quando le emissioni vengono rilasciate in maniera continua e non in un unico punto,
come nel caso di strade, autostrade, ferrovie.
Le emissioni nel Comune di Colleferro sono riportate in Tab. 2.4.6.
Tab. 2.4.6 - Emissioni degli inquinanti principali da diverse sorgenti nel Comune di Colleferro in tonnellate per
anno riferite al 1998
Tonnellate di CO COV NOX PSF 4 SOX
Sorgenti
Diffuse
1571,5 568,8 257,8 35,1 25,2
Sorgenti
Lineari
1112,8 161,9 861,9 347,0 23,9
Sorgenti
Puntuali
68,8 91,5 1848,0 1,2 254,8
Fonte - Censimento delle emissioni della Provincia di Roma, 1998
Confrontando questi dati con quelli relativi agli altri comuni della provincia, Colleferro si
colloca tra i 5 Comuni con le maggiori emissioni da sorgenti lineari e da sorgenti puntuali. Nelle
due figure di seguito (Fig 2.4.3 e 2.4.4) si riportano i cinque comuni con le emissioni da sorgenti
puntuali e lineari maggiori.
4 Per PSF si intende Polveri Sospese in generale, senza specifiche di dimensioni
192

Fig. 2.4.3 - Emissioni inquinanti principali da sorgenti lineari – Anno 1998
Tonnellate/anno
Fonte - Censimento delle emissioni della Provincia di Roma, 1998
Fig. 2.4.4 - Emissioni inquinanti principali da sorgenti puntuali – Anno 1998
Tonnellate
7000
6000
5000
4000
3000
2000
1000
0
12000
10000
8000
6000
4000
2000
0
CO COV NOX PSF SOX
CO COV NOX PSF SOX
Fonte - Censimento delle emissioni della Provincia di Roma, 1998
Roma
Fiumicino
Civitavecchia
Fiano Romano
Colleferro
Civitavecchia
Roma
Fiumicino
Guidonia Montecelio
Colleferro
La situazione a Colleferro è critica, infatti il Comune si affianca ad una metropoli, Roma, ad un
Comune sede di un aeroporto internazionale, Fiumicino e a Civitavecchia, uno degli scali
marittimi più importanti d’Italia, nonché sede di un discusso polo industriale, e a delle piccole
realtà come Fiano e Guidonia che soffrono la presenza di una vicina autostrada, industrie per la
produzione di calcestruzzo, un’industria farmaceutica, industrie per la lavorazione dei rifiuti e di
un aeroporto militare.
Il territorio di Colleferro d’altronde ha delle realtà critiche per la qualità dell’aria (Fig. 2.4.5):
• due termovalorizzatori;
• una discarica per rifiuti solidi urbani;
• un cementificio;
• una industria chimica;
• industria per la lavorazione delle vetroresine;
193

• una cava;
• produzione di armi ed esplosivi;
• varie altre attività industriali;
• la presenza di una autostrada e di strade statali e provinciali.
Fig. 2.4.5 - Localizzazione e distanza dal centro urbano delle grandi imprese produttive e a rischio d’incidente
rilevante nel Comune di Colleferro
Fonte - Provincia di Roma, anno 2005
Le attività industriali, per la loro tipologia (chimiche, di trasformazione, di combustione)
emettono una serie di microinquinanti quali composti clorurati che normalmente si trovano nelle
polveri sottili.
Le polveri sottili, quindi, necessitano di un controllo in continuo per la verifica del rispetto dei
valori limite e una valutazione periodica in funzione della composizione chimica. A seguito di
questa indagine la Provincia di Roma ha chiesto all’Osservatorio Provinciale per la promozione
della qualità ambientale, di predisporre un progetto sperimentale che individui il territorio di
Colleferro come “Caso-Studio” per la valutazione complessiva dell’aria.
Le emissioni di gas serra a livello provinciale
Per l’elaborazione di questo indicatore sono stati utilizzati i dati forniti dalla Provincia di Roma
con il Censimento delle fonti di inquinamento atmosferico relativi all’anno 1998 poiché non
sono disponibili aggiornamenti successivi. Il dato è relativo all’intera Provincia di Roma.
194

Tab.2.4.6 - Emissioni totali gas serra per macrosettore in tonnellate per anno riferite al 1998
Macrosettori CH4 (t) CO2 (t) N2O (t)
Centr.Elettriche Pubbl.,Cogeneraz.,Telerisc. 83,1 7.609.945,8 349,0
Combustione - Terziario ed Agricoltura 434,1 3.637.068,0 369,4
Combustione - Industria 47,0 1.855.103,2 513,0
Processi Produttivi 82,9 626.687,0 0,0
Estrazione,distribuzione combustibili fossili 4.918,7 0,0 0,0
Uso di solventi 0,0 8,3 0,2
Trasporti Stradali 2.014,7 5.986.720,4 630,9
Altre Sorgenti Mobili 18,4 815.091,0 131,0
Trattamento e Smaltimento Rifiuti 20.327,4 78.738,1 1,2
Agricoltura 13.751,7 0,0 605,4
Natura 2.796,0 779.558,9 175,6
TOTALE 44.474,1 21.388.920,9 2.775,7
Fonte – Censimento delle emissioni della Provincia di Roma, 1998
195

2.4.5 Le politiche del Comune di Colleferro in materia di tutela dell’aria
Il particolato è costituito da particelle sospese allo stato solido o liquido che, a causa delle loro
piccole dimensioni, restano sospese in atmosfera per tempi più o meno lunghi. Il particolato si
origina sia da fonti naturali che antropogeniche.
Le principali fonti naturali di particolato sono le eruzioni vulcaniche, gli incendi boschivi,
l’erosione e la disgregazione delle rocce, le piante (pollini e residui vegetali), le spore, lo spray
marino e i resti degli insetti.
Il particolato di origine antropica è invece dovuto: all’utilizzo dei combustibili fossili
(riscaldamento domestico, centrali termoelettriche, ecc.); alle emissioni degli autoveicoli;
all’usura dei pneumatici, dei freni e del manto stradale; a vari processi industriali (fonderie,
miniere, cementifici, ecc.).
Le polveri fini, che sono la frazione più fine del particolato (e quindi la più pericolosa perché in
grado di raggiungere anche i polmoni), derivano principalmente da processi di combustione e da
prodotti di reazione dei gas; la frazione grossolana delle polveri si origina in genere da processi
meccanici. Da segnalare anche le grandi quantità di polveri che si possono originare in seguito a
varie attività agricole.
Si stima che ogni giorno, al mondo, vengano immesse nell’aria circa 10 milioni di tonnellate di
particolato; di queste il 94% è di origine naturale.
La concentrazione media di queste particelle nell’aria priva di fonti di inquinamento è
dell’ordine di 1-1,5 µg/m 3 .
Gli effetti dell’inquinamento dell’aria da particolato (e in particolare dalle frazioni di PM10 e
PM2,5 ) sulla salute possono essere sia di tipo acuto quando si è esposti a concentrazioni molto
elevate, (quali aggravamento di sintomi respiratori e cardiaci in soggetti predisposti, infezioni
respiratorie acute, crisi di asma bronchiale e disturbi circolatori e ischemici) che di tipo cronico
quando si è esposti per lunghi periodi a concentrazioni anche non eccessive (quali sintomi
respiratori cronici come tosse e catarro, diminuzione della capacità polmonare e bronchite
cronica).
Le persone più vulnerabili agli effetti dell’inquinamento da polveri sono gli anziani, gli asmatici,
i bambini e chi svolge un’intensa attività fisica all’aperto, sia di tipo lavorativo che sportivo.
In considerazione delle affermazioni fatte a livello generale, per quanto concerne il territorio del
Comune di Colleferro assumono una importanza particolare i recenti superamenti dei limiti di
legge per il PM10 rilevati negli ultimi mesi del 2005.
Nella stazione di monitoraggio dell’Arpalazio sita in viale Europa, infatti, dal settembre 2005
vengono rilevate le concentrazioni di PM10 e, in questo lasso di tempo (4 mesi), sono stati
misurati ben 19 superamenti del valore soglia di 50 µg/m 3 su media giornaliera (D.M. n.
60/2002). (si veda la figura 2.4.6).
Nell’ambito delle iniziative poste in essere al fine di prevenire e/o ridurre le emissioni inquinanti
in atmosfera, l’Amministrazione comunale ha attivato delle procedure di studio del territorio
mirate ad interventi - Linee guida- volti alla prevenzione ed al contenimento dell’inquinamento
da polveri sottili (PM10), al fine di tutelare la salute della collettività.
Tali Linee guida sono state approvate con Delibera di Giunta Comunale n. 259 del 30/11/05, la
quale individua alcuni interventi operativi che vanno dalla redazione del citato Piano Urbanistico
Comunale Generale, secondo il principio dello sviluppo sostenibile, al controllo obbligatorio dei
gas di scarico degli autoveicoli (Bollino blu), alla creazione di isole pedonali ed alla
razionalizzazione del traffico urbano.
Nell’ambito di Agenda 21 locale i suddetti interventi mirano all’incentivazione di campagne di
informazione ed educazione ambientale, sia per favorire il processo di responsabilizzazione dei
196

cittadini in quanto soggetti attivi al fine di contribuire al cambiamento del sistema della mobilità,
sia al fine di sviluppare ed adottare nuove tecnologie capaci di ridurre la pressione ambientale
delle attività produttive.
Fig.2.4.6: Valori di concentrazione di PM10 nei giorni dei superamenti nel 2005
Concentrazione PM10 ( μg/m 3 )
160
140
120
100
80
60
40
20
0
2-set
Fonte: Arpalazio
1-nov
4-nov
9-nov
10-nov
11-nov
12-nov
21-nov
1-dic
La situazione della qualità dell’aria non è poi migliorata nel corso dei primi giorni del 2006.
All’inizio di febbraio si era già raggiunto il limite di 35 superamenti consentiti per l’intero anno
solare. Data la gravità della situazione e viste le leggi vigenti in materia, l’Amministrazione
comunale di Colleferro ha provveduto all’emanazione di una serie di interventi, che rientrano
nelle suddette Linee Guida adottate dalla Giunta Comunale, volti ad abbattere l’inquinamento
atmosferico da polveri sottili nel centro urbano (Delibera Commissariale n. 1 del 15 febbraio
2006). Nell’ordinanza si impone il divieto di circolazione agli autocarri superiori a 3,5 t nel tratto
di strada compreso tra Piazzale Matteotti – Via Artigianato – Via Fontana dell’Oste – Viale
Europa dal giorno 22 febbraio al giorno 8 marzo. I risultati ottenuti con questo provvedimento
sono raffigurati nella figura 2.4.7.
Appare evidente come nei 15 giorni di interruzione del traffico pesante nella zona di Viale
Europa, fatto salvo un solo superamento dei limiti di legge dei PM10 (23 febbraio) e grazie anche
alle condizioni meteoclimatiche favorevoli, si sia stati in grado di contenere adeguatamente i
valori sufficientemente al di sotto del limite di 50 µg/m 3 .
14-dic
15-dic
19-dic
20-dic
21-dic
22-dic
23-dic
24-dic
25-dic
31-dic
Limite di legge
197

Fig.2.4.7: Valori di concentrazione di PM10 nei giorni precedenti e durante il provvedimento del 15 febbraio 2006
Concentrazione ( μμg/m 3 )
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
Fonte: Arpalazio
1-gen
2-gen
3-gen
4-gen
5-gen
6-gen
7-gen
8-gen
9-gen
10-gen
11-gen
12-gen
13-gen
14-gen
15-gen
16-gen
17-gen
18-gen
19-gen
20-gen
21-gen
22-gen
23-gen
24-gen
25-gen
26-gen
27-gen
28-gen
29-gen
30-gen
31-gen
1-feb
2-feb
3-feb
4-feb
5-feb
6-feb
7-feb
8-feb
9-feb
10-feb
11-feb
12-feb
13-feb
14-feb
15-feb
16-feb
17-feb
18-feb
19-feb
20-feb
21-feb
22-feb
23-feb
24-feb
25-feb
26-feb
27-feb
28-feb
1-mar
2-mar
3-mar
4-mar
5-mar
6-mar
7-mar
8-mar
9-mar
10-mar
11-mar
12-mar
13-mar
14-mar
PM10 rilevati a Colleferro Limite di legge Inizio provvedimenti Fine provvedimenti
L’adozione di misure di restrizione della circolazione stradale è risultata di fatto essere una
soluzione al problema del particolato abbastanza efficace. Questo dimostra come il traffico
viario, che a Colleferro è di natura privata, commerciale e industriale anche nelle zone del
centro, contribuisca in maniera considerevole al superamento del limite.
Tornando però ad una dimensione più generale del discorso, non va dimenticato che gli
interventi straordinari adottati dalle amministrazioni locali, e volti al contenimento di questo
inquinante, debbano obbligatoriamente considerare anche le dinamiche piuttosto complesse di
queste particelle nell’atmosfera. Infatti, oltre che dalla natura dei venti e dalle precipitazioni, la
permanenza in atmosfera del particolato è fortemente condizionata dalle dimensioni delle
particelle stesse; le più piccole possono rimanere in sospensione per molto tempo mentre quelle
più “grandi” precipitano più velocemente. Studi recenti hanno dimostrato che le polveri PM10
possono rimanere in sospensione per 12 ore circa, mentre le particelle con un diametro inferiore
ad 1 µm fluttuano nell’aria anche per 1 mese.
Nei centri urbani l’inquinamento da polveri fini di tipo antropico è essenzialmente dovuto al
traffico veicolare, al riscaldamento domestico e ad alcune attività industriali. Quando la
concentrazione di particolato nell’aria derivante dal traffico diventa troppo alta vengono attuate,
come nel caso di Colleferro, delle limitazioni al traffico; per quelle determinate dal
riscaldamento civile, potrebbe essere utile imporre un limite alla temperatura del riscaldamento
negli ambienti chiusi e/o evitare la dispersione termica. Infine per quelle di natura industriale,
sebbene il particolato emesso dai camini di altezza elevata normalmente viene trasportato dagli
agenti atmosferici anche a grandi distanze, si renderebbe necessario uno studio specifico che ne
individui precisamente le fonti.
In conclusione, per quanto riguarda il territorio del Comune di Colleferro, gli interventi utili per
il contenimento delle concentrazioni di polveri nell’aria che l’Amministrazione comunale potrà
adottare in futuro nei confronti della mobilità locale possono essere di due tipi; nello specifico:
Interventi contingenti Interventi generali
- ordinanze sindacali; - Piano Urbano del Traffico (PUT) sostenibile
198

- blocco del traffico;
- adozione delle targhe alterne;
- obbligo del bollino blu per i veicoli;
- adozione di una viabilità alternativa.
(sebbene non obbligatorio per legge);
- istituzione delle domeniche ecologiche;
- istituzione di Zone a Traffico Limitato (ZTL);
- adozione di politiche dell’orario;
- favorire la ciclabilità.
199

2.5 INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO
La generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici artificiali, ovvero non facenti
parte del fondo naturale terrestre o attribuibili ad eventi naturali, è prodotta da impianti realizzati
per trasmettere informazioni attraverso la propagazione di onde elettromagnetiche (impianti
radio-TV e per telefonia mobile), da impianti utilizzati per il trasporto e la trasformazione
dell'energia elettrica dalle centrali di produzione fino all'utilizzatore in ambiente urbano
(elettrodotti), da apparati per applicazioni biomedicali, da impianti per lavorazioni industriali,
nonché da tutti quei dispositivi il cui funzionamento è subordinato a un'alimentazione di rete
elettrica (tipico esempio sono gli elettrodomestici).
I campi elettromagnetici (CEM) si propagano sotto forma di onde elettromagnetiche, per le quali
viene definito un parametro, detto frequenza, che indica il numero di oscillazioni che l'onda
elettromagnetica compie in un secondo.
L'unità di misura della frequenza è l'Hertz (1 Hz equivale a una oscillazione al secondo).
Sulla base della frequenza viene effettuata una distinzione tra:
• esposizione elettromagnetica generata da campi a bassa frequenza (0 Hz - 10 kHz), nel quale
rientrano i campi generati dagli elettrodotti, che emettono campi elettromagnetici a 50 Hz;
• esposizione elettromagnetica generata da campi ad alta frequenza (10 kHz - 300 GHz) nel
quale rientrano i campi generati dagli impianti radio-TV e di telefonia mobile.
Più dettagliatamente, la correlazione tra frequenza e sorgente è riassunta nella Tab. 2.5.1.
Tab. 2.5.1- Correlazione tra frequenza e sorgente
FREQUENZA SORGENTE
0 Hz Corrente continua
50 – 400 Hz Corrente alternata
30 kHz – 30 MHz Antenne radio
30 MHz – 300 MHz Antenne radio MF e TV
300 MHz – 3 GHz Telefonia mobile e TV
3 GHz – 300 GHz Satelliti, Radar
Questa distinzione è necessaria in quanto le caratteristiche dei campi in prossimità delle sorgenti
variano al variare della frequenza di emissione, così come variano i meccanismi di interazione di
tali campi con i tessuti biologici e quindi le possibili conseguenze correlabili all'esposizione
umana (effetti sulla salute).
Relativamente alle sorgenti in bassa frequenza, sappiamo che l’intensità del campo elettrico
aumenta con l’aumento della tensione della linea elettrica.
Le linee elettriche infatti, sono classificabili in funzione della tensione di esercizio come:
• linee ad altissima tensione (AAT, 380 kV), per il trasporto dell’energia elettrica su grandi
distanze;
• linee ad alta tensione (AT, 220 kV e 132 kV), per la distribuzione dell’energia elettrica – le
grandi utenze (industrie con elevati consumi) possono avere direttamente la fornitura alla
tensione di 132 kV;
• linee a media tensione (MT, generalmente 15 kV), per la fornitura ad industrie, centri
commerciali, grandi condomini ecc.;
• linee a bassa tensione (BT, 220-380 V), per la fornitura alle piccole utenze, come le singole
abitazioni.
200

Circa gli effetti della esposizione ad un campo elettromagnetico sull’uomo ed in generale sui
sistemi biologici, la presenza di cariche elettriche in tali sistemi può dar luogo ad interazioni, che
possono determinare o meno effetti biologici arrivando in alcuni casi ad effetti dannosi alla
salute.
Per l’OMS (Organizzazione Mondiale di Sanità): un effetto biologico si verifica quando
l’esposizione ai campi elettromagnetici provoca qualche variazione fisiologica in un sistema
biologico, mentre un effetto di danno alla salute si verifica quando l’effetto biologico è fuori
dall’intervallo di compensazione dell’organismo.
Attualmente in ambito internazionale, come definito nel Trattato di Maastricht, vige l’approccio
precauzionale. Si tratta di una politica di gestione del rischio che, utilizzata in ambiti
caratterizzati da un elevato grado di incertezza scientifica, indica la necessità di intervenire
preventivamente nei confronti di un rischio, senza attendere risultati certi da parte della
Comunità scientifica.
Ne è seguita una regolamentazione volta a prevenire possibili effetti sulla salute attraverso la
limitazione dei livelli di esposizione ai campi elettromagnetici, come vedremo nel paragrafo
successivo.
201

2.5.1 Normativa
La regolamentazione italiana si basa su un approccio estremamente cautelativo, al fine di evitare
i possibili effetti sanitari a lungo termine. Tale scelta si riflette nella adozione di limiti tra i più
restrittivi al mondo, molto inferiori a quelli previsti ed accettati in sede internazionale ed
europea.
Il quadro legislativo italiano è costituito da:
Legge Quadro del 22 febbraio 2001 n. 36 sulla protezione dalle esposizione ai campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici, pubblicata nella G.U. n. 55 del 7/3/01 ed in vigore dal 23/3/2001.
La legge ha lo scopo di tutelare la popolazione ed i lavoratori dagli effetti dell’esposizione ai
campi elettromagnetici, promuovere azioni di risanamento per minimizzare l’intensità e gli
effetti di tali campi e promuovere la ricerca scientifica per valutare eventuali effetti sanitari a
lungo termine dovuti alla esposizione. La legge si applica agli impianti e le apparecchiature che
funzionano a frequenze fino a 300 GHz e, pur regolando l’intera materia , non entra direttamente
negli aspetti tecnico-operativi della protezione, aspetti che sono stati trattati in due successivi
decreti attuativi, entrambi emessi con D.P.C.M. il giorno 8 luglio 2003 ma pubblicati su diverse
G.U., come descritto di seguito.
Il D.P.C.M. 8 luglio 2003, pubblicato nella G.U. n. 200 del 29/8/03 ed in vigore dal 13/9/2003,
che fissa, in accordo con l’art.4 comma 2 della legge 36/2001, i limiti di esposizione per la
protezione della popolazione dai campi elettrici e magnetici a 50 Hz generati da elettrodotti, il
valore di attenzione e l’obiettivo di qualità per la sola induzione magnetica (non sono stati finora
ipotizzati effetti differiti per il campo elettrico).
Il D.P.C.M. 8 luglio 2003, pubblicato sulla G.U. n. 199 del 28/8/03 ed in vigore dal 12/9/2003,
che fissa, in accordo con art. 4 comma 2 della L. 36/2001, i limiti di esposizione, i valori di
attenzione e gli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dai campi elettromagnetici
con frequenza compresa tra i 100 kHz e i 300 GHz, generati da sorgenti fisse di
telecomunicazione e radiotelevisive.
Di seguito la tabella dei suddetti limiti (Tab. 2.5.2).
202

Tab. 2.5.2- Valori limite di esposizione, di attenzione e obiettivi di qualità per i campi elettrici , magnetici ed
elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz.
LIMITI DI ESPOSIZIONE
Campo di Frequenza Intensità di campo Intensità di campo Densità di potenza
elettrico E (V/m) magnetico H (A/m) (W/m 2 )
0,1 < f ≤ 3 MHz 60 0,2 -
3 < f ≤ 3000 MHz 20 0,05 1
3 < f ≤ 300 GHz 40 0,01 4
VALORI DI ATTENZIONE
0,1 MHz < f ≤ 3 MHz 6 0,016 0,10 (3 MHz-300GHz)
OBIETTIVI DI QUALITA’
0,1 MHz < f ≤ 3 MHz 6 0,016 0,10 (3 MHz-300 GHz)
Il D. Lgs. n. 259 del 1.08.2003 “ Codice delle Comunicazioni elettroniche”, ed in particolare
l’art. 87 in cui si stabilisce il procedimento autorizzatorio per la installazione e attivazione di
infrastrutture di Comunicazione elettronica per impianti radioelettrici. In tale articolo viene
assegnata la responsabilità di autorizzare la installazione e l’attivazione degli impianti all’Ente
locale (Comune), previo accertamento da parte della Agenzia Regionale per la Protezione
Ambientale (ARPA) competente, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione,
valori di attenzione e obiettivi di qualità stabiliti dal quadro normativo di cui ai punti 1 e 3.
203

2.5.2 Stazioni Radio Base (SRB)
All’interno del territorio di Colleferro sono presenti 9 Stazioni Radio Base (SRB). In Fig. 2.5.1 è
riportato il numero di stazioni radio base suddiviso per operatore.
Fig. 2.5.1 – Numero di stazioni radio base nel Comune di Colleferro per operatore (dati al giugno 2005)
n. stazioni radio base
5
4
3
2
1
0
TIM Vodafone H3 WIND
Fonte - Ministero delle Comunicazioni – Direzione Generale per le Concessioni e le Autorizzazioni
La localizzazione delle stazioni è riportata in Tab. 2.5.3:
Tab. 2.5.3: Localizzazione delle Stazioni Radio Base
Stazione radio base Operatore Indirizzo
1 TIM Via Consolare Latina, 54
2 Vodafone Autostrada A1 km. 592,250
SUD
3 Vodafone Via Casilina, 49
4 Vodafone Serbatoio idrico di Via G. Verdi
(Colle S.Antonino)
5 Vodafone Via Traiana, 81
6 H3 Casello Autostradale
7 H3 Via coste vicoli snc
8 WIND Loc. Colledoro
9 WIND Via Traiana, 42
Fonte - Ministero delle Comunicazioni – Direzione Generale per le Concessioni e le Autorizzazioni
204

2.5.3 Sviluppo delle linee elettriche sul territorio
L’intensità del campo elettrico aumenta con l’aumento della tensione della linea.
A Colleferro ricadono linee ad alta tensione con tensione di esercizio pari a 150 kV.
In Tab. 2.5.4 sono rappresentati con i rispettivi estremi gli elettrodotti passanti nel territorio di
Colleferro:
Tab. 2.5.4 - Elettrodotti passanti nel Comune di Colleferro
Elettrodotto Inizio Fine Gestore Tipo collegamento
1 Colleferro Valmontone 2al ENEL aerea
2 Colleferro fs al Castellaccio ENEL aerea
3 Colleferro fs al Colleferro fs ENEL aerea
4 Colleferro fs al Valmontone ENEL aerea
5 Colleferro SE.CO.SV.IM al ENEL aerea
6 SE.CO.SV.IM SE.CO.SV.IM al ENEL aerea
7 Colleferro COBAR al ENEL aerea
8 Italcem.c.fer SE.CO.SV.IM al ENEL aerea
Fonte – Atlante della rete elettrica italiana 380-220-150-132 kV (2002)
Lo sviluppo in km di linee ad alta tensione che ricade all’interno del Comune è pari a 22.6 km
(dato elaborato dall’Atlante della rete elettrica italiana 380-220-150-132 kV).
Il territorio comunale è interessato anche dalla linea aerea ad altissima tensione
Presenzano-Valmontone che attraversa il territorio comunale per circa 1 km (dato elaborato
dall’Atlante della rete elettrica italiana 380-220-150-132 kV).
A Colleferro sono inoltre presenti 3 cabine di trasformazione, riportate in Tab. 2.5.5.
Tab. 2.5.5 - Cabine di trasformazione presenti nel Comune di Colleferro
Nome Tipo Gestore
Colleferro Cabina primaria Enel Distrib.
Colleferro FS Cabina utente Ferrovie
Italcem.c.fer Cabina utente Utenti A.T.
Fonte – Atlante della rete elettrica italiana 380-220-150-132 kV (2002)
205

2.5.4 Numero degli esposti presentati dai cittadini per fonte
Dal territorio comunale di Colleferro sono pervenute all’Arpalazio, nel periodo che va dal 2003-
2005, n. 2 richieste di misura di campo elettromagnetico. Le misure sono state effettuate e i
risultati emersi sono in corso di validazione e per cui non sono ancora disponibili.
206

2.6 RUMORE E INQUINAMENTO ACUSTICO
Il suono è costituito da una perturbazione di pressione che si propaga in un mezzo elastico (nel
caso più comune aria) con una velocità dipendente dalla natura del mezzo stesso.
La velocità del suono in aria è all'incirca uguale a 344 m/s.
L'orecchio è l'organo preposto alla ricezione della sollecitazione acustica e alla sua
decodificazione. Attraverso una serie di meccanismi di trasmissione meccanica ed elettrica esso
trasforma la sollecitazione ricevuta dall'esterno in un messaggio che viene inviato al cervello e
che esso identifica come suono.
Proprio perché quello acustico è un fenomeno che coinvolge fattori oggettivi (natura e
caratteristiche dell'onda di pressione) e fattori soggettivi (capacità uditive dell'orecchio), sono
stati introdotti dei sistemi di misura della sensazione sonora basati sull'adozione di grandezze
che tengano conto, oltre che delle proprietà oggettive della sollecitazione sonora, anche delle
modalità con cui questa viene recepita dall'orecchio umano.
II danno che l'inquinamento acustico provoca all'udito dipende non solo dal livello di rumore, ma
anche dalla durata dell’esposizione, ossia dalla quantità di energia sonora assorbita. Non basta,
quindi, valutarne solo il livello in decibel (unità di misura convenzionale con la quale in acustica
si indica il livello di un fenomeno acustico), ma è importante considerarne anche la durata.
Esistono dei fonometri, detti integratori, che misurano istante per istante i livelli di rumore e lo
integrano in funzione del tempo, dividendo poi il valore ottenuto di energia sonora per l'intervallo
di tempo trascorso. In tal modo il livello di rumore viene espresso mediante un valore medio in
continua evoluzione, noto come "Livello Equivalente" (Leq), la cui unità di misura viene espressa
in decibel = dB (A).
Nei paesi ad economia avanzata il rumore viene percepito come una delle maggiori cause di
alterazione o disturbo della qualità della vita, condizionata dall’esposizioni a sorgenti quali il
traffico veicolare, il trasporto ferroviario, il traffico aereo, la musica di locali danzanti ed
altre attività ricreative, gli impianti industriali ecc.
Parallelamente all'inquinamento di tipo chimico, negli ambienti urbani l'inquinamento
acustico è concausa di danni sociali e sanitari.
E' stato infatti dimostrato che il rumore causa stress, danni al rapporto veglia/riposo, mantiene
elevata la soglia di attenzione, provoca problemi all'udito, danni irreversibili a carico del sistema
nervoso o endocrino i quali si manifestano come perdita di sonno, diminuzione della
concentrazione e che, indirettamente, colpiscono anche altri organi ed apparati come il
sistema visivo e l'apparato digerente.
Il traffico veicolare è considerato la principale e più costante fonte di rumore in ambiente urbano
ed extraurbano. Al rumore concorrono più sorgenti sonore:
• il motore,
• l'impianto di aspirazione e scarico,
• la trasmissione,
• l'impianto di raffreddamento,
• il contatto ruota-pavimentazione,
• il rumore aereodinamico.
Lo stesso livello di rumore dipende, inoltre, da diversi parametri:
• il flusso di veicoli,
• il tipo di veicoli,
• il tipo di asfalto o fondo stradale,
• la presenza e le dimensioni degli edifici lungo la strada,
207

• le condizioni microclimatiche.
Il rumore da traffico veicolare è caratterizzato da livelli variabili nel tempo e nell'arco delle 24
ore e tende ad essere uno dei principali fattori perturbatori per la popolazione urbana creando
effetti clinici e psichici indotti quali, risveglio anticipato, difficoltà di concentrazione, mal di
testa e stato ansioso.
Inoltre è largamente accettata la tesi che disturbi al sonno, quali risvegli anticipati e perturbazioni
della durata dei diversi stadi, insorgano con maggior frequenza ed intensità quanto più
nell'ambiente di riposo il livello equivalente è superiore a 35 dB(A), livello a cui corrisponde, in
base alle caratteristiche medie di isolamento degli edifici, un livello equivalente sulla facciata
dell'edificio pari a 50 dB(A).
Un altro effetto dell'elevato rumore da traffico veicolare è l'interferenza che esso può esercitare
sulla comunicazione verbale o sull'ascolto della radio o della televisione. Il disturbo che può
insorgere quando sulla facciata dell'edificio sono presenti livelli di rumorosità superiori a 70
dB(A) può consistere o in un'irritante perdita d'informazione e/o di piacere estetico, oppure nella
necessità di esercitare uno sforzo di concentrazione supplementare, con conseguente
affaticamento mentale.
208

2.6.1 Normativa
La legislazione italiana vigente in materia di inquinamento acustico è relativamente recente.
Il D.P.C.M. 01.03.91 ha stabilito i limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti
abitativi e negli ambienti esterni.
Secondo tale decreto i comuni sono tenuti a suddividere il territorio in zone (Tab. 2.6.1),
secondo la tipologia degli insediamenti (residenziale, industriale, misto, ecc).
La Zonizzazione Acustica rientra nei cosiddetti Piani di Settore, ossia quegli strumenti di
pianificazione specifici per le varie materie di competenza comunale (in questo caso il
rumore). Il Piano, quindi, è un atto tecnico-politico che disciplina l'uso e lo sviluppo delle
attività sul territorio, al fine di prevenire il deterioramento di zone non ancora soggette ad
inquinamento acustico e di porre le basi per il risanamento delle aree deteriorate.
In definitiva, il Piano si traduce in una suddivisione del territorio in zone acustiche omogenee,
con assegnazione a ciascuna di esse di una delle classi definite dal D.P.C.M. Tale suddivisione
consente di assegnare ai punti sul territorio i valori limite di rumore consentiti, in modo che
risultino già definiti, in fase di progettazione, i valori che nuovi impianti, infrastrutture, ecc.
dovranno rispettare. Infine, questa mappatura consente anche la definizione degli interventi di
bonifica o dei piani di risanamento acustico.
Tab.2.6.1 - Valori limite di immissione (Leq espressi in dB(A)) in base a DPCM 14 novembre 1997
Classi di destinazione di uso del suolo Valore massimo
Diurno 1 Valore Massimo
dB(A) Notturno 1 dB(A)
I - Aree particolarmente protette 50 40
II - Aree prevalentemente residenziali 55 45
IlI - Aree di tipo misto 60 50
IV - Aree di intensa attività umana 65 55
V - Aree prevalentemente industriali 70 60
VI - Aree esclusivamente industriali
Fonte - DPCM 14 novembre 1997
70 70
Fra le classi definite in Tab. 2.6.1, sono aree particolarmente protette gli ospedali e le scuole
(esclusi quelli inglobati in abitazioni e uffici, classificati secondo la tipologia delle scuole che li
ospitano), le aree a verde pubblico con rilevanza di quiete sonica (escluse le piccole aree verdi di
quartiere ed il verde sportivo, per i quali la quiete sonica non è rilevante), i Parchi Nazionali e
Regionali (con eccezione delle aree edificate), le Riserve e le Aree storico-archeologiche.
Ricadono nelle classi II, III e IV le aree residenziali con densità di popolazione, negozi ed uffici,
attività artigianali e traffico, rispettivamente, bassa, media ed alta. Le abitazioni definite di bassa
densità sono i villini con massimo 3 piani fuori terra, di media densità quelle costituite da 4 piani
più attico e di alta densità quelle con più di 5 piani fuori terra. Rientrano nelle aree di intensa
attività umana le aree terziarie, definite come zone poco abitate, ma con intensa attività umana,
caratterizzate dalla presenza di uffici pubblici, banche, fiere, ipermercati, centri commerciali.
Infine, rientrano nella classe delle aree prevalentemente residenziali anche le zone rurali dove sia
previsto l'uso di macchine.
Per quanto riguarda le ultime 2 classi, sono aree industriali quelle in cui ricadano industrie, anche
zootecniche e di trasformazione dei prodotti agricoli. Ivi si inseriscono anche porti e aeroporti,
escluse piccole aree private per il turismo, lo sport ed il diporto, che assumono la classe dell'area
entro la quale sono inglobati.
1 Periodo diurno: dalle 06.00 alle 22.00; Periodo notturno: dalle 22.00 alle 06.00
209

Tutti i Comuni sono tenuti a stilare il Piano di Zonizzazione Acustica, tenendo conto delle
preesistenti destinazioni d'uso del territorio. In seguito l’Ente stila un Piano di Risanamento, il
quale scatta automaticamente al superamento dei limiti di attenzione, oppure può essere redatto
anche solo per il perseguimento dei valori di qualità. I comuni con più di 50.000 abitanti, devono
presentare anche una relazione biennale sullo stato acustico del Comune, ma questo non è il caso
di Colleferro.
Il controllo deve essere effettuato dal Comune stesso, nella figura del tecnico competente,
mediante eventuali campagne di monitoraggio, oppure dalle Agenzie Regionali per la Protezione
Ambientale, sempre mediante campagne programmate o anche con interventi puntuali su
specifica richiesta dei cittadini. Sebbene i primi obblighi di legge per la redazione del Piano di
Zonizzazione Acustica risalgano ormai a 15 anni fa, alcuni enti non hanno ancora rispettato
l'onere. Pertanto, in attesa che i comuni definissero le zonizzazioni, lo stesso D.P.C.M. 1 marzo
1991 stabiliva un regime transitorio per il quale valgono le definizioni ed i valori della Tab. 2.6.2.
Tab. 2.6.2 - Limiti validi in assenza di zonizzazione (Leq espressi in dB(A)) in base a DPCM 1 marzo 1991
Zonizzazione Diurno Notturno
Tutto il territorio nazionale 70 60
Agglomerato urbano di particolare pregio
ambientale, storico e artistico
65 55
Aree totalmente o parzialmente edificate 60 50
zone esclusivamente industriale
Fonte - DPCM 1 marzo 1991
70 70
L’ulteriore, importante riferimento normativo è la Legge Quadro sull'Inquinamento Acustico del
26.10.95 n. 447 che ha stabilito i principi fondamentali in materia di tutela dall'inquinamento
acustico nell'ambiente esterno e nell'ambiente abitativo. Ha individuato, inoltre, i tipi di
sorgenti, le competenze, i piani di risanamento acustico, le sanzioni e le iniziative da
intraprendere in situazioni di emergenza.
Tra i più importanti decreti attuativi emanati a seguito di tale legge si ricordano:
- D.P.C.M. 31.10.97 sulla metodologia del rumore aeroportuale;
- D.P.C.M. 05.12.97 sulla determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici;
- D.P.C.M. 14.11.97 sulla determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore.
Vengono definiti i valori limite di emissione (misurato in prossimità della sorgente), i
valori limite di immissione (misurati in prossimità del ricettore), i valori di attenzione (
che segnala la presenza di un potenziale rischio per la salute e l'ambiente) e i valori di
qualità (da conseguire nel breve, nel medio e nel lungo periodo con le tecnologie e le
metodiche di risanamento);
- D.P.C.M. 11.09.97 sulla determinazione dei requisiti delle sorgenti sonore nei luoghi di
intrattenimento danzante;
- D.P.C.M. 16.03.98 in merito alle tecniche di rilevamento e di misurazione
dell'inquinamento acustico in ambienti abitativi, traffico ferroviario e veicolare;
- D.P.R. 18.11.98 n.459 che regolamenta l'inquinamento acustico derivante da traffico
ferroviario;
- D.P.CM. 16.04.099 n. 215 che regolamenta la determinazione dei requisiti acustici delle
sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo e nei
pubblici esercizi;
- D.M. 20.05.99 che stabilisce i criteri per la progettazione dei sistemi di
monitoraggio per il controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimità degli
210

aeroporti, nonché i criteri per la classificazione degli aeroporti in relazione al livello di
inquinamento acustico;
- D.M. 3.12.99 che stabilisce procedure antirumore e zone di rispetto negli aeroporti;
- L.R. Lazio n. 36 del 2001 che detta disposizioni in materia di inquinamento acustico per la
pianificazione ed il risanamento del territorio.
Infine, è da evidenziare che, all’interno del problema dell'inquinamento acustico si inserisce
anche quello del traffico: esso assume sempre maggiore importanza per la qualità della vita
urbana tanto che, nel quadro delle disposizioni previste dalla L. 447/1995, in particolare per
quanto concerne l’articolo 11 – Regolamenti di esecuzione, proprio recentemente è stato
pubblicato il D.P.R. n. 142/2004, che reca “Disposizioni per il contenimento e la prevenzione
dell'inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare”. Il decreto si applica alle principali
infrastrutture stradali quali autostrade, strade extraurbane, strade urbane di scorrimento e di
quartiere, strade locali e riguarda tanto le infrastrutture stradali esistenti che quelle di nuova
realizzazione. Per ciascuna di esse vengono stabiliti dei limiti acustici diurni e notturni. Valori
ovviamente più contenuti riguardano, ancora una volta, zone particolari, ossia dove siano
presenti scuole, ospedali, case di cura e di riposo.
In linea di massima i limiti acustici diurni sono di 65 dB(A) per le strade normali (soglia oltre la
quale, secondo gli studi di acustica, scatta il cosiddetto “stress da rumore”) e di 50 dB(A) per le
zone “speciali” sopra accennate. In fascia notturna i valori sono rispettivamente di 55 dB(A) e 40
dB(A).
Una volta classificato nel dettaglio il territorio comunale, suddividendolo per tipologie di zona
(industriale, residenziale, mista...) e stabiliti i limiti acustici consentiti, gli strumenti idonei alla
misurazione e gli eventuali interventi di risanamento, il vero fronte aperto è come fronteggiare
l’inquinamento acustico da traffico veicolare. In quest'ottica, conoscere il parco veicolare
appartenente ad un comune fornisce già un'idea sommaria dell'entità del problema stesso.
211

2.6.2 Pianificazione e stato di attuazione delle normative
Il Comune di Colleferro ha redatto nel 2002 un Piano di Zonizzazione Acustica, adottato dal
Consiglio Comunale nel 2004, conformemente alla normativa vigente (Fig. 2.6.1) e basandosi
sulle richieste della L. R. Lazio 18/01. Questa norma prevede il calcolo di indici e parametri che
tendano a descrivere il territorio in modo oggettivo.
Parallelamente alla redazione del Piano, il Comune ha approfondito il problema con criteri
qualitativi analizzando il Piano Regolatore Generale (PRG) e le destinazioni d'uso del territorio.
Operativamente, sono state utilizzate diverse informazioni ad alto grado di attendibilità:
• i dati ISTAT in merito alla distribuzione della popolazione e delle principali attività
artigianali, industriali e commerciali,
• le indicazioni del PRG,
• l'individuazione in loco delle aree sensibili: scuole, ospedali, aree destinate a spettacoli, a
manifestazioni sportive o pubbliche, ecc.
Ferme restando le norme vigenti, il criterio guida è stato quello di evitare l'eccessivo
frazionamento del comune: le diverse aree urbanistiche del PRG sono state accorpate in modo da
renderle più "simili" possibile alla classificazione acustica della LR 18/01. Per ogni classe così
definita (Tab. 2.6.3), sono stati evidenziati gli edifici/aree a maggior rilevanza per la protezione
acustica.
Tab. 2.6.3 - Classi di Zonizzazione Acustica del Comune di Colleferro
Classe Tipologia
Leq diurno dB(A)
(06.00-22.00)
Leq notturno dB(A)
(22.00-06.00)
I Aree particolarmente protette 50 40
II Aree prevalentemente residenziali 55 45
III Aree di tipo misto 60 50
IV Aree ad intensa attività umana 65 55
V Aree prevalentemente industriali 70 60
VI Aree esclusivamente industriali 70 70
Fonte – Comune di Colleferro, Piano di Zonizzazione Acustica
Nello specifico:
• in Classe I rientrano tutte le scuole, gli asili, le case di cura, i centri per anziani, l'ospedale;
• in Classe II si trovano le aree residenziali, con traffico locale e bassa densità di popolazione
ed attività commerciali;
• in Classe III sono considerate le aree urbane a traffico locale e media densità di popolazione
ed attività commerciali;
• in Classe IV sono comprese le zone ad intenso traffico veicolare, con alta densità di
popolazione e di attività commerciali;
• in Classe V rientrerebbero le aree industriali scarsamente popolate, ma nessuna zona del
comune è stata considerata tale;
• in Classe VI si trovano le aree esclusivamente industriali, prive di insediamenti civili.
In merito al Piano, si è espressa la Provincia di Roma in data 07/10/2004 che riteneva
eccessivamente ampia la fascia lungo il nastro trasportatore del sito produttivo di Italcementi
SpA. La fascia, infatti, si estende fino a coprire alcune abitazioni sparse inserite in Classe III,
quindi la Provincia ne ha consigliato il ridimensionamento, in modo da non includere le
abitazioni nella zona di classe III. Il Consiglio Comunale ha approvato la modifica, ritenendo
212

esatta la critica, ai fini di una migliore classificazione del territorio. Il piano è stato dunque
adottato dal Consiglio ed è in attesa dell'approvazione regionale. Nel frattempo rimane vigente
fino a nuove comunicazioni degli enti locali superiori.
Essendo il Piano così recente, non sono ancora state previste campagne di monitoraggio, né da
parte dell’ente locale, né dell’Arpalazio – Sez. di Roma. Ciò è dovuto anche alla mancanza di
esposti da parte della cittadinanza attribuibile o alla poca sensibilità della popolazione o alla
mancanza del problema. Indubbiamente ciò è favorito anche da fattori che prescindono
dall’intensità del rumore stesso: la localizzazione della zona industriale e il tipo di abitanti del
comune. La zona produttiva, infatti, è molto ampia ma è posizionata fuori dal centro abitato e ciò
comporta una concentrazione del traffico fuori dalla zona adibita alla vita civile. In secondo
luogo, non bisogna dimenticare che Colleferro è un comune nato intorno alle aziende e pertanto
gli abitanti sono abituati ad un livello di rumore più alto della norma e sono, per lo più, impiegati
nelle stesse ditte che occupano il polo industriale e, pertanto, meno sensibili ad eventuali
proteste.
213

Figura 2.6.1 - Carta del Piano di Zonizzazione acustica del Comune di Colleferro
214
Formattato

Essendo il piano di così recente fattura, non sono ancora state previste campagne di
monitoraggio, né da parte dell’ente locale, né dell’Arpalazio – Sez. di Roma. Ciò è dovuto anche
alla mancanza di esposti da parte della cittadinanza attribuibile o alla poca sensibilità della
popolazione o alla mancanza del problema. Indubbiamente ciò è favorito anche da fattori che
prescindono dall’intensità del rumore stesso: la localizzazione della zona industriale e il tipo di
abitanti del comune. La zona produttiva, infatti, è molto ampia ma è posizionata fuori dal centro
abitato e ciò comporta una concentrazione del traffico fuori dalla zona adibita alla vita civile. In
secondo luogo, non bisogna dimenticare che Colleferro è un comune nato intorno alle aziende e
pertanto gli abitanti sono abituati ad un livello di rumore più alto della norma ed essendo, per lo
più, impiegati nelle stesse ditte che occupano il polo industriale e pertanto portatori di interessi
che remano contro eventuali proteste.
215
Formattato

2.6.3 Il parco veicolare e l’inquinamento acustico
Numero di veicoli e tipologia
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Direzione Generale per i Sistemi Informativi e
Statistica – raccoglie ogni anno i dati sulle infrastrutture e sui trasporti nel Conto Nazionale delle
Infrastrutture e dei Trasporti (CNIT). Nel 2005 il Ministero ha elaborato, per tutti i comuni
d'Italia, i dati sulla consistenza veicolare relativi al 2003. Tali dati possono esser considerati in
linea di massima indicativi anche della situazione attuale. Si riportano i dati per il Comune di
Colleferro (Tab. 2.6.4-a e 2.6.4-b).
Tab. 2.6.4-a – Numero di autocarri(traffico pesante) immatricolati a Colleferro nel 2003
Autobus Autocarri Motocarri e
Trasporto Quadricicli
Merci
Trasporto Merci
Rimorchi e
Semirimorchi
speciali/specifici
Rimorchi e
Semirimorchi
Trasporto Merci
14 778 45 227 147 101
Fonte – Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 2005
Tab. 2.6.4-b – Numero di autoveicoli (traffico leggero) immatricolati a Colleferro nel 2003
Autovetture Motocicli Motoveicoli e Quadricicli
speciali/specifici
Autoveicoli
speciali/specifici
12560 857 9 222 -
Fonte – Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 2005
Trattori
Stradali o
Motrici
Altri
Veicoli
Il totale di veicoli presenti nel Comune di Colleferro alla fine del 2003 era di 14960 veicoli. Da
questi si può ricavare una prima macro-distinzione tra veicoli a traffico pesante e leggero,
sommando, rispettivamente i valori della Tab. 2.6.4-a e quelli della Tab. 2.6.4-b (vedi Tab.
2.6.5). Questa divisione è importante perché il traffico pesante è più rumoroso e, dunque, più
impattante sull'inquinamento acustico.
Tab. 2.6.5 - Distinzione tra traffico pesante e leggero di Colleferro
Numero veicoli traffico Pesante Numero veicoli traffico Leggero
1312 13648
216

2.7 LA MOBILITÀ E I TRASPORTI
La mobilità riveste un ruolo fondamentale nelle politiche dell’ambiente poiché interagisce sia
con la qualità dell’ambiente stesso, esercitando profonde pressioni su di esso, sia con la qualità
della vita dei cittadini.
Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento delle pressioni sul territorio provocate dalla
mobilità di persone e merci.
La continua crescita di mobilità determina una serie di impatti ambientali diretti ed indiretti,
come il consumo energetico, l’inquinamento atmosferico, l’inquinamento acustico, i danni alla
stabilità del suolo, all’equilibrio idrogeologico, al paesaggio e alla biodiversità, la congestione
delle strade, da cui l’aumento dei tempi di percorrenza e quindi degli incidenti stradali.
L’aumento della domanda di mobilità è dovuta ad una serie di fattori tra cui la crescita del
reddito disponibile, lo sviluppo economico, le abitudini e gli stili di vita dei cittadini, la
dispersione territoriale delle residenze e degli insediamenti produttivi.
L’Unione Europea propone di identificare strategie di pianificazione del territorio regionale e
urbano, per evitare inutili aumenti dell’esigenza di mobilità e di attuare politiche di
modernizzazione del servizio pubblico e razionalizzazione del traffico privato.
Il trasferimento dell’utenza privata verso il mezzo pubblico è il punto di partenza della mobilità
sostenibile.
Il settore dei trasporti, secondo stime dell’ENEA, comporta circa il 40% del consumo energetico
e il 35% delle emissioni totali di CO2, pertanto in questo ambito lo sforzo di riduzione della
domanda di energia e delle emissioni inquinanti è prioritario. Non esiste una soluzione unica e
semplice che concili la crescente richiesta di mobilità e la salvaguardia dell'ambiente: la politica
di intervento deve basarsi su un quadro organico di provvedimenti multisettoriali e sul controllo
di molteplici parametri, in maniera da produrre un effetto sinergico positivo. All’interno del
Piano Energetico Regionale 2000-2006 (PER) del Lazio sono state individuate alcune azioni
possibili, tra cui:
- un mutamento radicale delle abitudini consolidate per un'ampia fetta di popolazione, con
graduale disincentivazione del trasporto privato;
- una diversificazione dell’offerta di trasporto collettivo e la promozione dell'intermodalità;
- la riduzione del numero e della lunghezza degli spostamenti, tramite l'ausilio di tecniche
modellistiche e di sistemi di controllo satellitare;
- l'introduzione di vettori ad emissioni sempre più basse, possibilmente costituiti da materiali
riciclabili in percentuali sempre più elevate.
217

2.7.1 Normativa
Si riportano di seguito i principali riferimenti normativi in materia di mobilità.
Convenzioni Internazionali e Normativa Comunitaria
- Trattato di Roma - 25 marzo 1957 - Politica comune dei trasporti;
- Direttiva 2003/30/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo del 8 maggio 2003
sulla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.
Normativa Nazionale
- D.P.R. 11 luglio 1980 n. 753 - Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità
dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto;
- L. 24 marzo 1989 n. 122 - Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le
aree urbane maggiormente popolate, nonché modificazioni del Testo Unico sulla disciplina
della circolazione stradale, approvato con D. P. R. 15 giugno 1959, n. 393;
- L. 28 giugno 1991 n. 208, Interventi per la realizzazione di itinerari ciclabili e pedonali nelle
aree urbane;
- D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285 "Nuovo Codice della Strada” così come modificato ed integrato
dal D.L. 27 giugno 2003, n. 151 convertito in L. 1 agosto 2003 n. 214;
- Circolare 31 marzo 1993 del Decreto Interministeriale 6 luglio 1992 n. 467 - Parte II
“Principi e criteri standard progettuali per le piste ciclabili”;
- D.Lgs. 19 novembre 1997 n. 422 - Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e
compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15
marzo 1997, n. 59 così come modificato ed integrato dal D. Lgs. 20 settembre 1999 n. 400;
- D.M. Ambiente del 21 gennaio 2000 “Mobilità sostenibile”.
Normativa Regionale del Lazio
- L.R. n. 30/98 con cui è stata istituita una struttura chiamata “ Osservatorio sulla mobilità” il
cui compito è quello di tenere sotto controllo l’evoluzione della mobilità regionale ed in
particolare le reti di trasporto pubblico, le infrastrutture , la qualità ed il livello dei servizi,
l’efficienza delle aziende di trasporto, l’impatto del sistema dei trasporti sul territorio e
sull’ambiente;
- L.R. 16 giugno 2003 n. 16: "Modifiche alla legge regionale 16 luglio 1998 n. 30, recante
disposizioni in materia di trasporto pubblico locale e successive modifiche, alla legge
regionale 3 dicembre 1982, n. 52, recante disposizioni sulle tariffe dei pubblici servizi di
trasporto, alla legge regionale 12 gennaio 1991, n. 1, recante disposizioni sui sistemi tariffari
e alla legge regionale 26 ottobre 1993, n. 58, recante disposizioni sull'esercizio di trasporto
pubblico non di linea";
- L.R. 26 marzo 2003 n. 9 "Istituzione dell'agenzia regionale per la mobilità (Aremol)";
- L.R. 8 novembre 2004 , n. 13 “Interventi per la mobilità sostenibile, iniziative di car sharing
(ICS)”.
218

2.7.2 Infrastrutture e servizi per la mobilità e il traffico
Il problema delle infrastrutture viarie riveste una notevole importanza, soprattutto se considerato
in rapporto alla consistenza del parco veicolare.
Infatti recenti studi hanno evidenziato che negli ultimi 40 anni la rete viaria dell’Italia è cresciuta
di 1,6 volte mentre il parco vetture di ben 15 volte.
Di conseguenza, si pone la questione dell’adeguatezza delle infrastrutture e di un loro uso
razionale per migliorare la mobilità dei cittadini.
Gli indicatori di dotazione infrastrutturale forniscono una misura della condizione qualiquantitativa
della rete stradale ferroviaria e delle strutture destinate al traffico aeroportuale e
portuale, sia per il trasporto di persone che di merci di un determinato territorio.
Non esistono dati specifici sulla dotazione infrastrutturale del Comune di Colleferro per cui per
avere una idea del fenomeno è necessario utilizzare i dati provinciali confrontandoli con quelli
regionali.
La dotazione infrastrutturale del Lazio, appare complessivamente buona rispetto alla media
nazionale, anche se è più o meno efficiente nelle varie province.
Ponendo pari a 100 l’indice di dotazione infrastrutturale dell’Italia, la Provincia di Roma nel
2000 presentava una buona dotazione di infrastrutture ferroviarie con un indice pari a 152, ma
una dotazione insufficiente riguardo alla rete stradale.
La rete stradale e ferroviaria
Il Comune di Colleferro, comprendente il centro urbano e le frazioni di 4° Km, Scalo e Casilina,
è uno dei principali snodi delle reti stradale e ferroviaria della Provincia di Roma per la sua
peculiare posizione e la sua buona dotazione di infrastrutture.
Il territorio comunale è attraversato da infrastrutture di importanza nazionale, lungo la direttrice
preferenziale Nord-Est/Sud-Ovest:
- la linea ferroviaria Roma-Cassino-Napoli, che trova in Colleferro una delle sue principali
stazioni;
- la autostrada A1 Milano-Napoli con il casello di uscita di Colleferro;
- la S.S. 6 “Casilina”;
- la linea ferroviaria ad alta velocità, T.A.V.
Dalla S.S. 6 “Casilina”, che collega Colleferro con Roma e su cui si immette la A1 Milano-
Napoli, si snoda la viabilità secondaria costituita da:
- la provinciale 64 “Palianese”;
- la provinciale “Romana”, che raggiunge la frazione “Scalo” dove si trova la Stazione
Ferroviaria Colleferro-Segni-Paliano;
- la S.S. 609 “Carpinetana”, che attraversa il Comune di Colleferro costituendone l’asse viario
principale (Corso Garibaldi, Corso Turati) e consente di raggiungere la Provincia di Latina;
- la S.S. 600 “Ariana”, che attraversa la frazione “4° km” e consente di raggiungere Artena,
Velletri e i Castelli Romani.
La viabilità principale di Colleferro centro è rappresentata da Corso Turati e Corso Garibaldi,
nonché dalla Via Consolare Latina, Viale Europa, Viale XXV aprile, Via Fontana dell’Oste, Via
degli Esplosivi, Via Petrarca, Piazza Moro e Piazza Godetti.
Le infrastrutture stradali e ferroviarie sono quindi di primo livello.
La viabilità locale, tuttavia, presenta delle criticità legate all’inadeguatezza dei collegamenti fra
il centro e il casello sull’A1 e del sistema viario di accesso e attraversamento dell’abitato nonché
i tempi eccessivi di collegamento ferroviario con Roma.
In altri termini, all’ottimo livello di accessibilità dall’esterno non corrisponde una analoga
capacità per i traffici in penetrazione ed attraversamento dell’abitato.
219

Tali criticità sono note e vi sono progetti specifici volti alla loro risoluzione.
Per quanto riguarda la viabilità locale, sono previsti appositi potenziamenti lungo l’asse di via
Romana (attualmente riservata all’attività industriale e quindi preclusa la traffico civile, anche
per la presenza di lavorazioni chimiche che comportano distanze di sicurezza non compatibili
con l’uso pubblico) e per la realizzazione di una adeguata circonvallazione.
Inoltre, un vantaggio competitivo rilevante per Colleferro è costituito dalla invidiabile posizione
rispetto ai grandi assi di comunicazione dell’Italia centrale.
Il complesso degli interventi sulla mobilità persegue quindi l’obiettivo di valorizzare il vantaggio
strategico nell’ambito dei flussi delle merci, attraverso un intervento fondamentale sulla
intermodalità ferro-gomma. La previsione del raccordo ferroviario tra la stazione di Colleferro e
l’area del sistema logistico integrato (S.L.O.I.) costituisce un elemento essenziale di tale disegno.
Il territorio è attraversato dalla S.S. Casilina e dall’asse autostradale A1 (Milano – Napoli), con i
caselli di Colleferro, Valmontone e Anagni – Fiuggi. E’ in progetto inoltre un nuovo svincolo di
raccordo tra l’autostrada ed il nuovo tracciato che da Valmontone e Colleferro porterà
direttamente a Cisterna ed a Latina; parimenti, la costruzione della “ponte Orsino” consentirà un
agevole collegamento fra l’asse della Casilina, a S, ed i centri della montagna di Olevano fino (in
prospettiva) alla valle dell’Aniene ed all’A24.
In tal modo, l’area di Colleferro si troverà al centro di due grandi direttrici: la N – S costituita
dall’A1 e dalla Casilina, e la trasversale fra l’area pontina e l’Abruzzo; questo renderà facilmente
raggiungibili non solo i grandi centri disposti lungo il corridoio tirrenico ma anche lo snodo di
Avezzano ed i porti di Anzio, Formia e Gaeta. Va anche rilevato che la prospettiva di potenziare
il corridoio tirrenico, in modo tale da bypassare comunque il GRA verso la costa, valorizza
ulteriormente il collegamento verso Cisterna e, aumentando così il numero di direttrici nazionali
cui Colleferro verrebbe direttamente connessa , ne innalzerebbe ulteriormente il livello di
accessibilità, soprattutto per i traffici merci. Il previsto potenziamento della S.S. Carpinetana
faciliterà le comunicazioni anche lungo tale asse e velocizzerà il collegamento con la zona
pontina lungo una direttrice alternativa alla valle lariana.
Di particolare importanza è poi la presenza della linea ferroviaria Roma – Cassino – Napoli, che
trova in Colleferro una delle sue principali stazioni. Il servizio sulla linea verrà potenziato a
seguito dell’entrata in funzione dell’alta velocità Roma - Napoli che la sgraverà di parte del
traffico passeggeri; è prevedibile una riduzione dei tempi di collegamento con Roma.
Va anche ricordata la proposta, formulata nel Programma di Sviluppo (Patto territoriale delle
colline Romane), di ripristinare il dismesso collegamento Velletri – Valmontone (Colleferro);
tale proposta riveste una significativa importanza se la si vede come posta in sinergia con l’altro
collegamento Vitinia – S. Palomba, ormai censito nei programmi di FS e nel PRG di Roma, in
quanto il bipolo Valmontone – Colleferro verrebbe messo direttamente in relazione con la linea
ferroviaria tirrenica (con un effetto analogo a quello sopra ricordato per le direttrici stradali).
220

2.7.3 Consistenza del parco veicolare
Nella Tab. 2.7.1 sono riportati i dati sulla consistenza del parco veicolari del Comune di
Colleferro per l’anno 2002
Tab. 2.7.1 – Consistenza del parco veicolare per categoria.
Comune Colleferro
Autobus 16
Autocarri trasporto merci 761
Autoveicoli speciali/specifici 210
Autovetture 12.204
Motocarri e quadricicli trasporto
merci
47
Motocicli 775
Motoveicoli e quadricicli
speciali/specifici
7
Rimorchi e semirimorchi
speciali/specifici
228
Rimorchi e semirimorchi trasporto 138
merci
Trattori stradali o motrici 100
Altri veicoli _
Totale 14.486
Fonte – ACI, 2002
Analizzando la struttura del parco veicolare in relazione alla tipologia dei veicoli, l’85% di essi
era dato dalle autovetture e un 10% dai motocicli e dai motocarri adibiti al trasporto delle merci,
come si osserva in Fig. 2.7.1.
221

Fig. 2.7.1 – Consistenza del parco veicolare per categoria nel Comune di Colleferro
0%
Fonte – ACI, 2002
5%
0%
1%
2% 0%
85%
1%
5%
1%
Autobus
Autocarri trasporto merci
Autoveicoli speciali/specifici
Autovetture
Motocarri e quadricicli
trasporto merci
Motocicli
Motoveicoli e quadricicli
speciali/specifici
Rimorchi e semirimorchi
speciali/specifici
Rimorchi e semirimorchi
trasporto merci
Trattori stradali o motrici
Indice di motorizzazione
Il tasso di motorizzazione indica la densità di autovetture rispetto agli abitanti ed è considerato
un indicatore del benessere economico di un determinato territorio.
L’ingente concentrazione di auto è un dato che caratterizza l’Italia rispetto al panorama europeo:
il tasso di motorizzazione nazionale presentava al 2002 il valore di 58,2 auto ogni 100 abitanti.
La situazione del Lazio si attestava ad una media, che superava di ben 7,5 punti percentuali il
dato nazionale con 65,7 auto ogni 100 abitanti.
Questo risultato derivava, però, dalla situazione relativa alla Provincia di Roma che presentava
un tasso di motorizzazione elevatissimo: 68,9 auto ogni 100 abitanti.
Il Comune di Colleferro fa parte del sub-bacino “Casilino”, che costituisce uno dei nove subbacini
in cui è stato diviso il territorio della Provincia di Roma in base al Piano di bacino per la
mobilità.
La definizione del piano di bacino rientra nelle competenze che il D. Lgs. 422/97 “Conferimento
alle Regioni e agli enti locali di funzioni in materia di trasporto pubblico locale” attribuisce alle
Province.
Al 2002 il parco veicolare locale del sub-bacino “Casilino” era costituito da circa 89.000 veicoli.
La densità del parco autovetture tra i residenti era pari in media a 55,4 autovetture ogni 100
abitanti (il corrispondente valore medio nell’insieme dei sub-bacini era di 58,6 autovetture).
Nella tabella seguente (Tab. 2.7.2) sono riportati i dati sul parco veicolare del Comune di
Colleferro censito nel 2002.
Nello stesso anno, il Comune di Colleferro si caratterizzava per un tasso di motorizzazione più
basso di quello regionale e provinciale con 59,8 autovetture ogni 100 abitanti.
222

Tab. 2.7.2 – Tasso di motorizzazione.
Comune Autovetture Abitanti (Autovetture /abitanti)*100
Colleferro 12.204 20.392 59,8
Provincia
Roma
2.565.037 3.722.840 68,9
Lazio 3.380.210 5.144.916 65,7
Italia 33.706.153 57.914.352 58,2
Fonte – ACI, 2002
Numero di autovetture rispetto alla superficie territoriale
A Colleferro nel 2002 il rapporto tra il numero di autovetture circolanti, che costituiscono solo
una delle categorie dell’intero parco veicolare, e la superficie aveva un valore pari a 452, ciò
vuol dire che in ogni km 2 di superficie comunale si trovavano circa 452 veicoli. Il valore di
questo indicatore era pari a 479,33 veicoli/km 2 per la Provincia di Roma e di 196,4 per l'intera
Regione Lazio. Tutti e tre questi numeri risultano altissimi in termini di sostenibilità del traffico.
Nella tabella successiva (tab. 2.7.3) si riporta la diffusione delle autovetture rispetto alla
superficie territoriale di Colleferro. A differenza di altri comuni della Regione, però, Colleferro
ha una zona industriale abbastanza sviluppata e quindi il traffico non si concentra esclusivamente
nel centro abitato, ma si divide fra le due zone più attive del Comune: la città e l'area produttiva.
D'altro canto, invece, la presenza di questa struttura industriale così sviluppata attira anche
lavoratori dai comuni limitrofi, pertanto i benefici dello sviluppo orizzontale del comune
vengono in parte ridotti dal pendolarismo.
Tab. 2.7.3 - Numero di autovetture rispetto alla superficie territoriale di Colleferro.
Numero di autovetture rispetto alla Comune Provincia Regione
superficie territoriale di Colleferro Colleferro Roma
Lazio
Autovetture circolanti (ACI, 2002) 12.204 2.565.037 3.380.210
Superficie territoriale in km 2
(ISTAT, 2000)
27 5.351,23 17.208,58
Numero di autovetture rispetto alla
superficie territoriale (auto/km 2 )
452 479,33 196,4
Fonte – Elaborazione IGEAM su dati ISTAT e ACI, 2002
Tipologie di carburante
Non esistono dati specifici sul consumo di carburante nel Comune di Colleferro, quindi per
analizzare l’indicatore sono stati presi in considerazione i dati disponibili a livello provinciale e
regionale.
Come riportato anche in Tab. 2.7.4 le auto circolanti nella Regione Lazio nel 2002 erano
3.380.210, il 10% rispetto al totale nazionale pari a 33.706.153, e il 79,4% di esse era alimentato
a benzina.
La più alta concentrazione di auto alimentate a benzina si trovava nella Provincia di Roma, con
una percentuale che superava anche la media regionale (80,4%).
Tuttavia il miglioramento della qualità del carburante e delle prestazioni in termini di consumo
specifico, lo svecchiamento del parco auto con risvolti di tipo fiscale, hanno portato ad un
incremento delle autovetture alimentate a gasolio.
223

Tab. 2.7.4 - Autovetture circolanti nel Lazio alimentate a benzina e a gasolio.
Alimentate a Alimentate a Totale
benzina gasolio
Roma 2.061.238 503.799 2.565.037
Latina 214.449 65.621 280.070
Frosinone 205.982 67.498 273.480
Viterbo 137.356 40.099 177.455
Rieti 66.250 17.918 84.168
Lazio 2.685.275 694.935 3.380.210
Fonte – ACI, 2002
Per poter valutare l’incidenza del parco macchine sull’inquinamento atmosferico bisognerebbe
conoscere almeno un chilometraggio medio di percorrenza sul territorio comunale. Una volta
acquisiti questi dati, con appositi parametri di conversione è possibile stimare l’incidenza del
traffico veicolare all’inquinamento atmosferico diffuso e all’effetto serra.
224

2.7.4 Il trasporto pubblico
Nel Comune di Colleferro sono attive solamente due linee urbane che assicurano i collegamenti
fra Corso Turati e la stazione ferroviaria.
Per quanto riguarda, invece, il trasporto pubblico extraurbano, al 2001 l’offerta delle autolinee
(servizi minimi) del sub bacino “Casilino” aveva le seguenti caratteristiche: 111 linee, 406
corse/giorno, con una media di 3,7 corse per linea, 27 km di lunghezza media delle linee e 33 km
di velocità media.
Il sub-bacino “Casilino” è, inoltre, percorso dalla linea ferroviaria FM6 e dall’autostrada A1 e ha
fra i principali nodi di scambio la stazione di Colleferro.
Nella tabella seguente (Tab. 2.7.5) si riportano le caratteristiche della linea FM6 al 2001 in
termini di lunghezza del percorso, di numero di posti offerti per convoglio, di numero di corse
esercitate in una direzione e di velocità commerciale.
Tab. 2.7.5 - Caratteristiche del servizio metropolitano su ferrovia (linea FM6).
Caratteristiche FM6
Lunghezza (km) 120
Capacità (pass./conv.) 400
N° Corse fascia 0-9,39 10
N° Corse fascia 9,30-13,30 4
N° Corse fascia 13,30-18,30 5
N° Corse fascia 18,30-24 4
N° Corse giorno 23
Velocità commerciale (km/h) 62
Fonte - Indagine Trenitalia S.p.A., 2001
La domanda di trasporto
Per analizzare la domanda di trasporto indotta dalla mobilità delle persone, gli unici dati
disponibili sono quelli provinciali prodotti con il Censimento della Popolazione e delle
Abitazioni effettuato dall’ISTAT nel 1991.
Tale rilevazione prendeva in considerazione i cosiddetti movimenti sistematici per motivi di
lavoro e studio, ovvero il pendolarismo.
La Provincia di Roma era interessata da 1.668.000 spostamenti giornalieri sistematici di cui:
- circa 1.420.000 spostamenti ovvero l’85% erano interni al bacino;
- circa 159.000 spostamenti ovvero il 9,5% erano in uscita;
- circa 89.000 spostamenti ovvero il 5,5% erano entrata.
Spostamenti giornalieri
La conoscenza delle motivazioni per gli spostamenti giornalieri delle persone è l'elemento di
base per studiare e pianificare gli interventi sulla rete di trasporto.
Anche in questo caso, per analizzare l’indicatore si sono potuti utilizzare solamente i dati
disponibili a livello regionale poiché non sono stati reperiti dati per il Comune di Colleferro.
Al 2001 il 47,3% della popolazione residente nel Lazio, si spostava giornalmente per
raggiungere il luogo di lavoro (62,3%) o studio (37,7%).
Come mostrato in Tab. 2.7.6 l’automobile era nettamente il mezzo più utilizzato (40,8%), anche
se il dato degli spostamenti tramite mezzi di trasporto collettivo (8,1%), era superiore a quello
225

medio italiano (4,4%). Sarebbe interessante approfondire il tema con indagini mirate al fine di
facilitare l’uso di mezzi di trasporto più sostenibili.
Tab. 2.7.6 - Spostamenti quotidiani per mezzo utilizzato.
Regione Lazio Italia
Treno, tram, metro 8,1% 4,4%
Autobus, filobus, corriera 11,2% 8,7%
Autobus aziendale o scolastico 3,4% 3,6%
Auto privata (conducente) 40,8% 44,5%
Auto privata (passeggeri) 14,4% 14,1%
Motocicletta, ciclomotore, scooter 7,2% 4,6%
Bicicletta 0,3% 2,9%
Altro mezzo 0,1% 0,4%
A piedi 14,5% 16,8%
Fonte – ISTAT, 2001
226

2.7.5 Incidenti stradali
La maggiore richiesta di mobilità, correlata alle dinamiche dello sviluppo socio-economico,
comporta delle conseguenze sociali in termini di sicurezza stradale.
La domanda incrementale di trasporto sia di passeggeri sia di merci si è orientata sempre di più
verso la strada, come dimostra il numero crescente di veicoli circolanti.
Di conseguenza negli ultimi anni è cresciuta anche l’attenzione verso l’incidentalità stradale da
parte degli organi di governo attraverso i provvedimenti sia per il contenimento del numero dei
morti sulle strade (uso del casco e delle cinture di sicurezza) sia per l’intensificazione dei
controlli sulla velocità, sia attraverso campagne pubblicitarie e iniziative di contenimento delle
stragi del sabato sera.
Nel corso dell’anno 2000 nel Lazio si sono verificati 16.595 incidenti stradali, di cui il 70,5%
solo nella Provincia di Roma.
Dai dati della rilevazione dell’ISTAT e dell’A.C.I. sulla sicurezza stradale nel Lazio, si è potuto
costruire il tasso di mortalità stradale, che si ottiene rapportando il numero di morti coinvolti in
incidenti stradali al numero dei sinistri verificatisi nel corso dello stesso anno, che per la
Provincia di Roma era al 2000 di 2 morti ogni 100 incidenti.
Roma era la provincia più sicura anche se si considera il tasso di lesività stradale dato dal
rapporto del numero di feriti rimasti coinvolti negli incidenti stradali e il numero degli stessi e il
tasso di pericolosità stradale, che si costruisce rapportando il numero dei deceduti negli incidenti
stradali ed il totale fra morti e feriti rimasti coinvolti nei sinistri.
Nel 2000 nel Comune di Colleferro si sono registrati 59 incidenti, pari a 2,76 incidenti ogni
1.000 abitanti (vedi Tab. 2.7.7).
Tab. 2.7.7 – Incidenti
Comune Pop. 31.12.00 N°. incidenti N°. inc./ab.*1.000
Colleferro 21.386 59 2,76
Provincia Roma 3.849.487 11.693 3,0
Lazio 5.302.302 16.595 3,1
Fonte – ISTAT, 2000
L’anno successivo il numero degli incidenti è ulteriormente aumentato con una media di circa 4
morti ogni 100 incidenti (Tab. 2.7.8).
227

Tab. 2.7.8 – Incidentalità nel Comune di Colleferro
N°.
incidenti
N°.
incidenti
mortali
Pericolosità dell’incidente Localizzazione degli
incidenti – Tipo di
N°.
morti
N°.
feriti
Indice di
mortalità
(N°. morti
per 100
incidenti)
N°.
incidenti
per 1.000
abitanti
strada
Strada
provinciale
Altro tipo
di strada
Colleferro
Sub-
78 3 3 128 3,85 3,76 3 75
bacino di
mobilità
“Casilino”
390 19 29 665 4,87 2,92 66 324
Fonte - Ufficio Studi Provincia Roma, 2001
228

2.7.6 Progetti del Comune di Colleferro
Si riportano di seguito i progetti che il Comune di Colleferro intende realizzare nel prossimo
quinquennio così come risulta nel Documento Preliminare di Indirizzo al Piano Urbanistico
Comunale Generale.
Parcheggio multipiano in Via Giotto
Il Comune di Colleferro, ai sensi dell’art. 37 bis e seguenti della Legge n. 109/94 e s.m.i.,
intende realizzare un Parcheggio multipiano interrato in Via Giotto (area adiacente l’Ospedale
civile).
Nodo di scambio in Via degli Esplosivi (parcheggio)
L’opera consiste nella realizzazione di un parcheggio a raso di circa 100 posti auto in Via degli
Esplosivi, nelle vicinanze di uno degli ingressi della città.
L’intervento permetterà di creare, insieme ai nuovi posti di sosta per i cittadini che gravitano in
quell’area, un ulteriore nodo di scambio, a servizio dell’utenza del trasporto pubblico.
L’investimento previsto è finanziato dalla Provincia di Roma.
Realizzazione della circonvallazione ovest
L’intervento per la realizzazione di un asse viario di scorrimento nella zona ovest del centro
cittadino è finalizzato a mettere in collegamento veicolare l’ingente mole di traffico, soprattutto
pesante, proveniente dalla S.S. Casilina, con le intersezioni di notevole importanza dell’uscita
dell’autostrada A1 e della S.P. Palianese, con la S.S. Latina, evitando l’attraversamento del
centro cittadino ed i relativi notevoli disagi di scorrimento del traffico e di inquinamento
atmosferico.
La circonvallazione risponde al duplice scopo di raggiungere i termovalorizzatori senza
transitare attraverso il quartiere Scalo. Il traffico in questo senso è notevole, visto che il
rifornimento di combustibile da rifiuto (CDR) avviene esclusivamente su gomma.
L’intervento, inoltre consentirà di completare un anello intorno al centro urbano, collegandosi
con la circonvallazione Bracchi in corso di ultimazione nella zona est del territorio comunale e
realizzando così un importante asse di penetrazione all’interno di aree oggetto di importanti
trasformazioni urbane.
Completamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria dello SLOI (Sistema
Logistico Integrato)
L’intervento in oggetto si inserisce nell’ambito del progetto SLOI ed è volto al completamento
delle infrastrutture in parte già realizzate, aree attrezzate e assi viari di connessione a servizio
delle attività produttive.
In particolare, verrà realizzata la viabilità secondaria con annessi svincoli in prossimità
dell’accesso alla S.S. Casilina, aventi una lunghezza complessiva di circa m 1.100.
L’opera, che prende come asse di riferimento la S.S. Casilina che già fiancheggia il fiume, verrà
realizzata sul lato opposto a quello ove è ubicato l’alveo del fiume, costeggiando la zona
industriale. Sia le banchine che le aree interne agli svincoli verranno progettate tenendo conto
della realizzazione di verde attrezzato al fine di mitigare l’impatto ambientale.
229

Completamento delle infrastrutture per le aree industriali dello SLOI (Sistema Logistico
Integrato)
L’intervento in oggetto prevede la realizzazione di un tronco ferroviario a servizio dell’area
industriale della Piattaforma Logistica di Colleferro, progetto inserito nel Patto Territoriale delle
Colline Romane.
Il progetto prevede il riutilizzo di un tratto ferroviario attualmente in disuso dalla stazione di
Colleferro a circa 100 m dalla sede dell’Autostrada A1 Roma-Napoli, da qui l’intervento prevede
la realizzazione di uno stacco ferroviario ad un binario a servizio del Centro Logistico (progetto
SLOI).
Il tratto ferroviario da realizzare è composto da: un tratto in rilevato per circa 1.600 m; un tratto
di viadotto per circa 500 m; tratti di sfioccamento per circa 1.500 m.
Attuazione del progetto “Sistema Logistico Integrato Multimodale” (SLIM)
Il progetto “Sistema Logistico Integrato Multimodale” (SLIM) consiste nella realizzazione di
una piattaforma logistica per lo stoccaggio delle merci in grado di gestire la movimentazione dei
prodotti in viaggio verso il mediterraneo e nello scambio tra nord e sud d’Italia.
Lo SLIM si svilupperà su un’area di 140 ha nel Comune di Colleferro, a ridosso con quello di
Paliano e Valmontone, e prevede circa 400mila mq tra capannoni industriali, centri servizi e
uffici direzionali.
L’obiettivo del progetto è quello di favorire l’insediamento di attività produttive e logistiche e la
creazione di 1700 posti di lavoro per uno sviluppo economico e sociale del territorio.
Progetti per incentivare la mobilità sostenibile
L’Amministrazione comunale ha attivato delle procedure di studio del territorio mirate ad
interventi-Linee guida- volte alla prevenzione ed al contenimento dell’inquinamento da polvere
sottili, al fine di tutelare la salute della collettività.
Tali Linee guida sono state approvate con Delibera di Giunta Comunale n. 259 del 30/11/05 la
quale individua gli interventi operativi che vanno dalla redazione del Piano Urbanistico Generale
Comunale, secondo il principio dello sviluppo sostenibile, al controllo obbligatorio dei gas di
scarico degli autoveicoli (Bollino Blu), alla creazione di isole pedonali e, nell’ambito di Agenda
21 Locale alla promozione di campagne di informazione e sensibilizzazione finalizzate allo
sviluppo e all’adozione di nuove tecnologie capaci di ridurre la pressione ambientale delle
attività produttive.
Tali interventi includono, inoltre, la partecipazione a progetti finalizzati all’acquisizione di
veicoli a basso impatto ambientale, azioni mirate a sensibilizzare gli autotrasportatori
all’impiego di carburanti con minori emissioni ambientali (gasolio bianco, metano, GPL e
biocarburanti) ed il monitoraggio costante al fine di valutare i dati relativi agli inquinamenti
atmosferici, anche attraverso la collaborazione di Enti esterni (Arpalazio, ASL, EEA).
Nell’ambito di una strategia volta ad incentivare la mobilità sostenibile, l’evoluzione tecnologica
legata all’alimentazione dei veicoli assume un rilievo di fondamentale importanza, contribuendo
a raggiungere l’obiettivo della riduzione delle concentrazioni di polveri sottili in atmosfera.
A questo proposito, le azioni volte alla promozione e diffusione dei veicoli elettrici, quali mezzi
di trasporto alternativi ed ecologici, si collocano in un ampio programma di interventi promossi
dall’Amministrazione comunale che mirano al risanamento ambientale del centro urbano
nell’ottica dello sviluppo sostenibile.
Infine, l’Amministrazione comunale ha partecipato al bando della Provincia di Roma del 2005
per l’assegnazione di vetture elettriche, chiedendo che gli vengano assegnate due vetture
elettriche da destinare rispettivamente al Comando di Polizia Locale e all’Ufficio Pianificazione
Generale del Territorio.
230

In considerazione del fatto che ogni veicolo in dotazione presso il Corpo di Polizia Locale
percorre in media 60 km al giorno per verifiche e controlli sul territorio, l’integrazione di veicoli
attualmente in dotazione con veicoli elettrici concilierebbe le esigenze di tutela ambientale con
l’opera di sensibilizzazione ed educazione presso i cittadini, ai fini di diffondere la conoscenza di
un mezzo alternativo ed ecologico.
231

2.8 ENERGIA
Secondo l’Agenda 21 elaborata durante la Conferenza su “Ambiente e Sviluppo” delle Nazioni
Unite tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, "l'energia è essenziale per lo sviluppo economico e
sociale e per il miglioramento della qualità della vita. Tuttavia gran parte dell'energia nel mondo
viene prodotta e consumata con modalità che non potranno essere sostenibili se la tecnologia
rimarrà immutata e se le quantità globali cresceranno senza controllo"( Fonte: Verso un modello
energetico sostenibile - Atti Conferenza Nazionale Energia e Ambiente - Roma, 1998).
La produzione di energia è fondamentale per lo sviluppo sociale ed economico poiché garantisce
il benessere, la mobilità e il funzionamento dei sistemi industriali e produttivi.
Ma, come per qualsiasi attività condotta dall’uomo, la produzione ed il consumo di energia
esercitano forti pressioni sull’ambiente, provocando gravi cambiamenti delle condizioni
climatiche globali, impatti sugli ecosistemi naturali e problemi alla salute umana.
Il Governo Italiano, in sintonia con gli indirizzi di politica energetica europea per la promozione
delle fonti rinnovabili, ha individuato, nel documento "Libro bianco per la valorizzazione
energetica delle fonti rinnovabili", documento presentato durante la Conferenza Nazionale
Energia e Ambiente (Roma, 25-28 novembre 1998), gli obiettivi nazionali specifici e le strategie
idonee per conseguirli.
In riferimento a quanto stabilito dalla Commissione Europea, anche l'Italia ha deciso di
raddoppiare al 2010 il contributo delle fonti rinnovabili nel bilancio energetico, passando dai
12,7 Mtep del 1996 a circa 24 Mtep nel 2010.
Per raggiungere questo traguardo l’Italia dovrà adottare politiche coerenti, e permettere ai
Ministeri competenti, le Regioni e gli Enti Locali di partecipare ai lavori di un tavolo permanente
di consultazione tecnica per il coordinamento delle politiche energetiche, di garantire le risorse
finanziarie necessarie per la promozione della produzione di energia rinnovabile, di diffondere
una cultura energetico – ambientale tra la popolazione locale e, infine, di promuovere progetti di
cooperazione con i paesi dell'area del Mediterraneo.
La sostituzione e l’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia, oltre a contribuire
alla conservazione delle risorse fossili, determina la diminuzione delle emissioni in atmosfera di
CO2 e degli altri gas che modificano le condizioni del clima.
A tal proposito, nell'ambito della Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico delle
Nazioni Unite (UNFCCC), nel corso della Terza Sessione della Conferenza delle Parti sul clima
(cioè i paesi industrializzati che hanno aderito alla Convenzione Quadro, COP), è stato approvato
il Protocollo di Kyoto (dicembre 1997), documento che ha individuato le prime misure per la
riduzione delle emissioni di CO2 e degli altri gas 2 che provocano l’effetto serra, entro il periodo
2008-2012 rispetto ai livelli di emissione di CO2, metano e ossidi di azoto del 1990. Il
Protocollo, entrato in vigore il 16 febbraio del 2005, prevede impegni di riduzione differenziati
da Paese a Paese. All'interno dell'Unione Europea, che si è prefissa un obiettivo di riduzione
della CO2 dell'8%, l'Italia ha assunto l'impegno di ridurre le emissioni nazionali di gas ad effetto
serra del 6,5% rispetto al 1990. L’Italia, quindi, nel 2010 dovrebbe produrre al massimo 486,7
Mt CO2 eq.
Al momento attuale, però, l’obiettivo di riduzione delle emissioni per cui il nostro Paese si è
impegnato appare di difficile raggiungimento perché dal 1990 ad oggi le emissioni di gas serra
sono notevolmente aumentate anziché diminuire e, senza l'applicazione di politiche di
prevenzione e misure nazionali, sono destinate a crescere ancora; per l'Italia, infatti, si prevedono
dei livelli di emissione per il 2010 pari a 579,7 Mt CO2 eq, cioè di circa 93 Mt CO2 eq. superiori
all'obiettivo fissato.
2 Protossido di azoto, metano, idrofluorocarburi, perfluorocarburi e esafluoruro di zolfo.
232

Per raggiungere il traguardo previsto, l’Italia dovrà puntare molto, e in fretta, sui interventi di
riduzione dei consumi, smaltimento dei rifiuti, miglioramento dell’efficienza dei trasporti,
permessi di emissione e scambio di quote e, in particolare, in particolare, sviluppo delle fonti di
energia rinnovabili (Decreto Ministeriale 20 luglio 2004 “Nuova individuazione degli obiettivi
quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili), la cui incidenza
sulla produzione di energia in Italia è, comunque già del 18-20%, oltre la media europea e
mondiale (www. fareverde. it/dossier).
La richiesta italiana di energia viene soprattutto dall’industria (quella manifatturiera in
particolare) che assorbe circa il 53% dell’offerta nazionale, a cui seguono il terziario e il settore
domestico, rispettivamente con il 24 e il 22%; la richiesta più bassa, invece, viene
dall’agricoltura con circa il 2%, anche se la domanda da parte di questo settore e di quello
terziario è in graduale crescita.
Nell’ottica della riduzione dei consumi energetici a livello nazionale, gli Enti Locali svolgono un
ruolo di fondamentale importanza poiché la loro azione può influire positivamente sulla gestione
della domanda energetica a livello urbano, sullo sviluppo di iniziative di cogenerazione e
teleriscaldamento, sul risparmio energetico nell’ambito della mobilità e dei trasporti, sullo
sviluppo del mercato per le energie rinnovabili e, infine, sulla formazione e sensibilizzazione dei
cittadini attraverso campagne di sensibilizzazione ed informazione.
Il ruolo degli Enti locali in materia energetica trova riscontro nella normativa vigente. La L. del
09/01/1991 n. 10 “Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso
razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia” ha
avviato il processo di decentramento alle Regioni dei compiti di pianificazione, indirizzo e
controllo del settore energetico; competenze ulteriormente rafforzate in seguito alla Legge
Costituzionale del 18 ottobre 2001, n.3 “Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione”, che definisce i ruoli e le competenze legislative e amministrative dello Stato, delle
Regioni e degli Enti Locali, con riferimento alla produzione, al trasporto e alla distribuzione
dell’energia.
Nell’ambito della pianificazione energetica le Regioni devono predisporre i Piani Energetici
Regionali (P.E.R) contenenti il bilancio energetico regionale, l'individuazione dei bacini
energetici territoriali 3 , la localizzazione e la realizzazione degli impianti di teleriscaldamento,
l'individuazione delle risorse finanziarie da destinare alla realizzazione di nuovi impianti di
produzione di energia, la destinazione delle risorse finanziarie, secondo un ordine di priorità
relativo alla quantità percentuale e assoluta di energia risparmiata per gli interventi di risparmio
energetico, la formulazione di obiettivi secondo priorità di intervento nonché le procedure per
l'individuazione e la localizzazione di impianti per la produzione di energia fino a dieci
megawatt elettrici per impianti installati al servizio dei settori industriale, agricolo, terziario,
civile e residenziale e per gli impianti idroelettrici.
Gli obiettivi del Piano regionale dovranno trovare una concreta applicazione grazie all’attuazione
di strumenti locali di pianificazione e programmazione energetica, come per esempio i
Programmi energetici provinciali o quelli comunali. E’ necessario inoltre che a scala locale ci sia
una adeguata integrazione tra i Piani territoriali e settoriali relativi ai sistemi insediativi civili,
industriali, dei trasporti, con quelli di pianificazione energetica.
A tal proposito la Regione Lazio, che ha approvato il suo Piano Energetico Regionale con
Deliberazione di Consiglio Regionale n .45 del 14 febbraio 2001, alla luce delle diverse
3 I bacini energetici sono definiti tali perché, in relazione alle caratteristiche, alle dimensioni, alle esigenze di
utenza, alla disponibilità di fonti rinnovabili di energia, al risparmio energetico realizzabile, costituiscono le aree
più idonee ai fini della fattibilità degli interventi di uso razionale dell'energia e di utilizzo delle fonti rinnovabili di
energia.
233

modificazioni avvenute nel settore energetico (Decreto Bersani e Letta, la modifica dell’art. 117
della Costituzione sul ruolo dei soggetti istituzionali nel settore elettrico italiano, la L. 55/2002
“Legge Sblocca Centrali”), ha elaborato (con l’Enea) la “Proposta di revisione ed aggiornamento
del Piano Energetico Regionale”.
La revisione del P.E.R. del Lazio prevede, sostanzialmente, l’aggiornamento delle problematiche
già identificate e descritte nel P.E.R. del 2001, l’analisi dei cambiamenti intercorsi per
l’adeguamento delle azioni implementabili e, infine, la proposta di azioni di indirizzo della
politica energetica e di azioni concrete implementabili a livello regionale.
L’art. 5 della L. 10/1991, inoltre, obbliga i Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti
ad adottare uno specifico piano comunale relativo all'uso delle fonti rinnovabili di energia.
In questa visione complessiva e generale della situazione italiana e delle competenze che le
regioni, le province e gli enti locali svolgono nella pianificazione energetica e nella gestione
della domanda energetica a livello locale, l’Amministrazione pubblica di Colleferro ha un ruolo
fondamentale nel controllo dell’efficienza degli impianti di riscaldamento e della verifica degli
standard relativi all’isolamento termico degli edifici: Per Colleferro, con una popolazione
inferiore sia ai 50.000 abitanti sia ai 30.000 non esiste l’obbligo di adottare né il piano energetico
comunale né il Piano Urbano del Traffico (D.Lgs n. 285 del 30 aprile 1992 "Nuovo codice della
strada") finalizzato, non solo a conseguire il miglioramento delle condizioni di circolazione e
della sicurezza stradale, ma anche a ridurre l’inquinamento atmosferico ed acustico e a contenere
i consumi energetici.
Al momento attuale non si possiedono informazioni relative ai consumi energetici, in termini di
energia elettrica e di carburanti consumati complessivamente e suddivisi per settore di
utilizzazione (domestico, industriale, agricolo, ecc.) del Comune di Colleferro.
Sarà necessario quindi in futuro rendere pubbliche e facilmente consultabili le informazioni
relative agli aspetti energetici, al fine di operare un confronto nel tempo, sui livelli di consumo, e
poter valutare i miglioramenti imposti dal rispetto del Protocollo di Kyoto.
Nel Comune di Colleferro è presente un Termovalorizzatore (si rimanda al capitolo “rifiuti” per
la descrizione del processo di termovalorizzazione) che, attraverso il recupero della frazione
secca del RU, produce energia elettrica che viene direttamente immessa nella rete nazionale
dell’Enel.
I rifiuti e le frazioni combustibili sono una fonte da utilizzare per la produzione di energia
elettrica, secondo quanto stabilito nell’art 17 del D.Lgs 29 dicembre 2003, n. 387 (di
recepimento della Direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da
fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità).
L’utilizzo dei rifiuti come fonte energetica è di prioritaria importanza perché consente, accanto
ad una corretta gestione integrata dei rifiuti e ad una riduzione dello smaltimento in discarica,
l’utilizzo di una fonte energetica continuamente prodotta e di difficile esaurimento.
Inoltre è da sottolineare che un moderno sistema di gestione integrata dei rifiuti, finalizzato
anche alla loro valorizzazione energetica, contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas serra,
pari a circa 15 milioni di tonnellate/anno di CO2 equivalente, corrispondenti a più del 15%
dell’impegno di riduzione assunto dall’Italia nel Protocollo di Kyoto (Fonte: Proposta di
revisione ed aggiornamento del Piano Energetico Regionale).
Il Piano Energetico Regionale del Lazio, prevede che il recupero energetico sia realizzato
attraverso la produzione di Combustibile Derivato da Rifiuti, ottenuto dal trattamento dei rifiuti
indifferenziati non recuperabili. Nella Regione Lazio gli unici due impianti per il recupero
energetico sono: l’impianto di S. Vittore (Pr. di Frosinone) e il Termovalorizzatore di Colleferro.
Le due linee del Termovalorizzatore di Colleferro hanno prodotto, nel 2003, una quantità di
energia elettrica pari rispettivamente a circa 66.639 MWh dalla linea 1 (Mobil Service Srl), e
31.815 MWh dalla Linea 2 (EP- Sistemi S.r.l.).
234

Il 10% dell’energia elettrica prodotta viene utilizzata dall’impianto stesso, mentre la rimanente
percentuale viene direttamente immessa nella rete di distribuzione nazionale dell’energia
elettrica dell’ENEL.
235

2.9 RIFIUTI
Negli ultimi decenni l’incremento demografico, l’espansione delle aree urbanizzate, il rapido
sviluppo industriale e il miglioramento delle condizioni economiche hanno portato
inevitabilmente ad un crescente consumo di materia ed energia e ad una conseguente produzione
di rifiuti.
I rifiuti sono di varie tipologie; ai rifiuti di tipo domestico (Rifiuti Solidi Urbani) si devono
aggiungere i rifiuti, contenenti spesso materie pericolose, generati dalle attività industriali e
direttamente connessi alla crescente settorializzazione e diversificazione dei processi produttivi.
La quantità e la qualità dei rifiuti prodotti giornalmente da tutte le attività umane, produttive e
non, esercitano una forte pressione sulle componenti ambientali (acqua, aria, suolo, ecc),
determinando, nel tempo, l’impoverimento delle risorse naturali e la diminuzione della capacità
del nostro Pianeta di “sopportare” e “sostenere” l’impatto antropico e di rigenerare le risorse
stesse.
Per questi motivi, è indispensabile una gestione dei rifiuti, a diverse scale locali, che sia in grado
di fornire una risposta concreta ed efficace per ridurre o eliminare la pressione ambientale
causata dalla loro produzione o dal loro abbandono incontrollato.
Per arginare il problema, nel 1996 l’Unione Europea ha elaborato la Strategia di gestione dei
rifiuti; si trattava di linee guida, sancite in maniera definitiva nel VI Programma di azione per
l’ambiente (Decisione 2002/1600/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio), per la corretta
gestione dei rifiuti, con l’obiettivo di promuovere un uso razionale delle risorse e passare a
modelli di consumo sostenibili.
La Strategia richiedeva che venissero intraprese le seguenti azioni:
1. prevenzione nella produzione e riduzione della quantità dei rifiuti alla fonte;
2. recupero e riutilizzo massimo dei rifiuti;
3. diminuzione dei rifiuti conferiti in discarica;
4. raggiungimento dell’autosufficienza per Ambito Territoriale Ottimale (ATO) nella gestione
dei rifiuti.
Sulla base di queste priorità di azione, il VI Programma intendeva raggiungere una maggiore
efficienza nella gestione delle risorse e dei rifiuti in modo che, attraverso l’implementazione di
politiche di sostenibilità e l’adozione di strumenti comunitari di gestione ambientale, il consumo
di risorse, rinnovabili e non, non superasse la capacità di sostentamento degli ecosistemi naturali.
La prevenzione nella produzione e riduzione della quantità dei rifiuti alla fonte, in termini sia di
riduzione quantitativa sia di riduzione della pericolosità del rifiuto, è il primo passo da fare, in
qualsiasi contesto territoriale, per poter attuare una gestione integrata dei rifiuti e per poter
ridurre il loro impatto sugli ecosistemi naturali e sulla salute umana.
Questo obiettivo può essere raggiunto, a livello comunitario, nazionale e locale, in vari modi, ad
esempio attraverso lo sviluppo e l’attuazione di una “politica verde” di approvvigionamenti
pubblici, l’adozione di tecnologie più pulite nei processi di produzione e la progettazione dei
prodotti più ecologici, riducendo così l’impatto ambientale durante il loro ciclo di vita.
A tal proposito il Libro Verde sulla sicurezza dell’approvvigionamento energetico (adottato nel
2000 dalla Commissione Europea) ha proposto una strategia ispirata all’approccio della Politica
Integrata dei Prodotti (IPP) finalizzata a promuovere la qualità ambientale dei beni e servizi
attraverso lo sviluppo di un mercato che privilegi i prodotti ecologici e che comporti un impegno
concreto da parte sia dei produttori sia dei consumatori.
In tema di rifiuti, il principale riferimento normativo nazionale è costituito dal D.Lgs. n.22 del 5
febbraio1997 (attuazione delle Direttive 91/156//CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti
pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio) e successive modifiche ed
236

integrazioni, noto anche come “Decreto Ronchi”, il quale ha recepito gli obiettivi strategici
dell’Unione Europea in materia di gestione di rifiuti al fine di:
- assicurare la protezione dell’ambiente e controlli efficaci, tendendo conto della specificità dei
rifiuti pericolosi;
- smaltire i rifiuti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza rischi per l’acqua, per l’aria,
per il suolo, per la fauna e la flora, senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare
interesse.
237

2.9.1 Normativa
Il Decreto Ronchi ha introdotto disposizioni in materia di ciclo dei rifiuti e di sistema di gestione
finalizzato alla prevenzione e riduzione dei rifiuti stessi e ha individuato gli strumenti per la
riduzione della quantità, del volume e della pericolosità, attraverso un approccio che prende in
considerazione la loro progettazione, la fabbricazione, la distribuzione, la commercializzazione,
il consumo ed infine il post consumo.
Al fine, quindi, di garantire lo sviluppo di una politica di prevenzione strategica dei rifiuti a
livello nazionale è necessario introdurre all’interno dei Piani Regionali e Provinciali di gestione
dei rifiuti le azioni da intraprendere e gli strumenti di prevenzione da attuare sul piano
economico, finanziario, sociale ed amministrativo.
Competenze degli enti in materia di rifiuti (secondo il Decreto Ronchi)
Art. 19 - Competenze delle Regioni
1. Sono di competenza delle Regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dal presente decreto:
a) la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le Province ed i Comuni, dei piani regionali di gestione
dei rifiuti di cui all'articolo 22;
b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata di rifiuti urbani,
anche pericolosi, con l'obiettivo prioritario della separazione dei rifiuti di provenienza alimentare, degli scarti di
prodotti vegetali e animali, o comunque ad alto tasso di umidità, dai restanti rifiuti;
c) l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate;
d) l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti, anche pericolosi, e l'autorizzazione alle
modifiche degli impianti esistenti;
e) l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi;
f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti che il regolamento CEE n. 259/93 attribuisce alle
autorità competenti di spedizione e di destinazione;
g) la delimitazione, in deroga all'ambito provinciale, degli ambiti ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e
assimilati;
h) le linee guida ed i criteri per la predisposizione e l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza,
nonché l'individuazione delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione;
i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti, intesa come il complesso delle attività volte ad ottimizzare il
riutilizzo, il riciclaggio, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti;
l) l'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi;
m) la definizione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 31, 32 e 33;
n) la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle Province, delle aree non idonee alla localizzazione
degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
n-bis) la definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento e la determinazione,
nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 18, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo
particolare.
2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le Regioni si avvalgono anche degli organismi individuati ai sensi
del D.L. 4 dicembre 1993, n. 496 convertito, con modificazioni, dalla L. 21 gennaio 1994, n. 61 .
3. Le Regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali,
compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale
disposizione non si applica alle discariche.
4. Entro il 31 marzo 2002 le regioni, sulla base delle metodologie di calcolo e della definizione di materiale riciclato
stabilite da apposito decreto del Ministero dell'ambiente e delle tutela del territorio, di concerto con i Ministeri delle
attivita' produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, adottano le disposizioni occorrenti
affinché' gli uffici e gli enti pubblici, e le società' a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi,
coprano il fabbisogno annuale dei manufatti e beni, indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti
da materiale riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo.
[4-bis. Nelle aree portuali la gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e' organizzata dalle autorità' portuali, ove istituite,
o dalle autorità' marittime, che provvedono anche agli adempimenti di cui agli articoli 11 e 12.](1)
(1) Il Comma 4-bis è stato abrogato dall'art.16 D. Lgs. 182/2003
238

Art. 20 - Competenze delle Province
1. In attuazione dell'articolo 14 della L. 8 giugno 1990, n. 142 , alle Province competono, in particolare:
a) le funzioni amministrative concernenti la programmazione e l'organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a
livello provinciale;
b) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica e del monitoraggio ad essi conseguenti;
c) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso
l'accertamento delle violazioni del presente decreto;
d) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l'applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli
31, 32 e 33;
e) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 15, comma 2,
della L. 8 giugno 1990, n. 142 , ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 22, comma 3, lettere c) ed e),
sentiti i Comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani,
con indicazioni plurime per ogni tipo di impianto, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di
smaltimento e recupero dei rifiuti;
f) l'iscrizione delle imprese e degli Enti sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31, 32 e 33 ed i
relativi controlli;
g) l'organizzazione delle attività di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati sulla base di ambiti territoriali
ottimali delimitati ai sensi dell'articolo 23.
2. Per l'esercizio delle attività di controllo sulla gestione dei rifiuti le Province possono avvalersi anche delle
strutture di cui all'articolo 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 come sostituito dall'articolo 8 del
decreto legislativo 7 dicembre 1993 n. 517, con le modalità di cui al comma 3, nonché degli organismi individuati ai
sensi del decreto L. 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 gennaio 1994, n. 61 .
3. Ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni le Province possono altresì avvalersi di organismi pubblici con
specifiche esperienze e competenze tecniche in materia, con i quali stipulano apposite convenzioni.
4. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all'interno di
stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale
non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono tenuti all'obbligo della riservatezza ai sensi della
normativa vigente.
5. Il personale appartenente al Nucleo Operativo Ecologico dell'Arma dei Carabinieri è autorizzato ad effettuare le
ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell'espletamento delle funzioni di cui all'articolo 8 della L. 8 luglio 1986,
n. 349 . Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo.
6. Nell'ambito delle competenze di cui al comma 1, le Province sottopongono ad adeguati controlli periodici gli
stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, l'effettuazione di adeguati
controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 31, 32 e 33, e che i controlli
concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine e la destinazione dei
rifiuti.
Art. 21 - Competenze dei Comuni
1. I Comuni effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di
privativa nelle forme di cui alla L. 8 giugno 1990, n. 142 e dell'articolo 23.
2. I Comuni disciplinano la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di
efficienza, efficacia ed economicità, stabiliscono in particolare:
a) le disposizioni per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una
distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;
d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi, e dei rifiuti da esumazione
ed estumulazione di cui all'articolo 7, comma 2, lettera f);
e) le disposizioni necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di
imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare;
f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;
g) l'assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello
smaltimento sulla base dei criteri fissati ai sensi dell'articolo 18, comma 2, lettera d). Sono comunque considerati
rifiuti urbani, ai fini della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle
strade ovvero, di qualunque natura e provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree
private comunque soggette ad uso pubblico o sulle strade marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua.
3. È, inoltre, di competenza dei Comuni l'approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati ai sensi dell'articolo
17.
239

4. Nell'attività di gestione dei rifiuti urbani, i Comuni si possono avvalere della collaborazione delle associazioni di
volontariato e della partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni.
5. I Comuni possono istituire, nelle forme previste dalla L. 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni,
servizi integrativi per la gestione dei rifiuti speciali non assimilati ai rifiuti urbani.
6. I Comuni sono tenuti a fornire alla Regione ed alla Provincia tutte le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani
dalle stesse richieste.
7. La privativa di cui al comma 1 non si applica alle attivita' di recupero dei rifiuti urbani e assimilati, a far data dal 1
gennaio 2003.(così sostituito dall'art. 23 della L. 31 luglio 2002, n. 179)
8. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 1, della L. 28 gennaio 1994, n. 84, e relativi decreti
attuativi.
In tale contesto, le pubbliche amministrazioni locali possono assumere un ruolo di primo piano
nell’attuazione di politiche di prevenzione attraverso l’introduzione di “acquisti verdi” (Green
Public Procurement) e, quindi, acquistando prodotti “ambientalmente preferibili” che hanno un
minore o ridotto impatto sulla salute umana e sull’ambiente rispetto ad altri prodotti e servizi
utilizzati allo stesso scopo.
La L. 28 dicembre 2001 n. 448 (finanziaria 2002) ha introdotto diverse disposizioni per
incentivare il riciclaggio dei rifiuti attraverso la creazione di un mercato per i prodotti realizzati
con materiale riciclato (es. l’amministrazione deve destinare una quota pari a circa il 20%, per
l’acquisto di pneumatici ricostruiti per le autovetture commerciali ed industriali).
Agli acquisti verdi si aggiungono gli strumenti fiscali ed economici, come:
- i sistemi di tariffazione dei rifiuti in funzione delle quantità gestite;
- il contributo ambientale del Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) per garantire il
raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio e altri
strumenti finalizzati a ridurre la produzione dei rifiuti;
- gli Accordi di Programma tra le amministrazioni e le imprese che dovranno garantire
l’attuazione dei piani di settore per la prevenzione, riduzione, recupero dei rifiuti, la
sperimentazione e promozione di processi produttivi e di tecnologie pulite, lo sviluppo di
tecniche appropriate per l’eliminazione delle sostanze pericolose nei rifiuti.
La raccolta differenziata dei rifiuti
Prima di sottolineare l’importanza della Raccolta Differenziata (RD) nel ciclo di gestione
integrata dei rifiuti è fondamentale definire cosa si intende per Rifiuto Urbano (RU).
Il Decreto Ronchi (art 7) considera come RU, quello domestico prodotto nei locali e nei luoghi
adibiti a civile abitazione, i rifiuti ingombranti (elettrodomestici, materassi, ecc.), i rifiuti
derivanti dallo spazzamento delle strade, i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi ed, infine, i
rifiuti derivanti da attività cimiteriali. Tali rifiuti, a loro volta, possono essere distinti in
pericolosi e non pericolosi in base alla concentrazione delle sostanze pericolose in essi contenute
(allegati G, H, e I del D.Lgs 22/97).
Ogni tipologia di rifiuto, infatti, deve essere trattata in maniera idonea in funzione della sua
pericolosità; ad esempio, rifiuti contenenti metalli pesanti, come pile e vernici, oppure sostanze
tossiche, non possono essere mescolati con i rifiuti organici prodotti in cucina o in giardino, che
potrebbero, invece, essere riciclati formando “compost” e utilizzati come concime. La presenza
di sostanze tossiche nel compost lo renderebbe inutilizzabile perché danneggerebbe la salute
delle piante e dell’uomo. I rifiuti pericolosi non possono neanche essere abbandonati sul suolo
perché potrebbero rilasciare sostanze tossiche che, con le piogge, andrebbero a contaminare i
corsi d’acqua e la falda idrica, e di conseguenza l’acqua che viene prelevata dai pozzi.
E’ necessario, quindi, che le frazioni riciclabili dei rifiuti urbani siano recuperate attraverso la
raccolta differenziata, che consente di raccogliere e raggruppare i RU in frazioni merceologiche
omogenee (carta, plastica, vetro, batterie e pile, ecc.) per il loro riciclaggio e per il recupero di
240

materie prime (dette, in questo caso: materie prime seconde) riducendo i quantitativi da avviare
allo smaltimento in discarica.
Si definisce Raccolta Differenziata (RD) la raccolta necessaria a raccogliere i rifiuti urbani in
frazioni merceologiche omogenee, compresa la frazione organica umida, destinata al riutilizzo,
al riciclaggio ed al recupero di materia prima. (D.Lgs 22/97).
Parlando di raccolta differenziata delle diverse frazioni merceologiche dei rifiuti che
quotidianamente vengono prodotte nelle case, negli esercizi pubblici, e nelle industrie, è
importante evidenziare che è entrato in vigore il decreto legislativo 151/2005 “Attuazione delle
direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2003/108/CE, relative alla riduzione dell'uso di sostanze
pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché' allo smaltimento dei rifiuti",
finalizzato non solo a ridurre la presenza di sostanze pericolose nelle apparecchiature, ma anche
a ridurre l’impatto ambientale generato dalla gestione non sempre corretta dei Rifiuti di
Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE); evitare, quindi, lo smaltimento scorretto di
vecchi elettrodomestici, computer, telefoni, fax , apparecchi radio, tv, ecc.
Il decreto prevede una specifica "campana" per raccogliere questo genere di rifiuti, restrizioni
sull'uso di determinate sostanze pericolose in queste apparecchiature, l'onere a carico dei
distributori, al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura destinata ad un nucleo
domestico, di ritirare gratuitamente i vecchi prodotti, il finanziamento delle operazioni di
trasporto, trattamento, recupero e smaltimento finale della spazzatura elettronica a carico dei
produttori. Inoltre, il decreto fissa l’obiettivo, entro il 31 dicembre 2008, di raccogliere in
maniera differenziata la spazzatura elettronica al fine di garantire il raggiungimento di un tasso
di raccolta pari almeno a 4 Kg in media per abitante l’anno ; tale obiettivo dovrà essere rispettato
anche dal Comune di Colleferro.
Nella stima della produzione complessiva di rifiuti urbani prodotti in un determinato territorio è
necessario prendere in considerazione separatamente i quantitativi di rifiuti urbani
indifferenziati, generalmente destinati allo smaltimento, e i rifiuti oggetto di raccolta
differenziata.
La prevenzione deve essere naturalmente affiancata da una politica di recupero e riutilizzo
massimo dei rifiuti, raggiungibile attraverso un efficace sistema di raccolta differenziata, perché
se i rifiuti vengono separati all’origine è più facile il loro riutilizzo in maniera economica e
sostenibile.
Il crescente problema della gestione dei rifiuti, i rilevanti costi sociali e gli impatti ambientali
legati al loro smaltimento hanno fatto sì che si individuasse nella raccolta differenziata il mezzo
migliore per poter, da una parte, recuperare i materiali riutilizzabili, che è assolutamente sprecato
cosiderare un rifiuto e, dall’altra, abbattere i costi per la loro eliminazione.
Per aumentare la differenziazione dei rifiuti le amministrazioni locali devono coinvolgere
attivamente la popolazione locale attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione,
rivolte soprattutto alle scuole, per far comprendere che la raccolta differenziata può essere una
componente fondamentale nella gestione complessiva dei rifiuti.
In realtà, per ottenere una corretta ed efficiente raccolta differenziata si dovrebbe assicurare la
suddivisione dei rifiuti in categorie omogenee facilmente recuperabili senza il bisogno di
ricorrere a sistemi impiantistici, ed evitando al massimo il ricorso a costosi trattamenti e al
conferimento in discarica.
La Regione Lazio ha approvato il Piano Regionale dei Rifiuti con deliberazione n. 112 del 10
luglio 2002, pubblicato sul B.U.R.L. n. 27 del 30 settembre 2002.
Con l’attuazione del Piano di gestione, la Regione Lazio si è posta i seguenti obiettivi:
- recuperare gran parte dei materiali riciclabili,
- raggiungere con rapidità l’obiettivo stabilito dal Decreto Ronchi,
- arrivare al 35% di raccolta differenziata, entro la fine del 2006;
241

- garantire metodiche di raccolta che consentano un effettivo recupero dei flussi intercettati.
Per perseguire quest’ultimo obiettivo il Piano della Regione Lazio propone di:
- aumentare la domiciliarizzazione del servizio di raccolta per agevolare il conferimento da
parte dei cittadini e delle utenze non domestiche;
- creare un servizio specifico dedicato a particolari utenze (commercianti, ristorazione,
mercati, attività produttive, ecc);
- organizzare un servizio specifico dedicato a particolari ambiti territoriali caratterizzati da
intensi flussi turistici;
- organizzare il servizio di raccolta specifico per tipologia di rifiuto,
- promuovere una intensa attività di informazione e sensibilizzazione dei cittadini e dei diversi
operatori,
- realizzare l’impiantistica di supporto (ecocentri, impianti di valorizzazione, ecc.).
Gli ATO
Il Decreto Ronchi stabilisce che per la corretta gestione dei Rifiuti Solidi Urbani, vengano
definiti gli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) coincidenti con i territori provinciali.
All’interno degli ATO deve essere garantita:
- la gestione unitaria e coordinata del sistema integrato di smaltimento dei rifiuti;
- l’autosufficienza rispetto allo smaltimento, cioè gli ATO devono essere in grado di trattare
tutti i rifiuti prodotti all’interno del proprio comprensorio e non devono né accettare né
esportare rifiuti dal proprio ambito, ad eccezione dei rifiuti da avviare al riciclaggio e al
recupero;
- pari condizioni per tutti i Comuni che fanno parte dello stesso ATO.
L’articolo 5 dello stesso decreto, inoltre, prevede che lo smaltimento dei rifiuti sia attuato
ricorrendo ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, che tenga conto delle
tecnologie più perfezionate a disposizione e che non comportino costi eccessivi.
Secondo quanto stabilito dal D.Lgs 22/97, i territori provinciali devono essere strutturati in
maniera tale che i Comuni possano realizzare e gestire (o affidare ad un Soggetto gestore unico)
tutte le attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati.
Secondo quanto stabilito nel “Piano Provinciale per l’organizzazione dei servizi di gestione dei
rifiuti solidi urbani e assimilabili”, Colleferro rientra all’interno dell’ATO 2 (Fig. 2.9.1) e del
Bacino o Sub-ambito IV Area Colli Albani versante orientale e Valle del Sacco che ha un bacino
di utenza pari a 277.276 abitanti (dati ISTAT 1999).
242

Fig 2.9.1 - Sub- ambito IV-Area Colli Albani e Valle del Sacco
Fonte -www.consorziogaia.it
Le discariche
Per quanto riguarda le discariche, vale ricordare che il terzo obiettivo del VI Programma di
azione per l’ambiente (Decisione 2002/1600/CE del Parlamento europeo e del Consiglio)
prevede la diminuzione dei rifiuti conferiti in discarica.
Le notevoli problematiche e gli impatti ambientali e sociali legati allo smaltimento dei rifiuti in
discarica hanno portato negli ultimi anni la normativa comunitaria e nazionale a rivedere le fasi
gestionali e di trattamento dei rifiuti puntando alla graduale diminuzione dei rifiuti conferiti in
discarica e ad incentivare l’utilizzo di impianti di incenerimento e di recupero del rifiuto.
Non solo, quindi, è necessario ricorrere a metodi di smaltimento alternativi alla discarica ma è
necessario coinvolgere i cittadini per ridurre drasticamente i quantitativi dei rifiuti prodotti.
Per raggiungere tale obiettivo prioritario nella corretta gestione dei rifiuti, il D. Lgs 13 gennaio
2003 n. 36 (attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti) invita a
ridurre il conferimento dei rifiuti in discarica a livello di singolo Ambito Territoriale Ottimale
(ATO):
- entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto i rifiuti urbani biodegradabili
devono essere inferiori a 173 kg/anno per abitante;
- entro otto anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto i rifiuti urbani
biodegradabili devono essere inferiori a 115 kg/anno per abitante;
- entro quindici anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto i rifiuti urbani
biodegradabili devono essere inferiori a 81 kg/anno per abitante.
Stabilisce inoltre le categorie di rifiuti che possono essere smaltiti in discarica, secondo le
seguenti tipologie:
- Discarica per rifiuti inerti, dove conferiscono i rifiuti solidi che non subiscono alcuna
trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si dissolvono, non
bruciano, né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in
caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare
inquinamento ambientale o danno alla salute umana.
- Discarica per rifiuti non pericolosi: ove possono essere ammessi i rifiuti solidi urbani (quelli
conferiti quotidianamente dai cittadini nei cassonetti) e i rifiuti non pericolosi di qualsiasi
altra origine.
243

Discarica per rifiuti pericolosi: ove possono essere ammessi i rifiuti pericolosi stabili e non
reattivi (secondo i criteri previsti dal DM 13 marzo 2003).
Inoltre, al momento attuale, i costi di smaltimento in discarica sono essere troppo bassi rispetto ai
costi di altre forme di smaltimento (come ad esempio il recupero) e tale situazione determina, di
fatto, il ricorso ancora diffusa tale forma di gestione.
Lo smaltimento in discarica, secondo quanto definito anche nel Piano di gestione della Regione
Lazio, deve essere considerato una fase esclusivamente residuale e finale della gestione dei
rifiuti, poiché il conferimento in discarica comporta notevoli impatti ambientali, sociali e
problemi igienico-sanitari quali la contaminazione del suolo e della falda idrica, l’inquinamento
odorigeno, visivo e atmosferico e l’occupazione di una superficie territoriale che potrebbe essere
destinata ad altre infrastrutture utili alla collettività (verde pubblico, scuole, ospedali, ecc). In
altre parole, l’uso della discarica deve essere l’ultima alternativa possibile per smaltire ciò che
proprio non può essere né recuperato né utilizzato per produrre energia.
Il problema dello smaltimento dei rifiuti nel nostro Paese si è notevolmente aggravato,
soprattutto nell'ultimo decennio, a causa del notevole aumento dei rifiuti dovuto all'avvento di
prodotti monouso e al sempre maggiore utilizzo di imballaggi.
E’ auspicabile che il divieto di smaltire in discarica, a partire dal 1 gennaio 2007, i rifiuti con
potere calorifico superiore a 1300 kJ/kg riesca a determinare, finalmente, una inversione di
tendenza.
244

2.9.2 Produzione di Rifiuti Urbani (RU)
Le quantità totali e pro capite di Rifiuti Urbani (RU) prodotti nel territorio comunale, che
comprendono diverse tipologie di rifiuti pericolosi e non, prodotti e raccolti quotidianamente dai
cittadini nelle proprie abitazioni, nei negozi, nei ristoranti, dallo spazzamento delle strade e dalla
pulizia delle aree verdi e dei giardini pubblici, hanno subito un netto incremento nel periodo
2001 –2004, passando da 10.371 t a 12.106 t (Fig. 2.9.2).
Fig.2.9.2 - Produzione totale e pro capite annua di RU nel Comune di Colleferro dal 2001 al 2004
t
12.500
12.000
11.500
11.000
10.500
10.000
Fonte - Comune di Colleferro
2001 2002 2003 2004
RU totali RU pro capite
kg/ab
Se si confrontano questi dati con quelli relativi alla produzione provinciale, totale e procapite, di
RU nell’anno 2003, equivalente a 2.288.993 t e 615 kg/ab.*anno, emerge chiaramente che nella
Provincia di Roma, il Comune di Colleferro produce lo 0,51% di RU totali, con una produzione
per abitante inferiore rispetto alla media provinciale. A tal proprosito è necessario sottolineare
che la Provincia di Roma si caratterizza per una produzione pro capite molto elevata, superiore a
quella media nazionale; ciò risente della componente legata al turismo, principalmente
concentrato nella città di Roma.
Tra i quantitativi totali di RU prodotti sul territorio comunale è necessario evidenziare le quantità
di rifiuti urbani indifferenziati, pari rispettivamente a 9.633,1 t nel 2003 e 10.236,9 t nel 2004.
600
550
500
450
400
350
300
245

2.9.3 Raccolta Differenziata (RD)
La Raccolta Differenziata (RD), consente di raccogliere le frazioni recuperabili e riciclabili dei
rifiuti urbani e di ridurre il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento in discarica.
A livello nazionale non esiste una classificazione chiara e definitiva delle tipologie di rifiuti da
differenziare, a causa dei diversi livelli di disaggregazione delle frazioni merceologiche dei
rifiuti stessi. Alla definizione di queste categorie di rifiuti si aggiunge la voce “altro” che può
raggruppare in sé differenti tipologie di rifiuti da avviare al recupero.
Come già accennato, per incentivare la raccolta differenziata, considerata ancora erroneamente
come un “circuito” secondario ed indipendente rispetto al sistema integrato di gestione dei rifiuti,
il Decreto Ronchi (art. 24) avere fissato come obiettivi dei livelli minimi di RD, pari al 25%
entro il 31 dicembre 2002 e al 35% entro il 31 dicembre 2003, quest’ultimo prolungato fino
all’anno 2006. Il mancato raggiungimento nel 2006 dell’obiettivo “35% di RD”, come successo
nel 2003 per la Provincia di Roma e per i suoi comuni, comporterà sia l’applicazione di una
ecotassa per il deposito in discarica, sia l’eccessivo impatto ambientale derivante dallo
smaltimento nella stessa.
Nel Comune di Colleferro la RD dei rifiuti urbani viene effettuata da circa quattro anni. Nello
specifico sono state attrezzate le infrastrutture per recuperare carta e cartone, vetro, batterie e
pile, farmaci scaduti, apparecchiature elettroniche, apparecchiature fuori uso contenenti CFC
(clorofluorocarburi).
Dal 2003 al 2004 sul territorio comunale la quantità di rifiuti complessivamente raccolta in
maniera differenziata, anziché aumentare è diminuita, passando da un totale di 2.065,9 tonnellate
nel 2003, a 1.869,1 tonnellate.
Nella Tab. 2.9.2 sono riportate le quantità, espresse in tonnellate, dei rifiuti raccolti in maniera
differenziata a Colleferro nel 2003 e 2004.
Tab. 2.9.2 - Rifiuti differenziati (t) suddivisi per componente merceologica nel 2003 e 2004
Frazione merceologica 2003 2004
Carta e cartone 130,7 207,1
Plastica 11,6 17,1
Vetro 110,1 122,7
Metalli 0,211 0,717
Apparecchiature fuori uso
0,035 n.d
contenenti CFC
Ingombranti 1.811,9 1.520,2
Medicinali citotossici e citostatici 0,816 0,900
Batterie e pile
Apparecchiature elettriche ed
0,545 0,430
elettroniche fuori uso contenenti 0,065 n.d
sostanze pericolose
Totale RD 2065,9 1869,1
n.d: nessun dato
Fonte - Comune di Colleferro
Se si rapportano i dati riportati nella Tab. 2.9.1, relativi alla quantità di RU prodotti negli anni
2003 e 2004, con quelli della Tab. 2.9.2 sulla RD negli stessi anni, si evidenzia che la quantità di
246

ifiuti differenziati è stata pari solamente al 17% nel 2003 e al 15% nel 2004, entrambi valori
nettamente distanti dall’obiettivo del 35% fissato dal Decreto Ronchi pari (Fig. 2.9.3).
Fig.2.9.3 – Confronto tra le percentuali di RU indifferenziati, di RD e l’obiettivo stabilito dal Decreto Ronchi (D.
lgs 22/97) - 2003 e 2004.
100%
75%
50%
25%
0%
82,30%
17,00%
35,00%
Fonte - Elaborazione da dati MUD- Comune di Colleferro
84,60%
15,00%
2003 2004
% RU indiff. % RD Ob. Ronchi
35,00%
247

2.9.4 Influenza del Comune nell’autosufficienza gestionale a livello di ATO
L’impiantistica per lo smaltimento e il recupero dei rifiuti presente nel Comune di Colleferro
contribuisce all’autosufficienza dell’ATO 2; nella discarica di Colle Fagiolara, infatti, vengono
totalmente smaltiti i rifiuti urbani indifferenziati prodotti dal Comune, che non trovano quindi
collocazione in impianti di smaltimento ubicati al di fuori sia del territorio comunale che di
quello provinciale e regionale.
Inoltre il termovalorizzatore accoglie il Cdr prodotto anche da altri impianti di selezione e
trattamento presenti nella Regione Lazio, tra i quali quello di Albano Laziale rientrante
all’interno dell’ATO 4 (Area Colli Albani versante orientale e Valle del Sacco).
Un altro elemento fondamentale che contribuisce all’autosufficienza di un ATO è dato
dall’analisi delle modalità di gestione degli impianti di smaltimento e, in generale, del servizio di
gestione integrata dei rifiuti.
A tal proposito devono essere istituite, nelle forme previste dal D.Lgs 267/2000 (“Testo unico
delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”), le aree di raccolta, che rappresentano forme di
aggregazione territoriale minime pianificate a livello provinciale, costituite da un certo numero
di Comuni facenti parte dello stesso ATO e finalizzate alla predisposizione di sistemi gestionali
comuni per la raccolta, trasporto e conferimento presso gli impianti di smaltimento/recupero.
Il Consorzio Gaia, nato inizialmente dall’adesione di nove comuni della Provincia di Roma, si
occupa del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani in 30 Comuni del Lazio nelle province
di Frosinone e Roma tra cui anche Colleferro (Fonte: www.consorziogaia.it)
248

2.9.5 Rifiuti urbani smaltiti in discarica
Prima di entrare nello specifico delle quantità smaltite dal Comune di Colleferro, si evidenzia
che, se si confronta il dato relativo alla quantità di rifiuti urbani smaltiti in discarica a livello
provinciale (anno 2003), con quello della Regione Lazio, nella quale il conferimento in discarica
rappresenta ancora la forma dominante di gestione dei rifiuti, si vede che in Provincia di Roma la
quantità smaltita è pari al 77,84% del dato regionale. Questo dato è giustificato dal fatto che
nella Provincia di Roma sono presenti sei discariche, nelle quali durante il 2003 sono stati
smaltiti complessivamente 2.116.420 tonnellate.
Nel grafico seguente (Fig. 2.9.4) si riportano le quantità di rifiuti urbani smaltiti nel 2003 nelle
sei discariche presenti nella Provincia di Roma.
Fig. 2.9.4 - Quantità (t) di rifiuti urbani smaltiti nelle discariche della Provincia di Roma- Anno 2003
ton/anno
2.000.000
1.500.000
1.000.000
500.000
0
Albano Laziale
119.248 115.777 30.454
Bracciano
Civitavecchia
Colleferro
150.554 157.239
Guidonia Montecelio
Fonte - Rapporto rifiuti 2004- Volume I-Rifiuti urbani.APAT e ONR
1.543.148
Come emerge chiaramente dalla figura i maggiori quantitativi sono stati smaltiti nella discarica
di Roma, mentre quelli minori a Civitavecchia; Colleferro è al terzo posto, con una quantità di
rifiuti urbani smaltiti in discarica pari al 7,11% del dato provinciale.
Per quanto riguarda i rifiuti prodotti nel Comune di Colleferro le quantità di rifiuti urbani
indifferenziati smaltiti nella discarica comunale sono stati negli anni 2003 e 2004 pari
rispettivamente a 9.633,8 t e 10.236,9 t; valori corrispondenti a circa il 7% delle quantità smaltite
nella discarica stessa.
Roma
249

Fig. 2.9.5 - Percentuale dei rifiuti smaltiti in discarica rispetto alla Provincia di Roma
93%
7%
Colleferro
Discarica ATO2
Fonte - Rapporto rifiuti 2004- Volume I-Rifiuti urbani.APAT e ONR
250

2.9.6 Infrastrutture presenti per la gestione rifiuti
Discarica di Colle Fagiolara
Nel Comune di Colleferro lo smaltimento dei rifiuti urbani, considerato come la fase residuale
dell’intera gestione integrata dei rifiuti, avviene, da più di dieci anni, presso la discarica
comunale ubicata in Loc. Colle Fagiolara (lungo la Via Palianese, Fig. 2.9.6), che accoglie i
Rifiuti Solidi Urbani (RSU) ed assimilati di 32 Comuni dell’area Valle del Sacco e Castelli
Romani (Tab. 2.9.3).
Si tratta infatti di una discarica “per rifiuti non pericolosi” secondo la recente riclassificazione
delle categorie delle discariche contenuta nel D.lgs 13 gennaio 2003 n.36 (precedentemente
classificata come discarica di 1 a categoria in base alla Delibera del Comitato Interministeriale
27/07/84), la cui chiusura, per esaurimento, è prevista per l’anno 2006.
In attesa della costruzione dell’impianto di trattamento, selezione e produzione di Cdr nel
Comune di Valmontone (si rimanda al paragrafo 2.9.7), si è deciso di realizzare un impianto di
ottimizzazione dei rifiuti all’interno della discarica che prevede il trattamento della frazione
secca con produzione di Cdr, che comporterà la riduzione, del 35-40%, del volume dei rifiuti
conferiti e interrati, in particolar modo plastiche e combustibili (Fonte: Documento preliminare
di indirizzo- Comune di Colleferro- luglio 2005).
Verrà, inoltre, ottimizzata anche la produzione di biogas; quella di Colle Fagiolara, infatti, è una
discarica controllata nella quale viene realizzato un metodo di smaltimento che prevede lo
stoccaggio programmato e controllato dei rifiuti per strati sovrapposti, allo scopo di facilitare la
fermentazione della materia organica per la formazione di biogas la cui combustione, dal 2004,
viene utilizzata per produrre energia elettrica.
La decomposizione della materia organica può avvenire attraverso due processi: la
fermentazione in presenza di ossigeno (f. aerobica) e quella in assenza di ossigeno (f.
anaerobica); ques’ultima produce una miscela di gas combustibile, grazie alla presenza di
microrganismi, simili a quelli presenti nei digestori di fanghi provenienti dai depuratori, in grado
di trasformare in metano le sostanze organiche presenti nei rifiuti.
I rifiuti che possiedono una velocità di biodegradazione maggiore sono quelli alimentari, i fanghi
di depurazione delle acque reflue, il verde proveniente dalla pulizia delle aree verdi, le carte, i
cartoni, il legno e i tessili.
Tab. 2.9.3 - Caratteristiche della discarica di Colle Fagiolara
Superficie deposito 106.000 m 2
Profondità Invaso dal Livello Terreno 1 mt
Altezza Fuori terra dal deposito 14 mt
Percentuale di Copertura deposito (%) 20
Peso specifico Medio RSU 0,8 (T/mc)
Volume totale deposito 1.272.000 mc
Capacità totale deposito 971.760 T
Permeabilità del terreno 0 cm/s
Fonte: Sistema di captazione e riutilizzo del biogas- Gaia interventi ambientali
251

Fig. 2.9.6 - Discarica di Colle fagiolata
La quantità totale di rifiuti urbani complessivamente smaltita dai Comuni e conferita presso la
discarica di Colleferro, è aumentata nel passaggio dal 2002 al 2003, per poi tornare nel 2004 ai
livelli del 2002, mentre la quantità dei fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane è
notevolmente aumentata nel 2004 (Fig. 2.9.7).
Fig.2.9.7 - Quantità (ton) di rifiuti urbani e di fanghi di depurazione delle acque reflue smaltite presso la Discarica
di Colle Fagiolara- Anno 2003 e 2004
ton
200.000
150.000
100.000
50.000
0
149.890
2.042
169.322
2.043
150.554
2002 2003 2004
RU Fanghi depurazione
Fonte: Comune di Colleferro- Consorzio Gaia
7.366
Impianto di recupero: termovalorizzatore di Colleferro
Nel ciclo integrato dei rifiuti il recupero di energia dal rifiuto (D.lgs 387/2003 di recepimento
della Direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili) è
possibile grazie al processo di termovalorizzazione, che consente di sfruttare il rifiuto prodotto
per produrre energia elettrica con i seguenti vantaggi:
- ridurre i materiali da conferire alla discarica;
- ridurre le emissioni globali di anidride carbonica (ricordiamo che una parte del materiale
costituente il Cdr, come i prodotti cellulosici in generale e una parte dei tessili ed il legno,
hanno una provenienza “naturale”, e quindi a bilancio nullo di CO2).
252

- possibilità di utilizzare a scopi energetici un combustibile autoprodotto e quindi una ridotta
importazione di combustibili fossili che, come noto, sono nella loro quasi totalità acquistati
all’estero.
- possibilità di contenere i costi del sistema di gestione dei rifiuti attraverso gli introiti
derivanti dalla vendita dell’energia prodotta
Per garantire il funzionamento di un termovalorizzatore è necessario che il Rifiuto Urbano (RU),
definito "rifiuto tal quale" e conferito nel contenitore dell’indifferenziato, venga trasferito presso
gli impianti di selezione nei quali i rifiuti, dopo diverse operazioni meccaniche di triturazione e
vagliatura (in relazione al peso specifico e alle dimensioni) vengono suddivisi in tre componenti
principali (in percentuali variabili in base alla tipologia impiantistica e alla composizione
merceologica del rifiuto d’origine):
- frazione umida o organica (20-30%)
- frazione secca combustibile (30–35%)
- sovvallo (15-25%): componente di scarto conferito direttamente in discarica.
La frazione organica, successivamente stabilizzata (FOS) è normalmente utilizzata per copertura
di discariche, ma questa pur non avendo utilizzi agronomici, potrebbe essere utilizzata per
ripristini ambientali di cave ed aree degradate (Fonte: APAT).
La frazione secca, non utilizzabile in altro modo, attraverso un successivo processo di
affinamento e riduzione in piccoli pezzi (pellettizzazione) costituisce il Combustibile da rifiuto o
Cdr (identificato dal D.L 5 febbraio 1998) ad elevato potere calorifico (circa 15.000 Kj/kg), da
avviare all’impianto di termovalorizzazione, che consente da una parte il riutilizzo del rifiuto e il
suo massimo sfruttamento, evitando il conferimento in discarica, e dall’altra la produzione di
energia elettrica.
Il termovalorizzatore di Colleferro (in Loc. Colle Sughero) si inserisce nella programmazione
territoriale di gestione dei rifiuti che individuava la localizzazione di un impianto di
termovalorizzazione nel territorio di Colleferro anche in seguito all’Accordo di programma
firmato nel novembre 1998 tra la Regione Lazio, la Provincia di Roma, il Comune di Colleferro,
il Comune di Valmontone e il Consorzio GAIA.
Nel Lazio esiste già un impianto di termovalorizzazione localizzato in Provincia di Frosinone
(Comune di S. Vittore), il quale, insieme a quello di Colleferro, rappresenta la prima esperienza
regionale. Presso il termovalorizzatore di Colleferro giunge il Cdr proveniente dagli impianti di
produzione e selezione della Regione Lazio, della Regione Toscana e in misura minore anche
dalla Campania. Purtroppo, mancando a Colleferro un impianto di produzione di Cdr, i rifiuti
prodotti nel Comune non possono contribuire al funzionamento del termovalorizzatore, ma
finiscono tal quali in discarica.
Le due linee di produzione del termovalorizzatore di Colleferro 4 , di proprietà del Consorzio
Gaia, sono gestite attaverso due strutture operative, Mobilservice Srl ed E.P. Sistemi Srl; la
tecnologia di combustione utilizzata è quella della griglia raffreddata ad acqua, sistema ad oggi
largamente testato in numerosissime applicazioni, sia in Italia sia all’estero.
La Fig. 2.9.7 illustra schematicamente il percorso del Cdr all’interno del termovalorizzatore,
dall’arrivo presso l’impianto fino alla produzione di energia elettrica, regolarmente ceduta
all’Enel e immessa nella rete di distribuzione nazionale.
4 Autorizzato in “procedura semplificata” come previsto dalla legge Ronchi e dal Decreto del Ministero
dell’Ambiente del 5 febbraio 1998. Tale procedura autorizzativa comporta l’ottenimento in maniera semplificata
della licenza edilizia, di competenza del Comune nel cui territorio viene realizzato l’impianto, e del permesso alle
emissioni in atmosfera, rilasciato invece dal Ministero dell’Industria, sentito il parere dei Ministeri dell’Ambiente e
della Sanità, della Provincia e della Regione (Fonte:www.consorziogaia.it).
253

Fig. 2.9.7 - Sequenza di trattamento dei rifiuti in un termovalorizzatore
Fonte - www.consorziogaia.it
254

Fasi di lavorazione del Cdr in un termovalorizzatore
Ingresso del Cdr nell’impianto (1)
Il Cdr conferito all'impianto viene scaricato in una vasca dalla quale un sistema di aspirazione impedisce l'uscita di
cattivi odori. Il Cdr viene quindi depositato da una gru sul forno a griglia mobile, dove inizia la combustione.
Combustione del Cdr (2)
Il Cdr viene rivoltato in continuazione sulla griglia in movimento, mentre una corrente d'aria forzata tiene viva la
combustione.
Estrazione delle scorie (3)
Le sostanze più pesanti che "resistono" alla combustione (ad esempio i minerali come il ferro e l'acciaio), cadono in
una vasca piena di acqua, posta al di sotto della griglia. Una volta raffreddate, vengono estratte ed inviate in
discariche normali.
Produzione di vapore (4)
I fumi caldi generati dalla combustione portano in ebollizione una caldaia che produce vapore.
Energia (5)
Il vapore prodotto nella caldaia viene trasformato in energia elettrica, per mezzo di una turbina, e quindi immessa
nella rete elettrica nazionale.
Trattamento dei fumi (6)
I fumi, dopo aver ceduto parte del proprio calore per la generazione del vapore, vengono convogliati in un sistema di
trattamento a più stadi che sottrae loro le ceneri volanti e riduce le altre sostanze in esse contenute.
Inertizzazzione (7)
Le ceneri volanti prodotte dalla combustione vengono inviate all'inertizzatore che, mescolandole a cemento ed
acqua, ne modifica la composizione chimica. Le ceneri vengono cosi trasformate in materiale solido inerte,
trasportato nelle normali discariche.
Controllo delle emissioni (S1)
L'impianto non ha emissioni liquide di processo. Le principali emissioni gassose sono costantemente controllate e
regolate automaticamente. Eventuali scostamenti dai valori consentiti sono immediatamente segnalati da allarmi che
portano alla fermata parziale o totale dell'impianto.
Riduzione delle sostanze inquinanti (S2)
Le sostanze inquinanti vengono ridotte già in fase di combustione, con l'ausilio di un sistema computerizzato:
mediante il controllo di temperatura e aria di combustione, si contiene la formazione di ossido di carbonio e altri
incombusti ed immettendo una sostanza chimica (urea) si abbatte il livello degli ossidi di azoto. L'abbattimento
finale avviene nel sistema di trattamento dei fumi che, eliminando ulteriormente le sostanze pericolose ancora in
esso presenti, permette di immettere nell'atmosfera, attraverso il camino, fumi nei quali gli inquinanti sono ridotti al
minimo, con valori ampiamente al di sotto dei limiti della legge.
Fonte – www.consorsiogaia.it
La prima linea dell’impianto di termovalorizzazione è operativa dal gennaio 2003, mentre la
seconda linea è attiva dal giugno 2003. Sempre nello stesso anno le due linee dell’impianto sono
state interessate da un flusso di Cdr pari a poco più di 100.000 t, con circa 20.000 t di inerti
prodotti.
Nel complesso, sono stati prodotti quasi 100.000 MWh di energia elettrica, dei quali circa il 10%
è stato utilizzato per esigenze interne all’impianto. Nelle Tab. 2.9.4 e 2.9.5 si riportano i dati
tecnici (valori medi) dell’impianto di termovalorizzazione di Colleferro e le quantità di Cdr
smaltite, inerti prodotti ed energia elettrica recuperata.
255

Tab. 2.9.4 - Caratteristiche tecniche del termovalorizzatore di Colleferro
Ragione sociale Tecnologia Linee Sistema di trattamento fumi
DeNOx non catalitico (SNCR) con aggiunta di
urea additivata (carbamina);
Mobil Service srl Griglia 1
Reattore a semisecco per gas acidi e diossine con
latte di calce e carboni attivi (la soluzione di
CaO viene iniettata tramite atomizzatori), Filtro
a maniche;
DeNOx non catalitico (SNCR) con aggiunta di
urea additivata (carbamina);
EP- Sistemi Srl Griglia 1
Reattore a semisecco per gas acidi e diossine con
latte di calce e carboni attivi (la soluzione di
CaO viene iniettata tramite atomizzatori), Filtro
a maniche;
Fonte - RSA Regione Lazio- Anno 2004
Tab. 2.9.5 - Quantità di Cdr smaltite, inerti prodotti ed energia elettrica recuperata- Anno 2003
Linea 1
Mobil Service srl
Linea 2
EP-Sistemi S.r.l.
Flusso di recupero Cdr (t/anno) 73.924 27.859
Inerti prodotti (t/anno) 13.555 5,422
Ceneri contenenti sostanze pericolose 3.483 1.688
Ceneri pesanti e scorie 10.072 3.734
Energia elettrica recuperata (MWh/anno) 66.639 31.815
Font - RSA del Lazio- Anno 2004
I rifiuti prodotti nel termovalorizzatore (oli, imballaggi, rifiuti liquidi acquosi prodotti dal
trattamento dei fumi, ceneri e fanghi delle fosse settiche) vengono destinati ad impianti di
recupero e trattamento localizzati soprattutto in Provincia di Frosinone (Ferentino e Ceccano) di
Viterbo (Civita Castellana) e in altre regioni italiane (Veneto, Lombardia).
Attrezzature di servizio per la raccolta dei RD
A Colleferro il servizio di raccolta stradale dei rifiuti differenziati, svolto dal Consorzio G.A.I.A
S.p.a, avviene attraverso il conferimento degli stessi negli appositi cassonetti.
Nella Tab. 2.9.6 viene riportato il numero di cassonetti presenti sul territorio comunale suddivisi
per tipologia di rifiuto da differenziare, per un totale di 340 contenitori.
256

Tab. 2.9.6 - Numero e capacità volumetrica dei cassonetti presenti sul territorio comunale suddivisi per frazione
merceologica.
Tipologia contenitori Capacità (l)
Numero
contenitori
Campane carta 2000 52
Campane vetro 2000 66
Campane plastica 2000 45
Campane metallo 2000 4
Bidoncini carta - scuole 240 70
Bidoncini vetro - bar, pub,
240 85
ristoranti
Contenitori pile esauste 50 10
Contenitori farmaci scaduti 50 8
Totale 340
Fonte - Comune di Colleferro
Oltre alla presenza di “bidoncini” per la raccolta della carta presso le scuole, il Consorzio Gaia
su iniziativa dell’Amministrazione Comunale ha avviato un servizio di raccolta domiciliare di
rifiuti cellulosici e del vetro presso gli esercizi commerciali (bar, pub, ristoranti, ecc.) e per le
utenze urbane nei centri storici; il servizio a domicilio, garantito per circa 81 punti sull’intero
territorio comunale, è finalizzato ad assicurare la raccolta differenziata per i maggiori produttori
di tali categorie di rifiuti il cui recupero incide positivamente sul ciclo di gestione dei rifiuti
(Fonte - Comune di Colleferro e “La Provincia” “Raccolta differenziata negli esercizi pubblici” -
29 marzo 2005).
Tra le iniziative intraprese nell’ambito del sistema integrato di raccolta e smaltimento dei rifiuti,
previsto dal Piano di Gestione dei Rifiuti, è in programma la realizzazione di un ecocentro o
isola ecologica; a tal proposito il Consorzio Gaia ha presentato il progetto per la creazione
un’isola ecologica (superficie di circa 45.000 mq) presso località Valle Sette Due 5 , per il
conferimento dei rifiuti speciali privati e dei rifiuti ingombranti, cioè quei rifiuti solidi urbani che
non sono raccolti a domicilio o nei cassonetti stradali in modo regolare (Fonte: relazione Tecnica
del Progetto definitivo di un’isola ecologica per il Consorzio Gaia- Anno 2003).
Nell’isola ecologia verranno posti 11 contenitori scarrabili da 30 m 3 per contenere gli imballaggi
cellulosici, carta, ingombranti, plastica, legno, materiali ferrosi, beni durevoli, vetro alluminio,
inerti, sfalci e potature, che verranno pesati prima dell’ingresso nell’isola.
5 Secondo il P.R.G. vigente a Colleferro l’area oggetto dell’intervento è sottoposta a vincolo di rispetto dell’abitato
(N.T.A.- Art. 512) e rientra nel Piano Paesistico Regionale come zona vincolata ai sensi del R.D. 1775/37 – c- art
L.431/85 (vincolo idrogeologico).
257

2.9.7 Interventi per la valorizzazione del ciclo di gestione dei rifiuti
Tra gli interventi previsti per la valorizzazione e il recupero dei rifiuti prodotti notevole
importanza assume la realizzazione dell’impianto di selezione, trattamento e produzione di Cdr
nel Comune di Valmontone (Loc. Colle Novelli), e la definitiva chiusura della Discarica di Colle
Fagiolara, il cui esaurimento è previsto tra maggio e giugno del 2006 (Fonte del dato- Messa in
Sicurezza della Discarica- Attività e Costi- Consorzio Gaia-19 gennaio 2004). Nel 2004 è stata
sottoscritta una Dichiarazione di Intenti tra i Comuni di Valmontone, Colleferro e il Consorzio
Gaia, con il quale sono state confermate le azioni previste dall’Intesa di programma formulata tra
le stesse parti nel 1998 e sottoscritta anche dalla Provincia di Roma e la Regione Lazio (Tratto
da: Documento preliminare di indirizzo- Comune di Colleferro- luglio 2005). Al momento
attuale non si dispone di ulteriori informazioni in merito alla realizzazione dell’impianto di
Valmontone.
258

2.9.8 Attività di sensibilizzazione ed informazione
Il Consorzio Gaia e il Comune di Colleferro hanno presentato la propria candidatura al Bando
della Provincia di Roma (pubblicato in data 14/01/06) relativamente alla “progettazione e
realizzazione di servizi innovativi di Raccolta Differenziata dei rifiuti urbani”.
L’obiettivo del bando è quello di promuovere la raccolta dei rifiuti “porta a porta”, in
sostituzione di quella con contenitori stradali, con lo scopo di aumentare, anche oltre l’obiettivo
del 35% stabilito dal decreto Ronchi, la quantità di rifiuti raccolti in maniera differenziata.
Il progetto della Provincia di Roma, prevede la RD delle seguenti frazioni merceologiche:
Frazione Organica Umida, Imballaggi in plastica, in vetro e metallici. A tal proposito è’
importante evidenziare che, nel Comune di Colleferro il Consorzio Gaia già effettua la raccolta
domiciliare, presso le utenze commerciali, di carta, cartone e vetro e la raccolta domiciliare per
le utenze urbane nel centro.
A Colleferro il Consorzio Gaia si è occupata anche di attività di formazione e sensibilizzazione
nelle scuole attraverso le seguenti attività ed iniziative:
• domeniche ecologiche (Anno 2003-2004): durante le quali ai cittadini è stata data la
possibilità di portare i propri rifiuti da differenziare presso un’area di conferimento;
• Gaiabus per le scuole elementari e medie: un autobus informatizzato con circa dieci computer
fruibili da un numero massimo di trenta ragazzi e di uno schermo per la proiezione di filmati
sulle problematiche ambientali. Sono state inoltre condotte delle lezioni di educazione
ambientale sul camper per sensibilizzare ed informare i giovani sulla corretta gestione dei
rifiuti e sull’importanza dei riciclo e del recupero;
• manifesti per la raccolta differenziata: finalizzati a sensibilizzare ed informare la popolazione
locale sull’importanza di differenziare le diverse frazioni merceologiche dei rifiuti.
259

2.10 RISCHI NATURALI E ANTROPICI
Per Rischio si intende un pericolo che minaccia la sopravvivenza di qualcuno o qualcosa
(persone, animali, case, territori, ecc.), e la sua scala di grandezza è valutata sulla base dei danni
che può provocare e di quanto le persone e le cose siano esposte a quel determinato rischio; per
esempio una eruzione vulcanica o un terremoto diventano un rischio solo se il territorio esposto è
abitato o riveste una importanza culturale, sociale o strategica, in caso contrario il rischio non
esiste.
Il Rischio (R) quindi è dato dal rapporto fra la pericolosità (P), intesa come la probabilità che un
evento anomalo e potenzialmente catastrofico accada su un territorio, e la vulnerabilità (V) che
esprime la debolezza del sistema sociale e territoriale, intesa come carenza che gli elementi
sociali e territoriali possiedono nei confronti dell'evento ipotizzato (età, fragilità strutturale,…).
R = f ( P, V )
I naturali processi dinamici della terra danno luogo a fenomeni che determinano rischi naturali di
diversa intensità, come terremoti, eruzioni vulcaniche, esondazioni, frane, incendi provocati da
fulmini e autocombustioni, ecc.
La conoscenza dei processi dinamici ed evolutivi dei sistemi naturali è fondamentale per
l’elaborazione di politiche mirate alla salvaguardia della comunità e alla gestione oculata e
rispettosa del patrimonio naturale e delle risorse ad esso associate.
La definizione di rischio naturale non esclude, però, la responsabilità da parte dell’uomo
derivante dall’eccessivo sfruttamento e dal cattivo uso delle risorse naturali, e tanto meno non
esclude la possibilità di intervenire per limitarne gli effetti, spesso catastrofici.
A queste tipologie di rischio vanno aggiunti i cosiddetti rischi antropici legati a situazioni
artificiali, dovute ad iniziative e attività dell'uomo, che sottopongono la collettività a minacce di
inquinamento e a problemi generali di sicurezza; esempi di rischi antropici sono le fughe di
sostanze tossiche, le esplosioni di gas, gli incendi colposi o dolosi, i rischi connessi alla
produzione, all’impiego ed allo smaltimento di sostanze radioattive, tossiche, l’interruzione del
rifornimento idrico, l’interruzione gasdotti/oleodotti, il collasso di dighe, ecc.
Le attività svolte dall’uomo e lo sviluppo tecnologico, quindi, comportano spesso danni di
enorme portata che impattano, non solo sulla salute umana, ma anche sugli ecosistemi naturali
andando a comprometterne l’equilibrio e la conservazione.
In ogni caso, come per i rischi naturali, quelli direttamente connessi alle attività dell’uomo
devono essere previsti e prevenuti attraverso l’aumento della conoscenza, il monitoraggio, una
corretta pianificazione e progettazione, attraverso appropriati interventi di soccorso, ripristino e
risanamento.
Per i territori comunali la gestione dei rischi naturali e antropici è affidata a diverse istituzioni ed
organismi pubblici e privati; tra queste il Servizio Nazionale di Protezione Civile (istituito dalla
L. 24 febbraio 1992, n. 225) che svolge attività di: previsione, intese come studio e
determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, identificazione dei rischi ed individuazione
delle zone del territorio soggette ai rischi stessi, prevenzione, intese come attività volte a ridurre
al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi calamitosi, il soccorso
delle popolazioni colpite ed ogni altra attività necessaria a superare l'emergenza connessa ad
eventi naturali o relativi all'attività dell'uomo.
Il Corpo Forestale dello Stato invece, interviene nella difesa dell’ambiente svolgendo attività di
prevenzione e repressione di tutti quei reati che interessano l'ambiente: dall’attività di
antibracconaggio, illecito urbanistico, ipotesi di corruzione della pubblica amministrazione, fino
al controllo coordinato del territorio, con altre forze di polizia (Carabinieri, Guardia di Finanza,
Polizia, ecc.) e organizzazioni di volontariato, come nel caso di incendi boschivi o del
censimento dei siti inquinati.
260

2.10.1 Rischio sismico
Per Rischio sismico si indica la stima delle perdite complessive causate da un terremoto che
potranno interessare un determinata zona in un limitato arco temporale; il rischio sismico infatti
è dato dalla combinazione tra: la probabilità che in un certo intervallo di tempo una determinata
zona sia interessata da forti terremoti che possono produrre danni (pericolosità sismica
dell'area), il grado di resistenza delle opere umane a sopportare il terremoto (vulnerabilità), ed
infine quante persone vivono e sono esposte al terremoto (l’esposizione).
Se per il rischio vulcanico, infatti, si possono ipotizzare, almeno con una certa approssimazione,
il momento e il tipo di eruzione, per un terremoto il discorso è molto diverso, perché anche
conoscendo l’esistenza e la posizione di una faglia attiva, non esistono certezze né sul luogo
esatto in cui si verificherà il sisma, né sul momento, né sulla sua possibile intensità.
Il movimento delle numerose placche tettoniche su cui si estende la penisola italiana genera
periodicamente delle scosse sismiche di diverse intensità; le aree caratterizzate da bassa sismicità
sono rare nel territorio italiano, visto che esso rientra per intero nella fascia dei sistemi
orogenetici recenti.
Se per i vulcani si possono ipotizzare, almeno con una certa approssimazione, il momento e il
tipo di eruzione, per la previsione sismica il discorso è molto diverso. Anche conoscendo
l’esistenza e la posizione di una faglia attiva, non esistono certezze né sul luogo esatto in cui si
verificherà il sisma, né sul momento o sulla sua possibile intensità. Di conseguenza,
l'impossibilità di prevedere i terremoti determina, ancor più che per gli altri rischi, la necessità di
un'accurata ed estesa opera di prevenzione.
La Regione Lazio si sviluppa lungo fasce a caratteristiche sismiche uniformi, allungate in
direzione NW-SE, lungo le quali la sismicità si distribuisce in modo omogeneo e crescente dalla
costa verso la catena appenninica.
Il territorio di Colleferro sorge in prossimità del Vulcano Laziale, caratterizzato da eventi sismici
di media intensità (VIII° MCS/MSK) e molto frequenti; infatti sulla base della riclassificazione
sismica contenuta nell‘Ordinanza 1 n. 3274 del 20 03 2003 (“Primi elementi in materia di criteri
generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e normative tecniche per le
costruzioni in zona sismica”), il Comune di Colleferro rientra all’interno della Zona 2,
corrispondente ad un grado di sismicità medio (Fig. 2.10.1).
1 E' stata pubblicata sulla G.U. del 10 maggio 2005 l'Ordinanza 3431, che apporta modifiche ed integrazioni alla
precedente Ordinanza 3274 del 2003 e ne proroga di ulteriori 3 mesi il periodo sperimentale di applicazione.
L'entrata in vigore a carattere vincolante delle nuove norme sismiche è traslato quindi al 8 agosto 2005. Subiscono
variazioni gli allegati tecnici che definiscono le disposizioni normative per gli edifici e i ponti. Il nuovo testo
conferma lo schema generale della 3274 anche se presenta alcune modifiche e correzioni di dettaglio, peraltro già
contenute nelle bozze da tempo in circolazione.
261

Fig. 2.10.1 - Riclassificazione sismica della Regione Lazio secondo l’OPCM n.3274 del 20- 03 –2003
Fonte - www.regione.lazio.it
Colleferro
L’ultimo evento sismico avvertito nel Comune di Colleferro è stato quello registrato il 4 Ottobre
2005 con epicentro in corrispondenza dei Monti Lepini, ad una distanza da Colleferro di circa 12
km (Fig. 2.10.2); la scossa sismica di magnitudo 2.7, equivalente al II-III 2 grado della scala
Mercalli, non ha provocato danni agli edifici e alle persone, avendo avuto un grado di intensità
percepibile solo dai sismografi o da poche persone in quiete e ubicate ai piani superiori delle
abitazioni.
2 Il I grado della scala Mercalli corrisponde ad una scossa avvertita solo dai sismografi, mentre il II grado
corrisponde ad una scossa leggerissima, avvertita solo da poche persone in quiete e con oscillazione degli oggetti
sospesi.
262

Fig. 2.10.2 – Localizzazione dell’epicentro dell’evento sismico del 4 ottobre 2005
Fonte – www.ingv.it
A tal proposito è da evidenziare che l’Istituto di Geofisica e Vulcanologia invia regolarmente dei
questionari per la rilevazione dei terremoti sui territorio comunale, che vengono compilati da
parte dell’Amministrazione pubblica e rinviati all’Istituto per il censimento ed il monitoraggio
degli eventi sismici sul territorio nazionale.
263

2.10.2 Radon
Il radon è un elemento chimico naturale, radioattivo, incolore, inodore ed insapore; viene
prodotto per "decadimento nucleare" dal radio generato a sua volta dal decadimento dell’uranio.
Questi elementi sono presenti in quantità variabile in tutta la crosta terrestre e, quindi, anche nei
materiali da costruzione quali cementi, tufi, laterizi, pozzolane, graniti, ecc. I materiali di origine
vulcanica sono quelli che presentano le maggiori concentrazioni 3 di Radon, che possono variare
in base al complesso vulcanico di provenienza, alla struttura e alla loro composizione; anche
l’acqua, e quindi le falde acquifere, possono contenere concentrazioni più o meno elevate di
radon.
In concentrazioni elevate il radon costituisce un rischio per la salute umana diventando,
soprattutto se presente in luoghi chiusi ed abitati (case, scuole, luoghi di lavoro) particolarmente
cancerogeno. Il radon, una volta in atmosfera si trasforma in altri componenti, detti “figli del
Radon” (o isotopi radioattivi solidi), che sono in realtà quelli più pericolosi per la salute, perché
essendo elettricamente carichi si attaccano al particolato presente in aria che può essere inalato e
quindi fissarsi sulle superfici dei tessuti polmonari e portare ad un aumento del rischio di
contrarre il tumore polmonare.
Da uno studio condotto dall’Arpalazio nel 2004 4 , finalizzato all’individuazione delle aree a
rischio di alte concentrazioni di Radon e a supportare le amministrazioni pubbliche nelle attività
di informazione, controllo e mitigazione del rischio radon, è emerso che la zona dei Castelli
Romani (ove è presente il Vulcano Laziale) presenta alte concentrazioni (Fonte. Rapporto sullo
Stato dell’Ambiente del Lazio 2004).
Sulla base della concentrazione del radon nel suolo si possono distinguere tre “classi di
attenzione, come precisato dalla metodologia adottata dallo Swedish Radiation Protection
Institute (Tab. 2.10.1).
Tab. 2.10.1 – Classi di attenzione
Concentrazione (Bq/m 3 ) 5 Area di sedime Tipo protezione
> 50.000 Area ad alta concentrazione Totale
10.000-49.999 Area a normale concentrazione di base
< 9.999 Area a bassa concentrazione Nessuna
Fonte - Rapporto sullo Stato dell’Ambiente della Regione Lazio 2004
3 I terreni di origine vulcanica quali tufi, pozzolane, ecc presentano una elevata concentrazione di isotopi di uranio
da cui proviene il radio che a sua volta per decadimento genera il radon.
4 All’interno di un progetto co- finanziato con fondi UE resi disponibili dal DOCUP Obiettivo 2 Lazio 2000-2006
5 L’unità di misura del radon è il “Becquerel per metro cubo”, che rappresenta il numero di disintegrazioni
nucleari che ogni secondo sono emesse in un metro cubo di aria (ad esempio 400 Bq/m3 vuol dire che 400 nuclei di
radon si stanno trasformando, ogni secondo, in un metro cubo di aria, emettendo radiazioni).
264

Fig. 2.10.3 – Litologia della Regione Lazio con misure di radon nel territorio: screening al 31.12.04
Fonte - Rapporto sullo Stato dell’Ambiente della Regione Lazio 2004
Come è possibile vedere dalla Fig. 2.10.3, la zona del territorio regionale ove ricade il Comune
di Colleferro è classificata ad alta e a normale concentrazione che richiede un livello di
protezione totale o di base.
Poiché il territorio comunale risulta essere particolarmente sensibile al rischio radon, dal marzo
2005 è iniziata sul territorio comunale una attività di monitoraggio per la rilevazione del radon
all’interno di circa 37 edifici pubblici e privati scelti dall’Amministrazione comunale e
dall’APAT. Al momento attuale però non si hanno ancora i risultati di questa attività di
monitoraggio e censimento che terminerà nel 2006.
265

2.10.3 Amianto
L’amianto (che rappresenta una serie di silicati naturali fibrosi) è stato utilizzato
abbondantemente in passato nell’edilizia civile ed abitativa, nell’industria, nella costruzione di
teatri e di cinema, grazie alla sua filabilità, resistenza all’usura e alla trazione e facilità di legame
con materiali da costruzione (calce, gesso e cemento).
La potenziale pericolosità dei materiali contenenti amianto (definiti dal Decreto del Ministero
della Sanità, 6 settembre 1994: "Normative e metodologie tecniche per la valutazione del rischio,
il controllo, la manutenzione e la bonifica dei materiali contenenti amianto presenti nelle
strutture edilizie") dipende dalla possibilità che essi rilascino fibre nell’ambiente, che per
inalazione, diventano particolarmente cancerogene.
La normativa nazionale emanata nel settore dell’amianto si può suddividere principalmente in tre
categorie: quella sulla sicurezza dei lavoratori, quella sulla dismissione dell’amianto, ed infine
quella sulla gestione dei rifiuti contenenti amianto, disciplinate rispettivamente dai seguenti tre
atti normativi: il D.Lgs 15 agosto 1991, n.277, la L. 27 marzo 1992, n.257 e il D.Lgs 5 febbraio
1997, n.22. Le competenze in tale campo sono affidate alle Regioni, che secondo quanto stabilito
nel D.P.R. 8 agosto 1994, devono emanare Piani regionali di protezione dell’ambiente, di
decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell’amianto, e ai servizi delle ASL e delle
ARPA, che svolgono compiti di vigilanza e controllo della salubrità ambientale e di sicurezza
del lavoro, trasmettendo delle relazioni annuali sulle condizioni dei lavoratori esposti alle
Regioni e al Ministero della Sanità.
Per la rilevazione sulla presenza di amianto nei manufatti, non solo nel comune di Colleferro ma
nell’intera Provincia di Roma, è in programma una campagna provinciale di censimento in
collaborazione con gli enti locali; a tal proposito il Comune sta contattando gli amministratori
condominiali per predisporre un Piano di controllo e manutenzione.
266

2.10.4 Aziende a rischio di incidente rilevante
L’industrializzazione dell’Italia, negli ultimi cinquant’anni, ha comportato inevitabilmente un
aumento dei pericoli connessi ai diversi processi di produzione delle attività industriali. La
rapida evoluzione dell'intervento dell'uomo sul territorio e del progresso tecnologico non è
sempre stata accompagnata da una pari evoluzione delle conoscenze circa le conseguenze di tali
processi, né da un uguale sviluppo delle capacità di governarne eventuali anomalie.
Il D. Lgs. n° 334/1999 di recepimento della direttiva 96/82/CE, conosciuto come “Seveso bis”,
identifica le situazioni a rischio connesse alle attività industriali principalmente riferite a:
impianti chimici o petrolchimici, depositi di gas liquefatti, fitofarmaci e liquidi pericolosi e
predispone determinate misure di sicurezza da seguire durante lo svolgimento del processo
produttivo. L’art. 6 del Decreto, inoltre, prevede che gli stabilimenti in cui sono presenti sostanze
pericolose in quantità uguali o superiori a quanto stabilito dall’allegato “I” siano soggette
all’obbligo di notifica al Ministero dell’Ambiente, alla Regione o Provincia autonoma, al
Comune, al Prefetto e al Comitato tecnico regionale o interregionale dei Vigili del Fuoco. L’art 7
invece stabilisce che il gestore dell’azienda rediga un documento che illustri la propria politica di
prevenzione degli incidenti rilevanti, allegando allo stesso il programma adottato per l'attuazione
del sistema di gestione della sicurezza. Infine, in base all'art. 8, una parte degli stabilimenti
soggetti all’obbligo di notifica è anche tenuta a redigere un rapporto di sicurezza.
Nel novembre del 2005 (con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale –numero 271- del D.lgs
238) è stata recepita a livello nazionale la “Seveso ter” del 2003, che riguarda, appunto il
controllo del rischio di incidenti rilevanti collegati all’uso di sostanze pericolose; la Seveso ter ha
introdotto le seguenti modifiche:
- Aggiunta di nuove sostanze nella lista delle cancerogene;
- indicato un periodo di massimo tre mesi per l’invio della Notifica (autocertificazione del
Gestore dove viene descritto brevemente l’attività, quantità, forma fisica e informazioni per
l’individuazione delle sostanze pericolose presenti a vario titolo in stabilimento, e l’ambiente
circostante lo stabilimento) e della scheda di informazione della popolazione (che contiene
informazioni sulla natura dei pericoli e sugli effetti sulla popolazione stessa e sull’ambiente
circostante;
- porre maggiore attenzione all’effetto domino”, dichiarando l’obbligo dei gestori di
stabilimenti vicini di scambiarsi informazioni, in modo da poter valutare l’eventualità di un
effetti a catena tra uno stabilimento e l’altro;
- tener conto nell’elaborazione degli strumenti di pianificazione dell’assetto del territorio della
necessità di prevedere e mantenere opportune distanze tra gli stabilimenti e le zone
residenziali, le zone maggiormente frequentate e le vie di trasporto principale;
Ma uno degli elementi più importanti, introdotto dalla “Seveso ter”, è stato quello di intensificare
il diritto dei cittadini interessati all’informazione sulle misure di sicurezza, da fornire d’ufficio e
nella forma più idonea, e che l’informazione deve essere data ad ogni persona e ad ogni struttura
frequentata dal pubblico
Nel Comune di Colleferro sono presenti quattro aziende a rischio di incidente rilevante su un
totale complessivo di circa 34 aziende dell’intero territorio provinciale, che per l’utilizzo di
materiali esplosivi, tossici e altamente infiammabili possono essere soggette ad esplosioni
incendi o rilasci di sostanze tossiche dannosi per la popolazione locale e per l’ambiente
circostante. (Fonte: Elenco delle attività a rischio di incidente rilevante soggette agli artt. 6-7 e 8
del D.lgs 334/999. Vigili del Fuoco- Dati aggiornati al 30 aprile 2005).
Le industrie a rischio sono le seguenti:
267

• INDUSTRIE CHIMICHE CAFFARO S.r.l (soggetta agli artt 6 e 7 del D. lgs
334/99):gruppo di aziende a cui fa capo la Snia, specializzate nella chimica di base,
chimica specialistica e chimica fine.
• BAG Spa (soggetta agli artt 6 e 7 del D.lgs 334/99): società attiva nella produzione e
commercializzazione di sistemi di gonfiaggio per sistemi airbag.
• AVIO s.p.a.: società aereospaziale del gruppo Fiat fondata dal senatore Giovanni Bombrini
e dall’imprenditore Delfino; è una azienda leader nel settore della motoristica
aerospaziale.
• SIMMEL DIFESA s.p.a.: azienda consociata della AVIO specializzata nella
produzione di munizioni e di fusibili per calibro medio e grande.
Relativamente a queste due ultime aziende il Comune di Colleferro ha predisposto il Piano di
Emergenza Esterno, come previsto dall’articolo 20 del Decreto Legislativo n° 334 del 17 agosto
1999, che assegna al Prefetto il compito di predisporre, d’intesa con le Regioni e gli Enti Locali
interessati, il piano di emergenza esterno per gli stabilimenti soggetti all’articolo 8 del citato
decreto “al fine di limitare gli effetti dannosi derivanti da incidenti rilevanti” sulla base, tra
l’altro, delle informazioni fornite dal gestore e delle conclusioni dell’istruttoria tecnica.
Nell’agosto del 2003 il Comune di Colleferro ha informato la popolazione locale, pubblicando
all’Albo Pretorio le schede di informazione sui rischi di incidente rilevante per i cittadini ed i
lavoratori trasmesse dalle aziende stesse.
Dall’inizio dell’anno 2006 la Industrie Chimiche Caffaro non è più attiva.
268

3 - LE POLITICHE SOCIALI
3.1 – I SERVIZI SOCIALI, CULTURALI, SANITARI E DEL TEMPO
LIBERO
Le politiche sociali messe in atto da un’amministrazione sul proprio territorio, in base ad
un’ottica di sostenibilità, dovrebbero perseguire, da un lato, il cambiamento degli attuali stili di
vita della popolazione, dall’altro, la realizzazione di azioni concrete che prevedano il ricorso a
processi decisionali partecipati e condivisi dagli utenti e finalizzati più allo sviluppo qualitativo
che alla crescita quantitativa.
Sul piano infrastrutturale, quindi, le decisioni devono ricercare un equilibrio fra crescita
demografica, prelievo di risorse e sottrazione di servizi ecologici alle aree non antropizzate. Sul
piano dei servizi, invece, si deve incidere sui comportamenti sociali e sulla redistribuzione delle
risorse per garantire a tutti adeguati livelli di qualità della vita. In particolare, l’assistenza
prestata alle persone anziane, ai giovani, ai disabili o agli sbandati costituisce un esempio di tali
opportunità. Non solo, l’indirizzo intrapreso dallo Stato, volto a favorire la collaborazione e la
pianificazione delle attività assistenziali con le associazioni di volontariato, è un altro passo
positivo in direzione della sostenibilità, per non menzionare gli effetti benefici che possono
derivare alla collettività dall’educazione dei giovani, dalla crescita culturale dei cittadini, dal
mantenimento del buono stato di salute degli individui e dell’ambiente, dalla veicolazione delle
idee e delle proposte, dalla riappropriazione della natura.
269

3.1.1 Istruzione
Il D.Lgs 59/2004 e il D.Lgs 286/2004 hanno riformato il Sistema Educativo nazionale
articolandolo in questo modo:
- Scuola d’Infanzia: non obbligatoria e di durata triennale, è frequentata da bambini e
bambine che compiono tre anni di età entro il 30 aprile dell’anno
scolastico di riferimento.
PRIMO CICLO
- Scuola Primaria: della durata di cinque anni, è articolata in un primo anno, raccordato con
la scuola dell’infanzia, e in due periodi didattici biennali. Sono iscritti al
primo anno le bambine e i bambini che compiono sei anni entro il 31
Agosto dell’anno di riferimento;
- Scuola Secondaria di primo grado: della durata di tre anni, si articola in un periodo
didattico biennale e in un terzo anno.
SECONDO CICLO
- Licei: hanno durata quinquennale e si sviluppano in due periodi biennali e in un quinto anno.
Si articolano in: Liceo Artistico, Liceo Classico, Liceo Economico, Liceo
Linguistico, Liceo musicale e coreutico, Liceo Scientifico, Liceo Tecnologico e il
Liceo delle Scienze Umane;
- Formazione professionale
Sulla base dei cicli di istruzione previsti dalle recenti riforme, è opportuno considerare la
ripartizione della popolazione in età scolare (compresa fra i 3 e i 19 anni di età) residente nel
2004 a Colleferro, che complessivamente ammontava a 3.328 ragazzi 6 .
La suddivisione per fasce d’età è la seguente:
- 3-5 anni: 515 bambini;
- 6-10 anni: 953 bambini;
- 11-13 anni: 640 ragazzi;
- 14-19 anni: 1.220 ragazzi.
La dotazione di Istituti scolastici pubblici e privati di Colleferro, invece, è riportata nella Tab.
3.1.1.
Tab. 3.1.1 - Elenco degli Istituti scolastici di Colleferro.
ISTITUTI N°
Scuole d’infanzia 8
Istituti comprensivi
1
(Scuola d’infanzia e Scuola primaria)
Scuole primarie 3
Scuole secondarie di primo grado 2
Licei 2
Formazione professionale e di altro tipo 6
Corsi di Laurea 2
TOTALE 24
Fonte - Documento di Indirizzo preliminare all’avvio del PUCG del Comune di Colleferro
6 Dati ISTAT al 1 Gennaio 2004.
270

La distribuzione degli Istituti scolastici in base al livello di istruzione evidenzia una minore
dotazione solamente per quanto riguarda il grado superiore. Per quest’ultimo, infatti, esistono
solo tre Istituti a fronte di una popolazione di ben 1.220 ragazzi, che significa una media di più di
400 studenti per plesso scolastico. Non disponendo di informazioni relative alla effettiva
capienza degli Istituti, si presume che si tratti di edifici sufficientemente grandi a sostenere il
flusso medio di studenti riportato sopra. Ciò che sicuramente deriva da una dotazione limitata di
infrastrutture per l’istruzione di grado superiore, però, è la ristrettezza delle possibili scelte
relative all’indirizzo di studio, in quanto nel Comune di Colleferro sono presenti solamente un
Liceo Scientifico, un Istituto Tecnico e un Istituto Professionale. Tale situazione, oltretutto,
costringe gli studenti che intendono frequentare altre tipologie di scuola a doversi spostare nei
comuni limitrofi, con un impatto non indifferente sul sistema della mobilità nel territorio.
L’Amministrazione comunale, consapevole delle grandi opportunità derivanti dalla
collaborazione con il mondo della scuola, prima fra tutte la possibilità di contribuire a formare il
senso civico e l’educazione dei cittadini del domani, ha scelto di arricchire l’offerta formativa
attraverso il finanziamento di una serie di iniziative:
“Un ponte verso la scuola”
Prevede la costituzione di classi intermedie fra il Nido e la Scuola d’infanzia formate da
bambini tra i due e i tre anni. Tale iniziativa costituisce la possibilità di anticipare le
dinamiche evolutive del bambino nei casi in cui i tempi di sviluppo non coincidano con
quelli scanditi dalle istituzioni;
Aggiornamento del personale docente
L’attività educativa svolta all’interno delle scuole materne richiede spesso l’intervento di
psicologi per individuare nuove modalità e nuovi strumenti di relazione con i bambini che
consentano di prevenire i disagi in età evolutiva. La formazione effettuata dagli psicologi
permette di sperimentare strategie di comunicazione tese ad individuare attività scolastiche
personalizzate, rimuovere eventuali cause di disagio, nonché cogliere le esigenze del
bambino per pianificare azioni sempre più appropriate;
Diritto allo studio
Ogni anno il Comune di Colleferro emette un bando in favore delle famiglie degli studenti
residenti per aiutarle a sostenere le spese relative all’acquisto dei libri di testo. Le domande
possono essere presentate dai genitori degli alunni che frequentano la scuola elementare,
quella media inferiore e quella superiore, sia statale che paritaria. La novità introdotta dal
2004 prevede la possibilità di accedere alla fornitura dei libri presso le cartolerie autorizzate
senza dover attendere che quest’ultime ricevano il rimborso da parte dell’ente.
Il bando, infatti, è diviso in due settori:
- per la fornitura totale o parziale dei libri di testo (riservata agli studenti che frequentano le
scuole medie e superiori);
- per l’assegnazione di borse di studio finalizzate alla copertura delle spese sostenute dalle
famiglie degli alunni di ogni scuola;
Borse di studio per studenti meritevoli
Ogni anno il Comune mette in palio 50 borse di studio per gli studenti più meritevoli delle
scuole secondarie superiori che si siano distinti per impegno e volontà. Possono concorrere
tutti gli studenti residenti nel Comune ad eccezione di coloro che abbiano conseguito la
maturità. Ciascun assegno di studio ha un valore di 180 euro. I premi vengono consegnati
nel corso di una cerimonia che si tiene il 4 dicembre in occasione della tradizionale festa
patronale;
Mensa e scuolabus
271

Sono due dei servizi comunali più utilizzati dalla popolazione.
Il trasporto pubblico scolastico, in particolare, è sempre stato molto richiesto dalle famiglie
degli studenti e spesso, in passato, si sono verificate situazioni in cui non è stato possibile
soddisfare al meglio tutte le richieste che pervenivano al Comune. Dal 2004, grazie
all’acquisto di nuovi mezzi, la situazione si è normalizzata.
Per quanto concerne la mensa, che interessa i bambini delle scuole materne ed elementari, il
Comune ha istituito un apposito servizio di controllo volto a garantire la qualità del servizio
offerto e a scoraggiare eventuali evasioni contributive da parte degli utenti interessati;
Associazione Pro Universitate
Il 21 settembre 1994 il Consiglio Comunale di Colleferro ha costituito l’Associazione Pro
Universitate, avente lo scopo di promuovere i processi formativi a carattere universitario e
non tramite convenzioni con l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, altre università
italiane ed enti che perseguono la qualificazione e la riqualificazione professionale. Tale
organismo si basa sul sostegno delle industrie del territorio, degli enti e delle associazioni e
dei singoli cittadini, i quali, tramite il versamento di quote annuali, contribuiscono alle
attività in qualità di soci. La Pro Universitate ha permesso la nascita di una sede distaccata
della facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma Tor Vergata e l’istituzione del DIUM
(Diploma Universitario in Ingegneria Meccanica), riuscendo a realizzare un esempio di
università locale efficiente e particolarmente attenta alle esigenze del territorio. I diplomati e
i laureati provenienti da tale facoltà si sono inseriti proficuamente nel tessuto lavorativo
locale. Le particolarità di questa sede, attualmente frequentata da circa 150 studenti, sono il
rapporto privilegiato degli iscritti con i propri docenti e la frequentazione di stages aziendali
a conclusione degli studi. Nel corso del 2001 il consiglio di Facoltà ha deliberato la
trasformazione del Diploma in corso di Laurea vero e proprio, visti i risultati positivi ed il
successo crescente. In tale occasione nascono anche due nuove specializzazioni: Ingegneria
Meccanica per la Produzione e Ingegneria Elettronica per lo Spazio e l’Ambiente. Inoltre,
per far fronte alle esigenze del territorio e offrire un indirizzo di studi innovativo, a partire
dall’Anno Accademico 2002/2003 è stato creato un corso in Ingegneria Meccatronica, uno
dei pochi in Italia;
Comunicazione dell’offerta formativa
Il Comune di Colleferro, a supporto della scelta che devono affrontare i ragazzi al termine
della scuola media inferiore o superiore, organizza delle attività di orientamento in
collaborazione con il CILO 7 per comunicare le opportunità contingenti di studio e lavoro.
Tale servizio punta ad aumentare il grado di consapevolezza delle scelte dei ragazzi al fine
di evitare fenomeni di abbandono della scuola. Il CILO di Colleferro è stato istituito il 1
gennaio del 1996 e nel 2000 è stato integrato con il Centro Per l’Impiego. Fra i vari piani
formativi progettati dal CILO va menzionato il Seminario di 50 ore per “Operatori Museali”
in collaborazione con l’Antiquarium comunale, indirizzato a giovani con titolo di studio nel
settore Beni Culturali. Altri corsi degni di nota sono: il Corso per Tipografi, indirizzato a
portatori di handicap; il Corso per Consulenti interessati a certificare il controllo della
qualità e dell’igiene degli alimenti secondo il sistema HACCP; il Corso di Mediatore
Interculturale, per il sostegno agli immigrati.
7 Centro di Iniziativa Locale per l’Occupazione.
272

3.1.2 Cultura
L’offerta culturale di Colleferro si concretizza nella disponibilità di musei, biblioteche, teatri e
cinema.
Musei
Nel 1986 è stato istituito l’Antiquarium Comunale di Colleferro con il patrocinio della società
Bombrini Parodi Delfino e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica del Lazio.
L’Antiquarium costituisce una raccolta museale di documenti e testimonianze riferibili all’Alta
Valle del Sacco ed è il risultato di un lavoro di ricerca, documentazione e conservazione che ha
visto coinvolti per più di vent’anni il volontariato (Gruppo Archeologico Toleriense) e gli
organismi preposti alla tutela dei beni culturali (Soprintendenza Archeologica del Lazio).
L’Antiquarium rappresenta un importante punto di riferimento per il territorio, sia in termini di
salvaguardia del patrimonio archeologico che in termini culturali. Il tragitto museale è articolato
in più sezioni, con reperti che vanno dal paleolitico al medioevo. Lungo il percorso sono presenti
quaranta pannelli esplicativi, alcuni plastici, un percorso per i non vedenti e degli accessi
agevolati per i disabili.
Al museo, inoltre, sono annessi:
− una biblioteca specialistica di archeologia, arte e storia, fornita di 1.055 pubblicazioni, 1.027
riviste e periodici, 127 videocassette e 34 cd rom;
− un laboratorio fotografico;
− un laboratorio per i primi interventi di restauro;
− un laboratorio dedicato ai corsi di aggiornamento per gli insegnanti.
Il Museo Marconiano è oggetto di visite da parte di ogni tipo di utenza, dagli amatori agli
studenti delle scuole di ogni ordine e grado: dal 2004 il numero complessivo di visitatori ha
raggiunto le 1.500 presenze. La gestione dello stesso permette già oggi una buona fruibilità della
struttura da parte del pubblico, ma l’Amministrazione Comunale intende migliorarla inserendo il
Museo Marconiano nel concetto più ampio di polo museale, cioè di uno strumento di educazione
permanente.
Dal 2002 ha preso il via l’iniziativa “C’era una volta il museo”, che consiste in visite didattiche
per bambini da effettuarsi una domenica al mese.
Le presenze registrate a partire dal 2001 indicano che il numero dei visitatori è stato pari a 4.602
unità, delle quali ben 3.801 rappresentate da ragazzi delle scuole; nel corso del solo 2005 si sono
contati 874 visitatori, composti da 736 studenti e 138 adulti.
Nel dicembre 2004, presso il palazzo espositivo di via degli Esplosivi, è stata inaugurata la
mostra permanente sulla storia delle comunicazioni. Gran parte dei rari cimeli, degli apparati e
dei documenti esposti provengono dalla Collezione Cremona 8 e sono dedicati a Guglielmo
Marconi, che con le sue scoperte ha lasciato un segno profondo nella storia.
L’esposizione è suddivisa in tre sezioni:
1. una serie di gigantografie sulla vita e le opere di Marconi;
8 La “Collezione Cremona”, di proprietà del Gen. Francesco Cremona, rende omaggio all’opera di Guglielmo
Marconi. Di rilevante valore scientifico e culturale, la Collezione nasce nell’immediato dopoguerra con una prima
raccolta di residuati bellici ed è composta da cimeli ed apparecchiature storiche per telecomunicazioni civili e
militari. Oggi la Collezione, articolata in 20 sezioni tematiche, consta di 1.200 strumenti e cimeli di varie
nazionalità, molti dei quali rari o addirittura esemplari unici, come ad esempio la famosa macchina “Enigma”,
utilizzata per la criptazione dei messaggi che i tedeschi utilizzarono durante la seconda guerra mondiale per
comunicare tra di loro in codice.
273

2. una serie di apparecchi che illustrano le opere dello scienziato (dal trasmettitore a scintilla ai
primi esempi di apparati radio di uso commerciale);
3. un’appendice dedicata all’applicazione della radio nei servizi segreti.
Il Comune di Colleferro ha aderito, insieme alle città di Bilbao e Krosno, al progetto comunitario
“Discovering European Industrial Heritage: a new concept of Industrial Museum”, presentato
nell’ambito del programma “Cultura 2000”. Il progetto, formulato dalla Fondazione museale
Lenbur di Bilbao, che gestisce, tra gli altri, il famoso Guggenheim Museum, si prefigge di
promuovere e valorizzare il patrimonio archeologico industriale presente in molte città europee
per renderlo disponibile alla visita dei cittadini dell’Unione Europea. Per la sua storia, per il
patrimonio culturale esistente, il Comune ben si presta a sperimentare il nuovo concetto di museo
industriale, inteso non solo come luogo di conservazione di oggetti di uso passato, ma anche
come strumento di conoscenza delle radici storiche del territorio industrializzato.
Nel 2004, con la firma del protocollo d’intesa da parte del Sindaco e dal Presidente dell’Ordine
degli Architetti, è stata istituita la “Casa dell’architettura” di Colleferro, la seconda ad essere
aperta dopo quella di Roma e una delle tre previste nel territorio provinciale insieme a
Civitavecchia e a Tivoli.
La Casa intende sottolineare l’importanza etica, sociale e civile dell’architettura. I principali
obiettivi che questa nuova struttura si prefigge sono:
- la diffusione della cultura architettonica;
- la promozione dell’attività di sostegno, aggiornamento ed informazione agli architetti locali;
- la tutela ed il recupero del territorio.
Nel Comune di Colleferro, infine, è presente un’area vincolata di interesse archeologico (Zona
Colledoro - Colli S. Pietro), istituita dal Ministero dei Beni Culturali con Decreto Ministeriale
7/2/94. Il PUCG 9 attualmente in vigore prende in considerazione l’ipotesi di recuperare tutte le
aree che rappresentano l’identità culturale di Colleferro per mettere in atto gli interventi
necessari a consentire la loro fruizione da parte del pubblico.
Dal 1997, inoltre, il Comune discute le modalità di redazione di un “Progetto Archeologia”, che
prevede le seguenti fasi:
− censimento dei beni archeologici, storici, monumentali ed artistici;
− redazione della carta del rischio archeologico da associare alla valutazione dei rischi
contenuta nel PUCG;
− sintesi delle informazioni per l’avvio dei progetti.
Biblioteca comunale
Fondata nel 1980, ha raggiunto un cospicuo patrimonio librario. I suoi servizi sono messi
gratuitamente al servizio dei cittadini (Tab. 3.1.2), fatta eccezione per la navigazione in Internet.
9 Piano Urbanistico Comunale Generale.
274

Tab. 3.1.2 - Patrimonio, dotazione di locali per il pubblico e servizi erogati dalla Biblioteca comunale di Colleferro.
PATRIMONIO LOCALI SERVIZI
28.085 volumi
(di cui 3.000 per ragazzi)
250 dischi
500 audiocassette
1.210 audiovisivi
630 videocassette
94 audiolibri
125 CD
500 video VHS
236 CD ROM
87 periodici in corso
1 catalogo informatizzato
1 archivio storico comunale
Fonte - Comune di Colleferro.
Sala adulti
Sala libri in consultazione
Sala ragazzi
Emeroteca
3 postazioni pubbliche per la
navigazione in Internet
Prestito
Consultazione
Informazioni bibliografiche
Fotocopie
Ascolto musica
Monitor per videocassette
Internet
Postazioni multimediali
Visite guidate per le scuole
Ricerca informatizzata sulle
accessioni dal 1990
Nel 2004 sono stati oggetto di prestito 7.926 volumi; le presenze sono state pari a 7.816 utenti.
Teatro e cinema
Il Teatro Vittorio Veneto, di proprietà del Comune, permette di offrire alla città momenti di
svago e cultura. La struttura è dotata di 540 posti e gli spettacoli registrano un’affluenza media di
circa 350-400 persone a serata. La stagione teatrale, che ormai da ventidue anni rappresenta un
appuntamento fisso per gli appassionati, inizia ad ottobre, termina ad aprile e prevede un
cartellone di spettacoli di primo piano, così come accade nei circuiti dei più prestigiosi teatri
romani, ma a prezzi decisamente più contenuti e tali da avvicinare i più giovani al mondo del
teatro moderno e classico.
Il programma dell’Amministrazione prevede di:
favorire le rappresentazioni proposte dalle scuole e dalle Associazioni Culturali locali;
valutare tutte le proposte musicali provenienti da Enti extracomunali;
valutare le richieste provenienti dal gestore per le rappresentazioni di sua competenza.
Il Comune di Colleferro, insieme ad altri partner europei, ha aderito all’iniziativa dell’Unione
Europea denominata “Forum Theatre”. Si tratta di corsi che coinvolgono in esercitazioni e
performance teatrali individui a rischio di devianza (quali, ad esempio, i detenuti degli istituti di
pena). Il progetto, integrato anche da interventi di supporto psicologico mirati, è stato promosso
in sede europea dall’Associazione rumena per i progetti comunitari dell’Università di Bucarest,
che con tale iniziativa intende utilizzare la tecnica teatrale quale strumento di promozione della
socialità e della comunicazione interpersonale, utile sia in contesti lavorativi che in contesti di
recupero psico-sociale.
Proprio per affermare l’importanza di questo progetto, l’Amministrazione Comunale ha offerto a
tre operatori che si occupano di problematiche sociali degli adulti l’opportunità di partecipare
275

gratuitamente al corso di formazione sulla metodologia del Forum Theatre che si è svolto a
Bucarest.
A Colleferro, infine, è presente la multisala cinematografica “Ariston”, che ha una capacità
complessiva di 2.369 posti suddivisi in 9 sale, ognuna delle quali intitolate ai maestri del cinema
italiano.
276

3.1.3 Sanità
Il Comune di Colleferro, appartenente alla Provincia di Roma, ricade nel comprensorio
territoriale dell’Azienda Unità Sanitaria Locale (AUSL) RM G, con sede legale a Tivoli.
L’AUSL RM G, istituita il 1/7/1996 in seguito alla fusione di sei Unità Sanitarie Locali (USL)
della Provincia di Roma, comprende 70 Comuni, situati nel quadrante Est-SudEst della
Provincia.
Considerata la vastità dell’area interessata, che si estende su una superficie di 1.812,96 kmq al
cui interno vive una popolazione di circa 418.000 abitanti (densità media: 230 abitanti per kmq),
l’AUSL RM G è suddivisa in sei Distretti Sanitari (Fig. 3.1.1).
Il Distretto Sanitario ha lo scopo di assicurare il coordinamento permanente degli operatori e
delle relative funzioni, la gestione dell’assistenza sanitaria, dell’educazione sanitaria,
dell’informazione e prevenzione, nonché delle attività socio-assistenziali attribuite alla
competenza delle ASL o delegate da Comuni, Province e Regioni. Esso è preposto all’analisi dei
bisogni di salute sociosanitari e della domanda di assistenza, al governo dell’offerta di servizi e
prestazioni, al coordinamento e alla gestione delle risorse, alla verifica dei risultati in termini di
miglioramento della salute.
Fig. 3.1.1 – Mappa dell’AUSL Rm G.
Fonte - AUSL Rm G.
277

Colleferro presiede al Distretto RM G6, che comprende i Comuni di Artena, Carpineto Romano,
Gavignano, Gorga, Labico, Montelanico, Segni e Valmontone.
Le strutture del Distretto sono:
− i Presidi Ospedalieri di Colleferro e Valmontone, rispettivamente dotati di 167 e 20 posti
letto, che garantiscono il ricovero per la diagnosi e la cura di malattie che richiedono
interventi di urgenza o emergenza e di malattie che non possono essere adeguatamente curate
in ambulatorio o a domicilio;
− il Centro Prevenzione Tumori, sorto nell’ambito di una riorganizzazione avviata nel 2002
dall’AUSL RM G che ha previsto anche la ristrutturazione di un’Area Interdipartimentale
Funzionale per la prevenzione dei tumori, con due Centri, di cui uno già ubicato a Guidonia
nell’Area Nord e l’altro ubicato nell’Area Sud dell’azienda presso l’Ospedale di Palestrina-
Zagarolo, a cui afferiranno gli Ospedali di Colleferro e Valmontone;
− le strutture di Pronto soccorso (H24) e Primo soccorso (H12), ubicate rispettivamente presso
l’Ospedale “Parodi Delfino” di Colleferro e l’Ospedale “Vittorio Emanuele III” di
Valmontone;
− il Dipartimento di Prevenzione, situato presso la sede distrettuale di Colleferro, che
programma, coordina, dirige e verifica le attività di prevenzione e tutela della salute pubblica
e del patrimonio zootecnico dai rischi di origine ambientale, alimentare e lavorativa;
− le strutture del Distretto legate alle varie tipologie di servizio offerto, come quelli di Guardia
Medica, Assistenza Domiciliare, Poliambulatorio, Prenotazione, ecc.
Nel Comune di Colleferro sono presenti 5 farmacie; di queste, due sono farmacie comunali.
278

3.1.4 Servizi di assistenza sociale
Nel delicato campo dei servizi sociali e del welfare il Comune di Colleferro, nel corso del 2005,
si è posto l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi erogati, ma anche di conoscere e
monitorare i nuovi stati di bisogno delle famiglie, favorendo l’accesso ai servizi offerti.
La macchina amministrativa comunale si trova a gestire la transizione da un “welfare
dell’assistenza” ad un “welfare familiare e comunitario” che superi il concetto tradizionale del
servizio pubblico come unico soggetto erogatore di servizi con caratteristiche puramente socioassistenziali
per un più ampio progetto di assistenza che coinvolga non solo il settore pubblico,
ma anche quello del no profit, del volontariato e della famiglia.
A tal fine, il Comune ha delineato un sistema integrato di interventi che permetta il
potenziamento delle attività sul territorio non solo attraverso le azioni delle istituzioni preposte,
ma anche attraverso il contributo delle associazioni che operano localmente, programmando e
sostenendo anche quelle iniziative che in questo campo svolge il volontariato.
Per il finanziamento di tali progetti è stato istituito dalla Legge n. 449/97 il Fondo nazionale per
le politiche sociali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dove confluiscono le risorse
statali destinate ad interventi in materia di servizi sociali. Esso promuove azioni per il
raggiungimento di standard uniformi su tutto il territorio dello Stato in materia di prestazioni
sociali concernenti i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la condizione degli anziani,
l’integrazione e l’autonomia dei portatori di handicap, il sostegno alle famiglie, la prevenzione e
il trattamento delle tossicodipendenze, l’inserimento e l’integrazione dei cittadini stranieri.
Con la deliberazione del Consiglio Comunale n.29 del 21/10/2004, il Comune di Colleferro ha
delineato le linee guida e gli obiettivi di sviluppo economico integrato nel Piano di Sviluppo
Socio Economico (P.S.S.E.). Tra gli altri punti del programma, le linee di indirizzo prevedono
l’obiettivo del miglioramento della qualità della vita e dello sviluppo sostenibile nel territorio
comunale.
L’Amministrazione Comunale, nel dicembre 2004, ha costituito la Società di servizi di
assistenza alla persona (ASPER), che ha la possibilità di intervenire in numerosi campi:
− situazioni di handicap e di disagio psico-fisico di ogni grado riferito all’infanzia,
all’adolescenza, alla tossicodipendenza e a tutte le situazioni di emarginazione sociale;
− assistenza sanitaria ed extra sanitaria in ospedali, case di cura, case di riposo;
− servizi alla persona, assistenza diretta a domicilio per minori, anziani e portatori di handicap;
− interventi di emergenza socio-sanitaria e assistenza domicilare;
− gestione di case famiglia, comunità educative, culturali e ricreative rivolte alla collettività;
− realizzazione di interventi integrati a favore dell’infanzia e pre-adolescenza, gestione di asili
nido, di scuole primarie e secondarie, di centri di aggregazione giovanile.
Interventi per i disabili
La nuova legge sull’assistenza si preoccupa di garantire la piena integrazione dei soggetti affetti
da menomazione fisica, psichica o sensoriale nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché
nei percorsi di istruzione scolastica o professionale.
Per realizzare tale finalità, i Comuni, d’intesa con le ASL, predispongono progetti che
comprendono, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale:
− le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale;
− i servizi alla persona di competenza del Comune, il quale vi provvede in forma diretta o
accreditata, con particolare riguardo al recupero e all’integrazione sociale;
− le misure economiche necessarie per il superamento delle condizioni di povertà,
emarginazione ed esclusione sociale;
279

− le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare.
Fra i progetti attivati dall’Amministrazione Comunale si segnalano, in particolare:
Progetto “I am” - Inclusive Adults education Model
Il progetto, presentato nel dicembre 2004, è dedicato alla formazione di giovani ed adulti
affetti da disabilità fisica, sensoriale o dell’apprendimento ed è finanziato attraverso il
Programma comunitario “Leonardo da Vinci”. Per la sua attuazione, la città si trova a
collaborare con altri partner europei presenti in Austria, Germania, Slovenia, Bulgaria e
Ungheria. Ai fini di un’effettiva integrazione sociale delle persone disabili un ruolo primario
è svolto dai sistemi educativi e formativi che, allo stato attuale, nel panorama europeo non
consentono alla gran parte dei disabili di superare la scuola dell’obbligo, con la conseguente
esclusione dal mondo del lavoro. Ne discende l’enorme importanza di fornire a tali soggetti
l’opportunità di conseguire competenze professionali e abilità che ne consentano la parità di
accesso al mercato del lavoro, che è proprio ciò che il progetto si propone di attuare
attraverso la previsione di un sistema scolastico di rilievo universitario per i disabili.
L’iniziativa intende definire, sperimentare e diffondere un modello di educazione, inclusiva
anche dei soggetti disabili adulti, per dare a questi ultimi l’opportunità di partecipare
attivamente alla propria emancipazione. Questo modello educativo dovrà consentire ai
disabili di accedere all’educazione e alla formazione continua, nonché alle tecnologie
dell’informazione. I risultati attesi possono così riassumersi:
1. organizzazione e implementazione di una formazione inclusiva presso gli istituti di
formazione;
2. predisposizione di un curriculum per l’acquisizione delle qualifiche di base da parte dei
disabili adulti;
3. realizzazione di un CD-ROM per l’e-learning delle qualifiche di base sopra riportate;
4. creazione di un sito web di facile utilizzo per la diffusione dei risultati del progetto;
5. predisposizione di un curriculum per la formazione degli assistenti che supporteranno ed
accompagneranno gli allievi durante i corsi.
Saranno coinvolte istituzioni pubbliche e private, associazioni, operatori nel settore della
formazione dei disabili, rappresentanti politici e del sistema scolastico, rappresentanti delle
politiche del lavoro ed organizzazioni del terzo settore.
Progetto “IBB” - Inclusive Training for Disability Care Workers
Anche questo progetto è stato presentato nel dicembre 2004 ed avrà termine ad ottobre 2006.
L’iniziativa propone l’attuazione di un percorso formativo di rilievo universitario per i
disabili, che conferisca loro la qualifica, spendibile sul mercato del lavoro, di “operatori
dell’assistenza ai disabili”. Si punta, infatti, a dimostrare come i soggetti disabili possano
proficuamente lavorare in qualità di assistenti educativi nei sistemi di assistenza sociale ed
in gruppi di lavoro presso istituzioni ed organizzazioni di assistenza. Il percorso prevede il
coinvolgimento diretto dei principali attori del settore formativo e della disabilità, nonché
delle autorità nazionali nel settore educativo, per il riconoscimento della suddetta qualifica.
Anche in questo progetto la città sarà affiancata da partner europei residenti in Austria,
Spagna, Polonia, Belgio e Irlanda.
Da menzionare, poi, l’iniziativa a cura dell’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili
(ANMIC), che ogni anno organizza una manifestazione di sensibilizzazione della cittadinanza e
di servizio per gli invalidi del territorio. Svolta in collaborazione con l’azienda di trasporto
Cotral, si concretizza in un tour, effettuato tramite un pulmino dell’ANMIC debitamente
attrezzato per l’accesso ai disabili, attraverso i principali centri della provincia, tra i quali
Colleferro, per avvicinare e fornire informazioni ai disabili e ai loro familiari ed offrire servizi ad
hoc per le più diverse problematiche.
280

Sempre in tema di disabilità si ricorda, infine, il progetto “Salto con l’H”, promosso
dall’Assessorato allo Sport del Comune di Colleferro nel periodo 1999-2003. L’iniziativa,
affidata in gestione alla Cooperativa sociale “Il Domino” in via sperimentale, offriva ai cittadini
non vedenti e con ritardi mentali l’occasione di praticare attività ludiche e sportive con l’ausilio
di istruttori ISEF specializzati. In virtù del grande successo ottenuto, sia in termini partecipativi
che di sensibilità, l’Amministrazione Comunale di Colleferro intende proporsi ancora come
soggetto capofila per promuovere, presso tutti i Comuni partecipanti alla prima edizione, lo
svolgimento di un nuovo progetto di così alta valenza sociale, approfondendo e perfezionando la
collaborazione con le Amministrazioni coinvolte e individuando le risorse finanziarie
nell’ambito dei finanziamenti del Piano di Zona 10 .
Interventi per gli anziani
Le iniziative in favore degli anziani messe in atto dal Comune sono:
Progetto Scality
Il progetto Scality nasce dalla constatazione della progressiva elevazione dell’età media
della popolazione europea e dalla conseguente necessità di investire sempre più risorse in
servizi ed assistenza per le persone anziane. Ne discende l’enorme importanza attribuita
dalla stessa Commissione Europea alla rivisitazione della qualità e identità dei servizi per gli
anziani, che è proprio ciò che il progetto Scality si propone di attuare attraverso la
previsione di un Label Europeo per la Qualità di tali servizi in ciascun Paese partecipante al
progetto. E’ finanziato nel quadro del programma comunitario “Leonardo da Vinci” ed
intende proporre degli standard di qualità comuni che possano essere adottati da tutti gli
Stati membri.
Centro sociale per gli anziani
Il Centro sociale per gli anziani di Colleferro promuove relazioni interpersonali tra persone
anziane attraverso attività senza scopo di lucro. Nell’ambito del centro si organizzano gite,
soggiorni estivi presso località marine, montane e termali, attività ludico motorie, escursioni
socio-culturali, feste da ballo e concerti musicali. Il presidio, inoltre, promuove la tutela
della salute delle persone anziane, organizzando appositi seminari relativi alla prevenzione
di specifiche patologie, corsi di ginnastica geriatrica, corsi di lingua inglese e un centro di
ascolto. Ogni anno, nel mese di settembre, i soci possono usufruire della possibilità di essere
accompagnati alle vicine terme di Pompeo, a Ferentino, per svolgere le terapie consigliate
dal proprio medico di famiglia. Ogni fine estate, da una decina d’anni, viene organizzato
dalla sede del centro un servizio di trasporto in pullman per agevolare l’accesso alle cure da
parte dei soci anziani che ne sentano la necessità per il loro benessere fisico.
Università delle Tre Età
L’Università delle Tre Età, giunta al 15° anno di attività, ha sede nella Scuola Media
“Mazzini” di Colleferro e organizza corsi per gli anziani sopra i sessantacinque anni. I corsi
attivi sono 17:
− inglese 1° e 2° livello;
− architettura e arredamento;
− medicina e psicosomatica;
10 Previsto dall’accordo di programma per l’attuazione della legge n. 328/2000. E’ volto a: favorire la formazione
di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni, stimolando le risorse locali di solidarietà nonché a
responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi; qualificare la spesa, attivando
risorse anche finanziarie, derivate da forme di concertazione; definire criteri di ripartizione della spesa a carico di
ciascun comune, delle USL e degli altri soggetti firmatari dell’accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il
raggiungimento di particolari obiettivi; prevedere iniziative di formazione e aggiornamento degli operatori
finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.
281

− scienza e metafisica;
− laboratorio espressivo-creativo;
− controversie condominiali;
− lettura e analisi critica del film;
− la grande distribuzione;
− giustizia a misura di cittadino;
− chimica dell’assimilazione;
− giornalismo;
− l’uomo e la natura;
− archeologia;
− fenomenologia delle religioni;
− musica;
− la grande cucina;
− sociologia.
Oltre alle tradizionali lezioni in classe, gli iscritti possono avvalersi delle innumerevoli attività
collaterali che si svolgono nell’ambito dell’università stessa, quali conferenze, tavole rotonde,
manifestazioni ricreative, gite e visite a musei.
L’UniTre svolge una funzione di notevole importanza sotto l’aspetto sociale, culturale e
sanitario, poiché mantenere la mente allenata, anche quando l’avanzare dell’età determina una
fisiologica diminuzione delle capacità fisiche, aiuta a prevenire il decadimento fisico e cerebrale.
Nell’anno accademico 2004/2005 sono state 92 le persone iscritte.
Interventi per gli immigrati
Dal 2000 il Comune di Colleferro ha attivato il Centro diurno di accoglienza per immigrati
stranieri con annesso uno sportello informativo, al fine di concorrere all’integrazione degli stessi,
fornire informazioni e supportarne le famiglie nelle problematiche relative all’inserimento
sociale, con particolare attenzione alla condizione dei minori e al rispetto dell’obbligo scolastico.
Per far fronte al sempre più rilevante problema del lavoro nero nel settore edile, la Filcea-Cgil
(sindacato dei lavoratori edili) dell’area Pomezia-Colleferro, nel corso del 2004, ha predisposto
una guida in sei lingue (arabo, albanese, russo, rumeno, inglese e francese) che contiene tutte le
informazioni utili da conoscere sul contratto nazionale e la mutualità per i lavoratori edili: una
sorta di carta dei diritti tesa ad informare i lavoratori stranieri del settore. La problematica è
molto sentita nel comprensorio di Colleferro, dove la presenza di immigrati rumeni, marocchini e
albanesi è fra le più consistenti. La Cgil ha anche sottoposto un questionario ai lavoratori
immigrati regolari per conoscere non solo le ragioni del trasferimento in Italia, ma anche le
condizioni di vita e di lavoro.
Politiche del volontariato
L’Amministrazione Comunale, nel corso del 2005, ha effettuato un censimento degli attori che
operano nel terzo settore al fine di individuare quanti di essi non avessero ancora trovato una
sede idonea a poter svolgere la loro attività consociativa.
Sulla base delle evidenze emerse, è stato poi predisposto il trasferimento delle sedi di tutte le
associazioni di volontariato presenti sul territorio in un unico edificio, situato accanto a quello
comunale.
Le fasi successive dell’iniziativa comunale prevedono:
− l’incontro tra le stesse e i Servizi Sociali dell’Amministrazione, al fine di provvedere alla
raccolta e conoscenza dei dati sui bisogni e sulle risorse rese disponibili dalle parti in causa;
− la qualificazione degli interventi e dei servizi per rispondere in modo adeguato alle esigenze;
282

− l’elaborazione di un protocollo d’intesa.
Va messo in rilievo che le associazioni di volontariato presenti sul territorio sono tante ed il loro
numero va aumentando di anno in anno: ciò costituisce un segnale positivo, in quanto
presuppone che la cittadinanza sia composta da persone di spirito propositivo e solidale.
283

3.1.5 Sport
Nel Comune di Colleferro sono presenti 36 impianti sportivi, dove è possibile praticare sia gli
sport più popolari, come il calcio, il nuoto, il tennis e la ginnastica, sia quelli meno diffusi, come
l’hockey, il pattinaggio e l’atletica. Le numerose palestre censite comprendono quelle annesse
alle scuole statali oltre che quelle private.
L’affluenza complessiva alle strutture sportive, nel corso del 2004, è stata stimata in circa 27.000
persone.
Nel 2004 è stato inaugurato il Bocciodromo comunale, ricavato da un vecchio capannone che
doveva essere demolito. La struttura è stata particolarmente apprezzata dalla popolazione, in
quanto si tratta di un luogo dove poter praticare un’attività sportiva, ma anche dove potersi
incontrare. Lo stesso sarà interessato a breve da nuovi lavori aventi lo scopo di renderlo
maggiormente accogliente, grazie alla realizzazione di una capiente tribuna per gli spettatori,
degli spogliatoi, di un bar e di un pronto soccorso.
Tab. 3.1.3 – Impianti sportivi presenti nel Comune di Colleferro
Disciplina sportiva N° impianti
Calcio a 11 2
Calcio a 5 5
Atletica leggera 2
Pallacanestro 4
Bocce 2
Rugby 1
Pallavolo 1
Polivalente 1
Piscina 2
Palestre 10
Tennis 5
Hockey e pattinaggio a rotelle 1
TOTALE 36
Fonte - CONI
Il Comune promuove una serie di avvenimenti per incentivare la pratica dell’attività sportiva,
catalizzare l’interesse dei cittadini e soddisfare esigenze particolari.
Si vuole favorire, in particolare, la diffusione dello sport tra i giovani e nelle scuole.
A tal proposito, si può citare l’avvio di un programma sperimentale che prevede la presenza di
istruttori di scherma nelle ore di educazione fisica scolastica, per offrire ai ragazzi delle scuole
medie la possibilità di cimentarsi in uno sport particolarmente avvincente ma non molto
popolare. L’Amministrazione, per dare seguito all’iniziativa presa, ha ospitato una competizione
di scherma che ha coinvolto 150 atleti in lizza per l’ingresso nella finale nazionale di categoria.
Per il secondo anno consecutivo, inoltre, si sono svolte a Colleferro la “Maratonina di
Primavera” e la manifestazione denominata “Trofeo Lazio di Marcia”, gara regionale con la
presenza di atleti di alto livello.
Altra iniziativa di particolare sensibilità è stata l’organizzazione del quadrangolare di calcio a 5
“I° Torneo Interforze Città di Colleferro”, che l’Amministrazione ha promosso allo scopo di
offrire un appuntamento sportivo di risalto alle locali forze dell’ordine.
284

Nel mese di novembre, infine, si svolge da ormai 15 anni una corsa podistica lungo le strade
cittadine organizzata dalla società podistica amatoriale di Colleferro. La manifestazione, molto
sentita dalla popolazione, è autorizzata dal Comitato Provinciale della FIDAL (Federazione
Italiana Atletica Leggera) e vede il costante patrocinio del Comune di Colleferro.
285

3.1.6 Manifestazioni ed eventi
Dal punto di vista culturale, l’anno 2005 è stato caratterizzato dalle manifestazioni per la
ricorrenza del 70° anniversario della fondazione del Comune.
Per celebrare al meglio l’anniversario, l’Amministrazione ha istituito un’apposita Commissione
costituita dai rappresentanti delle diverse realtà presenti sul territorio per proporre e vagliare le
iniziative e i progetti più idonei a celebrare la città.
Gli eventi in programma sono stati orientati soprattutto al ricordo dei momenti istituzionali della
storia di Colleferro per stimolare nei cittadini il senso di appartenenza alla città.
Un esempio è la celebrazione dei caduti dello scoppio della fabbrica di tritolo Bombrini Parodi
Delfino del 1938, avvenimento drammatico che causò la morte di molte persone. Sul luogo in cui
sorgeva la fabbrica è stato realizzato un Sacrario per commemorare tutti i caduti. Attraverso
letture di brani e di articoli del tempo si è cercato di presentare alle generazioni più giovani un
momento indelebile nella storia della città.
Ma al di là della particolare ricorrenza, Colleferro organizza abitualmente mostre e rassegne a
tutti i livelli, da quello artistico a quello gastronomico, per fare in modo che la gente scenda in
piazza e si riappropri della città.
Anche per il 2005 sono stati realizzati avvenimenti musicali, sportivi, sociali e teatrali al fine non
solo di creare aggregazione e socializzazione tra i cittadini, ma anche di proporre delle tradizioni
ad un paese la cui popolazione si è formata attraverso un processo di immigrazione per lavoro.
Tra le manifestazioni che si rinnovano ogni anno, si possono menzionare “l’Incantastrada”, le
grandi sfilate di Carnevale e l’Estate di Colleferro, che hanno permesso di identificare il Comune
come un polo culturale a cui guardano anche i paesi limitrofi.
Il più importante degli avvenimenti culturali ricorrenti e consolidati è sicuramente il Carnevale,
durante il quale la popolazione inscena grandi sfilate, da quelle delle scuole a quella dei carri
allegorici. Per valorizzare la manifestazione è stato indetto un concorso per le maschere, che
prevede un premio per i bambini ed uno per gli adulti, nonché un premio per la migliore società
sportiva mascherata.
Durante il mese di luglio si svolge la lunga manifestazione “Colleferro Estate”, che ogni sera
registra la partecipazione di circa 3.000 persone. Vengono proiettati gratuitamente film di vario
genere e vengono organizzati concerti sia di cori polifonici locali sia con istituzioni molto
importanti in campo musicale, come ad esempio l’Accademia di S. Cecilia di Roma.
L’ultimo appuntamento dell’anno è “l’Incantastrada”, che riunisce nel proprio ambito tutte le
manifestazioni legate al periodo natalizio, iniziando con le celebrazioni della festa della Santa
Patrona del 4 Dicembre e terminando con l’Epifania, in un percorso culturale che si articola in
spettacoli di drammatizzazione sacra, concerti di musica classica, rappresentazioni del Natale e
organizzazione di avvenimenti che coinvolgono l’intera cittadinanza.
Sempre nel periodo natalizio si svolge il Concorso dei Mini Presepi Artistici, giunto ormai alla
18 a edizione, durante il quale il Comune mette in palio un premio aperto a quanti vogliano
cimentarsi con questa forma espressiva. Le opere realizzate vengono esposte presso
l’Auditorium della Scuola Media “Mazzini”, in una mostra aperta al pubblico e al termine della
quale, il giorno dell’Epifania, vengono premiati i vincitori e assegnati speciali riconoscimenti per
le scuole.
Un evento particolare e molto sentito dalla comunità, che merita senz’altro di essere citato, è la
“Festa dell’Esultanza”, organizzata dalla parrocchia di San Bruno. Nell’ambito della festa si
svolge un percorso eno-gastronomico denominato “Calici sotto il campanile”, con degustazione
di vini e prodotti tipici. Nel 2004 sono state ospitate ben 19 aziende del Lazio e 10 persone,
scelte tra i frequentatori della festa, sono state investite del ruolo di giudice della qualità dei vini.
286

Di altro tenore è invece il progetto dei “Venerdì letterari” promosso dal Comune di Colleferro
nel corso del 2005, che ha visto scrittori di chiara fama nazionale presentare, un venerdì al mese,
una propria opera letteraria al pubblico ospitato nell’Aula Consiliare del Comune. In tale
contesto la cittadinanza può dibattere con lo scrittore sui contenuti dell’opera, esprimendo la
personale interpretazione della stessa. La recensione critica è infatti un interessante momento di
incontro e di scambio che favorisce la crescita culturale dei cittadini.
Va ricordato, infine, il Premio “Gabriella Borghini”, intitolato alla memoria della docente di
lettere, storia e filosofia del Liceo Scientifico “Guglielmo Marconi”. Il Premio rappresenta il
momento culminante di un concorso istituito sei anni fa dalla famiglia Borghini e indirizzato agli
studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori del Comune di Colleferro. Durante la cerimonia
di premiazione, alla presenza del Sindaco, dell’Assessore alle Politiche per la Formazione e dei
rappresentanti del mondo scolastico, viene consegnato un assegno di circa 2.000 € allo studente
che ha raggiunto la media più alta durante i cinque anni complessivi del percorso scolastico.
Per concludere, malgrado sia molto difficile conteggiare il numero di individui che partecipano a
manifestazioni ed eventi gratuiti, si stima che le iniziative che si sono svolte nel Comune di
Colleferro nell’anno 2004 abbiano avuto un’utenza complessiva di circa 50.000 persone.
287

3.1.7 Interventi per la promozione e la sostenibilità del territorio
Parco Archeologico
Colleferro si distingue dagli insediamenti tipici della Valle del Sacco, che si estende dal
fondovalle del fiume fino ai Monti Lepini, perché in parte privo di elementi del paesaggio
storico-antropizzato tradizionalmente definiti “di pregio” benché situato in un’area di fondovalle.
La redazione della “Carta Archeologica” del Comune di Colleferro si segnala come un fatto
particolarmente innovativo e rappresenta il prodotto di circa venti anni di ricerche condotte dal
Gruppo Archeologico Toleriense e dall’Antiquarium Comunale. I risultati di questo lavoro sono
stati presentati in forma organica e completa per la prima volta, nel 1997.
Lo studio non aveva inizialmente un preciso obiettivo storico-archeologico, ma era finalizzato a
fornire il quadro completo, aggiornato al giugno 1996, delle presenze archeologiche e
monumentali del territorio del Comune.
Da un censimento con finalità divulgative, la Carta è divenuto uno strumento operativo per
avviare una seria politica di salvaguardia dei beni culturali. In tal senso essa è stata rivisitata per
rispondere alla domanda di tutela ambientale e culturale del territorio prima dell’adozione,
avvenuta con DG n. 255 del 18/4/1997.
La Carta archeologica, può essere considerata parte integrante della componete paesaggio e
affronta il tema della tutela del patrimonio archeologico avendo a base il concetto di
prevenzione, in quanto il bene archeologico non gode delle stesse proprietà delle risorse naturali,
né il suo carattere di "monumentalità” è sufficiente a rappresentarne il valore relazionale,
culturale e scientifico.
La “Carta” si può considerare come un "insieme di informazioni" le cui caratteristiche distintive
sono l'unicità e l'irripetibilità. Tali "informazioni" sono rappresentate dalla successione
stratigrafica del sito che, una volta intaccata, non è più ricostruibile.
Partendo da tale presupposto, tutelare il patrimonio archeologico significa per il Comune di
Colleferro prevenire l'esplicarsi delle cause di danno.
La salvaguardia del patrimonio archeologico di Colleferro recepisce l'entità e le caratteristiche, le
cause di danno, integrando queste informazioni con valutazioni qualitative di ordine topografico
e geologico.
Si delinea così un metodo di lavoro articolato in tre fasi distinte, una di analisi del territorio, una
di sintesi dell'informazione necessaria per la terza fase che consiste nella definizione delle
procedure di salvaguardia e di monitoraggio.
Il progetto del “Parco archeologico” prevede la realizzazione di un vero e proprio piccolo museo
nell’area di Colle Pantanaccio articolato con vari percorsi espositivi e didattici.
Le opere riguarderanno sia il giacimento in cui sono presenti i reperti paleontologici rinvenuti,
sia un piccolo Antiquarium didattico sia spazi esterni.
Collegate a tale progetto sono: l’attivazione di una scuola per il recupero e la conservazione dei
beni paleontologici, l’impiego di giovani nel campo del restauro e delle visite guidate, la
creazione di un polo didattico per scuole di ogni ordine e grado, l’istituzione di un parco o
itinerari che partendo da Colleferro tocchino altri siti di interesse e, infine, lo sviluppo del
turismo.
Il Parco-museo sarà gestito in economia dal Comune utilizzando il personale che già si occupa
dei temi e degli aspetti museali dell’archeologia e dei resti fossili presenti in abbondanza sul
territorio.
L’Amministrazione Comunale intende poi attivare sponsorizzazioni di soggetti privati, che nel
caso specifico possono acquisire la gestione dei servizi aggiuntivi come seminari didattici, visite
guidate, conduzione di posto ristoro, book shop, ecc.
288

Parchi, zone verdi e giardini pubblici
Nel territorio comunale di Colleferro è presente il “Parco del fiume Sacco”, situato nelle
immediate vicinanze del capoluogo (direzione Nord). Nelle vicinanze del cimitero sorge il
vecchio castello di Colleferro, ove è prevista la realizzazione di un parco pubblico. Nei pressi
dello svincolo autostradale di Colleferro, sorge il Castello di Piombinara per cui è previsto un
progetto di recupero d’area.
Tab. 3.1.4: Superfici “ Aree a Giardino e il Verde Pubblico ‘
Prog. Impianto
01 S. Barbara
02 P.zza Gaucci
03 S.Bruno
04 L.go Boccaccio
05 Via a. Grandi
06 P.zza Italia
07 Via Consolare Latina
08 Via Latina ( Parco)
09 Colle S. Antonino
10 Via Giotto ( Parco)
11 Via Giotto ( Boschetto)
12 Parco Fluviale
Parco Fluviale
Il progetto “Parco del fiume Sacco”, di cui è già stato realizzato il primo lotto, prevede la
bonifica del fiume Sacco e la realizzazione di un’area verde con interventi di recupero
naturalistico, la riqualificazione e valorizzazione di alcuni ruderi ora inutilizzati e la creazione di
aree attrezzate, con funzioni di impiego del tempo libero attraverso il divertimento, la didattica,
la cultura, il fitness.
L’area del parco presenta un andamento sinuoso e variabile con ampiezze comprese tra i 15 e gli
80 metri (esempio: slargo delimitato dal fosso Gavozza e l’area industriale-artigianale di
Colleferro, dove è stata prevista la collocazione di un piccolo anfiteatro per manifestazioni
culturali, didattica e folklore ed un laghetto artificiale da realizzare in un lotto successivo).
L’area si sviluppa prevalentemente lungo la sponda destra del fiume che abbraccia tutto il
territorio di Colleferro e complessivamente occupa una superficie di circa 4.5 ha.
Nel primo lotto sono state già realizzate opere per la sistemazione di verde attrezzato la cui cura
e gestione è prevista a carico del Comune, aree per giochi e tempo libero, aree ristoro, aree
fitness, aree parcheggio e interventi di rinverdimento e schermature arboree, completamento di
arredo pubblico e ponti in legno sul fiume.
Nel secondo lotto, in attesa del finanziamento Docup Asse III, si è ipotizzato di poter realizzare
un campo da Golf, laghetti artificiali per pesca sportiva e un giardino roccioso mediante
l’utilizzare del modello gestionale dell’affidamento a soggetti privati, previo bando di gara.
289

BIBLIOGRAFIA E DOCUMENTAZIONE DI RIFERIMENTO
1.1 Generalità del territorio
- www.comune.colleferrro.rm.it, 2005
- www.comuni-italiani.it, 2005
- www.paesionline.it, 2005
1.2 Ambiente naturale
- A.A.V.V. – 2002 – Studio di impatto ambientale – Progetto per un impianto di stoccaggio
definitivo per le esigenze della Regione Lazio, ivi inclusi i rifiuti provenienti dall’intervento
di bonifica sui siti ARPA 1 e ARPA 2, Comune di Colleferro – Località Sughero. Comune di
Colleferro.
- Blasi C. – 1994 – Fitoclimatologia del Lazio. Università “La Sapienza” – Roma
Dipartimento di Biologia Vegetale, Regione Lazio Assessorato Agricoltura – Foreste, Caccia
e Pesca, Usi Civici: 5-56
- Fenaroli L. – 1970 – Note illustrative della Carta della vegetazione reale d’Italia. Collana
Verde 28 Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste
- Pratesi F., Tassi F. – 1977 – Guida alla natura del Lazio e Abruzzo. Arnaldo Monadori
Editore :21-272
- Sindaco R., Mondino G.P.,Selvaggi A., Ebone A., Della Beffa G. – 2003 - Guida al
riconoscimento di Ambienti e specie della Direttiva Habitat in Piemonte. Regione Piemonte
:1-220
- Tomaselli R. – 1970 – Note illustrative della Carta della vegetazione naturale potenziale
d’Italia. Collana Verde 27 Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste
- Tomaselli R., Balduzzi A., Filipello S. – 1973 – Carta bioclimatica d’Italia. Collana Verde 33
Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste
- Tomaselli R. – 1973 – La vegetazione forestale d’Italia. Collana Verde 33 Ministero
dell’Agricoltura e delle Foreste
- Trilli M., Salviati M. – 1999 – Interventi di bonifica, sistemazione e riqualificazione del
Fiume Sacco. Comune di Colleferro
- Ugo Ventriglia - Idrogeologia delle Provincia di Roma volume III Regione Vulcanica dei
Colli Albani – 1990
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- www.comune.colleferrro.rm.it, 2005
- www.minambiente.it, 2005
- www.regione.lazio.it, 2005
- www.sinanet.apat.it, 2005
1.3 L’uomo e il tessuto socio-economico
- ISTAT - 14° Censimento della popolazione e delle abitazioni anno 2001.
- Uffici anagrafe comunali del Distretto sociosanitario Rm G6
- Osservatorio tecnico scientifico per la sicurezza, Regione Lazio, 2003
- XII Rapporto Caritas-Migrantes sull’immigrazione, 2002
- www.comune.colleferro.rm.it
- www.provincia.roma.it
290

1.4 L’urbanizzazione, le strutture e i servizi
- ISTAT - 14° Censimento della popolazione e delle abitazioni anno 2001.
- Autorità di bacino dei fiumi Liri – Garigliano e Volturno – Piano stralcio di assetto
idrogeologico – 2001
-
- www.comune.colleferro.rm.it
- www.regione.lazio.it
- www.provincia.roma.it
1.5 Le attività produttive
- 7° e 8° Censimento Generale dell’Industria e dei Servizi dell’ISTAT - anni 1991 e 2001
- 5° Censimento Generale dell’Agricoltura dell’ISTAT - anno 2000
- Censimento intermedio dell’Agricoltura dell’ISTAT - anno 1996
- 14° Censimento Generale della popolazione e delle abitazioni dell’ISTAT - anno 2001
- Segnali Ambientali 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005 della Regione Toscana
- Registro europeo delle organizzazioni Registrate Emas o che hanno ottenuto il marchio
ecologico Eco-label aggiornato a maggio 2005 dal Ministero dell’Ambiente (Comitato
ecoaudit-ecolabel)
- Registro internazionale delle organizzazioni certificate ISO 14001 aggiornato a maggio 2005
dal Sincert, organo ufficiale di accreditamento
- Elenco Regionale dei produttori biologici aggiornato al giugno 2004 dall’Agenzia Regionale
per lo Sviluppo e l’Innovazione del Settore Agricolo-Forestale (Arsia)
- Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura della provincia di Roma
- Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Roma - “Lo scenario
economico provinciale” - dicembre 2004
- Regione Lazio Assessorato all’Ambiente - ARPALAZIO - Rapporto sullo Stato
dell’Ambiente del Lazio – anno 2004
- Database dell’Osservatorio sul commercio della Regione Lazio
- Sviluppo Lazio - “Rapporto sull’economia del Lazio 2003”
- EU.RES Ricerche economiche e sociali - “Rapporto sullo stato delle province del Lazio”
- Legambiente - Rapporto Ecosistema Urbano – anno 2004
- Enea e MiPAF - “Analisi della filiera ortofrutticola biologica del Lazio” - anno 2001
- Documento preliminare di Indirizzo, Comune di Colleferro, luglio 2005
- Il commercio nel Lazio: offerta e domanda locale - I dati della Provincia di Roma - Istituto
Guglielmo Tagliacarne - giugno 2002
- Sistema Informativo Territoriale. Aree industriali – Collana BIC LAZIO – dicembre 2000
- www.regione.lazio.it
- www.comune.colleferro.rm.it
- www.biclazio.it
2.1 Paesaggio e uso del territorio
- AA VV. - 1997 – Relazione sullo stato dell’ambiente a Roma. Comune di Roma. Paesaggio:
159
- AA.VV. - 1999- Interventi di bonifica, sistemazione e riqualificazione del Fiume Sacco,
Relazione ambientale. Comune di Colleferro-Regione Lazio. Il paesaggio e la visualità ante e
post operam: 17
291

- AA.VV. - 2002- Piano Territoriale Provinciale Generale, Documentazione preliminare.
Provincia di Roma. Elaborati Quadro Ambientale
- AA VV. - 2003 – Relazione sullo stato dell’ambiente del territorio della Comunità montana
dei Monti Martani e del Serano. Comunità montana dei Monti Martani e del Serano.
Ecologia del Paesaggio: 391-395
- AA VV. - 2004 – Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria. Regione Umbria.
Paesaggio: 358-378
- Battisti C. - 2004 – Frammentazione ambientale, connettività, reti ecologiche. Un contributo
teorico e metodologico con particolare riferimento alla fauna selvatica. Provincia di Roma,
Assessorato alle politiche agricole, ambientali e protezione civile: 1-248
- Gibelli G. - 2003 - Atti del seminario “Indicatori di ecosistemi per il governo del territorio”
organizzato da “Associazione Analisti Ambientali”, il 14 novembre 2003, Roma
- Ingegnoli V. - 1993 - Fondamenti di ecologia del paesaggio, Città studi Edizioni, Milano.
- www.ambientediritto.it, 2005
- www.asita.it, 2005
- www.atlanteitaliano.it, 2005
- www.clc2000.sinanet.it 2005
- www.minambiente.it, 2005
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- www.urbanisticaecasa.regione.lazio.it, 2005
2.2 Suolo e Sottosuolo
- APAT – Annuario dei dati Ambientali Volume I – 2003
- Gruppo Nazionale per la Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche – Progetto AVI “Carta delle
aree colpite da movimenti franosi e da inondazioni” - 1996
- Gruppo Nazionale per la Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche – Progetto AVI “Aree
vulnerate e piani di protezione civile” - 1994
- Gruppo Nazionale per la Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche – Progetto AVI “Relazione
di Sintesi” – 1993
- Autorità di bacino dei fiumi Liri – Garigliano e Volturno – Piano stralcio di assetto
idrogeologico – 2001
- ICQ – 2004 – Impianti per la produzione di energia elettrica alimentati con CDR-Controlli
ambientali sulla qualità dell’aria e del suolo. Mobil service S.r.l. e E.P. Sistemi S.r.l.
Colleferro:1-24.
- Regione Lazio - Piano Regionale dei Rifiuti-2002
- http://avi.gndci.cnr.it/
- www.apat.gov.it
2.3 Acque Superficiali e Sotterranee
- APAT – Annuario dei dati Ambientali Volume I – 2003
- Regione Lazio Assessorato all’Ambiente –ARPALAZIO - Rapporto sullo Stato
dell’Ambiente del Lazio 2004.
- Regione Lazio Assessorato all’Ambiente – Piano di Tutela delle Acque Volumi (I, II, III,
IV), Tavole di Piano e Atlante dei Bacini - 2004.
- ARPAT - Breve guida per le analisi delle acque potabili – 2002
- ARPA Emilia Romagna – Annuario regionale dei dati ambientali – 2005
292

- Gazzetta Ufficiale n. 246 del 20 ottobre 2000 - Testo aggiornato del decreto legislativo 11
maggio 1999, n. 152, recante: "Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e
recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane
e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato
dai nitrati provenienti da fonti agricole", a seguito delle disposizioni correttive ed integrative
di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258"
- Regione Lazio Assessorato all’Ambiente e Università degli studi di Roma “La Sapienza”
Dipartimento di Idraulica, Trasporti e strade – Aggiornamento del piano regolatore generale
degli acquedotti – 2004
- www.apat.gov.it
2.4 Aria
- AA VV – 2005 – Valutazione della qualità dell’aria nel Comune di Colleferro. Provincia di
Roma-Servizio Tutela dell’aria ed Energia: 1-32.
- AA VV. – 2005 – Rapporto sulla qualità dell’aria nella Regione Lazio. Agenzia Regionale
Protezione Ambientale del Lazio: 1-55.
- AA. VV. – 1998 – Censimento delle emissioni in atmosfera. Provincia di Roma
- www.ambientediritto.it, 2005
- www.minambiente.it, 2005
- www.apat.it, 2005
- www.nonsoloaria.it, 2005
- www.regione.lazio.it
2.5 Inquinamento Elettromagnetico
- Regione Lazio Assessorato all’Ambiente –ARPALAZIO - Rapporto sullo Stato
dell’Ambiente del Lazio 2004
- Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio - Regione Lazio Assessorato
all’Ambiente –ARPALAZIO – Campi Elettromagnetici e Ambiente - 2005
- Igeam srl – I campi elettromagnetici: che cosa sono, da dove vengono, che effetti producono
– Nota informativa – 2000
- www.apat.gov.it
- www.fub.it
2.6 Rumore
- Comune di Colleferro - Classificazione Acustica del Territorio (Legge 26 ottobre 1995,
n.447), Relazione Tecnica – Ottobre 2002
- AA. VV. – 2002 – Monitoraggio inquinamento atmosferico ed acustico, Velletri 25.04.2002
– 23.06.2002. Provincia di Roma, Assessorato Ambiente, Servizio Tutela dell’Aria: 1-24.
2.7 Mobilità e trasporti
- Sartori A. e Ammendola T. - La mobilità nell’area romana - Working paper dell’Ufficio
Studi N° 4 – novembre 2004;
- SISTAR Lazio - La sicurezza nelle strade del Lazio - anno 2001;
- Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei
Trasporti - anno 2002
293

- ACI - 59° Conferenza del traffico e della circolazione - Localizzazione incidenti stradali
2001 – maggio 2003
- Regione Lazio Assessorato all’Ambiente - ARPALAZIO - Rapporto sullo Stato
dell’Ambiente del Lazio – anno 2004
- Documento preliminare di Indirizzo, Comune di Colleferro, luglio 2005
- www.aci.it
- www.regione.lazio.it
2.8 Energia
- Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e Ministero dell’Economia e Finanze- Piano
nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra 2003-2010-
Dicembre 2002.
- Regione Lazio- Proposta di revisione ed aggiornamento del Piano energetico della Regione
Lazio- Allegato A-2001.
- Servizio Studi di Sviluppo Lazio _L’energia nel Lazio: fonti tradizionali e rinnovabili- I
Quaderni di Sviluppo Lazio- Anno I- Numero 4.
2.9 Rifiuti
- APAT e ONR - 2004- Rapporto rifiuti 2004 Volume II- Rifiuti speciali.
- APAT e ONR - 2004- Rapporto rifiuti 2004 Volume I- Rifiuti urbani.
- APAT e ONR - 2003- Rapporto rifiuti 2003.
- APAT e ONR - 2002- Rapporto rifiuti 2002.
- MUD 2001,2002,2003 e 2004 del Comune di Colleferro.
- Gaia interventi ambientali - Discarica di Colle Fagiolara- Documentazione integrativa per la
procedura di VIA-2001.
- Regione Lazio Assessorato all’Ambiente –ARPALAZIO - Rapporto sullo Stato
dell’Ambiente del Lazio 2004.
- Regione Lazio - Piano Regionale dei Rifiuti-2002.
- WWF Sezione regionale del Lazio - La gestione dei rifiuti a Roma e provincia-2003.
- WWF ONLUS- Sezione regionale Lazio - I rifiuti nel Lazio-31 ottobre 2002.
- ARPALAZIO - Indagine sulla percezione dello stato dell’ambiente e sulle politiche
ambientali nella regione Lazio-2004.
- Rassegna stampa dei quotidiani Il Tempo, Il Messaggero, La Provincia, Ciociaria Oggi, del
Comune di Colleferro - 2003 e2004.
- Ing. Alessandro Priori - Uff. Ambiente del Comune di Colleferro- Relazione Ambiente
Colleferro - 2005.
- Documento preliminare di indirizzo (LR n.38/99, art.32)- Comune di Colleferro- luglio 2005
- Messa in sicurezza della discarica- Attività e Costi- Impianto di smaltimento RSU Colle
Fagiolara- Colleferro,19 gennaio 2004.
- www.consorziogaia.it
- www.provincia.roma.it “Insieme per l’ambiente di tutti”
- www.regione.lazio.it
2.10 Rischi naturali e antropici
- Regione Lazio Assessorato all’Ambiente – ARPALAZIO - Rapporto sullo Stato
dell’Ambiente del Lazio 2004.
- Vigili del Fuoco- 2005 - Elenco delle attività a rischio di incidente rilevante soggette agli
artt. 6-7 e 8 del D.lgs 334/999.
294

- Regione Lazio Assessorato all’Ambiente e APAT- 2005 - Indagine Radon nelle abitazioni
delle province di Roma e Viterbo.
- www.ingv.it
3 – Le politiche sociali
- www.coni.it
- www.istruzione.it
- www.comune.colleferro.rm.it
- www.aslromag.it
Cartografia
- Provincia di Roma, Servizio Sistema Informativo Geografico – Cartografia varia 1:25.000
- Regione Lazio, Sistema Informativo Regionale Difesa del Suolo (SIRDIS)– Cartografia
vettoriale su Dissesti idraulici, Idrografia, Piani di assetto idrogeologico, Rischio sismico,
Vincolo idrogeologico (1:100.000)
- Regione Lazio, Sistema Informativo Regionale Ambientale (SIRA)– Cartografia vettoriale su
Acque superficiali, Aree protette, Aree sensibili, Bioindicatori, Boschi, Cave, Comunità
montane, Aree obiettivo, Ferrovie e Strade, Fitoclima, Geologia, Idrogeologia, Industrie a
rischio, Piano Faunistico Venatorio, Uso del suolo (1:100.000)
- Regione Lazio, Progetto Corine Land Cover – Cartografia di uso del suolo 1:100.000
Comune di Colleferro - Classificazione Acustica del Territorio (Legge 26 ottobre 1995,
n.447), Elaborati Cartografici 1:5.000 – Ottobre 2002
- Comune di Colleferro – Aerofotogrammetria digitale 1:20.000
- Comune di Colleferro – Tavole catastali in formato digitale 1:5.000
295

SCHEMA SINTETICO
GUIDA ALLA LETTURA DELLE SCHEDE SINTETICHE
Allo scopo di mettere in evidenza lo stato qualitativo dell’ambiente e le principali criticità sociali,
economiche e ambientali del Comune di Colleferro, emerse nel corso dell’elaborazione del
Rapporto sullo Stato dell’Ambiente, sono state realizzate, per ogni tematica analizzata, diverse
schede di sintesi.
Le schede vogliono semplicemente facilitare la lettura del Rapporto e sono state redatte in maniera
semplificata al fine di evidenziare il più possibile i rapporti tra le pressioni esercitate sull’ambiente
e lo stato delle risorse naturali e del contesto sociale. Per qualsiasi approfondimento, quindi, e per
una corretta interpretazione dei dati, si rimanda alla lettura dei vari capitoli, all’interno dei quali la
trattazione degli argomenti è affrontata in maniera approfondita e completa.
Per ogni informazione relativa agli aspetti socioeconomici ed ambientali nelle schede sono messe in
evidenza, attraverso l’adozione di una simbologia immediata, le seguenti valutazioni:
☺ Situazione migliorata nel tempo; sono state intraprese iniziative positive
Situazione peggiorata nel tempo o, comunque, critica
Il dato va tenuto sotto controllo per verificarne l’andamento nel tempo
.?. Situazione non valutabile per assenza di informazioni adeguate
AMBIENTE NATURALE, PAESAGGIO E BIODIVERSITA’
STATO
Estensione aree naturali: le aree naturali non sono molto estese (13%). Il 76 % è coltivato intensamente,
per la maggior parte a seminativi.
Frammentazione: il territorio è piuttosto frammentato e l’unica area continua è quella agricola connessa
con i Monti Lepini.
Gestione flora e fauna:dei corridoi ecologici migliorerebbero la situazione dell’ambiente naturale.
Territorio tutelato: non esistono aree tutelate, né Siti d’importanza Comunitaria, né Zone di Protezione
Speciale. Il territorio è molto vicino ai Monti Lepini, un’area che da anni chiede l’istituzione di un Parco
Regionale.
Presenza di specie tutelate o di pregio e di emergenze naturalistiche: il territorio molto antropizzato
non ospita alcuna specie di pregio.
Habitat standard: il territorio di Colleferro non è autosufficiente dal punto di vista energetico.
Paesaggio: il paesaggio di Colleferro è fortemente caratterizzato dall’area industriale.

CLIMA
☺
PRESSIONI
Stress climatici: il clima dell’area è sufficientemente piovoso e quindi favorevole alla vegetazione. Il
periodo di aridità è piuttosto breve.
URBANIZZAZIONE E USO DEL SUOLO
☺ Occupazione del suolo: le aree urbanizzate sono l’11%.
MOBILITA’ E TRAFFICO
.?. non sono possibili valutazioni sul ruolo delle strade come barriere lineari.
AGRICOLTURA E INDUSTRIA
Agricoltura: le aree agricole sono per circa il 50% destinate a seminativi, in particolare a cereali e a
foraggiere.
☺
Agricoltura le coltivazioni orticole, che richiedono più acqua, concimi e trattamenti fitosanitari sono
scarsissime.
Agricoltura della superficie agricola l’88% è effettivamente utilizzata (SAU); le aziende sono di piccole
dimensioni. Da incentivare le iniziative di agricoltura sostenibile.
Allevamento: l’allevamento è molto poco praticato e si può presupporre che si abbia uno scarso impatto
ambientale.
CAVE, DISCARICHE, AREE DEGRADATE
Discariche: è presente una discarica per rifiuti solidi urbani inserita in un area agricola.
.?.
Aree degradate: non si hanno dati sulle aree degradate.
Cave: sono presenti tre cave.
RISCHI NATURALI E ANTROPICI
Rischio industriale: l’area è molto industrializzata; sono presenti 4 aziende a rischio d’incidente
rilevante, delle quali 3 in attività, e varie aziende che possono rilasciare sostanze tossiche.
RISPOSTE ESISTENTI
Gestione faunistica: la gestione faunistica è regolamentata dal Piano Faunistico Venatorio approvato
dalla Provincia di Roma nel 1997.

☺
.?.
QUALITA’ DELLA RISORSA IDRICA
STATO
Qualità delle acque superficiali: il corso d’acqua principale, il fiume Sacco, arriva già inquinato nel
comune di Colleferro e la sua qualità è pessima. Sarebbe necessario un monitoraggio continuo della
qualità delle acque del Sacco e di tutti i corsi d’acqua minori suoi affluenti, alcuni dei quali sono
particolarmente inquinati, come quelli provenienti dalle aree industriali.
Qualità delle acque sotterranee: le acque di falda utilizzate anche per l’approvvigionamento idrico sono
di buona qualità e non sono state contaminate dal β-esaclorocicloesano.
Qualità delle acque sotterranee: considerando le pressioni nella zona è necessario un monitoraggio
costante.
Vulnerabilità degli acquiferi:la struttura geologica porta a dei suoli in gran parte molto permeabili ed
eventuali inquinamenti causerebbero danni in breve tempo e avrebbero un recupero molto lento. Le falde
freatiche sono molto superficiali e quindi il rischio d’inquinamento è maggiore.
PRESSIONI
URBANIZZAZIONE
Prelievi e consumi idrici: non ci sono dati adeguati sulla qualità della risorsa idrica. Servirebbero
informazioni suddivise per mese e per anno e per ogni attività economica (usi civili, agricoltura, turismo,
.?. altro) e delle altre attività per suggerire azioni per la riduzione dei consumi di ogni categoria.
Efficienza della depurazione delle acque: a Colleferro l’unico impianto è adeguato alle capacità della
rete fognaria; però la rete fognaria non è adeguata alla popolazione presente.
.?.
.?.
Qualità degli scarichi: mancano i dati sulla qualità degli scarichi del depuratore.
Scarichi abusivi: non ci sono dati sugli carichi abusivi.
Numero scarichi: la maggior parte degli scarichi confluiscono nel fiume Sacco, compromettendo
ulteriormente la capacità autodepurativa del corso d’acqua.
Quantità reflui depurati: la quantità di acqua collettata è inferiore al quantitativo di AE che il depuratore
può trattare.
Discariche rifiuti inerti e sorgenti di inquinamento del suolo: c’è una discarica per RSU che riceve
rifiuti da tutto il comprensorio regionale.
.?. Perdite nella rete: non ci sono dati adeguati per fare delle valutazioni.
MOBILITA’ E TRAFFICO
Dilavamento stradale: non ci sono dati sulla qualità delle acque risultanti dal dilavamento delle strade che
finiscono nei fossi.
.?.
AGRICOLTURA E INDUSTRIA
Consumi idrici: L’irrigazione avviene attraverso l’utilizzo di acque superficiali che essendo molto
inquinate, mettono a rischio sia le colture sia la salute degli animali, come è già successo nel caso del β-
esaclorocicloesano. Sarebbe importante l’adozione da parte degli agricoltori di pratiche mirate alla
riduzione del consumo idrico, contemporaneamente ad un risana mento della qualità dei corpi idrici.
Carico organico potenziale e carico trofico: il carico organico potenziale civile e della zootecnia si
equivalgono. Il carico trofico dell’agricoltura è estremamente rilevante.
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Uso concimi e fitofarmaci: mancano dati specifici per il territorio (solo provinciali). Sono necessari degli
approfondimenti.
Reflui industriali: non ci sono i dati sui quantitativi di reflui industriali.

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RISPOSTE ESISTENTI
E’ stato elaborato il PAI, Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino Liri-
Garigliano e Volturno nel aprile 2001.
Non esistono iniziative comunali specifiche rivolte al risanamento della qualità della risorsa idrica.
☺ Il comune ha dato in gestione il Servizio Idrico Integrato

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QUALITA’ DELL’ARIA
STATO
Stato chimico dell’aria: Il Comune di Colleferro è stato classificato dalla Regione, in classe 2, cioè con
presenza di inquinanti che superano i limiti di legge. I maggiori inquinanti sono gli ossidi di azoto che
possono derivare dai processi di combustione dovuti al traffico, alle industrie e agli usi civili
(riscaldamento). È stato rilevato anche l’inquinamento da ozono che può danneggiare anche le colture.
Inquinamento elettromagnetico: non esiste un monitoraggio dell’inquinamento elettromagnetico.
Contributo all’effetto serra: non sono possibili valutazioni del contributo all’effetto serra, né in negativo
né in positivo per mancanza di dati al livello comunale.
Inquinamento acustico: non esiste una rete di monitoraggio dell’inquinamento acustico, è necessario
effettuare dei monitoraggi considerando la presenza di aree industriali.
PRESSIONI
MOBILITA’ E TRAFFICO
Produzione di rumore: i mezzi pesanti rappresentano il 10 % del parco veicolare del Comune di
Colleferro. Non esistono dati sul traffico di mezzi pesanti in transitino sull’autostrada e per l’area
.?. industriale.
Emissioni da traffico e consumi energetici: mancano dati aggiornati su emissioni e consumi. Nel 1998
Colleferro era uno dei comuni con il maggior impatto da emissioni lineari nella Provincia di Roma.
SORGENTI DI CAMPI ELETTROMAGNETICI
Numero sorgenti: 9 Stazioni Radio Base (SRB), 9 elettrodotti e 3 cabine di trasformazione; mancano dati
su impianti radio-TV.
.?. Entità delle emissioni:. non ci sono dati relativi alle emissioni da campi elettromagnetici.
AGRICOLTURA E INDUSTRIA
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Emissioni in atmosfera dell’agricoltura: mancano dati specifici per valutare il contributo dell’agricoltura
alle emissioni in atmosfera.
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Emissioni in atmosfera dell’industria: l’industria è una attività rilevante, ma mancano dati aggiornati e al
livello comunale sui contributi specifici alle emissioni in atmosfera. Nel 1998 le emissioni puntuali nel
Comune di Colleferro si attestavano tra le più alte della Provincia di Roma.
.?.
Consumi energetici: mancano dati sui consumi energetici di industria e agricoltura.
URBANIZZAZIONE
Campagne di monitoraggio dell’aria: sono presenti due centraline di rilevamento della qualità dell’aria
☺ della rete di monitoraggio Arpalazio. La Provincia di Roma ha inoltre organizzato una campagna di
rilevamento dati sulla qualità dell’aria nel 2002.
Emissioni civili e consumi energetici (elettricità, gas, carburanti): nel Censimento delle emissioni del
1998 Colleferro era tra i centri urbani che maggiormente contribuivano all’inquinamento atmosferico della
.?. provincia. Mancano dati più recenti.
RISPOSTE ESISTENTI
☺ il Comune ha adottato il Piano di Zonizzazione Acustica (P.Z.A.) nel 2002.
☺ presenti due stazioni di monitoraggio in continuo della qualità dell’aria dell’Arpalazio.
☺
Il Comune ha provveduto all’emanazione di una serie di interventi volti ad abbattere l’inquinamento
atmosferico da polveri sottili nel centro urbano (Delibera Commissariale n. 1 del 15 febbraio 2006).

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QUALITA’ DEI SUOLI
STATO
Aree contaminate e inquinamento del suolo: da una analisi condotta in occasione della costruzione del
termovalorizzatore sembra che la qualità dei suoli sia buona.
Inquinamento del suolo: esistono episodi di inquinamento molto gravi nelle aree industriali.
.?.
Aree contaminate e inquinamento del suolo: i dati sull’agricoltura e sull’allevamento sono insufficienti
per fare valutazioni su inquinamenti da eccessi di nutrienti o altre sostanze chimiche, ma è necessario
controllare.
Aree contaminate: ci sono 2 siti ad alta priorità di bonifica e uno con necessità di approfondimento.
Aree degradate e dissesti: bassa densità per le frane e alluvioni.
Rischio idrogeologico: propensione maggiore alle piene piuttosto che alle frane con probabilità delle
alluvioni che aumenta nel tempo.
Vulnerabilità degli acquiferi: le falde freatiche sono molto superficiali e, data la permeabilità dei suoli, il
rischio d’inquinamento è elevato.
PRESSIONI
URBANIZZAZIONE
Discariche rifiuti inerti e sorgenti di inquinamento del suolo: c’è una discarica per RSU che riceve
rifiuti da tutto il comprensorio regionale.
AGRICOLTURA E INDUSTRIA
Uso concimi e pesticidi: mancano dati specifici per il territorio comunale, non può essere valutato
l’inquinamento da fitofarmaci e concimi che mettono a rischio la qualità della falda freatica.
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Contaminazione suoli: ci sono 2 siti ad alta priorità di bonifica e uno con necessità di approfondimento
presso lo stabilimento della Caffaro che ha evidenziato episodi di contaminazione da β-esaclorocicloesano.
Allevamento: l’attività nel Comune è molto poco sviluppata; non sono disponibili dati adeguati.
CAVE E ATTIVITA’ ESTRATTIVE
Cave: presenti tre cave di pozzolana.
TRAFFICO E MOBILITA’
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Rilascio oli e altri inquinanti: non ci sono dati su legami tra inquinamento dei suoli e mobilità.
Cave di prestito: non ci sono dati su eventuali cave di prestito per la costruzione o manutenzione delle
strade.
RISCHI NATURALI
Rischio sismico: il territorio si trova in un’area a media sismicità.
Rischio radon: la zona del territorio regionale ove ricade il Comune di Colleferro è classificata ad alta e a
normale concentrazione che richiede un livello di protezione totale o di base.

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RISPOSTE ESISTENTI
E’ stato elaborato il PAI, Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino Liri_Garigliano
e Volturno nel aprile 2001.
Non esistono iniziative rivolte alla tutela del suolo.
☺ La Regione ha redatto la Carta Inventario delle frane.
È stato affrontato il problema del β-esaclorocicloesano al fine di diminuirne il rischio.

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QUALITA’ DELL’AMBIENTE URBANO
STATO
Stato della pianificazione del sistema urbano: la pianificazione urbanistica in vigore è molto vecchia e
ma sufficientemente supportata da strumenti pianificatori straordinari (PEEP, progetti, programmi). E’ in
corso l’elaborazione del nuovo Piano Urbanistico Comunale Generale.
Urbanizzazione: la quantità di edifici utilizzati mostra che il Comune è “vivo” e non viene abbandonato
al degrado, cosa positiva dal punto di vista della qualità della vita. L’essere proprietari della casa in cui si
vive (80% dei residenti) dà sicurezza e tranquillità. Le tipologie di riscaldamento prevalentemente
utilizzate permetterebbero di ottenere buoni risparmi energetici.
Espansione urbanistica: è necessario evitare un ulteriore espansione urbanistica per non compromettere
la funzionalità dei servizi.
Tipologie abitative: le dimensioni degli edifici comportano un impatto paesaggistico diverso a seconda
delle zone, vi sono aree con case mediamente più basse ma anche zone con palazzi di oltre 4 piani; gli
appartamenti sono ampi e ben serviti e il tipo di muratura in molti casi permette risparmi energetici.
Abusivismo edilizio: non sono disponibili dati utili riguardo all’abusivismo edilizio.
Gestione rifiuti e costi sociali: i rifiuti prodotti nel Comune non contribuiscono al funzionamento del
termovalorizzatore, ma finiscono tal quali in discarica. Non c’è sufficiente sensibilità nei confronti della
raccolta differenziata.
Problemi di mobilità: la grande densità di auto può creare dei problemi di mobilità e suggerisce la
necessità di iniziative volte alla mobilità sostenibile.
PRESSIONI
URBANIZZAZIONE
Tipologia dell’urbanizzazione: il territorio è estremamente urbanizzato e l’area industriale è compresa
nel tessuto urbano.
Utilizzo degli edifici esistenti: la maggior parte degli edifici è utilizzato, di questi il 91,6% è destinata ad
☺ uso abitativo. Sono il 1,5% gli edifici è inutilizzato Le abitazioni sono in media occupate da 3 persone per
appartamento.
Espansione urbanistica: anche se in maniera inferiore agli anni ’70, l’espansione urabanistica continua a
crescere.
Tipologie abitative: il 56% degli edifici ha tra 2 e 3 piani, ma il 23% è composto da palazzi di 4 piani e
☺ più. La superficie media è di oltre 90 m 2 , ha almeno 4 stanze e sono tutte servite da riscaldamento e
servizi. Il 48% delle case è in muratura portante.
.?.
Abusivismo edilizio: i dati sull’abusivismo non sono adeguati per fare delle stime.
GESTIONE RIFIUTI
Produzione rifiuti: la produzione di rifiuti solidi urbani è in aumento.
Produzione rifiuti: la raccolta differenziata è solo il 15% del totale (2004) ed è diminuita dal 2003, ben
lontana quindi dall’obiettivo del “Decreto Ronchi”.
Infrastrutture per i rifiuti: è presente una discarica per RSU e un termovalorizzatore.
AGRICOLTURA E INDUSTRIA
Produzione rifiuti speciali: non ci sono dati sulla produzione di rifiuti speciali da parte dell’agricoltura e
dell’industria.
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MOBILITA’ E TRAFFICO
Mobilità: l’85% del parco veicolare è costituito da autovetture e l’indice di motorizzazione è di 59,8 auto
ogni 100 abitanti, minore del tasso provinciale e regionale.
Mobilità: a Colleferro circolano circa 452 auto per km2 contro le 196 della media regionale.
.?.
Mobilità: mancano dati adeguati sulla domanda di trasporto e la motivazione degli spostamenti giornalieri
a livello comunale.
Infrastrutture: esistono infrastrutture di primo livello, ma non sempre sono coordinate tra loro.
☺ Incidentalità: l’incidentalità è leggermente inferiore a quella provinciale e regionale.
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RISPOSTE ESISTENTI
Gestione rifiuti: la Regione Lazio con gli enti locali ha sottoscritto un’intesa di programma per realizzare
il polo energetico Ambientale della Valle del Sacco.
Pianificazione:
• la Regione ha elaborato il Piano Territoriale Regionale Generale (PTRG) nel 2000;
• la Regione ha elaborato il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) nel 1998;
• la Provincia ha elaborato il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTPC) nel 1998;
• la Provincia ha approvato il Piano Territoriale Provinciale Generale nel (PTPG) nel 2001;
• la pianificazione urbanistica è molto vecchia e ma sufficientemente supportata da strumenti
pianificatori straordinari (PEEP, progetti, programmi). E’ in corso l’elaborazione del nuovo Piano
Urbanistico Comunale Generale.
Per i problemi di mobilità e traffico locale esistono progetti specifici volti alla loro risoluzione
(potenziamenti lungo l’asse di via Romana, circonvallazione, potenziamento della tratta ferroviaria Roma-
Cassino-Napoli).
☺ Il polo turistico integrato di Valmontone prevede un incremento delle infrastrutture per la mobilità.
Il Comune ha definito discipline d’uso delle aree del territorio, programmi e regolamenti finalizzati al
recupero di aree di interesse naturalistico, storico e archeologico.
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QUALITA’ DELLA VITA E DEI RAPPORTI SOCIALI
STATO
Tensioni sociali: mancano dati diretti, ma in base all’entità delle pressioni si presume non vi siano
tensioni particolari.
Classi svantaggiate: la quantità di soggetti anziani richiederebbe più servizi per migliorare l’autonomia
delle persone anziane e sole.
Famiglie: la crescita della dimensione dei nuclei familiari può essere favorita da un aumento di servizi.
Vivibilità del sistema urbano: la densità abitativa e molto elevata e rischia di rendere invivibile il sistema
urbano.
Vivibilità del sistema urbano: la tipologia abitativa è abbastanza a misura d’uomo e le tipologie di
☺ proprietà, dimensioni delle abitazioni e disponibilità di servizi permettono una certa tranquillità e
sostenibilità dell’insieme del contesto urbano. Il sistema commerciale è adeguato.
Sicurezza: l’andamento temporale dei crimini mostra un decremento, ma sarebbero utili dati di maggiore
☺ dettaglio riferiti al Comune.
Occupazione: la disoccupazione è superiore a quella provinciale; l’occupazione, in particolare quella
femminile, potrebbe essere facilitata con iniziative tese anche all’aumento della professionalità.
L’incremento della qualità dei servizi e dei prodotti potrebbe creare nuove occasioni di lavoro; la
riattivazione del settore agricolo offrirebbe opportunità aggiuntive per i giovani.
Qualità ambientale e dei servizi: scarsa la sensibilità verso l’adozione di strumenti volontari per la
qualità ambientale o dei servizi.
Accessibilità e adeguatezza dei servizi sociali, culturali e del tempo libero: l’accessibilità è buona ed è
rappresentato anche il livello d’istruzione universitaria. .I servizi sociali, culturali e del tempo libero sono
☺ ben accessibili. Colleferro dispone di un presidio ospedaliero ed offre numerose possibilità di analisi
diagnostiche.
.?. Stato di salute: mancano dati sullo stato di salute dei cittadini.
DINAMICA DELLA POPOLAZIONE
PRESSIONI
Andamento della popolazione: la popolazione è leggermente in crescita. I residenti stranieri sono solo lo
0,34 % del totale.
Indice di vecchiaia: l’indice di vecchiaia è in linea con quello regionale e nazionale.
Indice di dipendenza strutturale: l’indice di dipendenza strutturale è inferiore a quello regionale.
Struttura familiare: le famiglie sono composte mediamente da 3 persone. Il 60% delle coppie ha figli.
Scolarità: il livello di scolarità è in linea con quello provinciale, con una leggera flessione per quanto
riguarda i laureati.
.?. Sicurezza: sarebbero utili dati di maggiore dettaglio riferiti al Comune.
Occupazione: il tasso di occupazione è leggermente inferiore a quello medio provinciale; l’occupazione
favorisce il sesso maschile.
Occupazione: Il settore terziario è quello che offre le maggiori opportunità di occupazione. Il settore
agricolo è estremamente marginale soprattutto per i giovani.

URBANIZZAZIONE
Densità abitativa: la densità abitativa è molto elevata ed è superiore al dato regionale e nazionale, ma
anche della provincia che comprende anche la capitale; il sovraffollamento può rappresentare una criticità
.?.
Abusivismo: i dati sull’abusivismo non sono adeguati per fare delle stime in relazione alle pressioni
esercitate sulla qualità della vita.
MOBILITA’ E TRAFFICO
☺ Accessibilità al servizio trasporti e tempi di percorrenza: Colleferro è molto ben collegata.
MERCATO DEL LAVORO
Attività prevalenti: l’agricoltura ha un ruolo estremamente marginale, soprattutto per i giovani. Le
imprese locali offrono lavoro ad un terzo della popolazione residente. La maggior parte delle imprese è
concentrata sul terziario. L’industria offre lavoro ad un terzo degli addetti.
ACCESSIBILITA’ ALLA CULTURA, SPORT E SERVIZI SOCIALI
Commercio: il commercio più diffuso è quello di vicinato, ma è presente un'unica grossa struttura
commerciale.
Scuola e cultura: l’offerta scolastica è buona e include corsi di livello universitario. Il secondo ciclo
☺ d’istruzione è ben rappresentato. Esistono musei e biblioteca e cinema on materiale di interesse per tutte le
fasce d’interesse.
☺ Tempo libero e sport: Buona l’accessibilità ai servizi sportivi.
☺ Sanità: Colleferro dispone di un presidio ospedaliero ed offre numerose possibilità di analisi diagnostiche.
RISPOSTE ESISTENTI
Adozione di strumenti volontari o buone pratiche: 5 imprese sono certificate ISO 14001.
Interventi per anziani, disabili e immigrati:il Comune sostiene numerose iniziative a favore delle fasce
☺ di popolazione svantaggiate.
☺ Il Comune ha promosso iniziative d’istruzione universitaria.